Buonanotte Patrizia!

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BUONANOTTE PATRIZIA

BUONANOTTE PATRIZIA!

di Aldo De Benedetti

Personaggi:

PATRIZIA LANSEN

IL MINISTRO LANSEN, suo marito

IL GENERALE BURTON, amante di Patrizia

ALBERTO, un ladro

LA SIGNORA VAN LAER, amica di Patrizia e di Alberto

LA STENOGRAFA, di Lansen

IL SEGRETARIO, di Lansen

L’ISPETTORE

UN GIORNALISTA

UN FOTOGRAFO

DIPLOMATICI

GIORNALISTI

FOTOGRAFI

Scene:

ATTO I e III: il salotto di una camera d’albergo riccamente arredata. A sinistra, su una parete obliqua, una grande arcata con cortinaggi, oltre i quali s’intravede il letto. A destra, una porta finestra mascherata da tendaggi che comunica con una terrazza. Nel fondo una porta. Poltrone, divani e qualche piccola tavola bassa. A destra un tavolino da toilette con specchio. A sinistra un piccolo mobile con cassetti poggiato contro il muro. Vicino alla porta qualche valigia posata su un banchetto portabagagli.

ATTO II: un salotto adiacente al grande salone delle adunanze. La parete di fondo è costituita da una grande vetrata oltre cui si vede un’ampia galleria in cui passano delegati, invitati e giornalisti.

ATTO PRIMO

Al levarsi del sipario la scena è immersa nella penombra. Una piccola lampada con abat-jour vicino al letto illumina debolmente l’alcova. La porta in fondo si apre ed entra rapida Patrizia Lansen. È una bella donna molto elegante nel ricco abito da sera. Sulle spalle nude ha gettato un leggerissimo scialle ricamato. Appena entrata accende la luce e si dirige verso il tavolino da toilette, Rapidamente si ravviva i morbidi capelli biondi e ritocca il rosso delle labbra. Torna verso la porta, la riapre lasciandola accostata ed attende nervosa, impaziente. Dopo un istante entra rapido e guardingo il generale Burton. È un bell’uomo sui quarant’anni, coi capelli leggermente brizzolati alle tempie; è in abito da sera col frac costellato di decorazioni e una fascia di seta rossa e azzurra che gli attraversa obliquamente lo sparato. Appena entrato chiude a chiave la porta, si volge con un sorriso a Patrizia e, senza pronunziare parola, la serra tra le braccia e la bacia lungamente.

PATRIZIA (sciogliendosi dal bacio) - È una pazzia John, una terribile imprudenza! Se mio… (Burton non la lascia finire e attirandola a sé la bacia ancora lungamente. Patrizia si divincola fra le sue braccia vigorose, riuscendo a staccarsi) Basta, John, basta, mi fai mancare il respiro! Sei sicuro che non ti abbia visto qualcuno?

BURTON - Nessuno… sta’ tranquilla! (facendo l’atto di riattirarla a sé) Cara, cara, finalmente!

PATRIZIA (nervosamente puntandogli una mano contro il petto per impedirgli di baciarla ancora) - No… lasciami, ti prego, lasciami! Ma perché, perché vederci così, in questo modo? È troppo pericoloso! Sarebbe meglio aspettare.

BURTON - Ancora?! Ma Patrizia, sono già tre giorni che aspetto! Da quando sei arrivata non abbiamo potuto restare soli un momento!

PATRIZIA - Ma se mio marito mi cerca…

BURTON (con tranquilla sicurezza) - Non aver paura! Non può cercarti! Sta parlando, ha cominciato proprio adesso a leggere il suo discorso.

PATRIZIA - Sì, lo so, ma dopo il discorso…

BURTON - Dopo deve ascoltare le risposte dei delegati di tutte le nazioni. Sono trentadue! Per un’ora almeno non potrà muoversi. (prendendola tra le braccia e parlando con appassionato trasporto) Bisogna approfittare dell’occasione. Patrizia, amor mio, non perdiamo questo tempo prezioso che forse non riusciremo a trovare più! (cerca di trarla verso l’alcova ma Patrizia resiste)

PATRIZIA - No, John, ti prego… no.

BURTON (sorpreso) - Perché?

PATRIZIA (staccandosi da lui con risoluta fermezza) - Perché… perché… non mi piace… subito… così… Mi urta, mi ripugna…

BURTON (sempre più sorpreso e sconcertato) - Ti ripugna?

PATRIZIA (nervosamente) - Ma sì! Dovresti capirlo! Dopo tanto tempo. Scusami, John, è più forte di me!

BURTON - Ma noi ci amiamo.

PATRIZIA (con imbarazzo) - Sì… va bene ci amiamo. Ma non è questione di amore! Oh Dio, dovresti rendertene conto anche tu! È quasi un anno che non ci vediamo. È come se fossimo due estranei.

BURTON - Estranei? Ma che cosa dici? Io non ho pensato che a te!

PATRIZIA (con crescente nervosismo) - Che c’entra? Anch’io ho pensato a te. Ma questo non basta. Possibile che tu non riesca a capirmi? C’è un senso di imbarazzo, di disagio. Per te può essere naturale, ma per una donna… Anche tra moglie e marito, quando si ritrovano dopo un periodo di separazione, è lo stesso! Ti prego, John, non insistere.

BURTON (sconcertato e deluso) - Ma come? Allora non vuoi?

PATRIZIA - No… così no… te l’ho detto… mi ripugna.

BURTON - Ma, Patrizia, se non approfittiamo di questo momento…

PATRIZIA (interrompendo) - Sì… lo so… forse non capiterà più l’occasione. Pazienza! Ne faremo a meno! BURTON - Patrizia…

PATRIZIA (interrompendolo ancora, decisa) - Senti, John, è meglio che ci parliamo chiaro. Non è possibile continuare ad amarci in questo modo. È ridicolo, è grottesco! E ti dirò che è anche un po’ disgustoso.

BURTON - Disgustoso?

PATRIZIA - Ma certo! Ecco, lo vedi in che consiste il nostro amore? Aspettare un anno per arrivare a che cosa? A una piccola, volgare avventura clandestina in una camera d’albergo!

BURTON - Ma non è colpa mia se non possiamo vederci più spesso!

PATRIZIA - Non dico che sia colpa tua. Non è colpa di nessuno. Dipende dalla nostra posizione. Tu sei un generale del Pentagono, io sono la moglie di un ministro degli esteri. Viviamo in paesi diversi, ci incontriamo una volta all’anno, solo quando si riuniscono le conferenze internazionali, ci vediamo un momento, di nascosto, con mille difficoltà, con mille paure… e qualche volta non riusciamo nemmeno a vederci perché la conferenza si scioglie, tu ritorni a Washington, io ritorno in Europa… e dobbiamo aspettare un altro anno, un’altra riunione.

BURTON - Ma, mia cara Patrizia, purtroppo sarà sempre così.

PATRIZIA - No, no, è assurdo! Per te potrà andare, ma per me è impossibile! Non te la prendere a male, John, se ti parlo con franchezza. Sono ormai cinque anni che dura questa nostra relazione… eppure… che vuoi che ti dica… ho l’impressione di conoscerti appena. Tutte le volte che ti rivedo mi sembri diverso.

BURTON (Preoccupato) - Invecchiato?

PATRIZIA - No, non invecchiato… forse ringiovanito, ma diverso, diverso da come ti ricordavo. È naturale! Il tempo trasforma i ricordi. E di tempo ne passa abbastanza per dimenticare!

BURTON (amorevolmente affettuoso) - Patrizia, mia cara Patrizia, forse adesso tu sei troppo agitata, troppo nervosa.

PATRIZIA - No… sono calmissima!

BURTON (conciliante e suadente) - C’è del vero in quello che tu dici. Io ne soffro quanto te. È una dolorosa fatalità!

PATRIZIA - Ecco… appunto, una fatalità! Ma noi non possiamo far nulla per cambiarla!

BURTON - Ma allora… non vuoi più vedermi?

PATRIZIA - Ma si! Certo che ci vedremo! Per forza! Alle riunioni della conferenza. Ma ci vedremo come due buoni amici, senza avere la preoccupazione di essere amanti, di doversi incontrare di nascosto. Sarà più comodo per tutti e due.

BURTON - E me lo dici così… d’improvviso?

PATRIZIA - Eh, caro, se non approfitto di questo momento chi sa quando si ripresenterà l’occasione. Mi dispiace, John, mi dispiace molto, ma non c’è altro da fare! Credo che ne sarai convinto anche tu.

BURTON (cambiando tono) - No, non ne sono convinto! Di’ la verità… c’è qualcun altro nella tua vita?

PATRIZIA (con una breve risata) - Oh, per carità, John, non facciamo il melodramma. Non ne vale davvero la pena. E poi non ne abbiamo nemmeno il tempo. È meglio tornar giù, i discorsi saranno quasi finiti.

BURTON - No, aspetta, rispondi a quello che ti ho chiesto. C’è qualcun altro nella tua vita?!

PATRIZIA - Sì… c’è mio marito.

BURTON - Che c’entra! Tuo marito c’è stato sempre!

PATRIZIA - Non voglio più tradirlo!

BURTON - Ma se sono ormai cinque anni.

PATRIZIA - Appunto per questo. Adesso non mi va più! Mi secca dover avere dei rimorsi, dovermi creare delle preoccupazioni. E perché poi? Perché oltre l’Oceano, a cinquemila chilometri di distanza, c’è uno che ha il diritto di considerarmi la sua amante! No… basta! Preferisco essergli fedele! Quando una donna manca ai suoi doveri deve avere qualche giustificazione verso se stessa… un bisogno d’affetto, un grande amore!

BURTON - Allora io per te non sono mai stato un grande amore.

PATRIZIA (dolcemente, con una punta d’amarezza) - No, John, mi sarebbe piaciuto… l’ho sperato… l’ho anche creduto. Avevo tanto desiderio di un grande amore! Ma non potevi essere tu!

BURTON - Ma tu lo sei stata per me! Lo sarai sempre.

PATRIZIA - No, John, non inganniamoci con le parole! Ormai questi nostri incontri sono diventati una consuetudine, un numero del programma delle conferenze, una specie di formalità diplomatica… come i pranzi ufficiali, come la corona sul monumento dei caduti. Forse… chi sa… se fossimo stati della gente comune, sconosciuta, avremmo potuto amarci veramente. Ma siamo troppo in vista! Per noi l’amore è troppo difficile, troppo complicato! E poi c’è anche troppa responsabilità! Pensa che cosa accadrebbe se si venisse a sapere che il generale Burton del Pentagono e la moglie del ministro Lansen… (s’interrompe e si volge vivamente verso la porta. Allarmata) - Hai sentito!

BURTON - Che cosa?!

PATRIZIA - Qualcuno ha provato ad aprire la porta. Hai chiuso a chiave?

BURTON - Sì… a chiave. (guardando tutti e due con apprensione verso la porta. Si ode bussare energicamente)

PATRIZIA (con voce soffocata) - Mio Dio…

BURTON (preoccupatissimo) - Chi può essere?!

PATRIZIA (a voce bassa, affannata) - E chi vuoi che sia?! Mio marito!

BURTON - Dannazione! (si guarda intorno smarrito, parlando a bassa voce con estrema agitazione) Non rispondere… non rispondere…

PATRIZIA (parlando anch’ella a voce bassa, agitatissima) - Come faccio a non rispondere? Se bussa sa che sono qui. (i colpi si rinnovano contro la porta più secchi e decisi)

BURTON (con voce tremante) - Ma se mi trova con te è… un disastro! Che facciamo?

PATRIZIA (smarrita) - Non lo so… non lo so… Ma non possiamo restare così… (sobbalzando ad altri colpi più forti) È meglio che risponda…

BURTON (cercando di trattenerla) - No… no. (Patrizia gli fa cenno col gesto di tacere, si avvicina alla porta cercando di dare alla voce un tono calmo e indifferente e chiede)

PATRIZIA - Chi è?

VOCE DI LANSEN (secca, autoritaria) - Apri, Patrizia!

PATRIZIA (Presso la porta) - Ah… sei tu Edoardo? Che vuoi?

VOCE DI LANSEN - Apri ti dico!

PATRIZIA - Sì… subito… un momento. (si volge a Burton atterrito e gli sussurra a voce bassissima) Nasconditi… nasconditi. (Burton fa l’atto di slanciarsi nell’alcova, ma Patrizia lo trattiene) No.. lì no… ti trova subito.

BURTON - Dove, allora?

PATRIZIA (indicando la porta finestra) - Là… fuori… sul terrazzino.

BURTON - Sul terrazzino? Ma piove.

PATRIZIA (spingendolo verso la porta finestra) - Non importa… non importa! Va’… spicciati. (ad alta voce udendo bussare ancora) Eccomi… vengo. (a Burton con voce piena di sgomento) Deve aver saputo…

BURTON (aprendo la porta finestra) - Dannazione! Proprio adesso che stavamo per lasciarci! Nega… mi raccomando… nega tutto!

PATRIZIA (con impazienza spingendolo fuori) - Ma sì! Certo. Presto… presto. (Burton esce dalla porta finestra che Patrizia richiude tirando i cortinaggi. Rapidamente cerca di ricomporsi e va ad aprire sforzandosi di assumere un contegno calmo e disinvolto. Entra impetuosamente Lansen. È un uomo di mezza età, anch’egli in abito da sera con decorazioni sul frac e una sciarpa di seta blu che gli attraversa lo sparato. Ha un’espressione cupa e minacciosa. Appena entrato gira intorno uno sguardo indagatore e si volge a Patrizia che ha ripreso il dominio di se stessa e si mostra candidamente sorpresa)

LANSEN (duramente fissandola) Perché sei salita in camera? Perché hai lasciato il salone?

PATRIZIA - Non ne potevo più! M’ero annoiata a sentire quegli interminabili discorsi! Hanno finito?

LANSEN - No, non ancora! Sta parlando il rappresentante delle Filippine. Ma tu che facevi? C’era qualcuno qui con te?

PATRIZIA (col più innocente stupore) - Con me? Nessuno! Chi volevi che ci fosse? Ma che idea!

LANSEN (fissandola sospettoso) - E allora perché non hai aperto subito?

PATRIZIA - Non potevo, mi stavo cambiando il vestito.

LANSEN - Non è vero! Hai ancora quello di prima!

PATRIZIA - Eh sfido! Non ho avuto il tempo di togliermelo! Ti sei messo a bussare come un carrettiere! Ma si può sapere che c’è… che è successo?

LANSEN - Niente… niente. (fa qualche passo per la stanza continuando a gettare intorno a sé delle occhiate sospettose. Patrizia segue ansiosa ogni suo movimento)

PATRIZIA (sorridendo disinvolta) - Ma che guardi? Che cerchi?

LANSEN (volgendosi a lei di colpo) - Hai paura?

PATRIZIA (scoppiando a ridere) - Paura?! Io? E di che? Oh, senti, Edoardo, mi fai proprio ridere! Ma davvero pensi che io…

LANSEN (interrompendola secco) - Non penso niente! Dimmi piuttosto… dov’è la tua trousse?

PATRIZIA (disorientata dall’inaspettata domanda) - La mia trousse? Non so, non ricordo dove l’ho posata. Ah… forse l’ho lasciata di là… (e fa l’atto di dirigersi verso l’alcova ma Lansen la ferma)

LANSEN - No, è inutile che la cerchi! Non puoi trovarla! Eccola qui! (e le porge una Piccola trousse d’oro che trae dalla tasca)

PATRIZIA (con improvviso sgomento) - Ah…

LANSEN - È la tua, è vero?

PATRIZIA (cercando di padroneggiarsi) - Ma sì… certo che è la mia! Dov’era?

LANSEN - Giù, nel salone, sulla poltrona dov’eri seduta.

PATRIZIA - Ah… la mia solita distrazione! Fortuna che l’hai trovata tu!

LANSEN (fissandola) - Non so se sia stata una fortuna! Sarebbe stato meglio se tu non l’avessi smarrita! PATRIZIA (con voce un po’ incerta) - Beh… certo… si capisce…

LANSEN (rigirando fra le mani la trousse) - È un oggetto di valore, un oggetto particolarmente prezioso. Lo sai che cosa c’è in questa trousse?

PATRIZIA (nervosamente) - Ma sì! Il rossetto, la cipria, le solite cose…

LANSEN - No. C’è qualcosa di più importante. Un biglietto… ecco. (fa scattare il coperchio della trousse e ne trae un biglietto. Patrizia ha un attimo di smarrimento mentre Lansen commenta con duro sarcasmo) È scritto in fretta, a matita. Poche parole, ma abbastanza significative. Te le leggo per il caso che le abbia dimenticate. (leggendo) “Sali in camera tua che ti raggiungo subito!” Non c’è firma. Evidentemente era superflua! (mentre Lansen parla, Patrizia si era già preparata a fronteggiare la situazione. Lo guarda sorridente con una espressione divertita e canzonatoria)

PATRIZIA - E allora?

LANSEN (duramente) - Mi pare che sia abbastanza chiaro!

PATRIZIA (con allegra ironia) - Ah sì, chiarissimo! Adesso capisco! Hai trovato il biglietto e naturalmente hai pensato subito… (scoppiando a ridere) Ah… questa è bella. Eh già… non m’hai trovata giù, sei venuto a cercarmi in camera! Allora è per questo che… (non finisce la frase ripresa dall’ilarità e alterna le parole con sempre più giocondi scoppi di risa) Il bello è che io mi domandavo: ma che ha? Che cerca? Oh, povero Edoardo! Avevi una faccia! Beh, si capisce, se credevi che io… Ma si può immaginare una situazione più buffa? A raccontarla non ci si crederebbe. (continua a ridere con esagerata allegria mentre Lansen la guarda sconcertato)

LANSEN - Quando avrai finito di ridere spero che mi spiegherai!

PATRIZIA (ridendo ancora) - Ma sì, caro, te lo spiego subito. È uno scherzo.

LANSEN - Uno scherzo?

PATRIZIA - Sì, uno scherzo che volevamo fare al segretario della Legazione del Guatemala… sai… quel giovanotto bruno che sembra un mulatto. L’ho combinato con quel mattacchione del generale Burton.

LANSEN - Non ho mai saputo che il generale Burton fosse un mattacchione.

PATRIZIA - Lo è… lo è! Sembra così serio, così compassato, ma invece ha certe trovate! Ci siamo accorti che quel giovanotto sta flirtando con quella giornalista svedese alta e bionda. Allora stasera, durante il pranzo, io dovevo mettere quel biglietto nel tovagliolo di lui. Burton metteva un biglietto uguale nel tovagliolo di lei. Immagina il seguito. Appena finito il pranzo sparivano tutti e due, correvano nelle loro stanze e restavano tutta la notte ad aspettare!

LANSEN (non troppo convinto) - Ah… è così?!

PATRIZIA - Sì… così. Divertente… no?

LANSEN (che intanto osserva qualcosa sul tavolino) - Sì, sì, divertentissimo. Stavi fumando?

PATRIZIA (presa alla sprovvista) - Io no… Perché?! (Lansen prende dal portacenere posato sul tavolino un bocchino col resto della sigaretta ancora fumante! Lo osserva curiosamente e lo mostra a Patrizia)

LANSEN - Allora vorrei che mi spiegassi anche questo!

PATRIZIA (guardando con viva sorpresa il bocchino che Lansen ha tra le dita) - Che cos’è?!

LANSEN - Un bocchino con la sigaretta quasi completamente consumata, ma ancora accesa…

PATRIZIA (sbalordita) - Ma… non capisco…

LANSEN (cambiando tono e afferrandola per il braccio violento e aggressivo) - Questo non me lo puoi spiegare, è vero? La tua fertile fantasia non sa trovare altre menzogne?! Avanti, parla, confessa. Eri qui con qualcuno.

PATRIZIA (smarrita) - No… no… ti giuro… credimi.

LANSEN - Ma come puoi negare? Ecco la prova, guarda… Qui c’era un uomo con te… e forse c’è ancora! (si slancia nell’alcova. Si vede la luce che si accende. Patrizia è ri1nasta nel mezzo della stanza sconvolta, gettando delle occhiate smarrite verso la porta finestra. Dopo qualche istante Lansen rientra cupo, stravolto. Con voce minacciosa) Adesso non riderai più, spero. Non continuerai a negare! (e rivolto verso l’alcova grida aspramente) Venga fuori lei. Ormai è inutile che rimanga nascosto! (sulla soglia dell’alcova appare Alberto. È un giovane di 25 anni, distinto, elegante… Indossa un frac di taglio impeccabile. Si ferma incerto, indeciso e accenna un piccolo inchino verso Patrizia che lo guarda esterrefatta)

PATRIZIA (disorientata) - E chi è quello lì?

