Buongiorno
professore!
Atto unico di
RAFFAELE
AUFIERO
personaggi :
Giovanna, insegnante 51 anni : bella donna, dai tratti duri
Sua madre, 76 anni
Giovanna, sua figlia, 18 anni : una ragazza attenta e riflessiva
Enrico Curzi, amico di Giovanna, 52 anni : nervoso, scialbo
Professore di inglese, 47 anni
Professoressa di ragioneria, 36 anni persone molto ordinarie
Professore di tecnica, 45 anni
Osvaldo, bidello, 32 anni: rilassato e compiacente
Luigina, amica di Giovanna jr., 17 anni: ragazza come tante
L’azione si svolge in un piccolo centro del Sud.
Epoca :tra il 18 e il 20 marzo 2002
.
Prima che il sipario si apra si sente una voce fuori campo che sta leggendo,
come per riscontrare errori di bozza o incertezze di stile : Lo stato fascista,
forma più alta e potente della personalità, è forza, ma spirituale. La quale
riassume tutte le forme della vita morale e intellettuale dell’uomo… E’ forma e
norma interiore, e disciplina di tutta la persona; penetra la volontà come
l’intelligenza. Il suo principio, ispirazione centrale dell’umana personalità
vivente nella comunità civile, scende nel profondo e si annida nel cuore
dell’uomo d’azione come del pensatore, dell’artista come dello scienziato:
anima dell’anima. Firmato Giovanni Gentile.
Mentre la voce sta calcando sulle ultime parole si sente un concitato
trepestio, come di persone che salgono le scale poi una o due voci che gridano
eccitate: Buongiorno professore ! Segue una raffica di mitra.
Scena prima
Sala professori dell’istituto tecnico commerciale. Intorno ad un tavolo tre
professori, hanno l’aria seccata per un’attesa protratta.
PROF. TEC. Io direi di aspettare ancora un poco. Almeno un altro quarto d’ora.
PROF. INGL. Se non viene neppure Giovanna ce ne andiamo.
PROF. RAG. Sono d’accordo. Tre su sei siamo davvero pochi per continuare.
PROF. INGL. Circi e Ottaviani però avevano avvertito. Ma Giovanna no. E’ sempre
la solita individualista. Fa di testa sua e degli altri se ne fotte.
PROF. RAG. Ma smettila con questi piagnistei. Avrà avuto qualche contrattempo.
E’ sempre stata così precisa Giovanna.
PROF. INGL. Quello che dico è che poteva almeno telefonare. Non saremmo neppure
venuti, oggi. Non è che ce l’ho con lei.
PROF. TEC. Un po’ forse sì, credo. E non sarà mica perché ancora resiste al tuo
fascino? Non ha ancora accettato un invito a cena “Al valico” dove di solito
porti le tue prede. (una risata collettiva) A pensarci bene però, strana è
strana Giovanna. Non trovate?
PROF. RAG. Ma che strana e strana. Siete voi strani e non capite le persone con
le quali avete a che fare. Che avrebbe di strano, sentiamo?
PROF. INGL. (si dirige alla porta dell’aula, come per assicurarsi che nessuno
ascolti, ma lo fa con molta disinvoltura, quasi in maniera meccanica) A volte
ho l’impressione che sia un po’ stralunata. Confusa... tormentata, non so come
dire.
PROF. RAG. Non ti sforzare, tanto non ci riusciresti. A meno che non ce lo dica
con i modi del Bardo.
PROF. TEC. Sai cos’è? E’ che alla fine dell’anno siamo tutti un po’ fuori di
giri. Poi, quest’anno è stato particolarmente pesante, con la riforma in atto,
i problemi che abbiamo avuto all’interno dell’istituto, quella nostra alunna
che si è ammazzata sotto il treno! Be’, c’è n’è abbastanza.
PROF. INGL. Già, ma converrete che da due anni che è in questo istituto,
Giovanna non dà confidenza a nessuno. O perlomeno, la confidenza della quale ci
fa partecipi sembra più un espediente per neutralizzare le nostre attenzioni su
di lei. Neppure un cappuccino insieme siamo riusciti a prendere al bar fuori
della scuola, altro che invito “Al valico”. Vi sembra normale?
PROF. RAG. Già, per te una che non cede alle tue avances non è da ritenersi
normale. Sai cosa penso, invece? Penso che dovresti rifarti un po’ l’organo del
giudizio... Per me Giovanna è solo una donna molto riservata.
PROF. TEC. E smettetela voi due. State sempre a rimbrottarvi con queste
cretinate. (rivolto al prof. di inglese) Ma lo sapete che un giorno non so
come, non so perché, ho avuto anch’io la tua stessa impressione.
PROF. INGL. Circa cosa?
PROF. TEC. Circa il fatto cui accennavi prima... che a volte sembra confusa,
come hai detto tu, tormentata.
PROF. RAG. Sarà per la faccenda di quell’alunna che s’è uccisa.
PROF. TEC. No, quello che vi sto dicendo risale a prima del fatto. Stavamo
dirigendoci tutt’e due insieme verso l’aula dei prof. Venivamo dall’entrata e
quindi davamo le spalle al corridoio. Tra la prima e la seconda ora. Non c’era
nessuno in corridoio, fatto insolito, no? All’improvviso sopraggiunge un
alunno, quel Padovano che si atteggia ad handicappato, che mi fa, con la sua
parlata sguaiata e un po’ cafona: buongiorno professò! (pausa)
PROF. ING. Allora, tutto qui?
PROF. TEC. Non è una butade la mia. Adesso, a ripensarci. Ho avuto
l’impressione che fosse rimasta impietrita, è sbiancata e mi ha subito guardato
con occhi esterrefatti e un’espressione intensa come quando si vede un
fantasma.
PROF. RAG. Con te non ci vuole molto a suscitare questa impressione!
(altra risata)
PROF. INGL. Devo comunque riconoscere che gli alunni li sa tenere e sono tutti
contenti. E’ come se fosse dotata di un sesto senso che le consente di
interpretare e di partecipare quel bisogno di diversità che hanno i nostri
ragazzi.
PROF. TEC. Sì, come se ogni volta riuscisse ad essere ognuno di loro. Ad
immedesimarsi senza preconcetti professionali, considerando ogni alunno un caso
a parte al quale adeguarsi con umiltà e misura più che con autorità e sicurezza
come spesso facciamo noialtri. Riesce ad entrare nei loro meccanismi mentali,
ad interessarli, a motivarli anche. E questa è la cosa più importante. Si è
accaparrata in poco tempo la stima e la considerazione dei ragazzi... e la
fiducia dei genitori.
PROF. RAG. Vi ricordate l’anno scorso cosa non ha fatto per quel suo alunno,
quel Repetti che non ne voleva più sapere della scuola?
PROF. TEC. Se la metti sul commovente adesso.
PROF RAG. Che commovente e commovente! E’ stata un’impresa titanica, ma
Giovanna vi si è dedicata con una tenacia indescrivibile, con tutta l’anima. E
quanti di noi l’avrebbero fatto? Su, ditemelo. Voi l’avreste fatto? Andarselo
addirittura a prendere a casa, con la sua macchina. E le discussioni con i
genitori per convincerli a motivare di più il loro figlio a non abbandonare gli
studi. E con noi poi? Durante quel famoso consiglio? a difenderlo con una
grinta e una determinazione… se non altro, incuteva rispetto. Come fosse stato
un figlio suo. Giovanna aveva deciso che quel ragazzo non lo doveva perdere. E
alla fine quello si è diplomato pure con un bel 52. E questo è solo il
resoconto scientifico di un avvenimento, non un apologo commovente… signori!
