Bugie fuori corso

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Stefano Palmucci

Due atti comici


Bugie fuori corso

Bugie fuori corso

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Stefano Palmucci (id SIAE 201804)

Strada la Creta, 31- Falciano

47891 Repubblica di San Marino

Sito web: www.stefanopalmucci.com

spalmucci@omniway.sm – stefano.palmucci@pa.sm

tel mob.338-2015713


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Stefano Palmucci

Bugie fuori corso

Personaggi:

ØDavide

ØFabio

ØProf.ssa Zambelli

ØSeverino

ØAdriana

ØErminia

ØLaura

ØGilberto

Salotto di un appartamento sullo squallidino andante. Divano, tavolino con sedie, solite cose. Tre entrate, una che conduce all’esterno e dà sulle scale del condominio, una a destra (per chi guarda) verso il bagno e le camere, una a sinistra verso la cucina e una camera.

In scena Davide, seduto sul divano, e Fabio che passeggia nervosamente.

Fabio:                 no!

Davide:              Fabio, ascolta…

Fabio:                 no, no, no, NO! Niente, nada, rien, nothing…NO!!

Davide:              ascolta, Fabio…

Fabio:                 non ci penso neanche, te lo puoi scordare, neanche per idea!

Davide:              Fabio, ascolta…

Fabio:                 tu sei fuori di testa, amico mio. Te lo dico io, sei fuori come un balcone, se pensi

che io possa prestarmi…

Davide:              ascolta, Fabio…

Fabio:                 sei partito per la tangente, Davide, non c’è alcun dubbio, ti si è completamente

fuso il cervello…

Davide:              mi vuoi lasciare parlare?

Fabio:                 no! Se il tuo scopo è quello di convincermi, non voglio sentire un’altra parola da

te! (si mette le dita nelle orecchie per non sentire e parla ad alta voce) ambarabà cicci cocò, tre civette sul comò…

Davide:              (gli leva le mani delle orecchie) smetti di fare lo sciocco, per un momento e ascol-

ta. La situazione è seria, ho bisogno del tuo aiuto.

Fabio:                 seria? La situazione non è seria, Davide: è drammatica, è tragica, è disperata! Ti

rendi conto di cosa hai combinato stavolta? Hai una vaga idea di che fondo hai toccato? Hai passato ogni limite, hai passato!

Davide:              certo, hai ragione, ma so come venirne fuori: ho un piano.


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Fabio:                 tu sei completamente impazzito, Davide. Io credevo di conoscerti, oltre che un

amico, ti consideravo una persona ragionevole, rispettabile ma quello che hai fatto è… è… è indegno, è immorale, è… aberrante!!

Davide:              lascia perdere per un momento quello che ho fatto e concentriamoci invece su

quello che dobbiamo fare.

Fabio:                 ma io non voglio essere coinvolto, Davide, come te lo devo dire? Questa è … è un

furto, un’estorsione, un crimine. E con l’aggravante di averla perpetrata nei con-fronti di due poveri anziani indifesi.

Davide:              anziani, si; indifesi, forse; ma poveri non direi proprio, visto quanto gli ho scuci-

to fino ad ora.

Fabio:                 Davide: io non voglio entrarci. Chiaro? Non. Voglio. Entrarci. Ok?

Davide:              e non ci entrerai, stai tranquillo, ti chiedo solo di fingere di essere lui per il week

end. Non hai sempre desiderato intraprendere la carriera dell’attore?

Fabio:                 no, mai.

Davide:              beh, è una buona occasione. Potresti scoprirti una rivelazione, un modo nuovo

di esprimere te stesso, ti si potrebbero aprire scenari inimmaginabili.

Fabio:                 mi si potrebbero aprire le porte della galera, caro, come tuo complice. Per poi

chiudersi alle mie spalle per un buon numero di anni.

Davide:              smettila, su. Dobbiamo solo fare una piccola recita per un paio di giorni e poi

scordarci l’incidente.

Fabio:                 ma quale piccola recita, Davide! Ma cosa dici? Credi che quelli, quando arrivano,

possano dire: “ah, ecco qua il nostro piccolo Gilberto! Non ci assomiglia manco

per un’unghia del piede, ma fa lo stesso!” Eh? Qui i casi sono due, Davide: o loro,

oltre che vecchi, sono anche ciechi, sordi e rimbambiti, oppure tu sei diventato

completamente matto. E io, al momento, propendo più per la seconda ipotesi.

Davide:              Fabio, ehi, guardami. Sono io. Sono sempre il tuo caro, vecchio, fidato amico Da-

vide. Credi che abbia battuto la testa e sia diventato matto tutto d’un botto?

Fabio:                 nooo… tu è un pezzo che l’hai battuta, la testa.

Davide:              stai tranquillo, ti dico, ho pensato a tutto. Gilberto frequentava gli zii trent’anni

fa, e anche molto sporadicamente, quando era un bambino. Poi non si sono più

visti. Loro gli pagano l’affitto dell’appartamento e lo mantengono agli studi da

quando ha perso i genitori.

Fabio:                 almeno ai funerali saranno venuti, no? Si saranno visti.

Davide:              no, erano negli Stati Uniti in quel periodo.

Fabio:                 ogni tanto si sentiranno. Avranno dei contatti.

Davide:              no. Sai che Gilberto era allergico ai telefonini. Si scambiano solo delle mail e gli

fanno recapitare l’assegno ogni mese.


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Fabio:                 e tu come hai potuto continuare a incassarlo? Non avrai falsificato le firme??

Davide:              ma no, dai. Gibo mi aveva delegato a incassarlo, col fatto che allora ero stagiona-

le in banca. Era il mio coinquilino, si fidava ciecamente.

Fabio:                 e se dovesse tornare?

Davide:              chi, Gibo? Ma scherzi? È partito sei mesi fa, ha avuto una crisi esistenziale e ha

abbandonato tutto. Ora vive in una comune hippie in Australia, tipo Hare Krish-na, una cosa mistica. Quello non torna più, fidati.

Fabio:                 e tu ti sei ben guardato da avvisare gli zii che lo mantenevano.

Davide:              te l’ho detto: avevo appena iniziato la mail per avvisarli, quando il postino mi ha

recapitato il primo assegno, comprensivo di pigione per la casa, mantenimento e

retta universitaria. Ti confesso la mia debolezza: non ce l’ho fatta. Ho continuato

a scrivere mail a nome suo e a incassare gli assegni. Ma li restituirò.

Fabio:                 si, certo. E come?

Davide:              gioco l’enalotto tutte le settimane. Appena vinco, li rimborso.

Fabio:                 sì, aspetta e spera.

Davide:              eh, sì. Aspetto e spero.

Fabio:                 ma Gibo stava ancora iscritto all’università? Avrà avuto quarant’anni.

Davide:              era un fuori corso cronico. Quando si impegnava era un geniaccio, una mente.

Ma attraversava periodi di apatia lunghi anche anni.

Fabio:                 e gli zii lo mantenevano ugualmente.

Davide:              non hanno figli, sono due vecchi soli, che vivono lontano. Dopo la tragedia, han-

no praticamente adottato il loro nipote.

Fabio:                 una scelta encomiabile. Un gesto di grande umanità. E tu ti sei inserito come uno

sciacallo in questo idillio di solidarietà familiare. Ti dovresti solo vergognare.

Davide:              infatti io mi vergogno, Fabio, mi vergogno moltissimo. Ma il fatto è che quelli

verranno qui per il week end.

Fabio:                 se siete in contatto via mail, perché non gli scrivi e li dissuadi?

Davide:              credi che non ci abbia provato? Sono sei mesi che sto cercando di dissuaderli.

Fabio:                 ma come faccio a fingere di essere Gibo. Anche se sono anni che non lo vedono,

io non gli somiglio per niente. Sono proprio diverso come fisiognomica, come genotipo….

Davide:              (compiaciuto) guarda qua (gli mostra un passamontagna).

Fabio:                 cos’è?

Davide:              come: cos’è? non lo vedi? un passamontagna. Non sono riuscito a dissuaderli ma

li ho convinti comunque che Gibo è malato. Ha una malattia per la quale è co-stretto a indossare guanti e passamontagna, per non infettare gli altri.


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Fabio:                 tu sei impazzito completamente. Che tipo di malattia?

Davide:              sono stato piuttosto vago, il morbo di Hansen, una cosa del genere…

Fabio:                 il morbo di… ché?

Davide:              di Hansen. Comunemente la chiamano… (a mezza voce) lebbra.

Fabio:                 la lebbra?!? Ma tu sei scemo: dovrei fingere di essere Gibo lebbroso, mi faranno

ricoverare…

Davide:              mi ero giocato questa carta come ultimo tentativo di dissuaderli. Ma quando ho

capito che sarebbero venuti comunque, ho pensato che potevo utilizzare questa

bugia per attuare il mio piano. Gli ho detto che è una forma lieve, una lebbra

passeggera…

Fabio:                 senti questo… una lebbra passeggera. Ma scusa, se deve avere guanti e passa-

montagna, perché non lo fai tu, il lebbroso?

Davide:              perché tre mesi fa, quando hanno fatto un’improvvisata che a momenti mi pi-

gliava un colpo, ci siamo conosciuti. Mi sono inventato che Gibo era fuori a pesca

e sarebbe stato fuori diversi giorni. Quella volta si sono trattenuti e abbiamo fa-

miliarizzato, mi vogliono rivedere. Così mi serve qualcun altro che interpreti il

lebbroso.

Fabio:                 potresti dirgli che Gibo è di nuovo uscito a pesca.

Davide:              mi hanno scritto che questa volta non sentiranno ragioni: lo vogliono vedere. Se

necessario si piazzeranno qui e attenderanno sino a quando non lo avranno in-contrato.

Fabio:                 Davide, sei diabolico. Cominci a farmi paura.

Davide:              come disse quel navigato giocatore di carte, tempo fa: “una volta iniziato il bluff,

non ci si può più tirare indietro”.

Fabio:                 tu devi solo dirgli la verità e restituire quello che ti è rimasto. Con l’impegno di

ridare anche il resto, un po’ alla volta. Ti capiranno. Credimi, è l’unica strada.

Davide:              beh, sinceramente non è che mi sia rimasto molto.

Fabio:                 di che cifre parliamo?

Davide:              ho incassato circa dodicimila euro, finora.

Fabio:                 e quanto potresti restituire?

Davide:              al momento circa dodici euro, più o meno.

Fabio:                 Davide, devi trovare un lavoro serio e onesto e col tempo, a rate, restituire tutto.

Davide:              e come faccio? Coi miei lavoretti saltuari, non mi basterebbe una vita.

