Casa di bambola

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Henrik Ibsen

Henrik Ibsen

Casa di bambola

Edizione Acrobat

a cura di

Patrizio Sanasi

(www.bibliomania.it).Henrik Ibsen Casa di bambola

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PERSONAGGI.

AVVOCATO HELMER.

NORA, sua moglie.

DOTTOR RANK.

SIGNORA LINDE.

PROCURATORE KROGSTAD.

I tre bambini di Helmer.

ANNE-MARIE, bambinaia degli Helmer.

CAMERIERA degli stessi.

FATTORINO DI CITTA'.

L'azione si svolge in casa degli Helmer.

ATTO PRIMO.

Stanza accogliente e di buon gusto, ma senza lusso. Nel fondo, la porta di destra dà sull'ingresso, quella di sinistra

sullo studio di Helmer. Tra le due porte un piano. Altra porta al centro della parete di sinistra, e, più in avanti, una

finestra. Accanto alla finestra un tavolo rotondo, poltrone e un piccolo sofà. Sulla parete di destra, un po' indietro, una

porta, e sulla stessa parete, più verso il proscenio, una stufa di maiolica con davanti poltrone e una sedia a dondolo.

Tra la stufa e la porta un tavolinetto. Alle pareti acqueforti. Scaffale con porcellane e altri soprammobili artistici,

piccola libreria con volumi finemente rilegati. Tappeto. La stufa è accesa: è una giornata d'inverno. Si sente suonare e,

poco dopo, aprire la porta di ingresso. Nora entra allegra, canterellando: è in tenuta da passeggio e ha in mano una

quantità di pacchetti che appoggia sul tavolo di destra. Dalla porta rimasta aperta si vede un fattorino con un albero di

Natale e un cesto, che consegna alla cameriera che ha aperto la porta

.

NORA. Nascondi bene l'albero di Natale, Helene. Mi raccomando che i bambini non lo vedano prima di stasera, quando

sarà pronto. (Rivolta al fattorino, con il portamonete in mano) Quanto?

FATTORINO. Mezza corona.

NORA. Ecco una corona. No, tenete pure il resto. (Il fattorino se ne va ringraziando. Nora chiude la porta. Continua a

sorridere soddisfatta mentre si toglie il mantello).

NORA (tira fuori di tasca un sacchetto di pasticcini di mandorle e comincia a mangiarli, poi si avvicina pian piano

alla porta dello studio del marito e si mette in ascolto). Sì che è a casa! (Ricomincia a cantarellare avvicinandosi al

tavolino di destra).

HELMER (dal suo studio). E' la mia allodola che gorgheggia lì fuori?

NORA (occupata ad aprire i suoi pacchetti. Sì che è lei!

HELMER. E' il mio scoiattolo che sta frugando di là?

NORA. Sì!

HELMER. E quando è tornato a casa lo scoiattolo?

NORA. In questo momento. (si ficca in tasca il cartoccio e si pulisce la bocca). Vieni qua Torvald, vieni a vedere che

cosa ho comprato.

HELMER. Non disturbarmi! (dopo un po' apre la porta e dà un'occhiata, con in mano la penna). Hai detto comprato?

Tutta quella roba? La mia testolina matta è uscita e ha di nuovo buttato via un sacco di soldi?

NORA. Ma certo Torvald, quest'anno non dobbiamo badare a spese. É il primo Natale che non c'è bisogno di fare

economia.

HELMER. Devi però sapere che di denaro da sprecare non ne abbiamo.

NORA. Ma sì Torvald, qualche spreco possiamo pure permettercelo. Non è vero? Solo un pochino. Adesso ti daranno

un bello stipendio e guadagnerai un sacco di soldi.

HELMER. Sì, dal primo gennaio, ma prima di averlo passeranno tre mesi.

NORA. Bah, fino allora potremo ben prendere a prestito.

HELMER. (le si avvicina e la prende scherzosamente per un orecchio). Torna dunque a farsi viva la tua leggerezza?

Mettiamo che oggi io prenda mille corone a prestito, che tu le butti via tutte nella settimana di Natale e che l'ultimo

dell'anno mi caschi una tegola in testa e io rimanga morto stecchito...

NORA. Gli mette una mano sulla bocca. Vergognati, non fare dei così brutti discorsi!

HELMER. Già, ma posto che le cose andassero così, tu cosa faresti?

NORA. Se le cose andassero proprio così male, sarebbe lo stesso che io avessi del denaro o no.

HELMER. Già, ma i miei creditori?

NORA. Quelli? E chi se ne occupa? Quelli sono degli estranei!

HELMER. Nora, Nora, sei proprio una donna! No, sul serio, tu sai bene come la penso a questo proposito. Nessun

debito. Mai prendere a prestito. Fondarsi sui debiti, sui prestiti, pregiudica la libertà, e quindi anche la bellezza di una

famiglia. Noi due siamo riusciti a resistere coraggiosamente fino a oggi e resisteremo ancora per il breve tempo che

rimane.

NORA (avvicinandosi alla stufa). Sì, sì, come vuoi, Torvald..Henrik Ibsen Casa di bambola

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HELMER (andandole dietro). Su, su, la mia piccola allodola non deve perdersi d'animo. Che cosa? Adesso lo scoiattolo

tiene il muso? (Tira fuori il portafoglio). Sai che cosa ho qui, Nora?

NORA (voltandosi rapidamente). Denaro!

HELMER. Ecco! (Tira fuori qualche biglietto di banca). Dio mio, so bene che ci vogliono tante cose in una casa sotto

Natale.

NORA (conta). Dieci... venti... trenta... quaranta. Grazie, grazie Torvald, ora ne avrò per un pezzo.

HELMER. Lo credo bene.

NORA. Sì, sì, stai tranquillo. Ma adesso vieni, che ti farò vedere tutto quel che ho comprato. E ho speso tanto poco!

Guarda, ecco dei vestitini nuovi per Ivar... e anche una sciabola. Ecco un cavallo e una trombetta per Bob. Ed ecco una

bambola con il suo lettino per Emmy; è roba da poco, ma tanto lei la fa subito in pezzi lo stesso. Ecco dei tagli d'abito e

dei fazzoletti per le donne: la vecchia Anne-Marie veramente dovrebbe avere molto di più.

HELMER. E in quel pacchetto lì cosa c è ?

NORA (con un grido). No, Torvald, quello non devi vederlo prima di stasera!

HELMER. E va bene. Ma dimmi un po', piccola scialacquatrice, per te che cosa hai pensato di prendere?

NORA. Bah, per me? Per me non importa.

HELMER. Ma sì che importa. Dimmi qualcosa di ragionevole che ti farebbe piacere avere.

NORA. No, non saprei proprio. Ma sì invece, senti, Torvald...

HELMER. Ebbene?

NORA (si mette a giocherellare con i bottoni del marito, senza guardarlo in faccia). Se vuoi darmi qualcosa, potresti

allora... potresti...

HELMER. Su, su, avanti!

NORA (rapida). Potresti darmi del denaro, Torvald. Giusto quel tanto di cui pensi di poter fare a meno, così uno di

questi giorni potrò comperarci qualche cosa.

HELMER. Ma, Nora...

NORA. Sì invece, fallo, caro Torvald, te ne prego. Così potrò attaccare i denari all'albero, avvolti in una bella carta

dorata. Non sarebbe carino?

HELMER. Come si chia mano quelli che buttano sempre via il denaro?

NORA. Sì, sono teste matte, lo so benissimo. Ma facciamo come dico io Torvald, così avrò tempo di pensare a quel che

mi serve di più. Non è una cosa molto ragionevole? Che dici?

HELMER. (sorridendo). Ma certo, o meglio, lo sarebbe se tu fossi veramente capace di conservare i soldi, e di

comprarci davvero qualcosa per te. Ma così finiresti per comperare tante e poi tante cose inutili per la casa, e io dovrei

poi aprire un'altra volta il borsellino.

NORA. Ma Torvald...

HELMER. Non mi si può dar torto, piccola, cara Nora. (Le mette un braccio attorno alla vita). La mia testolina matta è

graziosa, ma ha bisogno di un sacco di denaro. È incredibile quanti soldi ci vogliono per un uccellino così.

NORA. Vergogna! Come puoi dire una cosa del genere? Io faccio proprio tutto quello che posso per risparmiare.

HELMER (ridendo). Hai detto la verità. Tutto quello che puoi. Ma tu non puoi un bel niente.

NORA. (canticchia, sorridendo soddisfatta). Ehm, se tu sapessi quante spese abbiamo noi allodole e noi scoiattoli,

Torvald.

HELMER. Sei proprio un bel tipo. Tale e quale a tuo padre. Ti affanni da tutte le parti per procurarti denaro, ma appena

ce l'hai ti si dilegua poi tra le mani, senza che tu sappia mai come lo hai speso. Non importa, bisogna prenderti come

sei. Ce l'hai nel sangue. Sì Nora, è proprio così, son cose ereditarie.

NORA. Oh, vorrei davvero aver ereditato molte delle qualità di mio padre.

HELMER. E io non vorrei davvero che tu fossi diversa da come sei, mia cara allodoletta. Ma sta' a sentire, mi viene

un'idea. Oggi hai un'aria così, così... come devo dire? Così sospetta...

NORA. Davvero?

HELMER. Sì, certamente. Guardami fissa negli occhi.

NORA. (guardandolo). Ebbene?

HELMER (minacciandola con il dito). La ghiottoncella non avrebbe per caso folleggiato per la città oggi?

NORA. Ma no, come può venirti in mente una cosa simile!

HELMER Veramente la ghiottoncella non ha fatto un salto dal pasticcere?

NORA. Ma no, te lo assicuro, Torvald...

HELMER. Nemmeno un po' di gelatina di frutta?

NORA. No, proprio no.

HELMER. Non hai nemmeno sgranocchiato un pasticcino di mandorle, o due?

NORA. No, Torvald, ti assicuro veramente...

HELMER. Bene, bene, scherzavo...

NORA (avvicinandosi al tavolino di destra). Non mi verrebbe mai in mente di contrariarti.

HELMER. No, lo so bene, mi hai anche dato la tua parola. (Le si avvicina). Tieni pure per te i tuoi piccoli segreti di

Natale, carissima Nora. Tanto immagino che verranno alla luce stasera, quando si accenderà l'albero.

NORA. Ti sei ricordato di invitare il dottor Rank?

HELMER. No. Ma tanto non ce n'è bisogno. Si capisce che mangia con noi. In ogni modo glielo dirò quando verrà.Henrik Ibsen Casa di bambola

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prima di pranzo. Ho ordinato del buon vino. Nora, non puoi credere quanto mi rallegri pensando a stasera.

NORA. Anch'io. E come saranno contenti i bambini, Torvald!

HELMER. Che bellezza pensare di avere un impiego fisso e sicuro,

con un buono stipendio! Non è vero che fa un gran piacere pensarci ?

NORA. Oh, è meraviglioso!

HELMER. Ti ricordi l'altro Natale? Per tre settimane ti sei chiusa a chiave ogni sera fin molto dopo mezzanotte per

fabbricare i fiori per l'albero di Natale e tutte le altre magnifiche sorprese che ci destinavi. É stato il periodo più noioso

della mia vita.

NORA. Per me no invece.

HELMER. I risultati però sono stati un po' miseri, Nora.

NORA. Ricominci a prendermi in giro. Che colpa ne ho io se il gatto entrò e fece a pezzi ogni cosa?

HELMER. Non fu certo colpa tua, cara piccola Nora. Tu avevi tutte le migliori intenzioni di farci cosa gradita, e questo

è quello che importa. Ma è una fortuna che i tempi brutti siano passati.

NORA. una cosa meravigliosa.

HELMER. Ora non c'è bisogno che io me ne stia qui solo soletto ad annoiarmi, e non c'è bisogno che tu ti cavi i tuoi

bellissimi occhi e ti rovini le bianche e delicate manine...

NORA (batte le mani). Vero, Torvald, che non ce n'è più bisogno? Che cosa meravigliosa! (Prendendolo sotto braccio).

Adesso ti dirò come avevo pensato di dovere organizzarci, Torvald. Appena passato Natale... (Si sente suonare alla

porta). Oh, suonano. (Mette un po' in ordine la stanza). E certo una visita. Che noia!

HELMER. Per le visite io non ci sono, ricordatelo.

CAMERIERA (dalla porta dell'ingresso). Signora, c'è una signora sconosciuta…

NORA. Falla entrare.

CAMERIERA (rivolta a Helmer). E arrivato anche il dottore.

HELMER. É andato nel mio studio ?

CAMERIERA. Sì, nello studio.

(Helmer ritorna nel suo studio. La cameriera fa passare la signora Linde, in abito daiaggio, e chiude la porta).

SIGNORA LINDE (imbarazzata e un po' esitante). Buon giorno, Nora

NORA (incerta). Buon giorno.

SIGNORA LINDE. Certo non mi riconosci.

NORA. No, non saprei... ma sì, mi sembra... (Con uno scoppio di voce). Cosa! Kristine! Sei proprio tu?

SIGNORA LINDE. Sì, sono io.

NORA. Kristine! E io che non ti riconoscevo! Ma come avrei potuto... (A voce più bassa). Come sei cambiata, Kristine!

SIGNORA LINDE. Certo che lo sono. In nove... dieci lunghi anni...

NORA. E tanto che non ci vediamo? Sì, già, è vero. Oh, gli ultimi otto anni sono stati molto felici, puoi crederlo. E

adesso dunque sei qui in città? Hai fatto un viaggio così lungo, d'inverno! Sei stata coraggiosa.

SIGNORA LINDE. Sono arrivata stamattina col battello.

NORA. Per passar qui le feste di Natale, naturalmente. Che bellezza! Certo che passeremo delle belle feste! Ma togliti il

mantello. Non hai mica freddo, no? (Aiutandola). Ecco, adesso ci sediamo comode comode qui vicino alla stufa. No, là

in poltrona! Io mi siederò qui sulla sedia a dondolo. (Le prende le mani). Adesso hai la tua solita faccia, è stato solo il

primo momento... Però sei un po' più pallida, Kristine... e forse un po' più magra.

SIGNORA LINDE. É molto, molto invecchiata, Nora.

NORA. Sì, forse un po' invecchiata, ma poco, un pochino, non molto davvero. (Si interrompe improu~isamente, con

aria seria) Ma che scervellata a parlare così! Cara, carissima Kristine, puoi perdonarmi?

SIGNORA LINDE. Che cosa vuoi dire, Nora ?

NORA (piano). Povera Kristine, sei rimasta vedova.

SIGNORA LINDE. Sì, tre anni fa.

NORA. Già, lo sapevo, lo lessi nei giornali. Oh Kristine, devi credermi, allora pensai spesso di sCriverti, ma rimandai

poi sempre, c'era sempre qualcosa di mezzo.

SIGNORA LINDE. Cara Nora, ti capisco così bene.

NORA. No, ho fatto molto male, Kristine. Poveretta, quante devi averne passate!... E non ti ha lasciato niente per

vivere?

SIGNORA LINDE. No.

NORA. E niente bambini?

SIGNORA LINDE. No.

NORA. Proprio niente, dunque?

SIGNORA LINDE. Neppure un dolore o un rimpianto per cui valga la pena di vivere.

NORA (la guarda incredula). Ma Kristine, come è possibile?

SIGNORA LINDE (sorride tristemente accarezzandole i capelli). Oh, a volte succede, sai, Nora.

NORA. Assolutamente sola. Deve essere terribilmente duro per te. Io ho tre splendidi bambini. Ora non puoi vederli

perché son fuori con la bambinaia. Ma adesso raccontami tutto..Henrik Ibsen Casa di bambola

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SIGNORA LINDE. No, no, racconta tu piuttosto.

NORA. No, devi cominciare tu. Oggi non voglio essere egoista. Oggi voglio pensare soltanto alle cose tue. Una cosa

però devo dirtela. Sai che grossa fortuna ci è capitata oggi?

SIGNORA LINDE. No, che cosa ?

NORA. Pensa, mio marito è diventato direttore della Banca Commerciale.

SIGNORA LINDE. Tuo marito? Che fortuna!...

NORA. Enorme! Quello di avvocato è un mestiere così incerto, specialmente quando ci si vuole occupare solo di affari

puliti e per bene. Torvald, si capisce, non ha mai voluto fare altrimenti, e io sono assolutamente d'accordo con lui. Puoi

immaginarti se siamo felici… Entrerà alla banca già dal primo dell'anno, e allora avrà un bello stipendio e molte

percentuali. Oramai potremo vivere ben diversamente da come abbiamo fatto fin adesso... vivere del tutto a modo

nostro. O Kristine, come mi sento leggera e felice! Perché è una cosa splendida aver un sacco di denari e non aver

bisogno di preoccuparsi. Non è vero?

SIGNORA LINDE. Certo, in ogni modo deve essere una bella cosa avere il necessario.

NORA. No, non solo il necessario, ma tanti, tanti denari!

SIGNORA LINDE (sorridendo). Nora, Nora, non hai ancora messo giudizio? Quando eravamo a scuola avevi proprio

le mani bucate.

NORA (sorride fra sè e sè). Torvald lo dice anche ora. (Minacciandola). Ma «Nora, Nora» non è poi così sventata come

credete. Oh, le nostre condizioni non sono state davvero tali da permettermi di avere le mani bucate, te lo assicuro.

Abbiamo dovuto lavorare tutti e due!

SIGNORA LINDE. Anche tu ?

NORA. Sì, ma roba da poco, lavori di cucito, un po' d'uncinetto, ricami e lavoretti del genere (in tono leggero) e poi

qualcosa d'altro. Lo sai, no, che quando ci sposammo Torvald lasciò il Ministero ? Nel suo uffìcio non c'erano

possibilità di avanzamento, e lui oramai doveva guadagnare di più. Ma il primo anno si affaticò in un modo spaventoso.

Dovette procurarsi lavori straordinari di ogni genere, puoi bene immaginartelo, e lavorare giorno e notte. Ma non potè

resistere, e si ammalò mortalmente. Allora i medici dichiararono che doveva a tutti i costi andare al Sud.

SIGNORA LINDE. Già, e così vi siete fermati un anno intero in Italia, no?

NORA. Proprio così. Partire non fu facile, te lo assicuro. Ivar era appena nato allora. Ma bisognò partire, non c'era altro

da fare. Oh, è stato un viaggio splendido, meraviglioso. E ha salvato la vita di Torvald. Ma ci è costato un sacco di

denari, Kristine.

SIGNORA LINDE. Posso ben immaginarmelo.

NORA. Ci costò milleduecento talleri. Quattromilaottocento corone. Si tratta di un sacco di soldi, sai.

SIGNORA LINDE. Già, ma in circostanze del genere è in ogni modo una fortuna averceli.

NORA. Già, li avemmo da papà, sai.

SIGNORA LINDE. Ah, ho capito. Fu proprio allora che tuo padre morì, mi sembra.

NORA. Sì, Kristine, fu proprio allora. E pensa un po', io non potei neanche andare da lui, non potei curarlo. Stavo qui,

aspettando da un giorno all'altro che il piccolo Ivar venisse al mondo. E poi dovevo badare al mio povero Torvald,

malato mortalmente. Il mio caro buon papà! Non l'ho più visto, Kristine! E stata la cosa più dura che ho dovuto

sopportare da quando mi sono sposata.

SIGNORA LINDE. Lo so che gli volevi molto bene. Ma allora partiste per l'Italia, non è vero?

NORA. Già. I soldi oramai ce li avevamo, e i medici ci facevano fretta. Così partimmo il mese dopo.

SIGNORA LINDE. E tuo marito è tornato completamente ristabilito?

NORA. Sano come un pescel

SIGNORA LINDE. Ma... e il dottore ?

NORA. Quale ?

SIGNORA LINDE. Mi sembrava che la cameriera avesse detto che quel signore venuto insieme a me era il dottore.

NORA. Sì, era il dottor Rank, ma non viene come medico, è il nostro più caro amico; fa un salto qui da noi almeno una

volta al giorno. No, da allora Torvald non è più stato male un'ora. E i bambini sono sani e robusti, e io altrettanto. (Si

mette a saltare battendo le mani). Dio mio, Dio mio, Kristine, che cosa splendida vivere ed essere felici!... Oh, ma è

orribile da parte mia... parlo solamente di quel che mi riguarda. (Le si mette a sedere vicino, su di uno sgabello, e le

appoggia le braccia sulle ginocchia). Oh, non devi esser offesa con me!... Dimmi, è proprio vero che non volevi bene a

tuo marito? E allora perché lo hai sposato?

SIGNORA LINDE. Allora era ancora in vita mia madre, obbligata a letto, e senza risorse. E io dovevo provvedere ai

miei due fratelli minori. Pensai che sarebbe stato inscusabile da parte mia rifiutare la sua proposta.

NORA. Già, in questo puoi aver ragione. Lui dunque era ricco allora?

