Buon compleanno Cacho

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BUON COMPLEANNO, CACHO

13 scene.

Gianluca Rovagna

Corso Enotria 37

12051 Alba – cn

gianlucarovagna@libero.it

3496025766 - 3332124197


Personaggi:

Franz

Cacho

Due ufficiali partigiani (riducibili a uno)

Bellino

Pietro

Gosto

Mino

Un anziano/un’anziana

Un soldato

Varie persone di contorno, comparse

Scenografia:

Vuota. La scenografia è costituita da pezzi di legno o altro materiale leggero, facilmente spostabili dagli attori tra una scena e l’altra, di forma a parallelepipedo o a cubo, che messi uno accanto all’altro, possano diventare un muro alto, un muretto basso, una siepe o una panca ove sedersi.


Scena 1.

Folla festante. Siamo a Torino, il giorno della liberazione della città nel 1945. Tra le persone Franz, con una bottiglia di vino in mano. Nella folla, due uomini si avvicinano, Gosto e Mino, lo prendono per le spalle e lo girano verso di loro. Lui, è colpito, poi li riconosce e li abbraccia.

FR. :Gosto!! Mino!! Siete proprio voi!

G. : Franz! Alla fine ti sei salvato anche tu?

Fr.: È finita!! Abbiamo vinto! è libera, l’Italia. Siamo liberi.

G. : Sì. Siamo liberi! Siamo liberi.

M. : Come sei arrivato a Torino?

FR. : Ci siamo fatti dare un passaggio dagli azzurri di Benvenuto. Te lo ricordi, Nuto? Alla fine gli ultimi colpi li abbiamo sparati assieme a una banda dei loro, più in su del Varaita.

G. : Ma non dovevi essere a Cuneo? Hai fatto tutte le valli da Cuneo in poi? È lunga…

Fr. : (sfottendo) Ma piantala dai, che lo sai che eravamo in Val Varaita. Ero con CAcho, te la ricordi?

M. : Diavolo se ce la ricordiamo. È ancora con te?

Fr. : Sì. Siamo stati assieme fino all’ultimo. Poi, in questa bolgia l’ho persa. Non la vedo più.

G. : Trovala Franz. Vogliamo rivederla. Le donne come lei, ci servono. Ci serve chi sa sparare come te e chi ci crede, come la tua amica.

Fr. : Che diavolo dici? Vi serve? Per cosa? È finita! Abbiamo vinto!

G. : Non è finita.

Gosto e Mino si allontanano spinti dalla folla e dal casino. Franz si guarda intorno in cerca di qualcuno, ma la gente gli è d’ostacolo. Si stacca dalla folla e va in proscenio, alla luce; voltandosi rivede Mino, lo va a prendere e lo trascina in proscenio.

Fr. : Che diavolo significa che non è finita?

M. : Quello che abbiamo detto. Non è finita! I topi fascisti sono tornati a casa a nascondersi. Ma la guerra non è finita per tutti. Per noi continua.

Fr. : Continua? Ma che cazzo dici? Chi cazzo vuoi combattere ancora? (prende Mino per il bavero, non per minaccia ma in modo fermo)

M. : I capitalisti. I padroni. Quelli che prima erano con il regime ed ora stanno con gli americani per svendere il Paese agli americani. Noi rossi abbiamo avuto la parte più importante in questa guerra. Siamo stati i primi a prendere le armi e saremo gli ultimi a mollarle. Abbiamo avuto più morti di tutti in questa guerra, ma quegli altri vogliono rubarci la vittoria per dire che è roba loro. Che hanno vinto loro. Ma è una balla! Abbiamo vinto noi, la vittoria è solo nostra e dobbiamo andare avanti per trasformarla nella Rivoluzione. Capito?

Franz lascia il bavero di Mino. Spaesato e stranito. Mino si allontana ed osserva Franz da lontano.

M. : Sei dei nostri, vero Franz?

Franz ricambia lo sguardo ma non fa segni di risposta.

Fr. :Stò cercando la mia amica. L’hai vista qua intorno?

M. : No. Ma rimango in piazza. Giro a vedere chi c’è e come stanno. Glielo dico che sei qui.

Franz saluta con un gesto ed esce. Entra Gosto.

M. : Secondo me hai fatto male. Non mi dà fiducia, quello.

G. : Chi? Il tedesco? Di che avete parlato?

M. : Di niente. Mi ha chiesto. Gli ho detto che per noi comunisti non è finita ancora.

G. : E lui?

M. : Mi teneva per la camicia. Non ha capito.

G. : Hai paura che mandi tutto a puttane? Che non sia dei nostri? Non hai capito. È con noi. È con chiunque sia la sua partigiana spagnola. Fa tutto quello che vuole lei. È innamorato, il nostro soldato Franz. Mi piacciono gli uomini come lui, una volta che hai trovato chi muove i fili, sono marionette, fanno quello che vuoi tu.

M. : E la sua amica? Che tipo è?

G. : Garantisco. Il cretino l’ha salvata una volta che  prendeva a sassate dei neri. Si faceva persino sparare addosso solo perché la sua testa calda glie lo diceva. Ti sembra abbastanza come descrizione? E poi, lui lo vorrei anche se non fosse convinto. Quello ha ammazzato un tedesco a mani nude. Quello ha le palle.

M. : Però, la sua amica dove sarà?

G. : Salterà fuori entro stanotte, credo. Si starà facendo scopare da qualcuno in un angolo. Andiamo, ti porto a bere.

Escono.

SCENA 2.

FRANZ rientra in scena con un fucile in mano. La folla è uscita. Dopo un attimo entrano due ufficiali con Pietro e Bellino.

1° uff. : Ciao Franz, come va quassù?

Fr. : Non male, signore. Fino a che non viene freddo, non mi lamento.

1° uff. : E sempre che non vengano su dalla stazione dei Carabinieri a fare un rastrellamento.

Fr. : Ne abbiamo già superate. In alto, in montagna siamo più esperti noi di questi soldati di città

1° uff.  : Vero. Ma ci è andata bene finora. Verrano Franz. Oramai è questione di giorni.

2° uff. : E noi siamo senza rifornimenti. Se continua così, di qui dovremo sloggiare prima che ci mandino via i fascisti.

Pietro.: Se volete il mio parere. Se i voli non arrivano è perché dal sud non riescono più a passare. L’Italia è divisa.

2° uff. : E da lì non si viene più su. Lo temo anche io.

Bell.: La nuova compagna da dove arriva? Non è terrona?

1° uff. : Spagnola. Coglione!

Fr. : C’è uno nuovo?

