Borinage

Stampa questo copione


BORINAGE

Cinque quadri

di ALBERTO BERTOLINI

PERSONAGGI

VARO

MAGIS

KAVARSKI

PINON

LASCO

MACISTE, minatori

MINOU

RENÉE

RIQUETTE, amiche dei minatori

LE FOUINARD

SGRICIO

CORINNE, moglie di Sgricio

L'ISPETTORE MAURIN

ARLETTE

Commedia formattata da

 La cantina Waterloo. Porta d'entrata a vetri sul fondo. A destra il banco e la cucina con porta di servizio. A sinistra i tavoli ove mangiano, bevono, giocano a carte i minatori nelle ore di libertà. Pure a sinistra la porta che conduce al dormitorio dei minatori a pensione alla « Waterloo » (Al banco, Corinne, agghindata, grassa e arcigna, parlotta con Riquette pure lei imbellettata e ridicola. Sgrido s'aggira fra i tavoli servendo birra o caffè, o fiaschi dì vino; attento e alacre. Arlette sparecchia e ripulisce i tavoli in cui i minatori hanno finito di mangiare. Pinon, seduto solo ad un tavolo sul davanti è taciturno; di tanto in tanto guarda Arlette. Lasco, Maciste e altri minatori seduti ad un unico tavolo giocano a carte con molto impe­gno, vociando a tratti. Renée è seduta alle spalle di Lasco. Kavarski bighel­lona semiubriaco disturbando un po' tutti. Le Fouinard è in piedi presso i giocatori; scambia qualche parola con Sgrido. Musichetta sommessa dall'apparecchio radio. E' la sera dì una domenica d'inverno).

QUADRO PRIMO

Kavarski                        - (appressandosi al hanco) Cognac! Vo­glio un cognac.

Corinne                         - Vous le savez: dimanche, pas d'alcoo-liques.

Kavarski                        - Mais votre cognac n'est pas alcoolique, ma foi! (Sghignazza).

Sgricio                           - (accorrendo) Pas de cagnare, amigo! Vai a cuccia che per oggi ti sei imbenzinato che basta. Domando e dico, come fate, voi beoni, a ubriacarvi in 'sto sporco paese quasi proibizionista.

Kavarski                        - Ho detto cognac e dev'essere un co­gnac, foutre! Non sarebbe la prima volta che mi date del vostro sedicente, approssimativo, cognac sottobanco.

Corinne                         - Assez!... À coucher... à coucher!...

Sgricio                           - Se non la smetti, ti porto alla tua cuc­cia di peso.

Kavarski                        - Tu portare me a cuccia di peso'? Tu? Vorrei proprio vedere anche questa. Ih! Ih! Ih! Ih! Hai detto per davvero «di peso»? Ih! Ih! Ih!... Pro­vaci! Ti... ti bouleverso questa puzzolente cantina anche prima che tu abbia il tempo di muovere un dito. Sissignore!

Le Fouinard                  - (accorrendo conciliante e divertito) Andiamo, Kavarski, non c'è senso comune. Sì, in­somma, ci vuol poco a capire che se madame Co­rinne e monsieur Sgricio dicono che è proibito lo spaccio dei liquori...

Sgricio                           - Mica voglio farmi chiudere il locale, io, per un bicchierino di casse-poitrine.

 Le Fouinard                 - Giusto. Lo capirebbe anche un bambino.

Kavarski                        - (incattivito, volgendosi a Le Fouinard) Ma tu... perché ti metti di mezzo? Eh? Si può sapere che ci stai a fare qui? Questa è la cantina dei minatori del « Perthus ». Sei minatore, tu?

Le Fouinard                  - No, ma...

Kavarski                        - (dandogli uno spintone) E allora, marche! E tieni chiuso il becco quando parla il « rouleur » di prima, Stanislav Kavarski. Capito?

Le Fouinard                  - Io sono buon amico dei minatori... Fo il mio onesto commercio, con voi... Vedrete do­mani che cosa vi ho portato, un vero bazar. Mi son detto: a costo di rovinarmi, voglio mostrare agli ita­liani e agli altri charbonniers del Borinage chi è e di cosa è capace un vero amico di Francia.

Kavarski                        - A me non m'incanti con le tue chiac­chiere.

Le Fouinard                  - Vedrete la nuova stilo « Ideal », ga­rantita dieci anni... E il nuovo rasoio americano di sicurezza... e i giubboni di vero cuoio...

Kavarski                        - E le bottiglie del tuo puzzolente co­gnac che riesci a introdurre di contrabbando e che smerci poi a madame Corinne! La quale madame Corinne...

Corinne                         - (inviperita) Tais toi, sale gueule noire!... Crapule...

Sgricio                           - Vuoi tacere, sporco beone?

Kavarski                        - Vi ho toccati sul debole, eh, a voi tre?! Un cognac, ho detto. Altrimenti esco a gri­darlo ai quattro venti che Le Fouinard vi porta l'alcool di contrabbando.

Le Fouinard                  - Parole d'honneur che se non ti conoscessi per il buon copain che sei sempre stato...

Kavarski                        - Copain tu?... Eccoli i tuoi copains. (Indica Corinne e Sgrido. Poi Riquette) E prenditi anche questa, toh, per socia! (Proteste risentite di Corinne, Sgrido e Riquette).

Maciste                         - Calmati, Riquette, amor mio! (Sghi­gnazza).

Riquette                        - (furente a Kavarski) Lourdaud d'un aspic! (Rivolta a Maciste che ha ripreso a giocare) Accomode lui les yeux au beurre noir, à ce classique!

Maciste                         - Te li faccio a te gli occhi al nerofumo, se non la smetti.

Lasco                            - Smettetela, lavativi e piantagrane che non siete altro! Vieni a sederti qui, Kavarski, e sta' quieto.

Sgricio                           - Ma sì, levatemelo dai piedi, altrimenti... altrimenti non rispondo più di me. Domando e dico... Domando e dico...

Maciste                         - Vorrei proprio vederti, Sgricio alle pre­se con Kavarski.

Sgricio                           - Eh, lo so che voialtri non parrebbe vero di mettere a soqquadro la cantina... Ma non ve la darò, 'sta soddisfazione.

Maciste                         - Un solo round in piena regola. Noi ce ne stiamo fermi a guardare. Ci stai, Kavarski?

Kavarski                        - Sì, purché si giochi una bottiglia di « riquiqui », di grappa o di quella specie di cognac che Le Fouinard introduce di contrabbando e che la molto rispettabile madame Corinne ci propina a strozzo.

Maciste                         - D'accordo: avrai il cognac. E tu, Sgri­cio, che cosa pretendi in caso di vittoria?

Sgricio                           - Al diavolo quanti siete! Sgombrate, ch'è già tardi.

Maciste                         - Ah, ti ritiri, dunque! Perfino un ubria­co ti fa battere in ritirata.

Lasco                            - E smettila anche tu, fesso che non sei altro! Non vedi che stanno fregandosi, questi due mammalucchi? (A Kavarski) Ti pago una birra, e sta' vitto. Sgricio! Una birra qua, per il fuori classe dei rouleurs... per il più formidabile rouleur di tutto il Borinage. (A Maciste) E tu, maledetto testone, cerca di giocare un po' con sentimento... (A Ri­quette che s'è messa dietro le spalle di Maciste e gli arruffa i capelli) Lascialo in pace, il tuo che­rubino. L'hai spompato che basta, per oggi.

Maciste                         - Spompato a me? Ce ne vorrebbero dieci di Riquettes per mettere k. o. Maciste!

Lasco                            - Parlo del portafogli, intendimi. (Risate).

Riquette                        - E' più facile strappargli un dente che fargli cacciar fuori cinquanta franchi, à ce balouf!

Maciste                         - Un fenomeno come me dovreste pa­garlo a peso, voi gourgandines. Un giorno o l'altro pianto lo charbonnage e vado a vivere di rendita a Bruxelles o a Parigi. Un paio di vecchie pollastre come te al giorno, e fo il signore per davvero. (Risate).

Lasco                            - Gioca, testone. (A. Renée che gli si stro­fina addosso teneramente) E fatti in là, tu, che la tua parte l'hai avuta, oggi.

Renée                            - (dolce) Mon amour!...

Lasco                            - Perché non vai a letto?

Renée                            - Lasciami qua ancora un poco... un petit peu...

Lasco                            - E va bene, ma fammi giocare.

Arlette                           - (fermandosi dinanzi al tavolo di Pinon) Debbo sparecchiare? Perché hai mangiato poco o nulla anche stasera? Non era buona la zuppa?

Pinon                             - Sì, era buona, ma non ho fame.

Arlette                           - Se non ti tieni su, non ce la farai alla faille. E' un lavoro duro, lo sai.

Pinon                             - Lo so.

Arlette                           - Ma cos'hai? Eri cos'i contento giorni or sono, quando monsieur l'inspecteur ti ha messo nella squadra degli abatteurs.

Pinon                             - Ero contento, sì, felice addirittura... Fe­lice di scendere più giù, più giù, nella bolgia, fra i veri dannati dello charbonnage, a massacrarmi il petto col martello pneumatico. Felice perché ora guadagno centotrenta franchi di più al giorno. Ma ogni consolazione bisogna pagarla, nella vita. Ecco qua... (Trae di tasca e porge ad Arlette un tele­gramma che la ragazza legge trasalendo).

Arlette                           - Ta mère? Morta?

Pinon                             - Da tre giorni, ormai. Già sepolta. Tutto finito. Sono corso subito, ieri, dall'ispettore Maurin... ero disperato... volevo partire. «A quoi bon?», m'ha detto. Già: «à quoi bon?». L'avrei trovata, domani, già sotterrata: un tumulo... un po' di fiori appassiti.

Arlette                           - Povero Pinon! Io...

Pinon                             - So. Grazie, Arlette.

Corinne                         - (perentoria) Arlette!

Arlette                           - (accorrendo) Tout de suite, madame.

Corinne                         - Vite! (Le impartisce burberamente de­gli ordini).

Varo                              - (entra imbacuccato nel suo pastrano corto, il berretto calato sugli occhi. Si dirige al banco. A Corinne) Quelle soirée, madame! Si può avere un brulé?

Corinne                         - Tout à l'heure. Arlette! Un brulé bien soigné pour m'sieur Varo.

Varo                              - S'è vista Minou?

Corinne                         - (con beffardo compatimento) Pas du tout pendant la journée. Mon pauvre, Varo: votre perfide béguin vous trahit...

Varo                              - (tentando di celiare, ma cupo) La mauvaise chienne! E Le Fouinard"? E' arrivato?

Corinne                         - (indicandoglielo presso il tavolo dei gio­catori) Le voilà.

Varo                              - (chiamandolo) Le Fouinard! Vient donc ici, grand guibolle!

Le Fouinard                  - Finalmente! Je t'attendais, vieille canaille.

Varo                              - (prendendo posto a un tavolo sul davanti, poco discosto da Pinon) Siedi.

Le Fouinard                  - Ma dove ti sei mai cacciato, cet après midi? Ho capito: hai fatto bisboccia con Minou.

Varo                              - Non m'è riuscito di pescarla in nessun posto. E n'avevo una voglia, bada... ma una voglia che non so bene se di goderla o di spezzarle le reni.

Le Fouinard                  - Pas de sottises, camarade.

Varo                              - Dico così per dire. Ma finisce, quella là, che lo troverà, una volta o l'altra, il suo tipo: qualcuno che la metterà a terra. Io son troppo vec­chio, ormai, e voglio vivere in pace.

Le Fouinard                  - E possibilmente senza farti asciu­gare le tasche.

Varo                              - Oh, quanto a questo non c'è pericolo. Son pulito e ripulito.

Le Fouinard                  - Va-t-en, vieux fripon. T'es un fameux affùt, toi! Chissà dove li tieni i tuoi danari!

Varo                              - E statti zitto, carogna! Se ci avessi il mor­to, credi proprio che me ne rimarrei qui, con les gueules noires? Dieci volte almeno, in questa mia sporca vita di emigrato... di beone... di desesperado... di carne venduta, ho creduto d'essere lì lì per acciuffare la fortuna, e dieci volte mi son ri­trovato più povero di prima, maledizione a me e al mio porco destino! (Sorseggia il brulé che Ar­lette, frattanto, gli ha portato) Sai come ho passato il pomeriggio, dopo aver cercato invano di Minou? A Mons, sono stato... alla stazione ferroviaria... a guardare i treni che arrivavano e ripartivano... im­brancato, dietro le cancellate, coi pivelli, coi no­stalgici cronici, con tutti quelli che sognano ad oc­chi aperti e senza tregua di farsi ricchi, di trovare il filone d'oro in fondo agli charbonnages, di tornare ai loro paesi con le valige gonfie di marenghi, ban­conote, brillanti, zaffiri, smeraldi, e cavarsi tutte le voglie: terra, poderi, case, ville, donne... Sognare non costa nulla, non si vede, è una cosa tutta tua, ma si finisce col vergognarsene... col sentire dell'amaro in bocca...

Le Fouinard                  - (sempre incredulo e burlesco) Tu non sei di quelli che sognano, mon aminche.

Varo                              - No, non sono di quelli che sognano... mi sono disabituato pure a sognare; tuttavia oggi, alla stazione di Mons, povero Cristo anch'io, sotto la pioggia, quest'uggiosa e fredda pioggia del Borinage, mi son sorpreso a sognare, che il diavolo mi porti! Verso sera passò e sostò per qualche minuto l'espresso Bruxelles-Paiis-Rome: mi vidi, con la mia sdrucita valigia d'emigrante, zeppa di marenghi, banconote e brillanti, attraversare i binari, balzare sul predellino d'uno di quei vagoni turchini con le scritte gialle, dare uno spintone al fattorino dai bottoni lustri e gridargli: « Fatti in là, pezzente. Voglio uno scompartimento tutto per me. Sono Varo, l'arciricco Varo: posso comprare te, il treno e tutta la compagnia dei grandi espressi europei! ». (Ride).

Le Fouinard                  - (caustico, scherzoso) Rève d'un après-midi d'automne. E tutto per colpa di Minou.

Varo                              - (cupo) La chienne!

Le Fouinard                  - Se la trovavi, quella ti faceva so­gnare in un altro modo, il più bello, il più gustoso... Una volta o l'altra voglio proprio assaggiarla anch'io, quella persilleuse! Sempre che tu permetta, beninteso.

Varo                              - (ridendo di malavoglia) Ca va sans dire. L'assaggiano già in tanti che... uno più uno meno... Bevi qualche cosa? Pago io. Oggi ho fatto economia.

Le Fouinard                  - (traendo di tasca, con circospezione, una bottiglietta dì liquore forte) No, offro io. Tienila pure, per campione. C'est une casse-gueule extra! Assaggia.

Varo                              - (bevendo un sorso) Ne hai fatta passare molta, stavolta, di questa merce?

Le Fouinard                  - (circospetto) Pas mal. Mais... Ma non voglio più farmi strozzare dallo Sgricio e dalla sua degna madame Corinne. Assez. Vuoi occupar­tene tu?

Varo                              - Certo. Ho la persona.

Le Fouinard                  - Che non c'entrino donne, mi rac­comando. Tradimento sicuro.

Varo                              - Non sono un ragazzo. Hai altro?

Le Fouinard                  - (ambiguo) Forse.

Varo                              - Cocò?

Le Fouinard                  - (c. s.) Di meglio.

Varo                              - Saccarina?

Le Fouinard                  - (c. s.) E che cosa ci guadagni oggidì con quella? Roba che non va più.

Varo                              - (impaziente) Sputa!

Le Fouinard                  - Un affare che manco te l'im­magini...

Varo                              - Oh, va' un po' al diavolo!

Le Fouinard                  - Se t'arrabbi, non se ne fa niente.

Varo                              - Insomma... Affur? Refurtiva?

Le Fouinard                  - (furbesco) Quasi. E tu sei l'uomo che ci vuole... E anche Minou, forse. Può essere l'allumeuse che fa al caso nostro.

Varo                              - Vuoi spiegarti, sacre nom? (Magis entra all'ultima battuta dalla porta di fondo. E' un gio­vane prestante, infagottato, fradicio di pioggia, con sacco da montagna e valigia. S'arresta esitante, ac­cennando un saluto; indi avanza lentamente verso il banco).

Le Fouinard                  - (guardando intensamente il nuovo ar­rivato, piano a Varo) Le voilà! Ecco la nostra merce.

Varo                              - Hai voglia di scherzare? Spiegati.

Le Fouinard                  - (accennando Magis) Non perderlo d'occhio. Saprai.

Magis                            - (a Sgricio e a Corinne intenti ai loro conti dietro al banco) Buona sera. Sgricio            - (squadrandolo diffidente) Chi siete? Che volete?

Magis                            - Sono un nuovo minatore. Da Mons m'hanno mandato qui... lavorerò al «Perthus». Per­ciò m'hanno dato l'indirizzo della cantina Waterloo.

Sgricio                           - E' questa. Il posto c'è, ma qui non si accetta che gente in regola.

Magis                            - Credo d'essere in regola. Ecco le mie carte. E' stato l'ispettore Maurin a dirmi di venir qui.

Sgricio                           - Sta bene. E v'ha avvertito che qua si paga anticipato, di settimana in settimana?

Magis                            - Non me l'ha detto. Ma se non è che per questo... Quanto volete?

Sgricio                           - Pensione completa settantacinque fran­chi al giorno; hors d'oeuvres, birra, vino, lavatura e stiratura a parte...

Magis                            - Sta bene. (Trae dal portafogli un bi­glietto da cinquecento) A voi.

Sgricio                           - Dormitorio comune, sapete? In cuc­cetta...

Magis                            - D'accordo.

Corinne                         - (incassando il danaro) Nom, prénom, nationalité...

Magis                            - Tout ca est écrit sur ces papiers, ma­dame. (Indica i suoi documenti).

Corinne                         - C'est bon.

Magis                            - Vorrei mangiare qualche cosa, prima di coricarmi.

Sgricio                           - Vedrò d'accontentarvi; Arlette, prepara une assiette pour monsieur... Intanto vi faccio ve­dere il dormitorio, venite. (Magis segue Sgricio a sinistra, nel dormitorio. Si ode un canto sguaiato dalla strada seguito da esclamazioni che devono su­bito far comprendere che si tratta di una ragazza che ha alzato il gomito. Le esclamazioni sono rivolte a un compagno, dal quale si sta accomiatando. S'ode il rumore di un'auto che si mette in moto e s'allon­tana. La porta di fondo si spalanca: entra Minou animatissìma, a passo di danza, sul ritmo di una canzone).