LANSEN (!t tori di se) - Ah, non lo conosci? È uno scherzo anche questo?

PATRIZIA - Ma ti assicuro che io…

ALBERTO (interrompendola pronto) - Ti prego, Patrizia… non dir nulla. Lascia che parli io…

LANSEN (scattando furioso) - Ma che vuol parlare… che vuol parlare? Non c’è niente da dire! Regoleremo dopo questa faccenda! Adesso favorisca di uscire

ALBERTO (gentilmente) - Mi permetta almeno di…

LANSEN (con irosa violenza) - Se ne vada… se ne vada! Non vorrà spero costringermi a scaraventarla fuori a calci!

ALBERTO (garbatamente affrettandosi verso la porta) - Per carità. Non s’incomodi!

LANSEN - Via… Via. (Alberto apre la porta, accenna un altro piccolo inchino verso Patrizia che l’ha seguito con lo sguardo sbalordita ed esce. Lansen gli sbatte dietro la porta poi si volge verso Patrizia cupo, minaccioso) In quanto a te… in quanto a te, parleremo dopo. Ora devo tornare giù, devo adempiere i miei doveri. I delegati mi aspettano.

PATRIZIA (riscuotendosi) - Ma senti, Edoardo…

LANSEN (interrompendola aspro) - Niente! Adesso non voglio sentire niente! Non ho tempo! Intendimi bene. Nessuno deve sapere, nessuno deve capire! Davanti agli altri fingeremo, sorrideremo, ci parleremo gentilmente. Poi… poi quando saremo soli. Adesso vado… Ti aspetto giù. (si avvia verso la porta. Prima di uscire trae di tasca la trousse) Ecco la tua trousse! (l’apre, ne trae il biglietto che si caccia in tasca) Il biglietto lo tengo io! (getta la trousse su una poltrona ed esce. Patrizia rimane qualche istante immobile, ancora annichilita per lo stupore, cercando di spiegarsi il mistero di quell’uomo sconosciuto. Ad un tratto si ricorda di Burton. Va ad aprire la porta finestra. Burton rientra in fretta, strofinandosi e asciugandosi col fazzoletto la testa e il vestito bagnato di pioggia)

BURTON (ansiosissimo) - Beh… se ne è andato?

PATRIZIA (assorta, assente) - Sì, se n’è andato.

BURTON - Che cosa ti ha detto? Aveva qualche sospetto?

PATRIZIA - Altro che sospetto! Sa tutto… ha trovato il tuo biglietto.

BURTON (atterrito) - Dannazione. Allora sa che io…

PATRIZIA - No, sta’ tranquillo, di te non sa niente.

BURTON (con sollievo) - Ah, meno male!

PATRIZIA - Ma c’è qualcosa i peggio.

BURTON (ripreso dal terrore) - Oh Dio! Che cosa?

PATRIZIA - Ha trovato un uomo!

BURTON - Un uomo? Dove?

PATRIZIA - Là, nella mia camera! Adesso capisco! Era lui che aveva lasciato la sigaretta…

BURTON - Che sigaretta?

PATRIZIA - Tu non l’hai vista, è vero?

BURTON - Che cosa?

PATRIZIA - La sigaretta…

BURTON (spazientito) - Ma di che sigaretta parli? Patrizia, spiegati… in nome del cielo! Ma che è questa storia! Che c’entra l’uomo, che c’entra la sigaretta?

PATRIZIA - Io non ci capisco nulla! È accaduta una cosa incredibile! Ecco… guarda. (mostrandogli il bocchino che prende dal portacenere) C’era qui nel portacenere questo bocchino con la sigaretta ancora accesa.

BURTON (Pronto) - Io non fumo.

PATRIZIA - Neanche io! Mio marito ha avuto subito la certezza che ci fosse un uomo qui con me è s’è messo a cercarlo!

BURTON - Fortuna che non gli è venuto in mente di guardare sul terrazzino!

PATRIZIA - Non ce n’è stato bisogno! L’ha trovato lo stesso. Era nascosto là, dietro quella tenda.

BURTON - Chi?

PATRIZIA - Un uomo.

BURTON - Un uomo?! E chi era?

PATRIZIA - Non lo so! Mai visto! Un giovanotto in abito da sera, distinto, elegante. Allora, si capisce, mio marito ha creduto che fosse lui il mio amante.

BURTON (rasserenato) - Ah… beh… tanto meglio!

PATRIZIA - Come tanto meglio?

BURTON - No… volevo dire… almeno così non può sospettare che io… Ma perché s’era nascosto là; che faceva in camera tua?

PATRIZIA - Non lo so! È appunto questo che mi domando. Chi sa da quanto tempo era là. Dev’essere entrato prima che arrivassimo noi!

BURTON (ripreso dalla paura) - Allora ha sentito tutti i nostri discorsi? Oh perbacco! Che fosse una spia? L’occhio di Mosca!

PATRIZIA (alzando le spalle) - Macché spia! Non dire sciocchezze! Come avrebbe potuto immaginare? (come colpita da un improvviso sospetto) Oh Dio! I miei gioielli! (si slancia nell’alcova mentre Burton guarda intorno preoccupato, evidentemente impaziente di andarsene)

BURTON (avvicinandosi all’alcova) - Patrizia. Patrizia… che fai? (sulla soglia dell’alcova riappare Patrizia tenendo in mano un cofanetto per gioie aperto)

PATRIZIA (con voce sorda) - Era un ladro! Ha rubato tutto! La collana di perle, il braccialetto di brillanti, l’anello con lo smeraldo, la spilla coi rubini. Tutto… tutto m’ha preso!

BURTON - Davvero?! (guarda anch’egli nel cofanetto aperto che Patrizia ha in mano) Ma no, guarda, c’è

rimasto qualcosa.

PATRIZIA (gettando il cofanetto su una poltrona) - Sì… quelli falsi! (animata da una febbrile impazienza) Presto… presto… bisogna telefonare, avvertire la polizia. (si slancia verso il telefono e sta per staccare il microfono, ma Burton la ferma spaventato)

BURTON - No… aspetta…

PATRIZIA (nervosamente) - Ma non c’è tempo da perdere! Forse è ancora nell’albergo, forse riescono ad arrestarlo.

BURTON - Ma no! Per carità! Se lo arrestano quello parla. Ha sentito tutti i nostri discorsi.

PATRIZIA - E va bene! Che parli! Basta che io possa riavere i miei gioielli! (va a staccare il microfono, ma Burton glielo toglie di mano e lo rimette a posto)

BURTON (supplichevole) - Ma no, Patrizia, aspetta… ragiona un momento…

PATRIZIA - Ma che vuoi ragionare?! Mentre ragioniamo quello scappa!

BURTON - Ma se parla, tuo marito viene a sapere che qui con te c ero io…

PATRIZIA - E che importa? Tanto ormai sa che io ho un amante! Che sia tu o un altro è lo stesso!

BURTON - Ma non ti rendi conto che… (s’interrompe sentendo squillare il telefono e istintivamente risponde) Pronto!… Come?… No… no… non abbiamo chiamato… è stato uno sbaglio! (rimette a posto il telefono e preso da una nuova preoccupazione) Oh, perbacco! Ho risposto io! Speriamo che non abbiano riconosciuto la mia voce.

PATRIZIA - Ma di’ almeno al portiere che lo fermi.

BURTON - Ormai è inutile! È troppo tardi!

PATRIZIA - Eh, sfido! Ha avuto tutto il tempo d’andarsene! Chi lo prende più! Se non ci tosse stata la tua maledetta paura…

BURTON - Non si tratta di paura, si tratta di prudenza! L’hai detto anche tu poco fa. Pensa che cosa accadrebbe se si venisse a sospettare che un generale del Pentagono…

PATRIZIA - Ma io me ne infischio del Pentagono! Che vuoi che me ne importi del Pentagono? Io penso ai miei gioielli! Non voglio perderli! Valgono una fortuna! C’è la collana di perle che ho ereditato da mia madre, un anello di Cartier. Me li ripagano forse i tuoi colleghi del Pentagono?

BURTON - No, questo no… Non saprei come proporlo! Credi, Patrizia, io sono veramente desolato per questa disavventura. È una dolorosa fatalità!

PATRIZIA - Oh senti… fammi il piacere… finiscila con la fatalità. Ma, dico, non vorrai mica pensare che io sia disposta a perdere tutto?

BURTON - Per forza! Non c’è altro da fare!

PATRIZIA - Ma neanche per sogno! Denuncerò il furto, farò avvertire tutti i posti di frontiera, metterò in moto la polizia di tutto il mondo.

BURTON - Ma Patrizia, pensa alle conseguenze! Se tuo marito aveva dei sospetti vorrà indagare, vorrà scoprire la verità. Ce l’ha ancora lui il mio biglietto?

PATRIZIA - Sì, ce l’ha lui!

BURTON - Ecco, vedi. Confronterà la calligrafia… lui la conosce bene; abbiamo firmato tanti trattati insieme! Oh, Patrizia, sarebbe spaventevole se scoprisse che io… Proprio adesso dobbiamo discutere l’accordo per i petroli! Pensa, pensa alla nostra situazione, alle nazioni che rappresentiamo! Potrebbero sorgere delle complicazioni politiche, forse una rottura, forse la guerra.

PATRIZIA (alzando le spalle) - Ma no! Per carità! Non aver paura! Se la guerra non è scoppiata fino ad ora non scoppia davvero per queste sciocchezze.

BURTON - Sciocchezze le chiami? Ora che l’attenzione di tutto il mondo è rivolta verso di noi.

PATRIZIA - Ma no! Non t’illudere! Il mondo non s’interessa di quello che fate! Tanto ormai lo sa che non combinate nulla! Voi vi riunite, parlate, discutete, ma la gente non si occupa delle vostre chiacchiere e pensa ai fatti propri. Piuttosto, lo sai qual è la verità? Tu sei un egoista, tu non pensi che a te stesso!

BURTON - No, Patrizia, non è per me, è per la mia posizione!

PATRIZIA - Ecco, appunto… la tua posizione. Hai paura di perderla, hai paura del ridicolo! Il generale Burton! Trovato nella camera della moglie di un ministro! Sai che risate!

BURTON - Ma anche per te, Patrizia…

PATRIZIA - Oh… di me non t’importa! Mio marito ha trovato un uomo in camera mia, un ladro è scappato con i miei gioielli! Ma tutto questo non ha importanza! Basta che tu non ci vada di mezzo!!

BURTON - Sei ingiusta, Patrizia, sei ingiusta a giudicarmi così. Ti giuro che io… (s’interrompe di colpo sentendo bussare alla porta. Allarmato) Hanno bussato?

PATRIZIA - Sì, mi pare…

BURTON (con voce tremante) - Che sia ancora tuo marito?!

PATRIZIA - Speriamo! Almeno così si chiarirà tutto.

BURTON (facendo l’atto di slanciarsi verso la finestra) - No, aspetta, lascia che mi nasconda.

PATRIZIA (a voce alta) - Avanti! (La porta si apre ed entra Alberto. Burton, che stava per aprire la porta finestra si ferma sorpreso)

ALBERTO (richiudendo la porta dietro di sé e inchinandosi verso Patrizia) - Mi permette, signora…

PATRIZIA (vinto il primo momento di stupore grida a Burton) - E lui, è lui il ladro! Prendilo, John, prendilo! Non lo lasciar scappare! (d’un balzo John si pone fra Alberto e la porta e fa l’atto di afferrarlo per un braccio)

ALBERTO (gentilmente schermendosi) - Non s’incomodi generale, sia tranquillo, non scappo!

PATRIZIA (affannosamente) - È lei che ha rubato i miei i gioielli! Non neghi, sa, non neghi!

ALBERTO (sempre calmo e garbato) - Ma no! Non nego. Eccoli qua! (trae di tasca una manciata di gioielli e li pone ad uno ad uno sul tavolino) Una collana di perle, un braccialetto, due orecchini, una spilla! Ci dev’essere ancora qualcosa…(fruga in tasca e ne trae l’anello) Ah, ecco… un anello… Magnifico questo smeraldo! Complimenti, signora! (posa anche l’anello sul tavolino con gli altri gioielli. Patrizia e Burton lo guardano sbalorditi. Accennando ai gioielli) Li riprenda, signora, sono suoi! (Patrizia, sempre guardandolo, prende il mucchietto dei gioielli) Verifichi, la prego. Manca nulla?

PATRIZIA (dopo aver dato una rapida occhiata ai gioielli che ha in mano) - No, nulla… Ma come? Non capisco… me li restituisce?

ALBERTO - Sì, signora, non posso tenerli! Sarebbe indelicato! Ora sono il suo amante!

PATRIZIA (scattando risentita) - Il mio amante? Ma che dice?!

ALBERTO - Avrei come l’impressione d’essere mantenuto da una donna… Non l’ho mai fatto, non mi piace, è contrario ai miei principi…

BURTON (intervenendo, in tono secco) - Insomma, giovanotto, si può sapere che cosa vuole? Che significano tutti questi discorsi?

ALBERTO (a Patrizia, meravigliato, accennando a Burton) - Ma come? Il generale non sa quello che è accaduto mentre lui era là fuori?

BURTON (prevenendo la risposta di Patrizia) - Sì, sì, so tutto!

ALBERTO - E allora? Si metta nei miei panni, generale, che cosa farebbe se fosse al mio posto?

BURTON (alzando le spalle) - Non facciamo ipotesi assurde! Io non sono un ladro!

PATRIZIA (nervosamente) - Basta, basta, finiamola… Ti prego, John, chiedi a costui che cosa vuole e mandalo via.

BURTON - È appunto quello che faccio! Avanti, giovanotto, si spieghi… Se intende speculare su questa spiacevole situazione ci dica quali sono le sue condizioni.

ALBERTO - No, generale, i ricatti non rientrano nella mia attività professionale! Nessuna condizione! Non voglio nulla! Mi dispiace per i gioielli! Era stato un bel colpo! M’avrebbe messo a posto per molto tempo! Pazienza! Sarò costretto a rubarne degli altri!

PATRIZIA (con esitazione, mostrando i gioielli che ha tra le mani) - Ma se vuol tenere qualche cosa…

ALBERTO (rifiutando con un gesto e con un piccolo inchino) Grazie, signora, non si disturbi!

PATRIZIA (con imbarazzo) - Ma almeno accetti del denaro! (a Burton) John, fammi il piacere, daglielo tu!

BURTON (facendo l’atto di tirar fuori di tasca il portafogli) - Ma sì, certo…

ALBERTO (fermandolo col gesto) - Non s’incomodi, generale. (mostrando a Patrizia un fascio di biglietti di banca) Il denaro l’ho già preso nella valigia di suo marito. (lo squillo improvviso del telefono fa trasalire tutti e tre. Si volgono a guardare verso l’apparecchio mentre si rinnovano gli squilli. A Patrizia) Risponda, prego. (Patrizia, dopo un attimo di esitazione si avvicina al telefono, ma ha le mani ingombrate dai gioielli e non sa come staccare il microfono. Alberto pronto, tendendo la mano) Dia a me! (vedendo che Patrizia, con un gesto istintivo, ha serralo al petto i gioielli, aggiunge sorridendo) Non abbia paura! (Patrizia esitando glieli porge. Stacca il microfono e parla mentre Burton ascolta ansioso)

PATRIZIA - Pronto… Chi è? Ah… che vuoi? No, ti prego, non me la sento di scendere! Come? Pensino quello che vogliono! No… è impossibile… non insistere! Di’ quello che vuoi… Ecco, appunto… buonanotte! (riattacca il microfono. Alberto le restituisce i gioielli)

BURTON - Era tuo marito?

PATRIZIA - Sì, dice che i discorsi sono finiti e che sta per cominciare il pranzo.

BURTON - Oh, perbacco! Allora anch’io devo scendere! Scusami, Patrizia… ma sai… non vorrei che la mia assenza… Sono alla destra dell’ambasciatrice…

PATRIZIA (nervosamente) - Ma sì, va’, va’… non la fare aspettare.

BURTON (volgendosi ad Alberto con tono vagamente minaccioso) - Giovanotto, credo che le convenga mantenere il più assoluto segreto su quanto è accaduto!

ALBERTO - Naturalmente! Conviene a me e conviene a lei! Io non ci tengo ad andare in galera e lei non ci tiene a far sapere che stava sul terrazzino. Abbiamo lo stesso interesse! Ma ora andiamo. La signora è stanca, ha avuto troppe emozioni. Forse desidera restar sola.

PATRIZIA - Sì, grazie. (Alberto si dirige verso la porta. Burton si avvicina a Patrizia che sta rimettendo i gioielli nel cofanetto)

BURTON - Vuoi che ti telefoni più tardi?

PATRIZIA (snervata) - No, per carità! Lasciami in pace! Solo di questo ho bisogno, ora… d’essere lasciata in pace!

BURTON (imbarazzato) - Come vuoi! Cercherò di vederti domani…

PATRIZIA (con tono evasivo ed annoiato) - Sì, domani. (Burton si avvicina ad Alberto che è in ascolto presso la porta)

ALBERTO - Un momento… sta passando gente. (attende un istante poi socchiude cautamente la porta guardando fuori) Ecco, adesso non c’è nessuno.

BURTON (con nervosa impazienza) - Vada… vada.

ALBERTO (traendosi da parte per lasciargli il passo) Prego, prima lei, generale. (Burton sporge la testa fuori e, rassicurato, esce rapido. Alberto sta per seguirlo, ma d’improvviso si ritrae, richiude e si volge verso Patrizia, appoggiandosi con le spalle alla porta)

PATRIZIA (sorpresa e spaventata) - Ma che fa? Perché non esce?

ALBERTO - Non posso, c’è dell’altra gente nel corridoio. È meglio che non mi vedano! (così dicendo avanza di qualche passo verso di lei)

PATRIZIA (indietreggiando sgomenta) - Vada via, vada via, se no grido… chiamo aiuto.

ALBERTO (gentile, sorridente) - Ma no, non gridi. Stia tranquilla! Non ha nulla da temere da me! Ecco, guardi, volevo solo riprendere il mio bocchino. (tende la mano e prende il bocchino che era rimasto posato sul portacenere)

PATRIIZIA (disorientata) - Ah!

ALBERTO - È mio, mi appartiene! (rigirandolo fra le dita) Pensare che è stato questo la causa di tutto! Di solito io sono piuttosto rapido nel mio lavoro. E anche oggi, dopo aver rubato i gioielli, avrei dovuto allontanarmi subito. Invece… non so perché… ho avuto l’idea di fumare una sigaretta. Pensavo che non sarebbe venuto nessuno. Mi piaceva guardare, osservare, toccare… là, sulla toilette tutti quei piccoli oggetti, quelle bottigliette preziose… i profumi, le ciprie, gli smalti per le unghie. E poi negli armadi i suoi vestiti, le sue pellicce… sono così morbide, così fresche a carezzarle… e sul bordo del letto la sua vestaglia leggera come una piuma… e nei cassetti…

PATRIZIA (sorpresa, turbata) - Anche nei cassetti ha guardato?

ALBERTO - Sì, in tutti! Li ho passati in rivista ad uno ad uno. A me piacciono le cose belle! Poi mi sono sdraiato su una poltrona… ecco, su quella… ho acceso una sigaretta e ho sognato. A lei capita mai di sognare?

PATRIZIA - Sì, sì, qualche volta.

ALBERTO - Ma non sognare quando dorme. Sveglia, ad occhi aperti, vedere se stessa dal di fuori… e immaginare, fantasticare. Quando ero ragazzo sognavo sempre avventure bellissime, storie meravigliose di cui ero il protagonista. Mi pareva quasi di viverle, la sera mi dispiaceva d’interromperle e il giorno dopo le riprendevo al punto in cui le avevo lasciate. Le ore volavano, non mi accorgevo del tempo che passava. E così m’è accaduto oggi: me ne stavo su quella poltrona, fumavo e immaginavo d’essere io il signore che abitava in questa camera… E lei era là, seduta alla toilette. Pettinava i suoi morbidi capelli biondi e ogni tanto mi rivolgeva una parola, un sorriso… sì, perché nella mia fantasia lei si stava facendo più bella per me; per piacermi di più. La vedevo alzarsi, muoversi, andare, venire… sentivo il fruscio delle sue vesti… Poi lei passava là, nell’alcova… cominciava a spogliarsi…

PATRIZIA (con disagio) - Adesso basta, la smetta!