PROF. ING. Ma vedi, collega, lei forse riversa in questo atteggiamento
missionario delle incapacità o delle impossibilità di relazionare …
PROF. RAG. Sì, sublimazioni!… la tua solita sociologia a schiovere, buona per
tutte le circostanze. Falla finita. Che ne sapete voi?!
PROF. TEC. Ma è proprio qui il nocciolo della questione: che ne sappiamo? Che
ne sappiamo chi glielo ha fatto fare, lei che aveva la fortuna di aver iniziato
la carriera a Roma, di farsi trasferire, prima in Abruzzo, poi qui, nel
salernitano. Non sarà mica il richiamo pietistico del Sud nella coscienza di
questi ex sessantottini? Possibile che questa donna che pure abita qui da due
anni non abbia una vita sua propria fuori dalle mura di questo istituto? Sembra
abbiano ingoiato il demone della solitudine, lei e la figlia, tutto intero,
comperesa la coda.
PROF. ING. Adesso sei assurdo tu. Non stiamo mica parlando di una brigatista
che vive in clandestinità, oooh, quella sta qui perché ha vinto un concorso.
Certo, è strano il fatto che nessuno l’ha mai vista accompagnata a qualcuno.
Tranne che a sua figlia quelle rare volte che la si vede in giro. Con sua
figlia va al cinema, fuori paese, o a far la spesa, e non ha contatti con
nessun altro, non vede nessuno, tranne il libraio della Dante Alighieri… dove
si ferma ogni giorno… molto più giovane di lei, oltretutto.
PROF. TEC. E’ risaputo che la donna sposa sempre l’uomo che le può fare da
padre ma preferisce amare quello che le fa da figlio.
PROF. RAG. Chi te l’ha detta, questa? Mi pare proprio una tale stronzata.
PROF. ING. L’estate poi la passa in Toscana, dove, dicono, ha ancora la madre
vecchia… Però, capiamoci bene, qui non si tratta di origliare dietro le porte
per cogliere dei segreti…
PROF. RAG. Ah, non ti sembra?
PROF. ING. …e neppure stiamo esercitando una morbosa attenzione verso la nostra
collega; è solo che sembra abbastanza strano e suscita senz’altro curiosità…
sapete come si è in paese?… un comportamento in apparenza così irreprensibile!
PROF. RAG. Ma forse non lo è solo in apparenza, irreprensibile. Perciò, sarebbe
ora che vi deste una regolata voi due.
PROF. TEC. Sentite… il vicepreside, che è sempre così ben informato sulla vita
di tutti noi…
PROF. ING. Sì, quello vedrebbe del torbido anche in faccia a sua madre. E
sapete che vi dico? Quello un giorno farà una brutta fine, col suo vizio di
allungare occhi e orecchie dappertutto. Che dice?
PROF. TEC. … dice che ne sa veramente poco sul conto di Giovanna. Sa che il
padre è stato un antifascista della prima ora e… che non è sposata.
PROF. ING. Ma questo lo sapevamo anche noi.
PROF. TEC. E che la figlia è dell’uomo che stava con lei, non si sa se come
amante occasionale o come compagno, il quale uomo sarebbe morto in circostanze
poco chiare all’incirca diciotto anni fa. Pare addirittura che avesse avuto a
che fare con la polizia per questioni politiche.
PROF. RAG. Senti, adesso sembra che stiamo degenerando. Forse è meglio se ce ne
andiamo. Che dite?
Coro di sì. Escono. Buio.
Nella sala professori, vuota, giunge la voce di Giovanna da una classe dove sta
tenendo lezione: E questa poesia è intitolata ‘Digitale purpurea’, che è il
nome di una pianta: « Memorie (l’una sa dell’altra al muto premere) dolci,
com’è triste e pio il lontanarsi di un ultimo saluto... » e a questi versi
intensi e toccanti il Pascoli ha affidato tutta la sua amara constatazione di
una vita familiare infelice e la consapevolezza di una vita personale condotta
all’insegna della dissimulazione e della solitudine... che è quanto di più
compromettente psicologicamente e rischioso a livello emotivo possa capitare ad
un essere umano. Allora ci vediamo dopodomani. Rumori della classe che esce
dall’aula in maniera ordinata.
Scena seconda
Entra Giovanna, seguita dal bidello.
GIOVANNA Non ci posso fare niente. Se avessi potuto avrei avvertito. L’Aurelia
era intasata tra Civitavecchia e Roma e avevo le batterie del telefonino
scariche.
OSVALDO Sì, anche questi telefonini. Non c’è nessuno dei ragazzi che non ce
l’ha. Stanno sempre a mandarsi messaggi, anche durante le lezioni. Ho sentito
parecchi colleghi vostri lamentarsi. Poi, quando sono veramente necessari fanno
cilecca. Ma non vi preoccupate, professoressa, gliel’ho detto che se tardavate
era per qualcosa di grave e loro hanno convenuto. Comunque, professoressa, io a
loro non ho detto niente di vostra madre, perché ho pensato che era meglio se
glielo aveste detto voi. Sapete, sono così suscettibili i vostri colleghi.
GIOVANNA Sì, certo. Lo dirò io, anche se spero che la preside li abbia
avvertiti in qualche modo. Non sono mica sparita di colpo. Oggi è anche il mio
giorno libero. Sì, contavo di arrivare per le cinque, ma non c’è l’ho fatta per
via del traffico. Sono partita subito dopo i funerali, alle undici. E da Siena
a qui non ci vogliono più di cinque ore!
OSVALDO Eh, guidate veloce, voi, professorè.
GIOVANNA Tua moglie come sta, invece?
OSVALDO Si è ripresa, grazie. Sta molto meglio. Ed è felice. Tra due mesi è
mamma.
GIOVANNA E tu papà. Non te lo scordare.
OSVALDO La battezzeremo a fine settembre, sì perché è femmina, così ci potete
essere anche voi quel giorno. Ma solo voi, però, di tutta la scuola. Con gli
altri non ci tengo confidenza, son così superbi.
GIOVANNA Ma ti rispettano tutti, e ti tengono in grande considerazione.
OSVALDO E’ vero, ma una cosa è l’affabilità, un’altra è il rispetto. Se ci
fossero tutte e due sarebbe meglio.
GIOVANNA Non si può avere tutto.
OSVALDO Poi c’è una cosa. Non so se dirvela. (breve pausa) L’altro giorno li ho
sorpresi che sparlavano di voi.
GIOVANNA Di me?
OSVALDO E’ andata così. Passavo vicino alla segreteria e ho inteso il
segretario che stava dicendo al vicepreside « adesso chiediamo a Osvaldo se ci
va a prendere un caffè » e il vicepreside gli ha subito risposto. « sì, quello
ti va a prendere il caffè. Ma non vedi come è diventato suscettitile da quando
Giovanna » che sareste voi « lo ha preso sotto la sua protezione, la chioccia!
».