Fabio:                 devi cambiare atteggiamento verso il lavoro, Davide. Smettere di vivere di espe-

dienti. Non puoi pensare di continuare a fare nulla per il resto della vita.


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Davide:              Fabio, te l’ho detto: dopo l’ultimo licenziamento voglio prendermi un periodo di

riposo di almeno sei mesi. Dopo, comincerò a non far niente.

Fabio:                 (sospira) sei un caso disperato.

Davide:              se non fossi disperato non mi sarei mai rivolto a te. Tu per me hai sempre rap-

presentato un raggio di sole nella nebbia, una goccia di acqua nel deserto, in-somma: l’ultima spiaggia.

Fabio:                 grazie, caro.

Davide:              su, prendi qualcosa da bere. Io vado ad accendere il computer: ti mostro le mail

che ci siamo scambiati, così cominci a familiarizzare con il loro linguaggio e pre-pararti all’incontro.

Fabio:                 che situazione….

(Davide esce a sinistra, Fabio si versa un succo di frutta. Suonano alla porta. A Fabio va di tra-verso il succo).

Saranno mica già loro?

Davide:              (da fuori) ma no, si sono messi in macchina stamattina, non possono arrivareprima di mezzogiorno. Va a vedere chi è.

(Fabio va ad aprire, è la professoressa Zambelli)

Zambelli:          buongiorno. Il signor Treccani?

Fabio:                 ehm …no.

Zambelli:          chiedo scusa, è vero. Sto cercando il signor Gilberto Treccani. Alla segreteria

dell’Università mi hanno dato questo indirizzo.

Fabio:                 (titubante)…beh, sì, infatti l’indirizzo è giusto. Lei chi è, scusi?

Zambelli:          professoressa Evelinda Zambelli, docente di endocrinologia fitopatologica vete-

rinaria dell’Università degli studi di San Marino, molto lieta.

Fabio:                 piacere, Fabio Guidelli… sono un amico di Gilberto. Al momento non è in casa, e

non credo che rientrerà, a breve. No, non credo proprio.

Zambelli:          ah, peccato. Non è stato facile trovare questa abitazione, in questo dedalo di

viuzze. Mi sono appena trasferita dall’Università di Teramo, per cui non conosco il Paese.

Fabio:                 posso sapere perché lo cercava?

Zambelli:          molto semplice, e al tempo stesso gioviale, se così posso esprimermi, è vero. De-

vo comunicare al Treccani un’ottima notizia: il suo progetto di ricerca ha ottenu-

to il finanziamento dei fondi europei. Dodicimila euro.

Fabio:                 che?


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Zambelli:          un ottimo progetto. Una ricerca affascinante e innovativa. Io stessa ne sono ri-

masta affascinata, nel prenderne conoscenza, è vero. Bene ha fatto la commis-

sione europea a finanziarlo. Speravo oggi di conoscere l’autore.

Fabio:                 se vuole la faccio parlare con il suo coinquilino. Magari Gilberto gli ha lasciato

qualche indicazione per poterlo rintracciare, in caso di bisogno.

Zambelli:          la ringrazio, è vero. Ho qui in borsa l’assegno da consegnargli, sarebbe una vera

disdetta doverlo restituire per contumacia dello studente.

Fabio:                 si accomodi pure, io vado a chiamarle il coinquilino.

Zambelli:          la ringrazio di cuore, è vero. Attendo qui.

(esce a sinistra. La Zambelli si guarda un po’ intorno. Fabio rientra poco dopo con Davide.)

ecco, questa è la professoressa Zambelli, docente di patologia patologica…

(mangiandosi le parole per non farsi intendere) …tematica, telematica…dell’Università di San Marino. Lui è…

Davide:              molto lieto, professoressa. L’amico Fabio mi ha informato del motivo della sua

visita. Sono Gilberto Treccani. Mi fa piacere che la mia ricerca le sia piaciuta.

Fabio:                 (sbalordito) eh?!?

Zambelli:          ah, piacere mio, Treccani, sono oltremodo lieta di conoscere l’autore di sì mira-

bile progetto. Riferivo ora al suo amico, è vero, che ho il piacere di annunciarle

l’ottenimento del fondo europeo per la ricerca endocrinologica per l’anno in

corso: sono dodicimila euro che le consegno con il più vivo compiacimento.

Davide:              grazie professoressa, troppo buona.

Fabio:                 (sibilando) Davide…

Davide:              (interrompendolo) sì, Davide è di là, Fabio, vai pure anche tu a leggere le mail sul

computer, io ti raggiungo appena ho terminato con la professoressa.

Fabio:                 (sibilando) non puoi…

Davide:              (lo spinge a forza) vai a leggere le mail, vai…

(Fabio esce di malavoglia a sinistra).

Zambelli:          naturalmente, in qualità di sua tutor, avremo modo di discutere approfondita-

mente del progetto e di valutare insieme modalità e termini di attuazione, è ve-

ro. Mi entusiasma l’idea di poterla seguire e farle da guida nell’appassionante

percorso scientifico che ci attende nei prossimi mesi.

Davide:              beh, anche per me è molto emozionante. Sono ansioso più di lei di mettermi

all’opera.

Zambelli:          ecco qua l’assegno che si è guadagnato. Mi metta una firma qui. Posso già chie-

derle come le è venuto in mente di proporre un progetto del genere?

Davide:              ah, grazie (prende l’assegno). Beh, l’idea mi è venuta così per caso, leggendo qua

e là, in biblioteca.


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Zambelli:          stento a credere che un’idea così innovativa le sia venuta cercando sulla lettera-

tura scientifica già pubblicata.

Davide:              beh, no, diciamo che leggendo e rileggendo, alla fine ho elaborato un’idea nuova

e credo originale, ecco.

Zambelli:          non avrà prescisso dall’osservazione sul campo, immagino.

Davide:              eh, beh, no, certamente. L’osservazione sul campo è stata cruciale, determinante.

Zambelli:          e quando ha compiuto i sopralluoghi? In quali siti?

Davide:              i sopralluoghi? Beh, la sera…

Zambelli:          (sorpresa) la sera?!?

Davide:              no, cioè, la sera mi addormentavo presto, per andare a osservare di mattina.

Zambelli:          a quali ore?

Davide:              prestissimo, verso le nove e mezza…

Zambelli:          nove e mezza??

Davide:              no, dicevo che alle nove e mezza io avevo già finito, messo via le mie cose e fatto

la doccia.

Zambelli:          ah, capisco. E in quali siti?

Davide:              beh, prima di tutto, quello più importante era… www …

Zambelli:          www? Ma io intendevo quali siti di osservazione, posti naturali, è vero. Come è

riuscito a scovarli?

Davide:              beh, andando a tentativi, diciamo che ci ho provato e mi è andata bene.

Zambelli:          comprendo il suo riserbo, mi dirà tutto a suo tempo. Anzi, mi scusi se l’ho assali-

ta con le mie domande, è vero, ma sono talmente galvanizzata dalla ricerca, che

non riesco a controllarmi. Avremo in seguito tutto il tempo per approfondire.

“Omnia tempus habent”, (Davide resta interdetto…) ogni cosa a suo tempo.

Davide:              ah, sì, certo. Sebbene, professoressa, bisogna sempre tenersi pronti. Chi dorme

non piglia pesci e noi invece dobbiamo “carpe diem”. Pescare le carpe.

Zambelli:          ha proprio ragione, caro Treccani. Ehm…mi scusi, potrei per cortesia approfitta-

re un momento del suo bagno? Ci ho messo più tempo del previsto a scovarla e avrei maturato una certa impellenza.

Davide:              in realtà stavo uscendo, professoressa, ma posso ancora aspettare qualche mi-

nuto. Si accomodi da quella parte, a destra. (gli indica il bagno).

Zambelli:          grazie, è vero. Conto di risolvere in brevissimo tempo. (esce verso il bagno).

Fabio:                 (rientra) Davide!

Davide:              sssttt… fai piano, la professoressa è andata in bagno ma potrebbe sentirci.

Chiamami Gilberto.


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Fabio:                 non ti impossesserai anche di quei fondi. Non te lo permetterò.

Davide:              e perché no? Sono fondi europei che finirebbero nel calderone.

Fabio:                 ma il tuo è un reato, Davide, non puoi appropriarti così del denaro altrui, è una

spirale perversa, finirai per pentirtene amaramente.

Davide:              stai tranquillo, Fabio, hai letto le mail?

Fabio:                 sì.

(suonano alla porta)

Davide:              hops… questi forse sono loro. (guarda l’orologio) Sono in anticipo. Pazienza. Sei

pronto?

Fabio:                 no!

Davide:              su, vai di là e infilati questo (gli passa il passamontagna). Cerca di parlare il me-

no possibile. Io ti starò sempre accanto per aiutarti in caso di bisogno.

Fabio:                 ci sarà indubbiamente bisogno. (mentre prende anche i guanti) Ancora non cre-

do a quello che sto facendo. Non me ne capacito. Come sei riuscito a convincer-mi?

Davide:              Fabio, ti sono infinitamente grato. Voglio che tu sappia che da questo momento

siamo indissolubilmente legati. D’ora in poi, nella tua vita - tranne quando avrai bisogno - io ci sarò sempre! Su, vai di là e aspetta.

(Nuova scampanellata. Davide spinge Fabio a sinistra, poi va ad aprire. Entrano Adriana e Seve-rino. Severino è carico di valigie e borse, scambi di saluti ed effusioni).

Adriana:           carissimo Davide, che piacere rivederti. Come stai?

Davide:              benissimo, grazie. Voi? Avete fatto buon viaggio?

Adriana:           si, con il navigatore ci abbiamo impiegato tre quarti d’ora in meno. L’altra volta

con questo navigatore qui (indica Severino) abbiamo fatto la circumnavigazione

dei monti sibillini.

Severino:         (che ha posato le borse) ma quali sibillini, le due strade si equivalgono,l’altra

strada era solo più trafficata.

Adriana:           il navigatore indica 31,5 chilometri lineari in meno, caro. La strada di oggi è più

breve a parità di condizioni di traffico.

Severino:         sarà… io comunque non mi fido di quegli attrezzi lì.

Adriana:           sai, Davide, ultimamente ci muoviamo sempre meno. Ogni anno facciamo la no-

stra solita gita a Lourdes, ma sui pullman organizzati, i viaggi della speranza.

Severino:         già. Io ho sempre la speranza di tornare senza di lei.

Adriana:           così quando ci muoviamo in auto, prima di arrivare, mi porta a fare il giro dei

monti sibillini.


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Davide:              volete posare le valigie? Per la vostra permanenza abbiamo pensato di attrezza-

re alla meglio la mia camera, che ha un letto matrimoniale, io mi accomoderò in

salotto, dove c’è un ottimo divano letto, mentre Gilberto ovviamente è meglio

che resti in camera sua.

