Buon viaggio, Paolo!

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BUON VIAGGIO, PAOLO


Commedia in tre atti

di Gaspare Cataldo

PERSONAGGI

Paolo Travi

Maria

Ines

Il signor Liuzzo

Giulia, sua moglie

Il portiere

Un detemuto

Un secondino

Un altro secondilo

Il dottor Giolli

Il padre di Maria

Ines II

Marisa

Tonino

Il presidente

Michele lo Piano

Un cameriere

L'azione si svolge a Roma, il terzo quadro del primo atto in provincia.

CAPPELLI EDITORE


ATTO PRIMO

PRIMO   QUADRO

Camera  matrimoniale  con una finestra di   fronte.

La comune a destra e un'altra porta, a sinistra. A destra un armadio e, nell'angolo, una toletta. A sinistra il letto con i due comodini da notte e le poltroncine. Qual­che sedia. Mobili moderni, di serie. Mattino. Quando si alza il sipario, la scena è in penombra.

Paolo (Dalla comune, col pastrano, il cappello, l'om­brello, una pesante valigia e una borsa di cuoio sotto l'ascella. Entra canticchiando «Mattino» dal «Peer Gynt » di Grieg e si sbarazza della sua roba. Apre la finestra. S'accorge che i cassetti della toletta sono aperti. Sorpreso, si accosta e vi fruga, rapidamente. Nota l'armadio aperto, dà una occhiata all'interno e si copre il volto con le mani, in un gesto di dispera­zione) - Madonna mia!...

(Torna a frugare nei cas­setti, poi nell'armadio, guarda il letto intatto, si gratta la testa, corre alla finestra) Portiere?!... Portiere?!...

Giulia (dall'interno) - Che è successo?

Paolo - I ladri!...

Giulia (dall'interno) - Dove?

Paolo - In casa mia! M'hanno svaligiato l'appartamento!... Portiere?!... Maledetto!... (Si ritrae, guar­da ancora la scena, siede sul letto) Come faccio?!... (Squilla il campanello della porta, esce dalla comune, si ode la sua voce. Rientra subito con il signor Liuzzo, un tipo di piccolo impiegato, sui cinquant’anni, e la signora Giulia, sua moglie, sui quarantacinque) Rovinato, rovinato!... Guardate!... (Liuzzo e sua moglie guardano appena, senza interesse, e scambiano un'occhiaia) Tutto il guardaroba di Ines... Vestiti, pigiama, vestaglia... (Battendosi la fronte) La pel­liccia nuova!... una pelliccia d'Astrakan com­prata il mese scorso... (Mette sossopra i cassetti) Tutta la biancheria di seta!... Un danno enorme, signor Liuzzo, una rovina!... Denaro no, non ne han trovato... neanche gioielli, ma il guardaroba di Ines era una cosa speciale... Nuda me l'hanno lasciata, nuda i... E lei che ci teneva tanto!... Valla a rifare adesso!... Mica roba dei «Grandi Magazzini»!... Tutti modelli... Lei lo sa...

Giulia (con una curiosa intonazione) - Eh, lo so, lo so...

Paolo - Roba comprata a rate, a furia di economie, di sacrifici... (Liuzzo fa una smorfia, mentre Paolo si riaffaccia alla finestra) Portiereee!... (Si ritrae. A Liuzzo che sta curiosando nel guardaroba) No, per favore, non tocchi nulla!... Già... ma anch'io avrei dovuto... Che stupido!... Signor Liuzzo, mi faccia la cortesia di telefonare al Commissariato... o forse è meglio che vada a fare la denunzia?

Giulia - C'è tempo per la denunzia...

Paolo - Sì, sì... ha ragione. Meglio telefonare. Poi devo avvisare Ines. Ma non poteva starsene a casa sua,   benedetta   donna?...

Liuzzo - Eh!...

Paolo - Se aveva paura di dormire sola, poteva far venire sua zia. Nossignori: « La zia Adelaide è an­ziana, abituata alle sue comodità ». Ed ecco il ri­sultato!

Il Portiere (dalla comune) - Permesso?!

Paolo - Ah!  Credevo che  fosse morto!

Il  Portiere  -  Stavo  mangiando  un boccone.

Paolo - Scusi se l'ho disturbata, ma volevo ringraziarla!

Il Portiere - E di che?

Paolo - Di questo!

Il Portiere - Che c'entro io?

Paolo - Niente, d'accordo. Lei è pagato per starsene tutto il giorno all'osteria!... C'è poco da guardare: sono venuti, hanno preso quello che hanno voluto, e se ne sono andati tranquillamente, con tutta la   roba.

Il Portiere - Chi?

Paolo - I ladri!... Ha capito, adesso?... Un furto, qui, in casa mia, stanotte!... Lei non ne sa niente, na­turalmente... Ma anche voialtri, santo cielo... pos­sibile che non abbiate sentito nulla? Nessun ru­more sospetto... con questi muri dì carta? Qui c'è del losco!... Chi gliel'ha detto che in casa non c'era nessuno, che Ines era rimasta a dormire da sua zia?... Perché è evidente che sono venuti a colpo sicuro... E la chiave falsa?... Donna di servizio non ne ab­biamo: dunque qualcuno ha preso l'impronta. Un lavoro di assoluta precisione... La serratura è intatta, chiusa a tre mandate, tant'è vero che non mi sono accorto di niente... La Polizia dovrà indagare su questo mistero... Per me il ladro è qui... Non dico qui dentro: nel palazzo!... Nessuno me lo toglie dalla testa,

Liuzzo - Tuttavia!... è un po' strano che abbiano pre­so soltanto la roba di sua moglie...

Paolo  E che dovevano prendere?... I miei stracci?... A meno che... scusate... (Colto da un improvviso sospetto,   esce   rapido   dalla   comune. Liuzzo  ride).

Giulia   -   Roberto?!

Liuzzo - Scusa, ma non resisto più.

Giulia - E allora, torna a casa!

Il Portiere   -   Poveraccio!...

Paolo   (rientra)   -   No,   non  manca  niente...

Liuzzo - Meglio così. Beh... io vado a telefonare.

Paolo - Ah, sì! Grazie, signor Liuzzo. Cerchi di par­lare col Commissario. Il Commissario mi conosce... Ci sono stato l'altro giorno, per il rinnovo del per­messo della rivoltella...

Liuzzo  - Arrivederci.   (Esce,).

Paolo (affranto) - Che vuoi che faccia la Polizia? Un danno enorme, signora! E poi, non è questo... (Esce  a  sinistra).

Il Portiere (con un sospiro) - Bisognerebbe dirglielo.

Giulia - Io no!... Ho un nodo qui, come se... Che don­naccia!...

Paolo (rientrando) - Anche il baule... Proprio quello che le occorreva per portarsi via la roba... Il danno cresce... E lei che...  (Si commuove) Povera Ines!...

Mi faccia il favore, portiere... (Prende matita e tac­cuino e scrive, poi stacca il foglio) Ecco... Viale Carso 254... Scala prima, interno sedici... l'indirizzo di sua zia... Io non mi posso muovere, finché non viene il   Commissario...

Il portiere - Va bene.

Paolo - Le dica che sono arrivato, che sto bene, che venga subito a casa; ma, per carità, non una pa­rola   del   furto.

Il Portiere - Ho capito. (Si avvia. Dalla soglia, non visto da Paolo, scuote il capo, esce).

Paolo - Non le avevo telegrafato per farle una sor presa. Lei mi aspettava per questa sera... e invece... Quella   ne   fa   una   malattia...

Giulia - Lei si prende troppa pena, signor Paolo.

Paolo - Lei non conosce Ines. Nessuno la conosce. A vederla così elegante, impettita, tutti credono che si dia le arie. Macché!.... Sempre sola, senza parenti, all'infuori di quella vecchia... senza figli, perché Dio ha voluto così... eppure è contenta. Tutto quello che non può avere, che io non posso darle, lei se lo immagina, se lo sogna a occhi aperti... Ricchezze, avventure, viaggi... Quel baule che le hanno rubato, per lei non era una baule, era una cosa magica... Tutto coperto di etichette... gliele aveva procurate un'amica, per poche lire... Biarritz, Ostenda, Cairo, Danieli... I più grandi alberghi... E così lei che, poveraccia, non è mai andata neppure a Capri, gi­rava il mondo con la fantasia... Una bambina!... Tutto il suo divertimento era questo, di giocare alla gran signora. Ogni volta che sua zìa le dava un po' di soldi, correva dalla sarta, dalla modista... per farmi lare bella figura, quando uscivamo insieme, la domenica... Ora quella viene a casa, tutta felice, vedo l'armadio vuoto, e... Oh, signora mia, come sono  disgraziato!...   (Si asciuga  gli  occhi).

Giulia (commossa, sulle spine) - Coraggio, signor Paolo... Arrivederci. (Sulla soglia si ferma, si volge, esita, torna indietro) Signor Paolo?... Io non glielo volevo dire... non toccherebbe a me... ma infine... (La commozione la soffoca).

Paolo - Le faccio pena, eh?

Giulia - Sì, ma lei non deve piangere!... Neppure una lagrima.. Lei è un brav'uomo... Non si meritava, oh... Insomma, qui non c'è stato nessun furto, nes­sun ladro: la verità è che sua moglie...

Paolo - Che cosa?!

Giulia - È partita l'altro ieri, col baule, la valigia... tutta la sua roba...

Paolo - Ma che dice?

Giulia - Partita di pieno giorno, con la macchina al portone. Io tornavo dal mercato e ho visto tutta la scena. M'ha detto che andava a sciare... che lei l'avrebbe raggiunta... E intanto quell'altro sistemava il bagaglio.

Paolo (afferrandole i polsi)   -   Quell'altro?!

Giulia - Quello che veniva a prenderla quasi tutti i giorni, quando lei era fuori... e che la sera la riac­compagnava fino al portone... Lo scandalo del palazzo!... Io ho immaginato che lei non sapeva niente, ma credevo che fosse una delle sue solite gite, che sarebbe tornata oggi, come le altre volte... Invece... (Paolo s'è lasciato andare sul letto, coprendosi il volto con le mani) Non era degna di lei!... (Pausa. Gli batte sulla spalla) Coraggio!1 Poco fa, si rammaricava di non aver figli: forse per questo il Signore non glie n'ha mandati... per fargliela dimenticare più presto. Lei è giovane... Può ricominciare la sua vita... Co­raggio...  (Esce commossa).

Paolo (singhiozza, poi tace, assorto. Bruscamente balza in piedi, si guarda intorno. Socchiude gli occhi strin­gendo i pugni contro le tempie come nello sforzo di ricordare, mentre i suoi occhi si fissano con odio con­tro un nemico invisibile. La sua mano accarezza la tasca posteriore dei pantaloni, indugia sulla rivoltella. All'improvviso esce di corsa dalla comune).

SECONDO  QUADRO

La cella di un carcere.

(Una branda a sinistra e una a destra, in fondo. In primo piano, a destra, la porta. Di fronte, una piccola finestra alta. Pomeriggio. Quando si alza la tela, un de­tenuto è sdraiato sulla branda a sinistra, le mani dietro la nuca, gli occhi socchiusi. Si scuote al rumore della serra­tura che scatta).

Un Secondino (entra portando una brocca d'acqua, la mette presso la prima branda, e si avvia).

Il Detenuto - Niente?

Il Secondino - Non ancora. La fanno lunga i giurati.

Il Detenuto - Buon segno. Con me, la prima volta, se la sbrigarono in un quarto d'ora.

Il Secondino - Tu non eri pazzo.

Il Detenuto (con forza) - Ma lui sì.

Il Secondino - Lo dice anche l'avvocato difensore, per chi è disposto a credergli sulla parola.

Il Detenuto - Ha ragione il difensore. È pazzo. Un uomo che si accorge della fuga della moglie, prende la rivoltella, corre al Ministero delle Finanze quando entrano gli impiegati, aspetta un poco, poi, all'im­provviso, scarica tre o quattro colpi su un disgra­ziato   qualunque,   che   nemmeno   conosceva...

Il Secondino - E chi ti dice che non lo conosceva? Caro mio, un pazzo non fa così, o perché allora non ha ammazzato il portiere, il postino, il giornalaio all'angolo   della   strada?...   Un   pazzo...

Il Detenuto - Un pazzo fa qualunque cosa! No? Beh, sentiamo! Chi potrebbe essere questo Michele Lo Piano che è morto ammazzato? L'amante della moglie, no! Un disgraziato che non aveva un soldo, carico di famiglia e di pensieri.

Il Secondino - E perché doveva essere l'amante della moglie?... Ci sono anche degli interessi... degli affari in comune...

Il Detenuto - E lui aspetta a regolarli proprio il giorno che gli scappa la moglie?

Il Secondino - E poi, chi lo sa? Le donne...

Il Detenuto - Ecco. Dovete dire, chi lo sa... forse, può darsi... No, no; non c'è criterio... non c'è razio... come si dice... Insomma, non si spiega niente, senza la pazzia. Del resto lo diceva anche il giornale ieri: c'è l'ammanco fatto nella cassa dell'amministra­zione... Metti insieme la fuga della moglie per la quale aveva speso dei quattrini che non erano suoi... metti insieme la paura che si scoprisse la marachella... Tac! Il cervello si spacca.

