Caprilli

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(Interno di una appartamento

CAPRILLI

di Gabriele Benucci

SCENA PRIMA

Interno di una stanza. Una cassa aperta, un letto, un attaccapanni. Poco distante un tavolino tondo e una sedia. A terra ci sono due stivali da fantino e, sull’attaccapanni, dei vestiti. Rumore alla porta della stanza. Qualcuno bussa con insistenza

Voce 1: Ghigo, Ghigo svegliati!... Ghigooo!

Voce 2 (Assonnato): Ma chi è?....

Voce 1: Ghigo sono io, Emanuele, svegliati! Sono le undici…

Voce 2: (Sempre assonnato): Emanuele?... Ma che vuoi… lasciami in pace….

Voce 1: Ghigo alzati!! Mezzo mondo qua fuori vuole incontrarti e tu dormi?!

Voce 2: E tu digli che non ci sono…

Voce 2: Ma che dici!... La contessa Biondi Santi smania di conoscerti, il marchese Ranieri ti vuole invitare a palazzo, persino il Re pare che abbia chiesto di Federico Caprilli... mi ascolti o no!!

Voce: Va bene, va bene, ti apro…. Non ti arrabbiare….

(C. apre la porta della stanza e si butta di nuovo sul letto. E. si precipita all’interno con in mano un pacchetto che poggia sul tavolino basso a lato della porta ed un pacco di giornali che continua a tenere in mano)

E: (Stupefatto) Ghigo! Ma che fai! Ma hai capito o no cosa ti ho detto!?

C: Si, si ho capito…. Il Re vuole conoscermi…

E: Ma ti rendi conto di cosa può significare per la tua carriera?

C: (Con atteggiamento annoiato)...no, cosa…

E: Promozioni, vita a corte!... (Sornione) E poi contessine, principesse, baronesse…

C: (Sempre dal suo letto, con tono fintamente serioso) Quelle no, sono gia sposate…

E: (Con scherno) Si, si… come se per te importasse qualcosa… (ride)

C: (Sedendosi sul letto con apparente risentimento) Certo che importa! (Poi ricade sul letto ridendo)

E: Dai Ghigo! Ma sai che sei diventato la star di Torino? I giornali!... Guarda! (mostrando il pacco di giornali che tiene in mano) Tutti i giornali ne scrivono… E sentissi la pompa con cui lo fanno! E intanto il passa parola sta portando la notizia ovunque. E così non c’è militare, fantino, cavaliere od amazzone che non ne parli.

C: (Da sotto le coperte) Parlano di che?

E: (Scoprendolo di colpo) E smetti… ma come di che?! Della tua impresa!

C: (Accoccolandosi e coprendosi gli occhi) E per questo mi svegli?…Di domenica…lo sai  che è l’unico giorno che mi concedo per riposarmi….

E: Si, lo so, lo so che sei un uomo tutto d’un pezzo!...quando non si tratta di fare la corte a qualche bella donna… (ride)

C: E falla finita… (Mettendosi a sedere sul letto e fingendo disinteresse) Piuttosto, che dicono i giornali?...

E: Testualmente?...

C: Ma che ne so… ma si, leggi, visto che li hai in mano!... (si ributta giù)

E: (In imbarazzo) Si, giusto… (Ne apre uno) Allora, dunque: il Corriere, giovedì 12 giugno 1902: <<Ieri, a conclusione del Concorso Ippico Internazionale di Torino, il capitano Federigo Caprilli, comandante del secondo squadrone del Genova Cavalleria, primo classificato tra i cavalieri italiani con un salto di 6,50 metri in estensione e per questo premiato dall’Imperatore di Germania con un vaso di ceramica dipinto,”

C: (Ironico) Non si è sprecato l’imperatore...

E: (Ridendo) E dai che mi fai perdere il filo... il Capitano Caprilli lanciò una sfida in singolar tenzone “cavalleresca” ad un non meglio identificato conte De XX, cavaliere francese di rango e rinomanza, proveniente dalla scuola di cavalleria di Saumur”… (interrompendo a chiosare) come se poi non si sapesse chi era il tuo avversario….

C: Eh, faceva troppo il presuntuoso...

E: “La sfida ebbe luogo sul campo stesso del concorso. Quale obiettivo fu scelto, con l’accordo di entrambi i partecipanti, il salto di maggior portata che uno dei due fosse riuscito a realizzare su di un totale di tre. Primo partente il Capitano Caprilli, in sella a Melopo, il cui salto iniziale, un metro e 76, fu deludente e per questo sottolineato dal disappunto del pubblico nel frattempo accorso per il passaparola”.

C: (Un po’ spaccone) Ci credo, l’ho fatto apposta a trattenere il cavallo!!

E: Come apposta!?

C: Ma si, dai!... (ironico) Volevo creare la suspense!... E poi, volevo aspettare che ci fosse quel borioso di Giovannini!

E: Ma chi? L’esperto?

C: Esatto! Gli volevo far rimangiare tutto quello che è andato dicendo in giro sul mio metodo. Così ora ha avuto quello che si meritava (Si alza e si avvicina alla finestra di spalle al pubblico prendendo un portasigarette d’argento dal tavolino) ... e che dice ancora il giornale?... (si accende una sigaretta)

E: “Partito al galoppo in sella a Foresight, il conte de XX seppe fare di meglio, raggiungendo il ragguardevole traguardo di un metro e 87. Ma ecco che quando tutto pareva ormai perduto, il Capitano Caprilli seppe farsi perdonare. Senza usare ne frusta ne morso e dimostrando tutta la validità del suo metodo “naturale” basato sulla ceduta di redini, egli superò di slancio due metri e otto centimetri stabilendo così il nuovo record mondiale di salto in altezza. Per questo a niente servì la seconda prova a disposizione del conte che, da vero cavaliere, accusò personalmente la sconfitta congratulandosi con il vittorioso Capitano planato oltre l’ostacolo da due metri e otto centimetri”

C: Diavolo se è vero!... (Assorto) Mi sembrava di volare… Sai Emanuele che per un attimo ho avuto l’impressione di poter essere io a decidere, di essere io a poter scegliere quanto restare lassù. Per un attimo, mentre ero in volo, le urla, i fischi, gli incitamenti, tutto è sparito. Tutto intorno a me era silenzio, ed era proprio quel silenzio a sostenermi, a darmi sempre più slancio sottraendomi alla forza di gravità. “Sottraendoci”… me e Melopo… ma d’altronde avevo l’impressione che fossimo uno solo in quel momento…

E: Sei il nuovo idolo della cavalleria Ghigo!

