Carnevale mio m”o faccio a quaresima

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C A R N E V A L E M I O M ‘ ‘ O F A C C I O A Q U A R E S E M A

CARNEVALE MIO M’’O FACCIO A QUARESIMA

                                      (riceva a bonanema ‘e nononno)

                                                    commedia in due tempi di:

                                                                Patrizia De Cristofaro

 

PERSONAGGI

FERDINAMDO SORICE, 49 anni

'NDUNETTA, sua moglie, 43 anni

ELVIRA, loro figlia, 19 anni

FILOMENA, governante di casa Sorice, 74 anni

ANTONIO, 75 anni

NANNINA, sua sorella, 70 anni

PROFESSOR NARDIELLO, 32 anni

MARIANNA, sua moglie, 29 anni

MELIUCCIA, 26 anni

GENNARO,suo marito, 34 anni

MASSIMO, 9 anni

CHIARA, 7 anni                                             loro figli

SAMANTHA, 5 anni

MICHELE NERONI, 44 anni

ELISA, sorella della defunta, 38 anni

SIGNORI E SIGNORE CHE VANNO A FARE LE CONDOGLIANZE

SANDRO, amico di Elvira, 22 anni

BRIGADIERE DI P.S., 55 anni

PEPPINO, infermiere, 52 anni

NERONE, cane (non compare, abbaia soltanto)

                                   PRIMO TEMPO

Il sipario si apre sul cortile di un antico palazzo napoletano. Vi sono tre portoni, di cui uno più grande – quello centrale -, e due porte a vetri ai lati della scena. I tre portoni hanno ognuno una finestra sovrastante apribile dall’interno. Il portone centrale dà nella casa di Ferdinando Sorice; quello in primo piano a destra dà nella casa di Antonio e di sua sorella Nannina; infine quello in secondo piano, sempre a destra, dà nella casa dei coniugi Nardiello.

La porta in primo piano a sinistra è addobbata a lutto: infatti ha un drappo viola su uno dei vetri, sul quale è ben visibile un manifesto funebre (“Si è spenta prematuramente all’età di 40 anni la signora AMALIA GIOVINARDI in Neroni (‘a turrese). Ne danno il triste annunzio il marito Michele, la sorella Elisa e i parenti tutti. Le esequie muoveranno dalla parrocchia di S. Mario alle ore 15,30 del giorno 7 Febbraio c.a. Il presente vale come ringraziamento.”). La porta in secondo piano a sinistra dà nella casa di Meliuccia e di Gennaro.

Periodo carnevalesco.

Sono le otto del mattino.

A sipario ancora chiuso si sente, come proveniente da uno stereo regolato a volume medio di una delle abitazioni, l’introduzione della canzone “Tu si’ na cosa grande”. Il sipario si apre.

Mentre il brigadiere di P.S. entra dal fondo a sinistra, consulta un foglio di carta che ha in mano e va a leggere le targhette di fianco a ciascuna delle cinque abitazioni, Meliuccia dall’interno canta insieme al disco, anticipando sempre un poco ogni frase della canzone.

MELIUCCIA

Tu si’ na cosa grande pe’ mme

Na cosa ca me fa ‘nnammura’

Na cosa ca si tu guarde a mme

Me ne moro accussì

Guardanno a tte

Vurria sape’ na cosa da te

Pecchè quann’io te guardo accussì

Si pure tu te siente muri’

Nun m’’o ddice

E nun m’’o ffaie capi’

Ma pecchè

E dillo na vota sola

Si pure tu stai tremmanno

Dillo ca me vuoie bbene

Comm’io

Comm’io

Comm’io voglio bene a tte

Da questo punto in poi, fino al termine della canzone, praticamente, Meliuccia, mentre il brigadiere dirà la sua battuta, continuerà a cantare, però in sordina. In sottofondo

MELIUCCIA

Tu si’ na cosa grande pe’ mme

Na cosa ca tu stessa nun saie

Na cosa ca nun aggio avuto maie

Nu bbene accussì

Accussì grande

Accussì grande

Accussì grande

BRIGADIERE (quasi tra sé) ‘O palazzo è chisto, ma cca nisciuno se chiamma Cardone. Mah! (Suona il campanello del primo portone a destra)

Cessa la musica.

NANNINA (si affaccia alla finestra. E’ dura di udito. Gridando) Chi è?

BRIGADIERE Pubblica Sicurezza.

NANNINA (quasi tra sé) E mo stu bellommo che vvo’? ‘A schifezza? (Gridando) Ma vuie chi site? Che vulite?

BRIGADIERE Signo’, scusate, in questo palazzo abita un certo Vincenzo Cardone? 

NANNINA (c.s.) ‘O ccarbone?

BRIGADIERE (amaramente ironico, quasi tra sé) Eh, ‘o ccarbone… Avimm’ appiccia’ ‘o ffuoco. Ce vuleva pure ‘a vecchia sorda, stammatina!

NANNINA (c.s.) Io so’ nu poco sorda. Aspettate. (Chiude la finestra)

Durante la battuta che segue del brigadiere, 'Ndunetta si affaccerà alla finestra. Apparirà agitata e nervosa, guarderà nel cortile e richiuderà la finestra.

BRIGADIERE (alludendo a Nannina) Eh, nu poco??? Chella è sorda completamente!

NANNINA (entra dal primo portone a destra e si avvicina al brigadiere. C.s.) Mo ve vaco a chiamma’ a don Antonio. Povero fratu mio. E’ stato tutta ‘a nuttata a ffa’ cumpagnia a don Michele. Io nun ce pozzo penza’. Chella ‘onna Amalia ‘a turrese steve bella e bbona… Salute a vuie, aieressera a mezanotte meno venti avettemo ‘a nutizia r’’a disgrazia. (Esce per la prima porta a sinistra)

PEPPINO (entrando dal secondo portone a destra, si rivolge in fretta a Marianna la quale rimane sulla soglia, ma visibile al pubblico) Di nuovo. (Fa per uscire per il fondo a destra. Peppino ha una borsa da lavoro)

MARIANNA (fermandolo) Allora io la ricetta la porto al Centro.

PEPPINO D’accordo. Mi raccomando, fatela timbrare. (Allude alla ricetta)

MARIANNA Senz’altro. Arrivederci.

PEPPINO Arrivederci. (Fa per uscire di nuovo, mentre Marianna esce chiudendo il portone)

BRIGADIERE (attirando l’attenzione di Peppino) Dotto’, scusate.

PEPPINO (avvicinandosi al brigadiere) Dite a me?

BRIGADIERE Sì. Brigadiere di Pubblica Sicurezza. Vi volevo domandare una cosa.

PEPPINO Prego.

BRIGADIERE In questo palazzo abita un certo Vincenzo Cardone?

PEPPINO Non lo so, mi dispiace. Io so’ venuto solo a ffa’ nu prelievo ‘e sanghe ‘o professore Nardiello. (Indica  il secondo portone a destra. Intanto Nannina ed Antonio entrano dalla prima porta a sinistra e restano sulla soglia. Nannina con i gesti fa capire ad Antonio che il brigadiere lo desidera. Antonio rimane interdetto e con la mimica dice a sua sorella che è Peppino, che lui evidentemente conosce bene, che lo vuole; Nannina, sempre mimando, continua ad insistere nella sua tesi) So’ ccose ‘e pazze! ‘O professore tene trentadue anni e tene ‘o diabete a ddoie e vinte. (Continua  a parlare sottovoce col brigadiere)

ANTONIO (alterandosi) Nanni’, tu si’ rimbambita. Chi ‘o canosce a chillu signore? (Allude al brigadiere) Me vo’ ‘on Peppino.

NANNINA (gridando, infastidita) E va buono. Fa’ comme vuo’ tu. (Esce per la prima porta a sinistra)

Durante il dialogo che segue, 'Ndunetta, come prima, si affaccerà tre volte alla finestra.

ANTONIO (si avvicina ai due uomini. Cordiale) Don Peppino, buongiorno.

PEPPINO (con la stessa cordialità) Uè! Caro don Antonio!

ANTONIO Don Peppi’, scusate se vi ho fatto aspettare, ma “stevo” dentro da don Michele perché donn’Amalia è finita, salute a voi.

PEPPINO Eh, ho visto quando so’ venuto a fare il prelievo al professore Nardiello. Teneva quarant’anni, eh?

ANTONIO (triste) Proprio così. Parlando con la dovuta decenza, è stata “strincata” all’ “improviso” da un tumore “all’utro”. Dunque, in che cosa vi posso servire?

BRIGADIERE (dopo che Peppino è rimasto per un attimo disorientato) Scusate, voi siete il fratello di quella signora sor… di quella signora che abita là? (Indica  il primo portone a destra)

ANTONIO Sì, sono io. Mia sorella è signorina. Ma di che si tratta?

BRIGADIERE Allora vi volevo io. Brigadiere di Pubblica Sicurezza. Ho chiesto n’informazione a vostra sorella, ma non mi ha saputo dire niente.

ANTONIO E quella mia sorella è un poco dura “del dito”. Dite a me. A servirvi.

BRIGADIERE In questo palazzo abita Vincenzo Cardone?

ANTONIO (secco) No.

BRIGADIERE Sentite, io è ‘a stammatina che sto sbarianno. Stanotte verso ‘o Corso Novara c’è stata na sparatoria e nu giovane – nu bravu giovane -, stu Vincenzo Cardone, è stato ferito ‘e striscio. Mo sta ‘o Pronto Soccorso. E’ stato medicato e mo aspetta a quaccheruno ‘e famiglia che ‘o va a ppiglia’. Stu giovane nun sta ‘e casa a Napoli. Mi ha scritto delle indicazioni. (Mostra  il foglio di carta. In dubbio) Ma è chisto ‘o palazzo r’’o sorice?

ANTONIO Sissignore. Però qua non ci sta nessuno col nome che avete detto voi. Vedete? Qua (indica la prima porta a sinistra) abita don Michele Neroni con la moglie donn’Amalia ‘a turrese, che, salute a voi, è finita.

BRIGADIERE (facendo le corna di nascosto degli altri, quasi tra sé) E so’ ddoie!

ANTONIO (mostrando la seconda porta a sinistra) Là abita don Gennaro con donna Meliuccia. (Mostrando il portone centrale) Là abita don Ferdinando Sorice con la moglie, la figlia e Filomena, che sarebbe poi la “governanta”. (Mostrando il secondo portone a destra) Là abita il professore Nardiello con la moglie; e là (indica il primo portone a destra) ci abito io con mia sorella.

BRIGADIERE (sfiduciato) Eh… E mo che faccio? Chillu povero giovane sta ‘o Pronto Soccorso… (Ad Antonio) Ma non ci sta nessuno che si chiama Antonietta?

ANTONIO Sissignore. Donna 'Ndunetta, la moglie di don Ferdinando.

BRIGADIERE (tirando un sospiro di sollievo) Oh, finalmente! Allora questo Vincenzo Cardone deve essere il nipote di questa signora perché mi ha parlato di una certa zia Antonietta.

ANTONIO (sicuro del fatto suo) No. Io “canosco” la famiglia di don Ferdinando e la famiglia di donna 'Ndunetta e in “ambo” le famiglie nun ce sta nisciunu Cardone. Brigadie’, avete sbagliato palazzo.

PEPPINO Scusate, io devo scappare. (Guarda  l’orologio) So’ ll’otte e diece e aggia fa’ ancora tre prelievi. Buona giornata, don Anto’. (Al brigadiere) Arrivederci. (Esce in fretta per il fondo a destra)

ANTONIO Vi ripeto, avete sbagliato palazzo. Comunque, per qualunque cosa, io sto dentro da don Michele. Sono cose dell’altro mondo! Don Michele a quarantadue anni è rimasto “verolo”. Donn’Amalia ‘a turrese, salute…

ANTONIO e BRIGADIERE (all’unisono) … a voi, è finita.

BRIGADIERE (quasi tra sé) E so’ tre! Ih che allegria! (Ad Antonio) Va bene. Grazie.

Antonio esce per la prima porta a sinistra. Il brigadiere accende una sigaretta e inizia a passeggiare, meditabondo, per la scena.

'NDUNETTA (si affaccia alla finestra, guarda nel cortile, poi a denti stretti) E vire si chella disgraziata se retira!

FERDINANDO (dall’interno) 'Ndune', ‘a vuo’ ferni’ ‘e arapi’ e chiurere sta funesta? Cca fa friddo.