Il Secondino - Ma lo vedi che pasticcio fai? Devi ti­rar fuori l'ammanco... Figuriamoci! Un impiegato che si tiene i soldi della sua amministrazione...

Il Detenuto - Che ha spesi per la moglie.

Il Secondino - Va bene! Ma via, non va ad ammazzare

un altro.  Ammazza se stesso!

Il Detenuto - Che ne sai di quello che fa un pazzo?

Il Secondino - Insomma, io non credo che sia pazzo. Lo fa, per via del processo. Ma vedrai che, dopo la sentenza,  si calma.

Il Detenuto - Dici? Ma io lo scanno! Sono settimane che me la darebbe ad intendere... E io a sopportare... Senza contare la paura... Caro mio... Chi mi salva, se a quello gli prende un accesso?

Il Secondino (ridendo) - Ti salvo io... Mi dai una voce...

Il Detenuto - Sto fresco... No, no, è pazzo... Uno non può fingere così senza mai tradirsi nemmeno nel sonno...

Il Secondino - Perché, dorme anche da pazzo?

Il Detenuto - Per dormire, dorme come un altro qua­lunque... Ma chiama Maria... Si sveglia e chiama Maria...   Si  riaddormenta  e  chiama  Maria.

Il Secondino - E chi è Maria?

Il Detenuto - Bravi, qui vi voglio... Non spiegate niente di niente... Vediamo se riuscite a spiegare Maria... Sua moglie si chiama Ines... Capisci? Scappa Ines, e lui chiama Maria. È pazzo! E io qui con me non lo voglio più... Datemi un ladro, un assassino, ma un pazzo no! C'è il Regolamento. Voglio parlare col Direttore, subito.

Il Secondino - Ma che ti prende? Proprio l'ultimo giorno?

Il Detenuto - L'ultimo giorno?

Il Secondino - Eh, oramai, o al manicomio, o al reclu­sorio... Qui non può restare...

Ascolta; entra Paolo accompagnato da un altro secondino).

Il Detenuto - E allora?

Altro Secondino - Quindici anni... Gli hanno ricono­sciuto la semi infermità di mente...  (Esce).

Il Secondino (a Paolo) - Te la sei cavata bene. Tren­tadue e quindici, quarantasette. Anche se non viene un'amnistia, esci che sei ancora giovane. (Al de­tenuto) Però, lo vedi? non è pazzo del tutto... Semi... (Esce).

(Il detenuto si siede sulla branda, guardando con diffidenza il compagno di cella. Paolo si alza, va a guardare allo spioncino, torma sulla branda e con aria misteriosa fa cenno al detenuto di avvicinarsi).

Il Detenuto - Che vuoi?

Paolo - Vieni qui.

Il Detenuto  (sorpreso e titubante si avvicina) - Be'?

Paolo - Più vicino... Siedi. (Gli fa posto. Dà un'occhiata sospettosa alla porta, poi parla quasi all'orecchio del detenuto) Non è vero che sono pazzo.

Il Detenuto (interdetto) - No?! (Paolo fa cenno di di­niego) E me lo dici adesso?!... Avevi paura che fa­cessi la spia? Non so chi mi tiene da... Pezzo d'im­becille!... Anche il sonnambulo, per non farmi dor­mire... Maria?!... Maria?! Ringrazia Dio che Peppino Serra certe cose non le sa fare, perché ti meri­teresti davvero che... Mi faceva la parte! Non si fi­dava!... Be', non aver paura; non parlo. Ma tu, però, mi devi dire tutto. Perché l'hai ammazzato?

Paolo - Perché era una carogna, un ladro!

Il Detenuto (con vivo interesse) - Michele Lo Piano? (Paolo annuisce) Che t'aveva rubato?

Paolo - Maria!

Il Detenuto - Ma chi è questa Maria?

Paolo - Maria Travi.

Il Detenuto - Tua sorella?

Paolo - Mia moglie!

Il Detenuto (con una smorfia, scostandosi, deluso) -Tua moglie sì chiama Ines.

Paolo - Sì, ma si doveva chiamare Maria!

Il Detenuto (perplesso) - Allora Lo Piano era l'amante di Maria? (Paolo gli dà uno schiaffo). Aiuto!... (Corre a   rifugiarsi   sulla   sua   branda).

Paolo (pentito, con dolcezza) - Non gridare, per carità! Nonl'ho fatto apposta... e anche tu non l'hai fatto apposta. Tu non conosci Maria, puoi credere che sia una donna come le altre... come Ines...

Il  Detenuto  -   Non   t'avvicinare.

Paolo - No, no... Sto qui... Per questo l'ho ammaz­zato... Perché m'ha rubato Maria... Maria... La vedo ancora...

Il Detenuto - La vedi?

Paolo - Nella sua casa... in un paesetto vicino a Roma... dove avevo un solo cliente: suo padre.

Il Detenuto - Il padre di Maria?

Paolo - Sì. Un giorno la vidi al negozio... e dopo ci tornai più spesso...

Il Detenuto - Come si chiama questo paese?

Paolo - Si chiama... (Si stringe la testa, fra le mani) Non me lo ricordo... ma lo vedo, poche case su una collina... una chiesetta, il Municipio... la piazza... Il negozio era lì, vicino alla chiesa. Arrivavo stanco, sudato, perché la strada è in salita e la valigia pesa... Ma appena vedevo lei...

Il Detenuto - Ho capito. E poi?

Paolo - Un giorno la trovai sola... disse: « Corro a chiamare papà»... Ma restò lì... Restammo lì, non so quanto tempo a guardarci, senza una parola, come due stupidi. Finalmente, mi feci coraggio, le dissi che ero contento di averla trovata sola, perché... Proprio in quel momento entrò suo padre. Gli dissi:   «Buongiorno,   signor... ».

Il Detenuto - Signor?...

Paolo - Non me lo ricordo... Sono successe tante cose, da allora... tante... e io me le ricordo. Come fosse ieri. Soltanto i nomi... non mi riesce di... È che non sto bene. C'è un po' di confusione, capisci? (Si batte la fronte).

Il Detenuto - Lascia stare i nomi. Raccontami il fatto.

Paolo - Sì. Non lo sa nessuno, ma oggi ho proprio bi­sogno di sfogarmi. Tu non mi crederai, ma mi sento così triste, così solo... È una storia. lunga, ma se hai dieci minuti di tempo...

Il Detenuto (con un altro balzo indietro, strappandosi i capelli) - Ma come? Mi domandi se ho dieci minuti di tempo, e devo fare undici anni?! Basta, per carità!

Paolo - Che hai?

Il Detenuto (inferocito) - Sta' zitto! Pazzo della ma­lora!... E io che ci avevo creduto, che ti stavo a sen­tire come se... Ma guai a te, sai?! Guai a te se ti muovi! La vedi questa brocca? Se fai un passo, te la rompo sulla testa.

Paolo (disperato) - Ma sì! Rompimi la testa! Eccola! Spaccala con la brocca! Fa come vuoi. Che me ne importa? Maria! Maria!

TERZO   QUADRO

A sipario calato, si presenta alla ribalta il Dottor Giolli.

Giolli (con fare guardingo, gli occhi febbricitanti e il gestire nervoso) - Signori, scusate... Posso dire una parola? Io ho assistito a tutto il processo Travi... (con l'aria di chi rivela un grande segreto, come un ragazzo che è riuscito a fare una monelleria) ... na­scosto in mezzo al pubblico. Se mi vedeva il Presi­dente! (Ride nervoso) Non mi ha visto. E non mi hanno visto neppure i miei colleghi, i due periti psichiatri che hanno deposto sulle condizioni men­tali di Paolo. Se mi vedevano, mi facevano chiudere di nuovo nel manicomio provinciale, dove mi ave­vano gettato, per invidia. Ma il dottor Giolli, il celebre dottor Giolli, è tanto poco pazzo, che è riu­scito a scappare. Mentre parlavano di Paolo, io mi mordevo le mani. Uh!... Non poter parlare, non po­ter dire: signori della Corte, qui c'è confusione. Qui non avete capito niente nessuno... Io solo!... Io solo. Ma se parlavo, mi cacciavano dentro, e io den­tro non ci voglio più tornare. Ma qui, fra noi, posso sfogarmi, posso dirvi tutto... il segreto, il grande segreto di un pazzo che non è pazzo. No, signori: non è pazzo nessuno. Né io, né lui. Forse i pazzi non esistono, signori. Fatevi coraggio! Ve lo dice un eminente psichiatra che fu ritenuto pazzo solo perché non mandò mai nessuno al manicomio, perché riuscì sempre a trovare la logica mentale dei suoi così detti pazienti. Il manicomio è il monumento dell'impo­tenza scientifica, in fatto di pazzia. Per capire ì così detti pazzi, ci vuole un cervello speciale, ci vuole una percezione magica della logica altrui. Trovato il bandolo logico di una mania o di un delitto, la mania guarisce e il delitto, quando è fatto èfatto e non ci si pensa più. In tutti e due i casi, il manico­mio è inutile. Il mio grido di guerra è (con voce smor­zata) abbasso il manicomio!... (Ride) Paolo Travi non è pazzo. L'ho già detto? Posso ripeterlo all'in­finito, perché sono sicuro di quello che dico. Io avevo capito tutto assistendo al dibattimento, ma per uno scrupolo professionale ho voluto parlare con Paolo. Sì, vengo ora da Procida, dove il Direttore del Penitenziario mi ha consentito di trattenermi a lungo col recluso. Naturalmente, Paolo ed io siamo diventati subito amici e ho avuto la conferma di quello che avevo intuito. Paolo ha seguito rigida­mente il filo di una logica ferrea, paurosa, sulla quale voi stessi mediterete a lungo. Non bisogna fermarsi alle apparenze, non bisogna accontentarsi di constatare che un Paolo qualunque, tradito da una Ines qualunque, ammazza un Michele qualsiasi che non c'entra. Non basta che un Paolo qualunque, tradito da una Ines qualunque, nel delirio parli ostinatamente di una Maria sconosciuta. Non basta. Penetrare  bisogna,   col  succhiello  lento,  ostinato,  paziente dell'intuizione, dentro le circonvoluzioni cerebrali del soggetto e scoprirne l'intimità profonda, pudibonda, inconfessata. Un uomo non dice tutto di sé. Io so che voi tutti vi siete trovati molte volte a pensare: « Questa cosa non la dico, perché mi si prenderebbe per pazzo >>. Ma non siete pazzi. Avete soltanto la paura di sembrarlo. In quel momento, Paolo Travi, tradito da Ines, se ne infischiò di parere quel che non era e, sul filo dei suoi pensieri amari, giunse al suo scopo: voluto, meditato, raziona-lissimo. Se avete cinque minuti, vi dico tutto. E vedrete... Per cominciare, la patetica storia di Paolo e Maria. Storia, forse, sogno... La storia di un sogno. (Esce).

Si apre il sipario

Salotto in casa di Maria, con la comune a sinistra e una veranda di fronte, dalla quale si accede al giardino, pochi gradini più giù. Fiori dovunque: sul pianoforte, sul tavolo, agli angoli, alla veranda. Lo stile e il gusto sono spiccatamente provinciali, ma tutto è lindo, grazioso, ridente: d'una gaiezza quasi irreale. A destra, accanto al pianoforte una catasta di spartiti e sonate su una sedia. Divano e poltrone a sinistra. Mattino.

(Quando si apre il sipario, Maria, che ha messo il grembiule sul suo più bel vestito, è in gran faccende. Spol­vera, mette in ordine, dispone i fiori).

Il Padre (vien su dal giardino ed entra dalla veranda, portando altri fiori che dispone in un vaso) - Ecco i fiori. Ti avverto che ho spogliato tutte le aiuole.

Maria - Sei un tesoro!... (Prende spartiti e suonate) Per favore,  papà!...  in camera mia.

Il Padre - Non gli piace la musica?

Maria - Anche troppo. Va ai concerti, se ne intende.

Il Padre - E con ciò?

Maria - Non ho voglia di suonare. Anzi... non so suonare. Intesi papà? Saranno tre settimane che non apro il pianoforte. Figurati che roba! (Chiude il pianoforte e nasconde la chiave) Ecco! È un vecchio pianoforte scordato... eredità della zia. La prossima volta che lo inviteremo, se sarà il caso...

Il Padre - Ah, no! troppo disturbo... e troppa spesa. Non capisco perché tu abbia voluto fare le cose così in  grande.

Maria - Senti lui! In grande?!

Il Padre - La pasta all'uovo, il pollo, la carne, la cro­stata, il liquore...

Maria - Che discorsi! Quando si invita la gente, si cerca di non sfigurare.

Il Padre - Infatti, ci siamo messi l'abito di gala.

Maria - È soltanto più pulito dell'altro. Anche tu po­tresti   cambiarti,   farti   la   barba...