GIOVANNA Questo perché ho insistito che tu non fossi più tanto disponibile per
impegni che esulano dalle tue funzioni? Il fatto è che qui, in queste zone
culturalmente depresse, non sono abituati. Vedi, quando si concede più di
quanto dobbiamo, siamo malcapiti. Ci prendono per succubi e come tali ci
trattano, perciò bisogna essere un tantino superbi nella vita, non arrivare
agli eccessi dell’esaltazione, ma imporre la propria personalità sì.
OSVALDO E il segretario lo volete sapere cosa ha aggiunto? Ha aggiunto: « sì,
buona quella, ma che ha fatto nella sua vita, la sindacalista? » e il
vicepreside ha detto « e che ne so. So solo che da giovane è stata un’attivista
sfegatata di Potere Operaio… » (Esce)
Le luci si attenuano.
Scena terza
Giovanna, di spalle contro una parete buia. Da uno squarcio nella quinta, che
potrebbe sembrare una porta socchiusa, un taglio di luce.
GIOVANNA Mamma, non ce l’ho fatta ad arrivare in tempo. Sei morta prima di
vedermi e chissà quanto hai desiderato che fossi accanto a te. Invece non c’era
nessuno.
MADRE (dall’altra stanza) Solo la fedele Guglielma che mi ha accudito questi
ultimi sei anni ha raccolto il mio ultimo respiro.
GIOVANNA Non ho neppure potuto calare le tue palpebre stanche su quei tuoi
occhi che hanno visto finalmente la pacificazione, la luce, come desideravi tu,
dopo una vita di buio.
MADRE (uscendo da una penombra, in vestaglia da camera in tinta unita, come
fosse un peplo) Dove sei Giovanna? Fatti vedere. Sempre così tu. Non sei
cambiata per niente. Sempre a nasconderti, a dissimularti, a sfuggire le
attenzioni, anche quelle complimentose mie e di tuo padre. Come facevi a
scuola, anche se eri la più brava della classe. Non volevi farti mai
interrogare e non ti si trovava all’appello. Ora in bagno, ora a fumare in
corridoio, ora semplicemente in un angolo, nel tuo banco in fondo all’ultima
fila, dietro la tendina parasole, così che nessuno potesse scocciarti. Il tuo
vezzo era quello di scomparire, dissimularti, non nasconderti. Giovanna come
sei stata misteriosa e solitaria, appartata nei modi e nei comportamenti per
quanto apprensiva e ansiosa con me e con tua figlia. Se non sei potuta arrivare
in tempo ora non te ne faccio nessuna colpa. So che l’avresti fatto. Volevo
vederti prima per consegnarti questo promemoria di quanto è accaduto nella
nostra famiglia e nella mia vita privata prima della tua nascita (le mette in
mano alcuni fogli che Giovanna ritira come da un fantasma e scorre rapidamente)
GIOVANNA Adesso mi hai lasciato questo messaggio di colpa e di speranza (agita
in mano i fogli) che non so a chi passare, testimonio di abnegazione e volontà
di cancellare un’abiezione che ti ha segnata tutta la vita. A chi passarlo? a
mia figlia Giovanna?
MADRE (con slancio) Mia nipote?
GIOVANNA Non ne ha bisogno. Non sa niente del tuo mondo e della tua vita da
ragazza, come non sa della mia prima che nascesse. E’ una ragazza del tutto
normale, tranquilla, giudiziosa, non come tante sgallettate adolescenti piene
di vizi, di recriminazioni, di livori.
MADRE Mi dicevi che non si è mai fatto il piercing né va in giro dentro scarpe
con la suola di quindici centimetri. Vuol dire tanto questo, sai!
GIOVANNA E’ proprio una ragazza matura e ferma nei propositi, come eri tu del
resto e come ti sei sforzata di far diventare anche me.
MADRE E adesso sei una brava madre… Ne ero stata sempre sicura. Anche se hai
conservato quel tuo carattere capriccioso e ribelle. Sei attenta, però,
premurosa, partecipe…
GIOVANNA Ho imparato da te che una donna è soprattutto una madre e nessun
femminismo al mondo ne può cancellare questa ineluttabile condanna, o
privilegio... o tutte e due le cose insieme. Mamma, ho imparato da te anche la
difficile arte della dissimulazione, l’ho assorbita insieme all’aria che
respiravamo a casa, noi due sole…
MADRE …in quel podere tra le colline senesi, mentre papà era a Londra, per
lavoro.…
GIOVANNA ….come dicevi tu per sottrarmi agli interrogativi che mi ponevo da
bambina prima e da ragazza dopo, circa la sua attività.
MADRE Sì, il suo lavoro, Giovanna, non ho mai avuto il coraggio di rivelarti…
GIOVANNA ….la verità sul suo lavoro.
MADRE Quello che ti avevamo presentato come suo lavoro e che gli faceva
trascorrere lunghi periodi lontano da noi…
GIOVANNA …a Londra…
MADRE …era una specie di assistenza o di risarcimento che il governo inglese
gli aveva voluto riconoscere per quanto s’era dato da fare…
GIOVANNA …con i partigiani.
MADRE Soprattutto con il gruppo che decretò ed eseguì l’eliminazione
dell’ideologo fascista Gentile, nel lontano ’44.
GIOVANNA Ma adesso, se non lo sai, ossessiona anche me quel richiamo sinistro
che ha ossessionato te tutta la vita, quel richiamo sinistro che ha spezzato il
vento del destino, prima che la raffica di mitra scrivesse i termini
ineluttabili della condanna a morte. Quel richiamo che evoca spettri demenziali
e atroci inganni della ragione, quel Buongiorno professore! che ha innnescato i
deliri di più generazioni.
MADRE Già: Buongiorno professore!
GIOVANNA Mamma, cosa hai fatto poi? Protettiva e indifesa, determinata e dolce,
severa e remissiva avevi pensato col tuo silenzio di difendere la mia crescita,
di tenermi a parte da scomode verità alle quali eri associata e complice, ed
hai invece contribuito a costruire la mia condanna all’infelicità.
MADRE Come potevo immaginare i risvolti psicologici del mio tacere, della mia
deresponsabilizzazione incosciente ?
GIOVANNA Certo, se avessimo parlato di più noi due, se mi avessi messa a parte
dei tuoi segreti, dei segreti della nostra famiglia, piuttosto che attorcermi
in continuazione le trecce e provarmi abiti nuovi o chiedermi se mi ero fatta
il fidanzato, forse avrei meno risentimenti ora e sarei cresciuta con più
certezze. Invece mi hai alimentata con i dubbi, con le perplessità, i
tentennamenti, come se tutto fosse stato provvisorio nella vita, come se ogni
cosa fosse destinata ad avere il respiro o l’affanno di un attimo.
MADRE Ma non ho potuto fare diversamente, credimi Giovanna. Il rimorso era
atroce, anche se non avevo avuto nessuna parte in quell’azione tranne quella di
essere la ragazza di uno che invece ne fece parte.
GIOVANNA Ma sapere è già una condanna alla complicità. Sapere senza ribellarsi
è comunque un atto di viltà criminale. Mamma, ti ho amata e ti ho odiata, ti ho
odiata e ti ho amata.
MADRE Ho taciuto, tutto ho taciuto per rispetto del mio uomo, tuo padre,
anch’egli lusingato prima e deluso dopo da presunti ideali di giustizia. Ho
continuato a tacere per non alimetare il demone del rimorso.