Adriana:           come preferite voi, ragazzi. Come ti ho già detto, noi ci adatteremo senza pro-

blemi. Puoi dirci intanto delle sue condizioni? Come sta? È in casa, possiamo ve-

derlo?

Davide:              dunque. Gilberto è in casa, nella sua stanza. Ha preferito attendere di là, per

darmi modo di potervi spiegare le sue condizioni e prepararvi all’incontro. Severino: dicci pure, Davide. È grave?

Davide:              beh, grave no, non direi, considerata la patologia. Le sue condizioni sono stazio-

narie, il medico dice che ci vorrà solo del tempo affinché la malattia regredisca e Gilberto torni sano come prima.

Severino:         tempo? Quanto tempo?

Davide:              il medico parlava di qualche mese.

Adriana:           ma abbiamo capito bene, si tratta di lebbra? Io mi sono un poco informata con il

nostro medico di condotta, dice che oggi si può curare, gli è stata prescritta la te-

rapia corretta?

Davide:              mah, credo di avere capito che questa forma di lebbra è un po’ particolare. Gil-

berto si cura con pomate, prodotti… (i due lo guardano un po’ scettici) …ehm…, è

un caso molto raro... anzi, proprio stamattina, addirittura è venuta una professo-

ressa dell’Università, che in questo momento è in bagno, per studiare questa

forma di lebbra così particolare.

Adriana:           povero, piccolo Gibo. Lasciaci andare da lui, siamo pronti a tutto.

Davide:              è da quella parte. Vi avviso che per evitare il contagio è costretto a indossare

guanti e passamontagna. Forse lo troverete cambiato, la voce, la postura, il cor-

po, stanno reagendo alla malattia, ma lo spirito è sempre positivo. Però si stanca

facilmente. Quindi, nonostante naturalmente lui sia felicissimo di vedervi, io vi

pregherei di trattenervi il meno possibile. Per il suo bene.

Adriana:           quanto sei caro, Davide. Cosa farebbe il nostro Gibo senza le tue cure e le tue

premure.

Davide:              siamo amici da una vita, sono sicuro che lui farebbe altrettanto per me, se io fos-

si ammalato. Andate, andate pure. Io congedo la professoressa poi vi raggiungo.

Severino:         a più tardi, Davide.

(Adriana e Severino escono a sinistra, poi da destra entra la Zambelli, ha in mano una lente d’ingrandimento e dei peli).

Zambelli:          Treccani! Non credo ai miei occhi. Guardi cosa ho trovato in bagno, è vero (si

siede ed esamina i peli con la lente d’ingrandimento).


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Davide:              che ha trovato?

Zambelli:          sembrano peli di uno scottish, una delle razze più rare del mondo.

Davide:              razze di cosa?

Zambelli:          di felis silvestris (Davide resta interdetto). Di gatto!

Davide:              ah, sì, devono essere del gatto di Gibo, non lo si vede più da mesi. Chissà perché

se ne è andato. Forse perché erano finite le sue crocchette.

Zambelli:          il gatto di chi?

Davide:              di… (accortosi dell’errore), ehm… il mio. Il mio gatto. Si chiamava Gibo. Il gatto.

(come per chiamarlo) Gibo-Gibo-Gibo….

Zambelli:          e ora dov’è?

Davide:              sono due mesi che non si fa vedere.

Zambelli:          ah, se effettivamente è uno scottish, probabilmente è stato notato da qualche

trafficante senza scrupoli, è vero, che lo ha prelevato per commercializzarlo.

Davide:              lei dice?

Zambelli:          (esaminando i peli) questi sembrano di una sotto razza ancora più rara.

Davide:              (cerca di liberarsi della Zambelli) sevuole portarli all’Università per esaminarli

con maggior cura, li prenda pure, a me non servono.

Zambelli:          me ne occorrono altri. Mi perdoni. Torno in bagno.

(la Zambelli si fionda a destra. Davide non fa in tempo a fermarla, impreca poi esce a sinistra.

Poco dopo escono Adriana e Severino).

Severino:         ti dirò che l’ho trovato meglio di quello che pensavo. Si certo, me lo aspettavo

più loquace, sembra quasi che abbia difficoltà a esprimersi, però nel fisico pare

che non abbia patito niente, è bello robusto, rubicondo.

Adriana:           (pensierosa) già…

Severino:         mi chiedo come mai non lo tengano ricoverato in ospedale, con il rischio di con-

tagio che comporta. Povero ragazzo, dover sempre indossare guanti e passa-

montagna, non deve essere facile, ma almeno quando dorme se li potrà levare,

come farà con coperte, vestiti…

Adriana:           (c.s.) eh, sì.

Severino:         certo che quel suo amico, Davide, è proprio encomiabile. Hai visto com’è premu-

roso e attento. Con noi lontani, come farebbe se non avesse un amico del gene-re?

Adriana:           (c.s.) mm.

Severino:         perché non parli? Sei guarita?

Adriana:           Severino, qui c’è qualcosa che non quadra.


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Severino:         eh?

Adriana:           ti dico che c’è qualcosa che non mi torna.

Severino:         cos’è che non ti torna?

Adriana:           lo hai detto tu, quel Davide, con tutte le attenzioni che gli riserva, mi ha messo la

pulce nell’orecchio.

Severino:         te ce l’hai fissa la pulce nell’orecchio, si è domiciliata lì dal ‘75.

Adriana:           non hai notato come gli sta sempre addosso, come prevenga quasi ogni doman-

da, come sia invadente…

Severino:         a me non pare.

Adriana:           a me invece pare troppo affettuoso e quasi…

Severino:         quasi…?

Adriana:           amorevole.

Severino:         amorevole?

Adriana:           insomma, Severino, sveglia! quelli sono più che amici.

Severino:         Davide e Gilberto?

Adriana:           certo, Davide e Gilberto, stiamo parlando di loro, no?

Severino:         sono amici.

Adriana:           sono più che amici, Severino, loro, sì… insomma… tra di loro… capito?

Severino:       no.

Adriana:           oh, insomma, Severino: credo che il nostro Gibo sia gay. E Davide sia il suo ami-

chetto.

Severino:       gay?

Adriana:           ce ne sono tantissimi, oggi. Ecco perché non ci ha mai invitato e tutte le volte che

parlavamo di venire si è sempre mostrato freddino.

Severino:         di fronte alla tua sfacciata invadenza, chi non si mostrerebbe freddino?

Adriana:           tu, Severino, vivi in un mondo tutto tuo. Non hai neppure notato con quanta

amorevole attenzione Davide si prenda cura di Gilberto.

Severino:         ma se te ne ho parlato io poco fa.

Adriana:           sì, hai fatto due più due, ma non sei arrivato a quattro.

Severino:         mah… a me non pare. E comunque, in ogni caso, non credo che siano affari no-

stri.

Adriana:           certo che no, Severino. Era solo un’osservazione. Per evitare che tu possa fare

qualche gaffe delle tue.

Severino:          ti assicuro che ci starò attento, grazie.


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Adriana:           cosa faresti se tua moglie non fosse un genio…

Severino:         cara, se mia moglie fosse un genio, significherebbe che io sono bigamo.

(da destra esce la Zambelli)

Zambelli:          in bagno non ce ne sono altri, Trecc… (si accorge di Adriana e Severino)

hops…scusate. Evelinda Zambelli, professoressa dell’Università di San Marino.

Adriana:           oh, professoressa. Si è occupata lei del nostro Gibo? Può dirci qualcosa, siamo

molto preoccupati.

Zambelli:          Gibo? È vostro?

Severino:         beh, ormai lo consideriamo nostro, professoressa, da quando ha perso i genitori.

Zambelli:          voi avete veduto i genitori? Entrambi? Di che colore avevano le orecchie?

Adriana:           le orecchie? Mah…mi pareva un colorito normale, roseo.

Zambelli:          e sul dorso, avevano striature fulve?

Adriana:           mah, non saprei dirle, professoressa. Posso sapere perché lo chiede?

Zambelli:          beh… al momento ogni ipotesi non può che considerarsi del tutto prematura, è

vero. Io ho prelevato alcuni peli, ma me ne servirebbero di più.

Severino:         peli?

Zambelli:          sì, questi! (glieli mostra orgoglioso)

Adriana:           (stranita) e gliene servono ancora?

Zambelli:          eh, sì. Almeno una ventina, per disporre tutte le analisi del caso.

Severino:         e perché non va nella sua stanza e ne preleva ancora?

Zambelli:          qual è la sua stanza?

Adriana:           da quella parte, professoressa, lo abbiamo appena visto lì.

Zambelli:          (scatta) adesso? Ne siete sicuri? Era proprio lui?

Severino:         certo professoressa, siamo sicuri, era lui. Almeno non abbiamo motivo per dubi-

tarne.

Zambelli:          scusate (si fionda a sinistra).

Adriana:           (un po’ stranita) non ti pare un po’ strana, quella professoressa?

Severino:         a te paiono tutti strani. Gli scienziati sono così, a forza di studiare sembra che

vivano sulle nuvole.

Adriana:           beh, Severino, noi intanto sistemiamo i nostri bagagli. Temo che la nostra per-

manenza debba prolungarsi anche oltre il previsto.

Severino:         secondo me, invece, prima togliamo il disturbo, più saremo apprezzati.

Adriana:           tu non capisci niente, Severino. A Gilberto farà molto piacere passare qualche

giorno con noi.


14


Stefano Palmucci

Severino:         (sarcastico) eeehhh…con te specialmente.

(prendono i bagagli e li portano a destra. Da sinistra entrano Davide e Fabio. Fabio è a capo sco-perto, fa per andarsene, Davide lo trattiene, con il passamontagna in mano.)

Fabio:                 se pensi che voglia continuare a prendere in giro quei due poveretti, e passare il

week end tappato nel tuo appartamento con questo affare in testa…

Davide:              ma non lo devi sempre tenere, Fabio, in bagno lo puoi togliere, e anche la notte,

quando loro dormono, puoi chiuderti in camera tua…

Fabio:                 ma non lo voglio fare, capisci? Non avrei neanche dovuto cominciare questa as-

surda farsa…

Davide:              vuoi parlare piano? Ti farai sentire…

Fabio:                 non mi interessa se mi sentono, Davide, devono sapere tutto…

(Adriana compare da destra, vede Davide di spalle che gli copre la vista di Fabio.)

Adriana:           Davide…

(fulmineamente Davide infila il passamontagna a Fabio.)

Davide:              sì, Adriana… (finge di sistemare il colletto della camicia di Fabio, non rendendosi

conto di quanto sia ambigua la sua premura, poi si volta).