1° Uff. : Una. Si chiama Cacho. Fa la staffetta in bici da Dronero. Una in gamba, è passata senza farsi vedere. Ora è giù che mangia qualcosa.

Pie. : Ci verranno a dire che notizie ha portato, no?

Bell. : Magari abbiamo perso e non lo sappiamo neppure, da quassù.

2° Uff. : Che minchione che sei a dire queste cose? Ti sparerei nella schiena!

Bell. : Mi scusi, ha ragione! Ma non avere notizie mi manda fuori di testa.

Fr. : Tu fuori di testa lo eri già prima.

Bell. : Lo siamo tutti compagno. Che ci stiamo a fare se no, qui?

1° Uff. : Ragazzi, basta. Non è il caso di fare del teatro, qui.

 (entra un soldato)

Sol.: Signor tenente, il comandante le manda questa lettera.

1° Uff: Ecco le notizie fresche che aspettavamo. Merda, dobbiamo levare le tende.

2° Uff.: Cattive notizie?

1° Uff. : Sono arrivati due battaglioni di tedeschi a dar man forte ai neri. Vogliono ripulire le due valli dai partigiani, perché di qua si va in Francia.

Fr. : E gli serve la strada?

1° Uff. : Così pare!

Piet. : Se non altro è un buon segno. Vuol dire che stanno ripiegando verso la Francia e abbandonano la penisola.

Bell. : Chiamalo un bel segno. Ci stanno dando la caccia.

2° Uff. : Avanti ragazzi, non perdiamo tempo. Dobbiamo fare sanmartino.

Fr. : Ce ne andiamo così? Senza combattere?

2° Uff.: Con che armi? I fascisti sono degli sfessati come noi. Hanno le armi che gli avanzano. Ma i tedeschi sono riforniti bene. Hanno solo questo fronte aperto dal ’43, tutto quello che non hanno usato in Russia è arrivato qui. Poi sono cattivi, non fanno prigionieri. Con loro non ci parli, prima ti sparano perché sei italiano e poi una seconda volta perché partigiano.

Bell. : E la terza perché sei comunista.

2° Uff: Dì un po, non è che, perché ne hai ammazzato uno, ora li fai fuori tutti.

Escono tutti meno 1° UFF e Franz. Entra Cacho.

1° Uff. : Ecco qui la nostra eroina spagnola.

C. : Tenente, mi hanno detto di rivolgermi a lei per essere arruolata.

1° Uff.: Arruolata dove? In questa brigata di scappati da casa? Accomodati, non abbiamo altra scelta, suppongo.

C. : Grazie signore!

1° Uff: Senti, l’ultima pattuglia che hai incontrato?

C. : Era due paesi più in basso. Ieri. È lì che ho sentito confermare dell’arrivo dei rinforzi da Cuneo. Li attendono a momenti.

1° Uff. : Da Cuneo. Un giorno per arrivare. Un per ri-organizzarsi. Dopo domani potrebbero già essere qui. Domani… domani sarà il primo e l’unico giorno di viaggio. Poi si viaggerà solo con il crepuscolo. Ci spostiamo verso nord. Lì, speriamo che ci siano dei compagni che ci diano una mano. Franz, ti presento la compagna Cacho. Cacho, questo è Franz. Tu hai mai sparato?

C. : Con la pistola, signore

1° Uff. : Meglio di niente. Dai una mano a lui a sistemare la partenza. Domani mattina vieni a prenderti una Beretta.

C. : Non ci sono alternative? È un’arma da fascisti.

1° Uff. : Quella c’è. Se volevi delle armi inglesi, ti dovevi arruolare nelle forze Usa. (Esce)

SCENA 3.

(Cacho prende un fucile che era a centro palco, appoggiato)

C. : Come funziona? Ci vuole forza?

Fr. : (riprendendoglielo dalle mani) Ci vuole attenzione. Se non hai sparato mai che con una pistola…

C. : Sì, ma devo imparare se devo farli fuori.

Fr.:  Mica sei obbligata. Ci tieni tanto?

C. : Perché? In guerra che si fa?

Fr.: (un attimo di silenzio) Non so. Si spara. E si ammazza. Ma io non ci penso mai. (pausa. In cui cerca di fuggire le immagini che ha davanti agli occhi) No. Non ci penso mai.

C. : (accendendosi una sigaretta) Io sono qui per questo. Sono arrivata apposta in Italia.

Fr.: Da dove vieni?

C. : Cordoba. In Spagna.

Fr. : E come ti chiami, in realtà?

C. : Carlotta.

Fr.: Mi piace il tuo nome. Come mai Cacho?

C. : Grazie. Mi chiamavano in casa,Cacho.

Fr.: I tuoi genitori?

C. : Mio fratello. Quando ero piccola. Poi hanno iniziato tutti in casa. Me li hanno ammazzati tutti. I fascisti me li hanno ammazzati tutti. Mentre ero a scuola. Sapevo che giravano, io avevo dieci anni, ma capivo che cosa non andava. Ma mia madre mi mandava lo stesso a scuola tutti i giorni. Poi, una sera, ero quasi vicino a casa, avevo solo più una svolta, mia zia mi corse incontro. Non volle che arrivassi a quella svolta e a casa. Mi prese in braccio e mi disse che a casa non ci potevo tornare. Che non c’era più nessuno ad aspettarmi.

(pausa)

C. : Sai che cosa ho pensato? La prima cosa che mi è venuta in mente? Non ho dovuto chiedere se mio padre, mia madre o mio fratello erano vivi. Lo sapevo. Lo sapevo!! La prima cosa che ho pensato era che avevo lasciato il mio cane libero quella mattina e con la casa bruciata non sapevo se fosse scappato o se era stato ammazzato anche lui nel fuoco.

(pausa)

C.: Capisci che cosa hanno fatto i fascisti? Io non ho mai cercato mia madre perché ho sempre pensato al mio cagnolino per le strade. Porci, figli di puttana, merdosi fascisti.

Fr.: (fa per avvicinarsi e toccarla ma si ritira) Dai, quando abbiamo finito, andiamo giù a cercare un mitra. E ti insegno a usarlo.

C.: Non devi preoccuparti. È solo un attimo. Non piango, io.

Fr.: Non c’è problema. Se ti scappa non ci sono problemi. In  guerra capita di piangere. Fa bene. Al cuore. Ti libera.

C.: Non piango, ti dico. Non ho mai pianto in questi anni.

SCENA 4.

(i due attori spostano gli elementi sul palco, per cambiare la scenografia. Quindi entrano 1° Ufficiale, Pietro e Bellino).

