Caccia al tesoro in casa Esposito

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Caccia al tesoro in casa Esposito

di Vincenzo Rosario Perrella Esposito

(detto EZIO)

26/05/2009

Personaggi: 10

Gennaro Esposito

Pietra Dello Scandalo

Tiziana Esposito

Peppino ‘o sapunaro

Felice Della Morte

Eupremio Immeritato

Massimo Sforzo

Addolorata Ridente

Walter Closed

Ariel Bucato

Napoli, via Duomo, anno 1943: una bomba sganciata da aerei delle forze alleate, nella loro lotta contro i soldati nazisti, colpisce un’ala della casa di Massimo Sforzo, provocando la morte di quest’ultimo,di sua moglie Addolorata Ridente, dei suoi camerieri Walter ed Ariel.

Ci ritroviamo nel 2013, quando la casa appartiene a Gennaro Esposito e sua moglie Pietra. La sorella di Gennaro, Tiziana (occhialuta vista la sua pessima vista), sostiene di sentire delle voci in casa. Anche il saponaro (rigattiere) Peppino sostiene altrettanto, ma nonostante anch’egli abbia una pessima vista, riesce anche a vedere a chi appartengano quelle voci. Le doti medianiche dei due metterà in contatto in qualche modo gli spiriti di Massimo Sforzo, di sua moglie e dei suoi camerieri, col mondo dei vivi che entra in casa. Anche atrarverso reperti presneti ancora in casa, si saprà della presenza di un tesoro. Una divertente caccia al tesoro ne nascerà. Alla fine però vi è una sorpresa riguardante il tesoro…  

Numero posizione SIAE 233047

Per contatti Ezio Perrella 3485514070 ezioperrella@libero.it

            Napoli, via Duomo, salone di casa Esposito. Alla sala si accede da un ingresso comune centrale. A destra c’è una porta che conduce a bagno e camera da letto, a sinistra c’è un’altra porta che conduce in cucina ed altre stanze. Verso la desta del salone, vi è un tavolo con quattro sedie. A sinistra c’è un divanetto. Il mobilio è costituito da una credenza ed una libreria. Alle pareti, alcuni quadri rifinoscono l’ambiente.

           

ATTO PRIMO

1. [Gennaro Esposito e Eupremio Immeritato. Poi Pietra Dello Scandalo e Tiziana Esposito]

                       Dalla comune (al centro) entrano Gennaro ed Eupremio (discutendo).

Gennaro:      No, no, no, caro Eupremio, ho ragione io.

Eupremio:    Ma come fai a dire che hai ragione tu, se ho ragione io?

Gennaro:      Per un semplice motivo: ho ragione io!

Eupremio:    Azz, ma tu tiene ‘a capa tosta! Ti ho detto che ho ragione io.

Gennaro:      Vogliamo scommettere? Tanto, io con te vinco le scommesse tutti i giorni.

Eupremio:    Ma nun me fa’a rirere!Va’, piglia ‘o telefono, chiamma ‘a signora Cozzolino.

Gennaro:      Con piacere. (Prende il cordless e formula il numero. Dopodiché…)  

Voce femm:  Pronto!

Gennaro:      Signora Cozzolino?

Voce femm:  No, non sono io.

Gennaro:      Ah, siete la sorella?

Voce femm:  No.

Gennaro:      La figlia?

Voce femm:  No. Sono il marito!

Gennaro:      Ma siete sicuro? Io sento una voce femminile.

Voce femm:  Uhé, e come vi permettete? Io sono maschio come voi.   

Gennaro:      Scusatemi tanto. Allora mi passate a vostra moglie?

Voce femm:  (Stufo)Ve la passo, ve la passo. Cose ‘e pazze!(Chiama) Anna, siente chi è!

Voce masch: Pronto!

Gennaro:      Scusate, forse ci sta uno sbaglio. Io voglio parlare con la signora Cozzolino.

Voce masch: E sono io.

Gennaro:      (Sorpreso) Siete voi?

Voce masch: Perché, qualche problema?

Gennaro:      No, signora, scusate tanto, io mi chiamo Gennaro Esposito. Voi non mi  

                       conoscete. Vi ho chiamato, in quanto io e il mio amico Eupremio Immeritato,

                       volevamo chiedervi un’informazione.

Voce masch: Prego, domandate pure.

Gennaro:      Ma vuje, pe’ caso, ‘e ttenìte ‘e ccorne?

Voce masch: Uhé, ma comme ve permettite?! Pascà, viene ‘nu mumento ccà!   

Voce femm:  (Arrabbiato) Pronto!Ma quanta cunferenza cu’ mia moglie? Si vengo lloco,  

                       te schiatto ‘a capa, scé! (Riaggancia) 

Gennaro:      (Soddisfatto, parla ad Eupremio) He’ visto? Aggio vinciuto ‘a scummessa: ‘a

                       signora Cozzolino tene ‘e ccorne!

Eupremio:    (Rassegnato, estrae 50 Euro dalla tasca) Tié, accàttete 50 Euro ‘e medicine!

Gennaro:   (Prende i soldi e li guarda in controluce) Non sai perdere!

Eupremio: Allora facciamo un’altra scommessa?

Gennaro:   Sì, oggi mi sento fortissimo.

Eupremio: Benissimo, affacciamoci al tuo balcone. Ti voglio mostrare la signora di fronte.

Gennaro:   Ci giochiamo i soliti 50 Euro?

Eupremio: No, stavolta facciamo 100.

Gennaro:   Perfetto. Oggi ti voglio umiliare! Jammuncenne, jamme.

                    I due escono a destra. Da sinistra entrano Pietra (che zoppica vistosamente) e

                    Tiziana (con occhiali spessi per la forte miopia).

Pietra:        Tizià, mannaggia ‘a capa toja, m’he’ scamazzato ‘nu pede!

Tiziana:      E scusami, Pietra!

Pietra:        Ma tu, cu’ ‘sti llente, nun ce vide proprio cchiù!

Tiziana:      No, ma io non ti ho calpestato il piede per questo. Mi sono spaventata perché  

                    ho sentito uno dei fantasmi presenti in questa casa.

Pietra:        Uff, ancora cu’ ‘sta storia?

Tiziana:      Ma io sono una medium. Che vuoi da me?

Pietra:        Nun te fa’ sentì ‘a fràteto, che s’arraggia pure cu’ me. Io non ti devo dar retta.

Tiziana:      Uh, e perché? Io li vedo veramente.

Pietra:        Cu’ ‘sta vista che tiene tu?

Tiziana:      No, cioè, li sento. Io tengo un dono. Pensa, riesco a sentire quelli che hanno

                    abitato questa casa, durante la seconda guerra mondiale: i signori Massimo

                    Sforzo e Addolorata Ridente. E pure il loro cameriere inglese Walter Closed e        

                    la cameriera dell’Uruguay Ariel Bucato.

Pietra:        A proposito di camerieri: il nostro cameriere, Felice Della Morte… chillu

                    scansafatiche… ancora deve tornare con la spesa. Chi sa che sta facenno? Tiziana:      No, questo non lo so. Però posso domandare a qualcuno dei fantasmi.

Pietra:        Eh, e mò basta! Chiuttosto, damme ‘na mana a tappà ‘e butteglie ‘e pummarola.

Tiziana:      Ma io…

Pietra:        Silenzio. Su, andiamo!

Tiziana:      Ma io…

                    Pietra non la fa terminare di parlare. E se la porta via con sé a sinistra. 

2. [Massimo Sforzo, Addolorata Ridente, Walter Closed, Ariel Bucato e Felice Del Terno]

                    Dalla comune (al centro) entrano due persone vestite anni ’40: Massimo Sforzo

                    Addolorata Ridente. In realtà sono due spiriti. Sembrano distinti ed invece…

Massimo:   Uhé, Addulurà, he’ ‘ntiso a chella femmena spicchiata, cu’ ‘e llente a bicchiere?

Addolor.:   E già. Ha detto che riesce a sentire a noi quattro. Ma che pallista!

Massimo:   No, chella, a nuje, ce sente overamente. ‘O fatto è che nisciuno le crede!

Addolor.:   (Si siede al divanetto) Néh, ma quanno jamme ‘nParaviso? So’ sittant’anne che

                    stamme ccà ddinto! E sinceramente, m’aggio sfastriata.

Massimo:   E io ch’aggia fa’?

Addolor.:   Nun puo’ parlà cu’ nisciuno?

Massimo:   (Ironico) Vuoi che parlo col Padreterno?

Addolor.:   Mamma mia, comme si’ ‘nzipito! (Chiama qualcuno) Walter, viene ccà!

                   Dalla comune (al centro) entra Walter il cameriere. Ha accento inglese.

Walter:      Signora, non Walter, maUolter*!La signora ha chiamato?      *(lo ha detto come si legge)

Addolorata: E certo. Siente, ce sta ‘na signora che dice che ce sente, però nun ce vede!

Walter:         Non comprendo la sua ironia, dear madam! 

Massimo:      Siente, Walter. Ce sta ‘na signora cecata che però ha ditto che ce sente a nuje.

Walter:         E’ probabile,sir! Ci sono persone che dicono di vedere o sentire fantasmi.

Massimo:      E allora tu vai da lei e dille che le vogliamo parlare. Corri!

Walter:         Mi spiace contraddirla, sir, ma la cosa è impossibile.

Massimo:      Allora, si nun ce vaje tu, ce va Ariel.

                      Dalla comune (al centro) entra la cameriera Ariel, con accento spagnolo.

Ariel:            Buenas dias!

Addolorata: Ariel, ci sta una signora che sente a me, a te, a mio marito e a Walter. Parlaci!

Ariel:            Uh, madre de Dios! Per carità!

Massimo:     Vabbuò, aggio capito, ce parlo io. Le devo dire che in questa casa di via

                      Duomo, ci sta il tesoro nascosto della nostra famiglia.

Addolor.:      Se no è un peccato.

Walter:         Io parlo solo col cameriere di questa casa. Peccato che lui però non mi veda!

Massimo:      ‘O scemo? E a che serve? Si io fosse ‘o padrone suojo, ‘o cacciasse a cavice!

                       Dalla comune entra Felice Della Morte. Ha due borse di spesa in mano.

Felice:           Uhe’, io so’ turnato! (Posa le buste sul tavolo) Niente, nun risponne nisciuno.

                       I miei titolari sono come tutti i titolari del mondo: ‘na vranga ‘e scieme!

Walter:         (A Massimo) Gli metto lo sgambetto?

Massimo:      Vai pure!

Walter:         Tengo sete! Vado a bere.

                      Va per andare a sinistra, ma Walter lo sgambetta e lui finisce a terra.

Felice:           (Stupito, si rialza)Nun capisco! Comm’aggio fatto a cadé? Mah! Vado a bere.

                      Va per andare a sinistra, ma Walter lo sgambetta ancora e lui finisce a terra. 

                      Si rialza ancora e guarda cosa c’è in terra.

                      Forse ce sta ‘na mattunella scassata. No, nun è scassata. Allora vado a bere.

                      Va per andare a sinistra, ma Walter lo sgambetta ancora e lui finisce a terra. 

                      Si rialza ancora e resta interdetto.

                      Strano, accomme dico: “Vado a bere”, vaco a fernì pe’ terra! Mò faccio ‘na

                      cosa: nun dico proprio niente!

                      Fa finta di nulla. Poi scappa a sinistra. Walter non riesce a sgambettarlo.

Walter:         Signore, ho fallito lo sgambetto. Mi auto-punisco?

Massimo:     Vai, ti raccomando: 30 volte testa e muro!

Walter:         Agli ordini.

                      Esce via a destra.

Addolorata: Massimo, jamme pure nuje. Dobbiamo pensare a come farci notare dai vivi.

Massimo:     Non dalla gente. Solo da quella donna specchiata, con gli occhiali a bicchiere.

Addolorata: Giusto.(Si alza in piedi) Ariel, seguici.

                      Escono a sinistra, a fila indiana: prima Addolorata, poi Massimo, poi Ariel.

3. [Gennaro ed Eupremio. Poi Pietra. Infine Felice]

                      Da destra riecco Gennaro ed Eurpremio: il primo è deluso, il secondo esulta.

Eupremio:   Gennà, caccia ‘e 50 Euro! ‘Sta vota aggio vinciuto io!

Gennaro:     (Li prende dalla tasca e glieli dà senza guardarlo, con disprezzo) Tié, piglia!

Eupremio:   (Li guarda in controluce) Comm’è bello quanno uno vence ‘na scummessa!

Gennaro:       Me li ridarai al più presto. Tu stai per perdere la scommessa più importante.

Eupremio:     E invece no. In questa casa ci sono dei fantasmi. Lo dice la leggenda.

Gennaro:       Tu li hai visti?

Eupremio:     Non li ho visti,ma troverò le prove.

Gennaro:       (Lo irride) Eupré, siente a me: accummience a pavà ‘a scummessa.

Eupremio:     Embé, dammi una settimana di tempo ete lo dimostro. E se non li avrò

                        trovati, ti darò quella cifra lì.

Gennaro:       Eupré, la voglio sentire: dimmi un po’, quanti soldi sono?

Eupremio:     Mi pare 10.000 Euro!

Gennaro:       Nonsignore, ce he’ mancato ‘nu zero. Sono 100.000!

Eupremio:     Vabbé, quelli poi sono zeri.Ti vuoi attaccare a questi dettagli?

Gennaro:       Azz, m’’e chiamme dettagli? (Si siede al divanetto, felice) Io adoro i soldi!

Eupremio:     Gennà, nun cantà vittoria.Trema, i fantasmi stanno arrivando! Statte buono!   

                       Esce via con decisione (dal centro). Gennaro si diverte.

