Caviale per il generale

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CAVIALE PER IL GENERALE

Commedia in tre atti

di GEORGE S.GEORGE e EUGENE LEONTOVICH

Versione italiana di Gigi Cane

PERSONAGGI

GIOSUÈ JONES

IVAN

IL CAPITANO SOKOLOFF

THURBER

MISS MARGARET ALLISON

IL CAPITANO PETROFF

JAMES CARTER ALLISON

IL MAGGIOR GENERALE T. KROSHKA

IL TENENTE DAVIS

IL COLONNELLO BABYCH

UNA GUARDIA

ATTO PRIMO

A Yakutslc, la metropoli sovietica di recente fondata nel Nord della Siberia. E il tardo settembre del 1946. Un ampia sala al pianterreno del Palazzo del Governo, in cui si svolge l'azione. Di intonazione modernistica e di gusto non del tutto deprecabile, la sala costituisce là versione yakutskiana della famosa « Centrale del Sollazzo », l'edificio governativo riservato agli stranieri in visita. Un'enorme finestra nel centro in fondo si apre sulla splendida vista di questa Pittsburgh sibe­riana. A destra, una scala circolare conduce alla bal­conata dove è praticata una porta che dà sulle camere da letto. Vi sono altre due porte: una piccola, a destra, sotto la balconata, che comunica con la cucina; e una a doppio battente che esce sul cortile. L'edificio, a quanto sembra, è di costruzione piuttosto recente : comun­que, la sala non è ancora arredata convenientemente. A sinistra, un grande piano col suo sgabello. A destra, una massiccia poltrona: il mobilio è tutto qui, a meno che non si voglia prendere in considerazione un busto - veramente eroico - del generalissimo Stalin collo­cato su di un piedestallo nell'angolo a destra sotto la scala, e un altro busto             - assai più modesto - di Lenin posto sul piano. Sulla parete di destra, accanto al piano, è una grande stella di gesso.

(Sono circa le cinque del pomeriggio. Le ombre cre­puscolari avanzano; le luci sono accese. Come si apre il sipario, Ivan - il russo, custode del palazzo - è arrampicato su una scala a pioli nell'atto di appendere un ritratto di Lincoln sopra il caminetto, che sta a destra. Lavorando, Ivan canterella una canzoncina popolare.

 Giosuè, il domestico negro di James Carter Allison, entra dalla cucina reggendo un vassoio su cui è l'oc­corrente per il tè. Sul pavimento, a destra, è l'imbal­laggio del ritratto di Lincoln. Giosuè lo scavalca).

Giosuè                           - EH, tu. Scendi di là.

Ivan                               - (dall'alto della scala) Uh!

Giosuè                           - Smettila di gingillarti e vieni a darmi una mano.

Ivan                               - (indicando col dito, in tono ammirato) Compagno Lincoln! Americano presidente!

Giosuè                           - A me lo dici! Scendi giù di là! (Tira Ivan per una gamba dei pantaloni. Ivan scende e si ferma a fissare Giosuè che tenta di spiegargli la situa­zione) Questo è tè. Per miss Margaret. Capito! Miss Margaret non mangia mai a colazione. Prende sol­tanto qualcosa fra i pasti. Però, a mister Allison bisogna che gli prepari roba sostanziosa. Capito!

Ivan                               - (stringendogli la mano) Nichevo ne ponimayou, dorogoi tovarisch.

Giosuè                           - Tovarisch! (Depone il vassoio sul piano a sinistra) Il principale, mister Allison, appena torna vorrà il suo pranzo.

Ivan                               - Ne ponimayon, tovarisch.

Giosuè                           - Mangiare! Capito! Mangiare! (Spa­zientito) Minestra. Pesce. Carne. Frutta. Mangiare! Dovreste capire, voialtri bei tipi, che cosa vuol dire mangiare, con tutte le mangerie in prestito e affitto che vi abbiamo mandato dall'America.

Ivan                               - America! Khoroshaya strana! (S'impa­dronisce della mano di Giosuè e la scuote entusiasti­camente) Euko, tovarisch.

Giosuè                           - (liberando la mano) Sganciami, ehi. Siete arnesi pericolosi, voialtri. Quel che occorre a voi, in Russia, sono uomini come Westbrook Peyler che vi raddrizzino.

Ivan                               - (torvo) Tovarisch Westbrook Peyler! (Si aprono le porte a sinistra ed entra il capitano Soholoff, elegante, attillatissimo ufficiale russo il quale si ferma ad attendere Thurber che lo segue. Thurber è una specie di corcontento traboccante di cordialità e di violento ottimismo. Indossa il soprabito; ha una valigia in mano).

Giosuè                           - Mister Thurber!

Thurber                         - Salve, Giò, vecchio mio. (Dà una occhiata intorno alla sala) E questo che diavolo sarebbe?

Sokoloff                        - È il palazzo degli ospiti governativi.

Thurber                         - Che razza di granaio. Sembra l'areoporto di Toledo.

Sokoloff                        - Appena costruito. Stile americano moderno. Per stranieri in visita.

Thurber                         - Okay, Karatzky, molte grazie. Adesso me la cavo da solo. (Sokoloff saluta ed esce dalla porta di sinistra) Giosuè, dove sta il principale?

Giosuè                           - Mister Allison è uscito a fare una pas­seggiata, signore. A vedere il paesaggio, credo. Siamo arrivati soltanto da un paio d'ore. Volo senza scalo da Fairbanks, Alaska. Miss Margaret è su che si fa un riposino, ma mister Allison non sembrava stanco per niente. È subito uscito come un razzo.

Thurbek                         - Sì? Bè, e io che mi son rotto le ossa attraverso mezza Bussia per arrivare qui in tempo a riceverlo. Com'è che ti piace la Siberia, Giò?

Giosuè                           - Troppi russi, signore.

Thurber                         - (ridacchiando) Hai già visto qualcosa.

Giosuè                           - Popolo piuttosto incolto, inoltre.

Thurber                         - Trovi?

Giosuè                           - Sicuro. E senz'alcuna considerazione speciale per la gente di colore. Mi trattano come un loro pari. « Tovarisch » di qua, « tovarisch » di là. Piuttosto umiliante, signore. Io credo nella demo­crazia.

Thurber                         - J. C. [1] non starà mica fuori un pezzo, vero Giosuè?

Giosuè                           - Rientrerà subito, credo. E io che non riesco a persuadere quest'impunito a preparargli qualcosa da mangiare.

Turbher                         - (preoccupato) Vacci piano, Giosuè, con le parole.

Giosuè                           - State tranquillo, signore. L'unica parola americana che quest'individuo conosce è « vodka ».

Ivan                               - (entusiasta) Vodka! Khorosho, tovarisch!

Giosuè                           - Capite cosa voglio dire? Un arnese da bottiglia, ecco che cos'è. (Alla balconata di destra appare miss Margaret Allison. Che è la zia di Allison, una specie di aristocratica accuratamente strigliata. Begge in mano un cestello di vimini colmo di piccoli busti in gesso di Carlo Marx).

Miss Margaret               - È pronto il mio tè, Giosuè?

Giosuè                           - Sissignora, miss Margaret. Ecco qua, signora.

Miss Margaret               - Grazie, Giosuè. (Vedendo Thurber) Oh, mister Thurber! Questa si ch'è una sorpresa. (Comincia a scendere le scale).

Giosuè                           - (a Ivan che ha piantato gli occhi addosso a Miss Margaret) Ehi, tu. Cucina. Minestra. Carne. Dolce. Vodka! (Alla parola « vodka » Ivan torna in sé, e, portandosi via la scala a pinoli, esce a destra con Giosuè).

Miss Margaret               - Bè, mister Thurber, che fate di bello a Yakutsk?

Thurber                         - Oh, stavo a Mosca a trattare certi affari per conto della ditta. Giravo, mi davo d'attorno, Ma voi, miss Allison, com'è che siete capitata qui?

Miss Margaret               - Oh, sapete, io son sempre stata a sinistra. Credete che avrei lasciato perdere un'occasione come questa, quando ho saputo che mio nipote doveva venire in Russia? No, di sicuro! Io adoro i comunisti. Credo che siano diabolicamente intelligenti!

Thurber                         - Come quello che è uscito adesso?

Miss Margaret               - (avvicinandosi alla finestra centrale) Tremendamente intelligenti. Qua, mister Thurber, venite a vedere. Non vi par di sentire là fuori il passo dei secoli in marcia verso il futuro?

Thurber                         - Bè, francamente pensavo che Yakutsk fosse una specie di buco infetto. Mai più che mi sarei aspettato qualcosa del genere. (Raggiunge miss Margaret alla finestra).

Miss Margaret               - Neanch'io. Credevo che i russi fossero disperatamente rurali. E invece,, guardate qua. Socialismo in atto!

Thurber                         - Sì? Ma lo sapete voi chi è che costruisce tutto ciò che voi vedete?

Miss Margaret               - Io no. E voi?

Thurber                         - Io sì: la Wright Engineering Company di Hazelton, Pensylvania. E se quelli sono socialisti, io sono il conte Browder.

Miss Margaret               - Avevo molta ammirazione per mister Browder prima che gli sconfessassero l'ala sinistra. (Colloca un altro busto di Marx sul piano).

Thurber                         - (indicando il busto) Dov'è che avete trovato questi fratelli Smith?

Miss Margaret               - Cosa? Questo è Carlo Marx. L'uomo che con la sua ideologia divora il mondo capitalistico come una fiamma ruggente.

Thurber                         - (prendendo il busto fra le mani) Un tizio provvisto di tanta barba, direi che dovrebbe starci accorto a scherzare col fuoco. (Sovescia il busto e, sul fondo della base, legge il marchio di fabbrica) « Fabbriche riunite per la lavorazione del gesso. Ohio. Maschere in gesso e oggetti religiosi ».

Miss Margaret               - (riprendendogli il busto e ricollo­candolo a posto) Sì, ne ho ordinato una partita ai magazzini Montgomery. Ma qui tutto è incammi­nato meravigliosamente. Date a mister Stalin altri dieci anni e vedrete i Carlo Marx di produzione locale che farà.

Thurber                         - Può darsi. (Tornando al discorso d'affari) Ora ditemi, miss Allison, quand'è che credete che J. C. rientri?

Miss Margaret               - Non lo so. Avete bisogno proprio di lui?

Thurber                         - Gli ho portato una cosa... maledet­tamente importante.

Miss Margaret               - (versandosi il tè) Che cos'è?

Thurber                         - (con riluttanza) È piuttosto confi­denziale.

Miss Margaret               - Davvero? Gradireste una tazza di tè russo!

Thurber                         - Grazie, no. Tutto quel ch'è russo mi dà il voltastomaco.

Miss Margaret               - (sorseggiando il tè) A me potete parlare in piena libertà, mister Thurber. Comunque, James mi riferirebbe ogni cosa, probabilmente. Senza contare che sono la maggior azionista della « Allison Company» e quindi mi ritengo perfettamente qualificata a sapere.

Thukber                         - Bè, magari mi potreste anche aiu­tare... In fondo, voi conoscete J. C. meglio di chiunque altro.

Miss Margaret               - Naturalmente. Ormai son due anni che mi prendo cura di lui, da quando è morto suo padre.

Thukber                         - E allora, sta bene. (Misura un'oc­chiata in giro) Ci son mica russi in giro, alle volte?

Miss Margaret               - Soltanto un custode che non sa una/ parola d'inglese.

Thurbek                         - Bene. (Passa una mano dietro il ritratto di Lincoln) Ehi, Abè. Fatto trasloco da Gettysburg a Yakutsk? (Si dirige verso il piano a sinistra passando davanti alla grande poltrona) E questa che diavolo sarebbe? Una sedia elettrica?

Miss Margaret               - Probabile. Che cosa andate cercando?

Thurber                         - Un momento solo, miss Allison. (Facendo scorrere le dita sulla tastiera del piano) Chopin. E neanche qui. Questa volta mi stupiscono proprio... Ma dove possono mai averlo cacciato?

Miss Margaret               - Cacciato... che cosa?

Thurber                         - Il microfono! In un posto come questo, almeno uno abilmente nascosto ci dovrebbe essere!

Miss Margaret               - Credete ancora a quel genere di propaganda? Mi vergogno io per voi!

Thurber                         - Davvero? Bè, state a sentire questa, allora. Sono vissuto per tre mesi a Mosca prima di scoprire che il mio stesso letto era diventato un trasmettitore. Dio del cielo, quando poi me l'hanno detto son diventato rosso che neanche un gambero!

Miss Margaret               - Mi pare che stiamo divagando, mister Thurber. Cos'è che avete da dire a James?

Thurber                         - Ecco: quattro mesi fa, circa, quando a New York si cominciò a parlare di questa linea aereea transpolare, J. C. mi mandò qui che vedessi se mi riusciva di cogliere qualche notiziola utile.

Miss Margaret               - Capisco. Una stupidaggine caratteristica della società borghese. Cosicché, voi sareste la spia di James?

Thurber                         - Diciamo un osservatore privato, miss Allison. Ad ogni modo io sono piombato nel paradiso sovietico - che, detto fra noi, è un autentico giardino di svaniti, se mi passate la citazione quasi biblica - e in tutto questo tempo non c'è stato verso che riuscissi a combinare tanto così. Finché, una settimana fa circa, non mi è capitato di cadere a piombo su un barile di dinamite. (Abbassando il tono di voce) Ho messo le zampe su una copia segreta delle proposte che i russi intendono sottoporci venerdì prossimo.

Miss Margaret               - Avete messo le zampe su una copia segreta? E come avete fatto?

Thurber                         - È un particolare senz'importanza. Ciò che conta, invece, è questo : che dobbiamo trattare con gente spudoratamente unilaterale, di un'esosità unica.

Miss Margaret               - Impossibile. I russi sono il popolo più idealista che esista al mondo. .

 Thurber                        - Se voi lo chiamate idealismo, miss Allison, io non mi chiamo più Thurber. Le loro proposte sono compilate in termini che equivalgono ad insulto, o quasi: i furbastri vogliono tutto senza concedere niente. Non c'è un paragrafo in tutto il documento che non gridi vendetta al cospetto di Dio.

Miss Margaret               - Non credete di stare esage­rando un po', mister Thumber? (Dalla cucina a destra entra Giosuè, con un telegramma che rigira fra le mani).

Giosuè                           - Un telegramma, signora. Per mister Allison.

Miss Margaret               - Faccio io. Grazie, Giosuè. (Prende il telegramma e lo posa sul piano, a sinistra).

Giosuè                           - Sì, signora. (Fa per tornare in cucina, poi ci ripensa e si ferma) Magari potreste cercare di parlare voi a quell'uomo russo, signora. Voi avete confidenza con quelli che scendevano in Union Square a urlare. Per piacere: ditegli che la smetta di gon­fiarmi il cranio con la sua propaganda.

Miss Margaret               - Sicuro. Penso io. (Porge a Giosuè il canestro delle statuine) Qua. Metti una di queste in tutte le camere dove ci sono russi e digli «Lublu... » (a Thurber) che sarebbe la parola russa per dire « amore»,se non sbaglio... « da parte di Margaret Allison ».

Giosuè                           - (non del tutto persuaso) Sissignora. (Brontolando fra sé mentre esce dalla porta a destra, sotto la scala) « Lublu ». Non è americano, ecco che cos'è.

Miss Margaret               - Volete un consiglio, mister Thurber?

Thurber                         - Se è buono, certo.

Miss Margaret               - Non fate vedere quel contratto a James.

Thurber                         - È come dirlo. E quando quello mi piomba addosso come un'aquila chi è che mi tiene le parti? Carlo Marx?

Miss Margaret               - James è molto giovane e pronto ad accendersi per niente. E in più non capisce i russi.

Thurber                         - E chi li capisce, i russi?

Miss Margaret               - Io, li capisco. Io, che sono la loro amica. Qualche volta mi sento come fossi l'unica amica che hanno.

Thurber                         - Badate che qui mica si sta scherzando.

Miss Margaret               - Lasciate che gli parli io, prima. A me daranno ascolto. Credo che col mio tatto e con la mia sensibilità riuscirò agevolmente a distri­care la matassa. Questo è il primo affare grosso che James si trova a trattare e... (Un bussare sommesso ed educato alla porta di sinistra l'interrompe) Sì?

Thurber                         - Se cercano me, io non ci sono. Non voglio che comincino a tempestarmi di domande se prima non visto J. C. (S'affretta su per la scala a destra e si ferma ad ascoltare di tra la porta socchiusa).

Miss Margaret               - Avanti. (Entra il capitano Petroff, un enorme russo dal cranio accuratamente rasato. Lo segue una monumentale guardia che regge un vaso contenente un grosso mazzo di rose).

Petroff                          - Vogliate scusarmi. Potrei parlare a miss Allison?

Miss Margaret               - (avvicinandoglisi) Sono io miss Allison.

Petroff                          - (salutando) Capitano Grigori Evda-Mmych Petroff, capo dell'ufficio collegamento del distretto militare di Yakutsk.

Miss Margaret               - Compagno. (Gli restituisce il saluto alzando il braccio sinistro col pugno chiuso).

Petroff                          - Bon soir, mademoiselle. (Le prende la mano e glie la bacia galantemente).

Miss Margaret               - Oh, è grazioso. Non sapevo che in Russia aveste ancora quest'usanza.

Petroff                          - Non « ancora ». Di nuovo. Istruzioni da Mosca. (Prende il mazzo di rose dalle mani della guardia) Con i complimenti della Città Sovietica di Yakutsk, miss Allison.

Miss Margaret               - (accettando i fiori) Oh, è mera­viglioso. Come sono belli, compagno!

Petroff                          - Istruzioni da Mosca. Sono dolente. (La guardia esce da destra. Miss Margaret depone i fiori sul piano).

Miss Margaret               - Oh, credevo fosse stato un pensiero vostro. Non volete accomodarvi, capitano ?

Petroff                          - Grazie. Posso pregare « voi » di acco­modarvi, miss Allison? (Accompagna miss Margaret alla grande poltrona di destra) Questa poltrona pro­viene da un palazzo di Leningrado. È molto storica. Su di essa venne ucciso a suo tempo lo zar Paolo.

Miss Margaret               - C'era venuto il sospetto che fosse una sedia elettrica, infatti. (Si mette a sedere) Posso fare qualcosa per voi?

Petroff                          - No, miss Allison. Farò « io » qualcosa per « voi ».

Miss Margaret               - Che cosa, farete?

Petroff                          - Qualunque cosa voi vorrete che io faccia. Mi è stato ordinato di mettermi a vostra disposizione come attendente personale e interprete. Abbiamo ricevuto istruzioni in base alle quali siamo tenuti a prenderci particolare cura della vostra persona.

Miss Margaret               - (compiaciuta) Della mia persona? E perché?

Petroff                          - Sappiamo che siete un elemento politicamente attivo, miss Allison.

Miss Margaret               - Infatti. Effettivamente, io sono molto a sinistra. Sapevo che qui sarei stata bene accolta, ma questo supera tutte le mie aspet­tative. Dite: che cosa si sa in Russia della mia attività ?

Petroff                          - Ho qui un rapporto che mi è stato inviato da Mosca. (Tira fuori di tasca un foglio di carta) Voi siete vice-presidentessa dell'Alleanza Progressista Femminile.

Miss Margaret               - Così è: lo sono.

Petroff                          - E membro della Lega Anticapitalistica Femminile. In regola con la quota sociale.