C: Ma non è quello che la gente pensa di me... L’importante è che tutti abbiano riconosciuto il valore della mio metodo. Un giornalista mi ha chiesto se ero felice per la vittoria. Sai che ho risposto?

E: Cosa?

C: Che certamente lo ero, ma che lo ero stato ancora di più quando riuscii a far saltare un metro e sessanta a Bagongo, a Modena, quattro anni fa.

E: Ma chi, quel piccolo maremmano che avevi comprato da un vetturino?

C: Esatto! Sono questi i cavalli per i quali sto lavorando: quelli maltrattati e costretti a galoppare e saltare in modo assolutamente innaturale... (Come riavendosi) Basta! Tanto anche questo non servirà a niente!

E: A niente?! Ma se è la dimostrazione che il tuo metodo funziona?

C: (Si volta, prende i vestiti sulla sedia e comincia a vestirsi con nervosismo) E tu credi che questo possa convincere i nostri “superiori”? Pensi veramente che accetteranno di farsi insegnare a cavalcare diversamente?

E: Ma la tua impresa prova che hai ragione.

C: Qui non è la ragione che comanda, sono i gradi… e gli anni di servizio. E chi ne ha di più decide cosa deve o non deve essere.

E: Senti Federico, tu hai codificato e messo alla prova una tecnica rivoluzionaria, una tecnica che si sta già affermando dentro e fuori dai nostri confini. Ti sei spaccato la schiena per anni a studiare ogni singola contrazione di ogni singolo muscolo dell’animale per capire COME, come si poteva farlo saltare più in alto e più agilmente senza infliggergli sofferenze. TU ci sei riuscito, TU sei il capostipite di una nuova cavalleria!

C: (Smettendo di vestirsi. In tono confidenziale) Caro Emanuele, da quanti anni ci conosciamo ormai…?

E: Tanti Ghigo, ma che centra questo?

C: Centra perché ora, più che mai mi rendo conto dell’affetto che nutri per me. Tu mi consideri un maestro, un innovatore. Vedi in me il futuro della cavalleria… Te ne ringrazio Emanuele, ma per l’affetto che anche io nutro per te non posso tacerti la verità.

E: Non capisco…

C: Noi viviamo un tempo che non ci appartiene già più. Il tempo della cavalleria, il tempo del corpo e dell’anima sta per finire. Il secolo appena iniziato è quello del ferro e del vapore, del moto meccanico, delle immagini in movimento, non più del moto naturale di un cavallo. Capisci cosa ti sto dicendo? Io, tu e quelli come noi, ci stiamo battendo per qualcosa che già non esiste più.

E:… (abbattuto)

C: … questo silenzio mi conferma che ne sei consapevole, anche se non vuoi ammetterlo apertamente come me. Non credere che io sia più coraggioso di te o di tutti quelli che ancora combattono per questa illusione. E’ solo che...

E: Che cosa?

C: (passando repentinamente dal serio al faceto) Niente! E’ solo che non ti devi abbattere! (gli dà una grossa pacca sulla spalla) Io non mi arrendo… (con tono ironicamente solenne) perché quale coraggio si mostra con maggiore splendore di quello che si esprime andando incontro a sconfitta certa?... Su su, riprenditi che ora ho voglia di vivere! (ricomincia a vestirsi)

E: Ora si che ti riconosco! (si alza e prende il pacchetto poggiato sulla sedia) E allora è venuto il momento di darti questo! (glielo mette in mano)

C: Ma che cos’è?

E: Aprilo!

C: (scarta il pacchetto e ne tira fuori una coppa. Legge quello che c’è scritto alla base) All’amico e maestro Federigo Caprilli in ricordo dell’impresa compiuta a Torino. Per aspera ad astra! Emanuele, Andrea, Carlo, Giorgio e tutti gli ufficiali del Genova Cavalleria… Grazie Emanuele… (lo abbraccia)

L’attendente bussa alla porta.

C: Si?

Voce: Signor Capitano una signora velata chiede di vederla.

C: (sorpreso)... Solo un attimo…

Voce: Agli ordini Signore

E: (ironico) Il tombeur de femmes torna in azione eh…?

C: (sottovoce) Sshh… Fa piano e vattene… (Carlo fa per uscire da dove era entrato) Non di lì, esci dal salotto!

E: (Si mette scherzosamente sull’attenti) Agli ordini Capitano!

Esce da un’altra parte. Federico, da solo in camera, finisce convulsamente di sistemarsi la camicia e la giacca d’ordinanza. Poi va ad aprire la porta d’ingresso alla stanza.

SCENA SECONDA

C: (fa cenno all’attendente fuori scena) Fa passare… e va pure a sbrigare le tue faccende in città. (Poi raggiante) Buongiorno!

Anna: Buongiorno campione! (Entrando gli lancia le braccia al collo e lo bacia)

C: Qual buon vento ti porta da me a quest’ora insolita?…

A: Vento? (si toglie il velo) Turbine, ciclone, uragano vorrai dire! Il tuo nome è ormai sulla bocca di tutti… (si toglie anche i guanti e si siede sul letto) Dio com’eri bello…

C: Ma allora c’eri anche tu?

A: Certo che c’ero! Credi che mi sarei fatta scappare il mio Caprillone alle prese con quel borioso del conte de Costantin? Ah già, ma ora non sei più Caprilli... sei “Il cavaliere volante”!

C: “Il cavaliere volante”?

A: Si, è così che ti hanno ribattezzato dopo quel salto…

C: Però… “Il cavaliere volante”…. Sai che non suona male?... E sai che non è stato prudente per te venire all’ippodromo?

A: Lo so, ma che vuoi fare, sono pazza di te! (lo tira verso di lei facendolo finire sdraiato accanto a sé)

C: Così pazza da venire persino qui! Qualcuno potrebbe scoprire…

A: Scoprire che sono innamorata di un cavaliere?