'NDUNETTA (verso l’interno, infastidita) Uh, Ferdina’! Figlieta, ‘a vi’?, nun s’è reterata ancora.

FERDINANDO (c.s., calmo) Embè? Aiere Elvira ‘o ddicette che ‘a festa ferneva tarde, no?

'NDUNETTA (c.s.) Ricette ca p’’e sseie steve ‘a casa, he’ capito? Mo so’ ll’otte e nu quarto.

FERDINANDO (c.s.) Nun te preoccupa’. Mo ‘a vire ‘e turna’. Avrà avuto nu contrattempo.

'NDUNETTA (c.s.) Eh, ‘o contrattempo ‘e chi t’è vvivo!

FERDINANDO (si affaccia alla finestra) Mo m’he’ scucciato, mo! (Tirando 'Ndunetta verso l’interno) Trase ‘a via ‘e rinto! Fa friddo. (Chiude la finestra)

MELIUCCIA (entra dalla seconda porta a sinistra. Trasandata, è in avanzato stato di gravidanza. Tiene per mano Chiara, la seconda dei suoi tre figli, pronta per andare a scuola. Gridando verso l’interno e rivolgendosi al cane, che ha cominciato ad abbaiare quando Meliuccia è entrata in scena) Nero’, statte zitto! (Quasi tra sé) Maronna! Stu cane allucca sempe! (Gridando verso l’interno) Massimuccio! Samantha!

BRIGADIERE (quasi tra sé) Che ha ritto, chella? Samenta in inglese?

MELIUCCIA Chiari’, Massimuccio che sta facenno?

CHIARA Mammà, non lo “saccio”.

MELIUCCIA (verso l’interno) Massimu’, muovete! E’ ttarde Samantha!

BRIGADIERE (c.s.) N’ata vota?!

MASSIMO (entrando dalla seconda porta a sinistra) Mammà, sto cca. Me stevo piglianno ‘e ffigurine.

MELIUCCIA E Samantha che sta facenno?

MASSIMO Sta piglianno a Barbi.

La piccola Samantha entra dalla seconda porta a sinistra. Ha tra le mani una bambolina tipo Barbie.

MELIUCCIA (dopo aver constatato che Samantha non ha il cappotto, sgarbata) Chest’ata nun s’ha pigliato manco ‘o cappotto. (Esce in fretta per la seconda porta a sinistra. Dall’interno) Nero’, statte zitto! (Il cane smetterà di abbaiare un poco prima che Meliuccia e i bambini escano di scena. Meliuccia rientra. Cercando di far indossare il cappotto a Samantha, sgarbata) A tte, miettete ‘o cappotto, fa’ ampressa.

SAMANTHA (piagnucolando) No, il cappotto non me lo voglio mettere.

MELIUCCIA (a Massimo e a Chiara) Vuie accuminciate a gghi’ vicino ‘o pulmino. (Massimo e Chiara escono per il fondo a destra) Stammatina facimmo n’ata storia! (Persuasiva) Iammo, Samantha, a mammà, miettete ‘o cappotto.

SAMANTHA (c.s.) No.

MELIUCCIA (sgarbata) E va buono, nun te mettere niente! (Avviandosi per uscire per il fondo a destra, trascinandosi Samantha) Cammina! Maronna! Quanno chesta adda i’ ‘a scola… ‘A vi’?! (A Samantha) Muovete! (Esce con Samantha)

Quasi contemporaneamente dal fondo a sinistra entrano Elvira e Sandro. I due ritornano da una festa in maschera. Elvira è vestita da Colombina, mentre Sandro è vestito da Arlecchino.

ELVIRA Sandro, lo sai che avevi proprio ragione? Quel bar fa dei cornetti meravigliosi.

SANDRO Hai visto? Senti, stamattina don Arturo non li ha fatti, ma certe mattine fa dei cornetti crema e cioccolata che sono la fine del mondo. (E continua a parlare a bassa voce con Elvira)

'NDUNETTA (si affaccia alla finestra, guarda nel cortile, poi contrariata) Ah, chella schifosa è turnata!

FERDINANDO (dall’interno) Lassa fa’ a Dio! Mo staie c’’o penziero tranquillo?

'NDUNETTA (verso l’interno, infastidita) Uh, Ferdina’! Sto a penziero tranquillo? Viene a vere’.

FERDINANDO (si affaccia e chiede incuriosito alla moglie) Bè?

'NDUNETTA Si’ addeventato pure cecato? Chella schifosa sta cu chillu giovene ca sturia cu essa.

FERDINANDO Embè? Aiere ssera nun ‘a venette a ppiglia’ isso? Che vulive, che ‘a guagliona mo se ne turnava essa sola?

'NDUNETTA (infastidita) Uh! Tu nun capisce maie niente! Chella schifosa è stata tutta ‘a nuttata cu chillu bellu mobile. Mo se l’adda spusa’.

FERDINANDO 'Ndune', insomma, famme capi’. Ma tu stammatina stisse ranno ‘e nummere? (Spingendola dolcemente verso l’interno) Viene, trasimmo rinto. Se l’adda spusa’… Ma a chi s’adda spusa’?

'NDUNETTA (dall’interno) A chill’atu bellu mobile schifuso!

FERDINANDO Giesù! (Alludendo a 'Ndunetta) Chesta o è scema o stammatina è asciuta pazza! (Chiude la finestra)

SANDRO Allora ci sentiamo sabato. Domenica Lina fa una festa a casa sua.

ELVIRA Sempre in maschera?

SANDRO Sì.

ELVIRA Io però non mi vesto da Colombina. Questo vestito è troppo scomodo. Mi vesto da punk.

SANDRO Okay. Ciao, bella.

ELVIRA Ciao, Sandro.

Sandro esce per il fondo a sinistra. Elvira si avvia verso il portone di casa sua.

MELIUCCIA (entra dal fondo a destra. Con esagerata ammirazione ad Elvira) Ma chi è sta bella pupatella?!

ELVIRA Uè! Ciao, Meliu’. (Vezzosa) Sono Colombina.

MELIUCCIA (rifacendola) “Sono Colombina”. Ma quanto si’ simpatica e cianciusella!

GENNARO (entra dalla seconda porta a sinistra. E’ un uomo viscido e volgare) Meliu’, ‘e ccriature so’ gghiute ‘a scola?

MELIUCCIA Sì, Genna’.

GENNARO (abbracciando Meliuccia, eccitato) E viene cu mme, sciasciona mia! Stammo nu poco core a core.

MELIUCCIA (infastidita) Uè! Ma tu pienze sempe a na cosa?

GENNARO (c.s.) Sempe, sempe, quanno veco a tte!

MELIUCCIA Va buono. Accummencia a gghi’ ‘a casa tu. Mo vengo. Sto parlanno, nun ‘o vvire?

GENNARO (avviandosi per uscire per la seconda porta a sinistra, c.s.) Fa’ ampressa. (Esce)

MELIUCCIA (amara) Elvi’, m’he’ crerere. A me me fosse piaciuto ‘e me diverti’, ma po’ a trirece anne canuscette a Gennaro ca m’ha cunzumata e m’ha distrutta.

ELVIRA (osservando lo stato di gravidanza di Meliuccia) Ma tu aspetti un altro bambino?

MELIUCCIA (c.s.) ‘Aspita! Tu mo te ne si’ addunata? Io fra nu mese aggia pure partori’. So’ incinta di “otti” mesi.

ELVIRA Auguri.

MELIUCCIA (c.s.) Eh, grazie. Elvi’, t’’o ggiuro ‘ncopp’’e figlie mieie, io nun è ca voglio asci’ ‘a for’’a grazia ‘e Dio, ma chist’atu figlio nun ce vuleva propeto.

ELVIRA Io non te lo volevo dire, ma scusa, tu nelle condizioni in cui vivi, metti al mondo un altro figlio?

MELIUCCIA (c.s.) E che aggia fa’, io? E’ capitato.

ELVIRA Ma non mi fare ridere, per piacere! Oggi certe cose non capitano più. Tu non usi niente?

MELIUCCIA (c.s.) Io che t’aggia ricere? Chillo Gennaro nun m’’o fa ausa’ ‘o pinnolo pe’ nun fa’ figli. Rice ca comme hanno fatto ‘e mamme noste accussì avimm’’a fa’ pure nuie. E po’ Gennaro vo’ n atu masculo. (Alludendo a suo marito) Chillo, si chisto (mostrando il pancione) nun è masculo, è capace ‘e me fa fa’ tanta figlie fino a quanno nun nasce ‘o masculo.

ELVIRA A proposito, nascerà un maschietto o una femminuccia?

MELIUCCIA (commiserando la ragazza) Quanto si’ bellella! Si nun nasce…

ELVIRA (lievemente ironica) Ah, già! Tu fai come hanno fatto le nostre mamme. Scommetto che quando sarà il momento, partorirai in casa. E’ così?

MELIUCCIA No, no, chesto no. ‘A verità propia, Massimuccio, Chiarina e Samantha so’ nnate int’’a casa; ma Gennaro ha saputo ca ‘a figlia r’’a cummara nosta ‘e fazzuletto è nata c’’a miningita e mo me fa i’ ‘o spitale. No, no, chillo Gennaro roppo ‘o fatto ch’è capitato ‘a cummara, vo’ essere sicuro r’’o fatto suio. Ogne mese me porta a vere’ add’’a dottoressa.

ELVIRA Embè, e la dottoressa non ti ha fatto l’ecografia?

MELIUCCIA ‘A verità propia, so’ io ch’’a chiammo “dottoressa”, ma chella è vammana. (Piccolissima pausa) Elvi’, scusa, tu he’ ritto: “La dottoressa non ti ha fatto…” Che m’avev’’a fa’?

ELVIRA L’ecografia.

MELIUCCIA (cadendo dalle nuvole) Uh, sì?! E che sarebbe st’ “erografia”?

ELVIRA E’ un’indagine per sapere in anticipo il sesso del nascituro.

MELIUCCIA (segnandosi, come se fare l’ecografia fosse un peccato gravissimo) Giesù, Giuseppe, Sant’Anna e Maria! No, no, p’’ammore ‘e Dio! Elvi’, chesti ccose ‘a vammana nun ‘e ffa.

GENNARO (dall’interno, eccitatissimo) Meliu’!!!

MELIUCCIA (gridando verso la seconda porta a sinistra) Sto venenno. (Avviandosi per uscire per la seconda porta a sinistra) Statte bbona, Elvi’. Io vaco, si no a maritemo l’aggia accirere sulamente. (Esce)

Filomena entra dal portone centrale e fa per uscire per il fondo a destra.

ELVIRA Buongiorno, Filome’.

FILOMENA (avvicinandosi ad Elvira. Parla in modo “azzeccoso”, alla Pupella Maggio, per intendersi) Uè, Elvi’! Buongiorno. Corri subito sopra. Tua madre sta come una diavola.

ELVIRA (incuriosita) Perché?

FILOMENA Eh, perché… Tu lo sai, io ti voglio bene, t’aggia vista ‘e nascere, t’aggio purtata ‘mbraccio…

ELVIRA (tagliando corto) Filome’, stringete.

FILOMENA Tu a me mi puoi dire la verità. Perché ti sei ritirata alle otto passate?

ELVIRA (semplice) Si è rotta la frizione della macchina e abbiamo perso un sacco di tempo.

FILOMENA Ah, eh… Io avevo penzato ca era succieso na cosa ‘e chesta. ‘Mbe’, io mo vaco a ffa’ ‘a spesa. Tu vai subito sopra. Quella tua madre ti vede e si calma.

ELVIRA Va bene.

Filomena esce per il fondo a destra. Elvira fa per suonare il campanello del portone centrale.

FERDINANDO (dall’interno) ‘Ndune’, me faie capi’ che vuo’ fa’?

'NDUNETTA (dall’interno, inviperita e gridando come un’isterica) No! Mo m’he’ ‘a fa’ fa’ a mme, mo! (Entra come una furia dal portone centrale, seguita da Ferdinando. Dando un forte schiaffo ad Elvira) Schifosa! Addo’ si’ stata fino ‘e ll’otte e nu quarto?

ELVIRA (massaggiandosi la guancia, azzarda) Mammà…

'NDUNETTA (gridando) E tu, roppo chello ch’ he’ fatto, tiene ancora ‘o curaggio ‘e me chiamma’ mammà? (Stiracchiando la parola) Svergognata!