SIGNORA LINDE. Stava abbastanza bene, credo. Ma erano affari poco sicuri, Nora. Quando morì tutto andò a rotoli, e

non rimase niente.

NORA. E allora?

SIGNORA LINDE. Allora dovetti arrangiarmi con un piccolo commercio, una scuoletta, e con quello che potei trovare.

Gli ultimi tre anni sono stati per me come un'unica, lunga giornata di lavoro, senza riposo. Ora è finita, Nora. La mia

povera mamma non ha più bisogno di me, perché non è più in questo mondo. E nemmeno i ragazzi; ora hanno trovato

un lavoro e possono provvedere a se stessi..Henrik Ibsen Casa di bambola

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NORA. Come devi sentirti leggera...

SIGNORA LINDE. No invece, solo indicibilmente vuota. Non c’è più nemmeno più nessuno per cui vivere (Si alza

inquieta). Per questo non ho più resistito là, in quel piccolo paesetto sperduto. Qui dev'essere più facile trovare qualche

cosa che possa prendere una persona e occuparne i pensieri. Se solo potessi essere così fortunata da trovare un posto

fisso in qualche ufficio...

NORA. Oh, ma Kristine, è così terribilmente faticoso, e tu hai l'aria tanto stanca già da ora. Per te sarebbe molto meglio

poter andare in una stazione balneare.

SIGNORA LINDE (andando verso la finestra). Io non ho nessun papà che possa darmi i soldi per il viaggio, Nora.

NORA (alzandosi). Oh, non essere in collera con me.

SIGNORA LINDE (andando verso di lei). Cara Nora, non esser tu in collera con me. La cosa peggiore della mia

posizione è che rende così aspri. Non si ha nessuno per cui lavorare, e pur tuttavia si è costretti ad affannarsi da tutte le

parti. Vivere bisogna, e così si diventa egoisti. Quando mi parlavi del vostro felice cambiamento di posizione... vuoi

crederlo ? Non me ne sono rallegrata tanto per te quanto per me.

NORA. E come mai? Ah, capisco. Pensi che Torvald potrebbe forse fare qualcosa per te.

SIGNORA LINDE. Sì, proprio così.

NORA. E lo farà anche, Kristine. Lascia fare a me, porterò il discorso sull'argomento con tanta abilità... troverò

qualcosa di carino che gli faccia veramente piacere. Oh, sarei proprio tanto contenta di renderti un servizio.

SIGNORA LINDE. bello da parte tua, Nora, interessarti tanto alle mie cose, tanto più che conosci così poco le fatiche e

le preoccupazioni della vita.

NORA. Io?... Così poco?

SIGNORA LINDE (sorridendo). Signore Iddio, quel po' di lavoro di cucito e altre cosette del genere... Sei una

bambina, Nora.

NORA (butta indietro la testa e si mette a camminare in su e in giù). Non dovresti dirlo con quell'aria di superiorità.

SIGNORA LINDE. Come ?

NORA. Anche tu sei come gli altri. Credete tutti quanti che io non sia capace di nulla di veramente serio...

SIGNORA LINDE. Su, su...

NORA.... che io non abbia nessuna esperienza di questo difficile mondo.

SIGNORA LINDE. Cara Nora, tu mi hai appena raccontato tutte le tue difficoltà.

NORA. Bah... quelle piccolezze! (Piano). Non ti ho raccontato il più importante.

SIGNORA LINDE. Il più importante? Che cosa vuoi dire?

NORA. Tu mi guardi dall'alto in basso, Kristine, ma non dovresti far così. Sei piena di fierezza perché hai lavorato così

faticosamente e così a lungo per tua madre.

SIGNORA LINDE. Io non guardo nessuno dall'alto in basso, questo è sicuro. Ma hai ragione, sono piena di fierezza e

di gioia quando penso che mi è stato concesso di far trascorrere a mia madre gli ultimi anni della sua vita senza

preoccupazione, per quel che è possibile.

NORA. E tu sei anche piena di fierezza quando pensi a quello che hai fatto per i tuoi fratelli.

SIGNORA LINDE. E mi sembra di averne bene il diritto.

NORA. Sembra anche a me. Ma adesso stammi a sentire, Kristine. Anch'io ho qualcosa di cui essere fiera e contenta.

SIGNORA LINDE. Non ne dubito. Ma che cosa vuoi dire?

NORA. Parla piano. Pensa, se Torvald dovesse sentire! Per niente al mondo bisogna... nessuno deve saperlo, Kristine,

nessuno, all'infuori di te.

SIGNORA LINDE. Ma di che cosa si tratta dunque ?

NORA. Vieni qui. (La fa sedere accanto a lei sul sofà). Sai, anch'io ho di che essere fiera e felice. Sono stata io a

salvare la vita di Torvald.

SIGNORA LINDE. Salvare... Come, salvare?

NORA. Ti ho già detto del viaggio in Italia, no? Torvald non sarebbe sopravvissuto se non avesse potuto andare

laggiù...

SIGNORA LINDE. Ah già, fu tuo padre a darvi i denari necessari...

NORA (sorridendo). Già, questo è quello che credono Torvald e tutti gli altri, ma...

SIGNORA LINDE. Ma?...

NORA. Papà non ci diede nemmeno uno scellino. Fui io a trovare i soldi.

SIGNORA LINDE. Tu? Tutta quella somma?

NORA. Milleduecento talleri: quattromila ottocento corone. Che ne dici?

SIGNORA LINDE. Ma come fu possibile, Nora? Avevi vinto alla lotteria?

NORA (sprezzante). Alla lotteria? (Sbuffa). E che bravura sarebbe stata ?

SIGNORA LINDE. Ma dove li hai trovati?

NORA (canterella e sorride misteriosamente). Hem, tra la la la!

SIGNORA LINDE. In prestito non avresti potuto prenderli, è chiaro.

NORA. Davvero? E perché poi?

SIGNORA LINDE. No, una donna sposata non può prendere denari a prestito senza il consenso del marito.

NORA (gettando indietro la testa). Oh, quando si tratta di una donna che ha un po' il senso degli affari... di una donna

che sa comportarsi con un po' di furberia, allora....Henrik Ibsen Casa di bambola

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SIGNORA LINDE. Ma Nora, proprio non capisco...

NORA. Non c'è bisogno di capire. Non è poi mica detto che io abbia preso a prestito quel denaro. Posso essermelo

procurato in altra maniera. (Gettandosi all'indietro sul sofà). Potrei averlo avuto da uno dei miei ammiratori. Quando si

ha un aspetto attraente come il mio..

SIGNORA LINDE. Sei senza cervello.

NORA. Adesso certamente non ne puoi più dalla curiosità, Kristine.

SIGNORA LINDE. Ma stammi a sentire, cara Nora, non hai commesso qualche imprudenza?

NORA (si mette di nuovo a sedere composta). E' forse commettere una imprudenza salvare la vita del proprio marito?

SIGNORA LINDE. Secondo me hai agito imprudentemente: senza che lui lo sapesse...

NoRA. Ma se proprio lui non doveva saperne niente! Santo cielo, non puoi capirlo? Non doveva nemmeno sapere

quanto erano gravi le sue condizioni. Fu a me che i dottori vennero a dire che la sua vita era in pericolo, e che l'unica

salvezza sarebbe stata per lui un soggiorno al Sud. Non credi che in principio abbia cercato di risolvere la faccenda con

molta diplomazia? Gli dissi che per me sarebbe stata una meraviglia fare un viaggio all'estero, come le altre giovani

spose, piansi e scongiurai, gli dissi che doveva fare il favore di ricordarsi in che condizioni mi trovavo, che doveva

essere buono e accontentarmi, e poi gli feci la proposta di prendere i denari a prestito. Ma allora lui quasi andò in

collera, Kristine! Disse che ero leggera, e che il suo dovere di marito era quello di non cedere ai miei capricci e alle mie

idee balzane; credo proprio dicesse così! Già, pensai allora, salvarti bisogna, e così trovai una scappatoia...

SIGNORA LINDE. E tuo marito non venne a sapere da tuo padre che non era stato lui a dare il denaro?

NORA. No. Papà morì proprio in quei giorni. Avevo pensato di metterlo al corrente della faccenda pregandolo di non

tradirmi, ma era così malato... Purtroppo non ce ne fu più bisogno.

SIGNORA LINDE. E da allora non ti sei mai confidata con tuo marito ?

NORA. No, per l'amor del cielo, come puoi pensare una cosa simile? Lui che è così severo a questo riguardo! E

inoltre... con l'amor proprio maschile di Torvald... Sarebbe penoso e umiliante per lui sapere che mi è debitore di

qualcosa. Questo sconvolgerebbe completamente i nostri rapporti; la felicità del nostro nido non sarebbe più quella di

ora.

SIGNORA LINDE. E non glielo dirai mai ?

NORA (pensierosa, con un mezzo sorriso). Ma sì... un giorno forse... fra molti anni, quando non sarò più così carina

come sono adesso. Non ridere! Voglio dire, naturalmente, quando non piacerò più a Torvald come adesso, quando non

sarà più contento di vedermi ballare per lui, mascherarmi e recitare. Allora potrà essere un bene aver qualcosa in

riserva. (Interrompendosi). Macchè, macchè, storie! Quel giorno non verrà mai... Ebhene, che cosa dici del mio gran

segreto, Kristine? Non sono anch'io capace di qualcosa? Del resto, ne ho avute delle preoccupazioni, puoi crederlo! Non

è davvero stato facile per me far fronte a tempo ai miei obblighi. Devi sapere che nel mondo degli affari esistono delle

cose che si chiamano interessi trimestrali e pagamenti in conto, e sono sempre così terribilmente difficili da procurare.

Dovetti dunque risparmiare un po' qua e un po' là, dove riuscivo, sai. Dai soldi per le spese di casa non ne potevo

davvero togliere perché Torvald doveva vivere con tutti gli agi, si capisce. I bambini poi non potevo lasciarli andare in

giro vestiti male; quello che ricevevo per loro pensavo di doverlo spender tutto. Quei cari, bei tesoretti!

SIGNORA LINDE. E così dovettero dunque andarne di mezzo le tue necessità personali, povera Nora?

NORA. Sì, naturalmente. La prima interessata ero io del resto. Ogni volta che Torvald mi dava dei soldi per dei nuovi

vestiti o cose del genere non ne spendevo mai più della metà; compravo sempre la roba più semplice e più a buon

mercato. Per grazia di Dio, tutto mi sta bene, e così Torvald non si è mai accorto di nulla. Ma molte volte mi è stato ben

duro, Kristine, perché è tanto bello andare ben vestiti. Non è vero?

SIGNORA LINDE. Oh, certamente.

NORA. Già, e poi ho avuto altre fonti di guadagno. L'inverno passato ebbi la fortuna di aver molto lavoro di copiatura.

Così mi chiusi in camera a scrivere, tutte le sere, fino a notte avanzata. Oh, tante volte ero stanca, così stanca! Ma era lo

stesso estremamente divertente star lì seduta a lavorare e guadagnare del denaro! Era quasi come se fossi stata un uomo.

SIGNORA LINDE. Ma quanto hai potuto pagare a quel modo?

NORA. Già, non posso dirtelo con precisione. Gli affari del genere, vedi, son ben difficili da tenerci dietro. So

solamente di aver pagato tutto quel che sono riuscita a metter insieme. Molte volte non sapevo davvero come

cavarmela. (Sorride). Allora me ne stavo qui seduta a pensare a un vecchio ricco signore innamorato di me...

SIGNORA LINDE. Che cosa ? Quale signore ?

NORA. Oh, storie! Pensavo che fosse morto, e che all'apertura del suo testamento si trovasse scritto, a lettere

maiuscole: «Tutti i miei denari debbono essere consegnati in contanti alla gentile signora Nora Helmer ».

SIGNORA LINDE. Ma, cara Nora... di che signore si tratta ?

NORA. Santo cielo, possibile che tu non capisca? Il vecchio signore non esisteva mica, era solo una persona che io mi

immaginavo, standomene qui seduta, ogni volta che non sapevo come fare per trovare i soldi. Ma non importa: quel

vecchio noioso può restare dov'è, a me non importa nè di lui nè del suo testamento, perché ora non ho più

preoccupazioni. (Balza in piedt~. Dio mio, che meraviglia pensarci, Kristine! Senza preoccupazioni! Poter essere senza

preoccupazioni, del tutto senza preoccupazioni, poter giocare e far chiasso con i bambini, poter avere la casa graziosa e

ben arredata, proprio come piace a Torvald! Pensa, poi verrà presto la primavera, con la sua aria azzurra. Così allora

potremo forse viaggiare un po'. Forse potrò rivedere il mare. Oh sì, è proprio magnifico vivere ed essere felici! (Si sente

il campanello d'ingresso).

SIGNORA LINDE (alzandosl). Suonano, forse è meglio che me ne vada..Henrik Ibsen Casa di bambola

8

NORA. No, rimani, tanto qui non viene nessuno, è certo qualcuno per Torvald...

CAMERIERA (dalla porta dell'ingresso). Scusi signora... c'è un signore che vuol parlare con l'avvocato.

NORA. Col direttore vuoi dire.

CAMERIERA. Sì, con il direttore, ma io non sapevo... dato che di là c'è il dottore...

NORA. Chi è?

PROCURATORE KROGSTAD (sulla porta d’ ingresso). Sono io, signora.

SIGNORA LINDE. (trasalisce stupita e si volta verso la finestra).

NORA (fa un passo verso di lui, eccitata, a mezza voce). Lei? Che cosa c'è? Di che cosa vuol parlare con mio marito?

KROGSTAD. Unicamente e semplicemente di affari signora, nient'altro.

NORA. Già, allora voglia avere la cortesia di passare nello studio. (Saluta con aria indifferente, apre la porta

dell'ingresso, poi fa qual che passo e si mette a fissare la stufa).

SIGNORA LINDE. Nora,... chi era quell uomo?

NORA. Un certo procuratore Krogstad.

SIGNORA LINDE. Dunque era proprio lui.

NORA. Conosci quell'individuo?

SIGNORA LINDE. Sì, l'ho conosciuto diversi anni fa. Per un po’ di tempo è stato giovane di studio di un avvocato

lassù da noi.

NORA. Già, è vero.

SIGNORA LINDE. Com’è cambiato!

NORA. Deve aver fatto un matrimonio molto infelice.

SIGNORA LINDE. Ora però è vedovo.

NORA. Con molti figli. Ecco, ora brucia. (Chiude lo sportello della stufa e spinge un po' più in là la sedia a dondolo).

SIGNORA LINDE. Deve occuparsi di affari di ogni genere, no?

NORA. Ah sì? Può darsi; io non ne so niente... Ma non pensiamo agli affari, son così noiosi. (Il dottor Rank esce dalla

camera di Helmer).

DOTTOR RANK (ancora sulla porta). No, no, non voglio disturbare; piuttosto vado un po' di là da tua moglie. (Chiude

la porta e si accorge della signora Linde). Scusate, disturbo anche qui, vedo.

NORA. No, affatto. (Presenta). Il dottor Rank, la signora Linde.

RANK. Ah! È un nome che si sente pronunziare spesso qui, in questa casa. Mi sembra di esserle passata accanto

salendo le scale.

SIGNORA LINDE. Già, io salgo le scale molto lentamente, faccio fatica.

RANK. Ah, qualche guasto interno?

SIGNORA LINDE. Un forte esaurimento, per dir la verità.

RANK. Niente di più? Allora è venuta in città per riposarsi a tutti i ricevimenti?

SIGNORA LINDE. Son venuta qui per cercar lavoro.

RANK. É forse un rimedio sicuro contro l'esaurimento?

SIGNORA LINDE. Bisogna pur vivere, signor dottore.

RANK. Già, è opinione generale che sia necessario.

NORA. Ma senta una cosa, dottor Rank... Certamente anche a lei piacerà vivere.

RANK. Sì, certamente, per quanto male stia pure voglio continuare ad essere torturato più a lungo possibile. Tutti i miei

malati sono come me. E i malati nel morale non fanno diversamente. Giusto ora è di là da suo marito uno affetto da

malattia morale che è degno di ricovero.

SIGNORA LINDE (a bassa voce). Ah!

NORA. Di chi vuol parlare?

RANK. Di un certo procuratore Krogstad, un individuo che lei non conosce. É guasto fino alle radici, signora. Ma

persino lui ha cominciato col dire, come se fosse una cosa importantissima, che doveva vivere.

NORA. Ah sì? E di che cosa voleva parlare con Torvald?

RANK. A dire il vero non lo so, ho sentito solamente che si trattava della Banca commerciale.

NORA. Non sapevo che Krog... che quel procuratore Krogstad avesse a che fare con la Banca commerciale.

RANK. Proprio così invece, ha una specie d'impiego là. (Rivolto alla signora Linde). Non so se anche lassù dalle parti

vostre esista quel genere di individui che corrono affannati da tutte le parti fiutando qualche marciume morale, e così

poi i sopradetti sono messi «in osservazione» in qualche posto vantaggioso. I sani devono accontentarsi di stare a

guardare.

SIGNORA LINDE. Ma sono proprio i malati ad aver maggior bisogno di ricovero.

RANK (alzando le spalle). Già, proprio così. Con questa considerazione la società diventa un ospedale.

NORA (perduta nei suoi pensieri, scoppia in una risatina e batte le mani).

RANK. Perché ride? Ma sa lei cos'è la società?

NORA. E che cosa me ne importa della noiosa società? Ridevo di tutt'altra cosa... una cosa estremamente buffa... Mi

dica, dottor Rank... tutti quelli che sono impiegati alla Banca commerciale dipendono ora dunque da Torvald?

RANK. E lei lo trova estremamente buffo?

NORA (sorride canticchiando). Mi lasci dire, mi lasci dire! (Passeggia avanti e indietro). Sì, è immensamente buffo

pensare che noi... che Torvald ha ora tanta influenza su tanta gente. (Tira fuori dalla tasca il cartoccio). Dottor Rank,.Henrik Ibsen Casa di bambola

9

posso offrirle un pasticcino di mandorle ?

RANK. Guarda, guarda, pasticcini di mandorle! Pensavo fossero merce proibita qui.

NORA. Sì, ma questi me li ha dati Kristine.

SIGNORA LINDE. Che cosa ? Io ? .. .

NORA. Su, non aver paura. Tu non potevi sapere che Torvald li aveva proibiti. Sai, lui teme che mi facciano diventare

brutti i denti. Ma che me ne importa?... Per una volta tanto...! Non è vero dottor Rank? Prego! (Gli mette un pasticcino

in bocca). Anche tu, Kristine. Ne voglio prendere uno anch'io, solo uno piccolo piccolo... o al massimo due.

(Ricomincia a passeggiare). Adesso sono davvero immensamente felice. Adesso c'è solo una cosa al mondo di cui avrei

una voglia matta.

RANK. Davvero! E che cosa è?

NORA. una cosa che avrei una voglia matta di dire, per farla sentire a Torvald.

RAINK. E perché non la può dire?

NORA. No, non ne ho il coraggio, perché è una cosa molto brutta.

SIGNORA LINDE. Brutta ?

RANK. Allora non è prudente dirla. Ma a noi potrebbe... Che cosa è che lei avrebbe tanta voglia di dire per farla sentire

a Helmer?

NORA. Ho una voglia matta di dire: Poffarbaccol

RANK . Lei è pazza !

SIGNORA LINDE. Ma Nora!...

RANK. Su lo dica: eccolo.

NORA (nascondendo il cartoccio dei pasticcini). Zitti!

(Helmer viene dalla sua camera col soprabito sul braccio e il cappello in mano).

NORA (rivolta a lui). Bene, caro Torvald, te ne sei sbarazzato?

HELMER. Sì, è andato via ora.

NORA. Permetti che ti presenti... questa è Kristine, che è venuta qui in città.

HELMER. Kristine?... Scusa, ma non so...

NORA. La signora Linde, caro Torvald, la signora Kristine Linde.

HELMER. Ah, ho capito. Un'amica d'infanzia di mia moglie, immagino.

SIGNORA LINDE. Sì, ci siamo conosciute molto tempo fa.

NORA. E pensa, ora ha fatto tutto quel lungo viaggio fin qua per parlare con te.

HELMER. Cosa ?

SIGNORA LINDE. Veramente non proprio per questo...

NORA. Kristine è bravissima nei lavori d'ufficio e inoltre ha un'enorme voglia di trovare un bravo capo, sotto la guida

del quale possa imparare più di quel che sa già...

HELMER. Molto ragionevole da parte sua, signora...

NORA. E così, quando ho sentito che tu eri diventato direttore di banca... ne è stata data notizia da un telegramma... è

venuta fin qui più presto che poteva e... non è vero, Torvald, che per amor mio potrai fare qualcosetta per Kristine? eh?

HELMER. Non sarebbe poi impossibile. La signora è vedova, suppongo?