C: Di un cavaliere senza nobili natali...

A: Come se per me contasse qualcosa. E comunque ho fatto come mi hai ordinato: non hai visto che bella veletta ho comprato per dissimularmi?

C: Certo che l’ho vista. Ma io non posso accettare che dopo la felicità tu perda anche l’onore di fronte a questi cicisbei impomatati che ci scrutano ad ogni passo che facciamo. Credi che basti nascondersi dietro una veletta?

A: Basta per farmi essere qui, ora, ed è questa la cosa importante… (lo carezza) E’ solo tra le tue braccia che mi sento a casa. Stringimi, stringimi forte, prima che questo tempo finisca.

C: Certo, quello che vuoi. Sei così bella... (dopo un silenzio) Ma sappiamo entrambi che… (Anna gli chiude la bocca con la mano)

A: (sottovoce) Shhh, basta, basta, non dire altro, non rovinare questo momento. Conosco perfettamente la nostra situazione, ma non ora, ti prego, non ora…

Anna gli si butta tra le braccia. Si baciano.

Buio

SCENA TERZA

Dietro un fondale semitrasparente si vede l’ufficio del Generale Tambroni. Il Generale è seduto ad una scrivania di fronte alla quale si trova un’altra sedia. Accanto un attaccapanni. Legge dei fogli e fuma.

V: (si sente bussare)

T: Avanti!

Caprilli entra

C: Signor Generale... (saluta e resta sugli attenti)

T: (con tono apparentemente affabile) Oh, capitano Caprilli! Riposo, riposo...

C: Grazie Signore (resta in piedi con le mani dietro la schiena)

T: Allora Caprilli, abbiamo saputo delle sue gesta. Complimenti!

C: Grazie Signore

T: Non mi ringrazi, se lo merita. Si accomodi...(Gli indica una sedia di fronte allo scriittoio. Poi prende un porta sigarette, lo apre e ne offre a Caprilli) Sigaretta?

C: Grazie Signore (la prende)

T: (si alza in piedi e aggirando la scrivania si porta davanti a Caprilli per fargli accendere con dei cerini) Vede Capitano, niente può fare più onore al nostro esercito, e alla cavalleria in particolare, di imprese come quella che lei ha sostenuto a Torino. Il Paese ha bisogno di militari come lei: devoti al servizio, ligi al dovere, capaci di grande spirito di abnegazione… Tutto questo è lodevole!

C: Grazie Signore

T: (mentre parla comincia ad aggirarsi per la stanza guardando i quadri alle pareti, toccando distrattamente qualche oggetto ed avvicinandosi lentamente, sempre di più, a Caprili) No, no, se lo merita. D’altronde nessuno può negare la capacità dimostrata nel rendere mansueti animali intrattabili, di riuscire a montare cavalli a detta di tutti inavvicinabili fino a qualche giorno innanzi. E che dire dei progressi nell’equitazione di campagna? Salti e galoppate impensabili solo fino a qualche anno fa, ora sono routine giornaliera. Persino le reclute di leva adesso riescono con discreta facilità a… mi dica se conviene con me del termine che uso…”entrare in sintonia” con il cavallo.

C: Si Signore, è così.

T: “Entrare in sintonia”… E’ un termine che si confà al suo “Metodo naturale” non è d’accordo Capitano?

C: Si Signore, direi di si, se con questo si intende il rapporto di fiducia reciproca che si crea tra l’animale ed il cavaliere

T: Una fiducia che deve comunque ingenerare rispetto da parte del cavallo nei confronti del suo cavaliere, non è vero?

C: Certo, è comunque a questo che tende tutto il metodo. E’ stato messo a punto dopo anni di osservazioni e prove sul campo. Senza disgustarlo con tirate di redini che non fanno che provocargli dolore, il cavallo impara a seguire tutti gli ordini che gli vengano impartiti.

T: Ordini dice… Dunque anche il suo metodo necessita di disciplina, di ordini impartiti e di ordini eseguiti, proprio come nella gerarchia militare, la stessa a cui ci onoriamo di appartenere entrambi

C: Certo Signor Generale ma…

T: (interrompendolo) ma, comunque, sentir parlare di “sintonia” fa pensare, non me, badi bene, altri, altri suoi, e miei, superiori, a metodologie che esulano da una ferrea disciplina e da un necessario rigore militare. Ciò che fa temere che questo si riverberi in un atteggiamento di rapporti con i propri superiori in cui gli ordini non siano eseguiti in quanto tali e senza discutere, ma, come dire, solo se in “sintonia” con il sentire del sottoposto…

C: (Rabbuiatosi) Capisco Signor Generale. Queste sue affermazioni…

T: Ah, non mie, Caprilli, non mie… Altri sopra di me…

C: Si, certo, capisco (spegne innervosito la sigaretta nel portacenere sulla scrivania di Tambroni). “Altri” sopra di lei mi accusano e ritengono che l’aver ideato un metodo basato sulla fiducia tra cavallo e cavaliere anziché sulla coercizione e sulla sofferenza fisica dell’animale, influenzi negativamente anche la mia attitudine al comando, che insomma mi renda debole nei confronti dei sottoposti. Eppure basta venire al campo, Signore, un giorno qualsiasi, a caso e senza preavviso, per rendersi conto di quanto sia ridicola una tale accusa. E poi lei stesso, poco fa, ha lodato il mio attaccamento al dovere e alla Cavalleria. Perché quegli “altri” sopra di lei non hanno il coraggio di venire allo scoperto?

T: Caro Caprilli, lei sa bene che in questi casi…

C: Si, certo. In questi casi è il titolo di nascita che conta!

T: Non dico questo.

C: Ah no? Vuol negare che i progressi fatti dalla cavalleria italiana grazie ai miei studi non valgono la direzione della scuola? E negare anche che questa promozione non sia mai arrivata perché altri, dal sangue più nobile del mio, sono destinati, quasi come se fosse per diritto acquisito, a far carriera applicando un modo di cavalcare antiquato ed inutile per la moderna tattica militare?

T: Nessuno nega i suoi meriti Capitano.

