Buon anno porco mondo

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BUON ANNO PORCO MONDO

BUON ANNO PORCO MONDO

di

Corrado Vallerotti

(1999)

PERSONAGGI

VICTOR

SAM

GLORIA

SPENCER

HELEN

FRANK

BRIGITTE

LILLIAN

GRETA

La scena si svolge nell’appartamento di Victor. E’ la sera del 31 dicembre.

A destra in primo piano una porta che conduce nelle camere da letto. A sinistra una porta che conduce verso la cucina.

Sul fondo a sinistra la porta di ingresso, sulla destra una finestra. Sulla sinistra in primo piano due poltrone ed un tavolino con telefono.

PRIMO TEMPO

SCENA PRIMA

Victor, Sam poi Gloria.

All’aprirsi del sipario Victor è fuori della finestra, vuole buttarsi di sotto. Sam, vestito di tutto punto per un elegante veglione di Capodanno, è sdraiato sul divano

e sta parlando al telefono. In una mano tiene una bottiglia di champagne. Victor

ha la camicia mezzo fuori dei pantaloni del frac e gli manca la giacca).

SAM: Infatti... Ma come venti minuti, dai. Non puoi fare prima? E’ più di mezz’ora       

          che è la fuori. Ma sì, te l’ho detto, vuole buttarsi di sotto. Cosa ci faccio qua

          io? Mi ha telefonato lui. Ma certo, prima di uscire dalla finestra. No, è solo che

          mi voleva dettare per telefono il suo testamento. Lo sai che lui dice sempre di

         non essere capace a scrivere. Non voleva che quando i suoi eredi avessero

         aperto il testamento si fossero messi a ridere. Non lo so se faccia sul serio.  Lo

         so che è la quinta volta questo mese...

VICTOR: La quarta.

SAM: Ma sì, la quarta o la quinta. Sta di fatto che adesso è la fuori, sul cornicione e          

          con una pistola in tasca. Ha detto che vuole spararsi prima di buttarsi. Lo so      

          che è una cosa idiota ma lui ha paura che schiantarsi in strada da vivo faccia

          male. Invece sparandosi prima cadrà già morto e non ci sarà questo rischio.

         (Sottovoce). Non te lo posso spiegare adesso. Sente. La moglie. Gloria...

         Aspetta un attimo. (Si alza e va a chiudere la finestra).

VICTOR: Ma cosa fai?

SAM: Senti, qua dentro comincia a fare freddo. E poi tanto tu vuoi scendere dall’al-

          tra parte no? Cosa te ne importa se la finestra è aperta o chiusa. (Torna al

          telefono).  Ti spiego. Sua moglie, Gloria, gli ha detto che lo vuole lasciare.

         Credo abbia conosciuto un altro. Lei adesso è di là in camera che sta preparan-

         do le valige. Come? Non lo so perchè abbia scelto proprio questa sera per

        dirglielo. Dillo a me. Te la ricordi Marilyn? Siamo usciti insieme giovedì sera, e

         io l’ho invitata a venire alla festa di Peter. Solo che ormai ho cinquanta minuti

         di ritardo e non so come avvertirla. Non ha il telefono. Tutto per colpa di

         quell’idiota che ha deciso di suicidarsi questa sera. (Victor bussa alla  finestra).

        Scusa, devo andare, Victor mi sta chiamando. Mi raccomando, arriva in dieci

        minuti. Non sarà una cosa lunga. Se la tua nuova ragazza è una persona intel-

        ligente, sarà sicuramente ben disposta a restare ad aspettarti un quarto d’ora

        in macchina. Mica ti chiedo di stare qua tutta la notte. Ti aspetto. (Riattacca.

        Apre la  finestra). Che cosa vuoi ancora?

VICTOR: Ho freddo.

SAM: E allora entra dentro.

VICTOR: Sam. Ti prego, parlaci tu con Gloria.

SAM: Io? E che cosa le posso dire io? Non so nemmeno chi sia il suo amante. Fac-

          ciamo così, tu intanto torna dentro e poi qualcosa faremo.

VICTOR: Non ti avvicinare. Non fare scherzi. Io non mi fido di te.

SAM: Senti, io ho un’ora di ritardo, ho qui anche lo champagne, speravo di ber-

          melo con Marilyn...

VICTOR: Non parlarmi di donne. Se Gloria se ne va io non voglio mai più sentir par-

                lare di donne.

SAM: Se ti butti non ne sentirai più parlare di sicuro.

VICTOR: Ecco. Ragione di più per buttarmi.

SAM: Tra poco arriva Spencer. Anche lui doveva andare a una festa. Ma prima pas-

          serà di qua.

VICTOR: E cosa me ne frega di Spencer. Sam parlaci tu.

SAM: Va bene, le parlo, ma prima entra dentro.

VICTOR: No, prima parlale. Non mi freghi, Sam.

SAM: E va bene. (Va verso la porta di destra). Gloria! Gloria! (Gloria entra dalla

         porta di destra ed esce da quella di sinistra). Gloria, ascoltami.

GLORIA: Vai al diavolo anche tu.

SAM: Grazie. Ecco, hai sentito, Victor? Le ho parlato. E adesso vieni dentro.

VICTOR: Non le hai parlato.

SAM: Ma Victor, in fondo è soltanto un matrimonio che finisce. Tu guarda il lato

          positivo della cosa.

VICTOR: E qual’è?

SAM: Per esempio ti puoi sposare di nuovo.

VICTOR: Ma io non voglio sposarmi di nuovo.

SAM: Benissimo, allora potrai vivere da solo.

VICTOR: Non voglio nemmeno vivere da solo.

SAM: Victor, ti prego, perchè non ne parliamo davanti a una bella birra? Che ne di-

          ci? Ti va di uscire?

VICTOR: Sono già fuori.

SAM: Ma se usciamo dalla porta, insieme, magari possiamo andare a una festa,

          mangiare qualcosa, ti posso presentare Marylin, possiamo ascoltare un po’ di

          musica, fare due salti.

VICTOR: Un salto lo posso fare anche da qua.

SAM: Ma pensa a che cosa direbbe la gente. Ti immagini la figuraccia che faresti?

          Rideranno tutti. “Eccolo lì, quello che si è suicidato per amore. (Entra Gloria

         con delle giacche in mano). Quello che si è buttato dalla finestra perchè quel-

         la stronza di sua moglie se ne è andata la sera di capodanno”.

GLORIA: Stronza lo dici a tua sorella.

SAM: Gloria, ti prego, fermati. (La blocca).

GLORIA: Levati di mezzo per favore. Devo mettere queste giacche in valigia.

SAM: Gloria, dobbiamo parlare.

GLORIA: Di cosa?

SAM: Come di cosa? Di quel cornuto fuori della finestra.

GLORIA: Non ho più niente da dire. Sam, è un anno che va avanti questa storia,

                un anno che io cerco di parlargli ma tutte le volte che affronto il discor-

                so lui cosa fa? Finge di suicidarsi. Le prime volte gli ho creduto e sono

                tornata indietro, ma adesso basta. Ho preso la mia decisione, Sam, e non

                tornerò indietro.

SAM: Dagli ancora una possibilità.

GLORIA: Ma quante gliene ho date? Io mi sono stufata. Lo pensavo anch’io all’ini-        

                zio che magari sarebbe cambiato. Ma lui non cambia. Magari un giorno o

                due, quando il ricordo è ancora caldo, ma poi torna ad essere lo stesso

                uomo di prima, con in più l’illusione di essere cambiato davvero.

SAM: Eravate una così bella coppia.

GLORIA: Sì (Canzonatoria). Un esempio per tutta la comunità. Sam, mi sembri un

                prete quando parli così. Sai qual’è il problema? Che tu cerchi di convin-

                cere me ma nemmeno tu sei convinto di quello che dici. Perchè in cuor tuo       

                conosci molto bene Victor, forse lo conosci anche meglio di me, e non rie-

                sci a trovarmi delle colpe. Perchè tu nella mia situazione faresti lo stesso.

SAM: Hai ragione. Victor non sarebbe la mia moglie ideale. Non mi piace fisicamen-

          te...

GLORIA: Sam, io non sto scherzando.

SAM: Scusami. Il fatto è che io conosco te e Victor da una vita. E’ sempre così, senza

          possibilità di errore. Prima si è solo amici e tutto è facile, poi ci si fidanza e

          anche i piccoli problemi diventano grandi, poi ci si sposa e anche la felicità

          diventa un problema e tutto finisce. La ruota che gira, no?

GLORIA: Non è così automatico. A volte funziona.

SAM: Come la mia macchina. Il problema è che funziona sempre quando non ne ho

          bisogno. Meglio viaggiare in taxi. Non devi guidare, c’è un autista esperto che

          ti porta dove vuoi, alla fine paghi e lui se ne va. Lui viene a prenderti in taxi?

GLORIA: Sì.

SAM: Vedi? Taxi.

GLORIA: Sam, non credere di essere molto diverso da lui. Con quelli come voi ci

                 si diverte molto, ma non si può costruire niente.

SAM: Ma io non voglio costruire niente.

GLORIA: Hai paura di trovarti anche tu un giorno sul davanzale di casa tua?

SAM: No. Vivo a pianterreno.

GLORIA: Non puoi scappare tutta la vita. 

SAM: Mi basta riuscire a farlo per i prossimi vent’anni.

GLORIA: Sto scappando anch’io, no? Io non so dove andrò a finire ma se restassi

                qui lo saprei benissimo e il futuro che mi aspetta ti assicuro che non mi

                piace.

SAM: Aiutami almeno a farlo tornare dentro.

GLORIA: Sei tu il suo amico. Io la mia parte l’ho fatta.

SAM: Il problema è che la tua parte l’ha fatto uscire fuori.

GLORIA: Non credere che io lo faccia per egoismo. Lo faccio solo per salvarmi.

               E tu questo lo sai benissimo, perchè Victor lo conosci bene. E allora

               avanti, fai la tua parte. (Esce da destra).

SAM: Certo che lo farò. E gli dirò tutto, gli dirò anche che razza di donna sei, senza

          nascondergli niente.

GLORIA: (Riappare dalla porta). Ecco, avanti, ecco l’orgoglio maschile ferito che

                viene fuori. Su, digli che sono io la bestia, la cattiva, che è tutta colpa mia.

               Non me ne frega niente di prendermi tutte le colpe, anche le sue, purchè

               questa storia finisca al più presto. (Esce).

SAM: Non ho bisogno di inventare nulla. Basta che gli dica soltanto la verità, e lui

          ritornerà dentro. (Si avvicina a Victor mentre entra Spencer). La pura e sem-

          plice verità, solo la verità e nient’altro che la verità...

SCENA SECONDA

Detti più Spencer.

SPENCER: Dica lo giuro.

SAM: Lo giuro. Spencer, finalmente sei qua.

SPENCER: Già, e invece dovrei essere alla festa. C’è un traffico pazzesco in giro,

                   di questo passo festeggeremo capodanno all’epifania. Dov’è?

SAM: Qui fuori.

SPENCER: Brutto idiota senza palle, allora, vuoi buttarti di sotto e lasciarci andare     

                   a far festa? Mica possiamo perdere tutta la notte con te.

SAM: Forse è meglio se vai a salutare Gloria. Sta per andarsene.

SPENCER: Beata lei che va a far festa.

SAM: Spencer, se ne sta andando per sempre.

SPENCER: Pace all’anima sua. Allora, dov’è la troia? (Esce).

SAM: Victor.

SPENCER: (Da fuori). Ciao bocconcino.

GLORIA: (Da fuori). Vai a cagare anche tu.

VICTOR: Le hai parlato?

SAM: Sì, l’ho fatto.

VICTOR: E come è andata?

SAM: Benissimo. Ha detto che in fondo hai ragione tu, che tu non hai colpe, che a-

          desso magari ci avrebbe ancora pensato sopra.

VICTOR: Davvero? Non mi prendi in giro?

SAM: Victor, mi conosci. Ecco, bravo, vieni dentro. (Entra Spencer). Era già molto

          più tranquilla, non era più arrabbiata con te e ha detto che magari se adesso

          venivi dentro e ti avvicinavi a lei...

SPENCER: Ti avrebbe sparato in bocca. Amico, io le donne le conosco e con quella

                   non c’è più niente da fare.

VICTOR: Sam, sei un contaballe. (Torna fuori).

SAM: Ecco, bravo Spencer, io ti telefono perchè mi aiuti e questo è l’aiuto che mi

          dai. Complimenti.

SPENCER: E’ meglio dirgli subito la verità invece di farlo illudere.

SAM: Ma se si illude un po’ magari entra dentro, ed io vado alla festa con Marylin.

          Marylin, chissà dov’è adesso. Ma guarda che ritardo.

SPENCER: Per lo meno la tua Marylin a quest’ora è già a qualche festa e si sta di-

                  vertendo come una pazza alla faccia tua. Probabilmente a quest’ora è

                  già anche in posizione orizzontale. La mia ragazza invece è sotto in mac-

                  china che mi sta aspettando, al freddo. Ma so io come fare per farlo

                  tornare dentro.

SAM: Non avvicinarti più a lui. Hai già fatto abbastanza danni in cinque minuti che

          sei qui.

SPENCER: Non ti preoccupare.

SAM: Ricordati che ha anche una pistola.

SPENCER: E’ carica?

SAM: Sai che non ho pensato di chiederglielo?

SPENCER: Vabbè, non è un problema tanto ha sempre avuto una mira di merda.

                   Victor, hai trent’anni, non fare il bambino, vieni dentro.

VICTOR: Io non sono un bambino.

SPENCER: Se torni dentro ti do della cioccolata.

VICTOR: Non mi piace la cioccolata.

SAM: Senti, Victor, le cose si possono risolvere anche con un po’ di buon senso.

          Vieni, parliamone. Tutti i giorni finiscono delle storie. E’ normale.

SPENCER: Non sei mica l’unico cornuto che c’è al mondo.

SAM: Spencer, fai parlare me, per favore.

SPENCER: Ma è vero, se tutti i cornuti dovessero suicidarsi al mondo rimarremmo

                   quattro gatti. Anche lui sarebbe morto.

SAM: Credo non sia il momento per affrontare questo genere di discorso.

SPENCER: Ma è vero.

SAM: Ne parliamo dopo. Victor. Buttandoti di sotto magari risolvi il tuo problema...

SPENCER: Ma ne carichi uno a noi. Il tuo funerale.

SAM: Spencer. Ti prego, fai un cruciverba, mangiati un panino, guarda un film

          porno, ma stai zitto, per favore.

SPENCER: Vada per il film, mi sembra una buona idea.

SAM: Una buona idea. Trova una buona idea anche per far entrare Victor dalla fi-

          nestra, allora.

SPENCER: Ma se mi hai appena detto di andarmene.

SAM: Beh, ho cambiato idea adesso.

SPENCER: Sei lunatico, ragazzo. Cosa ti succede?

SAM: Sarà che ho un amico sul davanzale e che si vuole suicidare? E un po’ anche

          al pensiero di Marylin.

SPENCER: Già, a proposito di Marylin, quando la rivedi?

SAM: Avrei dovuto rivederla questa sera se non fosse stato per colpa di quell’imbe-

          cille là fuori. E poi non è il momento di parlare di Marylin. C’è Victor là

          fuori. Oh mio Dio, dov’é? (Si affaccia). E’ sparito, Spencer.