1° Uff.: Mi sembra tutto chiaro. Ci dividiamo in gruppi di quattro/cinque e scendiamo verso la conca. Ognuno per sé. Quando siamo in strada, risaliamo verso il passo. Per domani potremmo stare alla luce, almeno fino a che non incontriamo delle case. Poi, si viaggia solo sui fianchi.

PIET.: Quando arriviamo vicino a villaggi, borgate o anche solo case isolate, ci giriamo intorno, fino ai boschi, evitando i campi coltivati, se possibile.

C.: Perché?

Pie.: Perché, quando arriveranno i fascisti, qualcuno potrebbe dire che ci ha visto.

1° Uff.: E non voglio che qualcuno venga torturato per causa mia.

Pie.: Qualcuno potrebbe poi fare la spia.

1° Uff.: Giusto. C’è anche questo rischio.

Fr.: (a Cacho che non comprende) La gente preferisce noi ai tedeschi. Ma qualcuno ci considera banditi perché qualcuno di noi ha fatto dei furti. O anche solo perché non sai mai che cazzo ti fa fare la paura.

Pietro e 1° Uff. escono, spostando la scenografia, creando un corridoio in cui i tre rimasti si mettono in fila.

C.: Franz, quando mi farai fare pratica con il fucile?

Fr.: Presto. Ma non ora. Siamo troppi vicini alle case e ci sentirebbero. Quando troveremo una boscaglia fitta.

C.: Ma se dovessimo incontrare dei soldati? Rischio di spararmi addosso.

Bell.: Tranquilla, ti copriamo noi.

Fr.: Non li incontreremo per un po’.

C.: Come lo sai?

Fr.: Lo sento.

C.: Che significa che lo senti?

Fr.: Boh. Lo sento! Così. Non mi sembra che debba esserci pericolo per qualche tempo ancora.

C.: Così! Lo senti, così? Non vuol dire niente. O lo sai o non lo sai!

Fr.: Va bene. Allora, lo so. Contenta ora?

Bell.: (spinge in avanti Cacho) Muoviti, facciamo notte.

Buio e cambio di luce.

I tre ora si muovono acquattati. Guardano avanti, verso una o più case. Muovendosi lentamente.

Bell.: Franz! Tu vedi dove stiamo andando?

Franz fa segno di no con la testa.

Bell.: Franz!! (Alza le spalle)

Fr.: Ragazzi, hanno le finestre aperte. Possono sentirci. Occhio a dove mettete i piedi.

Si muovono. Arrivano al limite del corridoio, quindi, un cenno di Franz, attraversano di corsa. Uno alla volta. Prima Franz, poi Cacho e infine Bellino. Arrivati dall’altra parte, stessa cosa ma ora è Bellino a partire per primo. Poi Franz spinge CAcho e quindi lui e Bellino.

Un urlo da fuori.

V.F.C. : Chi è là? J’elucheidun?

 I tre si gettano a terra dove sono. Poi a turno si alzano e ripartono, Franz, CAcho e Bellino. Arrivati a fine corsa, saltano il bordo che fa da corridoio. Bellino, saltando cade a terra.

Sparo.

Bell.:Ahhh, cazzo. Mi è partito un colp.

Fr.: Sei ferito?

Bell.: Nella schiena. Ho la pallottola nella schiena.

Fr.: Fa vedere! Porca puttana! Come hai fatto a spararti addosso, deficiente!

C.: Stà arrivando qualcuno!

Franz fa per sollevare Bellino ma questi urla di dolore.

Fr.: Merda!! Non possiamo sollevarlo. Questo ci muore dissanguato

Bell.: Lasciami qua! Va bene! Lasciami!

Cacho strattona Franz, lui è titubante sul da farsi. Poi si alza ed escono entrambi. Bellino rimane a terra.

SCENA 5

Cacho e Franz rientrano illuminati mentre il resto del palco è al buio.

Fr.: Che modo schifoso di ferirsi!

C.: Non te la prendere. Magari dalla casa lo aiutano e lo salvano. Così può magari ricongiungersi con qualcuno dei nostri.

Fr.: Tu credi? Merda! Non ho mai lasciato un compagno indietro. Finora. Non posso togliermelo dalla testa.

C.: Dai Franz. Può capitare.

Fr.: Tu che ne sai?

C.: Mi hanno raccontato. Queste cose succedevano durante la guerra in Catalogna. Quando riuscivo a beccare dei partigiani spagnoli chiedevo. Mi hanno raccontato anche di uno che era stato ammazzato perché un compagno gli aveva sparato nella schiena, per sbaglio.

Fr.: Bene. Però fa schifo. Così fa più schifo. Non poter nemmeno sapere se sta bene o male. Che gli fanno ‘sti muntagnin!

C.: Di dove sei?

Fr.: Torino.

C.: Che lavoro facevi prima?

Fr.: Mio padre ha, o aveva, un’officina meccanica. Riparavamo pezzi per le ferrovie. Io gli davo una mano.

C.: Andavano bene le cose?

Fr.: Se non c’era la guerra, andavamo meglio.

C.: Perché ti chiamano Franz?

Fr.: Sono tedesco. No, scherzo. Mi chiamo Francesco e il nome è diventato Franz perché sono scappato da un campo in Germania e per farlo ho ammazzato un soldato di guardia.

C.: Davvero? E come hai fatto?

Fr.: Lottando. Gli sono saltato addosso, lui ha perso la pistola, l’ho recuperata.

C.: E poi?

Fr.: E poi… niente! Che cosa vuoi che sia sucesso?

C.: Ripartiamo?

Fr.: Sì. Ripartiamo. E speriamo che stia bene.

Ricominciano a camminare, ad un certo punto Cacho si ferma e annusa l’aria.

C.: Mi piace questo odore!!

Fr.: Hanno finito da poco di tagliare l’erba per le bestie. È giugno.A me non molto.

C.: Bello!

Fr.: Che poi..te lo dico io che, prima della guerra, non ero mai uscito da Torino. Io che sono uno da odore di grasso, di ferro..altro che vacche, erba tagliata e boschi.

C.: Sono uscite le stelle!

Fr.: Vedo. Sono le stesse che vedevi da Cordoba.

C.: Sì. Credo. Da piccola le ricordo poco, e poi non ci ho mai fatto molto caso. Danno un senso di pace. I fascisti, secondo me, non le guardano, non capiscono che cosa è l’armonia.

Fr.: Sì. Sono d’accordo. Anche secondo me per loro è tutto ordine, ordine, ordine. Ed un cielo con le stelle accese a caso non lo possono accettare.

C.: Non sento più i cani; siamo lontani dalle case. Dici che possiamo stare tranquillli?