GIOVANNA E hai taciuto per amore di tua figlia, ma questa tua confessione sul
punto di morte appare ancora più ingombrante da nascondere e difficile da
gestire. (butta via le carte)
Scena quarta
OSVALDO (rientrando) Professoressa, c’è il padre di quell’alunna della prima
che vi ha già cercata ieri. Lo mando via, se siete stanca, gli dico di tornare
un altro giorno. Oltretutto non è momento di ricevimento questo, ma qualcuno
gli avrà detto che vi poteva trovare qui oggi.
GIOVANNA Chi è? Curzi?… fallo entrare. Non fa niente se non è giorno né ora di
ricevimento. Parlo con lui e poi me ne vado a casa.
Osvaldo esce e quasi contemporaneamente entra un uomo, in abbigliamento
trasandato, che dimostra più di 50 anni ed è quasi del tutto calvo.
CURZI (guardandosi intorno, sospettoso) Giovanna… come sono contento ! (si
abbracciano)
GIOVANNA (con apprensione) Abbassa la voce, per piacere. Anch’io sono contenta
di vederti.
CURZI Lasciati guardare. Non sei cambiata per niente.
GIOVANNA Mi tingo i capelli.
CURZI (passandosi una mano sulla testa) Potessi farlo io!
GIOVANNA Non sapevo che Nora Curzi fosse tua figlia. Ma dove vivi adesso?
CURZI Ho preso casa a Pompei…
GIOVANNA Giusto! Tra i ruderi della Storia.
CURZI Non potevo ritornare a vivere a Pomigliano d’Arco, per mia figlia. Ma
lavoro a Napoli. Mi occupo di orientamento al lavoro dei giovani. E tu da
quanto vivi qui?
GIIOVANNA Da tre anni.
CURZI Anche tu lontano dai ricordi?
GIOVANNA Già…Beh, e tu ti presenti a un insegnante di tua figlia solo alla fine
dell’anno scolastico?
CURZI Non ho avuto mai problemi con lei, fin dall’inizio. Almeno, i voti che ha
riportato erano sempre soddisfacenti.
GIOVANNA E sono ragioni valide queste per te?
CUZI No, certo. E’ che lavoro di mattina, perciò mi è difficile venire.
Comunque ti trovo in forma. E Nora mi parla di te con toni entusiasti. Sai,
preferisco mandarla qui a quindici chilometri da casa pur di farle avere te
come insegnante. Quanti anni Giovanna?
GIOVANNA Che non ci vediamo? Saranno sedici anni. Non ti eri ancora sposato.
CURZI No. E tu avevi già tua figlia piccola.
GIOVANNA Sì…
CURZI Ma un destino di donna segnato in maniera più atroce del mio di uomo.
Cosa credi, che non sappia quale e quanto dolore tuo attraversa ancora la
nostra storia?
GIOVANNA Non parliamo del passato, Enrico. Lasciamo, semmai, che nutra le
nostre vite, che le alimenti come fonte sommersa ma non diamogli il peso
decisionale che non gli compete più. Dopo di noi, se vuoi anche dopo i nostri
errori, ci sono i nostri figli.
CURZI Sì, è vero. E’ stata anche la mia scelta. Dopo… l’incidente che è costato
la vita a Renato ho detto, mi sono detto: da adesso solo il futuro, i figli. E
la tua ?…
GIOVANNA Mia figlia, il più bel ricordo di Renato e di quegli anni.
CURZI Soddisfatta?
GIOVANNA Io o lei? Beh, è cresciuta come tutte le ragazze di oggi. Con i suoi
problemi, forse più dei nostri, ma con una determinazione nell’affrontarli che
noi non avevamo. Anche se a volte ho l’impressione di non capirla del tutto, di
non afferrare tutte le sue esigenze, come se qualcosa della sua personalità mi
stesse sfuggendo.
CURZI E’ il cruccio di tutti i genitori questo. Non fartene una colpa.
Piuttosto, ho saputo che una ragazza si è… si è suicidata. Così mi ha detto mia
figlia. Una tragedia…
GIOVANNA … non solo per la famiglia e per la comunità, ma anche per me.
CURZI Per te? Non era del tuo corso, per quanto ne so.
GIOVANNA No, ma che vuol dire? E’ stato come registrare in quell’atto così
appartato, così intimo, così incompromettente per gli altri uno smacco, un
fallimento personale, un fallimento che mi coinvolge come insegnante, ma anche
come madre. Per tutta quella notte e la notte successiva non ho pensato ad
altro che a sua madre. A quale altra colpa non ancora esplorata stesse dando
corpo per motivare il gesto di sua figlia.
CURZI Smettiamola, Giovanna. E’ possibile che la nostra generazione, da un po’
di anni a questa parte, non sappia far altro che attribuirsi colpe. Colpe su tutto.
Certo, non nascondo che abbiamo le nostre responsabilità, pur pesantissime, è
evidente, ed anche Renato ce lo ha sempre ricordato durante gli anni della
militanza. Ma le abbiamo scontate quelle colpe: adesso lavoriamo per il
benessere e il progresso delle comunità in cui siamo inseriti. Francesco dirige
un centro per i recupero dei tossicodipendenti, Lele se n’è andato in Africa a
fare il missionario laico, Ottavia è sindacalista a Brescia, tu… Insomma, tutti
noi, chi più e chi meno, ci siamo impegnati a costruire una realtà dove non si
spara più ai professori: perciò, direi che può bastare con i rimproveri e le
automortificazioni a posteriori.
GIOVANNA Sì, abbiamo contribuito a mettere su una realtà dove ognuno si guarda
il proprio culo e i ragazzi sono sempre più soli, più esposti e più fragili.
Quando lo siamo stati noi ragazzi ci siamo messi in tasca spiccioli di speranza
e abbiamo coltivato la presunzione di poterli spendere nel mondo.
CURZI A volte penso questo, Giovanna: che abbiamo impegnato tutta la nostra
vita a nasconderci, anche da noi stessi, a dissimulare l’anormalità della
naturalezza dietro la maschera dell’ovvietà, a scomparire quasi nella piatta
banalità quotidiana e ora ci troviamo dei figli incapaci di esprimere una
passione, un sentimento, un semplice capriccio emotivo: sono privi e incapaci
di spontaneità questi ragazzi. Allora non trasformiamoci noi in responsabili o
carnefici. A meno che anche questa riflessione, diciamo così, non rientri in un
delirio autoesaltatorio mal riposto. (nella pausa si insinua un ricordo
lontano) Certo, quell’affare lì alla Sapienza è stato atroce. Anche se ci siamo
chiamati fuori dal gruppo di fuoco. E’ stato atroce e ci ha tolto tanti anni e
sicuramente l’entusiasmo che ci animava a cambiare il mondo. Ma avevamo delle
regioni.
GIOVANNA No. C’eravamo costruiti delle attenuanti preventive, tutto là.
Mentre i due si guardano assorti, come a cercare nel fondo dei loro sguardi
qualcosa che sfugge alla riflessione e alla ragione, si sentono alcune voci
fuori campo, alterate, convulse gridare: Professor Bachelet, buongiorno ! Poi
seguono alcuni spari.
CURZI Quante cazzate abbiamo fatto, Giovanna, io te e Renato e gli altri!
GIOVANNA Fai presto tu.
CURZI Perché, non è così?
GIOVANNA E tu credi che sia bastata questa svolta a cambiare la nostra natura?
Al massimo ci ha rimesso un po’ a posto con la coscienza.