SIGNORA LINDE. Sì.

HELMER. Ed è pratica di lavori d'ufficio?

SIGNORA LINDE. Sì, abbastanza.

HELMER. Oh, ma allora e molto probabile che io possa procurarle un'occupazione.

NORA. (battendo le mani). Vedi! Vedi!

HELMER. Lei capita in un buon momento, signora...

SIGNORA LINDE. Oh, ma come posso ringraziarla?...

HELMER. Non ce n'è bisogno. (Infilando il soprabito). Ma per oggi mi deve scusare.

RANK. Aspetta, vengo con te. (Va nell'ingresso a prendere la sua pelliccia e la scalda vicino alla stufa).

NORA. Non rimanere fuori molto, caro Torvald!

HELMER. Un ora, non di più.

NORA. Te ne vai anche tu, Kristine?

SIGNORA LINDE (infilandosi il mantello). Sì, adesso devo andare a cercarmi una stanza.

HELMER. Allora possiamo uscire insieme.

NORA (aiutandola). Che peccato che siamo così ristretti, ma ci è proprio impossibile...

SIGNORA LINDE. Oh, ma che cosa dici! Addio cara Nora, e grazie di tutto!

NORA. Arrivederci. Già, stasera torni, naturalmente, e anche lei, dottor Rank. Che cosa? Se si sentirà meglio? Certo

che starà meglio, basta che si copra bene.

(Vanno chiacchierando verso l'ingresso. Dalla scala si sentono le voci dei bambini)..Henrik Ibsen Casa di bambola

10

NORA. Eccoli! Eccoli!

(Corre ad aprire. Entra Anne-Marie, la bambinaia, con i bambini).

NORA. Avanti, avanti! (Si china a baciarli). Oh, tesorini benedetti!... Li vedi Kristine? Non sono deliziosi?

RANK. Niente chiacchiere qui in mezzo alla corrente!

HELMER. Venga, signora Linde: fra poco qua dentro potrà resistere solo una madre.

(Il dottor Rank, Helmer e la signora Linde cominciano a scendere le scale, la bambinaia entra nella stanza con i

bambini. Entra anche Nora, che chiude la porta dell'ingresso).

NORA. Che aria fresca e allegra avete! Ma che guance rosse vi sono venute! Mele e rose. (I bambini continuano intanto

a parlare interrompendola). Vi siete divertiti? Benissimo! Davvero hai tirato la slitta con Emy e Bob? Pensa, tutti e due

insieme! Sì, sei proprio un ragazzo in gamba, Ivar. Oh, lasciamela un po', Anne-Marie. Bambolina mia cara! (Prende

alla bambinaia la bambina più piccola e si mette a ballare con lei). Sì, sì, la mamma ballerà anche con Bob. Che cosa?

Avete fatto a palle di neve? Oh, avrei voluto esser con voi! No, non così, voglio spogliarla io, Anne-Marie. Ma sì,

lascialo fare a me, è così divertente! Tu intanto va' di là, hai l'aria così infreddolita! Sulla stufa c'è pronto per te il caf~è

caldo.

(La bambinaia va nella camera a sinistra. Nora toglie ai bambini cappotti, guanti berretti, li getta da tutte le parti, e

intanto lascia che quelli si sfoghino a parlare).

NORA. Davvero? Vi è corso dietro un cagnone grosso grosso? Ma non vi ha mica morso? No, i cani non mordono dei

bambolini così belli. Non guardare nei pacchetti,var! Che cosa c'è dentro? Vedrete. Oh no, no, è qualcosa di brutto.

Davvero? Vogliamo giocare? A che cosa vogliamo giocare? A nasconderci? Sì, giochiamo a nasconderci. Bob si

nasconderà per primo. Devo nascondermi io? Ma sì, mi na sconderò io.

(Gioca con i bambini ridendo e facendo chiasso e passa dal salotto alla camera di destra.lla fiine Nora si nasconde

sotto il tavolo, i bambini entrano di corsa, la cercano ma non riescono a trovarla, sentono le sue risa so~ocate, si

precipitano verso il tavolo, sollevano il tappeto che lo copre, la vedono.

Grida di gioia. Nora salta fuori a quattro zampe, come per spaventarli. Nuove grida di gioia. Intanto hanno bussato

alla porta dell'ingresso, senza che nessuno se ne sia accorto.

Qualcuno socchiude la porta: entra il procuratore Krogstad, che aspetta un po’, mentre il giuoco continua).

KROGSTAD: Scusi, signora Helmer...

NORA (si volta con un grido soffocato e fa quasi un salto). Ah! Che cosa vuole?

KROGSTAD. Scusi, la porta d'ingresso era socchiusa, qualcuno si deve essere dimenticato di chiuderla...

NORA (si alza). Mio marito non è in casa, signor Krogstad.

KROGSTAD. Lo so.

NORA. Già... ma allora cosa vuole qui?.

KROGSTAD. Parlare un po' con lei.

NORA. Con... (ai bambini, piano) Andate di là da Anne-Marie. Che cosa? No, il signore sconosciuto non ha intenzione

di far del male alla mamma. Dopo che se ne sarà andato giuocheremo ancora. (Fa andare i bambini nella stanza a

sinistra e chiude la porta dietro di loro).

NORA (inquieta, nervosamente). Vuol parlare con me?

KROGSTAD. Sì, con lei.

NORA. Oggi?... Ma non è ancora il primo del mese...

KROGSTAD. No, è la vigilia di Natale. Dipenderà da lei passare un felice Natale o no.

NORA. Che cosa vuole? Oggi non posso assolutamente...

KROGSTAD. Di questo per ora non ne parliamo. Si tratta d'altro. Lei ha un momento di tempo, no?

NORA. Oh sì, certo che ce l'ho, nonostante che...

KROGSTAD. Bene. Stavo seduto lì al caffè Olsen quando vidi passare suo marito...

NORA. Certo.

KROGSTAD.... con una signora.

NORA. E allora?

KROGSTAD. Mi permetta la libertà; non era per caso una certa signora Linde?

NORA. Sì, era lei.

KROGST. Ah. Appena arrivata in città ?

NORA. Sì, oggi.

KROGST. Ah. Si tratta di una sua buona amica, no?

NORA. Certo che è una mia amica. Ma non vedo...

KROGSTAD. L’ho conosciuta anch’io, diverso tempo fa..Henrik Ibsen Casa di bambola

11

NORA. Lo so.

KROGSTAD. Ah sì? Dunque è informata. Me lo immaginavo. Già, per farla breve, posso chiederle se la signora Linde

avrà un posto alla Banca commerciale?

NORA. Come si permette di voler sapere qualcosa da me, lei che è un dipendente di mio marito? Ma dato che me lo

chiede glielo dirò: sì, la signora Linde avrà un impiego. E sono stata io a parlare in suo favore, signor Krogstad. Adesso

lo sa.

KROGSTAD. Avevo dunque visto bene come si mettevano le cose.

NORA (passeggiando su e giù). Oh, un po' di ascendente lo si ha sempre, credo bene. Non è detto che, perché si è una

donna... Quando ci si trova in una posizione subordinata, signor Krogstad, bisognerebbe star davvero attenti a non

irritare qualcuno che... ehm...

KROGSTAD. Che ha dell'ascendente?

NORA. Già, appunto.

KROGSTAD (cambiando tono). Signora Helmer, voglia avere la bontà di usare del suo ascendente in mio favore.

NORA. Come? Che cosa intende dire?

KROGSTAD. Voglia avere la bontà di adoperarsi perché io mantenga la mia posizione subordinata nella banca.

NORA. Che cosa intende dire? E chi pensa di toglierle il suo impiego ?

KROGSTAD. Oh, non è il caso di far finta di non saper niente. Capisco bene che non è piacevole per la sua amica

correre il rischio di avere a che fare con me... e adesso capisco anche a chi devo il mio licenziamento.

NORA. Ma io le assicuro...

KROGSTAD. Sì, sì per farla breve, c'è ancora tempo, e io le consiglio di far uso della sua influenza per impedire una

cosa del genere.

NORA. Ma signor Krogstad, io non ho la minima influenza.

KROGSTAD. Davvero? Mi sembrava di aver sentito dire da lei stessa poco fa...

NORA. Non in quel senso, si capisce. Io! E che cosa le fa credere ch’io abbia un tale ascendente su mio marito?

KROGSTAD. Oh, conosco suo marito dai tempi dell'Università. Non credo che il signor direttore di banca sia più

inespugnabile degli altri mariti. No. Se lei parla con disprezzo di mio marito la metto alla porta.

KROGSTAD. La signora è coraggiosa.

NORA. Io non ho più paura di lei. Una volta passato Capodanno, tutta la faccenda sarà presto finita.

KROGSTAD (con tono più calmo). Mi stia a sentire, signora. Se sarà necessario, lotterò per il mio piccolo posto in

banca con tutte le mie forze.

NORA. Mi pare di capirlo.

KROGSTAD. Non solo per lo stipendio, quello è la cosa che mi importa meno. Ma si tratta di altro... Stia a sentire.

Vede, si tratta di questo: lei saprà naturalmente, come tutti gli altri, di un'imprudenza che ho commesso molti anni fa.

NORA. Mi pare di aver sentito parlare di qualcosa del genere.

KROGSTAD. La faccenda non finì in tribunale, ma tutte le strade mi furono subito chiuse. Allora mi diedi a quegli

affari che lei conosce. Qualcosa dovevo fare anch'io, e oso dire che non sono stato dei peggiori. Ma ora devo smettere. I

miei figli crescono, per amor loro devo cercare di riconquistare tutta la possibile stima della società. Quel posto in banca

era per me come un primo gradino. E ora suo marito vuol buttarmi giù dalle scale, e così mi ritroverò nel fango.

NORA. Ma per l'amor di Dio, signor Krogstad, mi creda, non è davvero in mio potere aiutarla.

KROGSTAD. É perché non vuole, ma io ho mezzi per costringerla a farlo.

NORA. Non vorrà mica raccontare a mio marito che io le devo del denaro?

KROGSTAD. E se io glielo dicessi ?

NORA. Sarebbe una vergogna. (Col pianto in gola). Questo segreto, che è la mia gioia e la mia fierezza, dovrebbe

venirlo a conoscere in un modo così brutto e volgare... venirlo a sapere da lei. Lei mi esporrebbe alle più terribili

seccature.

KROGSTAD. Solo seccature ?

NORA (con forza). Ma lo faccia pure, chi avrà la peggio sarà lei, perché allora mio marito vedrà bene che brutto

individuo è lei, e allora non le lascerà certamente conservare il suo posto.

KROGSTAD. Le ho chiesto se ha solo paura di qualche seccatura domestica.

NORA. Se mio marito lo venisse a sapere naturalmente pagherebbe subito la somma che resta da pagare, e così poi non

avremmo più nulla a che fare con lei.

KROGSTAD (facendo un passo avanti). Stia a sentire, signora Helmer... o lei ha una cattiva memoria oppure non

capisce nulla di affari. Bisognerà che io le spieghi un po' meglio la faccenda.

NORA. Come ?

KROGSTAD. Al tempo della malattia di suo marito lei venne da me per farsi prestare milleduecento talleri.

NORA. Non c'era altro da fare.

KROGSTAD. Io le promisi di procurarle quella somma...

NORA. E me la procurò anche.

KROGSTAD. Io le promisi di procurarle la somma a certe condizioni. Lei allora era così preoccupata per la malattia di

suo marito e aveva un tal desiderio di procurarsi i denari per il viaggio che, penso, non si preoccupò affatto dei

particolari. Non è quindi male ricordarglieli. Io le promisi dunque di procurarle i denari contro un'obbligazione

compilata da me..Henrik Ibsen Casa di bambola

12

NORA. E da me sottoscritta.

KROGSTAD. Bene. Ma io aggiunsi in fondo qualche riga in cui era detto che suo padre si faceva garante del debito.

Quelle righe avrebbero dovuto esser firmate da suo padre.

NORA. Avrebbero dovuto...? Ma se lui firmò!

KROGSTAD. Io avevo lasciato la data in bianco, cioè, suo padre avrebbe dovuto aggiungere lui la data della firma. Se

lo ricorda, signora ?

NORA. Sì, credo...

KROGSTAD. Io le consegnai allora l'atto di obbligazione perché lei lo spedisse a suo padre. Non è così?

NORA. Sì, proprio così.

KROGSTAD. E lei naturalmente lo spedì subito, perché già dopo cinque... sei giorni lei mi riportò l'atto con la firma di

suo padre. Così le sborsai la somma.

NORA. Ebbene, non ho sempre pagato puntualmente?

KROGSTAD. Sì, abbastanza. Ma... per ritornare al nostro discorso... quello è stato per lei un triste periodo, non è vero,

signora?

NORA. Sì, certo.

KROGSTAD. Suo padre era gravemente malato, credo.

NORA. Era in fin di vita.

KROGSTAD. Non morì poco dopo ?

NORA. Sì.

KROGSTAD. Mi dica, signora Helmer, si ricorderebbe per caso il giorno della morte di suo padre? La data voglio dire.

NORA. Papà morì il 29 settembre.

KROGSTAD. Esatto, mi sono informato in proposito. E per questo io non riesco proprio a spiegarmi una strana

circostanza (tirando fuori un foglio).

NORA. Quale strana circostanza? Io non so...

KROGSTAD. É una strana circostanza, signora, che suo padre abbia firmato quest'atto di obbligazione tre giorni dopo

la sua morte.

NORA. Come? Non capisco...

KROGSTAD. Suo padre morì il 29 settembre. Ma guardi qui. Suo padre ha messo la data del 2 ottobre. Non è strano,

signora?

NORA (tace).

KROGSTAD. Lei può spiegarmelo ?

NORA (continua a tacere).

KROGSTAD. anche strano che le parole due ottobre e l'anno non siano scritti con la calligrafia di suo padre, ma con

una calligrafia che credo di conoscere. Ma questo può spiegarsi; suo padre può essersi scordato di mettere la data, e

qualcuno ha potuto aggiungervela a casaccio, prima che si sapesse della sua morte. Non c'è niente di male. Quella che

importa è la firma. E quella è autentica, signora, no? É veramente stato suo padre a firmare qui?

NORA (dopo un breve silenzio butta indietro la testa e lo guarda con aria di sfida). No, sono stata io a fare la firma di

mio padre.

KROGSTAD. Ma senta, signora... sa che la sua è una confessione pericolosa ?

NORA. E perché? Lei avrà presto i suoi denari.

KROGSTAD. Posso chiederle... perché non mandò quell'atto a suo padre

NORA. Era impossibile. Papà era malato. Se avessi dovuto pregarlo di firmare avrei anche dovuto spiegargli a che cosa

dovevano servire i soldi. Ma non potevo dirgli, malato come era, che la vita di mio marito era in pericolo. Era

impossibile.

KROGSTAD. Allora sarebbe stato meglio per lei rinunciare a quel viaggio all'estero.

NORA. No, era impossibile. Quel viaggio doveva salvare la vita a mio marito. Non potevo rinunciarci.

KROGSTAD. Ma non pensò che così facendo mi ingannava?...

NORA. Di questo non potevo davvero preoccuparmene. Di lei non me ne importava proprio nulla. Non potevo soffrirla

per la freddezza con cui mi faceva tante crudeli difficoltà, pur conoscendo la grave situazione di mio marito.

KROGSTAD. Signora Helmer, lei evidentemente non ha idea di quello di cui si è resa colpevole. Sa lei che non fu nulla

di più e nulla di peggio a rovinare la mia buona posizione nella società?

NORA. Lei? Vuol darmi ad intendere di aver compiuto un'azione eroica per salvare la vita di sua moglie?

KROGSTAD. La legge non domanda il perché degli atti commessi.

NORA. Allora la legge deve essere fatta molto male.

KROGSTAD. Fatta male o no... se io presento questa carta al tribunale lei sarà giudicata secondo la legge.

NORA. Non ci credo affatto. Una figlia non dovrebbe avere il diritto di risparmiare al proprio vecchio padre morente

paure e preoccupazioni? Una moglie non dovrebbe avere il diritto di salvare la vita di suo marito? Io non conosco bene

la legge, ma sono sicura che ci deve essere un punto in cui è detto che cose del genere sono permesse. E lei non lo sa, lei

che è avvocato? Deve essere un cattivo giurista, signor Krogstad.

KROGSTAD. Può essere. Ma di affari... di affari del genere di quelli che abbiamo noi due crede lei che io non me ne

intenda? Bene. Faccia pure quello che vuole. Ma le dico una cosa- se sarò messo da parte dalla società per la seconda

volta lei mi farà compagnia. (Saluta e se ne va, traversando l'ingresso)..Henrik Ibsen Casa di bambola

13

NORA (resta non po' pensierosa, poi, buttando la testa indietro). Macchè... Voler farmi paura! Non sono così

sempliciona io. (Si dà da fare a riunire gli indumenti dei bambini, ma si interrompe presto). Ma...? No, è impossibile!

Se l'ho fatto per amore!

BAMBINI (sulla porta di sinistra). Mamma, quel signore sconosciuto se ne è andato, è uscito dalla porta.

NORA. Sì, sì lo so. Ma non raccontate a nessuno del signore sconosciuto. Avete sentito? Nemmeno a papà!

BAMBINI: No, mamma, ma allora vuoi ricominciare a giocare con noi?

NORA. No, no; adesso no.

BAMBINI. Ma mamma, ce lo avevi promesso.

MORA. Sì, ma adesso non posso. Andate di là, io ho tanto da fare. Andate, andate tesorini. (Li spinge con dolcezza

nell'altra camera e chiude la porta).

NORA (si siede sul sofà, prende un ricamo e dà qualche punto, ma smette subito). No! (Getta via il ricamo, si alza, va

alla porta delI'ingresso e chiama). Helene! Portami qui l'albero! (Si avvicina al tavolo di sinistra, apre il cassetto e poi

si ferma di nuovo). No, è assolutamente impossibile.

CAMERIERA (con l'albero). Dove devo metterlo, signora?

NORA. Qui in mezzo alla stanza.

CAMERIERA. Devo portare qualche altra cosa?

NORA. No, grazie, ho tutto quel che mi serve.

(La ragazza se ne va dopo aver appoggiato l'albero per terra).

NORA (occupata ad adornare l'albero di Natale). Qui ci vogliono le candeline... e qui i fiori... Quell'individuo odioso!

Storie! Storie! Storie! Non è successo niente. L'albero di Natale dovrà riuscire una meraviglia. Farò tutto quello che

vuoi, Torvald... canterò per te, ballerò per te...

(Helmer con un rotolo di carte sottobraccio, viene da fuori).

NORA. Ah... sei già di ritorno?

HELMER. Sì; c è stato qualcuno?

NORA. Qui? No!

HELMER. Strano. Ho visto Krogstad uscire dal portone...

NORA. Ah sì? Già, è vero, è stato qui un momento Krogstad.

HELMER. Nora, mi basta guardarti per capire che è stato qua, e che ti ha pregato di mettere una buona parola per lui.

NORA. Sì.

HELMER. E tu avresti dovuto farlo come di tua iniziativa? Avresti dovuto non dir nulla della sua visita qui. Non ti ha

pregato anche di questo ?

NORA. Sì, Torvald è vero, ma...

HELMER. Nora, Nora, e tu ti sei prestata a una cosa simile? Intrattenerti con un uomo del genere e promettergli

qualcosa! E sopra il conto dirmi una bugia!

NORA. Una bugia?...

HELMER. Non mi hai detto che non c'era stato nessuno? (Minacciandola con il dito). Il mio uccellino non lo farà mai

più. Un uccellino deve avere il becco pulito per poter gorgheggiare, non deve mai amare i toni falsi. (La prende per la

vita). Non è così che deve essere? Sì, certo, lo sapevo. (La lascia andare). E adesso non parliamone più. (Si siede

davanti alla stufa). Oh, com'è calduccio e come si sta bene e in pace qui! (Sfoglia un po' le sue carte).

NORA (occupata con l'albero di Natale. Dopo un pó) Torvald!

HELMER. Sì.

NORA. Non sto in me dalla gioia per il ballo in costume dagli Stenborg dopodomani.

HELMER. E io non sto in me dalla curiosità di vedere che sorpresa mi prepara.

NORA. Oh, quella stupidaggine!

HELMER. Come ?

NORA. Non son capace di trovare qualcosa di buono, tutto è così stupido, così inconcludente.

HELMER. E questa la convinzione a cui è giunta la piccola Nora?

NORA (dietro la sua poltrona, appoggiata alla spalliera). Hai molto da fare, Torvald?

HELMER. Oh...

NORA. Che carte sono?

HELMER. Cose di banca.

NORA. Già?

HELMER. Ho chiesto all'amministrazione uscente di autorizzarmi ai necessari mutamenti riguardo al personale e ai

piani di lavoro. Mi ci andrà tutta la settimana di Natale. Voglio aver tutto in ordine per Capodanno.

