Buon Natale

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BUON NATALE

(Absurd Person Singular)

di

ALAN AYCKBOURN

 

Traduzione di

Masolino d'Amico


PERSONAGGI:

                            SIDNEY

                            JANE

                            RONALD

                            MARION

                            GEOFFREY

                            EVA

SCENE:

                   ATTO I°     La cucina di Sidney e Jane. - Il Natale scorso ATTO II°  La cucina di Geoffrey e Eva. Questo Natale ATTO III°        La cucina di Ronald e Marion. Il Natale

                                      prossimo.

                   Tempo - oggi


ATTO PRIMO

                            La cucina della casetta suburbana di Sidney e Jane Hopcroft. Natale dell'anno scorso.

                            Sia pure su scala modesta, è una cucina modello. Pur non contenendo tutti i gadgets possibili, possiede una lavatrice automatica, un frigorifero, una cucina elet-trica e una smagliante unità lavello. Tutti questi og-getti sono contenuti o circondati da eleganti piani di lavoro di formica con i consueti cassetti e credenze. La stanza contiene anche un tavolinetto pure col piano di formica e sedie coordinate.

                            Quando si alza il sipario Jane, donna che ha passsto la trentina, viene rivelata in atto di pulire attivamente il pavimento, gli sportelli delle credenze, i piani di la-voro - diciamo pure, tutto quello che è in vista - con uno straccio... Mentre lavora canta tutta allegra. Porta un grembiule e un paio di pantofole, ma sotto indossa un abito da cocktail nuovo di zecca. Il suo trucco è convenzionale e la sua permanente molto rigida. Si protegge le mani con guanti di gomma.

                            Mentre Jane lavora così entra Sidney, un ometto viva-ce più o meno della stessa età. Ha due baffetti ben spuntati e um modo di fare allegro, incrollabilmente sereno. Indossa il suo vestito migliore, sobrio e di foggia antiquata. Cravatta scura, capelli e scarpe luccicanti completano il quadro.

SIDNEY     - Ehi, ehi. Si può sapere che combini adesso?

JANE         - (senza rallentare il ritmo delle operazioni) Dò una passata.

SIDNEY     - Poveri noi. Questo ci mancava. Ma che bisogno c'è? Que-sta cucina sembra il ponte di una nave da guerra. Di una nave da guerra. Dovresti arruolarti nella flotta di Sua Maestà.

JANE         - Che sciocco...

SIDNEY     - La flotta di Sua Maestà. Ecco il tuo posto.

JANE         - Sciocco...

                            (Sidney va alla porta sul retro. Tira il pomello (è di quelli che hanno bisogno della chiave solo dalla parte esterna), apre e sporge la mano)

SIDNEY     - Piove ancora.

JANE         - Chiudi, entra l'acqua.

SIDNEY     - Come Dio la manda. Come Dio la manda. (Chiude la por-ta, asciugandosi la mano sul fazzoletto. Viene al centro della stanza e guarda l'orologio a muro sulla "quarta  parete") Le diciotto e ventitré. (Consulta il proprio orologio al polso) Le diciotto e ventitré. Ci siamo quasi. Ancora sette minuti... e saranno qui.

JANE         - Oh. (Si raddrizza e si guarda intorno per controllare di non avere dimenticato nulla)

SIDNEY     - Ho preparato qualche giochino.

JANE         - Qualche giochino?

SIDNEY     - Casomai.

JANE         - Ah, bene.

SIDNEY     - Ho disegnato un somaro, sai, per attaccarci la coda benda-ti, ho scelto un po' di musica per il gioco delle sedie e ho pensato qualche penitenza.

JANE         - Bravo.

SIDNEY     - Certe penitenze mi sono venute proprio diaboliche. (Posa la gamba sul tavolo)

JANE         - Mi pare di vederle. (Gli sposta la gamba e pulisce)

SIDNEY     - Casomai. Casomai ci fosse bisogno di ravvivare un po' l'atmosfera. (Vedendo Jane che continua a pulire) Non voglio darti una delusione, ma gli ospiti non li riceviamo mica qui.

JANE         - Sì, lo so...

SIDNEY     - Ti sei buttata come se...

JANE         - Se vogliono vedere la cucina...

SIDNEY     - Ne dubito.

JANE         - Alle donne queste cose interessano.

SIDNEY     - (col risolino di chi la sa lunga) Io non credo che la moglie di un banchiere si dimostrerà particolarmente ansiosa di passare la serata nella nostra cucina. Per quanto inappunta-bile.

JANE         - Dici?

SIDNEY     - Quella non metterà mai piede nemmeno nella sua cucina. Figurati nella nostra.

JANE         - In ogni modo...

SIDNEY     - Quella signora Brewster-Wright è una signora che fa la vita della signora. O almeno così credo.

JANE         - E la signora Jackson?

SIDNEY     - (dubbioso) Beh... neanche lei è una donna che ti fa pensare subito a una cucina.

JANE         - Tutte le donne si interessano alle cucine. (Passa al lavello)

SIDNEY     - (ironico) Beh, se proprio cerchi una occupazione...

JANE         - Che c'è!?

SIDNEY     - Si è versato qualcosa. Colpa mia.

JANE         - (allarmatissima) Dove?

SIDNEY     - Di là. Sul buffet. 

JANE         - Oh, Sidney. (Afferra un assortimento di stracci, asciutti e bagnati)

SIDNEY     - Niente di grave.

JANE         - Io domando e dico...

                            (Sidney va alla porta, l’apre e tende fuori una mano)

SIDNEY     - Poveri noi. (Chiude la porta e si asciuga la mano col fazzoletto)

JANE         - (di ritorno) Io domando e dico.

SIDNEY     - L'hai trovato?

JANE         - Bisogna intervenire subito, altrimenti resta la macchia. C'è già l'alone. (Rimette a posto lo straccio dei piatti al lavello, gli straccl asciutti nel cassetto e ora tira fuori uno straccio da spolvero e un barattolo di polish) E adesso il tinello puzzerà tutto di polish. Avevo tenuto le finestre aperte tutto il giorno per mandarlo via.

SIDNEY     - Semplice, non dargli il polish.

JANE         - Ma devo. C'è rimasto il segno. (va alla porta e quindi si arresta) Ecco, tu prendi l'air freshener.

SIDNEY     - E dov'è?

JANE         - Sotto il lavello. (Jane esce)

SIDNEY     - Agli ordini, ammiraglio. (Emette un sibilo da segnale nautico, divertendocisi) Poveri noi. (Apre lo sportello sotto il lavello, fruga, tira fuori un barattolo spray. È uno di quegli uomini che adorano leggere le istruzioni. Lo fa anche in questo caso, tenendo il barattolo a distanza col braccio teso. Legge) "Scuotere prima dell'uso." (Esegue. Continua a leggere) "Togliere il cappuccio." (Esegue, legge) "Tenere a distanza dal corpo e spruzzare nell'ambiente premendo il bottone." (Tiene lo spray lontano da sé, lo punta in aria e preme il bottone. Lo spruzzo lo investe sibilando sul davanti della camicia) Poveri noi. (Posa lo spray. Si asciuga la camicia con uno straccio dei piatti)

                            (Entra Jane)

JANE         - E adesso che fai?

SIDNEY     - Cerco di capire come funziona il tuo ammazzaodori.

JANE         - Quello è l'insetticida.

SIDNEY     - Ah.

JANE         - Io domando e dico. (Gli toglie di mano il barattolo e lo posa sulla lavatrice)

SIDNEY     - Ho sbagliato io.

JANE         - E pensare che sei così bravo in certe cose. È incredibile.

SIDNEY     - Chiedo umilmente perdono, ammiraglio. Perdono. (Jane mette via straccio da spolvero e polish. Controlla l'ora del-l'orologio che ha al polso con l'orologio a muro) Ancora quattro minuti e mezzo.

JANE         - E ti sei dato da fare con le noccioline.

SIDNEY     - Quali noccioline?

JANE         - Di là. Nella ciotola. Sul tavolino. Le noccioline. Lo sai benissimo di che sto parlando.

SIDNEY     - Ne avrò assaggiate un paio. Ma tu come fai a saperlo? Accidenti che occhio di falco…

JANE         - Perché so come le ho lasciate. Ora fila, levamiti di torno. Non cominciare. Ho da fare.

SIDNEY     - (avvicinandolesi) Che ne diresti di un bacino?

JANE         - (cercando di liberarsi) Sidney...

SIDNEY     - Dài. Un bacino di buon Natale.

JANE         - No, non è il momento. Ma che ti prende? Sidney... (si interrompe, fiutando}

SIDNEY     - E adesso che c’è?

JANE         - Cos'è questo odore?

SIDNEY     - Eh?

JANE         - Viene dalla tua cravatta. Che odore hai sulla cravatta?

                            (Entrambi annusano la cravatta di Sidney)

                   Ecco. Lo senti?

SIDNEY     - Ah, sarà l'insetticida.

JANE         - L'insetticida?

Sidney        - Ha sparato all'indietro,

JANE         - Beh, ha ucciso il tuo dopobarba.

SIDNEY     - Basta che non mi abbia ucciso anche le pulci, eh, eh. (Ride. Ride anche Jane. S'interrompe di colpo) Le diciotto e ventotto. Due minuti.

JANE         - (nuovamente nervosa) Speriamo che sia tutto a posto.

JANE         - Quando?

SIDNEY     - Per quando vengono. Voglio che vada bene.

SIDNEY     - Ma certo che andrà tutto bene...

JANE         - Capisci, non voglio che tu faccia cattiva figura. Per colpa mia, almeno. Voglio che tu sia fiero di me. Non voglio trascinarti in un fiasco...

SIDNEY     - Perché, è mai successo?

JANE         - No, ma stasera è speciale. Lo sai anche tu. Con i signori Brewster-Wright, e poi anche i Jackson. Non è una serata qualunque.

SIDNEY     - Non ti dimenticare Dick e Lottie Potter. Vengono anche loro.

JANE         - Oh, Dick e Lottie non li conto. Quelli sono amici.

SIDNEY     - Fra qualche ora saremo tutti amici, vedrai... Tu pensa solo a non innervosirti. Non devi fare altro. Non innervosirti. (Consulta l'orologio a parete e controlla l'ora su quello che ha al polso) Meno uno. (Breve pausa. Si sente il campanello dell'ingresso) Che è stato?

JANE         - Il campanello.

SIDNEY     - Sono in anticipo... Per fortuna siamo pronti.

JANE         - Sì. (presa improvvisamente da1panico) Non ho dato lo spray nel tinello.

SIDNEY     - Non c'è problema, non c'è problema. Puoi farlo mentre gli apro. C'è tutto il tempo.

JANE         - Ci metto un attimo.

                            (Jane afferra lo spray antiodori e segue Sidney nel tinello. Silenzio. Jane torna di corsa nella cucina.          Jane rimette a posto lo spray. Si toglie il grembiule. Si assesta vestito e capelli nello specchio. Torna in punta di piedi alla porta della cucina e ne apre uno spi-raglio. Si sentono delle voci di Sidney e di altri due. Una è una voce maschile allegra e vigorosa, l'altra una non meno allegra e vigorosa voce femminile. Sono Dick e Lottie Potter, che avremo la fortuna di non incontrare mai di persona, ma che ascolteremo frequentemente ogni volta che la porta della cucina sarà aperta. Entrambi hanno una risata sonora. In-confondibile. Quasi un nitrito. Jane chiude la porta escludendo le voci, si assesta capelli e abito per l'ultima volta guardandosi in uno specchio sulla "quarta parete", quindi afferra la maniglia della porta, inspira profondamente e sta per fare il suo ingresso nel tinello quando si rende conto di avere ancora ai piedi le pantofole)

                   Oh.

                            (Si sfila le pantofole, le posa sul tavolo e trotta qua e là per la cucina alla ricerca delle scarpe. Non le trova.)

                            (Prende le pantofole e con il loro lato soffice pulisce il segno che queste hanno lasciato sul tavolo)

                   Oh.

                            (Torna di corsa alla porta, l’apre appena. Si sentono voci allegre e risa. Jane rimane ferma a lungo, sbir-ciando nella fessura, nel tentativo di scoprire dove sono le sue scarpe. Le vede. Chiude di nuovo la porta. È in preda alla disperazione)

                   Oh. Oh. Oh.

                            (La porta si apre. Risa sonore da dentro. Sidney entra  ridendo. Chiude la porta. Le risa cessano di colpo)

SIDNEY     - (con forza, a voce bassa) Muoviti. Che stai facendo?

JANE         - Non posso.

SIDNEY     - Cosa?

JANE         - Non ho le scarpe.

SIDNEY     - Come sarebbe a dire, non hai le scarpe?

JANE         - Sono di là.

SIDNEY     - Dove?

JANE         - Accanto al caminetto. Ce le avevo lasciate per potermele infilare all'ultimo momento.

SIDNEY     - E allora perché non lo hai fatto?

JANE         - Non ho avuto il tempo. Me ne sono scordata.

SIDNEY     - Beh, vieni a prenderle.

JANE         - No...

Sidney        - Sono solo Dick e Lottie Potter.

JANE         - Prendimele tu.

SIDNEY     - Non posso.

JANE         - Sì che puoi. Raccoglile e portamele qui.

SIDNEY     - Ma io…

JANE         - Sidney. ti prego.

SIDNEY     - Poveri noi. Che bell'inizio. Davvero, che bell'inizio. (Apre cautamente la porta e ascolta. Silenzio) Non parlano più.

JANE         - Davvero?

SIDNEY     - Si staranno chiedendo dove siamo. Poco ma sicuro.

JANE         - Beh, entra. Vai.

SIDNEY     - Eh?

JANE         - (porgendogli le pantofole) Prendi queste.

SIDNEY     - E che ci faccio?

JANE         - Le metti nell'armadio in ingresso.

SIDNEY     - Hai un bel po' di esigenze, questa sera.

JANE         - Scusa.

SIDNEY     - Sì, beh, bisogna darci un taglio. Bisogna darci un taglio. Io devo intrattenere gli ospiti, sai. (Apre la porta e contem-poraneamente scoppia in una risata cordiale)

                            (Sidney esce, chiudendo la porta)

                            (Jane corre qua e là nervosamente dando ulteriori ritocchi al suo aspetto e controllando l'effetto allo specchio)

                            (Finalmente la porta si apre, facendo entrare una raffica di risa. Sidney è di ritorno con le scarpe di Jane)

                   (Parlando dietro di sé) Senz'altro. Glielo dico subito, Dick... (Ride finché non ha richiuso la porta. A questo punto la sua risata cessa di colpo. Buttandole le scarpe con malagrazia) Ecco qua.

JANE         - Oh, Dio sia lodato.

SfDNEY     - E adesso per l'amor del cielo vieni di là.

JANE         - (lottando per infilarsi le scarpe) Sì, scusami. Che diceva Dick?

SIDNEY     - Quando?

JANE         - Adesso. Gli hai detto che me lo dicevi subito.

SIDNEY     - Giuro che non me lo ricordo. Sei pronta adesso?

JANE         - Sì, sì.

SIDNEY     - Meno male che ci sono solo Dick e Lottie. Pensa se ci fossero stati i Brewster-Wright. Sarebbe stata dura cercare di spiegarglielo. Avanti e indré come un commesso di calzoleria. A posto?

JANE         - Sì. 

SIDNEY     - Bene. (Spalanca la porta, gioviale) Eccola. (spinge avanti Jane) Eccola, finalmente.

                            (Cordiali grida di “Evviva” da Dick e Lottie)

JANE         - (entrando) Eccomi.

                            (Jane e Sidney escono)

SIDNEY     - (chiudendosi la porta alle spalle) Finalmente.

                            (Silenzio. Lunedì)

                            (Sidney rientra in cucina. Si sente la conversazione quando lui apre e richiude la porta. Sidney comincia a cercare in giro per la cucina, aprendo cassetti che poi non si dà la pena di richiudere. Dopo un secondo. La porta si riapre ed entra Jane)

JANE         - (entrando) Sì, beh, questo devi dirlo a Lottie, non a me. Non voglio sapere che... (Chiude la porta) Ma che fai? Oh, Sidney, che stai facendo?' (Si precipita dietro di lui a chiudere tutti i cassetti)

SIDNEY     - L'apribottiglie. Sto cercando l'apribottiglie. Non riesco a togliere il tappo al bitter lemon di Lottie.

JANE         - Qui non c'è.

SIDNEY     - Come non c'è?

JANE         - Perché non me lo hai chiesto?

SIDNEY     - E dov'è allora?

JANE         - Sul caminetto. 

SIDNEY     - Come, sul caminetto?

JANE         - Sul caminetto fa più figura.

SIDNEY     - A che serve un apribottiglie sul caminetto? Sì, dico, come faccio a…

                            (Suona il campanello)

JANE         - Qualcun altro.

SIDNEY     - Va bene, vado io. Vado io. Tu stappa il bitter lemon. Col gin.

JANE         - Gin e bitter lemon.

SIDNEY     - E prima scuoti la bottiglia.

                            (Sidney apre la porta. Silenzio dal tinello. Esce. chiudendo la porta)

JANE         - (fra sé) Gin e bitter lemon... prima scuotere la botiglia... gin e bitter lemon... prima scuotere la bottiglia... (Torna alla porta e l'apre appena appena. Ora si sente un chiacchiericcio a cinque voci. Jane chiude la porta e febbrilmente si rassetta)

                            (La porta si apre di uno spiraglio ed appare il  naso di Sidney. Dietro di lui si sentono delle voci)

SIDNEY     - (sibila) Sono loro.

JANE         - I signori Brewster-Wright?

SIDNEY     - Sì. Ronald e Marion. Vieni..

JANE         - Ronald e Marion.

SIDNEY     - Vieni.

          (Sidney apre ulteriormente la porta, la afferra per un braccio, la tira dentro e richiude la porta)

JANE         - (mentre lui la trascina) Gin e bitter lemon... prima scuotere la bottiglia...

                            (Silenzio. Anche questo lunghetto. Poi la porta si spalanca e Jane si precipita nella stanza)

                            (Mormorio di voci)

                   (dietro di sé) Non si muova! Torno subito! (Corre al lavello e trova una salvietta da tè e due canovacci per i piatti)

                            (Entra Ronald, un uomo sui quarantacinque anni. Imponente senza essere distinto. Lo segue un ansioso Sidney. Ronald tiene una gamba dei pantaloni separa-ta dal resto del corpo. Si è evidentemente inzuppato)

SIDNEY     - Poveri noi… Sono veramente desolato.

RONALD   - Non fa niente. Non è colpa di nessuno.

JANE         - Ecco un canovaccio...

RONALD   - Oh, grazie... sì, sì. (Prende la salvietta) Mi basta questo, se non vi dispiace. 

SIDNEY     - Beh, come inizio non è stato male, eh? Bell'inizio di serata. (con una risata) Davvero, Jane.

JANE         - Sono mortificata. Non sapevo che sarebbe schizzato in quel modo.

RONALD   - Brutte bestie, i sifoni del seltz. O ti innaffiano o fanno una specie di gorgoglio emettendo solo un filo di aria. Mai una onesta via di mezzo.

JANE         - Il suo bel vestito.

RONALD   - Buon Dio, è solo acqua di seltz. Magari gli fa addirittura bene.

JANE         - Non saprei.

RONALD   - (restituendo la salvietta da tè) Beh, devo dire che con tutta l'acqua che sta cadendo lì fuori l'ultima cosa che mi aspettavo era di bagnarmi anche sotto un tetto.

SIDNEY     - E dice bene...

JANE         - Sono mortificata.

RONALD   - Sono cose che capitano. Si asciugherà subito. Magari faccio una piccola corsa.

SIDNEY     - Senta che le dico. Vado su e le prendo un paio di calzoni miei mentre i suoi si asciugano.

JANE         - Oh, sì.

RONALD   - No, no. Va bene così. Resto fedele a questi. Non voglio scompagnare il vestito. eh. eh! (ride)

                            (Sidney e Jane fanno altrettanto)

                            (Entre Marion, una donna ben vestita e  truccata un po' più giovane dRONALD e notevolmente meglio conservata)

MARION   - Tutto a posto, tesoro?

RONALD   - Sì, sì.

MARION   - Oh! (si immobilizza sulla soglia) Ma che cosa divina! Ma che incanto!

JANE         - Oh.

MARION   - Questa cucinetta semplice semplice è un amore. (a Jane) Cara! Lei è fortunata.

JANE         - Beh...

MARION   - Una pianificazione perfetta, Ronnie. non lo dici anche tu? Non è uno splendore?

RONALD   - Ah.

MARION   - Guarda anche solo tutti questi piani di lavoro. E scommetto che la vista dalla finestra è stupenda.

SIDNEY     - Beh...

MARION   - Da togliere il fiato. Dà sui campi dietro la casa, vero?

SIONEY     - No... no...

JANE         - No. vediamo solo il muretto dei vicini.

MARION   - Ma perché, da che parte sono i campi?

JANE         - Quali campi?

MARION   - Che buffo. Si vede che pensavo a un altro posto.

SIDNEY     - Per dire la verità fra noi e il muretto ci sono una diecina di metri...

RONALD   - E nelle giornate limpide...

SIDNEY     - Prego?

MARION   - Ma Ronnie. vieni a guardare queste credenze.

RONALD   - Eh?

MARION   - Guarda qui. Ronnie. (Aprendo e chiudendo sportelli di credenze) Con che facilità si aprono e si chiudono.

JANE         - Ci sono i cassetti... ecco qua, vede...

MARION   - I cassetti! (Li apre) Oh, che cassetti straordinari. Belli fondi. Qui ci si può riporre qualsiasi cosa, vero? E poi uno li richiude e non ci pensa più.

SIDNEY     - Sì, da questo punto di vista sono comodi...

MARION   - Ma guarda che credenze. Non mi vergogno a confessarlo: io queste ve le invidio davvero. Tu non gliele invidi, Ronnie?