Fr.: Penso di sì.

C.: Parliamo di qualcosa. Tira fuori un argomento.

Fr.: Parlare di qualcosa? E di che vuoi parlare? Con me caschi male. Secondo te perché mi hanno sbattuto più in alto degli altri, all’accampamento? Perché così non parlo con nessuno. Di che vuoi parlare?

C.: Non lo so. Così passiamo il tempo, qui al buio.

Fr.: Hai paura?

C.: E di che dovrei avere paura. Oramai non ho più paura di nulla.

SCENA 6.

La scenografia viene spostata e crea delle parti più alte e più basse. Franz arriva dal buio, da un lato e arrivato all’estremo, si sporge a guardare oltre. Ci sono i fascisti. Cacho arriva qualche passo dopo.

C.: Li vedi? Sono proprio dei soldati?

Fr.: Sì.

C.: Dove sono?

Fr.: Hanno posato la camionetta sotto l’insegna di quell’osteria. Ora sono in strada che si danno una guardata in giro.

C.: Che dici?

Fr.: Non lo so. Francamente non me lo aspettavo. Così tanti e così presto, quassù.

C.: Che credi che facciano?

Fr.: Non ne ho idea.

C.: Cazzo! Ieri sapevi tutto e oggi non sai niente!

Fr.: Vuoi piantarla di parlare! Non sono distanti, possono beccarci!

C.: Che facciamo? Quanto sono distanti?

Fr.: Te l’ho detto. Sono nella piazzetta dell’osteria. Pare stiano lì, fermi, ad aspettare. Non so… se aspettano qualcuno? Di ripartire? Non capisco.

Cacho si sporge dall’altro lato. Osserva la scena con il fucile, ma Franz non si accorge che lei sta puntando.

C.: Ne vedo un paio. Merda! Te lo avevo detto di insegnarmi a sparare. Ora mi servirebbe.

Fr.: Stasera. Se ne usciamo. Promesso.

C.: Però… posso provare lo stesso da qui.

Franz si volta verso di lei, si accorge di che cosa sta facendo, la prende e la tira a terra. Cadono, e rimangono a terra.

Fr.: Ma che cazzo stai facendo?

C.: Si è inceppato!! Franz, si è inceppato! Dovevo ammazzare il mio primo fascista, ce lo avevo dritto davanti, nel mirino e si è inceppato.

Franz le copre la bocca.

Fr.: Stai zitta, cretina. Vuoi farci beccare?

Lungo silenzio. Entrambi fermi a terra.

Franz si rialza con un paio di scatti e torna ad osservare dal suo precedente punto. Cacho rimane a terra.

Fr.: Porca puttana! Ci è andata bene.

C.: Non ha sparato! Franz! Non ha sparato!

Lui la solleva per un braccio.

Fr.: Muoviti! Corri verso quella casa. In punta di piedi. Non fare bordello o ti sparo io!

Escono uno dietro l’altro. Quindi rientrano e vanno in centro.

Fr.: Ma si può sapere che ti è preso? Vuoi farti ammazzare, eh? Se tu non fossi una ragazza ti avrei già riempito di calci! Ma che cazzo volevi fare? Rispondi!

C.: (voce rotta, quasi in lacrime) Volevo ammazzarne, almeno uno, Franz. Almeno uno. Glielo dovevo a mio fratello, e a mia madre. Lo avevo giurato! Che alla prima occasione ne avrei ammazzato almeno uno.

Fr.: Ammazzato uno?! Erano in quaranta in quella piazza! E tu volevi ammazzarne uno?! Ma oh!! Io non sono arrivato qui per farmi sparare così, perché ti vuoi vendicare tu! (pausa) È questa la guerra! Questo che facciamo noi partigiani, non ci facciamo ammazzare per una semplice vendetta, di uno solo. Non ci sono eroi qui! E nemmeno atti di eroismo di uno contro tutti!

C.: (in lacrime) Sai da quanto tempo aspetto questo momento? E tu me lo hai tolto.

Fr.: Io te l’ho tolto? Senti, se tu vuoi farti ammazzare… (si accorge di stare esagerando)..ok, scusa. Non ci ero arrivato. Mi dispiace. Mi dispiace veramente. Ma non possiamo permettercelo, e tu lo capisci, vero?

C.: Sì, ma.. (tiene a stento l’agitazione, freme, poi supera Franz, va verso il bordo palco e urla) Ci sarà un’altra occasione, figli di puttana. Non sono arrivata fin qui per farvela passare liscia, scarafaggi!

Fr.: Dai, dammi quel ferro. Vedo che ha che si è inceppato e quando siamo in cima, lassù lo proviamo. Va bene? (Cacho annuisce) In marcia ora.

Escono.

SCENA 7.

C.: (entrando dietro a Franz) Dai Franz, fermiamoci un attimo. Non ne posso più.

Fr.: Siamo ancora visibili dalla strada.

C.: Non ce la faccio. Se ti dico che non ne posso più è perché davvero non ne posso più. (Si lascia cadere)

Fr.: Ancora uno sforzo, dai.

C.: No! No e poi no! Non sto mentendo. Ho fame, non riesco più a sollevare le gambe un altro passo. Ti prego.

Fr.: (si lascia andare a terra anche lui)

C.: Stavolta sono io a sentire che non arriveranno.

Fr.: Io invece è da stamattina che non mi sento tranquillo. Come se un pericolo mi dovesse capitare addosso da un momento all’altro.

C.: Non hai fame?

Fr.: Ho sete più che fame. E non mi resta molto da bere.

C.: Non dovevamo abbandonare quel sentiero lungo il torrente

Fr.: Sì. Ma saremmo ancora laggiù (indica)

Cacho si lascia cadere sdraiata. Si toglie le scarpe.

Fr.: Che diavolo fai? Ripartiamo.

C.: No Franz. Come te lo devo dire che sto male. Camminiamo da ore, con il sole e con la luna. Senza mangiare, senza bere. Stiamo salendo in questa montagna di sassi che non sai neppure dove ci sta portando. E tutto perché i fascisti, che io non ho visto, secondo te, da ieri ci inseguono. Ma che vengano! Voglio vederli spuntare da quella cresta, se ci sono!

Pausa.

Fr.: Sai che hai dei bei piedi!

C.: Cosa?

Fr.: I tuoi piedi. Li stavo osservando.

C.: Madre de dios! Eseestà loco!

Fr.: Era tanto per dire qualcosa. Per togliere un po’ la tensione e la fatica.

C.: Non serve a molto ma credo di apprezzarlo.