ALBERTO - Ah, sì… per forza! Proprio in quel momento ho sentito aprirsi la porta e ho avuto appena il tempo di nascondermi dietro la tenda. È entrata lei, poi è entrato lui…

PATRIZIA - E lei, lei ha visto tutto?

ALBERTO - No, visto no… sentito! Le confesso che per un momento ho avuto paura, non paura di essere sorpreso, ma di dover assistere… Per fortuna è arrivato suo marito! E allora è avvenuta la cosa assurda, incredibile: m’ha trovato nascosto là dietro e mi ha creduto il suo amante. Il sogno è diventato realtà. Eh sì, perché in quel momento io non ero più un ladro, ero un gentiluomo! Un gentiluomo sorpreso da un altro gentiluomo nella camera di sua moglie! Ero un signore come lui, un suo pari, un suo rivale! E lei… lei era la mia amante…

PATRIZIA - Ma…

ALBERTO (interrompendola, pronto) - No… non s’offenda se dico così! Lo so, lo so che non era vero, che era un’illusione! Ma me la lasci quest’illusione ancora per un poco. A lei non costa nulla e per me invece… Ecco, vede, siamo qui soli lei ed io come se fossimo veramente due amanti… due amanti che stanno per lasciarsi dopo un convegno d’amore. Non abbia timore… adesso me ne vado. Non mi guardi con paura, mi guardi con fiducia… ecco, così. Mi permetta di baciarle la mano e di chiamarla ancora una volta per nome… Patrizia. (Patrizia lo guarda in silenzio come affascinata. Alberto le prende una mano, gliela bacia. Con voce tremante di emozione) Patrizia! (la guarda un istante commosso, incantato. Poi d’improvviso l’attrae a sé e la bacia sulla bocca. Patrizia non ha la forza di reagire e si abbandona vinta. Alberto si stacca da lei e mormora con voce sommessa) Buonanotte, Patrizia!

PATRIZIA (con un soffio) - Buonanotte! (Alberto esce; Patrizia è rimasta immobile, stordita. Si passa le dita sulle labbra che ancora serbano l’impressione del bacio! La porta si riapre e riappare Alberto che le porge un sottile filo di perle)

ALBERTO (in fretta, imbarazzato) - La sua collana di perle… Mi scusi. La forza dell’abitudine! (e rapido esce; Patrizia disorientata guarda le perle e la porta che si è richiusa dietro di lei)

SIPARIO

ATTO SECONDO

QUADRO PRIMO

In primo piano il Ministro Lansen, assistito dal suo segretario particolare, sta dettando ad una graziosa dattilografa un comunicato per la stampa.

LANSEN - “Io sono ottimista… Ho la chiara sensazione che un nuovo spirito di reciproca fiducia e di cordiale cooperazione aleggi…”

IL SEGRETARIO (interrompendolo con deferente cautela) - Mi permette, Eccellenza.

LANSEN - Che c’è?

IL SEGRETARIO - Mi sembra che questo comunicato somigli a quello che Vostra Eccellenza ha diramato ieri.

LANSEN - Si capisce che somiglia! E somiglierà anche a quello di domani! È la prima volta che lei partecipa ad una conferenza internazionale?

IL SEGRETARIO - Sì, Eccellenza.

LANSEN - Bene! Sappia che da dieci anni non facciamo altro che ripetere la stessa cosa. Mi rilegga il comunicato di ieri.

IL SEGRETARIO (trae un foglio dalla busta di pelle che ha sotto braccio e legge) - Ecco… “Io sono ottimista. Ho la netta sensazione che un nuovo spirito di fiduciosa cooperazione aleggi…”

LANSEN (fermandolo con un gesto della mano) - Bisogna cambiare l’“aleggi”… è questo che disturba. Scriva signorina.

LA STENOGRAFA - Devo cancellare tutto?

LANSEN - No. Solo l’ultima parola. Invece di “aleggi” scriva “caratterizzi i primi contatti fra gli uomini politici che compongono questo alto consesso”. (volgendosi al segretario) L’“alto consesso” l’ho messo anche nel comunicato di ieri?

IL SEGRETARIO (consultando il foglio) - Sì, Eccellenza.

LANSEN (alla stenografa) - Cancelli 1’“alto consesso”! Scriva invece “fra gli uomini politici che partecipano a questo storico convegno… La meta che ci proponiamo di raggiungere…” (si interrompe perché dalla porta di destra è entrato un gruppetto di giornalisti)

PRIMO GIORNALISTA - Qualche parola, Eccellenza, per i nostri giornali.

LANSEN (infastidito) - No, no, adesso non posso, Ho già fatto avvertire che riceverò i giornalisti per una conferenza stampa stasera al mio albergo.

IL SEGRETARIO (cercando di spingere verso la porta i giornalisti) - Prego, signori. Sua Eccellenza è molto impegnato adesso. La conferenza stampa è indetta per le ore diciotto e trenta.

SECONDO GIORNALISTA - Una domanda… Una sola domanda.

IL SEGRETARIO - Dopo… dopo. Alla conferenza stampa potrete rivolgere tutte le domande che vorrete.

TERZO GIORNALISTA - Ma per le prime edizioni. Anche gli altri delegati…

PRIMO GIORNALISTA - Due parole, Eccellenza; ci dica due parole.

LANSEN (con un sospiro di sopportazione) - Se mi promettete che poi mi lascerete in pace per tutto il giorno!

VOCI GENERALI - Sì, Eccellenza. Grazie, Eccellenza. (i giornalisti sono in attesa coi loro taccuini di appunti Lansen si raccoglie un momento poi comincia parlando lentamente)

LANSEN - Io sono ottimista! Ho la ferma convinzione che un nuovo spirito di collaborazione e di fiducia abbia creato un’atmosfera di reciproca comprensione fra gli uomini politici che partecipano a questo storico convegno! Per ora non posso dirvi altro! Arrivederci, cari amici. (i giornalisti si ritirano accompagnati verso la porta dal segretario. Intanto Lansen si rivolge alla stenografa) Cambi le due ultime parole.

LA STENOGRAFA - Lo storico convegno?

LANSEN - Sì! Scriva, invece “quest’assise di popoli verso cui converge l’attesa e la speranza di tutto il mondo”. Basta così! Lo passi all’ufficio stampa. (in questo momento rientra il segretario)

IL SEGRETARIO - Eccellenza, c’è un tale che vuol parlare con lei.

LANSEN - Adesso non ho tempo! Chi è?

IL SEGRETARIO - Non lo so… non ha voluto dirmi il nome…

LANSEN - Perché?

IL SEGRETARIO - Perché dice che è inutile, che il suo nome lei non lo conosce…

LANSEN (alzando le spalle spazientito) - Ma lo mandi all’inferno! Le pare che’ io possa ricevere uno che non si sa nemmeno chi sia?

IL SEGRETARIO - Ma dice che lei lo conosce molto bene. Anzi mi ha raccomandato di dirle che lui è quello di stanotte…

LANSEN - Quello di stanotte? Che significa questo discorso?

IL SEGRETARIO - Ah… io non lo so. Ha detto che lei avrebbe capito. Ah… guardi: eccolo là! (Infatti in questo momento è apparso dietro la vettura di fondo Alberto. Lansen si volge vivamente. Alberto accenna un leggero inchino. Lansen è vivamente sorpreso e imbarazzato. Resta un momento incerto, disorientato, si volge ancora a guardare verso la vetrata. Alberto si inchina nuovamente. Dopo un altro attimo di incertezza Lansen si decide)

LANSEN - Va bene! Lo faccia entrare. (mentre il segretario esce, Lansen fa qualche passo per la stanza, evidentemente preoccupato)

LA STENOGRAFA - Ha ancora bisogno di me, Eccellenza?!

LANSEN - No, grazie, vada pure. (la stenografa si avvia per uscire. Sulla porta si incontra con Alberto e il segretario che entrano. Alberto avanza di qualche passo e accenna un altro lieve inchino. Lansen freddamente, invitandolo col gesto ad accomodarsi) Prego. (rivolto al segretario) Ci lasci, per favore. (il segretario esce. Lansen fissa duramente Alberto, come in attesa di una spiegazione sul motivo della sua visita. Ma Alberto tace, restando anch’egli in un atteggiamento di deferente attesa. Seccamente) Allora?

ALBERTO (cortesissimo) - Allora… eccomi qui!

LANSEN (aspro, sgarbato) - Lo vedo che è qui! Che cosa vuole?

ALBERTO - Stanotte lei ha espresso il desiderio di rivedermi.

LANSEN - Io?

ALBERTO - Si, Eccellenza, quando ha minacciato di scaraventarmi fuori a calci.

LANSEN (con un alzata di spalle) - Ma che vuole che mi ricordi di quello che le ho detto stanotte! Mi meraviglio piuttosto che lei abbia la sfrontatezza di presentarsi ancora davanti a me!

ALBERTO - È il mio dovere, Eccellenza! Sono a sua disposizione.

LANSEN - A mia disposizione? Per che cosa?

ALBERTO - Quando un gentiluomo offende un altro gentiluomo s’impone l’obbligo di una riparazione! Io riconosco di aver arrecato una grave offesa al suo onore e sono pronto a riparare.

LANSEN (con uno scatto d’impazienza) - Senta, giovanotto, lei mi ha già seccato abbastanza! Mi faccia il santissimo piacere di levarsi dai piedi!

ALBERTO - Mi permetta d’insistere, Eccellenza. Se vuol nominare i suoi padrini!

LANSEN (disorientato) - I padrini? Che c’entrano i padrini?

ALBERTO - Sono necessari! Non se ne può fare a meno! Il codice cavalleresco prescrive che…

LANSEN (interrompendolo irritato) - Ma sì, ma sì, lo so che cosa prescrive il codice cavalleresco! Ma che significa questo discorso? Adesso lei vorrebbe battersi con me?

ALBERTO (gentilmente) - No, non sono io che voglio. È lei!

LANSEN - Io?

ALBERTO - Per forza! Non è lei l’offeso?

LANSEN (imbarazzato) - Sì, sì, sono io… si capisce che sono io! Ecco, volevo dire… io apprezzo il suo gesto e la sua correttezza. Ma non le sembra che tutto questo sia un po’ eccessivo?

ALBERTO - Eccessivo?!

LANSEN - Sì, c’è stato un deplorevole incidente, ma non vedo la ragione di giungere a certi estremi… sì, insomma, di drammatizzarlo in questo modo.

ALBERTO - Eccellenza, io mi metto nei suoi panni! Stanotte lei mi ha trovato in camera di sua moglie! Il mio dovere di gentiluomo mi impone di riparare.

LANSEN (scattando esasperato) - Ma insomma, è una mania la sua di voler riparare! Riparare che cosa? Non c’è niente da riparare! S’è trattato di uno spiacevole equivoco! Inutile parlarne ancora! L’argomento è chiuso!

ALBERTO (riprendendo il suo biglietto da visita) - Va bene! Come crede! Allora lei non vuol battersi con me?!

LANSEN - Non è che non voglio! Per carità! Io mi batterei volentierissimo! S’immagini! Non chiederei di meglio! Ma capirà, data la mia situazione, la mia carica, ho dei doveri, delle responsabilità. Io sono un ministro, mi trovo qui a rappresentare il mio paese, devo partecipare ai lavori della conferenza, presiedere delle riunioni, incontrarmi con uomini politici….

ALBERTO - Ma questo è un affare privato.

LANSEN - Ecco, appunto, le pare che per un affare privato io possa interrompere i lavori della conferenza?! Trentadue nazioni! Tutto il mondo che ci guarda! Pensi un po’ alle ripercussioni internazionali: un ministro degli esteri che si fa prendere a schiaffi e che si batte in duello! È assurdo, è ridicolo!

ALBERTO - Mi perdoni, Eccellenza, ma io non ci trovo nulla di ridicolo! Anche un ministro degli esteri, in certe circostanze, ha il diritto di comportarsi come qualsiasi altro gentiluomo! Il codice cavalleresco…

LANSEN (interrompendolo nervosamente) - Ma lasci andare il codice cavalleresco! Il codice cavalleresco non c’entra! Un ministro non è un uomo. È un simbolo, come la bandiera! Ecco, proprio così, come la bandiera! Che cos’è una bandiera? Un pezzo di stoffa qualsiasi dipinta a diversi colori. Ma se quel pezzo di stoffa, con quei colori, è attaccato a un’asta diventa qualcosa di sacro, l’emblema, il simbolo della nazione! E lo stesso è per me! L’uomo scompare, resta il ministro! (in questo momento passa oltre la vetrata in fondo il generale Burton che, vedendo Lansen che parla con Alberto, si ferma di colpo, allarmato) E un ministro deve essere pronto a qualsiasi sacrificio! I suoi sentimenti devono cedere il posto ai doveri che la carica gli impone. Ecco perché… (non può continuare perché è interrotto da Burton che, entrato precipitosamente, si avvicina salutando con tono esageratamente cordiale)

BURTON - Salute, salute, amici! Come va, caro Lansen?

LANSEN (stringendogli la mano) - Non c’è male! Lei sta bene, generale?

BURTON - Magnificamente! (si volge ad Alberto battendogli amichevolmente la mano sulla spalla) Ciao, vecchio mio!

ALBERTO (dopo un attimo di esitazione) - Ciao.

LANSEN (sorpreso) - Ah… vi conoscete?

BURTON (circondando col braccio la spalla di Alberto con aria affettuosa) - Certo che ci conosciamo! Siamo vecchi amici, è vero?

ALBERTO - E come no? Amicissimi!!

BURTON - Piuttosto non sapevo che anche voi vi conosceste.

LANSEN (incerto, evasivo) - Sì, ho già avuto il piacere di incontrarmi col signore…

ALBERTO (Pronto) - Stanotte!

BURTON (allarmato) - Stanotte?

LANSEN (Preoccupato) - Stanotte?!

ALBERTO (con un sorriso) - Sì, Eccellenza, stanotte, dopo il ricevimento ufficiale…

LANSEN (con sollievo) - Ah sì, sì, è vero! Adesso ricordo!

BURTON (anch’egli sollevato) - Ah bene! Bene! Allora possiamo dire: les amis de nos amis sont nos amis! Ho il piacere che vi conosciate! Il mio amico è una delle più eminenti personalità politiche mondiali…

LANSEN (con gesto di debole protesta) - Troppo buono generale!

BURTON (accennando ad Alberto) - E il mio amico… coso… sì… insomma… lui… è un giovanotto in gamba, abile, svelto, un giovanotto che farà molta strada…

ALBERTO (con un sorriso modesto) - Grazie, generale…

BURTON - Ma io ho interrotto il vostro colloquio! Scusatemi, non vorrei essere indiscreto…

LANSEN - No… no… per carità! Stavamo parlando del più e del meno! (guardando l’orologio) Piuttosto, credo che sia ora d’avviarci. La seduta sta per cominciare. (così dicendo si avvicina al tavolo per raccogliere le sue carte. Burton ne approfitta per rivolgere a bassa voce delle domande ansiose ad Alberto)

BURTON - Che cosa è accaduto?

ALBERTO - Niente.

BURTON - Ma come niente?! Non stavate parlando di stanotte?

ALBERTO - Sì, ma non si preoccupi! È stato un equivoco!

BURTON - Un equivoco?! Non crede più che lei sia l’amante? Sospetta qualche cosa?

ALBERTO - No, stia tranquillo, non sospetta nulla! È convinto che l’amante sono io, ma dice lo stesso che è un equivoco.

BURTON - Non capisco.

ALBERTO - Non importa! Le spiegherò poi. Devo continuare a darle del tu?

BURTON - Eh sì, per forza… ormai che abbiamo cominciato. (Lansen si sta avvicinando) Attento, attento… LANSEN (mostrando un foglio al generale) - Se vuol dare un’occhiata, generale. È un appunto per il comunicato ufficiale.

BURTON - Ah, sì? Vediamo. (mentre Burton scorre con lo sguardo il foglio, entrano alcuni fotografi che si preparano a riprendere il gruppo composto da Burton, da Lansen e da Alberto)

LANSEN (i1tfastidito) - Ma come? Ancora fotografie?

FOTOGRAFI - Ci perdoni, Eccellenza. Un minuto, un minuto solo. È per la televisione. Un po’ più vicini, per favore. (mentre Lansen e Burton si mettono in posa, Alberto che è in mezzo a loro, fa l’atto di trarsi da parte)

LANSEN (gentilmente) - No, no, rimanga anche lei…

ALBERTO (imbarazzato, gettando un’occhiata verso Burton) - Io?

BURTON (dopo un attimo di esitazione) - Ma sì, visto che ci sei! (Alberto rimane al suo posto tra Burton e Lansen che assumono una posa sorridente e cordiale, mentre lampeggiano i flash. Proprio in questo momento appare sulla porta Patrizia, molto elegante in un chiaro abito da mattina. Si ferma sbalordita a guardare i tre uomini in posa. Tanto Lansen che Burton appaiono estremamente imbarazzati e seccati per essere stati sorpresi da lei in quella posizione. Mentre Burton e Alberto accennano un inchino, Lansen si avvicina alla moglie. Durante la scena seguente Burton cerca di nascondere la sua preoccupazione e di darsi un’aria disinvolta scambiando saluti con i delegati che traversano la scena)

LANSEN (a Patrizia, parlando con voce bassa e tono sostenuto) - Che fai qui? Che vuoi?

PATRIZIA - Niente! M’annoio, passeggio. (accennando con sorridente ironia ad Alberto) Siete diventati amici?

LANSEN (con malumore) - Macché amici! Sono stato costretto a fingere perché gli altri non capiscano! Puoi immaginare quanto mi secchi!

PATRIZIA - Non si direbbe.

LANSEN - Non fare dell’ironia che è assolutamente fuori di posto! In quanto a quello che è accaduto stanotte, voglio credere che si tratti solo di una tua deplorevole leggerezza e come tale preferisco dimenticarla.

PATRIZIA - Hai ragione! È meglio!

LANSEN - Non è meglio affatto, ma è necessario! (vedendo avvicinarsi il segretario, gli chiede con tono aspro) Che c’è? Che cosa vuole?

IL SEGRETARIO (intimidito e spaventato) - Mi permetta, Eccellenza, volevo ricordarle che bisogna nominare il presidente della commissione per i confini dei Sultanati arabi.

LANSEN (alzando le spalle, irritato) - Me ne infischio dei Sultanati arabi! Che cosa vuole che me ne importi?

IL SEGRETARIO - Mi scusi, Eccellenza, mi ha detto lei di ricordarglielo! È una questione importante! Si tratta delle zone d’influenza sui terreni petroliferi.

LANSEN (subito interessato) - Ah, si, è vero! (a Patrizia) Scusami, cara. (scostandosi col segretario) Mi dica, mi dica, che notizie ha raccolte? C’è qualche proposta?

IL SEGRETARIO - Le solite manovre degli Stati orientali. Vorrebbero uno dei loro.

LANSEN - Per carità! Ci mancherebbe altro! Il generale Burton che cosa ha deciso?

IL SEGRETARIO - Non s’è ancora pronunciato. Noi voteremo per il suo candidato?

LANSEN - Si capisce, siamo già d’accordo! Lo favoriremo in questa elezione e lui ci favorirà nelle altre.

IL SEGRETARIO - Mi permette, Eccellenza, potrei domandarle un’informazione?

LANSEN - Dica.

IL SEGRETARIO - Chi è quel giovanotto che sta parlando col generale? Come si chiama?

LANSEN - Non lo so!

IL SEGRETARIO (sorpreso) - Ma come? Non lo conosce?

LANSEN (imbarazzato) - Sì, sì, lo conosco. Certo che lo conosco! Ma perché mi fa questa domanda?

IL SEGRETARIO - Perché me l’han già chiesto vari delegati. Pare che sia molto amico del generale Burton!

LANSEN (pensieroso) - Già, infatti! E pare anche che il generale ci tenga molto a farlo sapere!

IL SEGRETARIO (colpito dalle parole di Lansen) - Che vuol dire, Eccellenza? Non capisco.

LANSEN (con tono misterioso) - Caro giovanotto, si metta bene in mente che ogni gesto, ogni atteggiamento di un diplomatico nasconde sempre una ragione, uno scopo. Quale sia lo scopo del generale, non sono ancora riuscito a capirlo! E questo mi preoccupa! Intanto lei s’informi, indaghi…

IL SEGRETARIO (perplesso) - Va bene, Eccellenza… (Lansen si avvia per dirigersi verso il salone delle adunanze e passa vicino ad Alberto e Burton che indugiano presso la porta parlando con altri delegati)

LANSEN (a Burton e agli altri) - Credo che ormai non manchiamo che noi…

BURTON - S’accomodi, Eccellenza, accomodatevi anche voi. Vi raggiungo subito, devo parlare un momento con lui. (e prende sottobraccio Alberto. Il gesto è notato e commentato dai delegati che escono con Lansen. Appena gli altri si sono allontanati, Burton si stacca da Alberto e si avvicina a Patrizia che, in piedi presso un tavolino, sta sfogliando una rivista. Mentre si svolge la scena seguente, il segretario parla con Alberto che, evidentemente, risponde alle sue domande con aria evasiva e distratta)

BURTON - Patrizia…

PATRIZIA (senza voltarsi, continuando a sfogliare la rivista) - Sta’ attento, è pericoloso! Potrebbe vederti mio marito!