SPENCER: Si è buttato?

SAM: Non riesco a vedere. E’ buio. Avanti, scendi giù.

SPENCER: Ma sono ventisei piani, non ho voglia.

SAM: Prendi l’ascensore. E poi nel frattempo puoi anche vedere se la tua fidanza-

          ta è già ibernata. (Lo spinge verso la porta d’ingresso. Nel frattempo

          Victor entra da destra, prende la sua giacca ed esce dalla  finestra. Sam e

          Spencer lo vedono). Ma che diavolo fai? Victor. Ci hai fatti spaventare.

VICTOR: Perchè?

SAM: Non t’abbiamo più visto sul davanzale e pensavamo ti fossi buttato di sotto.

VICTOR: E con questo? Avete fatto le prove generali di quello che succederà più

                tardi.

SAM: Ma perchè sei entrato dentro?

VICTOR: E un’ora che mi chiedi di entrare dentro e quando lo faccio ti stupisci?

                Avevo voglia di far pipì. E mi sono preso anche la giacca a vento perché

                fuori fa freddo.

SPENCER: Ma come facciamo a preoccuparci tanto per un idiota simile?

SAM: Me lo sto chiedendo anch’io.

VICTOR: Perchè siete miei amici, ed è giusto che lo facciate.

SPENCER: Ma invece di suicidarti non potresti uccidere tua moglie così almeno

                   sarebbero i suoi amici a doversi preoccupare?

SAM: Per me non cambierebbe niente. Sono anche amico suo.

SPENCER: Ma almeno cambierebbe per me.

VICTOR: Uccidere Gloria?

SPENCER: Certo. Pensaci sopra. Se ti ammazzi non fai altro che semplificargli la

                   vita. Quei due se la rideranno di te.

SAM: Ma cosa stai dicendo?

SPENCER: Fammi parlare. Magari in questo modo riesco a convincerlo a tornare

                  dentro e appena dentro lo blocchiamo. Siamo due contro uno.

SAM: Sì ma Spencer, lui...

SPENCER: Zitto.

SAM: Ma lui ha una p...

SPENCER: La vuoi smettere di parlare? Vuoi la tua Marylin? Fammi lavorare.

SAM: Ma non capisci che...

SPENCER: Basta, Sam. Allora, Victor, vuoi farli ridere alle tue spalle? Così pense-

                   ranno che da imbecille hai vissuto e da imbecille sei pure morto.

VICTOR: Però se la uccido finirò in galera.

SPENCER: Dalla galera si esce, dalla tomba è molto più difficile. E poi credo non

                   avrai problema a farti riconoscere la semi infermità mentale.

VICTOR: In che modo?

SPENCER: Sarà sufficiente che resti normale.

VICTOR: Oppure potrei far sparire il cadavere.

SPENCER: Sciogliendolo nell’acido.

VICTOR: Non ne ho. E se lo compro il negoziante potrebbe insospettirsi.

SAM: Già. L’acido si compra solo per sciogliere i cadaveri.

VICTOR: Potrei tritarlo e buttarlo a piccole dosi nel cesso.

SPENCER: Con cosa lo triti?

VICTOR: Già.

SPENCER: Perchè non lo fai a pezzi, lo metti nel freezer e poi inviti tutti gli amici

                  per una cena a base di bollito?

VICTOR: Che idea idiota. Non ho abbastanza amici.

SAM: Ma vi rendete conto di che razza di discorsi state facendo?

SPENCER: Intanto uccidila poi il resto verrà dopo.

VICTOR: Sì, per far sparire il cadavere c’è tempo. Per un po’ di tempo per non da-

                re nell’occhio potrei vestire un manichino e metterlo vicino alla finestra.

SPENCER: Come in Psycho.

VICTOR: Certo. (Nel frattempo Victor inizierà a entrare in casa).

SPENCER: Sam, vedi che funziona? Aiutami.

SAM: Siete due pazzi. Io non so cosa ci faccio qui con voi.

SPENCER: Adesso vieni dentro che decidiamo in che modo ucciderla.

VICTOR: Non c’è problema. Ho tutto il necessario.

SPENCER: Una pistola?

SAM: Te l’avevo detto, Spencer.

SPENCER: Quando me l’hai detto?

SAM: Al telefono. Non ti ricordi?

SPENCER: No che non me lo ricordo.

SAM: E ho cercato anche di dirtelo prima. Ma tu non mi stai a sentire.

SPENCER: Perchè di solito dici solo cazzate e a forza di farlo per una volta che di-

                 ci una cosa sensata nessuno ti sta più a sentire.

SAM: Non nessuno, tu non mi stai mai a sentire.

SPENCER: Fa niente. Cerchiamo di bloccarlo lo stesso.

VICTOR: Adesso l’importante è agire in modo che non restino testimoni.

SAM: Come che non restino testimoni?

VICTOR: Sì, dobbiamo fare attenzione che dalle finestre nessuno veda.

SAM: Così va già un po’ meglio.

VICTOR: Fatemi pensare? Altri testimoni non credo ce ne siano.

SPENCER: Assolutamente no. Vero Sam?

SAM: Certo che no. I muri non hanno orecchie.

VICTOR: Bene.

SPENCER: A Proposito di testimoni, c’è un problema.

SAM: Ma che cazzo dici?

SPENCER: Ma certo. Lo sparo. Le gente lo sentirà e si insospettirà.

SAM: E’ vero, i vicini di casa potrebbero venire a curiosare. A fare domande. Me-

          glio dimenticare la pistola.

SPENCER: Dalla a me, così saremo tutti più tranquilli.

VICTOR: Non c’è problema. E’ la sera di Capodanno no? Se qualcuno verrà a ve-

                dere diremo semplicemente che ci è partito un botto prima del tempo.

SAM: Grandioso. Direi che siamo vicini al delitto perfetto.

VICTOR: Già. Non ci resta che agire adesso.

SPENCER: Aspetta.

VICTOR: Cosa c’è ancora?

SPENCER: Mettiti un passamontagne per evitare che tua moglie ti riconosca.

SAM: Ma se deve ucciderla cosa gliene frega se lo riconosce.

VICTOR: E’ vero. Spencer, non farmi perdere altro tempo.

SPENCER: Un attimo.

VICTOR: Cosa vuoi ancora?

SPENCER: Devo andare in bagno. Quando sono agitato mi scappa sempre.

VICTOR: Va bene, vai. Tra qualche minuto mi servirai in perfetta forma.

SPENCER: Ci sarò. (Esce da sinistra).

SAM: Victor,  tu sai vero quello che stai facendo?

VICTOR: Che domanda, Sam. Vedi, io vi devo proprio ringraziare. Non avevo ca-

                pito niente e all’improvviso adesso ho tutto chiaro. Che stupido sono

                stato a pensare di suicidarmi quando la soluzione vera era un’altra e ce

                l’avevo in tasca. Solo che la volevo usare per forare la testa sbagliata.

SAM: Io non sono proprio convinto che sia la soluzione migliore. In fondo tua mo-

          glie tutte le volte che ti ha minacciato di andarsene poi è sempre tornata. Ma

          se la uccidi questa volta non tornerà sicuramente più.

VICTOR: All’improvviso non me ne importa più niente.

SAM: Benissimo, se non te ne importa più niente lasciala andare via.

VICTOR: E lasciare che se la goda quell’altro? Mai.

SAM: Ma se ti ha sempre solo fatto girare le palle. Adesso comincerà a far girare

          le palle a quell’altro e sarà la tua vendetta. A un certo punto ti pregherà in

          ginocchio perchè tu te la prenda indietro.

VICTOR: Ma non hai capito? Io non ne voglio più sapere di lei. Io non la voglio più

                ma non voglio che ce l’abbia qualcun altro. Non voglio che ridano di me.

               In fondo è vero che il tempo aggiusta tutto. Il tempo mi ha aiutato a dimen-

               ticarla.

SAM: Ma se solo venti minuti fa volevi suicidarti.

VICTOR: Appunto, è passato un po’ di tempo, venti lunghi minuti e sono guarito.

SAM: Victor, lascia che la vita continui. Tu per la tua strada e lei per la sua.

VICTOR: Ma certo che la vita continua. La mia.

SAM: Se sei convinto tu, fai pure.

VICTOR: Bene. Io vado, allora. Sono pronto.

SAM: Va bene, vai.

VICTOR: Vado. (Si avvia). Mi aspetti qui?

SAM: Non mi muovo.

VICTOR: Vado. Hai detto qualcosa?

SAM: Niente.

VICTOR: Mi sembrava. Vado. (Arriva sulla porta. Contemporaneamente Spencer

                entra di corsa da sinistra e fa per abbrancare Victor proprio nel momen-

                to in cui Sam cerca di fare la stessa cosa. Si scontrano). Che diavolo fa-

                te lì per terra?

SAM: Prendilo.

SPENCER: Prendilo tu che sei di sopra.

SAM: Non ci arrivo.

VICTOR: State fermi lì per terra o sparo. Cosa volevate fare? Saltarmi addosso?

                No, voi volevate fregarmi. I miei migliori amici volevano fregarmi.

SAM: Scherzavamo. (Entra Gloria).

GLORIA: Ma che sta succedendo qua dentro?

VICTOR: (Le punta la pistola). Non ti muovere. Alza le mani.

GLORIA: Ma sei impazzito, Victor?

VICTOR: Ti ho detto di alzare le mani.

SAM: Fallo, Gloria, è meglio.

VICTOR: Voi due andate a sedervi sul divano. (Spencer e Sam vanno).

GLORIA: Che cosa hai intenzione di fare?

VICTOR: Non lo hai capito? Il fatto che io non sia più fuori della finestra e che ab-

                bia una pistola in mano non ti dice niente?

GLORIA: Mi dice che sei impazzito del tutto.

VICTOR: Risposta sbagliata. Al contrario, sono rinsavito. Perchè devo uccidermi se

                posso risolvere ugualmente il problema uccidendo te.

GLORIA: Stai scherzando, vero?

VICTOR: Non sono mai stato così serio. Chiudi gli occhi.

GLORIA: Victor, ti prego, parliamone.

VICTOR: No, adesso non si parla più. Io volevo parlare prima e tu non mi ascolta-

                vi. Adesso è tardi. Sono io a non voler più parlare. Chiudi gli occhi.

GLORIA: Vuoi finire la tua vita in galera?

VICTOR: Chiudi gli occhi ti ho detto.

SPENCER: Ma perchè deve chiudere gli occhi? Vuole farle una sorpresa?

SAM: Stai zitto, Victor.

VICTOR: Non fare domande da demente.

VICTOR: Chiudi gli occhi.

GLORIA: Perchè vuoi che chiuda gli occhi?

VICTOR: Non voglio che mi vedi mentre ti uccido. (Spencer si alza e comincia ad

                avvicinarsi).

SPENCER: Se lo chiede lei le risponde se lo chiedo io faccio domande da demente.

GLORIA: Io gli occhi non li chiudo.

VICTOR: Ti prego. Aiutami ad ucciderti.

GLORIA: Dovrai fare tutto da solo.

VICTOR: Non ci riesco. (Si volta, vede Spencer). E tu cosa fai?

SPENCER: Mi è venuta fame e volevo andare in cucina a farmi un panino.

VICTOR: Ti sembra il momento?

SPENCER: Ho un buco nello stomaco. Anche se non credo che sia l’espressione

                   più adatta da usare in questo momento.

VICTOR: Vai, sparisci. (Esce Spencer). Allora, li vuoi chiudere questi occhi?

GLORIA: Victor, ti rendi conto di che cosa stai facendo? Sono io, Gloria, lo so che

                 in questo momento mi stai odiando ma come puoi dimenticare tutto

                 quello che di bello c’è stato fra di noi? Siamo anche stati felici insieme,

                 ti ricordi? Se adesso le cose non sono più come allora non è colpa nostra.

                 E’ la vita. Gli amori nascono, vivono e a volte finiscono. Sarebbe molto

                 peggio se io continuassi a restare con te pur non amandoti più. Ti pren-

                 derei solo in giro e ti impedirei di rifarti una vita. Io ti voglio bene però

               non ti amo più. (Sam si commuove). Ammazzandomi non riusciresti di

               certo a riconquistare il mio cuore. Perderesti solo il tuo.

SAM: Non perderlo Victor.

VICTOR: Stai zitto, Sam. (Si volta verso di lui, Gloria a cenni gli fa cenno di

                bloccarlo come aveva tentato prima Spencer). Non voglio sentirti par-

                lare, hai capito?

GLORIA: Victor, dammi la pistola.

VICTOR: Stai zitta e chiudi gli occhi. (Sam comincia ad avvicinarsi).

GLORIA: Magari, facciamo così, dormiamoci sopra. Sono sicura che domani mat-

                tina appena il sole sarà alto nel cielo, vedremo tutto con una luce diversa.

VICTOR: Tanto domani mattina nessuno di noi vedrà il sole.

SAM: Perchè nessuno?

VICTOR: Gloria non lo vedrà perchè sarà morta, e noi non lo vedremo perchè le

                previsioni del tempo portavano pioggia. (Si volta). E tu cosa ci fai lì? Ti

                avevo detto di stare seduto sul divano.

SAM: Volevo solo sgranchirmi un po’ le gambe.

VICTOR: E non potevi sgranchirtele da seduto?

SAM: Victor, potresti abbassare la pistola? Potrebbe partirti un colpo.

VICTOR: E con questo? Hai paura?

SAM: Per lo meno girati dall’altra almeno se proprio deve partirti un colpo non col-

          pisci me.

GLORIA: Tanto da questa parte ci sono io.

SAM: E’ te che vuole uccidere, no? Che cosa c’entro io. E’ lei che vuoi uccidere,

          no? E allora voltati da quella parte.

VICTOR: Va bene ma tu torna a sederti.

SAM: Vado subito. Basta che non mi segui con lo sguardo e con la pistola.

VICTOR: Hai ragione. Gloria, io ti amo e continuerò ad amarti da morire. Spero che

                vorrai perdonarmi dopo che ti avrò uccisa.

GLORIA: Non preoccuparti, anzi ti ringrazierò anche per tutti i fastidi e le preoc-

                cupazioni che mi risparmi per il futuro.

VICTOR: Addio, amore.

GLORIA: Ti prego, Victor, non farlo. Ripensaci.

SAM: Fallo per i tuoi figli.

VICTOR: Ma se non ne ho.

GLORIA: Ti daranno trent’anni.

VICTOR: Così mi riposerò. Gloria, chiudi gli occhi.

GLORIA: Sam, ti prego, fai qualcosa.

SAM: Dammi qualche idea.

VICTOR: Non ci riesco, Gloria, scusami ma non ci riesco a ucciderti.

GLORIA: Non ti preoccupare, non fa niente.

VICTOR: Sam, aiutami tu.

SAM: Non posso, sono un nonviolento, andrebbe contro la mia morale.

VICTOR: Non credevo fosse così difficile premere un grilletto. Hai vinto tu, Gloria,

                non ce la faccio, Spencer ha avuto di nuovo un’idea di merda, come al

                solito. Se vuoi andartene vattene, io credo che tornerò fuori della fine-

                stra a pensare.

SAM: Non potresti pensare sul cesso come tutte le persone normali?