CURZI Non mi dire che sei pentita.
GIOVANNA No, il pentimento è un atto di remissione o di resa a qualcosa o a
qualcuno. Il mio è solo rimorso, una pressione della ragione sulla coscienza.
Ma quello che è duro è sopravvivere con la propria coscienza, quando la colpa
non è più il riconoscimento di un errore, ma un macigno ruvido e grigio che ti
copre gli occhi e non te li fa chiudere quando hai sonno e non te li lascia
tenere aperti quando finalmente decidi di guardare in faccia la realtà. Quella
ragazza è un po’ anche vittima della mia impotenza, Enrico, come te lo devo
dire?
CURZI Scommetto che di quanti insegnanti siete qui, in questa scuola, tu sola
te ne stai facendo una vera e propria tragedia personale. Per gli altri sarà
solo un incidente, un incidente nella vita di una persona, riconducibile magari
all’insoddisfazione di vivere in un ambiente così limitato e limitante (vivere
in provincia non è facile per questi giovani, come non lo è stato per me trenta
anni fa), al disagio adolescenziale di non sapersi accettare come si è.
GIOVANNA Il disagio di questi giovani è già dentro alle nostre coscienze, per
intero. Mettiamocelo in testa. Ogni volta che guardiamo uno di loro, ogni volta
che uno di loro ci si avvicina con i suoi tentennamenti, le sue finte
sicurezze, i suoi tormentati dubbi dobbiamo pensare: ecco, sta per esplodere un
disagio!
CURZI Tu hai una figlia, no? ..
GIOVANNA E’ proprio per questo. Ma adesso basta. Scusami. Vado a casa, mi sento
stanca e depressa. Sono appena rientrata da Colle Val d’Elsa… ci sono stata per
i funerali di mia madre.
CURZI Mi dispiace questo. Condoglianze. Comunque ho avuto piacere di rivederti,
Giovanna, e attraverso di te, in fondo alla nostalgia che esprimono i tuoi
occhi, anche Renato. Ciao Giovanna. A presto.
Si abbracciano a lungo.
Scena quinta
OSVALDO (rientrando) Professoré, se volete vi accompagno io a casa, avete
l’aria molto stanca.
GIOVANNA Non ti preoccupare, vado da sola. Ancora un fondo di energia mi rimane
per tornare a casa. Piuttosto, quei… i genitori…
OSVALDO I genitori della ragazza che si è suicidata? Che devono fare. E’ una
settimana che non si danno pace e non riescono a trovare una ragione.
GIOVANNA Poverini, davvero!
OSVALDO Però pare che una ragione la sta cercando Boccabella.
GIOVANNA E chi è?
OSVALDO Il commissario che è venuto dalla provincia.
GIOVNNA Un commissario di polizia?
OSVALDO Proprio!.
GIOVANNA E che è venuto a fare?
OSVALDO Quello che so l’ho inteso dire, ma pare che le cose non siano affatto
chiare.
GIOVANNA Ti vuoi spiegare? Senti, sono stanca e non ce la faccio a seguire le
tue elucubrazioni. Non siamo mica nel salotto della De Filippi.
OSVALDO Il commissario, ho inteso dire, non è del tutto convinto della tesi del
suicidio.
GIOVANNA E neppure i genitori… ma i genitori, si sa, sono gli ultimi a capire i
propri figli. Certo sarà stato un incidente, o addiritura, la cosa più
aghiacciante, uno stupido scherzo.
OSVALDO Come quelli che ho viso in un film? di quelli che si mettono sopra ai
binari e si sfidano a chi si alza per ultimo prima dell’arrivo del treno?
GIOVANNA ( soprappensiero) Già!
OSVALDO No, signora professoré. Boccabella è quasi convinto che si tratta di un
omicidio bello e buono.
GIOVANNA Cosa? Ma date i numeri adesso in questo paese? Con quali prove, in
base a quali deduzioni?
OSVALDO Prove, deduzioni?
GIOVANNA Sì: un fidanzato lasciato, spesso succede anche questo tra giovani, un
affare di droga, riti satanici? Una vendetta contro la sua famiglia che tra
l’altro mi pare molto per bene e per niente ricca. No, io penso che state dando
i numeri veramente.
OSVALDO Pare che hanno trovato un diario che dice di fatti strani che quella
stava realizzando con un’altra compagna e che poi pare non ci volesse più
stare. Perciò, la paura che potesse tradire deve aver fatto perdere la testa
all’altra…
GIOVANNA Chi?
OSVALDO E chi lo sa… e così deve averla attirata sul posto per chiarire; e
durante il chiarimento ci può essere stata una colluttazione, sapete come so’
focose queste ragazze di oggi… dici una cosa e si offendono, si offendono e
reagiscono peggio degli uomini. Una spinta, magari l’altra non voleva neppure…
Ma, professoré, io non vi volevo turbare con questa storia, che poi non si sa
quanto può essere vera. (escono)
Buio. Una breve interruzione per il cambio di scena.
Tinello della casa di Giovanna. Sua figlia, sola, sta preparando il thè. Trillo
del campanello. Va ad aprire. Voci di saluto dietro le quinte. Giovanna jr.
ricompare con un’amica.
Scena sesta
LUIGINA (entrando al seguito di Giovanna jr.) Che stavi facendo ?
GIOVANNA Studiavo.
LUIGINA Anch’io. Poi mi sono accorta che stavo andando in paranoia e ho pensato
che era meglio uscire.
GIOVANNA Che c’è?
LUIGINA E’ che quando il tempo è così ti andrebbe di fare una passeggiata in
costiera, altro che studio! (sbircia in un libro aperto ) Piazza Fontana e la
strategia del terrore. Che roba è?
GIOVANNA Storia del nostro secolo. All’esame pretendono una buona conoscenza
dei fatti storici più recenti, così mi sto preparando. Io quest’anno finisco.
LUIGINA Ah, il portiere mi ha dato questa lettera per te.
GIOVANNA JR. (la guarda e la ripone sulla tavola) Non è mia, è di mia madre.
LUIGINA Ah!, certo… ma com’è che vi siete trovate ad avere lo stesso nome tu e
tua madre?
GIOVANNA JR. Perché, lo trovi così strano?
LUIGINA No, strano no; forse un po’ insolito, anche se può essere molto
pratico… per via degli onomastici.
GIOVANNA Se proprio lo vuoi sapere, noi non festeggiamo mai gli onomastici e
mia madre si chiama così perché suo padre, mio nonno che non ho mai conosciuto,
le volle mettere quel nome in onore di un suo professore di università che
stimava e dal quale era stimato.
LUIGINA Addirittura! E chi era?
GIOVANNA JR. Giovanni Gentile.
LUIGINA Ma non era un fascista?
GIOVANNA JR. Sì, era stato anche il ministro della Pubblica Istruzione del
governo Mussolini. E’ programma di quinta. Lo studierai l’anno prossimo.
LUIGINA Non mi dire che anche tu ti chiami Giovanna in onore dello stesso
professore… magari di un altro. (cerca inutilmente un’intesa allegra
nell’amica). Qualcosa mi dice che nella tua famiglia sono passati più spettri
di professori che ombre di amici, nion è così ? sempre sole tu e tua madre ! Ma
poi, tuo nonno non era stato nelle formazioni partigiane, come tu stessa mi hai
raccontato? e quindi doveva essere perlomeno comunista.