Fr.: Ti sto tirando il collo, lo so. Non voglio fare una gara, è che sono realmente preoccupato per te. Voglio che tu sia in salvo. Entrambi intendo, ma più di tutti lo voglio per te, perché tu possa arrivare alla fine di questa guerra e trovare la tua giustizia. Mi preoccupo per te.

Cacho sorride. Si alza in piedi a fatica. Prende le scarpe e cammina scalza.

Fr.: Che fai?

C.: Hai detto che ho dei bei piedi? Te li vedrai per il resto della giornata.

Fr.: Ma ti ferirai! È tutta una pietraia! Non dobbiamo andare da quella parte, dobbiamo salire ancora.

C.: Salire verso dove? Franz! Non c’è nessuno a inseguire dei partigiani affamati e assetati a duemila metri. Ora comando io per un po’ e io dico di andare di là.

Escono.

SCENA 8

Si rispostano i pezzi della scenografia. Franz e Cacho sono sotto tiro, vedono dei soldati fuori campo.

C.: Non abbiamo altre strade? Dobbiamo per forza passare di là?

Fr.: No abbiamo alternative. Da domani saranno più di chilometri e noi possiamo solo stare sull’altro versante. Senti, ascolta come ci muoviamo. Ci spostiamo di casa in casa. Io do il via libera a te e tu lo dai a me, d’accordo? Te la senti?

C.: Sì.

Fr.: Niente colpi di testa e all’erta.

C.: Ho capito. Tutto chiaro.

Iniziano una corsa a staffetta lungo il palco. Franz dà il via a Cacho, per primo. Quando lei arriva al fondo, dà il via a Franz che segue la stessa traiettoria. Si alternano per 3-4 volte. Poi, al passaggio di CAcho una voce fuori campo. I due rimangono separati ai due lati del palco.

1^ V.F.C.: Ehì. Chi è la?

2^ V.F.C.: Hai visto qualcosa?

1^V.F.C.: Sono sicuro! Ho visto delle ombre  spostarsi da quella casa all’altra e poi ancora laggiù.

2^ V.F.C.: Venite fuori! Uscite fuori o spariamo!

Pausa e prima raffica di mitra.

1^ V.F.C: Non è più un avvertimento!

Franz parte verso CAcho e parte una seconda raffica. Si butta a terra.

Fr.: Stanno arrivando a prenderci. Buttiamoci in quella direzione.

Si alzano e fuggono davanti a loro. Altra raffica e si abbassano correndo bassi. Arrivano in centro palco dopo un giro ca. eCacho si ferma e si volta. Raccoglie un sasso da terra e lo lancia, poi spara una raffica.

C.: Figli di puttana!! Scoppiate!

Riparte ed entrambi escono.

SCENA 9

Continua dalla precedente.

Fr.: Possiamo fermarci. Non ci inseguono più.

C.: Li abbiamo seminati, tu dici?

Fr.: No. Hanno avuto l’ordine di lasciarci andare. Non vale la pena di rischiare di prendersi una pallottola per catturare due partigiani qualsiasi.

C.: Ora però possono immaginarsi dove andiamo.

Fr.: Credo che sapessero già di noi e di dove eravamo. Siamo noi a non sapere nulla di loro.

C.: Credi che ci siano stati altri scontri coi nostri?

Fr.: Non te lo so dire. Non so nemmeno dove sono gli altri. Magari il casino che abbiamo fatto, qualcuno lo ha sentito.

Franz si sposta lontano da Cacho durante questa battuta. Cacho si prende la rincorsa e gli salta sulla schiena.

C.: Sono pesante?

Fr.: No. Per niente.

C.: Sono stata brava con il mitra, prima, eh?

Fr.:  Molto. Son un bravo maestro!

C.: Credi che sia riuscita a uccidere qualcuno?

Fr.: Uccidere no, ma potresti averlo ferito. Sarebbe stato un buon motivo per non inseguirci oltre.

C.: (scendendo) A me piace tantissimo quando un uomo mi bacia o mi accarezza la schiena. A te?

Fr.: Hai un fidanzato?

C.: Lo avevo quando stavo in Spagna. Ora non più.

Fr.: Perché qui, sei solo un soldato!

C.: Esatto.

Cacho esce di scena, Franz la guarda andare via. Rimane fermo a pensare quindi esce anche lui.

SCENA 10

Scenografia  amò di porta. A scena vuota entra Franz, con una bottiglia in mano, completamente ubriaco.

Fr.: Cacho!! Cacho! Ma dove si è cacciata! Esco un attimo a prendere una boccata d’aria e lei sparisce..perché non è venuta con me? Camminando così, per scherzo, avrò attraversato tutta la montagna. Cacho, cazzo!! Forse mi è venuta a cercare!! Quanto sono stato fuori? Quanto ho bevuto? Col freddo stò cominciando a sentirmi poco bene… dovrei essere io a prendermi cura di lei e invece stasera è lei che mi mette a letto. Sempre che ci arrivo. Buio. Buio dappertutto. Non so nemmeno se sono nel posto giusto. Non so dove sono. Non ci sono abituato a questo scuro, tutto intorno, dappertutto. Non..neanche a stringere gli occhi non si vede, non ho punti di riferimento… non vedo più le punte delle montagne, non il passo, non la stalla dove siamo a dormire.. dove diavolo è Carlotta??!! Non le sarà sucesso qualcosa? (si lascia cadere a terra) devo accudirla, assicurarmi che stia bene e invece… L’ho persa.  Eè armata! Se fosse stata aggredita avrebbe sparato e io lo avrei sentito. Però..se una pattuglia l’avesse aggredita alle spalle… avrebbe anche potuto avere la peggio senza che ci fosse stata sparatoria. Sono talmente ubriaco che potrei avere sentito sparare e aver pensato a un ramo spezzato nei boschi. Perché non è qui con me? Perché non so dov’è? Ho paura. Per la prima volta da che sono in guerra, ho paura. O Signore, riportami da lei e ti giuro che non mi ridurrò mai più così in tutta la mia vita.

C.: (arrivando dalle spalle) Santo cielo! Finalmente ti trovo. Si può sapere dove eri finito?

Fr.: Ma dove eri finita tu! Esco un attimo a prendere una boccata d’aria e tu mi sparisci. Ero in pensiero.

C.: Sono venuto a cercare te, coglione. Sei ridotto uno straccio, non ti reggi nemmeno più in piedi. (lo aiuta a rialzarsi)

Fr.: Mi reggo in piedi. Così come reggo il vino “tinto”, muchacha!

C.: Entra! Sei troppo allegro stasera, mi sa.