C: (Amareggiato) Ma intanto chi è destinato a dirigere la scuola non sono io.

T: Mi spiace, Caprilli, che lei la prenda così.

C: Chiedo il permesso di andare Generale.

T: (in imbarazzo) Permesso accordato.

Caprili saluta ed esce.

Buio

Musica di transizione

SCENA QUARTA

Il sogno

Le luci di scena si abbassano. Si sente rumore di zoccoli e, in sottofondo, una musica rarefatta ma con un certo ritmo (Philip Glass). Contemporaneamente, su tutta la scena si proietta l’immagine di un animale al galoppo. Dietro il fondale semitrasparente si intravede una uomo su un cavallo di legno le cui zampe si muovono con un meccanismo azionato dall’attore. Il rumore di zoccoli si abbassa e si ode la voce di C.

C: Corri Melopo, corri. Fammi vedere cosa sai fare! Il nostro tempo è finito, ma non senza combattere. Salta e galoppa come ti ho insegnato. Fammi sentire il vento nei capelli e le lacrime agli occhi. Pianto? No, caro amico, non piango, lo sai. Ecco la siepe. Spicca il volo: ora. (Le zampe del cavallo si bloccano in posizione distesa. La voce passa da essere dal vivo a registrata.).

Così, così, come Pegaso. Plana e risali, sfiora la terra e rimbalza lontano. Fammi sentire l’odore dell’erba dei campi, quello del muschio dei boschi e poi su, nel cielo,… d’un balzo!

Tuffati ora! Non vedi il mare sotto di noi? Si, così, verso Atlantide. Aria? No, mio destriero, non abbiamo bisogno di aria noi due. Il mondo non ci appartiene e noi non gli apparteniamo. Galoppa come sai fare. Vedi là in fondo la reggia incantata di Poseidone? Un giro là intorno per rendergli omaggio e poi su, verso il sole ancora avvolto di mare.

Riemergi nella canicola estiva davanti a Livorno, per farmi sentire il profumo delle tamerici e quell’odore misto di alghe e salmastro che da bambino mi riempiva i polmoni. (riprende il movimento meccanico delle zampe del cavallo). Ecco, così, in mezzo ai pini ed ai lecci. Perché tutto questo? Per emulare il cavaliere supremo! Chi, mi domandi? Colui che sul fido Ronzino lottò persino contro i mulini per i suoi sogni, e pure sconfitto dal mondo reale si fece beffe di lui. Adesso rallenta e poi fermati Melopo (anche il movimento delle zampe del cavallo rallenta e cessa) Adesso respira e riposa...

Lentamente cala il buio, mentre la musica si prolunga ancora nella scena successiva.

SCENA QUINTA

Le luci si riaccendono sul letto dove si trova Anna. La musica finisce mentre la donna si sveglia e cerca C. con lo sguardo. Si alza assonnata e continua a guardarsi intorno finché C. non rientra in scena da una quinta.

A: Ma dove eri?

C: A prendere un po’ d’aria.

A: Come mai?

C: Ho fatto un sogno che mi ha svegliato e ora non riesco a riaddormentarmi.

A: Hai sognato di me?

C: No, ho sognato di me

A: Ebbene? E’ stato brutto?

C: Tutt’altro… Bellissimo... Eppure ho paura.

A: Paura? Di che?

C: Di quel che mi aspetta

A: Quel che ti aspetta è un avvenire di promozioni e riconoscimenti

C: Ti sbagli. E comunque non conta.

A: Cosa vuoi dire?

C: (Scuro e pensoso) Niente. E’ solo che mi domando perché tutto questo

A: Perché cosa?

C: Perché farmi intuire qualcosa di nuovo proprio quando tutto sta per finire (pausa) Sai che ieri ho visto un’automobile?

A: Si, anche io. Che cosa ridicola. (ironica) Sembra una carrozza senza cavalli, solo molto più lenta. E poi fa un rumore assordante e puzza di fumo.

C: (Innervosito) Eppure sarà per causa sua che ogni mio sforzo diventerà inutile (interrompendosi improvvisamente) Basta. Vado a svegliare i cavalli (spegne la sigaretta e comincia a vestirsi).

A: (Alzandosi dal letto come per fermarlo) Ma come, sono le tre del mattino?

C: Perdonami ma non ce la faccio

A: Non ce la fai?...

C: No, non ce la faccio a restare qui con le mani in mano mentre stanno conquistando ogni cosa

A: (Lo guarda attonita)

C: (Voltandosi verso di lei) Tu ancora non capisci! (Si avvicina e la prende per le spalle) Il loro rumore ormai mi accompagna dovunque e copre il pianto di questo mondo che muore

A: (impaurita) Ghigo calmati!

C: (lasciandola spaventato anche lui) Perdonami Anna. Devo andare. Perdonami

Esce. Buio.

Sul buio una musica prolungata deve suggerire il passare di un certo lasso di tempo.

SCENA SESTA

Al centro della scena Caprilli duella con Emanuele sotto un piazzato luci che circoscrive la zona di combattimento. Per qualche istante i due continuano ad affrontarsi. Poi Emanuele colpisce Federico che si piega su un ginocchio sfinito.

E: Touché!

C: (Ansimando) Bravo... Ce l’hai fatta...

E: (Anche lui con il fiatone, ironico) Il merito non è mio... è di tutte quelle sigarette che ti fumi...

C: Già, ma d’altronde cos’altro mi è rimasto?

E: Basta con queste sciocchezze!... Ma che ti succede?

C: (Scherzosamente) Succede che mi sono imbolsito, il fumo mi toglie il respiro e la schiena mi duole come se avessi preso una pugnalata...

E: (Gli si avvicina e l’aiuta a rimettersi in piedi) Smetti di scherzare. Puoi mentire con tutti ma non certo con me... Dopo che hai vinto a Torino due anni fa, invece di goderti il successo ti sei chiuso in te stesso... Neanche io riesco più a farti parlare... Perché non mi dici quello che ti succede?

C: (cercando di mantenere un tono ironico) Che vuoi che ti dica... Sto invecchiando...