RONALD   - Credevo che ne avessimo anche noi, di credenze.

MARION   - Sì, tesoro, ma non vorrai mica fare il paragone. Prova a aprire e a chiudere quello sportello. È il paradiso.

RONALD   - (Prendendo un libretto dal banco) Una credenza è una credenza. (Si siede e legge)

JANE         - (con fierezza) Guardi. (Va alla lavatrice) Me l'ha regalata Sidney per Natale...

MARION   - (Prendendo lo spray deodorante chè è sopra la lavatrice) Che bello. Cos'è, una lacca per capelli?

SIDNEY     - No, no. Quello è l'insetticida. Mia moglie diceva la macchina. (Le toglie di mano lo spray e lo posa)

MARION   - Che macchina?

JANE         - La lavatrice. Questa qui...

MARION   - Ah, una lavatrice. Infilata qua sotto. Emozionante. Che meraviglioso regalo di Natale.

JANE         - Beh, sì.

MARION   - Mi dica, come ha fatto a mantenere la sorpresa?

SIDNEY     - Beh...

MARION   - Non mi dica che l'ha nascosta o tenuta incartata. Non ci credo.

SIDNEY     - No. Ho solo fatto in modo che la portassero qui e la mettessero in funzione.

JANE         - E hanno allagato la cucina.

MARION   - Che cosa stupenda.

JANE         - Vede, è il modello automatico. Ha... tutti i programmi, compreso l'ammollo e l'asciugamento,

MARION   - Santi del paradiso. Ronnie, vieni qui a vedere.

RONALD   - (leggendo avidamente) Arrivo...

MARION   - (chinandosi a leggere la spia dei programmi) E questo che è? Bianchi… di colore... ho capito, è l’apartheid.

JANE         - Prego?

MARION   - E questo? Poco zero? Che può voler dire?

JANE         - No, poco ferro.

MARION   - Non mi dica che è capace anche di stirare.

JANE         - Oh, no, è...

MARION   - Ronnie, hai visto questa macchina incredibile?

RONALD   - Sì. Sì...

MARION   - Non solo ti lava e ti separa i bianchi dai neri e dai colorati eccetera, ti stira pure.

SIDNEY     - No, no…

JANE         - No...

MARION   - (a Jane) Ancora un po' e noialtre saremo completamente superflue. (Prende lo spray. Lo spruzza in aria e inspira) Che odore penetrante. È quasi troppo buono per sprecarlo sulle mosche, non le pare. Ma dove l'ho già sentito... non ricorda un po' quella buonissima colonia di suo marito?

JANE         - Eh, beh… (Suona il campanello)

MARION   - Gesummaria. Che è stato? Vuol dire che le camicie sono cotte o qualcosa del genere?

SIDNEY     - No, era la porta.

MARION   - Ah. Ho capito. Carino.

SIDNEY     - È arrivato qualcun altro.

JANE         - Sì, sarà meglio...

SIDNEY     - Vado e torno.

JANE         - No, vado io.

SIDNEY     - No...

JANE         - No. vado io. (esce chiudendo la porta)

MARION   - Voglio sperare che quei vostri amici, i signori Potter, non si sentano tremendamente abbandonati lì dentro. Sono persone piene di vita, due veri allegroni, o sbaglio?

SIDNEY     - Sì... Sidney è uno che ti fa sempre ridere.

MARION   - Ho visto. Adesso però lei mi deve dire una cosa, signor Hopcraft. Come diavolo ha fatto a infilare quella macchina così perfettamente sotto la mensola? Ne ha provate parecchie o ha fatto centro al primo colpo?

SIDNEY     - No, sono andato a misurare la lavatrice al negozio.

MARION   - Ah…

SIDNEY     - E poi ho fatto la mensola. Ecco perché è dell'altezza giusta.

MARION   - No, voglio dire come diavolo ha fatto a sapere che l'altezza giusta era quella?

SIDNEY     - Beh, perché l'ho fatta così.

MARION   - Ma non… Non vorrà dirmi che l'ha fatta lei?

Sidney        - Sì, sì. La mensola, naturalmente.

MARION   - Ronnie!

RONALD   - Eh?

MARION   - Ronnie, tesoro, cosa stai leggendo?

RONALD   - (consultando distrattamente la copertina del libretto che ha   in mano) Ehm...

SIDNEY     - Ah, quel manualetto di istruzioni per la cucina.

RONALD   - Ah, ecco cos'è. Cercavo solo di capire cosa stavo leggendo. Non mi ci raccapezzavo.

MARION   - Tesoro, hai sentito il signor Hoop.

SIDNEY     - Hopcroft.

MARION   - Sidney, vero? Sidney diceva...

RONALD   - Che diceva?

MARION   - Tesoro, Sidney ha costruito questa mensola con le

                   sue mani. È andato a prendere le misure della lavatrice, ha tirato fuori tutte le sue viti e i suoi martelli e Dio sa che altro e ha costruito questa mensola.

RONALD   - Buon Dio.

SIDNEY     - Di mensole ne ho tante altre, anche di sopra. Accanto al letto. E poi ho fatto una spartizione nella camera degli ospiti, ricavando un armadio senza sportelli per la mia signora. Adesso sto per rivestire il pianerottolo con questi nuovi pannelli di pino a nodi, non so se li conosce.

MARION   - Devo dire che quelle tendine sono del colore più energico che abbia mai visto. La mattina devono praticamente gridare che qualcuno le tiri su.

JANE         - (affacciandosi dalla porta) Caro... ci sono i signori Jackson.

SIDNEY     - Ah, Geoff e Eva? Bene. Vengo a salutarli.

MARION   - Geoff e Eva Jackson?

SIDNEY     - Sì. Li conosce?

MARION   - Oh sì. Abbastanza. Tesoro, ci sono Geoff e Eva Jackson.

RONALD   - Geoff e Eva chi?

MARION   - Jackson.

RONALD   - Ah, Geoff e Eva Jackson. (va a esaminare la lavatrice)

MARION   - Carino, vero?

RONALD   - Sì?

JANE         - Vieni o non vieni?

SIDNEY     - Vengo, vengo.

MARION   - Non li vedo da un secolo.

JANE         - Hanno lasciato il cane nella macchina.

SIDNEY     - Oh, bene.

MARION   - Hanno un cane?

JANE         - Sì.

MARION   - Che meraviglia. Dobbiamo assolutamente vederlo.

JANE         - È... molto grosso...

SIDNEY     - Sì, bene, facci strada, cara.

                            (Jane apre la porta. Un'esplosione di conversazione dal tinello. Jane esce. Sidney tiene la porta aperta per Marion. Si rende conto che lei non lo sta seguendo, e da ultimo, lacerato fra i suoi contrastati doveri di ospite, segue Jane fuori dalla stanza)

                   Noi siamo di là. (Chiude la porta)

MARION   - Ronnie...

RONALD   - (esaminando la lavatrice) Mm?

MARION   - Su, tesoro, vieni.

RONALD   - Stavo soltanto cercando di capire come fa questo affare a stirare le cose. Non riesco a immaginario. Prende i panni e ne fa una specie di grande palla.

MARION   - Andiamo. Muoviti.

RONALD   - Quella donna ha capito male.

MARION   - Tesoro…

RONALD   - Eh?

MARION   - Per favore, fra poco trova una scusa.

RONALD   - Ne hai già abbastanza?

MARLON - Abbiamo lasciato i ragazzi...

RONALD   - Stanno benissimo.

MARION   - Come si chiama quell'individuo?

RONALD   - Hopcraft, vuoi dire?

MARION   - No, l'altro.

RONALD   - Oh, Potter, mi pare…

MARION   - Beh, onestamente non so quante altre sue barzellette posso ancora ascoltare.

RONALD   - A me parevano abbastanza divertenti.

MARION   - Senza contare che non ho mai bevuto un gin così fiacco in vita mia. È tutta acqua…

RONALD   - Davvero? Il mio scotch era piuttosto robusto.

MARION   - Solo perché quella donna non ha centrato il bicchiere col seltz. Hai avuto fortuna.

RONALD   - Aspetta a dirlo. Probabilmente domattina mi sveglierò coi reumatismi.

                            (Sidney si affaccia dalla porta. Risa e chiacchiere dietro di lui)

SIDNEY     - Ehm... signora Brewster-Wright, mi chiedevo se non vorreste...

MARION   - Oh, sì, arriviamo subito. Non riusciamo a staccarci da questa vostra celestiale cucina, vero, Ronnie? (Voltandosi a Ronald mostrandogli le dita di una mano e sillabando)Cinque minuti.

RONALD   - D'accordo.

                            (Escono utti chiudendo la porta)

                            (Silenzio)

                            (Entra Jane con una ciotola vuota. Corre alla creden-za e ne estrae un sacchetto gigante di patatine che getta nella ciotola. Si volta e sta per uscire quando la porta si riapre ed entra di corsa Sidney, con aria un po' alterata)

SIDNEY     - Acqua tonica. L'abbiamo finita.

JANE         - Acqua tonica. È nella credenza, in basso.

SIDNEY     - Ho capito.

JANE         - Ti pare che stia andando tutto bene?

SIDNEY     - Sì, sì, benissimo. Adesso torna, torna di là.

JANE         - (uscendo) Di' a Lottie di smetterla di mangiare tutte le patatine. Nessun altro è riuscito a prenderne una.

                            (Jane esce richiudendosi la porta alle spalle)

                            (Sidney fruga dapprima in una credenza, poi in un'a1tra. Non trova l'acqua tonica)

SIDNEY     - Poveri noi.

                            (Sidney torna di corsa alla festa chiudendosi la porta alle spalle. Dopo un attimo entra Jane con aria preoccupata, chiudendosi !a porta alle spalle. Fruga là dove Sidney ha già frugato. Non trova nulla)

JANE         - Oh. (Si aggira per la cucina senza meta)

                            (Sidney rientra con un bicchiere contenente del gin e una scorza di limone. Chiude la porta)

SIDNEY     - È lì dentro?

JANE         - Sì, sì. Da qualche parte...

Sidney        - Beh, sbrigati. Lei è lì che aspetta.

JANE         - Devo solo... trovarla...

SIDNEY     - Poveri noi.

JANE         - Quando ho fatto ordine l'ho messa via da qualche parte.

SIDNEY     - Che motivo c'era di metterla via? Stiamo dando una festa.

JANE         - Beh... così era più... in ordine. Torna di là, te la porto ìo.

SIDNEY     - Era una cosa di tua competenza. Eravamo d'accordo che delle bevande ti occupavi tu. Non faremo brutta figura per colpa tua, spero.

JANE         - No, stai tranquillo. Ne sono sicura.

SIDNEY     - Beh, nel frattempo è piuttosto imbarazzante per me, non ti pare? La signora Brewster-Wright comincia a lanciarmi degli sguardi ansiosi.

JANE         - Ah.

SIDNEY     - Allora.

                            (Sidney rientra nel tinello)

                            (Jane non sa che fare. Emette un piccolo gemito di de-solazione. Sta per scoppiare  in lacrime. Poi prende una decisione improvvisa. Va a un cassetto, fruga, tira fuori il suo borsellino per le spese di casa. Lo apre e ne estrae qualche monetina. Corre al centro della stanza e guarda l’orologio a parete)

JANE         - Le diciannove e ventuno. (Rapido calcolo) Tredici... quat-tordici... quindici... sedici... diciassette... diciotto... dicianno-ve... le sette e ventidue. (Corre alla porta sul retro e l'apre. Tende fuori la mano, esegue un passo sperimentale fuori dalla stanza e quindi un rapido passo Per rientrare. Si trova nuovamente in un dilemma. Richiude la porta. Va al riposti-glio subito accanto alla portae dopo avervi frugato ne rie-merge con un paio di grandi stiyali di gomma da uomo in una mano e un paio di scarpe di tela con suole di gomma nell'altra. Facendo mentalmente la spola fra le due paia, rimette le scarpe di gomma nell'armadio. Si sfila le scarpe e si infila senza difficoltà gli stivali di gomma. Mette via ordinatamente le scarpe nell’armadio di nuovo . Tira fuori un grande impermeabile da giardinaggio, da uomo. Lo tiene alzato, si rende conto che è meglio che niente e se lo infila. Torna di nuovo al centro della stanza abbottonandoselo) Le diciannove e ventiquattro. (Torna alla porta posteriore, l'a-pre ed esce fuori. È evidente che diluvia a più non posso. Rimane ferma sulla soglia tenendosi su il collo dell’imper-meabile, tentando senza successo di proteggersi la perma-nente dalla pioggia con l'altra mano. Freneticamente) Oh... (Si tuffa nuovamente nell'armadio e ne riemerge con un vecchio cappello di feltro. Lo guarda costernata. Dopo un momento di lotta interiore se lo mette e torna a al centro della stanza). Venticinque. (Jane torna alla porta posteriore, esita per un attimo e quindi si tuffa nella notte lasciando la porta appena appena socchiusa. Dopo un momento Sidney ritorna sempre con il bicçhiere stretto nel pugno)

SIDNEY     - Jane? Jane! (Si guarda intorno, perplesso) Poveri noi. (Guarda qua e là, cercandola)

                            (Entra Eva. Sui trentacinque anni: è una che non viene a compromessi, né nei modi né nell'aspetto)

EVA           - Posso avere un bicchier d'acqua?

SIDNEY     - Prego?

EVA           - Devo prendere queste. (Mostra un paio di pillole chiuse in un pezzetto di stagnola. Si dirige alla porta sul retro e si ferma inspirando profonde boccate di ariafresca)

SIDNEY     - Ah, certo. C’è un bicchiere da qualche parte, credo.

EVA           - Grazie.

SIDNEY     - (trova un bicchiere) Eccoci qua. (Lo posa sulla lavatrice)

                            (Eva rimane ferma con aria astratta fissando davanti a sé strappando la stagnola intorno alle pillole senza minimamente tentare di aprirle. Una pausa. Sidney la guarda)

                   Ehm...

EVA           - Sì? Oh, grazie... (Chiude la porta sul retro e prende i1 bicchiere)

SIDNEY     - Non si sente male, spero?

EVA           - Sì?

SIDNEY     - Le pillole. Non si sente male?

EVA           - Dipende da cosa si intende per sentirsi male.

SIDNEY     - Ah.

EVA           - Se vuol dire che mi impediscono di diventare una pazza furiosa. la risposta probabilmente è sì. (Ride con una certa amarezza)

SIDNEY     - (ridendo anche lui) Una pazza furiosa... (non troppo sicuro sul conto di questa signora) ...ma d'altro canto io dico sem-pre che un pizzico di follia è un segno addirittura positivo, no? Cioè, siamo tutti un po' matti. Sono un po' matto anch'io. (Pausa) Sì. (Pausa) Viviamo in un mondo matto, come dicono.

EVA           - (contemplando le pillole che ha nella mano, ora che le ha tirate fuori) Incredibile pensare che la propria salute mentale dipende da queste. Fa paura, vero? (Se le mette in bocca e tracanna il bicchiere d'acqua in un sorso solo) Eh, già. È allarmante. Lo sa che io prendo pillole di un tipo o di un altro da quando avevo diciott'anni? Che possibilità gli resta-no, all'organismo? Mio marito mi dice che anche se non ne avessi bisogno, dovrei prenderle lo stesso. Tutta la mia vita intellettuale è regolata dalle pillole che ingoio ogni tre ore, ventiquattr'ore al giorno. Devo addirittura mettere la sveglia la notte. Lei ha davanti a sé un disastro. Un relitto umano. (Ha sempre il bicchiere in mano e si guarda intorno distrattamente alla ricerca di dove posarlo) Non le viene mai una voglia disperata di trovarsi fuori dal suo corpo, di sentirsi libero? Libero semplicemente di galleggiare? Io sì, e me ne rendo conto. (Apre la pattumiera a pedale e ci butta dentro il bicchiere vuoto) Grazie...

                            (Mette in mano a Sidney il pezzettino di carta stagnola tutto appallottolato e si dirige verso la porta. Sidney la guarda a bocca aperta. Eva si ferma un momento)

                   Dio mio, era il clackson della nostra macchina?

SIDNEY     - Quando?

EVA           - Adesso.

SIDNEY     - No, non credo.

EVA           - Se lo sente, è George.

SIDNEY     - George?

EVA           - Il nostro cane.

SIDNEY     - Ah, sì, certo.

EVA           - Lo abbiamo lasciato in macchina.. Dobbiamo lasciarlo in macchìna in questo periodo, è diventato insopportabile. Lì di solito ci si trova bene, ma da un po' di tempo si annoia e ha imparato a premere il clackson col naso. Ha capito come fa? Si appoggia al volante col naso.

SIDNEY     - Intelligente.

EVA           - Mica tanto. La polizia ci è venuta a cercare due volte.

SIDNEY     - I cani sono un po' come i bambini.

EVA           - Perchè dice una cosa simile?

SIDNEY     - Ogni tanto hanno bisogno di un po' di fermezza. Un bello scapaccione, se si comportano male.

EVA           - Lei non conosce George. Con lui, altro cbe scapaccioni. Al massimo, si tenta di trattare.

SIDNEY     - Ah. (Recupera il bicchiere dalla pattumiera)

EVA           - Quando lo abbiamo comprato era grande così, e ora è  diventato della stazza di un bue muschiato. Arrivò in casa che... Dio santo, sono stata io?

SIDNEY     - Eh?

EVA           - A buttare quel bicchiere lì dentro?

SIDNEY     - Ehm... sì.

EVA           - Ecco. Lo sapevo. Sto diventando pazza. Sto finalmente diventando pazza. (Va alla porta e l'apre)

                            (Si sente il chiacchiericcio)

                   Mi faccia un piacere. Dica a mio marito che se beve ancora io torno a casa a piedi.

SIDNEY     - Beh, secondo me suona meglio detto da lei che è la moglie.

EVA           - (ridendo) Perchè, lei pensa che mi darebbe retta? Quello non sa nemmeno che sono qui. Per lui la mia esistenza è terminata il giorno in cui mi ha sposata. Io sono un imbarazzante scarabocchio sopra una licenza matrimoniale... e basta.

                            (Eva esce, chiudendo la porta)

SIDNEY     - Ah. (Posa il bicchiere sulla lavatrice e trova in terra le scarpe scartate da Jane. Le prende in mano, le guarda e le posa sull'asse per asciugare. Perplesso, va alla porta sul retro e chiama fuori nella notte} Jane! (Rimane in ascolto. Nessuna risposta)

                            (Entra Marion Jane)

MARION   - Dico...

SIDNEY     - Piove sempre... (Tende fuori la mano a mo' di dimostra-zione. Quindi chiude la porta sul retro)

MARION   - Sì, è uno strazio. Senta, lei lo sa che è sparito col mio bicchiere?

SIDNEY     - Oh, mi scusi tanto. (Glielo porge) Eccolo.

MARION   - Grazie. Mi stavo cominciando a preoccupare moltissimo. Temevo fosse finito nella sua lavatrice. (beve un sorso) Ah, ora sì. Rafforzato di quel tantino... Lei sa cosa voglio dire. Senza troppa acqua tonica...

SIDNEY     - Veramente...

MARION   - Adesso è perfetto.

SIDNEY     - Veramente quello è tutto gin. Non c'è altro.

MARION   - Oh santo cielo! Ma è proprio così. A che gioco giochiamo? Ho capito, sa. Lei è un tipo da prendere con le molle. Caro signor... ehm...

SIDNEY     - Ma no, che dice. Lei si può fidare di me.

MARION   - Non ne dubito.

SIDNEY     - Però guardi che la festa è di là.

MARION   - E noi che cosa aspettiamo? Faccia strada, signor... ehm... (Lo fa passare davanti)

SIDNEY     - Mi segua. (Sidney esce dalla porta)

MARION   - (mentre si volta a chiuderla, guardando il proprio orologio) Dio mio.

                            (Marion esce e chiude la porta. Una pausa)

                            (Jane arriva alla pota sul retro sempre in cappello, impermeabile e stivali. Ha in mano un cartone di bot-tigliette di acqua tonica. Cerca di aprire girando il pomello della porta, ma è rimasta chiusa fuori. Bussa piano, poi più forte, ma nessuno la sente. Di nuovo scuote il pomello, premendo il viso contro il vetro. Vediamo la sua bocca aprirsi e chiudersi ma non sen-tiamo alcun rumore. Finalmente si arrende e scappa via. Dopo un attimo torna Sidney. Ha la ciotola delle patatine che è di nuovo vuota. Sta per riempirla quando si ferma e si guarda intorno, perplesso e e lievemente seccato. Va alla porta sul retro e l’apre)

SIDNEY     - Jane! Jane!

                            (Sidney si alza il bavero della giacca ed esce di corsa, lasciando la porta socchiusa)

                            Appena Sidney è scomparso, squilla il campanello dell’ingresso. C’è una pausa, seguita da altri squilli parecchie volte. Entra Ronald, proveniente dal tinello)

RONALD   - Ehi, vecchio mio, credo che stiano suonando alla porta. ...oh. (Vede la stanza, vuota e la porta sul retro aperta)

                            (Ronald si volta e rientra nella stanza)

No, a quanto pare è uscito. Forse faremmo meglio a... (la sua voce non si sente più quando chiude la porta)

(Il campanello squilla ancora una volta. Sidney rien-tra chiudend la porta sul retro. Trova un asciugamano e se lo passa sul viso e sui capelli)

SIDNEY     - Poveri noi. (Scuote la testa. Torna alle patatine)

                            (D'un tratto la porta del tinello si spalanca e Jane entra di corsa nella sua strana tenuta, con gli stivali che fanno il classico rumore dell’acqua calpestata. Si chiude la porta alle spalle e rimane ferma, appoggian-dovisi contro, scossa e sfinita)

                            (Sidney si volta e dalla sorpresa butta in aria il sacchetto delle patatine)

JANE         - Gesummaria.

SIDNEY     - Ma che stai facendo?

JANE         - Oh.