VICTOR: Sì, così poi mi suicido buttandomi nel water.

SAM: Potresti farlo, tanto non sai nuotare. (Victor si distrae, Entra di corsa Spen-

          cer che lo abbranca e lo butta per terra, nella zuffa parte un colpo di pi-

          stola, Sam per lo spavento cade per terra, Gloria sviene).

SPENCER: (Prende la pistola). Questa la prendo io. Oh Dio, Sam è morto.

VICTOR: E’ morta anche Gloria.

SPENCER: Ma è partito solo un colpo come è possibile che siano morti tutti due?

VICTOR: Prima uno e poi l’altro.

SPENCER: Sì perchè tanto i proiettili fanno le curve.

VICTOR: Gloria, amore, ti prego, dimmi che non è vero.

SPENCER: Sam, maledizione, dove sei ferito?

SAM: E’ finito tutto?

SPENCER: Ma allora non sei morto?

SAM: Se ti sto parlando come posso essere morto?

SPENCER: Potresti essere un fantasma.

VICTOR: Gloria, ti prego, rispondimi. Io non volevo ucciderti, io ti amo.

SAM: Spencer, vai a vedere come sta Gloria. Io appena riprendo l’uso delle gambe

          mi alzo e vado un momento in bagno.

VICTOR: Gloria, amore mio. E’ morta. Spencer, l’hai ammazzata.

SPENCER: Tu l’hai ammazzata. La pistola ce l’avevi in mano tu.

VICTOR: Ma sei stato tu a farmi cadere e a farmi partire il colpo.

SPENCER: Dovresti essere contento, no? Non era questo che volevi?

VICTOR: No, io non volevo ucciderla.

SPENCER: Ma se l’hai tenuta sotto mira per un’ora.

VICTOR: Volevo solo spaventarla. Perchè non andasse via.

SPENCER: E invece hai raggiunto lo scopo opposto. Se n’è andata. Definitivamente.

VICTOR: Dove l’ho presa?

SPENCER: Non riesco a capirlo. Non vedo sangue.

VICTOR: Magari ho usato proiettili che non fanno sanguinare.

SPENCER: E magari che non bucano nemmeno.

SAM: (Si avvicina). Ma non vedete che respira?

VICTOR: Oddio, magari è solo ferita.

SAM: Io credo che sia semplicemente svenuta. Victor, prendo un bicchiere d’acqua.

VICTOR: Non ho sete, grazie.

SAM: Non capisce niente. Spencer, prendilo tu.

SPENCER: Neanch’io ho sete.

SAM: Faremo a meno dell’acqua.

VICTOR: Ehi, guardatela si sta muovendo. Ha mosso un braccio, e una gamba, a-

                desso sta aprendo gli occhi.

SAM: Victor, lo possiamo vedere benissimo da soli, senza che ci fai una radiocro-

          naca in diretta del risveglio.

GLORIA: Oh mio Dio, che cosa è successo?

SPENCER: Niente di preoccupante, è semplicemente partito un colpo di pistola.

VICTOR: Succede.

SAM: Già, succede tutti i giorni.

VICTOR: Stai bene, Gloria?

GLORIA: Credo si sì.

VICTOR: Che spavento che mi hai fatto prendere.

SAM: Ma se fino a due minuti prima la volevi uccidere.

VICTOR: Che vuol dire. Quando è partito il colpo avevo ormai cambiato idea.

SAM: Vuoi stenderti un po’ sul letto?

GLORIA: Forse è meglio. Mi tremano ancora le gambe.

SPENCER: Ti accompagno io di là, Gloria.

VICTOR: La accompagno io.

GLORIA: Aspettate. Il problema è che è un po’ tardi. Forse è meglio che prenda le

                mie valigie e scenda di sotto. Lui sarà qui a momenti.

VICTOR: Lui... Lui?

GLORIA: Victor, ormai ho deciso.

VICTOR: Va bene. Cosa posso ancora dirti? Se è questo che vuoi fallo. Vorrà dire

                che io mi consolerò.

SAM: Davvero la lasci andare via così?

SPENCER: Sei sicuro che non vuoi più suicidarti o uccidere lei?

VICTOR: A che servirebbe? Certo questa notte sarà durissima, e anche le prossime

                di certo non dormirò...

SAM: Allora se ti sei consolato...

SPENCER: Noi siamo di troppo...

VICTOR: Però a poco a poco so benissimo che mi riprenderò perchè non sarò da

                solo ad affrontare tutto questo.

SAM: Certo che no. Marylin...

SPENCER: Conta su di noi. La notte la possiamo ancora salvare.

VICTOR: Perchè in questa casa questa notte passerò uno straordinario capodanno

                con i miei amici, le sole persone che non mi abbandoneranno mai. Vero?

SAM: E’ ovvio.

SPENCER: Se non ti stessimo vicino noi chi lo farebbe?

SAM: E poi tanto non abbiamo nessun impegno.

SPENCER: Certo.

GLORIA: Ti ringrazio, Victor, sei fantastico.

VICTOR: Già. Così fantastico che te ne stai andando.

GLORIA: Victor, semplicemente io non sono la donna giusta per te. Sarebbe ingiu-

                sto per tutti e due continuare a portare avanti una cosa che non potrà mai

                essere. Ci prenderemmo soltanto in giro. Ed io non voglio prenderti in

                giro. Senza di me potrai senza dubbio trovare una persona che potrà dar-

                ti tutto ciò che non ho saputo darti io. Tutto quello che tu meriti. E ades-

                so se non ti dispiace vorrei andare a distendermi un po’ sul letto. Non mi

                sento molto bene.

VICTOR: Ti accompagno io.

GLORIA: Quando arriva il taxi chiamatemi così porto giù i bagagli.

SAM: Ti aiutiamo noi a portarli giù, Gloria.

GLORIA: Non è il caso che vi disturbiate. Non voglio rovinare i vostri progetti.

SAM: Non ti preoccupare, non ci rovini niente.

SPENCER: Non abbiamo niente da fare.

VICTOR: No, non disturbatevi, non c’è problema, perchè dobbiamo scendere noi?

                Faremo salire... il tassista.  

SAM: Facciamo salire il tassista. (Escono Victor e Gloria).                

SPENCER: Te li ho già fatti gli auguri di buon anno?

SAM: Pensa al tuo.

SPENCER: Secondo te non gli farebbe bene rimanere un po’ da solo? Anche perchè

                   io credo che dopo una shock del genere uno abbia soltanto voglia di ri-

                   manere da solo. E’ sempre così. Perdi la voglia di parlare, la voglia di

                   stare in compagnia, la voglia di mangiare. (Entra Victor).

VICTOR: Ragazzi, io rimango un po’ di là con Gloria, non sta affatto bene. L’ho

                fatta distendere nel letto, adesso le do un tranquillante in modo che magari

                dorma un’oretta e poi sono da voi.

SAM: Ma non deve andare via?

VICTOR: Non c’è fretta. Al limite se lo stronzo arriva in taxi lo facciamo stare sotto

                ad aspettarla per un po’. Così il tassametro sale.  

SAM: E’ una straordinaria vendetta.

SPENCER: Così potrà fare compagnia alla mia ragazza. Se non se n’è già andata.

VICTOR: Voi magari potreste cominciare ad ordinare tre pizze così poi ce le man-

                giamo. Faremo festa noi tre soli, come ai vecchi tempi. Sarà bellissimo. E’

                bello avere degli amici come voi. Grazie. (Esce).

SAM: Glielo spieghi tu che nelle sue condizioni gli farebbe bene rimanere un po’ da

          solo, visto che non ha appetito?

SPENCER: Ma quando mai abbiamo fatto festa noi tre da soli? 

SAM: Chiedilo a lui. Io non mi ricordo.

SPENCER: E dai Sam, visto che dobbiamo stare qui cerchiamo almeno di fare qual-

                   cosa di divertente.

SAM: Per esempio?

SPENCER: Come la vuoi la pizza? (Suonano il campanello).

SCENA TERZA

Detti più Greta.

SPENCER: Hanno suonato.

SAM: Sarà già mica la polizia?

SPENCER: E perchè dovrebbe venire la polizia?

SAM: Per il tentativo di omicidio.

SPENCER: Ma se è successo un minuto fa. (Entra Victor).

SAM: Comunque se è la polizia gli raccontiamo tutto.

VICTOR: Che cosa raccontate?

SAM: (Correggendosi). Di quel bastardo che sta cercando di fregarti la moglie.

VICTOR: Hanno suonato. Non aprite? (La porta si apre entra Greta).

GRETA: Disturbo? Buonasera signor Victor. Ho sentito dei rumori e allora sono ve-

              nuta a vedere cosa stava succedendo. Per non disturbare mi sono aperta la

              porta con le chiavi che mi ha lasciato la sua signora per l’estate, quando ven-

              go ad innaffiarvi i fiori durante le ferie.

VICTOR: Grazie, signora Flint. No, è tutto a posto. Stavamo facendo un po’ di festa.

GRETA: Che bravi. E’ vero, questa sera è Capodanno. Avete intenzione di fare festa

               qui dentro? Con questi suoi simpatici amici?

VICTOR: Infatti. E’ la vicina del piano di sopra. (Agli altri). Simpatica. Un po’

                spaccaballe.

GRETA: Alla vostra età fate bene a far festa. Vi invidio. (Agli altri). Il signor Victor

               è un vicino di casa fantastico. (A Victor).Comunque se fate molto rumore

               mando giù alla festa mio marito e le faccio fare una faccia così.

SAM: Non si preoccupi, signora.

GRETA: ( A Victor). A lei e ai suoi amici. La sua signora dov’è?

VICTOR: E’ in camera che riposa.

GRETA: E quel suo bel cagnetto così simpatico?

VICTOR: E’ chiuso nell’altra camera, di là.

GRETA: Che carino. Ieri è entrato nel mio negozio. Girava far gli scaffali e sembrava

              un cliente normale.

VICTOR: Spero non abbia disturbato.

GRETA: No, è rimasto lì due o tre minuti poi l’ho fatto uscire.

VICTOR: Si è disturbata a portarlo fuori?

GRETA: No, è praticamente uscito da solo. Gli ho solo dovuto dare un calcio nel culo.

VICTOR: Ho visto che zoppicava un pochino. Però mi sembrava zoppicasse dalla

                zampa davanti.

GRETA: Gli ho tirato una pietra oggi pomeriggio. Stava pisciando sulla ruota della

               mia macchina, comunque è così dolce.

SPENCER: Ma se gli stava sulle palle che cosa faceva? (A Sam).

GRETA: A proposito di macchine, il suo amico qui mi ha posteggiato proprio davanti

               al negozio. Non da molto fastidio, però…

SAM: Gliela sposto subito.

GRETA: Non può. Ho detto a mio marito di tagliarle le gomme. (A Victor). Comun-

              que hanno delle facce simpatiche i suoi amici.

SAM: La cosa è reciproca.

GRETA: Vado da sua moglie.

VICTOR: Credo stia riposando.

GRETA: Non la disturberò. D’altra parte ho sentito che stavate litigando e forse vor-

              rà sentire una parola di solidarietà tutta femminile. Qua siete tutti uomini.

VICTOR: Non stavamo litigando. Una semplice discussione.

GRETA: Non mi sembrava una discussione. Casualmente stavo passando davanti alla

              vostra porta con la spesa e ho sentito qualcosa. Non l’ho mica fatto apposta.

              Mi sono dovuta fermare per caso, sa, le borse della spesa erano pesanti.

SPENCER: Già. Casualmente si è fermata proprio qui davanti.

GRETA: Avevo visto entrare delle persone che non conoscevo e pensavo fossero dei

               ladri. Non conoscevo i suoi amici.

SAM: Ma se io ho suonato dalla strada. Ha mai visto un ladro che suona?

GRETA: Certo. Per vedere se in casa c’è qualcuno.

SAM: E lui mi ha aperto.

GRETA: Poteva essersi fatto aprire con l’inganno.

SAM: Ma se…

GRETA: Devo farle rigare anche le portiere?

SAM: Ha ragione, i ladri a volte suonano.

GRETA: Dimenticavo. Prima ho sentito un petardo. Spero proprio di non sentirne

              più. Altrimenti chiamo la polizia e vi faccio sbattere tutti in galera. Pensa-

              te che capodanno originale.

SPENCER: Non era un petardo. Era un colpo di pistola.

SAM: Spencer.

SPENCER: Quando è troppo è troppo.

GRETA: Vado da sua moglie. Ragazzi simpatici i suoi amici. Davvero. Mi

              piacciono. Buon capodanno. (Esce).

VICTOR: L’accompagno. (Esce. Suonano alla porta).

SAM: E adesso chi sarà?

SPENCER: Non lo so... Credo sia Helen.

SAM: Helen? E che ci fa Helen qua?              

SPENCER: Ti ricordi che prima sono andato in cucina? Ecco, io volevo telefonare

                   al manicomio criminale o allla polizia, solo che non l’ho fatto perché

                  altrimenti avrei messo nei guai Victor, così non sapendo a chi telefonare,

                  ho chiamato Helen e le ho detto di venire qua.

SAM: Ma non eri mica obbligato a telefonare a qualcuno.

SPENCER: Ormai avevo preso il telefono in mano.

SAM: E tu quando hai un telefono in mano sei obbligato a telefonare.

SPENCER: Certo, altrimenti perchè lo prenderesti in mano?

SAM: E’ meglio che tu non stia più tanto con Victor, cominci a somigliargli troppo.

          E poi perchè proprio ad Helen?

SPENCER: Helen è amica di Gloria e anche di Victor.

SAM: E’ stata anche la mia donna per tre anni prima che io sei masi fa da un giorno

          all’altro sparissi dalla sua vita completamente. E da allora ero riuscito a non

          farmi più trovare nè di persona nè al telefono. Poi arriva questo genio e nella

          serata più divertente della mia vita è riuscito anche a farmi ritrovare dalla mia

          incazzatissima ex fidanzata.

SPENCER: Al limite possiamo spegnere la luce e far finta che non ci sia nessuno in

                   casa. Magari se ne va. (Suonano di nuovo).

VICTOR: (Da fuori). Aprite voi, per favore?

SAM: Avanti, apri la porta.

SPENCER: Sapevo che avresti capito. (Spencer apre la porta).

SCENA QUARTA

Detti più Helen.

SPENCER: Ciao, Helen, vieni avanti.

HELEN: Spencer, come sono qui le cose?

SPENCER: Va meglio.

SAM: Ciao Helen.

HELEN: Crepa. Dov’è adesso Gloria?

SPENCER: E’ in camera, era un pochino sotto shock ed è andata a distendersi sul

                   letto.

SAM: C’è anche Victor con lei.

HELEN: T’ho chiesto qualcosa? Come sta Victor?

SPENCER: Sembra che si stia riprendendo. Il peggio dovrebbe essere passato.

HELEN: Dici che li disturbo se vado di là?

SAM: Forse sarebbe meglio lasciarli un po’ soli. Chissà che non facciano pace.

HELEN: Allora vado a vedere. (Esce).

SAM: La serata non era iniziata molto bene ma in compenso sta proseguendo

          decisamente peggio.

SPENCER: Comunque non mi sembrava poi così incazzata.

SAM: No, affatto. Non mi ha nemmeno sputato in faccia.

SPENCER: Perchè l’hai lasciata?