Gennaro:       Embé, chisto, pe’ vencere ‘a scummessa, fosse capace ‘e se vestì ‘a fantasma!

                       Da sinistra entra Pietra. E’ visibilmente arrabbiata.

Pietra:           Tu ‘ive ditto: “Pietra, pecché nun ce pigliamme a ‘nu cameriere? Ci può

                       essere utile”. E io t’aggio stata a sentì. Però ce simme pigliate ‘o cameriere

                       cchiù inutile d’’o munno! Batte proprio tutt’’e record!

Gennaro:      Oh, e te vu’ calmà ‘nu poco? Ma che ha cumbinato?

Pietra:           Ha fatto ‘a spesa, però nun tene manco ‘a forza ‘e purtà ‘e bbuste ‘int’’a

                       cucina. (Le nota sul tavolo) Guarde ccà, l’ha lassate ‘ncoppa ‘o tavule.

Gennaro:      E va bene, se non ti piace, si cambia cameriere. (Prende il cordless) Adesso

                       chiamo l’agenzia e mi lamento. Dunque, per parlare con l’agenzia, devo

                       telefonare. E per telefonare, devo digitare il numero. E per digitare il numero,

                       devo mettere il dito sui tasti. E per mettere il dito sui tasti, devo…

Pietra:           E gghiamme bello, muòvete a telefonà! Adesso ti dico il numero: 081…

Gennaro:      (Digita) 081…

Pietra:           71… 71… 71!

Gennaro:      (Digita) 71… 71… 71… ‘Stu nummero nun m’è nuovo!

Pietra:           Devi parlare con la signora Cozzolino!

Gennaro:      Cozzolino? Neppure questo cognome mi è nuovo!

Voce femm:  Pronto!

Gennaro:      Cozzolino?

Voce femm:  Sì?

Gennaro:      Signora posso parlare con vostro marito?

Voce femm:  Sono io il marito. Sì ‘n’ata vota tu?  

Gennaro:      Questa voce non mi è nuova!

Voce masch: Aspié, passammillo ‘nu poco. Pronto, songo ‘a signora Cozzolino. Bastaaaa!

Gennaro:      Signora, mi scusi, forse ci deve essere stato un errore.

Voce masch: E allora nun chiammà cchiù. He’ capito?

Voce femm:  Passammillo ‘nu poco. Néh, piscetiello! Io te vengo a cercà pe’ tutta Napule!

Gennaro:      Non si preoccupi, non chiamerò mai più! Vogliamo scommetterci?

Voce femm:  No! (Riaggancia)

Pietra:           Néh, ma che t’ha ditto?

Gennaro:      Ehm… Pietra, io direi: a Felice, tenìmmancillo comme cameriere.

                      Da sinistra entra Felice, mangiando una banana.

Felice:       Comme so’ bone ‘sti banane!

Pietra:      Ma… ma… se sta magnanno ‘na banana!

Gennaro: Embé? Nun se po’ magnà ‘e banane?

Pietra:      Ma quelle servono a me.

Gennaro: Pe’ ffa’ che? 

Felice:      ‘On Gennà, e secondo voi?!

Pietra:      Per farmi la maschera di bellezza!

Felice:      Appunto, la maschera di bellezza!

Gennaro: E vabbuò. T’’e faccio accattà ‘n’ata vota.

Pietra:      Ma che schifo di cameriere!

Felice:      Sentite, io faccio il cameriere per necessità. (Fa una piroetta e poi si inginocchia

                  su una gamba) Ma io volevo fare il ballerino!

Pietra:      Fai il cameriere, che è meglio. E poi impara a cucinare.

Gennaro: A proposito di cucinare, ma chi sta cucinando in cucina?

Felice:      ‘A sora vosta. Quella che sente i fantasmi?

Gennaro: Ancora cu’ ‘sta storia?

Pietra:      E chella se ne sta piglianno ‘na malatia!

Gennaro: Ma non credete a queste scemenze. Anche pecché, si ce stéssene overamente ‘e

                  fantasme ccà ddinto, io perdesse ‘a scummessa!

Pietra:      Quala scummessa?

Gennaro: Ehm… scommessa morale! Chi so io, sostiene che in questa casa ci abitavano un

                  certo Massimo Sforzo con sua moglie e i suoi camerieri.

Pietra:      Però è strano, pure tua sorella dice gli stessi nomi.

Gennaro: (Comincia a preoccuparsi) Overamente?

Felice:      Massimo Sforzo? (Ricorda qualcosa) Uh, ma io nello scantinato ho trovato un

                  quadro e alcune fotografie con questo nome.

Gennaro: E mò m’’o ddice? (Scatta in piedi) Jamme mommò ‘int’’o scantinato. 

Felice:      Venite, venite, di qua.

                  I due seguono Felice per la porta centrale.

4. [Massimo e Walter. Poi Tiziana e Peppino]

                  Da destra entra Walter e da sinistra torna Massimo.   

Massimo: Allora, Walter…

Walter:     Uolter*!                                                                                            *(dice come si legge)

Massimo: E invece voglio chiamarti Walter, all’italiana. Allora, hai scoperto questa

                  medium che dice di sentire le nostre voci?

Walter:     No, sir. Non l’ho vista àncora*!                                         *(letto come l’ancora delle navi)

Massimo: Ma che àncora? Ancòra! Staje in Italia ‘a cient’anne e ancora nun t’he’ ‘mparato!

Walter:     Mio caro signor Massimo, io ho la facòlta e l’onésta e pércio voglio la libérta di

                  sbagliare quanto voglio!

Massimo: Vabbuò, basta. Insomma, devi trovare assolutamente la medium. Hai capito?

Walter:     Oh, yes!

Massimo: Mi è venuta un’idea. Però nun l’he’ ‘a dicere a nisciuno.

Walter:     Oh, yes!

Massimo: In realtà, non voglio dare i soldi del nostro tesoro ai vivi. Ma sai chi se li prende?

Walter:     Oh, yes!

Massimo: ‘A vuo’ fernì cu’ ‘stu “oh yes”?!

Walter:     Oh, yes!

Massimo: Embé, te ciacco! Parola d’onore. Dicevo: sai chi si prende il tesoro? Noi! E non

                  diremo niente a mia moglie e a Ariel.

Walter:     Scusi, sir, ma noi siamo spirìti.

Massimo: Spìriti!

Walter:     Appunto! I soldi sono di carta e ossa!

Massimo: E allora?

Walter:     Noi non possiamo possédere oggetti.

Massimo: Possedére! E già, nun c’’eva penzato. E quando me la dici questa cosa?

Walter:     Eh, io non sono stupìdo!

Massimo: Stupìdo? Embé, tu me pare ‘o nipote ‘e Stanlio ‘e Ollio! Si dice stùpido. (Si siede

                  sul divanetto, perplesso) E allora bisogna trovare una soluzione. Già, ma quale?

                  Da sinistra torna Tiziana. Pare perplessa.

Tiziana:    Speriamo che ho cucinato bene!

                  Si siede accanto a Massimo che la guarda perplesso (anche Walter). Lei seguita.

                  Io, poi, del resto, mi sono imparata da poco tempo.

                  Massimo le tira su una ciocca di capelli. Lei se li risistema.

                  Ma che d’è? ‘Sti capille ténene ‘na vertigine strana!

                  Massimo le tira di nuovo su una ciocca di capelli. Lei se li risistema.

                  Mamma mia, aggia ì ‘nu poco add’’o parrucchiere! Tengo dei capelli così

                  sgarbati, che si alzano da soli.

                  Suonano alla porta.

                  ‘A porta. (Si alza in piedi) E chi sarrà, mò? Boh!

                  Esce dalla porta centrale. Così Massimo e Walter commentano.

Massimo: No, nun è essa, ‘a medium.

Walter:     Direi proprio di no, sir Massimo.

                  Torna Tiziana, seguita da Peppino il rigattiere (anch’egli con occhiali da vista

                  spessi per la forte miopia). Ha in mano un sacco. Quest’ultimo, entra gridando:

Peppino:   ‘O sapunaaaro!

Tiziana:    ‘On Peppì, buongiorno. Oggie nun v’aggio astipato niente.

Peppino:   E nun ve prioccupate. Me voglio sulo assettà ‘nu poco.

Tiziana:    Prego, assettateve, ce sta ‘o tavolo.

Peppino:   Grazie. (Posa il sacco a terra al tavolo)

                  I due si siedono al tavolo e Peppino saluta i due (che lo guardano sorpresi).

                  Ah, bonasera!

Tiziana:    (Pensando che ce l’abbia con lei) ‘On Peppì, e vuje già m’’ite salutato!

Peppino:   No, ma io stongo salutanno a chillu signore che sta assettato ‘ncoppa ‘o

                  divanetto e a chillu signore che sta allerto vicino a isso.

Tiziana:    Ma chi?

Massimo: (Si alza sorpreso e parla a Peppino) Cioè, ma tu ci vedi, a noi?

Peppino:   Io tengo una miopia esagerata, però a voi due vi vedo e vi sento.

Tiziana:    Ma chi è che sta parlanno? Io sento ‘na vocia che vene ‘a vicino ‘o divanetto,

                  però nun veco a nisciuno.

Walter:     Sir, allora lei è la signora che stiamo cercando: la medium.

Massimo: E isso chi è?

Walter:    Sarà qualche altro medium.

Massimo: (Si avvicina a loro) Allora ne teniamo due!

Peppino:  (Si alza in piedi, spaventato) No, no, ‘nu mumento. Io faccio ‘o sapunaro! Nun

                  aggio visto niente, pecché tengo diece grade ‘e miopia!

Massimo: E non ti preoccupare, non ti facciamo niente!

Tiziana:   (Si alza pure lei, intimorita) ‘On Peppì, ma chi è che sta parlanno?

Peppino:  Nun ‘e cunosco. (Si avvia verso sinistra)

Massimo: No, non scappare, non scappare!

Walter:    Stia calmo. Il mio padrone è sir Massimo Sforzo. Io sono il suo domestìco!

Peppino:  Domestìco? Doméstico! No, no, io me metto appaua! ‘Stu fantasma nun sape

                  parlà! (Grida di spavento) Mamma miaaaa!

Massimo: Non scappareeeee!

                  Peppino fugge a sinistra, inseguito da Massimo. Tiziana resta sola con Walter.

Tiziana:   ‘On Peppì, ve ne site juto? Io nun ce veco buono tale e quale a vuje.

Walter:    (Le si avvicina) Permette, cara signora?

Tiziana:   (Arretra verso destra) Chi sta parlanno?

Walter:    Io, cara signora! Non scappiiii!

                 Tiziana fugge a destra inseguita da Walter.

5. [Gennaro e Felice. Poi Eupremio. Infine Walter]

                  Dalla comune (porta centrale) tornano Gennaro (con un ritratto con cornice in

                  mano) e Felice con un album di foto antico rilegato in pelle.

Gennaro: Guarde ccà, chisto è ‘o ritratto ‘e ‘na perzona. E chi sarrà?

Felice:      Forse è chillu tale ch’è muorto ‘int’’a siconda guerra mondiale: Massimo Sforzo.

Gennaro: Ancora? T’aggio ditto che nun esiste nisciunu Massimo Sforzo. (Nota l’album) E

                  tu, invece, che tiene ‘nmana? Fotografie?

Felice:      Sì. 

Gennaro: E tu, Pietra? (Si volta ma non la nota) Néh, Pietra, ma addò staje?

Felice:      Uh, forse amme chiuso a vostra moglie ‘int’’o scantinato!

Gennaro: Ah, già.

Felice:      Che facciamo? L’andiamo a liberare?

Gennaro: No, lassàmmele ‘nu poco lloco ddinto! ‘A vaco a piglià cchiù tarde! (Si siede alla

                  Sedia di destra del tavolo) Forza, jamme, vedìmme ‘sti fotografie.

Felice:      (Si siede pure lui e apre l’album) Uh, questo è Massimo Sforzo.

Gennaro: Ma nun dicere scimmità!

Felice:      ‘On Gennà, ma ce sta scritto.

Gennaro: Beh, effettivamente. E quella gente vicino a lui chi sarà?

Felice:      Qua ci sta scritto che è la sua piccola casta.

Gennaro: Ah, è la sua castagna!

Felice:      Esatto. E questa signora è sua moglie Addolorata Ridente. E questi altri sono…

                 Suonano alla porta. I due si guardano perplessi. Felice interroga Gennaro.

                 Vostra moglie?

Gennaro: Impossibile. Comme fa a ascì ‘a ‘int’’o scantinato? Tengo ‘a porta blindata. Va’  

                  a vedé chi è. E t’arraccummanno, nun fa’ trasì a nisciuno.

                 Felice esegue. Gennaro osserva le foto. Da destra torna Walter.

Walter:    La signora si è chiusa in bagno. Io, per educazione, non ho oltrepassato la porta.

                 Nota Gennaro guardare le foto, si mette a sinistra del tavolo e lo guarda. Zitto,    

                    zitto, da dietro entra Eupremio (seguito da Felice). Gennaro commenta le foto.

Gennaro:   Ma allora, ‘stu Massimo Sforzo è esistito overamente!

Eupremio: Aaaah, hai visto?

Gennaro:   (Salta in piedi) Mamma ‘e ll’Arco! E tu pe’ do’ si’ trasuto?

Eupremio: D’’a porta. M’ha araputo Felice.

Gennaro:   (Guarda male Felice) Ma io nun t’’eva ditto ‘e dicere che nun ce stongo?

Felice:        E chillo m’ha scavalcato!

Gennaro:   T’ha scavalcato? Ma che ssi’, ‘nu muretto? ‘Na ringhiera? ‘Na fenesta?