Miss Margaret               - Esatto. Park Avenue cinquantacinque, New York City. Ho finanziato tre scioperi.

Petroff                          - (consultando il suo foglio) Compreso quello della « Fabbrica di cuscinetti a sfere Allison » di Pittsburgh.

Miss Margaret               - Voi in Russia sapete proprio tutto, non è vero?

Petroff                          - Modestamente. Dopo il vostro sciopero, miss Allison, i cuscinetti a sfere ci vengono a costare esattamente il dieci per cento in più.

 Miss Margaret              - Le mie condizioni di nascita non si sono mai frapposte fra me e i miei doveri di donna radicale. Politicamente, io e mio nipote James siamo ai lati opposti della barricata.

Petroff                          - La vostra fortuna personale è piuttosto rilevante, vero, miss Allison?

Miss Margaret               - Sì, e ne ho assolutamente bisogno. Non avete idea dei quattrini che ci vogliono a combattere per la Causa. Tutto ciò è spiegato in una mia conferenza che ho in mente di tenere ai vostri lavoratori. (Si alza) Scrivo anche poesie rivo­luzionarie, sapete. Le leggerò alle vostre masse.

Petroff                          - Oh. Ma temo che non ne avrete il tempo. Sono dolente.

Miss Margaret               - Non ne avrò il tempo?

Petroff                          - No. (Estrae un altro foglio) Questa sera assisterete al balletto.

Miss Margaret               - Assisterò al balletto?

Petroff                          - Passerò a prendervi alle venti e cin­quanta precise. Il programma comprende fra l'altro « Il lago dei cigni »; « Il papavero rosso », e « Le fontane di Bakcheserai ».

Miss Margaret               - Le fontane di Bakcheserai? (Incespica nelle parole) Oh, questo proprio non l'ho mai visto. E ehi è, chi è che dirige? Huroh?

Petroff                          - Dopo di che parteciperete al ricevi­mento offerto in vostro onore dal Circolo Ufficiali. Domattina, alle dieci e mezzo precise è sollecitata la vostra presenza al Museo di Yakutsk dove presenzierete al riconoscimento di una mummia.

Miss Margaret               - (poco convinta) Mummia? Ci sono mummie in Russia? Come siete progressivi!

Petroff                          - Sì, miss Allison. In Russia ci sono numerose mummie. Questa della quale vi parlo viene direttamente dal Cremlino.

Miss Margaret               - Bene. Finita la cerimonia della mummia io vi declamerò le mie poesie.

Petroff                          - No. A mezzogiorno, colazione allo zoo. (Consulta il foglio) Vate de fois gras...

Miss Margaret               - Caviale?

Petroff                          - Sì. Quaglie, champagne eccetera. Alle quindici in punto, gare nautiche sulla Lena. Cena alle diciannove, nella Sala Scarlatta dell'albergo « Ottobre Rosso ».

Miss Margaret               - E che ne faccio delle confe­renze? E delle poesie?

Petroff                          - Perché non le fate battere a macchina? Dopo le potreste mandare al compagno Molotof. Non occorre che le affranchiate. Il compagno Molotof ama la letteratura.

Miss Margaret               - Molto bene. Però mi spiace di non poter prendere contatto con le masse.

Petroff                          - Temo proprio che ciò sia impossibile, miss Allison. Le nostre masse sono molto occupate.

Miss Margaret               - Certo, mi rendo conto per­fettamente.

Petroff                          - Stiamo facendo un lavoro di grande importanza. Non possiamo permettere né scioperi né propaganda rivoluzionaria.

Miss Margaret               - Non potete permettere... Non capisco.

Petroff                          - (urbanamente) Capirete, chere made­moiselle, capirete. (Saluta) Passerò a prendervi alle venti e cinquanta precise. Au revoir. (Si dirige verso la porta a sinistra).

Miss Margaret               - Compagno.

Petkoff                          - Compagna. (Esce a sinistra. Dalla scala di destra scende Thurber).

Thureer                          - Sembra che abbiate trovato la balia asciutta, miss Allison.

Miss Margaret               - Avete visto quante medaglie? Che ne dite: credete che sia un ufficiale importante?

Thukber                         - Può darsi. Da queste parti, più il mulo è grosso, più il basto è pesante. (Dalla porta a sinistra entra Allison che indossa il soprabito e ha il cappello calcato in capo. È giovane, prestante, dina­mico. In questo momento ha l'aria preoccupata. Thurber l'accoglie con affettuosa esuberanza) Olà, principale bello!

Allison                          - Come va, Pat Thurber, vecchio mani­goldo ladro di cavalli! (A miss Margaret) Salve, zia Maggie. Dormito bene? (Di nuovo rivolto a Thurber) Così, sei arrivato finalmente? (Getta il cappello e il soprabito sul piano. Stringe la mano a Thurber, con effusione).

Thurber                         - Mai paura. Com'è che vi sembra, que­sta Siberia?

Allison                          - Un posto spaventoso: non so cosa sia ma c'è di che uscirne pazzi.

Miss Margaret               - L'efficienza socialista.

Allison                          - (a Thurber) Son proprio contento di vederti, Patrich. Padrone di crederci come no, ma io me ne son venuto qui due giorni prima del tempo proprio e soltanto per vedere la faccia tua. Dopo il telegramma misterioso circa il grosso storione che hai acchiappato nel Volga ho pensato che fosse meglio esser preparati.

Thurber                         - Preparati? (Lancia uno sputacchio sulla carta d'imballaggio. Poi si toglie una scarpa) Se quella non è una notizia non so proprio cosa possa essere. (Tira fuori una busta dalla scarpa e la porge ad Allison) Provate soltanto a cacciare il naso su questo pezzo di carta.

Allison                          - (prendendo la busta) Che cos'è?

Thurber                         - Leggete e spargeteci su lacrime. È l'esatto compendio delle proposte russe iniziali.

Allison                          - No!

Thurber                         - Sissignore! Tutti i punti salienti, in tutta la loro nuda esosità.

Allison                          - Ma come diavolo hai fatto a procu­rartelo?

Thurber                         - (sorridendo) È una cosa, questa, che non si può discutere in presenza di miss Allison, principale.

Allison                          - Mica questioni di donne, ancora?

Thurber                         - E che donna! Ve ne farò il rapporto tecnico, non appena saremo soli.

Allison                          - Sta bene. Dov'è che hai preso alloggio, Pat?

Thurber                         - Ho posato le valige in quel palazzo che sta qui di fronte... Bè, principale, mica vi fa niente se mi vado a dare una sciacquatina intanto che voi leggete?

Allison                          - (indicando la porta a destra) Di là, a destra.

Thurber                         - Bene grazie. ( Uscendo evita a malapena di scontrarsi con Giosuè) Andiamo, Forever Amber: fammi strada. (Esce a destra, seguito da Giosuè).

Miss Margaret               - Però, James, non avresti potuto mandare qui un osservatore un pochino più educato?

Allison                          - Cosa c'è in Pat che non va? È l'amico più leale ch'io abbia mai avuto. E se gli accomoda fare il bovaro, bè, affar suo. È la terza volta che lo mando da solo in giro d'affari e tutte e tre le volte ha ritrovato la strada del nido - la pigione di mistress Clancy in South Side - sbronzo squattrinato e felice. E quel che va bene per mamma Clancy può andar altrettanto bene per babbo Stalin. (Apre la busta e comincia a leggere).

Miss Margaret               - James.

Allison                          - (leggendo) .Sì?

Mis Margaret                - Stavo pensando...

Allison                          - Stavi pensando... cosa?

Miss Margaret               - Poiché conosco i tuoi senti­menti verso il popolo russo...

Allison                          - (interrompendola) Senti questa! È un gioiello. (Legge) « La Società Allison si impegna a fornire a proprie spese tutto il materiale occorrente al progetto; restando inteso che il materiale in og­getto diverrà proprietà sociale delle parti contraenti ».

Miss Margaret               - Oh, James: non è possibile che vogliano intendere questo.

Allison                          - Ah, no? È soltanto una vezzosa idea russa. Ciò ch'è tuo è mio, e ciò che è mio è ancora mio. E tutti felici e contenti. Splendido! (In tono amaro) Ora, se non ti spiace, dà un'occhiata a questo paragrafo.

Miss Margaret               - (leggendo sopra la spalla di lui) « La Società Allison s'impegna a concedere all'Unione Repubbliche Sovietiche Socialiste il libero uso di tutti i brevetti posseduti in proprio o comunque controllati sia direttamente che indirettamente ».

Allison                          - (con collera crescente) Ero preparato a ingoiar rospi, venendo qui. Ma questo è un capo­lavoro di spudoratezza. Se credono di ottenere qual­cosa con una tattica del genere, sono pazzi! Io sono l'uomo più ragionevole di questo mondo ma posso andare in bestia come chiunque altro quando cercano di prendermi per il bavero.

Miss Margaret               - Non credi che sarebbe meglio se tentassimo di far qualcosa subito per questa faccenda, James? Magari telefonare a Mosca?

Allison                          - Non te ne incaricare, zietta. Metterò io a posto le cose per il loro meglio. Prevedo per­fettamente gli sviluppi della situazione. Come si dice a Washington, quando non credono sia il caso di sbottonarsi. (Si mette il foglio in tasca).

Giosuè                           - (entrando dalla cucina a destra) Khorosho, bellezza. (Si volge e vede Allison) Impossibile che riesca a prepararvi il pranzo in tempo, signore.

Allison                          - Pranzo? E perché, dal momento che quel tipo, Ivan, me l'ha già portato in camera prima che uscissi? Sono così pieno di caviale che mi sembra di essere un'incubatrice.

Giosuè                           - Uh?

Allison                          - Sta bene, Giosuè. Puoi andare nel palazzo qui di fronte a disfare le valige di mister Thurber.

Giosuè                           - Sissignore. (Si avvia verso sinistra) Khorosho. Nichevo. Uno di questi giorni gli sputo in un occhio. (Esce dalla porta di sinistra).

Miss Margaret               - Temo che Giosuè si sia dato all'alcool.

Allison                          - Non glie ne faccio colpa. È l'unico modo per capire la Russia. (Si dirige verso la scala a destra) Fa'il favore, zia Maggie: dì poi a Pat di salire in camera mia.

Miss Margaret               - Un momento, James. Mi è venuta un'idea.

Allison                          - (fermandosi) Sentiamo l'idea.

Miss Margaret               - Questo è un affare difficile. Importante tanto per te che per me. Io non mi posso certamente permettere di perdere quattrini. So che tu mi credi una sciocca, ma il fatto è che tutta la mia vita è dedicata al mio lavoro. Un lavoro che vuole molto danaro.

Allison                          - Lo so. La rivoluzione è una faccenda dispendiosa. Ma com'è che t'è venuta l'idea ch'io sia sul punto di perdere quattrini?

Miss Margaret               - Se tu t'arrabbi l'affare andrà a monte. Sei troppo impulsivo e non hai la minima pratica di questioni internazionali.

Allison                          - Dov'è che vuoi arrivare?

Miss Margaret               - Dovresti permettere a chi ti vuol bene di lavorare per te. Tu dovresti metterti tranquillo e goderti la vita... Sei ancora giovane e... piuttosto simpatico...

Allison                          - Con tutti i soldi che ho, si capisce che sono simpatico. (Di nuovo serio) Andiamo: cos'è che hai in mente?

Miss Margaret               - (precipitosamente) Penso che faresti meglio ad andartene e lasciare che mister Whitling concluda lui questo contratto a nome tuo. E lo aiuterei anch'io.

Allison                          - (ironico) In camera mia c'è dell'aspirina.

Miss Margaret               - Dico sul serio, James. Tu non sei l'uomo adatto per trattare con i russi. Basta il tuo nome a far su di loro l'effetto di uno straccio rosso davanti al toro.

Allison                          - Vuoi che diventi Allisonsky, Allisonvich o qualcosa del genere?

Miss Margaret               - No. Voglio soltanto che tu te ne vada da questo paese.

Allison                          - Ora stammi a sentire, zia Maggie, e cerca di capirmi bene. Io non ho la minima simpatia per i « rossi », ed essi odiano me. Ma sono il capo di un'azienda con la quale essi vogliono far affari, e perciò sono io che ci debbo star dietro. Io, e nessun altro!

Miss Margaret               - Ma, James, quanto stai di­ventando ostinato!

Allison                          - Può darsi. Ma così bisogna che sia. Desidero portare a termine quest'affare almeno quanto lo desideri tu, ma voglio andare all'inferno prima di farmi mettere nel sacco da quattro scalza­cani pieni d'alcool che versano. E se questo ti rende nervosa farai bene a telegrafare al tuo agente che venda il tuo pacchetto di Allison prima che comin­cino a volar le piume! (Dalla porta di destra entra Thurber fregandosi le mani).

Thurber                         - Niente di meglio dei semplici piaceri della vita, amici. Avete letto le condizioni, principale?

 Allison                         - Cose da pazzi.

Thurber                         - La più sudicia faccenda che a uno gli possa capitare sotto il naso, no? Peggio di quella volta che Blushing McBride mandò in bestia Jim Morley in quell'osteria di Cicero. Ed era pure la sua notte di nozze. Questa è gente che veramente fa uscir dai gangheri un santo, dico bene? (Scorge il telegramma posato sul piano) Ehi, principale, qui c'è un telegramma per voi. Lì sopra, su quella macchina da strimpelli.

Miss Margaret               - Scusami, James. Me n'ero dimenticata. (Thurber porge il telegramma ad Allison che l'apre e legge).

Thurber                         - Qualcosa d'importante?

Allison                          - Viene da Mosca. (Legge) « Presente per informarvi che Governo ha nominato suo rappre­sentante per trattative con voi nella persona del Commissario Speciale della Ricostruzione Post­bellica in U.R.S.S., maggior generale T. Kroshka » (Thurber emette un fischio e scivola lungo il piano).

Thurber                         - Signore... oh... signore.

Allison                          - Lo conosci?

Thurber                         - Di persona no, grazie a Dio. È il super-compagnissimo nazionale, quello che mandano sempre a sbrogliare la matassa dovunque ci sia una matassa da sbrogliare. A giudicare dalla reputa­zione che ha, deve aver fatto i suoi primi passi come custode al civico mattatoio.

Allison                          - È così coriaceo?

Miss Margaret               - Chi è, mister Thurber?

Thurber                         - (grattandosi la nuca) Proprio di preciso su di lui non son riuscito a mettere insieme niente, perché a tirar fuori un'informazione ai russi ci vorrebbe il taglio cesareo... ma dal modo come i « rossi » diventano bianchi soltanto a sentirne parlare, dev'essere il tipo più coriaceo che ci sia da Dniepro-petrovsk in qua.

Allison                          - Più è duro, meglio è. L'educazione dell'infanzia è la mia specialità. (Tira Thurber via dal piano e lo sospinge verso sinistra) Adesso, Pat, è meglio che tu sgomberi le adiacenze. Non voglio che qualcuno ti riconosca. Dopo tutto, tu sei in incognito.

Thurber                         - Nessuno mi ha riconosciuto. Ho agito con ogni prudenza e in nessuna circostanza ho mai fatto il nome di Allison.

Allison                          - Ne sei ben sicuro!

Thurber                         - Ma che proprio vi sembra che io abbia la faccia da papero, principale? Passaporto falso, nome falso, barba cresciuta così lunga... (fa il segno) e da tutte le parti non ho fatto che sollecitare commissioni per le spazzole Fuller... bè, per modo di dire. Esattamente come un luccio viaggiatore che fa gli affari suoi in mezzo a un branco di aringhe.

Allison                          - Buon lavoro, Pat. (Si stringono la mano).

Thurber                         - Grazie, altrettanto. Ora, principale, che ne dite se io ci bevessi su qualcosa? Avrei in mente di mettere insieme una sbornia tale da reggere il paragone con quanto c'è di meglio in Siberia. (Dalla porta di sinistra entra Giosuè).

Giosuè                           - Vi ho disfatto le valige, signore. Dentro non c'erano che libri.

Allison                          - (ridendo) Com'è 'sta storia, Pat? Non mi avevi mai detto che sapevi leggere.

Thuebek                        - So, ma non mi piace. È soltanto uno scherzetto che ho preparato a questi accidenti dì questurini russi che basta che uno esca un momento di camera perché subito vadano a cacciare il naso nelle sue valige. Allora mi son portato la raccolta degli atti del Congresso che così almeno gli levo la curiosità una volta per tutte. (Si spalanca improv­visamente la porta a sinistra ed entra una guardia russa che porta un tappeto bianco di pelle d'orso. Lo segue il capitano Petroff con uno splendido costume orientale. Poi entra il maggiore Babych con un «Bun­chuk » seguito dal capitano Sokoloff e Sonia, ragazza di colore, che portano altri doni. Si fermano tutti ac­canto alla porta, in un gruppo rigido e compassato) Eccoci al dunque.

Babych                          - (con voce di comando) Smirno! Ravnenie nalevo! (/ russi scattano sull'attenti, volgendo simultaneamente la testa a sinistra).

Miss Margaret               - James... com'è caratteristico. (Entra Kroshka con passo civettuolescamente militare. Kroshka è una donnina piuttosto notevole, vestita con sobria eleganza. L'unico particolare che fa supporre l'alta carica da lei rivestita è la piccola stella d'oro di «Eroina dell' Unione Sovietica » appuntata sul giubbetto. Si dà un'occhiata intorno e va a fermarsi verso il centro della scena, piuttosto a sinistra).

Kroshka                        - Io sono il maggior-generale Kroshka. (Indicando il suo seguito) I miei aiutanti: maggiore Bahych, capitano Sokoloff, capitano Petroff e sotto­tenente Sonia Jefferson Davis. ( Uno per uno gli uffi­ciali salutano).

Allison                          - (riavendosi dalla sorpresa) Come state, generale! Signori. Io sono James Carter Allison. Mia zia, miss Allison. Il mio socio, mister...

Kroshka                        - (precedendolo) Mister Thurber.

Thurber                         - (leggermente sconcertato) Sicuro... gente.

Kroshka                        - Miss Allison. Signori. (Imitata dal suo seguito alza la mano in segno di saluto) In nome del mio Governo vi dò il benvenuto nell'Unione Sovietica. Vi prego di accogliere questi doni che, come testimonianza della nostra simpatia, vi sono stati inviati da alcune delle repubbliche federate.

Allison                          - Grazie, generale.

Kroshka                        - (ai suoi ufficiali) Kladite podarki. (Essi dispongono i doni sopra e accanto al piano, riprendendo immediatamente la posizione d'attenti. Intanto Kroshka ha rivolto a Petroff qualche breve domanda in lingua russa. Quindi si volge agli americani) Vi prego idi non volervi meravigliare di questa sala che non è ancora del tutto arredata. (In tono che ha una vaga sfumatura d'accusa) D'altra parte non vi aspetta­vamo prima di venerdì.

Allison                          - Abbiamo pensato di anticipare di qualche giorno... così, per dare un'occhiata in giro.

Kroshka                        - Avete fatto benissimo. Di qualsiasi cosa abbiate bisogno potete rivolgervi a me. Il mio quartiere generale è stabilito nell'ala sinistra di questo stesso edificio. Questa sala rappresenterà la nostra camera in comune. Non avrete molestie di sorta fin tanto che rispetterete le leggi di questo paese. Buona sera. (Si volge ai suoi ufficiali) Za mnoi, tovarishi. (Attraversa la camera, seguita dagli altri russi).

