Brodo di pollo con l’orzo

Stampa questo copione

BRODO DI POLLO CON L’ORZOTrilogia

(Radici – Parlo di Gerusalemme)

Commedia in tre atti

di ARNOLD WESKER

PERSONAGGI

Sara Kahn

Harry Kahn, suo marito

Monty Blitt

Dave Simmons

Prince Silver

Hymie Kossop, fratello di Sara

Cissie Kahn, sorella di Harry, sindacalista

Ada Kahn, figlia di Sara e di Harry

Ronnie Kahn, figlio di Sara e di Harry

Bessie Blatt, moglie di Monty

Commedia formattata da

La Trilogia è forse l'opera drammatica che più delle altre riesce a darci un quadro preciso e definito di Arnold Wesker. Il cosiddetto carattere neo-naturalistico di queste tre commedie riflette infatti in modo evidente la storia stessa dell'autore e del­la sua famiglia, le sue battaglie politiche, le sue illusioni e le sue delusioni.

Nato nel East End di Londra il 24 maggio 1932 da una fa­miglia di immigrati ebrei russi e ungheresi, termina le scuole a quattordici anni ed è subito costretto a esercitare un mestiere: apprendista in una fabbrica di mobili, aiuto carpentiere, com­messo di libreria, garzone di un idraulico, sguattero, cuoco, pa­sticciere (quest'ultimo lavoro sarà la base della sua prima com­media, The Kitchen, scritta nel 1959). Viene quindi arruolato nella Raf, e da questa esperienza doveva maturare, dodici anni più tardi, uno dei suoi lavori più riusciti, Chips with Everithing. Congedato, riprende il mestiere di pasticciere a Londra, poi la­vora come chef a Parigi, finché nel 1956 entra nella London School of Film Technique, dove incontra Lindsay Anderson; e finalmente prende avvio la sua carriera di drammaturgo. Nel 1958 viene messa in scena a Londra Chicken Soup with Barley - rappresentata in Italia nel febbraio 1963 dal Teatro Stabile di Bologna, protagonisti Gianni Santuccio e Lilla Brignone - e pubblicato il volume di miscellanea Six Sundays in January; nel 1959 è la volta di Roots, e il medesimo anno l'«Evening Standard» proclama Wesker «il più promettente autore teatrale dell'anno».

Queste molteplici esperienze di vita fanno di Arnold Wesker un socialista appassionato, utopista fino all'ingenuità. I grandi problemi sociali si traducono in esperienze dirette: difesa della dignità del lavoro, conquista dei mezzi d'espressione, maggior tempo libero (nel 1960 Wesker si fa promotore di un centro ar­tistico culturale, il Centre 42, per la diffusione della cultura, centro che diresse fino al 1971). Nella sua opera la protesta contro la società, l'irritazione nei confronti di tradizioni anacroni­stiche e polverose, la delusione per l'imborghesimento della po­litica progressista, si esprimono con una tristezza amara.

Nella trilogia, comprendente Chicken Soup with Barley (1958), Roots (1959) eI'm Talking about Jerusalem (1960), Wesker descrive dunque un mondo che conosce, esperienze da lui stesso vissute, ideali, sogni e delusioni che sono parte inte­grante della sua vita e del suo carattere. In Brodo di pollo con l'orzoson narrate le vicende dei Kahn, famiglia di immigrati ebrei ungheresi che passano dall'entusiastico comunismo degli anni 30 (guerra di Spagna, scioperi, manifestazioni antifasciste), al rassegnato conformismo del dopoguerra e infine, negli anni 50, e in particolare dopo i fatti d'Ungheria, al triste crollo de­gli ideali e delle speranze. Radici, ambientato nelle campagne del Norfolk, mostra, dopo varie vicissitudini, il risveglio inte­riore di una ragazza di campagna che ritorna da Londra e la sua avversità/diversità nei confronti della ristretta esistenza - ma­teriale e soprattutto morale e politica - della classe contadina. In Parlo di Gerusalemmeritroviamo i Kahn e il loro tentativo, miseramente fallito, di creare una impresa artigianale « sociali­sta» in campagna.

Di Arnold Wesker, oltre alle opere già citate, possiamo ri­cordare: Menace(1963), Their Very Own and Golden City(1964), The Four Season(1965), The Friends(1970), The Old Ones(1972), The Journalists(1972), The Wedding Feast(1973), The Merchant(1975).

 

ATTO PRIMO

 

SCENA PRIMA

4 ottobre 1936. Il seminterrato della casa dei Kahn nell'East End di Londra. La stanza è calda e abitata. Un fuoco di carbone è acceso in cucina. Una porta sul fondo a sinistra della stanza conduce a una camera da letto. Una finestra a sinistra guarda su verso la strada. A de­stra, un'altra porta conduce alla cucina che è visibile. Sul fondo le scale che salgono alla strada. Sara Kahn è in cucina e rigoverna, canticchiando. È una donna piccola, viva, di trentasette anni, ebrea di origine europea. I suoi movimenti denotano energia e vitalità; emana calore. Harry Kahn, suo marito, vien giù per le scale ed entra nella stanza comune. Ha trentacinque an­ni, anche lui è un ebreo di origine europea. È bruno, esi­le, piuttosto piacente, ed è l'antitesi di Sara. È dolce ma debole. In strada una banda suona un inno rivoluzio­nario.

Sara                               - (dalla cucina) Hai portato i bambini da Lottie?

Harry                             - (prende un libro per mettersi a leggere) Si, ce l'ho portati.

Sara                               - Non gli è dispiaciuto?

Harry                             - No, non gli è dispiaciuto.

Sara                               - Viene Hymie?

Harry                             - Non lo So.

Sara                               - (fra sé) Non sa mai nulla! E non gliel'hai doman­dato? Non te l'ha detto? Lo sa che c'è il comizio, no?

Harry                             - Non lo so se lo sa o no. Non gliene ho parlato. Ci ho portato i bambini e basta. Ehi, Sara, dovresti leggere il libro di Upton Sinclair sull'industria della carne in sca­tola. Ti apre gli occhi.

Sara                               - Libri! Nulla l'interessa, solo i libri! Hai visto nien­te fuori? Cosa succede?

Harry                             - Le strade son piene di gente, non ne ho mai vista tanta. Hanno fatto le barricate al Gardiner's Corner.

Sara                               - Ci sarà un bel putiferio.

Harry                             - Certo che ci sarà un putiferio. L'hai mai vista una dimostrazione senza putiferio?

Sara                               - E la polizia?

Harry                             - Ci sarà più guardie che camicie nere.

Sara                               - A che ora marciano?

Harry                             - Non lo So.

Sara                               - Harry, lo sai dove hai le sigarette, no?

Questo è il sistema bonario ma urtante col quale Sara cerca di far capire a un uomo debole quanto è debole.

Harry                             - Sì che lo so dove sono.

Sara                               - E lo sai cosa c'è al cinema?

Harry                             - E allora?

Sara                               - E lo sai a che ora apre? (Harry fa una smorfia). E allora perché non sai a che ora fanno la marcia?

Toccato!

Harry                             - Via, Sara, lasciami in pace! Alle due dice che mar­ciano... ecco!

Sara                               - E allora lo sai. Perché non l'hai detto subito? Per­ché non mi dici le cose quando te le chiedo?

Harry                             - Se non lo sapevo a che ora marciano, cosa vuoi da me?

Sara                               - Ma quando ti sfottevo lo sapevi.

Harry                             - E vuol dire che m'è rivenuto in mente. Cosa è, un delitto?

Sara                               - gli mostra il pugno, incredula, ed esce per scoprire da dove viene la voce dell'altoparlante. La frase «Ma­drid oggi... Londra domani» vien ripetuta. Mentre Sara      è fuori,

Harry                             - cerca la sua borsetta, la trova, ci fruga dentro e intasca un po' di spiccioli.

Sara                               - (ha caldo) Aria! datemi aria! in questo scantinato ci lascerò la pelle. Dio sa come farò senz'aria quando sa­rò morta! Chi altri c'era da Lottie?

Harry                             - (ancora preoccupato) C'erano tutti.

Sara                               - E chi sono tutti?

Harry                             - Tutti. Lo sai. Lottie e Hymie e i ragazzi, Solly e Martin. (Trova un biglietto da dieci scellini, se lo mette in tasca e torna a sedersi accanto al fuoco, prendendo un libro).

Sara                               - (torna nella stanza con tazze e piattini) Toh, appa­recchia, i ragazzi staranno poco.

Harry                             - Brava, una tazza di tè mi farebbe proprio bene.

Sara                               - Come? non l'hai preso il tè da Lottie?

Harry                                        - No.

Sara                               - Bugiardo!

Harry                             - Non l'ho preso il tè da Lottie, ti dico. (In tono of­feso) Santo Dio, ma perché non mi credi quando ti par­lo?

Sara                               - Dimmelo te il perché! Perché non gli credo quando mi parla! Quest'angelo che non dice bugie! E perché? non le dici mai le bugie, forse?

Harry                             - E va bene! Il tè da Lottie l'ho preso. Sei contenta ora?

Sara                               - (mentre parla prepara) Sicuro! certo che l'hai preso il tè da Lottie. E che non lo so? Pensi forse che creda che Lottie non ti dà una tazza di tè?

Harry                             - O piantala, Sara!

Sara                               - No davvero, questa volta non la pianto. (Di nuovo la sua logica) Voglio sapere perché hai detto che non avevi preso il tè da Lottie quando sapevi benone che l'a­vevi preso. Lo voglio sapere! (Harry alza le mani con un gesto disperato). Io so che il tè l'hai preso, e lo sai anche tu, e che c'è di male a dirlo? Credi che me ne impor­ti tanto se hai preso il tè o no? Puoi bere tè finché non ti schizza dagli occhi, per quel che me ne importa, basta che lo dica.

Harry                             - Sara, la fai finita di seccarmi? la fai finita? che ti fa se il tè l'ho preso o non l'ho preso?

Sara                               - Ma è quello che dico io. Io voglio soltanto sapere se sei mezzo bugiardo o bugiardo tutto!

Harry                             - (insieme a lei) Mezzo bugiardo o bugiardo tutto!

Un giovane, Monty Blatt, scende le scale. Ha circa di­ciannove anni, ebreo, operaio e cockney. Prima che com­paia si sente la sua voce.

Voce di Monty             - (grida) Signora Kahn! Sara! Signora Kahn!

Monty                           - (ha interrotto la lite. Entra di corsa senza bussare) Ah, benone! ci siete! (Va alla finestra, guarda fuori e grida rivolto verso l'alto) Va bene! ci sono. Qui! (Por­gendo un pacchetto) La mamma vi manda un po' di stru­del. Scendete! (A Harry) Ciao, Harry, giovanotto! Co­me va? Sei in forma per combattere alla dimostrazione?

Harry                             - Sono in forma, sicuro che sono in forma!

Sara                               - Non lo vedrai a nessuna dimostrazione. È al cinema, che lo vedrai! (Va nel ripostiglio per fare il tè).

Monty                           - Al cinema? non fare lo stupido! Non sentirai nulla. Ma non l'hai viste le strade, oggi? Sara, le hai viste le strade? Una calca! una calca! I ragazzi ci sono da sta­mani alle sette.

Due altri giovanotti sulla ventina scendono le scale, Da­ve Simmonds e Prince Silver. Stanno discutendo anima­tamente.

Prince                            - Ma Dave, c'è tanto lavoro qui! Salve, Sara.

Dave                             - Lo so che c'è tanto lavoro qui, ma ci son tanti com­pagni per farlo. Salve, Sara! Oggi è la Spagna il fronte di battaglia. La Spagna è qualcosa di concreto finalmen­te.

Sara                               - La Spagna? La Spagna, Dave?

Harry                             - La Spagna?

Prince                            - Dave si è arruolato nella Legione Internazionale. Parte per la Spagna domattina. (A Dave) Ma la Spagna è soltanto un problema maturo. Sei troppo giovane per...

Harry                             - Dave, non ti montare la testa. Non è tutta gloria, sai!

Dave                             - Harry, si direbbe che stanotte non hai dormito.

Monty                           - Non ha dormito... il vecchio cosacco! (Sull'aria «Tutte le belle ragazze amano i marinai») Perché lo sai come sono i cosacchi! Ho ragione, Harry?

Prince                            - Harry, ad Aldgate ho visto tua sorella Cissie, sventolava il bastone di tua madre.

Harry                             - È matta!

Monty                           - (chiamando a voce alta) Dov'è questo tè, Sara?

Sara                               - (portando il tè) Abbottonati i calzoni, Monty, cial­trone! Ora, Dave, dimmi cosa succede e che progetti ci sono.

Ognuno avvicina una sedia al tavolo.

Dave                             - Ecco com'è. I camion del partito girano con gli alto­parlanti da stamani, li avete sentiti? I fascisti si riuni­scono in Royal Mint Street vicino al ponte. Pensano di marciare verso Aldgate; giù per Commercial Road fino a Salmon Lane a Limehouse. Lo sapete, Salmon Lane? e li pensano di farci il comizio. E poi dicono che si ri­mettono in marcia fino al Victoria Park e li fanno un al­tro comizio.

Sara                               - Due comizi? E perché due comizi?

Harry                             - E perché non li dovrebbero fare?

Sara                               - Come sarebbe a dire? Dici che dovrebbero farne due?

Harry                             - Non lo dico mica io - è buffa questa! - non lo di­co mica io che li debbono fare, ma li voglion fare loro, e che c'è di strano?

Sara                               - Ma costa soldi.

Harry                             - Cosa vorresti, organizzare una colletta?

Dave                             - Ecco! potrebbero marciare per la Highway lungo i moli e poi su per Cable Street, ma Mosley per la High­way non ci vuol passare perché è una strada secondaria, anche se la polizia glielo consiglia.

Sara                               - Ci scommetto che la polizia farà succeder qualcosa.

Prince                            - Ha dovuto far venire rinforzi da fuori di Londra.

Sara                               - Ma non ve le darete davvero, eh ragazzi? Volevo dire, non vi farete mica del male?

Monty                           - Sara, te lo ricordi quando buttarono una bimba di sette anni attraverso una vetrina? E non gli si dovreb­bero suonare a quei bastardi?

Prince                            - Però, Monty, ricordati che ci vuole disciplina. Non si deve attaccare o tirar bottiglie, è una prova, lo sai che è una prova... per noi è una prova. Noi gli dob­biamo impedir di passare e basta.

Monty                           - Sta' tranquillo che glielo impediremo. Se vedo passare una camicia nera gli do un colpettino sulla spalla e gli dico: «Scusi tanto, ma di qui oggi non si può pas­sare perché aggiustiamo la strada». E lui guarda la mia falce e martello, si leva il berretto e dice: «Oh, scusa ca­merata, prenderò la metropolitana! » da ve Compagni! Lo volete sapere o no quali sono gli or­dini? Ve li ridico. Siccome quello che succede non si sa, ecco cosa s'è pensato: un gruppo di lavoratori si riunirà in Rovail Mint Street - cosi se i fascisti vogliono andare per la Highway gli toccherà di combattere. Ma noi si crede che abbiano già l'idea di non mollare la strada principale per non dover fare brutta figura mi seguite? E allora abbiamo indetto l'adunata principale a Gardiner's Corner. Se poi invece si provano davvero a passare da Cable Street...

Sara                               - Tutto succede sempre in Cable Street.

Harry                             - E che altro c'è successo?

Sara                               - Pietro il Pittore ci litigò con Churchill, no?

Monty                           - Stai pensando a Sidney Street, tesoro!

Harry                             - Vedete, è sempre la solita pasticciona!

Sara                               - E tu sei proprio meraviglioso, eh? Tu sei la testa fina...

Harry                             - Ma almeno non confondo i fatti.

Sara                               - Sentitelo! il politicante!

Monty                           - O via, Sara, aspettate a litigare!

Dave                             - E se invece provano davvero a venire su per Cable Street, allora ci troveranno i portuali e le barricate. E an­che se qualcuno riesce a passare, non ce la faranno a fare il comizio né in Salmon Lane né in Victoria Park.

Sara                                         - E perché no?

Prince                            - Perché dalle sette di stamani ci stanno i compa­gni con le pedane.

Monty                           - Buono, eh? Ti senti fiera eh Sara? Ogni sezio­ne del quartiere operaio ha aderito. I portuali di Limehouse han risposto in massa, tutti!