Fr.:(varcando la porta) sono allegro perché siamo quasi arrivati a destinazione e da tre giorni non incontriamo scarafaggi.

C.: Non ti do torto. Quanto hai intenzione di dormire stanotte? Do io la sveglia!

Franz e Cacho si siedono a terra.

Fr.: Non lo so quanto voglio dormire. Sono troppo stanco di camminare. Domani, superato il passo, tutta discesa fino alla caserma di Val d’Ossola. Tranquilli come puciu. Da qui in poi, non c’è più traccia di pericolo.

C.: Sicuro che non ci inseguano?

Fr.: Te l’ho detto. Farsi ammazzare per recuperare due partigiani isolati non conviene. E poi, qui, sono troppo lontani dalle loro basi, non hanno informazioni, e si cagano sotto all’idea di trovare un battaglione intero con armi e il resto.

Raffica di mitra.

C.: Porca puttana!!

Franz si alza da terra a fatica.

C.: Siamo troppo lontani!!?? Troppo pericolo per loro, eh?

Fr.: (in piedi e barcollando) Che cazzo ci fanno qui? Questi bastardi ci hanno inseguito apposta. Ce l’hanno con noi.

C.: Stai al riparo. Alla luce ti vedono.

Fr.: Vuoi vedere che facendo la scema, gli hai veramente ammazzato uno dei loro? E brava Cacho!

C.: Stai giù, minchione! Ti ho detto di star giù.

Franz si sposta di fianco alla porta e da lì sbircia.

Fr.: Non li vedo.

C.: Loro non sono alla luce come noi!!

Franz spegne la luce.

Prende il fucile e spara nel buio.

Fr.: (urla) Uscite fuori, cani.

Voci che urlano in tedesco, in lontananza.

C.: Tedeschi! Non sono dei nostri!

Fr.: Me ne occupo io. Sono bravo a farli fuori.

Franz si sposta verso la finestra, sopra a Cacho accovacciata. Prima che lui spari, Cacho lo prende e lo getta a terra, come aveva fatto lui tempo addietro.

C.: Stai giù!!

Fr.: Cacho, i tedeschi hanno le bombe. Cercheranno di stanarci dando fuoco alla casa per farci uscire e ammazzarci poi.

C.: Dobbiamo uscire prima che ci aggirino. Spara delle raffiche da qui, ma tieni giù la testa, io cerco di fare pulizia del retro.

Cacho si sposta verso fuori, a testa bassa,

C.: (prima di uscire) rimani basso! (Dopo qualche attimo, da fuori) È pulito. Vieni.

Franz esce di corsa, con una raffica in sottofondo.

SCENA 11

La scenografia torna un corridoio con un elemento staccato, più in proscenio. Sta piovendo. Solo Franz in scena. Sta guardando da dietro l’elemento staccato, che rappresenta un sasso, un promontorio. Dopo entra Cacho, con fare tranquillo, le mani in tasca, senza badare a nulla.

Fr.: Stai giù. Ci sono delle persone laggiù in fondo. Non le vedo bene, però.

C.: (si siede a terra con tranquillità) No!!! Mi sono seduta in una pozzanghera.

Fr.: (non badandole) Eh? Cosa?

C.: Mi sono seduta in una pozzanghera. Era quasi asciugata tutta.

Fr.: (guardandola) ma che stai dicendo? Che ti prende?

C.: (distratta, guarda anche lei dalla rupe, più per dovere che per reale preoccupazione o interesse) Che farai dopo la guerra?

Fr.: Ti sembra il momento di parlarne?

C.: Io credo che ci sia bisogno di cose belle dopo tutto questo. Aprirò una libreria. Dici che potrò aprire una libreria a Torino, io che sono spagnola?

Fr.: Cacho, te lo ripeto: è il momento di mettersi a chiaccherare?

C.: Quelli non sono nemici. Stà tranquillo. Fra poco se ne andranno. A te piace leggere?

Fr.: Sì. Mi piace molto. Come fai a dire che quelli non sono nemici. Sono lì, fermi da un’ora almeno!

C.: Appunto! Non stanno facendo nulla. Dì! Verrai a comprare nella mia libreria?

Fr.: (sarcastico) No!

C.: Invece ci verrai perché sono tua amica. Muoviamoci, andiamo più in basso, così vediamo meglio che fanno. (si alza in piedi, scavalca la rupe ed esce)

Fr.: Invece ci verrai perché sono tua amica. Ci verrò, perché ogni giorno con te non sembra di stare in guerra.

SCENA 12

C.: Te lo avevo detto che non erano nemici.

Fr.: Sì, ma ci è andata bene che fossero dalla nostra parte.

C.: Eh dai, non ne potevo più di pioggia, pioggia e vacche, e capre. Avevo bisogno di vedere delle case, e della gente. Tu no? Ehi! Guarda!

Entrano un paio di persone con delle chitarre, altri che portano delle sedie. Si siedono in cerchio o quasi, iniziano a suonare. Qualcuno canta in sottovoce. Hanno l’aria di volersi prendere una pausa dalle brutture e dalla violenza. Una coppia inizia a ballare.

Cacho guarda la scena affascinata. Franz, da dietro le si avvicina e le accarezza i capelli, ma lei non se ne accorge. Si avvicina una persona anziana.

Anz.:(dialetto)Cume sevi bej!

Fr.: Come?

Anz.: È quasi un anno che qui non vediamo più dei giovani. Sono rifugiati tutti in alto o si sono arruolati coi fascisti.

Fr.: Ahh!

Anz.: Stasera abbiamo deciso di suonarne due e ballare, perché oramai era tanto che neanche quello lo facevamo più. Poi il postino ha detto che da domani bisogna aspettarsi l’arrivo dei tedeschi. Fino a qui non erano mai arrivati.

Fr.: (in dialetto) L’evi pau?

Anz.: No. Noi no. Cosa vuoi ormai… ma adesso che vedo voi, qualche driverij mi viene. Ho paura del vostro domani, piuttosto. Prima o poi la guerra finisce e tutti dicono che manca poco, ma voi dove sarete? Dove andrete?

Fr.: Cosa vuol dire, dove andremo?

Anz.: Che Italia trovate? Avete voglia di viverci come l’abbiamo avuta noi? Qualcuno andrà via, fuori del Paese e chi mi dice che tornerà?

Fr.: Non capisco!

Anz.: Ne avrete voglia?

Fr.: Certo che ne avremo voglia! Ci stiamo facendo correre dietro apposta! E se poi smettono di ammazzarci, cos’è? Non corriamo più? Non ci mettiamo a ricostuire? L’Italia è nostra, monsù. L’Italia è nostra e la facciamo come va fatta.