SIDNEY     - (non crede ai suoi occhi) Cosa credi di fare?

JANE         - (ancora senza fiato) Sono... sono uscita... a prendere l'acqua tonica. (Posa sul tavolo il cartone con le bottigliette di acqua tonica)

SIDNEY     - Così?

JANE         - Non la trovavo... non volevo...

SIDNEY     - Sei uscita... e sei tornata, così?

JANE         - Volevo infilarmi nel pub dalla porta di dietro e tornare in un attimo. Ma sono rimasta chiusa fuori. Così sono dovuta passare dall'ingresso.

SIDNEY     - E chi ti ha aperto?

JANE         - (con un filo di voce) Il signor Brewster-Wright.

SIDNEY     - Il signor Brewster-Wright? Il signor Brewster-Wright ti ha aperto, in quello stato?

                            (Jane annuisce)

                   E che cosa ha detto?

JANE         - Non credo che mi abbia riconosciuta.

SIDNEY     - Non mi sorprende.

JANE         - Non ho potuto guardarlo in faccia. Mi sono messa a cor-rere, sono passata davanti a tutti e sono arrivata qui.

SIDNEY     - Così?

JANE         - Sì.

SIDNEY     - Ma cosa hanno detto?

JANE         - Non hanno detto niente. Hanno solo smesso di parlare e mi hanno guardata. e io sono passata in mezzo come un lampo. Non potevo proprio...

SIDNEY     - Adesso torni di là e chiedi scusa a tutti.

JANE         - No. Non posso.

SIDNEY     - Devi.

JANE         - Sidney, non li posso affrontare!!. Non ce la faccio.

SIDNEY     - Non puoi piombare in quello stato in mezzo a un cocktail di persone rispettabili, essendo per di più la padrona di casa. Devi assolutamente presentare delle scuse.

JANE         - (di nuovo sul punto di scoppiare in lacrime) Non posso.

SIDNEY     - (furioso) Prima ti togli quella roba... e poi torni di là e spieghi tutto…

JANE         - (con un gemito) Voglio solo andare a letto.

SIDNEY     - Beh, non puoi andare a letto. Sono solo le diciannove e quarantacinque. E ora levati quel giaccone.

                            (Jane va all’armadio producendo rumori acquatici. Ronald apre la porta della cucina. Entrando parla dietro di sé. Ha un bicchiere di scotch in mano)

RONALD   - Forse è meglio che mi affacci a vedere se...

JANE         - Oh, no...

                            (Jane non ha il tempo di sbottonarsi l'impermeabile. Piuttosto che affrontare Ronald, corre fuori dalla porta sul retro senza il cappello, che abbandona in mezzo al tavolo della cucina)

                            (Nel tentativo di fermarla, Sidney si tuffa invano dietro Jane. La porta si chiude sonoramente dietro dl lei. Sidney rimane fermo con le spalle contro la porta)

RONALD   - (sulla soglia, avendo colto un attimo di attività violena, ma senza ben sapere che significato dargli) Ah, ecco dov'era, vecchio mio.

SIDNEY     - Oh, salve. Salve.

RONALD   - Era uscito un momento, vero?

SIDNEY     - Sì. Ero uscito un momento.

RONALD   - Beh... è successo un fatto curioso. C'era qualcuno alla porta, un momento fa. Un tipetto basso. Cappello, stivali, impermeabile, e bottiglie. È passato come un toro. Lo ha mica visto?

SIDNEY     - Ah, quello lì.

RONALD   - È di casa? Perchè altrimenti...

SIDNEY     - Sì, come no.

RONALD   - Ah. Beh, basta che lei lo conosca. Poteva anche essere uno che voleva rubare l'argenteria. Non so se mi spiego. Di questi tempi non si sa mai.

SIDNEY     - Ha ragione. No, è... il ragazzo del pub. Quello che fa le consegne. (Mostra il cartone a Ronald)

RONALD   - Davvero?

SJDNEY    - Ha portato l'acqua tonica. Vede?

                            (Ronald fissa il cappello sul tavolo. Sidney lo nota e lo

                            prende)

                   Ma guarda che sciocco. Si è scordato il cappello. (Prende il cappello, va alla porta sul retro l’apre e butta fuori il cappello. Richiude la porta)

RONALD   - Ha scelto bene la serata per scordarsi il cappello.

SIDNEY     - Davvero.

RONALD   - (sedendosi al tavolo) Per dirla in tutta franchezza a me non me la contava giusta. Due occhi spiritati. Per questo mi aveva dato da pensare...

SIDNEY     - Mi rendo conto benissimo.

RONALD   - Doveva passare da dietro, non so se mi spiego. Se lo lasci dire da me. Quando i bottegai cominciano a usare la porta principale, meglio cambiare casa al più presto.

SIDNEY     - Giustissimo. Anch'io sul lavoro esigo che i miei dipen-denti...

RONALD   - Già, certo. Dimenticavo che anche lei... è negli affari, vero?

SIDNEY     - Beh, su piccola scala, per ora, Con mia moglie. Non so se si ricorda che le spiegai...!

RONALD   - Già, certo. E le cose le stanno andando bene…

SIDNEY     - Beh, per un piccolo supermarket non ci possiamo lamen-tare.

RONALD   - Fa sempre piacere sentire di qualcuno che sta salendo di categoria.

SIDNEY     - Di questi tempi.

RONALD   - Precisamente. (Prende il manualetto e lo guarda)

                            (Una pausa)

SIDNEY     - So che forse non è il momento adatto, anzi, probabilmente non è il momento adatto, ma in ogni caso speravo che avesse preso un poco in considerazione quel nostro discorso dell'altro giorno. Se hai avuto un momento, si capisce... !

RONALD   - Che discorso? Ah, sì... il discorso. Alla banca? Beh, sì, come dice... probabilmente non è il momento, ma come le dissi allora... e quanto le dico non è assolutamente ufficiale, se ne renda conto... credo che la banca potrebbe darle una mano. Almeno, è molto probabile.

SIDNEY     - Ah, bene, ottima notizia. Vede, da come la vedo io, se riuscissi a ottenere il finanziamento necessario potrei fare un'offerta concreta per quello spazio accanto a dove sto... che fra parentesi non è ancora stato messo sul mercato. Naturalmente come le ho detto, tutto questo lo so solo da contatti personali.

RONALD   - Sì, certo, capisco.

SIDNEY     - Voglio dire, il valore del solo spazio... prendendolo come superficie e basta... mi segue?

RONALD   - Ma certo.

SIDNEY     - Però si tratta di battere il ferro finché è caldo... prima che il momento passi...

RONALD   - Mmm...

SIDNEY     - Voglio dire, a questo mondo cane mangia cane, non è così? Non c'è spazio per i sentimenti. Negli affari, almeno.- Voglio dire, in una certa situazione se ti prude la schiena, te la gratto...

RONALD   - Pardon?

SIDNEY     - Tu mi dài una cosa a me e io ti dò una cosa a te. Ma quando la posta è lì sul tavolo, ognun per sè e Dio per tutti. Agosto moglie mia non ti conosco...

RONALD   - Ah, sì, certo.

                            (Si apre la porta del tinello. Entra Geoffrey. Sui trentacinque. Belloccio, sicuro di sé, disinvolto. Ha in mano un bicchiere di scotch)

GEOFFREY - Ah. Chiedo un minuto di asilo politico.

RONALD   - Salve.

GEOFFREY - Fuggo dallo harem di Dick Potter. Le ha tutte intorno.

SIDNEY     - Continua a tenere banco?

GEOFFREY - Altroché. È sempre lì che diverte le signore con le sue barzellette...

RONALD   - Davvero? Oh Dio. Sarà meglio che... fra un minuto... 

GEOFFREY - Non lo fermerai mai. Ma è sempre così? O gli viene fuori tutto a Natale?

SIDNEY     - No, no. Dick è uno che ti fa morire dal ridere tutto l'anno...

GEOFFREY - Davvero?

RONALD   - Non mi dica.

SIDNEY     - È un tipo molto notevole, sa. Pensavo che le avrebbe interessato conoscerlo. Anche la moglie. Pieni di vita. Sono insegnanti tutti e due. Lui poi però si occupa anche molto di giovani, in un sacco di modi diversi. Per esempio organizza certe spedizioni in montagna. Per dei gruppi di ragazzi. Camminate in Scozia, cose del genere. Vedesse come ci sa fare con gli adolescenti...

RONALD   - Davvero?

SIDNEY     - È un uomo poliedrico.

RONALD   - Ha anche una bella moglie.

SIDNEY     - Lottie? Sì, è una signora piacente. Sempre molto ben messa...

GEOFFREY - Sì, è messa proprio bene.

SIDNEY     - Lei fa quello che fa lui con 1e ragazze...

RONALD   - Pardon?

SIDNEY     - Sì, gite, escursioni. Soprattutto con le coccinelle.

RONALD   - Ah, capisco.

GEOFFREY - Ah.

                            (Pausa)

RONALD   - Dovremmo iscriverci alle coccinelle anche noi. (Ride)

SIDNEY     - (unendosi alla risata dopo un po’) Sì, buona questa. Dovremmo iscriverci alle coccinelle. (Ride) Dovrebbe dirlo a Dick. Si divertirebbe come un pazzo.

GEOFFREY - (dopo una pausa) Ha un bel paio di gambe.

RONALD   - Sì!

SIDNEY     - Dick?

GEOFFREY - La moglie.

S!DNEY     - Lottie? Ah, sì. Beh, non che le avessi guardate in modo particolare...

GEOFFREY - Di solito quando arrivano a quell'età tendono a sgonfiarsi un pochino qui. (Si percuote la coscia) Invece lei è bella soda...

RONALD   - Soda, sì.

GEOFFREY - Un bel culetto teso...

SIDNEY     - Ah.

RONALD   - Davvero? Non gliel'ho visto.

GEOFFREY - La guardavo quando si è alzata e si è allungata per prendere le patatine. Di prim'ordine.

RONALD   - Ah, beh, adesso ci farò caso. (Pausa)

SIDNEY     - Saranno le escursioni...

GEOFFREY - Cosa?

SIDNEY     - (battendosi la mano sulle cosce, con una punta di  imbarazzo) Questo insomma. Saranno le escursioni...

RONALD   - Sì. (Dopo una pausa) Ma come ha fatto a vedergliele?

GEOFFREY - Cosa?

RONALD   - Le... (Si percuote le cosce) Sì, dico, quando l'ho vista io poco fa aveva addosso un affare grosso... di lana. Fino a qui.

GEOFFREY - Ah, quello è un ostacolo che si supera.

RONALD   - Davvero?

GEOFFREY - È tutta la sera che faccio finta che siano cadute delle noccioline e mi chino a raccoglierle.

                            (Ronald ride sonoramente. Sidney è a disagio)

RONALD   - Lei lo deve tenere d’occhio, questo qui.

SIDNEY     - Davvero?

RONALD   - Non perda di vista sua moglie quando si trova nei paraggi.

S1DNEY    - Davvero?

RONALD   - La metta sotto chiave...

S1DNEY    - (capendo, finalmente, e ridendo) Ah, ah! Sì...

                            (Improvvisamente si affaccia dalla porta Jane, che guarda dentro. Sidney enno di eclissarsi con energia)

GEOFFREY - Piove ancora, eh?

SIDNEY     - (tendendo la mano) Sì... Sì.

RONALD   - C'è una cosa che ti volevo chìedere da un po' dì tempo...

GEOFFREY - E cioè?

RONALD   - Tì rìcordì quella festa dove ci sìamo trovati... questa estate... da Malcolm Freebody...

GEOFFREY - Quando è stato?

RONALD   - Eva… tua moglie non c'era, stava male...

GEOFFREY - Non è che le capiti di rado.

RONALD   - Me 1o rìcordo perchè ti ho visto che andavi forte con una tizia che lavorava per Freebody a quella faccenda di pubbliche relazioni...

GEOFFREY - Davvero'?

RONALD   - Una bionda... Una specie dì bionda.

GEOFFREY - (ci pensa un momento) Binnie.

RONALD   - Si chìamava Binnie?

GEOFFREY - Binnie qualcosa, mi pare...

RONALD   - Com'è finita poi? Hai fatto centro?

GEOFFREY - Beh... come dire...

RONALD   - Davvero?

GEOFFREY - Non sai quanto. La fine del mondo. Moglie di uno steward su una nave da crociera. Non vedeva il. marito da otto mesi...

RONALD   - (ridacchiando) Buon Dio...

SIDNEY     - Ah~ah-oh-ah-ah~ah. (E altri rumori di approvazion~ sessuaie. Gli altri lo guardano)

GEOFFREY - E lei la sua dove l'ha nascosta? L'ha seppellita in giardino?

SIDNEY     - (colpevole) Eh? No, no. È in giro. Da qualche parte.

GEOFFREY - Anch'io vorrei perdere la mia, certe volte. Fra lei e quel cane non c'è quasi più spazio per me a casa nostra... l'appar-tamento è piccolo, e fra loro due lo hanno ridotto un ammas-so di macerie… Sì, le voglio tanto bene, Dio la benedica, è tanto cara... ma non ha la minima idea di dove si trovi. Non ne ha la più pallida idea.

RONALD   - Forse. Comunque io continuo a pensare che hai avuto una gran fortuna con Eva...

GEOFFREY - Cosa te lo fa pensare?

RONALD   - Beh, a questo punto avrà mangiato la foglia sulle tue...

GEOFFREY - Già. A questo punto l'avrà proprio mangiata.

RONALD   - Appunto, dicevo...

GEOFFREY - Andiamo, diciamo pane al pane. Bando alle chiacchiere. Se Eva vuole vivere con me, deve accettare le mie condi-zioni. Tutto è sempre stato perfettamente chiaro. Lei fa la sua vita, entro certi limiti; io faccio la mia, ossia faccio quello che mi pare, ragionevolmente, si capisce. È l'unica maniera, credete a me...

SIDNEY     - Senti senti.

RONALD   - Vorrei che facessi due chiacchiere con Marion. Che la convincessi.

GEOFFREY - Quando vuoi. Con piacere.

RONALD   - Beh, forse no... ripensandoci.

GEOFFREY - No, dico sul serio. Qualunque uomo, chiunque egli sia... tu, io, chiunque... (indica Sidney) ...lui. Basta che si organizzi. Insomma, diciamoci le cose come stanno. In giro c'è troppa roba buona che sta lì solo a aspettare che tu ti serva. Non si può pretendere che uno rinunci a...

                            (Si apre la porta del tinello. Compare Eva. Dietro sentiamo Dick Potter che va ancora a mille, e ride)

                   (A Sidney, alterando immediatamente il tono) In ogni modo, secondo me è una buona idea. Lei che dice?

EVA           - (freddamente) Vi state proponendo di passare la notte qui?

SIDNEY     - Ahi. A quanto pare abbiamo trascurato le signore.

EVA           - Trascurate? Credevamo che ci aveste abbandonate per sempre.

GEOFFREY - Visto? Non resistono senza di noi.

EVA           - Resisteremmo magnificamente, grazie. Ci è solo parso tremendamente villano. Tutto qui.

GEOFFREY - Ehi, che diavolo...

EVA           - Ad ogni modo. I suoi amici mattacchìoni se ne vanno.

SIDNEY     - Oh, davvero? Dìck e Lottie? Allora meglio che vada a salutarli. Chiedo scusa... (Sidney esce ne! Tinello)

EVA           - Quanto a noi, tesoro, se non vuoi che ci portino via un'altra volta l'automobile col carro attrezzi, col clackson a tutto spiano... io direi di cercarci i cappotti.

GEOFFREY - Non avrà mica ricominciato...

EVA           - È passata l'ora del suo pasto...

GEOFFREY - Sinceramente, Eva...

EVA           - Sinceramente Eva a me non me lo dici, tesoro. Il cane è tuo.

GEOFFREY - Come sarebbe dire, il cane è mio?

EVA           - (con dolcezza) La casa è tua, la macchina è tua, la moglie è tua... apparteniamo a te tutti quanti, tesoro... dìpendiamo tutti quanti da te. Adesso vieni, per piacere?

                            (Ronald sorride)

                   Neanche tua moglie sembra esattamente entusiasta, sai.

                            (Il sorriso dRONALD sparisce. Eva esce)

RONALD   - Oh. (Guarda l'ora) Credo sia meglio che...

GEOFFREY - Ah. Ronnie. A proposito.

RONALD   - Mmm?

GEOFFREY - Mi chiedevo se hai sentito anche tu questa voce sulla nuova costruzione che Harrison si farebbe progettare...

RONALD   - Quel suo nuovo complesso di negozi.

GEOFFREY - Ha già qualcuno?

RONALD   - Dici nel tuo campo?

GEOFFREY - Sì. Ha già preso ùn architetto? O la cosa è ancora aperta?

RONALD   - Per quanto ne so io è ancora aperta. Voglio dire, a me risulta che l'idea sia ancora in embrione.

GEOFFREY - Beh, se ti capitasse l'occasione di metterci una paro1ina... So che tu puoi molto su di lui.

RONALD   - Sì, certo, se capita l'argomento gliene accenno. Penso che tu potresti andare benissimo.

GEOFFREY - Qualunque cosa voglia Harrison io gliela so disegnare a occhi chiusi. Su questo puoi stare tranquillo.

RONALD   - Va bene. Come ti dico, se capita gliene accenno… GEOFFREY - Ti sarei grato... (Entra Marion)

RONALD   - Ah.

MARION   - Va bene, tesoro, si va.

RONALD   - D’accordo.

MARION   - Te la sei spassata qua in cucina?

RONALD   - Siamo stati benissimo.

MARION   - Bravo. Questo è l'importante. (Ronald esce nel tinello) Che cosa ripugnante questa casetta. L'idea che qualcuno riesca a abitarci mi riemple di costernazione. Tu che fai l'architetto, Geoff, dovresti sapermelo spiegare. Anzi, tanto per comin-ciare spiegami come può succedere che qualcuno disegni delle mostruosità del genere, prima ancora di convincere qualcuno a viverci dentro.

GEOFFREY - Beh...

MARION   - Oh Dio. Adesso viene fuori che l'ha disegnata lui.

GEOFFREY - No, io non c'entro. Sono disegnate così soprattutto per ra-gioni di economia, e le persone che cercano disperatamente un posto dove stare non hanno gusti tanto difficili.

MARION   - Andiamo. Nessuno è disperato fino a questo punto.

GEOFFREY - Se sapessi.

MARION   - In ogni modo, è stato un piacere vederti. Era tanto tempo. Devi proprio venirci a trovare una volta....

                            (Rientrano Sidney e Ronald che ora indossa il sopra-bito e ha in mano quello di Marion)

RONALD   - Tesoro

MARION   - Sidney, è stata una serata incantevole. Un giorno bisogna proprio che lei venga da noi... con sua moglie, se mai riu-scirà a trovarla...

SIDNEY     - Sì, sì, certo...

(Escono tutti chiacchierando chiudendo la porta. Silenzio; dopo una pausa, Sidney torna. Chiude la porta)

                   (Fregandosi le mani) Ah! (Sorride. Molto soddisfatto. Pren-de il suo bicchiere e beve un sorso. Morde una patatina)

                            (Bussano alla porta sul retro, in modo alquanto incer-to. È Jane. Sidney si acciglia. La sua concentrazione è disturbata)

                   Un momento. (Apre la porta sul retro)

                            (Jane entra crollando... un fagotto fradicio)

                   (Rinculando) Questa poi.

JANE         - Li ho visti andare via.

SIDNEY     - Sì. Non c'è più nessuno. Mi hanno detto di sa1utarti.

JANE         - Oh.

SIDNEY     - Dove sei stata?

JANE         - In giardino. E dove se no? Dove credevi?

SIDNEY     - Ah... non so. Potevi essere andata a fare due passi.

JANE         - Vestita così?

SIDNEY     - Perchè, piove ancora?

JANE         - Sì. (pausa) Sidney, se tu glielo avessi spiegato... sarei potuta voglio dire, sono lì fuori da ore. Sono fradicia...

SIDNEY     - Sì. Beh, il tuo contegno ha reso le cose molto difficili. Cioè, le spiegazioni. Che potevo dire?

JANE         - Potevi spiegargli.

SIDNEY     - Ma anche tu. Veramente riguardava te, non ti pare?

JANE         - Sì, lo so, ma... è solo che pensavo che avresti potuto... che saresti stato... (ci rinuncia)

                            (Jane comincia a togliersi di dosso i vari strati)

SIDNEY     - In ogni modo, è andato tutto in modo abbastanza soddi-sfacente...

JANE         - (vuotando uno stivale di gomma nel lavandino) Bene... mi fa piacere...

SIDNEY     - Anche a me. Voglio dire, questi qua non erano persone qualunque. È gente che nel futuro potrebbe esserci molto, ma mo1to utile...

JANE         - (vuotando l'altro stivale) Sì...

SIDNEY     - Ecco, questo non lo devi fare, Jane. Veramente non devi. Vedi, ti sovrecciti... e alla fine che succede?

JANE         - Giusto.

SIDNEY     - Ecco. Non dico altro. Non ci pensiamo più, eh? (Pausa)Poveri noi...

JANE         - Che c'è?

SIDNEY     - Non abbiamo più fatto nessuno dei giochini.

JANE         - Già.

SIDNEY     - Nell'entusiasmo generale. Non fa niente. Un altr'anno. Be-ne. Credo che darò un'occhiata alla TV. Ne varrà la pena. La vigilia di Natale. Di solito c'è roba buona. Vieni di là anche tu?

JANE         - Fra un attimo.

SIDNEY     - Bene.

                            (Sidney esce, chiudendo la porta)

                            (Jane rimane ferma. Tira su col naso. Ha finito di metter via i suoi indumenti. Il suo occhio mette a fuoco le varie cose sporche sparse qua e là. Raccoglie un bicchiere o un altro oggetto del genere e lo mette nel lavello. Prende lo straccio bagnato e lo passa prima dov'erano posati i bicchieri. Quindi lentamente, tracciando circoli sempre più ampi, fino ad aver trasformato la cosa, ancora una volta, in una vera e propria operazione di pulizia generale. Mentre pulisce sembra rilassarsi. Piano dapprima, poi più forte la si sente cantare lietamente fra sé, e...