Adriana:           ah, scusate, ti chiedevo se potevi mostrarmi il bagno.

Davide:              certamente. Fabio tu vai a riposare, non devi stancarti troppo. Vai pure.

(Fabio si ritira a sinistra senza una parola).

Adriana:           senti Davide…

Davide:              si?

Adriana:   ecco, volevo solo dirti che, io e Severino, insomma, abbiamo una certa età, cer-tamente ma, ecco, abbiamo comunque una mentalità molto aperta…

Davide:              (non capendo) sì…

Adriana:           insomma, non siamo certo retrogradi, anzi direi piuttosto che abbiamo ampie

vedute. Molto ampie.

Davide:              (continuando a non capire) mi fa piacere.

Adriana:   quindi, ecco, solo per dirti che per noi non cambia niente, abbiamo uno spirito molto tollerante, insomma non pensiamo siano affari nostri, ecco.

Davide:              Adriana, sta cercando di dirmi qualcosa?

Adriana:           solo assicurarti che non è nostra intenzione intrometterci in cose che non ci ri-

guardano. Però, ecco, ti pregherei di fare attenzione al contagio.

Davide:              (non capendo) al contagio…quale cont… (gli viene in mente) ah! della lebbra. Cer-

to.


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Bugie fuori corso

Adriana:           beh, visto che ci hai detto che si trasmette al contatto…insomma, se ti dovessi

ammalare anche tu, capisci che diventerebbe molto più complicato gestire la si-

tuazione. Noi possiamo aiutarvi ma prima o poi dovremo rientrare a casa.

Davide:              Adriana, se è questa la sua preoccupazione, le garantisco che starò attentissimo.

Quando vorrete ritornare a casa vostra, fatelo pure senza nessuna remora.

Adriana:           grazie, Davide. Sei proprio un caro ragazzo. Saresti un genero ideale.

Davide:              le mostro il bagno. (escono a destra)

(da sinistra entra la Zambelli)

Zambelli:          niente, non si trova. Gibo-Gibo-Gibo…

(da destra rientra Davide.)

Davide:              professoressa… (guardando in giro per assicurarsi che nessuno lo senta) non ha

trovato altri peli? Probabilmente non ce ne sono più. Vada a esaminare questi, intanto.

Zambelli:          prima ho conferito con due testimoni: hanno avvistato il felis in quella stanza

poco fa. Deve essere ancora in giro.

Davide:              ah, sì? Ma forse si sono sbagliati, non poteva essere Gibo. Forse era un altro gat-

to, un bastardino qualsiasi, di nessun interesse scientifico.

Zambelli:          i testimoni erano sicuri fosse proprio Gibo. La finestra della stanza dà sul corni-

cione, è vero, proverò ad arrampicarmi dalla grondaia.

(la Zambelli esce dalla porta principale, da sinistra entra Fabio).

Fabio:                 Davide, mi dispiace ma stavolta ho proprio deciso. Io me ne vado. Non posso

continuare questa farsa.

Davide:              certo, Fabio, vai pure. Solo un paio di giorni poi te ne potrai andare tranquilla-

mente per i fatti tuoi.

Fabio:                 no, Davide, non ci siamo capiti. Io me ne vado adesso.

Davide:              (spingendolo a sinistra) su, Fabio, non scherzare, ti pare il momento, torna di là e

fai il bravo (lo spinge a sinistra).

Fabio:                 no, davvero, non posso…

(con un’ultima spinta Davide fa uscire Fabio verso sinistra. Alle spalle di Davide è intanto com-parsa Erminia con fare minaccioso. Davide si volta e lancia un piccolo urletto di sgradita sorpre-sa)

Davide:              ah! Signora Erminia vuole farmi collassare? Da dove sbuca?

Erminia:            dalla porta, da dove vuole che sbuchi?

Davide:              era chiusa, la porta.

Erminia:            io l’ho trovata aperta.


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Stefano Palmucci

Davide:              signora Erminia, le ho già detto che il fatto che lei sia la padrona di casa non le

dà il diritto di entrare e uscire a suo piacimento.

Erminia:            c’è una donna sul cornicione.

Davide:              una donna… ah, deve essere quella professoressa, sta cercando un gatto.

Erminia:            un gatto? non è permesso avere animali nell’appartamento, c’è scritto sul con-

tratto.

Davide:              e infatti non ci sono animali, lei vede animali in giro?

Erminia:            a parte lei, no. Altrimenti farebbero una brutta fine.

Davide:              non abbiamo animali, stia tranquilla, è solo una professoressa dell’università

che si è presa una brutta fissa. Sono sicuro che tra poco se ne andrà.

Erminia:            una professoressa dell’università? Mah, a me non pareva proprio. Sembrava più

una di quelle vostre amiche svergognate. Non è che avete dato una festa?

Davide:              nessuna festa, signora Erminia.

Erminia:            perché quelle sono vietate dal contratto, se non se lo ricorda.

Davide:              certo che me lo ricordo, c’è qualcosa che non è vietato dal contratto?

Erminia:            respirare, mangiare, dormire e comportarsi educatamente senza fare schiamaz-

zi.

Davide:              è quello che facciamo, infatti.

Erminia:            dal movimento che ho sentito, mi pareva proprio una festa. Una di quelle feste

della perdizione che fate voi giovani, dove fumate l’adidas, la diesselle e bevete

tutti quei cockt.

Davide:              no, signora, non c’è una festa. C’è solo un mio amico e dei suoi zii che lo sono ve-

nuti a trovare.

Erminia:            e perché lo sono venuti a trovare qui? Stanno tutti sotto i ponti, i suoi amici?

Davide:              ce l’ha una casa, ma ha preferito incontrali qui. È vietato dal contratto?

Erminia:            mmmh… devo controllare. Per quanto tempo si trattengono?

Davide:              un paio di giorni, perché?

Erminia:            perché è vietato dal contratto subaffittare l’appartamento.

Davide:              nessun subaffitto, signora, sono ospiti. Passano un paio di notti qui e se ne van-

no.

Erminia:            lo spero per voi. E l’altro inquilino, quel perdigiorno, è un po’ che non lo vedo,

che fine ha fatto?

Davide:              le paga l’affitto, no? Dunque dove sta sono affari suoi, mi pare.

Erminia:            qui c’è qualcosa di poco chiaro. Se scopro che state violando il contratto, vi sbat-

to fuori a calci nel sedere, lo sapete.


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Bugie fuori corso

Davide:              sì, signora, è la trecentesima volta che me lo ripete, so che non vede l’ora. Ma

finché paghiamo la retta puntualmente e rispettiamo il contratto, lei non può fa-re niente. Ci deve sopportare.

Erminia:            e pensare che ci sarebbero fior di ragazzi intenzionati ad abitare qui. Altro che

debosciati fannulloni come voialtri. Accidenti a quella volta che vi ho presi in ca-

sa.

Davide:              ecco, se vuole andare a riflettere su tutti gli errori che ha fatto nella sua vita, va-

da pure signora Erminia, che qui avremmo delle cose da fare.

Erminia:            certo, so bene le cose che avete da fare voialtri, bere i cockt e giocate a porker

tutto il giorno.

Davide:              sì, ma lo facciamo senza schiamazzi, come da contratto.

Erminia:            oppure guardate le schifezze su internet e poi vi masterizzate.

Davide:              venga che la accompagno, signora Erminia, esco con lei.

Erminia:            (minacciosa, uscendo) io vi tengo d’occhio.

Davide:             non abbiamo dubbi.

(escono entrambi dalla porta principale. Da sinistra esce Fabio in passamontagna con fare furti-vo poi vede Severino, che entra da destra, e si ricompone)

Severino:         oh, Gilberto, stiamo prendendo possesso della nostra camera. Cercheremo di

dare il minor disturbo possibile poi, stai tranquillo che cercherò di portare a ca-

sa tua zia il prima possibile, anche contro la sua volontà.

Fabio:                 nessun problema…ehm…zio. Davvero nessun disturbo, potete rimanere quanto

volete.

Severino:         senti, Gilberto: toglimi una curiosità, tu che sei uno studioso delle scienze natu-

rali e animali.

Fabio:                 ehm…sì, zio, però tieni conto che non sono ancora laureato, per cui molte cose

non le ho ancora studiate, insomma…

Severino:         l’altro giorno ho scommesso con un mio amico. Io sostenevo che le vipere sono

mammifere, perché partoriscono senza fare uova, lui invece sosteneva il contra-rio. Chi ha ragione.

Fabio:                 questa la so! Purtroppo, zio, aveva ragione il tuo amico. Le vipere sono “ovovivi-

pare”, cioè producono una sorta di ovazione interna, ma non sono mammifere. Severino: accidenti, allora ho perso la scommessa. Ma sei sicuro?

Fabio:                 sicurissimo zio, i mammiferi hanno le tette. Tu hai mai visto una vipera con le

tette?

Severino:         certo: ci vado a dormire tutte le sere!

Fabio:                 ah, ah, ha, zio…sei troppo simpatico, davvero non ti meriteresti…


18


Stefano Palmucci

Severino:         cosa?

Fabio:                 no, niente.

Severino:         ho capito cosa volevi dire: non mi merito una croce come quella. Hai ragione, ma

cosa ci vuoi fare? Me la sono sposata, me la devo tenere. Ormai sono qua-

rant’anni.

Fabio:                 e come ci sei riuscito? io non riesco a tenermi una donna per quattro mesi. Non

credo che il segreto sia solo lo spirito di sacrificio.

Severino:         mah, in questo campo non ho consigli da darti, Gilberto. Io, nel mio caso, ho solo

rispettato le due regole di base del rapporto tra uomo e donna.

Fabio:                 che sarebbero?

Severino:         beh, primo: devi sempre darle l’impressione che sia lei a comandare.

Fabio:                 ah, ecco. E la seconda?

Severino:         beh, devi sempre lasciarla comandare.

Fabio:                 non credo sia questo il vostro segreto. Si vede che alla base del rapporto c’è un

sentimento forte. Sei così tenero: alla vostra età, quando ti rivolgi a lei, la chiami ancora “amore”.

Severino:         no, quello è perché a volte mi scordo come si chiama.

Fabio:                 (affabile) finiscila, zio…

Severino:         vado a sistemare quest’ultima valigia. Tu non stancarti, eh?

Fabio:                 tranquillo.

(Severino esce a sinistra. Dal centro entra Davide)

Davide:              che ci fai qui, tu? Su forza, torna in camera tua.

Fabio:                 Davide, ti ho già detto che non resisto.

Davide:              su, su, un ultimo piccolo sforzo, ormai il più è fatto (lo spinge a destra).

Fabio:                 (uscendo) huff.