BURTON - No, tuo marito è uscito! Del resto se anche mi vedesse…

PATRIZIA (con sarcasmo) - Non hai più paura di lui? Perbacco! Sei temerario!

BURTON (avvilito) - Patrizia, lascia che ti spieghi…

PATRIZIA (interrompendolo ironica) - Ma no, è inutile! Lo so quello che vuoi dirmi: che anche tu hai dovuto fingere perché non si scoprisse la verità! Hai fatto bene! Perché vuoi giustificarti? Non c’è ragione! È tutto così carino, quasi commovente! Se sapessi; che bel gruppo formavate! Incantevole! Il marito, l’amante e il ladro, sorridenti e soddisfatti! Domani apparirete sui giornali di tutto il mondo, nel posto d’onore, sulle prime pagine! Peccato che la gente non possa gustarne il significato! Solo io posso apprezzare il valore di quella fotografia! Voglio una copia per ricordo…

BURTON (umiliatissimo) - Patrizia, io non so più che dirti.

PATRIZIA - Non dire niente! Va’ a fare il tuo dovere! T’hanno mandato qui per rappresentare il tuo paese, non stare a perdere tempo con me! E poi non è nemmeno prudente. Potrebbero sorgere dei sospetti.

BURTON (accennando ad Alberto) - Ma io non posso lasciarti qui sola con lui…

PATRIZIA - Perché? È il mio amante! Se ci vedono insieme è meglio, specialmente per te. Non ti pare? Va’, va’. (Burton esita come combattuto fra opposti sentimenti. Vorrebbe parlare ancora ma è disarmato dal sorriso ironico di Patrizia. Accenna un inchino e si dirige rapido verso l’uscita. Quando passa vicino ad Alberto questi lo saluta con tono confidenziale)

ALBERTO - Ciao, vecchio!

BURTON (a denti stretti con un forzato sorriso) - Ciao!

IL SEGRETARIO (appena Burton è uscito) - Lei non viene ad assistere alla seduta?

ALBERTO - Più tardi! Devo far prima qualche telefonata. Ma lei vada, non faccia complimenti.

IL SEGRETARIO (con un rispettoso inchino) - Grazie! I miei rispetti. (esce dopo essersi inchinato rispettosamente anche verso Patrizia. Patrizia, appoggiata al bordo di una poltrona, si sta guardando in un piccolo specchio che ha tratto dalla borsetta. Alberto è rimasto all’altro estremo della stanza in atteggiamento di discreta riservatezza. Trae di tasca un portasigarette e fa l’atto di accendere una sigaretta)

PATRIZIA - Ha una sigaretta anche per me?

ALBERTO (avvicinandosi premuroso) - Ecco, signora. (le porge il portasigarette aperto perché ella si serva)

PATRIZIA (invece di prendere una sigaretta, gli toglie di mano il portasigarette per osservarlo) - Bello questo portasigarette! A chi l’ha rubato?

ALBERTO (senza scomporsi) - A un tale che mi son trovato vicino a un tavolo di roulette a Campione. Era tanto occupato a perdere i suoi quattrini che avrei potuto sfilargli gli anelli dalle dita senza che se ne accorgesse! Mi sono contentato di questo!

PATRIZIA (prendendo una sigaretta) - È stato discreto!

ALBERTO - Non ne avevo bisogno. La stagione era andata discretamente bene! Avevo guadagnato abbastanza.

PATRIZIA - Col giuoco o col furto?

ALBERTO (porgendole l’accendisigari acceso) - Con tutti e due.

PATRIZIA (accendendo all’accendisigari) - Rubato anche questo?

ALBERTO - No, questo l’ho comprato!

PATRIZIA - Col denaro degli altri?

ALBERTO (con la massima semplicità) - Naturalmente! Ma scusi, signora, non capisco perché mi fa queste domande! È come se chiedesse a un medico se vive sui malanni dei suoi clienti! Ognuno ha la sua professione!

PATRIZIA - Già, è vero. Ma la sua professione è così particolare. Non mi era mai capitato di parlare con un ladro! Ma mi dica, che ne pensa lei di questa nostra buffa avventura?

ALBERTO (con slancio sincero) - Io la trovo meravigliosa!

PATRIZIA (dubbiosa) - Davvero?

ALBERTO - Lo sa che ho passato tutto il resto della notte senza chiudere occhio?

PATRIZIA - Perché?

ALBERTO - Avevo paura d’addormentarmi! Di solito i sogni si interrompono quando uno si sveglia! Per me invece accadeva tutto il contrario. Sognavo finché ero sveglio, e non volevo che il mio sogno finisse.

PATRIZIA - Perché? C’era un seguito?

ALBERTO - Certo che c’era. L’alba, una grigia alba nebbiosa. Due carrozze chiuse che avanzano nei viali deserti di un immenso parco. Si fermano, scendono degli uomini in abito nero e cilindro, si salutano con un inchino. I due avversari si pongono spalla contro spalla con le pistole in pugno, si allontanano mentre una voce conta i passi: uno, due, tre, quattro. D’improvviso il silenzio è rotto da uno scalpitar di cavalli. Una carrozza sopraggiunge, si ferma; una donna scende affannata, ansante, si slancia piangendo a fare scudo col suo corpo all’uomo amato gridando: No, no, non l’uccidere!

PATRIZIA - E quella donna sarei stata io?

ALBERTO - Sì, signora. Mi scusi, se mi sono permesso.

PATRIZIA - E chi sarebbe stato l’uomo amato che volevo difendere col mio corpo? Lei o mio marito?

ALBERTO (dopo una breve esitazione) - Sarei stato io! La prego ancora di scusarmi. I sogni sono sempre un po’ assurdi!

PATRIZIA - E poi?

ALBERTO - Poi che cosa?

PATRIZIA - (con una leggera punta d’ironia) - Che accadeva poi? Non moriva nessuno?

ALBERTO (smontato) - No, non moriva nessuno. Le sembrano ridicole, è vero, queste mie fantasticherie?!

PATRIZIA (con indulgenza) - No, ridicole no; ma credo che siano un po’ fuori tempo!

ALBERTO - Lo so, non usano più! Infatti me l’ha fatto capire anche suo marito.

PATRIZIA (sorpresa) - Mio marito? Quando?

ALBERTO - Stamattina quando gli ho detto che ero pronto a battermi con lui!

PATRIZIA (sbalordita) - Come?! Battersi con lui?! Ma voleva scherzare?!

ALBERTO - No, signora, non scherzavo affatto. Avevo trovato anche due distinti signori che erano disposti a farmi da padrini! Ma suo marito m’ha detto che non poteva battersi perché era una bandiera!

PATRIZIA - Una bandiera?!

ALBERTO - Sì. Non ho capito bene che c’entrino le bandiere con la nostra faccenda! Ma per quanto io abbia insistito, non ha voluto battersi con me!!

PATRIZIA - Sfido che non ha voluto! Non ci sarebbe mancato altro che un duello! Bella figura ci avremmo fatto tutti quanti! Ma come le era venuta in mente quest’idea? Voleva ammazzare mio marito?

ALBERTO (prontamente) - No, signora. Avrei sparato in aria! So bene come deve comportarsi un gentiluomo in questi casi!

PATRIZIA - Senta, bisogna che lei si calmi! Lei ha un concetto troppo melodrammatico della vita! I duelli! Le donne che fanno scudo al corpo dell’amato. Ma queste cose non accadono più! Adesso fanno ridere solamente a parlarne!

ALBERTO - Lo so che fanno ridere! A lei sembrano sciocche, ma per me invece sono importantissime! Ecco, vede, io sono abituato a frequentare gente ricca; è una mia necessità professionale. Vesto bene, viaggio in vagone letto, abito nei grandi alberghi: insomma vivo nel vostro ambiente, come voi, in mezzo a voi, ma non sono uno dei vostri!

PATRIZIA - E questo le dispiace?

ALBERTO - Enormemente! Non so che cosa darei per essere accolto nel vostro mondo! Invece mi sento escluso, estraneo, isolato. C’è come una barriera insuperabile che mi separa da voi! Stanotte questa barriera è caduta. D’improvviso sono diventato uno dei vostri. Un ministro mi tratta come un suo pari, una bella signora mi accetta come amante.

PATRIZIA (piccata) - Che accetto?! Io non accetto niente!

ALBERTO (con garbata sicurezza) - Si sbaglia, signora. Lei adesso deve accettare tutto! Anche un altro bacio se mi viene il capriccio di darglielo!

PATRIZIA (indietreggiando istintivamente) - Non ci provi, sa!

ALBERTO - Perché? Che cosa accadrebbe se ci provassi? Chiamerebbe suo marito? Mi parlerebbe ancora delle bandiere! Il generale? Troppo prudente! Dunque, nessuno correrebbe a difenderla!

PATRIZIA - Non importa! Saprei difendermi da sola!

ALBERTO - Non ne dubito! Ma non abbia paura, non ce ne sarà bisogno! I baci presi con la forza non mi interessano! Sono l’unica cosa che non mi piace rubare.

PATRIZIA - Ah, sì? Interessante! E allora quello di stanotte?

ALBERTO - Quello era un’altra cosa! Mi spettava! Era nella mia parte! Ma piuttosto, signora… (s’interrompe vedendo passare oltre la vetrata di fondo una giovane bella signora che tiene al guinzaglio un magnifico cane di razza)

PATRIZIA (accennando alla signora) La conosce?

ALBERTO - No, no, mi pare di no. Avevo avuto l’impressione di averla già incontrata in qualche posto, ma

forse mi sbaglio. Chi è?

PATRIZIA - La signora Van Laer. Un nome abbastanza noto.

ALBERTO - Mai sentita nominare!

PATRIZIA - Non è possibile! Chi sa quante volte l’ha mangiata!

ALBERTO - Che cosa?

PATRIZIA - La cioccolata Van Laer! È celebre in tutto il mondo! Su ogni strada si trovano dei grandi cartelli pubblicitari con le scritte: Cioccolata Van Laer… Cacao Van Laer… Caramelle Van Laer…

ALBERTO - Sì, sì, adesso ricordo. E quella signora…

PATRIZIA - È la giovane moglie del vecchio Van Laer. (in questo momento la signora Van Laer ripassa nel fondo guardandosi intorno come cercasse qualcuno. Vedendo Patrizia, la saluta e si avvia per raggiungerla)

PATRIZIA (ad Alberto, con imbarazzo) - Probabilmente dovrò presentarla. Vuol dirmi il suo nome?

ALBERTO - Adesso mi chiamo Alcantara… Alberto Alcantara.

PATRIZIA - Adesso?!

ALBERTO - Ho diversi nomi secondo le necessità. (intanto la signora Van Laer è entrata in scena e saluta con effusione Patrizia).

LA SIGNORA VAN LAER - Buongiorno, cara signora. Come sta?

PATRIZIA - Bene; grazie. È venuta ad assistere alla seduta inaugurale?

LA SIGNORA V AN LAER - Oh no, per carità! Me ne guardo bene! Io le trovo insopportabili queste sedute! Non capisco davvero come ci sia della gente che si affanna tanto per avere i biglietti d’invito! Che divertimento c’è? Tutti fanno dei discorsi interminabili e nessuno li sta a sentire! Non ha visto per caso il mio Boby?

PATRIZIA (indicando il cane) - Non è lui Boby?

LA SIGNORA VAN LAER (con una limpida risata) - No, lui è Rommy. Boby è mio marito! Mi aveva dato appuntamento qui, ma come al solito se lo sarà dimenticato. (nel volgere il capo vede Alberto ed ha un rapido trasalimento di sorpresa. Alberto s’inchina)

PATRIZIA (presentando) - Il signor Alcantara… la signora Van Laer.

LA SIGNORA VAN LAER (ha subito ripreso la sua sorridente impassibilità e tende la mano ad Alberto che gliela bacia) - Molto lieta. Scusi, vuol ripetermi il suo nome, non l’ho capito bene.

ALBERTO (un po’ esitante) - Alcantara…

LA SIGNORA VAN LAER. - Alcantara?! Che cos’è? Una città della Spagna?

ALBERTO - No, è un fiume della Sicilia.

LA SIGNORA VAN LAER (con una lattea risata) - Oh mio Dio! Come sono ignorante! Mi scusi, Alcantara! Bel nome! Sembra davvero di sentire scorrere le acque d’un fiume! Anche a me sarebbe piaciuto avere il nome di un fiume, di una montagna, d’un fiore! È un peccato che non si possa scegliere il nome che più ci piace! Sarebbe simpatico, e anche comodo, non le pare?

ALBERTO (dopo aver gettato una rapida occhiata verso Patrizia) - Ah sì, certo!

PATRIZIA (intervenendo per sviare il discorso) - Non ha provato a dare un’occhiata nel salone delle adunanze? Può darsi che il suo Boby sia là.

LA SIGNORA VAN LAER - Ah, sì, è probabile, Quando non sa che fare, assiste alle riunioni, Dice che lo interessano moltissimo! Invece, appena uno comincia a parlare, si addormenta dolcemente e non si sveglia che quando sente gli applausi! E anche lei, signor Alcantara, è qui per i lavori della Conferenza?

ALBERTO (evasivamente) - Sì, in certo qual modo.

LA SIGNORA VAN LAER - E in quale veste, se non sono indiscreta? Come delegato, come giornalista, come curioso?

ALBERTO (imbarazzato) - Ecco, signora, le dirò, veramente io…

PATRIZIA (intervenendo ancora per toglierlo d’imbarazzo) - Vogliamo andare a vedere che succede di là?

LA SIGNORA VAN LAER (avviandosi con Patrizia) - Andiamo pure! Ma che vuole che succeda?! Non succede mai niente! Almeno litigassero qualche volta! Ha visto quello che è accaduto nel Parlamento giapponese? Botte da orbi! Quelle sì che sono sedute divertenti! (in questo momento entra Lansen che la saluta con un lieve inchino)

LANSEN - Signora…

LA SIGNORA VAN LAER - Buongiorno, Lansen, è già finita la riunione?

LANSEN - No, c’è una breve interruzione.

LA SIGNORA VAN LAER - Ha visto per caso il mio Boby? (Lansen fa l’atto di accennare al cane ma ella lo previene prontamente) No, non il cane, mio marito! Li confondono tutti!

LANSEN - Ah no, non l’ho visto. Ma può essermi sfuggito. C’è tanta gente!

LA SIGNORA VAN LAER - Vado io a vedere! Permette signora…

PATRIZIA - Prego… (la signora Van Laer esce dopo aver scambiato sorrisi e saluti coi delegati e gli invitati che entrano ed escono. Intanto il segretario si avvicina ad Alberto)

IL SEGRETARIO (deferente e premuroso) - Permette. C’è 1’ambasciatore del Pakistan che desidera conoscerla.

ALBERTO (sorpreso) - Me?

IL SEGRE.TARIO (avviandosi) - Sì, se vuol favorire per cortesia. (Alberto lo segue ed esce con lui. Intanto Lansen che evidentemente è di pessimo umore si avvicina a Patrizia e le parla a bassa voce)

LANSEN (accennando ad Alberto che sta uscendo) - Ma chi è quell’individuo?

PATRIZIA (candidamente) - Quale individuo?

LANSEN (a denti stretti) - Non far finta di non capire!! Quell’individuo là, quello che era stanotte in camera tua. Chi è? Che fa? Da dove viene?

PATRIZIA - Non lo so…

LANSEN (con ira repressa) - Ah, non lo sai?! È stupida questa tua tattica! Tu adesso vuoi approfittare delle circostanze che mi impediscono di agire come vorrei.

PATRIZIA - Quali circostanze?

LANSEN - Quell’individuo è un amico del generale Burton.

PATRIZIA (sorridendo) - Credi?

LANSEN (cupamente) - Non c’è dubbio! Sono amici intimi, si danno del tu. Il generale rappresenta una grande nazione con la quale devo concludere degli accordi importantissimi. Capirai che non posso mandare all’aria una intesa fra due grandi potenze, per le tue divagazioni notturne! Se il generale venisse a sapere…

PATRIZIA - Non aver paura! Non verrà a sapere nulla!

LANSEN (aspro) - Apprezzo il tuo ottimismo, ma non lo condivido! Malgrado la ripugnanza che provo, sono costretto a reprimere il mio sdegno e a mantenere verso costui un atteggiamento di riguardo! È un penoso sacrificio che devo compiere nell’interesse del mio paese!

PATRIZIA - Meriteresti una medaglia!

LANSEN (irritato) - Non mi sembra proprio il caso che tu faccia dell’ironia! Dovresti vergognarti piuttosto!

PATRIZIA - Sì, sì, mi vergogno! Non puoi immaginare quanto mi vergogno!

LANSEN (guardando verso sinistra) - Ecco, sta venendo qui il generale. Fammi il piacere, cerca di essere un po’ gentile con lui.

PATRIZIA - Ci tieni?!

LANSEN - Si capisce che ci tengo! Ho bisogno del suo appoggio. Mi pare che poco fa t’abbia salutato con una certa freddezza. (in questo momento entra il generale che è anch’egli di pessimo umore. Parla a voce bassa con tono irritato al segretario che lo accompagna)

BURTON - Macché amico, macché amico! (riprendendosi) Sì, sì, va bene, amico, si capisce che è mio amico!  Ma appunto per questo mi secca! Io non voglio che i rapporti diplomatici siano influenzati dalle mie amicizie personali. (è interrotto da Lansen che si avvicina deferente e cordiale)

LANSEN - È contento, generale, per l’andamento dei lavori della Conferenza?

BURTON - Contentissimo! E lei?

LANSEN - Sono lieto di poter constatare la nostra identità di vedute specialmente sulla delicata questione dei Sultanati arabi.

BURTON - Ah, sì! I Sultanati arabi! Importantissimi! Dovremo studiare insieme una linea di condotta.

LANSEN (inchinandosi) - Io non chiedo di meglio che farle cosa gradita, generale. Accetto fin da ora le sue decisioni.

BURTON (inchinandosi anch’egli) - Grazie, Eccellenza, qualunque decisione sarà ispirata ai nostri comuni interessi e alla nostra cordiale amicizia!

LANSEN (con un altro inchino) - Generale…

BURTON (con un altro inchino) - Eccellenza… (Lansen si allontana col segretario parlandogli a bassa voce animatamente. Burton si volge avvilito verso Patrizia che ha assistito alla breve scena con leggero sorriso ironico)

PATRIZIA (beffarda) - Dunque? Come vanno i tuoi rapporti col ladro? Ho saputo che ora siete amici, che vi date del tu!

BURTON (imbarazzato) - È stato per la verosimiglianza. Volevo evitare che potessero sorgere dei sospetti e allora ho pensato di far finta che fosse mio amico. Mi è venuto così, d’istinto. Ma ho fatto male. Non avrei dovuto trattarlo con troppa familiarità!

PATRIZIA - Perché? Quel giovanotto è stato una vera provvidenza per te! T’ha salvato da un grosso guaio! Hai ragione d’essergli grato!

BURTON - Ma adesso tutti credono che sia veramente un mio amico. Sai com’è quest’ambiente, basta che uno mostri un po’ più di cordialità verso un altro che subito si facciano delle congetture, delle illazioni. Ci sono mille occhi che osservano, che spiano; si dà un significato a tutto; a una stretta di mano, a un colloquio, a un sorriso. Figuriamoci se si viene a sapere che ci sono dei rapporti di amicizia!

PATRIZIA - Beh, che c’è di male? Penseranno che quel giovanotto sia un tuo protetto!

BURTON - E ti par niente? Ma non pensi alle conseguenze? Sono già tutti in subbuglio, vogliono sapere, capire. Un amico, un protetto del generale Burton? Che vorrà? Che sarà venuto a fare? Perché è scappato fuori proprio adesso? (in questo momento appare sulla porta Alberto, che scambia strette di mano coi delegati che lo trattano con la massima deferenza) Eccolo là! Guarda, guarda che faccia tosta! E tutti: quegli imbecilli che lo prendono sul serio! (Alberto si avvicina a Burton e a Patrizia che lo accoglie con un sorriso)

PATRIZIA - Bravo! Ha fatto presto ad ambientarsi! Rallegramenti!