Prince                            - Le unioni, le cooperative, i membri del Partito laburista e il Consiglio del popolo israelita.

Sara                               - I deputati?

Harry                             - E dagli! non i deputati israeliti quelli hanno chiesto agli israeliti di star tranquilli. No, ma il Consi­glio del popolo israelita, quello che organizzò la dimo­strazione in massa contro Hitler, qualche anno fa.

Sara                               - gli fa una boccaccia.

Monty                           - Non c'è stato nulla di più bello dai tempi dello sciopero generale.

Harry                             - Gesù! Lo sciopero generale! Quelle furon gior­nate, eh Sara?

Sara                               - Che me lo domandi a fare? Vuoi che mi ricordi che sparisti per sei giorni proprio quando Ada era malata?

Harry                             - Eh già, ero proprio sparito!

Sara                               - Sicuro, che eri sparito!

Harry                             - E dov'ero sparito?

Sara                               - E che ne so dov'eri sparito? Se l'avessi saputo, non saresti sparito.

Si sente di fuori un rumore di piedi che fuggono e voci che gridano. Tutti, eccetto Harry, corrono alla finestra.

Prima voce                    - Si radunano! Si radunano! Alle barricate! I fascisti si radunano!

Seconda voce                - Ehi Stan, qual è il posto migliore?

Prima voce                    - Portate i vostri a Cable Street. I fascisti si radunano! Fuori dalle case! Uscite dalle case!

Monty                           - E noi che si fa, Dave?

Sara                               - Ancora non hai detto dove dobbiamo andare io e Harry.

Dave                             - C'è tempo. Fino alle due non proveranno a marcia­re, e ora sono soltanto le dodici e mezzo.

Sara                               - Avete mangiato? voi ragazzi avete fatto colazione?

Prince                            - Abbiamo fatto tutti colazione a casa mia, Sara. Siediti, smettila di agitarti.

Dave                             - Sara, scegli: se ti senti di far l'infermiera, vai a Aldgate, abbiamo un pronto-soccorso vicino alla fioraia di Whitechapel.

Sara                               - Che organizzazione! E voi che fate?

Dave                             - Monty guiderà un po' di ragazzi sulla sinistra di Cable Street, Prince sta organizzando una squadra di staffette in bicicletta fra i punti critici e il quartier gene­rale, io all'ultimo momento andrò per le strade a chia­mar fuori la gente - e questo è tutto.

Monty                           - (fregandosi le mani) Ora non c'è che da aspettare.

Dave                             - Dov'è Ada?

Sara                               - Ada e Ronnie sono da Hymie; m'è parso meglio che si levassero di mezzo.

Dave                             - (con espressione colpevole) E credete che ci resterà, fuori? La tua precoce figlia è una combattente nata, Sara.

Monty                           - Sicuro che lo è. Vedrete che è per strada a orga­nizzare i pionieri.

Sara                               - Questo no! Le ho detto di restare dov'è e ci resterà.

Harry                             - Ci credo proprio!

Sara                               - Dio liberi che diventi una scatenata come te!

Harry                             - E va bene. E allora dovrebbe essere come te!

Sara                               - Lo credo bene che dovrebbe essere come me. Ron­nie ancora non gli basta! Un ragazzino di cinque anni che va in giro la notte e dice parolacce alle zie! (Sorride pensandoci) Che Dio lo benedica! (Agli altri) Non lo vo­levano lasciar giocare con la radio e lui si mise a fare il diavolo a quattro e buttò in terra tutti i libri. (Di nuovo a Harry) Butta la roba in terra come fai tu.

Harry                             - Ma l'avete mai vista una donna come questa?

Monty                           - Io vorrei un'altra tazza di tè.

Harry                             - (salta su e va in cucina) Lo faccio io, lo faccio io!

Sara                               - È così carino quando c'è gente in casa. Riempio qualche panino.

Prince                            - Ma Sara, abbiamo già mangiato.

Sara                               - Mangiate. Mangiate sempre. Chissà a che ora tor­nerete. (Va alla credenza e taglia il pane per farne tra­mezzini di formaggio).

Si sentono da lontano persone che cantano: «Non passe­ranno! non passeranno! non passeranno!»

Monty                           - I ragazzi! Ascoltate. Li sentite? Sai, Sara, son le stesse parole che gridavano anche a Madrid.

Prince                            - E non passarono nemmeno li. Ci pensate? Le don­ne e i bambini che uscivano per le strade e facevano le barricate coi letti e le seggiole.

Dave                             - (tristemente) Fu un macello.

Prince                            - E poi arrivò la prima brigata internazionale.

Dave                             - La «Edgar André» dalla Germania, la « Comune di Parigi» dalla Francia, e la «Dombrovsky » dalla Polonia.

Monty                           - Aspettate che arrivi là il nostro Dave. Gliela farai vedere tu, eh, Dave?

Sara                               - Ma ci vai davvero Dave? Lo sa Ada?

Dave                             - Non glielo dire, Sara. Lo sai come sono le ragazze innamorate.

Prince                            - Innamorata? Se torni vivo dalla Spagna ti sposa sulla banchina del porto, te lo dico io!

Sara                               - Come ci vai?

Dave                             - Dice che si va a fare una gita a Parigi e poi a mezza­notte si fa una passeggiata sui Pirenei. Si passa dalla par­te di servizio.

Sara                               - Dicono che è una cosa tremenda, laggiù. Che abbia­mo già perso una quantità di buoni compagni.

Prince                            - Ne abbiamo già persi troppi di buoni compagni, mi senti Dave?

Monty                           - Sammy Avner e Lorimer Birch a Boadilla, Felicia Brown ed Ernst Julius in Aragona.

Sara                               - Julius? il sarto che lavorava con noi da Cantor? Ma se era un ragazzo.

Prince                            - E Felicia un'artista, e Lorimer uno studente di Oxford.

Monty                           - E Cornford fu ucciso a Cordova.

Prince                            - E Ronnie Symes a Madrid.

Monty                           - E Stevie Yates a Casa del Campo.

Sara                               - Casa del Campo! Madrid! Nomi tanto belli, e tanta morte!

Monty                           - Ehi! Lo sapete chi ha organizzato il primo gruppo britannico? Nat Cohen. Andavamo a scuola insieme. Lui e Sam Masters stavano girando la Francia in bici­cletta durante le vacanze, e appena seppero della rivolta pedalarono fino a Barcellona e organizzarono la Centuria Tom Mann.

Harry                             - (facendosi sulla porta) È un bel matto, Nat Cohen. Scrive frasi col gesso fin sul muro del posto di polizia. Io lavoravo con lui.

Sara                               - Dio sa se torneranno vivi.

Dave                             - Quando domandarono a tre disertori fascisti come avevano fatto a raggiungere le nostre linee, risposero che avevano scavalcato colline di vedove, orfani e fidan­zate: tanti uomini avevano perso all'attacco.

Monty                           - E molti di più ne possano perdere.

Dave                             - (arrabbiato) La guerra in Spagna non è un gioco di carte, Monty. Quando perdi non perdi soldi. È molti di più ne possan perdere! Che discorsi! Monty, delle vol­te mi pare che ci provi gusto solo a combattere, e che un giorno o l'altro l'ideale lo perderai di vista. Tu odi trop­po. E quando si odia, la fratellanza non ci può essere. Fra noi e loro c'è una differenza sola: noi sappiamo per­ché combattiamo. Quasi è una lotta sleale.

Harry torna in cucina per versare il tè.

Monty                           - Sleale, la chiama! Quando la Germania e l'Italia gli mandano i cannoni, i carri armati e gli aerei, e i no­stri ragazzi non hanno che fucili e mortai: ti pare sleale? Sleale la chiami?

Dave                             - Quando si combatte contro i ciechi, la lotta è sem­pre sleale. Credi che mi ci divertirò a sparare su un uo­mo, soltanto perché lui ama chiamarsi fascista? Mi fa tanto schifo pensare che dovrò sparare con un fucile, che mi vien voglia di imbarcarmi con una benda sugli occhi. A volte penso che è il solo modo di fare le cose. Non sono neanche sicuro che ci voglio andare davvero. Sol­tanto so che se non ci vado... allora... be', che significato si può dare davvero alla propria vita?

Sara                               - In fondo sei un pacifista, eh, Dave?

Dave                             - Io sono un pacifista terribilmente triste, Sara.

Harry                             - Io ti capisco, Dave. Lo so quel che vuoi dire, ra­gazzo. Che vuoi che ti dica? Se vai... siamo fieri di te... se resti ti vogliamo bene... A volte si vive in un modo e non si sa perché... una cosa la fai, e basta. E cosi non c'è bisogno che tu gridi... gridi con te stesso! Ma un paci­fista, Dave? Presto ci

Sara                               - una grossa guerra, una guerra fascista: ti pare il momento di fare il pacifista?

Sara                               - Ha ragione lui, Dave.

Dave                             - Lo so che non è ancora il momento. Lo so. Lo so che c'è ancora da combattere. Ma verrà - verrà, sapete - il momento in cui ci sarà una specie di lunga tregua e gli uomini avranno paura l'uno dell'altro e crederanno di dover ancora combattere. Quello

Sara                               - il momento d'es­sere pacifisti: quando la gente crede solo alla paura. Ma ora be', mi par d'essere un vecchio giardiniere che sa che non potrà vivere fino alla primavera per piantare i semi.

Harry                             - viene col tè e in quel momento si ode una voce dalla strada che grida disperatamente.

Una voce                       - Ai vostri posti! Uomini e donne dell'East End, fuori dalle case. Le camicie nere marciano. Fuori! Fuori!

Un rapido muoversi dei presenti nella stanza. Dave e Monty corrono alla finestra. Prince sale le scale di corsa, facendo cadere la tazza che Harry ha in mano.

Monty                           - Cristo! Si son mossi prima del tempo.

Dave                             - Che sia un falso allarme?

Prince                            - (dalle scale) Non possiamo correre il rischio. Met­tiamoci in moto.

Monty                           - (si avvia alla svelta afferrando un attizzatoio e nascondendoselo sotto gli abiti) Lo pulisco e poi lo ri­porto.

Harry                             - Ma vi ho fatto il tè.

Dave                             - Ributtalo nella teiera. Lo beviamo dopo. Voi due -sapete i posti... Cable Street, Royal Mint Street e Gardiner's Corner.

Harry                             - (alla finestra) La strada è piena! Gesù! Guardate­li! escon tutti fuori. Tutti escono.

Sara                               - (mettendosi il cappotto nella fretta generale) Alla libreria di Whitechapel! Vieni, Harry?

Dave                             - (aiuta

Sara                              - a indossare il cappotto, ed è sulle mosse) La libreria di Whitechapel. Harry, vieni?

Harry                             - (ancora alla finestra) Vengo, vengo. Comincia ad andare. Dio santo, c'è Alf Bosky con sua moglie. E lei ha il bambino al collo. (Grida verso l'alto) Ehi! Alf buona fortuna, compagno, veniamo anche noi. Sara, c'è Alf Bosky colla moglie.

Sara                               - (cercando qualcosa in cucina) Ho sentito, ho senti­to. (Trova un matterello e roteandolo corre nella stan­za) Insomma, Harry! vieni? Io vado a Gardiner's Cor­ner. Spicciati, faremo tardi.

Harry                             - (indietreggiando di fronte al matterello) Non lo dare in testa a nessuno quel coso, Sara! Fa male.

Sara                               - Scemo! (Si precipita per le scale ma si ferma e ricor­dando qualcosa torna nella stanza. Da un angolo tira fuo­ri una bandiera rossa con falce e martello e la ficca fra le mani di Harry) Su, sventola questa. Renditi utile. (Esce per le scale).

Harry                             - (afferrando la giacca) Ehi, Sara! aspettami. Sara! Ehi! aspettami! (La segue con la bandiera spiegata).

Le voci di fuori si levano in un crescendo: «Non passe­ranno... non passeranno... non passeranno...»

Sipario.

 

SCENA SECONDA

La stessa stanza, più tardi. Nella strada confusione e can­ti. Monty e Prince stanno scendendo le scale sorreggen­do Hymie Kossop che ha la faccia coperta di sangue. È un uomo basso, rotondo, di aspetto comune.

Monty                           - (lasciando Prince e Hymie per entrare nella stanza) Metto un po' d'acqua sul fuoco. Fallo sedere. (Grida verso l'alto) Cissie! Aspetta a scendere! Va' a prendere un pacchetto di pronto-soccorso da qualche parte. (Em­pie il bollitore).

Prince                            - Hymie, parla poco e sta' fermo. Gesù, come t'han conciato! Sentirete Sara.

Hymie                           - Be', allora puliscimi alla svelta.

Monty                           - (corre dalla cucina alla finestra) Cissie. Cissie! Prova da quella pasticceria vicino a Toynbee Hall. Ho visto un pronto-soccorso da quelle parti. Forse ci sono ancora. (Rientra, ma ricordandosi qualche altra cosa, si riaffaccia) Aspirina. Trova dell'aspirina.

Sara                               - (dall'alto delle scale, di fuori) Monty. Hymie è già con voi?

Hymie                           - Accidenti, eccola. Se c'è qualcosa che le piace è trafficare con un malato. Perché non sono andato a casa?

Monty                           - Perché sapevi che Lottie ti dirà che ti sta bene. (Compare Sara. Monty le corre incontro) Su Sara, non ti spaventare. Non ha nulla. Non ha nulla.

Sara                               - (entrando) Hymie!

Hymie                           - Sara Nightingale!

Monty                           - Adesso non lo spaventate, dico io.

Sara                               - (prende l'asciugamano e l'asciuga) Stupido. M'avevan detto che eri ferito... a momenti morivo.

Hymie                           - Anch'io.

Sara                               - Stupido. Chi te l'ha fatto fare di andarci proprio in mezzo?

Hymie                           - È stato solo un colpo di manganello. Senti, fammi un piacere, Sara, fammi una tazza di tè, da brava.

 Sara                              - Nessun altro è stato ferito: solo lui! l'eroe!

Monty                           - (maneggiando l'attizzatoio con intenzione) Ce n'è stata una quantità di feriti! Oh, lui sta benone. Non stai benone, Hymie?

Hymie                           - Sono qui, no?

Sara                               - (si toglie la giacca) Be'. Perché nessuno ha fatto qualcosa?

Prince                            - Cissie è andata a prendere il pacchetto di pronto-soccorso.

Sara                               - Cissie? la sorella di Harry?

Prince                            - Sì. A proposito, dov'è Harry? Chi l'ha visto?

Sara                               - (minacciosa) Aspettate che si presenti. Gliela faccio vedere io! Vi credevate che restasse là?

Monty                           - L'ho visto in Cable Street, sventolava la bandiera rossa, ma ci rimase poco. Dette un'occhiata alle artiglie­rie e ai fucili e disse che andava a prenderci dei tramez­zini...

Sara                               - C'erano fucili in Cable Street? E hanno sparato?

Monty                           - Macché, li han portati per far paura. Per far pau­ra a noi,figurati. Ma nemmeno se tiravano una bomba. Cristo! che giornata!

Hymie                           - Sentite, avete mai visto una roba simile? Sara, gli tiravamo sassi e bottiglie. Erano a cavallo con le mazze e ci caricavano, e noi sassate. E tu avessi visto Monty quando un poliziotto si arrese. Si arrese! un poliziotto! non s'era mai visto. Monty non sapeva cosa fare. Nessu­no sapeva cosa fare. Volevo dire, e chi l'aveva mai visto un poliziotto che si arrende? E dopo il primo anche al­tri - una mezza dozzina. Mamma mia, come li abbiamo trattati bene! Sigarette e tazze di tè, e li chiamavamo compagni poliziotti.

Prince                            - Ora non si torna indietro i lavoratori non li fer­ma nessuno.

Monty                           - Scommetto che presto c'è la rivoluzione. Hitler non si ferma alla Spagna, vedrete. Guardatelo andare avanti e guardate il governo inglese che gli lecca il sede­re finché lui non gli sputa in un occhio. E allora saltiamo fuori noi.

Hymie                           - Non sono cosi sicuro, Monty. Oggi abbiamo vinto ma i gusti cambiano. Mosley è stato respinto alla fon­tana di Aldgate e tutti han gridato evviva. Ma mi do­mando quanti al Gardiner's Corner erano dei curiosi e basta. Sapete, in tutti i movimenti politici ci sono quelli che son curiosi e basta.