Eupremio: (Siede al tavolo, alla sedia centrale) Gennà, ammettilo. Ho vinto la scommessa.

Gennaro:   Ma che staje dicenno?

Eupremio: Sì, ne sono sicuro. Vai, Felice, portami un Whisky per brindare!

Gennaro:   Ma qualu Whisky? Felì, puorte ‘a spremmuta ‘e arancia che sta ‘int’’a caraffa.

Felice:        Subito.

                   Felice fa per andare a sinistra, Walter lo sgambetta e lui cade. Felice si rialza.

                   Nun capisco pecché, quanno arrivo a ‘stu punto d’’a stanza, inciampo sempe!

                   Esce a sinistra.

Eupremio: Gennà, queste fotografie rappresentano la tua condanna, la tua sconfitta.

Gennaro:   Ma quala sconfitta? Che significa che quel Massimo Sforzo è esistito?

Eupremio: Chesta ancora in questa casa. (Guarda il ritratto) Guarda che faccia di fesso!

                   Così Walter gli dà uno scalpellotto dietro il collo. Eupremio si guarda intorno.

Gennaro:   Eupré, ch’è stato?

Eupremio: No, niente. Aggio avuto ‘nu pacchero areto ‘o cuollo.

Gennaro:   Ma fernìscele ‘e fa’ ‘o scemo. (Osserva la foto di Walter) Guarda, questo deve

                   essere il suo cameriere. ‘E quant’è brutto! (E se la ride)

                   Walter gli dà uno scalpellotto dietro il collo. Gennaro smette di botto di ridere.

Eupremio: Che d’è, Gennà?

Gennaro:   No, niente. Qualche insetto manesco!

                   Walter torna alla sua posizione di prima. Felice torna da sinistra con un

                   bicchiere ed una caraffa contenente succo d’arancia.

Felice:        Ccà ce sta ‘o succo d’arancia. Si me vulìte, io stongo ‘int’’a cucina.

                   Felice fa per andare a sinistra, Walter lo sgambetta e lui cade. Felice si rialza.

                   Ma che miseria!

                   Esce poi a sinistra. Eupremio si versa il succo d’arancia nel bicchiere che poi 

                   lascia sul tavolo. I due parlano e non notano che il succo d’arancia è versato di

                   nuovo nella caraffa (da Walter).

Eupremio: Gennà, ma tu ci pensi? E se dietro al ritratto o alle foto si nasconde una mappa?

Gennaro:   Ma quala mappa? Mica ‘stu Massimo Sforzo è ‘nu pirata?                

Eupremio: Vogliamo scommettere? (Va per bere il succo d’arancia, ma il bicchiere è

                    vuoto) Mah! (Si versa il succo d’arancia nel bicchiere che lascia sul tavolo)

Gennaro:   E sì, scommettiamo. Quanto vuoi perdere, questa volta?

                    Non notano che il succo d’arancia è versato di nuovo nella caraffa (da Walter).

Eupremio: Ma pe’ me vanne buono pure mill’Euro! (Va per bere il succo d’arancia, ma il

                    bicchiere è vuoto) Gennà, ma ‘a vuo’ fernì?

Gennaro:   ‘E fa’ che cosa?

Eupremio: Io mi verso l’aranciata nel bicchiere e tu lo metti un’altra volta nella caraffa.

Gennaro:   Ma si io stongo ‘a chest’ata parte!

Eupremio: E allora si nun si’ tu… e nun è manco Felice, che sta ‘int’’a cucina… chi è?

                      I due si guardano perplessi. Poi, senza aggiungere niente, si alzano in piedi,

                      prendono l’album di foto e il ritratto, vanno via a destra, aumentando sempre

                      più la velocità dei passi. Così Walter li segue.

6. [Addolorata e Ariel. Poi Tiziana e Peppino]

                      Da sinistra tornano Addolorata ed Ariel.

Addolorata: Vieni Ariel. Mi sei fedele da tanti anni, così voglio svelarti un segreto: io non

                      voglio dare il nostro tesoro a nessuno. Alla fine ce lo prenderemo io e te.

Ariel:            Gracias, signora. Sono molto felice. E quando ce lo prendiamo?

Addolorata: Quando lo troviamo.

Ariel:            E quando lo troviamo?

Addolorata: Quando lo cerchiamo.

Ariel:            E quando lo cerchiamo? 

Addolorata: Quanno mio marito trova ‘a mappa.

Ariel:            E quando…?

Addolorata: Ariel, m’he’ ammusciata! Si ‘o ssapevo, nun t’’o ddicevo!

Ariel:            No, no, scusate, scusate.  

Addolorata: (Si siede sul lato destro del divanetto) Tu devi stare tranquilla e aspettare che

                      troviamo la medium.

Ariel:            Va bene. Speriamo che esiste veramente.

                      Da sinistra torna Tiziana. Pare perplessa. Le due la osservano.

Tiziana:        Io nun songo pazza. ‘E vvoce, ‘e ssento overamente. Ch’aggia fa’?

                      Si siede accanto ad Addolorata che la guarda (anche Ariel). Lei seguita.

                      Mica è colpa mia si songo ‘na medium? Però non mi crede nessuno.

Addolorata: Ma noi ti crediamo!

Tiziana:        (Inconsciamente)Grazie tante! (Poi realizza) Che?

Addolorata: He’ visto, Ariel? Amme truvato ‘a medium!

Ariel:            Ne sono felice.

Tiziana:        (Terrorizzata) Ma… ma… ma…

Addolorata: Signora, non vi spaventate. Non vi facciamo del male. Siamo anime buone.

Tiziana:        Scusate, ma state vicina a me?

Addolorata: Sì. Sono Addolorata Ridente. E dietro di voi ci sta la mia cameriera.

Ariel:            Ariel Bucato.

Tiziana:        Io mi chiamo Tiziana Esposito. Scusate, ma perché io riesco a sentirvi?

Addolorata: Perché possedete un dono che poche persone hanno la fortuna di avere.

Tiziana:        E perché invece non vi vedo?

Addolorata: E chesto nun ‘o ssaccio.

Tiziana:        Però ci sta una persona che vi vede pure. Si chiama Peppino ‘o sapunaro!

Addolorata: Ah, sì? E dove sta questo signore?

Tiziana:        E’ scappato perché ha visto a due uomini fantasmi!

Ariel:            Ah, ho capito il signor Massimo e Walter.

Addolorata: Che peccato che questo signor Peppino è scappato.

                      Da sinistra, quatto, quatto, entra Peppino.

Peppino:      Manu male, se ne so’ gghiute chilli duje. (Nota Ariel) E chi è chesta? Scusate,

                      vuje site ‘a cammarera?

Ariel:           (Gli si avvicina e si mette alla sua sinistra) Ma… voi mi vedete?

Peppino:       Nun tanto buono, pecché tengo diece grade ‘e miopia! Però ve veco.

Addolorata: (Si alza e va alla destra di lui) Allora site vuje ‘on Peppino ‘o sapunaro!

Peppino:       Sì, signò. Ma vuje pecché me cunuscite? Ah, aggio capito: la settimana scorsa

                      mi avete dato quei materassi vecchi! E’ accussì?

Addolorata: No, nun v’aggio dato niente. Mi ha parlato di voi la signora Tiziana Esposito.

Peppino:       ‘A cunuscite? Siete amiche?

Tiziana:        (Si alza e raggiunge a stento i tre,  causa della sua vista)‘On Peppì, e

                      secondo voi, io songo amica ‘e doje fantasme?

Peppino:       Uhé, ‘a signora Tiziana sta ccà! E giustamente, mica putite essere amica ‘e

                       doje… ‘e doje… ‘e doje?

Tiziana:        Fantasm…

                      Non finisce di dire nemmeno la parola, Peppino sviene.

                      ‘On Peppì, ch’è stato?

Addolorata: No, niente, è svenuto.

Tiziana:        Uh, e mò?

Addolorata: Signò, io e la mia cameriera ce ne andiamo. E’ meglio che quando il signor

                      Peppino si sveglia, non ci vede più. Intanto voi svegliatelo.

Tiziana:        E che ce dico?

Addolorata: Che dint’a ‘sta casa ce sta ‘nu tesoro inestimabile. E tutti e due ci dovete dare

                      una mano a trovarlo. Se farete così, vi regaleremo una ricompensa. Va bene?

Tiziana:        Sì.

Addolorata: Jammuncenne, Ariel.

Ariel:            (Fa l’inchino) Con permesso.

Addolorata: Cretina, che faje a ffa’ l’inchino? Chella nun te po’ vedé! Jamme, jamme!

                      Escono via attraverso la comune centrale.

Tiziana:        E io mò comme faccio? ‘On Peppì, scetateve! (Lo prende per la camicia e lo

                      scuote violentemente) ‘On Peppì, ‘on Peppì!

Peppino:       (Spazientito) Oh, me facìte male! (Si rialza) Me so’ scetato, me so’ scetato!

Tiziana:        ‘On Peppì, ch’impressione: ‘e fantasme!

Peppino:       Quali fantasme? Ccà nun ce sta nisciuno. Io m’aggio sunnàto tutto cose!

Tiziana:        No, è tutto ‘o vero.

Peppino:       Pe’ carità! (Si avvia all’uscita) Signò, stàteve bona!

                      Esce via (ha dimenticato il sacco a terra al tavolo).

Tiziana:        No, aspettate, aspettate. Nun ve ne jate.

                      Attraverso la comune, va alla porta d’ingresso, la apre e commenta.

                      Ma che d’è? Me pare ‘e sentì ‘a voce ‘e Pietra che vene ‘a ‘int’’o scantinato.

                      Famm’ì a vedé, va’.

                      Ed esce via.

7. [Gennaro ed Eupremio. Poi Felice]

                      Da destra tornano Gennaro ed Eupremio (col ritratto e le foto), quatti, quatti.

Eupremio:   Ce sta nisciuno?

Gennaro:     (Si spaventa) Mamma bella!

Eupremio:   Che te spaviente a ffa’? Songh’io!

Gennaro:     E che vvuo’ ‘a me? ‘Int’’o silenzio generale, bell’e buono te miette a alluccà!

Eupremio:   Gennà, ma tu he’ capito ch’aggio scuperto? Chillu ritratto nun è ‘nu ritratto.

Gennaro:      Beh, effettivamente, fa ‘nu poco schifo!

Eupremio:    Ma nun stevo dicenno chesto. Osserva il ritratto di qual Massimo Sforzo al

                      contrario. Non vedi niente?

Gennaro:      Sì.

Eupremio:    E che cosa vedi?

Gennaro:      A chillu Massimo Sforzo tutto ‘o cuntrario!

Eupremio:    Gennà, è inutile che fai ostruzionismo. Non voglio nemmeno i soldi della

                      scommessa. Però mi devi aiutare a trovare il tesoro.

Gennaro:      Eupré, ma tu te fusse drogato?Ma qualu tesoro?

Eupremio:    Gennà, è come nei film d’avventura: se ci sta una mappa, ci starà pure un

                       tesoro sepolto da qualche parte. Osserva bene il ritratto al contrario. Quello è

                       un posto che contiene un punto X. E il punto X è il naso di Massimo Sforzo.

Gennaro:      (Si siede al tavolo e vi posa il ritratto) Eupré, tu l’he’ fernì ‘e guardà ‘a

                       televisione! Invece ‘e te guardà Indiana Jones, guàrdete a Gesù di Nazareth!

Eupremio:    (Gli siede accanto) Embé, vogliamo scommettere che ho ragione io?

Gennaro:      ‘N’ata scommessa? Ma no, basta. Facìmmece ‘o ccafé! (Chiama) Felice!

                       Da sinistra entra con un elenco telefonico in mano Felice.

Felice:            L’aggio truvato, l’aggio truvato.

Gennaro:       A chi he’ truvato?

Felice:            ‘Nu medium. Accussì ce mettìmme in comunicazione cu’ ‘e fantasme!

Eupremio:    (Si alza felice e va da lui) Uh, sì, sì, chiamme, chiamme!

Gennaro:      Ma qualu medium? Lasse sta’.

Felice:           (Digita il numero sul cordless) Fate fare a me, ‘on Gennà. Mò ce divertimme!

Voce bimba: Pronto!

Felice:           Bimba, scusami, mi puoi passare il tuo papà o la tua mamma?

Voce bimba: Ma quala bimba? Io songo ‘o nonno!

Felice:           ‘O nonno? Cu’ ‘sta voce?

Voce bimba: Qualche problema?

Felice:            Scusatemi, potete passarmi il signore o la signora Cozzolino?

Voce bimba: ‘Nu mumento.

Gennaro:       Cozzolino? Questo nome non mi è nuovo.

Voce femm.:  Pronto!

Felice:            Signora Cozzolino, buongiorno!

Voce femm.:  No, songo ‘o marito.

Felice:            Ma chiste ténene ‘e vvoce tutt’’o cuntrario?!

Voce femm.: Aggio riconosciuto ‘o numemro ‘e telefono ‘ncoppa ‘o display. Tu appartiene

                       a chill’ommo ‘e niente che telefona sempe!

Felice:            No, io songo ‘o cameriere d’’o signor Gennaro Esposito.

Voce femm.:  E io stongo parlanno justo ‘e isso. Aggio ditto che nun ata chiammà cchiù.

                       Capito?(E riaggancia)

Felice:            ‘O medium m’ha attaccato ‘o telefono ‘nfaccia.

Eupremio:     Azz, fa pure ‘o medium, ‘o signor Cozzolino?

Gennaro:       Lasse sta’, lasse sta’. Eupré, a questo punto vado a prenderti a mia sorella.

Eupremio:     Gennà, ma tu pienze a sòreta? Chella è pure brutta!