ALBERTO - Grazie, signora. (volgendosi a Burton con un tono confidenziale) E grazie soprattutto a te, vecchio mio!

BURTON (scattando irritato) - Mi faccia il piacere… la finisca con questo “vecchio mio” e non si permetta di trattarmi con tanta familiarità!

ALBERTO - Ma è stato lei, generale, che ha voluto…

BURTON - Sì, davanti agli altri, per forza. Ma quando i siamo soli, non c’è nessuna ragione! Io sono il generale Burton del Pentagono e lei… lei è quello che è.

ALBERTO - Va bene, generale, come crede. E adesso che cosa devo fare?

BURTON - Adesso? Adesso, visto che c’è, continui a far finta di essere un diplomatico.

ALBERTO - Ma come deve comportarsi un diplomatico? Io non sono pratico; è la prima volta che mi capita…

BURTON - Non si preoccupi, è facilissimo! Parli poco, anzi non parli affatto! Sorrida! Se le chiedono qualche cosa, non risponda, sorrida! È questo l’importante! Un buon diplomatico deve saper sorridere! (guardando verso sinistra) Mi pare che stia per ricominciare la seduta.

PATRIZIA (accennando ad Alberto) - Deve assistere anche lui?

BURTON (dopo un attimo di incertezza) - Ma sì! Forse è meglio! (si avviano per uscire. Sulla porta si incontrano con la signora Van Laer che rientra. Scambio di saluti)

LA SIGNORA VAN LAER (fermando Alberto) - Permette signor Alcantara… Vorrei domandarle una cosa.

ALBERTO (si ferma un po’ sorpreso, mentre Patrizia e Burton escono) - Mi dica, signora…

LA SIGNORA VAN LAER (non vorrei sbagliarmi, ma ho l’impressione che noi dobbiamo esserci già conosciuti.

ALBERTO (cauto, diffidente) - Non credo, signora.

LA SIGNORA VAN LAER (fissandolo, attenta) - Sì, sì, più la guardo e più ne sono convinta!

ALBERTO - Forse si tratta di una somiglianza.

LA SIGNORA VAN LAER - No, no, non si tratta di una somiglianza. Sono sicura che ci siamo conosciuti. Sono ormai passati molti anni. Io sono un po’ cambiata, ma lei è rimasto tale e quale! Ma mi guardi bene. Non si ricorda proprio di me?!

ALBERTO - Mi dispiace, signora.

LA SIGNORA VAN LAER - Allora può darsi che abbia ragione lei! Forse mi sono sbagliata, mi scusi.

ALBERTO - Prego.

LA SIGNORA VAN LAER - Vuole offrirmi una sigaretta?

ALBERTO - Una sigaretta? Subito! (mette la mano in tasca per prendere il portasigarette, ma non lo trova. Cerca nelle altre tasche con gesti sempre più nervosi e impazienti, mentre la signora Van Laer aspetta sorridendo. Borbottando fra sé) Ma dove l’ho cacciato?

LA SIGNORA VAN LAER - Che c’è? Ha perduto qualche cosa?!

ALBERTO (nervosamente) - Sì, il mio portasigarette. Non lo trovo più! Non capisco; eppure ce l’avevo. L’ho usato poco fa.

LA SIGNORA VAN LAER (trae dalla borsetta il portasigarette di Alberto e glielo porge) - È questo?!

ALBERTO (vivamente sorpreso) - Dove l’ha trovato?

LA SIGNORA VAN LAER - Nella sua tasca… Mi riconosce! adesso?!

ALBERTO (con un grido, come illuminato da una rivelazione improvvisa) - Mariuccia!

LA SIGNORA VAN LAER - Sì.

ALBERTO - Mariuccia! Mariuccia la svaporata!

LA SIGNORA VAN LAER - Proprio io.

ALBERTO - Ah, ecco! Infatti mi pareva di riconoscerti! Anch’io, appena t’ho vista, ho avuto l’impressione, ma come potevo immaginare? Tu! Mariuccia la svaporata! Ma come hai fatto a diventare la signora Van Laer?

LA SIGNORA VAN LAER - Eh, casi della vita! C’è chi scende e c’è chi sale. Ma anche tu. Perbacco, sei diventato una persona importante!

ALBERTO - Ti ricordi quando lavoravamo insieme nei grandi magazzini?

LA SIGNORA VAN LAER - Certo che me lo ricordo! Sono stata io che ti ho insegnato a rubare le borsette!

ALBERTO - Accidenti, avevi la mano svelta! Ma dimmi, dimmi, da quanto tempo sei diventata una signora per bene?

LA SIGNORA VAN LAER - Son quasi cinque anni! Se sapessi che barba! Una notte m’ero introdotta in una grande villa in Riviera. Credevo che non ci fosse nessuno! Invece, proprio mentre stavo scassinando un cassetto, mi son vista apparire davanti un uomo completamente nudo con una pistola in mano!

ALBERTO - Chi era?

LA SIGNORA VAN LAER - Era Bartolomeo Van Laer.

ALBERTO - Il re della cioccolata?

LA SIGNORA VAN LAER - Proprio lui! Era spaventatissimo! Poverino! Voleva telefonare alla polizia per farmi arrestare! Allora mi sono messa a piangere, gli ho raccontato che ero una povera orfana, che ero la vittima del destino e che rubavo per sfamare i miei fratellini.

ALBERTO - E lui?

LA SIGNORA VAN LAER - S’è commosso, s’è messo a piangere anche lui e non ha più telefonato alla polizia. Per consolarmi mi ha fatto restare quella notte in casa sua. Ci sono rimasta per sempre. Ma tu, tu come hai fatto?!

ALBERTO - lo? Ah, per me è tutto diverso. Figurati che… (s’interrompe perché sulla porta appare il segretario affannato)

IL SEGRETARIO - Mi permette, Eccellenza?

ALBERTO (sconcertato) - Dice a me?!

IL SEGRETARIO - Sì, signore, vorrei pregarla di favorire un momento di là.

ALBERTO (preoccupato) - Di là… dove?

IL SEGRETARIO - Nel salone delle adunanze. È necessaria la sua presenza.

ALBERTO - La mia presenza? Perché?!

IL SEGRETARIO - Non saprei dirle… Se vuol favorire…

ALBERTO (perplesso, stringendosi nelle spalle) - Va bene! Andiamo! (rivolto alla signora Van Laer) Mi permette, signora?

LA SIGNORA VAN LAER - Prego, Eccellenza. (mentre Alberto si avvia, cala il sipario)

QUADRO SECONDO

Dopo un brevissimo intervallo, si rialza il sipario sulla stessa scena. Nella stessa posizione in cui abbiamo visto al principio del secondo atto il ministro Lansen, vediamo ora Alberto che, assistito dallo stesso segretario, sta dettando un comunicato ufficiale alla stessa stenografa.

ALBERTO - “Io sono ottimista! Nella mia qualità di Presidente della Commissione per i confini dei Sultanati arabi, ho il piacere di constatare che nell’atmosfera di cordiale solidarietà e di reciproca comprensione, si può auspicare una pacifica e amichevole i intesa…”

IL SEGRETARIO (interrompendolo, con deferenza) - Mi permette, Eccellenza, pare che stiano sparando.

ALBERTO - Dove?

IL SEGRETARIO - Laggiù, ai confini fra i Sultanati arabi.

ALBERTO - Ah, sì? Perché sparano?

IL SEGRETARIO (stringendosi nelle spalle) - Eccellenza, hanno sempre sparato, non vanno d’accordo. Sa, è per la questione del petrolio.

ALBERTO - Perché? Non hanno il petrolio?

IL SEGRETARIO - No, Eccellenza, vuole scherzare? Ne hanno troppo!

ALBERTO - E allora? Non sono contenti? Ma il petrolio non è una ricchezza?

IL SEGRETARIO - Sì, sì, una grande ricchezza! Ma per gli altri, non per loro! Lei sa bene, Eccellenza, come

stanno le cose.

ALBERTO (con l’aria di essere informato) - Sì, sì… lo so benissimo!

IL SEGRETARIO (a bassa voce) - Quel petrolio interessa ad alcune grandi potenze.

ALBERTO - Eh, già!

IL SEGRETARIO - Per accaparrarselo sono ricorse alla solita tattica… risvegliare lo spirito nazionale delle popolazioni perché si ammazzino fra loro… Così possono intervenire per pacificarle.

ALBERTO - E si pigliano il petrolio!

IL SEGRETARIO - Appunto! Ma lei, Eccellenza, queste cose le sa meglio di me!

ALBERTO - E come no! (traendolo un po’ da parte) Però c’è una cosa che non ho ancora capito. Perché hanno nominato proprio me, presidente della Commissione?

IL SEGRETARIO - Eccellenza, lo sa come vanno queste cose. Il ministro Lansen ha proposto la sua candidatura per far piacere al generale Burton. Il generale Burton l’ha appoggiata per far piacere al ministro Lansen. Gli altri delegati l’hanno accettata per far piacere al ministro e al generale! È così che avvengono normalmente le elezioni!

ALBERTO - Ah, ecco! E si può sapere a che cosa serve questa commissione?

IL SEGRETARIO - A niente! Infatti è stata già nominata una sottocommissione di esperti incaricati di studiare le cause dei conflitti e riferire.

ALBERTO - E mentre la sottocommissione studia, quelli laggiù continuano ad ammazzarsi?

IL SEGRETARIO - Per forza! Ormai…

ALBERTO - Eh, già! Ormai non c’è niente da fare! (riprende a dettare alla stenografa) Scriva, signorina. “Io sono ottimista…”

LA STENOGRAFA - Scusi, Eccellenza, questo l’ho già scritto…

ALBERTO - Ah, sì, è vero. Dove eravamo arrivati?

LA STENOGRAFA (rileggendo) - “…si può auspicare una pacifica e amichevole intesa…”

ALBERTO (perplesso, al segretario) - Che cosa possiamo auspicare?

IL SEGRETARIO (suggerendo) Una rapida cessazione degli incresciosi incidenti…

ALBERTO - Benissimo! (dettando) “…una rapida cessazione degli incresciosi incidenti… in un clima di pacifica e amichevole intesa”. (al segretario) Credo che possa bastare!

IL SEGRETARIO - Sì, sì, è più che sufficiente! (alla stenografa) Ne faccia tre copie

LA STENOGRAFA (avviandosi) - Va bene. (mentre la stenografa esce, Alberto, si avvicina ad una grande carta geografica attaccata ad una parete)

ALBERTO - Senta, per favore, vuole mostrarmi dove si trovano questi benedetti Sultanati arabi?

IL SEGRETARIO - Sì, Eccellenza, subito! (si avvicina anch’egli alla carta e comincia a cercare con lo sguardo) Ecco, si trovano… si trovano precisamente…

ALBERTO - Non lo sa nemmeno lei?!

IL SEGRETARIO (confuso) - Sì, sì, lo so, ma in questo momento non riesco a individuarli. Eppure dovrebbero essere da queste parti! (Alberto e il segretario continuano a cercare sulla carta. A destra entra Patrizia che vedendo Alberto ha un piccolo moto di contrarietà e fa l’atto di tornare indietro)

ALBERTO (si volge, la vede e rapido traversa la scena per trattenerla) - Signora…

PATRIZIA (fermandosi) - Buonasera… (intanto il segretario che ha continuato a cercare sulla carta, si volge trionfante indicando un punto)

IL SEGRETARIO - Eccoli qui, Eccellenza. Li ho trovati!

ALBERTO (evasivo) Va bene, grazie, vedrò poi…

IL SEGRETARIO (inchinandosi verso Patrizia) - Ha ancora bisogno di me, Eccellenza?

ALBERTO - No, grazie, vada pure… (il segretario esce da sinistra. Appena rimasto solo con Patrizia, Alberto le si avvicina ansioso) Oh, finalmente! È quasi una settimana che non riesco a vederla! Ma dove è stata?

PATRIZIA (con indifferenza) - In nessun posto. Un po’ qui, un po’ là, come al solito.

ALBERTO - Ma no, non è possibile! In questi giorni non ho fatto altro che cercarla, negli alberghi, alle riunioni della conferenza, al golf, a teatro… perfino in camera sua.

PATRIZIA - In camera mia?!

ALBERTO - Ma sì, per forza! Volevo vederla, parlarle. Ma lei non c’era. Erano quasi le due di notte e lei non c’era! Dov’era a quell’ora?

PATRIZIA (con una risata nervosa) - Che è? Una scena di gelosia? Non ci mancherebbe che questo per raggiungere il colmo dell’assurdo! Che lei mi facesse delle scene di gelosia!

ALBERTO (gravemente) - Io non ho il diritto di farle delle scene, ma nessuno può impedirmi di essere geloso!

PATRIZIA - Geloso? Lei?! Be’, adesso non esageri! Non prenda la sua parte troppo sul serio!

ALBERTO - Ma io in questo momento non recito una parte. Siamo soli. Perché dovrei fingere? Le dico, che sono geloso perché è la verità! Me ne sono accorto in questi giorni. La gelosia non dipende mica dalla volontà. Nasce così, d’improvviso, non si sa perché… Una volta mi è capitato di esser geloso di una regina.

PATRIZIA - Ah! Allora sono in buona compagnia.

ALBERTO - Sì, una regina molto bella! L’amavo ed ero pazzamente geloso. Ritagliavo le sue fotografie dai giornali, restavo delle ore vicino al palazzo reale per vederla passare. Soffrivo pensando che ogni sera il re andava a letto con lei.

PATRIZIA - Non avrà mica avuto l’intenzione di ammazzare il re!

ALBERTO - Sì, qualche volta, ma non potevo: ero monarchico! Ecco, vede, adesso la stessa cosa mi capita con lei. Lei per me è lontana, irraggiungibile, come quella regina. Eppure sono geloso lo stesso! Non so se questo voglia dire che mi sono innamorato di lei. Può darsi, anzi ho paura che sia proprio così. Ma a lei che importa? Che fastidio le dà? Non le chiedo di ricambiare il mio amore. Credo che a una donna faccia sempre piacere di essere amata, anche se chi l’ama è un uomo qualsiasi, un uomo come me. Non è così?

PATRIZIA (turbata e nervosa) - Sì, credo, non so. Ma che significa questo discorso? Adesso vorrebbe farmi credere…

ALBERTO (interrompendola) - No, signora, non voglio farle credere nulla! Non badi a quello che le ho detto. Sono sciocchezze. Piuttosto mi dica: perché è tanto arrabbiata con me?

PATRIZIA - Arrabbiata con lei?! Affatto!

ALBERTO - Sì, sì, non può negarlo! In questi giorni ha cercato sempre di sfuggirmi… Anche adesso, appena mi ha visto!

PATRIZIA - Ebbene, sì, è vero! Non desidero incontrarla!

ALBERTO - Ma perché?!

PATRIZIA - Può immaginarlo! Questa nostra stupida avventura sarà piacevole per lei, ma non è affatto divertente per me!

ALBERTO - Lo capisco, signora, ma non è colpa mia. Lei ha visto come si sono svolte le cose: è stato come un ingranaggio.

PATRIZIA - Già, un ingranaggio! Ma mi pare che lei ci si trovi bene in questo ingranaggio.

ALBERTO - Oh Dio! Non mi posso lamentare.

PATRIZIA - Io, invece, mi ci trovo malissimo. È una situazione ridicola e irritante. Non vedo l’ora di uscirne. Sono stufa di tutte queste finzioni. Sarebbe stato meglio che avessi detto subito la verità a mio marito.

ALBERTO - Gliela può dire adesso. È ancora in tempo.

PATRIZIA - No, adesso è troppo tardi. Ormai siamo nell’ingranaggio e dobbiamo restarci. Ma lei, piuttosto, sarà contento. Il suo famoso sogno continua.

ALBERTO - Altro che continua. Tutti sono gentilissimi con me: ministri, ambasciatori, generali. Mi invitano a pranzo, mi confidano i loro segreti, mi raccontano le barzellette.

PATRIZIA - Ebbene? Non è questo che desiderava? Ci teneva tanto ad entrare nel nostro mondo! Adesso c’è entrato in pieno! Non è soddisfatto?

ALBERTO (senza troppo entusiasmo) - Sì, sì, ma non so; forse è perché non mi sono ancora ambientato, ma prima, quando ero fuori, tutto mi sembrava affascinante, meraviglioso. Adesso invece…

PATRIZIA - Deluso?

ALBERTO - Eh, sì un poco. Mi sembra una vita piuttosto noiosa.

PATRIZIA - A chi lo dice. Lei la vive da pochi giorni! Pensi che divertimento per chi è condannato a viverla sempre! La noia! Questa terribile noia che ci accompagna per tutta la vita… Quando ero bambina sbadigliavo in mezzo ai miei costosi giocattoli e invidiavo i ragazzacci che giocavano per la strada.

ALBERTO - Io ero un ragazzaccio di strada!

PATRIZIA - Beato lei! Poi quando sono cresciuta mi hanno mandata in un collegio di signorine in Svizzera…

ALBERTO - A me mi hanno rinchiuso in un riformatorio, ma dopo quindici giorni sono riuscito a scappare.

PATRIZIA (un po’ sognante) - Anch’io avrei voluto scappare! È sempre stato il mio sogno poter scappare! Dal collegio, dalla casa di mio padre, dalla casa di mio marito. Cambiare, vivere una vita diversa, liberarsi. Una volta per sempre da questa insopportabile noia che non ci abbandona mai! Ma lo sa che in certi momenti quasi quasi la invidio…

ALBERTO (sbalordito) - M’invidia?

PATRIZIA - Sicuro che la invidio! La sua dev’essere una vita scomoda, agitata, piena di rischi e di pericoli, ma non sarà certamente monotona e noiosa come la nostra!

ALBERTO - Noiosa? Per carità. Non si ha davvero il tempo di annoiarsi! Sempre in ansia, sempre sul chi vive, senza mai un momento di tranquillità.

PATRIZIA - Ma dev’essere emozionante, piena di sorprese, d’imprevisti.

ALBERTO - Ah, sì, le emozioni non mancano di sicuro! Basta un piccolo errore, un momento di distrazione per finire in galera!

PATRIZIA - Ma è appunto questo continuo pericolo che deve rendere appassionante la vostra vita!

ALBERTO - Sì, signora, ha detto la parola giusta: appassionante! E poi c’è il gusto, il piacere dell’azzardo, del rischio. Lei non può immaginare quanto sia eccitante questo piacere; probabilmente non le è mai capitato di rubare.

PATRIZIA - No, mi manca questa esperienza.

ALBERTO - Ecco, appunto. Bisogna aver provato. Per esempio, l’emozione di entrar di notte in una casa sconosciuta, di avanzare nel buio trattenendo il respiro, sapendo che intorno c’è della gente che dorme e che al minimo rumore potrebbe svegliarsi. Sfiorare con le dita i mobili, gli oggetti, cercare e scoprire dove sono nascosti i gioielli, il denaro…

PATRIZIA - Ma lei non ha paura quando compie queste imprese?

ALBERTO - Certo che ho paura, una paura maledetta! Se non ci fosse la paura, non ci sarebbe più gusto, sarebbe un lavoro stupido, banale… un lavoro che potrebbe fare chiunque.

PATRIZIA - E non le è mai capitato d’esser sorpreso mentre rubava?

ALBERTO - No, mai! M’è sempre andata bene. Prima che acchiappino me! (mentre Alberto pronuncia con sorridente sicurezza queste parole, un uomo di mezz’età, che è entrato da sinistra, si avvicina e gli posa una manosulla spalla)

L’ISPETTORE (con tono rude) - Giovanotto, siete in arresto!

ALBERTO (volgendosi vivacemente) - Come?!

L’ISPETTORE (afferrandolo per il braccio) - Avanti, poche storie. Non cercare di fare resistenza perché è peggio!

ALBERTO (mostrandosi sorpreso e indignato) - Ma insomma, si può sapere che cosa vuole da me? Non capisco.

L’ISPETTORE - Che cosa voglio?! Adesso te lo faccio vedere! Voglio metterti le manette. Avanti, l’altro braccio! (e con un brusco movimento gli afferra l’altro braccio e gli mette ai polsi le manette, mentre Patrizia assiste ammutolita dallo spavento)

ALBERTO (cercando ancora di protestare) - Ma badi che lei si sbaglia! Qui c’è un equivoco! Lei mi confonde con un altro! (accennando a Patrizia) Anche la signora può dirle…

PATRIZIA (emozionatissima) - Sì, sì, le assicuro… dev’essere un errore. Lui è il signor Alberto Alcantara!