GIOVANNA JR. Mio nonno non era comunista ma anarchico. Però questo non vuol
dire nulla. Una persona si valuta, si accetta e a volte si stima anche, non per
le idee politiche che professa ma per quello che è e per quello che vale, così
che si può essere risentiti degli atteggiamenti o dei comportamenti di una
persona anche se ha le nostre stesse idee politiche.
LUIGINA Parli come un’ispirata, un’ideologa, ma che t’è preso. Tuo nonno ti
deve avere trasmesso la sua passione, visto che tua madre non ha grande
dimestichezza con la politica.
GIOVANNA JR. E tu che ne sai?
LUIGINA Ma lo sanno tutti e tutti lo dicono.
GIOVANNA JR Cosa dicono?
LUIGINA Che si fa gli affari suoi, dicono in paese, e anche in classe quando si
pone un agomento politico tua madre cerca di passarci intorno senza mai
affrontarlo direttamente… eppure riesce ad essere sempre convincente.
GIOVANNA JR. Tu la stimi?
LUIGINA In classe mia la stimiamo tutti. E’ proprio una buona professoressa.
Sei fortunata tu ad avercela come madre, anche se non sei in classe sua. La mia
invece è un’ossessione continua, vuole essere e fare tutto lei. Che palle!
GIOVANNA JR. Sì, però non sarai venuta per tessere gli elogi di mia madre?
LUIGINA Oh, no…
GIOVANNA JR. Adesso ci prendiamo il thè sedute… anzi, metto anche su un po’ di
musica. (esce)
LUIGINA (ad alta voce) Ce l’hai Pino Daniele?
GIOVANNA Sì, ce l’ho.
LUIGINA E’ una favola. Mi fa impazzire. E a te?
GIOVANNA Cosa?
LUIGINA A te piace Pino Daniele ?
GIOVANNA E certo, lo ascolto sempre! Anche se preferisco Minghi.
Luigina comincia a preparare le tazze. E dopo qualche secondo si sentono le
note della canzone I so’ pazz’. Giovanna rientra e comincia a versare il thè
nelle tazze. Si siedono. Le tazze fumano.
LUIGINA Ma a te, il tuo ragazzo te l’ha chiesto?
GIOVANNA JR. Cazzo, come scotta! Io non ho un ragazzo.
LUIGINA Sì, proprio tu non hai un ragazzo! Allora che dovrebbero dire quelle
nostre compagne tracagnotte?
GIOVANNA JR. Frequento molto Alberto e anche Fausto, ma niente di più. E poi,
se pure ce l’avessi il ragazzo, fisso come l’intendi tu, cosa avrebbe dovuto
chiedermi?
LUIGINA Sì, lo so che se te lo dico ti metterai a ridere e penserai, ma quant’è
scema questa. Ancora bada a queste cose. Certo per voi che venite dalla città…
GIOVANNA JR. Ma che stai dicendo, e perché dovrei ridere?
LUIGINA Marco, il mio ragazzo, dice che è stanco di aspettare.
GIOVANNA JR. Di aspettare che?
LUIGINA Insomma, da qualche mese mi va ripetendo che se non mi decido a fare
l’amore mi lascia.
GIOVANNA JR. Vuoi dire che ti ha ricattata? Bel ragazzo questo tuo Marco, e
bella coppia che state per fare.
LUIGINA Stiamo insieme da due anni e gli voglio molto bene. Poi è dolce, è premuroso.
E stiamo bene insieme, credo. Facciamo tante cose. L’anno scorso siamo andati
al campeggio insieme, con altri amici però. Ma ti pare giusto che a un certo
punto lui mi debba porre queste condizioni?
GIOVANNA JR. Non è per niente giusto, Luigina. Se a te va di far l’amore con
lui fallo pure, ma non devi subire né cedere ad alcun ricatto. O, capisci, non
è la solita solfa della verginità, che bisogna darla quando ci si sposa
eccetera eccetera o che quella di farsi deflorare è un’esperienza unica e irripetibile
per cui bisogna viverla eccetera eccettera. No. Qui tu stai parlando del fatto
che a te non fa piacere…
LUIGINA Beh, anche a me farebbe piacere!
GIOVANNA JR Sì, ma non ne sei convinta, e allora aspetta di essere convinta e
se a Marco non gli sta bene che se ne trovi un’altra. Comunque sia, è una parte
di noi che impegnamo e perciò dobbiamo esserne certe!
Rumori dalla porta. Giovanna si annuncia. La figlia sorride all’amica e si
precipita a prendere una tazza pulita. Giovanna entra.
GIOVANNA Ciao Giò, ciao Luigina.
LUIGINA Salve!
GIOVANNA JR. Com’è andata, mamma? Ti verso un po’ di thè. L’ho appena fatto.
GIOVANNA Sono stanca, adesso ho bisogno di una doccia e poi mi metto a letto.
Tra l’altro son dovuta passare prima da scuola perché mi attendevano.
GIOVANNA JR. Vedi, se ti facevi accompagnare da me… almeno viaggiavi in
compagnia.
GIOVANNA Ma no, non è la prima volta che faccio questa strada su è giù. Due
anni fa sono andata e tornata in giornata, non ti ricordi? Poi, non sapevo se
ce l’avrei fatta e rientrare per oggi e tu domani devi alzarti presto. E
comunque non è il viaggio, dopotutto…
GIOVANNA JR. Sì, lo so, (rivolta a Luigina) povera nonna!
LUIGINA Cos’ è successo?
GIOVANNA JR. Stamattina ci sono stati i funerali di mia nonna e mamma subito
dopo si è messa in macchina per tornare. Da Siena.
LUIGINA Fiuu! che saranno? cinquecento chilometri, tutti di filata!
GIOVANNA JR. Eh, mamma con la macchina è un asso. Penso che avrebbe potuto fare
la formula uno se non avesse scelto d’insegnare.
LUIGINA Ma meglio per noi, vero professoressa?
GIOVANNA Se lo dite voi! Vi lascio allora e vado a docciarmi. Luigina, se non
ti vedo, ciao.(vede la lettera) Questa è mia? (la prende ed accenna ad andar
via)
LUIGINA Buonasera professoressa ! (Giovanna si ferma di scatto, come volesse
ritornare indietro, ma subito scompare) Chissà come l’ha presa tua madre la
storia di quella che s’è buttata sotto il treno.
GIOVANNA JR Puoi immaginare, no ? E’ diventata di un tetro. Poi l’altro ieri è
arrivata la notizia di nonna…
LUIGINA A proposito, lo sapevi tu che alla questura non sono convinti mica che
si tratta di un suicidio?
GIOVANNA JR Alla questura sembra che ne sappiano sempre qualcuna nuova… e di
troppo. Se non è suicidio cos’è, una disgrazia?
LUIGINA So che hanno sequestrato il suo diario e alcuni quaderni.
GIOVANNA JR E che cosa sperano di trovarci, lì, nome e indirizzo di un
eventuale assassino?
LUIGINA Tu la conoscevi bene?!
GIOVANNA JR. Ci frequentavamo.
LUIGINA Ma tu sai se si faceva… spinelli… o altro? Se partecipava per caso a
quei riti strani, durante i quali evocano i morti? …
GIOVANNA JR. Per come la conoscevo io, potrei dire di no.
LUIGINA Già, ma non si può dire che le persone si conoscono sempre a fondo.