Monty                           - Diecimila curiosi? Ma fammi il piacere, non era mica ferragosto.

Sara                               - va in cucina a mettere dell'acqua in un catino. Com­pare Cissie.

Hymie                           - Ogni putiferio può essere ferragosto per i lavora­tori, da' retta a me.

Cissie entra. Ha circa trentatre anni. È una sindacalista. Precisa di modi, con un tagliente senso dell'umorismo.

Cissie                            - Pomata, garza sterile, fascia e cerotto. Diamogli un'occhiata.

Sara                               - (entra con il catino d'acqua) Va tutto bene, posso far da me.

Cissie la lascia passare e Sara incomincia a lavare la fac­cia al fratello e poi gli fascia la testa.

Prince                            - Ma tu dov'eri, Cissie?

Cissie                            - Al Gardiner's Corner con una bandiera. La ban­diera del sindacato. E tu?

Monty                           - Tiravo su il selciato a Cable Street.

Cissie                            - Il selciato? (Si solleva la sottana e si scalda il se­dere al fuoco).

Monty                           - Abbiamo strappato la ringhiera di una chiesa vi­cina e le pietre dalle cunette. Prendo ancora un po' di carbone per il caminetto. (Va in cucina e passando piz­zica il sedere di Cissie) Abbiamo anche rovesciato un camion.

Sara                               - Un camion?

Hymie                           - Già, ma era quello sbagliato. Il camion che si do­veva rovesciare era in un cortile vicino e quando ci han dato l'ordine di portarlo i ragazzi ne hanno preso uno che stava in cima alla strada. Ma dite un po'!

Sara                               - Sta' fermo! Ecco, ora sembri più rispettabile.

Monty ritorna col carbone e andando verso il fornello stacca una piuma da un cappello e la pianta sulle bende di Hymie.

Hymie                           - Nessun ferito dalle tue parti, Cissie?

Cissie                            - Hanno arrestato qualche ragazzo del mio sinda­cato.

Sara                               - Adesso vado a fare un po' di tè.

Cissie                            - Micie e Sammy e Dave Goldman e quell'imbecille fottuto - scusate - di Sonny Becks. Tutti se ne stanno dietro le barricate aspettando le camicie nere. È tutto pieno di poliziotti che aspettano, aspettano soltanto una scusa per metterci le mani addosso. Guardate un po' co­sa fa: non contento di star lì - e lo sapeva benissimo che l'ordine era della disciplina più assoluta - non contento di star lì scelse proprio quel momento per montare sul carretto della verdura della O'Laoghaire e mettersi a fa­re un discorso politico. «Ricordiamoci gli insegnamenti della rivoluzione russa» dice, come se citasse la Genesi, quel cretino. E poi si accorge che il carretto è mal sicuro e monta su un letto di ferro e mette un piede fra le mol­le proprio mentre citava la lettera di Lenin alle masse lavoratrici.

Monty                           - E chi ce la fa a far tacere Sonny.

Cissie                            - Ma non su un letto. Insomma, lo conoscete Son­ny: una bocca come una latrina e senza vergogna - vo­mita un torrente di insulti contro i capitalisti fabbricanti di letti, e la polizia ci si butta sopra. Mick e Sammy si son provati a discutere con la polizia e così li han por­tati via, e poi Dave Goldman ci si provò anche lui, e al­lora lo portaron via anche lui, povero fesso, scusate il termine.

Hymie                           - E che succederà?

Cissie                            - II sindacato procurerà gli avvocati e forse gli pa­gherà la multa. Che altro? A proposito, Monty e Prince. Riunite più ragazzi e ragazze che potete e portateli alla riunione sabato prossimo, per Sally Oaks.

Hymie                           - Non era suo marito quello che andò con la bici­cletta nelle rotaie del tram e ci lasciò la pelle?

Cissie                            - Proprio quello. Lei è cattolica. Il prete della sua parrocchia sta cercando di raccogliere dei soldi per aiu­tarla a andare avanti per un po' e noi abbiamo promesso di darle una mano. Be', ora me ne vado.

Sara                               - (entra col tè) Cissie, l'hai visto Harry?

Cissie                            - Harry? No.

Sara                               - Non

Sara                               - a casa tua, no?

Cissie                            - E che ne so? non ci son stata da stamani.

Sara                               - Sta sempre a casa tua.

Cissie                            - Sara, io non sono responsabile di mio fratello. Non ce l'ha fatta nessuno a controllarlo, il nostro fratel­lo maggiore. Te l'avevamo detto che tipo ti prendevi... Ma tu lo volevi cambiare. Lo voleva cambiare, lei.

Sara                               - Chi lo vizia è tua madre, lo sai questo?

Cissie                            - Lo vizia! Ma fammi il piacere - quella donna non si alza da letto da dieci anni. Lo vizia!

Sara                               - Lui sa che può andare da lei - e lei gli dà da man­giare.

Cissie                            - Ma santo Iddio, è suo figlio.

Sara                               - E che non lo so? Sì che è suo figlio - e vuole che si curino anche di lui come si curano di lei. Soltanto è una vergogna, perché lui camminare può.

Cissie                            - Si, sì, però queste cose le so di già. - Buonanotte a tutti. (Esce fra saluti vari).

Sara                               - Come è antipatica.

Hymie                           - Non far la stupida. Cissie è una brava sindacalista.

Sara                               - È una cretina. Nemmeno un briciolo di calore, nem­meno uno. Cosa serve esser socialisti se non hai calore?

Hymie                           - Ma Harry  a Cissie non gli è mai piaciuto.

Sara                               - Nemmeno un briciolo di calore. Tutto freddo e cal­colato. Gente come lei non può predicare l'amore e la fratellanza.

Hymie                           - L'amore viene dopo, Sara.

Sara                               - L'amore viene ora. Devi incominciare dall'amore. E sennò come fai a parlare di socialismo?

Monty                           - Udite, udite, compagna Kahn. Andiamo! Abbia­mo vinto una delle più importanti battaglie nella storia della classe lavoratrice e non facciamo che litigare. (Si calma, e tutto è quieto. A un tratto, sottovoce, si mette a cantare) Levati Inghilterra, la lunga notte è passata. (Altri si uniscono nel canto) Guarda ad oriente la chiara alba che spunta Dal tuo duro sonno di fatica e dolore, Levati Inghilterra, il lungo giorno incomincia. Levati Inghilterra...

Sara                               - (a un tratto) Hymie! I bambini! Dio del cielo, di­menticavo i bambini.

Hymie                           - Sono a casa mia. Che ti prende?

Sara                               - (mettendosi il cappotto) Ma non posso lasciarli là. Come ho fatto a dimenticarli. Ma che ho in testa? Fac­cio presto. (Esce).

Hymie                           - (gridandole dietro) Ma Ronnie dormirà. Non glie­lo dire a Lottie che mi hanno colpito. Dille che vado a casa fra poco. (Torna nella stanza) Che donna impul­siva!

Seggono tutti comodamente attorno al fuoco. Si sente Sara che chiama dalla strada.

Sara                               - (da fuori) Cucinatevi qualcosa. Nella teiera c'è il tè.

Hymie                           - (venendo via dalla finestra) Cucinatevi qualcosa! per lei non c'è che il mangiare. Mangiare e bere. Appena finisci una tazza te ne dà un'altra.

Monty                           - È un tesoro.

Hymie                           - Dio ti guardi dal dire che non hai fame. Si mette a cantare la sua canzoncina «Perché l'uomo è soltanto uomo, se non mangia non può pensare».

Monty                           - (continua la canzone) Perché l'uomo è soltanto uomo Se non mangia non può pensare. Le parole non son che aria Ma ci vuole la carne e il vino. (Altri si uniscono a lui) Poi - sinistra - destra - sinistra, C'è posto, compagno, per te. Marcia con noi nelle file dei lavoratori Perché sei un lavoratore anche tu.

Entra Harry. Mentre finiscono di cantare, si arresta sul­la soglia.

Harry                             - (grida sventolando la bandiera) Abbiamo vinto, ragazzi. Abbiamo vinto!

Monty                           - Harry, ben tornato, eroe! Dove l'hai messi quei maledetti panini?

Hymie                           - Tua moglie ti cerca.

Harry                             - Che? è uscita per me? (Posa la bandiera in un an­golo e sembra preoccupato).

Monty                           - Sì, proprio ora.

Harry                             - Aveva il matterello in mano?

Hymie                           - No, no. È andata a casa mia a prendere i bambini.

Harry                             - Accidenti, Hymie, che t'è successo? Ti senti bene Hymie?

Hymie                           - Non ti eccitare, Harry, bevi il tè.

Monty                           - Proprio cosi, amico. Su, ingurgita!

Harry                             - Sicuro, sicuro. (Va in cucina) I bambini, hai det­to? Ma se ho trovato Ada per strada.

Prince                            - (guardando Monty) Aiutava me, Harry, ma non lo dire a Sara. Portava notizie da Cable Street al quartier generale. Lo sapevo che non sarebbe rimasta a casa in una giornata simile. Ha marciato con noi nella sfilata del­la vittoria e poi è andata a cercare Dave.

Monty                           - Le si schianterà il cuoricino quando saprà che par­te per la Spagna.

Ada entra a precipizio dalle scale, in questo momento. È la figlia dei Kahn. Ha quattordici anni.

Ada                               - Mamma, mamma! Ciao a tutti. Babbo, dov'è la mam­ma?

Harry                             - Ciao, Ada. Non l'hai ancora vista? Le prenderai! E andata a prendere Ronnie.

Ada                               - (uscendo di nuovo) Torno fra un quarto d'ora. Scu­sate.

Harry                             - E dove vai ora?

Ada                               - Vado a controllare gli ultimi posti, che tutti i pionieri siano sani e salvi. (Parla dalla finestra) Bella giornata, eh, compagni! (Sparisce).

Harry                             - E noi non l'abbiamo di certo obbligata a entrare nei pionieri. Non ce n'era bisogno. Ve lo dico io, inse­gnate ai giovani cos'è il socialismo e loro non potranno far altro che accettarlo. La vita! Il futuro! Ma non

Sara                               - puro almeno nella nostra generazione. Lo sapete no? Nemmeno nella sua, forse. Ma in quella dei suoi figli. E allora cominceranno a sentirli tutti, i benefici. Mal­grado i nostri sbagli, vedrete, malgrado i nostri sbagli. Ora, ragazzi, raccontatemi quello che è successo.

Prince                            - Non lo sai? Sir Philip Game, il questore, s'è pre­so paura e ha proibito la marcia. Ha detto a Mosley di vedersela col governo. Lui non voleva grane. E a te che t'è successo?

Harry                             - (orgoglioso) A momenti m'arrestavano.

Monty                           - Te?

Harry                             - Correvo per le strade sventolando la bandiera che mi ha dato Sara, e un poliziotto mi ha detto di abbas­sarla.

Prince                            - E allora?

Harry                             - L'ho abbassata. Poi ho svoltato in Flower e Dean Street e l'ho sventolata di nuovo. Se lo dev'essere im­maginato quello che volevo fare. Cristo! Non avevo mai visto tanti poliziotti spuntare cosi alla svelta. Sembrava che piovessero dalle finestre quando hanno sentito il fischio. Ho fatto appena in tempo a saltare in casa da mia madre.

Monty                           - E ci sei rimasto?

Harry                             - Ho bevuto una tazza di tè, e verso le quattro sono uscito di nuovo. Sono arrivato a Gardiner's Corner men­tre la polizia caricava le barricate. Di fascisti non ne ho visti. Ce n'è arrivato nessuno?

Prince                            - Son rimasti nelle strade secondarie. Gli attacchi li ha fatti tutti la polizia. E cosi?

Harry                             - Cosi ho visto la polizia che ci dava dentro ai no­stri come nelle mosche, e poi ho rivisto il mio poliziot­to - che aveva perso l'elmetto. Ooooh. Mi guardò brut­to quando mi vide. Non mi son fermato davvero a do­mandargli dove l'aveva perso. Son tornato di corsa da mia madre e mi son messo a leggere un libro.

Hymie                           - (minaccioso) E cosi, tu eri da tua madre. (Agli al­tri) Io dico che è meglio andar via prima che torni Sara. Harry, noi si va.

Harry                             - Non restate a mangiare qualcosa?

Hymie                           - Lottie mi aspetta, Harry. Venite, voi due.

Harry                             - Ehi, Hymie, non glielo dici mica che sono stato tutto il tempo da mia madre, eh?

I ragazzi lo rassicurano con colpetti sulle spalle e scuo­tendo la testa. Harry si versa una tazza di tè e, portan­dola nella stanza, si mette a sedere accanto al fuoco con un libro. Dopo qualche secondo, Sara scende le scale con Ronnie, un bimbo di circa cinque anni, che le dorme in braccio. Lo porta subito in camera. Harry cerca di sem­brare assorto nella lettura. Sara esce di camera, si toglie la giacca e la appende. Tutto il tempo guarda Harry con uno sguardo di fuoco, mentre lui fa di tutto per evitarla. Sara comincia a sparecchiare poi va a prendersi una taz­za di tè. Mentre osserva Harry, si siede a tavola e gira lentamente il cucchiaino nella tazza. Lui si fa piccolo sot­to il suo sguardo, mentre la testa di Sara          incomincia a dondolare. È un dondolio che vuol dire: «Ti conosco, sai».

Sara                               - Mi credi una scema, vero? (Harry si dimena scon­tento, e non risponde. Sara lo guarda) Credi che sia cie­ca, che non sappia quello che succede? (Pausa). Guarda­telo! L'uomo di casa! Non gli importa di nulla. (Pausa). Be', Harry, perché non mi guardi? perché non mi parli? Son tua moglie, no?

Harry                             - (finalmente) E che vuoi che ti dica?

Sara                               - Te lo devo dire io quel che devi dire? Non lo sai da te? proprio proprio non lo sai? (Pausa). Ipocrita! O se sei ipocrita!

Harry                             - Sicuro, sono un ipocrita.

Sara                               - E che non lo sei, forse? Perché stai seduto li a far finta di leggere, credi che non ti dica niente? Ti piacereb­be eh, che io entrassi in casa e andassi avanti senza dirti nulla. Ti piacerebbe, eh, di continuare a fare la solita vi­ta, come sempre, e che nessuno ti dicesse niente!

Harry                             - O lasciami in pace, Sara.

Sara                               - O lasciami in pace, Sara! Sicuro che ti lascio in pa­ce. Ci scapperà il morto, Harry! mi senti? Ci scapperà il morto se si va avanti cosi. Dovrà esser cosi tutta la vi­ta? non posso nemmeno lasciare la borsa nella stanza. Te lo ricordi che successe l'ultima volta? Mi pianta­sti! te lo ricordi? (Harry cerca di voltarsi e sottrarsi. Sara lo riporta indietro) Te lo ricordi? e tu volevi tornare? e sei tornato, pieno di promesse. Che n'è stato di quelle promesse?

Harry                             - Nulla ne è stato - piantala di scocciarmi. Buon Dio, se non ti riesce nemmeno di lasciar vivere in pace un pò ver'uomo.

Sara                               - E puoi ancora fingere? dopo che mi hai preso dieci scellini dalla borsa, e tu lo sai che lo so che l'hai presi, e ancora fai l'indiano? Di' che non ne sai nulla - su, dillo. Di' che non sai di che cosa sto parlando.

Harry                             - Non lo so. No, io non lo so di che cosa stai par­lando.

Sara                               - (finalmente incapace di controllarsi, gli lancia una ma­ledizione) Maledetto te! Che tu viva sicuro, se non sai di che cosa sto parlando! I soldi mi son cascati dalla bor­sa, secondo te... L'ho persi per strada. (Urlando) Male­detto te!

Harry                             - (si alza e l'affronta infuriato) Ti sbatto questo li­bro in faccia! Dio m'aiuti, te lo sbatto in faccia.

Ada                               - (entrando di corsa in questo momento) Harry, smet­tila. (Piange) Oh, smettila!

Harry                             - (gridando) Dillo a tua madre, di smetterla. La col­pa è sua, ha cominciato lei. Ma non la conosci ancora, tua madre? (S'è allontanato dalla porta).

Sara                               - Colpa mia? io? Ma lo senti Ada, lo senti! La colpa è mia! (Gli tira un piatto) Porco!