 Minou                          - Comment ca va?... (A Corinne) Je voudrais un tout petit... petit... petit verre de votre «camphre», madame l'abbesse!...

Corinne                         - Pas de liqueurs, ici. Filez!

Minou                           - (sgignazzando) Filez?... A moi filer?... Avete udito, amici «macaroni», ce qui m'a dit ma­dame l'abbesse? Difendetemi! Difendete la vostra piccola e fedele Minou! (Scorgendo Varo e but­tandogli addosso) Oh, mon pauvre amour! Pro­teggi la tua innamorata e oltraggiata « bergero-nette»! Che? Sei arrabbiato anche tu con la pauvre Minou?

Varo                              - (scostandola brutalmente) Torna dove sei stata fino adesso.

Minou                           - (ironicamente tenera) Core ingrato! Ti ho aspettato, aspettato, aspettato tutto il giorno.

Varo                              - (iroso) Dove? Che t'ho cercata dapper­tutto...

Minou                           - Ma nel nostro nido, amore! (A Le Foui­nard) Donnez moi une sigarette, Le Fouinard. (Le Fouinard esegue e ridacchia sommesso, eviden­temente divertito).

Varo                              - Sei uscita dal tuo covile fin dal mattino. Dove sei stata?

Minou                           - (lanciandogli una boccata di fumo in fac­cia) Ah, sì... ora ricordo. Ti ho atteso à « L'àne aveugle ».

Varo                              - Non ti hanno mai vista in tutta la giornata.

Minou                           - Bugiardi! Poi sono andata a cercarti a... a...

Varo                              - A Mons...

Minou                           - Oui, proprio a Mons, al Cabaret des Italiens.

Varo                              - Ci sono stato per più di due ore.

Minou                           - Oh, smettila, Varo. Non c'è sugo a par­lare con te. E poi ho la testa che mi gira... Non ricordo più nulla. Lasciami essere allegra, stasera, je t'en prie, mon aminche.

Le Fouinard                  - , Siedi, Minou. Che cosa posso offrirti?

Minou                           - Qualche cosa di forte, di molto forte...

Le Fouinard                  - C'est defendu, non hai udito?

Minou                           - Allora canto... (Si alza e canta una canzone, avvicinandosi a passo di danza al tavolo dei giocatori).

Sgricio                           - (rientrando dal dormitorio) Vuoi smet­terla d'abbaiare, svergognata? Domando e dico... do­mando e/dico se non s'ha proprio da stare un po' tranquilli, qua dentro!

Corinne                         - Il faut appeler les gendarmes. Au guichet, cette grue... (Sgrido fa per avventarsi su Minou, ma Maciste, continuando a rimaner seduto, lo afferra per un braccio arrestandolo dì botto e tenendolo ben fermo).

Maciste                         - Lasciala cantare, caprone!

Sguscio                         - Che ti piglia? A me caprone?

Maciste                         - (beffardo) A te, sì... Non ti va?

Sgricio                           - (si libera e torna furente al banco prote­stando) Così non può durare... Tutto ha un limite... Non voglio che la mia cantina diventi un lupanare. (Rientra Magis).

Arlette                           - (andandogli incontro e mostrandogli un tavolo ove ha preparato qualcosa da mangiare) Qui. Sedete qui. Vino o birra?

Magis                            - Birra. (Varo e Le Fouinard scrutano Magis con viva attenzione parlottando fra loro. Minou s'avvicina con aria provocante a Magis).

Minou                           - Qui est tu, beau garcon?

Magis........................... - (un po' sorpreso) Mi chiamo Magis

Minou                           - Italiano anche tu? Minatore?

Magis                            - Sì.

Lasco                            - Ah, sei il nuovo abatteur della nostra squadra?

Magis                            - (si alza e va al tavolo dei giocatori) Sì... credo di sì. Il signor Maurin...

Lasco                            - So. Piacere di conoscerti, Magis. Questi sono i compagni: Maciste... Kavarski... (Strette di mano) lì nostro turno è alle sette, per questa set­timana.

Magis                            - Bene.

Lasco                            - Dormi qui anche tu?

Magis                            - Sì, m'hanno dato una cuccetta...

Maciste                         - Sopra o sotto?

Magis                            - Sotto.

Maciste,                        - Povero te. Ci hai sopra Kavarski: ti renderà dura la vita...

Kavarski                        - (barbugliando assonnato) Chi ce l'ha con Kavarski? Con il « rouleur» di prima, Stanislav Kavarski?

Maciste                         - Il compagno dorme sotto di te...

Kavarski                        - Piacere...

Maciste                         - Non sarà un piacere per lui, imbenzinato come sei quasi ogni giorno.

Kavarski                        - Io bevo del mio, per tua norma e regola, bevo sempre del mio, capito? (Chiamando) Arlette! Porta une tournée di sirop de canard per tutti: si deve festeggiare il nuovo compagno.

Lasco                            - Sta' buono, berremo domani, dopo il turno. Ci stai, Magis?

Magis                            - Con piacere.

Lasco                            - Be', va' a mangiare, adesso. Non fare complimenti. (Magis torna a sedersi al suo tavolo e incomincia a mangiare. Minou fa per sederglisi vicino, ma le Fouinard la trascina verso Varo che le fa cenno imperiosamente di prender posto ac­canto a luì).

Le Fouinard                  - (faceto e confidenziale, s'appressa al tavolo di Magis) Permettete? Io sono l'amico di tutti i minatori del Borinage. Sarò utile anche a voi, certamente. Vous savez? Faccio il camelor, il colporteur... vendo un po' di tutto, a prezzi di as­soluta concorrenza...

Magis                            - Italiano?

Le Fouinard                  - No... parigino, puro sangue di Saint Ouen. Ma sono anni che lavoro coi bons garcons italiens, e così, dai oggi e dai domani, ho finito con l'imparare il vostro bel linguaggio. Ma­stico anche un po' di friulano e perfino qualche parola siciliana. Non credete? Bedda matriL. 'u cu-tieddu... (Rìde con cordialità affettuosa, insinuante) Siete siciliano?

Magis                            - No.

Le Fouinard                  - Veneziano?

Magis                            - No.

Le Fouinard                  - Aspettate, voglio indovinare.

Magis                            - Non serve.

Le Fouinard                  - Be', dicevo così per dire. Mi di­verte. Scusate se mi sono mostrato indiscreto.

Magis                            - Vi pare?

Le Fouinard                  - (dopo una pausa) Ma noi due dobbiamo esserci visti altrove...

Magis                            - (guardingo) Può darsi. Ero in Francia.

Le Fouinard                  - Lille, forse?

Magis                            - Press'a poco.

Le Fouinard                  - Quanti italiani anche là! Bravi ragazzi, tutti, gli italiani! Laboriosi, onesti, leali, cuore in mano. (Pausa) Penso che, forse, vi ho incontrato al Vieux-Condé. Non eravate, per caso, a «La Solitudine»?

Magis                            - Bevete qualcosa?

Le Fouinard                  - Oh, no, non disturbatevi. Eppure un Magis mi par proprio di averlo incontrato negli charbonnages del Vieux-Condé... Se non a «La Solitudine » certamente all'Escaupont... vous savez?

Magis                            - Può darsi. Ne ho girati tanti degli char­bonnages...

Varo                              - (si avvicina) Sono uno charbonnier an­ch'io: Varo.

Magis                            - Piacere. Abatteur?

Varo                              - Troppo vecchio, ormai, per fare l'abatteur. Ma lavoro pure io in quel dannato « Perthus »; faccio il meneur a turno fisso; m'hanno giubilato, ormai. Mi è parso d'udire che vieni da « La So­litudine ».

Magis                            - No, lo diceva lui... (Indica Le Fouinard).

Varo                              - Ma vieni dalla Francia...

Magis                            - Può darsi. E qui, come si sta?

Varo                              - Be', un po' meglio che al Vieux-Condé. Di dove sei?

Magis                            - E tu?

Varo                              - (maligno) Sei abbottonatissimo, a quan­to pare.

Magis                            - Questione di carattere. Non mi va di parlare dei fatti miei.

Le Fouinard                  - (fissando attentamente Magis, sempre insinuante e con aria disinteressata) Scusate, ora che ci penso, il Magis che ho conosciuto io era diverso, più anziano, più bavard, facile ad alzare il gomito e a menare le mani...

Varo                              - (ambiguo) Forse, si tratta d'una semplice omonimia, quantunque...

Magis                            - (all'erta) Quantunque?...

Varo                              - Quantunque Magis sia un nome piuttosto fuor dall'ordinario... un nome che rimane in mente, insomma.

Magis                            - (seccato, ma dissimulando disinteresse) Può darsi. Ma ho sonno; se permettete, vi lascio la buonanotte.

Varo-                             - Te ne vai di già?

Magis                            - Eh, sì: sono stanco. Ci si rivede domani. (Si alza e fa per andarsene).

Minou                           - (a Varo e a Le Fouinard) Siete dei per­fetti mascalzoni! Mi avete piantata, là bas, come una vecchia ciabatta... Mi vendicherò, Varo! Finirò col farti becco! (Sghignazza divertita. Aggrappandosi a Magis e attirandolo melliflua, tentatrice) Vuoi che lo facciamo becco io e te, beau garcon?

Magis                            - (celiando) Non ti sembra troppo presto?

Varo                              - Oh, per me fate pure.  

Minou                           - (insinuante) Non è mai troppo presto per fare all'amore, mon gar! Il cielo può attendere, ma l'amore no... no... e poi no.

Le Fouinard                  - Sotto, Magis! Le hai fatto colpo.

Maciste                         - Non lasciartela sfuggire! E' un bocconcino da re.

Riquette                        - Qu'est que tu en sais, cochon? (Mo­tivo di un tango alla radio).

Minou                           - (stringendosi vieppiù a Magis) Fammi fare questo ballo, mon ange! Je veux ètre ta « lolo», ce soir!... (Magis abbraccia strettamente Minou e la fa ballare. L'azione del ballo durerà sino al calar del sipario: i minatori fanno cerchio, applaudendo, incitando, con esclamazioni salaci).

Le Fouinard                  - (a Varo) Sta già cucinandoselo, senza saperlo. Quelle allumeuse!

Varo                              - (acre) Purché non se la cucini lui.

Le Fouinard                  - Ormai sono sicuro...

Varo                              - Vacci piano. E' un furbaccio.

Le Fouinard                  - Mais Le Fouinard c'est un vieux affùt... (Mentre si svolge il ballo Arlette si è nuo­vamente avvicinata a Pinon).

Arlette                           - Non pensare... non pensare, Pinon. Vai a dormire ora.

Pinon                             - Sì, sì, andrò a dormire. Ma è atroce, capisci? Non avevo altri che lei, al mondo. Pen­savo: fra due o tre anni tornerò al paese, comprerò un po' di terra, una casuccia e le farò passare gli ultimi anni sul velluto. Sapevo ch'era malata, ma non credevo che... Ora non c'è più sugo a che io mi scanni laggiù, alla taglia...

Arlette                           - Ti tornerà... ti tornerà la voglia del tuo pezzo di terra, della casetta, di una vita migliore.

Pinon                             - Avevo messo gli occhi su un piccolo poggio: terra sana di mezza costa, buona per la vite, per i peschi e anche per un po' di grano. Sai, quel tanto che tasta per la famiglia.

Arlette                           - Mi par di riudire le parole di mio pa­dre, morto laggiù, nello charbonnage. Eravamo ri­masti soli; io e lui, dopo che mia madre se n'era andata... con un altro. Anche mon pére pensava sempre a un pezzo di terra da comprare con i suoi risparmi, al paese... Faceva sognare anche me ad occhi aperti: la vite, il mandorlo, l'ulivo, la casetta tutta per noi, tutta per noi, su un poggio pieno di-sole: in Sicilia. Pure il tuo paese è laggiù, fra tutto quel sole?

Pinon                             - No. E' più in su,, molto più a nord: sul Montello... Il mio poggio si specchia nel Piave. Conosci?

Arlette                           - Dove c'è stata una gran guerra?

Pinon                             - Appunto. Piave: fiume sacro. Vi ha com­battuto e vi è morto anche mio padre.

Arlette                           - Piave: fiume sacro! Ne ho sentito par­lare sebbene io non sia mai stata in Italia. Sono nata qui, al Borinage. Ma mio padre era siciliano, un emigrato.

Pinon                             - Il mio poggio si specchia proprio nel Piave. Dico mio perché m'hanno già scritto ch'è in vendita... Contavo di mandare la caparra il mese prossimo... Ce l'avrei fatta, parola d'onore che ce l'avrei fatta.

Arlette                           - Ce la farai, Pinon.

Pinon                             - (sconsolato) Non c'è scopo, ora...

Arlette                           - C'è... c'è ancora! (Pausa).

Pinon                             - (d'improvviso, col coraggio dei timidi) Verresti con me?

Arlette                           - (teneramente)Verrò. (Gli porge la mano che Pinon stringe tra le sue. Continua il ballo).

QUADRO SECONDO

Tre settimane dopo, Sera di San Silvestro. Ancora alla cantina Waterloo. Il locale è adornato con fe­stoni di carta variopinta e con qualche palloncino alla veneziana.

(Corinne è al suo solito posto, al banco; Arlette affaccendata fra i fornelli. Sgrido su un tavolo sta accomodando i festoni; Le Fouinard spettegola cu­rioso e faceto, facendo la spola irrequieto dal banco ai tavoli, ai fornelli, all'uscio).

Le Fouinard                  - Avete fatto le cose in grande, quest'anno. Persino i suonatori.

Sgricio                           - Les gueules noires mi hanno fatto una testa così: vogliono ballare a tutti i costi. Tanto, domani è domenica.

Le Fouinard                  - Verranno le solite biches, im­magino.

Sgricio                           - Spero di no. Taluni porteranno le fi­danzate, le mogli, e non vorrei...

Le Fouinard                  - Vedrete che Maciste verrà con la bagasciona Riquette, Lasco con quella sentimenta-luccia di Renée, Magis con Minou...

Sgricio                           - Oh, ci fa poca tela, Minou, con quello! E' un ragazzo serio, ha pochi grilli, non è tipo da perdersi dietro a una sottana.

Le Fouinard                  - Però, a letto se l'è portata, Minou.

Sgricio                           - Dite piuttosto che ci s'è infilata lei, di prepotenza. Ma se pensa d'incantarlo come ha fatto con Varo e con altri, credo che perderà il suo tempo.

Le Fouinard                  - Mah! E' una pantera... una bella pantera! Minou arriva dove vuole. Perfino all'ispet­tore Mauiin aveva fatto girare la testa. Se avesse voluto, l'avrebbe indotto a combinare qualche spro­posito.

Sgricio                           - Non conoscete Maurin.

Le Fouinard                  - Lo conosco appena di vista, è vero, ma so che basta poco, a una donna come Minou, per stendere al tappeto un uomo.

Sgricio                           - Una donna come Minou! Siete un vi­sionario, Le Fouinard! Ma se è una disgraziata, una grue da quattro soldi, che non riesce mai a mettere d'accordo il pranzo con la cena.

Le Fouinard                  - Può darsi, che sia una testa matta, ma però ha del temperamento, de l'esprit... ci ha qualche cosa... qualche cosa di moussant che... Eh, so ben io quel che mi dico.

Sgricio                           - Però, con Magis non la spunta.

Le Fouinard                  - Date tempo al tempo.

Corinne                         - Monsieur Le Fouinard! C'est bien mauvaise la casse-poitrine qui vous nous avez four-nie aujourd'hui.

Le Fouinard                  - Faute de prix, madame!

Corinne                         - Vous ètes un fameux fripon, monsieur Le Fouinard.

Sgricio                           - M'hanno detto che avete fatto passare roba migliore per conto d'altri.

Le Fouinard                  - M'offendete. Non tradisco mai gli amici, io!

Sgricio                           - Mah! Sarà. Fatto sta che a « L'àne aveugle » spacciano sottobanco un cognac di prima scelta e perfino del buon whisky. E les gueules noires corrono tutti là, adesso.

Le Fouinard                  - Non c'è soltanto Le Fouinard a fare del contrabbando. Se siete disposti a pagare di più, potrò fornirvene anch'io, di roba fina.

Sgricio                           - Ne riparleremo. Ma... guardiamoci ne­gli occhi, Le Fouinard. A Sgricio si può farla una volta, non due.

Le Fouinard                  - Avete voglia di scherzare, Sgricio! Le Fouinard non ha che una parola ed è un vero amico.

Sgricio                           - Riprenderemo il discorso in un mo­mento migliore. Vi fermate a cena qui, stasera? Nostro ospite, ben s'intende.

Le Fouinard                  - Oh, merci. Accettato. Vorrà dire che, per disobbligarmi, vi regalerò un campioncino di un certo sciroppo in arrivo... altro che casse-gueule! Però, che si mangia? Sento un odoretto che mi stuzzica straordinariamente.

Sgricio                           - Arlette sta preparando uno stufato che non vi dico. Ma prima avremo la solita pasta­sciutta. Ho fatto arrivare vera pasta di Napoli, per l'occasione. Questa è la volta che mi rovino... D'al­tro canto, quei poveri ragazzi hanno pur diritto, una volta tanto, di ritrovarsi come in casa loro. Che volete? Corinne ci ha un cuore grande così, malgrado l'apparenza un po'... un po' rustre.

Le Fouinard                  - (adulatore) Una donna d'oro, l'ho sempre detto. Magari l'avessi incontrata anch'io una madame Corinne!...

Corinne                         - Qu'est qu'il y a?

Le Fouinard                  - (scherzoso) On bavardait mal de vous, madame...

Corinne                         - (con acida condiscendenza) Les aspics!

Sgricio                           - (intenerito) E' un po' ruvida... talora cattivaccia addirittura. Però, m'ha tirato su dallo charbonnage ove per tanti anni ho sputato l'anima mia. Mi son detto: « Sgricio, se continui a dannarti à la taille, finisci che ci lasci la ghirba. Prenditi quel bidone per moglie e salvati! ». Domando e dico: ho fatto bene, sì o no?