SAM: Troppo pericolosa. E’ bella, intelligente, simpatica, abbiamo più o meno le

           stesse passioni, una grossa affinità sessuale. Una donna da sposare.

SPENCER: E perchè l’hai lasciata allora?

SAM: Te l’ho detto. Perchè è una donna da sposare. E non fa per me.

SPENCER: Mi sembra un buon motivo.

SAM: Io non sono fatto per il matrimonio. Solo a pensarci mi prende un crampo al-

          la pancia. E poi guarda ad esempio Victor e Gloria. Sembravano felici e poi?

          All’improvviso niente va più bene e si cominciano a litigare per ogni cazzata.

          Non è vita quella. Non è che io sia contro il matrimonio per partito preso. E’

          solo che credo che un uomo e una donna siano le persone meno indicate per

          farlo. Sono troppo diversi.

SPENCER: Sam, guarda che non devi convincere me. Nemmeno io sono sposato e

                   la penso esattamente come te. (Entra Helen).

HELEN: Gloria stava dormendo. Victor le stava dando dei sedativi e c’era una donna

               che parlava, parlava, ma non capivo di cosa.

SAM: Sedativi? Lei stava dormendo e lui stava ancora cercando di farle prendere

          dei sedativi? Forse è meglio se vado a controllare cosa succede di là. (Esce).

HELEN: Sam, se si sono avanzati ancora dei sedativi, potresti prenderli tu, magari

              con un po’ di whisky. Spencer, potevi dirmelo che quello era qua.

SPENCER: Non ci ho pensato, e poi non sapevo che i rapporti fra di voi fossero lo-

                   gori fino a questo punto.

HELEN: Mi è venuto un accidente quando l’ho visto. E poi la situazione è terribil-

              mente imbarazzante.

SPENCER: Per lo meno una cosa in comune l’avete ancora. Anche a lui è

                  venuto un accidente quando ha visto te.

HELEN: Peccato che non è stato un accidente definitivo.

SPENCER: Helen, io non credo sia colpa sua se è finito tutto.

HELEN: Quindi sarebbe stata colpa mia?

SPENCER: No, nemmeno colpa tua.

HELEN: Cosa vuoi dire, che è colpa del destino?

SPENCER: Sam aveva paura di te, tutto lì.

HELEN: Paura di me? Sono una donna così cattiva?

SPENCER: Non è questione di essere una donna cattiva. E’ solo che Sam è fatto

                  così: quando si rende conto che una storia sta diventando troppo seria o

                  che una donna sta diventando troppo importante, lui scappa.

HELEN: Lui sarebbe scappato perchè stavo diventando troppo importante? E ovvia-

              mente se ne è reso conto dopo che era riuscito a portarmi a letto. Di fare

              quello non aveva paura. Poi dopo tre anni, dico tre anni, si è reso conto che

             gli facevo paura. Ce n’ha messo ad accorgersene.

SPENCER: Ma quello è normale. Che male c’è?

HELEN: Siete tutti uguali voi. Anche tu, uguale a lui.

SPENCER: Ma... Forse è meglio se vado a vedere cosa succede di là. (Entrano

                  Sam, Victor e Greta).

VICTOR: Helen, scusa se prima non ti ho salutata. Sai, è una serata un po’ strana

                questa per me.

HELEN: Non ti preoccupare, Victor. Piuttosto, stai meglio adesso?

GRETA: Chiede se sta meglio lui? E quella poveretta che è di là, allora?

VICTOR: Mi sembra di essere dentro un grande e terribile incubo però un po’ alla

                volta sto cercando di capire cosa sta succedendo. Ho molta confusione in

                testa, molta nebbia, e sto cercando di fare un po’ di luce.

SAM: Che ci sia nebbia nella tua testa non è una novità.

VICTOR: Come dici?

SAM: E’ importante che tu riesca ad accendere la luce.

VICTOR: Ma è già accesa, Sam.

SAM: Nella tua testa, Victor. Nella tua testa.

VICTOR: Già. Ma Helen, come hai fatto a sapere che io e Gloria questa sera ci sta-

                vamo lasciando?

GRETA: Secondo me lo poteva immaginare facilmente. Mi scusi eh, ma bastava

              guardarvi e si vedeva subito che eravate una coppia che non poteva durare.

VICTOR: Da cosa si vedeva?

GRETA: Non ce l’ha uno specchio? Si guardi ogni tanto, senza offesa, è chiaro.

HELEN: Comunque ero in macchina con Spencer quando Sam ha telefonato.

SAM: E cosa ci facevi in macchina con Spencer?

SPENCER: Sam, non è come pensi tu. Non arrivare a conclusioni affrettate e soprat-

                   tutto non giudicare.

HELEN: Io e Spencer stiamo insieme.

SPENCER: Adesso puoi giudicare.

SAM: Insieme? Voglio dire, vi vedete, vi frequantate... fate sesso?

HELEN: A volte, quando capita.

GRETA: Misericordia.

SPENCER: Sam, voi due non stavate più insieme, io e lei...

SAM: Non è il caso che ti giustifichi, Spencer.

GRETA: Questa quando la racconterò…

SPENCER: No, davvero, fammi parlare, io non l’avrei mai fatto. Lei mi ha telefona-

                  to quando vi siete lasciati, perchè stava male, piangeva, e allora ho pensa-

                  to che fosse mio dovere consolarla, starle vicino, come stai facendo tu

                  con Victor.

SAM: Ma io Victor non me lo porto a letto.

VICTOR: State parlando di me?

GRETA: Zitto, non disturbi. Li lasci parlare.

SAM: No, Victor, non ti preoccupare, tu non c’entri.

HELEN: Sam, tra noi due era tutto finito.

SAM: E tu hai sofferto molto. Per fortuna hai incontrato subito quel benefattore di

          Spencer che non ha esitato a consolarti.

HELEN: Ero arrabbiatissima con te. All’inizio volevo solo ferirti, fartela pagare in

              qualche modo. E Spencer è stato molto gentile con me.

SAM: Già, lui è bravissimo a consolare le donne. E’ la sua specialità.

SPENCER: Credevo non ti sarebbe dispiaciuto. In fondo è sempre meglio che la tua

                   donna vada con un amico piuttosto che con un perfetto sconosciuto.

SAM: Grazie per il pensiero. Almeno potevi dirmelo, però.

SPENCER: Te l’avrei detto. E’ solo che non ho mai trovato il momento giusto.

HELEN: Sam, tu non hai nessun diritto su di me, lo vuoi capire? Non stavamo più

              insieme, perchè l’hai deciso tu, scomparendo in quel modo.

SAM: Come fai a dire che ero scomparso se non hai nemmeno provato a cercarmi.

HELEN: E perchè avrei dovuto cercarti?

GRETA: Già, perché avrebbe dovuto? Sparire in quel modo. Mascalzone.

HELEN: Per piangere, pregarti di tornare da me, di non lasciarmi? Non sei così

              importante, Sam.

SAM: Io non voglio essere importante. Volevo solo che tu non andassi a letto con

          un mio amico mentre il mio cadavere era ancora caldo.

HELEN: L’avevi voluto tu di diventare cadavere. Ti sei suicidato.

SPENCER: Io non ti avrei mai ucciso, Sam.

GRETA: C’è anche un morto. Meglio di un giallo.

SAM: Con te il discorso lo approfondiamo dopo.

SPENCER: E poi ormai tu stavi con Marylin. Pensavo fossi felice con lei.

GRETA: Ma allora non è un triangolo. E’ un quadrato. Devo dirlo subito subito a

              qualcuno. (Prende un cellulare e fa un numero).

SAM: L’hai saputo mezz’ora fa che stavo con Marylin.

SPENCER: Lo immaginavo. 

SAM: Cos’è, sei diventato un veggente?

HELEN: Non capisco nemmeno perchè io stia qui a giustificarmi con te. Che cosa

              vuoi dalla mia vita, Sam? Tu non devi niente a me e io non devo niente a

              te. Siamo stati insieme, siamo stati abbastanza bene, ma adesso è tutto

             finito. E tu non sei la vittima. Mi dispiace per il tuo orgoglio di maschio

             ferito, il solo valore davvero importante per te.

SAM: Non è orgoglio ferito, Helen. E’ solo che... non mi sembra corretto, ecco.

GRETA: Pronto, Evelin? Senti qua, questa è bella. Hai presente quello del sesto

              piano? Sì, quello deficiente… Allora… (Prosegue sottovoce).

HELEN: Ti stai arrampicando sugli specchi. Tu puoi prendermi, lasciarmi, anda-

              re con tutte le donne che vuoi, ma se lo faccio io non ti sembra corretto.

              Sei patetito, Sam.

SAM: Non con un amico. Io dico solo quello. Non con un amico.

VICTOR: Vedi, Helen, fra gli uomini esistono delle regole. Una di queste è proprio

                il fatto che con le donne degli amici non bisogna andarci anche se ci stan-

                no. A meno che non sia il diretto interessato a darti il permesso.

HELEN: Una normale compravendita, in pratica.

VICTOR: E’ come con le macchine. Se tu vuoi provare la macchina di un amico,

                gliela chiedi, mica gliela rubi.

HELEN: E le donne sono come le macchine? Mi fai schifo anche tu, Victor.

VICTOR: Ma che c’entro io?

SAM: Forse  l’esempio che hai fatto non era proprio azzeccatissimo.

GRETA: E poi adesso gli sta dicendo che c’era anche un’altra. Com’è che si

              chiamava?

VICTOR: Marylin.

GRETA: Ecco, Marilyn, e quindi…

HELEN: La pensi così anche tu, Spencer?  

SPENCER: Figurati. No, io sono diverso da questi rozzi maschilisti.

SAM: Comunque anche tu, Spencer. Da te non me l’aspettavo proprio. Tutte le se-

          re mi telefoni per parlarmi delle donne che ti fai. Che bisogno avevi di an-

         dare anche con Helen?

HELEN: Davvero gli telefoni?

SPENCER: Non crederci. Sta scherzando. Sam, io non volevo, te lo giuro, non so

                   che cosa mi è successo. Mi sono trovato lì in quel punto in cui non puoi

                   più tirarti indietro perchè altrimenti ci fai la figura dello sfigato. E che

                   cosa potevo fare? Tu non vuoi che un tuo amico ci faccia la figura dello

                   sfigato, vero?

GRETA: Ti dico di sì, gli sta dicendo che gli telefona tutte le sere. Uno normale, an-

              che con la faccia un po’ da deficiente.

SAM: Semplicemente non dovevi arrivare fino a quel punto.

SPENCER: Non è colpa mia. E’ stata lei a provocarmi. Lei mi è venuta a cercare, e

                   ha fatto di tutto per venire a letto con me. Lo sai che quello è il mio tal-

                   lone d’Achille. Io alle donne non so dire di no. L’ho fatto solo per ven-

                   dicarti, l’ho fatto per amicizia. Lo sai che io sto male quando vedo una

                   donna piangere, volevo consolarla, solo quello.

HELEN: Mi fai proprio schifo. (Fa per allontanarsi).

SPENCER: No, Helen, non fare così. Io lo dicevo solo per giustificarmi. Non lo pen-

                   savo veramente. Credimi, Helen.

HELEN: Io non so se tra di noi era mai cominciata veramente ma la cosa sicura è

              che adesso è tutto finito. Io non ti voglio più vedere.

GRETA: Sì, adesso dice che tutto è finito. No, con l’altro.

SPENCER: Se è questo che vuoi, va bene. Non posso certo trattenerti a forza.

HELEN: Tanto non lo faresti comunque. (Esce a destra).

SAM: Come hai potuto Spencer?

SPENCER: Andare con una donna dopo di te? Hai ragione. Chissà quante malattie

                   ho rischiato di prendere.

SAM: Guarda che questa volta non sto scherzando.

SPENCER: Ma andiamo, dai. Come se fosse la prima volta.

SAM: Perchè, è già successo anche altre volte?

SPENCER: Ma tra di noi abbiamo sempre diviso tutto. Era sottinteso, no?

VICTOR: Nell’accordo per caso rientrava anche Gloria?

SPENCER: E’ chiaro.

VICTOR: Cioè tu vorresti dire che...

SPENCER: Scherzavo, imbecille.

VICTOR: Io di voi due non mi fido mica tanto.

GRETA: Sì, adesso discutono tra loro.

VICTOR: Ma lei ha finito?

GRETA: Si faccia gli affari suoi. Sto parlando al telefono.

SPENCER: Scusa, Sam, non sapevo che Helen fosse così importante per te.

SAM: Non è importante. E’ solo che non me l’aspettavo. Se ti avessi detto che era

          importante non ci saresti andato?

SPENCER: Ci sarei andato lo stesso però poi avrei avuto un po’ di rimorso.

SAM: Non pensiamoci più va. Mi sembra assurdo doverci mettere a litigare tra di noi

          per una donna. Una come Helen, poi.

SPENCER: Hai ragione. Capisco fosse Marylin...

SAM: Tanto io a te Marylin non la presento. E un giorno con calma mi dovrai poi

          spiegare quel fatto che non era la prima volta che passavi dopo di me.

VICTOR: E chissà quante volte ci è passato contemporaneamente.

SPENCER: Guarda che anche tu hai poco da ridere.

VICTOR: Vuoi dire che anche con me...

SPENCER: Gloria no. Giuro.

GRETA: Sì, anche con la moglie. Lo sta dicendo adesso. Credimi.

SAM: Guarda che potrebbe sempre riprendere la pistola. Non ci posso credere. Sei

          andato con Helen. Che maledetto stronzo che sei.

SPENCER: Sei tanto incazzato?

SAM: (Scoppia a ridere). Sono indeciso se ridere o prenderti a pugni.

SPENCER: Forse è più divertente se ridi. Dai Sam, davvero, non credevo ti desse

                 fastidio. Scusa. Non lo farò più.

SAM: Non parliamone più, dai. Non fa niente. D’altra parte hai ragione, non sta-

          vamo più insieme. Per cui era tuo diritto provarci.

GRETA: Poi ti racconto tutto bene. Adesso devo riattaccare. Il telefono costa. Va

              bene. Ha mica un telefono, per caso?

VICTOR: Di là.

GRETA : Ti richiamo subito. Così almeno paga lui. (Esce. Suonano alla porta).

VICTOR: Oh mio Dio, hanno suonato.

SAM: Non vai ad aprire?

VICTOR: Sai cosa vuol dire quel campanello?

SPENCER: Probabilmente che c’è qualcuno che vuole entrare.

VICTOR: Appunto. E io non voglio che entri.

SPENCER: E’ sufficiente che non apri la porta.

SAM: Non servirebbe a niente, Victor. L’unica cosa che otterresti a non far entra-

         re lui, è di far scendere Gloria da sola. Ma non cambierebbe niente. Lei scen-

         derebbe lo stesso.

VICTOR: Io non voglio che quell’uomo metta piede in casa mia.

SPENCER: Va bene. Lo facciamo aspettare sotto e al limite aiutiamo noi Gloria a

                   portare giù i bagagli. Io e Sam. Così tu non lo vedi.

VICTOR: No, io non voglio che i miei amici aiutino mia moglie ad andarsene.

SPENCER: Possiamo sempre buttare le valigie dalla finestra.

VICTOR: Sam, vai a rispondere al citofono e digli di mandare su il tassista a pren-

                dere i bagagli di Gloria.