Harry                             - (senza fiato dalla rabbia, butta il libro in terra) E pazza, tua madre, pazza da legare. (Scappa dalla stanza, su per le scale).

Sara lo segue fin sotto la scala, brandendo un catino. Ada va a guardare fuori della finestra.

Sara                               - Sicuro! Scappa, corri da tua madre. La pace te la da­rà lei. Farà tutto quello che vuoi. Pagliaccio! Pagliaccio!

Ada                               - (gridando) Mamma, son tutti fuori. Stanno tutti a guardar noi.

Sara                               - (si volta a consolarla) Su, su, bambola. Su, su, bim­ba mia! Zitta. Zitta! Mi rincresce meine kindt. (Si piega su di lei e l'accarezza, parlando yiddish) Zitta. Zitta. È passata - mi rincresce. È passata.

Harry                             - (dalla strada) È pazza, è impazzita, è impazzita.

Sara                               - Zitta, zitta, Ada - non l'ascoltare boolinska. Passe­rà! Zitta, zitta! (Carezzevole) Ada. Ada. Ada!

Mentre

Sara                               - consola Ada, Ronnie esce dalla camera e resta a guardarle, ascoltandole attonito.

Sipario.

ATTO SECONDO

SCENA PRIMA

Giugno 1946. C'è stata la guerra. La scena è cambiata. I Kahn sono andati ad abitare a Hackney in un fabbri­cato del comune di Londra, del tipo 1930 con ballatoi. La classe lavoratrice, ora, è un po' più decente, da poco è stato eletto un governo laburista. Si vede una parte dell'appartamento: la stanza comune sulla quale danno tre stanze, un corridoio che va alla porta d'ingresso, e una porta che dal corridoio conduce in cucina. Si vede un angolo del ballatoio con la ringhiera. È un venerdì, sul tardo pomeriggio.

Harry è sdraiato sul divano, Sara arriva dal ballatoio, mette la mano nella cassetta delle lettere, prende la chiave ed entra, energica come al so­lito.

Sara                               - Come! Sei già qui? (Accettando il fatto) Non sei stato al lavoro.

Harry                             - La ditta ha chiuso.

Sara                               - (si toglie il cappotto e vuota la borsa della spesa) Ha chiuso! Ma se hai cominciato a lavorare soltanto lunedì!

Harry                             - E allora! Ha chiuso! È colpa mia?

Sara                               - Succede sempre cosi dove lavora lui! Non ti riesce di portar fortuna a nessuno, vero? Quando la stagione è in ribasso ti mandano sempre via per primo, e quando riprende sei sempre l'ultimo a trovar lavoro. Harry! Non hai saputo far denaro nemmeno durante la guerra. La guerra! quando tutti facevan denaro!

Harry                             - (mette la busta paga sul tavolo) Sì.

Sara                               - (guardando la cifra) Ma che cos'è. Sette sterline e tredici. Perché soltanto sette e tredici.

Harry                             - Quattro giornate di lavoro.

Sara                               - E oggi non hai lavorato tutto il giorno? Cosa hai fatto?

Harry                             - Ero stanco.

Sara                               - Dormire! Ecco quel che sa fare! Le patate le hai pelate? (Nessuna risposta). Ma insomma, che ci sto a fa­re qui, a parlare con te? E che non ti conosco?

Harry                             - Ho mal di testa.

Sara                               - (va in cucina e parla da là) Sì, sì, mal di testa! Ronnie non è tornato?

Harry                             - Distribuisce i volantini.

Sara                               - Che volantini?

Harry                             - Che ne so? Volantini. Volantini.

Sara                               - Vieni a fare il tè. A momenti arriva Ada.

Harry                             - Lasciami in pace, Sara.

Sara                               - (dalla cucina) Fa' il tè quando te lo dico!

Harry                             - si alza. Lungo il ballatoio viene Ada. Entra dalla porta. Ha venticinque anni, parla bene. Una bella ebrea dall'aria abbattuta.

Harry                             - (baciandola ) Ciao, Ada.

Sara                               - Ada? Ada? Ci sei? entra, ora il babbo fa un po' di tè e la cena è quasi pronta. (Entra allegramente dalla cu­cina, si vede che sta cucinando. Bacia Ada) C'è roba buo­na per cena.

Ada                               - Che c'è di buono?

Sara                               - Minestra d'orzo. L'ho lasciata cuocere pian piano tutto il giorno, mentre ero al lavoro. (Torna in cucina).

Ada                               - Sai se Ronnie è andato da me a vedere se c'era posta di Dave?

Sara                               - Credo di sì. Di solito ci va quando sa che vieni di­rettamente qui dal lavoro. (Ronnie compare sul balla­toio ed entra. Ha quindici anni, entusiasta, vivace, parla bene come la sorella. Sara, sentendolo entrare) Ronnie?

Ronnie                          - Eccomi.

Sara                               - Eccolo.

Ronnie                          - (ad Ada, entrando) Duecentocinquanta volantini in un'ora e mezzo!

Ada                               - Bravo. E per cos'erano?


Ronnie                          - La dimostrazione del 1° maggio. Ci vieni?

Ada                               - Non lo so.

Ronnie                          - (canzonandola) Non lo sa! non ti interessa più ladimostrazione?

Ada                               - Non m'interessa più.

Ronnie                          - Non vi capisco. Tu e Dave eravate dei pionieri, al principio, e io seguivo le vostre idee, ma ora...

Ada                               - E ora dammi le lettere.

Ronnie                          - Le lettere? che lettere?

Ada                               - O via, Ronnie, le lettere di Dave.

Ronnie                          - (innocentemente) Ma io sono stato a distribuire i volantini!

Ada                               - Non sei andato a casa mia a prendere...

Ronnie                          - Ero a chilometri di distanza... da un'altra parte.

Ada                               - (acida) Grazie! (Si siede per leggere il giornale).

Ronnie                          - (cava contemporaneamente tre lettere di tasca e leg­ge le iniziali sul retro della busta) ITA. O che vorrà di­re? Io ti amo?

Ada                               - Dammi le lettere, per piacere!

Ronnie                          - (canzonandola) Oh, io ti amo, sorellina!

Ada                               - Le hai lette!

Ronnie                          - (legge sulla busta) Lettera n. 218. Perbacco! È prolifico! E questa è il numero 215. Un servizio schifo­so! E questa il numero 219. Qui c'è scritto ITAP; vorrà dire io ti amo pazzamente. E se ti amassi, anch'io ti ame­rei pazzamente. (Si china e la bacia).

Ada                               - Idiota! (Legge).

Ronnie                          - Non è l'ora che lo smobilitino quel tuo caro ma­rito? La guerra è finita da un anno. Pensate! avevo nove anni quando se ne andò. Ho tenuto tutte le sue lettere, Ada, tutte! (Gira per la stanza, lungo le pareti, e strappa un pezzettino di tappezzeria. Lo appallottola e se lo met­te in tasca, di nascosto) Siamo qui da cinque anni... non l'ha nemmeno vista questa casa, che Dio l'aiuti! (Grida verso la cucina) Harry! Harry! Dov'è Harry?

Harry entra col tè.

Ronnie                          - (va a prendere una tazza) Bravo vecchio babbo. Babbo, ho visto Monty Blatt. Dice che domani devi an­dare alla riunione.

Harry                             - Ah! Ma fammi il piacere!

Ronnie                          - Sentitelo! un membro del partito! e non va alla riunione di sezione! E poi come fai a sapere quel che succede nel mondo? Ecco da chi Ada prende la sua apa­tia! È tutta te! e tu sei un vecchiaccio! Oplà. (Si getta Harry sulle spalle, come fanno i pompieri, e balla per la stanza) Alla riunione ci vai?

Harry                             - Mettimi giù, cretino! Mettimi giù!

Ronnie                          - Alla riunione?

Harry                             - Smetti, idiota! ho mal di testa.

Ada                               - Smettetela tutti e due!

Ronnie                          - (rimette giù suo padre) Ti sfido! Su, alza i pugni, se hai fegato, ne ho proprio voglia. (Prende atteggia­menti da pugile).

Harry                             - (con una smorfia) Matto! piantala!

Ronnie                          - Fifone! (Lo colpisce scherzosamente).

Harry                             - (alzando i pugni) Ti faccio saltar la testa!

Si rincorrono a pugni alzati. Ronnie prima avanza, poi indietreggia e Harry si fa avanti. E cosi, avanti e indie­tro, senza toccarsi, finché Sara non entra colla minestra nei piatti.

Sara                               - La tavola! la tavola! qualcuno apparecchi!

Ronnie                          - La tavola, la tavola... oh, la tavola!

Si muovono tutti insieme per apparecchiare. Ronnie in fretta, Ada seguitando a leggere, e Harry goffamente poi si siedono.

Ada                               - Che buona minestra, mamma!

Ronnie                          - Stupenda!

Sara                               - Vi piace?

Harry                             - Te l'hanno già detto!

Sara                               - Non parlavo a te.

Ronnie                          - Non parlava a te.

Harry                             - Tua madre non parla mai a me!

Ronnie                          - Non ti parla perché sei brutto! Neanch'io ti par­lerei, ma ho paura che tu non mi dia i soldi.

Sara                               - Questa settimana i soldi da spendere non te li dà di certo.

Ronnie                          - Non me lo dire. È disoccupato.

Harry                             - (patetico) La ditta ha chiuso!

Ada                               - Ma babbo, perché capita sempre a te?

Harry                             - Non capita sempre a me.

Ada                               - Sempre! Da che son nata non mi ricordo d'altro! Una fila di posti perduti.

Harry                             - Ma è colpa mia se l'industria dell'abbigliamento è instabile?

Ada                               - Non è l'industria... sei tu.

Harry                             - Sì, io.

Ada                               - Perché, non sei tu?

Harry                             - Oh, Ada, piantala. Mi basta tua madre. Ho mal di testa.

Ada                               - Lo credo bene, non fai che dormire.

Harry                             - Già, dormire.

Ada                               - E ora che farai?

Harry                             - Cercherò un altro lavoro lunedì.

Ada                               - E perché non domenica... sulla strada di Whitechapel? Ci son sempre capi che cercano operai.

Harry                             - Ma quelli non vanno li per lavorare. Vanno a chiacchierare. Chiacchiere e basta! Lunedì troverò un lavoro e comincerò subito. Ora è il momento che si la­vora, sapete.

Sara                               - (togliendo le scodelle) Morgen, morgen nor nischt heite, sagen alle faute leite.

Ada                               - Babbo, sei un fannullone.

Ronnie                          - Vacci piano Ada con le parole grosse.

Ada                               - Si dovrebbe vergognare! L'industria va a tutto va­pore e lui è senza lavoro!

Harry                             - (offeso ) Non mi hanno licenziato.

Ada                               - E tutta la vita la mamma lo ha dovuto sopportare. Non mi par vero di andarmene.

Sara entra colla pietanza, sente la frase e dà un'occhiata amara a Harry.

Ronnie                          - Andartene dove?

Ada                               - Dovunque. Quando Da ve ritorna ce ne andiamo da Londra, in campagna. Quello

Sara                               - il nostro socialismo. Ricordatelo, Ronnie; la famiglia dovrebbe essere una unità, il lavoro e la vita dovrebbero esser parte di un'esi­stenza sola, non una cosa tagliata in due dalla coda per l'autobus e dall'orario d'ufficio. Un uomo dovrebbe ve­dere, conoscere e amare il proprio lavoro. Non la vuoi sentire la tua vita? Assaporarla pian piano? In campa­gna non respireremo un'aria che puzza di mattoni, e i bambini potranno crescere senza veder sempre i nonni che litigano.

Sara                               - Ada! Ada!

Ronnie                          - E senza attività politiche?

Ada                               - Senza attività politiche.

Ronnie                          - Ci scommetto che Dave non sarà d'accordo. Ha combattuto in Spagna. Non può abbandonare l'umanità cosi.

Ada                               - L'umanità! Ach!

Ronnie                          - Sentitela! Colla maggioranza laburista al Parla­mento! e due compagni deputati! Ma se si comincia ap­pena ora!

Ada                               - Secondo il partito, si comincia sempre ora. Ogni di­sfatta è una vittoria, e ogni vittoria è l'inizio!

Ronnie                          - Ma è cosi, è l'inizio. Piani regolatori, città nuove, scuole, ospedali.  (Harry applaude scherzosamente. Ronnie, saltando su una sedia) Nazionalizzazione! Sanità pubblica! Pensate un po', tutto il paese si organizza per cooperare invece di sgozzarsi uno con l'altro. Questo gli ho detto quando ho parlato in pubblico a scuola, e i ra­gazzi applaudivano e fischiavano e battevano i piedi... e facevan pernacchie.

Ada                               - Non ci credo nel diritto di organizzare la gente. E poi non son sicura che mi piacciono abbastanza per aver vo­glia di organizzarli.

Sara                               - (tristemente) Questo... da te, Ada? E pure eri una organizzatrice brava!

Ada                               - Sono stanca, mamma. Ho aspettato diciotto mesi che Dave tornasse dalla Spagna. Ora sono sei anni che aspet­to che torni dalla guerra contro il fascismo e mi sono stancata. Sei anni su e giù per gli unici, facendo contabi­lità e lavorando con delle ragazzette deficienti, deficienti che ridono, colle labbra tinte! E l'esperienza di Dave è la stessa - combattere a fianco di uomini che lui dice non sapevano nemmeno perché facevan la guerra. Lontani dalla moglie si comportavano come animali. Anzi, vole­vano andare lontano dalla moglie proprio per compor­tarsi come animali. Dagli un'altra guerra, ci ritornano di corsa. Sicuro! il servizio militare ha ucciso tutte le illu­sioni che Dave aveva sulla splendida, eroica classe lavo­ratrice.

Harry                             - (pedante) Parli come un'intellettuale, Ada.

Ada                               - Dio mi salvi dalla letteratura dei volantini da due sol­di. Quanti amici ha perduto il partito per colpa delle schifose idiote etichette che hanno dato alla gente. Que­sto era un borghese intellettuale. Quello era un trotzki­sta — quest'altro era un reazionario socialdemocratico. Via tutto! Basta!

Harry                             - Ma non era vero? Questa gente ha aiutato si o no a tenere su una società marcia?

Ada                               - La sola società marcia è la società industriale. Obbli­ga un uomo a star ritto sulla testa e poi lo convince che fa bella figura! Sapete che vi dico? Il danno non lo ha fatto né il trotzkista né il socialdemocratico. L'ha fatto il progresso! Ecco! il progresso! e nessuno ha avuto il coraggio di combattere il progresso!

Sara                               - Ma non è una buona ragione per scappare. La vita continua. Un uomo si sposa, no? Ha ancora dei bambi­ni, ride e trova motivo di ridere. Un uomo potrà sempre ridere, no?

Ada                               - E questo vorrebbe dire che vive? Anche un fiore può crescere nella jungla, no? Perché c'è sempre un po' di terra, di acqua e di sole. Ma c'è pure la jungla, c'è sem­pre il pazzesco caos di piante e arbusti che lottano per la vita e l'urlo lamentoso degli animali che hanno terrore SH uni degli altri. Come se il ridere provasse qualcosa!

Harry                             - E secondo te, noi e il partito non vogliamo di­struggere la jungla?

Ada                               - No, secondo me voi non la volete distruggere. Non avete mai protestato contro la jungla della società indu­striale. Non avete mai voluto distruggere i suoi valori perché volevate possederli. Che un uomo passi tutte le sue ore lavorative di fronte a una macchina, vi sembra un defitto soltanto perché quella macchina non è sua. Madonna! La gloria di possedere una macchina!

Sara                               - E così, non ce ne dovrebbe più importare? Dovrem­mo andarcene tutti?

Ada                               - Importarcene! Importarcene! Che diritto abbiamo che ce ne importi? Come ci possiamo interessare del mondo fuori di noi, quando il nostro mondo interiore è un caos? Importarcene! Ti sei mai fermata, mamma - proprio fermata - e ti sei vista in piedi, a braccia aper­te e ferma? Venite tra le mie braccia! Tutti, venite fra le mie braccia. Ma Santo Iddio come puoi immaginare che le tue braccia sian lunghe abbastanza? Con quale auda­cia pensi di poter accogliere un miliardo di persone in una teoria? Dimmi un po', con quale immensa, meravi­gliosa, presuntuosa audacia?

Ronnie                          - Udite! Udite!