Il Padre - Ma di' un po', Maria: non sarà mica un prin­cipe in incognito il signor Travi? Io credevo di aver invitato un commesso viaggiatore. (Maria tace imbarazzata, fingendo di spolverare) È molto strano tutto questo. A meno che... Eh, già... proprio così!... Tutte queste visite... lo sconto... le cortesie... Brava, Maria!... Brava davvero! E io che l'ho anche invitato a colazione! (Maria strofina violentemente il piano­forte)   Non  rispondi?

Maria - Ne parleremo dopo, papà.

Il Padre - Niente affatto. Voglio sapere che cosa c'è, tra te e...

Maria - Niente, papà. Che vuoi che ci sia? Lo conosco appena.

Il Padre - È vero, ma non vorrei che...

Maria - Ti dico di no. Una volta avevi più fiducia...

Il Padre - E l'ho ancora.

Maria - E allora stai tranquillo. A suo tempo sarai informato.

Il Padre - Di che?

Maria (guardandolo di sottecchi, mentre spolvera) - Del seguito...

Il Padre - Che cosa hai detto?

Maria - Una volta o l'altra doveva succedere, no?

Il Padre (Siavvicina a Maria, che continua a strofinare a testa bassa, e le prende la mano. Maria alza gli occhi su di lui, con una curiosa espressione sbarazzina) -Non mi piacciono  questi scherzi.

Maria - Oh, povero papà!... Come farai senza la tua piccola Maria?

Il Padre - Insomma, basta! Sfacciata che non sei altro! Quanto  all'intraprendente  signor  Travi...

Maria - Intraprendente?!... Non si è neanche dichiarato!

Il Padre - Tanto meglio.

Maria (pronta) - Ma lo farà oggi, tra poco... durante la tua assenza... (Lo invita, col gesto, a tornarsene in giardino) Hai capito, papà?... È così timido, che se ti vede con quella grinta...

Il Padre - Perché, secondo te, dovrei accoglierlo a braccia aperte, questo signore che vorrebbe portarmi via la sola persona cara che mi è rimasta al mondo? Tu non hai pensato  a  questo!

Maria - Se ci ho pensato!... Sapessi quante lagrime!... E piangerò ancora, lo sento. Ma che posso fare? Anche lui, poveretto, ha bisogno di me, anche lui è solo. Tutta la settimana in giro, e il sabato, quando torna a casa, non trova nessuno, non trova neppure la casa: una camera di affitto, con una padrona bisbetica e venale, che gliene fa di tutti i colori. Però sei cattivo. Se ci fosse la mamma, sarebbe con­tenta, oggi. Tu,  invece...

Il Padre (sorridendo e accarezzandola lievemente) -Stupida! (Ride) Ma perché credi che io lo abbia invitato?

Maria (sorpresa) - Per me?... (Lo abbraccia con slancio) ...Oh, papà! E io che... Sono davvero una stupida... Figurati se tu, avaro come sei...

Il Padre - Eh!...

Maria - Grazie, papà!... Ti meriti un bacio!

Il Padre - Calma!... Non ho ancora detto di sì... e non sarà facile.

Maria - Perché?

Il Padre - Perché non è del paese, fa un mestiere che mi  piace  poco...

Maria - Un  mestiere  come  un  altro.

Il Paure - Forse; ma avrei preferito un possidente, un impiegato. Insomma, ci sono molti «ma», molte indagini da fare e su questo, intendiamoci bene. Maria, su questo agirò a modo mio. Farai bene, quindi, a frenare il tuo entusiasmo... e il suo.

Maria - È  un  bravo  ragazzo,   sai!

Il Padre - Non basta. Voglio sapere molte cose... da lui stesso, per cominciare. Finora, non abbiamo par­lato che di stoffe, di prezzi. Ammetterai che...

(Squilla il campanello della porta).

Maria - È lui... Vattene, papà!... E non tornare presto.

Il Padre - Va bene, Ma come faccio a sapere se?...

Maria (riflette) - Se ti dirò: ciao papà... ecco il signor Travi, vuoi dire che non è successo niente. Se, invece, sì sarà dichiarato, ti dirò: ciao papà... ecco il signor Paolo: più confidenziale. Via, via! (Lo spinge verso la veranda) Vedi com'è bene educato? Non suona più.

(Il padre esce dalla veranda. Maria si toglie il grem­biule ed esce di corsa dalla comune portando via gli spartiti. Rientra subito con Paolo, che porta la sua valigia e uno striminzito mazzetto di rose).

Maria - ...è in giardino a cogliere la frutta. Ma che belle  rose!...

Paolo (sconcertato, guardando i magnifici fiori del sa­lotto)  - Veramente, non sono molto belle.

Maria (mettendole in un piccolo vaso pronto alla bisogna) - È il pensiero che conta. Si accomodi, prego... Mi dia quella valigia.

Paolo - Grazie...

Maria - Ma no, dia a me.

Paolo - Non insista, la prego. È pesante... ventinove chili... E poi mi piace tenerla d'occhio: è un'abitu­dine. Per noi viaggiatori, il campionario è tutto. Proprio la settimana scorsa, a un mio collega, mentre comprava il giornale al chiosco della stazione...

Maria - Faccia  come  vuole.

Paolo - Grazie.   Ah!   Un   pianoforte!   Lei?

Maria - Magari!... Neanche con un dito. Mia zia era una brava pianista, poi è morta, poveretta, e il pianoforte è rimasto lì, come un mobile.

Paolo - Io amo molto la musica.

Maria - Pazienza.  Dunque,  signor  Paolo...

Paolo - Che cosa?

Maria - Non  so...  credevo  che  mi  dovesse  parlare.

Paolo - Sì,   sì...   (Guarda  verso  la  veranda).

Maria - Stia tranquillo che non viene nessuno. Papà è laggiù in fondo... ne avrà per un quarto d'ora, a dir poco, quindi...

Paolo - Ecco, signorina, ciò che devo dirle è molto importante, molto grave.

Maria - Una brutta notizia?

Paolo - No, ma non vorrei che mi giudicasse male... dato che ci conosciamo da così poco tempo...

Maria - Tre mesi.

Paolo - Sì, ma abbiamo parlato poche volte.

Maria - Quattro volte: due con papà e due da soli. Questa è la quinta volta.

Paolo - Appunto. Abbiamo parlato del più e del meno... per pochi minuti...  e tuttavia...

Maria (incoraggiandolo coi gesto, ansiosa) - Avanti!

Paolo - Non so come spiegarle... ma l'idea di ripartire senza averle detto niente... di dover aspettare un altro mese prima di rivederla... e poi anche per suo padre, che, vedendomi continuamente tra i piedi, potrebbe supporre... insomma, a rischio di sembrarle troppo impulsivo...

Maria - Non si preoccupi. Avanti!

Paolo - Ebbene, signorina Maria... se il suo cuore è libero...

Maria - Liberissimo. Ma perché questa domanda, inat­tesa? Che gliene importa a lei, se sono libera? Io sono una piccola provinciale... Lei, invece, viene da Roma, viaggia sempre... Roma è piena di ragazze simpatiche, eleganti...

Paolo - Nessuna come lei.

Maria - Strano.

Paolo - È un po' strano, infatti. Da tre mesi non penso che a lei. Signorina Maria?!

Maria - Signor Paolo?!

Paolo - Vuole sposarmi?   (Si asciuga il sudore).

Maria (con un profondo respiro, come chi riprenda fiato, dopo una lunga emozione) - È questo che mi doveva dire?

Paolo - Lei non se l'aspettava... (Maria accenna di no) Sono stato un po' brutale, ma non volevo offenderla, glie lo giuro. Non le chiedo una risposta. Tra due ore riparto e rimaniamo così, poi lei ci pensa, mi scrive...

Maria - Neanche per sogno!

Paolo (costernato) - Non vuole?

Maria - Non voglio che passi un altro mese!...

Paolo - Ma allora?

Maria (chiudendo gli occhi) - Dammi un bacio! (Paolo esita, guardandosi intorno. Maria, ad occhi chiusi, lo sollecita) Sta' tranquillo, non viene nessuno.

Paolo (la bacia sulla bocca) - Sei diventata più bella. Però mi dici le bugie! Va' a prendere la musica.

Maria - Ma io...

Paolo – Avanti!  «La zia era una  brava pianista!».

Maria - E papà è  un  chiacchierone.

Paolo - Non me l'ha detto lui. Lo sapevo.

Maria - Come?

Paolo - Non te lo posso  spiegare.  Allora?

Maria - Questa è una prepotenza! (Esce e rientra con la musica).

Paolo - Perbacco! C'è da scegliere. (Sfoglia rapida­mente le sonate. Ne prende una) Questa.

Maria - È impossibile, Paolo... e un mese che non suono. È difficile.

Paolo - Te ne prego.

Maria (apre il piano e siede. Paolo mette la sonata sul leggio. Maria incomincia a suonare il « Mattino » di Grieg. Paolo se ne va sulla poltrona e ascolta beato. All'ottava battuta Maria sbaglia. S'interrompe e si volge avvilita a Paolo) - Te l'avevo detto che è difficile?!...

Paolo - Non per te. Una ripassatina e la suonerai alla perfezione.

Maria - Non oggi, però. (Chiude il piano. Dalla veranda entra il padre) Ciao, papà... ecco « Paolo ». (Come se non bastasse, ammicca e fa ripetuti cenni del capo).

Il Padre - Come va, signor Travi?! È poi andato all'emporio?

Paolo - Sì, ma non ho neppure tirato fuori il campio­nario. E la prossima volta, non mi farò vedere. Ho già detto all'ispettore...

Il Padre - Scusi... Maria, vai a dare un'occhiata in cucina.

Maria - C'è Giovanna in cucina.

Il Padre - Sì, ma è meglio tenerla d'occhio, intanto che il signor Travi ed io parliamo dei nostri affari.

Maria - Non mi muovo. Guarda come è diventato pallido! No, Paolo, è una sciocchezza, una formalità.

Il Padre, (severo) - Non è una formalità.

Maria - E allora, avanti! Che vuoi sapere? Notizie della sua famiglia? Te le dò io. Ha perduto i genitori, che  aveva un  anno.

Il Padre - Cresciuto da qualche parente?

Maria - In un orfanotrofio, fino a dodici anni.

Paolo - Poi ho fatto le tecniche e mi sono impiegato. Sono quindici anni che sgobbo, ma non mi sento stanco. Anzi incomincio adesso. Se tu mi sposi non mi ferma più nessuno: divento capo reparto, ispet­tore,  vice  direttore,  direttore  generale...

Il Padre - Queste sono speranze. Quanto guadagna, signor  Travi?

Paolo - Ecco la mia busta mensile: guardi, guardi...

Il Padre - Non c'è male. Non credevo che i commessi viaggiatori...

Paolo - Mica tutti e neanche pochi. Soltanto io.

Il Padre - Modestia a parte! E da che dipende questa sua   eccezionale   fortuna?

Paolo - Niente fortuna. È che conosco l'articolo! E il cliente come me lo lavoro io, nessuno. Quelle due pezze di madapolam che le ho venduto il mese scorso...

Il Padre  -  Ebbene?

Paolo - Macché madapolam! Tela di scarto, robaccia. Nessuno dei miei colleglli è riuscito a darne via un metro. Io sei pezze. Io vendo tutto. Qualunque porcheria nelle mie mani...

Il Padre (seccato) - E proprio a me, lo dice?

Paolo - Al futuro suocero. Al cliente, non glie l'avrei detto.

Maria (ridendo di cuore) - Bravo, Paolo!

Paolo - Sì, ma l'abilità non è tutto. È anche questione

di voglia dì lavorare. Io non mi riposo mai. Se vo-

lessi,  potrei fare una vita meno  disagiata,  come

sottocapo reparto, in sede, ma guadagnerei di meno

e non avrei avuto l'elogio personale del Presidente.

Maria - Che altro vuoi sapere?

Il padre - Nulla,  finché sarai qui.

Maria - E allora, glie le faccio io, le domande. Hai vizi?

Paolo - Fumo qualche sigaretta, quando me la offrono. Non bevo  e  non  giuoco  mai...  quasi mai...

Il Padre - Quasi?!...

Paolo - Se devo essere sincero, ogni tanto faccio una partitina a carambola con gli amici.

Il Padre - Ah, ah!... Caffè con bigliardo? Brutto ambiente.

Maria - Che c'èdi male? Il signore va tutte le sere al caffè, a fare la partita. Non è vero, forse?

Il Padre - Ascoltami bene, Maria...

Maria - Sì, ho capito, me ne devo andare! (A Paolo) Mi raccomando. (Maria esce sulla veranda, ma torna subito sulla soglia e ascolta tutto).

Il Padre -  Finalmente!  Si accomodi,  signor Travi.

Paolo - Grazie.

Il Padre - Dunque, lei è scapolo... voglio dire libero, senza   alcun   legame...

Paolo - Certo.

Maria   -   Giuralo!

Paolo - Giuro. (A una occhiata del padre, Maria finge di ritirarsi, ma torna ad ascoltare).

Il Padre - E... per quanto riguarda il passato?

Paolo (imbarazzato) - Mio Dio... (Maria tende l'orecchio) Niente, le assicuro... piccole cose senza importanza.

Il Padre - E... senza conseguenze, spero!

Paolo - Non  capisco.