(alle spalle di Davide compare di nuovo Erminia, con fare minaccioso. Davide si volta e si prende un piccolo spavento)

Davide:              ah! Signora Erminia, vuole farmi collassare?

Erminia:            magari. Ci vuol altro per fare collassare voialtri depravati. Dalla finestra ho visto

un uomo con un passamontagna, chi era?

Davide:              le pare corretto sbirciare dalle finestre, signora?

Erminia:            c’ha ragione, con la prossima retta vi farò installare delle videocamere interne,

così potrò controllarvi da casa mia, senza per forza dover venire a guardarvi

dalle finestre.

Davide:              era quel mio amico di cui le parlavo, Fabio.


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Bugie fuori corso

Erminia:            e perché si porta un passamontagna? Non avrete per caso rotto l’impianto di ri-

scaldamento?

Davide:              affatto, signora, l’impianto funziona perfettamente, anche se ha trecento anni. Il

mio amico è malato.

Erminia:            malato? Che ha? È contagioso? Guardi che in caso di malattia contagiosa il con-

tratto…

Davide:              eh? No, no. Ma che malato…mi sono confuso, Fabio non è malato, assolutamente

no. Il passamontagna, lui, lo mette perché ha la… ehm… no, lui è…ehm…brutto.

Erminia:            brutto?

Davide:              eh, sì, brutto. Bruttissimo, poveretto. Brutto da far schifo, repellente. E quindi

indossa un passamontagna perché si vergogna di mostrarsi.

Erminia:            e non se lo leva mai?

Davide:              che, scherza? Dovrebbe vedere quanto è brutto. Una cosa da non credere. Un ca-

so unico al mondo. Fuori da ogni immaginazione. Pensi che quando nacque, l’ostetrica schiaffeggiò la madre.

Erminia:            e naturalmente, essendo suo amico, non ha denari per prodotti di bellezza.

Davide:              magari potrebbe prestargli i suoi, di prodotti, visto che su di lei hanno risultati

così strabilianti.

Erminia:            mi sa che per un caso così grave ci voglia il chirurgo estetico.

Davide:              diversi chirurghi hanno provato a operarlo, ma senza riuscirci. Quando lo vedo-

no, danno di stomaco.

Erminia:            che mestiere fa?

Davide:              beh, lui fa …ehm… il pugile, sì, il pugile professionista. È l’unico mestiere che può

fare, con quella faccia non ha niente da perdere.

Erminia:            quindi non incontra nessuno, non ha vita sociale, niente…

Davide:              che scherza? Una volta ha scritto alla rubrica “cuori solitari”, ma gli hanno ri-

mandato indietro la richiesta con scritto: non siamo così solitari.

Erminia:            proprio un caso irrecuperabile.

Davide:              per caso stava cercando un fidanzato, signora?

Erminia:            se cercassi un fidanzato, non penserei certo agli amici suoi.

Davide:              ecco, vada a cercarlo altrove, quindi.

Erminia:            ricordatevi che vi tengo d’occhio.

Davide:              sì, certo, signora, ce ne ricordiamo.

(la accompagna fuori e cala la tela)

FINE PRIMO ATTO


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Stefano Palmucci

Secondo atto

Stessa scena, la mattina dopo. Sul tavolo il passamontagna con un foglietto. Da destra entra Davide con una tazza di caffè in mano. Vede il passamontagna e legge il biglietto. Impre-ca. Sente rumoreggiare da destra, non sa cosa fare. D’istinto s’infila il passamontagna, fingen-do di essere Gilberto. Da sinistra Entra Adriana.

Adriana:           Gilberto, caro, buongiorno. Hai dormito bene?

Davide:              (mugugna come se avesse un mal di testa) mmm…mmm.

Adriana:           oddio, che hai? Ti senti male?

Davide:              (continua a mugugnare, come per rassicurare).

Adriana:           vuoi che chiami qualcuno? Davide dov’è?

Davide:              (fa gesti per dire non ti preoccupare, stai qui, io vado di là ed esce a sinistra).

Severino:         (entrando) ho proprio voglia di un’abbondante colazione. Ieri sono stato leggero

per via del viaggio ma stamattina c’ho un languorino….

Adriana:           (preoccupata) ma stai sempre a pensare al cibo, tu?

Severino:         quando ho fame, sì. Perché, che c’è?

Adriana:           credo che Gilberto non si senta bene, stava qui tutto dolorante…

Davide:              (entrando da destra senza passamontagna) buongiorno. Oggi Gilberto non sta

bene, vi prega di perdonarlo, è andato a riposare.

Adriana:           oddio, sarà il caso di avvisare il dottore?

Davide:              oh no, non è nulla. (Ci pensa) anzi, sì, è meglio. Vado a cercarlo.

Adriana:           mah… indossi gli abiti di Gilberto?

Davide:              eh? …no, no, sono simili; anzi: identici. Stesso modello. Li abbiamo comperati as-

sieme a una svendita.

Adriana:           addirittura la stessa macchia sul pantalone.

Davide:              macchia? Ah, sì, infatti, ecco spiegato il motivo della svendita: tutta la partita

aveva una macchia sul pantalone. Li abbiamo portati via con due spiccioli, sa, noi studenti cerchiamo sempre di risparmiare.

Adriana:           (poco convinta) …capisco.

Davide:              beh, io vado a cercare il dottore. Mi raccomando, voi lasciate riposare Gilberto.

Lui dorme, è tranquillo.

Adriana:           va bene, ogni tanto ci accerteremo che stia bene.


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Bugie fuori corso

Davide:              ah, beh, però mi raccomando: non disturbatelo per nessun motivo. Io lo conosco,

se qualcuno lo disturba nel sonno diventa una bestia. Un ragazzo d’oro ma se lo

si sveglia perde la ragione. Perciò non azzardatevi a entrare in camera sua, salvo

sia lui a chiamarvi.

Adriana:           (sempre poco convinta) d’accordo.

Davide:              a più tardi, spero di tornare in un lampo!

(Davide esce al centro).

Adriana:           (a Severino) quei ragazzi sono troppo promiscui. Io rispetto le scelte di ognuno,

ma qui c’è il rischio serio di contagio.

Severino:         ma ti ha spiegato che hanno acquistato lo stesso modello di abiti, cosa c’è di ma-

le?

Adriana:           quelli erano gli stessi pantaloni, te lo dico io che me ne intendo.

Severino:         so io di cosa t’intendi tu…. Su, andiamo a fare colazione che ho una fame...

(suonano alla porta, i coniugi si guardano un momento, poi Adriana va ad aprire. È Laura).

Laura:                buongiorno.

Adriana:           buongiorno, signorina.

Laura:                scusate, cercavo Gilberto. Gilberto Treccani, è qui?

Adriana:           beh, sì. Però al momento non è disturbabile. Posso sapere perché lo cerca?

Laura.                mi chiamo Laura. Sono la sua ragazza. O almeno lo ero. Fino sei mesi fa, quando

di punto in bianco mi ha comunicato che intendeva prendersi un periodo di ri-flessione e mi ha piantata.

Adriana:           oh, cara…si accomodi.

Laura:                sei mesi, ha detto quella volta. Sei mesi poi ne riparliamo. Bene, io l’ho sempre

amato per quello che era, cioè un inguaribile svampito. Quindi ho preso atto del-

la sua decisione e l’ho rispettata senza fiatare. Ma i sei mesi sono passati e io

adesso esigo un chiarimento.

Adriana:           povera, cara, ragazza. Accomodati. Noi siamo i suoi zii. Siamo venuti a trovarlo

per qualche giorno.

Laura:                ah, mi aveva parlato di voi. I suoi zii di Cuneo. Vi era molto affezionato, anche se

non vi vedeva da tanto tempo.

Severino:         anche noi gli siamo sempre rimasti molto affezionati, specialmente poi dopo la

tragedia dei genitori.

Adriana:           quindi tu da sei mesi non lo vedi. Non sai nulla di…?

Laura:                di cosa? Cosa dovrei sapere?


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Stefano Palmucci

Severino:         mah, forse è meglio che ne parli direttamente con lui. In questo momento non

sta bene, è andato a riposare. Magari appena si sarà ripreso, potrete fare una

bella chiacchierata.

Adriana:           già, una lunga, lunga chiacchierata. Lunghissima.

Laura:                Gilberto è malato? È qualcosa di grave?

Adriana:           beh, cara, non è una malattia, non nel senso proprio del termine, ecco…

Severino:         sì, che è una malattia.

Adriana:           beh, certo, quella che intendi tu, Severino, certamente è una malattia, ma da

quella si può guarire. Io mi riferivo all’altro…problema. Quello è un po’ più diffi-cile da risolvere.

Laura:                problemi, malattie? Mi volete spiegare, per cortesia? Mi sto preoccupando.

Adriana:           Severino, dobbiamo dire qualcosa a questa ragazza. Credo sia nostro dovere.

Severino:         forse hai ragione. Credo rientri tra i doveri di un bravo genitore. E in fondo Gil-

berto è il nostro figlioccio.

Laura:                ditemi, vi prego. Ora m’avete proprio messo in ansia.

Adriana:           vedi cara…

Laura:                Laura.

Adriana:           Laura, il nostro Gilberto, al quale qui vogliamo tutti un bene dell’anima, in que-

sto momento ha due problemini.

Laura:                problemini?

Severino:         beh, problemini… io direi un problema e una condizione.

Laura:                che potrebbero ripercuotersi sul nostro rapporto?

Severino:         il problema, no, perché si risolve. La condizione probabilmente sì, perché non si

risolve.

Laura:                non capisco.

Adriana:           dunque il problema è una malattia di cui il nostro Gilberto in questo momento

soffre. Ma è guaribile nel giro di qualche mese, quindi quello è il male minore.

Laura:                e sarebbe?

Adriana:           la… lebbra.

Laura:                cosa?!?

Severino:         Gilberto è malato di lebbra. Ma è una forma passeggera, niente di preoccupante.

Laura:                oh, porca miseria. Lebbra?!?

Adriana:           sì, cara, una cosa da niente.

Laura:                Gilberto ha contratto la lebbra e voi dite che è una cosa da niente? Ma allora qual

è il problema preoccupante? Ha perso gambe e braccia? Gli è spuntata la coda…?


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Bugie fuori corso

Severino:         no, no, niente di così grave.

Adriana:           beh, grave sì, magari in un altro senso.

Severino:         vedi…

Laura:                Laura.

Severino:         vedi, Laura, le persone a volte, nella vita, cambiano. Non restano sempre uguali.

Subiscono dei cambiamenti.

Adriana:           chiamali cambiamenti.