SIPARIO


ATTO SECONDO

                            La cucina di Geoffrey e Eva nel loro appartamento al quarto piano. Questo Natale.

                            Una porta dà sul soggiorno, un’altra su di un riposti-glio praticabile. La stanza comunica subito un'impres-sione di trasandatezza. È una stanza in cui si vive mol- tissimo a differenza dall'immacolato ponte di nave degli Hopcroft. Ma alcuni sintomi fanno capìre che i proprietari hanno un certo gusto per il genere semplice e fatto ìn casa, che del resto è alla moda, tanto per l'attrezzatura quanto per il mobilio. Una parte dell'attrezzatura, soprattutto la cucìna a gas ha visto giorni migliori. Oltre alla cucina la stanza con-tiene un tavolo (legno naturale, raschiato) una credenza (legno naturale, raschiato) un frigorifero, un lavello. Quando il sipario si alza Eva, non truccata scarmigliata e con grandi borse sotto gli occhi, è seduta al tavolo in vestaglia. Sta scrivendo sopra un blocchetto con un mozzicone di matita. Qualunque cosa stia scrivendo, incontra difficoltà per esprimerlo. Tutto intorno a lei, anch e in terra, ci sono pezzettì di carta appallottolati. Ha davantì a sé una bottiglia di scotch aperta. Dopo un attimo straccia la pagina su cui scriveva, apallottola anche questa e la butta in terra con le altre. Ricomincia. 

                            Una porta viene sbattuta. Dal soggiorno arrivano i latrati di un grosso cane. Eva alza gli occhi allarmata, consulta l'orologio, emette un gemito, e rapidamente chiude il blocchetto per nascondere quello che scrìveva. Si sente la voce di Geoffrey, da dentro)

GEOFFREY - (da dentro) Tesoro? Eva... Eva! Buono, George!

                            (Geoffrey entra rinculando dal soggiorno. George continua ad abbaiare con gusto feroce)

                   George! Ora basta! Non fare il cretino. Cuccia, George! Cuccia. Subito. Ecco, da bravo. Cuccia. Bravo George. Bravo...

                            (George si è calmato. Geoffrey va a chiudere la porta. George riprende ad abbaiare con rinnovato vigore)

George! (Ci rinuncia) Oh, al dìavolo, fà come ti pare. (Chiude la porta. voltandosi verso Eva per la prima volta) Ciao, tesoro. (Le dà un bacio, passando)

                            (Eva non sembra quasi accorgersene. Invece resta seduta a giocherellare con una delle sue pallottole di carta. Ha il viso teso, inespressivo)

                   Dio come ho bisogno di un goccio. Vuoi bere qualcosa? (Senza aspettare risposta prende lo scotch trova un bic-chiere e si versa da bere) Tu ne vuoi uno? No? (rimette la bottiglia sul tavolo e beve) Alla tua. Sul fronte del lavoro per Harrison ci stiamo proprio cacciando nei guai. È stata una giornataccia. Non ci si crede. Continuo a cercare di spiegare a quelli lì come si monta la cupola centrale, ma è come parlare al muro. Stamani mi presento e li trovo che cercano di tirar su uno schifo di enorme colonna al centro, dritta in mezzo alla fontana. Gli ho detto, "State a sentire. Voi garantitemi di fare come vi dico io, e io vi garantisco che poi il tutto resta in piedi. D'accordo?". Adesso dovrò dire a Harrison che il suo super Shopperdrome che pensava sareb-be costato tot finirà per raddoppiare il preventivo. E non sarà per niente contento. Sono proprio nel gatto. A meno che... Ma insomma, che diavolo, è Natale. (Va alla finestra) Sai che ti dico? Qui va a finire che nevica. A Santo Stefano tro-veremo il cantiere sotto un metro e mezzo di pappa bianca-stra. E saranno altri sei mesi di ritardo. (Torna dalla finestra) Perchè non mi sono andato a cercare un lavoretto semplice? (Vede i foglietti appallottolati) Che stavi combinando? (Cerca di prendere !l blocchetto dEVA) 

                            (Eva non molla il blocchetto. Geoffrey alza le spalle, si allontana, poi si volta e la guarda)

                   Stai bene? Ti rendi conto che sei ancora in vestaglia? Eva? Pensi ancora a stamattina? Ti ho telefonato all'ora di pranzo. Eri uscita? Eva? Oh, andiamo, tesoro, ne abbiamo parlato, no? Stanotte ne abbiamo parlato fino alle quattro. E tu mi hai dato ragione. Anzi, hai fatto di più che darmi ragione. Hai suggerito la soluzione. E hai fatto bene. Credimi, tesoro, hai fatto bene. Non possiamo andare avanti così. Prima o poi uno di noi deve fare qualcosa di veramente positivo per una volta nella vita... per tutti e due. Ed è verità sacrosanta che la cosa migliore che possa succedere a te e a me, a questo punto della nostra esistenza, è che io vada a vivere con Sally. Avevi assolutamente ragione tu. Sai che ci pensavo mentre tornavo a casa... Mi sono fermato un momento a bermi una cosina in fretta, per questo ho fatto un po' tardi... pensavo e mi dicevo, potrebbe funzionare benissimo. Se ci compro-tiamo da adulti, si capisce. Non come due ragazzini con la cotta o roba del genere. Io e Sally insieme andremo probabil-mente da qualche parte... e a quel punto anche tu probabil-mente ti sarai sistemata... potremmo continuare a vederci, sai. Quello che voglio dire in sostanza è, risparmiamoci tutte

                   quelle stupidaggini... tutti quegli addii. I paroloni, i "non ti voglio vedere mai piu"'. Perchè io ti voglio rivedere. E sem-pre lo vorrò... Dico, cinque anni. Non vogliamo mica buttare via cinque anni? Eva? Eva, se te ne stai lì a sentirti in colpa per tutto questo, in qualunque modo, non farlo. La colpa, amore, è mia, è tutta mia. È solo che sono... ecco, sì, sono debole, come dici tu. Sono instabile. È una mia carenza, lo so. Altri uomini non hanno questo problema. Altri uomini riescono a sistemarsi e ad essere perfettamente felici con una donna sola per il tutto resto della vita. Beati loro. Non ci credi che li invidio? (Picchia il pugno sul tavolo) Dio, come glielo invidio, questo. Voglio dire, credi veramente che mi faccia piacere di essere una specie di Olandese Volante del sess? Eva, ti prego... ti prego, cerca di metterti nei miei panni solo per un momentino, me lo fai questo regalo? Ecco, è la Vigilia di Natale. Il giorno dopo Santo Stefano ti prometto... che faccio sparire di casa ogni cosa mia che non ti serve. Così potrai scordarti che io sia mai esistito, se è questo che vuoi. Ma non possiamo provare fra noi due a fare in modo che questo paio di giorni... (Si interrompe) Ho detto che è la Vigilia di Natale? Ma non abbiamo ospiti? Ma sì, certo... Per che ora li abbiamo invitati? (Guarda l'orologio) Oh Dio mio. Non ti sarai mica ricordata dì disdirli, per caso? No. E va bene... In casa abbiamo qualcosa da bere? A parte questo? (Solleva la bottiglia di scotch) Beh, almeno è un inizio. Poi, vediamo... (Trova un vassoio, lo posa sul tavolo e mette sul tavolo la bottiglia di scotch) Che altro abbiamo? (Fruga nelle credenze) Brandy. Puoi andare. Una coca cola. Ehi, e questo che è? Maraschino? E chi ha mai bevuto il maraschino? Tu? Eva? Oh, per l'amor del cielo, Eva... quello che dovevi dire lo hai detto, adesso datti una mossa, per favore! Sta per arrivare un'orda di persone, dovevano già essere qui cinque minuti fa. Tirati su... (la guarda e sospira) E va bene. Ho capito. Va bene. Non si conti su di te per aiuto nè collaborazione questa sera, giusto? Tutti i contatti sono interrotti, vero? D'accordo. D'accordo. Non sarà stata la prima volta... non ti preoccupare. (Riprende la ricerca delle bottiglie) In ogni caso non è che tu abbia questa gran fama di perfetta padrona di casa. Hai dei precedenti. Sei sparita nel mezzo di una festa per andare a letto dove più tardi sei stata trovata immersa in un libro. (Estrae un altro paio di bottiglie... gin e sherrv) Arrivo a dirti che se tu facessi la tua apparizione come se nulla fosse i nostri amici potrebbero restare addirittura un po' delusi. (Trova un assortimento di bicchieri) Dico i nostri amici, ma forse dovrei dire i tuoi. Ti ricordo che a quanto mi risulta tutte le persone che vengono stasera rientrano nella categoria dei tuoi amici e non certo dei miei. E se toccherà a me riceverli stasera perchè tu pre-ferisci chiamarti fuori, finirò probabilmente per essere molto, molto villano con loro. È chiaro questo? Bene. Sei stata av-visata. Sì, lo so. Tu ci tieni molto, vero, a vedermi andare a lavorare per l'astro nascente. Il signor Hopcroft. Ma posso dirvi a tutti e due, qui e ora, che non ho alcuna intenzione di collaborare alla perpetrazione delle sue piccole squallide speculazioni edilizie. Sarò criticabile sotto il profilo morale... ma sotto quello etico non mi può dire niente nessuno.

                            (Esce a passi pesanti nel soggiorno col vassoio)

                   (da dentro, mentre George riprende ad abbaiare) George... no, non è per te questo. Cuccia. Ho detto, cuccia. (Tonfo di una bottiglia che è caduta dal vassoio) Oh, insomma... que-sto maledetto cane... levati dai piedi...

                            (Geoffrey torna con un paio di vecchie tazzine da caffè che mette nel !avello)

                   Quella stanza sembra un pozzo nero particolarmente mal tenuto. (Trova uno strofinaccìo) Un drink rapido e basta. Altro non troveranno. Poi tanti auguri di buon Natale e chi s'è visto s'è visto.

                            (Geoffrey esce di nuovo. Porta con sé lo strofinaccio. Eva apre il suo blocchetto e continua a scrivere. Geoffrey torna. Ha ancora lo strofinaccio. Nell'altra mano ha un mucchietto di pezzi di biscotti per cani,  mezzi rotti)

                   Biscotti smozzicati. Perché li mangia solo a metà, me lo sai spiegare questo? (Deposita i biscotti nella pattumiera. Sta per uscire di nuovo, poi si ferma) Eva? Eva... sto dando prova di grande pazienza: di grandissima pazienza. Ma fra un altro minuto credo proprio che perderò le staffe. E a quel punto lo sappiamo tutti e due cosa succede, vero? Ti mollerò una sventola e allora tu ti sentirai maltrattata e per rappresa-glia farai il giro della casa rompendo tutto quello che trove-rai. E domattina a colazione ci sarà il solito quadretto di noi tre, tu, io e George, che cerchiamo di mangiare nell'unico piatto superstite. Adesso Eva, per favore…

                            (Suona il campanello. George si mette a abbaiare)

                   Oh Dio mio. Ecco il primo. (Forte) George! Adesso Eva ti  prego, vai a letto. Non rendere le cose ancora più imbaraz-zanti. (uscendo) George, vuoi stare buono? (esce. La porta si richiude. Silenzio)

                            (Eva apre il suo blocchetto, finisce di scrivere e stacca il foglio. Sposta un po' di lato i foglietti, ecc. che in-gombrano la tavola. Va a un cassetto e ne estrae un coltello da cucina. Torna al tavolo e vi inchioda con forza il biglietto col coltello. Va alla finestra.

                            Rientra Gorge.

                            Da dentro si sentono latrati e si sente anche parlare... due voci. Eva rimane immobile. Guardando fuori)

                   (In direzione degli ospiti) Niente paura. È innocuo. Can che abbaia non morde. (Chiude la porta) Proprio quei maledetti Hopcroft. Se la potevano perdere? E senti quest'altra, l’ascensore è rotto. (Trova un apribottiglie in un cassetto)Sempre, a Natale. Immancabilmente. Non è così? Su, Eva, amore, ti prego, per l'amor di Dio.

                            (Geoffrey esce. Chiudendo la porta)

                            (Eva apre la finestra. Inspira l'aria fredda. Dopo un attimo. Si issa con fare incerto sul bordo della fine-stra. Rimane ferma e barcollante. Guardando verso il basso e tenendosi aggrappata alla intelaiatura. La porta si apre. Chiacchiere. Geoffrey torna con un bicchiere in mano)

                   (Parlando agli altri) Te ne trovo subito uno pulito. Scusa! Ma la cuoca è in vacanza! (Ride)

                            (Si sente la risata degli Hopcroft. Geoffre chiude la porta)

                   Secondo me i bicchieri non li laviamo dall'ultima festa. Almeno questo qui non ha superato il test Jane Hopcroft di Buona Amministrazione Domestica. (Prende uno strofinac-cio dal lavello e strofina il bicchiere senza badarci troppo)Certe volte penso che quella donna deve passare... Eva! Ma che fai?

                            (Eva, che a questo punto si sente male per le vertigini, emette un gemito)

                   Eva! Eva... su, da brava. Giù. Scendi... giù... ecco.., da brava... giù. Vieni... (Ha raggiuntoEva) Ecco, così. Piano. Su, ti tengo. Ora scendi. Così.

                            (Aiuta delicatamente Eva a rientrare nella stanza. Lei rimane ferma, traballante. Lui pilota il suo corpo inerte fino a una sedia)

                   Su, adesso, mettiti a sedere qui. Ecco. Tesoro, tesoro, ma che stavi cercando di fare? Cosa diavolo ti eri messa in testa? Pensavi di... Ma che motivo c'era, che volevi dimostrare? Insomma... (Vede per la prima volta il biglietto e il coltello) Che diavolo è questo? (Legge) Oh, no. Eva, non devi pensare a... Ma insomma, dico, che significa, un peso per tutti? Chi ha mai detto che sei un peso? lo non ti ho mai detto che sei un peso...

                            (Durante quanto sopra, Eva prende il coltello del pane, lo guarda. Quindi guarda uno dei cassetti della cucina. Si alza, non vista da Geoffrey. Va al cassetto e aprendolo a metà ci fissa il coltello così da farne sporgere la  punta. Si allontana di corsa e si gira verso il coltello. Geoffrey che continua a parlare ora la guarda distrattamente. Eva raggiunge una certa velocità e quindi corre disperatamente verso la punta del coltello. Rendendosi conto in ritardo delle intenzioni di lei, Geoffrey balza avanti, la intercetta e la rimette seduta)

                   Senti, Eva, per l'amor del cielo! Andiamo... (la esamina nervosamente) Senti. io chiamo il dottore. Gli dico che sei molto tesa ed esaurita. (Arretra e per poco non si impala da solo sul coltello. Lo afferra) Probabilmente ti darà qualcosa per calmarti un poco.

                            (Suona il campanello)

                   Oh Dio, qualcun altro. Senti, io chiamo il dottore. Ci vuole un minuto, hai capito? Tu resta ferma dove sei. Non ti muovere, stai lì seduta, da brava. (Apre la porta e parla forte agli ospiti) Vi dispiace servirvi da soli? Devo fare una telefonata...

                            (Geoffrey esce)

                            Silenzio. Eva finisce un altro biglietto. Molto breve. Lo strappa dal blocchetto e lo fissa, questa volta con un barattolo di cibo per cani che per caso si trova sul tavolo. Si guarda intorno, esaminando la cucina. Fissa il forno. Ci va e lo apre, guardando pensierosa dentro. Si sporge dentro il forno, ne toglie una casseruola, solleva il coperchio di questa, arriccia il naso e la porta sul piano di scolo. Tornata al forno, ne toglie tre piani e vari altri oggetti assortiti che a quanto pare vi ci sono accumulati. È un forno molto sudicio. Si guarda le mani, che ora sono sporche di fuliggine, va al cassetto della cucina e ne estrae una salvietta da tè quasi pulita. Ripiegandola con cura, la depone sul piano basso del forno. Si distende e infila la testa nel forno, come provandone le misure. A quanto pare la scomodità della posizione è quasi insopportabile. Si agita per trovare una posizione soddisfacente. La porta si apre piano e Jane entra.

                            Fuori il trambusto si è attenuato fino a diventare una specie di dolce mormorio, così che filtra solo poco rumore. Jane sta recando con molta cura altri due bicchieri  che considera sporchi. Chiude la porta. Si guarda intorno nella cucina ma non vede nessuno. Attraversa la stanza con fare alquanto furtivo, diretta al lavello, dove pulisce i bicchieri. Eva getta in terra  dal forno un vassoio con gran rumore. Esterrefatta, Jane fa un passo indietro emettendo uno squittio. Egualmente esterrefatta, Eva cerca di alzarsi a sedere nel soggiorno e batte clamorosamente la testa sul ripiano superiore)

JANE         - (coprendosi) Signora Jackson, si è fatta male? Non dovrebbe stare in terra nel suo stato, fa freddo. Dovrebbe stare a letto. Lo sa, vero? Ecco...

                            (Aiuta Eva a rialzarsi e la riporta al tavolo)

                   Ecco, si metta a sedere qui. Non si preoccupi del forno. Non è il momento. Il forno può aspettare. Lo pulisce dopo. Le pare il caso di rovinarsi la salute per il forno? Anche se io la capisco. Le viene anche a lei come questo bisogno irresistibile... dice a se stessa, devo pulire quel forno anche a costo della vita. Non mangio più, non dormo più finchè non ho pulito quel forno. È un'oppressione. Come la conosco, questa sensazione. Senta che le dico adesso. Tutto si dirà di me meno che non sono una buona vicina... gli dò una bottarella al posto suo? Che ne dice? Non le dispiacerà mica? Guardi che per me non è un disturbo. Anzi, mi fa addirittura piacere... e lei per me farebbe lo stesso, vero? D'accordo. Affare fatto. Non perdiamo altro tempo, diamoci da fare. Allora, cos'è che ci serve? Catinella d'acqua, il liquido per il forno ce l'ha? Non importa, lo troviamo... basta solo che non mi prenda freddo, è molto pallida, sa. (Cerca sotto il lavello) Allora. Il 1iquido per il forno? Ce l'abbiamo? Beh, se non c'è vuol dire che ricorreremo al nostro vecchio amico Vim. Quello non manca mai. (Fruga)

                            (Si apre la porta: entra Geoffrey che va da Eva. Si sente parlare da dentro)

GEOFFREY - Senti, tesoro, a quanto pare ho... (Vedendo Jane) Oh.

JANE         - Salve.

GEOFFREY - Oh, salve... le serve... qualcosa?

JANE         - Sto facendo la brava vicina, tutto qua. Non ha per caso un grembiule da prestarmi?

GEOFFREY - (alquanto interdetto, indica la sedia) Eh... sì...

JANE         - Ah, sì. (Infilandolo) E pensare che l'avevo sotto gli occhi.

GEOFFREY - Ehm... che sta facendo?

JANE         - Preparo il forno per domani, ecco che sto facendo.

GEOFFREY - Per cosa?

JANE         - Per il vostro pranzo natalizio. Per che altro credeva? GEOFFREY - Sì, beh, è sicura...?

JANE         - Non si preoccupi per me. (Si affaccenda qua e là cantando forte, raccogliendo attrezzi per pulire e una catinella piena d'acqua)

GEOFFREY - (sopra questo, irritato) Oh. Tesoro... Eva, senti, ho chiamato il dottore ma non c'è. A quanto pare è andato a fare una visita da qualche parte e quella scema che mi ha risposto ha l'indirizzo ma non ha il telefono. Faccio prima a andarci e prenderlo al volo piuttosto che star qui ad aspettare che torni. Ci metto dieci minuti, vado e torno. Sei capace di stare lì buona?

JANE         - Non si agiti. La tengo d'occhio io. (infila un guanto di gomma)

GEOFFREY - Grazie. (Studia Eva, che è sempre immobile. Obbedendo a una ispirazione improvvisa va al cassetto della cucina e comincia a tirare fuori tutti i coltelli. Passa in rassegna la cucina radunando gli attrezzi forniti di punta)

                            (Jane lo osserva, perplessa)

                   (A mo' di spiegazione) I vicini dànno un grande pranzo. Gli ho promesso di prestargli un po' di roba.

JANE         - Niente forchette?

GEOFFREY - No. Niente forchette. Sono musulmani. (andando alla porta) Dieci minuti.

                            (Suona il campanello)

JANE         - C'è qualcuno.

GEOFFREY - I Brewster-Wright, probabilmente.

JANE         - Oh...