NORA. È dunque per questo che quel povero Krogstad...

HELMER. Ehm...

NORA (completamente abbandonata sulla spalliera, gli carezza lentamente la nuca). Se tu non avessi avuto tanto da

fare ti avrei pregato di un piacere grande grande, Torvald..Henrik Ibsen Casa di bambola

14

HELMER. Sentiamo. Di che cosa si tratta?

NORA. Nessuno ha più buon gusto di te. E io vorrei tanto far bella figura con il mio costume per il ballo. Torvald, non

potresti occuparti di me, decidere tu da che cosa devo mascherarmi e come dovrà essere il mio costume?

HELMER. Oh, oh, la piccola testarda è alla ricerca di un salvatore?

NORA. Sì Torvald; senza il tuo aiuto non riesco a nulla.

HELMER. Bene, bene, ci penserò io; troveremo bene quel che ci vuole.

NORA. Oh, come sei gentile. (Si avvicina nuovamente all'albero di Natale. Pausa). Come stanno bene i fiori rossi... Ma

dimmi, è veramente una cosa tanto brutta quella di cui si è reso colpevole Krogstad?

HELMER. Ha messo delle firme false. Hai un'idea di quello che vuol dire?

NORA. E non può averlo fatto costretto dalla necessità?

HELMER. Sì, può darsi, oppure, come tanti altri, per imprudenza. Non sarei così spietato da giudicare un uomo per una

sola azione isolata del genere.

NORA. No, non è vero?

HELMER. Più di uno può riabilitarsi moralmente riconoscendo apertamente la sua colpa ed espiando la sua pena.

NORA. La pena?...

HELMER. Ma Krogstad non scelse questa strada; se l'è cavata con artifici e piccole furberie, ed è questo che,

moralmente, lo ha perduto.

NORA. Tu credi... che avrebbe dovuto...

HELMER. Pensa solamente come un individuo che sa di esser colpevole, come quello, è costretto a mentire e a

simulare, a far la commedia da tutte le parti, deve portare una maschera di fronte alle persone più vicine, persino davanti

a sua moglie e ai suoi figli. E farlo con i figli è proprio la cosa più tremenda, Nora.

NORA. Perché?

HELMER. Perché una simile atmosfera di bugie contagia tutta la vita familiare. Ogni volta che i bambini respirano, in

una casa del genere, respirano germi di disonestà.

NORA (avvicinandoglisi, da dietro). Ne sei sicuro?

HELMER. Mia cara, come avvocato ne ho spesso fatta l'esperienza. Quasi tutti i delinquenti precoci hanno avuto delle

madri bugiarde.

NORA. E perché proprio... le madri?

HELMER. Il più delle volte dipende dalle madri, ma anche i padri, naturalmente, esercitano un'analoga influenza; lo

san bene tutti gli avvocati. Eppure, quel Krogstad ha avvelenato per anni e anni l'atmosfera familiare ai suoi bambini

con menzogne e inganni; è per questo che lo dico moralmente finito (tendendole le mani). E per questo la mia cara

piccola Nora deve promettermi di non prendere più le sue difese. Qua la mano. Come? Cosa? Dammi la mano. Ecco,

così. Deciso, dunque. Ti assicuro che mi sarebbe impossibile di lavorare insieme a lui: mi sento male fisicamente, alla

lettera, quando son vicino a individui del genere.

NORA (ritira la mano e va dall'altra parte dell'albero di Natale). Che caldo qui! E io ho tanto da fare.

HELMER (si alza raccogliendo le sue carte). Già, dovrò pur pensare a esaminarle un po' prima di pranzo. Penserò

anche al tuo costume. E ci sarà anche qualcosa da appendere all'albero, avvolto in carta dorata. (Le posa una mano sul

capo). Mio piccolo uccellino canoro. (Va in camera sua e chiude la porta).

NORA (piano, dopo un minuto di silenzio). Macchè! Non è così. É impossibile. Deve essere impossibile.

BAMBINAIA (sulla porta di sinistra). I piccoli chiedono di poter venire dalla mamma.

NORA No. No. No. non farli venire! Sta' tu con loro, Anne-Marie!.Henrik Ibsen Casa di bambola

15

ATTO SECONDO.

La stessa stanza. Nell'angolo vicino al pianoforte l'albero di Natale, spoglio, mal ridotto, con le candeline tutte

consumate. Mantello, cappello e guanti di Nora gettati sul sofà.

Nora sola nella stanza va su e giù agitata; alla fine si ferma vicino al sofà e prende il suo mantello.

NORA (togliendosi nuovamente il mantello). Ora viene qualcuno. (Si avvicina alla porta e si mette in ascolto). No...

non c'è nessuno. Naturalmente... Oggi non viene nessuno, il giorno di Natale... e neppure domani, naturalmente... Ma

forse... (Apre la porta e guarda fuori). No, nella cassetta delle lettere non c'è niente; è assolutamente vuota. (Venendo

avanti). Ah, pazzie! Naturalmente non fa sul serio. Una cosa del genere non può succedere. E impossibile. Ho tre

bambini piccoli, io.

(La bambinaia viene dalla stanza di sinistra con una grande scatola di cartone).

BAMBINAIA. Ecco, finalmente ho trovato la scatola con gli abiti da maschera.

NORA. Grazie, mettila sul tavolo.

BAMBINAIA (andandosene). Ma sono ancora molto in disordine.

NORA. Oh se potessi strapparli in centomila pezzi!

BAMBINAIA. Per l'amor di Dio, si possono aggiustare facilmente, basta un po' di pazienza.

NORA. Sì, andrò a farmi aiutare dalla signora Linde.

BAMBINAIA. Vuole uscire di nuovo? Con questo tempaccio? La signora si prenderà un raffreddore... si ammalerà.

NORA Non sarebbe poi la cosa peggiore... Come stanno i bambini?

BAMBINAIA. Quei poveri ranocchietti giocano con i regali di Natale, ma...

NORA. Domandano spesso di me?

BAMBINAIA. Son tanto abituati a star con la loro mamma.

NORA. Già, ma d'ora in poi, Anne-Marie, non potrò stare tanto con loro come prima.

BAMBINAIA. Oh, i bambini si abituano a tutto.

NORA. Credi ? Tu pensi che si dimenticherebbero della loro mamma se questa se ne andasse per sempre?

BAMBINAIA. Per amor di Dio! Andarsene per sempre...!

NORA. Stammi a sentire, Anne-Marie... è una cosa cui ho pensato spesso... come hai avuto il coraggio di affidare la tua

bambina a degli estranei ?

BAMBINAIA. Ma bisognava far così, se volevo diventare la balia della piccola Nora.

NORA. Sì, ma come ti sei decisa a farlo...

BAMBINAIA Quando potevo avere un così buon posto? Per una povera ragazza cui sia capitata una disgrazia è una

vera fortuna. Tanto, quel mascalzone non faceva un bel niente per me.

NORA Ma allora la tua bambina si è certamente dimenticata di te.

BAMBINAIA Oh, questo no. Mi ha scritto sia per la confermazione che quando si è sposata.

NORA (buttandole le braccia al collo). Vecchia Anne-Marie, per me sei stata una buona madre quando ero piccina.

BAMBINAIA. La piccola Nora, poveretta, non aveva altra madre all'infuori di me.

NORA. E se i bambini dovessero rimanere senza madre, so bene che tu... Storie, storie, (apre la scatola). Va' da loro.

Adesso io devo... Vedrai domani come mi farò bella.

BAMBINAIA. Certo, in tutto il ballo non ci sarà sicuramente nessuna bella come la signora Nora. (Va nella stanza di

sinistra).

NORA (comincia a tirar fuori la roba dalla scatola, ma butta poi subito via tutto). Oh, se solo avessi il coraggio di

andar fuori! Se solo non venisse nessuno! Se solo intanto non succedesse qualcosa qui in casa! Stupidaggini: qui non

viene nessuno. Basta non pensarci. Una spazzolata al manicotto. Bellissimi i guanti, bellissimi. Lasciamo perdere,

lasciamo perdere! Uno, due, tre quattro, cinque, sei... (Con un grido). Ah, ecco, vengono!... (Vorrebbe slanciarsi verso

la porta, ma si ferma incerta).

(La signora Linde entra dall'ingresso, dove ha lasciato cappello e mantello).

NORA. Oh, sei tu, Kristine. Non c'è mica nessun altro fuori, no ?... Hai fatto bene a venire.

SIGNORA LINDE. Ho sentito che sei venuta a cercarmi.

NORA. Sì, passavo proprio di là. Ho assolutamente bisogno del tuo aiuto per una cosa. Sediamoci qui sul sofà. Guarda.

Domani ci sarà un ballo mascherato al piano di sopra, dal console Stenborg. Ora, Torvald vuole che io mi mascheri da

pescatrice napoletana e che balli la tarantella: l'ho imparata a Capri, sai.

SIGNORA LINDE. Ma senti, senti, dovrai dare un vero spettacolo?

NORA. Sì, è un'idea di Torvald. Guarda, questo è il costume, Torvald me lo fece fare laggiù, ma ora è così rovinato che

non so davvero...

SIGNORA LINDE. Oh, faremo presto a rimediarvi, è solo la guarnizione che si è un po' allentata qua e là. Hai ago e

filo? Ecco qui quel che ci serve..Henrik Ibsen Casa di bambola

16

NORA. Sei molto gentile.

SIGNORA LINDE (cucendo). Così dunque domani ti metterai in maschera, Nora? Sai una cosa?... Farò un salto qui per

vederti vestita. Oh, ma mi sono dimenticata di ringraziarti per la bella serata di ieri.

NORA (si alza e si mette a passeggiare su e giù). Oh, ieri non mi è sembrato che tutto andasse bene come al solito...

avresti dovuto venire qui in città un po' prima Kristine... Già; Torvald è proprio bravo per sistemare una casa in modo

fine ed elegante.

SIGNORA LINDE. E tu altrettanto, immagino. Non sei per niente la figlia di tuo padre. Ma dimmi, il dottor Rank è

sempre di così cattivo umore come ieri?

NORA. No, ieri lo faceva vedere più del solito. Ma del resto è malato molto gravemente. Soffre di tabe dorsale,

poveretto. Sai, suo padre era un uomo ignobile, manteneva amanti e cose del genere, e perciò, capisci, sin da bambino il

figlio non è mai stato bene.

SIGNORA LINDE (lasciando cadere il suo lavoro). Ma Nora carissima, tesoro, come fai a sapere queste cose?

NORA (passeggiando). Bah... Quando si hanno avuti tre bambini, ogni tanto si ricevono visite di... donne abbastanza

esperte di medicina, e quelle raccontano tante cose.

SIGNORA LINDE (si rimette a cucire. Breve momento di silenzio). Il dottor Rank viene qui tutti i giorni?

NORA Sì, tutti i giorni. E il miglior amico d'infanzia di Torvald, ed è anche mio buon amico. Il dottor Rank fa come

parte della famiglia.

SIGNORA LINDE. Ma dimmi una cosa: è un uomo veramente sincero? Voglio dire, non è tipo da fare volentieri

complimenti?

NORA. No, al contrario. Cosa ti viene in mente?

SIGNORA LINDE. Ieri, quando mi hai presentata, lui assicurò subito di aver sentito il mio nome qui in casa, ma dopo

mi sono accorta che tuo marito non aveva la minima idea di chi fossi. Come poteva allora il dottor Rank... ?

NORA. Ma no, è proprio così, Kristine. Torvald mi vuole un bene immenso, e per questo desidera che io sia solo sua,

come dice lui. Nei primi tempi, bastava che io nominassi qualche persona cara perché si ingelosisse. Allora,

naturalmente, ci rinunciai. Ma con il dottor Rank parlo spesso di queste cose, perché, vedi, lui è contento di starmi ad

ascoltare.

SIGNORA LINDE. Sta' a sentire, Nora, tu in molte cose sei ancora come una bambina; io sono un bel po' più vecchia di

te e ho un po' più di esperienza. Devo dirti una cosa: questa storia con il dottor Rank dovrebbe finire.

NORA. Quale storia?

SIGNORA LINDE. Questa storia e anche quell'altra, direi. Ieri hai detto qualcosa di un ricco ammiratore che doveva

procurarti del denaro...

NORA. Sì, e che non esiste... purtroppo. Ebbene?

SIGNORA LINDE. Il dottor Rank possiede un patrimonio ?

NORA. Sì, ce l’ha.

SIGNORA LINDE. E non deve provvedere a nessuno?

NORA No, a nessuno, ma...?

SIGNORA LINDE. E viene qui tutti i giorni ?

NORA. Ma sì, te l'ho già detto.

SIGNORA LINDE Ma come è possibile che un signore tanto distinto sia così indelicato?

NORA. Non ti capisco affatto.

SIGNORA LINDE. Non far finta di niente, Nora. Non credi che io capisca bene da chi hai preso in prestito i

milleduecento talleri?

NORA. Hai perso la testa? Come puoi pensare una cosa del genere! Un nostro amico, uno che viene qui in casa tutti i

giorni! Che posizione terribilmente penosa sarebbe!

SIGNORA LINDE Dunque non è stato lui ?

NORA. No, te lo assicuro. Non mi è mai venuta l'idea di... D'altra parte, allora non avrebbe avuto i soldi da dare a

prestito; l'eredità la ebbe dopo.

SIGNORA LINDE. Bene, credo che sia stata una fortuna per te, cara Nora.

NORA. Oh no, non mi sarebbe mai venuto in mente di pregare il dottor Rank... D'altra parte, sono sicurissima che se lo

pregassi... SIGNORA LINDE. Cosa che naturalmente non farai...

NORA No, naturalmente. Non mi sembra, credo, che sarà mai necessario. Ma sono più che sicura che se parlassi con il

dottor Rank...

SIGNORA LINDE. Senza che tuo marito ne sappia nulla?

NORA Io devo uscirne fuori; anche quando ci sono entrata lui non ne ha saputo nulla. Devo saltarne fuori.

SIGNORA LINDE. Già, te l’ho detto anch’io ieri, ma...

NORA (andando su e giù). Un uomo può sbrigarsela molto meglio di una donna in questi casi...

SIGNORA LINDE. Sì, se è il marito.

NORA. Storie! (Fermandosi). Se uno paga tutto quello che deve gli ridanno indietro la sua ricevuta, no?

SIGNORA LINDE. Sì, si capisce.

NORA. E uno può farla in centomila pezzi e bruciarla... quella lurida cartaccia!

SIGNORA LINDE (la fissa, mette da parte il lavoro e si alza lentamente). Nora, tu mi nascondi qualcosa..Henrik Ibsen Casa di bambola

17

NORA Me lo leggi in faccia?

SIGNORA LINDE. Da ieri mattina ti è capitato qualcosa; Nora, di che cosa si tratta?

NORA (rivolta verso di lei). Kristine! (si mette in ascolto). Silenzio! Adesso torna Torvald. Ecco, tu sta' con i bambini

intanto. A Torvald i lavori di sartoria non piacciono. Fatti aiutare da Anne-Marie.

SIGNORA LINDE (raccogliendo diverse cose sparse). Sì, sì, ma io non me ne andrò di qua prima che abbiamo parlato

sinceramente fra noi.

(Esce a sinistra, mentre Helmer entra dall'ingresso).

NORA (andandogli incontro). Oh, come ti ho aspettato, caro Torvald!

HELMER. C'era la sarta?

NORA. No, era Kristine, mi aiuta a sistemare il mio costume. Vedrai come starò bene!

HELMER. Già, non è stata una bella idea la mia? Ma non voglio disturbarti, dovrai provare il costume, immagino.

NORA. E tu avrai da lavorare, no?

HELMER. Sì. (Mostrandole un pacco di carte). Guarda qua. Sono stato giù alla banca... (Sta per entrare nel suo studio).

NORA. Torvald!

HELMER (fermandosi). Sì.

NORA. E se il tuo piccolo scoiattolino ti pregasse tanto tanto di una cosa?...

HELMER. Che cosa?

NORA. Tu la faresti?

HELMER Prima devo naturalmente sapere di che cosa si tratta.

NORA. Lo scoiattolo si metterebbe a correre da tutte le parti facendo tante buffonate solo se tu volessi esser tanto

gentile e compiacente.

HELMER. Su, coraggio allora.

NORA. L'allodola si metterebbe a fare gorgheggi per tutte le stanze, in tutti i toni possibili e immaginabili.

HELMER. Oh, tanto I allodola lo fa lo stesso.

NORA. Farei finta di essere una fanciulla degli elfi e mi metterei a danzare per te al chiaro di luna, Torvald.

HELMER. Ma Nora... non si tratterà mica di quello cui già accennavi questa mattina?

NORA (avvicinandosi). Invece sì, Torvald, ti prego e ti scongiuro!

HELMER. E tu hai il coraggio di rinvangare quella faccenda?

NORA. Sì, sì, devi fare quello che dico io: lascia a Krogstad il suo posto in banca.

NORA. Magnifica! Ma non sono buona anch'io ad ubbidirti così?

HELMER (la prende sotto il mento) Buona perché ubbidisci a tuo marito? Bene, bene, pazzerella, so benissimo che non

volevi dir questo.

HELMER. Ma Nora, quel posto io l'ho già destinato alla signora Linde. NORA Sì, e sei infinitamente buono a far così,

ma basterà che tu licenzi un altro impiegato al posto di Krogstad.

HELMER. Ma questa è una testardaggine da non credersi! Perché tu hai sconsideratamente promesso di parlare in suo

favore io dovrei ora...

NORA. Non è per questo, Torvald. E per te. Quell'individuo scrive nei giornali più abbietti, lo hai detto tu stesso. Ti

può procurare un'enormità di male. Mi fa una paura da morire...

HELMER. Ah, ho capito, sono i vecchi ricordi che ti spaventano.

NORA. Che cosa vuoi dire?

HELMER. Pensi a tuo padre, immagino.

NORA. Già; è vero. Basta pensare a quello che dei malvagi scrissero su papà nei giornali, in che modo terribile lo

diffamarono. Credo che sarebbero riusciti a farlo destituire, se dal Ministero non avessero mandato te come ispettore, e

se tu non fossi stato così benevolo e gentile verso di lui.

HELMER. Mia piccola Nora, tra tuo padre e me c'è una notevole differenza. Tuo padre non era un funzionario

integerrimo. Ma io invece lo sono, e spero che continuerò a rimanerlo fino a che sarò in carica.

NORA. Oh, nessuno sa di che cosa possono esser capaci i malvagi. Adesso potremmo starcene così bene, felici e

indisturbati nella nostra casetta serena e tranquilla... tu, io e i bambini, Torvald! E per questo che ti prego e ti scongiuro.

HELMER. Oh, è proprio la tua insistenza che mi rende impossibile mantenerlo nel suo ufficio. In banca sanno già che

io voglio licenziare Krogstad. Dovesse ora spargersi la voce che il nuovo direttore si è lasciato col1vincere dalla moglie

a cambiare idea...

NORA. E con questo?

HELMER. No, naturalmente, l'importante è che la piccola testa dura l'abbia vinta... Io dovrei rendermi ridicolo davanti

a tutto il personale,... far pensare che io sia sensibile a ogni sorta di influenze estranee? Oh sì, puoi ben immaginare se

non ne risentirei presto le conseguenze E inoltre esiste un motivo che rende assolutamente impossibile la presenza di

Krogstad alla banca sino a che ci sia io, come direttore.

NORA. E quale?

HELMER Avrei anche potuto, in caso di necessità, passar sopra alle sue deficienze morali...

NORA. Non è vero, Torvald?.Henrik Ibsen Casa di bambola

18

HELMER. Mi hanno anche detto che sa il fatto suo. Ma siamo compagni di gioventù. Si tratta di una di quelle

conoscenze avventate che poi col passar degli anni mettono così spesso in imbarazzo. Sì, posso anche dirtelo chiaro e

tondo: ci diamo del tu. E privo di tatto com'è, quell'individuo non lo nasconde per nulla quando ci sono presenti gli altri.

Al contrario... crede di esser per questo autorizzato a usare con me un tono familiare, e fa sfoggio ogni momento dei

suoi: tu, tu Helmer. Ti assicuro che per me è una cosa molto penosa. Mi renderebbe insostenibile la mia posizione in

banca.

NORA. Torvald, questo non lo dici sul serio.

HELMER. Credi? E perché?

NORA. Perché non si tratta che di meschinità.

HELMER. Che cosa dici? Meschinità? E tu mi credi meschino!

NORA. No, al contrario, caro Torvald, e proprio per questo...

HELMER. Fa lo stesso; se tu chiami meschinità le mie ragioni, ciò significa che sono meschino anch'io. Meschino! Ho

capito!... Bene, bisogna farla finita immediatamente. (Va verso l'ingresso e chiama): Helene !

NORA Che cosa vuoi fare?