Le Fouinard                  - Vi ripeto che vorrei averla incon­trata io, una madame Corinne! Oltre tutto, di beurre... (allude al denaro) deve averne un pozzo.

Sgricio                           - Non esageriamo, adesso. Abbiamo di che campare senza fastidi, ecco tutto. La cantina è il nostro passatempo, in fondo.

Le Fouinard                  - Un passatempo che rende.

Sgricio                           - State zitto! Se non ci rimettiamo, poco ci manca.

Le Fouinard                  - Foutre! Che razza di volpe siete! (Minou e Renée entrano animatissime, a braccetto, dalla strada).

Minou                           - Bon soir, les copains! Bougre d'un chien! Quel «frisbi»! Il va neiger...

Renée                            - (a Sgrido) Lasco m'a chargée à vous dire che i suonatori verrano alle undici e che de­vono mangiare anche loro.

Sgricio                           - Benone! Quanti sono?

Renée                            - Quattro, credo; tous napolitains. Uno, quello che canterà, dicono sia molto bravo e... è très joli. Canterà romanze napoletane: ma passioni

Le Fouinard                  - (appartatosi con Minou) A che punto siamo con l'amico?

Minou                           - Quale amico?

Le Fouinard                  - Non fare la stupida. Magis.

Minou                           - Oh, fiches moi la paix, avec ton Magis.

Le Fouinard                  - Sta bene. Gli metteremo alle co­stole un'altra allumeuse, più docile e intelligente di te.

Minou                           - Chi? Riquette, par exemple? (Ride a gola piena) O questa smorfiosa di Renée che quando vede un paio di pantaloni cade in deliquio?

Le Fouinard                  - (subdolo, senza smontarsi) Ho un certo tipetto per le mani...

Minou                           - (beffarda) Ah, sì? E chi? Michèle Mor­gan? O Cécile Aubry? Va-t-en, mon viocque! Li conosco i tuoi tipi.

Le Fouinard                  - Peccato. Ci avevo un regaluccio... robetta di Parigi.

Minou                           - (avida) Fuori! Dov'è?

Le Fouinard                  - Uh, quanta fretta! Se ne ripar­lerà domani, festa di Capodanno. E' stata un'idea di Varo. Ti vuol bene, Varo.

Minou                           - A proposito, dov'è? Son due giorni che non lo vedo.

Le Fouinard                  - E' in grandi faccende. Buon pescatore quel demonio. Credo proprio che stia stringendo la rete, ormai. Il pesciolino non gli scappa più.

Minou                           - E se l'avvertissi io, il pesciolino?

Le Fouinard                  - Non ti converrebbe.

Minou                           - Chi lo dice?

Le Fouinard                  - Papà Le Fouinard te lo dice, ma mignonne. Si tu veux sauver ton lard, il ne faut pas faire du macaronage, c'est entendu?

Minou                           - Minacci?

Le Fouinard                  - Nooo! Ti pare? Siamo buoni amici, n'est pas, ma petite Minou? (Varo entra, sti­randosi e sbadigliando, dalla porta del dormitorio. S'è appena levato dalla cuccetta) Toh! eri qui?

Varo                              - Sono « franco » oggi; ne ho approfittato per farmi una bella dormita. Oltre tutto, stasera si farà tardi. (A Minou) Buondì, Minou! Qual buon vento?

Le Fouinard                  - (sottovoce) Tienla d'occhio. Ti spiegherò.

Varo                              - Beviamo qualche cosa, Minou? Sgricio! Tre aperitivi; ma sul serio, mi raccomando. Ho bi­sogno di schiarirmi le idee, di snebbiarmi la cabo-che. (Si tocca la testa) Minou, dolce Minou! T'as une frimousse adorable! Lo sai? Sono innamorato di te più che mai, e tu crudele non manco ti curi del povero Varo. (Alzando il bicchiere) Cric-eroe!... Alla tua, alla mia e a quella del buon Le Fouinard.

Renée                            - E la povera Renée? Bocca asciutta?

Varo                              - Giusto, bellezza mia! Qua un aperitivo anche per la nostra fatalona! Oh, Sgricio!

Sgricio                           - Ho capito. Subito.

Renée                            - Merci, Varò.

Varo                              - Di che? Ho sempre avuto un debole per te. Se non fosse che c'è di mezzo il porion Lasco, da un pezzo t'avrei eletta a mia maitresse.

Renée                            - E Minou?

Varo                              - Minou non m'ama più, ormai. Elle m'a fait... Joseph, desormais! (Fa il segno delle corna. Sghignazza) Ma siamo rimasti buoni amici, nev-vero Minou?

Minou                           - (nervosa) Dipende.

Varo                              - Oh! Oh! Dipende, hai detto?

Minou                           - (sfidandolo) Qu'est que tu m' veux, enfin?

Le Fouinard                  - (trascinando verso il banco Renée per allontanarla da Minou e da Varo) Un autre coup, ma chérie?

Renée                            - (lasciandosi trascinare) Tu veux m'éni-vrer déjà, vieux bonisseur?

Le Fouinard                  - Je pense qu'un tout petit bé-guin avec toi ne serait pas mal...

Renée                            - (lusingata) Le flatteur! (Bevono e con­versano al banco con Corinne).

Minou                           - (a Varo che non ha risposto alla sua do­manda) E si je voulais demaquiller?

Varo                              - (subdolamente tranquillo, tenero, paziente) Demaquiller? Che cosa vuol dire?

Minou                           - Va là che mi capisci, vecchio mio!

Varo                              - Spiegati, tesoro.

Minou                           - (decisa) Voglio sapere che cosa state or­dendo ai danni di quel ragazzo.

Varo                              - Lo ami?

Minou                           - Amore? (Ride sguaiatamente) Prima che Minou si decida ad amare ancora un uomo, biso­gna che spariscano queste cicatrici. Guarda! (Gli mostra i propri polsi) Ecco i segni del mio primo ed ultimo amore! Avevo sedici anni: lusingata, se­dotta, abbandonata... e la pancia che mi cresceva. Pensai di trovare uno scampo nella morte... con una lametta da barba... (Ride) La solita storia, E son poi finita qui, al Borinage, agganciata ai pantaloni d'un gueule noire italiano, un disgraziato come te, come voi tutti « macaroni » che vi dannate negli charbonnages per un pezzo di pane. Un illuso che voleva sposarmi, diventare ricco, portarmi al suo paesello... e che finì invece sfracellato in fondo al-l'Héribus. Ecco, in poche parole, il romanzo di Minou. Interessante, nevvero?

Varo                              - Magis, però...

Minou                           - (reagendo come punta sul vivo) E la­sciatemi un po' in pace, col vostro Magisi Che cosa sperate di ricavarci?

Varo                              - (facendo il gesto che allude al denaro) Zozotte, beaucoup de zozotte, mia cara. Da' tempo al tempo, e vedrai. Fidati del vecchio Varo e l'avrai ai tuoi piedi quel beau garcon; avrai in pugno l'uo­mo e il denaro. Fai tacere il cuore, ancora per un po'...

Minou                           - (amara) Non ho più cuore.

Varo                              - Tanto meglio. Abbi giudizio... lasciati gui­dare... Imbroccheremo un en plein che ci metterà a posto per sempre.

Minou                           - (diffidente) Tu e quella canaglia di Le Fouinard.

Varo                              - Anche tu... anche tu, non temere, Mi­nou. (Entra Riquette accompagnata, sottobraccio, uno per parte, da due minatori; evidentemente mezza brilla canta un refrain).

Le Fouinard                  - (a Sgrido) Non ve l'avevo detto? Riquette non poteva mancare. (Ride di gusto) Olà, Riquette! Tu l'as eue ta pointe, ce soir!

Riquette                        - Pas mal... pas mal, mon rigue!... Ils m'ont fait boire, ces gaillards! (Indica i due mina­tori che l'accompagnano).

Corinne                         - (inviperita, a Sgrido) Jette là dehors, cette impudente!

Riquette                        - Cercate di approfittarvene perché non c'è Maciste, eh? Ma io non uscirò di qui...

Sgricio                           - (cercando d'afferrarla) Fuori di qua, sgualdrina! Fuori, ti dico!

Riquette                        - (togliendosi una scarpa e facendosi scher­mo dei suoi due accompagnatori) Se t'avvicini, ti rompo il muso, vecchio topo! Entendu?

Le Fouinard                  - (conciliante, a Sgrido) Lasciatela perdere. Maciste potrebbe offendersi e far storie: lo conoscete, quel bestione. Ora la faccio star tran­quilla... la sistemo io.

Sgricio                           - (trattenendosi) S'ha da vedere! Domando e dico: ma che cosa si credono queste luride e i loro degni souteneurs? Che la « Waterloo » sia di­ventata un lupanare? Finisce che mi rivolgo alla gendarmeria, se mi fanno girare le scatole.

Le Fouinard                  - Teneteli lontani più che potete, i becs de gaz... Si può accomodar tutto lo stesso senza tirare in ballo la polizia. Quella ci ha un fiuto speciale per avvertire l'odore di camphre...

Sgricio                           - Be', fatela star cheta voi, quella spor-cacciona. Che non alzi la voce, che non canti! Co­rinne non la può soffrire, monta su tutte le furie soltanto a vederla. Poi li subisco io i suoi sfoghi di collera.

Le Fouinard                  - Madame Corinne ha ragione, ma c'è di mezzo Maciste, lo sapete... e poi stasera tutto deve filare liscio, senza incidenti, che diamine! (Avi vicinandosi al tavolo dove Riquette ha preso posto coi suoi amici e continua a far chiasso) Riquette! Pas de vacarme. Soyez sage... Fra poco sarà qui Maciste e...

Riquette                        - (intenerita) Mon Maciste!

Le Fouinard                  - (facendo cenno alle busse) Sai bene che Maciste non scherza. Se ci ha le sue paturnie, è lui che ti butta fuori di qua.

Riquette                        - Oh, io so come si fa a calmarlo, quel bruto. Riquette conosce a menadito la règie du jeu. Riquette sa come si mette un uomo à la ringué. Riquette può far scuola a tutte, qui è fuori di qui, a giovani e vecchi! Riquette è pur sempre la grande Riquette.

Le Fouinard                  - Oui mon ange; ma adesso met-' titi tranquilla; cerca di smaltire in santa pace la tua sbornietta.

Riquette                        - Ma io non sono sbornia affatto, ruf­fianacelo d'un Le Fouinard!

Le Fouinard                  - Stai buona che poi ci si diverte. Un pranzo coi fiocchi, vino a volontà, musica e ballo.

Riquette                        - Riquette vi farà trasecolare con la danza del ventre.

Varo                              - Ci sarà da tenersi la pancia dal ridere.

Riquette                        - Quand'ero ad Algeri...

Varo                              - All'epoca di Gambetta...

Riquette                        - Quand'ero ad Algeri, al Cabaret d' la grand' Momie, facevo la danza del ventre sopra un tavolino non più grande d'un fazzoletto... così. (Fa per salire sul tavolo, ma Le Fouinard la trat­tiene) E un bellissimo tenente degli spahis, folle d'amore per me, uccise in duello il suo capitano che mi faceva l'occhietto.

Varo                              - E tu, per chi tenevi?

Riquette                        - Per tutt'e due. (Risate) A quoi bon serbarsi per un uomo solo? Bisogna essere generosi nella vita e nell'amore!

Varo                              - (alzando il bicchiere) Alla salute del po­vero capitano ucciso per amore de la grande, de la fameuse Riquette!

Le Fouinard                  - Ma quello è morto, e non ha più bisogno di salute. Beviamo piuttosto al tenente de­gli spahis, al vivo!

Varo                              - Sarà morto anche quello, ormai. Dopo tanti anni! (S'ode un ululo di sirene che si farà sempre più intenso ed esteso fino al termine del quadro. Di quando in quando, con l'ululo, anche rintocchi lontani di campane a stormo).

Sgricio                           - Che cosa succede? Sono appena le dieci e mezzo, perché le sirene?

Le Fouinard                  - Non per l'annuncio dell'anno nuovo.

Minoo                           - Sarà l'avviso della fine del turno in miniera.

Varo                              - Macché, il turno finisce alle undici. E poi non è soltanto la sirena del «Perthus»... Suo­nano anche quelle degli altri charbonnages...

Sgricio                           - Avranno anticipato la cessazione del turno?

Varo                              - Non è possibile. Non udite? Suonano an­che le campane.

Sgricio                           - E' un allarme. Che sia accaduto qual­cosa?

Varo                              - Prova a telefonare allo charbonnage, Sgricio.

Sgricio                           - (si precipita al telefono, forma febbril­mente il numero) Pronto... Pronto... Hanno in­terrotto. Domando e dico... Domando e dico. (Torna a formare il numero) Allò... Pronto... Ma che dia­volo succede? Occupato...

Varo                              - (infilandosi il giacchettone) Corro a vedere che cosa accade.

Le Fouinard                  - Aspetta: vengo anch'io.

Sgricio                           - (continuando a tempestare al telefono) Allò... Allò... Si può sapere? Domando e dico... Ma­ledizione! Ancora occupato. (Mentre Varo e Le Fouinard stanno avviandosi all'uscita, la porta si spalanca ed entra conte una raffica l'ispettore Mau­rin seguito da altri).

Maurin                          - (a gran voce, eccitato) Una frana!... Una frana alla taglia ventitré!

Varo                              - (colpito) Bète! La taglia della squadra di Lasco!

Maurin                          - (c. s.) Proprio quella! Una cosa terri­bile!

Varo                              - Grisou?

Maurin                          - No, pare di no, almeno per ora. Ma è crollata tutta la nuova galleria d'accesso. E le frane continuano... a catena... Sembra un terre­moto, un vero terremoto.

Varo                              - (ansioso) Chi c'è rimasto?

Maurin                          - Tutti... Tutta la squadra di Lasco e buona parte di quella dei tedeschi che era stata mandata di rincalzo per i puntellamenti... L'avevo detto, l'avevo detto agl'ingegneri ch'era pericoloso spingersi avanti con la « gal­leria!

Varo                              - Sicché, Lasco, Maciste, Magis... Anche Magis, nevvero?

Maurin                          - Ma sì: Magis, Kavarski, Pinon... tutti in trappola...

Arlette                           - (con un grido) Pinon... Anche Pinon!

Varo                              - Spacciati?

Maurin                          - E chi lo sa? Ripeto che, per il mo­mento, non si son verificate fughe di grisou. Fi­nora mancano trentatré uomini all'appello: tutta la squadra di Lasco e buona parte di quella dei tedeschi.

Varo                              - Che si fa ora?

Maurin                          - Sto mobilitando tutti gli uomini dispo­nibili per i lavori di sgombero. Speravo di trovare più gente, qui da Sgricio... Comunque, vieni an­che tu, Varo...

Varo                              - Fatica sprecata.

Maurin                          - Come sarebbe a dire?

Varo                              - Che non ce la farete neppure in capo a una settimana.

Maurin                          - Non è il momento di discutere, que­sto! Bisogna agire senza indugio. Andiamo, ragazzi.

Varo                              - (straordinariamente lucido, pacato, deciso) E' proprio il caso di discutere, invece.

Maurin                          - Sei ammattito?

Varo                              - Vi pare? Ragiono.

Maurin                          - Lascia perdere. Non è il momento di fare delle chiacchiere, ti dico. Andiamo!

Varo                              - Un minuto, un solo minuto, ispettore. C'è probabilità che siano rimasti vivi quelli della taglia ventitré?

Maurin                          - (spazientito) Che ne so? Sprofondati come sono a 850 metri sotterra, mica abbiamo la possibilità di dir loro di battere un colpo.

Varo                              - Avete detto che la frana s'è verificata in galleria?

Maurin                          - Sì, in galleria.

Varo                              - E' da ritenersi, quindi, che la taglia di Lasco sia rimasta fuori dal crollo.

Maurin                          - Così si spera. Anzi, è logico supporre che la « ventitré» abbia tenuto: puntellamento più recente, più fitto, scavo appena iniziato.

Varo                              - E voi pensate di poter arrivare a liberare la squadra di Lasco sgombrando la galleria crol­lata?

Maurin                          - Non c'è altro da fare.

Varo                              - Non basterà una settimana, vi ripeto, e sarà un lavoro inutile: li ritroveremo tutti morti di fame e di sete o asfissiati.

Arlette                           - (dà segni di agitazione) Mon Dieu!

Maurin                          - Se ti dico che non c'è altro partito da prendere.

Varo                              - (secco, suggestivo) Ne conosco un altro. (Durante il colloquio tutti si affollano ansiosamente attorno a Maurin e a Varo; meno Corinne che è rimasta imperturbabile e indifferente al proprio posto).

Maurin                          - Ti rendi conto?

Varo                              - (guardandosi attorno e rivolgendo un im­percettibile sorriso d'intesa a Minou e a Le Foui­nard) Mi rendo sempre conto di tutto, io!

Maurin                          - Fuori! Di' che cosa vorresti fare.

Varo                              - E' un'idea che vale denaro, molto denaro, monsieur Maurin.

Maurin                          - L'avrai, demonio! Ma sbrigati! Sputa!

Varo                              - (sibillino) Non potete immaginare quanto prema più a me che a voi e a tutto il Borinage di tirarli fuori vivi, quei miseri sorci intrappolati nella «ventitré»!

Arlette                           - Fatelo, fatelo per carità, monsieur Varo!

Maurin                          - (dando di piglio a una bottiglia e minac­ciando di fracassarla sul capo di Varo) Insomma! Vuoi proprio che ti spacchi la testa? Parla, ti dico!

Minou                           - Non tenerci in ansia!

Le Fouinard                  - Le jeu vaut la chandelle, copain.

Varo                              - (a Le Fouinard) Lo so.

Maurin                          - Dunque?

Varo                              - (mutando tono: deciso) Non c'è che una strada per arrivare rapidamente, e con qualche pro­babilità di successo, ai nostri topolini: le Trou du Fantóme.

Maurin                          - (colpito) Il vecchio pozzo abbandonato dopo il disastro del '38?

Varo                              - Quello.

Maurin                          - Sei matto!

Varo                              - (glaciale) Può darsi.

Sgricio                           - Eppure...

Maurin                          - Se vado a dirlo agl'ingegneri, quelli mi pigliano a calci.