Miss Margaret               - (indicando il « Bunchuk ») James, quello che cos'è?

Kroshka                        - (prendendo l'oggetto indicato) E il « Bunchuk », il simbolo della vittoria. I cosacchi lo fanno risuonare in questo modo... quando, reduci dalla guerra, galoppano verso casa. (Lo porge a miss Margaret).

Miss Margaret               - Oh, com'è armonioso. (Kroshka esce dalla porta di destra sotto la scala, seguita dai suoi ufficiali. Gome Sonia si allontana, Giosuè si accoda automaticamente al gruppo ed esce con gli altri. Una piccola pausa di silenzio).

Thurber                         - Bè, quello era lo stato maggiore di Yakutsk. Che ve ne sembra?

Miss Margaret               - E quella ragazza negra. Che cosa fa qui? Non è contro la Costituzione, James?

Thurber                         - Ne ho sentito parlare. Sua madre cantava per le strade, ad Harlem. La portò qui che era ancora bambina.

Allison                          - Molto bene, Pat. Vai al mio apparecchio e mettiti in collegamento con New York. Vedi se ti riesce di acciuffare mister Whitling. Bisogna che gli parli.

Thurber                         - Sissignore. E intanto darò anche mie nuove alla padrona di casa. Ho l'impressione di essermene venuto via piuttosto all'improvviso. (In­dossa il cappotto) E se mi lascio scappare quella camera, credo proprio che sarò bloccato in Russia a vita.

Miss Margaret               - Non credi che ti dovresti cercare un interprete, James? Conosci così poco il russo!

Allison                          - Quella' donna sembra che sappia benissimo l'inglese.

Thurber                         - (avviandosi alla porta di sinistra) Ma si capisce. La lingua inglese abbraccia il mondo. Ho persino sentito dire che quest'altr'anno ce la inse­gneranno anche a noi in America. (Esce a sinistra).

Miss Margaret               - (facendo tintinnare il « Bunchuk ») Questo me lo prendo io, James! Lo voglio regalare alla Lega Anticapitalistica. Lo suoneranno nelle nostre riunioni.

Allison                          - Questa sì ch'è un'idea. Dirà più cose sensate lui che tutte le tue ragazze messe insieme. Meglio che facciamo fuori questa chincaglieria. (Suona il campanello a sinistra).

Miss Margaret               - Non è meraviglioso aver che fare- con un popolo come questo? Così generoso!...

Allison                          - (con un'occhiata ai doni) Bè, conside­rando il ciarpame che ci hanno affibbiato, direi che hanno della generosità un'idea alquanto personale... Non mi riesce di togliermi di mente quella donna... L'ultima cosa al mondo che mi sarei aspettato, giuro. Ma questo potrà facilitare la faccenda. Sarà, in fondo, come rubare le caramelle a un bambino.

Miss Margaret               - Una donna generale! È una idea straordinariamente graziosa, proprio! (Entra Giosuè da destra, seguito da Sonia).

Allison                          - Porta su questi regali, Giosuè.

Giosuè                           - Sissignore. (A Sonia) Mica hai voglia di darmi una mano?

Sonia                             - Volentieri. Così potrò vedere com'è fatta la casa. (Sonia allarga le braccia a ricevere ì doni che Giosuè le passa man mano).

Giosuè                           - (contemplando ammirato il costume orientale) Avete visto, signore, questo magnifico accappatoio rosso?

Aiuson                          - (seccamente) Splendido. Vorrei proprio sapere chi me l'ha offerto.

Sonia                             - Il popolo del Turkestan. Perché le mac­chine americane l'hanno aiutato a trasformare in meravigliosi giardini i suoi deserti.

Miss Margaret               - Mi ha fatto venire in mente un'idea quanto mai sciccosa per quel ballo all'Amba­sciata Sovietica che si darà quest'altro mese a Washington.

Giosuè                           - Okay, miss Sonia. Andiamo di sopra. (S'avviano verso le scale a destra e cominciano a salire) Dov'è che abitate, voi?

Sonia                             - In Georgia.

Giosuè                           - Atlanta.

Sonia                             - No, Tiflis. La città natale del compagno Stalin.

Giosuè                           - (lanciando una rapida occhiata al busto di Stalin) Davvero? Bè, dal modo come si comporta mai più sarei andato a pensare che fosse un gentleman del Sud. Nossignore. (Esce con Sonia a destra, in alto sulla scala).

Miss Margaret               - Spero che Giosuè non eserciti un'influenza nefasta sull'ideologia di quella fanciulla.

Allison                          - Tutto sta a vedere che cos'è che tu intendi per ideologia. (Entra Kroshha dalla porta a destra sotto la scala e si ferma verso il centro della scena. Allison si rivolge verso di lei) Oh, generale...

Kroshka                        - Stavo facendo un'ispezione alla casa. (Si porta in centro-scena) È la prima volta che entro in un edificio per ospiti stranieri. Non è mica una brutta cosa far gli stranieri in Russia, vero mister Allington ?

Allison                          - Eccellente, direi.

Miss Margaret               - (avvicinandosi a Kroshha) Generale Kroshka, avrei una cosa da sottoporre alla vostra attenzione. Dove vi potrei trovare?

Kroshka                        - Io abito qui.

Miss Margaret               - Grazie. (S'avvia su per la scala, facendo tintinnare il « Bunchuh ») Dal modo come maneggio quest'arnese, direi che ho del sangue cosacco nelle vene.

Allison                          - Ho proprio paura, zia Maggie, che tu sia il ramo marcio dell'albero familiare. (Miss Margaret esce sulla balconata a destra e scompare).

Kroshka                        - Bella sala, non vi pare? Questa costru­zione moderna... Queste linee semplici...

Allison                          - Sì. Mi piace.

Kroshka                        - (si avvicina alla finestra centrale) E questa finestra! A proposito, è vero che in America hanno inventato un vetro che non fa entrare il freddo in casa?

Allison                          - Sì. Una speciale composizione plastica termo-condizionante.

Kroshka                        - Un vetro così fatto ci farebbe comodo qui. I nostri inverni sono lunghi e freddi. Molti dei nostri lavoratori s'ammalano e disertano le officine. Sapete mica la formula, per caso?

Allison                          - Certo.

 Kroshka                       - (estraendo di tasca -un notes) Me la potreste dire?

Allison                          - Mi spiace. Si tratta di un segreto industriale. L'inventore non vuole che sia rivelato.

Kroshka                        - Perché, poi?

Allison                          - Bè, si ripromette di farci su un po' di quattrini.

Kroshka                        - (ironicamente) Oh sì, dimenticavo. Naturalmente. E dove posso trovare questo disin­teressato filantropo?

Allison                          - Ai vostri ordini, signora.

Kroshka                        - Siete voi?

Allison                          - Sì. Il brevetto è mio, così come molti altri. Comunque, se v'interessa, posso prendere in esame l'idea di vendervene i diritti di fabbricazione per la Russia.

Kroshka                        - Ci tenete tanto ai quattrini, mister Allison?

Allison                          - No. Ma sono la base del nostro sistema economico. Da noi, i quattrini rappresentano il segno concreto del successo. Esattamente come da voi le medaglie, immagino. (Fissa gli occhi sulla stella d'oro di Kroshha).

Kroshka                        - Esattamente, tranne una differenza importante. Le medaglie non ci danno il diritto di privare l'umanità di invenzioni di utilità generale.

Allison                          - Mai saputo che voialtri russi abbiate regalato qualcosa a qualcuno.

Kroshka                        - Quel che mi dite non mi giunge nuovo. Ho letto qualcuno dei vostri articoli, mister Allison. Sarei lieta se poteste restar qui un po' di tempo così da poterci conoscere meglio.

Allison                          - So che i capitalisti non sono guardati di buon occhio, nel vostro paese.

Kroshka                        - Ma no, tutt'al contrario. Ci fa sempre piacere imparare qualcosa da voi.

Allison                          - In modo da poterci eliminare subito dopo?

Kroshka                        - (freddamente) Vi eliminerete da soli, mister Allison.

Allison                          - Sembrate piuttosto sicura del fatto vostro.

Kroshka                        - È matematico. Il vostro sistema è ciò che voi chiamate un'azienda in liquidazione. Vivete in quanto vi divorate l'uno con l'altro, né più né meno che i ragni. Presto o tardi non ci sarà più la faccia di un ragno. (Gli occhi di Allison si restringono).

Allison                          - Col nostro sistema noi viviamo abba­stanza bene. (Si avvia verso la scala a destra).

Kroshka                        - Anche i ragni. (Il tono della sua voce lo fa fermare) Siete probabilmente informato, mister Allison, che molti vostri concorrenti stanno lavo­rando con ogni mezzo per portarvi via l'appalto dei lavori per l'aviolinea.

Allison                          - Nessuno di loro è in grado di fare ciò che possiamo fare noialtri.

Kroshka                        - È esattamente ciò che tutti dicono nei nostri confronti. Ci sono ditte inglesi, per esempio, che sostengono di essere assai più attrezzate di quanto lo siate voi. (In tono di bonaria superiorità) Restate qui un po' di tempo, mister Allison, e imparerete anche voi a lavorare senza che i lupi vi saltino alla gola. È una cosa riposante, vi assicuro.

Allison                          - Non fosse per questi lupi, generale, voi viaggereste ancora su carri a buoi anziché su aeroplani e indossereste pelli d'orso invece di questa elegante divisa. L'emulazione, generale, è la sola cosa al mondo che faccia di ogni alba che si leva una nuova esperienza degna d'interesse. Una volta o l'altra ve ne accorgerete anche voi. (Si volge di nuovo verso la scala, mentre dalla porta di questa entra Thurber).

Thurber                         - New York in linea, principale.

Allison                          - Scusatemi, generale. (Si dirige per uscire a sinistra).

Thurber                         - Son riuscito ad acchiappare mister W'hittling, principale. Ho anche pensato che forse avrei fatto meglio a non parlare con la padrona di casa, per via che mi pare che le devo ancora qualche sesterzio... (Le sue parole si vanno perdendo mentre escono a sinistra. Rimasta sola, Kroshka sorride scrollando le spalle).

Kroshka                        - Amerikanski capitalista. Shtoochka s roochkey. (Sulla balconata appare Sonia che comincia a scendere le scale) Sonia. (Sonia si ferma).

 Sonia                            - Sì, compagno generale.

Kroshka                        - Cos'è che mi volevi dire... nell'ap­parecchio1?

Sonia                             - Una cosa che avevo sentito dire dagli uomini... (Si guarda intorno, a disagio).

Kroshka                        - Benissimo. Vai avanti.

Sonia                             - Dicevano che stai giocando una carta grossa, compagno generale.

Kroshka                        - Io?

Sonia                             - Dicevano che il contratto che tu hai compilato per gli americani è troppo ingiurioso. Se il Governo ne viene a sapere qualcosa... andremo al muro, tutti quanti.

Kroshka                        - Il Governo non ha da venire a saper niente. Si tratta soltanto di una manovra tattica.

Sonia                             - Il Governo desidera che raggiungiamo quest'accordo, compagno generale.

Kroshka                        - Lo desidero anch'io, ma so come si deve trattare con i capitalisti. Bisogna terrorizzarli, istupidirli. Se vuoi ottenere da loro cinque rubli, chiedine cento e te ne daranno dieci.

Sonia                             - Ma... e se se ne andassero, compagno generale?

Kroshka                        - Chi... i capitalisti? Andarsene da un luogo dove sperano di fare un affare? Non farmi ridere! Tu credi proprio che questo tale Allison sia venuto qui per la nostra bella faccia? Ci detesta, mia cara Sonia. Ma è come un pesce fuor d'acqua: si dibatte per il denaro. Per avere più danaro di quanto non abbia già. Più utili. E bisogna che li abbia, perché se no scoppia come una bolla di sapone. L'abbiamo in mano: accetterà qualunque insulto pur di concludere quest'affare e d'impedire che noi lo facciamo con altri.

Sonia                             - Ma se al Cremlino vedessero queste con­dizioni, compagno generale... (Si fa passare la mano a coltello lungo la gola, con un gesto che parla da sé) Grrrr...!

Kroshka                        - Hai ragione. Se le vedessero vorrebbe dire ch'io non son riuscita a portare a buon fine la missione affidatami e quindi potrei andare al muro. Che c'è dì strano? La morte è il miglior modo per risolvere qualunque problema russo. (Miss Margaret appare sulla balconata e comincia a scendere le scale).

Miss Margaret               - Posso raggiungervi?

Kroshka                        - Ma certo. (A Sonia) Tu puoi andare. (Sonia saluta ed esce a sinistra).

Miss Margaret               - (sventolando un foglio dattiloscritto) Desidero farvi leggere qualcuna delle mie poesie. La stampa capitalista ha rifiutato di pubblicarle... perciò penso dì darle alla « Pravda ». Questa è inti­tolata «Ai miei compagni». (Comincia a declamare): « O miei compagni di terra oltremar Terra di Marx e pur del Samovar! Voi innalzaste di libertà la face: Voi che sognate il mondo intero in pace. Stanca io son di cipria sulla faccia, E dei vostri mugik desidero le braccia. Desidero orsi bianchi e balalaike desidero cosacchi, nevi e troike... » (Si ferma) E così avanti. Sono duecento e otto versi. Che ve ne pare?

Kroshka                        - (sorridendo) Mi piace di più il vostro abito. Chi ve l'ha fatto?

Miss Margaret               - Mainboucher! Credo che risenta delle ingiustizie sociali. E a Mosca, che si porta di bello quest'anno?

Kroshka                        - Due nuove medaglie. (Miss Margaret fa per parlare, ma Kroshka prosegue rapidamente) Mi piace la vostra pettinatura. Mi piacciono i vostri bastoncini di rossetto... Mmm... che buon profumo che avete. Tutti i cittadini americani hanno un profumo così buono?

Miss Margaret               - Ne conosco molti che non profumano affatto. Ora, ditemi una cosa, compagna Kroshka: dalla mia poesia non vi sembra che io conosca veramente bene la Russia?

Kroshka                        - Conoscete un discreto numero di parole russe.

Miss Margaret               - Sì, infatti: circa l'uno per cento. Ora io desidero parlarvi un poco di mio nipote. Non dovete esser troppo dura con lui. È un povero figliolo al quale non si è mai presentata un'occasione... ha sempre avuto troppo danaro. Ha bisogno di molta comprensione.

Kroshka                        - Io lo comprendo perfettamente. (Fa qualche passo indietro per rimirare meglio miss Margaret) Che belle gambe avete... E calze di seta. Bisogna che anche noi, in Russia, abbiamo gambe come le vostre. Ne parlerò al prossimo Congresso del Partito. (Estrae un taccuino su cui prende rapida­mente qualche annotazione) Ditemi, miss Allison: voi conoscete gli uomini, vero?

Miss Margaret               - (piuttosto sorpresa) Credo di sì.

Kroshka                        - Ritenete che un bel paio di gambe femminili inguaiate in calze di seta li possa eccitare?

Miss Margaret               - Sì, senza possibilità di dubbio. Ma che c'entra tutto ciò col movimento rivoluzionario?

Kroshka                        - C'entra, e come. Abbiamo perduto quindici milioni di persone a causa della guerra. Ci occorrono figli, miss Allison. Questo, per il momento, è il solo movimento che c'interessi. Io, per esempio, hoil compito di dar incremento alle nascite. Devo aumentarle di quattro milioni d'unità soltanto nel corso di quest'anno.

Miss Margaret               - Signore Iddio, questo sì ch'è un compito!

Kroshka                        - Hanno dato medaglie alle madri prolifiche, ma è un provvedimento che giunge in ritardo. Con le belle gambe e le calze di seta io farò di meglio.

Miss Margaret               - Non capisco.

Kroshka                        - Eppure è semplicissimo. Il guaio, da noi, è che le nostre donne stanno diventando troppo mascoline. Hanno perduto quel non so che di fem­minile. Eisultato: gli uomini, la sera, preferiscono giocare a scacchi al circolo di fabbrica invece di restare a casa ad occuparsi delle future generazioni.

Miss Margaret               - Così che danno scacco matto ai vostri piani, non è vero?

Kroshka                        - Già. Ma io farò sì che le nostre donne diventino tanto desiderabili da obbligarli a dimenti­care gli alfieri le torri e i cavalli e indurli a collaborare con fervido entusiasmo al nostro progetto genetico. Proprio così... ho trovato. Bastoncini di rossetto! Profumi! Calze! Senza di che non avremo mai gambe per stare in piedi! (Dalla porta a sinistra entra Allison).

Allison                          - Ho appena finito di parlare con New York, generale. Il nostro personale tecnico parte in mattinata dall'Alaska: appena arrivano possiamo dar inizio ai lavori. (Si avvia verso la scala).

Miss Margaret               - Non te ne andare, James. Abbiamo avuto una discussione interessantissima. Il generale sta per avere quattro milioni di bambini con un paio di calze nylon. Se il Signore Iddio e Du Pont si metteranno finalmente d'accordo, voglio dire.

Allison                          - (con un sorriso) Andateci piano con mia zia, generale. Nonostante tutto, è uno dei lupi più pericolosi della foresta di Wall Street. (Si sente bussare alla porta di sinistra. Una guardia entra e saluta).

Kroshka                        - Sì?

La guardia                     - Il capitano Petroff è venuto a prendere miss Allison. È di fuori con l'auto che l'aspetta.

Miss Margaret               - Ditegli che lo raggiungo subito, per favore. (La guardia saluta ed esce).

Allison                          - Dov'è che devi andare?

Miss Margaret               - Al balletto. Vuoi scusarmi? Bisogna che mi vada a vestire. (S'avvia per le scale) Vorrei avere un paio di medaglie da mettere, stasera.

Kroshka                        - In Russia le medaglie non si comprano.

Miss Margaret               - Non volevo dire medaglie « vere », generale. Soltanto qualche patacca lucci­cante. (Esce dalla balconata a destra).

Allison                          - È una donna meravigliosa. Ci credete che è stata lei a fermare la mia attenzione su questa impresa della linea transpolare?

Kroshka                        - Davvero?

Allison                          - Sì, e in principio io ero piuttosto scettico. E voi, com'è che siete arrivati a pensarci?

Kroshka                        - Oh, noi lavoravamo a questo progetto da parecchio tempo. Basta dare un'occhiata alla carta per accorgersi che queste linee aeree transpolari costituiscono un formidabile mezzo di ravvicinamento delle distanze. E abbiamo un ottimo piano, molto pratico.

Allison                          - Sì, l'ho visto da qualcuno dei disegni che avete fatto: disegni fatti con molta intelligenza e grande senso della realtà. Sicuri e solidi come dollari d'argento. Siete laureata in ingegneria?

Kroshka                        - Sì. E anche in chimica e fisica. E voglio molto bene al mio paese.

Allison                          - Avete sviluppato voi i particolari tecnici del progetto?

Kroshka                        - No. L'ha curati un giovane ingegnere, proprio qui in Siberia. Un ragazzo molto brillante. È stato proclamato Eroe dell'Unione Sovietica due volte.

Allison                          - Lo merita. E incoraggiante sapere che voi non sotterrate i vostri ingegni.

Kroshka                        - Questo l'abbiamo dovuto sotterrare, invece. È morto pochi giorni fa.

Allison                          - Oh, e di che cosa... è morto?