HELMER (cercando fra le sue carte). Farla finita. (Entra la cameriera).

HELMER. Ecco, prendi questa lettera, portala subito giù. Cerca un fattorino e falla recapitare. Ma presto. L'indirizzo è

sulla busta. Ecco i denari.

CAMERIERA. Bene. (Esce con la lettera).

HELMER (riunendo le carte). Eccoti accontentata, piccola mogliettina testarda.

NORA (senza fiato). Torvald... di che lettera si trattava?

HELMER. Era il licenziamento di Krogstad.

NORA. Ritirala, Torvald! Siamo ancora in tempo Oh Torvald, ritirala! Fallo per me... per te, per i bambini! Stammi a

sentire, Torvald, fallo! Tu non sai cosa può costarci.

HELMER. Troppo tardi.

NORA. Già, troppo tardi.

HELMER. Cara Nora, voglio perdonarti questa paura che provi, per quanto essa in fondo si risolva in un'offesa nei miei

riguardi. Certo che è così! Non è forse un'offesa credere che io dovrei temere la vendetta di un leguleio bacato? Ma ti

perdonerò lo stesso, perché è una bella testimonianza del grande amore che hai per me. (La prende fra le braccia). Così

deve essere, mia carissima Nora. Accada pure quel che deve accadere. Quando è necessario, ho il coraggio e la forza

occorrenti, credilo. Vedra i che sarò capace di rispondere io di tutto.

NORA (spaventatissima). Che cosa vuoi dire?

HELMER. Di tutto dico.

NORA (calma). Questo non lo farai mai, mai e poi mai.

HELMER. Bene, allora faremo a metà, Nora, da marito e moglie. Così deve essere. (L'accarezza). Sei contenta? Su, su,

su, non fare quegli occhi da colomba spaventata. Non si tratta poi in fondo che di vane fantasie... Ora dovresti metterti a

ballare la tarantella e far le prove con il tamburello. Io intanto mi chiudo nello studio in fondo; chiuderò le porte di

comunicazione, così non sentirò niente, e tu potrai fare tutto il rumore che vuoi. (Arrivato alla porta si volta) E se viene

Rank digli dove può trovarmi.

(Le fa un cenno di saluto, entra nel suo studio con tutti i suoi incartamenti e si chiude dietro la porta).

NORA (fuori di sè dalla paura, come inchiodata al pavimento, con un filo di voce). E stato capace di farlo. Lo farà. Lo

farà, a tutti i costi... No, mai, mai e poi mai! Piuttosto qualsiasi altra cosa! Aiuto!... Un modo per uscirne! (Suonano

all'ingresso). Il dottor Rank!... Piuttosto qualunque altra cosa! Piuttosto qualunque altra cosa, sia quel che sia! (Si passa

una mano sul viso, si fa forxa e va ad aprire la porta dell'ingresso. Si vede il dottor Rank che sta appendendo

all'attaccapanni la sua pelliccia. Durante il dialogo che segue comincia a imbrunire).

NORA Buon giorno, dottor Rank: l'ho riconosciuta dal modo di suonare. Ora però non può passare da Torvald, perché

ha da fare, credo.

RANK. E lei ?

NORA (chiudendo la porta mentre il dottor Rank entra nella stanza). Oh, lo sa bene... per lei un po' di tempo ce l'ho

sempre.

RANK. Grazie. Ne approfitterò fin che potrò.

NORA Che cosa intende dire? Finchè potrà?

RANK. Sì, le faccio paura?

NORA. Era un'espressione così strana. Potrebbe succedere qualcosa?

RANK Può succedere quello a cui sono preparato da tempo. Ma non credevo, a dir la verità, che sarebbe stato così

presto.

NORA (gli afferra il braccio). Che cosa è venuto a sapere? Dottor Rank, deve dirmelo!

RANK (sedendosi vicino alla stufa). Le cose vanno male per me. Non c'è niente da fare.

NORA (con un sospiro di sollievo). Vanno male per lei?

RANK. E per chi altrimenti? Non serve a niente mentire a se stessi. Io sono il più malridotto di tutti i miei pazienti,

signora Helmer. In questi giorni ho proceduto a un esame generale delle mie condizioni interne. Bancarotta. Fra un.Henrik Ibsen Casa di bambola

19

mese starò forse marcendo al cimitero.

NORA. Ohibò, che brutte cose dice!

RANK. Anche la faccenda è maledettamente brutta. Ma il peggio è che prima ci saranno tante altre brutture. Manca

ancora un unico esame, una volta terminato quello saprò pressapoco quando inizierà il processo dissolutivo. Le voglio

dire una cosa. Sensibile come è, Helmer ha una spiccata ripugnanza per tutto quello che è brutto. Non voglio averlo

nella mia camera di malato...

NORA. Ma dottor Rank...

RANK. Non lo voglio. Assolutamente. Per lui la mia porta resterà chiusa... appena sarò assolutamente sicuro del peggio

vi manderò un biglietto da visita con sopra segnata una croce in nero; allora capirete che l'abiezione del processo

dissolutivo è cominciata.

NORA. No, oggi lei è assolutamente impossibile. E io, che avrei voluto tanto vederla di buon umore.

RANK. Con la morte tra le mani?... E poi, dovere espiare per un altro. E giustizia questa? E dire che in ogni famiglia, in

un modo o nell'altro, domina una tale inesorabile legge di espiazione...

NORA (si copre le orecchie con le mani). Storie! Allegria! Allegria!

RANK. Già, infatti tutta la faccenda riesce solo a far ridere. La mia povera spina dorsale innocente deve soffrire per le

giornate allegre che passò mio padre quando era tenentino.

NORA (presso al tavolino di sinistra). Era matto per gli asparagi e pei paté di fegato d'oca, non è vero?

RANK. Già, proprio così, e anche pei tartufi.

NORA. I tartufi, è vero. E anche le ostriche, immagino?

RANK. Certo, le ostriche, si capisce.

NORA. Con l'aggiunta di un bel po' di vino di porto e di champagne. E triste che tutte quelle cose buone debbano poi

colpire la spina dorsale.

RANK. É, in particolare, che debbano colpire una spina dorsale innocente, alla quale non hanno procurato il minimo

godimento.

NORA. Già, purtroppo è questa la cosa più triste.

RANK (fissandola con aria indagatrice). Ehm...

NORA (dopo un po'). Perché quel sorriso?

RANK. No, è stata lei a ridere.

NORA. No, dottor Rank, è stata lei a sorridere!

RANK (alzandosi). Lei è una furbacchiona, ancora più di quel che pensavo.

NORA. Oggi sono in vena di far follie.

RANK. Si vede.

NORA (posandogli tutte due le mani sulle spalle). Caro, caro dottor Rank, lei non deve morire, non deve lasciare

Torvald e me.

RANK. Oh, è una perdita di cui vi consolerete presto. Chi va via è subito dimenticato.

NORA (guardandolo spaventata). Crede?

RANK. Si stringono nuove conoscenze, e così...

NORA. Chi è che stringe nuove conoscenze?

RANK. Lei e Helmer, tutti e due lo farete quando sarò andato via. Lei è già sulla buona strada, mi sembra. Come mai

ieri sera era qui quella signora Linde?

NORA. Ah... non sarà mica geloso della povera Kristine?

RANK. Sì che lo sono, invece. Prenderà il mio posto in casa vostra. Quando io sarò andato in rovina, quella donna

forse...

NORA. Zitto! Non parli così forte; è di là.

RANK. Anche oggi? Vede?

NORA. Solo per aggiustare il mio costume. Dio mio, lei è insopportabile. (Sedendosi sul sofà). Sia gentile ora, dottor

Rank, vedrà domani come ballerò bene; e lei dovrà immaginare che io danzi solo per lei... proprio così, e anche per

Torvald naturalmente... si capisce. (Toglie diverse cose dalla scatola). Dottor Rank, si metta seduto qui, ho qualcosa da

farle vedere.

RANK (sedendosi). Che cosa?

NORA. Guardi qua. Ecco!

RANK. Calze di seta.

NORA. Color carne. Non sono magnifiche? Già, qui ora è così buio, ma domani... No, no, le farò vedere solo la pianta

dei piedi. E va bene, se vuole, le mostrerò anche la parte di sopra.

RANK. Ehm...

NORA. Perché quell'aria così scettica? Crede forse che non mi vadano bene?

RANK. Mi è impossibile avere una fondata opinione in proposito.

NORA (lo guarda un momento). Si vergogni! (Colpendolo leggermente con le calze sull'orecchio). Questo è per lei. (Le

arrotola di nuovo).

RANK. E quali sono dunque le altre magnificenze che mi farà vedere ?

NORA. Non vedrà proprio nient'altro, perché è un impertinente. (Canticchia, frugando fra le sue cose)..Henrik Ibsen Casa di bambola

20

RANK (dopo un breve silenzio). Quando me ne sto qui seduto con lei, così, in tutta confidenza, non capisco... non

riesco a pensare... cosa ne sarebbe stato di me se non fossi venuto in questa casa.

NORA (sorridendo). Sì, son sicura, in fondo, che lei qui da noi si trova proprio a suo agio.

RANK (a voce più bassa, guardando fisso davanti a sé). E dover andarsene da tutto questo...

NORA. Storie! Lei non se ne andrà.

RANK (come prima).... e non potere neppure lasciare un misero segno di gratitudine, appena un vuoto passeggero...

unicamente un posto libero, che può essere occupato dal primo venuto.

NORA. E se adesso io la pregassi...? No...!

RANK. Di che cosa?

NORA. Di una grande prova di amicizia...

RANK. Sì, dica !

NORA. No, voglio dire... di un piacere molto grande...

RANK. Vorrebbe dunque, per una volta tanto, darmi questa gioia?

NORA. Oh, ma lei non sa di che cosa si tratta.

RANK. Bene, me lo dica allora.

NORA. No, non posso, dottor Rank, è una cosa troppo enorme... un consiglio, e nello stesso tempo un aiuto, un

servizio...

RANK. Tanto più, tanto meglio. Non riesco a immaginare di che cosa si tratta. Ma parli dunque. Non ho la sua fiducia?

NORA. Certo che ce l'ha. Più di qualsiasi altra persona. Lei è il mio migliore amico e il più fedele, lo so bene. iper

questo che glielo voglio dire. C'è una cosa, dottor Rank, che lei dovrebbe aiutarmi a impedire. Lei sa di che amore

immenso, indicibile mi ama Torvald; non ci penserebbe neppure un momento a dare la sua vita per me.

RANK (piegato verso di lei). Nora... e lei crede che sia l'unico...?

NORA (con un leggero sobbalzo ). L'unico che...

RANK. Che darebbe con gioia la vita per amor suo.

NORA (tristemente). Ah!

RANK. Ho giurato a me stesso che lei avrebbe dovuto saperlo prima che io me ne andassi. Non potrei mai trovare

occasione migliore... Ecco Nora; adesso lo sa. E adesso lei sa anche che può confidarsi con me come con nessun altro.

NORA (si alza; con tranquilla semplicità). Mi lasci passare.

RANK (le fa posto, ma rimane seduto). Nora...

NORA (sulla porta dell'ingresso). Helene, porta qui la lampada... (Andando verso la stufa). Oh, caro dottor Rank, lei ha

fatto veramente una brutta cosa.

RANK (alzandosi). Amandola di tutto cuore come nessun altro? É una brutta cosa?

NORA. No, ma è brutto che lei me lo venga a dire. Non era affatto necessario. . .

RANR. Che cosa intende dire? Lei allora sapeva...?

(La cameriera entra con la lampada, la posa sul tavolo ed esce di nuovo).

RANK. Nora,... signora Helmer... lei sapeva qualcosa, domando?

NORA. Che cosa ne so io di quel che sapevo e di quel che non sapevo? Non glielo posso proprio dire... E lei ha

dimostrato così poco tatto, dottor Rank! Adesso che andava tutto così bene!

RANK. In ogni caso, ora lei sa con certezza che io sono a sua disposizione, corpo e anima. E adesso parli pure.

NORA (guardandolo). Dopo quel che è successo?

RANK. La prego di farmi sapere di che cosa si tratta.

NORA. Adesso non potrà più saper niente.

RANK. E invece sì. Non deve punirmi in questo modo. Mi permetta di fare per lei tutto quello che è umanamente

possibile fare.

NORA. Lei per me adesso non può fare niente... Del resto io non ho bisogno di aiuto. Vedrà, erano tutte fantasie. Certo

che è così. Naturalmente! (Si siede sulla poltrona a dondolo e lo guarda sorridendo). Ma sì, lei è proprio una brava

persona, dottor Rank. Ma mi dica, ora che c'è la lampada, lei non si vergogna?

RANK. No, veramente. Ma dovrò forse andarmene... per sempre?

NORA. No, questo no davvero. Naturalmente dovrà venire qui come prima. Lei sa bene, del resto, che Torvald non può

stare senza vederla.

RANK. Sì, ma lei?

NORA. Oh, mi sembra che tutto sia così allegro quando viene lei.

RANK. proprio questo che mi ha portato fuori strada. Lei per me è un enigma. Mi è sembrato più di una volta che lei

stesse con me quasi tanto volentieri quanto con Helmer.

NORA. Già, vede, ci sono delle persone che si amano più di tutti, e persone con le quali si preferisce stare.

RANK. Già, c'è qualcosa di vero in quello che dice.

NORA. A casa volevo più bene a papà che a tutti gli altri, si capisce. Ma mi sembrava enormemente divertente poter

sgattaiolare giù in camera delle domestiche; quelle non pretendevano di darmi consigli, e inoltre facevano tra di loro dei

discorsi molto divertenti.

RANK. Ah, ho dunque preso il loro posto!.Henrik Ibsen Casa di bambola

21

NORA (balza in piedi e gli si avvicina). Caro e buon dottor Rank, non volevo davvero dir questo. Ma lei può ben capire

che con Torvald è come con mio padre... (La cameriera entra dall'ingresso).

CAMERIERA. Signora! (Sussurra qualcosa porgendole un biglietto).

NORA (dando un'occhiata al biglietto). Ah! (Se lo mette in tasca).

RANK. Qualche seccatura?

NORA. No, no, affatto; è solo... si tratta del mio nuovo costume...

RANK. Come? Ma se il suo costume è lì!

NORA. Ah, quello Sì, ma si tratta di un altro che ho ordinato... Torvald non lo deve sapere...

RANK. Ecco qui dunque il grande segreto!

NORA. Sì, certo, ma vada pure di là da lui, è nello studio interno, lo intrattenga fino a quando...

RANK. Stia tranquilla, non lo lascerò uscire.

(Entra nella camera di Helmer).

NORA (alla cameriera). E sta aspettando in cucina?

CAMERIERA. Sì, è salito dalla scala di servizio...

NORA. Ma non gli hai detto che qui c'era gente?

CAMERIERA. Sì, ma non è servito a nulla.

NORA. Non ha voluto andarsene?

CAMERIERA. No, non se ne andrà prima di aver parlato con la signora.

NORA. Allora fallo entrare, ma piano. Helene, non devi parlarne con nessuno; si tratta di una sorpresa per mio marito.

CAMERIERA. Sì, sì, capisco bene... (Esce).

NORA. Ecco la rovina. Eccola, nonostante tutto. No, no, no, non può succedere; non deve succedere.

(Va a tirare il catenaccino della porta di Helmer).

(La cameriera apre la porta dell'ingresso, fa entrare Krogstad e richiude la porta.

Il procuratore è in pelliccia, stivaloni e berretto di pelo).

NORA (andandogli incontro). Parli sottovoce, mio marito è in casa.

KROGSTAD. Ci stia pure.

NORA. Che cosa vuole da me?

KROGSTAD. Lei sa bene che ho ricevuto la lettera di licenziamento.

NORA. Non ho potuto impedirlo, signor Krogstad. Ho lottato con tutte le mie forze in suo favore, ma non è servito a

niente.

KROGSTAD. Suo marito nutre dunque così scarso amore verso di lei? Sa a che cosa posso esporla, e osa ugualmente...

NORA. Come può pensare che lui sia al corrente?

KROGSTAD. No, non lo pensavo nemmeno. Non è davvero nello stile del mio buon Torvald Helmer dimostrare tanto

coraggio...

NORA. Signor Krogstad, io pretendo che si rispetti mio marito.

KROGSTAD. Figurarsi, tutto il rispetto possibile. Ma dato che la signora ha tanta paura di divulgare il segreto oso

credere che abbia avuto spiegazioni più chiare su quello che ha fatto.

NORA. Più chiare di quelle che avrebbe mai potuto darmi lei.

KROGSTAD Già, un cattivo giurista come sono io...

NORA. Che cosa vuole da me?

KROGSTAD. Volevo solamente vedere come stava, signora Helmer. Ho pensato a lei tutta la giornata. Vede, un

impiegatuccio, un avvocatucolo, un... bene, uno come me, possiede anche lui un po' di quel che suol chiamarsi buon

cuore.

NORA. Lo dimostri, allora, pensando ai miei bambini.

KROGSTAD. E lei e suo marito hanno pensato ai miei? Ma non importa. Quello che volevo dirle, era solo che non c'era

bisogno che prendesse la cosa troppo sul serio. Per il momento, da parte mia non ci sarà nessuna denuncia.

NORA No, vero? Lo sapevo.

KROGSTAD. Tutta la faccenda può essere regolata amichevolmente, non c'è bisogno che venga divulgata, potrà restare

fra noi tre.

NORA. Mio marito non dovrà mai saperne nulla.

KROGSTAD. E come potrà impedirlo ? Ha forse il denaro per saldare il suo debito?

NORA. No, subito no.

KROGSTAD. O avrà forse occasione di procurarsi i denari uno dei prossimi giorni?

NORA. Nessuna occasione di cui voglia approfittare.

KROGSTAD. Già, tanto non le sarebbe servito a nulla ugualmente. Anche se lei stesse qui davanti a me con tutti i

possibili denari contanti in mano non le restituirei lo stesso la sua obbligazione..Henrik Ibsen Casa di bambola

22

NORA. Allora mi spieghi che cosa se ne vuol fare.

KROGSTAD. Voglio solamente tenerla... tenerla in deposito. Nessun estraneo ne saprà mai nulla. Se dovesse dunque

pensare a qualche decisione disperata...

NORA. Ci penso sì.

KROGSTAD.... se dovesse venirle l'idea di abbandonare casa e famiglia...

NORA. Mi è venuta sì.

KROGSTAD.... O se dovesse passarle per la mente, il che è ancor peggio, di...

NORA. Come può saperlo?

KROGSTAD.... abbandoni pure 1’idea.

NORA. Come può sapere quel che ho in mente?

KROGSTAD. Pensieri del genere vengono quasi a tutti da principio. Vennero anche a me, ma poi non ne ebbi il

coraggio, glielo assicuro...

NORA (con voce spenta). Neanche io.

KROGSTAD (sollevato). No, non è vero ? Non ne ha il coraggio nemmeno lei?

NORA. Non ce l'ho. Non ce l'ho.

KROGSTAD. E sarebbe anche una grossa stupidaggine. Basta solo che passi la prima tempesta... Ho qui in tasca una

lettera per suo marito...

NORA. E gli ha scritto tutto?

KROGSTAD. Col maggior riguardo possibile.

NORA (rapidamente). Quella lettera non dovrà mai averla. La faccia a pezzi. Troverò lo stesso la maniera di

procurarmi i soldi.

KROGSTAD. Mi scusi, signora, ma mi pare di averle già detto poco fa...

NORA. Oh, io non parlo di quello che le devo: mi faccia sapere che somma lei pretende da mio marito e io procurerò i

denari.

KROGSTAD. Io non pretendo denari da suo marito.

ORA. E che cosa allora ?

KROGSTAD. Ora lo saprà. Voglio riabilitarmi, signora, voglio avanzare di grado, e suo marito dovrà aiutarmi. Da un

anno e mezzo non mi sono reso colpevole di nessuna azione disonesta, per tutto questo tempo ho lottato nelle

condizioni più disagiate, ma ero felice di risollevarmi col mio lavoro, passo passo. Ora che sono cacciato via, non mi

accontento di esser riassunto per favore. Voglio avanzare di grado, le ho detto. Voglio tornare alla banca... con una

posizione più alta, suo marito dovrà creare un posto per me...

NORA. Non lo farà mai!

KROGSTAD. Lo farà; io lo conosco, non avrà il coraggio di dire una parola. Solo che riesca a rimanere là con lui,

vedrà! Entro un anno sarò la mano destra del direttore. Sarà Nils Krogstad a dirigere la Banca Commerciale, e non

Torvald Helmer.

NORA. Questo non sarà mai!

KROGSTAD. Lei vuole forse... ?

NORA. Ora ne ho il coraggio.

KROGSTAD. Oh, lei non mi fa paura. Una signora fine e viziata come lei...

NORA. Vedrà, vedrà.