GIOVANNA JR. Nel nostro caso, per esempio, sì. Io conosco bene i tuoi pensieri,
i tuoi sentimenti, le tue passioni, anche perché tu me ne parli sempre. E così
sono sicura che tu sai tutto di me.
LUIGINA Messa così, forse. Però, quello che dicevo prima è vero. Anni fa, tu
non puoi saperlo perché sei qui da poco, in questo paese fummo al centro della
cronaca per un grande scandalo, riportato pure dalla televisione.
GIOVANNA JR. Di che si tratta?
LUIGINA C’era una ragazza, che io conoscevo bene perché avevamo fatto le scuole
medie insieme, o almeno io credevo di conoscere bene. Alle superiori volle
iscriversi al liceo classico, perché era brava in latino. Ma il liceo classico
è nel paese vicino. Sembrava una ragazza così a posto, sai, irreprensibile.
Tutta casa e scuola.. e palestra. Faceva danza ed era anche brava.
GIOVANNA JR. Ma ancora non lo vedo questo scandalo.
LUIGINA Un giorno fu scoperto il suo cadavere a casa di un vecchio notaio che
abitava vicino alla scuola che lei frequentava. Erano insieme nella stanza da
letto. Nudi. Una fuga di gas aveva spento la sua vita e aperto una vergogna nei
due paesi. Lei aveva preso a frequentare quel vecchio notaio fin dai primi
giorni di scuola e quella relazione era andata avanti fino a marzo. Capisci,
cinque o sei mesi di appuntamenti clandestini, probabilmente tra le sette e
mezza e le otto del mattino, quando il paese ancora non è sveglio del tutto, e
quando le sue compagne di scuola indugiavano al bar con cornetti e cappuccini,
lei passava dal vecchio notaio a farsi sbattere un po’. Certo per soldi, cosa
credi?
GIOVANNA JR. Con questo che vuoi dire? Che neppure i suoi si erano accorti di
nulla?
LUIGINA Esattamente. Eppure di soldi ne maneggiava tanti, perché comprava solo
jeans di Versace e felpe di Benetton e forse ultimamente aveva preso anche a
sniffare.
GIOVANNA JR. E neppure di questo si erano accorti i suoi.
LUIGINA Perché, tua madre si accorge sempre di tutto quello che fai? o tu le
racconti tutto? financo quando ti masturbi!
GIOVANNA JR. Non necessariamente. Ognuna di noi ha un luogo di inviolabilità
personale, un luogo quasi sacro, dentro il quale non ammette nessuno. Ma di
solito non vi entrano cose grosse, piuttosto dei capricci, delle
sconsideratezze e basta. Comunque di quella nostra compagna di scuola potrei
giurare… niente riti satanici. E non si drogava di certo. Di lei ho capito solo
che era un’impicciona e anche un’immatura. E perciò, se non è stato un suicidio
o una disgrazia, se l’è proprio cercata.
LUIGINA Giovanna, spero non parli sul serio!
GIOVANNA JR. (ostendando un sorriso di distensione) Ma no, che puoi mai
pensare!
LUIGINA Per un attimo ho avuto l’impressione che stessi parlando sul serio…
certo hai una capacità di dissimulare unica, tu!
GIOVANNA JR. Sarà un vizio di famiglia questo. Luigina, adesso io comincio a
preparare la cena, perché mamma è stanca, poi andrò anch’io a letto presto.
Domani mi devo alzare all’alba. Se vuoi, puoi rimanere con noi.
LUIGINA No, grazie. Vado.
GIOVANNA JR. Sì, ma lascialo perdere. E’ una questione di piedi.
LUIGINA Di piedi ?
GIOVANNA JR. Di non farsi mettere i piedi in testa. Le condizioni per stare
insieme le devi dettare tu. Se vuoi sapere come la penso, io la penso così:
quella storia dell’estasi di due corpi appagati, di due bocche vogliose che si
cercano nel buio della notte è solo letteratura, o cinema. E poi non credere
che essere ancora vergini a diciassette anni sia tanto vergognoso. Basta non
dirlo in giro.
Ridono. Luigina esce. Giovanna rientra avvolta in un accappatoio. Si strofina i
capelli.
GIOVANNA Poteva rimanere ancora.
GIOVANNA JR. Non ha voluto.
GIOVANNA Qualcosa non va?
GIOVANNA JR. Problemi sentimentali. (sarcastica) Ha un problema con il suo
fidanzato.
GIOVANNA Perché lo dici con quel tono?
GIOVANNA JR. Ho l’impressione che il loro sia un innamoramento da naufraghi.
GIOVANNA (cerca di soridere) Che significa da naufraghi?
GIOVANNA JR. Immagina due persone, un uomo e una donna, che fanno naufragio su
un’isola deserta e non sanno quando arriveranno i soccorsi. Se non sono proprio
abominevoli o repellenti si metteranno senz’altro insieme. Una specie di amore
coatto, no?
GIOVANNA Sì, poò essere così. Allora, a che ora devi partire, domattina?
(l’accappatoio si apre leggermente davanti e scopre il suo corpo nudo).
GIOVANNA JR. Alle sette, mamma. Passano a prendermi. Lo sai, mamma, che sei
ancora una gran bella donna!
GIOVANNA Me lo dicono in tanti. Va a finire che ci crederò sul serio. Però
detto da te, più che un complimento, è una lusinga.
GIOVANNA JR. Vorrei avere il tuo corpo a cinquant’anni. E’ ancora così,
così…
GIOVANNA …florido?
GIOVANNA JR. Sì, così. Quanto potrebbe ancora piacere agli uomini! Per usare
un’espressione che starebbe bene sulla bocca di Luigina.
GIOVANNA Quando si sta con un uomo non bisogna pensare solo di dare piacere a
lui, ma di prenderne anche per sé.
GIOVANNA JR. E tu?…
GIOVANNA Io cosa? vuoi sapere se ancora mi prendo piacere con gli uomini?
GIOVANNA JR. No, mamma. (con un tono tra l’imbarazzato e il sarcastico) Non mi
sarei mai permessa di intrudermi in questo modo nella tua vita privata anche se
sono tua figlia. Non volevo dir questo… tanto più che l’intervento che hai
subito dieci anni fa...
GIOVANNA E tu pensi che l’aver dovuto rinunciare agli organi della riproduzione
esclude la donna dai piaceri dell’amore, o anche solo del sesso? Si può godere
lo stesso, per chi riesce a dissociarsi a tal punto da considerarsi donna da
una parte e femmina dall’altra. Per me non è stato così, Giovanna. Anche se
fisicamente sto come prima, tranne il fatto che non ho più il ciclo, dentro di
me mi sento diversa. Non saprei accettare un uomo sapendo che al mio corpo
manca una funzione importante di donna, perché altro è controllarne gli
effetti, con la pillola, calcolando i giorni, altro è non averne per niente.
Comunque è una specie di menomazione, alla quale si reagisce il più delle volte
per un dovere di sopravvivenza… Scusami tu, è stato solo uno sfogo fatto ad una
ragazza ormai adulta; so che non avresti mai alluso a questa circostanza.
Dunque, cosa volevi dirmi?
GIOVANNA JR Hai preso tanto piacere… con papà?
GIOVANNA Tu ne sei il frutto. Ci amavamo molto.
GIOVANNA JR. Che cosa volevate fare insieme?