Kroshka                        - Di certi errori che aveva fatto nei suoi calcoli. Il Collegio degli Ingegneri di Mosca ha trovato nel suo progetto certe manchevolezze che avrebbero causato considerevoli perdite allo Stato. Così ch'egli fece ciò che qualunque altro iscritto al partito avrebbe fatto al suo posto. Andò a casa e si bruciò le cervella.

Allison                          - Mi sembra una risoluzione maledet­tamente radicale.

Kroshka                        - (in tono amaro) Non possiamo tollerare la più piccola negligenza, mister Allison. Non siamo stupidi: sappiamo perfettamente di essere circondati da nemici. Basta il minimo errore da parte nostra perché subito tutti ci diano addosso. Ecco i rossi che ci si riprovano! Sotto con la bomba atomica! I rossi vogliono dominare il mondo! Che ci sta a fare quest'uranio?... È come se a noi non potessero essere concessi altri compagni che la miseria e la morte!

Allison                          - Tutto ciò è russo fino all'inverosimile. Manìa di persecuzione complicata da paranoia. La verità, invece, è che voi siete il popolo più ammirato che esista sulla faccia della terra, generale.

Kroshka                        - Oh lo so, lo so. Qualcuno ci concedeva la sua ammirazione, quando morivamo a milioni... questi poveri, valorosi russi ! Oggi, voi e i vostri amici spendete miliardi per convincere i bottegai della Georgia, i contadini del Kansas che se essi sono in miseria ciò è dovuto al fatto che questi rossi della malora hanno messo piede in Romania e nell'Iran.

Allison                          - La colpa è tutta vostra. Vi comportate come una banda di ladri.

Kroshka                        - Già, si capisce. E chi ci sta, intanto, in Grecia e in Palestina e a Già va e sul Reno? Cercate di non essere così ingenuo, mister Allison. Lo volete proprio sapere perché ci odiano ?

Allison                          - Sarei lieto di ascoltare la vostra versione, davvero.

Kroshka                        - Perché siamo ancora vivi. Perché i tedeschi non ci hanno uccisi tutti. Perché, dovunque noi giungiamo, la terra viene divisa fra i contadini e gli sfruttatori sono messi fuori legge. Ma soprattutto perché non ci potete più arrivare voi a prendere il petrolio o il carbone.

Allison                          - No: perché voi tradite i principi della democrazia!

Kkoshka                        - Della democrazia, noi abbiamo un concetto del tutto nostro. Per noi, lo sfruttamento dell'uomo da parte di un altro uomo è il più anti­democratico dei delitti.

Allison                          - Così che, con questa scusa, lo sostituite con lo sfruttamento di tutto il popolo, da parte dello stato autoritario?

Kroshka                        - Sono i principi, mister Allison: sono i principi che contano.

Allison                          - D'accordo. La libertà individuale, per esempio, o il diritto di vivere la propria vita secondo le proprie inclinazioni. La libertà di stampa, di parola, di riunione. Questi sono i principi, no?

Kkoshka                        - Crediamo anche noi in questi principi, ma siamo ormai entrati in guerra contro la viltà e l'acquiescenza di secoli e intendiamo mantenere le nostre posizioni a tutti i costi.

Allison                          - Quali posizioni? La polizia segreta e i campi di concentramento?

Kkoshka                        - Più niente capitalismo. Più niente sfruttamento. Più niente proprietà privata dei mezzi di produzione.

Allison                          - E più niente produzione!

Kkoshka                        - La nostra produzione è accresciuta dalla volontà e dall'entusiasmo, mister Allison. Dovreste vedere con che entusiasmo lavorano i nostri operai!

Allison                          - Eppure i nostri, di operai, pur lavorando senza il minimo entusiasmo producono il doppio dei vostri. E godono del più alto livello di vita che ci sia al mondo.

Kkoshka                        - Il vostro capitalismo è splendidamente organizzato, ma è un'organizzazione fondata sulla sabbia. Ve ne rendete conto anche voi, mister Allison. Lo sfruttamento non può produrre alcun fenomeno di produttività reale. Questo è un fatto matematico!

Allison                          - Credete? E allora spiegatemi un po' come avviene che noi durante la guerra abbiamo rifornito il mondo di armi e di cibo... e senza richiedere compenso in cambio?

Kkoshka                        - Il vostro compenso l'avete avuto mister Allison. Abbiamo gettato quindici milioni di giovani vite sulla strada della vittoria. Tutto ciò è dimenticato, oggi, ma noi sappiamo di aver con­tribuito per la nostra parte.

Allison                          - E poi, usando armi e materiali americani siete dilagati per mezza Europa e l'avete segnata col marchio della vostra dittatura.

Kkoshka                        - (sarcasticamente) E cosa vi aspettavate che facessimo? Che avessimo cacciato Hitler per dar agio al vostro mister Bitbo di impadronirsi dei paesi liberati? 0 magari che li cedessimo graziosamente a Wall Street o alla Società Allison? No, mister Allison: non vi potevate aspettare una cosa simile.

Allison                          - E allora perché cercate di far affari con me?

Kkoshka                        - È un mondo, questo, nel quale capita che si abbia bisogno l'uno dell'altro. E voi, se è lecito, che ci siete venuto a fare qui?

Allison                          - (portandosi verso il centro della scena) È proprio quel che comincio a domandarmi.

Kroshka                        - Davvero? Allora permettete che ve lo dica io. Voi siete venuto qui perché avete dispe­ratamente bisogno di concludere quest'affare.

Allison                          - Disperatamente è un'espressione forte, generale.

Kkoshka                        - Forte, sì... ma esatta. Conosciamo la vostra situazione, mister Allison. La fine della guerra ha rappresentato per voi una specie di disastro. La riconversione industriale è stato un colpo duro. E, a meno che non riusciate a mettere insieme un bel blocco di affari per la pace, vi state avviando verso tempi molto difficili.

Allison                          - State drammatizzando un po' le cose, generale.

Kkoshka                        - Non sono io che le drammatizzo. Mi limito semplicemente a citare quasi parola per parola il testo d'un rapporto segreto del vostro esperto finanziario, mister Whitling. (Estrae un foglio) Questo, mister Allison.

Allison                          - (glaciale) Dove l'avete preso?

Kkoshka                        - Sorvoliamo sui particolari tecnici, mister Allison. L'importante è che i rilievi di mister Whitling siano esatti. E voi siete inguaiato forte, come dicono al cinematografo. Dunque: che cosa avete intenzione di fare?

Allison                          - (fieramente in collera) Credo che darò un taglio netto a tutta questa storia, ormai.

Kkoshka                        - Davvero? E lascerete che i concor­renti si aggiudichino il lavoro? I vostri azionisti non mancheranno di farne le più alte meraviglie. Essi si aspettano che voi ne veniate capo. Che cosa gli direte?

Allison                          - Molte cose, gli dirò. Gli dirò che non si possono fare affari con gente che non esita a rubare documenti privati e ad usare i servizi delle spie! (Kroshka ride) Questo gli dirò, parola per parola!

Kkoshka                        - Lo so. Vogliate scusarmi. Non ho potuto far a meno di ridere. Mi è venuto in mente la faccia buffa di mister Thurber quando andava in giro con la barba alla Carlo Marx. Guardate, ho qui un'istantanea. (Gli porge una fotografia).

Allison                          - Questo qui sarebbe Thurber?

Kroshka                        - Proprio lui. E la ragazza grassa che sta con lui è uno dei miei agenti, Tamara. Divertente, non vi sembra?

Allison                          - Non mi sembra, no!

Kroshka                        - No? E io che credevo che fosse una cosa così comica. (Ripone la fotografia nella tasca interna del cappotto) Però non state a liquidarlo, mister Allison. Vi vuol molto bene.

Allison                          - Noi, in America, non liquidiamo nes­suno!

Kroshka                        - No? E che ve ne fate di quelli che non vi vanno ?

Allison                          - (con ira) Li facciamo ambasciatori e li mandiamo all'estero.

Kkoshka                        - Che crudeltà.

Allison                          - E adesso fatemi bene attenzione, mia giovane signora opprimente e insolentissima... (si arresta udendo la voce di Thurber che giunge dal di fuori).

Thurber                         - Tenete le mani a casa, lupi della steppa che non siete altro! (Si spalanca la porta a sinistra ed entra Thurber circondato da Babych, Petroff e Soholoff. Con essi si fa pure avanti la guardia che va a fermarsi accanto alla porta di destra) Ehi, principale, sono nei guai! Tiratemi fuori voi, vi prego!

Kroshka                        - Che cosa succede? (Babyeh fa un passo avanti, e saluta).

Babtch                          - Ho tratto in arresto questo cittadino perché - senza averne il permesso - ha usato la radio dell'apparecchio del compagno Allison e perché si è espresso in termini che suonano offesa alla nostra amata patria, compagno generale. (Si volge a Thurber) Avanti, confessate!

Thukber                         - Ma che fa quest'individuo... le parole incrociate?

Kroshka                        - Che cosa ha detto?

Babtch                          - Date lettura della trascrizione, capitano Petroff. (Petroff estrae un foglio di tasca) Quest'uomo è stato colto a parlare con una donna che abita a Chicago...

Thubber                         - Non dite sciocchezze! Ma che donna! Vorrei che la vedeste... Era la mia padrona di casa, principale.

Petroff                          - Qui, alla pagina due, è riportato il testo della conversazione in oggetto (legge) ...Abbiate pazienza, mistress Clancy, che alla fine vi pagherò fino all'ultimo rublo.

Babtch                          - (in tono significativo) « Fino all'ultimo rublo », avete inteso?

Kroshka                        - Va bene. C'è altro?

Babtch                          - Desidero richiamare la vostra atten­zione sull'insinuazione contenuta in un'altra frase. Quest'uomo vorrebbe far credere che noi sorvegliamo i nostri ospiti americani!

Petroff                          - Ecco, testualmente, ciò che costui ha detto. (Seguita a leggere) « Non posso parlare molto in questo momento, perché questi animali stanno con le orecchie dritte ad ascoltare ciò che dico ».

Babtch                          - Confessate!

Thurber                         - Confessare cosa? Ma che siete scemi?

Allison                          - Rilasciate immediatamente questo uomo! Non ho mai sentito niente di più idiota in vita mia!

Kroshka                        - (brutalmente) Un istante, mister Allison. Chi è che vi ha fatto credere di essere autorizzato a dar ordini qui? (Ai russi) Osvobodite arresto-vanogo. (Thurber viene lasciato libero. Si volge a Allison) Faccio rimettere quest'uomo in libertà non perché lo esigiate voi, mister Allison, ma perché si tratta di uno stupido equivoco.

Allison                          - No, non si tratta di un equivoco. (Le si avvicina a fissarla bene in viso) È il risultato diretto del sistema deplorevole, del sistema profon­damente immorale di violenza e di oppressione che vige nel vostro paese, e che costituisce un affronto a tutto il mondo civile e al quale noi presto o tardi porremo meritata fine.

Thubbeb                        - Pigliate su e portate a casa!

Kroshka                        - State dimenticando la vostra situa­zione, mister Allison!

Allison                          - No: so perfettamente quel che mi sto facendo. Io ho bisogno di questo lavoro, e voi avete bisogno di me. Non mettiamo avanti il fatto che siamo stati amici. Prendiamoci francamente per il collo e stiamo a vedere chi stringe di più. Non chiedo altro che di firmare questo contratto e di filarmene via di qui... il più presto possibile. Sono disposto ad esaminare le clausole immediatamente, senza consultarmi con i miei consiglieri.

Kroshka                        - Siete disposto davvero? Splendido. La ben nota decisione americana. (Ai russi) Idite suda. (/ russi, compresa Sonia, si .allineano dietro Kroshka verso il centro. Kroshìca si mette a sedere e apre la borsa di documenti che ha con sé. Thurber va a prendere lo sgabello del piano per Allison, poi si allontana verso sinistra rimanendo però in scena) Bisognerà che esaminiamo insieme i particolari, mister Allison. (Estrae dalla borsa due grossi fasci di carte) Ecco qui le nostre proposte iniziali. Dal riassunto che mister Thurber ve ne ha fornito voi approssima­tivamente dovreste già conoscerle. Dal canto mio, ne ho preso visione prima di permettergli di impa­dronirsene per vostro uso e consumo. (Allison rivolge a Thurber uno sguardo pieno di disprezzo).

Thurber                         - Ora tirate fuori le unghie, principale...

Allison                          - (prendendo uno dei due fascicoli) Chi ha messo giù queste proposte?

Kroshka                        - Io.

Allison                          - Personalmente?

Kroshka                        - Personalmente.

Allison                          - Allora come faccio a sapere che dopo non le respingerete? Dopo che le ho lette?

Kroshka                        - Io? Respingerle? Voi avete voglia di scherzare, mister Allison.

Allison                          - Affatto. Mi risulta che è già capitato qualcosa del genero. Voi siete gente così fatta che prima proponete una cosa e poi vi tirate indietro. È un abitudine che avete.

Kroshka                        - Stavolta non accadrà niente di simile, mister Allison. Stavolta sarete voi a mercanteggiare, non io. Comunque.... ecco qua: firmo io queste pro­poste, caso mai aveste qualche dubbio.

Sonia                             - Tovarisch gheneral...

Kroshka                        - Molchat! (Firma entrambe le copie e le porge a Allison) Troverete qualche paragrafo più .duro che non vi sia apparso nel riassunto di mister Thurber. Comunque, domani c'incontreremo di nuovo e cercherò di farvi mercanteggiare ancora un po'... per soddisfare i vostri istinti capitalistici. (Indi­cando le due copie del contratto) Ecco qua. Leggete bene. Prendetevi tutto il tempo che volete. (Allison non apre bocca) Volete che stabiliamo il nostro incon­tro per domani alle dieci? 0 preferite rifletterci con più calma? (Allison prende la penna) Diciamo allora alle dodici di domani?

Allison                          - Alle dodici di domani voglio essere in viaggio per l'America. (Firma una copia).

Thurber                         - Che diavolo state facendo, principale? (Allison firma l’altra copia e se la pone in tasca).

Allison                          - (con calma) Ecco la vostra copia, generale. Da tenere, amare e proteggere. Non ci è voluto molto tempo, vi pare?

Kroshka                        - (sorpresa, guardando il documento che Allison ha sospinto verso di lei) Perché l'avete fatto? Perché l'avete firmato?

Allison                          - Per insegnarvi, generale egregio, che c'è più di un modo al mondo per togliere la pelle ad un gatto. (A Thurber) Metti in moto l'apparecchio, Pat. Togliamo il disturbo. (Si avvia verso la scala a destra seguito da Giosuè) Forza, Giosuè, dammi una mano a portar su questi bei regali.

Kroshka                        - Un momento, mister Allison. Questo contratto non è valido.

Allison                          - (volgendosi dalla scala) Lo dite a me? Il vostro contratto contiene diverse e svariate vio­lazioni a diversi e svariati accordi del trattato com­merciale delle Nazioni Unite. Spero che il vostro Governo abbia abbastanza spirito da rendersi conto che il suo rappresentante si è cacciato in una posi­zione assolutamente ridicola.

Kkoshka                        - Ma io credevo che voi avreste mer­canteggiato... Non si può firmare così! Mosca non accetterà mai!...

Allison                          - Siete voi che avete steso il contratto, non io!

Kkoshka                        - (inviperita) Soltanto un cervello di capitalista avrebbe potuto pensare un trucco di questo genere!

Allison                          - Cervello di capitalista? (Si volge e si sporge dalla balconata, ironico) Disgraziatamente noi non possiamo rivendicare i nostri crediti. Nel 1917, quando i tedeschi avevano preso i russi alla gola, i russi firmarono un trattato di pace senza averlo letto, ricordate? E ha funzionato? (La interpella direttamente) Andate a dare un'occhiata a Berlino! (Scompare a destra, seguito da Giosuè. I russi son rimasti senza parola. Gli occhi di Kroshka si fermano sul busto di Stalin. La mano le si alza lentamente alla gola...).

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

La stessa sera, verso le ventitré. La sala è comple­tamente illuminata, e dalle finestre di cui sono scostate le tendine si vedono in distanza le luci della città. Il cesto dov'era imballato il ritratto di Lincoln è stato portato via. La poltrona grande è stata spostata a destra della finestra centrale e, ancora alla sua destra, è stato collocato un tavolino che regge una radio portatile. L'arredamento della sala si è arricchito di un comodo divano posto verso il centro-destra della scena e di una sedia messa accosto alla finestra.

(Prima che si apra il sipario si sente Sonia cantare una piacevole canzoncina accompagnata da una fisar­monica e da un coro di voci maschili. Come il sipario si alza si vede Sonia che seduta sulla poltrona grande è intenta a pulire un fucile mitragliatore e canta. Un poco oltre è accosciato Sokoloff che suona la fisarmo­nica. Ivan è al piano. La guardia è immobile accanto alla porta di sinistra. Questi tre formano il coro da cui è accompagnata la canzone di Sonia. In un momento di pausa dello spasso canoro Giosuè si affaccia dalla bal­conata e si ferma ad ascoltare. La canzone finisce. So­koloff si leva in piedi e si accomoda la fisarmonica su una spalla bilanciandola accuratamente).

Sokoloff                        - Para na smenu Karaocla.

Giosuè                           - (scendendo le scale) Avanti, Sonia. Canta ancora.

Sonia                             - La canzone non dice altro. E sono le undici. Il capitano deve prendere servizio. (Indica Sokoloff).

 Sokoloff                       - (stringendo le mani a Sonia) Nu poka, Sonia. Zdorovo papeli. (Si dirige verso la porta a sinistra ed esce seguito dalla guardia).

Giosuè                           - (a Sonia, indicando Ivan) Bisognerebbe dire a quel tipo di portar qui una lampada a piede o qualcosa del genere. Mister Allison non può sof­frire queste luci così forti.

Sonia                             - (a Ivan) Dostante lampoo, tovarisch.

Ivan                               - Poprobuyon. (Bivolge un sorriso a Giosuè che lo respinge con un occhiata torva. Ivan esce da sinistra. Bimasto solo. Giosuè siede accanto a Sonia che abbassa gli occhi fingendo di non accorgersi di lui).

Giosuè                           - Dov'è che avete preso quella bella vocina, Sonia?

Sonia                             - Mia madre, in America, era una cantante.

Giosuè                           - America: ecco dove dovresti andare tu, piccolina. È una cosa che grida vendetta al cospetto di Dio sciupare una vocina come questa con i frossi. Vieni con me ad Harlem e vedrai che bocconcini di buona vita americana ti farò gustare.

Sonia                             - Mi piace la Siberia.

Giosuè                           - Ti piace perché non hai mai visto Harlem. E ad Harlem c'è un sacco di cose da fare che qui neanche te le sogni.

Sonia                             - Cose... come?

Giosuè                           - (meditabondo) Bè... si può andare alla « Herb place », per esempio, ad ascoltare i cantastorie. Si può anche andare a vedere i ragazzi che giocano a dadi nei retrosala dei bar. Anche in Lennox Avenue si può andare, a vedere la scavatrice a vapore. Tutto gratis. È un paese pieno di possibilità, piccolina.

Sonia                             - Ci sono scavatrici a vapore anche qui.

Giosuè                           - Già. E quando uno è giù di corda se ne può sempre andare alla Missione di Sadom a sentire il predicatore che gli racconta che razza di posto meraviglioso è il paradiso di Dio. E masticare polli arrosto finché le tonsille gli cantano Alleluia. Un ritrovo del genere voi mica ce l'avete. O sì?