KROGSTAD. Forse sotto il ghiaccio? Nell'acqua fredda, oscura? E ritornare poi alla superfice in primavera, brutta,

irriconoscibile, senza più capelli...

NORA. Lei non mi fa paura.

KROGSTAD. Neanche lei mi fa paura. Queste cose non si fanno, Signora Helmer. E a che servirebbe poi? Lo avrei lo

stesso nelle mie mani.

NORA. Dopo? Quando io non ci sarò più...?

KROGSTAD. Lei non pensa che allora la sua reputazione dipenderà da me.

NORA (lo guarda, senza parola).

KROGSTAD. Bene, ora l'ho preparata. Non faccia dunque delle stupidaggini. Una volta che Helmer avrà ricevuta la

lettera, io aspetterò che si faccia vivo lui. E si ricordi bene che è stato proprio suo marito a spingermi di nuovo su questa

strada. Non glielo perdonerò mai. Arrivederci, signora.

(Esce dall'ingresso).

NORA (si avvicina alla porta d'ingresso, la socchiude e ascolta). Va via. Non consegna la lettera. Oh no, no, sarebbe

impossibile! (Apre ancora un po’ la porta). Che cosa c'è? E fermo davanti alla porta. Non scende le scale. Sta

riflettendo? Che adesso...?

(Una lettera cade in fondo alla cassetta, si sentono poi i passi di Krogstad allontanarsi giù per le scale).

NORA (con un grido soffocato, corre verso il sofà. Breve pausa). Bella cassetta. (Si avvicina di soppiatto alla porta

dell'ingresso). Eccola lì... Torvald, Torvald, siamo perduti!.Henrik Ibsen Casa di bambola

23

SIGNORA LINDE (viene dalla stanza di sinistra con in mano il costume). Adesso non so più cosa aggiustare.

Vogliamo provarlo?...

NORA (con voce rauca e bassa). Kristine, vieni qui.

SIGNORA LINDE (getta il vestito sul sofà). Che cosa c’è? Hai 1’aria sconvolta.

NORA. Vieni qui. Vedi quella lettera? Lì, guarda... dietro il vetro, nella cassetta delle lettere.

SIGNORA LINDE. Sì, sì; la vedo bene.

NORA. É una lettera di Krogstad...

SIGNORA LINDE. Nora... è stato Krogstad a prestarti il denaro!

NORA. Sì, e ora Torvald verrà a saper tutto.

SIGNORA LINDE. Credimi, Nora, è meglio per tutti e due.

NORA. C'è dell'altro che tu non sai. Ho fatto una firma falsa...

SIGNORA LINDE. Per 1 amor di Dio!...

NORA. Volevo solo dirti, Kristine, che dovrai farmi da testimone.

SIGNORA LINDE. Come, da testimone? Che cosa devo...?

NORA. Se dovessi uscire di senno... e questo potrebbe bene accadere!

SIGNORA LINDE. Nora !

NORA. Se mi dovesse capitare qualche altra cosa... qualcosa per cui non fossi più qui...

SIGNORA LINDE. Nora, Nora, ma tu hai perduto la testa!

NORA. E se allora qualcuno volesse prender tutto su di sè, tutta la colpa, capisci...

SIGNORA LINDE. Sì, sì, ma come puoi pensare...?

NORA. Allora dovrai testimoniare che non è vero, Kristine. Io non sono affatto fuori di me; sono ancora nelle mie piene

facoltà mentali, e ti assicuro: non l'ha saputo nessun altro, ho fatto tutto da sola. Ricordatelo.

SIGNORA LINDE. Certamente. Ma non capisco tutta questa faccenda.

NORA. E come potresti capire? Adesso dovrà accadere la cosa meravigliosa.

SIGNORA LINDE. La cosa meravigliosa ?

NORA. Sì, la cosa meravigliosa. Ma è talmente terribile, Kristine; non dovrà accadere, per nulla al mondo.

SIGNORA LINDE. Vado subito a parlare con Krogstad.

NORA. Non andarci; ti farà del male!

SIGNORA LINDE. C'è stato un tempo nel quale avrebbe volentieri fatto qualsiasi cosa per me.

NORA. Lui?

SIGNORA LINDE. Dove abita ?

NORA. Oh, che ne so?... Sì che lo so invece! (Mette la mano in tasca). Ecco il suo biglietto da visita. Ma la lettera, la

lettera!...

HELMER (dalla sua stanza, bussa alla porta). Nora!

NORA (con un grido di paura). Oh! Che cosa c'è? Cosa vuoi?

HELMER. Su, non aver tanta paura. Entrare non possiamo, dato che hai chiuso la porta; stai forse provando?

NORA. Sì, sì; sto provando. Sarò un amore, Torvald!

SIGNORA LINDE (che intanto ha letto il biglietto da visita). Abita proprio qui all'angolo.

NORA. Già, ma non serve a niente. Siamo perdute. Tanto la lettera è lì nella cassetta.

SIGNORA LINDE. E tuo marito ha la chiave?

NORA. Sì, sempre.

SIGNORA LINDE. Krogstad deve richiedere indietro la lettera prima che venga aperta, deve trovare una scusa...

NORA. Ma questa è proprio l'ora in cui Torvald ha l'abitudine...

SIGNORA LINDE. Cerca di guadagnar tempo; va di là da lui intanto. Tornerò il più presto possibile. (Esce

rapidamente dalla porta di ingresso).

NORA (si avuicina alla porta di Helmer, I'apre e guarda dentro). Torvald !

HELMER (dalla studio in fondo). Oh, si può finalmente tornare nella propria stanza? Vieni, Rank, adesso vedremo...

(Dalla porta).

Ma cosa vuol dire?

NORA. Cosa, mio caro Torvald?

HELMER. Rank mi aveva annunciato una mascherata fantastica.

RANIC (sulla porta). Avevo capito così, ma si vede che mi sono sbagliato.

NORA. Sì, nessuno dovrà ammirarmi nella mia magnificenza prima di domani.

HELMER. Ma cara Nora, hai l'aria stanca. Hai fatto troppe prove?

NORA. No, non ho ancora provato affatto!

HELMER. Ma dovrai pure farlo.

NORA. Sì, dovrò assolutamente provare, Torvald. Ma io non riesco a niente senza il tuo aiuto; ho dimenticato proprio

tutto.

HELMER. Oh, ci rinfrescheremo subito la memoria.

NORA. Sì, occupati di me Torvald, te ne prego. Me lo prometti? Ah, ho tanta paura. Tutta quella gente... Stasera ti devi

dedicare esclusivamente a me. Neppure un po' di affari, neppure la penna in mano. Cosa? Non è vero, Torvald caro?.Henrik Ibsen Casa di bambola

24

HELMER. Te lo prometto: stasera sarò completamente a tua disposizione... povera piccola disperata... Già, è vero, ma

prima devo fare una cosa... (Si avvia verso l'ingresso).

NORA. Cosa cerchi là fuori?

HELMER. Voglio solo vedere se dovesse essere arrivata qualche lettera.

NORA. No, no, non farlo, Torvaldl

HELMER . E perché ?

NORA. Torvald, ti prego; non c'è niente.

HELMER. Ma lasciami guardare! (Vuole uscire).

NORA (suona sul piano le prime note della tarantella).

HELMER (fermo sulla porta). Ah!

NORA. Io non posso ballare se prima non faccio una prova con te.

HELMER (le si avvicina). Hai veramente tanta paura, cara Nora?

NORA. Sì, una paura immensa. Fammi provare subito, abbiamo ancora tempo prima di andare a tavola. Oh, siedi e

suona per me, caro Torvald, insegnami tu, al solito.

HELMER. Volentieri, molto volentieri, se lo desideri. (Si siede al piano).

NORA (tira fuori dalla scatola il tamburello e un lungo scialle variopinto nel quale si avvolge, balza poi in mezzo alla

stanza gridando). Suona per me, ora voglio danzare!

(Helmer suona e Nora balla; il dottor Rank sta a guardare vicino al pianoforte, dietro a Helmer).

HELMER (suonando). Più piano... più piano

NORA. Non posso fare diversamente.

HELMER. Non con tanto impeto, Nora !

NORA. Deve essere proprio così.

HELMER (smette di suonare). No, no, così non va assolutamente.

NORA (ride, agitando il tamburello). Non te lo avevo detto?

RANK. Lascia suonare a me.

HELMER (alzandosi). Sì, suona tu, così io potrò insegnarle meglio.

(Rank si siede al piano e suona; Nora danza con impeto sempre crescente; Helmer si è messo vicino alla stufa e,

durante il ballo, continua a correggere e a fare osservazioni a Nora, che sembra non sentirlo; i capelli le si sciolgono e

le cadono sulle spalle, ma lei non se ne accorge e continua a ballare. Entra la signora Linde).

SIGNORA LINDE (si ferma sulla porta, come stregata). Ah...!

NORA (ballando). Qui siamo allegri, Kristine!

SIGNORA LINDE. Ma carissima Nora, tesoro; balli come se ne andasse della tua vita.

NORA. Ma è proprio così.

HELMER. Basta Rank, questa è pura follia. Fermati, ti dico.

(Rank smette di suonare e Nora si arresta improvvisamente).

HELMER (volto verso di lei). Non lo avrei mai creduto possibile. Ti sei dimenticata di tutto quello che ti avevo

insegnato.

NORA (gettando via il tamburello). Lo vedi anche tu.

HELMER. Bene, qui c'è bisogno davvero di qualcuno che ti insegni.

NORA. Sì, lo vedi che è necessario. Dovrai aiutarmi sino all'ultimo momento. Me lo prometti Torvald?

HELMER. Puoi contarci sicuramente.

NORA. Oggi e domani non dovrai pensare a nessun'altra cosa, solo a me; non dovrai aprire nessuna lettera... neanche la

cassetta delle lettere...

HELMER. Ah, tu hai ancora paura di quell'uomo...

NORA. Oh sì, anche questo.

HELMER. Nora, te lo leggo negli occhi, c'è già là una sua lettera.

NORA. Non lo so, credo, ma non devi leggere roba del genere adesso, non dovrà esserci niente di brutto fra noi, fino a

che tutto sarà finito.

RANK. (piano ad Helmer). Non contraddirla.

HELMER (mettendole un braccio intorno alla vita). La piccola sarà accontentata. Ma domani notte, dopo che avrai

ballato...

NORA. Sarai libero.

CAMERIERA (sulla porta di sinistra). Signora, c servito in tavola.

NORA. Vogliamo dello champagne, Helene.

CAMERIERA. Bene, signora. (Esce).

HELMER. Ohè, gran festa allora?

NORA. Champagne fino a giorno fatto e un po' di pasticcini di mandorle, Helene, molti ... per una volta tanto..Henrik Ibsen Casa di bambola

25

HELMER (prendendola per mano). Su, su, basta con quell'impeto pieno di sgomento. Dovrai essere la mia piccola

allodola, come sempre.

NORA. Ma intanto va' di là; vada anche lei, dottor Rank. Kristine, tu mi aiuterai a tirare su i capelli.

RANK (a bassa voce, uscendo). Non c'è per caso qualcosa... qualcosa in arrivo?

HELMER. Nemmeno per sogno, carissimo, non c'è altro che quella paura bambinesca di cui ti ho parlato. (Escono a

destra).

NORA. Ebbene?

SIGNORA LINDE. Partito per la campagna.

NORA. Te l'avevo letto negli occhi.

SIGNORA LINDE. Torna domani sera. Gli ho lasciato un biglietto.

NORA. Sarebbe stato meglio non farlo. Non bisogna opporsi a

nulla. In fondo è una gran gioia stare in attesa della cosa meravigliosa.

SIGNORA LINDE. Ma che cosa è che aspetti ?

NORA. Oh, tu non puoi capire. Va' di là da loro, vengo subito.

(La signora Linde va in camera da pranzo).

NORA (resta ferma un momento, come per raccogliersi, poi guarda l'orologio). Le cinque. Mancano sette ore a

mezzanotte. Poi altre ventiquattr'ore sino alla prossima mezzanotte. Allora la tarantella sarà finita. Ventiquattro più

sette? Trentun'ore di vita.

HELMER (sulla porta di destra). Ma dove è rimasta la piccola allodola?

NORA (andandogli incontro a braccia aperte). Ecco l'allodolal.Henrik Ibsen Casa di bambola

26

ATTO TERZO

La stessa stanza. Il tavolino che era vicino al sofà è stato spostato nel mezzo, insieme alle seggiole. Sul tavolo è una

lampada accesa. La porta dell'ingresso è aperta. Dal piano superiore, suono di musica da ballo.

La signora Linde, seduta al tavolino, sfoglia distrattamente un libro; cerca di leggere ma sembra non riuscire a

concentrare il proprio pensiero. Più di una volta tende ansiosa l'orecchio verso l'ingresso.

SIGNORA LINDE (guardando l'orologio). Ancora niente. Eppure non c'è più tempo da perdere. Basta che lui non...

(Di nuovo in ascolto). Ah, eccolo; (Esce nell'ingresso e apre cautamente la porta; si sentono dei passi leggeri per le

scale). (Sussurrando). Venga avanti. Non c'è nessuno.

KROGSTAD (sulla porta). Ho trovato a casa un suo biglietto. Che cosa vuol dire?

SIGNORA LINDE. Devo assolutamente parlare con lei.

KROGSTAD. Ah sì ? E deve farlo assolutamente in questa casa ?

SIGNORA LINDE. Da me era impossibile; la mia camera non ha Un ingresso separato. Venga avanti siamo soli; la

cameriera dorme e gli Helmer sono al ballo al piano di sopra.

KROGSTAD (entrando). Guarda guarda gli Helmer ballano stasera ? Davvero ?

SIGNORA LINDE. Sì, e perché non dovrebbero farlo ?

KROGSTAD. Già, è vero.

SIGNORA LINDE. Su, Krogstad, parlia mo un po’ insieme.

KROGSTAD. Abbiamo ancora qualcosa da dirci noi due?

SIGNORA LINDE. Abbiamo molte cose da dirci.

KROGSTAD. Non l'avrei pensato.

SIGNORA LINDE. Perché lei non mi ha mai capita.

KROGSTAD. Che cosa altro c'era da capire? la cosa più semplice di questo mondo. Una donna senza cuore che manda

a spasso un uomo quando le si offre qualcosa di più conveniente.

SIGNORA LINDE. E lei mi crede così senza cuore? E lei crede che io abbia rinunciato a cuor leggero?

KROGSTAD. Non è stato così?

SIGNORA LINDE. Krogstad, lei lo ha creduto veramente

KROGSTAD. Se le cose non staVano Così perché allora lei mi scrisse quello che sa?

SIGNORA LINDE. Non potevo fare altrimenti. Se dovevo romperla con lei era mio dovere sradicare dal suo cuore i

sentimenti che nutriva nei miei riguardi.

KROGSTAD (torcendosi le mani). E stato dunque così. E questo... questo per amore del denaro!

SIGNORA LINDE. Non deve dimenticare che avevo una madre bisognosa di aiuto e due fratellini. Noi non potevamo

aspettarla, Krogstade lei allora non aVeva molte prospettive per l'avvenire.

KROGSTAD. Può darsi, ma lei non aveva il diritto di piantarmi in asso per amor di qualcun altro.

SIGNORA LINDE. Non lo so. Mi sono chiesta molte volte se ne avevo avuto il diritto.

KROGSTAD (a voce più bassa). Quando la persi, mi sembrò che il terreno mi venisse meno sotto i piedi. Mi guardi;

ora sono un naufrago, su di un relitto di nave.

SIGNORA LINDE. La salvezza non dovrebbe essere lontana.

KROGSTAD. Non era lontana, ma poi è venuta lei e mi ha sbarrato la strada.

SIGNORA LINDE. senza saperlo, Krogstad. Solamente oggi ho sentito che il posto che avrò in banca è il sUO.

KROGSTAD. Se lo dice lei lo credo. Ma adesso che lo sa non rinuncia ?

SIGNORA LINDE. No, perché non servirebbe a nulla lo stesso.

KROGSTAD. Oh, servire, servire... io lo farei lo stesso, in ogni modo.

SIGNORA LINDE. Ho imparato ad agire secondo ragione. Sono state la vita e la dura, amara necessità a insegnarmelo.

KROGSTAD. E a me invece la vita ha insegnato a non credere alle belle frasi.

SIGNORA LINDE. Allora la vita le ha insegnato una cosa molto ragionevole. Ma ai fatti lei crede, non è vero?

KROGSTAD. Che cosa intende dire ?

SIGNORA LINDE. Lei mi diceva di essere come un naufrago sul relitto di una nave.

KROGSTAD. E avevo ben ragione di dirlo.

SIGNORA LINDE. Anch'io sono come una naufraga Su un relitto. Nessuno da rimpiangere e nessuno di cui occuparmi.

KROGSTAD. È stata lei a scegliere.

SIGNORA LINDE. Allora non c'era altra scelta possibile.

KROGSTAD. Bene, e così ?

SIGNORA LINDE. Krogstad, se ora noi due naufraghi potessimo avvicinarci l'uno all'altro?

KROGSTAD. Che Cosa intende dire ?

SIGNORA LINDE. Due naufraghi stanno meglio sullo stesso relitto piuttosto che ognuno sul proprio.

KROGSTAD. Kristine!

SIGNORA LINDE. Perché crede che io sia venuta in città ?

KROGSTAD. Ha forse pensato a me?

SIGNORA LINDE. Devo lavorare se voglio continuare a vivere. Per tutta la vita, a quel che posso ricordare, ho.Henrik Ibsen Casa di bambola

27

lavorato, e questa è stata la mia UniCa e più grande gioia. Ma ora sono sola al mondo, terribilmente vuota e

abbandonata. Lavorare per sé non dà gioia. Krogstad, mi procuri qualcuno e qualche cosa per cui lavorare.

KROGSTAD. Non le credo. Si tratta unicamente di generosità di donna, di esasperato desiderio di sacrificio.

SIGNORA LINDE. Ha mai notato in me dell’esasperazione?

KROGSTAD. Lei sarebbe davvero capace di farlo? Mi dica... ha saputo qualcosa del mio passato?

SIGNORA LINDE. Sì.

KROGSTAD. E sa anche di che fama godo qui?

SIGNORA LINDE. Mi sembra che prima volesse dire che con me lei sarebbe stato un altro.

KROGSTAD. Questo è sicuro.

SIGNORA LINDE. E non potrebbe essere ancora possibile ?

KROGSTAD. Kristine... lei lo dice con tanta convinzione! Sì, è così. Glielo leggo in faccia. Lei avrebbe dunque

davvero il coraggio...?

SIGNORA LINDE. Ho bisogno di far da madre a qualcuno e i suoi figli hanno bisogno di una madre. Noi due abbiamo

bisogno l'un dell'altro. Krogstad, io ho fiducia nel fondo della sua natura... insieme a lei affronterò tutto.

KROGSTAD (afferrandole le mani). Grazie, grazie, Kristine... adesso sarò capace anche di elevarmi nella stima degli

altri... Ah, mi dimenticavo, però...

SIGNORA LINDE (in ascolto). Zitto ! La tarantella ! vada, vada !

KROGSTAD. Perché? Cosa c è?

SIGNORA LINDE. Sente quella danza al piano di sopra? Quando sarà finita possiamo aspettarceli qui da un momento

all'altro.

KROGSTAD. Già, devo andare. Tanto tutto è inutile. Lei naturalmente non è a Conoscenza del passo che ho intrapreso

contro gli Helmer.

SIGNORA LINDE. Sì, invece, lo conosco.

KROGSTAD. E nonostante questo lei avrebbe il coraggio di... ?

SIGNORA LINDE. Capisco bene fin dove può essere spinto dalla disperazione un uomo come lei.

KROGSTAD. Se potessi tornare indietro!

SIGNORA LINDE. Lo potrebbe benissimo, perché la sua lettera è ancora lì nella cassetta.

KROGSTAD. Ne è sicura?

SIGNORA LINDE. Sicurissima, ma...

KROGSTAD (la guarda con occhio inquisitore). Sarebbe questa la ragione? Vuole salvare la sua amica a ogni costo.

Me lo dica chiaro e tondo. È così?

SIGNORA LINDE. Krogstad, chi si è venduto una volta per amore degli altri non lo fa una seconda volta.

KROGSTAD. Domanderò indietro la mia lettera.

SIGNORA LINDE. No, no.

KROGSTAD. Sì, invece, si capisce. Aspetterò ora che torni Helmer, lo pregherò di restituirmi la mia lettera... gli dirò

che si tratta solamente del mio licenziamento... che non deve leggerla...

SIGNORA LINDE. No, Krogstad, non chieda indietro la lettera.

KROGSTAD. Ma mi dica la verità, non è stato proprio per questo che mi ha fatto venire qui?