Gennaro:       Ma che he’ capito? Mia sorella dice che riesce a sentì ‘e vvoce d’’e fantasme.

Felice:            Confermo!

Eupremio:     Che cosa?Tu tiene a ‘na sora accussì? E allora caccie, caccie!

Gennaro:       Ma che d’è, ‘nu certificato? Ch’aggia caccià? Dobbiamo cercarla in cucina.

Eupremio:     Azz, sape pure cucenà?!

Gennaro:       No, però jammele a chiammà.

                       I due si avviano a sinistra. Felice tenta di fermarli, ma non fa in tempo.

Felice:            No, no, nun sta lloc…! (Desiste) Che manicomio! (Nota sul tavolo l’album di

                       foto e il ritratto. Si siede) ‘Sti fotografie stanne ancora ccà? Però comm’è

                       strana ‘sta copertina. Ah, guarda qua! Questa è la piantina di questa casa.

                       (Guarda il ritratto di Massimo Sforzo) E chisto è ‘o ritratto ‘e chillu Massimo

                       Sforzo. Ma pecché sta sotto e ‘ncoppa? (Poi osserva più volte alternatamente

                       la copertina dell’album e il ritratto capovolto e realizza) Ma… ‘a faccia sotto

                       e ‘ncoppa ‘e chillu Massimo Sforzo… in realtà è ‘a piantina ‘e ‘sta casa. E sì:

                       l’occhio di Massimo Sforzo corrisponde alla cucina. ‘A vocca me pare ‘o

                       bagno. E ‘o naso me pare… me pare… ‘o scantinato! Ma allora chesta è ‘na

                       mappa! E sotto ‘o scantinato ce starrà… ‘o tesoro! (Mette sottobraccio album

                       e ritratto). M’aggia ì a piglià ‘na torcia e ‘nu piccone… e aggia scavàààà!

                       Esce a destra.

8. [Tiziana e Pietra. Poi Addolorata e Massimo]

                       Dalla comune ecco Tiziana senza occhiali e Pietra infreddolita, sottobraccio.

Tiziana:         Pietra, ma che ce facìve ‘int’’o scantinato? Pecché te si’ chiusa lloco ddinto?

Pietra:           (Ironica) Niente, aggio deciso ‘e durmì ‘int’’o scantinato! Ma che domande

                       faje? Qualcuno mi ha chiuso là dentro. E questo qualcuno è mio marito.

Tiziana:         Ma che scherzi stupidi che fa Gennaro. Ma mò pecché te muore ‘e friddo?

Pietra:           Tizià, lloco sotto pare ‘e sta’ ‘int’’o frigorifero! (La osserva bene) A

                       proposito, ma pecché te si’ levata ‘e llente?

Tiziana:         Nun è che me l’aggio levate, l’aggio perze ‘nmiezo ‘e scale!

Pietra:           E addò? 

Tiziana:        ‘Int’’o scantinato. Nun è che me puo’ accumpagnà ‘nu mumento a cercarle?

Pietra:           (Si siede sul divanetto)No, no, Tizià. E chi ce torna ‘n’ata vota lloco bbascio?

                       Aroppo faccio scennere a Felice e t’’e trova isso.

Tiziana:         E io nun ce veco senza lente.

Pietra:           E pure cu’ ‘e llente!

Tiziana:         E vabbuò.(Si siede al tavolo)

                       In quel momento di silenzio, entra Addolorata. Da sinistra entra Massimo. I

                       due non si notano ma notano Tiziana e così fanno considerazioni.

Massimo:      Chella è ‘a medium senza ‘e llente!

Addolorata: Ah, ‘a medium è turnata!

Tiziana:        (Si guarda intorno)Oh, no, ‘n’ata vota ‘e vvoce! Sentite, signori, io non

                       voglio sapere niente. Non è colpa mia se riesco a sentirvi.

Pietra:           Néh, ma chu’ chi staje parlanno?  

Addolorata: (Va vicino a Tiziana, con fare dolce) Non ti preoccupare.

Massimo:     (Va vicino a Tiziana, con fare dolce) Non ti preoccupare.

Addolorata: Massimo, vatténne, ‘a signora è rrobba mia!

Massimo:     Addolorà, vatténne tu. ‘A signora ha da venì cu’ me.

Addolorata: No, cu’ me!

Massimo:     Cu’ me!

                      Nella foga, le scompigliano i capelli. Pietra la osserva, perplessa.

Pietra:          Tizià, nun saccio comme te veco strana!

Tiziana:       (Piangente) Pietra, ma chi me l’ha fatto fa’ ‘e dicere che songo ‘na medium!

Massimo:     (A Addolorata) He’ visto? L’he’ fatta chiagnere!

Addolorata: (Ironica) Aggio fatto piglià collera ‘a criatura!

Tiziana:        Ma perché proprio a me?

Massimo:     Signora, adesso basta! (Le parla in un orecchio) In questa casa ci sta un tesoro

                      nascosto. E voi ci dovete aiutare assolutamente a trovarlo.

Tiziana:        Un tesoro?

Pietra:          Tizià, ma tu mi preoccupi. Stai parlando tu da sola. Comm’a ‘na scema!

Tiziana:        Stattu zitta, Pietra. Stongo parlanno cu’ ‘o fantasma!

Addolorata: (Le parla all’orecchio) Signora, in questa casa ci sta un tesoro nascosto.

Tiziana:        Aggio capito, ma che m’ate pigliata pe’ scema?

Pietra:          (Si alza in piedi, spaventata) Uh, mamma mia, Tiziana sta ascenno pazza!

Tiziana:        Ma te vuo’ sta’ zitta? Me vuo’ fa’ capì che stanne dicenno? Prego, continuate! 

I due:            (Uno le parla in un orecchio, l’altra nell’altro) Signora aiutateci a trovare…

Tiziana:        No, no, parlate uno per volta… o si no me ‘nzallanite!

Massimo:     Addulurà, vatténne, aggia parlà io cu’ essa.

Addolorata: No, io.

Massimo:     Ma io sono il marito, comando io!

Addolorata: Ma il tesoro è mio! Oddio, cos’ho detto!

Massimo:      Ah, ti ho scoperta.

Addolorata: E io ho scoperto te.

Tiziana:        No, no, nun v’appiccecate!

Massimo:     Signora, venite con me.

Addolorata: Venite con me.

Tiziana:        (Si alza tappandosi le orecchie e si avvia a sinistra) Basta!

Massimo:     (La segue) Seguite me.

Addolorata: No, seguite me.

                      Escono a sinistra. Pietra resta interdetta.

Pietra:          Doje so’ ‘e ccose: o chesta parle overamente cu’ ‘e spirite, oppure ave bisogno

                      ‘e ‘nu psicologo. Ha ditto che ce sta ‘nu tesoro. Mah! (Fa mente locale) ‘Nu

                      tesoro? Ehm… Tiziana, vieni qua, vieni! Ho da dirti tante belle cose!

                      Esce pure lei a sinistra.

9. [Felice. Poi Gennaro e Eupremio, Ariel e Walter, Addolorata, Massimo, Pietra e Tiziana]

                     Da destra entra Felice con uno zainetto ed una piccozza in mano.

Felice:          Allora: piccozza, martello, torcia elettrica… e candelotto di dinamite! Embé,

                     mò che trovo ‘o tesoro, m’aggia licenzià e me ne vaco in Messico! E vaiiii!

                     Esce via per la porta centrale. Da sinistra tornano Gennaro ed Eupremio.

Eupremio:  Gennà,niente, tua sorella nun ce sta. Non l’ho mai desiderata tanto come ora!

Gennaro:    Ma nuje l’amma truvà assolutamente, o si no comm’’o truvamme ‘o tesoro?

Eupremio:  Ma quella starà in giro. Però appena torna, prendiamo le fotografie e il ritratt…

                     (Nota che sul tavolo non ci sono più) So’ sparite ‘o ritratto e ‘e fotografie!

Gennaro:    Mamma bella, ‘e fantasme marjuole!

Eupremio:  E mò comme se fa?

Gennaro:   Eupré, bisogna assolutamente trovare mia sorella Tiziana. Urge! Io non conosco

                   un altro medium, oppure veggente.

                   Suonano alla porta.

Eupremio: Po’ essere ch’è sòreta!

Gennaro:   Jamme a arapì mommò!

                    I due corrono come matti alla comune. Poi tornano insieme a Peppino.

Eupremio: E vuje chi site?

Peppino:    (Gridando) ‘O sapunaaaaro!

Gennaro:   Oh, e ch’alluccate a ffa’?

Peppino:    E’ ‘na questione d’abitudine.

Gennaro:   Sentite, ma che site venuto a ffa’?

Peppino:    (Si guarda intorno, timoroso) M’aggio scurdato ‘o sacco mio cu’ ‘a rrobba ‘a

                   dinto. Pe’ piacere, m’’o pigliate?

Gennaro:   E pigliatavìllo vuje.

Peppino:    E si po’ ce sttanne lloro?

Gennaro:   Lloro chi?

Peppino:    No, niente, nisciuno. Mò m’’o piglio io.

                   Si avvicina timidamente al tavolo. Da sinistra tornano Ariel e Walter.

Ariel:         Che peccato che è sparito quel saponaro.

Walter:      Dobbiamo trovarlo subìto!

Ariel:         Sùbito! (Lo nota) Uh, eccolo. Andiamo da lui.

                   I due vanno da lui: uno alla destra, l’altro alla sinistra di Peppino.

Walter:      Finalmente ti abbiamo trovato.

Peppino:    Oh, no, m’hanne truvato. 

Eupremio: Néh, ma cu’ chi sta parlanno, chillo?

Gennaro:   Boh!

Peppino:    (Si divincola) Lassàteme, lassàteme!

Eupremio: Ma che d’è? Sta abballànno?

Gennaro:   Ma che ne saccio? (Va da Peppino) Sentite, ma che state facénno?

Peppino:    Chisti duje m’hanne acchiappato e nun me vonno lassà cchiù.

Gennaro:   Chisti duje? Ma io nun veco a nisciuno.

Eupremio: Aspiette ‘nu mumento, Gennà. Scusate, signor saponaro, come vi chiamate?

Peppino:    Peppino.

Eupremio: Ma voi siete un veggente o medium, o tutti e due.

Peppino:    Io nun songo niente. Riesco a vedé ‘e fantasme!

Gennaro:   (Felice) ‘O vì ccanno, n’amme truvato a ‘n’ato!

Eupremio: Signor Peppino, chiedete ai fantasmi che stanno vicino a voi dove sta il tesoro.

Gennaro:   No, domandate dove sta l’album di foto e il ritratto del signor Masismo Sforzo.

Walter:      (A Peppino) Ditegli che noi non sappiamo.

Peppino:    Nun ‘o ssanne.

Gennaro:   Allora, secondo me, mia moglie se l’ha pigliate essa.

                   Addolorata, Massimo, Pietra e Tiziana tornano da sinistra.

Pietra:       Tizià, non scappare più. Noi dobbiamo trovare il tesoro.

Tiziana:     Pure tu, mò?

Gennaro:   Tu staje ccà, Pietra! Caccia l’album fotografico e ‘o ritratto ‘e Massimo Sforzo.

Pietra:        Io nun tengo niente.

Gennaro:   Allora se l’ha pigliato Tiziana.

Tiziana:     Ma io nun m’aggio pigliato niente.

Gennaro:   Allora se l’hanne pigliato ‘e fantasme!

I quattro:   No, no, no…

Tiziana:     Hanne ditto che no.

Gennaro:   (A Peppino) Voi confermate?

Peppino:    (Piangente) Ma io non ci volevo tornare qua!

Gennaro:   V’aggio ditto: confermate?

Peppino:    (Rassegnato) Sì.

Gennaro:   E allora chi se l’ha pigliato l’album fotografico e ‘o ritratto ‘e Massimo Sforzo?

Eupremio: (Realizza) Uh, forse aggio capito: Gennà, chi ce manca ‘int’a ‘stu mumento?

Gennaro:   Ah, già: Felice! Addò sta chillu ‘nfame?

                   Da fuori si sente l’esplosione della dinamite.

Eupremio: Ma chesta è dinamite. E’ scuppiata abbascio ‘o palazzo.

Gennaro:   Aggio capito: Felice se vo’ piglià ‘o tesoro.

Eupremio: E allora pecché ha fatto scuppià ‘a dinamite abbascio ‘o palazzo?

Gennaro:   Forse ha sbagliato mira. Che ne saccio? Io vaco a vedé.

Eupremio: E pur’io!

Gli altri:    E pur’io!

                   Vanno tutti alla comune per uscire: i vivi si ostacolano tra di loro, i fantasmi

                   altrettanto. Alla fine poi escono tutti.

FINE ATTO PRIMO

Napoli, via Duomo, salone di casa Esposito: il giorno dopo.

ATTO SECONDO

1. [Gennaro, Pietra, Walter ed Ariel. Poi Massimo, Addolorata e Felice]

                  In piedi, a centro stanza, Gennaro e Pietra litigano. Il primo è trattenuto da

                  dietro (attraverso il passante dei pantaloni) da Walter. Lo stesso Pietra ed Ariel.

Gennaro: Tu sei una traditrice!

Pietra:      No, tu sei un traditore!

Gennaro: Te facésse ‘na faccia accussì, ma ce sta coccosa che me trattiene e nun ce riesco!

Pietra:      E pur’io, te vulésse graffià tutta ‘a faccia, ma nun me riesco a mòvere.

Gennaro: Secondo me,la gente non deve campare troppo assai. A un certo punto, si deve

                  togliere il disturbo! E tu, cara mia, stai disturbando troppo! Nun te piglià collera!

Pietra:      Néh,ma pecchénun ‘o lieve tu, ‘o disturbo?