E: (amareggiato) ... certo... (improvviso) Ma non vedi che ti sei isolato da tutto e da tutti! Stai allontanando perfino Anna... l’unica che tu abbia mai veramente amato... Reagisci accidenti, non è questo il Caprilli che conoscevo!

C: (con un tono altrettanto fermo) Ah si?! Allora si vede che neanche tu mi consoci bene! (pausa; poi cambiando tono) Scusami Emanuele, non volevo...

E: Lascia stare. So cosa stai passando. Ma nonostante tutti gli imbrogli di quelli delle alte sfere vedrai che ce la farai. Ne sono certo. Hai sempre più sostenitori, tra giovani e vecchi. E quando sarai tu a decidere qui alla scuola, più nessuno potrà impedirti di far digerire il tuo metodo persino allo stato maggiore!

C: Vedi che ho ragione: neanche tu mi conosci veramente. Credi che sia questo?...

E: (spazientito) Non lo so! Non lo so più: sei diventato così enigmatico che non so più cosa pensare...

C: (come seguendo il filo di un suo pensiero) Vuoi aiutarmi a fare testamento?

E: (spiazzato e furibondo) Ma che stai dicendo!!

C: (sarcastico) Calmati, non un vero testamento... Intendo dire che voglio mettere nero su bianco tutti i precetti del metodo... sai, per evitare che quando non ci sarò più per davvero nessuno possa modificarlo... (ironico) in peggio, voglio dire...

E: (rincuorato) Sei sempre il solito! Riesci a spiazzarmi ogni volta... e a spaventarmi, con le tue uscite. (rianimandosi) Ma questa mi sembra una grande idea! E una grande notizia. Già me lo immagino quello che si sentirà dire nei salotti; e sui giornali poi: il “cavaliere volante” scrive un trattato sul “metodo naturale”. E’ la notizia sportiva dell’anno!

C: Sono ormai quattro anni che ho cominciato a buttare giù appunti, pensieri sparsi e a raccogliere tutto quanto è stato pubblicato sul metodo...

G: Benissimo! Quando vuoi cominciare?

C: Aspetta, voglio sottoporti qualche passaggio... per vedere che effetto fa... Questo l’ho scritto quando sono stato ospite dell’accademia di Saumur: sai, in mezzo a quei boriosi di francesi mi ero stizzito e mi è venuto da scrivere! Aspetta... (cerca in una tasca della giacca d’ordinanza lasciata da una parte e ne tira fuori un bigliettino. Lo spiega) Ecco, ascolta questo: “Io credo che si debba tendere ad avere il cavallo quale è in natura con naturale equilibrio, con naturale posizione di testa, poiché, se vi è bisogno di qualche modificazione di equilibrio, è evidente come il cavallo la possa compiere da sé durante il lavoro, quando gli sia lasciata l’opportuna libertà. A queste idee fondamentali e costanti io credo debbano informarsi tutti i principi in fatto d’equitazione militare” (come impaziente di avere un giudizio) Che ne pensi?

E: Ottimo!... E chiaro come acqua di fonte!

C: Senti ancora questo (legge da una secondo foglietto che ha in mano) “Studiando il salto si ha la prova più evidente dei principi del metodo naturale. Il cavallo che durante il salto subisce uno strappone, o meglio, non riceve la ceduta per aria, prova un dolore alla bocca ed alle reni. Per evitarlo, o si rifiuta, o impara a saltare senza estensione del collo, facendo il cosi detto salto su quattro piedi o salto a campanile; oltre a ciò va all’ostacolo disorientato e con nessuna volontà, e pone ogni sua attenzione a cogliere il momento di piantarsi o di scartare; altra volta invece si butta sulla mano e si scaraventa disperato conto l’ostacolo” (alza gli occhi e guarda E. in attesa)

E.: Sintesi perfetta di quello che succede a tutti i nostri tronfi superiori e che con il tuo metodo non succederà mai!... Ma come posso aiutarti io?

C: Semplicemente ascoltandomi. Ho bisogno di un amico, il migliore, per avere un giudizio obiettivo di quello che scrivo. Ci stai?

E: (in imbarazzo) Hai qualche dubbio?

C: No, ma volevo sentirlo dalla tua bocca... (poi, come distratto da qualcosa che ha visto) Aspetta un attimo...

SCENA SETTIMA

Caprilli si allontana uscendo di quinta. Passa dietro lo schermo bianco semitrasparente sul fondo della scena. Emanuele lo accompagna con lo sguardo restando dall’altra parte. Si ode la voce di Caprilli mentre la luce sul palco si attenua e quella oltre il fondale si alza.

C: Bertone ascolti!

B: Agli ordini signor capitano!

Una silouette ferma sull’attenti si proietta sullo schermo accanto a quella di Caprilli.

C: L’ho osservata a lungo sa Bertone. Lei è un buon elemento, ma è sempre troppo rigido. Ha ancora troppa paura di cadere: è questo il problema. Ma non vi ho sempre insegnato che il cavallo scarta solo se si spaventa o se sente male?... Vede? Questo significa che lei non applica ancora le mie indicazioni come dovrebbe... (con voce amichevole e rassicurante) Tenga sempre a mente che è lei che deve adattarsi all’animale, non il contrario. Non lo forzi, cerchi di percepire come cambia il suo equilibrio mentre galoppa, faccia attenzione a quando un suo movimento gli provoca dolore, insomma: si senta tutt’uno con lui e vedrà che la sua paura svanirà come neve al sole... (pausa) Adesso vada pure a sbrigare quello che stava facendo e... rifletta!...

B: Grazie signor Capitano.

SCENA OTTAVA

La luce oltre il fondale semitrasparente si abbassa lentamente mentre torna ad alzarsi quella in scena. Caprilli rientra dalla stessa quinta da cui era uscito. Emanuele lo osserva un attimo in silenzio. Poi:

E: Non mi stancherò mai di ripeterlo: sei la persona che più riesce a stupirmi in assoluto...

C: Perché mi dici questo?

E: Perché una volta di più ho avuto conferma di ciò che ti distingue da tutti noi: la tua pazienza e la tua carica di umanità... sono disarmanti. Un altro istruttore al posto tuo avrebbe urlato ogni genere di improperi in faccia a quella recluta. E tu invece che fai? La rincuori e gli dici di rilassarsi...