Varo                              - Glielo dirò io, se non vi dispiace.

Maurin                          - E tu credi che dal Trou du Fantóme?...

Varo                              - Riflettete bene, monsieur Maurin. Cer­cate di farlo ragionare, una volta tanto, il vostro cervello.

Maurin                          - (alzando la bottiglia) Ohe, dico...

Varo                              - (ironico) Come non detto, monsieur Mau­rin. Non volevo offendervi. Rispondete: in quale direzione procedeva l'abattage della taglia ventitré?

Maurin                          - Nord... nord-est, mi pare.

Varo                              - Esatto: nord-est; quindi verso il vecchio pozzo abbandonato... anzi, addirittura sotto il Trou du Fantóme.

Maurin                          - (colpito) Può essere.

Varo                              - E'... è senz'altro. E non vi viene il sospet­to... cercate, cercate di ragionare, di far lavorare il cervello... non vi viene il sospetto che la frana possa essere stata determinata appunto dal fatto che Fabattage procedeva ormai in zona pericolosa, vale a dire proprio sotto il Trou du Fantóme, forse ap­pena qualche metro più a fondo? Non per niente pochi giorni fa sono state notate le famose infil­trazioni d'acqua. Se ben ricordate, Lasco e il porion tedesco Mahler ne fecero parola all'ingegner Paillard... Erano molte perplessi e preoccupati.

Maurin                          - E' vero. Ma gl'ingegneri della dire­zione...

Varo                              - Vale a dire quelli che non scendono mai nei pozzi...

Maurin                          - Non sta a voi giudicare.

Varo                              - E invece starebbe proprio a noi, les gueules noires, che ci lavoriamo dentro esponendo gior­no per giorno, ora per ora, minuto per minuto, la nostra pelle.

I Minatori                      - (agitandosi) Si... giusto... Siamo noi... La carne venduta!

Varo                              - (placandoli e ristabilendo il silenzio) Ma io non giudico: sto ai fatti. Anche Paillard, dicevo, si preoccupò delle infiltrazioni d'acqua.

Maurin                          - E' un fenomeno abbastanza comune, usuale, vorrei dire.

Varo                              - Sì, ma è sempre un campanello d'allarme. Non per niente l'ingegner Paillard fece rap­porto alla direzione...

Maurin                          - Be', è inutile perdersi in chiacchiere, ora. E, se vuoi un consiglio, non fare troppo il sac­cente quando esporrai il tuo piano agli ingegneri.

Varo                              - (subdolo) D'accordo, monsieur Maurin: il silenzio è d'oro. Ricordatelo, poi, a quei signori: d'oro. Andiamo.

Le Fouinard                  - In bocca al lupo, Varo!

Varo                              - (a Fouinard) Mi basta trovarne vivo uno: lui. (A Minou) Ton paillasson, ma chérie.

Minou                           - (a bassa voce, supplichevole) Salvalo, Varo, e farò il vostro gioco.

Varo                              - Parola?

Minou                           - (stringendogli la mano) Parola.

Maurin                          - (dalla porta) Sbrigati, Varo.

Le Fouinard                  - (sospingendo Varo all'uscita, a bassa voce) Non preoccuparti di nulla. Riporta il pe­sciolino a galla, e tutto andrà per il meglio. (Varo, Maurin e i minatori escono).

Riquette                        - (istericamente) Sauvez Maciste! Oh, mon pauvre gaillard! Che cosa farà Riquette senza il suo Maciste?

Corinne                         - (infuriata a Sgricio) Jette-là en dehors... dans la boue, la sale persilleuse!...

Sgricio                           - (afferrando Riquette e spingendola bru­talmente verso la porta) Sì, fuori, fuori di qui, ubriacona! E non rimettere più piede alla « Wa­terloo », capito?

Riquette                        - (opponendo resistenza) Vigliacco, farabutto, te e quella vecchia strega della tua mai­tresse! Ve la farò pagare da Maciste, manutengoli, ladri, sfruttatori! Maciste ti spezzerà la schiena, maquereau!

Sgricio                           - (seguitando a sospingerla) Sì, vallo a chiamare in fondo alla sua tomba, il tuo ribleur!

Corinne                         - (sghignazzando) Il a eu sa botte à dominos, le brute! (Allude alla bara. Sgricio riesce fi­nalmente a buttar fuori dalla porta Riquette che continua dalla strada a urlare improperi e a pia­gnucolare).

Riquette                        - (da fuori) Ladri, delinquenti, sfrut­tatori di chair humaine! Maciste mi vendicherà! Làches!

Sgricio                           - (battendo le mani in segno di chiusura) Signori, si chiude. E tu, Arlette, spegni i fornelli. Fortuna che la pasta non era ancora in marmitta. Ma che ti prende?

Arlette                           - (che s'è buttata sulle spalle uno scialle, correndo verso l'uscita) Non posso resistere... Corro a vedere... (A Corinne) Permettez, mada­me... Oh, Pinon... (Esce di corsa tutta affannata).

Corinne                         - Amoureuse de Pinon! (Ridacchia di­vertita) Amoureuse de Pinon, cette marmotte qui gazouille en cuisine!

Sgricio                           - (di malumore, mentre Minou, Renée e Fouinard s'avviano all'uscita, strappa uno dei fe­stoni di carta) La festa è finita. (Continuano a urlare le sirene e a suonare le campane a stormo).

QUADRO TERZO

Alla taglia ventitré del «Perthus». Buio. Soltanto il fioco chiarore d'una lampada da minatore rompe la tenebra fitta della tragica trappola. Qualche pun­tello ha ceduto, ma due o tre solide poutrelles reg­gono ancora. S'ode il gocciolare lento, ritmico, di un'infiltrazione d'acqua. Corpi inanimati in fondo, sagome di cadaveri.

(In primo piano, accovacciati, Maciste, Pinon e Kavarski: il primo è ancora stordito e mugola co­me un animale ferito; Pinon rannicchiato in di­sparte, illeso; Kavarski si lamenta penosamente: è evidente ch'è ormai spacciato. Avanza carponi Magis trascinando a fatica Lasco svenuto. Lo si­stema come meglio può con la schiena appoggiata ad una parete).

Magis                            - (scuotendo e schiaffeggiando Lasco per far­lo rinvenire) Lasco! O Lasco! Mi senti?

Lasco                            - (rinvenendo poco a poco, balbetta) Che cos'è accaduto? Dove mi trovo... Ahi!... Mamma mia! Il braccio... la spalla... (Si tocca a fatica, con la destra, il braccio sinistro inerte) Che è stato? Chi sei?

Magis                            - Magis.

Lasco                            - Magis?... Ma che succede qui? Oh, Dio! Il mio braccio. Ho sete...

Kavarski                        - (facendo eco debolmente) Sete... sete...

Magis                            - Aspettate... cerco una borraccia. Deve pur esserne rimasta qualcuna...

Kavarski                        - Qui... qui... la mia. Prendila tu, Ma­gis. Non posso muovermi...

Magis                            - Stai cheto, la prendo io... (Esegue. Va bere Kavarski, poi Lasco).

Maciste                         - Acqua... acqua!...

Magis                            - Aspetta, vengo anche da te. (Esegue). Ma ce l'hai pure tu la borraccia piena... Meno ma­le! Come va, Maciste? (Gli prende la borraccia e la mette vicino a quella di Kavarsìd).

Maciste                         - Ho preso una gran botta qui. (Si toc­ca la testa) Mi sento la testa piena di campanelli.

Magis                            - Riesci a muoverti? Prova un po'...

Maciste                         - (fa qualche movimento con le braccia e con le gambe. Riesce a mettersi carponi) Sono tutto massacrato... Però... però mi pare di essere ancora intero... Niente di rotto. Ricordo che m'è crollato addosso un fottio di roba: sassi, carbone, travi... Che è stato, Magis?

Magis                            - E chi lo sa? Un gran crollo, suppongo. Tu eri rimasto sotto la frana: ti s'è rovesciata ad­dosso tutta una parete; non so capacitarmi che tu sia ancora vivo. Hai la pelle dura, Maciste!

Maciste                         - M'hai tirato fuori tu?

Magis                            - Te e Lasco...

Maciste                         - Lasco? Ah, già: lavorava accanto a me. E' vivo?

Lasco                            - Sono vivo. Ma devo averci il braccio si­nistro spezzato... Ti dobbiamo la vita, Magis.

Magis                            - Non dirlo troppo presto. Chi sa che dia­volo è accaduto! Ho l'impressione che siamo rima­sti in trappola...

Maciste                         - (spaventato) Ma verranno a tirarci fuori, no?... Che aspettano?

Magis                            - Be', staranno provando, spero. Dev'essere avvenuto qualche cosa di grosso, compagni. Prima che ci crollasse addosso la taglia, ho avvertito dei gran tonfi in galleria.

Lasco                            - Anch'io li ho uditi, ora che ricordo... Sì, dev'essere cominciato in galleria.

Kavarski                        - (fiocamente) Se è così, c'è poco da sta­re allegri.

Maciste                         - (agitandosi e ruggendo) Dobbiamo muoverci... apriamoci un varco... Non voglio rima­nere intrappolato come un sorcio. Già soffoco. Aria! Aria...

Magis                            - Sta' calmo, Maciste. Ad agitarti perdi le forze, ti rovini il morale, ti vien sete e non cavi un ragno dal buco. Aspettiamo, ragazzi: con calma.

Maciste                         - (irragionevole, fa per allentarsi verso il crollare addosso tutto il «Perthus».

Lasco                            - Sei ammattito? Trattienilo, Magis, che quel bestione può provocare una nuova frana.

Magis                            - (ghermisce Maciste e riesce ridurlo alla ra­gione) Cerca di ragionare, Maciste. Persuaditi che non c'è niente da fare: aspettiamo in santa pace.

Maciste                         - Soffoco!... Soffoco!... Da bere!... La mia borraccia, perdio! Dove hai messo la mia borraccia?

Magis                            - Vacci piano. Questo po' d'acqua deve servire a tutti.

Maciste                         - Un solo goccio... ti prego...

Magis                            - (avvicinandogli la borraccia alla bocca.) Non fare l'ingordo. Toh! Ora basta. Cerca di dor­mirci sopra, se ti riesce.

Maciste                         - Soffoco! Fa un caldo d'inferno.

Magis                            - E fuori magari nevica...

Maciste                         - Vorrei essere sotto la neve, anche nu­do per una nottata intera.

Magis                            - Ti buscheresti una polmonite, bestione.

Maciste                         - Non sono tipo da polmonite, io!

Lasco                            - Chi c'è rimasto, Magis? Riesci a racca­pezzarti?

Magis                            - C'è qualche morto, qui attorno, a quan­to vedo.

Lasco                            - Pinon?

Pinon                             - Non ancora. Credo d'essere illeso: come Magis.

Lasco                            - Meno male. E gli altri? I due friulani? Il marchigiano?... Lo sfregiato?...

Magis                            - Ho paura che ci siano rimasti.

Lasco                            - Prova a chiamarli.

Magis                            - (gridando) PeppeL. Olà! I friulani... Sfregiatoooo... (Silenzio).

Kavarski                        - (amaro, tentando di celiare) Ci hanno preceduti.

Lasco                            - Non fare l'uccellaccio del malaugurio, tu. Speriamo di cavarcela.

Kavarski                        - Voi, forse... Ma per me è finita.

Lasco                            - Sei ancora stordito.

Magis                            - Forse hai preso una botta in testa.

Kavarski                        - (fiocamente, ansimando) So ben io ciò che m'ha preso. Fio la spina dorsale spezzata. Conosco i sintomi: paralisi e uno stato di coma... come dire?... di coma lucido. Non ve l'ho mai det­to, ma sono quasi medico...

Lasco                            - (piano a Magis) Delira...

Kavarski                        - No, non deliro. Fio frequentato, ilio tempore, ben quattro anni di facoltà medica alla università di Varsavia... Ilio tempore!... (Ridacchia melenso) Ora che sto per andarmene, mi torna alla mente il mio latinuccio... Ilio tempore!... Dio mio, quanti anni son passati! Tutta una vita buttata via, sprecata... La mia bella casa che dava sulla Vistola, a due passi dal ponte Wladimir... la mia cara ma­dre tanto mite, tanto mite... il mio burbero padre sbraitone ma buono, buono anche lui, in fondo... e mia sorella Nadja che pestava tutto il giorno il pianoforte... con quel suo eterno Chopin... (Pausa) Chopin!... (Accenna con voce flebile, rotta, ma in­tonata, il motivo d'una mazurka di Chopin) E io... e io, testa matta, ebbro d'idee di libertà... furibondo contro i russi... e un po' anche contro i tedeschi, gli austriaci... (Pausa) Poi la guerra del '14... la mia diserzione... la fuga, con pochi altri scalmanati, at­traverso l'Europa in fiamme... la Svizzera, l'Italia... la vostra cara Italia, compagni... l'Università di Bo­logna, il volontariato, le trincee del Carso, la pri­gionia di Mathausen, il ritorno a Varsavia: più nessuno, la famiglia distrutta, morta mia madre, morto in deportazione mio padre... mia sorella chis­sà dove... (Pausa) Tentai di riprendermi, tornai all'Università... ma tuonava ancora il cannone sotto le mura di Varsavia: di nuovo volontario, di nuo­vo in guerra... Stavolta contro l'armata rossa di Trotzsky... (Pausa) Infine... infine tutto il buio della mia povera vita: una donna... il disperato bisogno di danaro... avrei rubato financo in chiesa per lei... Si chiamava Mascia ed era... era meravi­gliosa... Meravigliosa soprattutto nella crudeltà, nell'egoismo perverso...

Magis                            - (cupamente) Flai detto bene, Kavarski: nell'egoismo perverso... nell'egoismo perverso...

Kavarski                        - Cieco, quasi bambinesco, forse in­consapevole...

Magis                            - Senza misericordia...

Kavarski                        - Ecco: senza misericordia. Conosci?...

Magis                            - (come tra sé) Conosco.

Kavarski                        - Ce ne sono ad ogni angolo di strada, di Mascie...

Magis                            - E riescono a trovare immancabilmente il loro pantin...

Kavarski                        - Il loro Kavarski...

Magis                            - (ferocemente sarcastico) E riescono im­mancabilmente a piantargli il coltello nella schie­na... Poi fuggono...

Kavarski                        - E tu le insegui... ti rovini., precipiti, precipiti sempre più in fondo. Perdi dignità, onore, patria... tutto te stesso... Finisci magari in uno charbonnage, in una trappola come questa, con la spina dorsale spezzata... (Pausa) Un sorso d'acqua, Ma­gis... Per fa-vo-re... Gran Dio!

Magis                            - (sollecito, accostandogli la borraccia alla bocca) Bevi... non pensare... non ricordare: ri­posati.

Kavarski                        - Ora... ora riposo: son giunto alla mia meta. E... e pensare che mi son fregato per un sorso di... di casse - poitrine! Ero... ero in galleria, ai miei carrelli. Mi son detto: ora faccio un salto fino alla taglia e., e mi faccio allungare un goccio di grappa da Maciste... Ce l'avevi, di', Maciste?

Maciste                         - Ce l'avevo sì. E vera grappa piemon­tese, di quella che trovi soltanto a « L'àne aveugle », non già la camphre di quel ladraccio di Sgrido! Chissà dov'è volata la bottiglia con quel po' po' di finimondo ch'è successo!

Kavarski                        - Averla qua... adesso! Mi farebbe... mi farebbe resuscitare.

Maciste                         - E a me farebbe star zitti questi cam­panelli... tutti i campanelli che mi rintronano nel cranio.

Kavarski                        - Era... era buona la tua casse - gueule, Maciste!

Maciste                         - Perdio, se era buona! Se riesco a sta­narmi da questo buco e a risalire in superficie, una bottiglia intera, tutta in una volta, voglio scolar­mene!

Kavarski                        - (penosamente ansando) Mi... mi... di­spiace... ma sento proprio che stavolta non ti farò compagnia...

Maciste                         - (allarmato) Che dici, Kavarski? Pensi che non risaliremo? Che rimarremo sepolti in que­sta tana? Voglio... voglio essere salvato!

Kavarski                        - Tu... voi tutti, forse... Ve l'auguro, compagni... Ma per me... per il povero... Kavarski è finita, credo proprio che sia finita...

Magis                            - (avvicinandoglisi con la borraccia) Vuoi bere?

Kavarski                        - Non ne sento... non ne sento più il desiderio... Credo di non averne più bisogno... di nulla... Addio, compagni... me ne vado. II... il vec­chio Kavarski esce di... scena.

Magis                            - Kavarski!

Lasco                            - Dagli da bere.

Kavarski                        - Non serve... non serve più...

Lasco                            - Che dice?

Magis                            - (chinandosi sul morente) Barbuglia nella sua lingua... Stai male, Kavarski?

Kavarski                        - ...madre mia... (Muore).

Magis                            - (rialzandosi) Morto.

Lasco                            - Sei sicuro?

Magis                            - Il cuore non batte più. Aiutami, Pinon, a portarlo più in là... con gli altri morti. (Pinon esegue, indi fa il segno della croce).

Maciste                         - (insorgendo improvvisamente, frenetico) Io non voglio morire! Ora vi faccio vedere io: aprirò un varco, a qualunque costo.

Lasco                            - Non perdere la testa, Maciste. Trattie­nilo, Magis.

Maciste                         - (a Magis) Non provartici, sai! T'ac­coppo con un solo cazzotto, se t'avvicini.

Magis                            - Ragiona, Maciste... Potresti provocare un nuovo crollo e farci rimanere tutti...

Maciste                         - (furibondo) E che m'importa di voi? Penso alla mia pelle, io!

Lasco                            - Bada a quello che fai, bestia!

Magis                            - (gettandosi su Maciste) Fermo, Ma­ciste! (Pinon accorre a dar man forte a Magis ag­grappandosi alle gambe del ribelle).

Maciste                         - (ruggendo e divincolandosi) Fatevi in là! Vi accoppo tutti, carogne! Oh!... Lascia il mio piede, bastardo! (Pinon sta torcendogli un piede: Maciste emette un urlo di dolore e s'accascia) Vi­gliacchi! Mi avete stroncato il piede (Volgendosi a Pinon) Me la pagherai, moccioso.

Pinon                             - (deciso, dando di piglio a una putrella spez­zata) Se ti muovi ancora ti spacco il cranio com'è vero Dio.