ELVIRA (serena) Ma che ho fatto?

'NDUNETTA (c.s., con ironia) Uh, guardatela, guardatela! ‘A santarella! “Ma che ho fatto?” He’ fatto ‘a schifosa ca nun si’ ata! Chesto he’ fatto! Pe’ chesto pe’ gghi’ ‘a festa ‘e chell’ata schifosa comm’a tte te si’ vuluto fa’ ‘o vestito ‘e Colombina, eh? Pecchè si’ na culumbrina! (Brevissima pausa) Uè, vire comme t’’o ddico. Roppo chello ch’ he’ fatto, o te spuse a chillo (allude a Sandro) o io t’acciro. He’ capito?

Elvira rimane interdetta, non sapendo cosa dire.

FERDINANDO Elviru’, a papà, nun te preoccupa’. Tua madre sta facenno chesto ‘a stammatina. (A 'Ndunetta) ‘A vuo’ ferni’ ‘e allucca’? (Indicando la porta addobbata a lutto) Llà sta ‘o muorto, nun he’ visto?

'NDUNETTA (gridando) Nun me ne ‘mporta! Hann’’a sape’ tutte quante chesta quanto è na schifosa!

FERDINANDO (calmo) Ma almeno iammo ‘a casa.

'NDUNETTA (c.s.) Nossignore! Voglio sta’ cca.

FERDINANDO (autoritario) E allora si vuo’ sta’ cca, l’he’ ‘a ferni’ ‘e allucca’ e ‘e ricere fessarie!

Da questo punto entreranno in scena alla spicciolata, chi dal fondo a destra e chi da quello a sinistra, i signori e le signore che vanno a fare la condoglianze. Saranno una coppia di coniugi e due signorine anziane. Tutti i signori per qualche istante si metteranno in osservazione di 'Ndunetta che sbraita, quindi usciranno per la prima porta a sinistra. Per ultimo entrerà Don Mario, il prete, il quale, compunto, uscirà per la porta addobbata a lutto, incurante di ciò che succede nel cortile.

'NDUNETTA (più calma) Io rico ‘e fessarie, eh? Tu si’ nu fesso! (Alludendo a Sandro) Quanno chella faccia ‘e mammalucco accumminciae a veni’ a sturia’ cu chesta, io subbeto adduraie ‘o fieto ‘o miccio. Te ricuorde ca te ricette: “Ferdina’, a me stu giovene nun me piace.”? Te ricuorde?

FERDINANDO Eh, me ricordo. E me ricordo pure che io te rispunnette: “Ma che vaie penzanno?! Io a Sandro ‘o cunosco. E’ nu bravu guaglione.”. Ma famme capi’ stu fatto mo che c’entra.

'NDUNETTA (c.s.) He’ visto comme è stato nu bravu guaglione? (Allude a Sandro)

ELVIRA (con rabbia controllata) Mammà, ora ti spiego…

'NDUNETTA (c.s.) Ma che vuo’ spiega’?! Tu t’he’ ‘a sta sulamente zitta o si no te chiavo n atu buffettone!

FERDINANDO (autoritario) E falla parla’, a sta povera guagliona! (Calmo ad Elvira) Parla, a papà.

ELVIRA (a 'Ndunetta) Sai perché ho fatto tardi? Semplicemente perché si è rotta la frizione della macchina di Sandro e abbiamo perso tempo perché quel povero Sandro ha dovuto fare un sacco di cammino per trovare un meccanico aperto. Papà, erano le sei e mezza.

FERDINANDO E’ chiaro. (Alludendo a Sandro) Po’ l’ha truvato, nu meccanico, sì?

ELVIRA Per fortuna l’ha trovato. E mentre il meccanico ha aggiustato la frizione, si sono fatte quasi le sette e mezza. Siamo ripartiti, ci siamo andati a mangiare un cornetto e siamo tornati. Questo è tutto.

FERDINANDO (a 'Ndunetta) He’ visto? Stammatina pure Filomena te ll’ha ritto, che forse era succieso na cosa ‘e chesta e tu te si’ fatto veni’ ‘a pazzaria.

'NDUNETTA (non intende sentire ragioni. Ad Elvira c.s.) Eh, ‘o cornetto… ‘E ccorne ca tiene! Quanno he’ visto ca se steve facenno tarde, nun m’’o sapive fa’ nu colpo ‘e telefono pe’ me fa’ sta’ senza penziero, no?

ELVIRA Il cellulare di Sandro era scarico e per la strada non c’erano telefoni perché stavamo in una strada isolata.

'NDUNETTA (c.s., scandalizzata) Faccia mia! (A Ferdinando) Tu he’ ‘ntiso? ‘A strada isolata… (Ad Elvira) Ma tu te crerisse ‘e mettere ‘o scuorno int’ ‘a casa mia? T’è piaciuto? E mo te l’he’ ‘a spusa’! (Allude a Sandro)

FERDINANDO Chesta overamente è asciuta pazza! Secondo te, pe’ na strada isolata se va sulo pe’ fa’ chi sa che cosa. Evidentemente Sandro ha pigliato na scorciatoia pe’ fa’ cchiù ampressa. Che po’ ha fatto cchiù ttarde pecchè s’è scassata ‘a machina, è n atu discorso.

ELVIRA Infatti.

FERDINANDO (a 'Ndunetta) E po’, scusame, Enzo a chest’ora nun sta ancora fore?

Il brigadiere si fa attento.

ELVIRA Ma perché, Enzo non è ritornato?

FERDINANDO No.

'NDUNETTA (c.s.) Che c’azzecca! Enzo è ommo! (In crescendo) Chesta è na disgraziata, schifosa, svergognata! (Improvvisamente si sente mancare. Con un filo di voce) Ferdina’, aiutame. (E si accascia tra le braccia di Ferdinando)

FERDINANDO (amaramente ironico) Eh… Abbiamo concluso! (Allarmato e in fretta ad Elvira) Curre ‘ncoppa a piglia’ na seggia.

ELVIRA (avviandosi in fretta) Subito. (Esce per il portone centrale)

BRIGADIERE (si avvicina. A Ferdinando) Buongiorno. Posso essere utile?

FERDINANDO Grazie, molto gentile.

BRIGADIERE (a 'Ndunetta) Signo’, appoggiatevi pure a me. (E fa in modo che ‘Ntunetta si appoggi a Ferdinando e a lui)

PROFESSOR NARDIELLO (entra dal secondo portone a destra, seguito da Marianna. I due sono pronti per uscire. Il professore e sua moglie si avvicinano incuriositi al gruppo dei tre) Buongiorno. Don Ferdina’, che è successo?

FERDINANDO (superficiale) No, niente, professo’. Mia moglie ha avuto una crisi di nervi.

MARIANNA (a Ferdinando) Vado a prendere una sedia?

FERDINANDO No, grazie, non serve. Già è andata mia figlia sopra a prenderla.

MARIANNA Va bene. (A suo marito, premurosa) Per te è tardi, eh?

PROFESSOR NARDIELLO (consultando l’orologio) Bè… sì.

MARIANNA (c.s.) Non ti preoccupare. Avviati tu. Io aspetto che la signora si riprende, poi esco per conto mio.

PROFESSOR NARDIELLO D’accordo. Ciao. Don Ferdina’, tante cose e auguri per vostra moglie.

FERDINANDO Grazie. (Superficiale) Comunque, non vi preoccupate. Quella è cosa da niente. (Allude alla crisi di 'Ndunetta)

Il professor Nardiello esce per il fondo a sinistra.

ELVIRA (entra dal portone centrale con una sedia) Eccoci qua. Su, mammà, siediti. (Accorgendosi della presenza di altre persone) Buongiorno.

BRIGADIERE (mentre, con Ferdinando e con Marianna, aiuta 'Ndunetta a sedersi) Buongiorno, signori’.

MARIANNA (con la mente rivolta al caso di 'Ndunetta) Ciao, cara. ('Ndunetta si è seduta. Marianna le prende affettuosamente una mano)

BRIGADIERE (a Ferdinando) Scusate, mi rendo conto che mo è il momento meno opportuno, diciamo… però vi volevo domandare una cosa.

FERDINANDO Dite, dite.

BRIGADIERE Brigadiere di Pubblica Sicurezza. Prima ho sentito parlare di Enzo. Per combinazione si tratta di Vincenzo Cardone?

FERDINANDO Sì.

BRIGADIERE Ma è un vostro parente?

FERDINANDO E’ un nipote di mia moglie. (Preoccupato) Brigadie’, ma pecchè, quacche cosa?

BRIGADIERE Noo. Niente di grave. (E continua a parlare sottovoce con Ferdinando)

MARIANNA Signora, adesso come vi sentite? Meglio, è vero?

'NDUNETTA (con un filo di voce) Sì, sì, grazie.

MARIANNA Di niente, per carità. Sono cose che capitano.

'NDUNETTA (c.s.) M’avota nu poco ‘a capa.

MARIANNA Non vi preoccupate. Adesso vi passa subito. (Per  distrarla) Avete visto vostra figlia come è bella con questo vestito?

'NDUNETTA (facendo buon viso a cattivo gioco) Eh, sì, sì.

MARIANNA Elvira, sei andata al veglione, è vero? Ieri sera ti ho vista di sfuggita. Da che cos’è questo vestito?

ELVIRA Da Colombina.

FERDINANDO 'Ndune', he’ sentuto? Avimm’’a i’ ‘o Pronto Soccorso pecchè Enzo sta llà.

MARIANNA (allarmata e preoccupata) E’ successo qualcosa?

BRIGADIERE (pronto) No, niente di grave. Il nipote della signora (mostra 'Ndunetta) sta al Pronto Soccorso perché stanotte involontariamente è stato ferito di striscio. Ma mo sta bene e sta aspettando un familiare per ritornare a casa.

FERDINANDO (a 'Ndunetta) Iammo. Va’ ‘a casa e vatte a vesti’. Io pe’ tramente vaco a ppiglia’ ‘a machina e gghiammo ‘nzieme a ppiglia’ a Enzo.

'NDUNETTA (gridando) E vacce tu, si ce vuo’ i’! Io aggia sta’ cu chesta! (Mostra Elvira)

FERDINANDO Mo accummience n’ata vota?

MARIANNA Signora, non vi agitate, se no vi sentite male un’altra volta.

'NDUNETTA (c.s. a Marianna) Ma che nun m’aggia agita’! Primma vuie avite ritto ca chesta (mostra Elvira) teneva nu bellu vestito e io me sentevo ‘e frijere. Chesta è na disgraziata!

FERDINANDO (con rabbia) ‘A vuo’ ferni’? Avimm’’a fa’ ‘a sceneggiata? (Con  altro tono a Marianna) Scusate. Io non lo so, che è successo. Mia moglie sta facendo questo da stamattina.

MARIANNA Ma allora non si è trattata di una crisi passeggera?

ELVIRA E no. Mammà sta facendo questo da stamattina perché, siccome si è rotta la frizione della macchina di Sandro, abbiamo perso un sacco di tempo e io sono tornata alle otto.

MARIANNA Questo è tutto? Signora, voi dovete pensare che questi sono contrattempi che possono capitare. (Scherzosa) Su, non vi agitate più. Che diavolo! Adesso è carnevale.

'NDUNETTA (c.s.) Signo’, carnevale mio m’’o faccio a quaresema, riceva ‘a bonanema ‘e nononno! (Ad Elvira in crescendo) Disgraziata! Schifosa! Svergognata! Depravata! (Reclina di botto la testa all’indietro. Elvira e Marianna, pronte, si adoperano per farla rinvenire)

FERDINANDO (sospirando, al brigadiere) Abbiate pazienza.

BRIGADIERE Non vi preoccupate. Fate i fatti vostri.

FERDINANDO (ansioso alle donne, in particolare ad Elvira, alludendo a sua moglie) S’è ripigliata?

ELVIRA Non ancora, papà.

MARIANNA Ci vorrebbe un poco di aceto. Io a casa non ce l’ho perché a me non piace e a mio marito fa male, se no immediatamente andavo a prenderlo.

FERDINANDO (ad Elvira) Vallo a pppiglia’ ‘ncoppa. (Naturalmente allude all’aceto)

ELVIRA Papà, è finito. Mi ricordo che ieri a pranzo finì e mammà disse a Filomena che stamattina lo doveva comprare.