                            (Geoffrey esce accompagnato dai latrati del cane che continuano finché la porta non si richiude)

                   Ma senti quel cane. Bello grosso, eh? Sembra quasi un somarello... Lo sa che gli ha portato Dick? Dick Potter? Ha portato un regalo di Natale a George. Uno di quegli anelli di gomma. Sa, quelli che si tirano in aria. Uno di quelli lì. Non sa come gli è piaciuto. Non fa che correre su e giù per il vostro ingresso... con Dick che glielo tira e lui che cerca di prenderlo. Eh, Dick è proprio straordinario con i cani. Come li capisce! È stato a un pelo dal fare l'addestratore di mestiere. Non aveva le diottrie richieste. Ma sa trattarli. Di qualunque razza siano... conosce tutti i loro trucchi. (Si volta al forno) Allora... accidenti, com'è grande anche questo. Mamma mia bella. Ma non fa niente. Quando c'è la buona intenzione... (Toglie la salvietta da tè dal forno) Non avrà mica pensato di pulirlo con questa, per caso? Ci vuole altro. Il buon vecchio olio di gomiti... ecco cosa ci vuole. (Si mette all'opera. Con la testa quasi dentro il forno) Vuole che le dica una cosa? Sidney si arrabbierebbe se mi sentisse ma io sto molto meglio qui in terra, in ginocchio davanti al forno... che di là a fare conversazione. Non è orribile? È che alle feste io non mi ci trovo. Intanto non mi piace bere. Prefe-risco mille volte starmene qui a fare due chiacchiere con lei. (Si mette a cantare allegramente mentre lavora con la voce che risuona nel forno)

                            (Durante questo Eva si alza in piedi, apre il riposti-glio, ne estrae  una cassetta pronto soccorso e ne pas-sa in rassegna il contenuto. Alla fine trova una scato-lina di cartone da pillole, cilindrica, che è quanto cer-cava. La porta al lavello e si riempie un bicchier d’ac-qua. Apre la scatola, ne estrae un paio di piccole pillole, e rimette la scatola sul piano di scolo. Inghiotte una pillola con molta acqua e molta difficoltà. Fa lo stesso con la seconda pillola. Lascia aperto il rubinetto, tira fuori il cotone dalla scatola… e le altre pillole finiscono nello scarico. Eva cerca disperatamente di salvarne qualcuna col dito prima che queste spariscano, chiudendo il rubinetto. Non essendoci riuscita, tenta con la forchetta.)

         (La porta si apre. Si sentono chiacchiere e latrati. Entra Sidney)

SIDNEY     - Evviva, evviva. Ma dove sono finiti tutti... (Vedendo Jane) Poveri noi. Non ci credo. Non credo ai miei occhi. Non puoiavere già ricominciato. Che stai facendo?

JANE         - Non si sente bene. Le dò una mano.

SIDNEY     - Ma ti rendi conto che è il tuo vestito migliore?

JANE         - Chi se ne importa del vestito.

SIDNEY     - Se la cosa ti può interessare, sono arrivati i signori Brewster-Wright. Ron e Marion. Spero che non gli capiti di vederti qui. (Voltandosi a Eva che sta ancora pescando con la forchetta senza più impegnarcisi troppo) E qui che problema c'è? Posso dare una mano... visto che sembra il tema della serata?

                            (Sidney prende la forchetta dalla mano dEVA e la mette a sedere sulla sedia)

                   Senta, se lei mi permette le dò una dritta. Lei non riuscirà mai a sturare uno scarico con quel sistema lì - Dico sbattendoci dentro una forchetta come stava facendo. Le pare il modo? Al massimo può ottenere di togliere il cromo dalla forchetta e magari anche di graffiare la guarnizione dello scarico. Non ci siamo proprio. Vediamo adesso... (apre per un momento il rubinetto e guarda scorrere l'acqua) Sì. Un inizio di intasamento. Poco più di un inizio. Ma col tempo peggiorerà. Sarà qualche foglia di tè, una sciocchezza del genere. Vogliamo dargli un'occhiatina? (apre la credenza sotto il lavello) Dieci contro uno che i guai sono tutti qua dentro. Ah-ah. Modello all'antica, eh? Con questo qui ci vuole la chiave inglese.

JANE         - Vedrà che glielo aggiusta in un batter d'occhio. Vero, Sidney?

SIDNEY     - In mezzo batter d'occhio. Mezzo batter d'occhio, come dicevamo in Marina. Gli attrezzi ce li ho. Giù in macchina. Nessun problema. (Si volta a Eva) Niente di serio. Tutto quello che c'è, vede... dove il tubo gira sotto il lavello in questo punto... lo chiamano la trappola. Veniamo a noi. (Tira fuori una matita) Glielo faccio vedere. Sempre meglio sape-re come stanno le cose. Carta? (prende l'ultimo annuncio del suicidio dEVA) Non contiene niente di vitale, spero... Ecco qua. (Guarda incuriosito il foglio per un momento. Poi lo capovolge e comincia a tracciare il diagramma sull'altro lato) Ecco... qui c'è la presa, vede, qui... non so se si capisce... e qui c'è il tubo che scende dritto e in questo punto praticamente torna indietro su se stesso, per un attimo; vede? E poi qui riparte verso lo scarico...

JANE         - Se vuole sapere qualcosa, basta che la chieda a Sidney...

SIDNEY     - E questo pezzettino qui è la vera trappola dello scarico. Ma basta aprirlo e viene fuori tutto quanto. Una volta che lo sai è facilissimo. Bene. Ora mi faccio questi quattro piani a piedi per prendere gli attrezzi. (Appallottola il foglietto e lo butta via. Sulla porta) Lei non si preoccupi. Di là c'è Lottie che li intrattiene e Dick si sta dando da fare con George. Sono tutti felici e contenti.

                            (Sidney apre la porta ed esce. Sentiamo per un mo-mento la risata di Lottie e il cane che abbaia lontano prima che la porta si chiuda)

JANE         - Sono questi i momenti in cui una è contenta di avere degli amici, vero? (Si avventa sul forno con nuova lena, cantando allegramente)

                            (Durante quanto sopra Eva scrive un altro breve bi- glietto e lo posa sul tavolo, in modo che si veda. Ora si alza e va a una sedia dov'è un paniere per i panni sporchi pieno di panni lavati ma ancora da stirare. Arrotolata sul tutto c'è una corda per stendere i panni. Eva torna al tavolo. Jane che emerge per prendere dell'altra acqua la nota)

                   Mette a posto il bucato? Ma lei è una forza della natura. È peggio di me. (Torna al forno e si rimette a cantare)

                            (Eva comincia a tirar fuori dal paniere la corda per stendere i panni. Ne trova una estremità e ne ricava un cappio rudimentale. Ne saggia l'efficacia su di un polso e, soddisfatta, svolge il resto della corda dal paniere. Ogni trenta centimetri o giù di lì c'è una molletta di plastica, che toglie)

                   Forse comincio a vedere la fine del tunnel. Perlomeno credo di essere arrivata al metallo, che è già qualcosa. Qua dentro ci sono almeno sette strati.

                            (Eva si imbatte in un paio di mutande e in due paia di calzini ancora appesi alla corda. Li toglie e li rimette nel paniere)

                   Al fondo c'è appiccicato qualcosa che sembra cemento. Non è che per caso avete mangiato cemento a cena ultimamente?

                            (ride)

                            (Eva adesso è in piedi con in mano la corda per stendere i panni e guarda il soffitto. Ci sono due fili per appenderci dei lumi e i suoi occhi si posano su quello che pende direttamente sul tavolo. Va alla porta, fa scattare un interruttore e questo lume si spegne)

                   Uau! Dov'era Mosè quando...? Che è successo? Si è ful-minata una lampadina, eh? La facciamo sistemare da Sidney appena torna. Così non se ne sta con le mani in mano. (Torna al forno, cambiando l’arietta che canta in qualcosa di appropriato, come “Dancing in the Dark")

                            (Eva sale prima su di una sedia e quindi sul tavolo, sempre con la corda in mano. Svita la lampadina con e il paralume dalla presa e li posa sul tavolo ai suoi piedi. Sta cominciando a sbadigliare con frequenza sempre maggiore: è evidentemente l’effetto dei sonni-feri. Ondeggiando un poco, comincia a legare la cor-da al filo sopra la presa. L’operazione si rivela dif-ficile per via di un grande eccesso di corda disponi-bile. Alla fine riesce a mettere insieme un nodo che circonda sia pure abbondantemente il portalampada. Tira delicatamente la corda… che tiene. Riprova. La corda rimane nella posizione di prima. Per essere proprio sicura prova a darle un terzo strattone. La coda scivola lungo il filo fino al portalampada e lo stacca di netto dal filo. Il portalampada cade sonoramente sul tavolo e Eva rimane con la corda stretta in mano. Rimane lì ondeggiando in modo sempre più evidente, ora, con una lieve espressione di disperazione sul viso)

                            (Entra Ronald. Dietro di lui sentiamo Lottie Potter e più lontano il latrato di un cane)

RONALD   - E allora, come sta la nostra piccola invalida... (Vedendo Eva) Oh buon Dio. (corre avanti e raddrizza Eva) Ma cara bambina, che diavolo ci fai quassù?

JANE         - (emergendo dal forno) No, no. Quella è una forza della natura, sa. (Va a aiutare Ronald a far scendere Eva dal tavolo e a metterla a sedere su di una sedia) Non riesce a stare ferma un momento. (Con rimprovero, a Eva)Sciocchi-na, si poteva far male lì sopra.

                            (Ronald avvolge la fune che è attorcigliata al polso dEVA e gliela lascia in mano)

RONALD   - Meno male che...

JANE         - Davvero.

RONALD   - Ma dico. Che cercava di fare?

JANE         - Si è fulminata la lampadina.

RONALD   - (guardando in su) Eh già. Beh, lo potevi chiedere a me, sai. Non sono un granché con le mani ma fino a cambiare una lampadina ci arrivo.

                            (Entra Sidney con una grande borsa piena di attrezzi. Dietro di lui sentiamo la risata di Lottie e il latrato di un cane)

SIDNEY     - Rieccoci qua. Ho portato tutto, hai visto mai. Tutto meno lo scarico della cucina, che peraltro è già qui, vero? (ride)

RONALD   - Eh? Ah, sì, buona questa.

JANE         - (divertita) Meno lo scarico della cucina. Ma sentilo.

SIDNEY     - (notando la luce spenta) Ehi, ehi. Altri inconvenienti? (Posa la borsa con gli attrezzi accanto al lavello)

RONALD   - Niente di grave. Solo una lampadina fulminata.

SIDNEY     - È più della sola lampadina, a vedere da qui. È partito tutto il portalampada.

RONALD   - Dio ci salvi tutti quanti. Ma è vero. Guarda lì.

SIDNEY     - Ci sono rimasti solo i fili.

RONALD   - Eh già. È partito tutto il coso.

JANE         - Solo i fili ci sono rimasti?

SIDNEY     - Non ha per niente un bell'aspetto.

RONALD   - No.

SIDNEY     - Se uno ci andasse a intruppare così com'è…

RONALD   - Sì..

SIDNEY     - Si potrebbe finire con un corto-circuito o con un incendio... RONALD   - Se va bene, Jane. Se va bene.

SIDNEY     - Voglio dire, basta entrare diciamo portando una scala di alluminio e toccare per caso quei fili. L'elettricità entrerebbe immediatamente nella scala e ti finirebbe addosso. Divente-resti la terra. E allora buonanotte al secchio.

RONALD   - Anche se entrasse un tipo molto alto con in testa un casco di alluminio. (Ride)

SIDNEY     - È vero, è vero. Non è molto probabile. Ma è vero.

JANE         - Meno male che non siamo in tempo di guerra.

SIDNEY     - Eh, sì. In certi casi un tocco solo potrebbe essere fatale.

RONALD   - Forse sarebbe meglio aggiustarlo.

SIDNEY     - Direi proprio. Ci vuole provare lei?

RONALD   - Beh... non so. Per me forse è un po’ troppo tecnico.

SIDNEY     - Macché. È semplicissimo. Una cosa da nulla. Guardi lì, ci sono due fili che scendono... Adesso le faccio uno schema.

                            (Tira fuori di nuovo la sua matita e cercando un foglio di carta prende il biglietto in cuEVA annuncia il proprio suicidio. Guardandolo senza badarci)

                   Niente di importante, vero? (Senza aspettare risposta, lo gira e comincia a disegnare}

                            (Eva lo fissa... affascinata)

RONALD - Oh, beh, sembra... abbastanza semplice. (Ma rimane dubbioso)

SIDNEY     - Bene. Ora le dò un cacciavite e io intanto mi dò da fare col lavello. (Aprendo la sacca degli attrezzi) Allora, vediamo cosa le serve. Che abbiamo qua dentro? (Fruga fra gli attrezzi, prendendo un cacciavite e una presa di ricambio)

RONALD   - Accidenti, che campionario.

SIDNEY     - Sono solo gli attrezzi che tengo in macchina.

RONALD   - Tutti per la macchina? Non sarà venuto il momento di cambiarIa?

                            (Durante quanto sopra Eva sale lentamente in piedi sulla sua sedia. Monta sul tavolo e si sporge con ambo le mani verso i fili nudi. Jane, che è tornata al suo forno, si volta appena in tempo per vederla)

JANE         - Attenti!

SIDNEY     - Ehi, ehi...

RONALD   - Ohibò!

                            (Tutti e tre corrono ad afferrare Eva e a tirarla di nuovo giù sulla sedia)

SIDNEY     - Ci può essere la corrente.

RONALD   - Già. (Una riflessione) Davvero?

SIDNEY     - Sì.

RONALD   - E come facciamo a essere sicuri che non ci sia?

SIDNEY     - Si controllano gli interruttori.

RONALD   - Beh, non le pare il caso di farlo? Voglio dire, sono poi io quello che...

SIDNEY     - (dirigendosi alla porta) Ma certo, prima sempre controllare gli interruttori.

                   (Sidney gioca con tutti e due gli interruttori, facendo piombare la stanza nel buio un paio di volte)

JANE         - (durante questo, essendo restata accanto a Eva) Questa ha una santa che la protegge. Prima arriva il dottore...

RONALD   - La metterà a posto lui.

JANE         - Speriamo.

SIDNEY     - (terminando il controllo) Sì, tutto a posto. (si toglie la giacca e la mette sullo schienale di una sedia)

RONALD   - Ah.

SIDNEY     - Almeno, dovrebbe essere a posto. Basta che non abbiano montato l'interruttore alla rovescia.

RONALD   - E come facciamo a saperlo?

SIDNEY     - Se ne accorgerà subito, stia tranquillo. (Ride sonoramente)

JANE         - (non meno divertita) Se ne accorgerà subito...

                            (Ronald si diverte meno)

SIDNEY     - Allora, pronti? Si parte.

RONALD   - (guardando la luce) Sì.

SIDNEY     - Ognun per sè. (Inizia le operazioni sotto al lavello)

JANE         - E Dio per tutti. (Torna al forno)

                            (Si preparano ai loro vari compiti)

                   Sta venendo un capolavoro.

SIDNEY     - Bisognerebbe chiamare qui anche... ehm... Marion? E

                   trovarle qualcosa da fare.

RONALD   - (togliendo gli oggetti dal tavolo) No... no. Non credo che darebbe un gran contributo. Probabilmente si trova meglio con i Potter. Per dire tutta la verità è un po'... sul bicchiere. Non so se mi spiego.

SIDNEY     - Ah, beh. Dopotutto è Natale.

JANE         - Se neanche a Natale...

SIDNEY     - Semel in un anno…

RONALD   - Beh, non è proprio il caso di mia moglie. Da noi le feste capitano più spesso. Diciamo ogni tre o quattro giorni.

SIDNEY     - (Sotto il lavel1o) Ah, ah! Se mi vuoi dare del filo da torcere, dillo subito. È da quando ti hanno verniciato che non ti apre più nessuno, eh?

                            (Sidney si dà da fare rumorosamente sotto il lavello. Jane continua a strofinare allegramente. Ronald comincia anche lui, ritto in piedi sul tavolo e sull’ulti-mo biglietto dEVA. Attacca il lavoro con particolare lentezza e con molti ripensamenti. Non è evidente-mente troppo portato per l'elettronica. Durante tutto ciò Eva tenta di recuperare il suo biglietto di sotto i piedi dRONALD. Il biglietto si strappa. Eva ne scrive rapidamente un altro)

RONALD   - Sarà contento dell'annata, immagino.

SIDNEY     - Prego?

RONALD   - L'anno le è andato bene. Deve essere contento.

SIDNEY     - Oh, sì. Ho fatto qualche centro. Qualche colpetto fortunato.

RONALD   - Direi proprio.

SIDNEY     - Insomma non mi posso lamentare.

JANE         - No. Non ti puoi lamentare.

SIDNEY     - Per fortuna poi c'è lei che veglia sui nostri soldi, eh? (Ride)

RONALD   - Oh, sì. Certo.

                            (Lavorano. Sidney fischietta. Ronald canterella a bocca chiusa. Jane canta. Ogni tanto i lavoratori interrompono le rispettive melodie per emettere quei suoni che di solito si emettono quando si è alle prese con oggetti inanimati. “Su, bello… Fermo così ancora un attimo… ecco, da bravo, ci siamo, ecc.” Durante questo Eva, che ha terminato il suo biglietto, vede la borsa con gli attrezzi di Sidney. Non vista dagli altri, va alla borsa e ne toglie un barattolo di solvente dall’aspetto micidiale. Prende anche un martello e un chiodo. Inchioda il suo ultimo biglietto al tavolo col martello che quindi lascia sul tavolo. Rivolgendo l'at-tenzione al solvente cerca di aprire il barattolo. Il coperchio non viene. Lotta invano e infine va alla porta della stanza con l'intenzione dl usarla come grimaldello. In questo momento entra Marion. Eva viene spinta dietro la porta, e quando questa si richiude. Si aggrappa alla maniglia e cade in terra. Mentre la porta è aperta il cane abbaia e sentiamo voci stentoree)

MARION   - (con in mano una bottiglia di gin e un bicchiere) Ehi, dico… è successa una cosa spaventosa.

RONALD   - (nello sforzo di concentrarsi) Sì?

MARION   - Mamma santissima! Come vi state dando da fare tutti quanti! Tesoro, e tu che ci fai lassù?

                            (Eva cerca di aprire il barattolo con lo sportello del ripostiglio)

RONALD   - Oh, solo un lavoretto elettrico. Una cosina da nulla... (Ride)

SIDNEY     - Una cosina da nulla. (Ride)

JANE         - Una cosina da nulla. (Ride)

SIDNEY     - Buona questa... buona davvero..

MARION   - Sì, molto divertente, tesoro. Adesso però scendi per favore prima di farci saltare in aria tutti quanti. Tu di quelle cose lì non ne sai un tubo.

RONALD   - Non è detto...

MARION   - Non ne sai un tubo.

RONALD   - E quel lume a forma di bottiglia che aggiustai con un tappo, non te lo ricordi più?

MARION   - Come no. Mentre ammiravamo il tuo capolavoro il paralume prese fuoco.

                            (Eva va a prendere un cacciavite dalla borsa degli attrezzi)

RONALD   - (irritato) Sì ma la colpa fu tutta di quel maledetto paralume.

MARION   - Per poco non morii. Quell'ordigno era una trappola mortale. L'ho dovuto regalare all'asta benefica dei Giovani Esploratori.

SIDNEY     - Cosa c'era che non andava?

MARION   - Era come una scultura moderna. Fili nudi che sbucavano dai punti più impensati.

                            (Eva si va a sedere in un angolo)

SIDNEY     - No, voglio dire adesso, quando è entrata.

MARION   - Ah, sì. Che c'era? Qualcosa di spaventevole. (Ricorda)Ecco. Giusto, ero in cerca di aiuto. Il cane...

JANE         - George?

MARION   - Si chiama così... Beh, ha appena morso quel Potter, alla gamba.

JANE         - Santo cielo.

MARION   - Brutta storia. Gli ha lacerato i calzoni. Naturalmente era tutta colpa sua. Voglio dire, non ha smesso un momento di fare il cordialone con quella povera bestia, lo ha eccitato fino a fargli venire la bava alla bocca: Alla fine il cane non capiva più nemmeno dov'era.

JANE         - Maria Vergine. E i Potter...?

SIDNEY     - Già, e i Potter? Che fanno adesso?

MARION   - Beh, io credo che pensino di tornare a casa. Se non l'hanno già fatto. A quanto pare pensano che lui potrebbe aver bisogno di un anti-qualcosa.

SIDNEY     - Rabbia.

MARION   - Probabile. Dò un'occhiata. (Apre la porta – Silenzio - Forte) Ehi, dico. C'è nessuno? (Un ringhio sommesso) Oh Dio.

RONALD   - Che succede?

MARION   - Se ne sta rannicchiato sulla soglia. Mastica una scarpa con un'aria terribilmente minacciosa.

RONALD   - Davvero?

MARION   - Non credo mica che ci 1ascerà passare.

RONALD   - (prendendo il barattolo di cibo per cani e andando cauto verso il soggiorno) Vedrai che non ha niente, deve solo calmarsi. Ehi, da bravo. Ciao. Fai il bravo.

                            (Un ringhio. Ronald ritorna. chiude la porta e torna al suo lavoro)

                   No, beh, quando sono così è meglio lasciarli in pace. È solo un po' eccitato.

SIDNEY     - Sì, però quando hanno visto il sangue...

JANE         - L'alsaziano del vecchio signor Allsop...

SIDNEY     - Già.

MARION   - Sì. Beh, meno male che mi ero portata dietro la bottiglia. Rincuoriamo i lavoratori. E l’invalida. Come sta"!

RONALD   - Molto annebbiata.

MARION   - (guardandola) Accidenti. È vero. Ha un colorito che fa spavento. Come ti senti?

JANE         - Secondo me non si rende conto che siamo qui.

MARION   - Pronto. Ehi, di casa... (Nessuna reazione) Ha ragione. È completamente partita. Poveretta. E va bene. Qualcuno vuole bere?

JANE         - Fra un attimo. Ho quasi finito.

MARION   - Brava. (Stuzzicando Sidney con la hamba) E lei?

SIDNEY     - Fra un minuto. Ancora un minuto.

RONALD   - Tesoro. Io non ne berrei tanta, di quella roba.

MARION   - Oh, Ronnie, non essere così meschino. Dico davvero, è di una tale meschineria. È totalmente incapace di godersi una festa.

RNALD      - No, io dico solo che...

MARION   - Beh, io e Eva uno ce lo facciamo, vero, Eva?

                            (Marion riempie due bicchieri)

SIDNEY     - (da sotto il lavello) Ah!

JANE         - Tutto a posto?

SIDNEY     - Ce l'ho fatta.

JANE         - Oh, bravo.

MARION   - Ce l'ha fatta a fare che?

                            (Eva finalmente toglie il coperchio del solvente e sta per berlo)

SIDNEY     - È stata una lotta senza quartiere. Ma ce l'ho fatta. Adesso il grande interrogativo è, riuscirò a rimettermi in piedi?