SAM: Mi sembra una buona idea. (Si avvia).

VICTOR: Aspetta.

SAM: Che cosa c’è ancora?

VICTOR: Niente. E’ solo che io odio quando uno sconosciuto ti suona il campanello

                per entrare in casa tua.

SPENCER: Ti assicuro che sono molto peggio quelli che entrano senza suonare, ma-

                   gari quando non sei nemmeno in casa.

VICTOR: Io vado a chiamare Gloria, per dirle che lui è qui e che si prepari.

SAM: Mi sembra una buona idea.

VICTOR: Ragazzi, ma secondo voi la rivedrò ancora?

SAM: Può darsi, perchè no, sai, la vita ti riserva sempre delle sorprese anche se...

          Non credo, Victor.

SPENCER: Sì invece, io sono sicuro che la rivedrai.

VICTOR: Dici davvero? E dove?

SPENCER: In Tribunale.

SAM: Victor, vai a chiamare Gloria. (Victor esce). Ma quando imparerai a startene

          zitto, qualche volta.

SPENCER: Ma è la verità.

SAM: Non è detto. (Risponde al citofono). Pronto? No, sono un amico io. Lei è... ah,

          lei è il tassista di Gloria. Va bene, salga pure, le apro, ma mi raccomando salga

          da solo.

SPENCER: Sale su il tassista?

SAM: Sì. Lui ha avuto il buon senso di non venire nemmeno al citofono. Meglio

          così.  Almeno evitiamo discussioni inutili e possibili ricadute di Victor.

SPENCER: Soprattutto se decidesse di ricadere dalla finestra.

VICTOR: E’ tutto a posto?

SAM: Sì, sta salendo il tassista.

VICTOR: Hai sentito la sua voce al citofono?

SAM: No, non è venuto lui al citofono. Credo aspetti in macchina.

VICTOR: Non ha nemmeno il coraggio di venire ad affrontarmi a viso aperto quel

                coniglio.

SPENCER: Sei vuoi te lo chiamiamo.

VICTOR: No, è meglio di no.

SAM: Gloria?

VICTOR: E’ ancora un po’ intontita. Ha bisogno di riposare ancora qualche minuto.

                Mi ha chiesto se ero così gentile da intrattenerlo.

SAM: Intrattenerlo? E come? con qualche gioco di prestigio?

SPENCER: Il gioco di prestigio lo sta facendo quello giù in strada. La donna che    

                   sparisce.

VICTOR: Possiamo offrirgli qualcosa da bere.

SAM: Non guardare la mia bottiglia. Quella doveva essere per il mio splendido

          brindisi di capodanno con Marylin. Visto che il mio brindisi ormai è saltato,

          mi servirà per dimenticare.

SPENCER: Quante palle. Sam, vai fuori ad aspettare il tassista che ormai sarà già

                   arrivato al piano. (Si avvia ed esce).

VICTOR: Con calma. Più passa il tempo e più il tassametro sale. Mi piacerebbe da-

                re un sonnifero a Gloria per farla dormire ancora un paio d’ore e fargli

               sborsare un bel po’ di dollari a quello là sotto.

SPENCER: Pensa che bello se oltre a questo il taxi avesse il riscaldamento rotto e

                   lui restasse un paio d’ore al freddo.

VICTOR: Già. E gli prendesse una polmonite.

SPENCER: Così non potrebbe consumare.

VICTOR: Consumare cosa?

SPENCER: Stanno insieme, no? Adesso anche ufficialmente, quindi credo che que-

                  sta sera festeggeranno.

VICTOR: Una bella bottiglia di vino, una bella cenetta...

SPENCER: E poi a letto.

VICTOR: A... dormire?

SPENCER: Ovviamente. (Rientra Sam).

SAM: Ragazzi, c’è qui il tassista.

SECONDO TEMPO

SCENA PRIMA

Detti più Frank

SAM: Ragazzi, c’è qui il tassista. (Entra Frank).

FRANK: Salve.

VICTOR: Salve, venga avanti, si accomodi.

FRANK: Grazie. Io sarei venuto per…

VICTOR: Sì, lo so, l’abbiamo fatta salire apposta.

FRANK: Dove sono?

VICTOR: Ma quanta fretta. Si sieda un attimo, tanto non paga mica lei.

FRANK: E’ vero. Ma che cosa?

VICTOR: Andiamo, dai, siamo uomini, no?

FRANK: Immagino di sì.

SPENCER: (A Sam). Credi sia impazzito del tutto?

SAM: No ma ogni cazzata che dice è un dollaro in più di taxi che deve pagare quel-

          lo giù sotto.

SPENCER: Quasi quasi lo preferivo quando voleva suicidarsi.

FRANK: Sua moglie le ha detto tutto?

VICTOR: Credo di sì. Ma mi tolga una curiosità. Com’è?

FRANK: Chi?

VICTOR: Andiamo, chi c’è in questo momento sul suo taxi?

FRANK: Spero nessuno perché altrimenti ci sarebbero molte probabilità che sia un

               ladro.

VICTOR: Incredibile. Che uomo. Non è nemmeno venuto di persona. Sam, hai sen-

                tito? Frank, sta correndo il suo tassametro?

FRANK: No, l’ho spento prima.

VICTOR: Maledizione. Neanche il gusto di farlo pagare. Sam, Spencer, fatemi il pia-

                cere, andate a prendere i bagagli e portateli di qua. Almeno lui può por-

                tarli giù e la facciamo finita.

SAM: Va bene, Victor.

VICTOR: Io non ce la faccio proprio. Mi sento senza forze.

SPENCER: Riposati. Pensiamo a tutto noi. (Escono).

VICTOR: Che giornata. Non è un momento molto fortunato per me. Ma non si

                 preoccupi, non voglio annoiarla con i miei problemi.

FRANK: Non fa niente. Chi non ne ha?

VICTOR: Io fino a ieri ero un uomo felice. Quasi felice. Diciamo che non mi la-

                mentavo. E poi all’improvviso questa sera mi sono ritrovato a guarda-

                re la città in piedi sul cornicione.

FRANK: Sul cornicione?

VICTOR: Certo, questo qui fuori della finestra. Vuole vedere?

FRANK: No, le credo.

VICTOR: E sa perché ho guardato la città dal cornicione?

FRANK: Sono sicuro che la cosa non ha a che fare con il capodanno.

VICTOR: Bravo. Il fatto è che mia moglie questa sera ha deciso di andarsene.

FRANK: Mi dispiace.

VICTOR: Lei cosa avrebbe fatto al mio posto? Si poteva decidere di ucciderla o

                di uccidere il suo amante.

FRANK: Meglio il cornicione.

VICTOR: Sono contento che lei mi dia ragione.

FRANK: E una volta sul cornicione cosa aveva intenzione di fare?

VICTOR: Ovviamente buttarmi di sotto.

FRANK: E’ vero. Che stupido, non ci avevo pensato.

VICTOR: Cosa altro potevo fare sul cornicione?

FRANK: Prendere semplicemente una boccata d’aria.

VICTOR: Per far questo non avevo bisogno di andare sul cornicione.

FRANK: E’ vero. In effetti su un cornicione ci sono poche alternative.

VICTOR: Io amo mia moglie.

FRANK: Anch’io.

VICTOR: Allora se è sposato anche lei può sicuramente capire la mia situazione.

FRANK: No, io non sono sposato.

VICTOR: Separato? Sono cose che capitano. D’altra parte lo sarò anch’io fra

                non molto.

FRANK: No, non sono nemmeno separato.

VICTOR: Oh, mi scusi, non sapevo che… fosse vedovo.

FRANK: Io?

VICTOR: No, no, non aggiunga altro. E’ da molto?

FRANK: Ma no, io non sono nemmeno vedovo. (Entra Helen).

HELEN: Victor, siamo quasi pronti. Tua moglie finalmente si è svegliata.

FRANK: Come sta?

HELEN: Bene. L’ho aiutata a vestirsi. Lo shock è stato molto forte.

VICTOR: (A Frank). E’ stata tutta colpa mia. Le ho sparato per sbaglio.

FRANK: Per sbaglio?

VICTOR: Sì, avevo la pistola in mano ed accidentalmente è partito un colpo.

FRANK: Mentre stava sul cornicione?

VICTOR: No, ero già rientrato. Ah, Helen, lui è Frank. E’ venuto a prendere Gloria.

                E’ il taxista.

HELEN: Lo so. Gloria mi ha detto che sarebbe venuto ma non pensavo che tu lo

             avresti fatto salire.

VICTOR: E’ perché io pensavo che l’altro, l’amante, fosse venuto ed avesse aspet-

                tato in taxi. Invece quello non è venuto.

HELEN: Già. E’ stato molto furbo.

VICTOR: Molto più di me. Incredibile.

HELEN: E’ vero. Incredibile.

GLORIA: (Da fuori). Helen, puoi venire un attimo?

HELEN: Scusate. Torno subito. (Esce Helen).

VICTOR: Mi ha fatto piacere conoscere una persona gentile come lei.

FRANK: Il piacere è stato mio.

VICTOR: Se qualche volta passasse da queste parti non si faccia problemi. Salga a

                farsi un drink.

FRANK: Non credo che ne avrò occasione. Io non lavoro molto in questa zona.

VICTOR: E allora un drink facciamocelo adesso. Lei festeggerà il capodanno e io

                berrò per dimenticare. Whisky va bene?

FRANK: Benissimo.

VICTOR: Sono contento che le vada bene il whisky anche perché è la sola botti-

                glia di alcool che ho in casa. Sa io non bevo quasi mai e allora non mi vie-

                ne in mente di comprare niente.

FRANK: Tutta salute.

VICTOR: E poi non ho nessuna donna da fare ubriacare. Sono un uomo sposato…

                Domani credo che passerò al supermercato. Oh mio Dio, adesso dovrò

                anche ricominciare a bere.

FRANK: Non è obbligatorio.

VICTOR: Non credo sia possibile fare ubriacare una donna col succo di frutta. Va-

                do a prendere la bottiglia. (Esce a sinistra).

FRANK: Complimenti per la casa. E’ molto bella e abita davvero in un quartiere

              niente male.

VICTOR: (Da fuori). La casa me l’hanno comprata i miei genitori. Ci tenevano

                alla mia indipendenza. (Rientra). Dicevano che era giusto che comin-

                ciassi a pensare a come cavarmela da solo. Ormai avevo l’età per farlo.

FRANK: Quanti anni aveva?

VICTOR: Diciotto. Da allora non sono più venuti a trovarmi. Si sono trasferiti in

                Europa.

FRANK: Già.

VICTOR: La bottiglia di whisky è quasi vuota. Vuol dire che la finiremo adesso e

               domani ne comprerò un’altra. E’ bello finire una bottiglia con un amico.

               Ecco qua. Buon anno, amico.

FRANK: Buon anno.

VICTOR: Spero che per lei possa essere un anno ricco di felicità.

FRANK: Lo spero anche per lei.

VICTOR: Per me sarà un anno diverso. Non so se sarà felice. Sarà solo diverso.

VICTOR: E brindiamo anche a quello stramaledetto idiota che ha deciso di portarsi

                via mia moglie. Che possa morire.

FRANK: Non bisogna mai augurare il male alle persone.

VICTOR: Non me ne frega niente.

FRANK: Porta sfortuna anche a chi lo augura.

VICTOR: Va bene. Allora che possa sopravvivere. Ma con qualche malattia. Non

                grave. Ma che faccia un po’ male.

FRANK: Va già meglio. (Entrano Sam e Victor con i bagagli).

SAM: Eccoci qua. Siamo pronti.

VICTOR: Bene. Sentite, io vorrei dire due parole a mia moglie prima che se ne vada.

SPENCER: Va bene. Noi cominciamo a scendere con i bagagli.

FRANK: Scendo anch’io, aspetterò sotto.

VICTOR: No, dopo. Aspettate un attimo in cucina. Fatevi uno spuntino.

SAM: Va bene, andiamo. (Escono Sam, Spencer e Frank a sinistra. Entra Gloria).

GLORIA: Frank è qui?

VICTOR: Chi?

GLORIA: Il tassista.

VICTOR: E’ in cucina. Gloria, io vorrei dirti tante cose prima che tu te ne vada ma

                non mi vengono le parole.

GLORIA: Non devi dire niente.

VICTOR: Ti amo.

GLORIA: Ti prego, stai zitto.

VICTOR: Mi mancherai.

GLORIA: Anche tu, Victor.

VICTOR: Ma allora…

GLORIA: Zitto. Ti prego.

VICTOR: Mi piacerebbe che restassimo amici.

GLORIA: Lo sai benissimo che non è possibile.

VICTOR: Non è vero. Se solo lo vogliamo lo possiamo fare.

GLORIA: Victor.

VICTOR: Telefonami qualche volta.

GLORIA: Per dirti che cosa?

VICTOR: Per dirmi come stai.

GLORIA: Va bene. Ti telefonerò.

VICTOR: Così ti dirò come sto.

GLORIA: Va bene, Victor.

VICTOR: Promettimi che lo farai.

GLORIA: Te lo prometto.

VICTOR: Quando?

GLORIA: Non lo so, Victor. Però lo farò, te lo giuro.

VICTOR: E se qualche volta volessi venirmi a trovare.

GLORIA: Basta Victor. Ti prego, chiama Frank, voglio andare via.

VICTOR: Va bene. (Entra Helen).

HELEN: E’ tutto a posto?

GLORIA: Tutto a posto. Stavo soltanto salutando Victor.

HELEN: Vi ho disturbati?

GLORIA: No, affatto. Avevamo già fatto tutto.

VICTOR: Chiamo gli altri. Sam! Spencer! (Entrano Sam, Spencer, Greta  e Frank).

SPENCER: Fatto tutto?

VICTOR: Tutto a posto.

GLORIA: Victor, ti presento Frank.

VICTOR: Il tassista. L’ho già conosciuto.

GLORIA: Il tassista e anche mio… nuovo compagno.

VICTOR: Nuovo compagno?

GRETA: (Al telefono). Oh mio Dio, Evelin, c’è un altro colpo di scena.

SPENCER: Dubito si tratti di un compagno di scuola.

VICTOR: Nuovo compagno?

SAM: Spencer, tieni d’occhio la finestra.

VICTOR: E gli ho anche fatto finire la bottiglia di whisky. (Scappa a destra).

SECONDA SCENA

Gli stessi.                

 

GLORIA: Victor!

FRANK: Forse se io me ne andassi sarebbe meglio.

GRETA: No, non se ne vada.

SPENCER: Mi sembra un’idea interessante.

GLORIA: Mi piacerebbe provare a parlargli.

GLORIA: Frank, hai voglia di aspettare in cucina?

FRANK: Va bene.

SAM: Vengo anch’io così mi faccio una birra.

SPENCER: Vada per una birra. (Escono).

HELEN: Vuoi che me ne vada anch’io?

GLORIA: No, stai pure.

HELEN: E lei?

GRETA: Prometto di non aprire bocca.

GLORIA: Victor!

VICTOR: (Da fuori).

VICTOR: Gli ho parlato di me, di noi, gli ho raccontato tutto. Tutta la nostra storia.

GLORIA: Tanto la conosceva già.