Harry                             - Ma questa è un'epoca industriale, sciocca! Affron­tiamo i fatti.

Ada                               - (sarcastica) Non facciamoci illusioni!

Harry                             - (con lei) Non facciamoci illusioni è la sfida del nostro tempo.

Ada                                          - Balle!

Harry                             - Non la puoi evitare.

Ada                               - Figurati!

Harry                             - E allora sei vile - non ti dico altro - sei vile.

Sara                               - (triste) Visto l'esempio che ha avuto da suo padre.

Harry                             - (a questa pugnalata alla schiena) Che vuoi dire l'esempio di suo padre?

Sara                               - Non mi capisci, è vero?

Harry                             - (è offeso e disgustato) Ah! mi fai nausea!

Sara                               - (canzonandolo) Ah! mi fai nausea! Io gli faccio nau­sea! A lui, al mio bell'uomo! Lo sai che se quella pensa cosi la colpa è tua, questo lo sai?

Harry                             - Sì, mia!

Sara                               - Certo, tua, o di chi?

Ronnie                          - (raccoglie i piatti e scappa in cucina) Vado a rigo­vernare.

Harry                             - Non l'ho allevata io... hai fatto tutto da te.

Sara                               - Proprio questo è il punto. Non l'hai allevata tu... Tu non c'entravi, vero? Hai lasciato fare tutto da me, e tu intanto andavi da tua madre, o al cinema o con gli amici.

Harry                             - Già, me ne andavo con gli amici. Sicuro!

Sara                               - E allora? Non ci andavi? Vorrei aver tanti soldi per quante volte andavi al cinema.

Harry                             - O piantala, Sara.

Sara                               - Piantala! Non sa dir altro! piantala! Lasciami in pa­ce! Ecco com'era. Ti lasciavo in pace. È per questo che mi son trovata nei pasticci.

Ada                               - Mamma, io vado a casa.

Sara                               - (carezzevole e pentita) No Ada, resta, è presto. Re­sta. Giochiamo a carte.

Ada                               - Sono stanca, e devo scrivere a Dave.

Sara                               - Allora resta qui e scrivigli. Staremo tranquilli. Ronnie esce, il babbo va a letto e io ho da lavare. Stai qui Ada! rimani! Che bisogno hai di correre a casa? Sola in quel miserabile appartamento gelato di due stanze! Re­sta qui, siamo una famiglia, no?

Ada                               - (mettendosi il cappotto) Anch'io ho da lavare, devo andare.

Sara                               - Te lo faccio io. Che ci sta a fare tua madre? Appe­na esco dal lavoro vado da te e mi porto qui la bianche­ria. Resta qui. Sei in compagnia  forse verranno zio Hymie e zia Lottie. Perché vuoi star da sola?

Ada                               - Non ho paura di star da sola  devo andare.

Sara                               - (stanca) E allora vai! Domani ti vediamo?

Ada                               - Sì, verrò domani sera a cena. Buonanotte, Ronnie.

Ronnie                          - (venendo dalla cucina) Buonanotte, Addy.

Sara                               - Ronnie, stai rigovernando?

Ronnie                          - Sto rigovernando.

Sara                               - Per te non sto in pensiero, ma tua sorella scappa via. Appena sente odore di grane, scappa. Perché scappa Ronnie? Una volta si sedeva con noi e discuteva. Ora corre a casa sua - e che casa! due stanze e un'ombra!

Ronnie                          - Ma anche lei è sposata, mamma! Non credi che abbia le sue preoccupazioni quando pensa che effetto le farà rivedere Dave dopo tanti anni?

Sara                               - Ma almeno tu non sfuggi le discussioni. Almeno ci sei tu che mi aiuti a risolvere i problemi.

Ronnie                          - Mamma, la mia sola virtù - se ne ho - è di immaginare che i problemi si possan risolvere parlandone -domandalo al mio maestro! (Torna in cucina).

Sara                               - (stanca, a Harry) Lo vedi cosa fai? Quella è tua figlia. E suo padre non le dice nemmeno una parola per farla rimanere. Non te ne importa niente della famiglia. Tutta la tua vita hai lasciato che la famiglia ti rovinasse attorno, perché non te ne importa niente.

Harry                             - Non l'ho mandata via io!

Sara                               - (amara) No, non l'hai mandata via tu, come avresti potuto? Tu, il buon papà! (Harry si volta e alza le spalle penosamente). Guardati! Ti sei fatto la barba stama­ni? Guarda tutte quelle cicche per terra! E la camicia! Quant'è che non te la cambi? Lui sta seduto! Nulla lo scuote, nulla lo turba. Lui sta seduto! Un padre! Un ma­rito!

Harry                             - (prendendo una sigaretta per accenderla) Lascia­mi in pace, ti prego, lasciami in pace, Sara. Sei tu che hai cominciato a litigare, non io.

Sara                               - (strappandogli di mano la sigaretta) Ma devi sem­pre fumare? parla - parla con me, Harry.

Harry                             - Sara! (Si ferma, soffoca e si guarda attorno atter­rito) Mamma mamma. (Ha avuto il primo colpo).

Sara                               - (spaventata ma non isterica) Harry, Harry! Che hai?

Harry                             - (in yiddish, dolcemente) Vie iss sie der mam­ma?

Sara                               - Smettila, Harry.

Harry                             - Sie iss dorten - der mamma?

Sara                               - Ronnie, Ronnie! (Ronnie viene dalla cucina). dottor Woolfson! corri, chiamalo!

Ronnie                          - Che succede?

Sara                               - Non lo so. Forse è un colpo. (Ronnie corre via). Harry, era soltanto una discussione, stupido! Basta coi tuoi giochetti! Harry, Harry, mi senti?

Harry                             - Vie iss sie? Mamma mamma.

Sipario.

SCENA SECONDA

Ottobre 1947. La stessa stanza. Ronnie prepara il fuoco nel caminetto - poi accende la radio e va in cucina. La radio trasmette l'ouverture dell'Egmont. Ronnie torna dalla cucina con una tazza di tè. Sentendo la musica, po­sa la tazza, prende una matita e dirige un'orchestra im­maginaria, finché non si vede Cissie sul ballatoio. En­tra e sorprende Ronnie - ha in mano una cartella di cuoio.

Ronnie                          - Zia!

Cissie                            - Ciao, ragazzo! Vengo a trovare tuo padre.

Ronnie                          - Non è ancora rientrato. Sei in tempo per una taz­za di tè. (Va a prepararla).

Cissie                            - Allora ha ancora un lavoro ?

Ronnie                          - (dalla cucina) Non ti sento.

Cissie                            - Abbassa questa maledetta radio. (L'abbassa).

Ronnie                          - Zia! ti prego! È Beethoven!

Cissie                            - Lo so, lo so — ma un'altra volta. Non sto tanto be­ne. (Prende una sigaretta dalla borsetta).

Ronnie                          - (entra col tè) A che prezzo avremo la divisione in Palestina, zia?

Cissie                            - È la Russia che sostiene il piano.

Ronnie                          - Sì, e gli Arabi si spaventano. Si appellano all'Alta Corte. Credevano che la Russia attaccasse il piano delle Nazioni Unite soltanto per dar noia agli occidentali. La politica della forza!

Cissie                            - Tuo padre ha ancora quel lavoro?

Ronnie                          - No, è magazziniere in una fabbrica di dolci. Guar­da (le mostra una scatola piena di dolci). Caramelle. Non ne può fare a meno. Non lo fa su larga scala, bada, una manciata per sera. Lo fanno tutti.

Cissie                            - Quanto è che ci lavora?

Ronnie                          - Tre settimane. Lo sai che non ci dura molto nei posti - e ora ha finalmente quello che voleva - una scu­sa buona.

Cissie                            - Ma può camminare, no ?

Ronnie                          - Cammina - ma piano e curvo - colla testa fra le spalle, le mani in tasca (lo imita). Ha il passo incerto -ha paura di stancarsi e di cascar morto di colpo. Lo do­vresti vedere quando tira vento! (Si muove per la stanza come un ubriaco) Pare una foglia di autunno. Par che abbia smesso di lottare, come se, grazie a Dio, non fosse più responsabile di se stesso. Sai, zia, non credo che ci sia cosa più tremenda per un uomo di sentirsi un fallito, e tuo fratello

Harry                             - è un uomo sensibile davvero. Nes­suno più di lui sa fino a che punto è un fallito. Guarda che tragedia! poter vedere quel che ti succede, e non po­terci far nulla. Come un lungo incubo. Pensa: esser nati soltanto per vivere un lungo incubo! Va in giro. Ma chi lo sa, quanto è malato? Ora non distinguiamo più il suo letargo dal suo male.

Cissie                            - Proprio come successe alla mamma. La mamma rimase a letto per degli anni. Pare che si avvii per la stessa strada.

Ronnie                          - E che lo faccia quasi apposta. Guarda! (Va a un cassetto e prende un quaderno) Lo sapevi che una volta cominciò a scrivere la sua autobiografia? Ascolta (leg­ge): «Di me, del fantoccio e della mia famiglia». Che te ne pare come titolo poetico? « Sedendo al mio lavoro nel negozio, un giorno mi cadde lo sguardo sul manichino che serviva a provare il lavoro. Il ritmo delle macchine e il mio continuo guardare il manichino mi cullarono in una specie di sonno, e con sorpresa il manichino cominciò a prender forma umana e a parlare. Da prima sotto­voce, tanto sottovoce che appena lo udivo. E poi più forte e ancora più forte, e pareva alzasse le sopracciglia e mi chiedesse, sfidandomi: "La tua vita, che ne hai fat­to della tua vita? " La mia vita? Non ci avevo mai pen­sato, e cominciai a rimandare la mente indietro, lonta­no, quando ero bambino». Guarda, un quaderno pieno, e un giorno smise! A un tratto! Dio solo sa perché un uomo smetta di fare la sola cosa che può tenerlo in­sieme.

Cissie                            - Come stanno Ada e Dave?

Ronnie                          - Vanno avanti alla meglio in una casetta d'affìtto in campagna. Ada allatta un bel bambino, Dave fa pavi­menti di giorno e mobili a mano la notte.

Cissie                            - Pazzi.

Ronnie                          - Sono felici. Due ebrei nei Cotswolds! Dovettero chiamare un rabbino da Cheltenham per circoncidere il bambino. Un rabbino da Cheltenham! Chi immagina che ci sian rabbini a Cheltenham?

Cissie                            - E tu?

Ronnie                          - Una libreria.

Cissie                            - Sempre la stessa?

Ronnie                          - La stessa.

Cissie                            - Sarai anche tu matto e colla testa fra le nuvole, no?

Ronnie                          - (offesissimo) Non chiamarmi così! Dio del Cielo, non chiamarmi cosi! Io sono un poeta.

Cissie                            - Un altro!

Ronnie                          - Un poeta socialista.

Cissie                            - Un poeta socialista!

Ronnie                          - Ho tutto il mondo sulla punta delle dita. Non c'è nessuna confusione. Ho tanta vita dentro di me che non so a chi darla per primo - oltre le cortine colorate dei miei occhi vedo un mondo... Senti, che te ne pare di que­sto verso? Oltre la cortina colorata dei miei occhi, aspet­tando il tempo e contando soltanto le ore lente, dormo­no nella mia mente i pensieri. Al di là della vasca del mio sorriso...

Cissie                            - E che vuol dire?

Ronnie                                   - Che cosa, la vasca del mio sorriso? È una meta­fora - la vasca del mio sorriso - una bella metafora. Co­me vanno i sindacati?

Cissie                            - Siamo in sciopero. È facile che Dillinger: faccia una serrata.

Ronnie                          - Ah, Dillinger! «Abiti fatti, clienti soddisfatti!» Non mi stupisco che gli operai non possan soffrire la poesia,

Cissie                            - II vecchio vuol ridurre i salari perché lavorano per le liquidazioni.

Ronnie                          - Come sarebbe a dire?

Cissie                            - Non lo sai? per le liquidazioni: abiti fatti apposta per le grosse liquidazioni del West End.

Ronnie                          - Vuoi dire che la liquidazione non la fanno con la roba avanzata dall'anno prima?

Cissie                            - Ronnie svegliati! Lo dovresti sapere! È roba a buon mercato, di qualità inferiore!

Ronnie                          - E il sindacato non protesta? (Salta su una sedia e sventola le braccia) Sfruttatori capitalisti! Bastardi! - scusate il termine - ci scriverò su un libro. Li smasche­rerò nella loro vera luce! Che racconto, zia! ambientato in una fabbrica di abiti, la fabbrica del sudore, il...

Cissie                            - Oh, insomma, vuoi sapere o non vuoi sapere di questo sciopero? (Ronnie si siede). Così, perché si trat­ta di lavoro per le liquidazioni, Dillinger vuol ridurre il salario delle donne del dieci per cento e quello degli uo­mini del dodici e mezzo per cento. E allora che pensa di fare? Te lo dico io quello che pensa di fare! Pensa di pagarli tutti e trenta per una settimana, poi li licenzia e li riassume. E cosi diventano nuovi assunti col diritto soltanto alle tariffe della Camera di Commercio- che so­no molto più basse.

Ronnie                          - Ma lo può fare?

Cissie                            - Lo fa! Lo fa! me l'han detto le ragazze. Ma quest'anno le Commissioni interne si sono riunite e mi han chiesto di andare a trattare. Non ci stavano tutti, bada! Uno mi segnò col dito e gridò: «Non vogliamo consigli! Non vogliamo consigli! » Gliene dissi! Sai come sono io. Prima gli lessi la legge sull'ordine pubblico e poi gliene dissi! Vi dovreste vergognare, gli dissi, dopo che il sin­dacato ha lottato colle unghie e coi denti per ogni soldo che prendete! E alle prime minacce calate le brache! Vergogna! gridavo, vergogna! Te lo dico io, Ronnie, con un padrone ci puoi sempre trattare perché ti vuol com­prare, e cosi ti mette dalla parte della ragione, ma un operaio...

Harry                             - intanto è entrato dalla porta d'ingresso e si trasci­na per il corridoio nella stanza. Ha una leggera paralisi da una parte, ma si muove ancora bene. Il primo colpo l'ha solo invecchiato.

Harry                             - Ciao, Cissie, che ci fai qui? Cissie Son venuta a trovarti. Be’! come stai ?

Harry                             - Sto bene, Cissie, sto bene!

CISSIE                         - Puoi lavorare?

Harry                             - La mano sinistra non la posso muovere bene. Ha perso la presa. (Apre e chiude il pugno per dimostrarlo).

Ronnie                          - (stringendo la mano di Harry) Forte come un bue! Sei un simulatore, Harry! Vuoi il tè?

Harry                             - Sì, grazie, figliolo!

Cissie                            - I dottori cosa dicono?

Harry                             - Che ho avuto un colpo. Non sanno altro. Oggigior­no negli ospedali non ti dicono nulla.

Sara                               - è andata ora dal medico per sapere se mi ricoverano ancora in osser­vazione.

Cissie                            - Ancora osservazione?

Harry                             - Ah! Non me ne parlare, mi fanno schifo.

Cissie                            - Tutti quegli esami del sangue che ti fecero, e an­cora non sanno nulla — dopo un anno. Mi meraviglio che tu ce ne avessi tanto, di sangue! Be', me ne vado. To', fuma finché crepi! (Gli dà quaranta sigarette).

Ronnie                          - (portando il tè) Te ne vai?

Cissie                            - Ho riunione per lo sciopero.

Ronnie                          - Di sera?

Cissie                            - A qualunque ora - ciao, ragazzo. (Bacia Harry e Ronnie e se ne va. Sul pianerottolo incontra Sarà) Ciao,Sara! Ero venuta a trovar Harry. Mi rincresce ma devo scappare. Come stai?

Sara                               - Benone. Perché non resti a cena?

Cissie                            - (fuori scena) Ho riunione per lo sciopero. Ci i ve­diamo!

Harry                             - (a Sara che entra) Sei stata dal medico?

Sara                               - (stanca) Ci son stata... ci son stata. Oh quelle sciale, ci rimetto la pelle.

Harry                                        - Che dice?

Sara                               - (prende una lettera dalla borsa e la mette sul caminetto) Mi ha dato una lettera: la devi portare all'ospedale.

Harry                             - Che dice? fammela vedere!

Sara                               - È chiusa: non la devi aprire.

Harry                             - Fammela vedere.