MARION   - Eva, cara, bevi questo adesso. (Mette il bicchiere in mano a Eva, togliendole il barattolo di solvente) Ti farà molto me-glio di tutte le pillole di questo mondo. (Posa il solvente sul piano di scolo)

RONALD   - Marion, veramente, io non credo che sia il caso...

MARION   - (colpendolo sul piede con la bottigla di gin) Oh, Ronnie, perchè non ti stai zitto!

RONALD   - Ahi!

MARION   - (a Eva, in tono confidenziale) Non ci crederesti mai, ma una volta era un giovane pieno di vita. Non si direbbe a vederlo adesso, vero?

                            (Marion riempie di gin il bicchiere dEVA che nel suo stato di totale passività è costretta a ingerirne un po')

SIDNEY     - (emergendo da sotto il lavello) Beh, a questo punto una pausa ci vuole. Ho sentito bene? Qualcuno parlava di bevande?

MARION   - (spingendo la bottiglia verso di lu!) Si serva.

SIDNEY     - Grazie.

JANE         - Credo che di più non posso fare. È un po' migliorato.

MARION   - (andando alla cucina) Ehi, ma guardate, è stupendo. Che forno meraviglioso.

SIDNEY     - Brava. Bel lavoro.

JANE         - C'è una bella differenza da prima. (Prende le bacinella d'acqua e la porta al lavello)

RONALD   - (che è in difficoltà) Ah...

SIDNEY     - Che notizie dalla centrale elettrica?

RONALD   - (borbottando) Maledizione. È un pasticcio.

SIDNEY     - (vedendo Jane) Ehi! Non la versare adesso!

JANE         - Oh! Mi ero distratta.

SIDNEY     - Avresti avuto un gran successo. (Posa la bottlglia del gin sul tavolo)

JANE         - Avrei avuto un gran successo.

MARION   - Beh, io adesso mi piazzo qui e non mi muovo più fino a domattina. Voglio dedicarmi alla contemplazione di questo forno. Dichiaro che questa donna è anche superiore alla nostra, signor Minns. Non trovi anche tu, tesoro?

RONALD   - Chiunque è superiore alla nostra signora Minns.

MARION   - Ma è piena di buona volontà. Se vedeste la nostra signora Minns. È una cara vecchietta. Praticamente non ci vede più e viene solo due ore al giorno e come se ne va passiamo il resto della giornata a pulire dove è passata lei. Però ha un cuore d'oro purissimo.

RONALD   - Praticamente tutto pagato da noi.

SIDNEY     - Alla salute. Buon Natale a tutti.

MARION   - Buon anno.

JANE         - Sì.

SIDNEY     - Ora che abbiamo finito qui magari. si puo' fare un giochino...

JANE         - Oh, sì...

MARION   - Che razza di giochino ha in mente?

SIDNEY     - I soliti. Un bel gioco da fare tutti quanti. Tanto per riscaldare l'atmosfera.

MARION   - Mi sembra un'idea disgustosa.

SIDNEY     - Ma ci si diverte. Certe volte si fanno certe risate.. .

JANE         - Certe risate...

RONALD   - Maledizione.

SIDNEY     - Che è successo?

RONALD   - Mi è caduto l'affaretto. Guardi un po' se lo vede. Io se lascio qui casco di sotto. Un cosino grande più o meno così.

MARION   - Che affaretto?

RONALD   - Un freschettino.

JANE         - Piccolo, ha detto?

RONALD   - Buon Dio, sì. Piccolo piccolo.

SIDNEY     - Poveri noi.

                            (Si mettono a cercare. Sidney striscia carponi)

JANE         - Può essere rimbalzato dovunque.

MARION   - Che cosa stiamo cercando?

RONALD   - Un fregnettino. Va qua dentro...!

MARION   - Sii più preciso, tesoro. Che cosa è un fregnettino?

JANE         - Ma sì, uno di quei... uno di quei... che buffo, non mi viene la parola.

MARION   - Beh, io mi rifiuto di cercare finché non saprò che cosa stiamo cercando. Potremmo passarci la notte. Guardate que-sto pavimento. Ce ne potrebbero stare a centinaia, di questi fregnettini.

SIDNEY     - (sotto il tavolo) Non lo vedo.

JANE         - Ce l'ho sulla punta della lingua... ah sì, un dado. Un dado piccolo.

MARION   - (cerca accanto al lavello) Ah, bene, un dado. Ora lo sappiamo. Tutti cercano un piccolo dado.

                            (Eva va a sedersi al tavolo)

SIDNEY     - Non avevo mica capito che cercavamo un dado.

JANE         - Perché, non è così?

RONALD   - No. Una vite. Ecco cosa mi serve, una vite.

SIDNEY     - Una vite, sì.

MARION   - Ho capito. Ehi, voialtri, attenzione. Interrompere la ricerca dei dadi. Adesso Ronnie ha deciso che gli serve una vite. Io non vedo niente. Secondo me sarebbe un'ottima idea se accendessimo la luce. Che ve ne pare?

RONALD   - Buona idea.

                            (Marion va all'interruttore)

SIDNEY     - (rendendosi conto troppo tardi) No, quello non lo toc-cherei...

                            (Marion fa scattare l'interruttore)

MARION   - Ecco fatto.

          (Sul tavolo Ronald comincia a vibrare emettendo un gemito sommesso)

SIDNEY     - (alzandosi in piedi) Lo spenga.

JANE         - Tiratelo giù!

MARION   - Tesoro, ma che diavolo stai facendo?

JANE         - (sporgendosi per tirare giù Ronald) Tiratelo giù.

SIDNEY     - No, non toccarlo, è un conduttore vivo. (Va all'interruttore)

                            (Jane lo tocca e si ritrae con uno squittio)

RONALD   - (a denti stretti) Qualcuno lo spenga.

                            (Sidney spegne)

SIDNEY     - Bene. Fine dell'allarme.

                            (Ronald continua a vibrare)

JANE         - Spegnilo, Sidney.

SIDNEY     - Ho spento.

JANE         - Spegnilo!

SIDNEY     - È spento. (calmando Jane) Avanti, tirati su. Aiutami a farlo scendere. Tiriamolo giù.

          (Sidney e Jane aiutano Ronald a scendere dal tavolo e lo guidano a una sedia. Marion li osserva)

MARION   - Dio buono. È stato incredibile...

SIDNEY     - Piano ora.

JANE         - Non si affatichi.

                            (Eva si versa nuovamente da bere)

MAR1ON   - Ogni volta che si impiccia di qualcosa di elettrico finisce sempre nel disastro. Succede immancabilmente. Sta bene?

SIDNEY     - È in stato di choc.

JANE         - E si capisce.

SIDNEY     - Tenerlo seduto al caldo... questo ci vuole. Passami la giacca, Jane. La giacca, la giacca.

MARION   - Ha un'aria stranita... fa spavento.

JANE         - (portando la giacca di Sidney) Ecco.

SIDNEY     - Non basta. Bisogna avvolgerlo tutto, altrimenti...

JANE         - (guardandosi intorno) Non è che ci sia molto qui.

SIDNEY     - Beh, trova qualcosa. Di là. Ci vogliono delle coperte.

JANE         - Sì.

                            (Jane va alla porta mentre Marion si guarda vagamente intorno nella cucina)

SIDNEY     - Calma adesso, vecchio mio. Continui a respirare...

                            (Jane apre la porta. Un ringhio feroce. Jane si rltrae e chiude)

JANE         - È sempre lì.

SIDNEY     - Chi?

JANE         - Il cane.

SIDNEY     - Beh, scavalcalo. È un'emergenza.

JANE         - Io non lo scavalco neamche morta. Scavalcalo tu.

SIDNEY     - Senti, senti.

MARION   - (che ha trovato il paniere del bucato} E questi straccetti assortiti? (Prende un indumento)

SIDNEY     - Che cos'è?

MARION   - Il bucato dell'altra settimana, direi. (Annusa) Sembra abbastanza pulito. Forse è meglio che niente.

SIDNEY     - Sì, è meglio che niente.

MARION   - Sembra asciutto.

JANE         - Meglio che niente.

                            (Fra loro durante quanto segue coprono Ronald con un assortimento di indumenti di bucato maschili e femminili. Alla fine Ronald è più o meno sommerso. Ma continua a tremare)

SIDNEY     - Prima che si può. Svelti, prima che si può.

JANE         - (esaminando una camicia) Questo colletto non le è venuto troppo pulito.

SIDNEY     - Jane, vieni qui.

MARION   - (mostrando una sottoveste) Oh, carina questa. Chissà dove l'ha presa.

SIDNEY     - Non è il momento. Non c'è altro?

MARION   - No. Ci sono ancora solo dei calzini. E delle… mi avete capito.

SIDNEY     - Tutto, pur di tenergli su la temperatura.

MARION   - Oh Dio mio, ma cosa sembra? Ronnie! Lo sa che ho una gran tentazione di telefonare al suo capocassiere. Se lo potesse vedere adesso... (Si mette a ridere)

JANE         - Non credo che stia tanto bene, sapete.

MARION   - Sì, mi dispiace. È solo che non ho mai visto niente di così assurdamente ridicolo.

SIDNEY     - (spingendo una stufetta verso Ronald) Potrei suggerire che Marion se ne stia qui accanto al marito finché non arriva il dottore per la signora Jackson...

JANE         - E li può vedere tutti e due.

SIDNEY     - Precisamente.

JANE         - Meno male che viene il dottore.

SIPNEY     - Sì, beh, intanto tanto vale che finiamo e ce ne torniamo a casa, eh?

MARION   - (sedendosi accanto a Ronald) Non ti va di bere qualcosa, tesoro? Hai un aspetto che fa paura!

JANE         - Meglio che dia una passata in terra.

SIDNEY     - (preparandosi a tornare sotto il lavello) No, cara, non è il caso che tu dia nessuna passata. Non è il momento...

JANE         - Solo dove siamo stati tutti quanti. Se viene il dottore. Ci metto un attimo.

SIDNEY     - E va bene. Datti da fare. Scusa se ho parlato.

JANE         - (andando al ripostiglio) Dove terrà la scopa?

RONALD   - (in tono sforzato) Sapete una cosa? Mi sento strano.

                            (Jane trova la scopa e comincia a sgombrare l'imme-diata  prossimità del tavolo)

MARION   - Beh, spero proprio che non resterai in questo stato per tutto il Natale, tesoro. Dico, domani viene tua madre a colazione e poi abbiamo Edith e i gemelli a Santo Stefano... non ce la farei a affrontarli da sola. Dico sul serio.

JANE         - (a Eva) Scusa, cara. Mi chiedevo se non potessi... (Avvolge la corda, ancora attorcigliata intorno al polso dEVA, e la mette in mano a Eva) Senti una cosa. Perchè non ti metti a sedere qua sopra? Solo per un attimo. Così non ti urto i piedi. (Aiuta Eva a sedersi sul bordo del tavolo)Oh... Issa. Ecco fatto, brava.

SIDNEY     - (scivolando sotto il lavello) Regge?

JANE         - Credo di sì.

                            (Eva sbadiglia)

                   Solo un pochino di stanchezza. Ti abbiamo trascurata fra tante emozioni, vero? Non fa niente. Tu stai lì. Fra poco arriva il dottore. (Spazza sotto il tavolo)

MARION   - Sapete una cosa? Mi comincio a sentire annebbiata anch'io. Spero che non me l'abbia attaccato lei.

JANE         - Spero anch'io. Che Natale, eh?

SIDNEY     - (da sotto il lavello) Come rideremo.

JANE         - (andando a1 lavello e sollevando i piedi di Sidney) Scusa, caro. Che dici?

SIDNEY     - Dico, fra un paio di settimane, ci faremo certe...

                            (Jane versa l'acqua sporca nel lavello)

                   ...risate rievocando questa... aaah!

JANE         - Oh, no.

SIDNEY     - Metti il tappo!

JANE         - (seguendo febbrilmente  la catenella del tappo) Non finisce mai.

SIDNEY     - Metti il tappo!

JANE         - (mettendo il tappo) Scusa.

SIDNEY     - (emergendo da sotto il lavello, la parte superiore del corpo fradicia di acqua sporca) Guarda che hai fatto.

JANE         - Dio come mi dispiace. (Prende uno strofinaccio)

SIDNEY     - Guarda che hai fatto! Cretina!

                            (Lei cerca di asciugarlo con lo strofinaccio)

                   (Colpendola per allontanarla) Ferma! Ferma! Troppo tardi. Guarda questa camicia. Una camicia nuova!

JANE         - Beh, si lava, si lava. La lavo io. È solo grasso del forno.

SIDNEY     - Te lo avevo detto, sì o no? Avevo detto, fai quello che ti pare... ma non versare acqua lì dentro. Te lo avevo detto o no?

JANE         - Non pensavo...

SIDNEY     - Si è capito.

JANE         - Va bene, togliti la camicia e te la...

SIDNEY     - E torno a casa in canottiera, vero?

JANE         - Chi vuoi che se ne accorga.

SIDNEY     - Chiunque. Altrimenti uno che se la metterebbe a fare, la camicia? Se non se ne accorgesse nessuno, ce ne andremmo tutti in giro in canotta.

JANE         - È buio.

SIDNEY     - Non cambiare argomento. Pensa se mi prendessi una polmonite. Voglio vedere come ci resteresti.

JANE         - (fra le 1acrime) Non lo dire neanche per scherzo.

SIDNEY     - Sarebbe una bella lezione, poco ma sicuro.

                            (Jane tira in su col naso. Sidney si dirige alla porta, a

                            gran passi)

                   Poveri noi.

JANE         - (seguendolo) Dove vai?

SIDNEY     - A prendere il cappotto prima di gelare. Dove altro credevi che andassi?

JANE         - Ma Sidney...

                            (Sidney la ignora. Spalancando la porta e uscendo a gran passi. Compieun'uscita piena di dignità. Scoppio di latrati furiosi. Sidney ricompare molto rapidamente e si richiude la porta alle spalle)

SIDNEY     - (a Eva: furibondo) Quel suo cane è un pericolo pubblico. Dovrebbe controllare quella bestia. Non riesco nemmeno a prendere il cappotto. Guardi che così non cì siamo proprio.

                            (Lentamente Eva si distende sul pavimento della cucina, indifferente a tutto)

JANE         - Vieni, mettiti a sedere.

SIDNEY     - A sedere? E perché mai?

JANE         - Geoff starà per tornare.

SIDNEY     - Me lo auguro con tutto il cuore. Non è proprio quello che ci si aspettava. Dico quando ti invitano a bere un bicchiere in pace, facendo due chiacchiere. (gridando nell'orecchio dEVA) È l'ultima volta che accetto l'ospitalità di questa casa.

JANE         - Ssst.

SIDNEY     - Che c'è?

JANE         - Ti sentirà.

SIDNEY     - Che mi senta pure. (Si siede)

JANE         - Ssst. (Si siede)

                            (Una pausa. Sono seduti tutti e quattro. Eva è distesa. Ronald continua ad avere lo sguardo vitreo e a essere scosso da un leggero tremito. Marion è finalmente sopraffatta dall'alcol. Jane ha l'ari estremamente infelice. Sidney in gilet trema)

SIDNEY     - Senza contare che ci stiamo perdendo la TV.

JANE         - Ssst.

                            (Un silenzio. Poi scaturendo dal nulla una voce asson-nata comincia a cantare come in trance. È Eva)

EVA           - (canta) “Alla fiera dell'est - per due soldi - un topolino mio padre comprò." (Pausa. Ripete) “Alla fiera dell'est - per due soldi - un topolino mio padre comprò..."

MARION   - (unendosi a lei) “E venne un gatto - che si mangiò il topo -che al mercato mio padre comprò..."

JANE         - (unendosi alle altre) "E venne un cane - che morse il gatto - che si mangiò il topo - che al mercato mio padre omprò…"

RONALD   - (unendosi anche lui) "E venne un bastone - che picchiò il cane - che morse il gatto - che si mangiò il topo - che al mercato mio padre comprò..."

TUTTI        - “E venne il fuoco - che bruciò il bastone - che picchiò il cane - che morse il gatto - che si mangiò il topo - che al mercato mio padre comprò..."

                            (Eccetera, eccetera. Via via che il numero dei cantanti

                            aumenta, il canto prende sicurezza e vigore. In qualche punto in lontananza George comincia ad ululare. Sempre supina, Eva li dirige sognante con ambo le mani, e da  ultimo col martello. La porta si spalanca. Entra Geoffre di corsa chiamando dietro di sé)

GEOFFREY - Da questa parte, dottore. Venga, presto, la prego...

                            (Improvvisamente Geoffrey si rende conto del suono alle sue spalle. Si volta ancora senza fiato per i quattro piani scalati di corsa. La sua bocca si spalanca ulteriormente alla vista della scena. Il canto continua imperturbabile mentre si fa buio e cala il…)

SIPARIO


ATTO TERZO

                            La cucina dei Brewster-Wright. Natale dell'anno prossimo.

                            I Brewster-Wright abitano in una grande vecchia casa vittoriana e la cucina benché modernizzata entro certi limiti mantiene un bel po’ del cachet della stanza com’era prima. Un lavello, una cucina elettrica (o magari addirittura una fila di fornelli), um frigorifero, una credenza di legno scuro. Un tavolo rotondo e sedie formano l’arredamento principale dellastanza. Sul tavolo c’è un vecchio apparecchio radio. C’è una porta, per metà a vetro smerigliato che dà in in ingresso, e una porta sul giardino.

                            Quando si alza il sipario Ronald viene scoperto seduto in una po1trona accanto al tavolo. Indossa un foulard e una visiera verde. Accanto a lui c’è una stufetta portatile a petrolio. All’altezza del suo gomito c’è una tazza di tè vuota. La radio è accesa e suona molto piano un allegrissimo canto natalizio. Ronald sta leggendo un  libro. È evidente che se lo gode, perché ogni due o tre secondi ridacchia sonoramente fra sé. Questo va avanti per alcuni secondi finchè non si apre la porta dell’ingresso ed entra Eva. Eva indossa una giacca invernale e ha in mano una tazza da tè vuota e un piattino, che posa sul piano di scolo.

RONALD   - Ehi. Salve.

EVA           - Tutto a posto?

RONALD   - Oh, sì. (spegne la radio)

EVA           - Hai abbastanza caldo qui?

RONALD   - Come no. Qui si sta bene. Insomma, non male.

EVA           - Nel resto della casa si gela. Non vi invidio quando andate a letto.

RONALD   - Però in camera di lei è meglio, vero?

EVA           - Beh, ha tre stufe elettriche che vanno a tutto spiano.

RONALD   - Dio mio. Con le bollette che ho pagato questo inverno ci avranno costruito una centrale nuova.

EVA           - Direi che si è fatta un bel nido lassù. È come in stato di ibernazione. Non esce mai?

RONALD   - Solo quando non può farne a meno. È successo che il riscaldamento centrale ha fatto i capricci... in coincidenza con qualche giornata di quelle rigide davvero, come sempre succede, e... di conseguenza lei ha dichiarato che finché non lo aggiustano non mette piede fuori da camera sua.

EVA           - (infilandosi un paio di guanti) E da quanto tempo andate avanti così?

RONALD   - (vago) Oh, non lo so. Due settimane, forse tre.

EVA           - Ma è uno scandalo. Non riesci proprio a farlo aggiustare?

RONALD   - Sì, sì. Ho telefonato un sacco di volte. Ma fino adesso non ho avuto molta fortuna. Sembra che siano sempre a colazione...

EVA           - (togliendosi la giacca e appendendola allo schienale di una sedia) Beh, io non mi rassegnerei. Farei crollare la casa a forza di urla. Alla fine Geoffrey sarebbe costretto a fare qualcosa. (cerca nelle credenze)

RONALD   - Sì, abbiamo avuto un bel po' di guai con questo impianto di riscaldamento. Va sempre in panne. O alla vigilia di Natale, o alla vigilia di Pasqua, o alla vigilia della Pentecoste. Ci riesce sempre. Non capisco il principio sul quale funziona, ma qualunque esso sia ha un forte legame col calendario religioso. (ride) Posso esserti utile?

EVA           - Ha detto che voleva un sandwich. (Posa su di un'asse per il pane un piatto, un coltello, del pane e un vasetto di burro di arachidi)

RONALD   - (guardando l'orologio) Ah, sì. Direi che le spetta, un sandwich.

EVA           - Sto cercando il burro.

RONALD   - Oh, non ti disturbare, ci penso io...

EVA           - Non ti muovere, lascia fare a me. Dove lo tenete il burro?

RONALD   - Sai una cosa, è molto interessante. Non ne ho la benché minima idea. Mrs Minns è riuscita a mantenere il segreto. Forse potremmo buttarci a indovinare. Vediamo un momen-to, il burro... Prova il frigo.

EVA           - Il frigo?

RONALD   - Per mantenerlo morbido. Ci fa più caldo che nella stanza.

EVA           - (guardando nel frigorifero) Centro al primo colpo.

          (Comincia a preparare un sandwich. Togliendosi un guanto)

RONALD   - Ma che ha chiesto? Il burro di arachidi?

EVA           - A quanto pare.

RONALD   - Bontà divina. Da un po' di tempo a questa parte ha una specie di bramosia per quella roba. Per quello e per le palline di formaggio. Molto preoccupante. Non hai visto se si era messa a lavorare a maglia? A fare degli scarpini azzurri, per caso?

EVA           - No. O almeno, non me ne sono accorta.

RONALD   - Beh, Dio sia lodato.

EVA           - In ogni modo di aspetto sta molto meglio dell'ultima volta che l'ho vista.

RONALD   - Davvero? Sì, sì. Beh, si era stancata un po' troppo. penso. Soprattutto questo.

EVA           - Ancora un minuto e Geoff passerà a prendermi. E toglierò il disturbo. Avevo appena saputo di Marion... spero non le sia dispiaciuto...