VICTOR: Sì però adesso gliela ho raccontata io. Raccontata da te poteva pensare che

                tu esagerassi perchè eri arrabbiata con me. Ma raccontata da me capirà che

                era tutto vero.

GRETA: Magari poteva credere che lei fosse arrabbiato con se stesso. Scusate.

VICTOR: E’ umiliante.

HELEN: E’ tutta questa serata umiliante. Voi due che avete rotto, io che mi sono ri-

              trovata davanti Sam, dopo sei mesi che era sparito completamente, ed è

              tornato proprio in tempo per farmi rompere con Spencer. Forse è la sola

              cosa buona che ha fatto fino ad oggi. Che stupida sono stata a mettermi

              con quello.

GLORIA: Il bisogno procura sempre strani compagni di letto.

HELEN: Hai ragione. Ma ormai ci ho rinunciato a cercare l’uomo della vita. Trovo

              soltanto degli imbecilli.

GLORIA: Non ci devi rinunciare, Helen. Anch’io non ci ho mai creduto nel principe

                Azzurro. Poi improvvisamente nella mia vita è entrato Frank.

VICTOR: Ma Gloria.

GLORIA: Sì anche tu sei un principe azzurro, caro.

HELEN: Troppe delusioni, Gloria. Non ho più voglia di soffrire.

VICTOR: Gloria, vorrei che il tuo… uomo se ne andasse al più presto da questa

                casa. Non lo voglio più vedere. Si è anche finito il mio whisky.

GLORIA: Il prossimo anno a Natale te ne regalerò una bottiglia.

VICTOR: Grazie. Me ne vado in camera. Quando te ne sarai andata avvisami. Tele-

                fonandomi. (Esce).

HELEN: Non l’ha presa molto bene.

GRETA: Gli passerà.

HELEN: Sei felice?

GLORIA: Non lo so, Helen. Ho paura. Frank è così dolce, sensibile, con lui vicino

                mi sembra possibile affrontare tutti i problemi. Non lo so se funzionerà.

                Tu non mi immagini quante notti in bianco ho passato per decidere cosa

                fare. Non riuscivo a prendere una decisione. Però a un certo punto bisogna

                anche rischiare. Probabilmente era l’ultima possibilità che avevo. Non po-

                tevo perderla. Se andrà male sarà solo colpa mia.

GRETA: Peggio di così è difficile che le possa andare.

HELEN: Ti andrà benissimo. Potessi trovare io il tuo coraggio.

GLORIA: Non è coraggio. Forse è incoscienza. Ma io la vita la voglio vivere e con

                Victor mi sentivo in gabbia. E in gabbia si muore.

GLORIA: Credo sia meglio che vada. Vado a chiamare Frank.

(Da fuori sentono urlare Victor).

GRETA: Oh mio Dio, cosa altro succede adesso? Non ce la faccio più, devo chiamare.

               (Fa un numero).

GLORIA: Forse ha deciso di suicidarsi di nuovo.

HELEN: Magari col gas.

GLORIA: Quale gas, quello dell’accendino? La cucina è dall’altra parte.

HELEN: Andiamo a vedere.

GLORIA: Forse è meglio. (Escono a destra).

GRETA: Pronto, Evelin, grandi novità. Ne stanno succedaneo di tutti i colori. Ma a-

              spetta, ti chiamo dal loro telefono di casa, così non pago io. (Esce. Suonano

              il campanello).

SPENCER: (Entrando). Non sentite che hanno suonato?

SAM: (Entrando). Aspetta, non aprire.

SPENCER: E perchè?

SAM: Non possiamo sapere chi c’è là fuori.

SPENCER: Tanto, peggio di così.  (Apre. Sulla soglia ci sono Brigitte e Lillian).

SCENA TERZA

Detti più Lillian e Brigitte.

LILLIAN: Ciao ragazzi, buon anno.

BRIGITTE: Siamo arrivate tardi?

SAM: Tardi? Per che cosa?

LILLIAN: Non vi sarete mica già bevuto tutto lo champagne, no? Se non ci ubria-

                chiamo poi come facciamo a folleggiare?

SAM: Credo ci sia un errore.

SPENCER: Ma che errore. No, ragazze, venite pure avanti, abbiamo il frigo pieno

                   di champagne.

BRIGITTE: Fantastico.

SAM: Ma che cosa dici, Spencer. Non sappiamo nemmeno chi sono queste.

SPENCER: Le hai viste bene?

SAM: Certo che le ho viste bene.

SPENCER: E allora che cosa te ne frega di chi sono. Io sono appena stato scarica-

                   to dalla tua ragazza e queste sono la medicina più fantastica che esista

                   perché io possa dimenticare Helen.

SAM: Frank, digli qualcosa tu.

FRANK: Veramente io ho Gloria.

LILLIAN: Allora ragazzi, come mai non c’è musica?

SPENCER: Già, perché non c’è musica? Sam, metti su un po’ di musica.

SAM: Se vuoi posso cantare.

SPENCER: Non fateci caso, è un idiota. Io mi chiamo Spencer, e voi?

BRIGITTE: Io mi chiamo Brigitte, e lei è la mia amica Lillian.

SPENCER: Brigitte. Che nome splendido.

FRANK: Io sono Frank.

SPENCER: Quello stupido si chiama Sam, ma non è importante. Beviamo.

SAM: Se tocchi la mia bottiglia ti ammazzo.

SPENCER: E chi te la tocca.

LILLIAN: Dov’è Brian?

SPENCER: Brian? E chi diavolo è Brian?

BRIGITTE. Il padrone di casa. E’ stato Stewart un nostro amico a dirci che a casa

                   di Brian questa sera ci sarebbe stata una festa fantastica.

LILLIAN: Ci ha dato l’indirizzo esatto. Questo. Solo che non ci ricordiamo più a

                che piano abitava questo Brian e allora abbiamo suonato a caso.

SPRNCER: Che fortuna. Avete beccato la casa giusta.

BRIGITTE: Fantastico. Siamo state fortunate.

SPENCER: Anche noi. Comunque Brian è in camera. Adesso ve lo chiamiamo.

LILLIAN: Si è già appartato con una ragazza?

BRIGITTE: Che sfortuna, volevo fare io la prima. Di solito sono sempre la prima.

LILLIAN: E io la seconda. A tutte le feste. E noi andiamo a tantissime feste.

BRIGITTE: Già. Ci invitano sempre tutti.

SPENCER: Lo credo. Due ragazze così simpatiche.

LILLIAN: Ho sete.

FRANK: Vado a cercare qualcosa da bere. (Frank esce).                                 

BRIGITTE: Ma che festa triste senza nemmeno un po’ di musica.

SPENCER: Non preoccuparti, Lillian…

BRIGITTE:  Brigitte.

SPENCER: Sì, Brigitte. Tra poco la metteremo la musica. E sentirai che musica.

LILLIAN: Ma tutti gli altri invitati dove sono?

BRIGITTE: Stewart ci aveva detto che alla festa ci sarebbero stati una cinquantina di

                   persone almeno. E quasi tutti single.

SPENCER: Ma certo. Qui siamo tutti single.

SAM: Soprattutto il padrone di casa.

SPENCER: Gli altri… sono andati a prendere la musica.

BRIGITTE: Fantastico. Speriamo si sbrighino perché io non vedo l’ora di comin-

                   ciare a ballare.

SPENCER: Già. Anch’io. (Rientra Frank).

FRANK: Non ho trovato niente.

SPENCER: Come sarebbe a dire? Victor non tiene niente in casa?

FRANK: Solo latte e succo di frutta.

SAM: Potreste fargli un frappè.

SPENCER: Quell’idiota. Ma perché non ho lasciato che si ammazzasse.

SPENCER: Frank, scendi sotto, vai a cercare qualcosa al bar.

FRANK: Va bene. Che cosa prendo?

SPENCER: Qualsiasi cosa abbia più di venti gradi.

FRANK: Volo. (Esce).

SPENCER: Bene. Tra poco arriveranno anche i rifornimenti.

LILLIAN: Sarebbe quasi l’ora. Io se non bevo non mi diverto affatto.

BRIGITTE: Certo. Noi siamo timide e l’alcool ci aiuta a socializzare.

SPENCER: Sam, la bottiglia.

SAM: Scordatela.

SPENCER: Ma dimmi tu se mi dovevano capitare degli amici del genere. E io cosa gli

                  do da bere a queste?

LILLIAN: (Dalla finestra). Guarda come siamo in alto, Brigitte.

BRIGITTE: E’ vero. Le persone si vedono piccole piccole.

LILLIAN: Guarda quello là sotto che sta attraversando la strada. Guarda come cor-

                re. Attento. Per poco lo investono.

BRIGITTE: E’ entrato al bar. Doveva avere tantissima sete.

LILLIAN: Eccolo che esce. Oh Dio, ha attraversato senza guardare.

BRIGITTE: Frena! No, che volo che gli ha fatto fare quella macchina. Non si muove

                   Più. Non sarà mica morto?

SPENCER: No, il liquore. Fatemi vedere. Dio sia ringraziato, non è lui.

LILLIAN: Sembra morto quel poveretto.

SPENCER: Pace all’anima sua.

BRIGITTE: Guarda Lillian, guarda lì a destra, c’è un uomo sul cornicione.

SAM: No. Non c’è più.

LILLIAN: E’ vero. Sembra voglia buttarsi di sotto.

SAM: Spencer.

SPENCER: Se è vero questa volta la spinta decisiva gliela do io.

SAM: Guarda se è lui.

SPENCER: Sam, chi vuoi che ci sia sul cornicione dell’appartamento di Victor la

                 notte di capodanno? Fosse stato una settimana fa potevamo almeno spe-

                 rare che fosse Babbo Natale.

SAM: Per la befana è troppo presto?

SPENCER: La befana è una donna, Sam. Se tu mi lasciassi stappare la tua bottiglia

                  di vino ti assicuro che questa sera potremmo tutti e due chiarirci molti

                  misteri sull’anatomia femminile.

SPENCER: E scommetto che adesso vuoi anche verificare se quello sul cornicione

                  che hanno visto queste due adorabili creature, sia davvero Victor.

SAM: Spencer, se non ti ricordi, siamo qui per questo.

SPENCER: Eravamo qui per questo. Adesso io sono qui per queste. (Entra Greta).

GRETA: Cosa c’è sul cornicione?

SPENCER: Un piccione.

LILIAN: E’ un’altra invitata questa?

SPENCER: No, è soltanto una vicina di casa.

GRETA: Chi sono quelle due?

SAM: Delle amiche.

GRETA: Buonasera, cosa fate qui di bello?

LILLIAN: Siamo pronte per sballarci a questa bellissima festa.

GRETA: Festa?

SAM: Nella camera di là stanno litigando per colpa di Victor.

GRETA: Davvero? Vado subito a vedere. (Esce).

LILLIAN : Cosa fa quell’uomo sul cornicione ?

SAM : Festeggia il capodanno.

SPENCER: Lillian…

BRIGITTE: Brigitte.

SPENCER: Brigitte, posso suggerirti un modo migliore per festeggiarlo?

SAM: Un modo molto più comodo. Orizzontale.

LILLIAN: Orizzontale? Come le parole crociate. Io adoro le parole crociate.

SPENCER: Già. Sette lettere. Cosa potremmo fare adesso io e te? Inizia per S.

BRIGITTE: Saltare.

SPENCER: Quello lo vuole già fare l’omino che è fuori sul cornicione. Riprova,

                  magari sarai più fortunata. (Entrano Helen, Gloria e Greta).

HELEN: Siamo di nuovo nei guai. Victor.

SAM: Ma non si era tranquillizzato?

GLORIA: E’ stata l’idea di aver fatto finire la sua unica bottiglia di whisky a Frank

                che l’ha mandato fuori di testa.

GRETA: lo dicevo io che l’alcool fa male.

LILLIAN: Che cosa è successo?

SPENCER: Niente, Brigitte, non preoccuparti.

LILLIAN: Lillian. 

SPENCER: Sì, Lillian. Ma non potete mettervi un cartellino col nome appeso al

                  vestito? Vi somigliate così tanto.

BRIGITTE: Ma non ci somigliamo per niente.

HELEN: Chi sono queste?

SPENCER: Croce rossa. Abbiamo pensato che magari a Victor poteva fare comodo

                  essere assistito da un infermiera. Per evitare ricadute.

HELEN: Il problema è che loro sono di qua e lui è la fuori a far la ricaduta.

SPENCER: Gli stavo soltanto spiegando il problema, in modo che fossero pronte.

HELEN: Non perdi proprio tempo. (Esce).

GRETA: Fate proprio schifo.

SPENCER: L’hai detto tu che non stavamo più insieme.

GLORIA: Sam, per favore, vieni a vedere.

SAM: Va bene, vengo. (Escono Gloria e Sam).

BRIGITTE: Ho sete.

SPENCER: Un attimo di pazienza. Il mio amico sta arrivando con l’alcool.

LILLIAN: Che festa triste. Non mi diverto per niente. Io se non trovo un ragazzo

                che mi piace non mi diverto mai alle feste. (Entra Frank).

SPENCER: Finalmente sei arrivato. Hai comprato?

FRANK: Certo che ho comprato. Finalmente possiamo far festa.

SPENCER: Vado a prendere i bicchieri. (Esce a sinistra).

LILLIAN: Che cos’è?

FRANK. Whisky. E della migliore marca anche.

BRIGITTE: Fantastico. Io adoro il whisky.

FRANK: E io adoro le donne che adorano il whisky,.

SPENCER: (Entra). Eccoci qua. Buon anno ragazze mie. (Entra Helen).

HELEN: Ho bisogno di un piacere, Spencer.

SPENCER: Che piacere?

HELEN: Victor è sconvolto e per calmarlo dovresti andare a comprare… Ma l’hai

             già fatto. (Prende il whisky). Grazie. Come hai fatto a pensarci?

SPENCER: Non sono mica stupido io. Ma a che cosa?

HELEN: Victor è sconvolto perché Frank gli ha finito il whisky e allora forse se ve-

            de che ce n’è una bottiglia nuova e se magari gli facciamo credere che l’ha

            comprata Frank, si calma.

FRANK: In effetti l’ho proprio comprata io.

HELEN: Ottimo. (Esce).

SPENCER: Eh sì, penso sempre a tutto io. Frank.

FRANK: Va bene: (Esce).

LILLIAN: Io voglio andare a casa.

SPENCER: Ma no, Lillian, adesso la festa inizia.

LILLIAN: Brigitte.

SPENCER: Sì, Brigitte.

LILLIAN: Ti ho fregato, io sono davvero Lillian.

BRIGITTE: Che stupido.

SPENCER: Come sei simpatica, Brigitte, cioè Lillian.

BRIGITTE: Tutti ci confondono. Forse sarà perché noi facciamo sempre tutto

                  insieme.

SPENCER: Tutto?

LILLIAN: Certo, tutto.

BRIGITTE: E adesso ce ne andiamo a casa tutte due. Che festa. Non c’è neppure

                   niente da bere.

SPENCER: No, aspettate, è arrivato il bere. Whisky con ghiaccio va bene per tutte

                  due?

BRIGITTE: Se non c’è lo champagne andrà bene il whisky con ghiaccio.

SPENCER: Benissimo.

BRIGITTE: Ma gli altri invitati non ci sono perchè si sono già tutti appartati?

SPENCER: Appartati? Già.

BRIGITTE: Lo dicevo io.