FERDINANDO (deluso) Ah… Mo si aspettammo che Filomena torna, se fa stasera. (Non si perde d’animo) Va buo’. Mo veco si ne tene na butteglia ‘onna Nannina. (E comincia a suonare con insistenza il campanello del primo portone a destra. Vede che il brigadiere intanto si è avviato verso la casa di Meliuccia e di Gennaro) Brigadie’, ve ne andate?

BRIGADIERE No, voglio vere’ si ‘a signora ‘a tenesse essa, na butteglia ‘acito. (Fa per suonare il campanello)

FERDINANDO (fermandolo) No, no, nun perdite tiempo.

BRIGADIERE Pecchè, nun ce sta nisciuno?

FERDINANDO Sì, ce stanno, ma nun arapeno a nisciuno. Chille Gennaro e Meliuccia chello che s’avess’a fa’ ‘a sera, ‘o ffanno ‘a matina.

FRIGADIERE (sincero) Non ho capito.

FERDINANDO Nun fa niente. Nun perdite tiempo. (Amaro, quasi tra sé) Eh, chesta, ‘onna Nannina è pure sorda… (Gridando) ‘Onna Nanni’, arapite! So’ io, ‘on Ferdinando!

ELISA (entra dalla prima porta a sinistra con Don Mario. Con cadenza dei paesi vesuviani) Grazie, Don Ma’, grazie.

DON MARIO Coraggio. Ci vuole pazienza.

ELISA Mia sorella aveva fatto la cura e si era ripresa bene.(Si asciuga una lacrima)

 DON MARIO (allargando le braccia) Il Signore così ha voluto. Coraggio, figliola. Arrivederci.

ELISA Arrivederci. E di nuovo grazie. (Il prete esce per il fondo a sinistra. Vedendo che Elvira e Marianna sono vicino a 'Ndunetta e che Ferdinando e il brigadiere parlano tra loro, Elisa chiede) Don Ferdina’, che è stato?

FERDINANDO (evasivo) No, niente. (Salutando  e baciando Elisa) Sentite condoglianze.

ELISA Grazie. Ma vostra moglie non si sente bene?

FERDINANDO (mentendo in parte) Sì, mia moglie non si sente bene, ma adesso già sta meglio.

MARIANNA (si stacca da 'Ndunetta) Don Ferdinando, scusate, ma certe cose si devono prendere di petto. (Ad Elisa) La signora Antonietta è svenuta. Per caso avete un poco di aceto?

ELISA Come no. Mo lo vado a pigliare subito. (Fa per uscire di corsa per la porta addobbata a lutto)

FERDINANDO (fermandola) No, no, non v’incomodate. Pare brutto…

ELISA (pratica) Eh, che fa? Volete vedere che mo per un poco di aceto, domani invece di un funerale, ne dobbiamo fare due? No, no. Per l’amor di Dio! (Esce come un fulmine per rientrare subito dopo con una bottiglia di aceto, seguita dai signori e dalle signore che vanno a fare le condoglianze, nonché da Nannina e da Antonio, tutti allarmati dall’agitazione di Elisa. La sorella della defunta si avvicina a 'Ndunetta e le fa annusare l’aceto)

UNA SIGNORA Ma ch’è stato?

UN SIGNORE Non ho capito.

UNA SIGNORINA (rivolgendosi ad Elisa) No, signo’, no. E voi non dovete fare così.

UN'ALTRA SIGNORINA (all’amica, alludendo ad Elisa) Puvurella! Chello è stato comme si avesse avuto na mazzata. Tu ce pienze? Te more na sora giovene giovene…

UNA SIGNORINA (sospirando) Eh… come no…

NANNINA Anto’, io nun aggio capito niente. Ma ch’è succieso, neh?

ANTONIO (evasivo) Niente, niente.

NANNINA Ma ‘onn’Elisa ch’adda fa’ c’’a butteglia ‘acito? S’’a vo’ vevere tutta quanta?

ANTONIO (infastidito) E statte nu mumento zitta! (Ad un signore) Scusate, che è successo?

UN SIGNORE (allargando le braccia) Mah! Non lo so.

UNA SIGNORA Signora Elisa, fatevi coraggio, su. Lo so. Il dolore è stato forte, ma voi dovete reagire.

UNA SIGNORINA Certo. Vedrete, il Signore vi darà tanta di quella forza, ma tanta di quella forza che voi non potete nemmeno immaginare.

BRIGADIERE E per piacere! Smettetela di gridare!

ANTONIO No, sapete qual è il discorso? E’ ca noi abbiamo visto “alla” signora Elisa “di” correre qua fuori e allora ci siamo preoccupati.

BRIGADIERE E perché, scusate.

ANTONIO Brigadie’, parliamoci chiaro. Quella la signora Elisa ha passato tutta la nottata a “chiagnere”.

BRIGADIERE E allora?

ANTONIO (alludendo ad Elisa) Quella sta “isaurita”, è capace ca commette una sciocchezza.

BRIGADIERE No, non vi preoccupate. La signora Elisa sta bene. E’ la signora Antonietta che si è sentita male.

ANTONIO (cade dalle nuvole) Uh! Voi che dite? Mi dispiace. (E comincia a passarsi la voce con i signori e le signore che vanno a fare le condoglianze)

MARIANNA (ansiosa ad Elisa, alludendo a 'Ndunetta) Come sta?

ELISA (in un sospiro) Niente ancora.

MICHELE (entra dalla porta addobbata a lutto. Si guarda intorno, poi chiede ad Antonio) Scusate, sapete mia cognata dov’è andata?

ANTONIO Sissignore, don Miche’. Vostra cognata sta vicino a donna 'Ndunetta. Che ci volete fare? I guai non vengono mai soli, mai! Quello il diavolo è “scartellato”. Quella donna 'Ndunetta si è “ ‘ntisa” male.

MICHELE (allarmato) Veramente? (Si avvicina a 'Ndunetta e le stringe forte, con infinito affetto, una mano. Dolcissimo) Antonietta? Uè, Antonie’.

'NDUNETTA (con un filo di voce) Chi è?

Gli altri, con parole a piacere, commentano tra loro, sottovoce, il fatto che 'Ndunetta si sta riprendendo. Filomena entra dal fondo a destra. Ha in mano delle buste piene.

MICHELE (c.s.) So’ io, Michele.

FILOMENA (più che allarmata, quasi piangendo) ‘Onna ‘Ndune’, nun me facite mettere appaura, facitelo pe’ carità! Ch’è stato?

MICHELE Niente, non vi preoccupate. La signora non si è sentita bene, ma ora va meglio. (Ammiccante a 'Ndunetta) E’ vero?

'NDUNETTA Sì, grazie.

ELISA Miche’, allora io posso andare dentro? Che dici?

MICHELE Sì, stai tranquilla. Sto io qua.

I signori e le signore che vanno a fare le condoglianze salutano Michele ed Elisa, quindi escono, chi per il fondo a sinistra e chi per quello a destra. Elisa, seguita da Antonio e da Nannina, esce per la porta addobbata a lutto.

MARIANNA Adesso me ne vado io pure perché per me si è fatto veramente tardi. Signora, tante belle cose. (Un po’ a tutti, ma in particolare a 'Ndunetta) Arrivederci.

'NDUNETTA Arrivederci.

Gli altri fanno eco al saluto. Marianna esce in fretta per il fondo a sinistra.

FERDINANDO Brigadie’, voi state con la macchina?

BRIGADIERE Sì.

FERDINANDO Allora, se non vi dispiace, io mo vengo con voi, andiamo al Pronto Soccorso a pigliare a mio nipote, e poi mi accompagnate di nuovo qua.

BRIGADIERE Come no, a disposizione.

FERDINANDO (col tono di chi non possa pensarci) Miche’, ce vulive tu pe’ fa’ ripiglia’ a mia moglie. So’ mortificato. Proprio ogge che…Scusame. Io nun saccio comme t'aggia ringrazia'.

MICHELE (tagliando corto) Statte buono.

FERDINANDO (al brigadiere) Possiamo andare. (Ed esce col brigadiere per il fondo a sinistra)

ELVIRA Mammà, io vado sopra. Filome’, venite.

Le due donne escono per il portone centrale.

MICHELE (scherzoso) Antonie’, allora? Che è successo? E tu comme faie chesto? Ti senti male così, da un momento all’altro?

‘NDUNETTA (confidenziale) Miche’, ‘o fatto è ca aiere Elvira è gghiuta a nu veglione ‘e carnevale cu Sandro, he’ capito? Mo Elvira m’ha ritto ca, mentre turnaveno, Sandro ha pigliato na strada isolata pe’ fa’ cchiù ampressa. Ma io nun ce crero.

MICHELE E pecchè?

‘NDUNETTA (c.s.) Iammo! Secondo te, nu guaglione, ca sta sulo int’ ‘a machina cu na guagliona, ‘e notte, piglia na strada isolata pe’ fa’ cchiù ampressa? Iammo! Nun ce pigliammo in giro.

MICHELE Ma pecchè, nun è possibile, secondo te?

‘NDUNETTA (dopo un attimo di riflessione) Sì, po’ essere pure, ma… è difficile. Secondo me, mo Elvira e Sandro s’hann’’a spusa’.

MICHELE (per accontentare ‘Ndunetta) E questo è tutto? Non ti preoccupare: ci penso io.

‘NDUNETTA (meravigliata) Tu dici veramente? Ce pienze tu?

MICHELE (c.s.) Stai tranquilla.

FILOMENA (si affaccia alla finestra e chiama) ‘Onna ‘Ndune’.

‘NDUNETTA (verso la finestra) Filome’, che vulite?

FILOMENA Ce aggia mettere ‘o ppoco ‘e pepe ‘ncoppa ‘o ruoto ‘e crapetto?

‘NDUNETTA (c.s.) Aspettate. Mo vengo io.

FILOMENA Va bene. (Chiude la finestra)

‘NDUNETTA Allora pe’ chillu fatto ce pienze tu?

MICHELE (c.s.) Non ti preoccupare.

                                          Fine del primo tempo

 

                                       SECONDO TEMPO

La stanza di trattenimento della famiglia Sorice. A sinistra, in fondo, vi è un divano biposto. L’intera parete di destra è occupata da un solido mobile in legno; in primo piano, verso destra, c’è un tavolo tondo con quattro sedie intorno. A sinistra vi è una finestra, mentre la comune è in fondo, alla destra del divano.

Sono trascorsi due mesi.

All’alzarsi del sipario 'Ndunetta e Michele sono seduti accanto al tavolo. Michele giocherella con una penna; appare assente e preoccupato. Dopo poco Filomena entra dalla comune a destra con un vassoio contenente due tazze di caffè. Filomena offre una tazza a Michele, quindi avvicinandosi a 'Ndunetta:

FILOMEMA ‘Onna 'Ndune', v’aggio miso na tazza ‘e cafè pure a vuie. ‘O vvuliveve?

'NDUNETTA Sì, grazie. (Prende la tazza)

FILOMENA Io vaco a ferni’ ‘e stira’. Con permesso. (Esce per la comune a destra)

ELVIRA (entra con Sandro dalla comune a sinistra) Ciao, Miche’. Mammà, noi andiamo a fare un servizio.

'NDUNETTA Va bene.

ELVIRA (a sua madre) Ciao. Ciao, Miche’.

MICHELE (distratto) Ciao.

SANDRO A fra poco.

Elvira e Sandro escono per la comune a destra.

'NDUNETTA (per riprendere un discorso interrotto) A che ora tiene l’aereo?

MICHELE (c.s.) ‘E ddiece stasera.

'NDUNETTA ‘A Capodichino?

MICHELE (c.s.) Parto a Capodichino, po’ cagno a Roma e vaco a Bologna.

'NDUNETTA E chi t’accumpagna fino all’aereoporto?

MICHELE (c.s.) Chi m’adda accumpagna’, Antonie’? Vaco c’’a machina io sulo.

'NDUNETTA E ppo’ ‘a machina?… (Volendo dire: “Dove la lasci?”)

MICHELE (c.s.) ‘A machina ‘a lasso pe’ quindici giorni parcheggiata fore all’aereoporto.

'NDUNETTA (con un velo di malinconia) Ah!… Staie fore quinnece ggiorne?

MICHELE (fissa in volto 'Ndunetta) Già.

'NDUNETTA (c.s.) Me dispiace…

MICHELE (c.s.) Scusa, non ho capito.