C: Anche questo fa parte del metodo

E: No, questo è Caprilli

C: Grazie (ironico) Ma ora basta con queste smancerie: andiamo a cavalcare che anche tu hai bisogno di qualche ripetizione! (fa per uscire)

E: (lo trattiene) Aspetta... Devo dirti una cosa.

C: Dimmi

E: Beh, sai che non mi sono mai immischiato nelle tue faccende private, anche se le conosco bene... per l’amicizia che ci lega e la confidenza che abbiamo sempre avuto

C: Ebbene?

E: Ebbene, qualche spasimante tradito di una tua fiamma pare stia mettendo in giro alcune voci... per spaventarti, pare...

C: Non capisco

E: Beh, le tue conquiste parigine sembra che abbiano scatenato le ire di qualcuno...

C: (spaccone) Ah, capisco! Eh vabbè... che si metta in lista!... Andiamo fannullone!

E: (cerca di trattenerlo) No aspetta, Federico!

Escono

Buio

Musica di transizione

SCENA NONA

Caprilli è seduto al tavolo intento a scrivere. Anna entra senza farsi sentire e resta in piedi a guardarlo finche questi non si accorge di lei. Prima ha un sussulto poi, imbarazzato, cerca di mettere via la lettera

C: (si alza) Anna! Mi hai spaventato! Da quanto sei qui?

A: Dovresti chiedermi piuttosto PER quanto starò qui!

C: Hai deciso di andartene?

A: (dura) Sei TU che hai deciso di andartene e non stai lasciando solo me: è come se ti stessi congedando dal mondo intero!

C: (imbarazzato) Lo so, mi sono comportato male con te, ma...

A: (con rabbia) Ah ti prego! Non cercare di scusarti! Tutto ma non questo. Credi che siano i tuoi tradimenti a preoccuparmi? Per favore! Non mi sono mai illusa di essere la sola donna della tua vita. Ma so di essere la sola ad amarti e a preoccuparsi per te.

C: (avvicinandosi come per abbracciarla) Non hai da inquietarti...

A: (bloccando lo slancio di C.) Smettila! Non capisci che più cerchi di rassicurarmi e più mi fai del male? Hai smesso di fidarti di me: è così che mi tradisci veramente... e adesso mi tratti come un’estranea a cui vuoi far credere che tutto vada bene. Ma non puoi dimenticare cosa mi hai confidato: ti conosco meglio di chiunque altro io!

C: (riuscendo a raggiungerla e tenendola abbracciata) E’ vero... Ma non puoi aiutarmi: nessuno lo può. E’ come se mi aggirassi in un labirinto cercando una via d’uscita che non esiste e con la certezza che il costruttore sia qui, qui sopra, che se la ride sadicamente.

A: Ma non sei solo. Emanuele, i tuoi compagni, i tuoi allievi: basta che tu li guardi negli occhi per capire quanto affetto provino per te. (con tono dolce, carezzandolo) Dove è finito il Caprilli che mi ha fatto innamorare?

C: (lapidario) Il suo corpo è qui ma la sua anima è altrove

A: E tu falla tornare...

C: (lasciandosi cadere a sedere) Non ce la faccio...

A: (prendendogli il volto tra le mani) Guardami negli occhi: neanche io posso niente?

C: Anna.... Cos’è un uomo che ha già chiara e definitiva la consapevolezza dell’inutilità della propria vita? Un fantasma prigioniero di un mondo che non gli appartiene. E’ così che mi sento. E come i fantasmi è solo l’amore che mi tiene ancora qui...

A: Federico, così mi spaventi...

C: Non temere, quello che ora so mi rende più forte. (afferrando la spada e prendendo improvvisamente un tono scherzoso). Per questo io ti sfido! Fatti sotto tu, tu che giochi con gli uomini. Fatti sotto e combatti. Qual è il tuo nome? Fato? Destino? Dio?!... o caso?...

A: (sconcertata) Federico che dici?

C: (quasi allegro) Dico che mi piacerebbe vedere il mondo tra cent’anni per sapere che ne sarà di me e del mio metodo quando il rumore delle macchine avrà preso il posto di quello degli zoccoli. (ridendo) Ma d’altronde, chissà,... potrebbe anche essere tutto più bello...

Su quest’ultima parola C. abbraccia A. e la bacia appassionatamente. Poi:

C: Vedi che non devi inquietarti?

A: (guardandolo a lungo) Baciami ancora... (si baciano) Adesso devo andare. Mi aspettano a casa. Mio marito è rientrato dall’ultimo viaggio d’affari.

C: Va amore mio...

I due si guardano per un istante e poi A. parte.

SCENA DECIMA

C. resta per un attimo a guardare il punto da cui A. è uscita; poi si siede e riprende in mano il foglio dell’inizio. Le luci si abbassano, musica di sottofondo. Su tutta la scena e sul fondale si proiettano le parole scritte su un foglio. Si ode la sua voce registrata che legge il contenuto della lettera.

Mia dolce Anna,

un veleno circola nelle mie vene per il quale ormai non esiste più antidoto. Guardo questo mondo e non riesco a vederlo, ascolto questo nostro tempo e non riesco ad udirlo. Sono sospeso tra due realtà sul filo del tuo amore e so che se cadessi ti trascinerei giù con me.

Tutto quello che potevo consegnare a questo tempo l’ho dato. Mi è costato fatica e mortificazioni. Sono stato osteggiato e deriso da parte di chi, chiuso nella sua presunzione, pensa che niente si possa cambiare: neanche uno stupido regolamento di equitazione; e non si rende conto che tutto quello che ha intorno si sta sgretolando: come un castello di sabbia cotto dal sole.

Non mi sono tirato indietro quando ho capito che il mio agitarsi era vano; anzi: è allora che il mio sforzo è aumentato. Perché è allora che mi sono reso conto che l’inutilità rende immortali le cose: proprio come rende eterna un’opera d’arte. Questa consapevolezza mi fa sopravvivere e al tempo stesso mi atterrisce, mentre le cose reali si perdono, indistinte e ovattate come voci nella nebbia.