Sara                               - Che vuoi vedere? È chiusa!

Harry                             - (irritato) O insomma, voglio vedere a chi è indirizzata.

Troppo stanca per combatter con lui, Sara gli dà la i let­tera e va in cucina.

Sara                               - (dalla cucina) Nessuno ha preparato la cena?

Ronnie                          - Siamo arrivati da poco. (A Harry prendendogli la busta che lui cerca di aprire) Ehi! Non si apre! È per l'o­spedale.

Sara                               - (entra con una tazza di tè, siede) Ho riunione di se­zione stasera. Ronnie, prenditi la cena. Pesce fritto di ieri. Vieni con me, Harry?

Harry                             - Non ho voglia di andare a nessuna riunione.

Sara                               - Tu vuoi star bene, no? Non vuoi diventare un invalido, no? Allora vieni alla riunione. Cerca di vedere del­la gente. Dopotutto sono dei compagni, no?

Harry                             - Sì, compagni.

Sara                               - Non rispetta nulla! Ach! Cosa me n'importa se vie­ni o no. E tu che fai, Ronnie?

Ronnie                          - Resto a casa, stasera scrivo un romanzo.

Sara                               - Che? tutto in una notte? Ronnie, pensi che ti pub­blicheranno mai qualcosa? Volevo dire, non dovresti esser famoso o saper scrivere, o che so io? Ce ne devono esser tanti, di scrittori di romana.

Ronnie                          - Non di romanzi socialisti. Fede, mamma, fede! Sono un rampollo lo della classe lavoratrice, uno dei suoi artisti.

Harry                             - Vuoi dire uno scrittore politico come Winston Churchill? 

 Sara                              - E che? Scrive anche dei romanzi? Credevo che fos­se soltanto un politico?

Ronnie                          - Be', è tutt'e due - e poi dipinge.

Sara                               - Un pittore? di quadri? paesaggi e roba simile?

Ronnie                          - Certo e nelle ore libere...

Sara                               - Come! ha anche delle ore libere?

Ronnie                          - Nelle ore libere costruisce muri in giardino.

Sara                               - (ammirata) Un muratore! Ronnie, te lo dicevo di imparare un mestiere! Perché non lo fai? Va' alla scuola serale. Perché di tempo da un libraio? Se fossi gio­vane, quanto studierei! Tutto il mondo, vorrei studiare! A parlar bene, a scrivere, a fare belle frasi. Te ne penti­rai - non diventare come tuo padre, non essere uno sre­golato. Impara un n buon mestiere e te lo ritroverai sem­pre. Potrai sempre  scrivere  e se lavori, almeno avrai di che scrivere.

Ronnie                          - Dammi tempo, mamma! Ho finito la scuola l'an­no scorso.

Sara                               - Anche lui diceva così: dammi tempo. Tutti dovevan dargli tempo: e ora guardalo! Harry non lavori più nella fabbricadi dolci, vero?

Harry                             - E chi lo dice?e?

Ronnie                          - Be'! non ci lavora?

Sara                               - Chiedilo a lui che lo sa.

Ronnie abbassa la testa in atto di interrogare.

Harry                             - Certo che ci lavoro.

Sara                               - (stanca - è passato il tempo dei litigi violenti) Har­ry, rispondimi: che ie ci guadagni a dir queste bugie? Dim­melo, lo voglio sapere. Tutta la vita ho cercato di sapere che ci guadagni a ò dir bugie. Io le so che non ci lavori perché ho visto il capo reparto. Non sei nemmeno un buon bugiardo. Me ne son sempre accorta quando men­tivi. Per venticinque anni è stato così e non ho mai sa­puto di che si trattava. Ma tu lo sai - nessun altro lo sa, ma tu si. Te lo chiedo, Harry, lascia che sia io il tuo me­dico, lasciati aiutare. Come mai sei quello che sei? Dim­melo _ almeno dimmelo. Non star li seduto e zitto. Ho diritto di sapere. E allora, non ce l'ho questo diritto, Ronnie? (Nessuno le risponde, Harry evita il suo sguar­do. Ronnie aspetta che sia finita). E guardalo! Sta li se­duto, seduto, sempre seduto, e la vita gli sfugge. (A Ronnie) Non diventerai come lui, no?

Ronnie                          - Non farò mai un mestiere che odio, come ha fatto lui - se è questo che vuoi dire - e non mi sposerò mai -almeno finché sarò in gamba. (Allegramente) Ma di che ti lagni, Saruccia? Hai due figli stupendi, un bravo ge­nero e un nipotino.

Sara                               - Il nipotino non l'ho ancora conosciuto. Mia figlia sta a duecento miglia e mio marito è un malato. Questa è la mia famiglia. Be'! per essere una famiglia, è una fa­miglia. (Si alza per uscire).

Ronnie                          - E io? (Si guarda nello specchio) Giovane, bello, speranzoso, pieno di talento... se non altro speranzoso.

Sara                               - (tristemente) Tu? Starò a vedere quel che

Sara                               - di te. Dio voglia che tu non rovini la tua vita. Dio lo voglia. Hai poi chiesto l'aumento?

Ronnie                          - L'ho chiesto. Gli ho detto: «Signor Randolph, - è il direttore del reparto, - signor Randolph, lo so che meno paga i commessi della libreria e più prende lei di stipendio. Ma non crede che tutti i libri che ho venduto e il tempo che ci ho perso, meritino che lei faccia a me­no di una parte della sua percentuale? »

Sara                               - E lui che ha detto, bugiardo?

Ronnie                          - «Sei il nostro miglior commesso, - ha detto, -ma devo contentare i direttori».

Sara                               - E tu che hai detto, bugiardo?

Ronnie                          - Allora ho detto: «Non sono i direttori, è sua mo­glie».

Sara                               - E lui che ha detto, bugiardo?

Ronnie                          - Ha detto: «Kahn, - ha detto, - poiché sei cosi sincero e sai tante cose, ti darò due sterline di aumento ».

Sara                               - Ronnie, ma io avevo chiesto se avevi avuto l'au­mento.

Ronnie                          - (la bacia) No, non l'ho avuto.

Sara                               - Sei un bel matto! Vado alla riunione.

Ronnie                          - Ora si mamma, vai alla riunione - almeno se con­tinui a combattere ci

Sara                               - speranza per me. (L'aiuta a indossare il cappotto. Sara va via. Ronnie torna nella stan­za) Babbo, vuoi la cena? Ancora quel vecchio pesce mor­to. Ti apparecchio. (Va verso la cucina).

Harry                             - Tu non mangi?

Ronnie                          - (dalla cucina) Non ho fame. Mangerò più tardi. Ora ho da fare. Vuoi che ti legga il primo capitolo, bab­bo?

Harry                             - Oh! lasciami in pace, Ronnie. Son stanco.

Ronnie                          - Stanco! Non sei stanco Harry... stai affogando nella tradizione. (Ritorna con vari piatti e li mette sulla tavola) Qua! te li puoi lavare quando hai finito. Io vado in camera mia. (Va. Harry si mette a tavola e incomincia a mangiare. Mangia in silenzio per qualche minuto, poi prende un giornale. Dopo uno sguardo al giornale si vol­ta verso il caminetto e vede la lettera. Guarda verso la stanza di Ronnie per assicurarsi che non venga, e poi pian piano va a prender la lettera. Prima prova ad aprir­la senza sciuparla, ma non ci riesce e va per prendere un coltello. Mentre lo prende Ronnie rientra) Cristo! fa un freddo cane in quella stanza! Io - ecco,

Harry                             - (scherzo­so, come se sgridasse un bambino), lo sai che non devi legger la lettera, ricordati quel che ha detto mammina! (Va per prenderla).

Harry                             - (tenendola stretta) La voglio leggere, voglio sape­re cosa c'è dentro.

Ronnie                          - (provando di nuovo a prenderla) Un po' di forza di volontà, babbo! Lo sai che la lettera non è per te. La­sciala stare, fa' il bravo!

Harry                             - (ancora tenendola stretta) La voglio vedere, parla di me, si o no? Piantala, Ronnie.

Ronnie                          - (strappandogliela di mano) No!

Harry                             - (battendo il pugno sulla tavola rapidamente, in ca­denza con le parole, come un bimbo arrabbiato, seccato di comportarsi come un bimbo, e gridando) Dammi quella lettera. Dammela. È mia, è mia. Voglio quella bu­sta ora - subito - voglio - quella - busta!

(Ronnie resta impalato tremando. Non aveva inteso di provocare tanta ira, e ora è sconvolto. Non sa che fare. Quasi involonta­riamente gli dà la busta, poi va verso la parete e piange. È ancora un ragazzo. Ha avuto paura. Harry prende la busta, anche lui è turbato. Ora non si cura più di aprirla. Vedendo Ronnie piangere gli va vicino e l'abbraccia)

Non dovresti far cosi. Sono un malato. Se voglio aprir la busta, non me lo devi impedire. Non hai il diritto di impedirmelo. Ora hai sconvolto me e te, sciocco.

Ronnie                          - Ma non lo vedi che non sopporto che tu sia cosi! Non voglio sentire le tue bugie per tutta la vita. La tua debolezza mi fa paura, Harry. Ci hai mai pensato? Ti guardo e vedo me stesso, ed ho paura.

Harry                             - (allontanandosi da lui - non sa che dire) Quel che sono sono. Non cambierò mai. Né tu né tua madre mi cambierete. È troppo tardi: son vecchio, e se son stato cosi tutta la vita, continuerò a esser cosi. Le persone non le puoi cambiare, Ronnie. Puoi soltanto dargli un po' d'affetto e sperare che lo accettino. Mi rincresce. È trop­po tardi, ora. Non ti posso aiutare. (Si trascina penosa­mente verso la sua camera, visibilmente invecchiato) Non dimenticare la cena. Buonanotte.

Sipario.

ATTO TERZO

SCENA PRIMA

Novembre 1955.

Harry ha avuto il secondo colpo, e la paralisi l'ha ormai reso totalmente inabile al lavoro. Ar­riva appena a muoversi, gli resta difficile parlare e a vol­te è come rimbambito. Sara ha ancora molta della sua energia, ma gli anni e i dispiaceri l'hanno segnata. Parla con tono di compassione. È sera, nello stesso appartamento del comune. Harry è seduto su una sedia, rannicchiato accanto al fuoco. Ascolta La Valse di Ravel, trasmessa dalla radio. Fuma più di prima: è la sua unica consolazione. Sara siede al tavolo e tenta di riempire un modulo del governo. Parla molto con se stessa.

Sara                               - (leggendo il modulo) Avete polizze di assicurazione sulla vita e sulla morte? Nome della Compagnia - am­montare dell'Assicurazione - pagamenti annui - e come faccio a saperli i pagamenti annui? Pago uno scellino e un penny la settimana - fa cinquantadue scellini e cin­quantadue pennies. (Cerca di calcolare a memoria. La musica ha raggiunto un passaggio culminante ed è trop­po forte. Va ad abbassare la radio) Oh! chiudi! musica classica. A un tratto ti urla nella faccia.

Harry                             - No, no, no, no. Io... io stavo a sentire...

Sara                               - E ti piaceva?

Harry                             - Si che mi piaceva. Mi ricorda la - la - la... mi ri­corda il ponte di Blackfriars nella nebbia.

Sara                               - Il ponte di Blackfriars nella nebbia, ti ricorda! Che c'entra la nebbia?

Harry                             - Oh, non lo so che c'entra la nebbia. Che c'entra la nebbia?

Sara                               - E perché il ponte di Blackfriars?

Harry                             - Perché ho detto cosi. Ach, ma a volte sei proprio scema, Sara.

Sara                               - (scherzando) Ma se c'è la nebbia, che importa che sia il ponte di Blackfriars o il ponte: di Londra? Aich, bi­sogna che empia questi moduli prima che arrivino Bessie e Monty. Te lo ricordi che stasera vengono Bessie e Monty? (Continua a empire i moduli) Se ci fosse Ronnie glieli farei riempire a lui... come se non lo sapessero quante volte ho lavorato quest'anno. Moduli! li tocca dire all'Assicurazione Nazionale in che giorno hai preso lavoro, cosi loro lo fanno sapere all' Assistenza Nazionale e l'Assistenza Nazionale lo fa sapere all'Ufficio delle tas­se e allora arrivano moduli, moduli, moduli, moduli! Quanti moduli! Non c'entrano nemmeno tutti nella bu­sta. (Scrive) No, non ho proprietà, non ho inquilini, non ho governante! Una governante. Una governante mica ti farebbe quello che ti faccio io, Harry tutti quei lenzuoli da lavare. (Monty Blatt e sua moglie Bessie com­paiono sul ballatoio. Bussano. Sara salta su) Beccoli di già. Harry, sta' seduto diritto. Abbottonati i pantaloni e scuoti quella cenere dal vestito. E ricordati, non farmi fare figure. Me l'hai promesso. Vuoi andarci ora? (Pren­de il braccio di Harry). Harry la scansa: non vuole andare:.

Sara                               - apre la porta ai visitatori. Tutti e due sono vestiti pacchianamente, pieni di vita e di soldi.

Monty                           - Sara, Saruccia. Come stai, tesoro? Te la ricordi Bessie? (Stretta di mano generale, poi entrano nella stanza). Caro Harry! Come sta il nostro Harry? Hai una bella cera. Ti senti bene? Sempre: gli stessi tutti e due. Non avete cambiato per niente.

Sara                               - Sedetevi, voi due, metto il bollitore. (Va in cucina).

Monty                           - (a Bessie) Mette sempre il bollitore. Ha fatto sem­pre questo per prima cosa. Ho ragione, Harry? Certo che ho ragione, vero? (Grida a Sara) Te lo ricordi, Sara? la prima cosa è sempre stata una tazza di tè.

Sara                               - (rientrando) Me lo ricordo, me lo ricordo.

Monty                           - (a Bessie) Ci si passava la vita in quella loro vecchia casa nell'East End, noi ragazzi. Te lo ricordi Prince e tuo fratello Hymie? Come sta Hymie? Da quando ci siamo trasferiti a Manchester abbiamo perso contatto con tutti... tutti.

Sara                               - Hymie sta bene. Fa affari. I suoi ragazzi sono sposati e lui sta tutto il giorno in casa. Prince lavora in un negozio di roba di seconda mano.

Monty                           - Un negozio di roba di seconda mano? Ma crede­vo... e Cissie?

Sara                               - Il sindacato l'ha messa a riposo. Vive colla pensio­ne, fa visita ai parenti... sapete...

Monty                           - Allora si è sfasciato tutto?

Sara                               - Come sarebbe a dire si è sfasciato tutto? Il partito non potevano tenerlo in piedi e allora? la lottaconti­nua.

Monty                           - (affrettandosi a cambiare argomento) E Ada e Da­ve e Ronnie? Dove sono? Raccontami tutto - tutte le notizie. È tanto che non ti vedo Sara, e che piacere di rivederti! È vero che è un piacere, Bessie?

Sara                               - Ada e Dave sono ancora in campagna. Hanno due bambini. Dave fabbrica sempre mobili a mano.

Monty                           - E ci cava da vivere?

Sara                               - Vivono. Non da ricchi, ma vivono.

Monty                           - E Ronnie? Ronnie era tanto ambizioso. Che fa ora?

Sara                               - II mio Ronnie? È a Parigi.

Monty                           - Ecco, te lo dicevo che sarebbe andato lontano.

Sara                               - Fa il cuoco.

Monty                           - (con minore entusiasmo) Ronnie? cuoco?

Bessie                            - (cercando di aiutarli) Un cuoco guadagna bene.

Monty                           - (riprendendosi) Certo che guadagna bene. Ronnie è un ragazzo svelto, vero Sara? L'ho sempre detto, vero, che Ronnie è un ragazzo svelto. Nessuno capiva come un ragazzo dell'East End potesse parlare con una cosi bella pronuncia. Ma cucinare! Gli piace? volevo dire - è con­tento?

Sara                               - Sai che ti dico, Monty? La gente mi chiede cosa fa Ronnie e – mi devi credere - non so che rispondere. Aveva l'abitudine di alzar le braccia e dire «Voglio fare qualcosa di grande. Voglio creare». Creare. E cosi fa il cuoco, a Parigi.

Monty                           -  Se piace a Dio, un giorno  direttore d albergo.

Sara                               - Se piace a Dio.