RONALD   - No, sei stata molto carina a affacciarti. Le hai fatto certa-mente piacere. Non ha mica tante visite, sai. È venuta un momento Lottie Potter. La sua visione ha annullato due settimane di progressi. No, il guaio di Marion è che vive sui nervi. Troppo.

EVA           - Marion?

RONALD   - Altroché. È molto nervosa, è una persona fondamental-mente insicura.

EVA           - Davvero?  

RONALD   - Ti sorprende, eh? Beh, io ho una certa esperienza con lei, a questo punto la conosco benino. Sì, è più calma di una volta. Quando la conobbi era veramente una delle ragazze più eccitabili che uno potesse mai sperare di incontrare. Ma come dico, è molto più calma da quando sta con me. Almeno questo per lei l'ho fatto. Sono stato una specie di sedativo.

EVA           - E non pensi che la colpa di una buona parte dei suoi i problemi sia... il bere?

RONALD   - Il bere? No, onestamente non credo. Le ha sempre fatto piacere un... sì, certo, il dottore ha detto che dovrebbe smettere. Ma solo perchè era uno stimolante. Ultimamente non ha più toccato una goccia.

EVA           - Questa sera sì.

RONALD   - Davvero?

EVA           - Sì.

RONALD   - Beh, mi sorprendi.

EVA           - Ha una bella scorta su in camera.

RONALD   - Ma no? Dici sul serio?

EVA           - Non lo sapevi?

RONALD   - Beh, non è che abbia spesso molti motivi di andare in camera sua in questo periodo. Vedi, a lei piace la sua privacy. E io questo lo rispetto. Non che la cosa non sia reciproca. Neanche lei si presenta troppo di frequente in camera mia. Ragion per cui la cosa funziona in modo abbastanza conveniente. Nel complesso.

EVA           - Ma vi vedete mai?

RONALD   - Sant’Iddio, dopotutto abitiamo ancora nella stessa casa. En-triamo in collisione abbastanza spesso. Non è sempre tran-quillo come adesso, credimi. Durante le vacanze abbiamo i ragazzi. Che fanno un trambusto del diavolo. Non c'è più un momento di quiete. Sono ragazzi, si capisce. Non c'è niente di male... e poi loro stanno quasi sempre fuori... con gli amici.

EVA           - Peccato non siano con voi per il Natale.

RONALD   - Oh, beh, io dico che si esagera molto con questo Natale. Ma a proposito, non vuoi qualcosa da bere? Visto appunto che è Natale.

EVA           - No, non credo.

RONALD   - Dài, fammi compagnia. Uno solo. Per il santo Natale.

EVA           - Beh... e va bene, ma piccolo.

RONALD   - Bene. (Si alza) Affare fatto. Allora sfiderò gli elementi nel tentativo di raggiungere il salotto...

                            (squilla il campanello dell'ingresso)

EVA           - Probabilmente è Geoff.

RONALD   - (aprendo la porta) Allora gli apro. (si blocca) Dio del cielo, ma cosa è quella sul tavolo dell'ingresso? polvere o brina? Torno subito.

                            (Ronald esce. Rimasta sola, Eva contempla la stanza con una certa tristezza. Lascia sul tavolo il sandwich e il piatto. Rimette le altre cose nella credenza, torna al tavolo, si siede e comincia a mangiare il sandwich. Entra Geoffrey, col soprabito addosso)

GEOFFREY - Porco diavolo. Perché non ti sei messa in giardino? fa più caldo lì.

EVA           - Salve.

GEOFFREY – Allora, sei pronta?

EVA           - Il tempo di bere una cosina con Ronnie.

GEOFFREY - Ah. E lei come sta?

EVA           - È sbronza.

GEOFFREY - Dio.

                            (Una pausa. Eva mastica)

EVA           - Com'è andata?

GEOFFREY - Beh...

EVA           - Glielo hai chiesto?

GEOFFREY - Beh...

EVA           - Non glielo hai chiesto.

                            (Geoffrey non risponde)

                   Non glielo hai chiesto, maledizione.

GEOFFREY - È inutile. Io a chiedere soldì alla gente non ci riesco.

                            (Eva emette una risata breve)

                   Mi dispiace.

EVA           - Te li deve. Non gli stai mica chiedendo un piacere. Te

                   li deve.

GEOFFREY - Lo so.

EVA           - E allora.

GEOFFREY - È lo stesso.

EVA           - Oh santa pazienza... E va bene, vuol dire che ci dovrò parlare io. Appena passato Natale. Non ho difficoltà.

GEOFFREY - Non sei obbligata.

EVA           - Beh, tesoro mio, qualcuno lo deve pur fare. Non è così?

                            (La porta si apre. Entra un carrello di bottiglie seguito da Ronald)

IRONALD - Eccoci qua. Arriva la Transiberiana! Accomodatevi. Le vecchie riserve di alcol sembrano alquanto intaccate. Strano però, avevo fatto rifornimento di recente. Probabilmente gli ha dato un colpetto la vecchia signora Minns. Avrà pure qualche piccolo vizio, quella cara donna. Visto che di qualità non ne ha poi tante da. offrire. Allora, Eva. Che prendiamo?

EVA           - Potrei avere un bitter lemon?

RONALD   - Gesù santissimo, niente di più robusto?

EVA           - Non ora.

RONALD   - Beh, se è questo che vuoi... Geoff, e tu?

GEOFFREY - Ma in fondo io vorrei lo stesso, grazie.

RONALD   - Di questo passo voglio proprio vedere come farai a superare il Natale. (Ispezionando il carrello) Bene, a quanto pare è l'unica cosa che non ho portato.

EVA           - Beh, non fa niente. Un'altra cosa.

RONALD   - No, no. Lo prendo, lo prendo. Da qualche parte ce lo abbiamo. (Ronald esce, chiudendo la porta)

EVA           - Insomma, vuoi che ti dia una mano, o non vuoi?

GEOFFREY - Ma sì.

EVA           - E allora perchè non lo dici. Non vado pazza, sai, per il lavoro in quel tuo ufficetto buio. Come datore di lavoro sei tremendo. Fai tardi anché quando ti accompagno io. Ti pren-di degli intervalli per il pranzo di quattro ore e poi pretendi che ti batta a macchina tutte quelle scemenze cominciando alle cinque del pomeriggio.

GEOFFREY - Sono abituato a lavorare così.

EVA           - Nossignore, non con me.

GEOFFREY - Tu sei pagata per questo.

EVA           - Come sarebbe a dire?

GEOFFREY - Senti, se il lavoro non ti piace...

EVA           - Me lo hai chiesto tu di aiutarti. Se poi non dicevi sul serio, è un altro discorso.

GEOFFREY - Beh, sì, dicevo sul serio, ma...

EVA           - E va bene, allora tutto è chiaro. Tu mi hai chiesto di aiutarti. E perdio, io ti aiuto.

GEOFFREY - Va bene, va bene, grazie.

EVA           - Non c'è di che. (Una breve pausa) E non hai intenzione di chiedere quei soldi?

GEOFFREY - No.

EVA           - Anche se ce li devono.

GEOFFREY - No.

EVA           - E non vuoi che li chieda io.

GEOFFREY - No.

EVA           - Benissimo. Vuol dire che dovremo pensare a qualcos'altro.

GEOFFREY - Esatto.

EVA           - Passate le feste chiamo Sidney Hopcroft e parlo con lui.

GEOFFREY - Sidney Hopcroft.

EVA           - Continua a chiedere se la cosa ti interessa.

GEOFFREY - Se credi che voglia farmi coinvolgere in quelle sue squallide speculazioncine...

EVA           - E perché no?

GEOFFREY - Ma hai visto la roba che sta costruendo? La metà dei suoi inquilini ha già chiesto di trasferirsi da un'altra parte, e non si erano ancora istallati.

EVA           - Tesoro, detesto ricordartelo, ma da quando il tetto dello Harrison Building è crollato e per poco non ha ucciso il direttore, Sidney Hopcroft è più o meno la tua unica speranza di continuare a fare l'architetto in questa città.

GEOFFREY - Posso cavarmela senza Sidney Hopcroft, grazie tante.

                            (La porta si apre. Entra Ronald con due bottigliette di bitter lemon)

RONALD   - Eccoci qua. Due bitter lemon molto bitter. (Versa i due bitter lemon e uno scotcb)

EVA           - Grazie.

RONALD   - Io credo che mi farò qualcosa di un po’ più sostanzioso, col vostro permesso. Un po’ più tranquillo del Natale scorso, eh?

GEOFFREY - Come?

RONALD   - Del Natale scorso. Ve lo ricordate? Quando siamo stati da voi.

GEOFFREY - Sì.

EVA           - Sì.

RONALD   - Dio del cielo. Ora ne possiamo ridere. Il vecchio Hopcroft. (ride) E chi se lo dimentica più, il vecchio Hopcroft? Oltre- tutto sta avendo grandi successi. Lo sapevate? Va a gonfie vele. Sembra nato per quella attività. A vederlo non gli daresti un centesimo. Io almeno l'ho sempre trovato un po' squallidotto. E invece... bisogna tenerselo buono. È uno che sta andando forte.

EVA           - Sì.

GEOFFREY - (prendendo il libro di Ronald) È buono questo?

RONALD   - Oh, sì. Sì, ottimo. Molto divertente. Un po'... piccante, qua e là. La signora Minns lo ha trovato sotto il materasso di uno dei ragazzi. Per poco non ci è rimasta sul colpo, poveretta. Bitter lemon.

EVA           - Grazie.

RONALD   - Bitter temono

GEOFFREY - Grazie.

RONALD   - (alzando il bicchiere) Beh, buon Natale. Alla salute. Auguri.

EVA           - Buon Natale.

GEOFFREY - Buon Natale.

RONALD   - (dopo una pausa) Mi dispiace di questi tuoi problemi, Geoff.

GEOFFREY - Che vuoi dire?

RONALD   - Dico, quella faccenda con Harrison. Ho saputo del crollo... Oh, scusa, forse non so dosare le parole. Non so come dire.

GEOFFREY - Non fa niente.

EVA           - Non era mica colpa di Geoff.

RONALD   - Non ne dubito... conoscendo Geoff. Impensabile. Ma quel giornaletto locale certo ha sparato a zero. Una faziosità... io però non ho neanche voluto leggere l'articolo. Come tutti i miei amici, del resto.

EVA           - (dopo una pausa) Solo perchè Geoffrey stava facendo una cosa totalmente nuova, per cambiare...

GEOFFREY - E la banca come va?

RONALD   - Eh, beh. Non siamo ancora andati in rosso. Non per merito mio, si capisce.

                            (Suona un campanello)

GEOFFREY - È l'ingresso?

RONALD   - No. È... camera da letto, per la verità. Non lo abbiamo mai fatto togliere. Può sempre far comodo. Quando i ragazzi hanno la scarlattina, in questo tipo di eventualità.

EVA           - Salgo da lei?

RONALD   - No, no, ci penso io...

EVA           - Ma io ci vado volentieri.

RONALD   - Beh, grazie, sei gentile. Vedrai che non è niente di impor-tante. Vorrà che gli volti le pagine della rivista o qualcosa del genere.

EVA           - Speriamo di no.

RONALD   - Che male c'è, dico io. Finchè lei resta di buon umore.

EVA           - Sì.

                            (Eva esce, chiudendo la porta)

RONALD   - Voglio dire, come possiamo metterci a discutere con una donna? Perdi sempre. Non c'è niente da fare. Oh Dio, non è questo il tuo caso, eh?

GEOFFREY - Come?

RONALD   - Sì, ecco, tu a vederti te la cavi meglio di quasi tutti noialtri.

GEOFFREY - Ah, sì. (Si siede nella poltrona)

IRONALD - Si direbbe che ti sei organizzato abbastanza bene, sul fronte domestico.

GEOFFREY - Si tratta solo di sapere...

RONALD   - Già, ecco il punto, Io non ci sono mai riuscito. Dico, a sapere veramente. Prendi la mia prima moglie, per esempio. A vederla era una donna distinta. Piena di fascino. E sembra-va anche contenta, tutto sommato. E poi un giorno prende e se ne va. Incredibile. Insomma, capisci, all'epoca abitavamo sopra la banca, quindi non è che ci fossero lunghi periodi di lontananza fra noi. E quel giorno salgo come al solito per fare colazione e trovo che come al solito lei mi ha preparato una serie di manicaretti. Sotto quell'aspetto lì non avevo assolutamente niente da ridire. E dico credo le solite cose, ma che meraviglia, brava, ci vediamo stasera. Poi però quando torno su per il tè, è sparita. Beh, diedi un'occhiata in giro per accertarmi che non fosse finita sotto un'auto o che fosse andata per negozi e avesse perso la memoria o qualcosa del genere e poi lei scrisse, dopo qualche tempo, dicendo che non ne poteva più. Insomma fui costretto a farmi una ragione. Passa un altro po' di tempo, mi metto a giocare a tennis per dimenticare, e sposo Marion. Natu-ralmente ora è tutta roba che appartiene al passato. Eppure certe volte la sera non riesco a farne a meno, me ne sto qui e cerco di ricostruire la storia per darle un senso. Insomma, qualcosa dev'essere pur successo. Ma non so cosa. D'altro canto... Acqua passata, eh? Però voglio dire, c'è gente che a quanto pare ci si sa muovere in queste cose, e altra che è meno fortunata.

GEOFFREY - Che si sa muovere in quali cose?

RONALD   - Beh... insomma, in tutte queste storie di donne. Voglio dire, sembrerà ridicolo, ma fino a tutt'oggi io non l'ho mica mai capito davvero che cosa pensano le donne, su qualsiasi cosa. Le donne per me sono un libro chiuso, chiusissimo. Sì, certo, Dio le benedica, senza di loro che faremmo? Però io non le ho mai capite. Insomma, dico, maledizione, un momento tutto va a gonfie vele, e un attimo dopo tutt'a un tratto le vedi come... una giacca vecchia o qualcosa del genere... che ti si disintegra fra le mani. Fiumi di lacrime, vasi sfasciati, mobili buttati in aria. Dio solo lo sa. Fra restauri e arredamento tutte e due le , mie mogli, che Dio le benedica, mi sono costate un

                   patrimonio, Ma insomma. Non potremmo fare a meno di loro, no? Immagino. Ne vuoi un altro?

GEOFFREY - No, grazie.

                            (La porta si apre. Entra Eva. Geoffrey si alza e si rimette a sedere)

EVA           - (avanza rapidamente e chiude la porta) Brrr.

RONALD   - Ah.

EVA           - Mi ero dimenticata la giacca. (Se la mette)

RONALD   - Niente di serio?

EVA           - No. (Inginocchiandosi accanto alla stufa per riscaldarsi) Dice che vuole scendere.

RONALD   - Vuole venire qui? Ti sembra il caso?

EVA           - Dice che vuole bere qualcosa con noi, dal momento che

                   è Natale e siamo qui.

RONALD   - Ah, beh. Sì, è tipico. Farti salire su per dirti che scende giù. Il tuo bicchiere.

EVA           - Grazie.

RONALD   - E come sta quel pazzo del vostro cane? Mangia sempre i vostri ospiti?

GEOFFREY - Ehm... no...

EVA           - No, abbiamo dovuto darlo via.

RONALD   - Ma no, davvero?

EVA           - Sì... cominciava a esagerare... Diventava veramente troppo caro mantenerlo. E poi certi nostri conoscenti che avevano una fattoria... hanno detto che lo prendevano loro.

RONALD   - Ah, ecco. Non lo sapevo. Peccato.

EVA           - Sì, è stata una decisione dolorosa. Ma abbiamo pensato. ...beh...

GEOFFREY - Tu hai pensato, veramente.

EVA           - Tesoro, non ce lo potevamo più permettere.

RONALD   - Beh, almeno per il vecchio Dick Potter è stato un sollievo. Quanti punti gli diedero? Tre, mi pare?

EVA           - Più o meno.

RONALD   - In ogni modo non ha riportato nessuna menomazione permanente. A quest'ora dovrebb'essere quasi in cima a qualche montagna svizzera... Con i nostri due ragazzi saldamente legati dietro. Almeno si spera.

EVA           - Ah, lì sono andatì?

RONALD   - Sì. Avevo sempre sognato di portarceli ìo, un giorno. Vorrai dire che quest'anno non avremo ìl vecchìo Dick a rallegrarci.

GEOFFREY - Peccato.

                            (La porta si apre. Entra veementemente Marion. È in     négligée. Rimane ferma in atteggiamento melodram-matico e tende le braccia)

MARION   - Geoff, tesoro, ma che cari tu e Eva a venirmi a trovare.

GEOFFREY - (alzandosi) Ma figuriamoci.

MARION   - No, non puoi sapere cosa significhi per me. Siete stati veramente tanto, tanto cari.

GEOFFREY - Ma no, stavamo solo...

MARION   - E proprio a Natale, poi. Dio vi benedica per esservi ricordati che era Natale. (Crolla nella poltrona)

RONALD   - Senti, Marion, qui gelerai. Mettiti qualcosa, per l'amor del cielo.

MARION   - Sto benissimo.

RONALD   - Ti prendo il cappotto. Sei appena scesa dal letto.

MARION   - Sto benissimo, tesoro. E non ho intenzione di stare nella mia cucina col cappotto addosso. Nessuno si mette il cappot-to in cucina. Solo i fornitori. Non si è mai visto. Adesso offrimi da bere.

RONALD   - Senti, cara, sai che il dottore ha detto chiaramente...

MARION   - (scattando aspra) Oh, Ronnie, per l'amor di Dio, è Natale. Non fare l'avaraccio come al solito. (Agli altri) È Scrooge redivivo, sapete. Anzi, è peggio di Scrooge. Vi siete accorti che ha spento il riscaldamento?

                            (Dignitosamente, Ronald va al carrello e versa da bere a Marion. Geoffrey siede accanto al tavolo)

                   Dio che bellezza stare in piedi. Quando sei rimasta a letto per un po', sola soletta, senza nessuno con cui parlare, con i tuoi pensieri e basta, cominci a sentirti addosso il tuo mondo che ti schiaccia. Finchè non diventa quasi insopportabile. Te ne stai lì distesa a pensare, oh Dio, come sarebbe andata meglio se appena avessi avuto il buon senso di fare questo e quest'altro... è come stare dentro a una gabbia, piena di odio per te stessa.

EVA           - Conosco questa sensazione.

RONALD   - (dando un bicchiere a Marion) Ecco qua, cara.

MARION   - Alla grazia! È quasi invisibile. Ma c'è qualcosa, qua dentro? No, no, lascia stare. Ci farò un'inalazione. (Rivol-gendosi a Geoffrey e Eva) E voi due come state?

EVA           - Beh, come ti dicevo... non c'è male...

MARION   - Non so che cos'ha il Natale, ma... so che in teoria dovrebb'essere un'occasione di festa e che tutti quanti ci dovremmo divertire... ma poi mi capita di ricordare tutte le cose orribili... le cose orribili che ho detto... tutte le cose orribili che ho fatto e tutte quelle cattiverie che non intendevo... oh Dio, non le intendevo. Perdonatemi, non era intenzionale. (si mette a piangere)

RONALD   - Senti, tesoro, perchè non cerchi di metterti un po' di buon umore? Fai uno sforzo.

MARION   - (con ferocia) Mettermi di buon umore? E come accidenti dovrei fare, per... mettermi di buon umore?

EVA           - Marion, cara...

MARION   - Come può essere così crudele, qualcosa? Come può esserci qualcosa di così crudele?

RONALD   - (a Geoffrey) Ecco la dimostrazione di quello che dicevo. Che dovrei fare a questo punto? È chiaro che ho detto qualcosa che l'ha sconvolta. Ma cosa? Spiegamelo tu, per favore.

MARION   - (attirando a sé Geoffrey) Geoff... Geoff... Geoff... lo sai, Geoff, che sono stata molto bella? Sono stata una donna molto, molto bella. La gente per strada mi guardava e diceva, "Mio Dio, guarda che bella donna, che bella donna." Facevano miglia e miglia solo per fotografarmi...

RONALD   - Marion.

MARION   - Sì, dico, chi la vorrebbe la mia foto ora? Qualcuno vuole la mia foto ora? Ma no, si capisce. Nessuno la vuole, la mia foto, ora. A qualcuno puo' venire in mente qualcuno che possa volere una mia foto ora? Per favore, qualcuno si faccia avanti. Qualcuno chieda una mia foto, ve ne prego.

RONALD   - (esplode) Marion! La tua foto non la vuole proprio nessuno. E adesso stai un po' zitta.

                            (Silenzio. Geoffrey e Eva sono esterrefatti. Rona1d si toglie la visiera e si aggiusta il foulard)

(È il primo a riprendersi) Allora. Che stavamo dicendo? (Suona il campanello dell'ingresso)

EVA           - (dopo una pausa) Il campanello.

RONALD   - È un po' tardi per un campanello, no?

                            (Rimangono seduti. Il campanello squilla di nuovo)

EVA           - Vado a vedere chi è?

RONALD   - Sì, vai. Dài un'occhiata dallo spioncino. Se non ti piacciono non gli aprire.

EVA           - D'accordo.

                            (Eva va in ingresso)

RONALD   - Non so proprio chi possa andare in giro a suonare campanelli a quest'ora di notte.

GEOFFREY - I bambini coi canti natalizi?

RONALD   - Non a quest'ora. E poi qui da noi non ci vengono quasi mai. Marion li fa entrare per forza, insiste per dargli la minestra e i biscotti di cioccolata come se stessero tutti morendo di fame. Fece venire il mal di pancia ai figli di quelli della porta accanto, e ci dovemmo litigare.

                            (Eva entra. Nello stesso momento il campanello squilla ancora. Eva si chiude le porta alle spalle)

EVA           - Non ne sono proprio sicura, ma assomigliavano preoccu-pantemente agli Hopcroft. Vuoi farli entrare?

RONALD   - Oh, Dio, mica tanto.