Severino:         non a tutti, ma a qualcuno può accadere che ciò che apprezzavamo una volta,

ora non lo apprezziamo più. Magari apprezziamo altro.

Adriana:           sì, apprezziamo proprio… altro, altro.

Laura:                ha avuto un esaurimento nervoso?

Severino:         no, niente di così traumatico. Diciamo che ha avuto un cambiamento progressi-

vo, che si manifesta piano piano, col tempo…

Laura:                volete dire che Gilberto non mi ama più? Ve lo ha detto lui?

Severino:         no, cara, non ce l’ha detto. Diciamo che lo abbiamo desunto.

Laura:                potreste avere desunto male. Gilberto mi amava. Ha solo avuto bisogno di un

periodo di riflessione.

Severino:         cara, nessuno mette in dubbio il fatto che lui ti amasse. Siamo sicuri che Gilberto

ti abbia voluto un bene dell’anima. Ma, come ti dicevo, a volte qualcuno, col tempo, può cambiare.

Laura:                c’è un’altra donna? si è innamorato di un’altra?

Adriana:           no, questo no. Lo escludiamo in maniera categorica.

Laura:                allora sono sicura che, terminato il suo periodo di riflessione, riusciremo a ricu-

cire il rapporto.

Adriana:           cara, non vorremmo deluderti, ma noi riteniamo che sia molto difficile. Pratica-

mente impossibile.

Laura:                voi mi state nascondendo qualcosa, non mi avete detto tutto.

Severino:         tu Laura conosci il ragazzo che abita con Gilberto?

Laura:                Davide? Certo, è il suo coinquilino.

Adriana:           e non solo.

Laura:                sono amici sin da ragazzini.

Severino:         e non hai mai notato niente di strano in Davide?

Laura:                a parte il fatto che è un inguaribile scansafatiche e un eterno bambinone, no.

Perché?

Adriana:           beh, il bambinone è cresciuto, cara. Ora si è fatto un ometto.


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Stefano Palmucci

Laura:                sono contenta per lui, ma che c’entra Davide con Gilberto.

Adriana:           eh, c’entra, c’entra…

Laura:                basta! Se non mi dite come stanno le cose fino in fondo, non m’importa se sta ri-

posando, vado di là e lo chiedo a lui!

Severino:         cara Laura, se non avevi notato nulla di strano tra Davide e Gilberto, vuol dire

che è successo dopo che ti ha lasciata.

Laura:                successo cosa??

Adriana:           il patatrac!

Severino:         Laura, io e mia moglie abbiamo fondati motivi di ritenere che tra Davide e Gil-

berto ci sia più di una semplice amicizia.

Laura:                (sorridendo) e cosa volete che ci sia? (guarda alternativamente i due, che non

parlano. Le si smorza la risata). No, scusate, forse sono io che sono un po' confu-

sa e non connetto bene. State cercando di dirmi che Davide e Gilberto… (i due

annuiscono) …Davide e Gilberto…

Adriana:           (con rassegnazione) Davide e Gilberto.

Laura:                non può essere.

Severino:         è.

Laura:                ve lo hanno detto loro?

Severino:         non direttamente.

Laura:                e allora avete capito male, sicuramente.

Adriana:           ti dico solo questo, Laura: questa mattina Davide è uscito dalla sua stanza indos-

sando i pantaloni di Gilberto.

Laura:                (colpita, vacilla) scusate, devo andare in bagno….

Adriana:           oddio, da questa parte, cara.

(Severino e Adriana accompagnano a destra Laura, in preda a conati di vomito. Poco dopo dal centro entra Gilberto. Indossa una tunica arancione. Si guarda intorno, curiosa un po’, poi esce a sinistra. Da destra rientrano Laura, Adriana e Severino.)

Laura:                (ancora scossa) non dovevo lasciarlo partire. Che errore ho commesso.

Adriana:           non c’è niente da fare, Laura. Dà retta a me che sono una donna di esperienza. Se

vuoi trattenere un uomo lo devi trattare come il cane: guinzaglio corto, tre pasti

al giorno e non disturbarlo mentre mangia. Non vanno via più.

Severino:         ecco, a proposito, io andrei a mangiare.

Laura:                questa però non me la doveva fare. Ormai aveva quasi quarant’anni ed era sem-

pre stato così maschio.


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Bugie fuori corso

Adriana:           sono tutti uguali, cara, ce l’hanno nel DNA. Alla fatidica soglia dei quarant’anni,

gli scatta qualcosa dentro: o diventano gay, oppure cominciano a cercare una

ventenne con cui sostituirti.

Severino:         non è vero! Io la ventenne la cercavo anche prima, dei quaranta.

Adriana:           ma sentilo, il galletto! E a me cosa volevi farmi, buttarmi nella spazzatura?

Severino:         (alza le braccia) a te, cosa vuoi che ti faccia? sei protetta dal wwf.

Laura:                potete lasciarmi sola con lui, per cortesia?

Adriana:           mi raccomando cerca di mantenere la calma. Ricordati che è malato.

Laura:                ah, già, dimenticavo. C’è anche quel piccolo insignificante problemino della leb-

bra.

Severino:         Adriana, credo che sia giusto che i ragazzi conferiscano senza disturbo.

Adriana:           volevo solo essere d’aiuto, Severino.

Severino:         vieni, dobbiamo finire di riordinare la camera, noi. (cerca di condurla a destra.)

Adriana:           non puoi fargliene una colpa, Laura, sono cose che succedono nelle migliori fa-

miglie.

Severino:         (quasi spingendola) andiamo…

(Adriana e Severino escono a destra. Laura si siede, cerca di riordinare le idee poi esce decisa a sinistra. Rientrano da destra Adriana e Severino con i soprabiti)

Severino:       vieni Adriana, andiamo a cercare un bar che io ho una fame…

Adriana:           ma possibile che tu pensi sempre e solo a mangiare? i ragazzi potrebbero avere

bisogno di noi…

Severino:         non ci allontaniamo mica, ci sarà un bar qua attorno, no? Su, muoviti.

Adriana:           pensi sempre di essere di troppo, tu.

Severino:         bene, così ci compensiamo. Tu non lo pensi neppure quando lo sei…

(Severino spinge Adriana fuori al centro. Da sinistra rientrano Laura, indietreggiando con diffi-denza e Gilberto.).

Gilberto:           Laura, cara Laura. Che sorpresa!

Laura:                mi pare più grossa la tua, di sorprese.

Gilberto:           come stai? Non sai quanto io ti abbia pensata, in questi mesi.

Laura:                evidentemente non abbastanza. Come ti sei vestito? È il camice dell’ospedale?

Gilberto:           è il mio sari. Il simbolo della mia redenzione.

Laura:                c’è bisogno di ostentarlo così? Non trovi sia un tantino umiliante, per me?

Gilberto:           umiliante? Perché? Laura, io sono un uomo nuovo, ora. Non vedo l’ora di raccon-

tarti il cammino che ho intrapreso per raggiungere la mia nuova condizione. Hai

tempo? Puoi fermarti?


26


Stefano Palmucci

Laura:                anche fino domattina, Gilberto. A meno che tu non abbia delle cose da fare, sta-

sera o stanotte.

Gilberto:           oh, Laura. Come sono sereno, ora. Quando ho intrapreso il percorso alla ricerca

di me stesso, sei mesi fa, mai avrei immaginato di compiere un viaggio interiore così intenso e affascinante.

Laura:                ma dove sei stato? si può sapere che ti è successo?

Gilberto:           io, Laura, non sapevo più chi ero, non sapevo cosa volevo dalla vita. Ero entrato

in una crisi esistenziale tremenda. Un tunnel da cui non potevo scorgere nessu-

na luce.

Laura:                … e sei andato in Australia a cercare l’interruttore?

Gilberto:           così ho preso una decisione drastica. Ho lasciato la mia vecchia vita, tutto quello

che avevo di più caro, tu, i miei amici, la mia casa e sono partito alla ricerca di

me stesso.

Laura:                e ti sei trovato?

Gilberto:           ho percorso un lungo cammino. Non solo fisico, fino ai confini del mondo, ma

soprattutto interiore. E sulla mia strada, chiamala coincidenza, fato, come vuoi,

ma ho avuto la fortuna di incontrare proprio quello che cercavo.

Laura:                beh, insomma, io non la chiamerei “fortuna” ….

Gilberto:           una comunità di asceti.

Laura:                ah, vi chiamati così, tra di voi?

Gilberto:           dovresti vedere quanto sono sereni, rilassati e appagati, proprio grazie al loro

stile di vita monastico.

Laura:                e così hai voluto provare anche tu.

Gilberto:           sì, non mi hanno chiesto nulla, mi hanno accolto e mi hanno condotto sulla loro

via. A loro non interessava chi ero, il mio passato…

Laura:                eh, immagino, a loro interessava altro…

Gilberto:           mi hanno proposto un cammino di vita e io l’ho intrapreso con gioia.

Laura:                io con un po’ meno gioia.

Gilberto:           poi un giorno, quando ormai mi consideravano uno di loro, sono stato presenta-

to al maestro.

Laura:                oddio. Il maestro di cosa?

Gilberto:           un’anima eletta, Laura. Un essere superiore. È stato lui che mi ha condotto fino

alla illuminazione definitiva.

Laura:                oh, mamma, che ti ha fatto?

Gilberto:           nulla di preoccupante, cara. Ogni mattina mi stendevo sul lettino e lui mi prati-

cava uno shiatsu.


27


Bugie fuori corso

Laura:                ahia! Povero Gilberto. È stato doloroso?

Gilberto:           no! Magari la prima volta risulta un po’ traumatico, ma poi mi è parsa la pratica

più rilassante che io abbia mai conosciuto. Ti scioglie i nervi e i muscoli in una

maniera impressionante. Percepisci la liberazione fisica di tutte le tue energie.

Poi parlavamo per ore. Mi ha insegnato a meditare.

Laura:                eh, non abbastanza, mi pare.

Gilberto:           avresti dovuto conoscerlo. Aveva un karma eccezionale, fuori da ogni immagi-

nazione.

Laura:                ah, lo chiamate karma, tra di voi?

Gilberto:           Laura, tu non puoi immaginare quanto grande fosse il karma del maestro.

Laura:                per carità, non farmici nemmeno pensare. Figurati che io mi sarei accontentata

del tuo, di karma.

Gilberto:           un maestro capace di condurti in un viaggio interiore fino a dimensioni sublimi.

Laura:                eh, certo, con un karma così grande…

Gilberto:           lui mi ha aperto la mente e lo spirito.

Laura:                …e non solo, da quanto mi hanno riferito.

Gilberto:           in che senso “riferito”? Qualcuno ti ha parlato di me, recentemente?