'NDUNETTA (si accorge di aver detto qualcosa che non voleva dire e mente) No, niente, niente.

MICHELE (c.s., insinuante) Te dispiace che sto fore quindici giorni, eh?

'NDUNETTA (vuole evitare ad ogni costo di affrontare un discorso) Noo. Vulevo ricere ca me dispiace ca he’ ‘a parti’ accussì improvvisamente.

MICHELE (c.s., d’improvviso brusco) Invece a me me fa piacere.

'NDUNETTA (c.s.) Va bè, certo. E’ giusto ca, ropp’ ‘a disgrazia ‘e Amalia, tu te distrai nu poco.

MICHELE (c.s.) No, Antonie’, non mi fa piacere per questo, e tu lo sai bene. (Pausa. 'Ndunetta guarda l’uomo con un’espressione mista di fastidio e di sollievo: in fondo in fondo anche lei vuole che si mettano in chiaro le cose con Michele, il quale incalza) Vedi, tu da un paio di mesi a questa parte sei cambiata. Perché non stai insistendo più c’’o fatto che Elvira s’adda spusa’ cu Sandro, eh? Tu che tieni Filomena che ti ha sempre servita come una regina, vieni tutti i giorni da me per mettere in ordine la casa. Perché lo fai?

'NDUNETTA (tenta ancora di eludere) Va buono, Miche’. Tu mo staie sulo… ‘E servizie t’’e miette a ffa’ tu? T’’e vvengo a ffa’ io. Na femmena è n’ata cosa, no?

Pausa.

MICHELE (stringe con forza la mano della donna, mentre con un gesto dolce ma deciso la costringe a guardarlo negli occhi) Guardame ‘nfaccia. Si’ sicura? ('Ndunetta ritrae di scatto la mano e scoppia a piangere. Più dolce) No, Antonie’. Tu non devi piangere. Io non te ne faccio una colpa. Se capisce: venti anni di matrimonio, la vita di tutti i giorni… So’ cose che capitano. (Piccola pausa) Io ti giuro che la stessa cosa sta capitando pure a me. Perciò ho deciso ‘e sta fore na quindicina di giorni. Siente a mme: è meglio che restiamo semplici amici. Soffriremo un poco. (Marcando la frase) Tutti e due. Ma è meglio così.

'NDUNETTA (quasi convinta) Sì, forse hai ragione.

MICHELE (con un altro tono) Va buo’. Mo vaco a pripara’ ‘a valigia. Ferdinando nun ce sta? ‘O vulevo saluta’.

'NDUNETTA Ferdinando è gghiuto add’’o commercialista a ffa’ ‘o sette e quaranta. Viene cchiù ttarde.

MICHELE (alzandosi, imitato da 'Ndunetta) Va buo’, allora ‘o vengo a saluta’ cchiù ttarde. Ciao.

'NDUNETTA Ciao, Miche’. Buon viaggio. (A Filomena che in questo momento entra dalla comune a destra) Accompagnate a don Michele.

MICHELE (avviandosi per uscire per la comune a destra, a 'Ndunetta) Lascia stare. Arrivederci, Filome’. (Esce)

'NDUNETTA (indossando una giacca e prendendo una borsa che si troveranno sul divano) Io esce. Me vaco a ffa’ ‘a permanente.

FILOMENA (soprappensiero) Ah, eh… Facite buono. ‘Onna 'Ndune', stateve accorta.

'NDUNETTA (incuriosita) E pecchè?

FILOMENA (confusa) Ecco… Na vota, quanno io ero giovene, pe’ me fa’ ‘a permanente, s’appicciarono tutte ‘e capille.

'NDUNETTA Uh, sì? E chello c’’a permanente po’ succerere. (Quasi divertita) Ma nun ve preoccupate. (Alludendo al parrucchiere) Michele è bravo. ‘A permanente ‘a fa bbona. Ce verimmo cchiù ttarde. (Esce per la comune a destra)

FILOMENA (quasi tra sé, con allusione) Comme no. Chillo don Michele Neroni è bravo! (Con  gli occhi rivolti al cielo) Ah, Madonna! Miettece ‘a mano toia!

'NDUNETTA (dall’interno, parlando a qualcuno) Accomodatevi. Prego, prego.

MARIANNA (dall’interno) Dovete uscire?

'NDUNETTA (c.s.) Veramente, mi volevo andare a fare la permanente.

MARIANNA (c.s.) E andate, andate. Io me ne vado. Magari ci vediamo un altro giorno.

'NDUNETTA (c.s.) No, no, per carità. Prego, entrate. (Entrando dalla comune a destra e rivolgendosi a Marianna che la segue) Ci sta Filomena.

MARIANNA Buonasera, Filomena.

FILOMENA Buonasera, signo’.

'NDUNETTA (a Marianna) Scusate, io scappo perché se no dal parrucchiere trovo folla.

MARIANNA E sì. Andate. Arrivederci.

'NDUNETTA Arrivederci. (Esce per la comune a destra)

FILOMENA Signora Maria’, ‘o professore mo sta bene, eh?

MARIANNA Sì, sì, grazie.

FILOMENA Eh. Io ho domandato sempre a quella parente vostra.

MARIANNA Lo so. Mia cugina me lo diceva. Grazie.

FILOMENA E’ dovere, per carità. Il necessario è ca mo vostro marito sta bene. Quello quando le cose si raccontano, tutto è niente. (Breve pausa. Mostrando una sedia) E sedetevi.

MARIANNA (sedendosi) Grazie. Due minuti e me ne vado. Ho approfittato che avevo un poco di tempo e sono venuta. Anzi, detto tra noi, è stato meglio che la signora è andata dal parrucchiere.

FILOMENA (con un gesto eloquente) Iiiiiiih!!! E voi ci avete creduto veramente?

MARIANNA Perché, non è andata dal parrucchiere?

FILOMENA Quanno maie! Chella ‘onna 'Ndunetta è andato giù da don Michele Neroni. (Ironica) E’ andata a dire il rosario.

MARIANNA (quasi incredula) Ah, ma… allora è vero?

Suona il campanello.

FILOMENA (avviandosi per uscire per la comune a destra) Scusate, vengo subito. Con permesso. (Esce)

MELIUCCIA (dall’interno) Buonasera, Filume’.

FILOMENA (dall’interno) Uè, Meliu’! Viene, viene. (Entra dalla comune a destra, seguita da Meliuccia, la quale regge un neonato di un mese e una bomboniera confezionata con gusto pacchiano)

MELIUCCIA Ce sta ‘onna 'Ndunetta?

FILOMENA No, nun ce sta.

MELIUCCIA (poggia la bomboniera sul tavolo, quindi si siede con un sospiro di sollievo) Ah! Sto allentata. Me pozzo assetta’ nu poco?

FILOMENA (facendole notare ironicamente che è già seduta) Comme! Doppo magnato e vippeto, ‘a salute vosta!

MELIUCCIA (ridendo come un ebete) Uh! Io già m’ero assettata. Nun me ne so’ manco addunata. (Cambia discorso) Siccome ca dummeneca avimmo fatto ‘o battesimo a chisto, (mostra il bambino) mo aggio purtato ‘a bumbuniera (la mostra) a ‘onna 'Ndunetta e a ‘on Ferdinando.

FILOMENA Ah, eh… Grazie assaie. (Avvicinandosi al bambino) Famme vere’ nu poco a stu criaturo! (Lo osserva, poi con meraviglia un tantino esagerata) Uè! Meliu’, comme è gruosso! (Al bimbo) Crisce santo!

MELIUCCIA (alludendo al bambino) Filume’, ve rico a vuie, è na pace. Nun se vere e nun se sente. Mangia e dorme. Io, po’, ce rongo ‘o llatte mio pecchè ‘a vammana me ricette ca…

FILOMENA (come ricordandosi di qualcosa) Meliu’, aspetta nu mumento. Po’ parlammo. (Mostrando Marianna) ‘A signora se n’adda i’. Me steve addimannanno na cosa. (A Marianna) Dite, dite.

MARIANNA Va bene, ci vediamo un altro giorno. Adesso non so se posso…

FILOMENA No, non vi preoccupate. Meliuccia è della casa. Dite, dite.

MARIANNA (un attimino imbarazzata) Ecco… Stavo dicendo che allora è vero che la signora Antonietta è l’amante di Neroni. A me lo ha detto don Antonio. Io non volevo crederci. Poi, visto che don Antonio insisteva, mi sono detta: “Adesso vado a parlare con Filomena perché soltanto lei mi può dire la verità.” Perciò sono venuta.

FILOMENA (triste) Signo’, che vi debbo dire, io? E’ vero. Oramai sono due mesi.

MELIUCCIA (segnandosi, gli occhi sbarrati) Giesù, Giuseppe, Sant’Anna e Maria! Filume’, io aggio capito buono? ‘A ruie mise ‘onna 'Ndunetta è ‘a cummara ‘e Nerone?

FILOMENA Eh. Ma pecchè, tu nun te ne si’ maie accorta?

MELIUCCIA No. Certo, truvavo a Nerone ogne tanto miezo ‘o palazzo, ma nun ce so’ gghiuta maie a penziero a na cosa ‘e chesta. Cose ‘e pazze!

MARIANNA (a Meliuccia) No, no. Scusate se vi contraddico, però purtroppo queste sono cose che possono capitare a chiunque. (Meliuccia la guarda come trasognata) La situazione è grave per tutti e due, questo è poco ma sicuro. Lui adesso, diciamo, una famiglia vera e propria non ce l’ha, ma la signora Antonietta ha un marito e una figlia. Comunque, cara signora, che ci volete fare? Come si dice? Al cuore non si comanda. (Si alza)

FILOMENA Brava ‘a signora! (A Meliuccia) Chella Elvira nu paro ‘e mise fa iette a na festa ‘e carnevale e se reteraie tarde pecchè se scassaie ‘a machina ‘e Sandro. ‘O saie? Chillu giovene  ca sturia cu essa.

MELIUCCIA Comme, ‘o canosco. Embè?

FILOMENA (si accorge che Marianna si è alzata. A Meliuccia) Aspetta. (A Marianna) Voi ve ne dovete andare, eh?

MARIANNA Bè… sì.

FILOMENA Avete ragione. Mo vi accompagno.

MARIANNA Grazie. (A Meliuccia) Arrivederci. (Esce per la comune a destra, seguita da Filomena)

MELIUCCIA (quasi tra sé) Giesù! So’ ccose ‘e ll’atu munno! ‘Onna ‘Ntunetta fa ‘ammore c’’o cane mio! (Si segna)

Filomena rientra.

FILOMENA (riprendendo il racconto) Meliuccia mia, a ‘onna 'Ndunetta, nun verenno chesto, lle venette na crisa ‘e nierve. Pe’ nun t’’a purta’ ‘a luongo, ‘onna 'Ndunetta svenette.

MELIUCCIA Uh, sì?!

FILOMENA Eh. Svenette. Steve miezo ‘o palazzo. Se facette ‘a folla accussì. Ce steve pure ‘a signora Marianna, che mo se n’è gghiuta, presente. ‘Onna 'Ndunetta perdette ‘e sense e nisciuno ‘a puteva fa’ ripiglia’. Neh, ma comme se po’ ffa’?! Confromme ‘onna 'Ndunetta verette a Neroni, se ripigliaie immediatamente. Immediatamente, te rico.

MELIUCCIA (continuando ad equivocare col cane) Eh, aggio capito. Giesù, Giesù!

FILOMENA (proseguendo il discorso) ‘Onna 'Ndunetta se calmaie, e dopo nemmeno na semmana, c’’a scusa ‘e lle i’ a ffa’ quacche serviziello, accumminciaie a scennere tutte ‘e ggiorne abbascio.

MELIUCCIA (c.s.) No, no. Lassate ca ‘onna 'Ndunetta è ‘a cummara ‘e Nerone, ma ‘e servizie c’’e ffa veramente, eh?

FILOMENA (leggermente ironica) Sì? E tu che ne saie?

MELIUCCIA (c.s.) Comme che ne saccio! Chillo Nerone sta sempe bello pulito pulito.

FILOMENA (incuriosita) Pecchè, primma Neroni era spuorco?

MELIUCCIA (c.s.) No, no, chesto no, p’’ammore ‘e Ddio! Ma… comme v’aggia dicere mo… sempe int’ ‘a casa…

FILOMENA Ah, chesto è certo! Chillo Neroni ha passato chello r’’e cane.