Il Padre - Non faccia l'ingenuo. Anche da una rela­zione senza importanza può nascere... (Maria si morde   le   labbra,   trepidante).

Paolo - Non ci mancherebbe altro!

Maria - Ah!

Il Padre (dandosi un contegno) - Va bene, signor Travi. Quando avrò assunto le mie informazioni...

Maria (rientrando) - Un momento! Tutto questo non conta niente.  Sei proprio sicuro di volermi bene?

Paolo - Ne dubiti?  (Maria fa una smorfia) Maria?!

Maria   -   Maria,   Maria!   Sapessi   che  brutti  pensieri mi passano per la testa! Tu viaggi, vai per il mondo, incontri  donne  di  tutti  i paesi...

Il Padre (approvando) - Pensaci, figliuola mia.

Maria (allarmata) - No, no! Già pensato, deciso. Di­cevo così...

Paolo - Anche io, allora, potrei chiederti... Tu mi vuoi bene, lo so; adesso, tra un anno, tra due... ma dopo? A star sola, ti annoierai, e un giorno potresti anche...

Maria (offesa)  - Paolo?'

Paolo - Perdonami, cara, non volevo offenderti, ma mi seccherebbe di fare la fine di qualche mio col­lega. Il commesso viaggiatore è un marito che non si può difendere... è un marito esposto. Ha bisogno di una moglie eccezionale, sicura... (Al padre) Scusi... (Prende la testa di Maria tra le mani).

Il Padre - Giovanotto?!

Paolo - Un momento, per favore. (Fissa Maria negli occhi, a lungo, intensamente. Alla fine è commosso) Perdonami!

Il Padre - Che significa?

Paolo - Niente... questione superata. Del resto, lo sapevo. Questa non è come le altre. Questa è sicura! può sposare anche un marinaio. Ora so perché le altre non mi piacevano.

Maria - Anche a me non è mai piaciuto nessuno.

Paolo - È naturale. E quando m'hai visto la prima volta, hai provato quello che ho provato io. Una cosa straordinaria: riconoscere una persona che non si è mai conosciuta. (Il padre esce inosservato dalla comune) Che pericolo abbiamo corso tutti e due! Un telegramma della direzione, un incidente all'autocorriera... e quel giorno non sarei venuto al negozio e non ti avrei trovata, perché un minuto prima eri andata a casa, a fare un po' di musica, a preparare il pranzo. (Rimangono muti, a guar­darsi) A proposito: hai preparato la crostata?

Maria (contrariata)  - Hai sentito l'odore?

Paolo - Ma no! Lo sapevo, ne abbiamo parlato due mesi fa, ero certo che te ne saresti ricordata. Eh!... Non saresti Maria. Non c'è niente da fare: ci co­nosciamo appena e già funzioni come un orologio. E questo è niente; quando saremo marito e moglie, sempre così, tutto così. Due ruote d'un ingranaggio. Gira l'una, gira l'altra.

Maria - Ora ti dai troppe arie!

Paolo - Niente affatto. Non dipende né da te né da me. Si gira. Che altro possono fare le ruote?

Il Padre  (dalla comune) - A tavola.

Paolo - Grazie, papà.

Il Padre - Papà? Eh, eh!... Un po' presto, giovanotto! (Esce).

Paolo (mortificato, avviandosi con Maria) - Scusi... La prima volta che dico questa parola, a trenta anni...   ed  è  ancora  presto.

Maria (accarezzandolo, commossa) - Povero Paolo!... (Sulla soglia, Paolo si ferma bruscamente, torna indietro allarmato, prende la valigia ed, esce con Maria).

ATTO SECONDO

PRIMO   QUADRO

Un piccolo salotto.

La comune di fronte, una porta a destra e un balcone a sinistra. Da questo lato, un divano e due poltron­cine. Un tavolo al centro. Lo stesso pianoforte della scena precedente a destra. Qualche stampa a colori, qualche soprammobile, qualche vaso di fiori. Sul pianoforte un porta-ritratto, colla fotografia di Paolo e la dedica. A caratterizzare il decoroso cattivo gusto dell'insieme, basta la definizione d'un personaggio: più che un salotto, è una reclame,  una pagina  di catalogo.  Pomeriggio.

(Quando sì alza il sipario, Ines prima e Ines secon­da siedono sul divano, immobili. Il dottor Giolli viene al proscenio).

Giolli (in grande segretezza) - Eccoci in casa di Paolo, nella sua casa sognata, cinque o sei anni dopo il ma­trimonio. Ordine, regolarità, metodo, economia. Maria è un angelo. Maria non si diverte, Maria, spende poco, Maria misura, centellina, decanta la sua piccola vita difficile, come tutte le piccole vite che bisogna tenere sul filo del centesimo e guai a distrarsi. Maria non si distrae. Sapete che sta fa­cendo in questo momento? È in cucina, a organiz­zare nel modo più economico il ricevimento alle amiche. Eccole qua. Sono le mogli di due colleghi di Paolo, viaggiatori di commercio come lui, costretti a viaggiare tutta la settimana. Si chiamano Ines tutte e due. Attenzione! Attenzione!... Non cre­diate che sia una coincidenza casuale. Quando dico Maria, dico Maria, e quando dico Ines, dico tutte. E quindi anche queste due si chiamano Ines e se ne entrasse una terza, sì chiamerebbe Ines anche lei. Anche Paolo Travi ha molti omonimi in questo mondo. Anzi, io non vedo che Paoli, dappertutto. Ma questo è l'unico Paolo che abbia avuto la for­tuna di sposare Maria. Ascoltate. (Esce).

Ines I - Finalmente ha scoperto il tè! (Si alza e si accosta al pianoforte) Speriamo che non ce lo dia amaro come il  caffè  dell'altra volta.

Ines II - Poverina!...  È rimasta quella che era.

Ines I (prendendo il porta-ritratto) - « A Maria, il suo Paolo ».

Ines II - Simpatico.

Ines I - Un po' ordinario...

Ines II - ...ma ti piace!

Ines I (ridendo) - Un altro commesso viaggiatore? Grazie tante! C'è di meglio, se Dio vuole... (Allu­siva)   Anche per  te!

Ines II - Non sarò mai l'amante di un uomo sposato.

IneS I - Preferisci uno che ti stia sempre alle costole? La verità è che non hai coraggio.

Ines II - È un passo piuttosto importante. Lo farò, eh? Sono decisa; ma che cosa vuoi che ti dica... senza un po' d'affetto, di tenerezza... Io ho so­prattutto   bisogno   di...

Ines I - Zitta! (Entra dalla comune Maria, col vassoio).

Maria - Ecco qua! (Mette il vassoio sul tavolo) Il latte... il limone per te, i biscotti, le pastine di mandorla... lo  zucchero  c'è già!

Ines II - Grazie. (Maria versa il tè).

Ines I  (ironica) - Che bel servizio!

Maria - Grazioso, vero? L'ho preso ai « Grandi Magazzini ».  Quell'antipatico del capo-reparto non voleva farmi lo sconto, ma io ci sono tornata col Direttore...

Ines I  (c.s.) - In persona?

Maria - Sì, è stato molto gentile, vuole un gran bene a Paolo...  e così ho risparmiato sedici lire.

Ines I - Anche questo portafiori ai «Grandi Magazzini»?

Maria - Anche il tavolo, le stampe, i soprammobili... Tutto, qui dentro. Dato che abbiamo la comodità...

Ines II - Ma questo non è un salotto: è una «réclame », è una pagina di catalogo!

Maria - No, perché il pianoforte, per esempio...

Ines I - Di marca?

Maria - Magari! Ma gli sono affezionata. (Ines I prende il foglio sul leggio) È una canzonetta che piace a Paolo: lui canta e io...

Ines II   -   Anche   tenore?

Maria - Macché tenore!  Però ha una bella voce.  Se

avesse studiato, se avesse potuto studiare...

Ines I - Peccato!

Maria - Un altro po' di tè?

Ines II - No, grazie. Devo andare. Perché non vieni

anche tu?

Maria - Dove?

Ines II - Al cinema. Fanno un bel film.

Maria  -  Grazie,   cara,   ma  non  ho  voglia...  non  mi sento.  Ho  un forte mal di testa.

Ines II  - Prendi un  cachet.

Maria - Non mi passa. Un altro giorno.

Ines II - Bugiarda! Ho voluto metterla alla prova... (Mostrando il porta-ritratto) Su,  domandagli il per­messo.

Ines I - Ah!  È per questo?

Ines II - Lei al cinema ci va solo la domenica,  col suo Paolo.  Gli altri giorni, proibito.

Maria (vivamente) - Non è vero! Paolo sarebbe contento se mi svagassi, se uscissi più spesso. Crede che io mi  annoi,   invece...

Ines I   -   Ti   diverti?

Maria - C'è sempre qualcosa da fare, in casa. E poi, il  cinema non mi  attira.   Ma  quando  c'è  Paolo...

Durante la settimana, non ci va mai. Di giorno ha da fare e la sera è così stanco, che non ne ha voglia. Gli bastano le fatture, i conti, la corrispondenza con la direzione. Non ha mica il segretario, povero...

Ines I  -  ...Paolo!...

Maria - Una vitaccia. Mi domando se verrà il giorno in cui potrà prendersi un po' di riposo. Ma lo sai che quando cammina, pende un po' da questa parte... la spalla destra più bassa... Ventinove chili, non è mica uno scherzo. Dalla mattina alla sera, col sole e con la pioggia, senza fermarsi mai. E poi il man­giare: oggi qui, domani là, in treno, nelle stazioni... Bella vita! E noialtre qui, a prendere il tè coi bi­scotti, le pastine di mandorla, come se il danaro ci piovesse dal cielo.  Poveri ragazzi!

Ines II - Anch'io ero come te, piena di scrupoli, di ri­morsi...    Auguri, Maria!

Ines I - Perché vuoi toglierle le sue belle illusioni?

Maria - Che significa?

Ines II - Vedi? Non capisce. Suo marito... ha una amante!

Maria   (inorridita)   -   Possibile?

Ines II - Anch'io tenevo la fotografia sul comodino...

Maria  -  E  ora?

Ines II - È sempre lì. Del resto, una scappatella, dopo sei mesi... Ma io non c'ero preparata, forse perché me la dava ad intendere molto bene. Affettuoso, premuroso, geloso... Ogni sabato, un interrogatorio: che cosa hai fatto, con chi sei uscita, hai pensato a me... Che schifo! Mi dispiace per te, cara...

Maria - Che c'entro io? Paolo è diverso, non mi ha mai nascosto nulla... né io a lui. Noialtri abbiamo il sistema.

Ines I - Che sistema?

Maria - Infallibile. Ma per te non va bene. Bisogna avere incominciato subito, come noi, che ci siamo fidanzati quasi senza conoscerci. Lui esitava, ave­va paura. A un certo punto mi prese la testa tra le mani e mi guardò negli occhi, a lungo, intensamente. Poi disse che potevo sposare anche un marinaio. E così, anch'io, ogni volta che torna dal suo giro...

Ines I - Lo guardi negli occhi?

Ines II - Prova a guardare nelle sue tasche, ogni tanto. Non si sa mai.

Maria (sorridendo) - No, no, negli occhi. È più sicuro. Ma, dimmi, cara, gli hai perdonato?

Ines I  Ma sì! Cose che passano!

Maria - Perché, anche tuo marito?...

Ines I - Prego. Mio marito ed io andiamo d'accordo. Non proprio come te e Paolo, ma quasi. Ho anch'io il   mio   sistema.

Ines II (amara) -  Il migliore!

Maria - No. Il migliore è il mio. Del resto, Paolo non sa dire le bugie. La settimana scorsa, voleva darmi ad intendere che gli era capitata un'avventura... una straniera molto « chic », ossigenata, che aspet­tava anche lei il treno alla stazione di Viterbo... no, di Orvieto, e allora Paolo le rivolse la parola... lei sorrise... e si misero a passeggiare su e giù. Bu­giardo! È proprio il tipo, Paolo, di mettersi a pas­seggiare su e giù, in attesa del treno! Siede sulla valigia e non si sposta nemmeno se il treno sale sulla banchina. Tutte trottole per farmi arrabbiare. O forse, questo, sì, è possibile, era lei che voleva at­taccare   discorso...

Ines I e

Ines II (insieme) - Ma Paolo...

Paolo (dalla comune, con la valigia e la borsa di cuoio sotto l'ascella) - Buona sera.

Maria - Paolo!  (Gli corre incontro e gli salta al collo, baciandolo  più volte).

Paolo - Scusatela, non mi aspettava.

Maria - Come mai?

Paolo - Un telegramma della Direzione. Domani si discute il contratto di lavoro, la questione della diaria. Con quello che costano oggi gli alberghi e i ristoranti, anche nei piccoli paesi!  Una vergogna! Io sono  della  Commissione:  per questo  m'hanno chiamato, e parlerò chiaro; abbiamo fissato un mi­nimo e ce lo devono dare. Ma che scherziamo? Sol­tanto  l'anno  scorso,  il  reparto  vendite  provincia ha  avuto  un  incremento  del  quindici  per  cento. Merito  mio,  di  suo marito,  del suo...  Io  ho  pre­parato un memoriale e se il vice direttore mi darà il   suo appoggio, sarò ricevuto dal direttore e forse...
chi sa... dal Presidente in persona. Come sta, signora?