Laura:                si, Gilberto, i tuoi zii. Mi hanno vista preoccupata e mi hanno raccontato della

tua nuova condizione e della malattia.

Gilberto:           gli zii di Cuneo? Non capisco a cosa ti riferisci, quale malattia? Hai parlato con

loro?

Laura:                sì, poco fa, stanno di là in camera.

Gilberto:           gli zii sono di là, adesso? In questo momento? Questo significa che Davide non

ha nessun nuovo inquilino. Posso tornare a vivere qui.

Laura:                dovresti saperlo tu meglio di tutti.

Gilberto:           perché? Sono mesi che non vedo Davide.

Laura:                i tuoi zii sono convinti che invece siate molto più intimi.

Gilberto:           sono convinti…? Scusa, ti dispiace se vado a salutarli? E se vieni anche tu, così

magari riusciamo a chiarire ogni equivoco.

Laura:                d’accordo.

(Gilberto e Laura escono a destra. Dal centro rientra Davide, con Fabio.)

Davide:              dove volevi andare? Su, forza, ormai è questione di qualche ora, il più è fatto,

hanno le valigie pronte, probabilmente nel pomeriggio leveranno le tende.

Fabio:                 (di malavoglia) oh, Davide, ti ho detto che questa situazione non la reggo più,

sono brave persone, non voglio più essere tuo complice.


28


Stefano Palmucci

Davide:              ho capito, ho capito, ormai sei un disco rotto. Su, infilati questo (gli porge il pas-

samontagna) e vai a lamentarti di là, nella tua camera… (lo spinge a sinistra).

Fabio:                 huff… (entra di malavoglia a sinistra).

(Davide si avvicina a passi felpati e con grande circospezione verso destra, dove pensa ci siano ancora Adriana e Severino. Alle sue spalle sbuca senza essere vista Erminia).

Erminia:            (secca) cosa fa?

Davide:              (si riprende dallo spavento) signora Erminia, lei vuole farmi morire di crepacuo-

re.

Erminia:            sì, ho fatto dire due novene ieri sera, chi glielo ha riferito?

Davide:              le ripeto che non può entrare e uscire a piacimento da casa mia.

Erminia:            la casa non è sua, caro, le piacerebbe. E comunque la porta era aperta.

Davide:              l’avevo chiusa a chiave.

Erminia:            qualcuno l’avrà aperta. C’è un gran viavai oggi in questo appartamento.

Davide:              quale viavai?

Erminia:            prima il suo amico con il passamontagna, poi una di quelle svergognate, ora è

venuto un tizio con una tunica. Date una festa in maschera?

Davide:              nessuna festa mascherata, signora Erminia. E comunque la befana ce l’abbiamo

già.

Erminia:            ho trovato una postilla sul contratto. Sono vietati gli assembramenti. Se siete più

di otto sotto questo tetto ho diritto di recesso.

Davide:              no, signora, siamo sette e mezzo. È legittimo?

Erminia:            mmm… sette e mezzo. Forse bastano. Sono sempre più di sette. Vado a control-

lare.

(Erminia esce al centro. Stessa scena di prima: passi felpati di Davide e grande circospezione verso la porta di destra. Dal centro piomba la Zambelli)

Zambelli:          (felice) Treccani!!

Davide:              (si riprende dallo spavento) oddio, professoressa, ci si mette anche lei. Mi volete

morto.

Zambelli:          vengo adesso dalla Segreteria dell’Università. Ho visto l’annuncio in bacheca per

un coinquilino in questo appartamento.

Davide:              coinquilino? Ah, sì, avevo messo l’annuncio tempo fa, ma ora…

Zambelli:          che inebriante coincidenza. Io cerco un appartamento, lei cerca un coinquilino,

quale miglior viatico e auspicio per la nostra collaborazione scientifica?

Davide:              ah, quindi lei pensava… beh, mi dispiace ma purtroppo ho già parlato…


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Bugie fuori corso

Zambelli:          le firmo subito la caparra per i primi sei mesi, sono tremila euro vero? (si siede

ed estrae un blocchetto di assegni).

Davide:              …(titubante) avevo già parlato con delle persone… prima di lei…

Zambelli:          lo intesto a lei?

Davide:              ehm… sì, lo può intestare a me.

Zambelli:          che proficua convivenza si profila. Non speravo davvero di accasarmi presso un

sì brillante studente. Quante interessanti serate di confronto e studio congiunto

ci attendono, quali inebrianti teorie scientifiche potremo disquisire.

Davide:              (sarcastico) eeehhh…

Zambelli:          la sessualità del coleottero, la morfologia del calabrone…

Davide:              senza contare l’imperdibile opportunità di trovare altri peli di gatto.

Zambelli:          Uh, dimenticavo! Che eccitazione. Sono al settimo cielo.

Davide:              l’appartamento lo conosce, quindi non è necessario che glielo faccia visitare.

Zambelli:          mi manca la cucina, è vero. La stanza più importante. Devo verificare la compa-

tibilità spazio temporale degli elettrodomestici e la rispondenza delle stoviglie

ai canoni particolari dei miei alimenti. Naturalmente anche lei è vegano.

Davide:              neanche dirlo.

Zambelli:          anzi, ora che siamo coinquilini, possiamo pure darci del tu, Gilberto. Sei

d’accordo?

Davide:              si…

Zambelli:          io mio nome di battesimo è “Evelinda”. Tu puoi chiamarmi… Evelinda.

Davide:              va bene… Evelinda.

Zambelli:          procedo con l’ispezione!

(la Zambelli esce a sinistra. Stessa scena di prima: passi felpati di Davide e grande circospezione verso la porta di destra. Da sinistra entra Fabio col passamontagna).

Fabio:                 ehi!

Davide:              (si riprende dallo spavento) che c’è?

Fabio:                di là c’è quella professoressa che sta misurando la cucina.

Davide:             sì, è la mia nuova… inquilina.

Fabio:                inquilina!? In che senso, inquilina?

Davide:             nel senso italiano del termine: due persone che condividono un appartamento.

Fabio:                non ci posso credere: hai sub-affittato la parte di Gilberto?!?

Davide:             eh, sì, ho pensato che da questa situazione potevo tirare su due soldi.

Fabio:                (mano sulla fronte, sconsolato) Davide, non hai ossa. Sei senza speranza.


30


Stefano Palmucci

(alle spalle di Davide, senza che lui li veda, entrano da destra Gilberto e Laura)

Oh, oh.

Davide:              che c’è?

Fabio:                 voltati.

Davide:              perché?

Fabio:                 voltati.

Davide:              (si volta ma non realizza), oh, ciao ragazzi. (torna a parlare con Fabio). Anzi, devi

darmi una mano a liberarmi di quella pazza. Pensavo di spaventarla con … (co-

mincia a realizzare, si rigira verso Gilberto, poi di nuovo verso Fabio) … con la tua

…malattia. (realizza, strabuzza gli occhi) hhhaaaaa!!!! (si volta verso Gilberto e

Laura) Gi… Gi… Gi….

Gilberto:           Gilberto. Ciao, Davide, come va? Ti trovo bene.

Davide:              tu non puoi essere qui. Eri in Australia!

Gilberto:           sono tornato.

Davide:              ma così? In due e due quattro, senza avvisare?

Gilberto:           ho terminato il mio percorso di ascesi mistica. Non v’era ragione di rimanere.

Davide:              non puoi stare qui. Devi andartene.

Gilberto:           la porzione di casa non è più disponibile?

Davide:              no, bravo. Esatto. Purtroppo ho sub…cioè, no: la padrona di casa ha trovato una

nuova coinquilina. Una professoressa dell’università. Non puoi rimanere.

Gilberto:           peccato. Speravo proprio di tornare in questa casa, mi sarebbe tornato comodo.

Poi ci ero affezionato. Pazienza. Allora prendo le mie cose.

Davide:              no, non adesso, non potete. Magari i prossimi giorni. Ora dovete andarvene via

subito.

Laura:                perché?

Davide:              eh… perché… ah, sì, vedete, lui (indica Fabio che indossa ancora il passamonta-

gna), ti ricordi del mio amico Fabio? Beh, ultimamente si è preso la lebbra. Sì,

una lebbra devastante, poverino. Chissà come l’ha contratta, uno sbalzo termico,

un’ariata, va a capire… comunque è una forma contagiosissima, tutto l’ambiente

qui è contaminato, dovete andarvene al più presto.

Gilberto:           ah, ora capisco! (a Laura) vedi Laura, ecco il lebbroso di cui ti parlavano i miei

zii. Probabilmente Davide gli ha parlato della malattia di Fabio e loro hanno

frainteso, pensando che si riferisse a me.

Davide:              i tuoi zii? Stanno a Cuneo, ora.

Gilberto:           no, sono qui. Laura ci ha parlato, vero?

Laura:                sì, poco fa, proprio qui.


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Bugie fuori corso

Davide:              ti hanno visto?

Gilberto:           no, io non li ho ancora incontrati.

Davide:              e adesso dove sono?

Laura:                non so, saranno usciti. Di là non ci sono.

Gilberto:           ecco comunque spiegato l’equivoco della lebbra.

Laura:                rimane l’altro.

Davide:              quale?

Gilberto:           ah, figurati. Pensa che i miei zii avrebbero detto a Laura che secondo loro noi sa-

remmo gay, e avremmo una storia.

Davide:              ah, che sciocchezza.

Gilberto:           vero?

Laura:                loro però sembravano molto convinti.

Davide:              ah, beh. Anche in questo caso, devono aver equivocato. Evidentemente io parla-

vo loro del mio rapporto con Fabio e loro avranno pensato mi riferissi a te. Sì,

perché in questi mesi anche io ho avuto una crisi mistica che mi ha portato sulla

strada del gaysmo. Adesso sto con Fabio, (mette un braccio al collo di a Fabio)

vero?

Fabio:                 (sconsolato) sì, fidanzati.

(dal centro piomba Erminia)

Erminia:            ah! vi ho beccati! È tornato il secondo perdigiorno. E siamo già in cinque. Il con-

tratto dice che sono vietati gli assembramenti. E dicesi assembramento la riu-

nione sotto lo stesso tetto di almeno otto individui. Con me stiamo già a cinque,

non mi rimane che aspettare, per potervi cacciare a calci nel sedere.

(dal centro entrano Adriana e Severino)

Adriana:           eh, quanta gente. Buongiorno.

Severino:         salve a tutti.

Erminia:            buongiorno. Venite, venite… altri due. Benissimo.

Gilberto:           voi sareste…

Davide:              no! Non sono.

(da sinistra entra la Zambelli)

Zambelli:          (rivolta a Davide) Gilberto, i materiali degli utensili di cucina non sono assolu-

tamente ecocompatibili con la biodiversità degli alimenti.