MELIUCCIA (c.s.) Ma che ‘o ddicite a ffa’?! Io ‘o ssaccio meglio ‘e vuie. (Breve pausa. Pettegola) Neh, Filume’, e diciteme na cosa: ‘on Ferdinando che dice?

FILOMENA (triste, sospirando) Eh… ‘on Ferdinando… ‘on Ferdinando… ‘On Ferdinando nun sape niente. Chillo è nu povero martire. (Pausa. Quasi con circospezione) Stammatina ‘onna 'Ndunetta s’è gghiuta a ppiglia’ ‘a risposta ‘e cierti analese ca se facette na ventina ‘e ggiorne fa. Io ce aggio addimannato: “Comme so’ asciute ll’analese?” Essa m’ha risposto: “Niente. Tutto a posto.” (Con  gli occhi rivolti al cielo, sospirando) Ah, Madonna! ‘On Ferdinando l’avess’’a sape’ ca ‘onna 'Ndunetta è pure incinta

MELIUCCIA (al colmo della sorpresa) Vuie che state ricenno??? Nerone ha miso incinta a ‘onna 'Ndunetta??? (Scandalizzatissima) Uè!!! E comme ha fatto???

FILOMENA (ironica) Eh. Comme facetteno ‘antiche.

MELIUCCIA (segnandosi) Giesù, Giuseppe, Sant’Anna e Maria! E bravo a Nerone! S’è firato ‘e fa’ asci’ incinta a ‘onna 'Ndunetta! Filume’, no pecchè è ‘o cane mio, ma Nerone, ‘ncoppa a stu fatto cca, era… comme v’aggia ricere mo… vergine. Nun s’è vuluto mettere maie cu nu cane.

FILOMENA (disorientata) ‘O cane??? (Dubbiosa) Ma tu ch’ he’ capito?

MELIUCCIA (sorpresissima) Comme ch’aggio capito? Aggio capito chello ch’avite ritto vuie: ‘onna 'Ndunetta aspetta nu figlio ‘a Nerone, ‘o cane mio.

FILOMENA Qua’ cane, Meliu’!!! (Ridendo) Madonna! Chiste so’ nnummere! Ma tu overo si’ scema? Io stongo parlanno ‘e don Michele Neroni.

MELIUCCIA (ridendo come un ebete) Uh! Vuie parlaveve ‘e ‘on Michele Neroni, ‘o marito r’’a bonanema r’’a turrese?

FILOMENA (c.s.) Eh.

MELIUCCIA (c.s.) Giesù! Ma io allora so’ propeto scema. Sulamente na scema comm’a mme se puteva crerere ca na femmena comm’a ‘onna 'Ndunetta bello e buono asceve pazza e se metteva a ffa’ ‘ammore cu nu cane. (Il neonato comincia a piangere. Al bambino) Tu mo vuo’ mangia’, eh? (Si alza) Filume’, stateve bbona.

FILOMENA Statte bbona.

Elvira e Sandro entrano dalla comune a destra.

MELIUCCIA (ad Elvira) Uè! Ciao, belle’.

ELVIRA Ciao, Meliu’.

MELIUCCIA (c.s.) He’ visto? T’aggio purtato ‘a bumbuniera. Aspetta. (Mettendo il bambino tra le braccia di Filomena) Mantenite nu mumento a chisto. (Estraendo dalla confezione un ninnolo bruttissimo, ad Elvira) Tu he’ visto sulamente ‘o scatolo. (Mostrando il ninnolo, con orgoglio) Te piace?

ELVIRA (ironica) Stupenda.

MELIUCCIA (orgogliosa, alludendo alla bomboniera) Eh! Ll’aggio scartata io!

ELVIRA (c.s.) Sì?

MELIUCCIA (c.s.) Eh. Chillo maritemo vuleve piglia’ n’ata cosa, ma però io ricette: “No, Genna’. Chesta avimm’’a piglia’.”

ELVIRA (c.s.) Hai fatto benissimo.

MELIUCCIA (riprendendosi il bambino, a Filomena) Dateme a me. (Avviandosi  per uscire per la comune a destra) Elvi’, ciao.

ELVIRA Ciao. (Meliuccia esce, seguita da Filomena. A Sandro, alludendo a Meliuccia) Quella mo, che ti credi?, è convinta che questa bomboniera è meravigliosa. (Filomena ritorna. Prendendo la bomboniera e consegnandola a Filomena) Filome’, per piacere, portate questa bomboniera in cucina, se no io la butto.

FILOMENA (alludendo alla bomboniera) E’ bruttulella, eh?

ELVIRA Bruttulella soltanto? E’ orribile.

FILOMENA (alludendo a Meliuccia) Chella, po’, è na povera disgraziata. Capisce chesto? (Sospirando) Eh… Chella ne ha passate che ne ha passate cu chillu marito! (Esce per la comune a destra)

Sandro offre una sigarette ad Elvira e ne prende una per sé.

ELVIRA Sandro, a proposito, poi l’hai trovato l’accendino?

SANDRO Sì, l’ho trovato: stava a casa di Lina. L’avevo dimenticato là.

ELVIRA (ridendo) Uè, a proposito di Lina, ti devo dire una cosa. Lo sai che, secondo mia madre, io e te ci dovevamo sposare?

SANDRO (ridendo) Io e te? Questa è bella! Fammi sentire! E perché?

ELVIRA (c.s.) Ti ricordi quando tornammo dal veglione, a carnevale?

SANDRO Quanno se scassaie ‘a machina?

ELVIRA (c.s.) Sì. Secondo mia madre, io mi ero inventato tutto perché, sempre secondo lei, io e te eravamo stati insieme.

SANDRO Addirittura?! E Lina che c’entra?

ELVIRA No, Lina c’entra perché mia madre non mi voleva fare venire manco alla sua festa. Però poi, per fortuna, si ricredette e mi fece venire.

SANDRO Meno male. (Consulta  l’orologio e cambia argomento) ‘Aspita! Già so’ ‘e ssette! (In fretta) Ciao, bella. Devo correre: Lina mi sta aspettando.

Filomena entra dalla comune a destra. Ha in mano delle analisi di laboratorio, che leggicchia.

ELVIRA Scendo con te. Mi dai un passaggio fino alla profumeria.

SANDRO Okay. Andiamo. (Esce con Elvira per la comune a destra)

FILOMENA (evidentemente ha trovato ciò che cercava, quasi tra sé) Ah! Ecco qua. (Legge  lentamente) “L’urinocultura, eseguita su campi quali…” Va buo’… “… è sterile.” E chello cca ‘ncoppa ce sta scritto bello chiaro chiaro: ‘onna ‘Ndunetta è incinta. (Poggia le analisi sul tavolo)

FERDINANDO (dall’interno) ‘Ndune'. (Entra dalla comune a destra)

FILOMENA Buonasera, ‘on Ferdina’. ‘Onna 'Ndunetta è asciuta.

FERDINANDO Ah! Sapite addo’ è gghiuta?

FILOMENA Sissignore. E’ gghiuta a se fa’ ‘a permanente. (Con  intenzione) Ricimmo accussì.

FERDINANDO Filome’, è gghiuta add’’o parrucchiere sì o no?

FILOMENA Sissignore. (Come prima) Ricimmo accussì.

FERDINANDO (per amore di pace) E va buo’. Ricimmo accussì. (Suona il campanello. Pausa. Il campanello suona nuovamente. Battendo un paio di volte le mani per attirare l’attenzione della governante, che è rimasta imbambolata) Uè, Filome’, ‘a porta.

FILOMENA (sussultando) Uè, Madonna! Comandate quacche cosa?

FERDINANDO (con pazienza) ‘O campaniello.

FILOMENA Uh, hanno sunato? Ah, eh… Scusate, nun avevo ‘ntiso. (Uscendo per la comune a destra) Ah, Madonna! Miettece ‘a mana toia! (Esce)

ANTONIO (internamente) Buonasera, Filome’. Do n Ferdinando sta in casa?

FILOMENA (dall’interno) Sissignore. Accomodatevi.

ANTONIO (entrando dalla comune a destra, preceduto da Filomena) Grazie. (Più che cordiale) Carissimo don Ferdinando!

FERDINANDO (salutando Antonio) Don Antonio rispettabile! Come mai da queste parti?

ANTONIO (con lieve disagio) Eh… Per la verità, “stevo” senza fare niente e allora ho detto: “Mo mi vado a pigliare una tazzina di ‘cafè’ sopra da don Ferdinando.”

FERDINANDO Avete fatto benissimo. Come no. (A Filomena) Na tazza ‘e cafè a don Antonio, pe’ favore.

Filomena fa per uscire per la comune a destra.

ANTONIO (fermandola con un gesto) No, no, grazie.

FILOMENA (disorientata) E che r’è, neh? Nun ‘o vvulite cchiù ‘o ccafè?

ANTONIO No, grazie. Quello il “cafè” a me mi fa male, non lo “pozzo” pigliare. Io ho detto il “cafè” così, “mitaforicamente”.

FERDINANDO Va buo’, se non lo potete pigliare, non insisto. Filome’, allora voi potete andare.

FILOMENA Con permesso. (Esce per la comune a destra)

FERDINANDO (sedendosi e indicando una sedia ad Antonio) Accomodatevi. Prego, prego.

ANTONIO Grazie. (Siede. Con leggera malizia) E… la vostra signora non ci sta?

FERDINANDO Veramente mia moglie è andata a farsi i capelli. Sto solo.

ANTONIO (esultante) “Si manco” il “penziero” me l’avesse detto, ca vi trovavo solo! Allora io ho fatto bene a venire, eh? Vi faccio un poco di compagnia.

FERDINANDO Proprio così. Comunque, sappiate che voi, o ci sta gente o non ci sta nessuno, siete sempre il benvenuto.

ANTONIO Io vi ringrazio. Eh… Caro don Ferdinando, voi non vi potete “smintire”: voi siete sempre quel signore che siete. (Gli scappa di dire) E sinceramente, ve lo dico con tutto il cuore, mi dispiace.

FERDINANDO (interdetto) Che cosa? Ve dispiace che so’ nu signore?

ANTONIO (pronto, cercando di metterci una pezza) Per l’amor di Dio! Scusate, ma… voi non mi avete fatto finire di parlare. Io “stevo” dicendo… ca mi dispiace ca con voi  “siamo entrati” in amicizia solamente da una decina di anni.

FERDINANDO (indifferente) Ah, ecco.

ANTONIO No, mi dovete credere. Io questo dicevo sempre con la buonanima di Rosina mia moglie: “Don Ferdinando è un signore e a qualsivoglia ora vai da lui, trovi sempre la casa ‘linta e pinta’,” Don Ferdina’, Filomena con tutto che è anziana, fa tutto lei, eh?

FERDINANDO E sì. Filomena vale tanto oro quanto pesa.

ANTONIO Eh… Lo so, lo so. (Pausa) Sapete a che cosa “stevo penzando”? “Stevo penzando” ca certe volte la vita mette a uno di fronte a certi fatti ca uno non “ci va a penzare” nemmeno per l’anticamera del cervello. Per esempio, pigliamo “alla” vostra signora. Quella mo donna 'Ndunetta è servita e riverita. Dico bene? Che succede? Succede ca la vostra signora scende tutti i giorni giù da don Michele Neroni per “farci” i servizi.

FERDINANDO Embè. Michele è n amico. Purtroppo mo è solo e mia moglie gli va a cucinare qualche cosa, gli va a mettere un poco in ordine la casa…

ANTONIO (brusco) E don Michele ne ha approfittato. (Si decide a vuotare il sacco) Don Ferdina’, parliamoci chiaro. Un uomo ca è rimasto “verolo” a quarantaquattro anni, ca è nel pieno, diciamo, delle sue facoltà… capitemi… Non so se rendo l’idea.

FERDINANDO Ho capito.

ANTONIO (incalza) Un uomo ca vede sempre “a” una donna “attirante” come donna 'Ndunetta, si mantiene oggi, si mantiene domani, ma poi… Voi siete un uomo di “monto” e mi potete “imparare” voi a me come vanno queste cose. Don Ferdina’, per non portarvela per le lunghe, la vostra signora è incinta e il “patre” del “criaturo” è don Michele Neroni.

Suona il campanello.