Ines I - Bene, grazie.

Maria - Hai fatto colazione?

Paolo - Sì,  Prenderei volentieri una tazza di caffè.

Maria - Sì, caro, te lo preparo subito. Scusate. (Si avvia, si ferma esitante, torna indietro, prende la testa di Paolo tra le mani, lo guarda a lungo negli occhi, sorride rassicurata, poi rivolgendosi a Ines II alza le spalle e scappa via dalla comune).

Ines I - Maria guarda Paolo, Paolo guarda Maria... Che  comodità!

Paolo (imbarazzato) - È una bambina. Scusatela.

Ines II. - Perché? È così bello... Forse troppo. Arrivederci, signor Travi. Sono in ritardo. No, no, la­sci stare Maria: è troppo occupata a preparare il caffè per il suo povero Paolo. Ciao, cara.

Ines I - Arrivederci.

(Ines II esce dalla comune con Paolo. Ines I torna a sbirciare il ritratto di Paolo, sorridendo   ambiguarnente).

Paolo (rientrando) - Eccoci qua. È più d'un mese, che non vedo Paolo. Ora è in Abruzzo, no?

Ines I - Sì, credo. E lei, da dove viene?

Paolo - Marche, Umbria.

Ines I -  Orvieto?

Paolo -  Perugia.   La provincia di Terni l'ho  fatta la settimana scorsa.  Magri affari.

Ines I - Ma in compenso...

Paolo  -  Che  cosa?

Ines I - Non saprei... Pensavo che l'avventura con la bella straniera alla stazione di Orvieto avesse avuto un seguito.

Paolo (sconcertato) - Anche questo le ha raccontato? Finirà che non le dirò più nulla.

Ines I - Non basta. Dovrebbe mettersi un paio d'oc­chiali   affumicati,   altrimenti   col  vostro   sistema...

Paolo (ridendo) - Già... ma io non ho nulla da nascondere.

Ines I  Sarà... So come vanno queste faccende, questi incontri di viaggio. Mettiamo il caso che fossi stata io, a rivolgerle la parola, alla stazione e in treno, o meglio, nel corridoio d'un albergo, senza testi­moni...

Paolo - Mi è capitato.

Ines I - Ah, dunque...

Paolo - Niente di quello che lei suppone.

Ines I - Si vede che non era il suo tipo. O forse la sco­nosciuta non ebbe abbastanza coraggio? Ma se le avesse sorriso in un certo modo... (Gli si avvicina sorridente, provocante) ...se l'avesse guardato in un certo modo... (Lo sfiora con i capelli) ...se le avesse fatto  sentire il suo profumo...

Paolo - Dico,  signora?!...

Ines I - Se fossi stata io...

Paolo - Se fosse stata lei... Niente. Come quell'altra. Io, cara signora, non perdo mai il mio treno.

Ines I - Peggio per lei. Creda che qualche volta... per­dere il treno, come dice lei, può riservare delle gioie inattese... Ne vale la pena, sa? Perché mi guarda   così?

Paolo - Io? Io la guardo?! Ma nemmeno per idea! Cioè,  sì... la guardo.  La guardo... e non la vedo. Vedo   Paolo,   invece.

Ines I (lusingata) - Sono dunque uno specchio?

Paolo - Macché specchio!... L'altro Paolo! Suo ma­rito!... Che in questo momento sonnecchia in un angolo di seconda classe, cullato dal treno...

Ines   I   -   Si   preoccupa   di   lui?

Paolo - Mi preoccupo di lei, signora... E poi, che vuole da me? Ma non lo sa, lei, che io faccio esattamente lo stesso mestiere di suo marito? Non ho mica soldi da buttar via, sa? E lei, invece... a quanto pare...

Ines I  (furibonda) - Ma come si permette?...

Paolo - Mi permetto di fare i conti che lei mi invita a fare. Lei parla di sorriso... Va bene, quello non costa niente... Ma il profumo?... Chi glielo ha re­galato quel profumo? E quelle calze? E quel vesti­to?... Avanti, risponda! Questo è un modello. (Al­lunga la mano, sente la stoffa) Pura lana! Roba di via Sistina, di via Condotti... migliaia di lire! (Tocca la borsetta) Questa è antilope: migliaia di lire. Poi il cappellino. Altro modello! Migliaia di lire. E poi quello che non si vede. Siamo su! Vergogna! Lei crede che suo marito sia un imbecille, ma non è vero. È che le vuol bene, un bene che neanche se l'immagina! E come potrebbe sospettare, se lei ogni sabato si fa trovare al balcone... gli va in­contro... gli salta al collo... gli fa trovare la casa in ordine, la tavola apparecchiata con i fiori... la cro­stata... Ma stia attenta! Suo marito ha un revolver. Lo porta solo in viaggio, per difesa; non ha mai sparato  un  colpo,   in  vita  sua,   ma   stia  attenta!

Ines I -  Grazie dell'avvertimento.

Paolo - Inutile, vero? Perché lei ha il suo piano. Gli farà trovare la casa vuota, l'armadio vuoto, i cassetti spalancati... e lui chiamerà i vicini, se la prenderà col portiere, chiamerà la polizia. Qual­cuno è commosso, qualche altro sorride... poi se ne vanno alla spicciolata e finalmente l'ultimo gli dice: coraggio, non era degna di te! E quello impazzi­sce!... Ma questo non accadrà. Se quelli del palazzo non vogliono immischiarsi, glielo dirò io a Paolo. Sì, signora. Faccio la spia!... Perché, infine non è giusto, non è ammissibile che un povero marito non debba sapere quello che sanno tutti. Paolo per me è più che un fratello, è un altro me stesso! Al punto che in questo momento devo fare uno sforzo per...

Ines I (con una risata) -Ma non mi faccia ridere! (Esce).

Paolo   -   Disgraziata!

Maria (rientrando, col caffè) - Paolo?!...

Paolo - Cose dell'altro mondo, mia cara Maria!

Maria  -  Che  ha fatto?

Paolo - Niente... Quello che ha fatto a me, non ha importanza.

Maria (capisce) - Brava Ines! Bella amica!... Avevo appena finito di dirle che con te non c'è niente da fare.

Paolo - Ah! Perché? Glielo avevi detto?

Maria  -   Parola   d'onore.

Paolo - Povero Paolo!  (Sospira)  ...Quell'altro.

Maria - Prendi il caffè, caro.

Paolo -  Grazie,  Maria.

Maria - Non ci pensare, su... Anch'io stamane mi son presa   un'arrabbiatura.

Paolo - Il solito farmacista?

Maria - Siamo arrivati ai fiori! Glieli ho rimandati con un biglietto: se non la smette, lo dirò a sua moglie.

Paolo  -  Speriamo  che  gli  giovi.

Maria - Al signor Andrea ha giovato.

Paolo - Chi è il signor Andrea?

Maria - Non te lo ricordi? Te l'ho accennato la setti­mana scorsa. Quel cretino dell'interno quattor­dici. Sono tre giorni che non viene più alla finestra!

Paolo  - L'hai detto a sua moglie?

Maria - Sì. È un tipo robusto.

Paolo - Gli sta bene, Non capisco: noi non diamo fa­stidio a nessuno e gli altri...

Maria - È una malattia. Ci vuole pazienza. Non te la prendere,  caro.

Paolo - Me la prendo per Paolo. Credimi, non ci posso pensare. Ma anche lui, santo Dio... come si fa a sposare una donna raccattata in un bar, senza sa­pere chi è, da dove viene?... Non è mica il solo, sai? C'è una quantità di gente che si sposa così, ad occhi chiusi. Non lo vogliono capire che è una cosa seria, importante. Supponi che l'avessi sposata io, quella Ines: a quest'ora, forse, sarei nella condi­zione di suo marito, sulla soglia della galera. (Maria siede al pianoforte e incomincia a suonare il « Mat­tino » di Grieg) Grazie!... Proprio quello che ci vuole!...

(Paolo socchiude gli occhi, beato. Alla ot­tava battuta Maria commette lo stesso errore del primo atto. Si interrompe e lo guarda avvilita).

Maria - È difficile.

Paolo - Non per te, non per te. Una ripassatina e la suonerai alla perfezione. Da capo.

(Maria, rimane immobile. Il motivo viene ripreso dall'orchestra - un disco - dietro le quinte).

SECONDO   QUADRO

A sipario calato, viene alla ribalta il Dottor Giolli.

Giolli - Qualcuno ha definito il tempo la carie del­l'amore. Non per questi due. Paolo e Maria sono rimasti immobili, nella loro felicità. Questa potreb­be essere veramente una forma di pazzia. Ma le cose io non posso mutarle. Immobili nel loro sorri­so, nella placida metodicità della loro vita, immo­bili nel sentimento fedele, assoluto, che li animò fin dal primo momento. Una fissazione, vi dico. Una terribile fissazione. Il tempo, intorno ad essi scorreva con velocità travolgente, ma essi duri, fermi, aggrap­pati alla loro felicità con una ostinazione quasi comica. Il primo capello bianco? Non fa niente. Il primo reumatismo? Non fa niente. La prima ruga sotto gli occhi? Non fa niente. Il bambino che deve crescere. Non fa niente? È nato da buon seme, cre­scerà bene, è cresciuto, è la consolazione dei geni­tori. Ora ha venticinque anni, una laurea in legge e un ottimo impiego nell'ufficio legale della società dei « Grandi Magazzini ». Paolo non viaggia più, da molti anni. È diventato capo-reparto, ispettore, vice direttore, direttore generale. Niente di strano: l'aveva promesso a Maria, il giorno del fidanzamento. Ora torna a casa tutte le sere come se tornasse da un lungo viaggio in provincia. Tutto come prima.

(Si alza il sipario. La stessa scena con in più un armadio-bar, un tappeto e un telefono sul tavolo).

Paolo e Maria conoscono la mistura magica nella quale si possono conservare intatti per secoli i sogni della giovinezza. Come dei feti nell'alcool. Non par­late di malinconia, per carità. Perché tutti voi, tutti voi, Paoli, avete sognato una vita così e vi date da fare per realizzare una vita così. Eccola, la felicità. Fedeltà. Fedeltà a se stessi. Noi, noi di giorno in giorno rivolgiamo fra le mani i nostri sogni di ieri e vogliamo rifarli, trasformarli, « ag­giornarli ». Noi pretendiamo di infrangere i sogni che ci hanno fatto vivere fino ad oggi con la bella pretesa di crearcene degli altri tutti diversi, per l'avvenire. E il destino, il nostro destino, suda, fa fatica, si da dà fare per accontentarci, ma che cosa pretendiamo dal destino? Non ce la fa, a tenerci dietro, a seguire, le nostre ambizioni, le nostre sma­nie. Paolo, no. Paolo è rimasto fedele al suo primo sogno. Un sogno solo. Ecco il segreto della vita. Fedele a se stesso.

(Entra dalla comune il Presidente, un distinto signore sui cinquanta anni, che ha in mano un album rilegato)

Ecco il Presidente della Società dei Grandi Magazzini, di cui è anche il maggiore azionista: il padrone, insomma, che oggi ha voluto onorare la casa del suo migliore collaboratore. Un gran giorno, per il signor direttore.   (Esce).

Tonino (da destra) - Buona sera, signor Presidente. Si   accomodi,   prego.

Il Presidente - Grazie.

Tonino - Papà viene subito. Ma non era il caso che si disturbasse: domani papà ritorna in ufficio.

Il Presidente - Ma l'anniversario è oggi. Non po­tevo lasciar passare questo giorno, senza esprimere a suo padre tutta la stima, l'affetto, che hanno per lui i novecento dipendenti della ditta. Suo pa­dre, caro avvocato, non è soltanto il direttore: è il pilastro dei « Grandi Magazzini », l'organizzatore sagace, l'animatore instancabile. Non sono parole mie.   (Prende  un giornale e  lo  mostra  a   Tonino).

Tonino (sorpreso, commosso) - Anche la fotografia! Non so come ringraziarla.

Il Presidente - Io non c'entro. È stata la federazione dei dirigenti commerciali. A proposito: domani ci dovrebbe essere il ricevimento, ma forse biso­gnerà  rinviare.

Tonino - Non ci sarebbe ragione. Papà sta benissimo. Niente febbre, niente più tosse. L'abbiamo costretto a stare in casa più che altro per precauzione. Piuttosto, signor Presidente, giacché siamo in argo­mento, vorrei pregarla di fare un altro tentativo...

Il Presidente  -  Per le  ferie?

Tonino - Sì. Si figuri, signor Presidente, che stamane è venuto Girardi, ha cercato di persuaderlo, se non un mese, quindici giorni... Niente. Gli ha risposto: se è per questo che sei venuto, te ne puoi andare.

Il Presidente - Qui ci vuole un ordine.

Tonino  -  Ecco: un ordine.

Il Presidente - Lasci fare a me.

Tonino - Grazie, signor Presidente. Ne fa una que­stione d'amor proprio. Dice che non è stanco, che in vacanza si ammalerebbe, che odia gli alber­ghi. Sono sette anni che non si prende un giorno di riposo:  da quando è stato  nominato direttore.