Ti amo, e proprio per questo dobbiamo lasciarci. So che se la mente non capisce, il cuore le viene in soccorso. So che mi ami e che per questo non mi cercherai ancora.

Tuo Federico

Mentre siamo a due terzi della lettera, C. lentamente si alza, la imbusta, prende la giacca da ufficiale dall’attaccapanni ed esce. Poi la voce registrata finisce la lettura e la musica di sottofondo termina.

Buio

SCENA UNDICESIMA

Dietro il fondale semitrasparente. La luce si riaccende mostrando Caprilli di spalle. Dall’altro lato entra in scena Emanuele con una valigia in mano.

E: Federico! (lo raggiunge e i due si abbracciano) Grazie di essere venuto a salutarmi (si guardano)

C: Credevi che ti avrei fatto andare via così, come se niente fosse?

E: No, certo... Ma ti assicuro che è stato un fulmine a ciel sereno anche per me. E’ per via della partecipazione della mia famiglia agli utili della società: un membro del consiglio di amministrazione è morto e mi hanno eletto vicepresidente. Ora non posso fare a meno di trasferirmi nella capitale per sostenere i nostri interessi presso il nuovo governo.

C: (sarcastico) Diventerai un magnate dell’alta finanza allora...

E: Lo so che cosa pensi.

C: Ah si? E cosa?

E: Che il tuo migliore amico ti sta tradendo.

C: (accendendosi una sigaretta) Ma no, non ti preoccupare... E’ giusto così e poi era inevitabile... E com’è che si chiama la società?

E: Fabbrica Italiana Automobili Torino.

C: (scandendo le iniziali) F.I.A.T. Fiat! (ironico) Sembra un imperativo latino: sia fatto! Ebbene... che sia fatto.

E: Sempre pronto a scherzare tu. Ma intanto ti lascio da solo. Proprio ora che avresti più bisogno di avermi qui. A Roma farò di tutto per sostenere la tua causa di fronte alle alte gerarchie. Ho delle entrature giuste ora e vedrai che presto...

C: Basta! Basta Emanuele... Non preoccuparti per me. Non morirò per non avere la direzione della scuola di cavalleria. Ormai ci ho messo una pietra sopra... a questo e a tante altre cose. Anche il trattato: ho deciso di non pubblicarlo. Anzi: è già cenere ormai...

E: No, questo no! Così tutti questi anni di sacrifici e di studio saranno stati sprecati!

C: (prendendolo per le spalle e guardandolo diritto negli occhi) Li avrò sprecati ugualmente Emanuele... Tu stesso sei la conferma di quello che ti ho sempre detto. Io non appartengo più a questo tempo: ma tu sì. (in sottofondo un rumore di treno a vapore) Tocca a te andare avanti, senza voltarti. (tornando ironico per un attimo) Non ti preoccupare: io sarò sempre qui ogni volta che sentirai il bisogno di cavalcare come Dio comanda! Ma ora ascolta il tuo richiamo! Non senti? E’ questa la musica su cui deve danzare il tuo cuore. A me lascia il piacere di farlo su quella di un cavallo al galoppo.

E: (dopo una pausa) Per la prima volta da quando ci conosciamo sono dispiaciuto di darti ragione. Neanche io volevo ammetterlo a me stesso, ma quello che dici è vero. Mi piacciono quei mostri a quattro ruote, mi piace il loro strepitare, l’ebbrezza di guidarli mi fa venire i brividi: è la loro anima artificiale ad attirarmi di più. Sono così lontani da tutto quello che è esistito finora su questa terra che ne sono affascinato! Possibile che scopra solo ora quanto siamo differenti tu ed io?

C: Non lo siamo affatto Emanuele! Entrambi siamo amanti appassionati: io di un prodigio naturale, tu di una perfetto prodotto dell’ingegno umano. Ma il fatto è che il cavallo è destinato a soccombere di fronte a quei... “mostri a quattro ruote”... (il rumore del treno aumenta) E adesso vai!... O quell’altro mostro ansimante laggiù ti lascerà a piedi...

E: Aspetta: una cosa ancora... Mi raccomando: prenditi cura di te stesso e guardati le spalle!

C: Guardarmi le spalle?

E: Quelle voci di cui ti dissi... non hanno smesso di circolare...

C: Ancora questa storia! Va, parti! E fatti onore laggiù a Roma...

I due si abbracciano e Emanuele parte. Caprilli resta in scena.

C: (a se stesso) Di me sarà quel che deve essere....

Le luci si abbassano, musica di sottofondo.

SCENA DODICESIMA

Dietro il fondale semitrasparente. Musica di sottofondo. Luci soffuse. Entra in scena il cavallo del “sogno” e Caprilli monta in sella.

La musica aumenta di volume mentre sullo schermo semitrasparente si proiettano varie foto di Caprilli a cavallo.

Ad un tratto si ode un colpo di pistola sul quale le immagini si interrompono improvvisamente. Le luci oltre il fondale si riaccendono di colpo: sul cavallo non c’è più nessuno.

SCENA TREDICESIMA

Interno della casa di Caprilli. Emanuele è vicino al tavolo dove si trova la coppa che aveva regalato all’amico. Ad un tratto entra Anna, non vista dall’uomo che le volta le spalle.

A: (dopo una pausa) Emanuele...

E: (voltandosi di scatto) Anna!...

Si vanno incontro e si abbracciano.

A: Sei tornato...

E: Solo per prendere le poche cose rimaste qui... Nessuno ci era più venuto da quando è successo, e al comando della scuola hanno chiesto a me di farlo

A: Lo so... Avevo chiesto al tenete Giubbilei di avvertirmi quando saresti tornato. E’ per questo che sono qui

E: Mi fa piacere rivederti, ma ti giuro che avrei preferito non entrare mai più in questa casa

A: Perché?...

E: Perché qua dentro tutto mi ricorda gli anni felici passati insieme a lui e in quello stesso momento ho la conferma che Federico se n’è andato: non riesco a sopportarlo (guardando la donna imbarazzato). Perdonami Anna, sono un egoista che dimentica di avere di fronte l’unica donna che lo abbia mai amato veramente...

A: (come rimproverandosi) Al punto da lasciarlo solo...