LILLIAN: Per cui ci resti soltanto tu?

SPENCER: Hai indovinato, bambola.

BRIGITTE: Meglio che niente.

SPENCER: Andiamo.

LILLIAN: Ma da questa parte c’è la cucina.

SPENCER: Lo so, però le camere da letto sono tutte occupate.

BRIGITTE: Che sfortuna. Tutto per colpa tua, Lillian.

LILLIAN: Colpa mia?

BRIGITTE: Certo. Se non ci mettevi tre ore a vestirti saremmo arrivate più presto.

LILLIAN: Il vestito l’ho scelto al primo colpo. E’ solo sulla lingerie che ci ho im-

                piegato qualche minuto di più.

BRIGITTE: Qualche minuto. Quarantotto.

LILLIAN: Ma è importante. Mica posso mettere le prime cose che capitano. La

                scelta deve essere accurata.

SPENCER: Oh mio Dio.

LILLIAN: Non sei d’accordo?

SPENCER: Hai perfettamente ragione Bri… Lil… hai ragione tu.

LILLIAN: E poi tu hai poco da dire. Sapessi che casino ha fatto per parcheggiare

                la macchina. Non è affatto capace a guidare. C’era un posto lungo al-

                meno quattro metri e lei è riuscita a sfondare la portiera alla macchina

                che c’era parcheggiata dietro. E non gli ha nemmeno messo un biglietto

                per dirle che era stata lei.

SPENCER: Ha fatto bene. Quell’altro aveva solo da non parcheggiare lì.

LILLIAN: Chissà che sorpresa avrà il proprietario di quella Chrisler quando andrà

                a recuperare la sua macchina.

SPENCER: Una Chrisler? Era per caso targata NY 9999?

LILLIAN: Sì, che targa buffa, Sai di chi è?

SPENCER: E’ la mi… no, non lo so.

LILLIAN: E poi quando ha messo la prima ha staccato il parafango alla macchina

                che c’era davanti.

BRIGITTE: Tanto quello era un taxi.   

SPENCER: Per fortuna. Andiamo, forza.

BRIGITTE: Però noi stiamo ancora aspettando qualcosa da bere.

SPENCER: Nemmeno del liquore tiene quell’idiota di Victor.

BRIGITTE: E perché questo Victor dovrebbe tenere del liquore nell’ap-

                   partamento di Brian?

SPENCER: Appartamento di Brian? Ah, è vero, ma Victor è il cameriere di Brian.

LILLIAN: Brian ha un cameriere?

SPENCER: Praticamente… sì.

LILLIAN: Ma allora è molto ricco.

SPENCER: Moltissimo. Andiamo adesso?

BRIGITTE: Andiamo. (Entra Frank).

SPENCER: Finalmente, ecco il whisky.

FRANK: Maledizione, maledizione. Mi hanno distrutto il taxi. Se prendo chi è sta-

              to lo ammazzo.

SPENCER: Non preoccuparti, Frank, dopo ne parliamo.

FRANK: Ma ho un sacco di danni.

SPENCER: Non è il caso di parlarne adesso.

FRANK: Senti, sono incazzato come un pellicano e in qualche modo di devo sfogare.

SPENCER: Sfogati con queste, idiota.

BRIGITTE: Che combinazione. Pensa che anche noi posteggiando la macchina ab-

                   biamo un pochino ammaccato un taxi.

LILLIAN: Non noi, tu l’hai ammaccato.

FRANK: Era posteggiato qui sotto?

BRIGITTE: Sì.

SPENCER: Non preoccuparti, a me hanno sfondato la portiera. Possiamo parlarne

                  a fine serata? Tanto ormai è fatta.

FRANK: Ma il mio taxi.

SPENCER: Te lo faccio riparare io.

FRANK: Se è così, va bene.

SPENCER: Finalmente. Allora, vogliamo aprire questa bottiglia di whisky?

FRANK: Impossibile. Purtroppo non ne ho più trovato. Sono stato obbligato a

              prendere questa. Champagne.

SPENCER: Champagne? Fa lo stesso. Avanti ragazze, è arrivato lo champagne.

LILLIAN: Ma non dovevamo bere  whisky?

SPENCER: E’ capodanno, no? E a capodanno si beve champagne. Datemi i bic-

                  chieri. Frank, stappa la bottiglia.

                 (Si sentono rumori dalla camera a destra. Gridolini,

                 risate, evidentemente Victor è tornato dentro).

LILLIAN: Ehi, di là fanno festa.

FRANK: Festa?

BRIGITTE: Ma sì, sentite quante voci. Ma allora volevate prenderci in giro. In real-

                tà la festa è dall’altra parte.

SPENCER: Sì ma non vi perdete niente. Sono tutti vecchi di là e fanno quei giochi-

                   ni stupidi che si fanno alle feste.

BRIGITTE: Adoro i giochini stupidi che si fanno alle feste. Andiamo a vedere?

SPENCER: Magari dopo, stavamo stappando lo champagne.

BRIGITTE: Lo stappiamo dopo.

FRANK: Lo stappiamo dopo?

SPENCER: Lo stappiamo dopo. Cosa vuoi farci?

SPENCER: Vieni, andiamo a goderci un po’ di festa.

BRIGITTE: Finalmente.

FRANK: Andiamo.

SPENCER: Frank, forse è meglio che tu rimani di qua.

FRANK: E perchè?

SPENCER: Perché ho la netta sensazione che se tu vieni di là, la festa finisce o

                  magari continua ma la fanno a te.

FRANK: Hai ragione.

SPENCER: Lillian.

LILLIAN: Sì?

SPENCER: Non ci posso credere, ci ho preso. Non è poi così difficile. Tu magari

                   rimani di qua con Frank. Noi andiamo, diamo un’occhiata e torniamo

                   indietro.

LILLIAN: Fantastico. (Escono Spencer e Brigitte).

FRANK: (Imbarazzato). Eccoci qua. Bella festa, vero?

LILLIAN: Non mi sto divertendo molto.

FRANK: Già. In effetti anche per me è una serata piuttosto strana.

LILLIAN: Perché sei venuto a questa festa?

FRANK: E’ una storia molto lunga e non credo di avere il tempo per raccontartela.

LILLIAN: Fammi un riassunto.

FRANK: Sono qui per una donna. Fine del riassunto.

LILLIAN: (Si farà sempre più provocante). Che coincidenza.

FRANK: Anche tu sei qui per una donna?

LILLIAN: Stupidino. Mi piacciono gli uomini timidi.

FRANK: Anche a me. No, volevo dire, in effetti io sono molto timido.

LILLIAN: Non ti mangio mica.

FRANK: Tu no, ma Gloria di sicuro.

LILLIAN: Chi è Gloria?

FRANK: Gloria? La moglie di Victor.

LILLIAN: Ah, il cameriere. E lei cos’è, la cuoca?

FRANK: Cuoca? Beh… sì.

LILLIAN: Me l’ha detto Spencer.

FRANK: Adesso capisco. Per caso ti ha detto altro?

LILLIAN: Non mi sembra.

FRANK: Per fortuna.

LILLIAN: Perché?

FRANK: Perché Spencer è così imprevedibile, ma simpatico.

LILLIAN: E da molto che vi conoscete?

FRANK: Con Spencer? Abbastanza.

LILLIAN: E con Victor?

FRANK: Il cameriere? Io non sono amico dei camerieri. Conosco sua moglie.

LILLIAN: La conosci bene?

FRANK: Oddio bene, è una cosa così, a livello di buongiorno e buonasera.

LILLIAN: E tu che lavoro fai, Frank?

FRANK: Sono nel settore dei trasporti.

LILLIAN: Lavori  al ministero?

FRANK: No, ma ci passo molto spesso davanti.

LILLIAN: Ma lo sai che sei proprio carino?

FRANK: No, forse mi avrai scambiato per qualcun altro.

LILLIAN: Perché non ci baciamo?

FRANK: Adesso? Mi piacerebbe moltissimo solo che adesso è un po’ un problema.

              Sono raffreddato, e non vorrei attaccarti i germi.

LILLIAN: Correrò questo rischio.

FRANK: Potremmo uscire domani sera. Sarò sicuramente guarito e allora potremo

              baciarci tutta la sera.

LILLIAN: Domani sera devo già uscire con un altro. E poi questa sera è capodanno.

FRANK: E domani è il due gennaio. Che combinazione.

LILLIAN: Allora?

FRANK: Potrebbe entrare qualcuno.

LILLIAN: E’ ancora più eccitante.

FRANK: E va bene. Ogni lasciata è persa. Solo uno però. Poi potremmo vederci con

              calma uno dei prossimi giorni.

LILLIAN: Che noioso che sei.

FRANK: E’ che questa sera sono un po’ nervoso.

LILLIAN: E baciami dai. (Mentre la stringe entrano Gloria e Greta).

GLORIA: Spero di non disturbare.

FRANK: Gloria, quello che sto per dirti ti sembrerà banale, ma non arrivare a conclu-

              sioni affrettate. Posso spiegarti tutto.

GLORIA: Non ti disturbare, Frank.

GRETA: Certo che qua dentro è proprio un bordello. Credo proprio che alla prossima

               riunione di condominio avrò molte cose da dire.

GLORIA: Se le da fastidio nessuno la trattiene.

GRETA: Queste belle famiglie moderne. Ma che educazione date ai vostri figli?

GLORIA: Non ne abbiamo.

GRETA: Appunto.

GLORIA: Lei ne ha?

GRETA: No.

GLORIA: Appunto.

LILLIAN: Chi siete voi?

GRETA: Io una vicina di casa e non c’entro niente con quello che sta succedendo qui

               dentro.

FRANK: Io sono Gloria, la moglie di Victor.

LILLIAN: Ah, la cuoca.

GLORIA: La cuoca?

LILLIAN: Sì, prima Frank mi ha spiegato tutto, mi ha detto che Victor è il maggior-

                domo di Brian e che lei è la cuoca.

FRANK: Scherza.

LILLIAN: Com’è la festa?

GLORIA: Bellissima, ci stiamo divertendo un sacco. Perché non viene anche lei di

                là? C’è un sacco di bellissima gente. Frank, sei sempre il solito egoista.

                Solo perché a te non piace la confusione, non capisco perché non devi

                permettere alla tua nuova amichetta di venire di là.

FRANK: Non sono stato io a trattenerla.

GLORIA: Fa sempre così. Spero non si sia annoiata con lui.

LILLIAN: No, per niente.

GLORIA: Su, vada di là. Aspetti, porti di là questa bottiglia di champagne. Scusa-

                te, che stupida, forse voi la volevate bere da soli. Non ho pensato che

                forse volevate stare un pochino appartati.

LILLIAN: Non fa niente, tanto ormai non potrò più fare la prima. Vuol dire che ci

                apparteremo più tardi. A presto, Frank. (Esce).

GRETA: Festa? Che razza di festa volete fare qui dentro? Vado a chiamare mio ma-

               rito. Non voglio casino.

FRANK: Victor è ancora sul cornicione?

GRETA: Cornicione? Oddio, devo andare a vedere. (Esce).

GLORIA: Ti interessa? Oh già, forse hai paura che la casa rimanga senza maggior-

               domo. Non ti preoccupare, non sono ancora vedova.

FRANK: Per fortuna.

GLORIA: Non hai altro da chiedermi?

FRANK: No.

GLORIA: Bene, è tardi, credo che ormai sia ora di andare.

FRANK: Ti prendo i bagagli?

GLORIA: No, non disturbarti, Frank. Quella è la porta.

FRANK: Lo so che quella è la porta. E quella è la finestra. So ancora riconoscere

               gli infissi.

GLORIA: Bene. Addio Frank.

FRANK: Come addio?

GLORIA: Non vengo via con te. Ho deciso.

FRANK: Stai scherzando?

GLORIA: Mi vedi forse ridere?

FRANK: E perché?

GLORIA: Perché mi fai schifo.

FRANK: Ma non stavo facendo niente.

GLORIA: Stavate solo giocando.

FRANK: Stava solo giocando.

GLORIA: Bene, allora continua a giocare. Però fuori da questa casa.

FRANK: Gloria, forse siamo tutti due stanchi, adesso ce ne andiamo via, andiamo

              a casa mia, dormiamo e domani mattina vedremo tutto sotto una luce

             diversa.

GLORIA: Non c’è più luce, Frank. L’hai spenta tu adesso.

FRANK: Ma era una cazzata. Stavo solo scherzando.

GLORIA: Non è solo quello. Io è tutta la sera che sto pensando a questa situazio-

                ne. Non credere che per me fosse facile varcare quella soglia e non tor-

                nare mai più indietro. Ed ora all’improvviso ho rivisto lo stesso grigiore.

              Non  voglio fare la stessa fine due volte.

FRANK: Ma cosa diavolo stai dicendo? Sono tutte storie. Fino a dieci minuti fa

              tuo marito per te contava meno di niente, era solo un grande idiota che

              non era mai stato capace di capirti e di darti quello di cui tu avevi biso-

              gno. Nient’altro che questo. E io ero il tuo principe azzurro, la tua sal-

              vezza. E adesso ti rimangi tutto? Sei una stronza.

GLORIA: Vattene via, Frank. Esci da questa casa.

FRANK: Non meriti niente.

GLORIA: Ti ho detto di andartene. Non ti voglio più vedere qua dentro.

FRANK: Se esco da quella porta senza di te non mi vedrai mai più.

GLORIA: Vattene.

FRANK: Mi hai solo preso in giro. Quando ti faceva comodo correvi da me. E ti

              sfogavi. E io stavo ad ascoltarti. Adesso non ti servo più e allora mi

              scarichi.

GLORIA: Vattene.

FRANK: Addio, Gloria. La prossima volta che piangerai, lo farai da sola. (Esce.

              Gloria inizia a piangere. Entra Sam).

SAM: Gloria, sei qua. C’è Victor che ti vuole.

GLORIA: Digli che arrivo subito.

SAM: C’è qualcosa che non va?

GLORIA: No.

SAM: Sicura?

GLORIA: Sicurissima.

SAM: E quelle lacrime?

GLORIA: Frank se n’è andato.

SAM: Torna?

GLORIA: Non credo. Scusami, ho bisogno di un po’ d’aria.

SAM: La finestra no.

GLORIA: Mi affaccio solo, non esco.

SAM: Scusa. Perché se n’è andato?

GLORIA: L’ho mandato via io.

SAM: In questa casa avete l’abitudine di cambiare idea molto rapidamente.

GLORIA: L’ho visto che faceva lo stupido con una di quelle due. Quelle amiche

                di Spencer.

SAM: E per quello l’hai mandato via?

GLORIA: No. L’ho fatto perché a quella ragazza ha raccontato una bugia. Le ha det-

               to che io facevo la cuoca in questa casa e che Victor era il maggiordomo.

SAM: Sono cose che si dicono. Tutti gli uomini raccontano un sacco di bugie e tut-

          te le donne fanno finta di crederci. Il mondo va avanti così.

GLORIA: E’ una vita che sopporto le piccole bugie di Victor. Improvvisamente mi

              sono resa conto che non ho voglia di sopportare le bugie di un’altra per-

              sona. Sai cos’è la cosa grave? Che in fondo tutti gli uomini sono destina-

              ti ad essere soli. Hai tante persone attorno ma nei momenti che contano

              sei sempre da solo. Siamo destinati ad essere soli.