Monty                           - E Harry?   (Fa cenno con la testa che Harry si è assopito).

Sara                               - Povero Harry! Due colpi ha avuto! E non può riprendersi. È paralizzato da una parte, e non riesce più a controllare gli intestini.

Bessie                            - Pover’uomo.

Sara                               - Credi che gli faccia piacere? Per lui non è facile. Ma non fa nulla per aiutarsi. Io non lo so, altri uomini si ammalano ma combattono. Harry non ha mai combattu­to. È buffa. C'eran tre uomini come lui nel casamento. Tutti e tre avevano avuto un colpo. E per tutti e tre sem­brava la stessa cosa. Camminavano uguale, stavano curvi allo stesso modo e tutti e tre avevano sempre la barba lunga. Stavan seduti fuori insieme, parlavano e fumavano. E questa era la loro vita. Poi un giorno a uno gli venne la voglia di ricominciare a vivere. Si alzò e si tro­vò un lavoro - una botteguccia di ciabattino - e ora gua­dagna. Un miracolo! tutto a un tratto. Ma quell'altro vo­leva morire. Lo vedevo fuori, in piedi sotto la pioggia, una pioggia dirotta, e si infradiciava per buscarsi un ma­lanno e morire. Be', è successo: è morto la settimana scorsa. Macché influenza! Non voleva vivere, ecco. Ma

Harry                             - era diverso da tutti e due. Non vuol morire ma sembra che non gli importi di vivere. Cosi. Come lo aiu­ti un uomo come quello? Gli faccio da mangiare, gli compro le sigarette, e lui è contento. L'unica paura che ho, sempre, è che se la faccia addosso. Quando gli suc­cede, perdo la testa - proprio non so quello che faccio.

Monty                           - È così, eh?

Sara                               - È così. È la vita. Ma dimmi di te, Monty. Sei ancora nel partito?

Monty                           -  No, Sara, non ci son più nel partito, e se vuoi ti dico perché.

Bessie                            - Via, Monty, non cominciare colla politica. Sara, per piacere, non farlo cominciare colla politica.

Monty                           - Ma sta' tranquilla, non la faccio lunga.

Sara                               - La politica vuol dire vivere, Bessie. Voglio dire eh tutto quello che succede nel mondo ha a che vedere colla politica.

Bessie                            -  Ascoltami, Sara. Monty ha una bella drogheria a Manchester, nessuno sa che una volta era nel partito viviamo felici. È meglio che se ne dimentichi.

Monty                           - No - no - glielo dico, lascia che glielo dica.

Bessie                            -  Ti avverto, Monty, se ti metti a discuter di poli­tica io me ne vado. Basta colle discussioni di politica, in­tesi?

Monty                           - Ascoltami, Sara. Te la ricordi la Spagna? Ti ricor­di come eravamo fieri di Dave e degli altri ragazzi che si arruolarono? Ma Dave te l'ha raccontato che certi mem­bri del partito si rifiutarono di combattere a fianco dei trotzkisti? E che uno o due dei trotzkisti non tornarono e neppure morirono in battaglia? E te lo ricordi Itzach Pheffer, lo scrittore yiddish sovietico? Si rideva perché aveva un nome buffo. Ha! Ha! Dov'è Itzach Pheffer? si diceva. Be', ora lo sappiamo, no? Il grande leader è mor­to, ora, e lo sappiamo. L'intero comitato della lega ebrai­ca antifascista fu fucilato. Fucilati, Sara. Nel nostro pae­se del socialismo. Quello era il nostro paese. Che paese per noi! Allora ai racconti non ci si credeva. Ci pareva che non potesse succedere nel nostro mondo.

Sara                               - E ora ci credi ai racconti, Monty?

Monty                           - (incredulo ) Tu non...

Bessie                            -  Su, Monty.

Monty                           - Sara, tu non ci credi? non ci vuoi credere?

Sara                               - E mettiamo che sia vero, Monty. E allora? che si dovrebbe fare? far tornare il passato? Questo vorre­sti?

Monty                           - Non lo so, cara. Non la vedo più una soluzione, non la vedo. Ho un negozio al Nord - non sono certo un capitalista - ci vivo comodamente e basta, e son conten­to. Bessie, Dio la benedica, sta per avere un bambino. (Batte sul ventre di Bessie) E io gli darò tutto quello che potrò gli pagherò gli studi, anche l'università se vuole, e allora sarò soddisfatto. Più di cosi non si può fare Sara. Non c'è nient'altro nella vita che una casa, qualche amico e la famiglia - dai retta a me.

Sara                               - E se qualcuno ci butta una bomba atomica, sulla famiglia?

Monty                           - (scusandosi) E allora - che posso farci? Dimmelo. Non ci posso più far nulla. Son troppo piccolo io: di chi mi posso fidare? È un mondo grande e lurido di politi­canti pazzi. Non me ne posso fidare, Sara.

Sara                               - L'acqua bolle - faccio il tè. (Va in cucina).

Bessie                            -  Ora basta, Monty, smettila.

Monty                           - (è turbato) E va bene, va bene. Non le ho detto che quello che sapeva già. È una gran donna Sara, una combattente. Guarda quanti pensieri, ed è ancora ag­gressiva. Ma ha un difetto. Per lei il mondo è bianco e nero. Se non sei nero, devi esser bianco. Le sfumature nei caratteri non le vede, capisci cosa voglio dire? Non riesce ad avere una visione complessiva. «Loro» sono tutti lo stesso mazzo. Le autorità, il governo, la polizia, l'ufficio postale, perfino i negozianti. Non se ne è mai fidata. Li combatteva sempre. Era tanto semplice. L'u­nica cosa che contava era esser felici e mangiare. E tutto quello che ti rende infelice e ti toghe il mangiare era col­pa del capitalismo. Credi che in tutta la sua vita abbia mai letto un libro di economia politica? Che Iddio la be­nedica! Senti dire che il socialismo era la felicità e entrò nel partito. Ce ne son rimasti pochi come Sara Kahn. Vorrei che tu ci avessi conosciuto ai vecchi tempi. Har­ry, guardalo, aveva una bella vocetta di tenore. E tutte le canzoni che cantavamo insieme, e gli scioperi e i co­mizi... Portavo Ronnie a cavalluccio sulle spalle alle di­mostrazioni del primo maggio. Tutti, nell'East End, an­davano in qualche posto. Eran baracche, era la miseria, ma si andava in qualche posto. L'East End era come una grande mamma. (Sara entra col tè). Via, Sara, parliamo un po' dei bei tempi passati. Per bacco, tesoro, non ci vengo spesso a Londra per la fine di settimana. Senti, te lo ricordi il banco che avevo in Petticoat Lane? Domani ti ci porto, Bessie. E Manny, il re dei calli? Lui e moglie andavano a Norwich a vendere medicine fasul/ per i calli. La moglie si vestiva da infermiera e appena vano attorno al banco tante lettere di persone che 10 dicevano di aver curato.

Sara                               - E cosa ne è di Barney?

Monty                           - E Barney, sicuro. Vendeva ai vecchi contadini u ciondolino porta-fortuna. A sei soldi l'uno li vendeva lo sapete che erano? Fagioli. Fagioli buttati nella tinta Li potevi comprare a tre soldi la libbra in drogheria e Barney li vendeva a sei soldi l'uno. Sei soldi. Una libbra di fagioli gli durava mesi.

Sara                               - Ah, che brutti tempi! che brutti tempi! Sporchi, luridi, e nient'altro che truffe.

Monty                           - Ma amichevoli.

Sara                               - Amichevoli li chiami? Credi che fosse amicizia truffare la gente?

Monty                           - Tesoro, prendi la vita troppo sul serio. Credi a me, quei contadini lo sapevano benone quel che compra­vano. Nessuno truffava nessuno, perché tutti sapevano la verità.

Sara                               - Credi, Monty?

Harry                             - (si sveglia con un sussulto. Qualcosa è successo. Cer­ca di alzarsi in fretta) Sara, corri! aiutami!

Sara                               - Che? che è successo? (Gli corre vicina).

Monty                           - Caro Harry, che c'è?

Sara                               - L'hai fatta, Harry? Su, presto, allora. (Harry, im­pedito dalla paralisi e da questo nuovo attacco d'incon­tinenza, si trascina penosamente verso il gabinetto, e

Sara                              - quasi lo spinge. Lui piagnucola e si lamenta pietosa­mente). Ti avevo detto prima, di andarci. E tu non hai voluto. Ora guarda cosa è successo. E proprio davanti a Monty e a Bessie! Che vergogna! (Monty cerca di aiu­tare Harry a muoversi. A un tratto) No, lascia stare. Va tutto bene, ce la faccio da me. Lascia stare, Monty. (Si trascinano nel corridoio).

Bessie                            - (quando hanno lasciato la stanza, volta la testa con un brivido) Oh, Dio buono!

Monty                           - Povera  Sara e povero Harry. Gesù! A questo sono arrivati.

Sipario

SCENA SECONDA

Dicembre 1956. La stanza dei Kahn, una sera tardi. Sara Prince, Hymie e Cissie siedono attorno al tavolo e giocano a carte, a «solo».Harry è accanto al caminetto, con gli occhi fissi al fuoco, dimentico di quel che succede attorno a lui. Le carte so­no appena distribuite per una mano. I giocatori le studiano in silenzio. Dopo qualche secon­do:

Prince                            - (guardando le sue carte) A che ora aspetti Ronnie, Sara?

Sara                               - (guardando le sue carte) Dovrebbe arrivare stasera alle nove e mezzo.

Di nuovo silenzio.

Hymie                           - (a Cissie) Dichiara!

Cissie                            - Miseria.

Sara                               - Come puoi dichiarare miseria quando voglio dichia­rarla io?

Cissie                            - Ti prego Sara, non scoprire il gioco.

Prince                            - Un momento, non son passati tutti.

Cissie                            - E va bene. Dichiara.

Sara                               - Passo.

Prince                            - Passo.

Hymie                           - Passo.

Cissie                            - Grazie. Posso cominciare?

Sara                               - Tocca a te? Credevo che le carte le avesse date Prince.

Cissie                            - Che ti succede, Sara? le ha date Hymie.

Prince                            - Avrei giurato che le avesse date Sara.

Cissie                            - Hymie, chi ha dato le carte?

Hymie                           - Ci abbiamo messo tanto a decidere cosa dichiarare, che ora non me lo ricordo più. Le ho date io? Non ricordo.

Discussione generale su chi ha dato le carte.

Cissie                            - State zitti tutti! Zitti! Tutte le volte che vengo in questa casa per giocare a « solo » c'è questa confusione Perché non state attenti al gioco? Vediamo, cosa c'era in tavola per briscola?

Sara                               - Il due di picche.

Hymie                           - No, quello era il giro precedente. Era il sei di qua­dri.

Sara                               - Ma l'ho visto coi miei occhi, era...

Hymie                           - Non hai gli occhiali, Sara.

Prince                            - Era il sei di cuori, ora me lo ricordo.

Cissie                            - Oh! Dio sia lodato! Siamo d'accordo in due, il sei di cuori l'ho visto anch'io, in tavola. Chi ce l'ha il sei di cuori?

Hymie                           - Io.

Cissie                            - E vuol dire che le carte le hai date tu e che tocca a me aprire. Siete contenti ora? Ecco! (Mette giù una carta. Gli altri seguono, la presa è di Hymie che mette giù una carta seguito dagli altri).

Sara                               - (si accorge di aver fatto uno sbaglio) Un momento! Un momento! Non volevo giocare questa carta.

Cissie                            - Troppo tardi! Dovevi stare attenta.

Sara                               - Ach, che scema! Ma lo vedete che questa carta non l'avrei potuta giocare!

Cissie                            - Sì che lo vedo, ma son contenta che tu l'abbia gio­cata.

Sara                               - Senti, Hymie, normalmente l'avrei giocata quella carta?

Hymie                           - Sei senza occhiali, Sara, te l'ho detto, ma ciripren­deremo - gioca, ora.

Sara                               - Un momento, un momento! Prendo gli occhiali (Trova la borsa, prende gli occhiali, ci alita sopra per pulirli) Non so che mi succede agli occhi, ultimamente. Sono stata a farli cambiare l'altro giorno, avevano le stanghette troppo grandi e mi cascavano in bocca, e cosi sono andata a cambiarli. Il commesso mi disse che non potevo  cambiarli perché erano occhiali del Servizio Sanitario. Cosi sapete come son io, gli ho chiesto che c'en­trava e lui dice: «Signora, - dice, - vuole i soldi indie­tro?» e io dico: «Sicuro che li voglio indietro» e poi sono andata all'ufficio della Sanità Pubblica - state a sen­tir questa - sono andata a quell'ufficio e mi son lamen­tata del piccolo sussidio che mi danno per Harry. E quel tipo dietro il banco - possa svegliarsi morto - dice: «E che vorreste? dieci sterline la settimana? » L'avete mai sentita una cosa simile? e io dissi: «Figliolo, — dissi, — quando facevi ancora pipi per terra io scioperavo per avere un trattamento migliore, e fai meno lo sfacciato». «O guarda! Non mi dovete parlare cosi».

Prince                            - Via, Sara, gioca. (Tocca a Prince - gli altri seguo­no: di nuovo la presa è sua. Tocca ancora a lui, e gli altri seguono. Ora tocca a Sara). Perché hai giocato cuori? Non hai visto che seme ti indicavo?

Sara                               - Prince, lasciami fare il mio gioco. Che non lo so quello che faccio?

Prince                            - Be', non si direbbe, Sara, proprio non si direbbe. Non è possibile che tu stia attenta al gioco. Non te lo potevi immaginare che stava per scartare cuori?

Cissie                            - Ma che roba! in mezzo al gioco!

Sara                               - Sì che lo vedevo, ma che ne sai se non potevo gio­care altro?

Cissie                            - Giochi o non giochi? Basta colle discussioni.

Hymie                           - Prince, fa' il tuo gioco. Cissie È sempre la stessa. Ormai non si riesce più nem­meno a giocare a «solo».

Prince gioca e gli altri seguono.

Sara                               - Ma guardatelo! Ora esce a quadri e vuole insegnare a me! (Apre).

Cissie                            - (mette giù le sue carte mostrando che non può esser battuta) Ecco! tre soldi a testa, per favore.

Si guardano le carte l'uno con l'altro, per vedere dove ognuno aveva sbagliato.

Sara                               - Be', non la potevo certo battere con la mano eh avevo!

Prince                            - E perché sei uscita a cuori, quando sapevi che ci avrebbe scartato sopra?

Sara                               - Perché volevo indicare l'apertura - non potevo far altro.

Hymie                           - Ma perché indicare l'apertura a cuori, quando sa­pevi che poteva non averne?

Sara                               - E come lo sapevo? Era la mia carta più bassa.

Cissie                            - Tu a «solo» non hai mai saputo giocare.

Sara                               - Ma fammi il piacere!

Cissie                            - Picche ! quelle dovevi giocare.

Sara                               - Picche? Mai!

Ricominciano tutti a parlare, finché non si sente un urlo che li ammutolisce. Viene dal cortile dei giochi, giù in basso ed è seguito da una voce di ragazza che grida.

Voce di ragazza            - Philip, Philip, voglio il mio Philip. La­sciatemi stare andate via.

Voce di uomo               - Va' a casa, t'ho detto, a casa, stupida! A casa.

Voce di ragazza            - Non ci vado se non vedo Philip, lo amo! lo amo!

Cissie                            - Che stanno facendo? Un film? (Vanno tutti al bal­cone e guardano giù. Sara si muove sul balcone per ve­dere che succede). Non vedo nulla. C'è sempre qualcosa in questi appartamenti l'altra settimana una donna provò a uccidersi col gas. Venite, rientriamo. (Tornano nella stanza).

Harry                             - Che è successo?

Prince                            - I tuoi vicini fanno festa,

Sara è andata a vedere chi è morto.

Hymie                           - Perché, quella donna si voleva ammazzare?

Cissie                            - (si solleva la sottana per scaldarsi il sedere) E chi lo sa perché una donna di trentadue anni si vuole ammazzare? Questi appartamenti sono ognuno un mondo  a parte. Vivi una intera vita qui e non conosci il tuo vi­cino di porta.

Harry                             - Io non-io non-io non...

Cissie                            - Lo vuoi scrivere?

Harry                             - Io non la conosco la donna al piano di sotto, an­cora no. (Tutti sorridono per lui. Fatto il suo discorso, Harry torna a fissare il fuoco).