Il Presidente - Questa volta, dovrà arrendersi.

Tonino  -   Un  liquore,   signor  Presidente?

Il Presidente - Grazie. (Mentre Tonino serve, si guarda intorno, compiaciuto) Non c'è che dire: il signor direttore ha le carte in regola... o piutto­sto la direttrice.  Sono in casa mia.

Tonino - Già... A parte il pianoforte. Prego, (Bevono).

Il Presidente - Lei forse ignora che battaglia dovetti sostenere, in consiglio, per la nomina di suo padre. Non è laureato, non è ragioniere, la tradizione... Ma io tenni duro: voglio Travi perché viene dalla gavetta. E ho avuto ragione.

Tonino - Troppo buono, signor Presidente.

Il Presidente - Sapevo di fare il mio interesse.

(Da destra entrano Paolo e Maria. Sono vecchi con tutti i capelli bianchi).

Paolo (emozionatissimo) - I miei ossequi, signor Presidente.

Il Presidente - Come sta, signora?

Maria  -  Bene,  grazie.

Paolo - Mi perdoni, se l'ho fatto aspettare, ma non potevo immaginare... Sono veramente mortificato. (A Tonino) Ma non gliel'avevi detto al signor Pre­sidente  che  domani tornerò in  ufficio?

Il Presidente - Domani non è oggi. Ho voluto conse­gnarle personalmente... questo! (Gli porge l'album).

Paolo - Grazie. (Cerca affannosamente gli occhiali. Li  inforca)   Oh!...   (È   commosso)   Guarda, Maria.

Il Presidente  -  Legga la  prima pagina.

Paolo - « A Paolo Travi, il Presidente, il consiglio di   amministrazione,   i   dirigenti,   il   personale... ». Oh, signor Presidente... Io la ringrazio con tutto il cuore, ma non c'era bisogno... non era il caso. Non ho fatto niente per meritare... niente... sono invec­chiato là dentro, ecco.

Il Presidente - Lei, caro Travi, ha un grande se­greto:  sa  parlare  al  cuore  dei  suoi   collaboratori.

Paolo - Sono bravi ragazzi. Per uno come me, che ha fatto la trafila... fattorino, commesso al banco, viaggiatore, capo-reparto, ispettore... è facile an­dare d'accordo con tutti.

Il Presidente   -   Meno uno.

Paolo   -   Chi?

Il Presidente - Io. Non basta saper comandare, caro Travi: bisogna anche sapere obbedire.

Paolo (turbato) - Ma io credo di avere sempre...

Il Presidente - Non sempre. La settimana scorsa le ho dato un consiglio. Speravo che lei capisse, invece, proprio oggi, nel quarantesimo anniversario del giorno in cui lei fu assunto ai « Grandi Magaz­zini » devo darle un  ordine tassativo,  perentorio.

Paolo  (rischiarandosi)   -  Le  ferie?

Il Presidente - Precisamente!

Maria  (con slancio)   -  Grazie,  signor  Presidente.

Paolo (sbirciando Marta e Tonino) - Questa è congiura.

Il Presidente   -   Un  ordine.

Maria - Ti sta bene! È l'uomo più testardo del mondo.

Paolo - Ma io non ho nessun bisogno, non ho voglia di...

Il Presidente - Conosce il Casentino?

Paolo - Altroché! Ho fatto la Toscana per dieci anni,

Il Presidente - Nel Casentino, tra Bibbiena e Pratovecchio, posseggo una villetta e un pezzo di terra...

Paolo - Non ci vado!

Il Presidente - Domani telegraferò al fattore e darò le chiavi a suo figlio.

Maria   -   Bravo!

Paolo - È un sopruso!1 Che vado a fare, nel Casentino? Io            ho bisogno di lavorare, di arrabbiarmi. E quanto ci dovrei stare?

Il Presidente - Un mese. La sua vacanza.

Paolo - Con due mesi di anticipo?

Il Presidente - Con sette anni di ritardo.

Maria (gongolante di gioia) - Ben detto, bravo!

Paolo (costernato) - Se è un ordine...

Il Presidente - Così va bene.  (Si alza). Arrivederci, caro Travi e buone ferie, (Tutti lo seguono).

Paolo  -  Grazie,   signor Presidente.  Mi  darà  almeno

il    tempo di fare le consegne a Girardi...

Il Presidente - Certo. Domani, intanto, ci vedremo al ricevimento.

Paolo - Ma non occorre che si disturbi. Lei ha tanto da fare!...

Il Presidente - Alle sei.

(Esce con gli altri che rien­trano subito dopo: Maria, poi Tonino, ultimo Paolo ancora tutto   commosso).

Maria - Sei contento?

Paolo - Se m'avessero detto che un giorno il Pre­sidente sarebbe venuto a casa mia... che m'avrebbe messo a disposizione la sua villa. Altro che villetta! Mi contenterei che non fosse un castello. Che cara persona!... (Siede, prende distrattamente il giornale, Tonino parla sottovoce a Maria. Entrambi guardano Paolo che sta scorrendo i titoli e che ad un tratto sussulta, sì volge a Maria, torna a leggere, emozio­nato)  E  non  mi  dicevate nulla?

Maria - Che cos'è?

Paolo -  Guarda!

Maria - Oh Paolo!... «L'organizzatore sagace, l'ani­matore   instancabile... ».

Paolo (gongolante) - Le solite bugie dei giornali!... (A Tonino) È molto diffuso questo giornale, non è vero?

Tonino - In tutta Italia.

Paolo - Chissà quanta gente, in provincia, vedendo la fotografia, dirà: accidenti, che carriera! Come ha fatto a diventare direttore generale?

Maria - Ha lavorato.

Paolo - Sì, certo. Ma ho avuto fortuna, anzi ne ho avute molte   fortune,   nella   vita.

Maria - È bello il Casentino?

Paolo - Molto bello. Ha detto: tra Bibbiena e Pratovecchio, sì, sì, è una zona che conosco bene... ci sarò passato cento volte. Bibbiena: « Nardini e Bacci ». Pratovecchio: « Alla città di Firenze». Arezzo: « Giotto Bucciolini e figlio»... Giotto Buccio-lini sarà morto... ora c'è il figlio. Cortona: «Felice Baroncini »...

Tonino - Mi sembri Napoleone a Sant'Elena: Marengo, Austerlitz,   Jena!...

Maria -  Sei un impertinente.

Paolo - Ha ragione. Ognuno ricorda le sue battaglie. Io, però, non ho ammazzato nessuno: neanche Giotto Bucciolini.

Tonino - Giusto (Guarda l'orologio) Be', io vado. Ho un appuntamento qui al  bar.

Paolo - E non lo puoi rimandare?

Tonino - Se hai bisogno di me...

Paolo - No, no. Credevo di potermene stare un pochino qui con voi...

Tonino - Ci staremo più tardi, dopo cena. Va bene?

Paolo - Sì.

Tonino - Arrivederci. (Si avvia).

Paolo (un po' agitato) - Tonino?!

Tonino - Che  c'è?

Paolo - Ti sei riconciliato con l'avvocato Grassi?

Tonino - Non siamo mica scesi sul terreno. Una pic­cola   divergenza, già appianata.

Paolo - Ecco. Grassi è più anziano, forse un po' geloso...

Tonino - Ma no! Andiamo d'accordo.

Paolo - Tonino, sei contento del tuo lavoro?

Tonino - Abbastanza, Certo, la mia aspirazione è la professione libera, lo sai.

Paolo - Bene. L'importante è lavorare.

Tonino - È quello che faccio. Ti hanno forse detto che?...

Paolo - Oh no! Al contrario.

Tonino - E allora, stai tranquillo. Scusa, papà, ma sono in ritardo.

Paolo - Va', va'!

Tonino  (si china a baciarlo in fronte).

Paolo - Ciao, Tonino. (Indugia a carezzarlo. Tonino si avvia, lo segue con lo sguardo) Ciao... (Lo saluta ancora con la mano, resta assorto, mentre Maria mette a posto la bottiglia e i bicchierini) Quel ragazzo ti  darà  molte  soddisfazioni.

Maria - Soltanto  a me?

Paolo - Dicevo così, perché pretendi di volergli più bene di me, e non è vero... mi sto accorgendo che non è vero.

(Si alza ed esce a destra. Maria rimane assorta. L'orchestra dietro le quinte esegue il « Mat­tino » di Grieg. Rientra Paolo con il cappello in testa, l'ombrello, la borsa di cuoio sotto l'ascella, l'impermeabile sul  braccio  e la valigia.   L'orchestra  tace).

Maria (alzandosi sbalordita) - Dove vai?

Paolo - Parto. Non lo vedi?

Maria - Parti? (Paolo annuisce sorridendo) Col cam­pionario? Ma sei pazzo?

Paolo   -   Devo   partire.

Maria (allarmata) - Ma che dici, Paolo? Mio Dio! (Gli tocca, la fronte).

Paolo (sempre sorridente) - No: non è la febbre.

Maria - Ma dove vuoi andare? L'hai detto tu che devi fare le consegne a Girardi... dare tutte le di­sposizioni...e poi anche il ricevimento.... Io stessa, ho   bisogno   di   qualche   giorno   per   prepararmi...

Paolo (accarezzandole i capelli) - Non capisci, Maria? « Devo » partire.  (Un rintocco di campana lontana).

Maria (lo scruta, intuisce, gli si aggrappa con un grido) - No?!...

Paolo - E'ora.

Maria (disperata) - Non è possibile! Non ti lascio andar   via!

Paolo - Brava! Come se dipendesse da me.

Maria - Ma tu non hai avuto che una indisposizione, ora stai bene. È stata l'emozione di poco fa... il giornale... il Presidente...  Maledetto!

Paolo - Non dire così. Mi ha dato la più grande soddisfazione della mia vita... Ed è per questo, forse, che me ne devo andare, perché è un bel giorno.

Maria (collocandosi davanti alla comune) - No, no Tu non esci da questa porta! È inutile che insisti: mi metto a gridare! Via quella valigia, quel cappello! (Scuotendolo) Mi senti, Paolo? Te lo sei scelto bene, il giorno, ma ci sono anch'io, sai? Siamo o non siamo due ruote? Se si ferma l'una, si deve fermare anche l'altra.  L'hai detto tu.

Paolo - L'ho detto quando eravamo noi due soli... Ma ora...

Maria - Tonino è grande, non ha più bisogno di me.

Paolo - Deve ancora formarsi una famiglia. È bene che tu gli sia vicino.

Maria - Sì, forse. Ma non posso, capisci?... Che sto a fare, qui, se te ne vai?

Paolo - Te l'ho detto.

Maria - Hai ragione, ma temo di annoiarmi.

Paolo - Un po' sì, per forza. Ma Tonino sarà un buon diversivo. Poi verrà un nipotino... È così Maria: tu hai ancora da fare qui. E poi, non sarebbe giusto: sei più  giovane.

Maria - Di quattro anni. Sono vecchia anche io, Paolo, più vecchia di te. Perché tu stai bene, sei sempre stato bene. Non è possibile che da un mo­mento all'altro... Come faccio, signore? Ci fosse almeno  Tonino!   Perché  l'hai  lasciato  andar  via?

Paolo - Aveva da fare; non hai sentito? I giovani hanno sempre molto da fare. Che ne sapeva lui, che non potevo aspettare fino a stasera? (Si avvicina a Maria che s'è buttata sul divano a singhiozzare e, l'accarezza lievemente) Non fare così, Maria. Non devi piangere... Non c'è ragione...

Maria (alza gli occhi su di lui).

Paolo - Ma sì! Il Presidente non ce l'aspettavamo, ma che dovessi partire prima o poi...

Maria - Questo è un tradimento.

Paolo - Anche per me, se devo essere sincero. Quand'ero giovane ci pensavo spesso. Da vecchio, invece, forse perché tutto andava così bene... È che ci si abitua a vivere. Più il tempo passa e più ci si prende gusto e allora quando viene il giorno... Ma non sono triste e neanche tu devi esserlo. Non è la prima volta che mi vedi partire, E poi non vado così lontano... anzi è il mio più breve viaggio... quat­tro passi. (Le porge la chiave) Questa è la chiave della scrivania. Nel primo cassetto a destra c'è la mia polizza d'assicurazione, un po' di danaro e il libretto di conto corrente... poi ti daranno la mia liquidazione... È un conto piuttosto complicato ma ci penserà Tonino. Debiti non ne ho.

Maria - Basta, ti prego.

Paolo - Sì, cara. Se non fosse per le tue lacrime, me ne andrei contento. Davvero, sai? Vorrei che la tua vita continuasse come prima. Vedi? Il sole è tramon­tato. Tra poco andrai sul balcone; innaffierai le tue rose, i tuoi gelsomini. Questo, vedi, questo mi dispiace: che non sentirò più il profumo dei tuoi gelsomini.

Maria - Te li porterò, e anche le rose: tutti i miei fiori.

Paolo - Grazie. Anche per questo, devi restare. Se ce ne andassimo tutti e due...

MARIA - Ci penserebbe Tonino.