GIOVANNA Volevamo cambiare il mondo, allora, e non ci rendevamo conto che il
mondo stava cambiando noi.
GIOVANNA JR. Perché non mi hai detto tutto di lui?
GIOVANNA Tutto cosa?
GIOVANNA JR. Mamma, l’altro giorno, frugando in una vecchia cassa ho trovato
carte, ritagli di giornali, tutte cose interessanti e nuove per me.
GIOVANNA Interessanti? Su che?
GIOVANNA JR . Su papà, mamma! Perché hai taciuto per tanti anni?
GIOVANNA Non ti ho mai taciuto niente. Cosa avresti trovato che non ti ho
detto?
GIOVANNA JR. Per esempio che è stato ucciso dalla polizia, mentre tentava di
forzare un posto di blocco. Che era indagato per l’omicidio di un professore
dell’università…e che su di lui gravava addirittura il sospetto che fosse un
terrorista…O tu pensi che per una figlia questo sia un fatto irrilevante e
venirne a conoscenza può solo compromettere la sua crescita. O crearle delle
turbe psicologiche. Da piccola magari, ma adesso. Adesso che sono grande da un
pezzo, perché non me l’hai detto? Perché non ho neppure il suo cognome ?
GIOVANNA Che ti stai mettendo in testa, figlia mia! Quelle carte che tu hai
visto le conservo perché furono il risultato di una manipolazione della verità,
di una testardaggine idologica mal riposta, di un accanimento glorificatorio
del tutto fuori luogo. Quasi delle calunnie costruite dalla propaganda
politica.
GIOVANNA JR. Mamma, come sono andate le cose?
GIOVANNA (cerca una sedia. Si siede. E’ tesissima) Tuo padre è morto in un
tragico incidente, come ti ho sempre detto. L’auto che guidava quella mattina
aveva i freni rotti, perciò non fece in tempo a fermarsi al posto di blocco e
lo forzò. Poi, mentre i poliziotti iniziarono a sparargli dietro, perse il
controllo della vettura e andò a sbattare. Non fu il proiettile che lo colpì
alla testa ad ucciderlo, perché era già morto nell’impatto. Tutto questo è
stato appurato, tant’è vero che la sua famiglia non ha avuto neppure un
indennizzo, né il poliziotto che fece fuoco fu incriminato. Si trattò di un
vero e proprio incidente aggravato da una crudele fatalità. Dopo l’incidente i
compagni di tuo padre hanno cercato di farne un eroe (andavano così le cose
allora), forse per meglio custodirne il ricordo, pensai. E comunque non fu una bella
trovata. Del resto la verità venne accertata dai periti nominati dalla famiglia
stessa. Tu nascesti più o meno quando lui moriva, così ti ho registrata con il
mio nome. Aveva già deciso quando andare all’anagrafe, ma non fece in tempo. Ti
devi prepare qualcosa per domani?
GIOVANNA JR. No, niente. A proposito, ho trovato una vecchia sciarpa di papà…
una sciarpa rossa
GIOVANNA Quella con la faccia del Che. Se la metteva quando andava alle
manifestazioni di Potere Operaio. Comunque ti ho lasciato trecentomila lire di
là. Se vuoi comprarti qualcosa a Roma, non si sa mai.
GIOVANNA JR. Posso prenderla, domani?
GIOVANNA La sciarpa? (esita un attimo) Certo, è un ricordo, non un cimelio né
una reliquia. Solo un ricordo.
Buio.
Scena settima
La mattina dopo. Stesso luogo. Giovanna, già pronta per uscire sta ordinando
dei fiori primaverili in un vaso, sulla tavola. Si sente il trillo del telfono.
Esce e subito dopo si sente la sua voce: No, non stavo per uscire. Ho lezione
alla terza ora per fortuna, così me la prendo comoda. Sono ancora stanca
(pausa) … mia figlia è andata a Bologna. Il ragazzo di una sua amica deve
andare a parlare con un professore del DAMS per la tesi e così hanno deciso di
fare una passeggiata insieme (pausa) … poi credo che anche Giovanna abbia
intenzione di frequentare quell’università e così comincia a prenderci
confidenza… (pausa)… che vuoi fare? Vuoi venire a prendermi? E porti i cornetti
per la colazione. Sì, certo che puoi venire. Ah, sei già sotto casa? Allora
sali pure. No, la mia onorabilità non ne risente se ricevo un uomo in casa alla
nove di mattina… Va bene, ti aspetto. A tra poco.
Un clic, una pausa riempita da note di canzoni trasmesse per radio, canzoni
degli anni settanta, poi il trillo del campanello. Giovanna rientra seguita da
Curzi.
CURZI Cosa pensi, allora di quello che è successo ?
GIOVANNA Cosa è successo ?
CURZI Non hai sentito il telegiornale?
GIOVANNA No. Ieri sera ero stanchissia. Non mi andava. Non ho avuto tempo. E
neppure stamattina. Perché?
CURZI E’ ripreso…
GIOVANNA Spiegati, Enrico! (comincia a preparare la colazione. Apre la busta
contenente i cornetti e versa il caffè nelle tazze).
CURZI Ieri sera, a Bologna, ne hanno ucciso un altro: un altro professore,
Marco Biagi, consulente del ministro Maroni e esperto di problemi del lavoro.
GIOVANNA La solita scheggia impazzita del movimento? Dopo l’omicidio D’Antona
bisognava aspettarselo. Avrebbero alzato il tiro, tanto più che sono rimasti
impuniti.
CIURZI E a questo punto non sono più propenso a ritenere che sia una
recrudescenza ma nuove leve sì. Giovani sfuggiti al controllo di ogni ideologia
ormai. Cani sciolti. Allo sbaraglio, ma organizzati, pericolosi, deliranti.
Invocano una genitura che sinceramente non mi sentirei di attribuirgli. Non è
la stessa cosa. Quei tempi sono finiti, per sempre. Con noi, Giovanna e noi con
loro.
GIOVANNA Che si dice in giro?
CURZI Non ho più contatti con nessuno, lo sai… ho solo notizie dei telegiornali
e quelle di Internet. La polizia è già alla ricerca degli esecutori.
GIOVANNA Degli assassini.
CURZI Assassini sì, basisti, fiancheggiatori Sul posto dove è avvenuta
l’escuzione… l’assassinio cioè… sembra ci fossero delle telecamere a circuito
chiuso che devono aver ripreso la scena. Poi, data anche l’ora dell’agguato,
c’era gente per strada, testimoni che hanno visto… Gli assassini sono arrivati
in motorino con la testa coperta dal casco. Ma qualche ora prima dell’attentato
è stata vista una coppia sospetta, probabilmente i basisti che si fingevano
appunto una coppietta appartata in intimità, sotto i portici. E uno dei due,
probabilmente la donna, deve aver perduto una sciarpa...
GIOVANNA Una sciarpa?
CURZI Sì, una di quelle sciarpe rosse con la faccia del Che. Quelle che si
compravano nei mercatini di quartiere trenta anni fa, tutte uguali.
Voce di Giovanna da una classe dove sta tenendo lezione: « Memorie (l’una sa
dell’altra al muto premere) dolci, com’è triste e pio il lontanarsi di un
ultimo saluto... ». Rumori della classe che esce dall’aula in maniera ordinata.
GIOVANNA (come impietrita) Andiamo, Enrico. Temo di aver fatto tardi… alla
lezione.
Buio