Maciste                         - Se riesco a rimetter piede in terra vi massacro tutti quanti siete, parola di Maciste.

Lasco                            - Ne riparleremo. Ma, per il momento, sta' tranquillo.

Maciste                         - Da bere, la mia borraccia!

Lasco                            - Quel po' d'acqua che c'è rimasta è di tutti.

Maciste                         - La borraccia è mia.

Lasco                            - Smettila di fare il bambino. Vergognati. Sei il più forte e dovresti dare l'esempio.

Maciste                         - L'esempio? Che me ne frega a me di voi e del mondo intero? Oh, il mio piede... (A Pi­non) Me lo hai proprio rotto, delinquente, mar­motta!

Pinon                             - E ti romperò la testa con questo qui, se non stai cheto. (Minaccia con la putrella).

Maciste                         - Me le ripeterai alla cantina, queste pa­role, coniglio?

Pinon                             - Voglia Iddio che ci si riveda da Sgrido!

Lasco                            - (tentando di celiare) Che cosa paghere­ste, compagni, pur di ritrovarvi al cospetto di quella faccia proibita di madame Corinne?

Maciste                         - (ammansito) Anche a costo di dover­mela portare a letto, pagherei... pagherei una set­timana di salario.

Lasco                            - Be', sei sempre stato di bocca buona, tu. Non faccio per dire, ma anche quella tua Riquette...

Maciste                         - (intenerito) Dopo tutto, mica è una cattiva ragazza. Mi ci son sempre divertito, io, con quella là. E' allegra... una vera scacciapensieri. Ba­sta farla bere un po' e ti parte in quarta ch'è una bellezza... Vale cento volte più di quella smorfiosa della tua Renée.

Lasco                            - Mia? M'importa assai!

Maciste                         - Però, sei sempre appiccicato alla sua sottana.

Lasco                            - Di' piuttosto che s'appiccica lei ai miei calzoni! Ho proprio voglia di farmi mettere al guin­zaglio da una di quelle. Ci ho la mia ragazza, io, al paese. Se ce la faccio a uscire vivo da qui, dò un addio a questo lurido e maledetto charbonnage, torno in Italia e mi sposo; un po' di grana ce l'ho già da parte, quel tanto che basta per avviar una botteguccia di meccanico. Col mio lavo­retto e quella buona ragazza accanto, mi parrà di essere un signore. Non possiamo domandare di più alla vita, noi poveri Cristi.

Pinon                             - Anch'io la penso così. Ma mi ci vorran­no almeno altri due anni di taille per potermi con­cedere il lusso di riprendere a fare il contadino. Ho messo gli occhi su un pezzetto di terra... un piccolo poggio del Montello, proprio in riva al Pia­ve: terra sana, di mezza costa, buona per la vite, per i peschi e anche per un po' di grano: quel tanto che basta per la famiglia...

Magis                            - Ci avrai anche tu la ragazza che t'aspet­ta, suppongo.

Pinon                             - Forse... Prima ci avevo mia madre; ma è morta, da poco, proprio sul punto che pensavo di farle trascorrere gli ultimi anni sul velluto. Ave­va tanto penato in tutta la sua vita! Chissà se ora vede, di lassù, come mi ritrovo! Non faccio che pensare a lei dal momento che mi son visto intrap­polato con voi in questa tana. Son certo che mi aiuterà.

Lasco                            - Dio lo voglia, Pinon. Sarà un bene per tutti.

Maciste                         - (ripreso dalla sua angoscia) Ma... ma bisognerà aiutarlo, questo vostro Dio! Diamoci da fare, ragazzi.

Magis                            - Non c'è altro da fare che attendere, Ma­ciste, Persuaditi.

Maciste                         - Da quanto tempo siamo qui, ad at­tendere?

Magis                            - E chi lo sa? Dieci ore... un giorno... due giorni... Ho perduto la nozione del tempo. Che ne dici, Lasco?

Lasco                            - A me lo chiedi? Non ci capisco più nien­te neppure io... Forse è appena trascorsa la notte...

Maciste                         - A me sembra ormai un secolo...

Lasco                            - Anche a noi... a tutti.

Maciste                         - Non riesco a capire se è più la fame o la sete a travagliarmi. Quanto potremo resistere ancora?

Magis                            - Fin che avremo fiato. Perciò è meglio risparmiarlo.

Lasco                            - Forse, quelli là... (indica Kavarski e gli altri cadaveri) stanno meglio... Non hanno più pensieri. Se ne fregano di noi, delle ragazze, della gra-na, della bottega di meccanico, del pezzo di terra, del domani... Hanno finito.

Maciste                         - Ma io voglio vivere... vivere!

Pinon                             - Tutti vogliamo vivere!

Maciste                         - Voglio vivere... voglio risalire, rivedere la terra, la neve, il sole, le facce proibite di madame Corinne, dello Sgrido, di quel porco di Maurin che ce l'ha sempre avuta su con me. Voglio vivere, vi dico, anche da povero Cristo, da quel disgraziato gueule noire che sono... Ho sempre tribolato, in vita mia: al paese, in pace, in guerra, in galera, negli charbonnages della Sarre, di Lilla, del Limburg, di questo maledetto Borinage! Perché dovrei morire così da disperato? Perché? Che ho fatto? Che cosa abbiamo fatto di male per finire così, da i; maledetti?

Magis                            - (sordamente, come a se stesso) Sì, da maledetti.

Lasco                            - Abbiamo dovuto lasciare la madre, la  casa, la patria...

Maciste                         - Me ne frego io, della patria! Per quello che m'ha dato... Otto anni di naja in guerra, la prigionia, la fame. E poi dovermi cacciare nelle miniere e massacrarmi il petto col martello pneuma­tico, ottocento metri sotto terra, per un tozzo di pane: e sputar nero per tutta la vita.

Lasco                            - E con gli occhi bistrati come le sgual­drine! « Che begli occhi cerchiati, languidi, ti sei fatto! », m'ha detto la mia ragazza quando sono stato in licenza, l'anno scorso. E non voleva credere ch'è carbone, nient'altro che questo lurido carbone che ci s'appiccica da per tutto... che penetra fin dentro gli occhi... e non viene più via.

Pinon                             - M'importa assai degli occhi bistrati e di  dover sputar nero per tutta la vita! Se riesco a farcela per altri due anni, starò poi al sole per il  resto dei miei giorni. Ci penserà il sole del Mon­tello a ripulirmi e svelenarmi.

Maciste                         - Sì, salutamelo, il tuo Montello.

Magis                            - (tendendo l'orecchio) Tacete!... State ad ascoltare...

Maciste                         - Che c'è?

Magis                            - (con impazienza) Sssst! (Pausa) Udite?

Lasco                            - Non odo nulla...

Magis                            - (sempre in ascolto) Ma sì... dei tonfi... dei tonfi lontani...

Lasco                            - (tendendo l'orecchio) Forse altre frane in galleria...

Magis                            - No... non dalla parte della galleria... (Pausa) Ecco... ecco: udite? (Si sdraia appoggiando l'orecchio al suolo) E' dalla parte opposta... non dalla galleria... (Anche Maciste e Pinon si sdraiano per ascoltare dal suolo).

 Pinon                            - Ecco! Si, li odo anch'io.

Maciste                         - Lavorano di piccone... Ma sì. (Con gioia) Ci cercano, ci cercano!

Lasco                            - Ma come? Da quella parte? (Da questo momento, sempre più in crescendo, si odono tonfi intermittenti, quasi ritmici).

Maciste                         - Ora si ode benissimo... vengono... vengono...

Lasco                            - Non riesco a capacitarmi che possano arrivare soccorsi da nord. La galleria va verso sud... è di là che dovrebbero venire.

Pinon                             - Chissà che diavolo succede! Fatto sta che il rumore s'avvicina.

Maciste                         - E son colpi di piccone... non c'è dubbio...

Magis                            - Può darsi che abbiano preso un'altra strada...

Lasco                            - Quale?

Magis                            - E che ne so io?

Lasco                            - Dio voglia! Ma ci ho i miei riveriti dubbi.

Pinon                             - (iracondo) Non farlo tu, adesso, il me­nagramo!

Lasco                            - (stupito ed irritato) Ma sentilo, 'sto mar­mocchio! Che ti prende, di'?

Pinon                             - Mi prende... mi prende che voglio sal­varmi... che non ho mai dubitato. Debbo uscire da questa trappola!

Maciste                         - E non è quanto vado ripetendovi da ore? Ma tu volevi darmi sul capo con la putrella... e m'hai slogato un piede, coniglio! Se ne riparlerà.

Magis                            - Ma sì, se ne riparlerà: magari davanti ad una bottiglia di grappa...

Maciste                         - (rabbonito) Però, almeno un paio di scapaccioni te li debbo affibbiare.

Pinon                             - Be', fin che si tratta di scapaccioni, ci sto...

Maciste                         - Dovete imparare a rispettarlo, Maciste!

Magis                            - D'accordo. Sei un fenomeno degno di rispetto.

Lasco                            - Non c'è più dubbio: vengono! Devono essere ormai vicini.

Maciste                         - Mondaccio ladro! Se riesco a tornare fuori, mi sbornierò per tre giorni filati. Si dovrà parlare in tutto il Borinage della famosa sbronza di Maciste... E per anni.

Magis                            - Dovrai fare i conti con Riquette, prima.

Maciste                         - Oh, la vecchia pollastra dovrà sbor­niarsi con me. O bere... o affogare. Voglio cacciarle la testa in un secchio di grappa, a quella sporcacciona! (Ride fragorosamente).

Lasco                            - Comincio proprio a credere nei miracoli, compagni. Arrivano davvero. Ma come diavolo avranno fatto a trovare la strada da nord?

Pinon                             - O da nord o da sud, che importa? Purché mettiamo in salvo la ghirba. (Dalla parete di fondo franano dei detriti).

Lasco                            - Mettiamoci al riparo. Qua... tutti qua: addossati a questa parete. (Si trascina verso la pa­rete di destra, gli altri lo imitano. Sulla parete di fondo si allarga, a poco a poco, un foro dal quale irromperà un fascio di luce. Grida dei soccorritori).

Una Voce                      - Ci siete? Siete vivi? Chi c'è?

Maciste                         - (con voce tonante) Qua... qua... Sia­mo qua!

La Voce                        - Tutti vivi?

Lasco                            - Siamo in quattro.

La Voce                        - E gli altri?

Lasco                            - Morti.

Un Soccorritore            - (saltando nella taglia dal buco) Chi sei?

Lasco                            - Il porion... Lasco...

Il Soccorritore               - E Kavarski? E' qui con voi?

Lasco                            - Era. Non c'è più: morto.

Varo                              - (sbucando a sua volta e balzando nella taglia)

                                      - Chi altri c'è? (Alza la sua lampada da minatore).

Maciste                         - Io... Maciste... Son mezzo fracassato: aiutatemi.

Pinon                             - (facendosi avanti) Anch'io, ci sono: Pinon.

Varo                              - (ansioso, avanzando con la lampada alzata)  E... e Magis?

Magis                            - Eccomi qua.

Varo                              - (dissimulando a stento la sua soddisfazione) Ah, ci sei anche tu! Bene! (Gli si avvicina, lo tocca come per accertarsi).

Magis                            - Che ti prende?

Varo                              - Sei ferito?

Magis                            - No, no... Perfettamente incolume, come Pinon.

Varo                              - (subdolo) L'hai scampata bella, Magis! Il nostro Magis...

Magis                            - Non occuparti di me. Ci sono dei feriti. Lasco... Maciste... Pensate a quelli.

Varo                              - (affettuoso) Sicuro... sicuro... Su, Magis, passa pure... (Gli porge una borraccia) Toh! Datti forza. E' cognac, e del più fino. Bevi, Magis. Ti farà bene.

Magis                            - (dopo aver trangugiato un sorso) Ora va meglio... Grazie, Varo.

Varo                              - (subdolo) Non c'è di che, ti pare? Nonpuoi credere la soddisfazione che provo per averti

salvato...

Magis                            - Me e gli altri.

Varo                              - Gli altri? Ah, già, anche gli altri, sicuro. Ma tu vali di più... molto di più. (Mentre si svolge il dialogo, procede il salvataggio dei superstiti).

Magis                            - Perché?

Varo                              - Così... un'idea mia... metti che sia per simpatia. Forza, Magis! Usciamo. Minou t'aspetta... E' in un'ansia che non ti dico, poveraccia. Anche lei ti vuol bene... Sei un beneamato, un vero beneamato, Magis! (S'avviano al varco).

Uno dei Soccorritori     - E i morti? Che ne facciamo dei morti?

Varo                              - (con disprezzo) Lasciamoli dove sono. Tanto... che vale? A noi premono i vivi.

QUADRO QUARTO

La stanza di Minou, una stamberga: soffitto spio­vente, una Minestrina, porta in fondo che dà sulle scale, porta a destra che dà in un locale di comodo. Il letto appoggiato alla parete di sinistra, un casset­tone con specchiera, un tavolo al centro, verso il boccascena, con una lampada che lo sovrasta. Sul tavolo una bottiglia di cognac e due bicchierini. Una stufetta accesa. Qualche sera dopo il salva­taggio dei minatori. Di tratto in tratto, raffiche di vento. Altri rumori intermittenti: fischi di locomo­tive, voci dalla strada, il canto di un ubriaco, di­sputa fra uomo e donna; tutto molto attenuato, in distanza.

 (Minou esce dalla porta di destra e, prima di ri­chiuderla, fa un cenno di silenzio, come per rac­comandare a qualcuno di starsene tranquillo. In­dossa una vestaglia alquanto succinta. Verifica che la stufa sia bene accesa e vi mette dell'altro car­bone, si lava le mani, va al cassettone, si specchia, si ravvia i capelli, si profuma. E' nervosa, inquieta. Va alla finestra e, scostando le tendine, scruta fuori, nel buio. Canterella, il suo sguardo va alternativa­mente alle due porte. Si accerta che la porta di destra sìa ben chiusa. Accomoda le coltri del letto. Si siede, in attesa, presso il tavolo e sfoglia un gior­nale illustrato. Ma non riesce a concentrarsi. D'un tratto tende vivamente l'orecchio. S'odono dei passi su per la scala di legno. Minou corre alla porta di fondo, si mette in ascolto, apre. Entra Magis in giubbone di cuoio, il berretto calato sugli occhi, infreddolito).

Minou                           - (dopo aver rinchiusa la porta, abbraccia Magis che rimane passivo. E' evidente che egli sì tiene sul « chi va là ») Non ti togli il giacchet-tone? Qui fa caldo.

Magis                            - Si sta bene. (Si sbottona, getta il ber­retto su una sedia, si guarda attorno, si siede).

Minou                           - (lo osserva attentamente; apprensiva. Poi si scuote, s'avvicina a Magis, carezzevole) Une grillante?

Magis                            - (leva di tasca un pacchetto di sigarette e lo porge a Minou) A te.

Minou                           - Merci, du feu.

Magis                            - (prende un fiammifero ed accende a lei pi-ima, poi a sé una sigaretta. Si toglie il giubbone) Sì, fa veramente caldo. Fuori ha ripreso a nevi­care... e c'è un ventaccio che ti toglie il respiro.

Minou                           - (dopo aver riposto con cura il giubbone) Vuoi bere? Serviti. (Gli avvicina la bottiglia) E' cognac... buon cognac...

Magis                            - (forse con intenzione) Gran riserva Le Fouinard...

Minou                           - Sì, l'ho comprato da Le Fouinard.

Magis                            - Comprato?

Minou                           - Comprato, comprato. E... beurre alla mano: pronti contanti.

Magis                            - (ironico) Quel tirchio d'un Le Fouinard!

Minou                           - (risentita) Pensi forse che io... Io con Le Fouinard? (Sbotta in una risata).

Magis                            - (glaciale, evasivo) No, pensavo ad altro.

Minou                           - A quoi, par exemple? (Riempie i bic­chieri).

Magis                            - Così... Ad ogni modo, beviamoci sopra. (Tracanna un bicchierino) Buono. Sì, veramente buono.

Minou                           - (osservandolo attentamente, dopo aver be­vuto a sua volta) Sei strano, stasera.

Magis                            - Trovi?

Minou                           - Ma sì.

Magis                            - Può essere. Capirai, non è stata piace­vole l'avventura della taglia ventitré.

Minou                           - Pensi di ritornarci, là sotto?

Magis                            - Ci son ritornato. Stamane. Abbiamo ini­ziato il lavoro di sgombero.

Minou                           - Così? Subito?

Magis                            - Così, subito. Che c'è di straordinario? E' sceso anche Maciste, col suo testone fasciato e con mezza sbornia indosso. I residui della sua fa­mosa sbornia di tre giorni. E' stato di parola.

Minou                           - Ma tu...

Magis                            - Io?

Minou                           - Niente. Pensavo che dopo quant'è ac­caduto...

Magis                            - Bisogna pur lavorare, no? Non sono ve­nuto al Borinage per divertirmi. Sapevo ciò che c'è da aspettarsi nelle miniere... E poi, è tutto la­voro straordinario, quello di sgombero. Pagano dop­pio. C'era anche Varo, stamane, ad onta del premio che gli han dato per il salvataggio... M'ha fatto subito la tua ambasciata. Tanto servizievole, quel Varo.

Minou                           - Non t'eri ancor fatto vivo; mi premeva rivederti.

Magis                            - Perché?

Minou                           - (andandogli vicino, carezzevole) Come, perché? Non l'indovini proprio, il perché?

Magis                            - (con intenzione) Temo di sì.

Minou                           - M'chant! Hai detto « temo ». Lo temi dunque tanto l'amore di Minou?

Magis                            - L'amore?

Minou                           - (insinuante) Be', diciamo simpatia... se proprio proprio ti fa paura la parola amore... amour...

Magis                            - (prendendola per le spalle e guardandola negli occhi) Non è paura, tesoro. Non ho paura di niente... di niente, capito?

Minou                           - (svincolandosi) Ma che hai? Sei poco gentile, stasera. Perché sei venuto?

Magis                            - E' stato Varo. M'ha detto...

Minou                           - (di malumore, sconcertata) Non m'im­porta di sapere ciò che t'ha detto quello là...

Magis                            - Quello là! E' il modo, questo, di desi­gnare un vecchio e fedele amico?