Sara                               - (rientra) Ragazzi! Non san che fare dell'anima loro. Pare che avesse passato la serata a guardare la televisio­ne con Philip, un film giallo o qualcosa del genere, e lui continuò a farle paura. A farle paura! Non sanno fare al­tro. Lei è tornata a casa tardi e suo padre gliele ha suo­nate, e lei è scappata chiamando Philip. Il grande aman­te! È venuto fuori in pigiama a consolarla!

Cissie                            - (andando a prendere il cappotto) Be', Sara, ho avuto una buona cena, un bel gioco e ora me ne vado prima che tu lavi i piatti. Si direbbe che Ronnie non l'ha preso quel treno.

Sara                               - Non ci capisco niente. Ha scritto che partiva da Pa­rigi stamattina alle otto.

Hymie                           - Be', ormai son quasi le dieci e mezzo e me ne vado anch'io.

Prince                            - Anch'io, Sara.

Sara                               - Non prendete almeno una tazza di tè? È tanto che non giocavamo più! Harry  e io non vediamo quasi nes­suno, di questi tempi.

Hymie                           - È stata una bella serata, Sara. Perché non vieni su da noi qualche volta? Io son sempre in casa.

Sara                               - Come faccio a lasciare Harry, ormai?

Cissie                            - Buonanotte, Sara.

Hymie bacia  Sara e Cissie bacia Harry e tutti se ne vanno.

Sara                               - (li saluta dal balcone e torna nella stanza. Raccoglie A carte e mette in ordine ) Harry, la vuoi una tazza di tè?

Harry                             - (si alza lentamente) Vado a letto.

Sara                               - Non aspetti Ronnie?

Harry                             - Io - io - io...

Sara                               - Io che?

Harry                             - Lo vedrò domattina.

Sara aiuta Harry a trascinarsi a letto, poi si siede in poltrona per leggere. Ma è stanca, lascia cadere il giornale e sonnecchia. Ronnie compare sul ballatoio, con le valige. Apre pian piano ed entra. Va in punta di piedi vicino a Sara e la guarda. Non è più il Ronnie entusiasta di un tempo.

Sara                               - (apre gli occhi e dopo averlo guardato per un attimo salta su e gli si getta fra le braccia) Mi ero addormen­tata.

Ronnie                          - Me ne sono accorto.

Sara                               - Credevo che fosse un sogno.

Ronnie                          - Forse sono un sogno.

Sara                               - (allontanandolo per guardarlo) Spero di no, Ron­nie. Oh Dio, spero di no! Non te ne andare un'altra vol­ta. Ero tanto sola senza di te e senza i tuoi amici. Non me ne importa di non aver soldi, si può sempre cavarse­la per il mangiare, lo sai, ma non ce la faccio più a star sola. (Comincia a piangere).

Ronnie                          - T'ho visto piangere una volta sola.

Sara                               - A che serve piangere?

Ronnie                          - A volte vorrei poter piangere. Forse se tu avessi pianto più spesso sarebbe stato più facile.

Sara                               - È soltanto che non ce la faccio più, ecco. Tre volte alla settimana tuo padre ha quell'incidente, non ce la faccio più. Son vecchia ormai.

Ronnie                          - E chi te lo dice che io ce la farò?

Sara                               - Tu? Ma di che parli? Certo che ce la farai. Sei gio­vane, no? Ti sistemerai.

Ronnie                          - Io... io sto male, Sara.

Sara                               - Male?

Ronnie                          -  Oh, non fisicamente. Son tornato per questo.

Sara                               - Ti piaceva il posto dove lavoravi? Scrivevi sempre che eri felice - che esperienza è stata.

Ronnie                          - Odiavo la cucina.

Sara                               - Ma...

Ronnie                          - Io - odiavo - la - cucina! Gente che andava e ve­niva e ci stava troppo poco per cominciare a capirsi. Lo sai che ho scoperto, alla fine? Son tutte balle! Quest'i­dea di guadagnare qualche soldo onesto sono tutte bal­le! Un uomo può lavorare tutta la vita, e quando ha ses­santacinque anni si ritiene ricco se ha messo da parte mille sterline. Ricco! tutta una vita di lavoro in un buon impiego, solido, d'avvenire, piacevole! Per ogni diretto­re di ristorante ci sono venti cuochi terrorizzati dalla vecchiaia. Ecco cosa siamo - gente terrorizzata dalla vec­chiaia, che spera in una vincita al Totocalcio. Son tutte balle, Sara.

Sara                               - Ti faccio il tè. Hai fame?

Ronnie                          - No, non voglio nulla, grazie - ho voglia di par­lare con te di qualcosa.

Sara                               - Ma devi mangiare, hai viaggiato tutta la notte.

Ronnie                          - (categorico) Non voglio mangiare. Voglio parlare.

Sara                               - Allora faccio soltanto il tè. L'acqua è pronta, siediti e lasciati andare, e poi vai a dormire. Vedrai che domat­tina starai meglio.

Ronnie                          - Ancora ottimista, mamma. Cibo e sonno e non c'è nessun motivo perché uno sia infelice.

Sara                               - (dalla cucina) Sarebbe stato un bell'affare tutti que­sti anni se non fossi stata ottimista!

Ronnie                          - Come sta Harry?

Sara                               - (entra con due tazze dì tè) Lo vedrai domani: era troppo stanco per aspettarti. Vuoi dei biscotti? O un pezzo di torta? Guarda, la torta l'ho fatta proprio per te, quella che ti piace di più.

Ronnie                          - (forte) Mamma, smettila di agitarti. Scusami!

Sara                               - Così torni a casa? Appena entri gridi? Ti pare un bel modo di tornare?

Ronnie                          - (è chiaro che ha qualcosa che lo sconvolge) Sei an­cora nel partito?

Sara                               - (ironicamente) Sì.

Ronnie                          - Attiva?

Sara                                          - E così?

Ronnie                          - (a un tratto) M'immagino che tu non ti sia curata di leggere quel che è successo in Ungheria.

Sara                               - Ungheria?

Ronnie                          - Guardami, mamma. Parlami! Prendimi per mano e dimmi chi aveva torto e chi aveva ragione. Mostrame­lo. Fallo per me. Io son qui e mille voci diverse mi spac­cano la testa. Sai, non vedevo l'ora di tornare per accu­sarti.

Sara                               - Accusarmi?

Ronnie                          - Tu non me l'hai mai detto che c'erano dei dubbi.

Sara                               - Che dubbi? Di che parli?

Ronnie                          - Tutto ti rovina attorno e tu non te ne accorgi.

Sara                               - (gridando) Ma che, che, che, pazzo? Spiegati.

Ronnie                          - Che cosa ne è stato di tutti i compagni, Sara? Mi vergogno a chiamarli cosi. Compagni! Perché arrossi­sco? Perché mi vergogno a dire parole come democrazia, libertà, fratellanza? Non voglion più dir niente. Non ho più nulla da scrivere intorno a nulla. Te lo ricordi quan­to scrivevo? E volevo diventare un grande scrittore so­cialista. E ora non riesco a capire una sola parola, una semplice parola. Mi guardi come se parlassi turco. Ma non ti ha fatto male leggere dell'assassinio del Comitato ebraico antifascista nell'Unione Sovietica?

Sara                               - Anche tu. Monty Blatt è venuto qualche mese fa: diceva le stesse cose, anche lui è uscito dal partito. Ora ha una drogheria a Manchester.

Ronnie                          - E Dave e Ada nei Cotswold, e Prince che lavora da un rivenditore, e zio Hymie che se ne sta tranquillo in casa, e zia Cissie l'ex attivista entusiasta che gira da un parente all'altro. Che c'è successo? Ci hanno imbro­gliato o ci siamo imbrogliati da noi stessi? Non lo so, Dio del Cielo - non lo so! Non lo capisci che vuol dire ad un tratto non sapere? (Cade in una poltrona) E la cosa tremenda è che non me ne importa più niente.

Siedono in silenzio per qualche secondo.

Sara                               - Bevi il tè, caro.

Ronnie                          - (chiude gli occhi e parla) Sai che c'è di male, mam­ma? Non lo indovini?

Sara                               - Tu sei stanco, Ronnie.

Ronnie                          - Tu lo sai dov'è il male. Ma non lo vuoi ammet­tere.

Sara                               - Domattina starai meglio.

Ronnie                          - Pensaci sul serio. Guardami in faccia. Guarda il mio naso e i miei occhi infossati. Anche la fronte mi sfugge.

Sara                               - Ma perché non mi ascolti? Vai a letto e...

Ronnie                          - Le istituzioni politiche, la società - alla gente glie­ne importa poco.

Sara                               - Ronnie.

Ronnie                          - Non c'era qualcuno che odiava il lavoro, e non sopportava la disciplina della vita quotidiana, e non ca­piva se stesso e si dette per vinto?

Sara                               - (spaventata) Sei matto?

Ronnie                          - Io ho perso la fede e l'ambizione. Ora lo com­prendo benissimo e vorrei non aver tanto alzato la voce con lui.

Sara                               - Sei pazzo!

Ronnie                          - (si alza, apre gli occhi e grida) Lo sai che ho ra­gione! Tu ragione non l'hai mai avuta, su nulla. Tu vo­levi che tutti fossero felici, ma felici a modo tuo. Fra­gole e panna per tutti, che lo volessero o no. E ora guar­da che accade. Hai sempre voluto una famiglia, e si è sgretolata, e il grande ideale che hai sempre amato ti è esploso sotto gli occhi. Ma tu non te ne vuoi accorgere. Tu rifiuti di accorgertene, non so come fai, ma lo fai, lo fai e basta. (Più forte) Sei un caso patologico, mamma - lo sai? Sei ancora comunista. (Vorrebbe rimangiarsi le parole, ma non sa più esprimersi).

Sara                               - Va bene! Allora sono ancora comunista! Uccidimi allora! Sono comunista. Lo son sempre stata - da quan­do tutto il mondo era comunista. Lo sai? quando eri pic­colo e c'era la disoccupazione e tutti la pensavan così, il mondo era tutto comunista. Ma ora è diverso. Ora la gente se l'è scordato. A volte penso che non vai la pena battersi per loro, perché dimenticano. Dagli qualche se 1 lino in banca e ci comprano un televisore e cosi pensati che tutto è finito, che non c'è altro da avere, e che no° hanno più bisogno di pensare. È questo che vuoi? Un mondo di gente che non pensa più? Questo vuoi che ti basti - un televisore? Ma guardalo! Mio figlio! Vuol morire!

Ronnie                          - Non mi ridere in faccia Sara.

Sara                               - Vuoi che pianga ancora? Dobbiamo sederci tutti a piangere?

Ronnie                          - Le cose non le vedo più nere e bianche come te I miei pensieri continuano a scoppiare come bolle. Lo sai, questa è la mia vita, tante bolle che scoppiano.

Sara                               - E chiama me un caso patologico! Pop-pop-pop. Cre­di che non mi faccia male - le notizie dall'Ungheria? Pensi che io lo sappia quel ch'è successo o quel che non è successo? Chi lo sa di noi? E di chi mi posso fidare ora? Dio! Chi sono i nostri amici ora? Ma è tutta la vita che lotto! Con tuo padre e col marcio sistema che non poteva aiutarlo. Tutta la vita ho lavorato con un partito che voleva dire gloria, libertà, fratellanza. E vuoi che lo abbandoni ora? Vuoi che vada a stare a Hendon e mi scordi chi sono? Se l'elettricista che viene ad accomoda­re una valvola sbaglia e la fa saltare, devo smettere di usare l'elettricità? Devo smettere di accendere la luce? Il socialismo è la mia luce, lo vuoi capire? un modo di vita. Un uomo può esser bello - odio i brutti - non posso sopportare la meschinità e le liti e la gelosia - devo avere la luce, sono una donna semplice Ronnie, e de­ vo avere luce e amore. (Ronnie la guarda con intenzio­ne). Tu pensi che non ho amato abbastanza tuo padre, vero? Sai che ti dico? Quando Ada ebbe la difterite e io ero incinta, chiesi al babbo di portarla all'ospedale. E lui non volle. Non avevamo soldi perché non voleva lavorare, e io non sapevo che fare. Lui spari. La salvò la signora Bernstein, te la ricordi? No, non te la puoi ricordare. Morì prima che tu nascessi. Fu la minestra della signora Bernstein. Ada sente ancora il sapore - brodo di pollo coll'orzo. Lei dice che è un sapore... amichevole, domandaglielo.Fu quella che la salvò. Nemmeno i miei fratelli avevano soldi, allora, e una crosta secca con una di tè era una manna. Ma il babbo aveva i soldi dell’assistenza. gli dissero che l'avevan visto mangiare tramezzini di carne salata da Bloom. Non gliene importava niente. Forse era la sua malattia, allora, chi lo sa? Non è mai stato un uomo cattivo in fondo. Non ci ha mai picchiato, o bevuto, 0 giocato - non era né volgare né rozzo, e aveva sempre degli amici. E allora cos'è che non andava? Io non l'ho mai compreso. Riuscivo soltan­to a litigare perché non gliene importava. Guardalo, ora! Non gli importa di vivere. Non gli è mai importato di spogliarsi completamente la sera e mettersi il pigiama. Non gliene importava di farsi la barba o di lavarsi; o di esser puntuale o di tornare a casa! e ora va per casa coi pantaloni sbottonati, e le scarpe sciolte, perché non gli importa di combattere la sua malattia, e il sudiciume gli si accumula attorno. Non gliene importa. E così ci litigavo perché non gliene importava. Litigavo con tutti quelli che non gliene importava. Tutte le autorità, i ne­gozianti, anche oggi quei funzionari puzzolenti, li potrei conquistare con niente, anche ora li combatto. E tu vuoi diventare come loro? come tuo padre? e allora combat­terò anche con te.

Ronnie                          - E perderai un'altra volta.

Sara                               - Ma tuo padre era un uomo debole. Potresti fare una sola delle cose che fece lui?

Ronnie                          - Non me ne meraviglierei.

Sara                               - Ronnie, tuo padre non avrebbe mai abbandonato sua madre per andarsene all'estero come hai fatto tu. Non te lo dico per mortificarti, ma al contrario perché tu lo sappia, perché te ne importi. Impara da noi, per amor di Dio, impara da noi! Che importa che tuo padre sia un debole, o che il tuo padrone sia un imbecille? Sono es­seri umani.

Ronnie                          - Ma questo non vuol dire nulla.

Sara                               - Ci saranno sempre esseri umani, e finché ci saranno esisterà anche il concetto di fratellanza.

Ronnie                          - Non vuol dir nulla.

Sara                               - Malgrado gli esseri umani.

Ronnie                          - Nulla!

Sara                               - Malgrado loro.

Ronnie                          - Non vuol dire...

Sara                               - (esasperata) E va bene! Nulla, dunque! Tutto finisce in nulla! La gente va e viene, le guerre distruggono le disgrazie uccidono e le pestilenze affamano - e noti vuol dir nulla! La filosofia? Vuoi la filosofia? Nulla si-gnifica nulla! Ecco! La filosofia! lo so. E così? Nulla. Disperazione - e allora crepiamo pure! Questo otterremo? Morire? (Dolcemente) Ma tu non vuoi, Ronnie. E allo­ra che importa se nulla ha significato? Quando sai que­sto, puoi ricominciare. Ronnie, ti prego, non lasciarmi finire la vita pensando che ho vissuto per nulla! Ce la siamo cavata, no? Con tante ferite, ma ce la siamo ca­vata. Mi senti, Ronnie? (Lo stringe a sé e si lamenta) Bisogna che te ne importi, bisogna che te ne importi, o se no morirai.

Ronnie                          - (si stacca da lei e si allontana. Prova a dire qualco­sa - a spiegarsi. Alza le braccia e qualche suono indistin­to gli esce dalle labbra) Io - io non posso. È troppo per me - ancora no. È troppo grande perché me ne im­porti. Io... io... (Raccoglie la sua borsa e va verso la sua stanza, tremando - mormorando) È troppo grande, Sa­ra, troppo grande!

Sara                               - (gli grida dietro) Morirai - morirai - se non te ne importa, morirai! (Ronnie si ferma sulla porta). Ronnie, se non te ne importa, morirai!

Egli si volta lentamente e la guarda in faccia.

Sipario.