FERDINANDO (che vuole affrontare la cosa con serenità, senza chiassate, come forse auspicano gli altri, reagisce con ironia) Pure! (Piccola  pausa) Noo. Don Anto’, toglietevi queste cose dalla testa perché non è possibile.

ANTONIO (triste) No, è vero, è vero. Però, per l’amor di Dio, io non vi ho detto niente.

MELIUCCIA (dall’interno) C’è permesso? Pozzo trasi’?

FERDINANDO Avanti, avanti.

MELIUCCIA (entra dalla comune a destra) Buonasera. ‘On Ferdina’, primma aggio purtato ‘a bumbuniera r’’o battesimo r’’o criaturo; ce steve sulamente Filumena. Mo aggio lassato nu mumento ‘o criaturo cu Gennaro e so’ venuta pecchè v’’o vvulevo ricere propeto io. (Vuole dire: “Temendo che la governante non lo possa dire, vi voglio dire di persona che ho portato la bomboniera.”)

FERDINANDO Grazie, molto gentile.

ANTONIO Donna Meliu’, che cosa mi avete detto poc’anzi giù al palazzo?

MELIUCCIA (ha capito. Guarda alternativamente Ferdinando ed Antonio, quindi dice) Io? Niente. Io nun aggio parlato propeto.

ANTONIO (invitandola a parlare) Parlate, parlate: don Ferdinando qua sa tutto.

MELIUCCIA Uh, sì?! Embè, mo ce truvammo parlanno… A me me ll’ha ritto Filumena. (Ridendo) Io avevo capito Nerone, ‘o cane ca teng’io. (Serissima) Oramaie so’ dduie mise ca ‘onna 'Ndunetta è ‘a cummara ‘e ‘on Michele Neroni e mo, parlanno cu decenza, tene pure ‘a panza.

Suona il campanello.

PEPPINO (dall’interno) Buonasera. Scusate, ci sta don Antonio?

FILOMENA (dall’interno) Sissignore, sta cca. (Entrando dalla comune a destra, seguita da Peppino) Accomodatevi. ‘On Anto’, ce sta stu signore che vo’ a vvuie. (Esce per la comune a destra)

PEPPINO Buonasera.

ANTONIO (si alza) Caro don Peppino! Scusate se non mi avete trovato in casa. “Evo” venuto a dire una cosa a don Ferdinando. (Facendo le presentazioni) Don Ferdinando Sorice, il dottor Peppino, infermiere della mia famiglia.

FERDINANDO (che intanto si è alzato) Piacere.

PEPPINO Molto lieto.

ANTONIO (a Ferdinando) Non perché è presente, ma don Peppino qua…

PEPPINO (interrompendolo, quasi scherzoso) Vulimmo i’ a ffa’ sta serenga?

ANTONIO Eccomi qua, subito.

PEPPINO (c.s.) E gghiammo bello, che vaco ‘e pressa!

ANTONIO Don Ferdina’, tante care cose. Arrivederci.

FERDINANDO Arrivederci.

PEPPINO Buonasera.

FERDINAMDO Buonasera. (A Peppino, come ricordandosi di qualcosa) Ah, scusate…

PEPPINO Prego. (Ad Antonio) Accuminciate a gghi’ ‘a casa. Io vengo subito.

ANTONIO Va bene. Di nuovo. (Esce per la comune a destra)

PEPPINO (a Ferdinando) Dite.

FERDINANDO No, vi volevo chiedere se… No, niente, niente. Se andate di fretta…

PEPPINO Noo.. Non vado di fretta. Cu don Antonio uno adda i’ sempe ‘e pressa, si no accummencia a parla’ e… ti saluto.

FERDINANDO (ridacchiando) Ho capito. Allora se, dopo che avete fatto la siringa a don Antonio , venite un’altra volta qua, mi fate un grande favore. Na ventina ‘e ggiorne fa me so’ fatto cierti analese e mm’’e vvulesse fa’ guarda’ nu poco primma ‘e i’ add’’o duttore.

PEPPINO Come no! Ci vediamo più tardi. Permesso. (Fa per uscire per la comune a destra)

FERDINANDO Vi accompagno.

PEPPINO No, no, grazie, non c’è bisogno. State comodo. (Esce)

MELIUCCIA E mo me ne vaco pure io. (Si avvia per uscire per la comune a destra. Con intenzione) ‘On Ferdina’, io nun aggio ritto niente. Stateve buono. (Esce)

FERDINANDO (chiama) Filomena? Filome’.

FILOMENA (entrando dalla comune a destra) Che vvulite?

FERDINANDO Filome’, scusate, mia moglie ‘a quantu tiempo è asciuta?

FILOMENA (imbarazzatissima) Eh… E quanto po’ essere mo… na ventina ‘e minute, mez’ora… (Improvvisamente scoppia a piangere)

FERDINANDO (allarmato) Ch’è succieso?

FILOMENA (piangendo) Niente, niente.

FERDINANDO (c.s.) Comme niente? Vuie state chiagnenno. Niente?

FILOMENA (c.s.) Vuie nun avivev’’a permettere ca ‘onna 'Ndunetta … Fra nove mise ‘onna 'Ndunetta fa ‘o figlio ‘e ‘on Michele Neroni.

FERDINANDO (calmo e sereno, sebbene amaro, ma non più di tanto) Eh, ‘o ssaccio. Ma nun ce sta bisogno ‘e chiagnere. Calmateve.

FILOMENA (calmandosi) Scusate. Io tenevo nu pisemo ‘ncoppa ‘o stommeco. (Dopo aver riflettuto un poco) Ma… vuie avite ritto ca già sapiveve… Chi ve ll’ha ritto?

FERDINANDO (ironico) Eh, me ll’ha ritto ‘a palummella.

FILOMENA Ah, eh… (Realizza) Ah! Madonna! Chella ‘a ggente nun se “vonno” fa’ maie ‘e fatte lloro! ‘On Ferdina’, pe’ carità, io nun v’aggio ritto niente, eh?

FERDINANDO (c.s.) Aeh! Stammo a posto! Cca nisciuno m’ha ritto niente e hanno parlato tutte quante!

Filomena prende le tazze vuote ed esce per la comune a destra. Ferdinando si meraviglia del fatto che le sue analisi stiano là e le intasca. Filomena ritorna.

FILOMENA ‘On Ferdina’, e mo che tenite ‘ntenzione ‘e fa’?

FERDINANDO (c.s.) E ce sta bisogno ‘e domanda’ pure? ‘E sparo a ttutte ‘e dduie!

FILOMENA (non afferra l’ironia. Soddisfatta) Bravo a ‘on Ferdinando! (Ammirata) Site n ommo fatto a ommo! Nun fa niente ca vuie roppo iate int’’e ccancelle. Nun ve preoccupate: vuie roppo nu paro ‘e mise ascite pure pecchè vuie sparate con la legittima difesa. Quanno na cosa ce vo’, ce vo’! (Suona il campanello. Filomena esce. Internamente) Aspettate nu mumento. Nun saccio si ‘on Ferdinando ve po’ ricevere. (Rientra. In tono di complicità) Ce sta ‘on Michele Neroni.

FERDINDO Eh. E facitelo trasi’.

FILOMENA Ah, eh… ‘O faccio trasi’? (Complice) ‘O revòlvere addo’ ‘o tenite?

FERDINANDO (esasperato) Filome’!!! Facitelo pe’ Ddio! Facite trasi’ a Michele.

FILOMENA Va bene. (Esce per la comune a destra. Poco dopo, ritornando, seguita da Michele) Accomodatevi.

MICHELE Ciao, Ferdina’.

FERDINANDO Uè, Miche’! Salute!

MICHELE Te so’ venuto a saluta’ pecchè stasera parto. Aiere me telefonaie n amico ‘a Bologna: ce sta na Mostra Campionaria e st’amico m’ha invitato. Sto fore na quindicina ‘e giorni.

FERDINANDO Ah, bravo! Faie buono, faie buono. Nu poco ‘e cafè?

MICHELE No, ti ringrazio: già me ll’aggio pigliato primma. So’ vvenuto pure primma. Me credevo ‘e truva’ a te, ma ci stava solo Antonietta: m’ha ritto che tu eri andato dal commercialista.

FERDINANDO Uhhh! Nun ne parlammo! E’ nu guaio! Me stanno accerenno ‘a salute, lloro, ‘o sette e quaranta, l’ICI… (Cambia discorso, sedendosi) Assettete nu poco. O te n’he’’a i’ subbeto

MICHELE No, no, pozzo sta nu poco. (Si  siede) E ti dicevo: vaco a Bologna pe’ na quindicina ‘e giorni. Po’ quando torno, m’aggia truva’ immediatamente na femmena ‘e servizio. (Ambiguo) Non voglio dare più fastidio a Antonietta.

FERDINANDO (ridacchiando) ‘Aspita! Tu m’he’ letto int’’o penziero? Io te vulevo ricere proprio chesto, ‘e te truva’ na femmena ‘e servizio. (Serio) 'Ndunetta nun è cchiù cosa. (Pausa) Miche’, tu mi conosci, io na cosa ‘a rico papale papale. 'Ndunetta ha perzo ‘a capa pe’ tte e io nun ‘a pozzo perdere, a 'Ndunetta. Io ‘a voglio bene!

MICHELE Ma lo so…

FERDINANDO (interrompendolo) Aspetta. Pe’ favore, famme ferni’. Guarda, io, fino a quando nun ‘o ssento proprio ‘a vocca a essa, nun ce crero, ma si veramente 'Ndunetta è incinta…

FILOMENA (interrompendolo tristemente) ‘On Ferdina’, è overo, è overo. ‘Onna 'Ndunetta è incinta. Ll’aggio liggiuto io stessa ‘ncoppa all’analese ca steveno cca ‘ncoppa. (Mostra il tavolo)

FERDINANDO (infastidito) Vuie state ancora cca?! Nun tenite niente ‘a fa’ int’’a cucina, no?

FILOMENA (candida) Nossignore.

FERDINANDO (c.s.) E gghiate a ffa’ dduie solitarie. Iate, iate.

FILOMENA (mortificata) Va bene. Con permesso. (Esce per la comune a destra)

FERDINANDO (alludendo a Filomena) Guarda, chella sta sempe c’’e ccarte mmano. Mo steve cca. So’ ccose ‘a asci’ pazze! (Ripigliando il discorso interrotto) Dunque: si 'Ndunetta è incinta veramente, stu figlio è ‘o tuio.

MICHELE No, Ferdina’…

FERDINANDO (interrompendolo col gesto e con le parole) Nu mumento. Scusame, eh? Dunque, io e 'Ndunetta simmo spusate ‘a vint’anne, tenimmo na figlia grossa e… le conclusioni le lascio a te… Tu saie comme so’ fatto io: nun so’ ‘o tipo ‘e spannere ‘e penne. Si nasce stu criaturo, ‘o riconosco io, nun te preoccupa’. Però tu m’he’’a fa’ nu piacere: almeno pe’ n anno – n anno e miezo cca nun ce he’’a veni’ cchiù.

MICHELE Va buo’, Ferdina’, se vuoi così… Ma ti voglio dire na cosa. Vedi, sta cosa te la dico non per trovare un’attenuante al mio comportamento, ma solamente pecchè tu si’ n amico ed è giusto mettere in chiaro le cose. (Pausa) Mo è inutile che ti dico: “Non è vero, ma non lo devi pensare nemmeno…” Io me ne sono accorto, che Antonietta… E onestamente te rico che pure io me stevo… appiccianno… Però ti posso dare la mia parola: io tua moglie l’ho sempre rispettata, la rispetto e continuerò a rispettarla.

Suona il campanello.

FERDINANDO (un poco commosso) Io ‘o ssaccio, tu si’ chello che si’. Io ti credo. Ad ogni modo, rimaniamo così. E’ chiaro che nun ‘o ffaccio pe’ tte… ci mancherebbe altro!… ‘O ffaccio pe’ 'Ndunetta… non so se rendo l’idea.

PEPPINO (entra dalla comune a destra) Buonasera. (A Ferdinando) Eccomi a voi.

FERDINANDO Accomodatevi. Prego, prego. (Peppino si siede, mentre Ferdinando e Michele si alzano) Scusate nu mumento. (Salutando  Michele con trasporto) Miche’, statte buono. Buon viaggio e ottime cose.

MICHELE Grazie, grazie. (A Peppino) Buonasera.