SAM: E in certi momenti è un gran sollievo.

GLORIA: Va un po’ meglio. Si vede che ho pianto?

SAM: Se non guardi, no.

GLORIA: Allora io vado di là. Andiamo a stappare la bottiglia di champagne ed a

                brindare a questa splendida notte.

SAM: Buon anno, Gloria.

GLORIA: Ne ho bisogno.

SAM:  (Parlerà spalle alla porta. In questo momento entra

          Helen e si ferma sulla soglia). In effetti questa è una notte

         veramente un po’ strana. Anche Helen.

         Non l’ho mai dimenticata. Anche quando me ne sono andato. Ce l’avevo

         sempre lì, davanti agli occhi. Io credo di non essere fatto per la vita a due.

        Non sono mai stato capace a trattenere una persone alla quale volevo bene.

HELEN: Mi hai fatto soffrire molto, Sam.

SAM: Helen.

GLORIA: Io vado. Di là vogliono fare festa. Ci vediamo. (Esce).

SAM: Hai sentito tutto?

HELEN: Non dovevo?

SAM: No, non c’è problema.

HELEN: Ho sofferto molto quando te ne sei andato.

SAM: Infatti ti sei subito infilata nel letto di Spencer.

HELEN: Te l’ho detto. L’ho fatto solo per ferirti.

SAM: Come facevi a ferirmi se non c’ero?

HELEN: Ti ferivo dentro di me. Tu dentro di me c’eri ed io ti facevo male dentro

             di me. L’importante era che io sapessi di farti del male.

SAM: Ma è una stupidaggine. Sarebbe come se io per vendicarmi di Spencer mi

          prendessi a schiaffi da solo.

HELEN: Potrebbe essere un’idea.

SAM: E’ difficile sai, è difficile decidere di rinunciare a tutto, cambiare radicalmente

          le proprio abitudini e scegliere di vivere accanto a una donna.

           Non so se riuscirò mai a vincere quella paura. Forse no.

HELEN: Sei un coniglio.

SAM: Lo so.

HELEN: Siete tutti dei conigli, tu, Spencer, Victor. Perché dovete aver paura a mo-

             strarvi per quello che siete?

SAM: Perché non ci riproviamo?

HELEN: Per poi magari trovarmi un’altra volta di fronte  a un telefono muto? A

             chiedermi dove sarai finito, perché non chiami? No, Sam, non voglio che

             accada un’altra volta. Non voglio dover finire un’altra volta nel letto di

             Spencer.

SAM: Non è detto che tutte le volte che ti finisce una storia tu debba obbligatoria-

          mente andare a letto con lui.

HELEN: Sam, tra di noi è finita.

SAM: Dammi un’altra possibilità.

HELEN: Non stiamo facendo un quiz televisivo, non ci sono buste da scegliere. Io

             non voglio più soffrire per causa tua.

SAM: Sono cambiato.

HELEN: No, Sam, gli uomini non cambiano.

SAM: Hai qualcun altro?

HELEN: No.

SAM: Davvero?

HELEN: Sono perché non voglio più mettermi con te dovrei avere un altro?

SAM: Come posso fare per farti cambiare idea?

HELEN: Non c’è modo.

SAM: Nemmeno se esco sul cornicione? O se mi suicido?

HELEN: Saresti soltanto ridicolo.

SAM: Per lo meno ti farei ridere.

HELEN: Non ho voglia di ridere.

SAM: Fai male. Bisogna sempre ridere. Anche quando la vita ti da un pugno in

          faccia, tu gli devi ridere dietro. Mandarla a cagare. Ridere in faccia alla vita

          alla morte, all’amore. Ti crederanno un imbecille e tu glielo lasci credere. Tanto

          quello che ti passa nella testa poi nessuno lo sa. Pensino quello che vogliono.

          Ti amo, Helen. (Esce).

HELEN: Anch’io ti amo, Sam, ma non te lo dirò mai.

             (Entrano Spencer, Brigitte e Lillian).

SPENCER: Avanti, andiamo, che la festa continua.

BRIGITTE: Ma che festa. E’ una palla terribile questa festa.

LILLIAN: Non c’è musica, non c’è nulla da bere…

BRIGITTE: Non ci sono neppure uomini.

SPENCER: Come no. Io cosa sono?

BRIGITTE: Sei uno. Ma noi siamo due.

SPENCER: Ci possiamo mettere d’accordo.

LILLIAN: Quell’altro tuo amico se n’è andato.

SPENCER: Non era un mio amico. Era un imbecille. Comunque c’è anche Vic-

                  tor ed ha terribilmente bisogno di voi.

BRIGITTE: Ma è un domestico.

SPENCER: Domestico? Ma stai scherzando. Victor non è affatto un domestico.

LILLIAN: L’avevi detto tu.

SPENCER: Al contrario. E’ terribilmente selvaggio.

BRIGITTE: E poi non c’è nemmeno Brian.

SPENCER: Arriverà.

LILLIAN: Voglio andarmene. Magari riusciamo ancora ad andare a qualche altra fe-

               sta. (Entra Greta).

GRETA: L’importante è che la festa non sia in questo palazzo.

BRIGITTE: Magari a una festa dove i ragazzi non siano ancora tutti appartati.

LILLIAN: Già.

SPENCER: Io non sono appartato.

BRIGITTE: Ci hai stufato.

SPENCER: Ma Brigitte…

LILLIAN: Sono Lillian.

SPENCER: Lillian.

LILLIAN: Smettila.

SPENCER: Possiamo almeno rivederci?

BRIGITTE: Forse.

SPENCER: Cosa vuol dire forse?

LILLIAN: Telefonaci.

SPENCER: Va bene. Vi chiamo domani.

LILLIAN: Ce li saluti tu gli altri?

SPENCER: Va bene.

BRIGITTE: Saluta anche Brian, quando arriva. (Escono).

GRETA: Ma chi è Brian?

SPENCER: E tu che cosa hai da guardare?

HELEN: Quanto sei patetico.

SPENCER: Sarò anche patetico ma domani io telefono a quelle due e sarò certamen-

                  te molto meno patetico di te.

HELEN: E a che numero gli telefoni che non te lo hanno dato?

SPENCER: Il numero? Maledizione mi sono dimenticato.

VICTOR: Se voi ve ne andaste mi piacerebbe andare a dormire.

SPENCER: Brutto idiota, ci hai fatto sprecare questa magnifica serata a correrti

                  dietro mentre eri fuori sul cornicione, cui hai fatto sciupare tantissime

                  potenziali storie di solo sesso e adesso ci vuoi cacciare?

VICTOR: Al limite ti ho salvato. Sarebbero state storie che ti avrebbero lasciato

                soltanto un senso di vuoto, domani mattina ti saresti svegliato al fianco

                di una sconosciuta e saresti stato al punto di partenza. Non è bello il

                sesso senza amore.

SPENCER: Io lo adoro. E adoro il senso di vuoto che ti lascia, adoro svegliarmi

                   di fianco a una sconosciuta, non sapere assolutamente il suo nome, a-

                   doro ritrovarmi al punto di partenza tutte le volte che voglio.

VICTOR: Sei superficiale, Victor.

SPENCER: Adoro essere superficiale.

GRETA: E non urlare.

SPENCER: Io adoro urlare.

VICTOR: Sei un imbecille.

SPENCER: Io adoro essere un imbecille.

GRETA: Avete finito voi due?

SPENCER: E’ stato lui a cominciare.

VICTOR: Ma io volevo soltanto andare a dormire.

SPENCER: Se provi soltanto ad appoggiare la testa al cuscino prima del sorgere

                  del sole prima ti do fuoco al materasso e poi prendo un martello pneu-

                  matico e ti stacco il davanzale.

VICTOR: Hai reso l’idea.

SPENCER: E’ meglio.

HELEN: Posso parlare?

SPENCER: Nessuno ti ha detto di stare zitta. L’importante è che non rompi le sca-

                  tole. Che cosa vuoi?

HELEN: Victor, quando ti ho chiesto che cosa intendevi fare adesso, volevo dire

             cosa pensi di fare con Gloria. In fondo adesso che ha rotto con Frank

             potrebbe anche tornare con te.

VICTOR: Non lo so.

HELEN: Perché?

VICTOR: Ho paura che possa andare a finire un’altra volta allo stesso modo e di

                dover affrontare tutto da capo.

 HELEN: Che cosa ci sarebbe di male?

VICTOR: Per poi magari trovarmi un’altra volta su un cornicione?  No, Helen, non

               voglio che accada un’altra volta.

SAM: Non è detto che debba finire di nuovo.

VICTOR: Helen, tra di noi è finita.

HELEN: Dalle un’altra possibilità.

VICTOR: Non credo possa cambiare qualcosa e io non voglio più soffrire per

             causa sua.

HELEN: Potrebbe cambiare.

VICTOR: No, Helen, le donne non cambiano.

HELEN: Non c’è possibilità che tu cambi idea?

VICTOR: No. Che cos’hai, Helen?

HELEN: Niente. E’ solo che questo discorso… solo che le parti erano inverse, co-

             munque l’ho già sentito una volta.

VICTOR: Impossibile. E’ la prima volta che lo facciamo.

HELEN: Non eri tu che lo facevi, Victor.

VICTOR: Non mi dire che Gloria ha un altro amante.

HELEN: No, lo faceva… Sam.

VICTOR: Sam amante di Gloria? Impossibile.

HELEN: Ma stai zitto. Cosa me ne frega di Gloria e dei suoi amanti.

VICTOR: Ma sei tu che hai iniziato il discorso. 

HELEN: E lo finisco qua.

VICTOR: Siete tutti matti, qua dentro. E non posso nemmeno andare a dormire

                altrimenti mi bruciano nel letto. Incredibile. (Entrano Sam e Gloria).

SAM: Che notte, ragazzi. Ne sono successe di più in queste due ore che in tutto

          l’anno appena passato.

GLORIA: Io credo che andrò via.

HELEN: Dove andrai adesso?

GLORIA: Non lo so.

SPENCER: Per questa notte se vuoi posso ospitarti io.

HELEN: Non ha bisogno di essere consolata, Spencer.

SPENCER: Volevo solo rendermi utile.

GLORIA: Credo che andrò in albergo. Poi domani ci penseremo.

HELEN: No, Gloria, per qualche giorno verrai a casa mia. Mi farai un po’ di com-

             pagnia. Ci consoleremo così.

SPENCER: In che modo?

HELEN: Non come pensi tu, Spencer.

SAM: Victor.

VICTOR: Che c’è?

SAM: Potrebbe rimanere qui, no?

GLORIA: Non credo sia una buona idea.

SAM: Adesso che non c’è più Frank le cose potrebbero anche tornare come erano.

GLORIA: Non potrebbe succedere, Sam.

SPENCER: E’ vero, è meglio di no.

SAM: Ma perché no?

VICTOR: Io non voglio finire un’altra volta sul cornicione.

GLORIA: Non ti succederà più. Sam, solo perché mi è finita una storia… forse sba-

                gliata, non è sufficiente a far tornare un amore che non c’è più.

VICTOR: Stai zitta, ti prego.

SPENCER: Dimmi che non lo farai.

VICTOR: Che cosa?

SPENCER: Smettila di guardare la finestra.

VICTOR: Non la stavo guardando.

GLORIA: Addio, Victor. Ciao, ragazzi ci vediamo.

VICTOR: Quando?

GLORIA: Ci vediamo.

HELEN: Allora vieni a stare a casa mia?

GLORIA: Va bene, ma solo fino a che non mi sarò sistemata.

HELEN: Non ti preoccupare.

GLORIA: Prendo i miei bagagli. (Esce a sinistra).

SAM: Come stai, Victor?

VICTOR: Da Dio. (Rientra Gloria).

GLORIA: Buon anno.

SAM: Buon anno anche a te, Gloria. Riguardati.

SPENCER: E se qualche volta ti sentissi triste…

HELEN: E’ sicuramente meglio una bottiglia di whisky.

SPENCER: Già.

HELEN: Vado anch’io. Ci vediamo, ragazzi.

SAM: Quel ci vediamo era rivolto anche a me?

HELEN: Il mio numero di telefono ce l’avevi. Se non l’hai buttato via, usalo.

SAM: Davvero… Non ti darebbe fastidio?

HELEN: Non lo so. Ma ci puoi provare.

SAM: Ci sentiamo.

GRETA: Mi sembra proprio che la serata sia finita. Me ne vado anch’io, tanto per

              quest’anno di argomenti di conversazione ne ho abbastanza.  (Escono

             Gloria, Helen e Greta).

VICTOR: Sono andate?

SPENCER: Sì, Victor. Puoi riaprire gli occhi.

VICTOR: Finalmente.

SPENCER: Finalmente soli. Che bello spettacolo. Tutta la città e là fuori che si

                  diverte, le coppie si appartano, e noi siamo qua, in tre, nemmeno il nu-

                  mero sufficiente per una vera partita a poker. Hai bisogno di restare

                  un po’ da solo, Victor?

VICTOR: No, va bene così.

SPENCER: Ottimo. Sam, le telefoni davvero a Helen?

SAM: Non lo so. Può darsi. Ma adesso non me ne frega niente. Non ci voglio pen-

         sare. Ci penserò domani.  Da domani inizia una nuova vita.

VICTOR: Ho paura.

SAM: Ma di che cosa? La vita è la fuori, Victor. E ti sta aspettando. Quanto tempo

         sei mancato? Troppo. E adesso devi ricominciare da dove avevi lasciato.

         Là fuori per strada, proprio in questo momento, ci sono un sacco di donne

        che ti stanno aspettando.

VICTOR: E stanno aspettando me?

SAM: Tutte.

VICTOR: Tranne Gloria.

SAM: Allora quasi tutte.

VICTOR: Già.

SAM: Da domani sera inizieremo a girare un po’ di locali, quelli giusti. Conosco un

          sacco di indirizzi.

SPENCER: Come fai a conoscerli?

SAM: Non sai quante volte sono stato scaricato.

VICTOR: Perché dobbiamo aspettare domani sera? La notte è ancora lunga. Uscia-

                mo. Andiamo a divertirci.

SPENCER: Perché no? Forse la salviamo ancora.

VICTOR: Vado a prendere la mia giacca. (Esce a sinistra).

                 (Rientra Victor).

VICTOR: Avanti, usciamo. (Si sentono in lontananza rumori di festa, fuochi

               d’artificio e simili). Che succede?

SPENCER: Forse la città festeggia il fatto che tu ritorni alla vita.

SAM: Ma no, ragazzi, è mezzanotte.

VICTOR: Mezzanotte?

SPENCER: E’ Capodanno.

VICTOR: Allora dobbiamo festeggiare.

SPENCER: Sam, la tua bottiglia. La vuoi stappare una buona volta?

SAM: Credo che questo sia il momento giusto. (La stappa).

VICTOR: Prendo i bicchieri.

SPENCER: Avanti, dai, forza, che siamo già in ritardo.

VICTOR: Se vai avanti così festeggiamo all’Epifania.

SAM: Finalmente.    

SPENCER: Avanti, facciamo un brindisi.

SAM: Buon anno, ragazzi.

VICTOR: A cosa brindiamo?

SPENCER: A noi, no?

SAM: E’ vero, e allora buon anno, porco mondo.