E: Che vuoi dire?

A: Che alcuni mesi prima dell’incidente mi spedì una lettera in cui mi chiedeva di interrompere il nostro rapporto.

E: Temevo che sarebbe successo. In un certo senso è quello che ha fatto anche con me. Da troppo tempo era come se fosse dilaniato dentro

A: Io l’ho fatto perché lo amavo

E: Lo so Anna e credo che sia stato così anche per lui: penso che abbia voluto allontanarti per proteggerti...

A: Proteggermi da cosa?

E: Da se stesso, forse; e dal baratro nel quale stava sprofondando.

A: (come rivedendo improvvisamente la scena della morte di Caprilli) Sono stata tra i primi ad accorrere. Ubertalli mi ha chiamata. Ero qui, dove sono ora, insieme con il medico e altri due ufficiali. Lui era lì sul letto con la testa fasciata. Il sangue che usciva dalla nuca macchiava le bende. Dio quanto sangue! Qualcuno nella stanza ha detto di aver udito un colpo quando è caduto.

E: Lo so... Ho cercato in tutti i modi di rintracciare i testimoni, ma niente...

A: Credi che lo abbiano ucciso?

E: Non lo so. Ma se fosse così chi lo ha voluto morto è riuscito a coprire bene tutte le tracce... (pausa) O forse è solo quello che doveva succedere.

A: Che vuoi dire?

E: Che forse era quello che voleva

A: Pensi che si sia suicidato?

E: No. Penso solo che a volte il destino si stanchi di prendersi gioco di noi e per cambiare decida di esaudirti... Credo che ormai si sentisse una specie di Don Chisciotte in lotta disperata contro i mulini a vento. Aveva ragione: l’era della cavalleria è terminata. Ma quello che non sapeva è che l’ultimo suo paladino si chiamava Federico Caprilli.

I due restano in scena. Le luci si abbassano lentamente mentre sullo sfondo semitrasparente compare un’ultima foto di Caprilli a cavallo, accompagnata da una musica di fondo. Poi tutto si spegne.

Buio.


NOTE DI SCRITTURA

Scrivere uno spettacolo su Federico Caprilli ha significato affrontare un personaggio sfaccettato e che per molti aspetti ci ricorda il Cyrano De Bergerac descritto da Rostand.

E proprio il drammaturgo francese in un suo verso afferma che l’epitaffio di ogni cavaliere dovrebbe essere Mort à cheval et au galop: ufficialmente il Capitano Federico Caprilli morì cadendo da un morello che andava al trotto.

Ma la “vulgata” sussurra molto altro sulla morte e sulla vita del livornese che “inventò” l’equitazione moderna.

Romanzesca fu, in effetti, la vita di del Cavaliere volante, tanto che dietro le biografie più o meno ufficiali restano celati amori passionali, figure di nobildonne, attrici e mariti traditi; ma anche storie di sfide olimpiche, di militari gelosi delle sue capacità e di promozioni negate. Fino al mistero più grande: quello che dal 1907 circonda la sua morte, avvenuta a Torino in circostanze mai del tutto chiarite.

Raccontare di Caprilli, dunque, significa muoversi tra fatti reali e voci mai confermate, tra certezze concrete ed ipotesi costruite a tavolino: ciò che ha reso ancora più stimolante un lavoro di scrittura drammaturgica che prende spunto da fatti concreti e personaggi realmente esistiti, per muovere ad una ricostruzione romanzata, ma del tutto plausibile, del carattere del personaggio e della sua vita.

Se questo sembra “tradire” quel che Caprilli fu, in realtà permette di far affiorare aspetti della sua personalità e del suo modo di essere che si affrancano dallo stereotipo di cui la sua immagine, da quasi un secolo, è rimasta prigioniera: quello del donnaiolo impenitente, dedito esclusivamente alla bella vita di corte alla quale fu introdotto dall’amico fraterno, il conte Emanuele di Bricherasio. Caprilli fu anche questo, ma non solo questo.

Ecco perché, piuttosto che procedere ad una rappresentazione della sua vita appiattita su questa unica dimensione, abbiamo preferito sfruttare tutto quanto è affiorato dalle nostre ricerche storico-documentarie per restituire un Caprilli sfaccettato: a partire dalle sue grandi capacità di innovatore della tecnica equestre e di istruttore, per arrivare a mostrarlo preda di quelli che, realisticamente, furono le sue paure, i suoi dubbi, le sue difficoltà di fronte ad un nuovo “metodo” di equitazione osteggiato dalle alte sfere militari; insomma, fino a cercare di mettere in scena non una semplice silhouette, ma un uomo a tutto tondo.

Fatto questo primo passo ci siamo spinti oltre.

Ciò di cui si arricchisce il carattere conferendogli quegli attributi di umanità che emergono dalle informazioni raccolte, ci ha spinto, infatti, a farne oltre che un personaggio reale, anche un personaggio esemplare.

Per approdare a questo ci siamo lasciati guidare più liberamente da suggestioni collegate all’epoca in cui egli visse: quella Belle Époque europea che, abbigliata dei tratti gentili ed eleganti della spensieratezza e del benessere borghese, già portava in seno i germi di quella crisi profonda che sfocerà nella Grande Guerra.

Una crisi che, prima ancora che economica, fu crisi delle coscienze: ed è proprio questa che si riverbera nell’immagine del Caprilli che abbiamo delineato nel nostro testo. Egli porta dentro di sé tutta la stridente contraddizione del passaggio dal modo vecchio, fatto di corpi fisici e frementi, a quello nuovo, fatto di metallo e di macchine.

Così Caprilli diventa specchio di quell’epoca di transizione che, perduti i propri punti di riferimento, finirà con il “suicidarsi” gettandosi nel baratro della guerra. Per lui, invece, l’unica via d’uscita diventa il distacco dalle persone e dal mondo; un distacco che si compie d’un balzo: quello che, in sogno, in sella al suo cavallo, lo porta a vincere la forza di gravità e spiccare il volo, forse verso quegli stessi Imperi della Luna e del Sole a cui il vero Cyrano De Bergerac immaginava di involarsi nei suoi racconti.

Gabriele Benucci