Paolo - Non così spesso. I primi mesi, forse, il primo anno; poi... Quello ha da fare, capisci? Tu, invece...

Maria - Tutti i giorni.

Paolo - Ecco. Così voglio lasciarti: serena, sorridente, come   ti  ho   sempre   conosciuta.

Maria (con uno sforzo) - Te lo prometto. Non mi costa mica molto, sai? Perché io ci credo, ci credo sul serio all'altra vita.

Paolo - Anch'io ci credo. Se no, mi seccherebbe. Al­legri, Maria! Ci si rivede!

Maria - Presto.

Paolo - Quando avrai sistemato Tonino. Tanto, posso aspettare. Che fai?

Maria (va al balcone e rientra con una rosa che infila all'occhiello di Paolo) - Tra una settimana, ne avrò di più belle...

Paolo - Basta il pensiero. Di' Maria... ti ricordi la prima volta che venni a casa tua, con quelle quattro roselline striminzite? Che figura! (Ride).

Maria (ridendo, al ricordo) - Ti dissi: oh, che bei fiori!...

Paolo - La prima bugia.

Maria - L'ultima.

Paolo (accarezzandola) - Lo so. Sei stata meravigliosa, Maria... È meglio che me ne vada, se no...

Maria - Ora sei tu!

Paolo - No, niente lacrime! Dammi un bacio.

Maria - Sì. (Si baciano. Maria gli porge la valigia, la borsa, l'ombrello e l'impermeabile, si accorge che il cappello è impolverato e lo pulisce con la manica). Ecco.

Paolo - Grazie. Non dimentico nulla, è vero? (Maria accenna di no) Ciao,  Maria.  Salutami Tonino.

Maria - Sì.

Paolo - Arrivederci.

 

(La porta si apre magicamente e Paolo esce).

Maria (dalla soglia) - Buon viaggio, Paolo!...

(Resta assorta, poi si scuote, va al pianoforte, guarda la foto­grafia di Paolo, apre le braccia in un gesto di scon­finata desolazione e si abbatte piangendo sul piano­forte. Dall'interno, il pianoforte accenna le prime due battute del « Mattino » di Grieg).


ATTO TERZO

Saletta interna d'un piccolo bar.

Cinque o sei tavoli, una dozzina di sedie, un paio di vecchie stampe scolorite e un ventilatore che scende giù dal soffitto, fermo. A destra, l'ingresso a due bat­tenti, uno aperto, l'altro chiuso. Di fronte, una finestra alta.   Pomeriggio.

(Quando si alza la tela il cameriere seduto a un ta­volo di fronte, sonnecchia. Viene alla ribalta il Dottor Giolli).

Giolli - Questa storia finisce dove avrebbe dovuto incominciare: nel bar del Passeggero, un locale di terza categoria, presso la stazione. Il sogno di Paolo è finito. Ora che avete visto che compagna impa­reggiabile sia stata per lui la piccola. Maria, farete la conoscenza di Ines, della vera Ines, e di Michele Lo Piano: personaggi reali, non fantasmi, così come sono veri i fatti accaduti in questo caffè, in un afoso pomeriggio d'estate, circa due anni prima della fuga di Ines Travi. Quel giorno Paolo doveva partire per l'Abruzzo: Tagliacozzo, Avezzano, Aqui­la, Celano... Il solito giro. In uno di questi paesi, non so quale, avrebbe forse trovato la sua Maria... l'avrebbe riconosciuta subito, si sarebbero guardati negli occhi. Non è assolutamente sicuro che tra Paolo e Maria le cose sarebbero andate così bene come avete visto. Ma su questo Paolo non ha il più piccolo dubbio. Egli giura che Maria esiste, che era la sua donna, che l'avrebbe reso felice, che la sua vita sarebbe stata... un sogno, lo sarebbe stato se... ecco il punto;  «se»...  (Esce).

Paolo (entra stanco, accaldato, con la valigia e la borsa di cuoio sotto il braccio, va al primo tavolo di sinistra, si toglie la giacca, attaccandola alla spalliera della sedia; mette la valigia sulla sedia, apre la borsa, ne toglie alcune fatture, tira fuori matita e taccuino, batte la matita sul tavolo)

Il Cameriere (svegliandosi) - Eccomi! E' lei, signor Travi?

Paolo - Tu dormi sempre, eh?

Il Cameriere - Per quello che c'è da fare... Espresso?

Paolo - No, dammelo freddo, con molto ghiaccio... (Sbuffa) Guarda questa camicia... per avere at­traversato la piazza! Non si potrebbe... (Indica il ventilatore).

Il Cameriere - È guasto. (Uscendo) Caffè in ghiaccio!...

Paolo  (si mette a scrivere).

Il Cameriere (rientra col caffè) - Eccolo servito, signor Travi. Dove va?

Paolo - Tagliacozzo, Avezzano, Aquila, Celano, Sul-mona...

Il Cameriere - Un bel viaggetto.

Paolo - Come no? Io faccio il turista.

Il Cameriere - Se non altro, sentirà fresco.

Paolo - Per due giorni. Poi incominciano le dolenti note: Pescara, Francavilla, Teramo, Ascoli... Un giro d'inferno. Neanche a farlo apposta, ho perso tutta la mattinata a mettere a posto il campionario, se no sarei partito alle 9,25.

(Entra Ines, Abito estivo, una grande I sul giacchetto, borsetta a tracolla. Siede al tavolo di centro, s'asciuga il sudore, si da un po' di cipria. Notando lo sguardo di Paolo, il cameriere si volta con una smorfia espressiva, si congeda da Paolo e va da Ines).

Il Cameriere - Che cosa diamo alla signorina? Gelato, granita,   mantecato?...

Ines - Spremuta di limone. Penna e calamaio, per favore.

Il Cameriere - Bene. (Esce).

(Paolo si è rimesso a scri­vere, ma lancia continue occhiate a Jnes finché chiude il  taccuino  e  la  guarda  fissamente).

Ines (dandosi la cipria) - È la terza spremuta oggi, un caffè e un panino e non riesco a perdere questi tre chili. Marisa mangia come un porcello e pesa meno di me. Dovrei camminare di più, ma con questo caldo non mi va.

Paolo (tra sé) - Che bella!

Ines - Domani voglio fare due bagni: mattina e pomeriggio. Tanto, non mi farà male. Per quello che mangio...

Paolo (c.s.) - ...diciannove, venti non di più. Bella bocca.

Il Cameriere   -   Ecco,   signorina.

Ines - Grazie. (Toglie dalla borsetta un foglio e una bu­sta e si mette a scrivere. Il cameriere ammicca a Paolo che lo chiama con un gesto).

Paolo - Cliente?

Il cameriere - Mai vista.

Paolo  -  Molto  carina.

Il Cameriere (ammiccando) - Me ne devo andare?

Paolo - Magari! Con le donne, caro mio, ci vogliono due cose: tempo e quattrini. Tempo non ne ho, quattrini nemmeno.  Tieni!  (Gli dà denaro).

Il Cameriere - Grazie.

Paolo   -    Peccato,    perché...

Il Cameriere - Varrebbe la pena di perdere il treno, eh!

Paolo (reciso) - Questo mai. Se l'avessi incontrata ieri che era domenica... siamo sempre lì: tempo!... (Si rimette a scrivere, sospirando. Il cameriere esce).

Ines (scrivendo) - ...« tre camere, cucina, bagno e un piccolo corridoio. Con due finestre e un bel bal­cone a mezzogiorno, dal quale si gode una magnifica vista ».  (Cerca le frasi)

Paolo - ...romantica.

Ines (c.s.)- ... « con tre mesi di deposito e uno anti­cipato ». (Pulisce con stizza la penna sull'orlo del ca­lamaio)   Che  razza  di  penna!

Paolo   -   Nervosetta!

Ines (c.s.)- ... « ti prego di spedirmeli subito, perché sono in bolletta, tanto per cambiare ».

Paolo (tormentando la stilografica che vien fuori con due o tre matite, dal taschino) - Vorrei essere io il desti­natario  di quella lettera.

Ines (c.s.) - ... « cara zia Adelaide... (Rompe il pennino) Lo   sapevo.

Paolo (si alza e va al tavolo di Ines con la stilografica in  mano)   -   Prego.

Ines - Grazie, molto gentile.  Questa penna, infatti...

Paolo - Sempre così, nei caffè. La penna non scrive, il ventilatore è guasto, il giornale non c'è... e il caffè sa   di  cicoria.

Ines - Approfitto della sua cortesia: un minuto.

Paolo - Prego, signorina. Non ho fretta. (Accenna un inchino e torna al suo tavolo).

Ines (tra sé) - Assomiglia a quel lavorante di Armando che m'ha fatto la permanente la penultima volta. Si chiama... Come si chiama? Renato!

Paolo (tra sé) - La frase non era molto spiritosa, ma un sorrisetto di convenienza me lo poteva fare.

Ines (scrivendo) - ...« tanti baci dalla tua piccola. Ines ». (Guarda l'orologio prima di scrivere l'indirizzo).

Paolo (c.s.)- Aspetta qualcuno. Forse l'amante. Ma se l'aspetta, non gli scrive. Perché? Non può averne due... tre? Bum! Dieci! Messalina! Ecco, ha finito. Se mi alzo, capirà che le tengo gli occhi addosso. Aspettiamo   che   si   muova.

Ines   -   Ecco...

Paolo  (si precipita)  - Già fatto?

Ines -  Sì,  grazie…

Paolo - È stata di parola, ha detto un minuto e infatti... (Sbircia l'indirizzo) Scrive bene, vero?

Ines - Benissimo.

Paolo (si china a leggere l'indirizzo) - È una buona penna, americana... (Un attimo di incertezza, un inchino  e  via).

Ines (tra sé) - La prossima volta che vado a farmi la messa in piega, gli voglio domandare se ha un fra­tello che gli assomiglia.

Paolo (c.s.)- La cicoria... la penna americana... Ma si può essere più stupidi di così?

Ines   (beve)   È   calda!

Paolo (c. s.) - Adelaide Ferretti. Milano. Sarà sua madre. Ce l'ha il tipo della milanese... Che classe! È straordinaria! Mi dà un senso di primavera.

Ines (sfoglia svogliatamente una rivista in rotocalco) -Un costume da bagno come questo l'ho visto in via Veneto. Costume giallo, scarpette gialle... la cuffia ce l'ho... un bel fazzoletto di seta rosso...

Paolo (c.s.)- Per dirle che cosa? Mi dia il suo numero di telefono e non prenda impegni per sabato sera perché ho intenzione di farle la corte...

Ines (leggendo) - ... « questo cane si chiamava Tom... ». Io lo chiamerò Bob. I barboni sono spassosi, ma a me starebbe meglio un levriero o anche un bassotto piccolo piccolo. Purché la sarta si ricordi della pro­messa.

Paolo (c.s.)- Bell'affare! Io rinunzio a partire e un minuto dopo arriva lui e se la porta via! No, cara! La donna che mi farà perdere il treno non è ancora nata! Ciao. (Si rimette a scrivere).

(Ines si alza ed esce. Paolo la segue con lo sguardo, esita, poi si alza a sua volta e si affaccia alla porta. Sbircia)

Paolo Un altro caffè freddo. (Torna al suo tavolo, indossa la giacca, poi si pettina).

Il Cameriere (col caffè) - Sta telefonando.

Paolo  -  Che  me  ne  importa?

Il Cameriere   -   Credevo...

Paolo  -  Che  cosa  credevi,   sentiamo?

Il Cameriere - Niente. Mi scusi... Pensavo che, appro­fittando  che  non  c'è  nessuno...

Paolo - E dai. Io devo partire... E poi, non è il mio tipo. Fisicamente, niente da dire: è a posto, molto a posto... non sono mica cieco. Ma si dà molte arie.

Il Cameriere - Sa di essere carina.

Paolo - Bravo! A me piacciono quelle che non lo sanno. Quella lì, non le basta di essere corteggiata: ha bi­sogno  di  sentirsi  ammirata.   Conosco  il  tipo.

Il Cameriere - Naturale! Uno come lei, che viaggia sempre...

Paolo - Puoi immaginare se me ne son capitate, in sette anni. Come questa, non molte eh? Anzi poche... nes­suna, forse... la guardavo adesso, mentre andava a telefonare: è chic, è armoniosa... puro sangue.

Il Cameriere - Beato chi se la gode.

Paolo - Il solito banchiere... commerciante... Il denaro, caro mio! Ma ora aspetta l'altro, quello del cuore.    Appuntamento    clandestino.

Il Cameriere - Beati loro.  (Esce).

Ines (Rientra e torna al suo tavolo. Fra sé) - Non ci credo che il cucciolo è morto; l'avrà regalato a una cliente di   riguardo.

Paolo (fra sé) - ... sì, sì... anche il modo di camminare. Deve essere una « mannequin ». Via Condotti. Donne aride, venali. Vogliono soltanto divertirsi e finiscono   male.

Ines (leggendo) - Neanche la tintarella alle gambe, per risparmiare le calze. Quanti bagni ho già fatto? Uno, due... tre...

Paolo (c.s.)- Ha l'aria preoccupata.