Minou                           - Non ho amici, io!

Magis                            - O troppi?

Minou                           - Perché m'insulti?

Magis                            - Non ho inteso insultarti.

Minou                           - Non fai altro, da quando hai varcato quella soglia. Che t'ho fatto?

Magis                            - Lo saprò tra breve, penso. Un'altra si­garetta?

Minou                           - (respingendo il pacchetto) Potevi rispar­miarti di venire.

Magis                            - Potevo sì. Ma ero curioso.

Minou                           - Di che cosa?

Magis                            - (sorridendo) E me lo domandi? Di te, di te, amore. Siamo sempre curiosi, noi uomini, allorché una donna ci aspetta.

Minou                           - (riavvicinandosi e allacciandoglisi al collo) Ti piace, dunque, la tua Minou?

Magis                            - (subdolo, accarezzandola e guardandola fis­samente) Certo. Non te l'ho già dimostrato?

Minou                           - Oh, sì.

Magis                            - E te lo dimostrerò ancora. (La bacia in bocca e fa per trascinarla verso il letto).

Minou                           - (turbata, guarda istintivamente la porta di destra) No... Aspetta.

Magis                            - Perché?

Minou                           - (sciogliendosi e versando da bere) Un altro bicchierino.

Magis                            - Dopo. Ho deciso di non muovermi di qui, stanotte... Mi ospiterai, spero. Starò bene con questo calduccio... e con una bella tigre come te che non mi farà dormire.

Minou                           - Temq che non sarà possibile.

Magis                            - Che cosa?

Minou                           - (imbarazzata, sfuggendo lo sguardo di Ma­gis) Che tu rimanga qua.

Magis                            - Aspetti qualcuno?

Minou                           - Non t'avrei fatto venire.

Magis                            - (riafferrandola) E allora?

Minou                           - (tentando di sgusciargli di mano) Non puoi... non posso trattenerti a lungo.

Magis                            - Vuoi dire che devo andarmene?

Minou                           - Sì... Ma non subito. Perché mi guar­di così?

Magis                            - Chi deve venire?

Minou                           - (cercando di temporeggiare celiando) Potrebbe darsi che dovesse venire un'amica... per esempio la povera Renée ch'è stata sfrattata dalla sua mansarde... che si trova sul lastrico.

Magis                            - Renée è a Mons.

Minou                           - Come lo sai?

Magis                            - Lo so. E' al capezzale di Lasco che si trova ancora all'ospedale, col braccio rotto.

Minou                           - Be', potrebbe venire un'altra.

Magis                            - O un altro.

Minou                           - Geloso?

Magis                            - (respingendola) Per te? Starei fresco!

Minou                           - Perché m'insulti ancora?

Magis                            - Non t'insulto; e lo sai.

Minou                           - (volubile) Come sei difficile, stasera. M'hai agghiacciata.

Magis                            - Va là che non ti confondi per così poco, tu. Ad ogni modo, ti tolgo il disturbo. Non riu­sciamo ad intenderci... Siamo mal disposti. Abbiamo altro per la testa: tutt'e due.

Minou                           - Io...

Magis                            - (con intenzione) Tu più di me. Lo sa il diavolo quel che ti frulla nel cervellino. Cambia corso ai tuoi pensieri, Minou. (Prende il suo giubbone e lo indossa).

Minou                           - Non te ne andare.

Magis                            - Che ci sto a fare, qua?

Minou                           - Non devi andartene così.

Magis                            - Perché non parli... non ti liberi?

Minou                           - Liberarmi di che cosa?

Magis                            - Che ne so?

Minou                           - (decisa, affrontandolo) Tu, piuttosto.

Magis                            - Io? E che cosa dovrei dirti? Che fuori nevica e tira un mistrò che taglia le orecchie? Che oggi mi sono massacrato di fatica in fondo al pozzo, in quel maledetto «Perthus», per riattivare la gal­leria? Che venendo da te, stasera, speravo... spe­ravo in qualcosa di diverso? (Pausa) Perché mi guardi così?

Minou                           - (gli si appressa, lo afferra per il petto, con­tinua a fissarlo decisa) Chi sei?

Magis                            - (liberandosi con un sol movimento, ma senza ira, freddo, contenuto) Come, chi sono?

Minou                           - Chi sei?

Magis                            - Non lo sai?

Minou                           - No, non lo so. Ovvero, so che non sei Magis.

Magis                            - (senza batter ciglio) Non sono Magis. (Ride beffardamente) Chi sono, allora?

Minou                           - C'è chi lo sa.

Magis                            - (padrone di sé) Interessante. Il tuo Varo, forse? O monsieur Le Fouinard? O tutt'e due in­sieme?

Minou                           - Ammetti, dunque, d'essere capitato al Borinage nelle spoglie di un altro?

Magis                            - Non ammetto niente. Mi diverto, ecco tutto. Ho sempre avuto un debole per i puzzles, gl'indovinelli, i giochetti di parole.

Minou                           - (impotente, cercando di aggirare la posi­zione, turbata e sincera al tempo stesso) Magis! Sei minacciato... Fidati di me, ti voglio bene... Lo senti che ti voglio bene?

Magis                            - Sicuro che mi fido... Bisogna pur fidarsi di qualcuno, nella vita. Ebbene, io mi fiderò di te, della cara, dolce, innamorata Minou.

Minou                           - Lo devi: non hai altro scampo. Ma devi dirmi...

Magis                            - Tu, piuttosto, devi dirmi. Io sono... come dire?... sono in fondo alla taglia franata, non posso far altro che aspettare... aspettare fra i superstiti che si dibattono e i cadaveri che tacciono. Aspetto che Minou mi liberi... (Si spalanca la porta di de­stra e irrompono Varo e Le Fouinard).

Varo                              - Non è Minou che ti libererà, sarà Varo, ancora Varo. Eccomi qua. Sono sbucato dal Trou-du Fantóme, ti porgo la borraccia del cognac, t'ho aperto il varco della salvezza, ancora una volta io: Varo. Non è facile incontrare dei buoni compagni tipo Varo, nella vita. Capita, quando capita, una volta sola. Continua ad approfittarne, Remo Banni.

Le Fouinard                  - (faceto) Queste sono sorprese!

Magis                            - (guardando con disprezzo Minou) Mica tanto, monsieur Le Fouinard. M'aspettavo qualcosa di simile.

Varo                              - Tanto meglio. Questo ci dispenserà dai preamboli, Remo Banni.

Magis                            - (avviandosi tranquillamente verso la porta di fondo, a Minou) E ora che i tuoi attesi amici sono arrivati, filo. Buona sera a tutti.

Minou                           - (accorrendo e appoggiandosi alla porta per impedire a Magis d'uscire) Non te ne andare, ti prego, Magis.

Varo                              - Chiamalo pure Remo. E' più bello, suona meglio.

Magis                            - (a Minou) Levamiti d'attorno. Fammi passare.

Minou                           - (decisa a farsi calpestare piuttosto di farlo uscire) Rimani... Rimani... Non sai di che cosa sono capaci quei due.

Varo                              - Lo sa, lo sa... Vero, Banni, che lo sai?

Le Fouinard                  - Una franca conversazione da buoni amici è nell'interesse di tutti. (S'avvicina mel­lifluo a Magis e tenta di prenderlo sottobraccio) Andiamo, copain, ragioniamo.

Magis                            - (liberandosi con uno strattone) Giù le zampe, vecchietto.

Le Fouinard                  - (scostandosi, più impaurito che of­feso) Quel maladroit! Non è così che si accol­gono gli amici... degli amici che vogliono metterti a riparo.

Varo                              - Non darti pensiero, Le Fouinard, mon­sieur Remo Banni non se ne andrà.

Magis                            - (traendo rapidamente la rivoltella di tasca e puntandola sui due) Se non mettete giudi­zio, vi liquido qui, sui due piedi, da quelle gran carogne che siete. Mani in alto! Mani in alto, ho detto! E faccia a! muro. Il primo che si muove è morto. (Le Fouinard e Varo indietreggiano impau­riti) Faccia al muro! (he Fouinard e Varo eseguono).

Minou                           - Per carità! Non fare sciocchezze...

Magis                            - (sospingendola brutalmente verso i due) Faccia al muro anche te, stupida!

Varo                              - (con le mani alzate e voltato al muro) Bada che non è nel tuo interesse...

Magis                            - (perquisendolo) Becco chiuso, buffone. (Perquisizione infruttuosa) E adesso voltatevi pure. Qua: sedete. Sedetevi, ho detto. Da bravi... Anche tu, mademoiselle Minou. (Tenendo sempre la ri­voltella puntata, un po' discosto dal tavolo) Fa' pure gli onori di casa, chérie. Versa un cicchetto ai tuoi amici, ne hanno bisogno, probabilmente. (Ride) Sicché, credevate proprio di mettermi nel sacco, eh?

Varo                              - (livido e feroce) Ti ci metteremo, Banni. Anzi, ci sei già.

Magis                            - (ironico) Ah, si? E chi lo sa? Potrebbe darsi, viceversa, che l'ultima parola ce l'avesse que­sto balocco. (Punta la rivoltella).

Le Fouinard                  - Je ne crois... je ne crois pas que tu va manger du pain rouge...

Varo                              - Non temere, Le Fouinard. Monsieur Banni è rimasto, sì, un po' urtato, ma non credo proprio che voglia ammazzarci.

Magis                            - Ammazzarvi? Difendermi, vorrai dire.

Varo                              - E chi t'ha torto un sol capello?

Le Fouinard                  - Rimetti in tasca quella tua bète-à-chagrin... Mi urta il sistema nervoso.

Magis                            - Non ancora, mon pauvre Le Fouinard, non ancora. Devo difendermi. Può darsi che la mia difesa consista... (Beffardo, come a se stesso) Eh, mica è un'idea da buttar via, a rifletterci be­ne... Sono capitato qui per un rendez-vouz con Minou, siete saltati fuori voi, all'improvviso, per derubarmi o, comunque, per farmi danno... ho perso la testa... ho fatto fuoco... Corro a perdifiato alla cantina, dò l'allarme, poi me la squaglio... o mi costituisco buono buono... Le jeu est fait, rien ne va plus. Accada quel che vuole accadere, in se­guito. Ma intanto, voi carogne avete saldato il vo­stro conto, siete fuori gioco, definitivamente.

Varo                              - I morti ritornano, Banni. E' tornato an­che Magis, il vero Magis.

Magis                            - Un omonimo, suppongo.

Varo                              - No. Quello che, a Parigi, per un po' di danaro, una briciola del tuo bottino, t'ha venduto i suoi documenti, il suo stato civile, la sua pel­le... Sappiamo tutto... tutto, ne sei convinto una buona volta?

Magis                            - (ferocemente tranquillo) Ragione di più per farvi fuori.

Minou                           - Non me... non me, Magis! Ti aiuterò... dirò che è vero, si... che costoro sono entrati al­l'improvviso... che t'hanno aggredito... che ti sei difeso.

Magis                            - (sempre heffardo, a Varo) Inteso? Te­stimonianza ed alibi. Sei spacciato, Varo. E anche tu, piccolo roditore d'un Le Fouinard. Vi siete fre­gati con le vostre stesse mani.

Varo                              - E allora che aspetti? Spara.

Magis                            - Non tentare di giocare d'audacia. T'im­piomberò al momento giusto. (A Minou) E non è detto che risparmi te.

Minou                           - (atterrita) Ti amo... ti sarò utile... lo giuro. Dirò che...

Magis                            - (perentorio, seccato) Tais toi!

Varo                              - Ma sì: taci! Lascia ragionare gli uomini.

Le Fouinard                  - Ragioniamo... ragioniamo da buoni amici. Riponi ton bagof, Magis. (Accenna alla ri­voltella).

Varo                              - Banni, vuoi dire: il famoso croupier Banni, quello del furterello di mezzo miliardo di lire al Casinò di Prati. Perdio, che en plein! Com­plimenti.

Magis                            - E tu? E voi tre, che cosa volete?

Varo                              - E' inutile che ci perdiamo in chiacchiere dal momento che l'hai presa tanto sul tragico. Ti credevo più intelligente. Mi hai un po' deluso, non te lo nascondo, con questa tua impennata.

Magis                            - Temo che fra poco lo sarai anche di più.

Varo                              - (dissimulando a malapena l'apprensione) Vuoi dire quando sparerai? Non ti ci provare, fi­niresti anche tu.

Magis                            - In certo senso, mi considero già finito.

Varo                              - Con un bottino di quella fatta?

Magis                            - E se non m'andasse di spartirlo con voi?

Le Fouinard                  - Chi parla di spartire? Noi non si pretende tanto, dopo tutto. N'est - ce - pas, Varo?

Varo                              - E' inutile parlarne. Tanto, ho capito che non se ne fa nulla. Davanti a una rivoltella spia­nata non si discute.

Magis                            - (intascando l'arma) Se ti fa tanta pau­ra... Se mai farò presto a tirarla fuori nuovamente.

Varo                              - (sollevato) Cominciamo a ragionare?

Le Fouinard                  - L'amico non domanda altro. Mon-sieur Banni è un ragazzo intelligente... Ci s'inten­derà presto. Vorrei dire che ci siamo già intesi.

Magis                            - Non ti pare di essere troppo ottimista, Le Fouinard?

Varo                              - L'ottimismo di Le Fouinard torna tutto a tuo vantaggio. Lasciamo i preamboli.

Magis                            - Sì, se n'è fatti anche troppi.

Varo                              - E' così. Ci siamo comportati da ragazzi, finora... Tu specialmente.

Magis                            - Può essere.

Varo                              - Ricapitoliamo. Un bel giorno, un crou­pier del Casinò di Prati fa il colpo maestro che s'è detto. Con mezzo miliardo in tasca, varca la frontiera, s'infrasca in terra di Francia, riesce a farla in barba a tutte le polizie internazionali mobilitate, sbuca qualche tempo dopo nel faubourg di Billain-court, a Parigi... Da solo non ce la fa più: deve, per forza, venire a patti con qualcuno che l'aiuti a mettersi definitivamente in salvo. I quattrini non gli mancano, gli riesce abbastanza facile mimetiz­zarsi in una casa di brava gente... amici di amici del nostro bravo Le Fouinard.

Le Fouinard                  - E il bravo Le Fouinard non fiata. Potrebbe lasciarsi tentare dall'offerta della taglia...

Varo                              - ...di dieci milioni di lire, ma sa benis­simo come vanno queste faccende. Troppi cani at­torno all'osso. Ci sono i compari, i ricattatori e, infine, i becs de gaz che vorrebbero anch'essi la loro quota e che di solito si fanno la parte del leone quando c'è da spartire un premio. Meglio accordarsi con l'interessato, ma senza fretta, sorve­gliandone le mosse, facendo il suo gioco. Un lavo­retto di pazienza, insomma...

Le Fouinard                  - Ma di reddito sicuro.

Varo                              - Il volpino Le Fouinard riesce così a sa­pere che il suo uomo, tramite gli amici degli amici, s'è accordato con un emigrato italiano, un dese-sperado testa matta, il quale ha disertato uno char-bonnage di Valenciennes: la Solitude o l'Escau-pont... non ha importanza. Esatto?

Magis                            - Continua pure.

Varo                              - T'interesserà forse sapere che, con i danari di cui l'hai rimpinzato, il vero Magis non è tornato in Italia dopo averti ceduto i suoi documenti e come, forse, ti aveva promesso. No. Era una testa matta, e da testa matta doveva finire. Si diede alla bisboccia, cadde fra le braccia d'una biche di Place de la Bastille, tirò le cuoia accoltellato e depredato da un maquereau della suddetta. Breve: il suo cada­vere fu ripescato di lì a qualche giorno dalla Senna.

Le Fouinard                  - Andai a vederlo à la boìte aux re-froidis...

Varo                              - Alla Morgue, insomma. Sconosciuto al mittente.

Le Fouinard                  - Lo riconobbi, ma tenni il becco chiuso. Mi spiego, copain?

Magis                            - Ti spieghi.

Le Fouinard                  - E intanto tu varcavi la frontiera e ti mettevi al riparo qui, nel Borinage.

Magis                            - Mentre tu...

Le Fouinard                  - Ti tenevo d'occhio. Però, becco chiuso anche con gli amici degli amici di Billain-court. Pas de macaronage.

Varo                              - Ebbene? Come la mettiamo, Banni?

Magis                            - (calmo, sfingeo) Mah! Sto riflettendo sul partito da prendere.

Varo                              - Non ce n'è che uno. Non riuscirai a giocarci.

Magis                            - Temo di si... Temo per te, mio povero Varo... e per te, bravo Le Fouinard, che ti sei preso tanta briga...

Varo                              - (allibito, ma padroneggiandosi) Che? Pen­seresti forse ancora di... di farci fuori? Bada che i morti ritornano. Vedi il vero Magis...

Magis                            - Farvi fuori?... Con questa? (Tira fuori la rivoltella e la ripone subito in tasca sogghignando) No, no, ci ho ripensato, troppo complicato e... ru­moroso, oltretutto. Vi metterò a terra in un altro modo.

Varo                              - Non tentare di fare il furbo, Banni. Sei in ballo e devi ballare fino in fondo. Caccia fuori la grana e vattene. Ti aiuteremo a metterti veramente al sicuro. (Pausa) Ma che bisogno avevi, con mezzo miliardo a tua disposizione, di venirti a cacciare in un lercio charbonnage, a sputarvi l'anima tua, a richiare di far la morte del sorcio, come t'è capitato?

Magis                            - (ferocemente divertito) Lo saprai, lo sa­prai... Lascia che mi sollazzi un altro po'. (Pausa) Ricapitoliamo il resto della faccenda, prima. Do­v'eravamo rimasti? Alla Morgue, mi pare, ovvero sia à la boìte... come l'hai chiamata, mio buon Le Fouinard?

Le Fouinard                  - (faceto) A la boìte aux refroidis...

Magis                            - A la boìte aux refroidis... Espressivo: vero argot... Ricapitoliamo l'epilogo, s'il vous plait... La boule è già in movimento... gira, gira... sta per ca­dere... Fra poco s'incasellerà nel vostro en plein: zero, mes pauvres amis. (Pausa) Dunque, da oltre un mese, per l'esattezza, da sei settimane, il fug­giasco del mezzo miliardo ha varcato la frontiera nei paraggi del Vieux-Condé, è capitano nel Bori­nage, ha trovato rifugio nel pozzo del Perthus.