SIGNORA LINDE. Sì, è vero, nel primo attimo di terrore, ma ora è passata una giornata intera, e nel frattempo sono

stata testimone di cose incredibili qui in questa casa. Helmer dovrà sapere tutto, questo disgraziato segreto dovrà venire

alla luce del giorno, bisognerà che si venga ad una chiara spiegazione fra i due; è impossibile che restino legati a tutte

queste menzogne e a questi sotterfugi.

KROGSTAD. Allora d'accordo, se lei ne ha il coraggio... Ma in ogni caso posso fare una cosa, e subito...

SIGNORA LINDE (in ascolto). Faccia presto! Vada, vada! Il ballo è finito, non siamo più certi di star tranquilli oramai.

KROGSTAD. L’aspetto giù.

SIGNORA LINDE. Sì, mi aspetti, mi accompagnerà a casa.

KROGSTAD. Non sono mai stato così incredibilmente infelice

(Esce; la porta fra l'ingresso e il salotto resta spalancata).

SIGNORA LINDE (mette un po' in ordine e assesta il suo mantello). Che cambiamento! Già, che cambiamento!

Qualcuno per cui lavo rare... per cui vivere; una casa da sistemare secondo il proprio gusto. Bene, bisognerà cominciare

subito... Se venis sero presto... (In ascolto). Ah, eccoli! Ora mi preparo. (Si mette il mantello e il cappello).

(Si sentono dal di fuori le voci di Helmer e di Nora, una chiave è girata nella serratura e si vede Helmer che tira quasi

a forza Nora nell'ingresso. Nora ha un costume italiano ed è avvolta in uno sciallone nero. Helmer è in abito da

società, con sopra un domino nero aperto).

NORA (ancora sulla porta, esitando). No, no, no, non entriamo. Voglio ritornare su. Non voglio andarmene così presto.

HELMER. Ma Nora carissima...

NORA. Ti prego con tutto il cuore, Torvald, ti prego e ti scongiuro... solo ancora un'ora!.Henrik Ibsen Casa di bambola

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HELMER Neanche un minuto, Nora carissima! Lo sai, questo era il patto. Su, entra, lì prendi freddo.

(La trascina dolcemente nel salotto, nonostante lei si opponga).

SIGNORA LINDE. Buona sera!

NORA. Kristine!

HELMER. Come, signora Linde, lei è qui, così tardi?

SIGNORA LINDE. Sì, scusatemi, avevo tanta voglia di vedere Nora in costume.

NORA. E sei rimasta qui ad aspettarmi?

SIGNORA LINDE. Sì, purtroppo non sono arrivata a tempo; tu eri già di sopra, e così pensai che non era possibile

andar via prima di averti veduta.

HELMER (togliendo lo scialle a Nora). Sì, la guardi bene allora. Direi proprio che val la pena di ammirarla. Non è

bella, signora Linde ?

SIGNORA LINDE. Senza dubbio, devo dire che...

HELMER. Non è straordinariamente bella? Questo è stato anche il parere comune di tutti. Ma ha una testa

tremendamente dura questa cara piccola. Cosa dobbiamo farci? Pensi, ho quasi dovuto adoperare la forza per farla venir

via.

NORA. Oh, Torvald, ti pentirai di non avermi accontentata, fosse anche per una sola mezz'ora.

HELMER. Lei la sente, signora. Ha danzato la sua tarantella... ha avuto un enorme successo... ben meritato del resto...

per quanto forse nell'esecuzione ci fosse un po' troppa naturalezza; voglio dire, un po' più di quella che, a rigore di

termine, può conciliarsi con le esigenze dell'arte. Ma lasciamo andare! La cosa principale è che ha avuto successo, un

successo enorme. Dovevo, forse, dopo, lasciarla ancora là? Per diminuire l'effetto? No, grazie. Mi presi sotto braccio la

mia bella fanciulla di Capri --la capricciosa fanciulla di Capri potrei dire--un rapido giro attraverso la sala, un inchino

da ogni parte, e... come si dice nei romanzi... la bella visione sparì. Un finale deve essere sempre ad effetto, signora

Linde, ma non mi riesce di farlo capire a Nora. Uh, che caldo qui! (Getta il domino su di una sedia e apre la porta della

sua stanza). Cosa? Ma è buio! Ah, già, naturalmente! Scusate. (Entra e accende qualche candela).

NORA (rapida, senza fiato). Ebbene?

SIGNORA LINDE (piano). Gli ho parlato.

NORA. É così?...

SIGNORA LINDE. Nora, devi dire tutto a tuo marito.

NORA (con voce spenta). Lo sapevo.

SIGNORA LINDE. Da parte di Krogstad non hai niente da temere, ma devi parlare.

NORA. Io non parlo.

SIGNORA LINDE. Allora parlerà la lettera.

NORA. Grazie, Kristine; adesso so che cosa devo fare. Zitta!

HELMER (entrando). Ebbene signora, ha avuto tempo di ammirarla?

SIGNORA LINDE. Sì, e adesso buona notte.

HELMER. Come, già? È suo quel lavoro a maglia?

SIGNORA LINDE (prendendolo). Sì, grazie, stavo quasi per dimenticarmelo.

HELMER. Lei dunque lavora a maglia?

SIGNORA LINDE. Sì.

HELMER. Sa una cosa, dovrebbe piuttosto ricamare.

SIGNORA LINDE. Davvero ? E perché ?

HELMER. Perché è molto più elegante. Guardi, si tiene il ricamo così, con la sinistra, e poi si introduce con la destra

l'ago, così... con un arco leggero e slanciato; non le pare...?

SIGNORA LINDE. Ma sì, può essere...

HELMER. Lavorare a maglia, invece... non può non essere antiestetico; guardi: le braccia strette al corpo... i ferri che

vanno su e giù... c'è qualcosa di cinese... Ah, era veramente ottimo lo champagne che ci è stato servito.

SIGNORA LINDE. Già; buona notte Nora; e non essere più così testarda.

HELMER. Ben detto, signora Linde!

SIGNORA LINDE. Buona notte, direttore.

HELMER (la accompagna alla porta). Buona notte, buona notte; spero che arriverà bene a casa. Verrei volentieri... ma

non c'è poi molta strada da fare. Buona notte, buona notte. (La signora Linde se ne va, Helmer chiude la porta e

rientra). Finalmente se ne è andata. noiosa da morire quella donna.

NORA. Non sei molto stanco, Torvald?

HELMER. No, affatto.

NORA. E non hai neanche sonno?

HELMER. Affatto, mi sento invece più sveglio che mai. Ma tu, già, hai l'aria veramente stanca e assonnata.

NORA. Sì, sono molto stanca. Voglio andar subito a dormire.

HELMER. Vedi, vedi! Ho dunque avuto ragione a non voler rimanere lassù.

NORA. Oh, tu hai sempre ragione in tutto!

HELMER (la bacia in fronte). Adesso la lodoletta parla come una persona assennata- Ma hai veduto come era allegro.Henrik Ibsen Casa di bambola

29

Rank stasera?

NORA. Davvero? Era allegro? Non gli ho parlato.

HELMER. Neanche io, quasi, ma è da tempo che non l'avevo visto di così buon umore. (La guarda un momento, poi le

si avvicina). Ehm... che bellezza tornarsene a casa propria, starsene soli soletti insieme a te... giovane bellezza, donna

meravigliosa!

NORA. Non guardarmi così, Torvald!

HELMER. Non guardare il mio tesoro più prezioso? Tutta questa bellezza che è mia, solo mia, completamente mia?

NORA (passa dall'altra parte del tavolino). Non devi parlarmi così questa notte.

HELMER (le va dietro ). Hai ancora la tarantella nel sangue, lo vedo. E questo ti rende ancora più seducente. Senti?

Adesso gli invitati cominciano ad andare via. (Più piano). Nora... presto la casa sarà silenziosa...

NORA. Lo spero.

HELMER. Non è vero, mia amata Nora? Ah, sai una cosa ? Quando son fuori con te in società... sai perché parlo così

poco con te, perché mi tengo tanto lontano e ti lancio solo di tanto in tanto un'occhiata,... sai perché faccio così? Perché

immagino che tu sia la mia amante nascosta, la mia giovane fidanzata segreta, e che nessuno supponga che fra noi due

ci sia qualcosa.

NORA. Già, già, lo so bene che mi sei sempre vicino col pensiero.

HELMER. E quando dobbiamo andare e io poso lo scialle sulle tue spalle delicate, piene di giovinezza... sull'arco

meraviglioso della tua schiena... allora penso che tu sia la mia giovane sposa, che veniamo giusto dalle nozze, e che io ti

conduca per la prima volta in casa mia... immagino di essere solo con te per la prima volta... assolutamente solo con te,

giovane bellezza palpitante! Per tutta la serata non ho desiderato altro che te! Vedendoti folleggiare, provocante e

adescatrice nella tua tarantella, mi sentivo ribollire il sangue; allora non ho più resistito... è per questo che ti ho riportata

giù così presto...

NORA. Va' via, Torvald! Lasciami. Non voglio.

HELMER. Cosa vuol dire? Tu ti fai giuoco di me, piccola Nora. Vo lere ? Non sono tuo marito.. . ? (Si sente bussare

alla porta di ingresso).

NORA (con un sobbalzo). Hai sentito...?

HELMER (verso l’ingresso). Chi è ?

DOTTOR RANK (da fuori). Sono io. Mi è concesso di entrare un attimo ?

HELMER (piano, seccato). Oh, che cosa vuole adesso? (Ad alta voce). Aspetta un momento. (Va ad aprire). Bene, è

molto gentile da parte tua non passare senza fermarti davanti alla nostra porta.

RANK. Mi è sembrato di udire la tua voce, e allora mi è venuto voglia di fare un salto qui da voi. (Getta un'occhiata in

giro) Già, queste care vecchie conoscenze! State bene qui voi due, tranquilli e sereni...

HELMER. Mi sembrava che tu stessi bene anche al piano di sopra.

RANK. Splendidamente. E perché no? Perché non approfittare di tutto quello che capita a questo mondo? In ogni caso,

di tutto quello che è possibile, e per tutto il tempo possibile. Il vino era ottimo...

HELMER. Specialmente lo champagne.

RANK. Te ne sei accorto anche tu? quasi incredibile quanto ne ho potuto tracannare.

NORA. Anche Torvald ha bevuto molto champagne stasera.

RANK. Davvero?

NORA. Si, e dopo è sempre così allegro.

RANK. Già, e perché non prendersi una sera allegra dopo una giornata bene impiegata?

HELMER. Bene impiegata... Di questo purtroppo non ho il coraggio di vantarmi.

RANK (battendogli la mano sulle spalle). Ma io sì, vedi.

NORA. Dottor Rank, lei oggi ha certamente portato a termine qualche indagine scientifica.

RANK. Proprio così.

HELMER. Guarda, guarda, la piccola Nora parla di indagini scientifiche!

NORA. E posso congratularmi con lei per il risultato?

RANK. Sì, certamente.

NORA. dunque stato buono?

RANK. Il migliore, sia per il medico che per il paziente... la certezza.

NORA (rapida, con tono indagatore). La certezza?

RANK. La piena certezza. Non dovevo, dopo, concedermi una serata allegra?

NORA. Certo, lei ha avutO ragione a farlo, dottor Rank.

HELMER. Lo dico anch'io, basta che tu non debba poi scontarla domani.

RANK. A questo mondo non si ha niente per niente.

NORA. Dottor Rank, a lei piacciono molto i balli in maschera, vero ?

RANK. Sì, se ci sono molte maschere bizzarre...

NORA. Senta un po', come ci dovremo mascherare noi due al prossimo ballo?

HELMER. Testolina leggera... pensi già al prossimo?

RANK. Noi due? Glielo dirò subito, lei da favorita della Fortuna...

HELMER. Già, ma trovate un po' il costume adatto.

RANK. Basterà che tua moglie si presenti così come è tutti i giorni..Henrik Ibsen Casa di bambola

30

HELMER. Questa è veramente un'ottima risposta. Ma tu come vuoi mascherarti? Lo sai già?

RANK. Certo che lo so, caro amico, non ho dubbi in proposito.

HELMER. Ebbene?

RANK. Al prossimo ballo sarò un essere invisibile.

HELMER. Che idea!

RANK. Esiste un cappellone nero... non hai mai sentito parlare del cappello

che rende invisibili? Uno se lo mette, e così nessuno lo vede.

HELMER. (reprimendo un sorriso). Hai ragione.

RANK. Ma mi stavo dimenticando perché sono venuto. Helmer, dammi un sigaro, uno degli avana scuri.

HELMER. Col massimo piacere. (Gli porge l'astuccio).

RANK. (ne prende uno e lo spunta). Grazie!

NORA (accende un fiammifero). Permetta, ecco il fuoco.

RANK. Grazie. (Nora tiene fermo il fiammifero davanti a Helmer, che accende il sigaro). E adesso, addio!

HELMER. Addio, addio, carissimo!

NORA. Dorma bene, dottor Rank.

RANK. Grazie dell'augurio.

NORA. Me lo ricambi.

RANK. Ricambiarglielo? Bene, se vuole... Dorma bene. E grazie per il fuoco.

(Si inchina a tutti e due ed esce).

HELMER (a bassa voce). Aveva bevuto un bel po'.

NORA (distratta). Forse.

(Helmer si cava di tasca il mazzo delle chiavi c va nell'ingresso)

NORA. Torvald, cosa cerchi là?

HELMER. Devo vuotare la cassetta delle lettere, è piena zeppa, altrimenti domani mattina non ci sarà posto per i

giornali...

NORA. Hai intenzione di lavorare stanotte?

HELMER. Lo sai bene che non è questa la mia intenzione... Ma che cosa c'è qui? Qualcuno è stato attorno alla

serratura.

NORA. La serratura?...

HELMER. Sì, certo. Cosa può essere ? Non posso credere che le donne... C'è una forcina da capelli rotta. Nora, è una

delle tue...

NORA (rapida). Devono essere stati i bambini...

HELMER. Dovrai proprio far perdere loro questa abitudine. Ehm, ehm... bene, ci sono riuscito lo stesso. (Prende tutta

la posta e grida verso la cucina). Helene!... Helene!... Spegni la luce nell'ingresso!

(Rientra chiudendo la porta).

HELMER (con le lettere in mano). Guarda, guarda quanta posta si è ammucchiata. (Sfoglia le lettere). E questa che

cosa è?

NORA (vicino alla finestra). La lettera! Oh, no, no Torvald!

HELMER. Due biglietti da visita di Rank?...

NORA. Del dottor Rank?

HELMER (guardando). Dottor Rank, medico chirurgo. Stavano sopra a tutto; deve averli introdotti nella cassetta

uscendo.

NORA. C'è scritto sopra qualcosa?

HELMER. Sopra il nome c'è una croce nera. Guarda: è proprio una idea lugubre. È come se annunciasse lui stesso la

sua morte.

NORA. Infatti è così.

HELMER. Come? Sai niente? Ti ha detto qualcosa?

NORA. Sì. I biglietti dovevano significare il suo addio. Vuole chiudersi in casa per morire.

HELMER. Povero amico. Lo sapevo che non avrei potuto averlo per molto tempo. Ma così presto... E adesso si

nasconde, come un animale ferito.

NORA. Se deve essere, è meglio così, senza parole. Non è vero, Torvald ?

HELMER (andando su e giù). Faceva talmente parte della nostra vita. Non riesco ad immaginarmi che non sia più con

noi. Rank, con i suoi dolori e con la sua solitudine, era come se desse uno sfondo d'ombra alla nostra felicità solare...

Ma forse è meglio così. Per lui, in ogni modo. (Si interrompe). E forse anche per noi Nora. Adesso noi due dobbiamo

contare unicamente su noi stessi. (La cinge col braccio). Oh, mia amata sposa, non mi pare di tenerti mai abbastanza

stretta a me. Sai, Nora, ... a volte desidero che ti minacci un pericolo per poter rischiare la vita, il sangue, tutto quello.Henrik Ibsen Casa di bambola

31

che ho per amor tuo.

NORA (si stacca da lui e dichiara con ferma decisione). Ora devi leggere le tue lettere, Torvald.

HELMER. No, no, non questa notte. Voglio restare con te, mia amata sposa.

NORA. Pensando alla morte del tuo amico?

HELMER. Hai ragione.: una cosa che ci ha sconvolto tutti e due, tra noi vi è ora qualcosa di antiestetico: pensieri di

morte e di decomposizione. Dobbiamo cercare di liberarcene. Fino ad allora... Ognuno per conto proprio.

NORA (gettandogli le braccia al collo). Torvald... buona notte! Buona notte!

HELMER (la bacia in fronte). Buona notte, mio piccolo uccellino canoro. Dormi bene, Nora. Adesso darò una scorsa

alle lettere. (Entra col pacco della posta nel suo studio e richiude la porta).

NORA (Va su e giù barcollando, col terrore negli occhi. Afferra il domino di Helmer, se lo avvolge intorno al corpo e

sussurra rapida, con voce roca e ansimante). Non vederlo mai più. Mai più. Mai più. Mai più. (Si butta sul capo lo

scialle). Non vedere mai più nemmeno i bambini. Mai più. Mai più... Oh, quell'acqua ghiaccia, nerastra. E senza

fondo... quella... Oh se tutto fosse finito... Adesso l'ha nelle mani; adesso la legge. Oh no, no, non ancora... Addio

Torvald, addio bambini... (Mentre sta per precipitarsi fuori nell'ingresso Helmer spalanca violentemente la porta del

suo studio e appare con la lettera aperta in mano).

HELMER. Nora !

NORA (con un grido). Ah...!

HELMER. Che vuol dire questo ? Sai cosa c'è scritto in questa lettera?

NORA. Sì, lo so. Lasciami andare! Lasciami andar via!

HELMER (trattenendola). Dove vuoi andare?

NORA (tenta di divincolarsi). Non devi salvarmi, Torvald!

HELMER (indietreggia barcollando). E' vero? E' vero quello che scrive? Spaventoso! No, no, è impossibile che sia

vero!

NORA. É vero. Ti ho amato più di qualsiasi altra cosa su questa terra.

HELMER. Non cominciare con delle scuse stupide.

NORA (facendo un passo verso di lui). Torvald!

HELMER. Disgraziata!... Che cosa mai hai fatto!

NORA. Lasciami partire. Non dovrai sopportare le conseguenze della mia colpa. Non dovrai addossartela tu.

HELMER. Non fare la commedia. (Chiude la porta dell'ingresso). Adesso rimani qui e mi rendi conto di tutto. Capisci

che cosa hai fatto? Rispondimi! Lo capisci?

NORA (lo fissa e dichiara irrigidendosi). Sì, adesso comincio a capirlo fino in fondo.

HELMER (andando attorno per la camera). Ah, che terribile risveglio! In tutti questi otto anni... quella che è stata la

mia luce e il mio orgoglio... era una ipocrita, una bugiarda... peggio peggio, una criminale... Quanta bruttura, senza

fondo, in tutto questo! Vergogna! Vergogna!

NORA (tace, guardandolo sempre fissamente).

HELMER (le si ferma davanti). Avrei dovuto immaginarmelo che sarebbe successo qualcosa di simile. Avrei dovuto

prevederlo! Tutta la fondamentale leggerezza di tuo padre. Taci... Hai ereditato tutta la fondamentale leggerezza di tuo

padre. Niente religione, niente morale, niente senso del dovere... Oh, come sono stato punito di aver usato indulgenza

nei suoi riguardi! Io lo feci per amor tuo, e tu mi ricompensi in questo modo.

NORA. Già, in questo modo.

HELMER. Adesso hai distrutto tutta la mia felicità. Hai compromesso tutto il mio avvenire.: terribile a pensarci. Sono

nelle mani di una persona senza scrupoli: può fare di me quello che vuole, pretendere qualsiasi cosa, comandarmi e

ordinarmi quello che gli viene in mente... senza che io abbia il coraggio di dire una parola. Dovrò affondare così

miseramente e andare in rovina per colpa di una donna senza testa!

NORA. Quando non ci sarò più sarai libero.

HELMER. Non fare storie. Anche tuo padre aveva sempre pronte frasi del genere. Che vantaggio ne avrei quando tu

non fossi più in questo mondo, come dici tu? Non ne avrei proprio nessun vantaggio! Lui può rendere ugualmente nota

la faccenda, e allora potrebbe darsi che io venissi sospettato di esser stato a conoscenza della tua azione criminale. Si

potrà forse credere che ne sia stato complice... che sia stato io ad istigarti! E di tutto questo devo ringraziar te, te, che ho

portato in palma di mano per tutto il tempo del nostro matrimonio. Capisci adesso che cosa mi hai fatto?

NORA (con fredda calma). Sì.