Gennaro: Maio t’aggio sgamato: tu me vuo’ fa’ fesso. Vuoi trovare il tesoro con mia

                  sorella e te lo vuoi prendere tu. Ma ti sbagli di grosso!

Pietra:      E tu invece he’ chiammato ‘o signor Peppino.

Gennaro: E chi è? Ah, già, ‘o sapunaro medium! Embé, ognuno usa le armi che tiene!

Pietra:      Ma io e te siamo marito e moglie. Non possiamo metterci l’uno contro l’altro.

Gennaro: (Si libera dalla presa di Walter, va da lei) E allora alleiamoci col saponaro.

Pietra:      (Si libera da Ariel) No, alleiamoci con tua sorella. Il saponaro è uno sconosciuto.

Gennaro: E sia! (Le prende la mano e le fa fare una piroetta) Vogliamo appartarci un po’?

Pietra:      Assolutamente sì. (Si rattrista) Però mi dispiace un poco.

Gennaro: Per che cosa?

Pietra:      Per Felice. Sì, è vero, era zotico, antipatico, cretino e incapace. Però era pur

                  sempre un essere umano.

Gennaro: E già. Quello era sceso nello scantinato per trovare il tesoro. Però è sciuliato

                  ‘ncoppa a ‘nu paro ‘e lente, ‘nmiezo ‘e scale. Le aveva perse mia sorella Tiziana.

                  Accussì ‘a dinamite è gghiuta a fernì fora ‘o finestrone d’’o palazzo e è caduta

                  ‘int’’o tombino che steva apierto. Po’ è scuppiata pecché…

Pietra:      E basta! Aggio capito. Felice è muorto pecché ha pigliato ‘na brutta caduta.

Gennaro: No, nunè muorto pe’ chesto. Quando la dinamite è caduta giù, lui stava ancora

                  scivolando sugli occhiali. Così che ha fatto? E’ sceso giù, è andato nel tombino e

                  l’ha presa. Però deve aver pensato: “Uh, comm’è ‘o scuro ccà ddinto!”… e

                  l’avrà accesa. Tutto qua.

Pietra:      E ‘a polizia è venuta?

Gennaro: Sì. Il commissario mi ha fatto un paio di domande, mentre io cercavo l’album

                  fotografico e il ritratto di Massimo Sforzo. Però nun l’aggio truvate cchiù.

Pietra:      Capisco. Pace all’anima di Felice Della Morte. Allora vogliamo andare?

Gennaro: Nun veco ll’ora!

                  I due escono a sinistra, a passo di Tango. Walter e Ariel li guardano.

Ariel:        Come sono bellini!

Walter:    Adesso hanno fatto pace, così per un po’ non penseranno al tesoro. Bisogna

                  avvisare sir Massimo.

Ariel:            Il signor Massimo starà di certo in dolci atteggiamenti con señora Addolorata.

                      Da destra entrano proprio i due appena citati, litigando.

Addolorata: Tu si’ ‘nu guajo ‘e notte.

Massimo:     Tu si’ ‘na guaja ‘e notte e pure ‘e juorno!

Addolorata: E tu me vulìve fa’ fessa a me? Allora non hai mai capito a chi ti sei sposato!

Massimo:     E già, nun l’aggio capito.Io dovevo nascere nell’antica Roma.

Addolorata: Pecché, che succedeva ‘into all’antica Roma?

Massimo:     Dincello tu, Walter!

Walter:         Un tempo nell’antica Roma, i ricchi romani ripudiavano le donne e sposavano

                      mogli più giovani e più belle.

Massimo:     Ma mò nun se po’ ffa’ cchiù ‘sta cosa?

Addolorata: Cretino, tu sei uno spirito! Nun te puo’ spusà cchiù.

Massimo:     Embé, tu si’ ‘a condanna mia! (Si siede sul divanetto, imbronciato)

Addolorata: (Gli siede accanto, imbronciata) E tu si’ ‘a mia!

Ariel:            Ecco, finalmente hanno fatto pace.

Walter:         No, non hanno fatto pace. Stanno facendo soltanto silenzio!

                      Walter ed Ariel osservano i due, imbronciati, seduti sul divanetto.

2. [Detti e Felice]

                      Nel frattempo, in stanza entra Felice: si tocca il corpo e si guarda intorno.

Felice:          Nun aggio capito si songo ancora vivo, oppure no. 

Walter:        Oh, ecco il cameriere di mister Esposito.

Ariel:           Ah, benvenuto tra noi.

Felice:          Scusate, ma voi chi siete?

Ariel:           Io sono Ariel Bucato, la cameriera. E conosci Walter Closed?

Felice:          Comme, io ‘o pulezzo tutt’’e matine!

Ariel:           Che cosa?

Felice:          ‘O water closed!

Walter:        No, lei parla di Uolter* Closed, che sono io. Sono il cameriere. (Fa l’inchino)

Felice:          Ma allora ‘on Gennaro e ‘a signora Pietra m’hanne sostituito?

Ariel:           No, tu ora sei spirito come noi.

Felice:          Allora nun me songo sbagliato. Io non sono più vivo. Però che sensazione

                     strana passare da carne e ossa a spirito. E’ come essere sfiorato da quel vento

                     caldo che viene dal sud. Come si chiama? Il vento di sciroppo!

Walter:        Scirocco.

Felice:          Non fateci caso, io sono ancora confuso. Infatti vedo tutti i colori scombinati.

Walter:        Sei daltonìco?

Ariel:           Daltonico! E lascialo stare. Non lo vedi, poverino, che è ancora sotto shock?

Felice:          Comunque, io sono Felice Della Morte.

Walter:        Infatti è proprio confuso. Dice di esser felice d’esser morto!

Felice:          Siente, “Water Closed”, io aggio ditto comme me chiammo. Vabbuò? (Poi

                     nota seduti sul divanetto Massimo e Addolorata) E quelli chi sono?

Ariel:           La señora Addolorata e il señor Massimo Sforzo.

Felice:          Che? Ma allora è isso…? (Gli si inginocchia davanti) Signor Massimo Sforzo,

                     voi siete quello che tiene la faccia della mappa! Ogni parte della vostra faccia è

                     una stanza di questa casa. Per esempio, il vostro occhio è il gabinetto! Capite?

Massimo:     Néh, ma chisto chi cacchio è?

Walter:         Sir Massimo, non ricorda? Lui è il cameriere di mister Gennaro Esposito.

Massimo:     E che va truvanno ‘a me? Ha ditto che tengo ‘a faccia d’’a mappa, l’uocchio

                      d’’o gabinetto…!

Ariel:            Non ci fate caso, lui è ancora confuso, perché è morto da poco.

Addolorata: Ma a nuje che ce ne ‘mporta ‘e chisto? Adesso dobbiamo pensare al tesoro.

Felice:           Ma io ‘o ssaccio addò sta.

I quattro:     (Speranzosi, accerchiano tutti e quattro Felice) Veramente?

Felice:          (Si rialza, fiero) Sta abbascio ‘o scantinato!

I quattro:     (Delusi) Ma va fa’…!

Felice:           Ma pecché, nun ce sta cchiù?

Massimo:     (Prende sottobraccio Felice e i due gironzolano in stanza) Siente, comme te

                      chiamme tu?

Felice:           Felice Della Morte!

Massimo:     Ecco! Tu non sei più vivo, se no chiederei a Walter di metterti lo sgambetto!

Felice:          Ah, ma allora era isso? E io me l’aggio pigliata sempe cu’ ‘o pavimento!

Massimo:     Ascoltami bene, noi sappiamo benissimo che il tesoro sta nello scantinato. Ma

                      in quale parte dello scantinato si trova questo tesoro?

Felice:           E chesto nun ‘o ssaccio. Però sta indicato tutto sulla mappa. E io l’ho vista.

                      I quattro accerchiano di nuovo Felice, speranzosi.

I quattro:     E dove sta?

Felice:          ‘A mappa è scuppiata ‘nzieme ‘a dinamite!

I quattro:     (Delusi) Ma va fa’…!

Massimo:     (Dando un pizzico continuato sulla guancia di Felice) Felice Della Morte, tu

                      non ci devi dare le notizie che già sappiamo. O si no te faccio addiventà

                      overamente “felice della morte”!

Felice:          Aspettate, mi è venuta un’idea. Vi piace?

Massimo:     E ce ‘a vuo’ dicere primma?

Felice:          Ah, già. Signor Massimo, io ho scoperto il tesoro guardando il vostro ritratto

                      sotto sopra. Perché non vi mettete un momento a testa in giù?

Addolorata: E già, è ‘o vero. Va’, Massimo!

Massimo:     Sì, sì.

                      Massimo si mette sul divanetto a testa in giù e con le gambe sulla spalliera. I

                      quattro si avvicinano e gli osservano la faccia.

Addolorata: E allora?

Felice:           Vedo, vedo…!

Walter:         Io vedo solo bocca, naso e occhi.

Ariel:            E pure io.

Addolorata: Stàteve zitte, vuje. Lasciate parlare solo a lui.

Massimo:     Jamme bello, nun ce ‘a faccio cchiù a sta’ cu’ ‘a capa ‘a sotto!

Felice:          Un momento, io vi dico tutto, però poi voglio anch’io la mia parte.

Massimo:     E vabbuò. Però adesso leggi la mappa… cioè, la mia faccia.

Felice:          Dunque, il naso… il naso… signor Massimo, tenete il raffreddore!

Massimo:     Lassa perdere ‘o raffreddore. Che te dice ‘o naso mio?

Felice:          Sotto ‘o nasto vuosto ce sta ‘nu neo. Ho capito: il tesoro sta a centro stanza.

Massimo:     Benissimo! (Torna in piedi) Jamme a vedé subito.

Felice:          Un momento, vorrei vedere prima i miei ex titolari: ‘on Gennaro e sua moglie.

Alice:            Beh, io direi che non è il caso in este momiento. Sono in momento di intimità.

Walter:         E ho visto anche madame Tiziana che sta facendo amore con un uomo.  

Addolorata: Pure? (Maliziosa verso Massimo) Néh, ma io e tenun facìmme niente?

Massimo:     Ma che vvuo’ fa’? L’he’ ditto pure tu: noi siamo fantasmi! Perciò, jamme a

                      truvà ‘o tesoro, jamme!

                      Escono di casa dalla comune (al centro).

3. [Peppino e Tiziana. Poi Gennaro e Pietra. Infine, Eupremio]

                      Da destra entrano Tiziana e Peppino, mano nella mano, felici (e trasandati).

Tiziana:       Amore mio, oggi mi hai fatto sognare!

Peppino:      E pure tu a me!

Tiziana:       Io mi domando: ma com’è che non ci avevamo mai pensato prima? Perché?

Peppino:      Perché non ci siamo mai potuti vedere! E io ancora non ti posso vedere!

Tiziana:       A chi ‘o ddice! Io aggio perzo pure ‘e llente! 

Peppino:      Solo che però ‘o lettino tuojo è troppo stritto. Ogni volta che mi muovevo…

                      aggio fatto capa e muro!

Tiziana:       E io pure me facevo male. Ma che tieni addosso?

Peppino:      (Dal taschino della camicia estrae una lampadina)Uh, scusa! Tenevo ‘na

                      lampadina ‘int’’a sacca!

Tiziana:       E a che te serve?

Peppino:      Boh! (Dalla tasca dei pantaloni tira fuori una pinza) Tengo pure chesta!

Tiziana:       E a che te serve?

Peppino:      E io faccio ‘o sapunaro! Cara… cara… aspié, comme te chiamme?

Tiziana:       Tiziana.  

Peppino:      Ah, te chiamme Tiziana? Eppure ero convinto che tu te chiammave Filumena!

                     Ma nun è ch’aggio sbagliato casa?

Tiziana:       No, chesta è ‘a casa addò he’ visto ‘e fantasme!

Peppino:      Pe’ piacere, nun ‘a dicere cchiù chella parola!

Tiziana:       Quala parola? Casa?

Peppino:      No, chella aroppo.

Tiziana:       Fantasme? Embé? Senza i fantasmi, questa è una casa tranquilla e silenziosa.

                     Suonano alla porta insistentemente.

Peppino:      Tranquilla e silenziosa?! 

Tiziana:       Nun te prioccupà, nun songhe ‘e fantasme. Mò vaco a arapì.

                     Tiziana esce per il centro. Peppino, rimasto solo, si impressiona un po’.

Peppino:      Ma songo rimasto io sulo? (Tenta di sedersi sul divanetto, ma si siede a terra)

                     Comm’è tuosto, ‘o divanetto!

                     Dalla comune entrano, di corsa, Eupremio (con il ritratto di Massimo Sforzo

                     in mano), frenetico, e Tiziana.

Eupremio:  Tizià, Tizià…!

Tiziana:      Ch’è stato, Eupré?

Eupremio:  Aggio truvato ‘n’ata vota‘o ritratto ‘e Massimo Sforzo.Addò sta Gennaro?

Tiziana:      Ma nun ‘o ssaccio.

Eupremio:  Allora ‘o vaco a cercà subito. (Si avvia a sinistra, poi però torna da lei) Tizià,               

                     da questo momento ho bisogno di te!

                    Le fa l’occhiolino e poi esce a sinistra. Lei e Peppino restano sorpresi.

Tiziana:     Ave bisogno ‘e me? Ma si nun m’ha maje degnato nemmanco ‘e ‘nu sguardo!

Peppino:    (Offeso, si alza in piedi e va da lei) Aggio ‘ntiso tutto cose!

Tiziana:     Aspetta, Peppino, lascia che ti spieghi.

Peppino:    Nun ce sta niente ‘a spiegà. Da quando ti sei tolta gli occhiali, non sei più tu!