Sonia                             - No. La religione è l'oppio per le masse.

Giosuè                           - Non dargli retta. La religione è una cosa che per te andrebbe benissimo. Ci si possono fare anche dei bei quattrini, va là, senza danneggiare nessuno. (Le passa un braccio intorno alla vita) Dì su, dolcezza: ti piaccio un pocolino?

Sonia                             - Oh, sì.

Giosuè                           - E allora mi pare che stiamo sciupando la più bella di tutte le possibilità. (L'abbraccia vigo­rosamente).

Sonia                             - Per piacere... no! L'amore è tanto dolce, ma poi è difficile dimenticare l'uomo, quando lui se n'è andato.

Giosuè                           - L'unico modo per dimenticare un uomo è prenderselo per marito, dolcezza, dai retta a me. Quattro volte mi son già fatto dimenticare in quel modo, io. (Fa per baciare Sonia mentre si apre la porta di sinistra ed entra miss Margaret che indossa un elegante abito da sera. La segue il capitano Petroff, sfolgorante in altissima uniforme con guanti e tutto. Giosuè balza in piedi di scatto).

Miss Margaret               - Mi meraviglio: che razza di licenze ti stai prendendo?

Giosuè                           - (annichilito) Sissignora. Un istante di debolezza. (Sonia afferra il suo mitra e se ne fugge dalla porta di sinistra. Miss Margaret si toglie il mantello che indossa sull'abito da sera e Petroff glie lo prende galantemente).

Miss Margaret               - Mister Allison è in casa?

Giosuè                           - Sissignora.

Miss Margaret               - L'apparecchio è pronto?

Giosuè                           - Nossignora. Mister Thurber ci sta lavo­rando a metterlo in ordine.

Miss Margaret               - (a Petroff) Tutta la mia gra­titudine, capitano. È stato meraviglioso. Il miglior balletto della stagione, senza confronto. La grazia con cui quella ballerina... come si chiamava?

Petroff                          - Valentina Krestovozdvijenskaya?

Miss Margaret               - Proprio lei. La grazia con cui sa muoversi. E quel... (illustra con il gesto un passo complicato del balletto) è assolutamente sorprendente. E senza mai perdere l'equilibrio nemmeno per una frazione di secondo. E con un nome come quello che ha, per di più.

Petroff                          - Al Circolo Ufficiali ci stanno aspettando, miss Allison.

Miss Margaret               - Un istante solo: dico una parola a mio nipote, mi inetto un po' di cipria sul naso e sono con voi. Perché non andreste ad aspet­tarmi nell'auto, capitano? Date il mantello a Giosuè.

Petroff                          - Sì, miss Allison. (Porge il mantello a Giosuè) Ma ricordate che non dobbiamo giungere in ritardo.

Miss Margaret               - Non mi ci vorrà più di un minuto.

Petroff                          - Grazie, mademoiselle. (S'inchina ed esce da sinistra).

Miss Margaret               - La vita è bella, Giosuè, quando se ne sa prendere la parte migliore.

Giosuè                           - (in tono piuttosto malinconico) Proprio che dovete essere molto democratica per sapere cose come queste, signora. (Alla balconata appare Allison).

Allison                          - Zia Maggie! Cominciavo a pensare che t'avessero rapita o qualcosa del genere. (Scen­dendo le scale) Ti sei divertita?

Miss Margaret               - Mi sono divertita e ho divertito. (Volgendosi a Giosuè) Vai su un momento a prendermi il cappottino scuro, Giosuè, per piacere.

Giosuè                           - Sissignora, miss Margaret. (Sale le scale e scompare a destra).

Allison                          - Non mi dirai che devi uscire di nuovo, zia Maggie?

Miss Margaret               - Hanno preparato un ricevimento in mio onore. Dopo di che andremo tutti all'accam­pamento degli zingari, a venti chilometri circa di qui, lungo il fiume. I- ragazzi porteranno da mangiare e da bere e ce ne staremo fuori fino all'alba.

Allison                          - Che diavolo ti è successo? Che cos'è quest'improvviso interesse per le gioie bucoliche?

Miss Margaret               - Mi sono innamorata della vita, James. Per la prima volta da dieci anni in qua posso divertirmi senza che nessuno mi venga a dire che sono una borghese! (Accenna un passo di danza intorno alla sala) Coraggio, caro... su con la vita!

Allison                          - Non ti preoccupare per me. Mi sento allegro come una lodoletta.

Miss Margaret               - Sì, come una lodoletta in lutto.

Allison                          - (con un sorriso verde) Ma che strano, eh? Ho firmato un contratto impossibile. Mi trovo in questo buco d'inferno con l'apparecchio che, per j qualche ragione misteriosa, mi trovo scassato. Non  ho la minima idea di quel che mi toccherà ancora. E come credi che mi dovrei sentire?...

Miss Margaret               - (allontanandosi di qualche passo) Un perfetto esempio di depressione nervosa capi­talistica. Avresti bisogno soltanto di un semplice, salutare bagno di vita. Guarda me! Ero una vecchia zitella delusa... ed ho superato brillantemente questo stato d'animo.

Allison                          - E come hai fatto?

Miss Margaret               - Ho seguito un metodo speciale. È una medicina efficacissima ma molto facile a prendersi. (Dalla porta di sinistra entra Thurber. Indossa una tuta incredibilmente sudicia ed ha le mani e il viso macchiati di grasso di macchina. Dietro lui viene il maggiore Babych).

Thurber                         - È la più porca faccenda ch'io abbia mai visto.

Allison                          - Trovato il guasto?

Thurber                         - No. Ho smontato il motore e m'è sembrato in perfetto ordine. Poi, appena l'ho rimon­tato per un po' è andato poi s'è rimesso a protestare come una buona donna che scopre di essere andata a letto con uno in bolletta.

Miss Margaret               - Che immaginazione invere­conda che avete, mister Thurber.

Thurber                         - Non ci badate, signora. Non è mica sempre così. (Prende Allison per un braccio) Sentite un momento principale. Di questa storia mi son fatto un'idea mia personale. Quest'avaria lascia sup­porre qualcosa di più che un fatto meccanico... (Va con Allison dietro la scala seguitando a parlare. Miss Margaret e Babych sono accanto al piano. Baby eh trae di dietro la schiena un piccolo mazzo di fiori. In I stato di evidente semi-incoscienza li offre a miss Mar­garet).

Miss Margaret               - Che è questo?

Babych                          - (goffamente) Ve ne prego. Ho raccolto personalmente questi nontiscordardimé e mi permetto di farvene omaggio come segno della mia ammira­zione per la vostra dolce beltà.

Miss Margaret               - Oh, maggiore Babych! Sono meravigliosi.

Babych                          - Accettateli, vi supplico, in nome della vostra qualità di donna quant'altre mai desiderabile.

Miss Margaret               - Vi ringrazio, maggiore. (Odora il mazzetto) Istruzioni da Mosca?

Babych                          - No: istruzioni da qui. (Si indica il cuore. Allison e Thurber si avvicinano e Babych muta il suo atteggiamento. Contemporaneamente entra Giosuè dalla balconata e comincia a scendere le scale portando il cappottino di miss Margaret).

Allison                          - Maggiore Babych! Abbiamo fondate ragioni per ritenere che il motore del nostro appa­recchio sia stato fatto oggetto a deliberato sabotaggio.

Miss Margaret               - (indossando il cappotto aiutata da Giosuè) Che sciocchezze, James! Probabilmente il guasto è stato provocato dal clima siberiano.

Thurber                         - Ma davvero? Provate un po' a con­sultare questo barometro qui. (Indica Babych. Giosuè, dopo aver aiutato miss Margaret ad indossare il cap­potto, esce dirigendosi verso la cucina a destra).

Allison                          - Allora, maggiore, che cosa rispondete? Vi stiamo facendo un'accusa molto grave.

Babych                          - (assolutamente a disagio) Cosa volete che vi dica, miei cari compagni? È un disastro, un vero incubo della terra russa. Sempre la solita storia. I motori sono così fatti, che oggi vanno e domani, là, non vanno più. Fatalità, compagni. Kismet e predestinazione. (Si dirige verso la cucina ed esce a destra).

Thurber                         - Il cretino del Cremlino.

Allison                          - Quel tipo ha seccato tutta la sera il povero Giosuè seppellendolo di domande. Dev'essere una specie di guardia del corpo, o qualcosa di simile.

Miss Margaret               - Un lavoro come un altro. (Si avvia verso la porta a sinistra).

Thurber                         - Dov'è che avete trovato quella verdura, miss Allison ?

Miss Margaret               - Questi? (Si porta i fiori al naso e ride) Il mio primo incontro con la sensualità rossa! (Esce a sinistra).

Allison                          - Cosa credi che gli abbiano fatto al motore, Pat?

Thurber                         - Magari lo sapessi. Credevo di cono­scerli tutti, i trucchi meccanici, ma questa brava gente ha trovato qualcosa da insegnarmi. Non c'è una traccia a pagarla un milione. Un gioiello. Ho proprio paura che non ce la farò a venircene a capo per stanotte.

Allison                          - Bè, vuol dire che aspetteremo fino a domani quando arriveranno gli altri apparecchi dall'America. (Si mette a sedere al piano) Comunque mi fa rabbia sprecar tanto tempo per quella sor­prendente amazzone. Non credi che si potrebbe noleggiare un aereo locale? Un mezzo qualunque, quello che vuoi pur di arrivare soltanto tino in Alaska?

Thurber                         - Non credo che sia possibile. Qui tutti gli aereoplani son di proprietà di Baffone e quello è il tipo che quando ha messo le mani su una cosa non la molla più.

Allison                          - Prova a parlare alle guardie, Pat. Puoi arrivare fino a dieci, a dodicimila dollari, se è necessario.

Thurber                         - Voi non conoscete i russi, principale. Capacissimi di farvi fuori per una sciocchezza. E se vi mancano, altrettanto capaci di cadervi sul petto recitandovi Puskin. E, dite quel che volete, ciò non è del tutto piacevole (Dalla porta di destra entra pre­cipitosamente Giosuè, eccitatissimo, fuori di sé. Dietro di lui è Babych che tiene in mano un registro aperto).

Giosuè                           - Mister Allison, dite a questo individuo di lasciarmi stare, se no io me ne vado. Mi bombarda di domande in un modo che neanche fossi sul punto di commettere l'estrema delle sciocchezze. Come se dovessi pagare la tassa sul reddito o cose così.

Allison                          - Non potreste lasciare in pace il mio uomo, maggiore Babych?

Babych                          - Solo più una domanda, mister Allison. (Si volge a Giosuè) Apppartenete voi a un qualche partito che ha per fine il rovesciamento del governo che attualmente detiene il potere nel vostro paese, cittadino Johnson?

Giosuè                           - Sicuro che vi appartengo.

Babych                          - Vi appartenete? E qual è questo partito?

 Giosuè                          - Il partito repubblicano! (Si volta e si dirige verso la cucina).

Babtch                          - (seguendolo) Che tipo nervoso... Ancora una domanda... (Si sente la sua voce smorzarsi in lontananza).

Thurber                         - Che razza d'individuo. Non finirò mai di chiedermi come un cranio così piccino possa con­tenere tanta stupidità.

Allison                          - Stiamo perdendo tempo, Pat. Va a vedere se puoi tirarmi fuori da quest'imbroglio.

Thurber                         - Vado: ma non si può far niente, principale. (Si dirige verso la porta di sinistra, poi si ferma) Posso farvi una domanda, principale?

Allison                          - Stai diventando peggio di Babych. Avanti, sentiamo.

Thurber                         - C'è una cosa che mi preoccupa, prin­cipale... Noi siamo venuti qui per trattare questo affare, esatto?

Allison                          - Esatto.

Thurber                         - E adesso ve ne volete tornare Allora l'affare è andato a monte?

Allison                          - Al contrario. Sta procedendo benis­simo. (Si alza, prende una sigaretta e si porta alla sinistra di Thurber) Adesso, Pat, dimmi una cosa tu: t'è mai capitato di farti pescare mentre bluffi in un modo indecente? Mentre cerchi di varare un trucco grosso come una casa?

Thurber                         - M'è capitato sì. Volete dire che quella specie di femmina generale vi ha chiappato con le mani nel sacco?

Allison                          - Ha cercato, Pat, ma credo di aver chiappato lei, invece.

Thurber                         - Come?

Allison                          - Firmando quel contratto-capestro. È un documento così stupidamente esoso che non ci può tirar fuori niente. Non può nemmeno farlo vedere al suo governo senza cacciarsi nei guai.

Thurber                         - È proprio una puzzonata così grossa?

Allison                          - Dio del cielo, più grossa ancora di quanto apparisse da quel riassunto che mi hai fatto vedere. A pubblicarlo, ci sarebbe da svergognare la Russia fino alla fine dei secoli. Riesce a violare tutte le norme del commercio internazionale. (Si sposta verso il centro).

Thurber                         - (in tono ammirato) Principale siete grande, lasciate che ve lo dica.

Allison                          - Risparmiati i panerigici, Pat. La partita è ancora aperta. La ragazza è dura come il sasso e dispone di nervi ammirevoli. Credo che, dopo che, m'ha visto firmare il contratto, m'avrebbe fatto volentieri a brani, ma per tutta la sera non ha accen­nato il più piccolo movimento.

Thurber                         - Però vi ha messo l'apparecchio fuori combattimento.

Allison                          - Bel colpo, ma non basta. Bisognerà che teniamo gli occhi spalancati. Se si accorge che cerchiamo di battercela da qui, vedrai che combinerà qualche altra trappola. (Si sposta oltre Thurber verso il centro) Perciò cerca di procurarmi un aereo, in qualche modo. E io prometto il più bel funerale che tu abbia mai avuto.

Thurber                         - Grazie, principale: lo so. (Avviandosi verso la porta di sinistra) La gente è sempre molto buona coi defunti, ad ogni modo. (Allison va al piano e comincia a suonare un « Preludio » di Hszt con abilità e sentimento. Dalla porta di sinistra entra Ivan che regge un complicato candeliere russo che va a posare sul piano).

Allison                          - Grazie, Ivan. (Ivan non capisce e Allison traduce) Spasibo, Ivan.

Ivan                               - (urbanamente) Pojalusta.

Allison                          - Lubete musijcku?

Ivan                               - Ochen.

Allison                          - Accendi la luce, per piacere. (Tradu­cendo) Svet. Svet.

Ivan                               - Khorosho. (Va a girare l’interruttore eh'è accanto alla porta di sinistra).

Allison                          - Grazie, Ivan. Spasibo. (Ivan esce da sinistra chiudendo la porta dietro di sé. La stanza è silenziosa, tranne che per gli echi della dolce musica. Dalla porta di destra entra lentamente Kroshka che indossa una divisa composta di Musetta kaki, gonna corta e stivaloni flosci. Porta sei o sette medaglie, fra le quali la stella con brillanti della Vittoria. Ha le spalline d'oro. Allison avverte la sua presenza e si volge verso di lei) Perbacco, ma stasera siete asso­lutamente abbagliante. Di dove venite?

Kroshka                        - Ho inteso suonare. Non sapevo che foste voi.

Allison                          - (rimettendosi al piano) Chi credevate che fosse... Truman?

Kroshka                        - Posso entrare?

Allison                          - Ma certo: entrate. Sono solo e un poco triste. (Kroshka va a sedersi sul sofà e si dispone tranquillamente ad ascoltare la musica).

Kroshka                        - Adoro la musica.

Allison                          - Anch'io, mon generale. (Termina il pezzo che stava suonando).

Kroshka                        - Ancora.

Allison                          - (accennando un motivo in sordina) Okay... non c'è nient'altro da fare a Yakutsk, mentre si aspetta che vi rimettano l'aereo in condizione di volare. (Interrompe la musica) I miei uomini hanno lavorato tutta la sera al motore. Pare che non rie­scano a trovare il guasto.

Kroshka                        - I vostri uomini avrebbero dovuto rivolgersi a me. (Indica con gli occhi la porta a destra sulle scale).

Allison                          - Non ditemi che voi c'entrate per qualcosa.

Kboshka                        - (con calma) Ho dato io l'ordine di mettere lo zucchero nei serbatoi della benzina.

Allison                          - Che dolcezza. Uno scherzetto che vi hanno insegnato alla scuola delle educande, non è vero?

Kboshka                        - (avviandosi su per le scale) Uno scher­zetto che ho imparato dietro le linee tedesche, con i nostri partigiani. Lo usavamo per immobilizzare i trasporti nemici.

Allison                          - Potrei domandarvi che cosa speravate di ottenere con questa pensata da alchimista? Ele­vare le relazioni internazionali al superbo livello di una grondaia?

Kroshka                        - Volevo che voi rimaneste qui. (Oli si avvicina portando con sé una sedia su cui si siede a cavalcioni) Mister James Carter Allison, voglio che voi non portiate in America quel contratto.

Allison                          - Onestamente non vedo in che modo me lo potreste impedire.

Kroshka                        - Appellandomi al vostro buon senso. Pare che voi americani per il buon senso siate famosi.

Allison                          - Grazie.

Kroshka                        - Ma stasera vi siete comportato come un russo... firmando quel contratto. Vi lasciate dominare dalle passioni. È vero che voi e io siamo            - ( ideologicamente in campi avversi, ma ci troviamo qui per trattare affari e non per dirimere controversie politiche. Ci ho pensato su parecchio... e sapete che cosa ho deciso? Ho deciso di dimenticare comple­tamente quel pazzo contratto che avete firmato. Ho deciso di riaprire i negoziati, su una base ragione­vole e leale.

Allison                          - (si sposta di qualche passo verso il centro­destra) La vostra magnanimità comincia a depri­mermi, generale.

Kroshka                        - Vi dirò che cosa ho in mente di fare per voi. Ricomincerò proponendovi condizioni molto migliori.

Allison                          - Benissimo: e adesso vi dirò «io» che cosa ho in mente di fare per «voi ». Terrò quel con­tratto, esattamente com'è stato scritto. Con tutte le sue virgole, i punti e virgola e gli a capo.

Kroshka                        - Non farete una cosa simile.

Allison                          - Perché no?

Kroshka                        - È contro la logica. È una cosa pra­ticamente priva di senso... di quel buon senso tanto caro ad ogni cuore americano.

Allison                          - Noi siamo un popolo con le sue idee, generale. Logico o no che sia, a noi piace mettere il ghiaccio nell'acqua che beviamo, ci preoccupiamo pochissimo della salute e detestiamo le intimida­zioni. (Indicando il ritratto sospeso sopra il caminetto a destra) E, già, resistiamo sempre alla coercizione e alla forza. Lincoln, per esempio, si espresse in questo modo... « Tutti gli eserciti alleati d'Europa, d'Asia e d'Africa con tutti i tesori della terra nelle casse delle amministrazioni militari e con un Bona-parte come condottiero... condottiero... (esita, cer­cando di ricordare il seguito).

Kroshka                        - (proseguendo la citazione) ... e con un Bonaparte come comandante non potrebbero bere una sorsata dell'acqua del fiume Ohio, con la forza, né fare un passo sul « Blue Bidge » nello spazio di mille anni ».

Allison                          - Complimenti!

Kroshka                        - Grazie. Ma non riesco ancora a seguire il vostro ragionamento.