GEOFFREY - Ci mancherebbe altro.

RONALD   - Se non facciamo rumore se ne andranno.

EVA           - In ingresso c'è la luce accesa.

RONALD   - Non vorrebbe dire. Tutti lasciano sempre la luce dell'ingresso accesa, per i ladri. Non so chi glielo fa fare. Sì, dico, quante famiglie ci saranno che passano la serata in ingresso lasciando il resto della casa nel buio?

GEOFFREY - Se li conosco, gli Hopcroft non si arrenderanno facilmente. Faranno il giro della casa.

MARION   - Perché non vai in ingresso e gridi "Andatevene” attraverso la buca delle lettere?

RONALD   - Perchè si dà il caso che abbiano un grosso deposito nella mia banca.

                            (Il campanello squilla)

EVA           - Ci hanno sentiti dall'odore.

RONALD   - Potremmo fare un compromesso e spengere le luci qua dentro. Così, per prudenza. (Andando alla porta) Tutti fer-mi, nessuno si muova. (Accanto all'interruttore) Pronti? Via.

                            (La stanza piomba nel buio. Solo due fasci di luce... uno dalla porta e uno dalla finestra)

                   Ora se riusciamo a stare tutti assolutamente immobili, non potranno mai... ahi! (Investe Eva, che emette un grido) Chiedo mille volte scusa. Perdono. Ti ho preso nella...?

EVA           - Tutto a posto.

GEOFFREY - Ssst.

RONALD   - Vorrei tanto sapere dove sono.

GEOFFREY - Non ti muovere. Credo che qualcuno stia facendo il giro della casa.

EVA           - Ssst.

                            (Marion si mette a ridacchiare)

RONALD   - Marion. Zitta.

MARION   - Scusa se tutt'a un tratto ho visto il lato comico di questa...

GEOFFREY - Ssst.

                            (Sidney e Jane compaiono alla porta posteriore. Indossano cappellini da festa, hanno qualche stella filante sui soprabiti, hanno anche ingerito qualche bevanda in più rispetto alle loro abitudini. In mano hanno una sporta piena di regalini. Premono entram-bi il viso contro la porta posteriore sforzandosi di vedere dentro)

MARION   - Sono loro.

GEOFFREY - Ssst.

                            (Pausa)

RONALD   - Io dico...

EVA           - Cosa?

RONALD   - Ho la spiacevole sensazione di non aver chiuso a chiave la porta di dietro.

MARION   - Oh, no...

                            (Geoffrey e Eva si nascondono davanti alla tavola. Ronald si infila in un angolo accanto alla finestra. La porta posteriore si apre lentamente)

SIDNEY     - Ehi, di casa...

JANE         - (ghe rilutta a entrare) Sidney...

SIDNEY     - Vieni.

JANE         - Ma non c'è nessuno.

SIDNEY     - La porta era aperta, sì o no? Certo che c'è qualcuno. Saranno di sopra.

JANE         - Ma Sìdney, potrebbero...

SIDNEY     - Senti, mi fai il piacere di smettere di contraddirmi questa sera? Non ti ho ancora perdonato quell'uscita alla festa. Co-me hai fatto a buttare in terra un vassoio di zuppa inglese?

JANE         - Però dopo non ho pulito, Sidney, non ho pulito.

SIDNEY     - Infatti. Sei restata lì con quel porcaio sotto i piedi. Per farti vedere bene da tutti.

JANE         - Beh, cosa...

SIDNEY     - Te l'ho già detto mille volte. Se sei a una cena in piedi e ti casca qualcosa, non resti lì ferma. Ti allontani facendo finta di niente. Vieni avanti ora.

JANE         - Non ci vedo.

SIDNEY     - Aspetta che trovo la luce.

                            (Una pausa. Sidney attraversa la stanza. Geoffrey e Eva strisciano alla credenza. La luce viene accesa. Sidney e Jane si trovano davanti alle due porte oppo-ste. Gli altri quattro sono paralizzati in varie posizio-ni assurde, evidentemente colti mentre si cercavano un nascondiglio. Jane emette un breve squittio allar-mato. Una lunga pausa)

MARION   - (alla fine) Bu-settete.

SIDNEY     - Santo cielo.

RONALD   - (come vedendoli per la prima volta) Ah, salve. Siete voi.

SIDNEY     - Beh, devo dire che ce l'avete fatta. Ce l'hanno fatta, eh?

JANE         - Sì, ce l'hanno fatta.

SIDNEY     - Ci avete fatto uno scherzo.

TUTTI        - Sì.

EVA           - Sì, vi volevamo fare uno scherzo.

SIDNEY     - Ci siamo cascati in pieno. Come due polli. Beh, buon Natale a tutti.

TUTTI        - (incerti, separatamente) Buon Natale.

SIDNEY     - (dopo una pausa) Bene.

JANE         - Bene. (Una pausa)

RONALD   - Prendete qualcosa? Giacché siete qui.

SIDNEY     - Oh, grazie.

JANE         - Grazie mille.

RONALD   - Bene. Allora, che vi do? (Va al carrello)

SIDNEY     - Uno sherry, per favore.

JANE         - Sì, uno sherry.

SIDNEY     - Sì. Meglio restare sullo sherry.

RONALD   - Sherry... (Comincia a versarlo)

SIDNEY     - Scusate la sorpresa.

MARION   - Non c'è di che.

SIDNEY     - Sapevamo che eravate qua dentro.

RONALD   - E come?

SIDNEY     - Abbiamo visto la macchina.

JANE         - La vostra macchina.

RONALD   - Ah. Sì.

                            (Una pausa. Sidney soffia in una trombetta)

EVA           - Venite da una festa?

SIDNEY     - Sì.

JANE         - Sì.

GEOFFREY - Ne avete tutta l'aria.

SIDNEY     - Sì. Su da Walter. Walter Harrison.

RONALD   - Ah... il vecchio Harrison.

SIDNEY     - Ah, lo conosce anche lei.

RONALD   - Oh, sì.

GEOFFREY - Sì.

SIDNEY     - (a Geoffrey) Ma sì, certo. Chiedere a te se conosci il vec-chio Harrison. Se non lo conosci tu, il vecchio Harrison... lui certo non ti ha dimenticato. Anzi, proprio stasera diceva...

RONALD   - Due sherry.

SIDNEY     - Oh, grazie.

JANE         - Grazie mille.

SIDNEY     - Auguri. Buona fine e buon principio.

RONALD   - Già. Grazie.

                            (Una pausa)

SIDNEY     - Che casa. Bellissima.

MARION   - Le piace? Grazie.

SIDNEY     - No. Quella del vecchio Harrison. Che posto.

JANE         - Una meraviglia.

RONALD   - Non sapevo che lo conoscesse.

SIDNEY     - Beh, non voglio darmi arie. La ragione per cui siamo andati era metà per piacere, e metà... beh, ho detto anche troppo. Mi spiego? Tu mi dài una cosa a me e io ti dò una cosa a te.

RONALD   - Ah.

                            (Una pausa)

JANE         - (Molto, molto piano) Sidney.

SIDNEY     - Eh?

JANE         - (sillabando con la bocca e indicando la sporta) I loro regali.

SIDNEY     - Che c'è? (Si guarda la patta dei calzoni)

JANE         - (continuando a sillabare e a mimare) Glieli diamo ora, i regali?

SIDNEY     - Sì, sì, certo. Li abbiamo portati per questo.

JANE         - Vi abbiamo portato un regalo.

SIDNEY     - Una sciocchezzuola natalizia.

RONALD   - Oh.

MARION   - Ah.

EVA           - Grazie.

JANE         - (a Eva) No, temo che a lei e a suo marito non abbiamo portato niente. È che non sapevamo di trovarvi qui.

SIDNEY     - Mi dispiace.

EVA           - Ma non fa niente.

GEOFFREY - Non si preoccupi.

JANE         - Gli possiamo dare il mmmmm. Hai capito? Quello che ci

                   hanno dato stasera.

SIDNEY     - Che cosa?

JANE         - Hai capito, il mmmmm. Quello che era nel coso.

SIDNEY     - Eh? Quello? Non va bene per loro.

JANE         - No, io dicevo per il mmmmm. Hai capito? Il mmmmmm. SIDNEY        - Beh, se vuoi. Avanti. Dài i regali a Ron e a Marion. Non

                   vedono l'ora di aprirli.

RONALD   - Davvero.

MARION   - Che emozione.

JANE         - (frugando nella sporta e consultando i cartellini sui vari pacchi) Ecco, questo è per Ronald. (Legge) A Ron con tutto l'affetto di Sidney e Jane.

SIDNEY     - (Porgendo il regalo a Ronald) È per lei.

RONALD   - Grazie. (Lo scarta)

JANE         - Ma che cos'è questo?

SIDNEY     - È quello per Marion?

JANE         - No, è per la zia Gloria da parte di noi due. (Rimettendosi a frugare) Ecco qua. A Marion con tutto l'affetto di Sidney e Jane.

SIDNEY     - È per te. (Consegna a Marion il suo regalo)

MARION   - Che meraviglia! (A Ronald) Che hai avuto tu, tesoro?

RONALD   - (contempla il suo regalo, perplesso) Ah, sì. Molto utile. Grazie infinite.

MARION   - Ma che diavolo è?

RONALD   - Beh, è... (tirando a indovinare) ...sembra un bellissimo assortimento di puliscipipa.

JANE         - Oh, no.

SIDNEY     - No, non sono puliscipipa.

RONALD   - Davvero?

SIDNEY     - Ma no, figuriamoci.

RONALD   - Ah! Che sciocco. Mi parevan proprio, per un momento. Da un certo angolo.

SIDNEY     - Lo saprà che cosa sono questi. È una serie di cacciavite.

JANE         - Una serie di cacciavite.

SIDNEY     - Da elettricista.

JANE         - Li dovrebbe conoscere, no?

                            (Sidney e Jane ridono. Marion apre il suo regalo)

MARION   - (con un grido di gioia) Ma guarda! È una fantastica bottiglia di gin. Ma che gentili!

RONALD   - Oh mio Dio.

SIDNEY     - Un po' di spirito natalizio.

MARION   - Meraviglioso. Bevendolo penserò a voi.

JANE         - (continuando a frugare) Ai ragazzi con l'affetto di Sidney e Jane. (Estrae due giocattoli di lana abbastanza orribili - ed evidentemente inadatti)

SIDNEY     - Carini, vero?

JANE         - Da mettere nella calza, così li trovano la mattina.

MARION   - Incantevoli.

RONALD   - Chissà quanto gli piaceranno...

SIDNEY     - Tutto qua?

JANE         - No. Sto solo cercando il mmmmmm.

SIDNEY     - Beh, sarà in fondo da qualche parte, immagino.

JANE         - L'ho trovato. Non è niente di speciale. Veramente l'abbia-mo trovato dentro a un cracker, questa sera. Lo volevamo tenere per il nostro pappagallino ma abbiamo pensato che poteva piacere al... vostro George. Per il suo collare. (Mostra un campanellino appeso a un nastro)

EVA           - Oh.

SIDNEY     - Così saprete sempre dov’è.

JANE         - Come se ci fosse bisogno.

                            (Sidney abbaia giovia1e e gli porge il campanello)

SIDNEY     - Bau, bau!

EVA           - Grazie.

SIDNEY     - (a Geoffrey) Bau, bau! (Nessuna reazione) Bau. bau. GEOFFREY - (inespressivo) Grazie tante:.

SIDNEY     - Ecco qua. Non c'è altro…

RONALD   - Io piuttosto sono mortificato. Ma temo che non abbiamo niente per voi. Siamo un po' negati per l'acquisto dei regali.

SIDNEY     - Oh, non ce l'aspettavamo mica.

JANE         - No, no…

                            (Una pausa. Sidney si mette un naso finto. Jane ride. Gli altri sembrano inorriditi. Marion si versa un gin)

SIDNEY     - Bene... (fa una pausa) ...lo sapete chi ci vorrebbe qui adesso?

JANE         - Chi?

SIDNEY     - Dick Potter. Lui sì che riscalderebbe l'ambiente.

JANE         - Con un piccolo aiuto da parte di Lottie.

SIDNEY     - Vero. Verissimo.

RONALD   - Sì, beh, per qualche motivo siamo tutti un po' giù questa sera. Non so perchè. Ma ce lo stavamo dicendo un momento fa. Che ci sentiamo un po' giù.

JANE         - Oh...

SIDNEY     - Senti senti.

RONALD   - È una di quelle sere un po' storte, tutto qua... Fatto sta che ci dovrete scusare se non siamo i soliti cuorcontenti.

MARION   - Io sono di ottimo umore. Gli altri non so.

RONALD   - Dico con l'eccezione di mia moglie, che è di ottimo umore.

SIDNEY     - Ma certo, si capisce.

JANE         - Capita anche a me qualche volta, no?

SIDNEY     - Altrochè. Puoi dirlo forte. Beh, peccato.

RONALD   - Davvero.

EVA           - (dopo una breve pausa) Mio marito mi diceva proprio adesso, Sidney, di quanto si sente in colpa con te che continui a offrirgli dei lavori e lui è sempre troppo occupato per accettarli.

SIDNEY     - È un uomo molto richiesto.

EVA           - A periodi. Ma veramente non vede l'ora di fare qualcosa per te molto presto.

GEOFFREY - Eh?

EVA           - Ci tiene moltissimo.

SIDNEY     - Beh, in tal caso vedremo.

EVA           - Tienilo presente.

SIDNEY     - Lo terro' presente. Veramente, dipende.

GEOFFREY - Sì, infatti. Dipende.

EVA           - Lui sarebbe felicissimo.

SIDNEY     - (dopo una pausa) Allora, che si fa? Qualcuno ha un'idea? Non possiamo mica starcene qui così come tanti gufi. È la vigilia di Natale!

JANE         - È la vigilia di Natale.

SIDNEY     - Lavori domestici, falegnameria, idraulica? Qualcosa di elettrico? (Alla radio) Tanto per cominciare possiamo metter su un po' di musica. (A Ronald) Funziona, questa?

RONALD   - Sì, sì, ma non so se...

SIDNEY     - Per avviare la festa. Un po' di musica... (Accende la radio e comincia a ballare un poco)

JANE         - Un po' di musica, e si parte.

SIDNEY     - Ehi...

JANE         - Che c'è?

SIDNEY     - Lo sai cosa dovremmo fare adesso?

JANE         - Cosa?

SIDNEY     - Dovremmo togliere tutte le sedie, sgombrare il pavimento e...

                            (La radio prende vigore e la stanza si riempie di un'interminabile reel scozzese che sembra non finire mai. Come la maggior parte dei reel scozzesi, non conosce interruzioni. La musica soffoca il resto della discussione fra Sidney e Jane. Lui continua a descrivere a lei la sua idea con gesti eloquenti. Jane batte le mani, tutta eccitata. Spostano tavolo, stufa e sedie, facendo spazio. Poi Sidney allontana il carrello, passando accanto alla poltrona di Marion. Lei si sporge e acchiappa una bottiglia al volo)

RONALD   - (sorridendo sopra la musica) Ma che diavolo succede?

SIDNEY     - (gridando di rimando) Vedrai. Un minuto. (Abbassa un poco la radio) Allora. Così non va. Non li vogliamo, questi musi lunghi. È Natale, sapete?

JANE         - (trotta raccogliendo una bacinella piena di frutta, un  cucchiaio, un copriteiera e un colino dalla credenza e dal piano di scolo) È Natale. (Apre la bottiglia di gin e vi avvicina un bicchiere sul carrello)

SIDNEY     - Adesso vi facciamo saltare tutti quanti. Allegria, allegria.

RONALD   - No, davvero, non credo che...

SIDNEY     - Niente discussioni, per favore.

RONALD   - D'accordo, ma lo stesso dico che...

SIDNEY     - Forza, Eva. In piedi.

EVA           - (incerta) Beh...

SIDNEY     - Avanti. Non mi deludere.

EVA           - No... (si alza)

GEOFFREY - Temo che a questo punto noi dobbiamo proprio...

EVA           - Ma no. Giochiamo.

GEOFFREY - Come sarebbe a dire, giochiamo...

EVA           - Se vuole giocare, giochiamo anche noi, tesoro.

                            (Jane comincia a arrotolare il tappeto)

SIDNEY     - Magnifico. Splendido. Finora sono due... avanti... chi altro?

MARION   - Cosa stiamo facendo tutti quanti? Ha deciso di pulire per terra, quella perla?

JANE         - No, è un gioco.

SIDNEY     - Un gioco.

MARION   - Oh, che spasso...

RONALD   - Senti, Marion. io non trovo che sia il caso...

MARION   - Oh, non essere sempre casì gretto, Ronnie. Andiamo.

RONALD   - Oh...

SIDNEY     - Brava, gliele hai cantate. Ora ascoltatemi bene tutti. Questa è una versione del gioco delle sedie che si chiama il ballo della musica.

JANE         - Il ballo delle penitenze.

SIDNEY     - Il ballo delle sedie. Si chiama il ballo della musica.

JANE         - Ah, io credevo che si chiamasse il ballo delle penitenze.

SIDNEY     - Il ballo della musica. È semplicissimo. Voi dovete soltanto... ballare per la stanza e quando fermo la musica vi immobilizzate nella posizione in cui vi trovavate...

                            (Geoffrey si siede sullo sgabello alto)

                   Impeditegli di sedersi. (A Geoffrey) Su, alzati.

EVA           - (secca) Alzati.

                            (Geoffrey si alza)

SIDNEY     - Solo per rendere la cosa più difficile, quello che si ferma per ultimo ogni volta ha una penitenza. Alla fine chi ha meno penitenze vince il premio… (A Jane) E il premio che cosa è?

JANE         - (estraendolo dalla sporta) Un Babbo Natale di cioccolata.

SIDNEY     - Bene, un Babbo Natale di cioccolata. Tutti pronti ai vostri posti?

JANE         - Credo di sì.

SIDNEY     - Ce l'hai la lista?

JANE         - (agita un pezzo di carta) Sì.

SIDNEY     - Bene. Tu pensi alle penitenze. Io alla musica. Pronti? Al posto? Via.

                            (Sidney fa partire la musica, forte. I quattro sono in piedi, con aria imbarazzata. Jane e Sidney ballano a titolo dimostrativo)

                   Su, forza, ragazzi. Muovetevi. Non è mica ballare, questo. Ballate tutti. Su, su, ballate. E continuate finché la musica non si ferma.

                            (Marion comincia a ballare, in una sua versione personale della danza classica. È estremamente malferma sulle gambe)

                   Ci siamo. Guardate lei. Così va bene. Imitatela tutti. Bravi.

                            (Gli altri cominciano riluttanti e intimiditi a saltelare qua e là)

                   E... alt! (Interrompe la musica) Ecco fatto. Chi è stato l'ultimo?

JANE         - Ron.

SIDNEY     - Giusto. È stato Ron. Una penitenza a Ron. Qual è la prima?

JANE         - (consultando la sua lista) Mela sotto il mento.

SIDNEY     - Mela sotto il mento, bene. Mettigli una mela sotto il mento.

RONALD   - Eh? Ma che fai?

                            (Jane gli mette una mela sotto il mento)

JANE         - Ecco fatto. Tienila. Avanti, non farla cadere.

RONALD   - Oh, ma è assurdo, non posso mica...

MARION   - Per l'amor del cielo, tesoro, fai come fanno gli altri. Stiamo tutti aspettando te. Non essere noioso.

RONALD   - (parlando a fatica) È assolutamente assurdo. Dico, come faccio a...

SIDNEY     - (sovrapponendosi) Si riparte! (Fa partire la musica.)

                            (Si rimettono a ballare. Marion è l'unica che si sposti per la stanza. Gli altri si muovono sul punto in cui si trovano. Sidney lancia grida di incoraggiamento)

                   E... alt! (Ferma la musica)

JANE         - Eva!

SIDNEY     - Giusto. Eva. Che cosa le tocca, a Eva?

JANE         - (consulta la lista) Arancio fra le ginocchia.

SIDNEY     - Arancio fra le ginocchia, giusto. Se ti cade ti becchi automaticamente un'altra penitenza.

                            (Jane dà l'arancio a Eva)

                   Si riparte.

                            (Musica. D’ora in avanti le penitenze vengono rapide una dopo l’altra con Jane che le legge e Sidney che le ripete. La prima tocca a Ronald (cucchiaio in bocca). La musica continua. Geoffrey riceve quella dopo copriteiera sulla testa). Continuano a ballare. La prossima tocca a Marion (ironicamente, consiste nell’ingoiare un intero bicchiere di gin). Ronald apre la bocca per protestare contro questa penitenza, ma così gli cade il cucchiaio dalla bocca)

                    (con gusto) Un'altra penitenza a Ron!

RONALD   - Cosa?

JANE         - Pera sul cucchiaio in bocca...

SIDNEY     - Pera sul cucchiaio in bocca… (Sale in piedi sul tavolo e dirige)

RONALD   - State a sentire, io...

         (Jane caccia il manico del cucchiaio in bocca a Ronald. Ci bilancia sopra una pera all’altra estremità)

SIDNEY     - E via che si riparte...

                            (I cambiamenti del gioco sono infiniti e la lista li copre tutti. Gli ordini sono sempre più perentori, i ballerini piroettano sempre più velocemente, accumu-lando bizzarre appendici. Jane nel suo ruolo di inser-viente schizza dall’uno all’altro dei ballerini con de-vota frenesia, A Geoffrey cade il copriteiera. Jane lo raccoglie e gli avvolge una salvietta da tè intorno alla gamba. Poi versa un altro gin a Marion. Sidney da ultimo non ferma più la musica. Grida ai ballerini in un crescendo di esortazioni che arriva fino all'isteria)

                   Ora sì che ci siamo. Ballate. Forza. Ballate. Ballate. Forza. Ballate. Ballate. Ballate. Non vi fermate. Ballate...

                            (È su questa scena che cala il... )

SIPARIO