Tiziana:     Ma no, nun dicere accussì.

Peppino:    Zitta, nun parlà! Nun te voglio vedé cchiù… nun te voglio vedé cchiù!

                   Si avvia all’uscita al centro, tenendo le mani alzate per farsi strada. Esce via.

Tiziana:     (Interdetta)Ma io nun ce sto’ capenno cchiù niente! (Poi realizza)Eupremio ha

                   ditto ch’ave bisogno ‘e me! Primma che torna, m’aggia ì a mettere ‘o prufumo!

                   Esce via a destra, frettolosamente. Da sinistra, escono Gennaro e Pietra

                   (trasandati) ed Eupremio che li spinge da dietro.

Eupremio: Entrate subito, forza, forza!

Gennaro:   Eupré, ma che vaje truvanno? Io e Pietra stamme tantu bello a ffa’… a ffa’…!

Eupremio: Gennà, questo non è il momento.

Pietra:       Ma pecché, ‘o mumento l’he’ decidere tu? Gennà, turnammancenne dinto!

Gennaro:   E ‘o ddice pure?

Eupremio: No, no, ‘nu mumento, restate ccà. Aggio scoperto addò sta ‘o tesoro.

I due:         (Interessati) Overamente?

Gennaro:   Pietra, ma addò vuo’ ì? Nuje amma truvà ‘o tesoro! Và, Eupré, esprimiti!

Eupremio: (Posa il ritratto capovolto e illustra ai due) Dunque, questo è il ritratto di

                    Massimo Sforzo, che ho recuperato io.

Pietra:        Eupré, jamme a ce mòvere, jamme. Addò sta ‘stu tesoro?

Eupremio: Guardate la narice destra del naso di Massimo Sforzo: lì è il tesoro.

Gennaro:   E chisto fosse ‘o tesoro?

Eupremio: Eh!

Gennaro:   Ma è ‘nu tesoro spuorco!

Eupremio: Gennà, ma nun dicere scimmità. Ora ci vorrebbe solo tua sorella.

                   Silente, da destra, non notata, entra Tiziana, profumata e con stola di pelliccia.

Gennaro:   Eupré, e tu pienze a sòrema?

Eupremio: E per forza. C’è bisogno di lei. In questo progetto, lei è la più importante. E…

                   Si volta e la osserva. Lei gli fa l’occhiolino e lo guarda strizzando gli occhi e

                   sorridente. Eupremio bisbiglia qualcosa a Gennaro.

                   Gennà, che cacchio ha passato, sòreta?

Gennaro:   Ma no, niente. Uhé, Tizià, amma ì tutt’e quatte abbascio ‘o scantinato.

Tiziana:     (Maliziosa) Nun ce putìmme ì sulamente io e Eupremio?

Eupremio: No, Tizià… tesoro!

Gennaro:   Ma mò te miette a chiammà “tesoro” a mia sorella?

Eupremio: No, io dicevo: “tesoro”… ce sta ‘o tesoro!

Pietra:        Aspettate, primma ‘e scennere aggia fa’ ‘na cosa.

Gennaro:   E cioè?

Pietra:        M’aggia mettere ‘e scarpe decolté rosse!

Gennaro:   Ma che he’ fa’, ‘o defilé? Andiamo a prendere il necessario per scavare. Forza!

                   Eupremio prende per mano Tiziana, felice. I quattro escono a destra.

4. [Walter, Massimo, Addolorata, Ariel e Peppino. Poi Felice]

 

                   Dal centro, si vede tornare Peppino tirato per le braccia da Massimo e Walter,   

                       e spinto da dietro da Addolorata ed Ariel.

Peppino:       Chiano, chiano, chiano! Sentite, cari fantasmi, ma se po’ ssapé chi site?

Massimo:     Massimo Sforzo, da Monteruscello! 

Addolorata: Addolorata Ridente, da Montesanto!

Walter:         Walter Closed, Inghilterra, Monti Pennini

Ariel:            Ariel Bucato, Uruguay, Montevideo.

Peppino:       Io sono Peppino Virzo, da Montevergine! Ma che gghiate truvànno ‘a me?

Massimo:     Tu hai detto che riesci a vederci, a noi?  

Peppino:       L’aggio ditto, l’aggio ditto. Ma chi m’ha cecato, a me?

Walter:         No, ma lei non è cecato, è soltanto miope!

Peppino:       No, io dicevo: chi m’ha cecato a me ‘e dicere che ve riesco a vedé? 

Addolorata: Senti, poche storie. In questa casa ci sta un tesoro.

Peppino:       Ma io nun ‘o voglio.

Massimo:      Nuje invece ‘o vulìmme! Perciò, devi aiutarci a trovarlo.

Peppino:       O si no?

Massimo:      O si no nun te facìmme durmì cchiù ‘a notte!

Addolorata: (Fa segno a Massimo e a Walter) Aspettate, quello mò Peppino si convince.             

                      (Poi fa segno ad Ariel) Con le buone maniere si ottiene tutto! Lasciamolo

                      decidere in santa pace.

                      Massimo, Addolorata e Walter si mettono in disparte ed osservano Ariel

                      usare le sue arti femminili per convincere Peppino: gli carezza il viso.

Ariel:             Señor Peppino… anzi, Peppino… io non ti voglio influenzare, però c’è un

                      tesoro in questa casa.  

Peppino:      ‘O ssaccio!

Ariel:            (Sexy) E’ un peccato lasciarlo dov’è.(Gli fa l’occhiolino)Cosa ne pensi?

Peppino:      (Imbarazzato, evita di guardarla) Ehm… penso che oggi è una bella giornata!

Ariel:            Señor Peppino, ma perché non mi guardi? Non ti interesso?

Peppino:      (Non la guarda) Non mi interessi? Io te zumbasse ‘ncuoll… cioè… tu non mi

                      puoi interessare. Sei un fantasma.

Ariel:            Ma le donne fantasma sono più interessanti delle donne in carne ed ossa.

Peppino:      Sì, ma io vengo da una delusione amorosa.

Ariel:            Fresca?

Peppino:       Freschissima! Direi, gelata!

Ariel:            (Gli posa una mano sulla spalla) E allora, perché non ti vendichi? Ti aiuto io!

Peppino:      (In forte imbarazzo)Si me lieve ‘a mana ‘a coppa ‘a spalla, accetto!

Ariel:            (Agli altri) Avete sentito? Accetta!

                      Massimo, Addolorata e Walter tornano da lui e si congratulano.

Gli altri:       Bravo!

Peppino:       Grazie, grazie!

                      Dalla comune entra Felice, senza guardarli, si rivolge a loro.

Felice:           Néh, ate cunvitno a chillu fesso ‘e Peppino?

Massimo:     (Corre a zittirlo e se lo porta verso sinistra) Ehm… ma cosa dici? Fai silenzio.

Peppino:       (Ad Ariel) ‘Nu mumento, ma chillo ha ditto “chillu fesso ‘e Peppino”!

Ariel:            No, ma cosa dici? Hai capito male!

Addolorata: E già. Quello, Felice, è birichino. 

Walter:         Intatti, è terribìle!

Addolorata: (Lo corregge) Terribile!

Peppino:       Allora ho capito male?

Walter:         E sì. Sono cose che capitàno!

Massimo:     (Lo corregge) Càpitano! Ma se vo’ sta’ ‘nu poco zitto, chillo?

Felice:          (Indica Peppino) Vabbuò, ma mò penzàmme a chillu fesso!

Massimo:     E te staje zitto? Tu e Walter nun ata arapì ‘a vocca, pecché facìte sulo guaje!

Addolorata: Va bene, ma adesso ci mettiamo in cerca del tesoro. Felice, facci strada!

Peppino:      ‘Nu mumento, ma comme ha fatto Felice a trasì d’’a porta? Io nun aggio ‘ntiso

                      ‘e sunà ‘ocampaniello.

Walter:         E’ passato attraverso la porta. Noi lo facciamo sempre!

Massimo:      (Va da Peppino) Quando sei entrato prima dalla porta, te l’ho aperta io. Siamo

                      tutti degli spiriti, tranne te. Vieni, andiamo verso la gloria!

Peppino:       Embé, chi me sente ‘e parlà cu’ vuje, me pigliarrà pe’ pazzo! Jamme, jà!

                      Peppino, Addolorata e Ariel escono dalla comune. Massimo parla a Felice.            

Massimo:      Felì, tìarraccummàmnno: nun fa’ guaje, pecché te ciacco! He’ capito?

Felice:           Vabbé.

Massimo:      Bravo. E mò jamme pure nuje.

                       I due raggiungono gli altri.

5. [Gennaro, Eupremio, Pietra e Tiziana]

                       Da sinistra tornano Gennaro ed Eupremio: il primo ha una lista in mano, il  

                       secondo uno zaino aperto e vi guarda dentro. Li seguono Pietra e Tiziana.

Gennaro:      (Leggendo la lista) Dunque: chiavi dello scantinato!

Eupremio:    (Guarda nello zaino) Ce stanne!

Gennaro:      (Leggendo la lista) Piccozza! 

Eupremio:    (Guarda nello zaino) Ce sta!

Gennaro:      (Leggendo la lista) Paletta! 

Eupremio:    (Guarda nello zaino) Ce sta!

Gennaro:      (Leggendo la lista) Torcia elettrica!

Eupremio:    (Guarda nello zaino) Ce sta!

Gennaro:      (Leggendo la lista) Corde, moschettone e chiodi da roccia!

Eupremio:    (Guarda nello zaino) Ma ch’amma scalà, ‘na muntagna?!

Gennaro:      (Leggendo la lista) No, però possono servire. 

Eupremio:    (Guarda nello zaino) Comunque, ci stanno! Vai, leggi ancora.

Gennaro:      (Leggendo la lista) Mutanda di ricambio!

Eupremio:    (Guarda nello zaino) Ce sta. Ma a che serve?

Gennaro:      Tu nun te prioccupà. L’importante è che ce sta!

Eupremio:    N’aggio miso doje: una pe’ te, una pe’ me! Vai, leggi ancora.

Gennaro:      (Leggendo la lista) Merende per muratore!

Eupremio:    (Guarda nello zaino) Ce sta!

Gennaro:      Descrivile.

Eupremio:    Sfilatini con mozzarella, provola, ricotta, burro, tre formaggini e tre sottilette!

Gennaro:      E ‘o prusutto?

Eupremio:    No, ‘o prusutto porta sete!

Gennaro:      E l’acqua?

Eupremio:    Ce sta. Aggio purtato pure ‘a birra!

Gennaro:      Perfetto, bravo!

Eupremio:    Grazie!

Gennaro:      Prego!

Tiziana:        (Perplessa) Néh, Pietra, ma amma cercà ‘o tesoro o amma fa’ ‘nu picnic?

Pietra:          Ma chi ‘o ssape?

Eupremio:    E vabbé, che c’è di male? Mentre scaviamo, ci può venire un po’ di appetito.

Gennaro:      A proposito, ‘int’’o zaino ce sta ‘o ritratto ‘e Massimo Sforzo?

Eupremio:    E se capisce.

Pietra:          Ve l’ate purtato pe’ scaramanzia?

Gennaro:      No, chillo è ‘a mappa. Senza ‘o ritratto, nun se po’ ffa’ niente.

Tiziana:        Vabbuò, allora jammuncenne.

Pietra:          Aspettate, me vulésse accuncià ‘nu poco ‘e capille.

Gennaro:      ‘E capille?  

Pietra:          E pare brutto. Aésco d’’a casa cu’’e capille senza accuncià?

Gennaro:      Pietra, ma a chi vuo’ fa’ avutà ‘o stommeche? Nuje amma ì a scavà.     

Pietra:          E vabbuò. Nun fa niente.  

Tiziana:        Eupremio, allora è deciso: io me metto sotto ‘o ‘raccio tuojo!

Eupremio:    Ma forse l’he’ deciso tu! Io aggia penzà ‘o zaino cu’ tutta ‘a rrobba ‘a dinto.  

Gennaro:      Oh, e basta! Stamme perdenno troppo tiempo. Su, mettiamoci in marcia. La

                      gloria ci aspetta!   

Eupremio:    E chi è ‘sta Gloria?  

Gennaro:      Nun ‘a cunosco. 

Eupremio:    E allora comme saje che ce aspetta?  

Gennaro:      Forse l’ha chiammata Pietra!  

Pietra:           No, io nun aggio chiammato a nisciuno.

Gennaro:      Tizià, tu nun saje niente?  

Tiziana:        ‘A quanno aggio perzo ‘e llente, nun aggio telefonato cchiù a nisciuno!

Gennaro:      Vabbé, si vede che è qualche persona che sa del tesoro. Ma adesso andiamo,

                       la gloria ci aspetta! (Realizza) La gloria ci aspetta? (Guarda male Eupremio)

                       Eupré, la gloria sarebbe il tesoro. Nun ce sta nisciuna signora Gloria. 

Eupremio:    Ah, ecco. Allora soltanto noi quattro cerchiamo il tesoro?

Gennaro:      E certo. Noi rappresentiamo lo zoccolo duro.

Eupremio:    Ma pecché, esiste pure ‘o zuoccolo muollo?

Gennaro:      Basta, jammuncenne, o si no te lasso ccà e me ne vaco io sulo!  

                      Tiziana si mette sotto braccio a Pietra, così i quattro escono di casa. 

6. [Walter, Massimo, Addolorata, Ariel, Peppino e Felice]

                  

                      Walter, Massimo, Addolorata, Ariel e Peppino (ma non Felice) sono giunti

                      sotto lo scantinato (scena tra il pubblico).

Massimo:     Eccoci arrivati.

Addolorata: Mamma mia, ch’emozione!