Allison                          - (volgendosi di nuovo verso di lei) Eppure è molto semplice. Come probabilmente voi sapete, io1 ho sempre sostenuto che il capitale americano può risolvere i suoi problemi da solo, senza alcun aiuto da parte russa.

Kroshka                        - Di modo che voi sareste venuto a Yakutsk per ragioni di salute?

Allison                          - Sono venuto qui per avere una conferma alla mia tesi. Mi son sentito ripetere per anni che io sono prevenuto, che sono fuori del mondo. Bene: adesso so che avevo ragione.

Kroshka                        - In che modo, mister Allison?

Allison                          - La collaborazione fra i nostri due paesi avrebbe potuto essere una cosa bellissima, utile ad entrambi se non fosse stato per i deplorevoli sistemi di slealtà cbe voi persistete tranquillamente ad usare. (Dopo una pausa, in tono rilevato) E se questo pezzo di carta che io ho firmato stamattina potrà servire ad aprire gli occhi al mio paese sulla vera natura del vostro regime, ebbene, considererò pienamente giustificato il mio viaggio a Yakutsk.

Kroshka                        - (dopo una pausa) Avete detto che detestate le intimidazioni, mister Allison?

Allison                          - Intendo fare il mio dovere verso quei principi cui ritengo di dovere la mia esistenza. Mi avete messo in mano un'arma splendida e io non ho nessuna intenzione di rinunziarvi.

Kroshka                        - Noi rispettiamo ed ammiriamo le convinzioni radicate, mister Allison. Vi assicuro che sono quasi spiacente di darvi una delusione. Perché il contratto che voi conservate in tasca con tanta cura è stato scritto da me... personalmente da me... e non coinvolge in alcun modo il buon nome del mio governo.

Allison                          - Secondo la legge io dovrei sottoporne una copia al nostro Ministro degli Esteri.

Kroshka                        - Lo so.

Allison                          - La stampa è libera, in America.

Kroshka                        - Lo so, lo so.

Allison                          - Non c'è nulla che possa vietare ai giornali di pubblicare questo contratto e trarne tutte le conseguenze del caso. (Kroshka si alza, mettendo il piede sulla seggiola) In fondo, è firmato da un rap­presentante accreditato da Mosca.

Kroshka                        - Questo è vero, mister Allison, ma qui ci sono parecchi modi per evitare lo scandalo.

Allison                          - Per esempio?

Kroshka                        - Per esempio, io potrei essere diventato un traditore. Così che, al vostro arrivo in America potreste leggere che il generale Kroshka è stato arre­stato sotto l'accusa di tradimento. Dopo di che, a suo tempo, sì celebrerebbe il mio processo a Mosca alla presenza dei corrispondenti esteri, spero. Io spiegherei alla corte in che modo ho tradito la Russia, e come ho lavorato per anni al soldo dei suoi nemici e come ho steso questo contratto al preciso scopo di screditare il mio governo. Come i miei consiglieri mi hanno diffidato a fare una cosa del genere... il che, incidentalmente, è anche vero. Nessun governo può essere ritenuto responsabile delle azioni di un tra­ditore. La colpa è mia e io vado al muro. In verità, non mi meraviglierei affatto se i miei ufficiali avessero già mandato a Mosca un rapporto informativo.

Allison                          - (tornando verso il centro) Di tutte le perversioni di una mentalità barbarica...

Kroshka                        - (proseguendo) Credete che un buon patriota possa far meno di così? Al mio posto, voi vi comportereste diversamente? Amo la vita, mister Allison, ma durante la guerra l'ho rischiata migliaia di volte. Questo è un modo di sacrificarla al servizio dei miei ideali e del mio paese.

Allison                          - Incredibile.

Kroshka                        - Tutti dobbiamo morire, mister Allison. Ma come si può morire meglio che difendendo le cose che si amano? Non per l'ambizione di avere un fu­nerale con musica, di essere proclamati eroi. No: ciò non vuol dir niente quando l'uomo è veramente degno di questo nome. Ma andare al muro come tra­ditori, disprezzati e odiati dal nostro stesso governo, dal vostro stesso popolo, con la folla che sputa sul vostro cadavere... e nessuno, nessuno al mondo che sospetti minimamente la verità. Questo è bello. Questo è nobile. Questo è russo. (Cambiando di tono) Dimenticate queste parole, mister Allison. Io non posso averle dette. Allora, volete tornare in America?

Allison                          - Non domando di meglio. (Kroshka va alla porta di destra sotto la scala e la apre).

Kroshka                        - Mi spiace molto, davvero, per il vostro apparecchio. Ma desidero ancora ripetervi che è stata un'idea mia assolutamente personale. Abbiamo istruzioni specifiche per cui saremmo tenuti a non molestare gli stranieri, a meno che ciò non sia asso­lutamente necessario. Posso offrirvi il mio apparecchio privato, mister Allison? Sarò ben lieta se lo vorrete accettare. (Si dirige alla porta di sinistra).

Allison                          - Grazie.

Kroshka                        - Darò ordine che vi sia preparato immediatamente. Scusatemi. (Mentre esce a sinistra s'incontra con Thurber che entra) Salve.

Thurber                         - (entrando) Salute, generale. (Allison spinge nervosamente la sedia di Kroshka verso il piano) Bè, principale? È successo qualcosa?

Allison                          - Pat. (Fa segno a Thurber di chiudere la porta. Thurber eseguisce) Pat, t'è mai capitato di scoprire qualcosa di macabro, di profondamente disumano e nel tempo stesso così grande da toglierti il respiro?

Thubbek                        - Sicuro: la mia padrona di casa. Perché?

Allison                          - Dimmi una cosa, tu che conosci la Russia. È vero che mettono al muro i funzionari che hanno sbagliato? O è soltanto propaganda?

Thurber                         - Smettetela di parlare per rebus, principale. Non c'è al mondo palla di schioppo che valga la pelle d'un uomo.

Allison                          - Rispondi alla mia domanda.

Thurber                         - Bè, so soltanto che ci stanno diabo­licamente attenti a non lasciar trapelare niente a nessuno di queste faccende, e meno che mai agli stranieri. Perché? (Allison si volge bruscamente e comincia a salire le scale. Di lontano giungono echi di accordi di fisarmonica).

Allison                          - Vieni, Pat. Dammi una mano a fare i bagagli.

Thurber                         - (seguendolo) Ascoltate, principale: io non sono riuscito a saper niente. Questi volponi di russi...

Allison                          - Non pensarci più. Che tu ci creda o no, comunque, il generale Kroshka ci ha offerto il suo apparecchio privato.

Thurber                         - Un momento. Non mi verrete a dire che state per piantare qui tutto, così. È uno scherzo. (Salgono entrambi la scala).

Allison                          - Affatto. Lascia soltanto che ce la bat­tiamo più presto che si può. Non mi va questo posto, mi ci sento tutto frastornato. Questa diffidenza, quest'aria di sospetto continuo, quest'atmosfera di perpetuo allarme, d'intrigo... questa specie d'incantesimo perverso... Non voglio fare nessun affare, qui. (Si sente bussare alla porta).

Thurber                         - (con calma) Andiamo: avete voglia di scherzare.

Allison                          - (come escono sulla balconata) Natu­ralmente. Ma comunque andiamo via da questo posto d'inferno. (Il motivo triste della fisarmonica cessa e la musica riprende immediatamente su una melodia selvaggia e rapida. La scena rimane vuota per un attimo. D'improvviso entra Kroshka).

Kroshka                        - Mister Allison. (La voce le vien meno quando si rende conto che la sala è vuota. Si sente in lontananza lo squillo di un clarino. Baby eh, Sokoloff e la' guardia entrano da sinistra. Riuniti in gruppo serrato si fermano fissandola silenziosamente).

Babych                          - Tovariscli gheneral. (Kroshka si volge, sorpresa. Babych dà un ordine alla guardia) Kdveri! (La guardia va a collocarsi di fronte alla porta sotto le scale) Polidite suda. (Estrae un telegramma) Tel-gramma iz Moskoy. Vy arrestovany.

Kroshka                        - (stupefatta) Ya? Arresto vana? (Dalla balconata appare Allison, con una valigia in mano. Segue la scena con grande interesse).

Babych                          - Da. Arrestovany. (Si volge a SoJcoloff) Captan Sokoloff. Vozmite ghenerale Kroshkoo pod arrest.

Kroshka                        - (indicando la balconata, senza alzare lo sguardo) Sh.' Tiske! Amerikantzi!

Babych                          - Nichevo. Pristupaite, mayor. (Babych si porta alla destra di Kroshka. Sokoloff prende posto alla sua sinistra. Kroshka si toglie il cinturone con la pistola e lo porge a Sokoloff che le strappa anche la medaglie passandole poi a Babych) Korosho. Pshii, tovarischi. (Kroshka e gli ufficiali si dirigono alla porta di sinistra).

Allison                          - (dalla balconata) Un istante, generale.

Kroshka                        - (con un rapido gesto ai russi) Ameri­kantzi. Odnu minuti, tovarischi. (Babych accenna affermativamente col capo e tutti gli altri escono dalla porta di sinistra. Thurber appare sulla balconata e comincia a scendere le scale).

Thurber                         - Vi dico in tutta verità, principale, che non appena tornerò a vedere il Meschandire Mart e il Wrigley Building mi farò premura di prendere la più ragguardevole sbornia che vi sia mai capitato di vedere. Brucerò l'intero stipendio nella più gran quantità di liquori forti che mi potrò procurare.

Kroshka                        - L'apparecchio è pronto, mister Allison. Il vostro aereo sarà comunque riparato domani e verrà riportato in America a cura dei nostri piloti. Tengo ancora una volta ad esprimervi tutte le mie scuse per questo contrattempo e desidero porgervi di nuovo il mio saluto.

Allison                          - (interrompendola) Dove avete messo le vostre medaglie, generale?

Kroshka                        - Le mie medaglie... le ho mandate a lucidare.

Allison                          - (porgendo la valigia a Thurber) Portala di sopra, Pat. (Kroshka si avvia alla porta di sinistra).

Thurber                         - Che sta succedendo, principale? Non ce ne andiamo?

Allison                          - (recisamente) Portala di sopra. (Thurber prende la valigia e trotterella su per le scale).

 Thurber                        - Dio onnipotente! Pensare che me ne sarei potuto stare a Chicago a vivere come il Signore comanda a un uomo libero, bianco e maggiorenne. Ma no! Nossignore! Nient'affatto, Pat Thurber. Lui deve andarsi a impegolare con un branco di vaga­bondi, di rossi, di pazzi e di multimilionari. Koba dell'altro mondo! (Esce dalla balconata a destra).

Kroshka                        - Vi consiglio di partire immediatamente, mister Allison. Il bollettino meteorologico annunzia tempo ottimo lungo tutta la rotta per l'Alalska.

Allison                          - Ho deciso di restare.

Kroshka                        - Siete l'uomo più intempestivo ch'io abbia mai conosciuto, mister Allison.

Allison                          - Basta con gli scherzi. So che siete in stato di arresto. (Va a chiudere la porta di sinistra).

Kroshka                        - Io?

Allison                          - Voi, sì. Credete proprio ch'io sia un perfetto idiota? Ho visto lo scherzetto che v'hanno fatto un momento fa quei guerrieri medagliati.

Kroshka                        - Tornate a casa, mister Allison. Andate in America. Questo non è un affare che vi riguardi.

Allison                          - Può darsi. Salvo che in una società civile disporre di una vita umana - di qualunque vita umana - non è una faccenda da riderci sopra, ma una cosa solenne e terribile.

Kroshka                        - Qui non siamo al vostro paese.

Allison                          - Questa è la ragione per cui non me ne voglio andare lasciandovi qui sola.

Kroshka                        - Benissimo: fate un po' come vi piace. (Si avvia alla porta di sinistra ma Allison la prende per un braccio e la sospinge verso il centro della sala).

Allison                          - Restate qui. Per il momento desidero non perdervi di vista. Quei macellai là fuori non oseranno toccarvi finché siete con me. Sanno che se facessero una cosa simile farei un chiasso tale in America che al paragone una salva d'artiglieria sem­brerebbe un accordo di violino!

Kroshka                        - (cercando di liberare il braccio) Voi violate la mia libertà personale!

Allison                          - State tranquilla! (La fa sedere di forza sulla seggiola accanto al piano).

Kroshka                        - Va bene, ma lasciatemi andare il braccio. (Allison obbedisce di buona grazia) Per quanto tempo avete intenzione di tenermi seduta qui? (Allison si avvicina alla finestra centrale volgendole la schiena).

Allison                          - Fino a domattina quando arriveranno dall'America i miei aerei.

Kroshka                        - E poi?

Allison                          - E poi vi porterò con me in Alaska. (In tono piuttosto rude) Di là in avanti ve la sbrigherete da sola. Se vorrete tornare indietro a far conoscenza col plotone d'esecuzione, affar vostro. Se invece vorrete trovarvi una situazione in America, meglio. (Un momento di pausa, durante il quale Kroshka cerca freneticamente di prendere una decisione. Fa schioccare le dita, fischiettando nervosamente; d'im­provviso le viene un'idea. Si leva in piedi e si dirige verso sinistra. Allison si volge a guardarla) Dove andate?

Kroshka                        - Oh, dimenticavo. (Bidè) Sono sotto la vostra custodia protettiva. Volevo soltanto un bicchiere di vodka. Vi spiacerebbe? (Ride  ancora) O dubitate delle mie intenzioni? Credete che vi voglia ubriacare per poi rubarvi il contratto?

Allison                          - (senza secondare l'umore di lei) Non è il caso che facciate tanto la mammoletta. Vi farò portare la vodka. (Suona un campanello presso la porta di sinistra).

Kroshka                        - (si avvicina alla poltrona grande accanto alla finestra e vi si mette a sedere) In camera mia c'è della vodka squisita.

Allison                          - La faremo portare di là. (Kroshha ride) Che c'è di così divertente?

Kroshka                        - Supponete che m'avessero già por­tata via. Che avreste fatto in tal caso?

Allison                          - Cerchiamo di non essere troppo russi, generale. Non anticipiamo le difficoltà. (Dalla porta a destra entra Giosuè) Vai a prendere un po' di vodka nella camera del generale, Giosuè. Fatti insegnare la strada da qualcuno. (A Kroshka) Dov'è che l'avete messa, questa vodka?

Kroshka                        - È sul tavolo. Prendete anche un paio di cetrioli salati dalla valigia che troverete sotto il letto. Tirateli su dal fondo del vaso e guardate che siano bei grassi.

Giosuè                           - Va bene, signora. (Esce da sinistra. Giunge, da fuori della porta, Veco di un secco comando soldatesco. Allison fa gualche passo verso destra).

Allison                          - Se mai mi verrà ancora la bella idea di avvicinare un russo, vi autorizzo fin d'ora a spu­tarmi in un occhio. Questa è la più incredibile situa­zione in cui mi sia capitato di trovarmi. Eccoci qua... intrappolati come topi da un branco di canaglie che continuano a essere persuasi che la forza e la morte violenta siano il sistema più pacifico per dimostrare ch'essi hanno ragione...

Kkoshka                        - Non fanno altro che il loro dovere.

Allison                          - (irritato) Dovere! La legge della giun­gla... questo è l'unico codice morale ancora valido in questo mondo pazzo. (Kroshka va alla radio ch'è sul tavolo a destra e l'apre. Si alza un motivo di jazz americano).

Kroshka                        - Musica americana! Ne ripetiamo l'incisione delle trasmissioni che fate e così ce la sentiamo tutte le volte che ne abbiamo voglia.

Allison                          - Già. Ma adesso fate tacere quell'arnese.

Kroshka                        - (avvicinandoglisi) È bella! A noi piacciono le cose d'America! La musica d'America, i trattori, le macchine, la poesia, Topolino. Qui, lo chiamano « il compagno Miscia ». È un piccolo sim­patico compagno.

Allison                          - Come potete parlare di Topolino con quelli di fuori che v'aspettano per portarvi al macello?

Kroshka                        - Che cos'è il macello, mister Allison? Il lavoro di Dio fatto da uomini che glie ne hanno preso il registro. (Da sinistra entra Giosuè che porta un vassoio su cui è una bottiglia di vodka, con due bicchieri e dei cetrioli) Oh, la vodka. L'adorabile vodka russa.

Allison                          - (indicando il piano) Posa là sopra, Giosuè. Sei riuscito a trovare tutto?

Giosuè                           - Sissignore. Miss Sonia mi ha aiutato. (Sospira).

Allison                          - Ho capito...

 Kroshka                       - (stappando la bottiglia) Avete pene­trato i neri misteri della Russia, compagno Giosuè?

Giosuè                           - Non ancora, signora. Ma lo farò alla prima occasione. (Esce a destra, richiudendo la porta dietro di sé).

Kkoshka                        - Permettete che v'insegni come si deve bere la vodka, mister Allison. C'è da seguire un vero e proprio cerimoniale. Anzitutto, prendete un cetriolo. (Glie ne porge uno enorme, poi torna al piano) Tenetelo ben stretto, che non vi scivoli di mano quando la vodka vi darà la botta. (Gli tende il suo bicchiere) Ricordate: dovete mandar giù d'un sorso solo, se non volete che vi prenda per un vilissimo piedipiatti.

Allison                          - Credo che ce la farò benissimo. (Alza il bicchiere per bere. Kroshka lo ferma).

Kkoshka                        - Un momento. Aspettate a bere. In Russia si usa far sempre un brindisi. A voi, mister Allison.

Allison                          - Ma io non so fare brindisi.

Kkoshka                        - Bevete a qualcosa che sia cara al vostro cuore... al vostro paese, per esempio. (Allison non sa tradurre i propri sentimenti in parole, ma alza egualmente il bicchiere) All'America!

Allison                          - (semplicemente) All'America. (Vuotano insieme i bicchieri. Il vigore alcoolico della vodka sorprende Allison che si lascia sfuggire di mano il cetriolo. Stupefatto e boccheggiante si dirige verso il sofà a destra).

Kroshka                        - Attenzione, attenzione. Svelto: man­giate il mio cetriolo! (Glielo porge).

Allison                          - Mi sembra di sentirmela uscire dalle orecchie... fss!...

Kroshka                        - È una vodka piuttosto forte. L'ho fatta io stessa. Qualcuno la fa mescolando l'alcool con l'acqua. Io non uso acqua affatto. (Torna al piano e riempie un'altra volta i bicchieri).

Allison                          - In confronto a voi, generale, Lucrezia Borgia era una manipolatrice d'acqua di seltz.

Kkoshka                        - La vodka è come la Russia. Non sembra niente, e ad assaggiarla brucia. Ma quando l'avete compresa... è come trovare il paradiso. Che ne direste di un altro goccio?

Allison                          - (prendendo il bicchiere dalle mani di lei) Okay. Ora fate voi un brindisi.

Kroshka                        - (alzando il bicchiere) A' mia madre. Alla terra che mi è madre. Ai suoi campi melmosi, alle sue strade rotte, alle sue betulle, ai suoi sogni pazzi. Alla Russia!

Allison                          - Alla Russia!

Kroshka                        - E che il mondo giunga alla fine a comprenderla! (Bevono di nuovo. Questa volta Allison si comporta molto meglio, ma Kroshka tossisce, anna­spa e con la mano si fa aria alla bocca. Poi ride).

Allison                          - Ma generale, mi meraviglio. Coraggio, coraggio. Basta irrigidirsi un attimo trattenendo il respiro. Il trucco è tutto qui: semplicissimo. (Kroshka raggiunge il sofà a destra e vi si mette a sedere).