Varo                              - Abbrevia, giovanotto. Veniamo al sodo.

Magis                            - Ci siamo già. Lascia fare un altro giretto alla boule. Il fascino della roulette è tutto qui: nell'ultimo, stanco, precipitoso giro della boule. E' l'at­timo di sospensione del destino. (Pausa. Mutando tono, più profondo) Sono sei settimane che voi tre state braccando il fuggiasco, con ansia, smaniando, sognando frenetici di ficcare le vostre spor­che grinfie nel sudicio danaro del bottino. Voi tre... voi tre: tu, Varo, stanco beone, che hai sprecato la tua vita faticando un po' da per tutto e ti ritrovi a cinquant'anni più miserabile di quando hai co­minciato, acido, deluso, incarognito. Tu, vecchio Fouinard, scalcagnato traffichino che malgrado la cattiveria, la furbizia, i rischi, non sei riuscito a sfangarti dalla tua miseria e continui, senz'altra scelta, a risicare le fucilate dei doganieri, la galera e magari le coltellate e i ricatti dei compari che ti tengono mano al marche aux puces di porta Cli-gnancourt. Infine tu, Minou, spensierata proletaria la cui storia è incominciata con una lametta da barba e finirà... chissà come, chissà come... certo non alle­gramente, ragazza mia. Mi state braccando da sei settimane e, pur essendovi meravigliati che uno spe­ricolato mio pari, con mezzo miliardo in tasca, sia venuto a cacciarsi in un lurido charbonnage di Mons, nemmeno v'ha sfiorato il dubbio che... (Prorompe in una risata cattiva) Ma no, non è possi­bile! Pensavo di avere a che fare con dei dritti e m'accorgo invece di trovarmi a disputare con tre scemi, dei bambini, addirittura.

Varo                              - (allarmato, inviperito da un presagio) Ti decidi o no di venire al sodo, maledetto comme­diante?

Magis                            - (ferocemente beffardo) Attento, Varo! La boule sta per finire la sua corsa... precipita... Tit-toc, tic; è incasellata. Zero.

Varo                              - Che cosa vuoi dire?

Magis                            - Che il tuo... che il vostro Remo Banni potete appendervelo dove volete. E' una patacca fuori corso... non vale un soldo. (Ride).

Varo                              - Se credi di cavartela così... di incantarci con un po' di spiritosaggini melense...

Le Fouinard                  - (paziente, faceto) Dagli fiato, Varo. E' logico ch'egli tenti di temporeggiare.

Magis                            - (beffardo) Bambini!

Varo                              - Smettila di trastullarti. Bada che ho denti aguzzi...

Magis                            - Denti da topolino, sia pure intrisi d'un po' di bava velenosa. Ma sei un povero diavolo... Anche tu, Le Fouinard, sei un povero diavolo. Pure io, in fondo. Anzi, credo che il nominato Remo Banni passerà alla storia come il più gran fesso del secolo. (Pausa).

Varo                              - (aggressivo, ma già scosso) Ma che cosa speri di darci a bere?

Le Fouinard                  - (inquieto) Le copain continua a scherzare.

Magis                            - Bambini! Se aveste attentamente seguito la vicenda del mio colpo, non vi sarebbe sfuggito che, circa tre mesi fa, quand'ero ancora rintanato a Parigi, il Casinò di Prati ha ricuperato gran parte del bottino che avevo fatto. Ne hanno parlato chi più, chi meno, anche i giornali francesi. Controllate, controllate pure. E' facile.

Varo                              - (costernato) Non può essere. (Insorgendo violento, s'avventa su Magis) Me la pagherai!

Magis                            - (liberandosi con calma) Con che cosa? Con la mia pelle? Serviti pure, Varo, se ti fa co­modo e... se ti riesce. (Pausa) Chi me l'ha fatta pagare - e come! - è stata una donna come te, Minou; ma molto, molto più furba, intelligente e crudele di te: la mia donna, l'unica che ogni uomo, prima o poi, incontra sul suo cammino, sia pure sotto le sembianze di una Riquette, o di una Minou...

Minou                           - (protestando umiliata) Oh, tais toi!

Magis                            - (sincero) Non volevo offenderti. (Pausa) Non avete neppure la più lontana idea, voi tre, di che cosa sia capace una donna cosidetta di gran classe; bella, arida, intelligente, spietata, decisa a servire fino alle conseguenze estreme la propria irre­frenabile volontà di potenza, la propria inestingui­bile sete di ricchezza. Il destino ha voluto che mi imbattessi in uno di questi non rari esemplari, uno dei più perfetti, tuttavia. Fu il mio paradiso e il mio inferno, la beatrice e la devastatrice, l'istigatrice e la complice della mia rovina. Una donna cono­sciuta ad un tavolo di baccarat, in una meravigliosa e avvampante notte d'estate. L'amai furiosamente fin dal primo bacio e finii di appartenermi.

Varo                              - Smettila con codeste romanticherie! Credi d'incantarci? Vieni al fatto.

Magis                            - (seccato, con ira contenuta) Ci sono già. Volete o non volete capire che quella donna m'ha fregato? Che forse è stata lei stessa a restituire, pat­teggiando e giocando d'audacia la parte più grossa del bottino che le avevo affidato? Non era agevole eclissarsi con mezzo miliardo nelle tasche... (Vio­lento) Ma piantiamola, perdio! Mi avete maledetta­mente scocciato.

Varo                              - (disarmato ma tenacemente aggrappato a un filo di speranza) Può darsi, e ce ne accerteremo, che una parte del bottino sia stata ricuperata dal Casinò. Ma non possiamo credere che non ti sia rimasto fra le unghie molto, molto danaro...

Le Fouinard                  - (insinuante) Qualche milioncino, via!

Varo                              - (dolciastro, conciliante) Sì, sei stato al­quanto fesso, se le cose sono andate come hai detto. Però... sii franco: non può essere andato tutto per­duto.

Magis                            - (prendendosi ferocemente gioco dei due av­versari) I gran furbacci che siete! Bisogna che m'arrenda per forza. Be', vediamo un po' che cosa mi offrite in cambio se io...?

Le Fouinard                  - (protendendosi ansioso) Se tu?

Magis                            - Se io scendo a patti con uno di voi due... (Attimo di sospensione) Con te, per esempio, Varo...

Le Fouinard                  - (sospettoso) E perché non con tutt'e due? Sono pure stato io a...

Varo                              - Lascia perdere, Le Fouinard. Ci mette­remo d'accordo facilmente, noi due. L'importante è che costui si decida di scendere a patti.

Le Fouinard                  - Io non mi fido!

Varo                              - Di me?

Le Fouinard                  - Non dico questo. Mais le miston c'est moi que je l'ai allume, bète!

Varo                              - E chi contesta il tuo merito, i tuoi diritti? Ma se l'amico vuole trattare con me...

Le Fouinard                  - E' con me ch'egli deve trattare. Soltanto io posso tirarlo fuori da qui, fargli ripas­sare la frontiera, metterlo in salvo!

Magis                            - Ebbene, tratterò con Le Fouinard.

Varo                              - (aggressivo) Qui, in mia presenza, però.

Magis                            - Non ti fidi di Le Fouinard?

Varo                              - Dove vuoi arrivare? A batterci separata­mente per poi... Bada, maledetto imbroglione! Ne abbiamo già abbastanza dei tuoi scherzi. Caccia il morto.

Magis                            - (fingendo esitazione) Devo proprio? Chi m'assicura che...

Le Fouinard                  - Siamo amici, no?

Varo                              - Che cos'aspetti? Non hai altra via d'uscita. Dove lo tieni il morto?

Magis                            - Qui. (Accenna una tasca del proprio giubbone).

Varo                              - (cupido e disorientato) Lì? In tasca?

Magis                            - Sì, ecco. (Si fruga e butta sul tavolo una fiche di roulette) E' tutto ciò che m'è rimasto. La tenevo per scaramanzia. Spartitevela, bambini! (Mi­nou prorompe in una risata irrefrenabile. Magis unisce il suo riso beffardo a quello di Minou che gli s'è buttata addosso e lo abbraccia).

Minou                           - (sempre fra il riso, indicando Varo e Le Fouinard rimasti interdetti) Regardes-les! Qu'ils sont dròles, les deux aminches! Bravò, bravò, Magis!

Le Fouinard                  - (rigirando melensamente fra le dita la fiche) C'est tout? Non t'è rimasta che questa, copain? (Unisce il suo riso chioccio a quello di Minou e Magis).

Magis                            - (fra i singulti) Zero! Zero, povero Varo. Te l'avevo detto... Con quella lì... (Indica la fiche che Le Fouinard ha gettato sul tavolo) Con quella lì, se ti presenti al Casinò di Prati, puoi realizzare cinquemila lire. E' qualche cosa.

Minou                           - (continuando a ridere convulsamente) Sempre meglio di niente. Ridi! Ridi anche tu, Varo.

Le Fouinard                  - (continuando egli pure a ridacchiare buffamente) Ma sì, ridi anche tu, Varo! Doveva finire così, a pensarci bene. Era troppo bello, via! Non poteva essere... non poteva essere... E io... e io che ho fatto tanta strada... che gli ho teso tanti ag­guati... che ho fatto il furbo... che sono andato per­fino a rivoltarmi lo stomaco alla Morgue! (Un nuovo scoppio di risa, cui fanno eco quelle reite­rate di Magis e Minou).

Varo                              - (avventandosi su Le Fouinard) Ah, ridi anche tu, vecchio ladro? Anche tu? Anche tu? (Lo colpisce facendolo ruzzolare. Magis trattiene Varo immobilizzandolo. Varo, dibattendosi) Giù le zam­pe, manigoldo! (Liberatosi, terribile a Magis) Me la pagherai!

Minou                           - (istericamente impaurita, aggrappandosi a Magis) Uccidilo! Uccidilo! Uccidi tutt'e due, Magis!

Le Fouinard                  - (impaurito) No! Io no! Io... io ho riso... ho riso con voi... rido ancora, guardate! (Ride di nuovo, buffamente, sforzandosi).

Magis                            - (riafferrando per il petto Varo e scuotendolo con allegra ferocia fino a buttarlo a terra) Ridi anche tu, Varo! Ridi! Altrimenti bada a te.

Minou                           - (come sopra) Uccidilo!

Magis                            - Ridi, ti dico!

Varo                              - (ginocchioni, battendosi con le pugna il petto, il cranio) Io no... io no... non posso! Io., io... piango! (Sempre in ginocchio, si copre con le mani il volto, singhiozzando. Magis, Minou, Le Fouinard rimangono per qualche attimo come interdetti. Indi scoppiano in una nuova risata: convulsa, vitrea, senza misericordia. Di lontano, il sibilo di una loco­motiva e raffiche di vento).

QUADRO QUINTO

Alla cantina Waterloo. Due giorni dopo. Le sei del mattino, quindi ancora buio di fuori. Lampade ac­cese. Fochi rintocchi lontani. Seguiranno qualche fischio di locomotiva e rumori di camions che pas­sano. Mano a mano che si svolge l'azione i riquadri della porta a vetri lasceranno trapelare la luce d'una livida alba invernale.

 (Arlette sta facendo la pulizia del locale. Scopa e secchio. Allorché suona la campana, si ferma per un istante e si fa il segno della croce. Sgricio entra dalla porticina della cucina, dietro il banco. E' fred­doloso, di malumore, finisce d'abbottonarsi gli in­dumenti).

Sgricio                           - Accidenti! Accidenti... Ma si gela qua dentro.

Arlette                           - (sollecita) Bonjour, m'sieur Sgricio.

Sgricio                           - Che cos'aspetti per accendere la stufa?

Arlette                           - E' già accesa: regardez.

Sgricio                           - E i fornelli?

Arlette                           - Anche quelli... déjà fait.

Sgricio                           - (sbraitando) E allora perché non ci hai messo su il bricco del caffè?

Arlette                           - (accorrendo ed eseguendo) Subito... Ecco fatto.

Sgricio                           - Il pane! Affetta il pane. Lo sai che, tra poco, quei sudicioni... (Accenna al dormitorio. Ma­gis e Minou entrano dalla strada, infreddoliti, im­bacuccati, stanchi. Sgricio stupito a Magis) Come? Ancora qui? Hai cambiato idea? Credevo che te ne fossi già andato.

Magis                            - Tra poco. Son venuto a prender la mia roba.

Sgricio                           - Fa' pure.

Magis                            - Portaci due caffè, Arlette.

Arlette                           - Tout de suite...

Magis                            - (a Minou, sedendo a un tavolo) Siediti, Minou. Hai freddo? Potevi rimanertene a letto, sciocchina. (Minou gli afferra una mano in silenzio, reprimendo le lacrime) Be', che c'è ancora? (Cer­cando di essere affettuoso) Ricominciamo? Bevi il tuo caffè, Minou, che si raffredda. Vado a pren­dermi la valigia. (Sì alza e s'avvia al dormitorio. A Sgricio) Dormono ancóra, i compagni?

Sgricio                           - Probabilmente. Ma devono sbrigarsi quei «tire au cui», non manca molto al turno. (Magis entra nel dormitorio. Sgricio avvicinandosi a Minou) Se ne va, dunque. (Minou fa cenno di sì cercando di assumere un'aria disinvolta) Dove?

Minou                           - Non me l'ha detto.

Sgricio                           - Io non m'immischio nelle faccende al­trui, ma, domando e dico, che bisogno c'è di bat­tersela così? Qui tutti gli vogliono bene, è un buon garcon, dopo tutto. Quanto a Varo...

Minou                           - (scattando) E' un vigliacco... una Jena...

Sgricio                           - Mi sarei incaricato io di metter pace, l'ho detto anche ieri sera, a Magis...

Minou                           - (come a se stessa) Ucciderlo... ucciderlo, doveva!

Sgricio                           - Uh! Come corri, ragazza mia. Domando e dico se son discorsi da farsi, questi.

Minou                           - Voi non sapete...

Sgricio                           - (secco) Non m'immischio mai nelle fac­cende altrui, te lo ripeto. Ma so... so più di quanto tu non creda. E se ti dico che anche con Varo si poteva aggiustare...

Le Fouinard                  - (entrando dalla strada) Fichte! Quel frimasson! Buondì, Sgricio. Mia piccola Ar­lette, un « corretto » d'urgenza.

Arlette                           - Bonjour, m'sieur Le Fouinard.

Le Fouinard                  - Svelta! (Appressandosi a Minou) Toh, chi si rivede! Che ci fai, a quest'ora, qui den­tro? (Minou volta la testa da un'altra parte senza rispondere).

Sgricio                           - (a Le Fouinard) E voi, vecchia volpe, che ci siete venuto a fare?

Le Fouinard                  - (subdolo e scherzoso) Be'... passavo di qua... Mi son detto: « Vediamo un po' se tutto è a posto, chez m'sieur Sgricio... ». E' da quella dan­nata sera di S. Silvestro che non ci si ritrovava. Comment ca va, le patron? (Appressandogli, sot­tovoce) Merce in arrivo.

Sgricio                           - (guardingo e diffidente) La solita « ri-quiqui »?

Le Fouinard                  - Non m'avevate ordinato roba fina... di qualità?

Sgricio                           - Ebbene?

Le Fouinard                  - Whisky! Ve l'ho fatta, eh, vieil affranchi? Non l'ho ancor digerita l'insinuazione del doppio gioco con « L'àne aveugle». Le Fouinard è un amico, tenetevelo per detto una volta per sempre.

Sgricio                           - A quanto?

Le Fouinard                  - Ne riparleremo, ne riparleremo... Ci s'aggiusterà facilmente.

Sgricio                           - Bon. Quando arriva?

Le Fouinard                  - Già arrivato. Stasera a domicilio. Ma che vita. E' stata una vera impresa sgusciare fra les arnaches. Una volta o l'altra m'impiombano au ballon. (Si tocca le natiche).

Magis                            - (rientra con la valigia. Scruta he Fouinard con aria diffidente, indi si accosta a Minou. E' acci­gliato, quasi torvo) Hai bevuto il tuo caffè? Se vuoi qualcos'altro?

Minou                           - Che cos'hai?

Magis                            - Nulla... (Prorompendo con voce soffocata, tendendo il pugno verso il dormitorio) Quel vi­gliacco!

Minou                           - Varo?

Magis                            - Sì, sempre lui! Era là ad aspettarmi, con quei suoi occhi gialli spalancati, fissi, saturi d'odio, come un gatto che attende il sorcio che sbuchi... che deve sbucare.

Minou                           - Dovevi ucciderlo! Dovevi farlo fuori l'altra sera, da me. Lui e... e quella faina... (Accenna a Le Fouinard che conversa con Sgricio tenendoli d'occhio senza farsi accorgere) A quest'ora si sarebbe lontani, a Parigi... insieme... ben nascosti dove so io.

Magis                            - Anche assassino, mi vorresti.

Minou                           - (profonda) Anche, ma mio. Sarò così sola senza di te; vorrei morire prima di vederti uscire da quell'uscio per sempre.

Magis                            - (a disagio, ma teneramente) Ricomin­ciamo?

Minou                           - (cercando di dissimulare l'angoscia) E' finito, è finito. Lo so.

Varo                              - (esce lentamente dal dormitorio. Finge di non avvedersi di Magis e Minou, s'appressa al banco) Salve, Sgricio! Toh, come mai così mattiniero, mio buon Le Fouinard?

Le Fouinard                  - Affari... affari in grande.

Varo                              - (beffardo, allusivo) Purché non si tratti della solita patacca...

Le Fouinard                  - Le lezioni servono a qualche co­sa, no?

Arlette                           - (a Varo, porgendogli una tazza di caffè) Votre café, m'sieur Varò.

Varo                              - Bene! L'hai cicchettato a dovere?

Arlette                           - Bien oui.

Varo                              - Brava. Ho da rimettermi in forza. Lo cre­deresti, Le Fouinard? Mi sento ancora groggy... co­me un boxeur che abbia ricevuto una brutta sven­tola. Ad una certa età, il ricupero è lento... (Bevuto il suo caffè, si volta, come per caso, verso Magis e Minou) Olà, non vi avevo visti... Che? Siamo di partenza? (S'avvicina a Magis) E te ne andavi così, alla chetichella, senza salutare gli amici?