Pasquale:     Mamma mia, che fieto!

Massimo:     Mamma mia, che sfacchinata!

Ariel:            Mamma mia, come sono felice!

Walter:         Mamma mia… basta!

Addolorata: Finalmente amme truvato ‘o tesoro.

Massimo:     Veramente, nun amme truvato ancora niente. Walter, caccia ‘a mappa, forza!

Walter:        Quale mappa? Noi non abbiamo mappa.

Massimo:     E allora mi serve uno che legge sulla mia faccia. (Chiama) Felice, addo staje?

Peppino:      Nun ce sta. S’è sperzo!

Ariel:            Lui era dietro di me. Lo so perché mi toccava il sedere.

Addolorata: Va bene, possiamo fare anche senza di lui. Chillo me sta pure antipatico!

Ariel:            E pure a me. Con la scusa che non ci vedeva al buio, mi toccava il di dietro.

Peppino:      (Finge dispiacere) Uh, scusami, ero io! Siccome ci vedo una schifezza, tenevo

                      le mani alzate e involontariamente ti urtavo. Ma io mi pensavo che era Felice!

Massimo:     Ma inzomma, v’ate pigliato ‘a conferenza cu’ ‘a cammarera mia? Le avete

                      messo le mani addosso? Solo io posso permettermi!

Addolorata: (Ironica) Sì, eh?!

Massimo:     Nel senso che Ariel è proprietà mia!

Addolorata: E’ meglio che penzamme ‘o tesoro!

Massimo:     Sì, ma comme facìmme senza ‘a mappa?

Walter:         Sir Massimo, si metta a testa in giù.

Massimo:     Ma che m’aggia mettere a ffa’ ‘e capriole?!

Walter:         No, metta solo la testa sottosopra.

Massimo:      Sulo ‘a capa? E mica m’’a pozzo svità?

Addolorata: (Seccata) Massimo, miétette pe’ terra. Jamme bello, jamme!

Massimo:     (Esegue, lamentandosi) ‘E che pacienza che ce vo’!

Addolorata: Jamme, Walter, liegge ‘a mappa… cioè, liegge ‘a faccia ‘e mio marito.

Massimo:     Aggio fatto ‘a faccia d’’a mappa!

Addolorata: Puozze passà ‘nu guajo, stattu zitto ‘nu poco!

Walter:        (Gli guarda il viso) Incredibìle!

Massimo:     (Lo corregge) Incredìbile! Jamme a ce mòvere. He’ liggiuto?

Walter:        (Legge) Vedo… vedo…

Peppino:      Sta leggenno ‘a palla ‘e vetro, chisto!

Walter:        Vedo che il punto esatto dove dobbiamo cercare è proprio questo.

Ariel:            Finalmente abbiamo trovato il tesoro!

Massimo:     (Torna in piedi) Aspiette, nun ghì ‘e pressa. Peppino, scava!

Peppino:      Io?

Massimo:     Tu si’ ll’unico essere umano ‘nmiezo a nuje?

Peppino:      Io scavo, però aroppo voglio ‘a parta mia. Fantasma avvisato, mezzo salvato!

                      Si faje ‘o furbo, io chiammo ‘e Ghostbusters! 

Massimo:     Va’, scava, scava!

Pappino:      (Cerca verso il pavimento e trova una botola da dove prende due mappe) Uh,

                      aggio truvato doje mappe ammappiciate!

Walter:        Amm… amm…?

Peppino:      Tu nun puo’ capì, Walter!

Massimo:     Doje mappe? (Le prende e le confronta) E mò qual è chella bona?

Addolorata: (Le osserva pure lei) Cretino, ma nun vide che so’ tale e quale?

Ariel:            Io ho un’idea: teniamo tutte e due le mappe.

Addolorata: (Ironica)Comm’è bellella ‘sta guagliona, tene ‘n’intelligenza mai vista!

Peppino:       Mò aggio capito pecché le toccano tutte quante ‘o popò!

Massimo:     Tu stai zitto!Mò tenìmme doje mappe e putìmme cercà ‘o tesoro. Va’, Peppì!

Peppino:      Io cerco, però aroppo voglio ‘a parta mia.

Massimo:     Ancora? ‘E che lagna che ssi’!

Addolorata: E gghiamme bello! Mettiamoci d’accordo.

                      I cinque si mettono sulla destra a confabulare.

7. [Gennaro, Pietra, Eupremio e Tiziana. Infine Felice]

                      Giungono anche Gennaro, Pietra, Eupremio e Tiziana.  

Gennaro:     Mamma mia, che fieto!

Pietra:          Mamma mia, che sfacchinata!

Tiziana:       Mamma mia, come sono felice!

Eupremio:   Mamma ‘e ll’Arco!

Gennaro:     Va’, Eupré. Cirche ‘e truvà ‘stu tesoro e jammuncenne!    

Eupremio:   E l’aggia truvà sulo io?!

Tiziana:       Ti aiuto io?              

Gennaro:     A chi?! Si te miette a cercà tu, jamme a fernì sotto terra, truvàmme ‘o petrolio!

Pietra:          Ma magari! Almeno truvàsseme coccosa ‘e buono.

Eupremio:   Pietra, e nun fa’ ‘a ciucciuvettola, una cosa. Adesso mi metto al lavoro. (Cerca

                      verso il pavimento e trova una botola da dove prende due mappe) Uh, aggio

                      truvato doje mappe!

Tiziana:       Allora vo’ dicere che ce stanne duje tesori?!             

Gennaro:     No, ma chelle so’ tale e quale?

Pietra:          Allora pure ‘o tesoro sarrà tale e quale?

Gennaro:     Ma tale e quale a che cosa?

Pietra:          Tale e quale ‘a mappa!

Gennaro:     Io nun te capisco proprio!Comunque, a ‘stu punto, mettìmmece all’opera.

Pietra:          No, mettìmmece primma d’accordo.

Eupremio:   Giusto.

                     Si mettono alla sinistra (del palco) a studiare la mappa. Entra al centro Felice.

Felice:          Néh, ma addò stanne tutte quante? Niente di meno, m’anne sperzo. Il problema

                      è che io non sono abituato a essere uno spirito. Non l’ho mai fatto. Io penso

                      che le persone, prima di morire, devono fare un corso accelerato di fantasma!

                      E specialmente per quelli che sono morti come me, con la dinamite. Beh, in

                      realtà, non tutti muoiono distrutti dalla dinamite! Io sono scoppiato comm’a  

                      ‘nu scemo: cu’ ‘a miccia ‘nmana! Perciò adesso si tratta solo di… (Nota

                      Gennaro e gli altri) Uh, ce stanne ‘on Gennaro e ‘a signora Pietra! (Va vicino  

                      a loro e li chiama) ‘On Gennà, signora Pietra! (Deluso) Niente, nun me ponno

                      vedé! Quelli già non mi potevano vedere da vivo, figuràmmece ‘a muorto!

Tiziana:        Gennà, Pietra, nun saccio comm’è… ma me pare ch’aggio sentuto a

                      coccheduno che ve sta chiammànno!             

Gennaro:      Tizià, ma chi vuo’ che ce chiamma ccà sotto?

Pietra:          Sarrà cocche spirito.

Gennaro:      Pietra, ma nun dicere scimmità.

Tiziana:        E invece sì, è ‘nu spirito.

Felice:           Songh’io, songhio!

Tiziana:        Ha ditto: “Songh’io, songh’io!”…

Gennaro:      Ma io chi? Nome e cognome!

Eupremio:    E codice fiscale!

Gennaro:      E codice fiscal… no, ‘o codice fiscale nun serve. Vai, Tiziana, domanda chi è.

Felice:           Sono Felice!

Tiziana:        Ha ditto ch’è Felice!

Gennaro:      Biato a isso ch’è felice! Ma comme se chiamma?   

Felice:           Felice Della Morte.

Tiziana:        Felice Della Morte.               

Pietra:           Uh, tale e quale all’ex cameriere nuosto!

Tiziana:        ‘A voce è ‘a soja!             

Gennaro:      Uh, Felice! Felì, viene vicino a nuje. Nun sierve a niente, ma vieni lo stesso!

Felice:           L’aggio sempe vuluto bene a ‘o Gennaro!

Pietra:           Ma che ha da venì a ffa’?

Felice:           L’aggio sempe schifata ‘a signora Pietra!   

Eupremio:    E forza, jamme, nuje amma truvà ‘o tesoro!

Felice:           L’aggio sempe evitato, a chisto. E aggio sempe fatto buono!

Tiziana:        E meglio che nun ve dico Felice che sta dicenno ‘e vuje!

Felice:           Chesta nun m’ha maje pututo vedé, a me! Néh, ca io sto’ venenno!

                      Gli altri confabulano e lui ascolta. 

8. [Walter, Massimo, Addolorata, Ariel, Peppino. Poi Gennaro e gli altri]

                      Mentre Gennaro, Pietra, Eupremio e Tiziana confabulano (Felice li ascolta),

                      dalla parte opposta, Walter, Massimo, Addolorata, Ariel e Peppino sciolgono

                      la loro riunione.

Addolorata: Allora, comincia la caccia. In marcia!

                      Si muovono (passano tra il pubblico) e riconoscono qualcuno.

Peppino:      Ma chi è tutta ‘sta gente?

Massimo:     Sono tutti spiriti. Qualcuno di questi, io lo conosco pure! (Guarda una donna)

                      Uhé, ccà ce sta ‘a signora Capasso! Ca…passo ‘nu guajo overamente! Signò,

                      nun ce vedìmme d’’o 1948! V’hanne menato ‘na bomba ‘ncapa! E’ ‘o vero?

Addolorata: Uh, ‘o cavalier Topo. Comme state, cavalié?!

Peppino:       Uh, io cunusccevo pure ‘a mugliera d’’o cavalier Topo: ‘a signora Zoccola!

Walter:         Hi, misterFish! How are you?!

Massimo:     Ma cu’ chi staje parlanno?

Walter:         Lui è un inglese come me! L’ingegnere nucleare Michael Fish!

Massimo:     Ma che staje dicenno? Chisto è ‘o fruttajuolo napulitano Michele Pesce!

Ariel:            Uh, como estas? Muy bien?

Addolorata: Ariel, cu’ chi staje parlanno? Cu’ ‘na spagnola?

Ariel:            Sì.   

Massimo:     Ma ‘a signora nun è spagnola, è d’’e quartiere spagnuole! Nun è ‘a stessa cosa.

Addolorata: Vabbuò, basta accussì. Stamme perdenno troppo tiempo. Che dice ‘a mappa?

Massimo:     Dice ch’amma fa’ diece passe a gghì annanzo.

Ariel:            Conto io?

Massimo:     Va’, va’, cunte, cunte!

                      I cinque avanzano e Ariel conta i passi.

Ariel:            Uno, dos, tres, cuatro, cinco…

Massimo:     Ma nun he’ cuntà in spagnolo. In italiano! Mò nun ce truvàmme cchiù.

Addolorata: Aspié, addò simme partute?

                      Mentre gli altri concertano sul da farsi, anche Gennaro, Tiziana, Pietra,

                    Eupremio e Felice decidono di muoversi.

Pietra:        E allora, che dice ‘a mappa?

Gennaro:   Dice: “Fare 10 passi di canguro”!

Felice:        10 passi di canguro? E che vvo’ dicere?

Tiziana:     Felice vo’ sapé che vvo’ dicere.

Eupremio: Vo’ dicere ch’amma zumpà diece vote… in avanti. Su, facciamolo.

                    I cinque eseguono. A portare il conto ci pensa Eupremio. 

                   Uno, doje, tre, quatto, cinche, sei, sette, otto, nove e diece!

Tiziana:     Uff, io m’aggio miso pure ‘e scarpe cu’o tacco. Menu male, ch’amme fernuto.

Gennaro:   Ma ch’amme fernuto? Ccà sta scritto che mò amma fa’ diece passe ‘e furmica!

Tiziana:     Pure? E comme se fanne?   

Pietra:        Ma che ce vo’? Mò t’’e faccio avvedé io. (Fa dei passi grandi) Uno, doje, tre,

                    quatte…

Gennaro:   (La interrompe) Sì, cinche, sei sette, otte…! Ma chiste nun so’ passe ‘e

                    furmica, so’ passe ‘e dinosauro! I passi di formica sono minuscoli. Vuoi

                    vederli? E mò t’’e faccio vedé io. (Così fa) Uno, due, tre, quattro… (Si ferma)

Eupremio: (Lo ha seguito e si è fermato pure lui) Ma che d’è, pecché t’he’ fermato?

Gennaro:   Nun m’arricordo aroppo ‘o quatte che vene!

Eupremio: Ma chi t’ha misa ‘a mappa ‘nmana?

Gennaro:   ‘Nisciuno. ‘A storia se chiamma “Caccia al tesoro in casa Esposito”!

Tiziana:     Vabbuò, jà, mò continuo a cuntà io. (Conta fuori ritmo) Cinche, sei, sette…

Eupremio: Tizià, staje cuntanno a casaccio!

Tiziana:     E io po’ nun ce veco buono.

Felice:        E allora conto io?

Tiziana:     Ha ditto Felice che vo’ cuntà isso.

Gennaro:   E chi ‘o sente? E’ meglio che cunte tu, Eupré. Simme arrivate a sette.

Eupremio: Otto, nove e dieci. E mò che ce sta cchiù?

Gennaro:   ‘A mappa dice: “50 passi di scemo”!

Eupremio: E comme se fanne?

Felice:        ‘E ssaccio fa’ io, ‘e ssaccio fa’ io!

Tiziana:     Felice ha ditto ch’’e ssape fa’ isso!

Gennaro:   Non avevo dubbi!