Kroshka                        - Questa è l'America. Impara rapida­mente, conserva la scienza e la migliora.

Allison                          - Nel corso della mia vita, generale, ho passato attraverso la prova di molti veleni compreso il whishy puro e le convinzioni radicali di mia zia. Volete mettermi alla prova pure voi?

Kroshka                        - Ammiro i vostri nervi. Sono solidi. (Allison prende il proprio bicchiere e lo riempie).

Allison                          - Questa volta, però, beviamo alla buona, secondo l'uso americano e senza brindisi o discorsi. E soprattutto senza cetrioli. (Porge il bicchiere pieno a Kroshka) Ho l'impressione che il mio paese vi piacerebbe. Siete una donna di fegato: ciò che ci vuole in America per farsi strada. (Bevono entrambi ed emergono boccheggianti dai bicchieri).

Kroshka                        - Parlatemi dell'America, mister Allison.

Allison                          - Cos'è che vorreste sapere?

Kkoshka                        - Tutto. Che cos'è che la fa così grande e bella? (Si sente b-ussare alla porta).

Allison                          - È bella perché è piena d'americani. (Fa qualche passo verso il centro) Lasciate che vi racconti una piccola storia. Due settimane fa, uscito dal mio ufficio, stavo per attraversare una strada mentre il semaforo era sul rosso. Il conducente di un tassì mi diede dell'imbecille. « Stacci attento! - lo avvertì qualcuno che aveva assistito alla scena -stacci attento: quello è J. C. Allison! ». « Vada all'inferno », ritorse il conducente. « ;È un imbecille lo stesso, e se ci si riprova il meno che gli può capitare è di trovarsi con un pugno in un occhio! ». Sapete che cosa ho pensato in quel momento?

Kroshka                        - No.

Allison                          - Sia ringraziato il Signore, ho pensato, sia ringraziato il Signore che mi ha fatto americano e quest'individuo di Brooklyn e chiunque altro di Brooklyn o non di Brooklyn mi può ancora dar dell'imbecille, nonostante tutti i miei milioni, e se io mi azzardo a ribattere mi manda al diavolo come una ramazza.

Kroshka                        - Non capisco.

Allison                          - Democrazia, caro generale. V'immagi­nate che cosa succederebbe a Mosca al tipo che osasse dare dell'imbecille a Stalin? (Kroshha sì alza e va al piano).

Kroshka                        - Mister Allison, vi prego: come si può fare il confronto?

Allison                          - E perché no? Non ho i baffi, ma me li posso far crescere quando voglio. (Va al piano e riempie un'altra volta i bicchieri) Sì, generale: l'America è stata costruita da tipi irritabili che ne avevano piena l'anima del mondo da cui erano circondati e che preferivano affrontare l'inferno piuttosto che piegarsi al comando di chicchessia... con o senza baffoni a manubrio. (Porgendo a Kroshha il bicchiere colmo) Tenete, generale: beviamo alla salute degli uomini ostinati, qualunque sia la loro patria. (Dalla balconata si affaccia Thurber che si ferma ad osservare la scena).

Kroshka                        - Alla vostra!

Allison                          - Alla nostra! (Bevono. Kroshha scorge Thurber alla balconata e gli fa un cenno di saluto cordiale) Salve!

Thtjebee                        - (imitando il tono di lei, mentre scende la scala) Salve!

Allison                          - Avanti, Pat. Vieni a bere un bicchiere con noi. (Thurber si avvicina al piano. Allison va alla poltrona grande, si siede su un bracciolo mettendo i piedi sulla stoffa del fondo) Un beveraggio meraglioso. Inghiottine un sorso solo e ti parrà di vedere ' tanti piccoli Stalin rosa che svolazzano sull'Europa.

Thtjebee                        - (manda giù una gran sorsata direttamente dalla bottiglia) Mica male. Ha un sapore che mi fa pensare ai bei tempi andati. (Kroshha estrae dal taccuino una piccola fotografia e si avvicina, a Thurber).

Kroshka                        - Date un'occhiata qui, mister Thurber. Vi riconoscete con questi eleganti scopettoncelli?

Thdebee                        - Bè, che io... (Poi, ridacchiando) Dov'è che potrei trovarne un'altra da portarmi a casa!

Kroshka                        - Prendete pure questa. Tamara nonfa che domandare di voi. Vi piacerebbe rivederla!

Thtjebee                        - (patetico e nostalgico) Non dimenticherò mai la grazia con cui mi sbattè quella balalaika in testa. Un'eccezionale ninna-nanna russa. Dov'è adesso ?

Kroshka                        - Qui, in città.

Thuebee                        - No?

Kroshka                        - Sì. (Thurber s'attacca meccanicamente . alla bottiglia e inghiotte un'altra robusta sorsata).

Allison                          - (dalla poltrona grande) Certo. Continua a sospirare il suo bamboccione dalle due teste.

Kroshka                        - (sorridendo) È alla Casa della Cultura e dello Svago.

Thtjebee                        - Perdio: credo che stasera m'iscriverò ai suoi corsi. (Si dirige alla porla di sinistra) Bè, ci vediamo. State allegri.

Allison                          - (levandosi in piedi) Dove vai?

Thtjebee                        - A prendermi un po' di svago. (Esce chiudendo la porta dietro di se. Allison ride e torna verso i bicchieri che sono sul piano).

Allison                          - Povero Pat, credo che si sia preso una bella cotta della Russia, vero, generale?

Heoshka                        - Non chiamatemi generale. Fa ridere chiamarmi generale con i cetrioli salati. Chiamatemi Tania.

Allison                          - Tania. Tania. Fa un po' ridere chiamarvi Tania con quelle medaglie e gli stivaloni. Quand'è che vi siete combinata così per la prima volta?

Kroshka                        - Così... come, mister Allison?

Allison                          - (correggendola) Jimmy.

Kroshka                        - Così... come, Jimmy?

Allison                          - Così come siete: rude, decisa, maschia.

Kkoshka                        - Ho vissuto anni rudi, decisi, maschi. Ho maneggiato la storia con le mie mani nude... i ed esse si sono indurite, mister Allison.

Allison                          - (di nuovo) Jimmy.

Kroshka                        - Jimmy.

Allison                          - Posso parlarvi da uomo a uomo, Tania!

Kroshka                        - Sentiamo.

Allison                          - Voi siete una donna... per quanto cerchiate di mortificare la verità del fatto. E siete tutt'altro che spiacevole da guardare.

Kroshka                        - Grazie.

Allison                          - Ditemi in tutta franchezza... C'è mai stato un uomo nella vostra vita?

Kroshka                        - Da uomo a uomo?... Bè, ne ho avuto dodici in una notte. Fu una notte indimenticabile. Una notte di luna piena a Stalingrado. Un plotone I tedesco sotto il nostro fuoco incrociato s'era rifu­giato dietro un muro. Io salii sui tetti e li presi tutti, uno dopo l'altro. (Illustra con il gesto l'azione) Li presi tutti e dodici, con un impiego di fuoco assolu­tamente minimo.

Allison                          - Non mi verrete a dire che, in Russia, Cupido ha sostituito le classiche frecce col fucile a tiro rapido.

Kroshka                        - No, non è ancora stato meccanizzato. È sempre roseo e nudo, e rifiuta sistematicamente di seguire una linea politica. (Si sente bussare alla porta) Me, però, mi ha saltato.

Allison                          - Perché?

Kroshka                        - Prima, per la rivoluzione. Poi la guerra civile. (Giunge di lontano una nostalgica can­zone russa) E poi venne il periodo della ricostruzione. Allora ero già una ragazza alta. Andai all'Università a studiare. Studiavo giorno e notte. (Si sente bussare alla porta) Incontrai uno studente. Si chiamava Petia. Una mente acuta, capelli rossi, braccia forti. Studiavamo insieme musica e inglese. Leggevamo Poe, Thoreau, Whitman. Lui amava l'America. Credeva nell'America. Credeva che i nostri due popoli fossero amici naturali.

Allison                          - Vi siete sposati?

Kroshka                        - No. Ci mancava lo spazio vitale per ospitare un matrimonio. Lui viveva con altri tre ragazzi che avevano votato contro l'aumento della popolazione nella loro stanza.

Allison                          - E adesso dov'è?

Kroshka                        - Petia? Da qualche parte sotto una piccola croce di legno. Da qualche parte con milioni di altri Petia che amavano tanto la vita da morire per difenderla. (Una pausa).

Allison                          - Io ho perduto un fratello in Normandia. (Pausa. La musica lontana cresce leggermente d'in­tensità).

Kroshka                        - Sono insieme, adesso. Insieme e amici. (Pausa. Poi un improvviso mutamento d'umore) Basta con questi sentimentalismi, mister Allison. Basta, basta, basta. Stasera mi sento allegra. (Apre la radio, sovrastando l'eco detta canzone russa) Inse­gnatemi a ballare come ballano gli americani, mister Allison! Avanti! Sentiamo un po' di questa musichetta sincopata. (La radio trasmette un « cake-walk » molto noto, « Camp Town Baces »).

Allison                          - (raggiungendola) Cos'è? Oh, un « Cake­walk ». Com'è che in Russia trasmettono una musica simile?

Kroshka                        - Stanotte tutte le stazioni di Yakutsk trasmettono musica americana. Istruzioni da Mosca! (Gli prende le braccia) Fatemi vedere come si fa.

Allison                          - Son anni che non ballo... ma cosa importa? (La guida nel passo del «cake-walk». Kroshka lo segue. Prima, la passeggiatina sussiegosa; poi lo scontro; poi entrambi, con molta approssimazione, accennano a qualche passo sincopato. Stanno avvici­nandosi alla finestra centrale, quando si sente in lon­tananza il rimbombo di passi militareschi, l'eco sof­focata di comandi in russo. Kroshka interrompe il ballo e va alla finestra da sinistra) Avanti, non v'in­terrompete a metà!

Kroshka                        - Un momento! (Cerca di liberare il cordoncino delle tende) Come diavolo si fa?

 Allison                         - (spostando la radio ad un'altra stazione) Che ve ne importa? Avanti, Tania!

Kroshka                        - (riavvicinando le tendine) Un momento. La disciplina avanti tutto. Non posso permettere che i miei uomini mi vedano occupata in queste frivolezze.

Allison                          - Quale conformismo... (La radio tra­smette un valzer) Oh, adesso andiamo meglio. (Comin­ciano a ballare) Lasciatevi guidare da me: voi non dovete far altro che seguire i passi che faccio io. (Kroshka lo scosta da sé) Non spingetemi. (Ricominciano a ballare) Sono il vostro cavaliere, vi piaccia o no. Avanti, dimenticate i nostri antagonismi di classe. Non potete ballare con un uomo se non vi abbandonate completamente a lui. (Sono, per un momento, l'una nette braccia dell'altro. Poi Kroshka si stacca bruscamente e va verso il sofà).

Kroshka                        - No, no, no, Sono troppo russa: troppo spirito e troppo poca tecnica.

Allison                          - Avanti... imparerete...! (Di qui in avanti è manifesto in entrambi l'effetto dello vodka).

Kroshka                        - (senza ascoltarlo) Aspettate, mister americano! Dateci soltanto un po' di tempo e ci vedrete ballare in cielo fra Orione e la Bilancia. Ci vedrete bere vodka sull'Orsa Maggiore. Chiap­pare comete per la coda e tirarle giù in terra e farle suonare come raganelle! Trrr...! (Gira su stessa, priva di controllo, cadendogli fra le braccia) Sono ubriaca.

Allison                          - Siete pazza.

Kroshka                        - (facendo forza con le braccia contro il petto di lui) No... non sono pazza. Credo nell'intelligenza umana... L'intelligenza umana conquisterà il tempo e lo spazio... e tutto quanto. Vorrei morire in questo momento stesso pur di vedere un ragazzino scivolare dall'anello di Saturno davanti alla porta di casa sua! (Percorre di corsa un cerchio immaginario intorno alla scena, poi va al piano) Datemi ancora un po' di vodka, mister Allison. Questi miei sogni mi stancano da morire.

Allison                          - (riempiendo i bicchieri) Che vergogna!

Kroshka                        - Vergogna... che cosa?

Allison                          - Vergogna... mettere tanta passione a correr dietro a dogmi economici antiquati, primi­tivi addirittura. Non chiapperete mai nessuna cometa con Carlo Marx. Tutt'al più arriverete a far tre pasti-tipo al giorno e a morire di noia leggendo « Das Kapital ». (Le porge un bicchiere).

Kroshka                        - Non parlate di morte, mister Allison. È una cosa così poco americana. (Alza il bicchiere) Beviamo alla compagna Betty Grable e alle sue splendide gambe americane! Lunga vita alle gambe di Betty Grable!

Allison                          - Ora sì che siete ragionevole, piccola! (Bevono entrambi: Kroshka si sposta rapidamente al centro).

Kroshka                        - Procurate belle gambe anche a noi, mister Allison. Dateci calze di seta... e noi marceremo a plotoni affiancati verso l'impossibile futuro!

Allison                          - (chiude la radio e va al sofà) Voi non avete bisogno di calze. Avete soltanto bisogno di qualcuno che v'insegni a far buon uso delle cose che possedete, a valorizzare il vostro materiale. (Kroshka si accoscia sul pavimento nel centro della sala).

Rroshka                         - (piagnucolando, con un tono di voce infantile) Non c'è nessuno che ci insegni le cose. Credono che noi siamo selvaggi. Perché non me le' insegnate voi, le cose?

Allison                          - Certo che ve le insegno. (Si mette a sedere).

Kroshka                        - Bene. Allora si vede che ci volete bene. Dovete essere un indiano.

Allison                          - Sono soltanto un giovanotto bennato e cittadino che cerca di fare il proprio dovere.

Kroshka                        - Comunque siete un indiano. Avete il fuoco della prateria negli occhi e il tomahwak in tasca. Siete il gran capo Tante Svanziche, e siete venuto qui a portarvi via i nostri scalpi. Dite la verità!

Allison                          - Siamo tutti indiani.

Kroshka                        - Siete l'America. L'America selvaggia, grande, ricca e generosa.

Allison                          - (inginocchiandosi sul pavimento, teso verso di lei) E voi siete la Russia... una donna desi­derabile e vigorosa che crede d'aver bisogno della rivoluzione mentre non le occorre altro che un uomo. (Cerca di passarle un braccio intorno alla vita).

Kroshka                        - (svincolandosi) Ah: ma non vuole certo un capitalista come amante!

Allison                          - Ma però vuole che luì spenda comunque un sacco di quattrini per lei...

Kroshka                        - Soltanto per sviluppare la propria vocazione...

Allison                          - Senz'essere neanche sfiorata'? Dovete essere adulta abbastanza per conoscere gli eventi apolitici della vita..

Kroshka                        - (prendendolo cortesemente in giro) Capitalista, capitalista.

Allison                          - (afferrandole uno stivale) Certo. E vi dico anche che il capitale è ancora lo strumento più efficace per produrre il lavoro. Qualunque lavoro. Il nostro capitale, almeno. Ci dà coraggio, fantasia e attitudine alla vita.

Kroshka                        - (improvvisamente seria, accennando al busto di Lenin sul piano) Un momento. Può darsi che abbiate ragione voi. Lenin ha detto: «Dobbiamo unire il fervore rivoluzionario del popolo russo col genio pratico del popolo americano ».

Allison                          - (guardando il busto di Lenin) Non era poi mica così matto come sembra, l'ometto. Scom­metto che proverebbe una gran bella soddisfazione se potesse vedere qualcuna delle cose che si stanno preparando adesso oltre l'oceano... le cose prodotte dai cervelli, dalle officine e dai laboratori americani.

Kroshka                        - Quali cose? Ditemi!

Allison                          - Vi riesce dì immaginare una forza atomica immagazzinata in batterie e impiegata se e quando sia necessario?

Kroshka                        - (innervosendosi) Non dovete fare questo. Non è possibile impiegare l'energia atomica a vantaggio positivo dell'umanità. E una forza selvaggia e distruttrice, una forza che non si è ancora saputo dominare.

Allison                          - Si è trovato il modo di domarla, Tania. La si è già domata, in fase sperimentale... Il nuovo mondo è qui, appena voltato l'angolo...

 Kroshka                       - (contrariata) Bozhe moy...

Allison                          - Sì, Tania... ma pensate!... pochi grammi di materia atomica potranno dare al mondo più forza produttiva di tutti i pozzi petroliferi del Texas.

Kroshka                        - Jimmy... non avete trovato il modo... vero che non l'avete trovato?

Allison                          - Ci siamo molto vicini, Tania. Così vicini da mozzare il flato.

Kroshka                        - Allora datela all'umanità! Allison... mister Jimmy... datela all'umanità.

Allison                          - Glie la daremo... quando noi e l'umanità saremo pronti, Tania.

Kroshka                        - (balzando in piedi) Subito, Jimmy! Dategliela subito! (In un estasi di felicità) Bozhe moy! Ormai sì potranno far ballare le montagne, si potranno costringere le maree a seguire la nostra volontà. (Corre alla grande poltrona e vi si abbandona).

Allison                          - (seguendola) Potremmo nutrire il mondo intero con una piccola fattoria sperimentale nell'Ohio!

Kroshka                        - (scostando una tendina) Potremmo rag­giungere la Luna e andare a stringere la mano ai lavoratori di Marx-Marte!

Allison                          - Potremmo eliminare le guerre, l'in­gordigia, la disoccupazione, la miseria!

Kroshka                        - Lo sfruttamento, l'oppressione, il capitalismo!

Allison                          - Tutte le teorie rivoluzionarie scop-pierebbero come bolle dì sapone!

Kroshka                        - (selvaggiamente) Sì, sì, sì, sì! Avanti, squarciate il cielo! Lasciate che porti con voi la mia felicità! (Balza in piedi) Lasciatemi morire in un momento come questo. (Allison fa un passo verso di lei. Kroshka gli sfugge e va al piano) No, no, no! I La vita è così piccina... così insignificante... così grigia... in paragone a questo sogno dei sogni! (In tono vigoroso e appassionato) Un uomo che abbia un minimo di dignità come può insistere a vivere, sopportare di mangiare e di dormire mentre il futuro romba come tuono, mentre il cielo azzurro è sceso a portata della nostra mano, mentre l'era della serenità, della bellezza eterna sta finalmente per i aprirsi! (Un colpo di singhiozzo le fa fare un lieve sobbalzo) Pardon.

Allison                          - (le si fa vicino) Tania... venite qui. (Kroshka gli sfugge di nuovo e si sposta verso destra al centro).

Kroshka                        - Non avvicinatevi! Perché... perché se vi avvicinate... io starò sempre con voi! Non avvicinatevi! (Aggira il sofà da destra) Non avvicinatevi! Non sapete cosa state facendo! No! No! No! (Infila la mano in uno stivale e ne estrae una piccola pistola) Non avvicinatevi, Jimmy Allison! (Lo prende di mira con l’arma).

Allison                          - (con calma) Siete ubriaca, Tania... Mettete via quell'arnese.

Kroshka                        - (selvaggiamente) No! Vi devo uccidere... Devo... Devo uccidere voi e me insieme. Perché vi amo... Perché vi voglio... Perché non posso più vivere senza di te... Perché sono felice... Perché voglio stare vicino a te per sempre. (Allison muove un passo verso di lei. Kroshka indietreggia) No! No!, Jimmy... No! No!... No, non ti posso uccidere! Ma questo, lo posso fare... (Si alza fulmineamente la pistola alla tempia ma Allison le afferra il braccio e glie lo gira verso l'alto. Il colpo va a vuoto).