Minou                           - (aggressiva) Che cosa vuoi?

Magis                            - (con gesto perentorio) Taci!

Varo                              - Ma sì, falla tacere. Le donne! Rovinano sempre tutto. Ne sai qualche cosa, tu! (Pausa) Vat­tene, Minou.

Magis                            - Perché?

Varo                              - Ho ancora una cosuccia da dirti, ma a quattr'occhi, beninteso.

Magis                            - Ci siamo già detto tutto. Levati di torno.

Varo                              - Non tutto, non tutto, giovanotto.

Magis                            - (a Minou) Me ne vado.

Varo                              - Non andrai lontano.

Magis                            - (senza rispondere, dà di piglio alla valigia) Andiamo, Minou. Mi accompagni?

Varo                              - Se fossi in te, non avrei tanta fretta.

Magis                            - (s'avvia all'uscita con Minou) Saluti a tutti. (A Sgricio) I miei omaggi a madame Corinne, Sgricio. E ricordami ai compagni.

Sgricio                           - Grazie. Sarà fatto. Buon viaggio, ra­gazzo.

Varo                              - (gridando) Se varchi quella soglia, sei per­duto. Non ti ci provare...

Minou                           - (trattenendo Magis che ha già impugnato la maniglia della portiera) Aspetta... E' capace di tutto.

Varo                              - Mi basta una telefonata per fermarti. (Si appressa al telefono e guarda sul cartello accanto dove sono scrìtte le conversazioni abituali) Ecco qua: 62-95, polizia. Alla fermata del tram, o alla stazione, o tutt'al più alla frontiera, troveresti i becs de gaz pronti ad ammanettarti. Tocca a me, ora, farti ballare, metterti in ginocchio, farti pian­gere, magari; e senza bisogno di spianare una pi­stola. E' sufficiente formare un numero... 62-95.

Sgricio                           - (parandosi dinanzi al telefono) No, qui dentro, quel numero non lo formerai, Varo!

Le Fouinard                  - (a Varo) Pas de macaronage, co-pain.

Varo                              - (a Le Fouinard e Sgrido) Ma levatevi dai piedi, scarafaggi che non siete altro!

Sgricio                           - (energico) Spie in casa mia, jamais de la vie, capito?

Varo                              - Spie? Guarda un po' chi parla di spiare! Stai zitto, Sgricio, altrimenti sbotto per davvero e... e ce ne sarà anche per te. Quanto a questo vecchio topo di chiavica... (S'avventa su Le Fouinard, l'ab-branca per il petto e lo scuote) Sì, dico a te, a te, vigliacco! Se t'azzardi a parlare ancora di macaro-nage, ti sfascio il muso... ti rompo le costole...

Sgricio                           - (interponendosi con energia e strappando Le Fouinard dalle mani di Varo) Ma che ti prende? Sei diventato matto?

Varo                              - (a Le Fouinard che s'è istintivamente avvici­nato a Magis come per cercar protezione) Quanto t'ha dato, quello là, per tirarti dalla sua?

Sgricio                           - Ritorna in te, Varo. Lascia che se ne vada in santa pace com'è venuto, quel ragazzo.

Varo                              - Ma sai chi è?

Sgricio                           - Non m'interessa... A nessuno interessa, qua dentro.

Varo                              - A me sì, però. Dieci milioni di taglia, pensa! Per dieci milioni consegnerei alla polizia anche mio fratello, se avessi un fratello... anche mio padre se non fosse morto in una maledetta miniera del Messico. Dieci milioni! Non sono una gran cosa, ma si può andar lontano. Tanto per comin­ciare, potrei dare un addio al « Perthus » e a tutto il Borinage. (Mentre Varo parla, escono dal dormi­torio Lasco col braccio sinistro al collo, Maciste con la testa fasciata, Pinon e altri minatori. S'arrestano silenziosi sulla soglia ad ascoltare. Varo continua il discorso e si avvicina a Magis) Facciamo un affare, Banni... Bada! E' l'ultima proposta che ti faccio. Se ricusi o mi volti le spalle, giuro per tutti i diavoli, che ti denunzio, che ti consegno io stesso alla po­lizia. Dunque? (Eccitato, frenetico) Ma rispondi, maledetto! Mi sfidi ancora? Non mi credi capace di mantenere il mio proposito... di cacciarti a marcire in fondo di una galera? (Magis che ha sempre evi­tato di guardarlo, fissa ora Varo con irrìdente di­sprezzo. Varo rabbioso) Non vuoi arrenderti, eh? Ebbene, eccoti servito. (Corre nuovamente verso il telefono, ma Sgricio è ancora là a sbarrargli il passo).

Sgricio                           - Non qui! Vattene

Varo                              - Ah, sì? Ebbene, ci corro direttamente, alla polizia... li farò venir qua, nella tua puzzolente cantina, i poliziotti. (Corre verso la portiera. Mad-ste si stacca rapido dal gruppo dei minatori e lo trattiene) Levati dai piedi, Maciste! O ci andrai di mezzo anche tu, bada!

Maciste                         - (ridendo fragorosamente e mantenendo la presa) Brrr! Tremo già tutto, guarda!

Varo                              - (fissando ad uno ad uno i minatori che ha* fatto muro alle spalle di Maciste) Come? Ma è inaudito! Parteggiate per lui... per lui?... (Additi Magis) Vi dirò io, allora, chi è questo sedicente si­gnor Magis.

Lasco                            - (secco) Non c'interessa di saperlo... non vogliamo saperlo, capito?

Pinon                             - Ha lavorato con noi laggiù, a ottocento metri sotterra. Ha diviso da buon compagno la no­stra fatica, i nostri pericoli, la nostra lunga agonia... E' un disgraziato anche lui, forse più di noi.

Lasco                            - Ci ha salvato: io, Maciste... e anche il povero Kavarski ha tratto fuori dalle macerie.

Varo                              - (aggressivo, violento) Io, io, io vi ho sal­vato! Ve ne siete già scordati?

Lasco                            - Il tuo intervento l'hai mercanteggiato, ne hai ricavato un buon premio... Ma siamo grati an­che a te. Accontentati del gruzzolo che n'hai rica­vato e comportati bene.

Maciste                         - Ci avevi promesso una bevuta, per via di quel premio...

Varo                              - Sì, d'arsenico! (Divincolandosi da Maci­ste) E levami le tue grinfie di dosso, bestia!

Maciste                         - (alzando il pugno) Attento! Finirò con lo strizzarti come un pidocchio, se non metti la testa a partito.

Lasco                            - (accennando a Magis) Lascialo perdere, Varo.

Varo                              - Manco se m'ammazzate.

Lasco                            - Non t'ammazzeremo, ma qui, in mezzo a noi, non ci potrai più rimanere.

Varo                              - E' quello che voglio! Non faccio che pen­sare a questo, non so più da quanti anni... da quan­do mio padre, un disperato come voi, come me, come tutti qua dentro, mi portò con sé, lontano dalla no­stra casa, da mia madre, dal paese, a massacrarci di fatica in una miniera messicana. Sputai sangue, in quella bolgia ove ci si cucinava vivi in più di mille, indios, negri, cinesi, spagnoli, italiani. E un giorno vidi morire mio padre... spiaccicato contro una pa­rete da un carrello che s'era sganciato dalla fila. E fui solo, solo e perduto, per sempre. Ho fatto i ca­pelli bianchi, avvelenandomi l'anima a poco a poco, nella vana caccia al gruzzolo. Cento volte fui atti­rato dal miraggio della fortuna... Ma è inutile inse­guirla...

Lasco                            - E' un miraggio.

Pinon                             - (volgendosi a guardare Arlette che se ne sta dietro il banco) La fortuna è un'altra cosa. E' una cosa buona, a sapersi accontentare.

Varo                              - (riprendendo il suo farneticare, rabbiosamente beffardo) Già! Il campicello sul poggio... la ca­setta rustica... la moglie che si sfianca a partorirti un figlio. Un nuovo candidato alla miseria all'an­no... La fortuna è quella dei patrons, per inten­derci, quelli che vivono della nostra fatica, della nostra lenta morte. E' un miraggio, Lasco? E' una realtà che si vede, e che potremmo far nostra in mille modi; anche facendo saltare una cassaforte, nevvero Magis? O tendendo l'agguato allo svaligia­tore delle casseforti altrui. Non importa come. Ciò che conta è riuscire a sfangarsi dalla miseria.

Lasco                            - O infangarsi peggio: nell'infamia.

Varo                              - Parolona! Dove incomincia e dove finisce l'infamia? E' infame tutto ciò che accade in una giungla? E' infame la tigre che attende la sua vit­tima all'abbeverata o il coccodrillo che si mimetizza nel fango per avventarsi sulla sua preda? Hanno fame, ecco tutto. Ciò che avviene in questa specie di giungla della società umana è ben peggiore: qui si ruba, si azzanna, si assassina, si odia, si menti­sce, s'incrudelisce, si sevizia quasi sempre legalmente, senza fame, senza necessità. Ci sono mille, diecimila maniere di rovinare la vita del proprio simile o di una collettività intera, senza che alcuno trovi a ridire qualche cosa; ma se uno dice a un romantico ladro «alto là, ragazzo, favorisci qualche briciola del tuo bottino... bada che posso rovinarti o salvarti », oh, allora costui è un infame, un ricattatore, un essere spregevole da bandire... da bandire da questa ono­rata società di gueules noires, di sputasangue, di famelici che giocano a rimpiattino con la morte, con la più tetra di tutte le morti, per una ciotola di zuppa. Non so se sia più lo schifo o la pena che provo per voi.

Maciste                         - E di te... per te, che cosa provi?

Lasco                            - Non darti pensiero per noi, Varo. E smet­tila d'abbaiare. Non devi odiarci così: finirai con l'odiare te stesso.

Varo                              - (cupo) Mi odio già, come odio tutto, qui dentro: la vostra miseria, la vostra malinconia, la vostra tosse, la vostra stolta nostalgia del paese, i vostri discorsi da ignoranti, sempre quelli... sem­pre gli stessi, i vostri fiati di povera gente che mangia male...

Maciste                         - Eppure rimarrai qua, tra noi, fin che non ti daranno un calcio in quel posto per dimi­nuito rendimento... perché non ce la farai più, po­vero vecchio. Sempre che non finisca prima, come Kavarski... o come tuo padre.

Varo                              - (iroso) Schiatterete prima voi, potete esser­ne certi. (Siede spossato).

Lasco                            - Escluso il figlio di mio padre. Ho deciso di tornarmene a casa. (Volgendosi a Magis) E tu, che aspetti? Vattene. (Magis volge duhitoso lo sguardo su Varo).

Lasco                            - Non temere. E che la fortuna ti assista.

Varo                              - (sordamente) Ma sì... ma sì, vattene, po­vero ladro. Non ti denunzierò, no; ma non andrai lontano. (Balzando in piedi e afferrando Minou per un braccio) Tu no... tu no! Tu rimarrai qui, con i gueules noires, al Borinage. (Con una risataccia) Svegliati, Minou! Il tuo sogno è finito. Guardalo, il tuo ladro! Se ne va, se ne va, e non ti degna nep­pure d'uno sguardo. (Magis ha un moto di rivolta. Vorrebbe avventarsi su Varo ma Lasco lo trattiene) Va là che sei contento di cavartela così a buon mer­cato.

Le Fouinard                  - (appressandosi a Magis) Vuoi che t'accompagni? Avrei un consiglio da darti...

Lasco                            - Attenzione, Le Fouinard! Niente ghermi­nelle.

.

Varo                              - (schernendo) Finirà con l'accontentarsi di un paio di biglietti da cento. Tutto fa brodo, nev­vero, Le Fouinard?

Le Fouinard                  - Le Fouinard ne triche pas au jeu. (Sommessamente a Magis) Flai pensato alla Légion, garcon? Posso indirizzarti bene... andresti sicuro.

Magis                            - (a Le Fouinard) Vieni... Ti darò qualcosa. (A Minou che gli ha afferrato una mano) Addio, Minou. Chissà! Forse, un giorno... (Minou s'ab­batte sul tavolo accanto a Varo e singhiozza. Magis tende la mano a Lasco) Grazie, a te, a tutti.

Lasco                            - (evita di strìngergli la mano e gli dà un col­po sulla spalla) Vattene. Addio.

Maciste                         - Buona fortuna, amico! Pinon e gli altri minatori - Addio, addio... (Ma­gis afferra la valigia ed esce senza volgersi indietro. Le Fouinard lo segue).

Minou                           - (balzando in piedi, trattenuta da Varo) Magis! Magis! Guardami, Magis!

Lasco                            - Lascialo andare. E' per il suo bene.

Varo                              - (rabbiosamente) Sì, rimani, cagna, se non vuoi... (Mutando tono e sogghignando amaramente mentre Lasco, Maciste, Pinon e gli altri minatori prendono posto ai tavoli per consumare in fretta la colazione servita da Arlette) Domenica usciremo in­sieme, come un tempo... Ti consolerò, io... Ho parec­chio danaro, lo sai: ci divertiremo. Se sarai buona col tuo vecchio Varo, può darsi... ma sì, crepi la mi­seria, può darsi che ti regali un vestito... o un bel cappotto nuovo. Sarai la donnina più chic di tutto il Borinage... (S'ode un lungo, lamentoso sibilo di sirena, che si ripeterà, a brevi intervalli, fino al ca­lar del sipario).

Minou                           - (sconsolata) Borinage!... Borinage!... Tutto questo nero... questo buio... Povera la mia vita.

Maurin                          - (entrando con animazione) Salve, ra­gazzi. Quelli del turno di notte ce l'han fatta a ria­prire la galleria. Stamane si riprende il lavoro alla taglia ventitré. ' .

Maciste                         - Già! Purché non frani un'altra volta.

Maurin                          - E' stato fatto un puntellamento a prova di bomba. Manco l'atomica potrebbe farla crollare ormai, quella taglia dannata!

Maciste                         - Sarà... ma per mio conto marco visita. Ci ho ancora i campanelli che mi trillano qui den­tro. (Si tocca la testa fasciata).

Maurin                          - (severo) Non fare il fifone, Maciste. Non è degno di te, tanto più ora che t'hanno pro­mosso abatteur di prima, naturalmente con un au­mento di salario. Inoltre, ho ottenuto per voi tutti un arrotondamento del premio d'indennizzo per via dell'incidente patito.

Maciste                         - (ilare) Quand'è così... Maciste vi farà vedere... (Gettando la propria borraccia a Sgrido) Toh! riempila di buona grappa e allunga pure il conto: sabato ti salderò.

Maurin                          - Quanto a te, Lasco...

Lasco                            - Me ne vado, monsieur Maurin.

Maurin                          - E' proprio deciso? Non ci hai ripensato?

Lasco                            - Ci ho pensato e ripensato sì. Ma, fatti i miei conti, vedo proprio che mi conviene di bat­termela.

Maurin                          - Peccato. Sei un bravo ragazzo... uno che ci sa fare. Potevi far carriera, al Borinage. (Stringen­dogli la mano) Be', buona fortuna. A tuo comodo, presentati alla direzione: riscuoterai il tuo avere. Ho cercato di fartelo arrotondare il meglio che ho po­tuto.

Lasco                            - Grazie, monsieur Maurin.

Maurin                          - (avvicinandosi a Varo) Che cos'aspet­ti a condurre i tuoi uomini nello charbonnage, po-rion?

Varo                              - (interdetto) Porion?

Maurin                          - Non ti va?

Varo                              - (dissimulando a stento la sua soddisfazione) Oh, per me va benissimo.

Maurin                          - Occorreva pure un nuovo porion dal momento che Lasco ci lascia. L'ingegnere ha pen­sato a te; naturalmente, su mia designazione.

Varo                              - (rasserenandosi) Grazie, monsieur Maurin.

Maurin                          - (piano, confidenziale) Però... sappici fare. Trattali bene, i tuoi compagni. Sii semplice, schietto, umano. (Forte, rivolto ai minatori, battendo le mani) Su, ragazzi! Un evviva al vostro nuovo po­rion! (Tiepidi consensi).

Maciste                         - Purché la smetta di odiarci... e non ar­ricci il naso per i nostri fiati che puzzano... Come diceva poco fa?... che puzzano perché si mangia ma­le! La colpa è di Sgricio, dico io!

Sgricio                           - (insorgendo piccato) Se non ti sfagiuola la mia cucina, fila! Domando e dico se son discorsi... (Maciste e gli altri sghignazzano).

Arlette                           - (consegnando una borraccia a Pinon) Prendi: l'ho riempita. Ti terrà su. Come ti senti?

Pinon                             - Benone, Arlette. Domenica usciremo in­sieme. Ti va?

Arlette                           - (con gioia repressa) Se madame Corinne mi lascerà... Pensi sempre a quel tuo poggio sul Montello?

Pinon                             - Più che mai, Arlette. E tu sarai accanto a me... per sempre.

Arlette                           - Sarà... sarà perfino troppo bello. Non oso crederci ancora.

Pinon                             - Credici, Arlette. (La accarezza furtivamen-te, con tenerezza).

Varo                              - (presso l'uscio) Svelti, ragazzi!... Spicciati,, Pinon... (Toma rapido sui suoi passi, mentre gli al­tri escono, e s'appressa a Minou) Vai a casa, Minou. Non è da ripensarci, credi... A rivederci. (Esce in fretta).

Lasco                            - (uscendo a sua volta) Di nuovo, monsieur Maurin. Vado all'ospedale a vedere se si decidono a sgessarmi.

Maurin                          - A rivederci, Lasco. (Avvicinandosi a m Minou che s'è alzata dalla sua sedia e muove indeci­sa verso l'uscita come stordita, galante e bramoso) Qu'est que tu as, chérie? Un tout p'tit chagrin? Voyons si je peux...

Minou                           - (lo guarda come trasognata; indi, prorom­pendo in una risata acre) Un tout p'tit chagrin, m'sieur Maurin... un tout p'tit chagrin... Ca va pas-ser bientòt... C'est passe...

Voilà                             - (Ride ancora, poi esce cantando).

Maurin                          - (interdetto, rivolto a Sgrido) Ma che  cos'ha?

Sgricio                           - Testa matta... testa matta, monsieur Maurin. Non fateci caso. (Ride sguaiatamente).

FINE