Anz.: Non è mica così facile, sai! Trent’anni fa lo credevamo anche noi, ma poi la speranza non te ne accorgi e ti scappa, poco alla volta, e ti rimangono solo le canzoni che restano belle.

C.: (a Franz) Mi fai ballare?

Fr.: Ballare? Sì, ballare. Certo.

Lui la prende con delicatezza, ma lei lo stringe forte per essere condotta

C.: Lo sai ballare il tango?

Fr.: Il tango di queste parti sì. Non so se ce lo fanno.

C.: Mia mamma ballava benissimo il tango, lo aveva insegnato a mio fratello in casa, perché andasse a ballare con le ragazze, e mio fratello lo doveva insegnare a me, però poi… (si stringe più forte. Franz la abbraccia). Mi porterai a ballare un giorno, Franz?

Fr.: Te lo prometto. Imparerò a ballare il tango e ti porterò a ballare.

La musica finisce e loro improvvisano due passi di tango.

Rumore di esplosioni, spari.

Anz.: Sono arrivati alla cappella. Avete più o meno dieci minuti di vantaggio. Andate!

Prendono il fucile e scappano. Gli altri, con calma, raccolgono tutto, danno una ramazzata alla bell’e meglio e se ne vanno.

Luci molto forti. Buio.

SCENA 13

In scena i due ufficiali, Bellino e Gosto.

Entra Pietro.

Pie.: Sono arrivati i due ritardatari.

Entrano Cacho e Franz.

1° Uff.: Franz! Che bello rivedervi! Ce l’avete fatta anche voi!

Fr.: Sissignore! Non è stato facile, soprattutto quando pioveva, ma siamo arrivati in tempo per riunirci alla festa.

2° Uff.: Vi hanno preceduto persino i feriti!

Si fa avanti Bellino.

Fr.: E tu? Da dove spunti?

Bell.: Sono arrivato prima di voi. E mi sono anche riposato. Quando mi avete lasciato dietro quella casa, da lì sono uscite delle persone, delle donne mi hanno raccolto e curato per tre giorni. Poi di lì passava un loro cugino, un avvocato di Cuneo, uno che fa una specie di doppiogioco, e si è offerto di trasportarmi fino a qui. Ho viaggiato un giorno intero nel bagagliaio della sua macchina.

C.: Quindi non abbiamo perso nessuno!

Bell.: Io non son un granchè. La pallottola alla schiena è stata forte, non mi muovo molto bene. Ma io qui, volevo esserci, a costo di fare la lavanderia per tutti.

1° Uff.: Tranquillo, qui un soldato a fare da base ci servirà come il pane, nei prossimi giorni. Franz, vieni, ti voglio presentare una persona. Un nostro compagno.

Gos.: Piacere! Agostino Centini. Ma ho nome di battaglia Gosto.

1° Uff.: Gosto è arrivato fin qui con un carico di armi eccezionale. Abbiamo riempito la stalla laggiù in fondo. Vedrai. Il compagno Gosto è qui per una ragione.

G.: Sappiamo da fonti certe che la Repubblica è alla frutta. Sono deboli, confusi e i tedeschi li tengono per le palle perché vogliono una mano per scappare dall’arrivo degli Alleati.

1° Uff.: Sappiamo che siete scampati- a degli attentati.

Fr.: Sì. Uno soltanto ier sera.

G.: In realtà non ci vogliono inseguire o braccare come pensavamo fino a poco tempo fa. Si vogliono ripulire la strada per il Moncenisio e passare da lì in Francia con il bottino di guerra.

Fr.: Perché? In Francia non ci sono gli Alleati?

G.: Ci sono gli americani, ma stanno al nord, interessati ad andare in Germania. I neri, crediamo, vogliono arrivare in Spagna, lì hanno degli appoggi.

C.: Dovranno arrivare fino a Madrid. In Catalogna, per i porci, scotta ancora.

G.: (a Cacho) E tu che ne sai?

1° Uff.: è spagnola. Si è unita a noi per vendicare la sua famiglia.

G.: Una spagnola.. Ci puoi tornare utile, bambina.

Cacho lo guarda con aggressione.

G.: Ci servono dei soldati esperti per fare delle imboscate, dobbiamo bloccare tutto ciò che sale dalla strada.

Fr.: Noi ci siamo!

C.: Contate su di me, anche.

G.: Questo è l’atteggiamento che mi piace. Un atteggiamento vivo, combattente e partigiano, di chi non si tira indietro di fronte alla lotta. Che non ha paura. Domani farò un discorso davanti a tutti i compagni riuniti. Tu, mi starai al fianco per sostenere le mie parole con il tuo sguardo.

Cacho è titubante, vorrebbe dire di no, ma gli ufficiali la spingono con dei gesti.

C.: Va bene! Certo!

G.: Datti una ripulita, una lavata e trovatele una divisa, o qualcosa di simile.

Gosto esce.

1° Uff.: Questo Gosto, quando la guerra sarà finita entrerà in politica. Devi sentirlo parlare. Quando tutto sarà finito, con gente come lui, noi saremo a  posto.

Esce.

Fr.: Hai sentito che cosa ha detto? Con gente come lui, noi saremo a posto.

C.: Non lo so. A me non piace.

Si siedono a terra e Cacho si accende una sigaretta.

Fr.: Che fai?

C.: Fumo!

Fr.: Lo so. Perché?

C.: Boh! Mi aiuta a rilassarmi. Tutti i partigiani fumano.

Fr.: Io non lo faccio!

C.: Franz, vorrei che la guerra fosse finita. E allo stesso tempo ho paura di che cosa sarà dopo.

Fr.: Allora c’è qualcosa di cui hai paura!

C.: Dai, non sfottere! Che cosa pensi?

Fr.: Non lo so. Io vivo alla giornata. Adesso penso a impedire ai tedeschi di passare di là. Per il futuro… Io credo che le cose saranno migliori. Come può essere peggio? Deportati, ammazzati, le case e la terra in fiamme; e prima? Prima era come adesso, anche se le fiamme non si vedevano pero… (pausa) Sono stato  anni senza entrare in una biblioteca, senza leggere un giornale, tanto a che serviva? L’ultima cosa che ho letto penso sia stato..non me lo ricordo neppure.. un francese.

C.: Non leggo i francesi. Non mi piacciono.

Fr.: Ma va!! Non li leggi perché sei una snob, perché tutti li leggono e allora tu ti vuoi distinguere. (pausa) Dai, spegnila. Ti fai solo del male!

C.: (scocciata) Vado a cercarmi una divisa da partigiano pulito, per domani.

Esce.