PEPPINO (in fretta) Buonasera, buonasera.

Michele esce per la comune a destra.

FERDINANDO Dunque, come vi ho accennato già, venti giorni fa ho fatto le analisi. ‘A vota passata tenevo ‘o colesterolo nu poco alto. (Prendendo le analisi dalla tasca e consegnandole a Peppino) Queste sono le risposte delle analisi che ho fatto mo.

PEPPINO Verimmo. (Scorrendo le analisi) ‘O colesterolo sta buono… ‘E transaminasi pure stanno bbone… L’urinocultura è sterile… (Conclude) ‘On Ferdina’, state nu capolavoro! (Pausa. Sospirando) Eh… Chi nun sta proprio buono è don Antonio.

FERDINANDO No?

PEPPINO No. (Alludendo ad Antonio) Sta male male male. Eh… Caro don Ferdinando, ‘a vecchiaia è na brutta cosa. Don Antonio tene na brutta arteriosclerosi: parla a schiovere.

FERDINANDO (si fa attento) Come sarebbe?

PEPPINO Eh… Rice nu sacco ‘e sciucchezze. ‘O guaio è che nisciuno ‘o cuntrolla. ‘A sora è sorda… E’ na brutta situazione veramente! Don Antonio, c’’e fessarie che dice, quacche vvota pure fa i’ ‘ngalera a quaccheruno, ve lo dico io.

FERDINANDO (interessatissimo) Addirittura??? Ma l’arteriosclerosi è accussì grave?

PEPPINO Nella forma che tiene don Antonio, purtroppo sì. Figuratevi che urdemamente s’è fissato che na certa ‘onna 'Ndunetta – che, secondo me, sta ‘e casa int’’o palazzo – è l’amante ‘e chillu signore che mo steve cca e ‘o sta ricenno a tutte quante. Pe’ furtuna don Antonio tene ancora quacche momento ‘e lucidità. Ma cca si don Antonio arriva a parla’ c’’o marito ‘e sta signora, statevi bene!

FERDINANDO E come no! Scusate nu mumento. (Chiama) Filomena? Filome’.

FILOMENA (entrando dalla comune a destra) Che vulite?

FERDINANDO Filome’, scusate, chi v’ha ritto che mia moglie è incinta?

FILOMENA (candida) Ll’aggio liggiuto ‘ncoppa ‘analese. (Le indica)

FERDINANDO Aggio capito. (A Peppino) Quacche vvota aggia purta’ a Filomena add’’o duttore. Me sa me sa che pure Filomena se sta avvianno p’’a via ‘e ‘on Antonio. Permesso. (E dice sottovoce qualcosa a Filomena)

FILOMENA Mo?

FERDINANDO Eh, mo.

FILOMENA Va bene. Con permesso. (Esce svelta per la comune a destra)

PEPPINO (alzandosi) Scusate le chiacchiere. Arrivederci.

FERDINANDO No, no, accomodatevi. Mi dovete fare una cortesia: dovete restare. Non vi faccio perdere tempo: è na cosa ‘e cinche minute, ma m’avit’’a fa’ sta cortesia. (Peppino si siede di nuovo) Voi non sapete che grande verità mi avete detto.

Peppino resta incuriosito e interdetto allo stesso tempo.

'NDUNETTA (entrando dalla comune a destra. Ha i capelli corti e ricci) Ferdina’… (Scorgendo Peppino) Buonasera.

PEPPINO Signora, buonasera.

'NDUNETTA (a Ferdinando) Aggio visto ca Filomena correva comme na pazza p’’o palazzo. Addo’ sta ienno?

FERDINANDO (evasivo e superficiale) Niente, 'Ndune', niente. (Ammirandola) Te si’ tagliato pure ‘e capille, eh? ('Ndunetta annuisce) Staie bbona, ‘o ssaie? (Le dà un affettuoso e sincero bacio sulla guancia)

'NDUNETTA (teneramente scherzosa) E ch’è succieso, neh? Che r’è tutta sta poesia, stasera?

PEPPINO (a Ferdinando, alludendo al fatto che inconsapevolmente ha parlato di 'Ndunetta) So’ mortificato veramente. Io non sapevo che…

FERDINANDO Lo so, lo so. Non vi preoccupate, state tranquillo. (Suona il campanello. 'Ndunetta fa per andare ad aprire, ma Ferdinando la ferma) Statte tu. Vaco io. (Esce per la comune a destra. Dall’interno) Professore carissimo! Accomodatevi. Prego, prego. Signora. Meliu’, viene, viene. Uè, Genna’! Staie pure tu cca. Me fa assaie piacere. Don Anto’, prego, prego. Donna Nanni’, piano piano. Sta scala è nu poco faticosa, eh? (Dalla comune a destra entrano tutti quelli menzionati da Ferdinando. Scambio di saluti tra i nuovi arrivati con 'Ndunetta, che non si spiega la presenza di tutte quelle persone, e Peppino. Ferdinando ritorna) Meliu’, famme nu piacere: aiuta a Filomena a purta’ ati ssegge.

MELIUCCIA (servizievole) Pronto! A disposizione! (Esce per la comune a destra)

Durante le battute seguenti, Meliuccia e Filomena entreranno ed usciranno a piacere, portando le sedie in scena.

'NDUNETTA (sottovoce al marito) Ma c’avimm’’a fa’ cu tutta sta ggente, neh?

FERDINANDO (enigmatico) Aspetta e capirai.

NANNINA ‘On Ferdina’, ma ogge è ‘o nomme vuoto?

MARIANNA No, signorina. San Ferdinando è il trenta maggio.

NANNINA C’avite ritto? ‘O rammaggio? E che ce trase mo ‘o rammaggio? Io vulevo sape’…

FERDINANDO (interrompendola, taglia corto, gridando al suo orecchio) ‘Onna Nanni’, pe’ veni’ ‘o nomme mio ce vo’ tiempo.

NANNINA (ad Antonio) He’ visto? Ogge nun è ‘o nomme ‘e ‘on Ferdinando. Tu me vulive fa’ purta’ ‘a butteglia…

PROFESSOR NARDIELLO Don Ferdina’, scusate, ma la riunione condominiale era stasera? A me risulta che la dobbiamo fare la prossima settimana.

FERDINANDO Sì, avete ragione, professo’. Ci dobbiamo riunire giovedì della settimana prossima.

A questo punto si troveranno tutti seduti, tranne Ferdinando: il professor Nardiello e Marianna sul divano; 'Ndunetta, Peppino, Antonio, Nannina, Meliuccia e Gennaro sulle sedie. Le sedie dovranno essere disposte in semicerchio. Due sedie saranno libere. Suona il campanello.

MICHELE (entra dalla comune a destra, seguito da Filomena e, a breve distanza, da Elvira) Che c’è, Ferdina’? Mi volevi? Buonasera a tutti.

FERDINANDO Viene, Miche’, viene. Filome’, venite pure vuie. Assettateve llà. (Indica  una sedia libera. Filomena si siede)

ELVIRA (fa capolino nella stanza) Buonasera. (Fa per uscire per la comune a sinistra)

FERDINANDO Elviru’, a papà, staie pure tu cca. (Elvira, in un angolo, le braccia conserte e incuriosita, si mette in osservazione dalla scena) Dunque, Miche’, prima di tutto, io ti chiedo scusa in presenza di tutti.

MICHELE (imbarazzato) Ma… non è il caso…

FERDINANDO (interrompendolo bonariamente brusco) No, tu mo he’’a aspetta’ mo; m’he’’a fa’ ferni’. Io primma t’aggio ritto ‘e nun veni’ cchiù cca e chesto tra amici nun sta bene.

MICHELE (c.s.) Ma…

FERDINANDO (c.s.) Miche’, nun perdimmo tiempo. (Indicando l’altra sedia libera) Assettete. (Michele va a sedersi. A tutti) Dunque, io vi ho incomodato perché qua oggi è successo tutto e il contrario di tutto. ‘A vicchiaia è na brutta bestia. E’ vero, don Anto’?

ANTONIO Eh… Come no…

FERDINANDO Quanno uno se fa viecchio, s’adda sta’ accorto a chello che fa. ‘E vvote ‘a vicchiaia fa brutti scherzi: fa ricere nu sacco ‘e fessarie, fa capi’ na cosa pe’ n’ata, (guardando con intenzione Filomena) fa leggere nu nomme pe’ n ato… Eh, Filome’?

FILOMENA (non ha raccolto l’allusione) Comme no! Parole sante! Chella ‘a “stess – clerosi” è na malatia troppa brutta.

FERDINANDO ‘E vvote ‘a vicchiaia po’ manna’ ‘ngalera ‘a ggente. Professo’, siete d’accordo con me?

PROFESSOR NARDIELLO Va be’… Non esageriamo, adesso.

FERDINANDO No, no…

PROFESSOR NARDIELLO Ma, don Ferdina’… 

FERDINANDO Aspettate…

PROFESSOR NARDIELLO No, su questo non posso essere d’accordo…

Le ultime quattro battute possono essere interscambiabili, nel senso che la prima può diventare la terza, e la seconda la quarta. Si deve creare una sorta di litigio tra Ferdinando e il professor Nardiello.

FERDINANDO Professo’, scusate, quanto vi prego. Seguitemi un momento e mi darete ragione. Qua, per fortuna, oggi nessuno è andato in galera, però una persona ha rischiato di compromettere una famiglia. Anzi, due.

ANTONIO (si alza. Ha capito l'antifona.  Avvicinandosi lentamente e umilmente a Ferdinando) Don Ferdina’, io vi domando mille volte scusa…

FERDINANDO Non…

ANTONIO Io vi debbo baciare la mano. (Fa per baciargli la mano)

FERDINANDO Eh… Che so’ sti ccose! Non vi preoccupate, non è colpa vostra. Quella è l’età che avanza. Accomodatevi, prego, prego. (Antonio si siede nuovamente) Filome’, chi v’ha ritto che mia moglie è incinta?

FILOMENA ‘On Ferdina’, ve ll’aggio ditto pure primma: ll’aggio liggiuto ‘ncoppa ‘analese ‘e ‘onna 'Ndunetta, e ppo’ me ll’ha ritto pure essa.

'NDUNETTA (cade dalle nuvole, a Filomena) Io v’aggio ritto ca so’ incinta? Ma… quali analisi?

FERDINANDO Niente,niente. Filomena ha letto che tu si’ incinta ‘ncoppa ‘analese meie.

'NDUNETTA (ridendo) Gesù, Gesù! Filomena s’è fatta proprio vecchia.

MICHELE (alzandosi) Va buo’. Io vado. Fra poco mi avvio all’aereoporto. Buonasera. (Esce per la comune a destra, seguito da Filomena)

FERDINANDO (vedendo che Peppino si è alzato) Don Peppi’, scusate se vi ho fatto aspettare, ma, capirete, mi faceva piacere che voi, proprio voi, stavate presente.

PEPPINO Certo. Buonasera. (Esce per la comune a destra)

PROFESSOR NARDIELLO (a Marianna) Andiamo?

MARIANNA E sì.

Scambio di saluti, quindi il professor Nardiello e Marianna escono.

GENNARO Meliu’, scennimmencenne pure nuie, va’. Tengo famma.

MELIUCCIA (infastidita) Eeeh…! Nu mumento. Tu comme vaie ‘e pressa! ‘On Ferdina’, io aggio capito buono? ‘Ncoppa ‘analese voste sta scritto ca ‘onna 'Ndunetta è incinta?

GENNARO (esasperato a Meliuccia) Eh, sì!!!… Ma tu si’ tutta quanta scema?! Te pare ca ‘ncoppa ‘analese ‘e ‘on Ferdinando ce steve scritto ca ‘onna 'Ndunetta è incinta?! (Sottovoce) E gghiammuncenne ‘a casa. Stasera si’ ancora cchiù bella.

MELIUCCIA (infastidita) Genna’, si io so’ scema, tu te faie canoscere pure ‘a chi nun te vo’ canoscere.! T’’o ddico propeto cu tutto ‘o core! (Uscendo, seguita da Gennaro, per la comune a destra) Vuie verite cu che razza ‘e ommo me so’ spusata! Ah! Si turnass’areto… (Esce)

ANTONIO Don Ferdina’, vi saluto.

FERDINANDO (salutandolo) Arrivederci. Mantenetevi forte e… Don Anto’, statevi attento, mi raccomando.

                                               FINE