Ines (c.s.)- Cinque!... Quell'olio di noce non vale niente.

Paolo (c.s.)- Non è vero che finiscono male: quando sono così carine, trovano sempre quello che chiude un occhio. (La guarda attentamente). Eppure... No, no, niente banchiere!... Macché!... Un orologio di metallo, neanche un braccialetto, una collana, un anellino... stoffa di poco prezzo...

Ines (guardandosi le mani) - Anche questo smalto è una   bella   fregatura.

Paolo (c.s.)- Non è felice,

Ines (fra sé) - Ha ragione Marisa: non so comprare.

Paolo ((c.s.) - Dove ho visto due mani così? Per una carezza di quelle mani, darei... Quanto? Sentiamo, sentiamo! Chissà che cotta! Il lunedì sarebbe un brutto giorno, ma il sabato, il primo saluto dal balcone... Poi l'abbraccio sul pianerottolo, la casa in ordine, la tavola apparecchiata con i fiori. Io non tornerei mai a mani vuote. Da Benevento il torrone, o una bottiglia di Strega da offrire alle sue amiche... il panforte da Siena, un dolce, un oggetto, piccole cose, ma per lei... (Riprendendosi) Allora sì che varrebbe la pena!... Non come adesso, che parto e arrivo, arrivo e parto e mai un cane che mi dica: buon viaggio, Paolo... ben tornato... come stai?... Niente. Un disgraziato.

(Ines dopo aver frugato nella borsetta si alza ed esce)

Un'altra telefonata. (Guarda l'orologio) Vorrei vederlo in faccia questo Don Giovanni che si fa aspettare! Sarà meglio di me, non dico di no, ma se invece di trovarmi in manica di camicia con questa brutta valigia, m'avesse visto scendere da una lussuosa sei cilindri, a quest'ora avrebbe il torcicollo.

Il Cameriere (entrando) - È andata a comprare le sigarette.

Paolo  - Tanto  piacere.

Il Cameriere - Aspetta un'amica. Ha detto: se entrasse una ragazza così e così, le dica che torno subito.

Paolo - Naturale! Io l'avevo capito! È una brava fi­gliuola. Onesta. Se fosse una di quelle, a quest'ora sarebbe al Lido, in  Riviera,  a Viareggio...

Il Cameriere - Allora, meglio non perdere il treno.

Paolo - Come sarebbe a dire?

Il Cameriere - Se è onesta...

Paolo - Perché se ci fosse da fare, secondo te... Sta­rei fresco, se ogni volta che mi capita... Non c'è giorno che, se volessi... In treno, nelle stazioni, in albergo... Siamo vaccinati, caro Remigio. E poi... (ammicca)    non    sono   libero.

Il Cameriere  -  Lo  credo  bene.   (Esce).

Paolo (appena il cameriere gli volta le spalle, cambia espressione fissando la valigia, con uno sguardo cattivo) - Eccola qui, la mia amante, la padrona!...

Io   propongo  e  lei  dispone,  lei parte  e io  dietro! Mi dispiace, ma con questa qui non ce la può. L'avessi incontrata ieri, forse... Perché non è vero che sono timido: sono un uomo serio.  Per questo, mi sarei fatto avanti, e in un  modo o nell'altro  l'avrei costretta ad  ascoltarmi...  finché  si sarebbe  accorta della differenza.  Uomo serio, positivo, diverso daisoliti...   (Entrano Marisa e il cameriere).

Il Cameriere - ... no, signorina, è qui all'angolo. Ve­drà che  torna subito.  Ecco  il tavolo.

Marisa - Grazie. Mi dia un'aranciata. (Si mette a sfo­gliare   la   rivista).

Paolo - Anche questa... figlia di famiglia, impiegata... Ho capito tutto! però è bella! (Guarda l'orologio e si rivolge alla valigia)   Non  te lo faccio perdere il treno, stai tranquilla. La  voglio  rivedere  per l'ultima volta. Tra un mese, tra un anno, me la ri­corderò ancora... ogni donna me la ricorderà, così alta, dritta... Non è vero che si dà le arie. È la sua bellezza  che  incute  rispetto...

Il Cameriere   (con   l'aranciata)   -   Servita.

Marisa - Grazie.

Il Cameriere - Eccomi,  signore.  (Va da Paolo),

Paolo  -  Non  t'ho  mica  chiamato.

Il Cameriere (a bassa voce) - Questa è una cliente... Giorgina la conosce. Viene tutte le mattine a pren­dere l'espresso.  Deve abitare da queste parti.

Paolo - Uffa! Io devo partire, Remigio! Aspetto l'ul­timo minuto, perché fino a che il treno non si muove, c'è da crepare. Lasciano i vagoni al sole per sei, sette ore e poi... favoriscano, signori! (Mostra l'orologio) Alle 15,55 esco, attraverso la strada, passo per l'uf­ficio del personale viaggiante... mi conoscono tutti... e sbuco proprio davanti al penultimo vagone; la vettura mista di prima e seconda. Metto a posto il bagaglio e il treno si muove. M'affaccio al fine­strino e respiro. Capisci, Remigio? Tutto calcolato.

Il Cameriere - Se non lo sa lei, quello che deve fare...

Paolo - Bravo! Per questo mi son trovato bene nella vita: perché ho sempre saputo quello che « devo » fare. In ogni circostanza. Il dovere! Vuoi fare una cosa? Nossignori: ne devi fare un'altra. Non la vuoi fare? Lo   « devi »!

Il Cameriere - Capisco quello che dice lei, ma non è divertente.

Paolo - Che significa, divertente? Non siamo mica nati per divertirci.

Il Cameriere - Ah, no?!

Paolo - Per lavorare! Tu vai e vieni dal banco, il barista si gode il calduccio delle macchine dell'espres­so... e io vado a Tagliacozzo.

 

(Entra Ines. Il cameriere   se   ne   va).

Marisa - Scusa, cara, ma non è colpa mia. Ho incontrato quel chiacchierone di Zerbini.

Ines  -   È  qui?

Marisa  Di passaggio. Vorrebbe combinare, per questa sera.

Ines (seccata) - Con quale vestito?

Marisa   -   Così...

Ines - Da dattilografa in vacanza. Quello, poi, vuole andare a ballare e... No, no!... Vado al cinema, vicino a casa mia. Lì sono a posto. (Durante questo dialogo Paolo non ha fatto che guardare Ines e l'orologio. Dai suoi gesti, dall'espressione, traspare l'orga­smo, l'angoscia da cui è pervaso, a misura che si approssima il momento della partenza) Di', Marisa... A chi assomiglia quello lì?

Marisa - Non saprei.

(Accorgendosi di essere guardato, Paolo si dà un contegno. Con studiata lentezza racco­glie le carte,  chiude a chiave la borsa).

Ines - A Renato, il lavorante di Armando.

(Appare sulla soglia Michele Lo Piano. È a lutto, ha in mano una tazza di caffè, guarda Paolo).

Marisa - Forse... un po'...

(Paolo afferra la valigia e si avvia).

Lo Piano (muovendo incontro a Paolo) - Ma sì, che è lui... Come sta, signor Travi?

Paolo - Bene, grazie, ma...

Lo Piano - Non mi riconosce?... Lo Piano, Michele Lo Piano...   pensione   Scheggia,

Paolo - Ah! Sì... Lo Piano... Come no?... Scusi, se non l'Tho riconosciuto subito, ma dopo tanti anni...

Lo Piano - Otto. Abita sempre lì?

Paolo - No.

Lo Piano - Infatti...  sarebbe più magro.

Paolo - Già. Non si mangiava molto bene. (Occhiata all'orologio e ad Ines) Scusi, se non mi trattengo, ma mi va via il treno. Arrivederci. (Gli tende la mano).

Lo Piano (trattenendolo) - Porto il lutto per mia madre. Una sequela di disgrazie. In aprile, il concorso per rientrare in ruolo. Io sono alla Direzione Generale del Lotto... ventiquattro posti... m'hanno fatto ri­sultare ventisettesimo. Il sei maggio, mia madre, poi la moglie a letto con la setticemia e ora Cesarino col morbillo. Cesarino sarebbe il secondo: ne ho tre.

Paolo (con un'ultima occhiata a Ines, soffocato dall'emo­zione) - Ci vuole molto coraggio!

(Esce di corsa. Lo Piano lo segue).

Ines - Tutti questi denari, proprio in questo momento.

Marisa - Mi dispiace di non poterti aiutare.

Ines - Me la caverò. Domani, intanto, vado al mare.

Marisa - Non è un rimedio.

Ines - Lodici tu. I guai esistono per chi ci pensa. (Incolla  il  francobollo   sulla   busta)   Espresso. Domani lo riceve e, fra tre giorni, mi rimetto in fondi. (Canticchiando e accompagnandosi con lo schioccare delle dita) « Non t'arrabbiare, la vita è breve, ciò non si deve dimenticar»... Di', Marisa... Sai che ho fatto una  conquista?

Marisa - Tanto per cambiare.

Ines - Quello che è uscito adesso, con la valigia. È stato lì un quarto d'ora, a mangiarmi con gli occhi, ma non ha osato. Io vado pazza per i timidi.

Marisa - Sono così rari... La settimana scorsa, me n'era capitato uno come si deve, di quelli che seguono a distanza, si fermano a guardare le vetrine... leg­gono i manifesti... proprio come piacciono a me.. invece era un balbuziente.

Ines - Tanto meglio!

Marisa - No,  m'ha fatto pena,

Ines - Già... Tu ti commuovi anche al cinematografo. Di', Marisa... (Mostra le scarpe) Ti piacciono?

Marisa - Molto... ti stanno proprio bene... Ma?... (Ines mostra la mano) L'anello? (Ines soffia come per dire: volato via) Sei una sciagurata!

Ines - Lo dice anche la zia Adelaide. Al mio posto, sa­rebbe padrona  di  tutta  Milano.

Marisa -  Ha  ragione.  Una  come  te...

Ines - No, ti prego. Sono già così triste! Povero Bob!...

Marisa - Bob?

Ines - Il mio cane. L'avrei chiamato così, se quella mascalzona della sarta... L'ha regalato a un'altra, capisci?... Non ci posso pensare! E poi, non è soltanto Bob.   Mi   mancano   molte   cose,

Marisa - Due dita di giudizio.

Ines - Per quello c'è tempo. Oggi come oggi mi manca l'automobile... un guardaroba ben fornito, una bella casa, una cameriera chic e un cane piccolo piccolo. Se almeno mi capitasse un balbuziente!

(Rientra Paolo un po' stravolto, con la valigia e la borsa) Eccolo, il mio amore!...

(Marisa si volge a sbirciare Paolo, che passa contegnoso, diretto al suo tavolo. Siede, s'asciuga il sudore, riapre la borsa, riprende le carte, evitando di volgere il capo in direzione di Ines, che lo sbircia, sorride e sì rivolge all'amica con aria maliziosa)   Va' a fare un giretto!

Marisa - Perché?

(Entra il cameriere che va da Paolo).

Ines - Ha soggezione di te. Vedi? Non mi guarda più.

Marisa -  Ma lascialo  stare!   (Continua  a parlottare).

Paolo - ... No, l'orologio va benissimo. È stato quel cretino!

Il Cameriere - Un suo amico?

Paolo (forte perché Ines senta) - Macché amico! Non l'avevo neanche riconosciuto. Proprio oggi doveva capitarmi fra i piedi! E la madre morta, e il concorso, la setticemia, il morbillo!... Iettature! Io avevo cal­colato giusto: mezzo minuto prima, che dico? dieci secondi, avrei fatto in tempo a saltare sul predel­lino. (Marisa sbuffa ed esce contrariata) Con la forza, capisci? M'ha preso la mano e m'ha tenuto lì, a sen­tire tutte le sue disgrazie. Che ci vuoi fare? Pazien­za! (Il cameriere esce) Questo è il momento buono... ma che cosa le dico? Tutto dipende dalla prima fra­se... una bella frase... interessarla subito... farla sorridere... (Riflette. Sorride. Ha trovato; incontrando lo sguardo di Ines che gli ha lanciato due o tre occhiate, le rivolge finalmente la parola, molto serio.) Ha visto quel tale che m'ha salutato poco fa? Quello vestito di nero, con la tazza in mano?

Ines  -   Sì,   mi  pare...

Paolo - Non s'è accorta che aveva le ali?

Ines - Le ali?

Paolo - Sì: un angelo mandato dal cielo, per farmi perdere il treno. Io non dovevo partire. Dovevo re­stare qui, con lei... cioè... per lei. (Si avvicina al tavolo di Ines) Permette che mi presenti? Paolo Travi.

Ines -  Ines Ferretti.   (Gli tende la mano).

Paolo - Fortunatissimo. (Gliela stringe. Rimangono im­mobili,   cristallizzati).

Giolli (entra e viene alla ribalta. Guarda Paolo e Ines, scuote il capo) - Fortunatissimo!... Ora sapete per­ché Paolo Travi uccise Michele Lo Piano. Forse ognuno di noi ha un Lo Piano nella sua vita. Cer­cate il vostro Lo Piano e... allarghiamo i cimiteri! Buona   sera!

F I N E