Adriana:           scusi, professoressa, con chi sta parlando?

Zambelli:          (indicando Davide) con lui. Gilberto.

Adriana:           guardi professoressa che Gilberto è lui (indica Fabio).


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Stefano Palmucci

Laura:                no, guardi, che in realtà Gilberto è lui (indica Gilberto).

Fabio:                 Davide, basta. La commedia è finita. Confessa.

Davide:              (cercando ancora di rimediare) sì, con fessa mi trovo bene, ma a essere sincero

preferisco fissa, sua sorella.

Fabio:                 come vuoi (si toglie il passamontagna).

Davide:              noooo!!!

(sorpresa generale)

Adriana:           ehi, ma… non sembra essere contagiato!

Erminia:            non è neppure così brutto. Certo non una gran bellezza, ma neppure da fare

spavento.

Fabio:                 no, ma sarà bella lei…

Gilberto:           Davide, ci vuoi spiegare?

Fabio:                 (a Davide) questi signori hanno diritto a una spiegazione, gliela dai tu o lo faccio

io?

Davide:              (sbrigativo) fai pure tu. Io devo uscire per una commissione urgente. (fa per an-

darsene)

Fabio:                 (lo ferma) tu non ti muovi!

Davide:              (rassegnato) E va bene. Come vuoi. In fondo in fondo me lo sentivo che prima o

poi questo momento sarebbe arrivato. Vuota pure il sacco. Si compia il mio de-

stino. A me non resta altro da fare che sedermi in un angolo ad attendere la sen-

tenza.

Fabio:                 bene: signori della corte, lasciate che vi spieghi come stanno veramente le cose:

Gilberto Treccani è quel signore lì. Davide è il suo coinquilino e io sono un suo

vecchio amico. Sei mesi fa Gilberto se ne è andato e Davide avrebbe dovuto co-

municare agli zii, che lo mantengono, di sospendere la retta mensile. Ma la sua

avidità e cupidigia glielo hanno impedito. Ha continuato a incassare a suo nome.

Non solo. Ha incassato pure l’assegno che il Fondo europeo aveva destinato alla

ricerca di Gilberto e quello per la caparra del subaffitto, che non poteva conce-

dere, alla professoressa.

Gilberto:           Davide, veramente?

(Davide assente con la testa).

Fabio:                 quando ha saputo della visita degli zii ha convinto me a recitare la parte di Gil-

berto, malato di lebbra. E quando è giunta la professoressa Zambelli, per comu-

nicare l’ottenimento di un fondo per la ricerca, visto che io mi ero già presenta-

to, ha preso direttamente l’identità di Gilberto.

Adriana:           (delusa) oh, Davide…

Fabio:                 e questo è tutto, mi pare. (a Davide) Tu hai altro da aggiungere?


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Bugie fuori corso

Davide:              soltanto che mi dichiaro colpevole, e mi rimetto alla clemenza della corte.

Severino:         se le cose stanno così, siamo veramente molto delusi da te, Davide.

Davide:              vi capisco. Ho deluso tutti e quel che è peggio, ho coinvolto i miei amici più cari e

delle persone straordinarie in questa ridicola commedia. L’unica cosa che mi

consola in tutta questa vicenda, è che almeno sono riuscito finalmente a capire

la gravità del mio comportamento, e sono sinceramente pentito. Ora sono pron-

to ad assumermi tutta la responsabilità delle mie azioni e pagarne le giuste con-

seguenze.

Fabio:                 io sono suo complice. Mi sono lasciato coinvolgere in questa messa in scena. Ho

cercato di convincerlo a dire tutta la verità e restituire tutto, ma non ci sono riu-scito.

Davide:              purtroppo al momento non posso neppure restituirvi l’importo delle rette per-

ché l’ho speso. Se volete picchiarmi, denunciarmi, farmi arrestare… sono nelle vostre mani e pronto ad accettare tutto quello che deciderete.

Adriana:           credo che ogni decisione in merito spetti a Gilberto. I soldi ormai erano suoi.

Gilberto:           beh, il denaro ormai è andato, ormai non lo si può recuperare, ma grazie al per-

corso spirituale che ho compiuto in questi ultimi mesi, ho imparato che quello è

il meno. Personalmente, credo sia molto più importante constatare che Davide

abbia capito la portata del suo sbaglio, si sia scusato e sia sinceramente pentito.

Per quanto mi riguarda, io lo perdono. (alla Zambelli) Lei, professoressa?

Zambelli:          (allarga le braccia) Errare humanum est…

Davide:              sì, se volete, posso errare a est, a ovest…

Fabio:                 no, Davide, per il momento resta pure qui.

Davide:              alla professoressa almeno posso restituire l’assegno della caparra (porge alla

Zambelli un assegno).

Zambelli:          ora lo straccio, così sarà come se non lo avessi mai spiccato.

Davide:              e anche quello per il fondo della ricerca (gliene porge un altro).

Zambelli:          questo invece ormai è stato elargito. La procedura burocratica non prevede il

reintegro, temo che non possa essere restituito. (Lo porge a Gilberto) Questo as-

segno ormai è suo, signor Treccani, può farne ciò che vuole.

Gilberto:           ah, bene. Se non altro posso almeno rimborsare gli zii.

Severino:         non devi rimborsare nessuno, Gilberto. Quelli ormai sono denari tuoi.

Fabio:                 scusate, ma dato che Gilberto è tornato, perché non lo adoperate per la ricerca

cui era destinato?

Gilberto:           il mio progetto di ricerca, me ne ero quasi dimenticato. Certo, se la professores-

sa fosse d’accordo, potremo fare così!


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Stefano Palmucci

Zambelli:          se sono d’accordo?! Non saprei immaginare un impiego migliore per quel dena-

ro!

Gilberto:           bene! Non vedo l’ora di tornare a occuparmi dei miei sani interessi di una volta.

Zambelli:          ah, vedrà, Gilberto, con le nostre ricerche la vita sessuale del coleottero non avrà

più misteri per il mondo scientifico!

Gilberto:           sarà una sfida entusiasmante!

Laura:                professoressa, mi scusi, ma io e il mio ragazzo sono sei mesi che non ci vediamo.

Adesso vorrei tenerlo un po' per me, se permette. Bisogna che la sua ricerca pa-zienti un poco.

Zambelli:          per carità, signorina: ubi maior, minor cessat.

Davide:              il bagno è da quella parte, professoressa.

Gilberto:           quindi Davide, se sei d’accordo, io tornerei ad abitare qui.

Erminia:            eh, no, cari miei! Nell’ultimo quarto d’ora sono emerse come minimo una venti-

na di violazioni del contratto. Non ho che l’imbarazzo della scelta. Questa volta vi sbatto fuori!

Gilberto:           quali violazioni, signorina?

Erminia:            beh, per cominciare, l’appartamento è stato subaffittato!

Zambelli:          no, signora. Io ho stracciato l’assegno. Gli inquilini restano gli stessi.

Erminia:            (spiazzata) c’era un malato infettivo!

Fabio:                 nessun malato, signora, sono sempre sano come un pesce.

Erminia:            (c.s.) c’è un assembramento. Siamo più di otto.

Laura:                siamo otto giusti, signora. E noi stiamo per andarcene.

Erminia:            con tutto quello che è successo, qualche violazione ci deve pure essere!

Davide:              vuole andare a studiare meglio il contratto, signora Erminia?

Erminia:            ci vado subito. E troverò qualche appiglio, ve lo garantisco. Dovessi metterci tut-

to il pomeriggio!

Davide:              non abbiamo fretta, ci metta pure anche un anno.

Erminia:            voi intanto preparate le valigie. Questa è la volta buona, potete giurarci! (esce di

furia al centro).

Davide:              (indica la stanza verso sinistra) uh, guardate su quella finestra chi è tornato a

trovarci. Il gatto di Gilberto.

Zambelli:          (si illumina) no! Il felis? Dove?

Davide:              sul cornicione là fuori, guardi.

Zambelli:          (di corsa a sinistra) mitico felis, a noi!! Stavolta ti acchiappo… (esce correndo a

sinistra, si ode un urlo e uno sbarattolìo ad indicare la caduta dalla finestra).


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Bugie fuori corso

Fabio:                 si sarà fatta male?

Davide:              tranquillo. I gatti hanno sette vite.

Severino:         beh, noi, considerato che ora anche Gilberto è tornato, abbiamo pensato di tra-

sferirci.

Gilberto:           perché, zio? Non v’è ragione, qua il posto c’è.

Fabio:                 giusto. Io, se Dio vuole, posso finalmente tornare a casa mia.

Severino:         grazie, ragazzi, ma non vogliamo essere troppo invadenti. E neppure creare

problemi di sovraffollamento con la vostra simpaticissima padrona di casa. Ab-

biamo visto una pensioncina a cinquecento metri da qui.

Davide:              sì, ve la posso consigliare, è ottima.

Gilberto:           come preferite. L’importante è che non ve ne andiate troppo presto.

Severino:         tranquillo Gilberto, tua zia non mi sembra ancora pronta a levare le tende.

Adriana:           (a Gilberto e Laura) verrete a cena con noi stasera?

Gilberto:           volentieri, zia. Finalmente una buona occasione per conoscerci meglio, con la

dovuta calma.

Laura:                ci vediamo più tardi, allora.

(Laura e Gilberto escono al centro, saluti).

Adriana:           eh, Davide, Davide… perché non ci hai detto che eri in stato di necessità? Ti era-

vamo affezionati, avremmo potuto aiutare anche te.

Davide:              colpa mia, Adriana, sono stato un debole e un vigliacco. (ci pensa un po'…) ah,

quindi se ve lo avessi chiesto…?

Severino:         non tirare troppo la corda, ragazzo, se no va a finire che si spezza.

Davide:              capito.

Severino:         bene, noi andiamo a fare i bagagli.

(Severino e Adriana escono a destra).

Davide:              beh, tutto è bene quel che finisce bene, no?

Fabio:                 (dopo una pausa). Davide, quel gatto sul cornicione non era quello di Gilberto.

Davide:              no.

Fabio:                 e perché hai detto che invece era quello?

Davide:              sai, Fabio, pensavo, che con una mano di vernice potremmo farlo passare per un

gatto di razza. E cavarci qualche soldo.

Fabio:                 (a mo’ di rimprovero) Davide… (si avvia all’uscita)

Davide:              se tu testimoniassi, potremmo costruire un pedigree farlocco…

Fabio:                 (c.s.) Davide….


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Stefano Palmucci

Davide:              cosa c’è? Gli amici servono a questo no? Se riuscissimo a mettere le mani… (esce al seguito di Fabio, confabulando)

(cala il sipario)

FINE


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