Pietra:       Felì, e gghiamme, ce vuo’ dicere comme se fanne?

Tiziana:     Felì, comme se fanne?

Felice:        Aggio ‘ntiso! Io so’ scemo, nun so’ surdo! Dunque, bisogna camminare facendo

                   le scimmità: movimenti senza senso, con la faccia degli scemi.

Tiziana:     Ate capito?

Eupremio: Si tu nun ce faje ‘a traduzione, comem facìmme a capì?

Tiziana:     Ha detto che bisogna camminare facendo le scimmità: movimenti senza senso,

                   con la faccia degli scemi.

Gennaro:   Allora è facile! Forza, mettiamoci in cammino. Chi porta ‘o cunto?

Eupremio: E’ meglio ch’’o porto io. Uno, due, tre, quattro…

                   Così i cinque camminano facendo movimenti senza senso. Intanto dalla parte

                   opposta, Walter, Massimo, Addolorata, Ariel e Peppino si sono organizzati.

Massimo:  Dunque, la mappa dice che dobbiamo fare “50 passi di scemo”!

Walter:     What does that mean?

Massimo:  Ma che “mean”* staje dicenno?                                                    *(“mean” si legge min)  

Walter:         Ho chiesto che vuol dire!

Addolorata: Vo’ dicere ch’amma fa’ 50 passe ‘e scieme!

Massimo:     Praticamente, he’ ditto ‘a stessa cosa ch’aggio ditto io. Peppì, comme se fanne

                      50 passe ‘e scieme?

Peppino:      Per fare 50 passi di scemo, bisogna camminare facendo le scimmità:

                      movimenti senza senso, con la faccia degli scemi.

Massimo:     He visto? Peppino ‘o ssape e tu no. Comme se spiega ‘stu fatto?

Ariel:            Ma devo fare pure io questa cosa?

Peppino:      Azz, accussì sculetti ‘nu poco!

Ariel:            Maleducato!

Massimo:     Bastaaaa! Facciamo i 50 passi di scemo. Sento che il tesoro si sta avvicinando.

Walter:        Conto io: uno, due, tre, quattro…

                     Walter conta e gli altri lo seguono.

Scena Ultima. [Gennaro, Pietra, Eupremio e Tiziana. Poi gli altri]

                      Ad un tratto, camminando coi passi di scemo, nel salone di casa Esposito

                      giungono Gennaro, Pietra, Eupremio e Tiziana (ma non Felice).

Eupremio:   Quarantasette, quarantotto, quarantanove e cinquanta! Simme arrivate.

Gennaro:     Ma… ma… ccà simme turnate ‘a casa mia.

Pietra:          E nuje amme fatto tutto chesto pe’ senza niente?

Tiziana:       (Si siede sul divanetto) Io tengo ‘e scarpe che me fanne male! 

Gennaro:     E Felice?

Tiziana:       Nun ‘o sento cchiù.

Eupremio:   Se sarrà sperzo. Nun ‘o da’ retta.

Pietra:          Io ve l’avevo detto: secondo me, sultanto ‘e fantasme sanne addò sta ‘o tesoro.

Gennaro:     Ma si tu he’ sempe ditto che nun ce cride ‘e fantasme!

Eupremio:   Confermo!

Gennaro:     (Fiero) Sapete che vi dico? Ora faccio così: muoio, parlo coi fantasmi e poi

                      risuscito un’altra volta, così vi dico che cosa mi hanno detto!

Eupremio:   Gennà, io te cunosco ‘a trent’anne. Ma nun m’ero mai reso conto ‘e quanto si’

                      scemo! (Gli urla in faccia) Comme faje a murì e a risuscità ‘n’ata vota?

Gennaro:     Vuo’ scummettere?

Eupremio:   Embé, sì, voglio scummettere ‘nu miliardo d’Euro!

Pietra:          Gennà, ma allora ave raggione Eupremio: si’ proprio scemo! Penzamme a

                      truvà ‘stu tesoro. Jamme, che dice cchiù ‘a mappa?

Gennaro:     Dice: “Se il tesoro vuoi trovare, sul quadro, accanto alla porta, devi cercare”!

                      Gennaro, Eupremio e Pietra si guardano in faccia, poi corrono dove indicato

                      dalla mappa. Tiziana resta sorpresa (li guarda strizzando gli occhi miopi)

Tiziana:        Ma che d’è ‘stu rummore? Che state facenno?

Gennaro:     No, niente, pienze a te!

Tiziana:        Mah! (E si rilassa) Ah, ‘e piede!

                      Mentre Gennaro, Pietra ed Eupremio fissano il quadro, da destra entrano 

                      Peppino (che conta), Walter, Massimo, Addolorata ed Ariel, camminando coi

                      passi di scemo e contando. Gli altri lo notano (Tiziana strizza gli occhi).

Peppino:      Quarantasetta, quarantotto, quarantanove e cinquanta! 

Gennaro:     Ma che vvo’ Peppino?

Eupremio:   Sta facenno pur’isso chello ch’amme fatto nuje: i passi di scemo!

Peppino:      (A Massimo e gli altri spiriti) Simme arrivate.

Massimo:     Ma chesta è ‘a casa mia!

Addolorata: Simme turnate ‘n’ata vota areto?

Peppino:       E vuje che vvulìte ‘a me? ‘Ncoppa ‘a mappa accussì ce sta scritto.

Pietra:          (A Gennaro ed Eupremio) Néh, ma cu’ chi sta parlanno, chillo?

I due:            Boh!

Gennaro:     (Va da Peppino) Néh, Peppì, ma cu’ chi staje parlanno?

Peppino:      Ssssssst, so’ concentrato!

Gennaro:     (Seccato) Ma io voglio sapé che staje cumbinanno dint’’a casa mia.

Peppino:      ‘A casa vosta? Questa è la casa del signor Massimo Sforzo che sta vicino a me.

Gennaro:     E tu ‘o vide?

Peppino:      Sì.

Gennaro:     Cu’ tutta ‘a miopia?

Peppino:      Cu’ tutta ‘a miopia.

Gennaro:     Famme vedé ‘nu poco! (Gli leva gli occhiali, li mette lui e si spaventa) Ahhhh!

Pietra:          Ch’è stato, Gennà?

Gennaro:     Nun ce veco cchiù!

Eupremio:   (Va da lui, glieli toglie) E pe’ forza, cretino! Chillo tene diece grade ‘e miopia!

Peppino:      (Mette di nuovo gli occhiali) Undici!

Eupremio:   Azz!

Massimo:     Peppì, nun perdere tiempo cu’ chisto.

Peppino:      Ma io nun voglio perdere tiempo cu’ ‘on Gennaro, è isso che me distrae!

Gennaro:     Peppì, dincello a Massimo Sforzo: pecché nun ‘o cercàmme tutte quante, ‘stu

                      tesoro. Ma mò è pure ‘na questione ‘e sfizio.

Peppino:      Signor Massimo…

Massimo:     Aggio ‘ntiso. Dincello che nun accetto.

Addolorata: Ma pecché, Massimo? In fondo, nuje nun appartenìmme cchiù ‘a vita. Pure se

                      troviamo il tesoro, che ce ne facciamo? Noi, presi dall’ingordigia, non ci

                      abbiamo pensato.

Massimo:      E se poi utilizzano male i nostri soldi?

Walter:         Mi scusi se intervengo, sir. Se loro usano male il tesoro, noi li terrorizziamo.

Addolorata: Ave raggione Walter.

Walter:         Grazie, miss.

Massimo:     (Guarda Ariel) L’amma fa’?

Ariel:            E lo domandate a me?

Gennaro:     Néh, Peppì, ma ìstu Massimo Sforzo s’è addurmuto?

Peppino:      No, sta decidenno.

Massimo:     E vabbuò, va’. Truvàmme ‘stu tesoro. Papà me l’ha lassato, ma nun me l’ha

                      maje fatto vedé. A ‘stu punto…!

Peppino:      Ha ditto che sì.

Gli altri:       (Esultanti) Aléééé!

Gennaro:     Noi stavamo leggendo su quel quadro antico delle istruzioni. Un momento

                      solo. (Va al quadro dov’era prima) Dice: “Se il tesoro vuoi trovare, sul ritratto

                      affisso al muro del bagno devi guardare”.

Eupremio:   Allora è chillu quadro lloco. (Lo indica) Jamme a vedé.

                      All’altro quadro, si avvicinano solo Gennaro, Eupremio, Peppino e Massimo.

Gennaro:   Chisto è ‘o quadro. (Lo prende e vi guarda dietro) Azz, ate capito?

Eupremio: Che ce sta scritto?

Gennaro:   (Legge) “Imbecilli, ho detto di guardare sul quadro, non dietro il quadro”! ‘O

                    quadro m’ha fatto ‘na cazziata!

Peppino:    E ave raggione. Aggiate pacienza!

Gennaro:   M’aggio pigliato ‘na cazziata pure ‘a Peppino!

Eupremio: (Lo rimprovera) E liegge! Pierde sempe tiempo, tu!

Gennaro:   (Legge sul davanti del ritratto) Eh, è ‘na parola. Ce sta ‘na scritta minuscola.

Peppino:    (Dal taschino della camicia prende una lente d’ingrandimento) Tié, liegge cu’

                    chesta. (Gliela cede) Però t’arraccummànno, aroppo dammélla ‘n’ata vota.

Gennaro:   (Legge con la lente) Qua ci sta scritto: “Stupidi, imbecilli, idioti…”!

Eupremio: Azz, accumminciàmme buono! E ppò che ddice cchiù?

Gennaro:   “Se cercate il vero tesoro, sappiate che il vero tesoro è la salute. Se cercate la

                    moneta, sappiate che la miglior moneta è l’affetto che si riceve e che si offre.

                    Se cercate la ricchezza, sappiate che la miglior ricchezza è la famiglia e la

                    stima del prossimo”. (Deluso) E che sso’ ‘sti scimmità?

Peppino:    E m’’e chiammate scimmità? ‘On Gennà, ‘stu messaggio è stato scritto durante

                   ‘a siconda guerra mondiale. E quelle che avete letto… la salute, l’affetto, la

                   famiglia e la stima… sono gli unici tesori che la gente di allora aveva bisogno.

                   E noi invece stavamo cercando il guadagno, la ricchezza, i soldi, la roba d’oro.

Eupremio: E già. Mettìteve scuorno.

Gennaro:   (Lo guarda male) Mettìmmece scuorno!

Eupremio: Nun ce sta problema, me metto scuorno pur’io!

                   Pian piano, gli altri vanno via e lasciano solo Gennaro al centro (col quadro).

Gennaro:   E già. (Ripone il quadroal muro, poi va al divanetto e vi si sdraia) La salute,

                    l’affetto, la famiglia e la stima. Però ce manca ‘na cosa: la pace. E addò sta?

                    Poco dopo, lo si sente russare.

                    BUIO, dopodiché LUCI… e dal centro entra Felice che si guarda intorno.

Felice:        Che stranu suonno m’aggio fatto stanotte: io ero muorto e stevo cercanno ‘nu

                    tesoro. Ma che scimmità. (Nota dormire Gennaro)‘On Gennaro dorme sempe.

                    (Va da lui e lo sveglia) ‘On Gennà, sveglia!

Gennaro:   (Si sveglia) Felì, ma che m’he’ scetato a ffa’? (Poi scatta in piedi) Tu? Ma…

                    ma… tu nun si’ muorto?

Felice:        Pure vuje? Sentite, mò ve vaco a priparà ‘nu bellu café, accussì ve scetate. (Si

                   avvia s sinistra, blaterando) La gente si sogna che io muoio. Cose ‘e pazze!

                   Esce via. Gennaro invece si siede al divanetto, sbadigliando.

Gennaro:  ‘E che suonno!

                   Da destra entrano Eupremio e Tiziana, mano nella mano.

Eupremio: Uhé, Gennà, finalmente te si’ scetato?

Gennaro:   Uhé, Eupré… (Nota i due mano nella mano) Uh, e ch’è succieso?

Tiziana:     Ch’è succieso?

Gennaro:   No, dico: pecché tu e isso state “mana nella mana”?

Tiziana:     Perché ci siamo fidanzati.

Eupremio: E sì, abbiamo pure deciso di sposarci presto. A proposito, Tizià, ma tu vieni al

                   nostro matrimonio?

Tiziana:     E se capisce che vengo!

Eupremio: Brava, mi fa piacere! Gennà, allora nuje ce ne jamme. Dopo vengo a cena qua.

Gennaro:     Pure? Ma tu si’ sicuro che ‘stu matrimonio dura assaje?

Eupremio:   Vogliamo scommettere?

Gennaro:     (Furbo) Voglio scommettere! Guarde che Tiziana nun sape cucenà.

Eupremio:   (Preoccupato) Ah!

Tiziana:        Ammore mio, jammuncenne. Cià, Gennà, ce vedìmme cchiù tarde.

                      Gennaro si alza in piedi, esultando braccia in alto.

Gennaro:      Comme me piace scummettere!(Si avvia verso sinistra, ma sul tavolo nota le              

                      foto di Massimo Sforzo) ‘Sti fotografie stanne ancora ccà? (Ride) ‘O tesoro!

                      Ma quali suonne me vaco facénno?

                      Squilla il cordless. Gennaro risponde.

                      Pronto!

Voce masch: Casa Esposito?

Gennaro:      Sì. Chi è?

Voce masch: Songo ‘a signora Cozzolino!

Gennaro:      Sentite, io questa volta non vi ho chiamata.

Voce masch: No, no, ma io questa volta vi volevo chiedere solo una cosa.

Gennaro:      E cioè?

Voce masch: Avete trovato il tesoro?

                      Gennaro rimane senza parole.

FINE DELLA COMMEDIA