L’ISPETTORE (con una risata) - Ah, sì? Alberto Alcantara? Questa è l’ultima edizione? Pablo Rodriguez? E Leone Guerrieri?! E Ludovico Santel? E il barone Martinelli, dove sono andati a finire?

ALBERTO (fingendo la massima sorpresa) - Chi sono questi signori?

L’ISPETTORE - Ah, non li conosci? È la prima volta che li senti nominare! (volgendosi a Patrizia e accennando ad Alberto) Questo di nomi ne ha più di un elenco telefonico.

PATRIZIA - (tentando ancora di difenderlo) - Ma guardi, le assicuro che io…

L’ISPETTORE (interrompendola con garbata fermezza) - Lei non c’entra, signora. Lei è fuori causa! È stata ingannata come sono stati ingannati tanti! Le posso garantire che non c’è nessun equivoco! Io sono un Ispettore dell’Ufficio Internazionale! Questo signore è un pericolosissimo ladro ben noto a tutte le polizie! Lo teniamo d’occhio già da molto tempo! (in questo momento entra gaia e sorridente la signora Van Laer)

LA SIGNORA VAN LAER (salutando Patrizia) - Signora Lansen! Come sta?

PATRIZIA (nervosa e preoccupata) - Bene, bene, grazie!

LA SIGNORA VAN LAER (volgendosi verso Alberto) - Caro signor Alcantara… (si ferma sorpresa vedendolo ammanettato) Oh, ma che succede?

PATRIZIA (costernata) - L’hanno arrestato…

LA SIGNORA VAN LAER - Davvero? E perché?

ALBERTO (con aria rassegnata) - Pare che abbiano accertato che io sono un pericoloso delinquente!

LA SIGNORA VAN LAER (indignata) Oh, ma che sciocchezza! Chi è quel cretino che dice una cosa simile?

L’ISPETTORE (con tono sostenuto) - Quel cretino sono io! E la invito a misurare i termini!

LA SIGNORA VAN LAER - Io non misuro niente! Ripeto che lei è un cretino o un pazzo.

L‘ISPETTORE (minaccioso) - Badi, signora!

LA SIGNORA VAN LAER (beffarda e provocante) - Che vuol fare? Vuole arrestare anche me? (porgendo i polsi) - Avanti, si accomodi, mi metta le manette!

PATRIZIA (intervenendo) - Senta, signora, forse sarebbe meglio…

LA SIGNORA VAN LAER (sempre più indignata) - È una cosa inaudita. Il signor Alcantara è amico mio… e i miei amici sono tutte persone rispettabilissime! (l’ispettore, sempre tenendo Alberto per un braccio, si avvicina ad un tavolino su cui è un telefono. Comincia a comporre un numero. La signora Van Laer si avvicina a Patrizia e le parla a bassa voce) Che facciamo! signora? Non possiamo abbandonarlo così! Bisogna cercare di salvarlo!

PATRIZIA - Salvarlo come? Non è possibile! Purtroppo non si tratta di un equivoco! È meglio che lo sappia

anche lei! Lui è veramente un ladro!

LA SIGNORA VAN LAER - Ah, lo so…

PATRIZIA (sorpresa) - Lo sa?

LA SIGNORA VAN LAER - Certo che lo so! Ma come! Lo sapeva anche lei?

PATRIZIA - Sì, ma io… (si interrompe vedendo passare oltre la vetrata di fondo il generale Burton che sta parlando con un delegato) Oh, ecco il generale Burton! Lui forse potrà aiutarlo!

LA SIGNORA VAN LAER - No, no, per carità! Se viene a sapere che è un ladro…

PATRIZIA - Non si preoccupi. Lo sa già!

LA. SIGNORA VAN LAER (sbalordita) Lo sa?! Anche lui? Ma insomma, lo sanno tutti… (intanto Patrizia è andata a raggiungere Burton. Lo trae da parte e lo informa della situazione indicandogli Alberto ammanettato, tenuto per il braccio dall’ispettore. Il generale appare preoccupatissimo. Breve scambio concitato di parole tra lui e Patrizia. Poi Burton entra. Traversa risolutamente la scena e si avvicina all’ispettore che sta tentando invano di parlare con un numero che è sempre occupato. Patrizia e la signora Van Laer seguono di lontano la scena)

BURTON (secco, autoritario) - È lei che si è permesso di arrestare questo signore?!

L’ISPETTORE (sconcertato e intimidito) - Sì, signor generale…

BURTON (con tono di contando) - Gli tolga subito le manette!

L’ISPETTORE - Ma, signor generale…

BURTON (interrompendolo, aspro) - Ha sentito quello che le ho detto? Obbedisca! Gli tolga subito le manette!

L’ISPETTORE - Mi permetta, signor generale, ma questo è un ladro.

BURTON - Non dica sciocchezze! Il signore è un distintissimo diplomatico e gode di tutta la mia fiducia!

L’ISPETTORE - Ma c’è un regolare mandato di cattura…

BURTON - Un mandato di cattura? Faccia vedere!

L’ISPETTORE (affrettandosi a trarre di tasca un foglio e mostrandoglielo) - Ecco, signor generale… guardi… è firmato dal Capo della Polizia.

BURTON (dopo aver gettato un’occhiata al foglio se lo getta in tasca) - Questo lo tengo io. Parlerò io stesso col Capo della Polizia! Intanto, nella qualità di generale del Pentagono e di membro del Supremo Consiglio Internazionale, le ordino di mettere subito in libertà questo signore! Assumo io tutte le responsabilità!

L’ISPETTORE (sbalordito, inchinandosi con deferente rispetto) - Ah, se è così. Non mi resta che ubbidire! Mi perdoni, signor generale, io credevo di compiere il mio dovere.

BURTON (seccamente, con impazienza) - Avanti! Si spicci!

L’ISPETTORE - Sì, signore, sì, signore. (si affretta ad aprire con l’apposita chiave le manette che toglie dai polsi di Alberto, mormorandogli confuso) Mi scusi, mi scusi tanto.

ALBERTO (con un sorriso indulgente) - Prego! (tendendo la mano a Burton) Grazie, generale!

BURTON (ostentando la più assoluta cordialità) - Ma di niente, amico mio! Sono ben lieto di aver potuto dirimere questo increscioso contrattempo! (in questo momento entra da sinistra il ministro Lansen. Scambio di saluti con Burton)

LANSEN - Buona sera, caro generale.

BURTON - Come sta, caro Ministro?

LANSEN (vedendo Alberto, lo saluta con particolare effusione) - Oh, Eccellenza… sono molto lieto di vederla! Avevo proprio bisogno di lei!

ALBERTO - Di me?!

LANSEN (Prendendolo sotto braccio) - Non so se il mio segretario le ha già accennato. Si tratta di una cosa che mi sta particolarmente a cuore. (mentre l’ispettore li guarda esterrefatto, Burton lo trae in disparte e gli parla con tono misteriosamente allusivo)

BURTON - È inutile che le raccomandi la massima riservatezza! Sono in giuoco degli importantissimi interessi internazionali. Lei mi capisce, è vero?

L’ISPETTORE - No, signor generale…

BURTON (con tono ancor più misterioso) - Segreti di Stato! Non posso dirle di più! Ma bisogna evitare qualsiasi riferimento a fatti precedenti. Chiaro?! In ogni modo, confido nella sua intelligente comprensione… Lei che grado ha?

L’ISPETTORE - Sono ispettore aggiunto di seconda classe.

BURTON (battendogli una mano sulla spalla) - Bene. Mi ricorderò di lei! (si avvicina guardingo a Patrizia e le parla a bassa voce) Sta’ tranquilla! Nessun pericolo! Dopo ti spiegherò…

PATRIZIA - Bada che la signora Van Laer sa tutto!

BURTON (impressionato) - Ma no, non è possibile! Come lo sa? Chi glielo ha detto?

PATRIZIA - Ah, io no davvero! Attento, eccola. (infatti la signora Van Laer si avvicina)

LA SIGNORA VAN LAER - Allora, generale, mi dica… che cosa era successo?

BURTON - Uno spiacevole equivoco che è stato facilmente chiarito.

LA SIGNORA VAN LAER (con un sorriso) - Uno dei soliti errori giudiziari! Questi funzionari non hanno il senso dell’opportunità! Fortuna che è arrivato lei! Ci vogliono sempre i generali per salvare le situazioni difficili! (volgendosi verso Lansen che si sta avvicinando con Alberto) Signor ministro, mi permetto di farle notare che lei non mi ha ancora salutata!

LANSEN (baciandole la mano) - Mi scusi tanto, signora! Non l’avevo vista!

LA SIGNORA VAN LAER - Beh, questo non mi sembra un complimento! Ma non importa. (volgendosi ad Alberto) Signor Alcantara, vuole accompagnarmi?

ALBERTO - Dove?

LA SIGNORA VAN LAER (infilandogli il braccio sotto il braccio) - Non si preoccupi dove. Stia tranquillo. Non la porto alla perdizione! (si avviano verso sinistra. Passano davanti all’ispettore che si profonde in inchini rispettosi ed escono da sinistra. Intanto Patrizia, Burton e Lansen sono rimasti un po’ imbarazzati senza sapere che dirsi. Per vincere il disagio del silenzio, Burton ha offerto delle sigarette e vorrebbe accenderle)

BURTON (frugandosi nelle tasche) - Mi dispiace, non ho i fiammiferi. Avevo un ottimo accendisigari ma l’ho perduto.

LANSEN (frugandosi anche lui nelle tasche) - Anche il mio non so dov’è andato a finire.

BURTON (all’Ispettore) - Per favore, Ispettore, avrebbe dei fiammiferi?

L’ISPETTORE (slanciandosi premuroso) - Sì, ecco, subito! (si affretta a trarre di tasca una scatola di fiammiferi e ad accendere le sigarette di Patrizia, di Lansen e di Burton. Mentre sta compiendo questa operazione, Burton lo raccomanda a Lansen)

BURTON - A proposito, caro ministro, vorrei richiamare la sua benevola attenzione su questo solerte funzionario…

LANSEN - Ah, sì, senz’altro! Perché? Che ha fatto?

BURTON - Ha dimostrato una perspicacia e una avvedutezza che credo meritino un adeguato apprezzamento!

LANSEN - Giusto, giusto! Il merito deve essere sempre riconosciuto! (all’ispettore) Lei che grado ha?

L’ISPETTORE - Ispettore aggiunto di seconda classe.

LANSEN - Bene. Mi faccia avere subito un appunto con le sue generalità.

L’ISPETTORE (profondendosi in inchini) - Sì, Eccellenza; grazie, Eccellenza! Grazie, signor generale! Signora. (sempre inchinandosi indietreggia ed esce. Un momento di silenzio generale imbarazzante)

BURTON (guarda l’orologio che ha al polso) - Oh, perbacco! Già le sette e mezzo! Come vola il tempo! Ora che mi ricordo avevo un appuntamento per le sette! Permettono?

LANSEN - Prego, prego.

BURTON (inchinandosi verso Patrizia) - Signora.

PATRIZIA - Buona sera, generale. (Burton esce da sinistra. Un altro momento di silenzio. Patrizia, dopo aver gettato qualche boccata di fumo, schiaccia la sigaretta in un portacenere e fa l’atto di avviarsi verso destra)

LANSEN - Dove vai?

PATRIZIA - A cambiarmi per il pranzo.

LANSEN - Aspetta. C’è tempo! Vorrei parlarti un momento!

PATRIZIA - Proprio adesso?

LANSEN - Abbiamo così poche occasioni di vederci! Bisogna che ne approfitti! Forse ti meraviglierai per quello che sto per dirti.

PATRIZIA - Ormai non mi meraviglio più di nulla!

LANSEN - Tanto meglio! Del resto tu sei una donna intelligente e soprattutto sei una donna di spirito! Ci sono delle situazioni che non possono essere giudicate secondo una convenzionale mentalità borghese, ma che richiedono una certa spregiudicatezza, una coraggiosa modernità di vedute.

PATRIZIA (diffidente) - A che cosa vuoi alludere? Non i.." capisco?

LANSEN - Vengo subito al fatto. Tu sai che il nostro paese è particolarmente interessato alle concessioni dei territori petroliferi.

PATRIZIA - Ebbene?

LANSEN - Tu puoi immaginare quali ingenti interessi dipendano da queste decisioni… interessi che io debbo tutelare come ministro degli esteri, ma anche, è bene che tu lo sappia, anche come privato cittadino perché ho impegnato dei forti capitali nelle società petrolifere. Naturalmente, per ovvie ragioni di delicatezza, il mio nome non appare.

PATRIZIA - Ma scusa, non capisco che c’entro io con questi affari!

LANSEN - Ecco. È questo il punto. Tu sai che è stata nominata una commissione per la delimitazione dei confini… e che a presiedere questa commissione è stato eletto il signor Alcantara…

PATRIZIA (fissandolo duramente) - E allora?

LANSEN - Allora, tu sei troppo intelligente per non aver capito quello che voglio dire.

PATRIZIA - Sì, sì, l’ho capito, l’ho capito perfettamente! In altre parole tu mi chiedi di rivolgermi ad Alcantara per ottenere il suo appoggio.

LANSEN - Esatto!!

PATRIZIA (indignata e sprezzante) - Tu sei convinto che Alcantara è il mio amante e mi mandi proprio da lui per chiedergli di aiutarti nei tuoi sporchi affari?!

LANSEN (con aria annoiata) - No, ti prego, lasciamo da parte i paroloni altisonanti! Restiamo nella logica dei fatti! Tu sei l’amante di Alcantara, questa è una realtà che tu hai creato e che io non posso modificare. Ebbene, se da questa realtà, indubbiamente spiacevole per me, può derivarmi un qualche vantaggio che possa servirmi in parte di compensazione, non vedo la ragione per cui io, proprio io, dovrei escluderlo!

PATRIZIA (con duro sarcasmo) - E questa tu la chiameresti! una coraggiosa modernità di vedute?! Hai ragione! Ci vuole veramente del coraggio!

LANSEN - Del buonsenso, cara, soprattutto del buonsenso! Non dimenticare che il buonsenso è la prima qualità di un diplomatico!

PATRIZIA - E non hai vergogna di parlarmi così? Ma non ti accorgi che questo tuo cinismo…

LANSEN - …è ributtante! Lo so! Anche questa è una frase fatta! Rientra nel repertorio classico, ma ricordati che io non agisco solo nel mio interesse… io agisco soprattutto nell’interesse del mio paese.

PATRIZIA (con uno scatto sdegnoso) - Ma lascialo in pace il tuo paese! Il paese non c’entra! È inutile che cerchi di mascherare di patriottismo le tue sudicie speculazioni!

LANSEN (con fredda, amara pacatezza) - E perché no?! Il patriottismo nobilita qualunque cosa, anche le più spregevoli. Non abbiamo più nulla da perdere! D’amore non è il caso di parlare! Di stima nemmeno! Tu hai voluto rinunciare alla mia e io non ci tengo a conservare la tua! Che cosa resta dunque fra noi? Niente! Una tranquilla, indifferente sopportazione! Ma c’è ancora una cosa che ci lega, e che ti consiglio di valutare seriamente. Quelle sudicie speculazioni, quegli sporchi interessi, come tu li chiami, sono miei, ma sono anche tuoi! Tu ami le belle case, i gioielli, le pellicce! Tutto questo si chiama petrolio! Non lo dimenticare! E ora credo che non abbiamo altro da dirci. Puoi andare a cambiarti per il pranzo…

PATRIZIA - (che lo ha ascoltato in silenzio, resta immobile a capo chino, umiliata, avvilita. Cupamente, con voce sorda) - Che schifo!

LANSEN - D’accordo! (sulla porta appare Alberto che, vedendo Lansen e Patrizia, ha un attimo di incertezza)

ALBERTO - Oh, mi scusino.

LANSEN (con molta cordialità) - Prego, prego, s’accomodi.

ALBERTO (esitante) - Ma non vorrei interrompere…

LANSEN - Non interrompe niente! Stavamo parlando di cose di nessuna importanza. (rivolgendosi gentilmente a Patrizia) Se permetti, mia cara, ora che sei in buona compagnia, ti lascio un momento, perché ho qualcosa da fare. (ad Alberto) Credo che noi ci vedremo stasera al pranzo della delegazione svedese

ALBERTO - Sì, infatti.

LANSEN (avviandosi) - Allora a più tardi, amico mio.

ALBERTO - A più tardi! (Lansen esce. Alberto che lo ha seguito con lo sguardo, si volge sconcertato verso Patrizia) Ma perché è tanto gentile con me? Non capisco!

PATRIZIA - Strano, è vero?

ALBERTO - Poco fa mi ha preso sottobraccio e mi ha parlato come fossimo dei vecchi amici. E adesso, ha sentito? Anche lui mi ha chiamato “amico mio” come il generale!

PATRIZIA - Probabilmente finirete per darvi del tu!

ALBERTO (perplesso) - Ma come è possibile? Dopo quello che è accaduto?

PATRIZIA - Ma lei crede veramente che mio marito sia un cretino?

ALBERTO - Ma non so, il suo modo d’agire…

PATRIZIA - Magari fosse un cretino! Meriterebbe almeno della compassione! Lo sa di che cosa stavamo parlando poco fa, prima del suo arrivo? Parlavamo proprio di lei!

ALBERTO (sorpreso) - Di me?

PATRIZIA - Sì, di lei e dei nostri rapporti. Probabilmente lei immagina che mio marito mi abbia chiesto d’interromperli. Neanche per sogno! Mi ha chiesto invece di renderli più intimi, più teneri, più affettuosi.

ALBERTO (sbalordito) - E perché?

PATRIZIA - Perché mio marito è un uomo pratico! Se ne infischia che io abbia un amante e si preoccupa solamente di curare i suoi interessi.

ALBERTO - Quali interessi?

PATRIZIA - Ma come? Non ha ancora capito? In cambio delle mie espansioni, lei dovrebbe favorirlo nelle concessioni petrolifere!

ALBERTO (ancora incredulo) - Suo marito le ha chiesto questo?!

PATRIZIA - Sì! Ma perché si meraviglia? È un modo pratico, intelligente, moderno di vedere le cose! Ma che credeva? Che quelle gentilezze, quei sorrisi che le facevano tanta impressione fossero per lei? Non si illuda, povero ingenuo! Erano per il petrolio, per quel dannato petrolio che fa impazzire tutti! E per averlo, tutti sono pronti a ricorrere a qualsiasi bassezza! Le butteranno nelle braccia le mogli, le figlie, le amanti! Ma perché mi guarda così? Scandalizzato?! Eh, sì, capisco… le prime volte si prova un senso di nausea, di disgusto! Ma poi a poco a poco ci si abitua! Vedrà che col tempo, finirà per abituarsi anche lei!

ALBERTO (con finto scatto orgoglioso di rivolta) - Io? Abituarmi a queste cose?! Ma per chi mi prende, signora? Io queste cose non le ho mai fatte! Io sono un ladro!

PATRIZIA - Oh scusi, non volevo offenderla!

ALBERTO - Certo che mi offende! Io, il mio mestiere, l’ho fatto sempre apertamente senza imbrogli, senza intrighi. Servirmi di una donna?! Ma io mi vergognerei solo a pensarla una cosa simile! Se sapesse quante volte ho rischiato la galera per la gioia di far felice una donna! Aveva ragione d’invidiarmi per la mia vita! Anch’io la rimpiango ora che posso confrontarla con la vostra. Ora mi sembra tanto più onesta, più rispettabile, più generosa! Non è per me questo mondo, non lo capisco, non mi ci trovo!

PATRIZIA - Sì, ha ragione. Se ne vada, se ne vada finché è in tempo! Si levi da queste vergogne, da queste brutture! Oh, se potessi anch’io.

ALBERTO - Lei?! E perché non può? Chi glielo impedisce? Venga via con me!

PATRIZIA (spaventata all’idea) - Io?

ALBERTO - Venga via! Anche lei non è fatta per questa gente! L’ho capito fin dal primo momento che l’ho vista! Ho sentito che lei aveva un’altra anima, un altro cuore! Venga via, venga via.

PATRIZIA (turbata, perplessa) - Via?! Ma via dove?

ALBERTO - Via, via per il mondo! Non importa dove, non ci pensi! La vita è bella appunto perché non si sa quello che ci aspetta! Mi ha detto che ha sempre sognato di poter scappare. Ecco, è questo il momento. Lei forse non ha mai avuto il coraggio perché era sola, ma ora ci sono io ad aiutarla!

PATRIZIA - Lei?!