Si avvicinano Pietro e Bellino zoppicando.

Pie.: Allora compagno…

Fr.: Che devo raccontarti? Mi hanno sparato addosso, mi hanno dato fuoco, ho preso pioggia e freddo per tre giorni su cinque…

Bell.: Però ti ho lasciato in buona compagnia..

Fr.: (tra il serio e lo spiritoso) Non ti permetto.

Pie.: Dai, non prendertela così. Io ho dovuto viaggiare con il tenente e poi ho dovuto guidare un camion di munizioni su questi sentieri di montagna di notte. Tu almeno…

Fr.: Almeno cosa? Te l’ho detto che ci sparavano addosso, e chi aveva tempo di pensare a certe cose..

Bell.: Dai Franz, si scherzava. Guarda che la nostra è solo invidia. Avremmo voluto fare tutti a cambio con te, perché, per essere bella, è bella.

Escono.

Fr.: Sì. È bella! Ma mi ha preso per il fratello maggiore. Andiamo a coricarci, che domani, a quella magari le scappa da ridere durante il discorso ufficiale.

SCENA 14.

Sipario vuoto. Tutti i partigiani in scena tranne Gosto e Cacho. Chiaccherano tra loro, quando arriva Gosto e tutti lo accolgono festanti. I due ufficiali, al suo arrivo, gli vanno incontro e gli stringono la mano, portandolo in centro. Cacho entra subito dopo ma rimane nascosta.

G.: Compagni! Compagni partigiani! Come oramai sapete tutti. Siamo allo scontro finale. Abbiamo un’ ultima missione da compiere in questo aprile. Quella di fermare, con ogni mezzo, le ultime fughe dei topi fascisti. Sarà questo il nostro ultimo sacrificio, di sangue, da portare sull’altare dell’onorabilità della nostra nazione e della Rivoluzione (la parola crea un urlo di gioia nei partigiani). Un sacrificio, che mi auguro sia oramai nullo per noi, ma che sia, come mi diceva poco fa la nostra compagna spagnola, enorme per gli altri. Poiché, più sangue verrà da loro versato, maggiore sarà la nostra voce in mezzo agli alleati. Domani, io ed il compagno partigiano Mino, saremo a Torino, insieme ai capi delle altre brigate partigiane, per preparare questa nostra nuova Italia, al nuovo avvenire. (altro urlo di gioia). C’è un sole; un sole che splende per noi, il sole della Rivoluzione, non scenderà più il nero della notte sui nostri figli.

Cacho si sposta verso Franz. Lo guarda, e lo chiama.

C.: Franz!

Fr.: Che c’è?

C.: Voglio che tu mi dica che è finita!

Fr.: Cacho, non lo so se è finita. Loro dicono di sì.

C.: Ne ho abbastanza di questo schifo. Anche se non ho mai combattuto, non ne ho più voglia.

Fr.: Siamo alla fine…

Le accarezza il volto, la guarda, ma lei scappa via distratta da altro.

C.: (rivolta agli altri partigiani) Facciamoli fuori! Hanno ammazzato la mia e la vostra famiglia. È ora di fargliela pagare!!

Ovazione dei soldati, che se ne vanno di corsa. Franz rimane a guardare, Gosto si sposta verso l’uscita, è scocciato perché Cacho gli ha rubato la scena, ma morde il freno. Mentre esce si volta a guardare Franz, carretela, e poi esce.

SCENA 15

Franz, solo sul palco.

Fr.: Quella sera partimmo. Ripartimmo io, Cacho e altri due giovani che, come lei, non avevano mai preso in mano un fucile, se non per sparare ai conigli. Credo che qualche ufficiale, un compagno, si sia voluto vendicare per non essere intervenuto a fermare Cacho quando interruppe il compagno Gosto. Oltre ai due pivelli, ci mandarono indietro in val Varaita, da dove eravamo appena passati. La prima sera sparammo a un camion di fascisti che ci scappò. Qualche ora dopo, in un altro scontro, qualcuno, credo Cacho, uccise due tedeschi. Poi un terzo scontro, che costrinse la colonna di auto a fermarsi. Gettammo tre tedeschi, fatti prigionieri, in una stalla. Quelli passarono tre giorni, al caldo, nutriti bene, prima che i nostri venissero a requisirli e a portarli in carcere a Torino. Quasi nel medesimo tempo ci ordinarono di scendere a valle, a Cuneo, che tutti i partigiani sarebbero andati a Torino a invaderla.

Eccoci qua. Dopo l’imboscata in cui Cacho credette di aver ammazzato due soldati, non parlò più. Per questo, tutti siamo convinti che fu lei a farli fuori. Il primo che ammazzi, è inutile, te lo porti dietro per tanto tempo. La sua faccia ti rimane davanti anche per sempre, anche se lo hai colpito a più di un chilometro. Anche questo, questa guerra, mi portò via. Avevo promesso a me stesso che avrei difeso questa ragazza da tutto, e invece… invece, forse era morta anche lei.

Rientrano tutti. Siamo alla festa della liberazione di inizio dramma.

G.: Alla fine ti sei salvato anche tu?

Fr.: È finita! Abbiamo vinto! siamo liberi.

G.: Non è finita ancora. Trovala, la tua amica, Franz. Ci servono chi sa sparare come te e chi ci crede come lei. Non è finita, ancora.

Fr.: Che diavolo significa che non è finita?

Gosto esce.

M.: La guerra per noi continua. Quegli altri, gli americani, vogliono rubarcela la vittoria. E dire che hanno vinto loro. (pausa) Sei dei nostri Franz?

Fr.: Devo trovare la mia amica.

M.: Se la vedo, glielo dico che sei qui.

Franz esce. Rientra Gosto.

G.: Hai paura che mandi tutto a puttane? Non hai capito. È dei nostri. È con chiunque sia la sua partigiana spagnola. Trova lei e lui la seguirà come un cagnolino, facendo tutto quello che vogliamo noi.

M.: E lei dove sarà?

G.: Salterà fuori, prima o poi. Vieni, ti offro da bere.

Rientra Franz

G.: Ehi, compagno. Hai trovato la tua amica? No? Sentimi, io credo che stia festeggiando la fine, ma quando si accorgerà che non è finita, vedrai che sarà lei a cercare noi. Tu rimani con noi. Stasera, domani e dopo ancora. Riprendi il fucile. Lei ti seguirà. Ovunque.

Fr.: Sì. Forse hai ragione tu. Se la guerra continua, lei verrà a cercarci.

Escono. Tenendo Franz in mezzo e spronandolo.

SIPARIO.

Alba, 20/7 – 2/8/2014