HELMER. È talmente incredibile che non posso persuadermene. Ma dobbiamo cercare di uscirne fuori. Togliti lo

scialle. Toglitelo, ti dico! Dovrò vedere di accontentarlo, in un modo o in un altro. La cosa deve essere messa a tacere,

ad ogni costo... E per quello che riguarda noi due, tutto dovrà sembrare come prima. Ma naturalmente solo per il

mondo. Tu rimarrai dunque qui in casa, si intende. Ma non ti sarà permesso di educare i bambini; quelli non ho il

coraggio di affidarteli... Dover dire una cosa del genere alla donna che si è tanto amato e che ancora... Ma questo deve

finire. Da oggi in poi non conta più la felicità, quello che conta è salvare quello che resta, i frammenti, l'apparenza... (Si

sente suonare alla porta di ingresso).

HELMER (trasale). Che cosa è? Così tardi! Che sia venuto il momento del peggio? Che quello... Nasconditi, Nora! Di'

che sei malata. (Nora rimane immobile, ritta in piedi. Helmer va ad aprire).

CAMERIERA (mezza spogliata, nell'ingresso). C'è una lettera per la signora.

HELMER. Dammela! (Afferra la lettera e chiude la porta). Sì, è di lui. Non te la do. Voglio leggerla io..Henrik Ibsen Casa di bambola

32

NORA. Leggila.

HELMER (vicino alla lampada). Quasi non ho il coraggio. Forse siamo perduti tutti e due, tu ed io. No; devo saperlo.

(apre la lettera con precipitazione, la scorre, guarda un foglio unito alla lettera; grido di gioia): Nora!

NORA (lo guarda con aria interrogativa).

HELMER. Nora! devo leggere ancora una volta... Ma sì, è proprio così. Sono salvo, Nora, sono salvo!

NORA. E io?

HELMER. Anche tu, naturalmente; siamo salvi tutti e due, sia tu che io. Guarda qua. Ti restituisce l'atto di

obbligazione. Scrive di essere spiacente e pentito... che una svolta fortunata della sua vita... oh, non importa quello che

scrive. Siamo salvi, Nora! Nessuno può farti nulla. Oh, Nora, Nora... no, prima eliminiamo tutte queste cose orribili.

Fammi vedere... (Getta uno sguardo sull'obbligazione). No, non voglio vederla, per me tutto deve rimanere come un

sogno. (Straccia la ricevuta e le due lettere, getta tutto nella stufa e le guarda bruciare). Ecco, ora non c'è più nulla.

Scrive che dalla vigilia di Natale tu... Oh, devono esser stati tre giorni terribili per te, Nora!

NORA. In questi tre giorni ho combattuto una dura battaglia.

HELMER. E ti sei disperata, e non hai visto nessun'altra via di uscita fuorché... No, non voglio ricordare tutte queste

brutture. Vogliamo solo giubilare e ripetere: è passata, è passata! Stammi a sentire Nora, sembra che tu non capisca: è

passata. Ma che cosa vuol dire... quel viso duro? Ah, povera piccola Nora, capisco bene, sembra che tu non possa

credere che io ti ho perdonato. Ma è così Nora, te lo giuro: ti ho perdonato tutto. Lo so bene che quello che hai fatto lo

hai fatto per amor mio.

NORA. Questo è vero.

HELMER. Tu mi hai amato come la sposa deve amare suo marito. Solo non sei stata capace di valutare con il

discernimento necessario la scelta dei mezzi. Ma credi di essermi meno cara perché non sei capace di regolarti da sola?

No, no, basta che ti appoggi a me. Ti consiglierò io, ti guiderò io. Non sarei un uomo se la tua debolezza femminile non

ti rendesse doppiamente attraente ai miei occhi. Non dar peso alle dure parole che ti ho detto nel primo momento di

timore, quando mi sembrava che tutto mi dovesse crollare addosso. Ti ho perdonato, Nora, ti giuro che ti ho perdonato.

NORA. Ti ringrazio del tuo perdono. (Esce dalla porta di destra).

HELMER. No, resta... (Guardando dalla porta). Cosa intendi fare lì nell'alcova?

NORA (da dentro). Gettar via il costume da maschera.

HELMER (vicino alla porta). Sì, brava, cerca di riposare e di ritrovare il tuo equilibrio, mio piccolo uccellino canoro

spaventato. Riposa tranquilla, le mie ali sono sufficientemente larghe per proteggerti. (Va su e giù vicino alla porta).

Oh, come è piacevole e grazioso il nostro nido, Nora. Qui tu sei al coperto, ti terrò con me come una colomba

spaventata che io sia riuscito a salvare dagli artigli dell'avvoltoio; riuscirò ben io a tranquillizzare il tuo povero

cuoricino palpitante. A poco a poco sarà così Nora, credimi. Domani tutto ti sembrerà diverso, ben presto tutto sarà

come prima, non ci sarà più bisogno che io ti ripeta che ti ho perdonato: sentirai tu stessa, senza possibilità di errore, che

è così. Come puoi pensare che avrebbe potuto venirmi in mente di scacciarti, o solamente di rimproverarti? Tu non

conosci il cuore di un vero uomo, Nora. Per un uomo, c'è tanta indescrivibile dolcezza e soddisfazione nel sapere di

aver perdonato alla propria sposa... di averle perdonato di tutto cuore e con tutta sincerità. Essa è così diventata sua

proprietà in due modi; il marito l'ha quasi messa al mondo di nuovo, così la donna è nello stesso tempo la sua sposa e la

sua creatura. Così sarà d'ora in poi per me, povero esserino sperduto e senza forza che non sei altro. Non aver paura di

nulla, Nora, basta che tu sia sincera con me, sarò io la tua volontà e la tua coscienza... Cosa vuol dire? Non vai a letto?

Ti sei cambiata?

NORA (con il suo abito di tutti i giorni). Sì, Torvald, adesso mi sono cambiata.

HELMER. Ma perché adesso, così tardi...?

NORA. Stanotte non dormo.

HELMER. Ma cara Nora...

NORA (guardando il suo orologio). Non è poi ancora tanto tardi. Siediti Torvald, noi due abbiamo molte cose da dirci.

(Si siede a un lato del tavolo).

HELMER. Nora, ...ma che cosa vuol dire? Quel viso così duro...

NORA. Siedi... Ci vorrà diverso tempo. Ho molte cose di cui parlarti.

HELMER (si siede al tavolo, di fronte a Nora). Mi fai paura, Nora. E io non ti capisco.

NORA. proprio questo. Tu non mi capisci. E io non ho mai capito te... prima di stasera. No, non interrompermi. Dovrai

solo stare a sentirmi... è venuta l'ora della resa dei conti, Torvald.

HELMER. Che intenzioni hai ?

NORA (dopo un breve silenzio). Non ti sorprende vederci seduti qui, uno di fronte all'altro?

HELMER. Come sarebbe a dire?

NORA. Siamo sposati da otto anni. Non ti viene in mente che questa è la prima volta che noi due. marito e moglie.

Parliamo seriamente insieme?

HELMER. Già, seriamente... cosa vuoi dire?

NORA. Per otto lunghi anni... e anche di più... subito da quando ci siamo conosciuti, non abbiamo mai scambiato fra

noi una parola seria su un argomento serio.

HELMER. Avrei dunque sempre dovuto metterti ogni volta al corrente di difficoltà che non avresti potuto lo stesso

aiutarmi a superare ?.Henrik Ibsen Casa di bambola

33

NORA. Non parlo di difficoltà. Dico che non abbiamo mai parlato seriamente insieme per cercare di risolvere a fondo

un problema.

HELMER. Ma, Nora carissima, ti sarebbe piaciuto farlo?

NORA. Eccoci arrivati al punto. Tu non mi hai mai capito... Siete stati molto ingiusti nei miei riguardi, Torvald. Prima

il babbo e poi tu.

HELMER. Come! Noi due... noi due che ti abbiamo amato più di qualsiasi altro?

NORA (scuotendo il capo). Non mi avete mai amato. Vi sembrò solo piacevole volermi bene.

HELMER. Ma Nora, che parole adoperi?

NORA. Sì, è proprio così, Torvald. Quando ero a casa da papà, lui mi diceva sempre le sue opinioni, e io allora le

condividevo, e se ne avevo delle mie le nascondevo, perché altrimenti gli sarebbe dispiaciuto. Mi chiamava la sua

bambolina e giocava con me come io facevo con le mie bambole. Poi venni a casa tua.

HELMER. Parli così del nostro matrimonio?

NORA (impassibile). Intendo dire che dalle mani di mio padre passai nelle tue: tu sistemavi tutto a tuo gusto, e così

ebbi anch'io i tuoi stessi gusti, oppure feci finta di averli, non so bene... Credo tutte e due le cose insieme, ora l'una e ora

l'altra. Se ora ci penso, mi sembra di avere vissuto qui come una poveretta... alla giornata. Scopo della mia vita era

quello di far la buffona per te. Ma sei stato tu a volere così. Tu e papà avete commesso un grosso peccato nei miei

riguardi. É colpa vostra se son diventata quella che sono.

HELMER. Nora, come sei ingiusta e ingrata! Non sei stata felice qui ?.

NORA. No, non lo sono mai stata. Lo credevo, ma non lo sono mai stata.

HELMER. Non sei stata... felice!

NORA. No, solo allegra. E tu sei sempre stato così gentile verso di me. Ma la nostra casa non era altro che una stanza di

giuochi. Qui, io sono stata la tua sposa-bambola come a casa ero la bambola-bambina di mio padre. E i piccoli sono

stati, a loro volta, i miei bambolotti. Ero tanto contenta quando tu ti mettevi a giocare con me, come i bambini erano

contenti quando io mi mettevo a giuocare con loro. Ecco che cosa è stato il nostro matrimonio, Torvald.

HELMER. C'è qualcosa di vero in quello che dici... per esagerato ed esasperato che sia. Ma d'ora in poi sarà un'altra

cosa. Il tempo dei giuochi è passato, ora viene quello dell'educazione.

NORA. Quale educazione? La mia o quella dei bambini?

HELMER. Tanto la tua quanto quella dei bambini, Nora amatissima.

NORA. Oh Torvald, non sei tu l'uomo capace di insegnarmi a essere la moglie che ci vuole per te.

HELMER. E sei tu a dirlo ?

NORA. E io... come potrei essere in grado di educare i bambini?

HELMER. Nora !

NORA. Non l'hai detto tu stesso poco fa... è un compito che non hai il coraggio di affidarmi.

HELMER. L'ho detto nell'impeto della collera! Come puoi darci peso ?

NORA. E invece avevi perfettamente ragione. E un compito superiore alle mie forze. C'è un altro compito che mi

aspetta prima di quello. Dovrò pensare a educare me stessa. Tu non sei l'uomo capace di aiutarmi. Devo pensarci da

sola. E per questo me ne vado.

HELMER (con un sobbalzo). Cosa dici ?

NORA. Sarà necessario che rimanga sola se voglio rendermi conto di me stessa e di tutte le cose fuori di me. Non posso

quindi rimanere più qui.

HELMER. Nora, Nora !

NORA. Me ne andrò subito. Kristine vorrà bene ospitarmi per questa notte.

HELMER. Sei pazza!! Non te lo permetto! Te lo proibisco!

NORA. Non serve più a niente proibirmi qualcosa. Prenderò con me quello che mi appartiene. Da te non voglio niente,

né ora né poi.

HELMER. Che follia è mai questa !

NORA. Domani torno a casa... voglio dire nella mia vecchia città natale. Lì mi sarà più facile sistemarmi che da

qualsiasi altra parte.

HELMER. Creatura accecata, senza esperienza!

NORA. L'esperienza dovrò farmela, Torvald.

HELMER. Abbandonare la tua casa, tuo marito e i tuoi bambini! E non pensi a cosa dirà la gente?

NORA. Non posso preoccuparmi di questo. So solo che è necessario per me agire così.

HELMER. É abominevole. Puoi mancare così ai tuoi più sacri doveri ?

NORA. E quali sono, secondo te, i miei più sacri doveri?

HELMER. C'è proprio bisogno che te lo dica? Non sono i doveri verso tuo marito e i tuoi bambini?

NORA. Ho altri doveri altrettanto sacri.

HELMER. Questo no. Non so davvero di che doveri dovrebbe trattarsi.

NORA. Dei doveri verso me stessa.

HELMER. Tu sei avanti tutto moglie e madre.

NORA. A questo non credo più. Io credo di essere, avanti tutto, un essere umano, come te... o, in ogni caso, che devo

cercare di diventarlo. So bene che la maggioranza darà ragione a te, Torvald, e che nei libri è scritto qualcosa di simile.

Ma io non posso più contentarmi di quello che dice la maggioranza e di quello che sta nei libri. Devo pensare da sola.Henrik Ibsen Casa di bambola

34

alle cose, e rendermi conto da sola di esse.

HELMER. E non potresti renderti conto delle cose stando a casa tua? Non hai, per simili problemi, una guida

infallibile? Non hai la religione?

NORA. Oh Torvald, ma io non so neppure bene che cosa sia la religione.

HELMER. Che cosa dici?

NORA. Non so altro, oltre a quello che mi disse il pastore Hansen quando mi preparava alla confermazione. Raccontava

tante cose sulla religione. Quando andrò via da questa casa e resterò sola voglio riflettere meglio anche su questo

problema. Voglio vedere se è vero quello che diceva il pastore Hansen, o, in ogni caso, se è vero per me.

HELMER. É inaudito che una donna così giovane possa parlare in tal modo! Ma se non può più guidarti la religione

devo cercare io di scuotere la tua coscienza. Un senso morale lo avrai, no? Oppure, rispondimi... non ce l'hai forse?

NORA. Non è facile risponderti, Torvald. Non lo so. In queste cose mi perdo. So solamente che al riguardo ho una

opinione diversissima dalla tua. Ho saputo anche, adesso, che le leggi son ben diverse da quello che io pensavo che

fossero, ma che queste leggi poi siano giuste è una cosa di cui non riesco a convincermi. Una donna non dovrebbe

dunque avere il diritto di ris parmiare il proprio vecchio padre morente o di salvare la vita al proprio marito! Questo non

posso crederlo.

HELMER. Parli come una bambina. Non capisci nulla della società in cui vivi.

NORA. No, non capisco. Ma ora voglio riflettere. Devo riuscire a vedere chi ha ragione, se la società o io.

HELMER. Sei malata, Nora, hai la febbre. Penso quasi che tu stia delirando.

NORA. Non mi sono mai sentita così lucida e sicura come stanotte.

HELMER. Lucida e sicura dici, e abbandoni tuo marito e i tuoi figli ?

NORA. Sì, proprio così.

HELMER. Allora c'è una sola spiegazione possibile.

NORA. Quale ?

HELMER. Non mi ami più.

NORA. No, è proprio così.

HELMER. Nora!... E sei tu a dirlo?

NORA. Oh, mi fa tanto male, Torvald, perché tu sei sempre stato così gentile con me. Ma io non posso farci nulla. Non

ti amo più.

HELMER (contenendosi a fatica). E anche questa è una certezza lucida e sicura?

NORA. Sì, del tutto lucida e sicura. per questo che non voglio più restare qui.

HELMER. E vuoi spiegarmi in che modo ho perduto il tuo amore?

NORA. Sì, posso farlo benissimo. E stato stasera, quando la cosa meravigliosa non è accaduta: allora mi sono accorta

che non eri l'uomo che io credevo.

HELMER. Spiegati meglio, non capisco.

NORA. Sono otto anni che aspettavo pazientemente. Dio mio, capivo bene che le cose meravigliose non avvengono

ogni giorno. Ma quando poi la rovina precipitò su di me, fui assolutamente certa che la cosa meravigliosa sarebbe

accaduta. Mentre la lettera di Krogstad aspettava lì fuori, non mi passò per la mente che tu ti saresti piegato alle

condizioni di quell'uomo. Ero così assolutamente certa che gli avresti detto: --Faccia pure conoscere la cosa a tutto il

mondo. E quando lo avesse fatto...

HELMER. Già, e allora? Quando avessi esposto mia moglie alla vergogna e al ludibrio...

NORA. Allora tu ti saresti fatto avanti, non ne dubitavo, e ti saresti assunto ogni responsabilità dichiarando: il colpevole

sono io!

HELMER. Nora!

NORA. Vuoi dire che io non avrei mai accettato un simile sacrificio da parte tua? No, si capisce. Ma a che cosa

sarebbero valse le mie assicurazioni di fronte alle tue?... Era questa la cosa meravigliosa che speravo, pur in preda al

terrore. Ed era per impedire una cosa simile che volevo metter fine alla mia vita.

HELMER. Sarei felice di lavorare per te giorno e notte, Nora... di patire pene e privazioni per amor tuo. Ma non c'è

nessuno che sacrifichi il suo onore per la persona amata.

NORA. Centinaia di migliaia di donne lo hanno fatto!

HELMER. Tu pensi e parli come una bambina irragionevole.

NORA. Sia pure. Ma tu non pensi nè parli come l'uomo a cui potrei unire la mia vita. Passato il tuo spavento... non per

quello che minacciava me, ma per quello a cui eri esposto tu stesso, una volta passato il pericolo... per te è stato come se

non fosse successo niente. Ero la tua lodoletta, tale e quale come prima, la tua bambola che avresti dovuto custodire con

ancora più cura per il futuro, dato che era così sventata e così fragile. (Alzandosi). Torvald... in quel momento vidi con

chiarezza che per otto anni avevo vissuto insieme a un estraneo, e che avevo avuto dei bamhini... Oh, non posso

pensarci! Potrei stritolarmi, farmi a pezzi da me stessa.

HELMER (lentamente). Lo vedo, lo vedo. Fra noi due si è veramente aperto un abisso... ma non si potrebbe colmarlo

Nora?

NORA. Come sono adesso non posso essere una moglie adatta a te.

HELMER. Ma io posso diventare un altro.

NORA. Forse... se ti sarà tolta la bambola.

HELMER. Separarsi, separarsi da te ! No, no, Nora non riesco a pensarci..Henrik Ibsen Casa di bambola

35

NORA (va verso destra). Tanto più è necessario farlo! (Torna con il mantello, il cappello e la piccola borsa da viaggio

che appoggia sulla seggiola vicino al tavolino).

HELMER. Nora, Nora! Adesso no! Aspetta fino a domani.

NORA (si infila il mantello). Questa notte non posso dormire nell'appartamento di un estraneo.

HELMER. Ma non possiamo abitare insieme come fratello e sorella...?

NORA (si annoda il cappello). Sai benissimo che non durerebbe a lungo... (Si avvolge nello scialle). Addio Torvald.

Non voglio vedere i piccoli. So che sono in mani migliori delle mie. Così come sono ora non posso servir loro a

niente.

HELMER. Ma un giorno, Nora... un giorno...?

NORA. Come posso saperlo? Non so affatto che cosa sarà di me.

HELMER. Ma tu sei mia moglie, lo sei adesso, e lo resterai anche dopo.

NORA. Stammi a sentire, Torvald... quando una donna abbandona la casa del proprio marito come faccio io ora, ho

sentito dire che il marito è, secondo la legge, sciolto da ogni obbligo nei suoi confronti. In ogni caso, ti sciolgo io da

ogni obbligo. Non devi sentirti legato da nulla, come, d'altra parte, voglio esser io. Dovrà esserci completa libertà da

tutte e due le parti. Ecco, riprendi il tuo anello. Dammi il mio.

HELMER. Anche questo?

NORA. Anche questo.

HELMER. Eccolo.

NORA. Bene; ora dunque è finita. Metto qui le chiavi. Per tutte le cose di casa le ragazze sono... più brave di me.

Domani, quando sarò partita, verrà Kristine per riunire quello che avevo portato da casa mia. Voglio che mi sia spedito.

HELMER. Finita! Finita! E non penserai più a me, Nora?

NORA. Certo che penserò spesso a te, ai bambini e a questa casa.

HELMER Posso scriverti, Nora?

NORA. No... mai. Non te lo permetto.

HELMER. E pure dovrò mandarti...

NORA. Niente; niente.

HELMER.... dovrò aiutarti, se ne avrai bisogno.

NORA. No, ti dico. Non accetto niente da estranei.

HELMER. Nora,... non potrò mai diventare qualcosa di più di un estraneo per te?

NORA (prendendo la sua borsa). Ah Torvald, allora dovrebbe accadere la cosa più meravigliosa di tutte.

HELMER. Dimmela questa cosa più meravigliosa di tutte!

NORA. Sia tu che io dovremmo cambiare in modo tale che... Ah Torvald, non credo più alle cose meravigliose.

HELMER. Ma voglio crederci io. Dimmela. Cambiare in modo tale da...?

NORA. Da far sì che la nostra convivenza potesse diventare un matrimonio. Addio. (Esce).

HELMER (si getta su di una poltrona vicino alla porta e si copre il viso con le mani). Nora! Nora! (Si guarda intorno e

si alza in piedi). Qui è vuoto! Non c'è più. (Si fa strada in lui una speranza). La cosa più meravigliosa...!?

(Da basso si sente sbattere il portone).