ALBERTO (con slancio appassionato) - Sì, io, Patrizia! Prima non avrei osato parlarle in questo modo, avrei avuto paura d’offenderla, ma ora la so così sola e infelice, sento che ha tanto bisogno d aiuto. Si affidi a me, non abbia paura, le offro di vivere la mia vita. Non è certo comoda e tranquilla come quella che ha vissuto fino ad ora, ma è vita! Una vita che val la pena di vivere! Ecco, è questo che conta, Patrizia, vivere!

PATRIZIA (incantata) - Sì, sì, ha ragione!

ALBERTO (serrandola tra le braccia con un impulso improvviso) - Patrizia! (la bacia, Patrizia si abbandona, vinta. Quando si stacca da lui, lo guarda turbata, smarrita, cercando debolmente di respingerlo. Alberto, trattenendola tra le braccia commosso, felice) Siamo tornati indietro, a quel nostro primo bacio, ricordi?! Non avrei dovuto lasciarti, quella notte… avrei dovuto portarti via con me!

PATRIZ1A (con gli occhi chiusi e con voce sommessa, dolcissima) - Perché non l’hai fatto?

ALBERTO - Perché non sapevo ancora d’amarti.

PATRIZIA - Nemmeno io! Quando l’hai saputo?

ALBERTO - Appena t’ho lasciata.

PATRIZIA - Anch’io!

ALBERTO - Veramente?

PATRIZIA - Veramente!

ALBERTO (attirandola a sé per baciarla ancora) - Oh, Patrizia.

PATRIZIA (staccandosi bruscamente) - Attento… c’è gente. (oltre la vetrata di fondo si vedono passare frettolosamente due delegati che parlano animatamente. Patrizia e Alberto hanno assunto un contegno indifferente. Appena i delegati sono scomparsi, Alberto si riavvicina a Patrizia)

ALBERTO (con impazienza) - Andiamo via, andiamo via!

PATRIZIA (un po’ spaventata) - Ma come? Così?! Subito?!

ALBERTO - Sì, sì, subito, subito! Perché aspettare? Ormai abbiamo deciso.

PATRIZIA - Ma lasciami almeno il tempo di prepararmi, di prendere qualche cosa.

ALBERTO - Ma no… che vuoi prendere? Non hai bisogno di niente! Prendo tutto io.

PATRIZIA (con un sorriso) - Ma perché tanta fretta?

ALBERTO - Non voglio lasciarti il tempo di pentirti, di cambiare idea. Telefono alle nove. Trovati pronta.

PATRIZIA (facendo l’atto di avviarsi) - Va bene!

ALBERTO (trattenendola ancora per la mano) - Giurami che non mancherai!

PATRIZIA - Non mancherò! Giuro! (esce rapida da destra. Alberto resta un momento a guardare nella direzione verso cui si è allontanata. Si volge con una espressione di serena felicità e fa l’atto di dirigersi verso sinistra, ma fatti pochi passi, si ferma di nuovo impietrito, vedendo l’ispettore che entra e avanza deciso verso di lui)

L’ISPETTORE - Oh finalmente ti ho trovato! Proprio te cercavo. (Alberto lo accoglie con aria rassegnata già preparandosi a porgere i polsi per le manette. L’ispettore, cambiando a poco a poco il tono cordiale in un tono deferente e rispettoso) Mi dispiace per quello che è accaduto! Abbi pazienza. Chi poteva immaginare che tu… che lei… sì, insomma, mi scusi… non sapevo che lei fosse diventato una persona così importante! Se l’avessi saputo, s’immagini…

ALBERTO (rinfrancato, posandogli una mano sulla spalla con gesto di protezione) - Ma sì, capisco… capisco perfettamente! Non si preoccupi, ispettore, non è più il caso dl parlarne…

L’ISPETTORE (inchinandosi) - Grazie, Eccellenza. Ho già provveduto ad Informare l’Ispettore capo. Anzi, a questo proposito vorrei permettermi di rivolgerle una preghiera.

ALBERTO - Dica.

L’ISPETTORE - Si tratta della mia promozione. Il generale Burton ne ha parlato al ministro Lansen e il ministro ha fatto prender nota del mio nome. Se anche lei volesse mettere una buona parola…

ALBERTO - Ma sì, certo… ci conti!

L’ISPETTORE (Profondendosi in inchini) - Grazie, Eccellenza, non so come esprimerle la mia gratitudine! La prego di considerarmi sempre ai suoi ordini! Se ha bisogno di qualunque cosa disponga di me, senza complimenti! Non ha altro che da comandare!

ALBERTO (colpito da un’idea) - Grazie, ispettore. Ah! Forse potrebbe farmi un favore.

L’ISPETTORE - Mi dica, Eccellenza.

ALBERTO - Avrei bisogno di una macchina.

L’ISPETTORE - Senz’altro! Le metto subito a disposizione una macchina di servizio. Come la preferisce?! Grande o normale? Ha del bagaglio?

ALBERTO - No, no… cioè sì… avrò del bagaglio… molto bagaglio!

L’ISPETTORE - Allora è meglio una macchina grande. Provvedo subito! Desidera anche una scorta?

ALBERTO - Una scorta?!

L’ISPETTORE - Sì, un paio di agenti. Potrebbero esserle utili.

ALBERTO - Sì, buona idea! Possono servire per caricare e scaricare il bagaglio! Mandi anche gli agenti!

L’ISPETTORE - Inteso! Una macchina grande con due agenti di scorta. Dove debbono trovarsi?

ALBERTO - Qualche minuto prima delle nove… dietro al Grand Hotel.

L’ISPETTORE - Non dubiti, ci saranno!

ALBERTO (avviandosi verso sinistra) - Grazie, ispettore!

L’ISPETTORE (inchinandosi profondamente) - Eccellenza…

SIPARIO

ATTO TERZO

La stessa scena del primo atto. Patrizia, seduta al tavolino da toilette, sta scrivendo una lettera. Si ferma incerta, scrive qualche altra riga, si ferma ancora per rileggere. D’improvviso si alza, si avvicina al telefono e stacca il microfono.

PATRIZIA - (parlando al telefono) - Pronto… mi dia la comunicazione con la camera del generale Burton… Sì, grazie, aspetto all’apparecchio… (dopo una breve attesa) Pronto… sono Patrizia… Come? Ma no, non aver paura… Come vuoi che stiano a sentire al centralino?!… Ma sì, sta’ tranquillo. Sono prudentissima. Senti, ho bisogno di parlarti… puoi venire un momento da me?… Sì, qui in camera mia… Ma non ti preoccupare! Mio marito non viene… No, no, subito, subito. Fa’ presto! Ti aspetto!… Ma sì, è urgente, molto urgente. (riattacca il microfono. Mette qualche oggetto personale da toilette in una piccola valigia posata su una sedia. Si sente bussare alla porta) Avanti. Avanti… (la porta si apre e Burton, che è già in abito da sera, entra rapido e guardingo, rinchiudendo subito la porta dietro di sé)

BURTON (evidentemente preoccupato) - Beh? Che c’è? Che è successo?!

PATRIZIA (in tono risoluto) - Ho deciso! Scappiamo!

BURTON (spaventato) Ma no! Sei matta?! Ti pare che io possa scappare così?

PATRIZIA (interrompendolo pronta) - Ma no, non voglio scappare con te! Scappo con lui, con Alberto.

BURTON (tranquillizzato) - Ah, scappi con lui…

PATRIZIA - Sì, fra poco. Non mi dire che è una pazzia. Lo so! È un salto nel buio! Probabi1mente dopo mi pentirò, anzi mi pentirò certamente, ma non importa! Qualche volta bisogna avere il coraggio di chiudere gli occhi e di buttarsi allo sbaraglio!

BURTON - Beh, tutto sommato non mi sembra una cattiva idea.

PATRIZIA (stupita) - Trovi?

BURTON - Eh, sì, perché questo mette tutto a posto! Tuo marito ha la prova evidente che voi due siete amanti e non può più sospettare d’altri. Ed è anche un vantaggio per la Commissione dei Sultanati arabi. Sai, dopo la complicazione di quell’arresto cominciavo ad essere preoccupato. Se si veniva a sapere che il presidente era un ladro e che proprio io avevo votato per lui… Invece, così è tutto sistemato. Lui se ne va, si nomina un altro presidente e non ci sono più pericoli!

PATRIZIA (con sprezzante sarcasmo) - Già. Non ci sono più pericoli! Adesso puoi dormire i tuoi sonni tranquilli. Tutto è a posto, tutto è sistemato! Ma che io scappi con un altro… io che bene o male sono stata la tua amante… questo non t’interessa, non ha per te nessuna Importanza!

BURTON - Nessuna importanza?! Ma che dici, Patrizia?! Come puoi pensare una cosa simile?! Soffro, soffro enormemente, ma è per te che mi sforzo di soffocare, di nascondere la mia pena!

PATRIZIA - Per me?!

BURTON (pratico) - Sì, mia diletta, ho sempre cercato di nasconderla per non aumentare l’amarezza di questa nostra triste situazione! A che sarebbe servito parlarti della mia angoscia? A che servirebbe adesso parlarti del mio amore?

PATRIZIA - A niente, hai ragione! Servirebbe forse a farmi ridere!

BURTON - Sei crudele, Patrizia! Non vuoi riconoscermi che la fatalità degli eventi mi ha costretto ad agire nel solo modo possibile. Io vorrei poterti convincere, vorrei che tu ti ricredessi sul mio conto; ma purtroppo ormai non c’è più tempo!

PATRIZIA - Perché? Hai fretta?

BURTON - No, io no. Ma tu hai detto che fra poco devi scappare.

PATRIZIA - No, c’è tempo!

BURTON (Preoccupato) - Sì, ma non vorrei… proprio adesso che la situazione sta per risolversi… Lo dico per te, non per me, ma se per caso capitasse tuo marito…

PATRIZIA - Non capita, sta’ tranquillo. E poi anche se capitasse, gli diremo la verità.

BURTON (spaventato) - La verità?!

PATRIZIA - Sì, gli diremo che io ti ho pregato di venire da me perché volevo informarti che me ne vado con Alberto. È appunto questa la verità. Anzi, guarda… (prendendo dalla toilette la lettera interrotta) Avevo cominciato a scrivere una lettera per lui, ma non mi riesce, non so come andare avanti… Fammi il piacere, diglielo tu.

BURTON - Io? Ma scusa, ti pare delicato che proprio io vada a dirgli…

PATRIZIA - Ma sì! Che male c’è? Tu sei amico mio e amico suo. È più che naturale che io ti affidi questo incarico! Non temere, non c’è nulla di compromettente! Anzi, in questo modo, tu sei escluso da qualsiasi sospetto! Ti pare che una donna si servirebbe del suo amante per informare il marito che ha deciso dl scappare con un altro?

BURTON (colpito) - Già… questo è vero!

PATRIZIA - È inutile che gli spieghi le ragioni della mia fuga. Se le può immaginare! Se vuole evitare lo scandalo, può dire che sono partita per un lungo viaggio. Nessuno ci crederà; ma non importa! Hai una sigaretta? È l’ultima sigaretta che fumiamo insieme! (vedendo che Burton esita gettando delle occhiate verso la porta) Non vuoi?

BURTON (nervosamente, offrendole la sigaretta) - Sì, sì, figurati! Io vorrei fumare con te non una, ma cento sigarette!

PATRIZIA (ironica) - Ma hai una gran fretta di andartene!

BURTON (imbarazzato) - No, ma capirai, non mi sembra prudente. Non credere che io sia un pauroso. Ho fatto due guerre, sono stato ferito, ho avuto delle medaglie. Ma rischiare così… inutilmente…

PATRIZIA (fumando) - Lo so che sei un eroe! Che ci vuole a fumare una sigaretta? Cinque minuti! Cinque minuti soli! Puoi concedermeli! Non sono molti per darsi un addio dopo cinque anni d’amore!! Un minuto per ogni anno. Eppure, vedi non abbiamo niente da dirci. È triste.

BURTON - Mia cara Patrizia, se io potessi esprimerti…

PATRIZIA (interrompendolo infastidita) - No, lascia andare, non esprimermi niente! Risparmiamoci le commemorazioni! Piuttosto non t’interessa sapere perché scappo con Alberto?

BURTON - Non osavo domandartelo.

PATRIZIA - A te lo voglio dire! Sono innamorata!

BURTON (incredulo) - Di quel ladro?

PATRIZIA - Sì, di quel ladro! Mi sono innamorata subito, appena l’ho visto.

BURTON - E anche lui è innamorato?!

PATRIZIA - Sì, credo, non lo so. Spero. Che vuoi? S’è svolto tutto con tanta rapidità! Fino a pochi minuti fa ci parlavamo come due estranei… e poi d’improvviso… quando mi ha baciata… Non ti dispiace se ti faccio queste confidenze?

BURTON - No, no, figurati!

PATRIZIA - Quando mi ha baciata ho provato un senso di smarrimento, di abbandono. Capirai, era la prima volta!

BURTON. - Ma come la prima volta?! E tutti i baci che ti ho dato io?

PATRIZIA - Ma no, che c’entra! Quelli erano un’altra cosa! Vuoi mettere?!

BURTON (piccato) - Ah, perché? Lui bacia in un altro modo?

PATRIZIA - Ma no, cerca di capirmi: non dipende da lui, dipende da me! I tuoi baci io li accog1ievo con piacere, non dico di no, ma erano baci che mi lasciavano perfettamente tranquilla. Questo, invece, lo aspettavo con un’ansia, una trepidazione… (si sente bussare alla porta: Burton e Patrizia si voltano vivamente allarmati)

BURTON - Hai sentito? Hanno bussato!

PATRIZIA - Eh sì, ho sentito.

BURTON - Chi può essere? Tuo marito?

PATRIZIA - No, non credo.

BURTON (agitatissimo) - Hai visto? Hai visto! Io lo sentivo! Dannazione! Proprio adesso che era tutto a posto!

PATRIZIA - Sta’ calmo, sta’ calmo, non t’agitare così!

BURTON - Ma si capisce che mi agito! Senti, bussano ancora, tutto rovinato per quella tua stupida idea della sigaretta. Io mi nascondo sul terrazzino!

PATRIZIA - No, aspetta, sentiamo prima chi è!

BURTON (che intanto si è diretto verso il terrazzino) - Ma è tuo marito, è certamente tuo marito!

PATRIZIA (facendogli cenno di aspettare, si avvicina alla porta e chiede con voce che cerca di rendere sicura) - Chi è?… Ah, un momento! Apro subito, mi scusi. (si avvicina a Burton che ha già alzato la tenda per uscire sul terrazzino e gli dice a bassa voce) È la signora Van Laer.

BURTON (sorpreso e tranquillizzato) - La cioccolataia? Che cosa vuole?

PATRIZIA - Non lo so, non ho idea.

BURTON - Non posso farmi vedere. Se quella pettegola mi trova qui in camera tua…

PATRIZIA (indicando la camera) - Va’ di là.

BURTON (esitando) - Non è meglio sul terrazzino?

PATRIZIA - Ma no! Vuoi che venga a frugare in camera mia?! Va’, va’, presto! (Burton si affretta a scomparire nella parte della camera nascosta dalla tenda. Patrizia si avvicina alla porta ed apre. Entra la signora Van Laer in abito da sera)

LA SIGNORA VAN LAER - Scusi se mi son permessa di venire a disturbarla a quest’ora.

PATRIZIA - Ma no, s’immagini!

LA SIGNORA VAN LAER (guardandosi intorno) - Siamo sole?

PATRIZIA (sorpresa per la domanda) - Sì, sì… sole!

LA SIGNORA VAN LAER (guardando verso l’alcova) - Possiamo parlare liberamente, senza pericolo che

qualcuno ci ascolti?

PATRIZIA (nervosa) - Ma sì, non si preoccupi! Le ripeto! Che non c’è nessuno!

LA SIGNORA VAN LAER - Oh, io non mi preoccupo mica per me! Mi preoccupo per lei.

PATRIZIA - Per me?

LA SIGNORA VAN LAER (abbassando la voce) - Lei sta per fuggire con Alberto Alcantara… è vero?

PATRIZIA - Come lo sa?

LA SIGNORA VAN LAER - Non importa come lo so! Mi risponda, è vero?

PATRIZIA - Ma scusi, non capisco con qual diritto lei si permette di rivolgermi questa domanda.

LA SIGNORA VAN LAER - Nessun diritto! Ma che vuole… quando vedo qualcuno che sta per andare sotto il tram mi viene istintivo il gesto di trattenerlo. Ma si rende conto di quello che fa? Fuggire con un ladro?! Ma è una pazzia!

PATRIZIA (fredda, scosta1uc) - Può darsi! Ma lei che i… importa se sto per commettere una pazzia? Perché ci tiene tanto a salvarmi?

LA SIGNORA VAN LAER - Gliel’ho detto… quando vedo qualcuno che sta per andare…

PATRIZIA (interrompendola spazientita) - Lasci stare il tram! Parliamo di noi. Ammetterà che è abbastanza strana questa sua opera di salvataggio! Strana e anche poco credibile! Immagino che debba esserci qualche altra ragione.

LA SIGNORA VAN LAER - No, nessuna ragione. Volevo solo metterla in guardia! Eh… che diamine! Fra noi donne ci deve essere una certa solidarietà! Ma lei ha pensato alle conseguenze? Ha pensato a quello che rischia, a quello che perde? Ma non sa che Alberto…

PATRIZIA (risoluta) - Sì, so tutto! So che è un avventuriero, un fuorilegge. Non importa! Sono pronta a vivere la sua vita…

LA SIGNORA VAN LAER - La sua vita? Ma lei lo sa com’è la sua vita?

PATRIZIA - Me l’immagino!

LA SIGNORA VAN LAER - Ah… se l’immagina! Io invece la conosco bene perché 1’ho vissuta…

PATRIZIA (sorpresa) - Lei?!

LA SIGNORA VAN LAER - Sì… io! Perché anch’io sono stata un’avventuriera, una fuorilegge come Alberto. Non è davvero divertente quella vita! Se ne accorgerà alla prima retata! Dover correre col cuore in gola, nascondersi nelle cantine, arrampicarsi su per i tetti! Mi pare di vederla… lei… la distinta consorte del ministro Lansen, scappare inseguita dai poliziotti! Già, lei si farà acchiappare subito come una gallina.

PATRIZIA (sconcertata) - Io?!

LA SIGNORA VAN LAER - Ma si capisce! E allora dovrà imparare a conoscere anche il resto… il carrozzone cellulare, le notti passate sul tavolaccio, gli insulti e gli schiaffi per farla parlare! Queste cose le aveva previste, è vero?

PATRIZIA (sostenuta) - Le ripeto che avevo previsto tutto! Ed è perfettamente inutile che lei si affanni tanto per cercare di spaventarmi! Non mi mette paura.

LA SIGNORA VAN LAER (con un’alzata di spalle) - Ah no?! E allora faccia un po’ quello che vuole! Tanto peggio per lei!

PATRIZIA - Ecco… brava! Lasci andare la solidarietà femminile che non c’entra! Parliamoci chiaro. È lui che le interessa.

LA SIGNORA VAN LAER - Certo che è lui! Che vuole che me ne importi di quello che può capitare a lei?! Per me può anche andare sulla forca se le fa piacere! Oh… non è mica perché sono innamorata di lui.

PATRIZIA - Ah, no?!

LA SIGNORA VAN LAER - Sono stata innamorata, ma molto tempo fa! Se sapesse che cotta m’ero presa! Ma ormai è cosa finita! Però sento ancora dell’affetto per lui e mi dispiace di vederlo finir male.

PATRIZIA - Finir male?!

LA SIGNORA VAN LAER - Ma si capisce! Che vuole che se ne faccia di una donna inutile e ingombrante come lei?! Per lui ci vuole una donna in gamba, una donna di fegato che sappia anche aiutarlo.

PATRIZIA - Ma non è mica detto che debba continuare a fare il ladro.

LA SIGNORA VAN LAER - E che vuole che faccia? Il galantuomo? Bella prospettiva! Lavorare come un cane, lottare contro mille difficoltà, pagare le tasse! E poi lo arresterebbero subito!

PATRIZIA - Perché?

LA SIGNORA VAN LAER - Perché la giustizia non ammette certi cambiamenti! Se uno è ladro continui a fare il ladro. Ma se vuol diventare un galantuomo… in galera! Dev’essere punito! Ma che cosa crede? Che si possa cambiare la propria vita come si cambia un vestito?! Lui è un ladro e deve continuare ad essere un ladro… lei invece è una signora… una signora che per passare il tempo vuo1 divertirsi con una facile avventura. (Patrizia si volge di scatto come se volesse replicare, ma la signora Van Laer la previene prontamente) Ma sì! Un modo come un altro per vincere la noia! Ma poi, quanto crede che potrà durare questa sua avventura? Poche ore! Prima di domani sera sarà tutto finito…

PATRIZIA - Perché?

LA SIGNORA VAN LAER - Ma che crede? Che suo marito se ne starà con le mani in mano? Ci penserà lui a farle interrompere il passatempo.

PATRIZIA (alzando le spalle) - Mio marito non farà nulla!

LA SIGNORA VAN LAER - Non s’illuda! Le pare che un uomo in vista come lui possa permettere che sua moglie se ne vada in giro per il mondo con un ladro?! Ma davvero è tanto ingenua da pensare una cosa simile? Probabilmente a suo marito non importa nulla che lei abbia un amante, ma non può ammettere lo scandalo! E per evitare lo scandalo metterà in moto le polizie di tutto il mondo! Non avrete il tempo di fare un passo che sarete subito acchiappati! A lei non daranno nessun fastidio! Lei in questa faccenda non ci perderà nulla! Se ne tornerà a casa di suo marito come dopo una scampagnata e suo marito sarà ben lieto di riprenderla! Si sa come finiscono queste storie! Ma lui no, lui pagherà per tutti! Lo metteranno dentro e ce lo terranno un pezzo! Certi ricordi sono fastidiosi e importuni! Meglio tenerli seppelliti in una galera. Vede, è questo che mi fa rabbia! Gli è andata sempre bene, è riuscito a non farsi mai acchiappare… e adesso per colpa sua…

PATRIZIA (con uno scatto iroso) - Ma che c’entro io?! Non dica Sciocchezze!

LA SIGNORA VAN LAER - Ma non sono sciocchezze! Lei lo sa benissimo… come lo sa anche lui.

PATRIZIA (volgendosi vivamente) - Lui?!

LA SIGNORA VAN LAER - Sì… lui! Gli ho parlato proprio adesso, prima di venire qui. Gli ho detto le stesse cose che dico adesso a lei. Speravo di riuscire a dissuaderlo. Di me si fida. Siamo vecchi amici! Ho tentato in tutti i modi, non ci sono riuscita! È perfettamente convinto che io ho ragione, che questa fuga sarà la sua rovina. Ma non gli importa di quello che accadrà, non ci vuole nemmeno pensare! Adesso vuol fare il bel gesto, vuol fare l’eroe! Vuole giocare tutta la vita per un’ora d’amore! Bella frase, è vero?! Se ne accorgerà poi quanto gli costerà cara, quest’ora! Ecco perché sono venuta da lei. Credevo che in lei ci fosse qualche cosa di buono, di umano, di generoso. Macché! Lei adesso non pensa che al suo egoismo, al suo piacere! Non mi sta nemmeno a sentire. Si capisce… non vuole rinunziare alla piacevole avventura! Che le importa di quello che accadrà poi?! (si volge bruscamente e va ad aprire la porta per uscire, si ferma sentendo squillare il telefono. Accennando al telefono) Ecco, è lui che chiama! Non se lo lasci sfuggire! Se la goda, l’avventura. Buon divertimento. (esce richiudendo la porta. Patrizia resta immobile con lo sguardo fisso verso l’apparecchio. Cessano gli squilli. Dalla camera da letto rientra guardingo Burton)

BURTON (guardandosi intorno) - Se n’è andata? (Patrizia, che è ancora presso il telefono assorta, pensierosa, non risponde. Avvicinandosi) Patrizia. Non ti ha chiesto di me?

PATRIZIA - No.

BURTON - Allora che voleva?

PATRIZIA - Non hai sentito?

BURTON - No, sono andato a chiudermi nel bagno… sai, per prudenza. (di nuovo si ode squillare il telefono. Patrizia e Burton si volgono vivamente. Patrizia turbata, Burton spaventato e sorpreso, vedendo che Patrizia fissa l’apparecchio senza staccare il microfono) Non rispondi?!

PATRIZIA (con uno sforzo) - No! (il telefono continua a squillare, poi tace. Patrizia si avvicina all’apparecchio, stacca il microfono e lo posa sul ripiano del tavolino)

BURTON - Ma se lo lasci così il tuo apparecchio risulta sempre occupato!

PATRIZIA - Non importa! (si avvicina alla toilette, prende la lettera che aveva cominciato a scrivere)

BURTON - La lettera per tuo marito… (accenna al foglio)

PATRIZIA - Sì, ma non occorre più!

BURTON - Perché?

PATRIZIA - C’è una novità.

BURTON (già allarmato) - Oh, Dio! Che novità?

PATRIZIA - Non vado più via con Alberto. Rimango.

BURTON (sorpreso) - Hai cambiato idea?

PATRIZIA - Sì, ho cambiato idea!

BURTON - E anche lui rimane?

PATRIZIA - No, non credo. Lui se ne va, non ci tiene a restare fra noi!

BURTON - Beh, tutto sommato mi sembra che questa non sia una cattiva soluzione!

PATRIZIA - Ah. no?

BURTON - No, no, tutt’altro. Mi sembra anzi che sia la soluzione ideale. Se Alberto scompare, tua marito crederà che la vostra relazione sia finita e penserà che voi due siete stati amanti, sì, ma che in fondo la vostra è stata una piccola avventura, senza troppa importanza. Questa mi pare che sia un vantaggio anche per te. In quanto alla Commissione dei Sultanati, la situazione non cambia. Si nomina un altro presidente e si inventa qualche scusa che giustifichi la sua partenza. Certo, sarebbe stato meglio che avesse scritto una letterina di dimissioni! Peccato! Non ci abbiamo pensato! Credo che ormai sia troppa tardi!

PATRIZIA (cupamente) - Sì, è troppo tardi!

BURTON - Dunque, vedi, non si poteva desiderare una soluzione migliore. Ognuno riprende il suo posto e tutto ritorna nell’ordine. Credo che, tutto sommato, sarai contenta anche tu.

PATRIZIA - Io? Contentissima…

BURTON - Abbiamo passato dei brutti momenti specialmente tu, povera cara. Non ci pensiamo più! Piuttosto, mia diletta, ora che tutto è sistemato e che ognuno ha ripreso il suo posto, credo che anche noi…

PATRIZIA (volgendosi vivamente e fissandolo con un’espressione dura) - Noi che cosa?

BURTON (smontato) - Ecco… appunto… volevo dire… mi pare che nulla ci impedirebbe… (Patrizia continua a fissarlo dura, sprezzante, senza interromperlo. Burton si confonde, si ingarbuglia. Sempre più smontato) No… non dico adesso… ma sai… pare che ci sia una nuova riunione fra tre mesi… Allora pensavo… sì, insomma, visto che ormai… siamo affiatati. Beh… comunque, avremo tempo di riparlarne. Adesso sei un po’ nervosa, forse è meglio che ti lasci.

PATRIZIA (con voce sibilante) - Sì, vattene, è meglio! (Burton fa l’atto di muoversi, ma in questo momento la porta si apre ed entra Alberto)

ALBERTO - Patrizia! Ma perché non rispondevi? Ho provato tante volte a chiamarti.

BURTON (accennando al telefono) - Ecco, vedi, te l’avevo detto. Se qualcuno chiamava, il tuo apparecchio risultava occupato.

ALBERTO (sorpreso, prendendo il microfono) - Era staccato? Ma come… (colpito) L’hai staccato tu? (Patrizia non risponde. Alberto ansioso, incalzante) Patrizia… 1’hai staccato tu?

PATRIZIA (risoluta, evitando di guardarlo) - Sì, l’ho staccato io.

ALBERTO - Perché? Ma perché non volevi rispondere. (Patrizia tace. Alberto l’afferra per un braccio chiedendo in tono quasi implorante) Ma parla, in nome di Dio! Che è accaduto? Perché non volevi rispondere?

BURTON - Senta, giovanotto, è inutile che insista. Se la signora non voleva rispondere…

ALBERTO (voltandosi inviperito) - Ma che c’entra lei? Non mi stia a seccare! (a Patrizia) Ma dimmi, Patrizia. Perché non volevi rispondere? Non eravamo d’accordo? Che è successo? Ti sei pentita?!

PATRIZIA (con sforzo, sempre evitando di guardarlo) - Sì, Alberto, mi sono pentita!

ALBERTO - Ma come è possibile! Non puoi aver cambiato la tua decisione, così, d’improvviso, senza una ragione! Poco fa mi dicevi…

PATRIZIA (sforzandosi di apparire decisa) - Poco fa pensavo in un modo… adesso penso in un altro! È inutile che mi chieda la ragione. Ce ne sono tante di ragioni! Puoi immaginarle!

ALBERTO (aspro, quasi minaccioso) - No, non le immagino! Voglio che me le dica! C’è qualche cosa che… non capisco, ma che ho il diritto di sapere. (accennando a Burton) È lui che ti ha fatto cambiare idea?

BURTON - Io?! No, no, io non c’entro.

PATRIZI A (nervosamente, liberando le mani dalla stretta di Alberto) - Lasciami! Mi fai male!

ALBERTO (cupamente) - Allora? Non vuoi dirmi?

PATRIZIA (con tono evasivo) - Non ho niente da dirti!! È accaduto quello che doveva accadere. Stavo per commettere un errore… me ne sono accorta in tempo! Del resto dovresti capirlo anche tu.

ALBERTO (torvo, quasi minaccioso) - No, no, non capisco.

BURTON (intervenendo garbatamente) - Scusi, giovanotto, ma mi sembra abbastanza chiaro… la signora vuol dire…

ALBERTO (interrompendolo, aspro) - Non parlo con lei! Parlo con la signora. (a Patrizia) Non capisco! Ricordati quello che mi hai detto poco fa, specialmente le ultime parole. Non puoi averle dimenticate. Se vuoi posso ripetertele ad una ad una…

PATRIZIA (con uno scatto di esasperazione) - Basta! Finiscila! Perché vuoi tormentarmi così? Lasciami in pace!

BURTON - Patrizia, io sono a tua disposizione. Se posso… fare qualche cosa.

PATRIZIA (seccamente) - Sta’ zitto, tu. (ad Alberto, con voce tremante di commozione) Ti scongiuro, non chiedermi più nulla! Pensa quello che vuoi, giudicami come vuoi… Scusami se ti ho fatto del male. Non avrei voluto… devi credermi! Solo questo posso dirti, solo questo…

ALBERTO (freddo, ostile) - Va bene! Non ti chiederò più nulla! Hai ragione! A che servirebbero ormai le spiegazioni? Parole, chiacchiere inutili… come quelle di prima! Che stupido! Dovevo immaginarlo! Per te ci vuole gente del tuo rango, come lui. (accenna a Burton) Lui è il tipo adatto per te… importante, decorativo… E quando ti sarai stancata di lui, troverai qualche altro generale… qualche altro ambasciatore… Non potevi sporcarti con un povero diavolo come me! Sta’ tranquilla! Non t’annoio più! Me ne vado, ti lascio con lui! Buona fortuna! (volgendosi a Burton) E buona fortuna anche a lei, vecchio mio. E tanti saluti ai Sultanati arabi!

BURTON - Grazie, trasmetterò. Anzi, a questo proposito, le dispiacerebbe, prima d’andar via, di scrivere due righe…

ALBERTO - Due righe, a chi?

BURTON - Alla Commissione, per rassegnare le dimissioni. Credo che sareb… (s’interrompe e si volge vivamente verso la porta sentendo bussare. Allarmato, a bassa voce) Hanno bussato?!

ALBERTO (guardando anch’egli verso la porta) - Sì… mi pare…

BURTON (a Patrizia, preoccupato) - Hai sentito? Hanno bussato!

PATRIZIA (indifferente) - Sì, ho sentito!

BURTON - Bisogna sapere chi è… Senti, bussano ancora!

PATRIZIA (avvicinandosi alla porta) - Chi è?

LANSEN - Sono io!

BURTON (fuori di sé) - Dannazione! Proprio adesso che tutto era a posto. Io lo sentivo che sarebbe finita male.

ALBERTO (anch’egli preoccupato) - Stia calmo! Stia calmo! Non perdiamo la testa! Io mi nascondo là, nella camera da letto.

BURTON - E io?!

ALBERTO - Lei vada fuori, sul terrazzino.

BURTON (slanciandosi verso la tenda del terrazzino) - Sì, sul terrazzino. (alza la tenda e prima di uscire si volge verso Patrizia) Patrizia, mi raccomando. (Alberto è scomparso nella camera da letto e Burton ha riabbassato la tenda del terrazzino)

PATRIZIA (si guarda intorno e, traendosi da parte, dice ad alta voce) - Avanti! (la porta si apre ed appare Lansen in abito da sera)

LANSEN - Buonasera… disturbo?

PATRIZIA (che presso la toilette si sta lucidando le unghie) - No, affatto.

LANSEN (guardandosi intorno) - Non c’è nessuno?

PATRIZIA (calma) - Sì… c’è un uomo nascosto nella camera da letto e un altro nascosto sul terrazzino.

LANSEN (sorridendo) - Brava! Sei diventata spiritosa.

PATRIZIA - Sto acquistando anch’io il dono dell’umorismo. (accennando alla camera da letto) Perché non verifichi?

LANSEN - Ti credo sulla parola!

PATRIZIA - Fai bene! Dunque? A che debbo l’onore di questa tua visita?

LANSEN - A un piccolo fastidio che debbo darti. Te ne chiedo anticipatamente scusa. Domani siamo invitati ad una colazione offerta dall’ambasciatore brasiliano. Ti sarei molto grato se potessi evitare la solita emicrania che ti colpisce sempre in queste circostanze.

PATRIZIA - Prenderò un cachet.

LANSEN - Grazie! Tu siederai fra l’ambasciatore e il signor Alcantara.

PATRIZIA - Non è possibile! Il signor Alcantara non ci sarà…

LANSEN (sorpreso) - Perché?

PATRIZIA - Perché parte questa sera.

LANSEN - Ah, sì? E quando torna?

PATRIZIA - Non torna più!

LANSEN - Ah… (un breve momento di silenzio. Lansen appare sorpreso e sconcertato per la inaspettata notizia)

PATRIZIA - Adesso dovrai metterti d’accordo con Burton per la nomina di un nuovo presidente!

LANSEN (pensieroso) - Già…

PATRIZIA - Vorrei pregarti di scegliere un giovane aitante e di bell’aspetto.

LANSEN - Perché?

PATRIZIA - Perché prevedo che mi chiederai di essere gentile anche con lui!

LANSEN - Può darsi. Se gli interessi del mio paese lo esigeranno. (un momento di silenzio. Patrizia lo fissa con uno sguardo pieno di disprezzo. Lansen mantiene la sua aria tranquilla e sorridente) A proposito. Debbo darti una cosa che ti appartiene. (le porge un biglietto che trae dal portafogli) Ecco.

PATRIZIA - Che cos’è?

LANSEN - Il biglietto che ho trovato quella sera nella tua trousse. È meglio che tu lo restituisca a chi l’ha scritto… al generale Burton…

PATRIZIA (trasalendo, sbalordita) - Ma come?! Tu sapevi che era lui?!

LANSEN - No, quella sera no… non lo sapevo ancora. Ma l’ho capito subito dopo. Per un momento ho pensato di affrontarlo, ma ho capito che non mi conveniva… e il più danneggiato sarei stato io. Ho preferito invece prestarmi al vostro gioco… anzi, l’ho secondato in tutti i modi. L’idea di nominare il ladro presidente è stata mia!

PATRIZIA - Ma allora hai fatto sempre finta di credere!

LANSEN - Sì. Voi vi affannavate a recitar la commedia ed io mi divertivo. Adesso puoi capire perché ti ho chiesto con tanto cinismo di essere più gentile con quel giovanotto.

PATRIZIA - Anche questo faceva parte del gioco?

LANSEN - Sì, ma un gioco che non era pericoloso! Sapevo bene di non aver nulla da temere!

PATRIZIA - Credi? E se intanto io mi fossi innamorata di lui?

LANSEN - Di chi? Del ladro? Tu? Una donna come te, innamorarsi di un ladro?! Ma via, non dire assurdità!

PATRIZIA - Si, è vero, hai ragione! Sarebbe stata un’assurdità! Ma se questa assurdità si fosse verificata, che cosa avresti fatto?

LANSEN - L’avrei fatto arrestare. Ah, ti prego, non dire niente a Burton. Adesso lui crede che io sia un imbecille ed è pieno di premure verso di me… io invece so che l’imbecille è lui e ne approfitto! Guai se venisse a sapere la verità! Non me la perdonerebbe!

PATRIZIA - Non temere, non la saprà mai!

LANSEN - Mai? No, perché mai? Un giorno voglio che la sappia… gliela dirò io stesso, ma quando non potrà più servirmi come amico e non potrà più essere pericoloso come nemico! E tu, spero che non mi serberai rancore se mi sono divertito un poco alle tue spalle!

PATRIZIA - No, no, figurati! Ti sono anzi grata! Mi esoneri dai rimorsi!

LANSEN - Ne avevi?

PATRIZIA - Sì, prima. Adesso no, non ne ho più! Siamo pari!

LANSEN - Ma scusa, mia cara…

PATRIZIA (infastidita) - No, basta, ti prego. Sono stanca, ho sonno. Ne parleremo domani.

LANSEN - Va bene! Come vuoi! Buonasera.

PATRIZIA - Buonasera. (con un amabile inchino Lansen si dirige verso la porta ed esce, Patrizia rimane immobile presso la toilette. Ha nel volto un’espressione di estrema stanchezza. Dalla camera da letto esce Alberto, mentre dalla tenda che nasconde il terrazzino sporge cautamente il capo di Burton che interroga con gesti Alberto che gli risponde coi gesti, rassicurandolo. Patrizia si riscuote, si vo1ge e li vede) Ma sì, uscite fuori, uscite fuori! Non c’è più pericolo! Se n’è andato!

BURTON (rinfrancato, rientra asciugandosi col fazzoletto l’abito bagnato, con malumore) - È una disdetta! Tutte le volte che vado là fuori, si mette a piovere! (a Patrizia con ansia) Ebbene, che voleva?

PATRIZIA - Peccato che tu non abbia potuto sentire! Sarebbe stato divertente. (guarda alternativamente Burton e Alberto ed ha una breve risata nervosa) Eccoci qui tutti e tre come quella sera! L’amante sul terrazzino, il ladro nascosto in camera. Tutto uguale come allora, che buffa coincidenza, è vero? Ora il marito se n’è andato, potete andarvene anche voi! (Burton, disorientato, getta un’occhiata verso Alberto che è rimasto presso la tenda della camera da letto, come per consultarsi con lui. Patrizia, irritata e impaziente) Avanti? Che aspettate? Andate via! Andate via!

BURTON - Ma, mia cara Patrizia, permetti che ti dica…

PATRIZIA (interrompendolo esasperata) - Non mi dire niente… per carità! Va’ via… (Burton si stringe nelle spalle e, senza azzardar più una parola, si avvicina alla porta, la socchiude cautamente guarda fuori e rassicurato esce rapido. Patrizia si volge verso Alberto che non si è mosso) E tu che fai? Perché non te ne vai anche tu? Hai sentito quello che ha detto mio marito?

ALBERTO - Sì… ho sentito.

PATRIZIA (dolorosamente) - Ma perché, perché non te ne sei andato via quella sera? Sarebbe stato meglio per tutti!

ALBERTO - Ma io sono restato per te!

PATRIZIA - Lo so, ma è stato questo l’errore! Ci siamo tormentati, ci siamo fatti del male, inutilmente!

ALBERTO - Hai ragione! Non si possono prolungare i sogni.

PATRIZIA - Non ti dimenticherò, Alberto. Anche se volessi, non potrei… Tu resterai sempre il ricordo più caro, più bello della mia vita.

ALBERTO - Ma allora, Patrizia…

PATRIZIA (chiudendogli dolcemente la bocca con la mano) - No, no, non parlare, non dirmi più nulla! Va’ via, va’ via…come se fossimo ancora a quella sera… come se non fosse accaduto niente! Va’ via, caro, va’ via! (Alberto la serra a sé e la bacia. Patrizia dolcemente lo allontana da sé, verso la porta, senza poter parlare dalla commozione)

ALBERTO (con voce tremante) - Buonanotte, Patrizia!

PATRIZIA (con un soffio) - Buonanotte! (Alberto indietreggia ed esce tenendo ancora lo sguardo rivolto verso di lei. La porta si richiude, Patrizia si serra le mani sulla bocca come per trattenere un grido, mentre le lacrime le rigano il volto)

SIPARIO