Allison                          - Tania! Non fate la stupida! (Le strappa la pistola di mano. Entrambi appaiono sbalorditi dalla violenza di ciò ch'è accaduto) Tania, piccola sciocca, vi sareste potuta uccidere.

Kroshka                        - (con occhi ingranditi dall'orrore) E avrei potuto uccidere te... (Appoggiandosi alla ringhiera della scala) Sono un disastro... Uccidimi, Jimmy! Uccidimi! Fammi un favore da russo! (Si sente bus­sare vigorosamente alla porta centrale) Uccidimi, Jimmy... Per piacere... se mi vuoi un po' di bene...

Allison                          - Tania! Torna in te! (Le dà uno schiaf­fo gentilmente sostenuto sulla guancia che la calma istantaneamente, e si volge verso la porta) Avanti! (Piombano dentro Babych e Sokoloff che si fermano immediatamente lanciando occhiate nervose in giro).

Babych                          - Che cos'è successo?

Sokoloff                        - (piantando gli occhi su Kroska) Abbiamo ordini precisi da Mosca di proteggervi da tutto e da tutti, mister Allison.

Allison                          - (in tono svagato, sorridendo) Tutto bene, capitano. Stavo facendo vedere la mia pistola al generale e m'è sfuggito incidentalmente un colpo. (Raccoglie la pistola e se la fa scivolare in tasca).

Babych                          - Allora tutto è in perfetto ordine, mister Allison?

Allison                          - Perfettissimo. Mi spiace molto di avervi spaventato. Molte grazie. Buonanotte. (I due si scambiano un'occhiata ed escono da sinistra).

Kroshka                        - (facendoglisi vicina) Grazie. Mi avete salvato la reputazione. Se mi fossi suicidata i miei uomini m'avrebbero creduta vile.

Allison                          - Il che sarebbe stata una cosa spiace­volissima. (La costringe gentilmente a sedersi sulla poltrona grande).

Kroshka                        - (risollevandosi e porgendogli la mano) Voi vi rendete conto:, ancora grazie a nome della disciplina rivoluzionaria.

Allison                          - Non c'è di che.

Kroshka                        - E adesso restituitemi la pistola, per favore.

Allison                          - Certo. Ma a una condizione.

Kroshka                        - Non mi ucciderò. Prometto.

Allison                          - Non basta. Non vi restituirò questa pistola finché non avrete accettato di diventare mia moglie.

Kboshka                        - (esterrefatta) Moglie?

Allison                          - Sì. Moglie: da mantenere, amare e proteggere.

Kroshka                        - Siete ubriaco. Avete bevuto troppa vodka.

Allison                          - Non sarebbe una ragione sufficiente. So di gente che si è sposata in condizioni di assoluta sobrietà. Allora, Tania: che cosa rispondi? (Kroshka comincia a ridere) Sii seria: questo è un momento piuttosto solenne.

Kroshka                        - (ridendo) Jimmy mi vuole sposare! Jimmy mi vuol sposare! Jimmy americano mi vuol sposare. Pizzicatemi, se no mi sveglierò e mi metterò a piangere! Dammi un pizzicotto! Voglio ballare di qui a New York! (Percorre la scena in giro, in una sfrenata danza russa, poi piomba sfinita sul sofà) Guarda. Non ho calze. (Si toglie uno stivale) Come puoi sposare un generale senza calze? Che cosa direbbero a New York gli indiani di Wall Street?

Allison                          - Al diavolo gli indiani di Wall Street! Al diavolo il mondo intero!... (Va alla porta di sinistra e la chiude a chiave. E chiude a chiave anche quella di destra sotto le scale).

Kroshka                        - (mentre Allison armeggia intorno alle porte si abbandona sul sofà, chiude gli occhi monnorrando) È tanto bello stare con te, Jimmy... tanto bello tornare a casa... Tanto dolce... Imbarchiamoci su un sottomarino e voliamo oltre il Polo... Dove non ci siano distinzioni di classe... Dove i capitalisti sono poveri e i proletari ricchi... (È sul punto di ad­dormentarsi) Combattiamo insieme per i lavoratori di tutto il mondo... Jimmy... Dolce e divertente... divertente e dolce... (Giunge di lontano l'eco di una vecchia canzone russa che Kroshka riprende dolcemente a bocca chiusa. Allison, che ha chiuso le due porte, torna al sofà e si piega a guardare Kroshka).

Allison                          - (gentilmente) Su, piccolina. Si sta facendo tardi. (Kroshka mormora qualcosa in russo) Davvero? Questo è quel che pensi tu? Tesoro! (La solleva fra le braccia).

Kroshka                        - (debolmente, senza aprire gli occhi) Lavoratori di tutti il mondo unitevi... (Gli butta le braccia al collo, come una bambina).

Allison                          - (con allegra condiscendenza) Hai dia­bolicamente ragione! (Comincia a salire le scale, tenendo Kroshka fra le braccia).

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

QUADRO PRIMO

Qualche ora dopo. Le tendine alla finestra centrale sono tirate come alla fine del second'atto. La sala è immersa nell'oscurità. Una fisarmonica solitaria, in lontananza, suona una canzoncina russa ripetendone il motivo all'infinito.

(In scena, all'aprirsi del sipario, non c'è nessuno. Poi, una figura scura scende furtivamente le scale. Guarda in giro, e poiché non riesce a discernere nulla, va alla finestra e apre le tendine; si ferma un momento contro la finestra e il chiaro di luna la rivela. È Kroshka che indossa uno splendido costume orientale da camera. Ha in braccio l'abito indossato al second'atto che lascia cadere accanto alla finestra. Va al sofà a destra a cercare gli stivali che si trovano dove li ha abbandonati. S'inginocchia a cercarli. Dalla balconata appare d'improvviso la figura di Allison).

Allison                          - Tania, Tania, dove sei?

Kroshka                        - (dal sofà) Sono qui.

Allison                          - Che cosa stai facendo? Torna su.

Kroshka                        - Devo andare.

Allison                          - (cominciando a scendere le scale) Andare, dove?

Kroshka                        - Al mio comando. (Allison la raggiunge rapidamente. È in maniche di camicia, col colletto slacciato).

Allison                          - Tania, sei pazza. Quelli, appena tu arrivi, ti fanno fuori.

Kroshka                        - Ma cosa ti salta in mente?

Allison                          - Non ricordi che sei in stato d'arresto?

Kroshka                        - Ti ho mentito. Il mio arresto... non ti ho detto la verità. Era una mistificazione. Non facciamo più cose del genere. Ma sapevo che tu leggi i giornali americani e perciò ci avresti creduto... Perciò ho detto ai miei uomini di preparare la scena...

Allison                          - Tania...!

Kroshka                        - (con calore) Cosa potevo fare? In qualche modo dovevo obbligarti a fermarti.

Allison                          - (scoppiando a ridere) Taniuska! Sei più furba di quanto io non credessi.

Kroshka                        - (facendoglisi vicina) Ascolta. Tu sei destinato a vincere, in combattimento. (La voce le diventa più tenera) Sai, Jimmy, qualcosa è cambiato dentro di me quando hai firmato quel contratto. Mi sono accorta dell'argento che hai sulle tempie e dei tuoi occhi... avevi gli occhi come d'acciaio. In quel momento mi hai costretto a risentirmi donna. Sei forte, grande Jimmy. (Giunge di lontano il suono di un corno da caccia) Addio: ora devo proprio andare.

Allison                          - Un momento, piccola strega rossa. Non te ne puoi andare a questo modo.

Kroshka                        - Devo. I miei uomini avranno già cominciato a cercarmi. Apri la porta. Hai tu la chiave. I miei uomini non debbono sapere.

Allison                          - Sono io il tuo uomo, Tania. Vieni qui. (L'attira accanto a sé sul sofà).

Kroshka                        - (sedendoglisi vicina) Bisogna che vada davvero.

Allison                          - (con calma) Cosa dobbiamo fare dopo quel che c'è stato fra noi questa notte?

Kroshka                        - Ci ho pensato. (Freddamente) Lo sai cosa siamo, noi due?

Allison                          - Bè, io sono uno piuttosto felice.

Kroshka                        - Siamo dei traditori.

Allison                          - Ehi, di che cos'è che stai parlando?

Kroshka                        - In pochi minuti abbiamo tradito tutto ciò per cui abbiamo sempre lottato.

Allison                          - Sciocchezze!

Kroshka                        - (inginocchiandosi a terra davanti a lui) No, non sono sciocchezze. Ti guardavo mentre dormivi e m'eri più caro di ogni cosa che io abbia mai avuta. Ne son rimasta sbigottita: « Che cosa sto facendo?», mi son detta. «Chi mi dà il diritto di sputare sulla tomba dei nostri eroi? ».

Allison                          - Tania, tesoro, non ridiventarmi russa un'altra volta!

Kroshka                        - Considera anche il caso tuo. Ieri eri risoluto, temibile, pericoloso. Adesso ti sei fatto tenero. Morbidi tiepidi cuscini invece che scoppi di tuono. A questo siamo ridotti, ormai.

Allison                          - È stato dolce, Tania.

Kroshka                        - (amaramente, distogliendo gli occhi da lui) È stato meraviglioso.

Allison                          - E allora va tutto bene. Ci siamo inna­morati. Che c'è di male?

Kroshka                        - Il male sta nel fatto ch'io mi son resa colpevole d'intelligenza col nemico.

Allison                          - Ma noi non siamo nemici, Tania.

Kroshka                        - (levandosi in piedi e guardandolo fissamente) Spiritualmente siamo in guerra, tu e io. Tu hai paura di me, e io ho paura di te. Rappresentiamo due mondi diversi.

Allison                          - (con un moto d'impazienza) Tu sei malata, Tania: malata di mente. Il tuo «mondo» t'ha riempita la testa di lenticchie per anni.

Kroshka                        - Non si tratta di « lenticchie ». Si tratta di una forza che spinge milioni di cuori a battersi uniti per un solo scopo. E strapparsi da questo gran cuore comune è una cosa terribile.

Allison                          - Queste sono stupidaggini metafisiche, Tania.

Kroshka                        - Milioni d'uomini dormono tranquilli a Mosca, a Leningrado, a Yakutsk, in tutte le città dell'Unione. Dormono tranquilli e fiduciosi. Perché sanno che il generale Kroshka lavora per loro. Sanno che il generale Kroshka non si lascerà mai mettere nel sacco da un capitalista americano. (Ira tono deciso) E che fa Kroshka? Dorme pure lei. Col capitalista.

Allison                          - Tania, tu sei estremamente disorien­tata. Ma tutto è semplice, molto semplice.

Kroshka                        - Semplice? (Allison se la stringe vicino).

Allison                          - Ieri, tu ed io, eravamo due talpe che lottavano sottoterra, in un passaggio buio. Credevamo che il mondo non fosse più grosso di una spanna. Poi, mentre lottavamo, ci siamo ritrovati alla super­ficie. E si capisce che adesso siamo accecati dal sole, sbalorditi dall'aria. Ma tu vuoi proprio spro­fondarti di nuovo nell'oscurità?

Kroshka                        - Il combattimento è il mio destino.

Allison                          - Ma puoi combattere sotto il sole, all'aperto.

Kroshka                        - (staccandosi da lui) No. Sono cieca, come hai detto tu adesso. Ieri sera vedevo ancora lontano e chiaro. Stanotte non ho visto più che il tuo viso, nelle luci incerte. E non altro.

Allison                          - E non c'è altro. (L'abbraccia, tenta di baciarla ma la donna si svincola).

Kroshka                        - No, Jimmy.

Allison                          - Ti amo, Tania.

Kroshka                        - Non dirlo più!

Allison                          - Lo dirò ancora. Te lo dirò migliaia di volte. Sono pazzo di te. Che cosa devo fare per pro­vartelo? Chiedimi ciò che vuoi! (Kroshka comincia a raccogliere gli indumenti che aveva abbandonato accanto alla finestra).

Kroshka                        - Dammi la chiave. (Allison esita un attimo, poi gliela porge).

Allison                          - Eccola. (In fretta) Che ne facciamo del contratto? Ti dimostrerò che « adesso » possiamo concludere affari dieci volte meglio di prima.

Kroshka                        - Vuoi dire... proprio?

Allison                          - Sì. Andiamo di sopra dove è meno facile che capiti qualcuno a disturbarci. Su, tesoro, , veniamo alle cose essenziali.

Kroshka                        - Ma, Jimmy... s'era parlato di «affari», i

Allison                          - Il più interessante degli affari... ti ; assicuro. (La sospinge verso la scala) I termini sono chiari e precisi. Le linee aeree sono destinate a unire il mondo. A tenerlo insieme. E dunque, cominciamo a stare insieme noi.

Kroshka                        - Affari, Jimmy, affari. (Raggiungono la balconata).

Allison                          - Sì, affari. Guarda: questo è il docu­mento che ieri sera io ho firmato a occhi chiusi. (Trae di tasca il vecchio contratto, lo fa in pezzi che poi lascia cadere svolazzanti sul pavimento) Ecco qua. Così ce ne siamo liberati. E poi non venirmi a dire che l'amore non è un consigliere saggio. Sfammi a sentire. Io mi assumerò il sessanta per cento delle spese per la realizzazione del progetto. Anzi, fac­ciamo il sessantacinque. (Kroshka corre rapidamente giù per le scale, afferra il cappotto e se lo butta furio­samente sulle spalle) Tania! Che cosa succede, adesso? Che diavolo stai facendo? (Si precipita di corsa dietro a lei.).

Kroshka                        - (con piglio risoluto) Voltati. Non guardare. (Si mette a sedere sullo sgabello del piano e infila le calze).

Allison                          - Che diavolo...!

Kroshka                        - Intendete pagarmi l'anima che vi ho venduto, mister Allison? Credete di metterci nel sacco con l'elemosina del sessanta per cento sulle spese generali?

Allison                          - Tania... ma si può sapere che cosa stai dicendo?

Kroshka                        - Credete che il mio paese sia proprio un villaggio di bifolchi?

Allison                          - Un momento, cerchiamo di capirci...

Kroshka                        - Ieri mi avete insultata. Avete sputato sui miei ideali. Mi avete truffata imponendomi un contratto esoso. E ora mi volete concedere tutto? Perché? Che cosa è accaduto?

Allison                          - (abbandonandosi sul sofà) Mi sono innamorato di te.

Kroshka                        - (in tono d'ira) « Si è innamorato di me! ». Mi fa un piacere. Mi fa un regalo. Perché è generoso... Ma come osi? Se tu davvero mi volessi bene mi avresti sputato in faccia invece di insultarmi con la tua generosità!

Allison                          - (sbalordito) Dio del cielo!

Kroshka                        - (si sposta a sinistra, preparandosi ad accendere una sigaretta) Dunque, io mi sarei data a te in cambio di una sudicia piccola linea di navi­gazione aerea transpolare? Ma per chi mi hai preso? Per una sgualdrina da marciapiede? Per una stracciona? Che umiliazione! Che grettezza! (Prende un’altra sigaretta e fa per accenderla) Come osate offrire dei regali « a me », mister Allison? Io ho tutto. Ho le foreste e le pellicce della Siberia, il petrolio di Baku, il carbone e il grano dell'Ucraina, l'oro e le gemme degli Urali. Sono la donna più ricca del­l'universo intero. (Allison sì alza e le si avvicina. Sì piega su dì lei, in atteggiamento affettuosamente scherzoso, e cerca di baciarle il ginocchio nudo).

Allison                          - Tania, sei terribile.

Kroshka                        - (tentando di scostarsi) Lasciami stare le gambe!

Allison                          - (facendola sedere a forza sulla seggiola a sinistra del piano) Pai silenzio e sfammi a sentire. Cerca di capire il mio non difficile inglese. Non ho la più piccola intenzione di farti un favore quando mi offro di prendere su di me il carico maggiore dell'impresa. Non faccio altro che tutelare i miei interessi.

Kroshka                        - Niente da fare, mister Allison: i vostri trucchi da indiano con me non attaccano. Sciocchezze.

Allison                          - Affari. Autentici, gelidi affari. Sfammi a sentire bene che ti voglio spiegare una cosa. Meglio che tu cerchi di capirla subito, perché è l'ultima occasione che ti si presenta. (Kroshka si agita con impazienza) Stai calma, vuoi? (Involontariamente la donna ubbidisce) Ora stai bene attenta, Tania. Nella prassi economica dei paesi capitalistici e'è ora un assioma nuovo. Non è facile ad intendersi, special­mente per i russi in quanto voi avete ancora « biso­gno » di tante cose e cercate disperatamente di averle.

Kroshka                        - Avanti: sentiamo questo assioma!

Allison                          - Il modo più certo di ottenere è dare. (Kroshka lo guarda con espressione torva) Sembra un'espressione sentimentale ed è invece un fatto brutalmente pratico. È un principio che non si ama applicare e che, pure, deve essere applicato. La questione economica è fondata su un rapporto di reciprocità: quanto più si dà tanto più si ottiene in cambio. Per mungere la vacca bisogna prima averle dato da mangiare. (Kroshka si leva in piedi e sì sposta verso il centro della sala).

Kroshka                        - Oh, vedo: voi siete un benefattore dell'umanità. (Allison la prende per un braccio. Seduto sulla sedia a sinistra del piano la costringe a piegarsi sul pavimento, fra le sue ginocchia)

Allison                          - Sono un capitalista, Tania. Credo nel capitalismo. Ho fede ch'esso rappresenti il sistema migliore, il sistema più efficace, che mai l'umanità abbia potuto trovare per raggiungere la felicità e stimolare il progresso. Guarda il mio paese. Ha dato di tutto a tutti... per anni... ed è diventato più ricco, più forte e, Dio ci aiuti, più felice. Sì, Tania, il con­cetto di dare fa parte integrante del concetto di ricevere. Sai chi ha espresso questo concetto per la prima volta?

Kroshka                        - Adam Smith? No. E nemmeno Lenin. E meno che mai il compagno Stalin!

Allison                          - Non ti sforzare. Non farti venire l'emicrania. È stato un grande poeta vissuto ottocent'anni fa. Un poeta di Georgia, come il tuo Stalin. Diceva: «Per sempre è perduto ciò che tu raccogli e per te celi... ma è tuo per sempre ciò che tu doni al mondo... ».

Kroshka                        - Shota Eustavelli! Come osate citare a me i suoi versi? Dio mio, viene a spacciare Shota Eustavelli a me, proprio a me! (Si leva in piedi e va nervosamente verso il centro della sala).

Allison                          - (alzandosi a sua volta) Tu sei pazza, Tania.

Kroshka                        - Non sono pazza.

Allison                          - (avvicinandosi a lei) Su, amore. Mi sottoscrivo per il settanta. (Kroshka lo evita e ripara dietro il piano).

Kroshka                        - No, mister Allison. Non attacca. Non con la Russia. Se firmiamo un contratto con voi - badate bene, ho detto « se » - non lo facciamo per sollecitare la carità di un capitalista. (Allison va a fermarsi dall'altra parte del piano).

Allison                          - Su, su: vieni qui che ti firmo tutto quel che vuoi.

Kroshka                        - Perché dite questo?

Allison                          - Perché non c'è contratto che tenga se non interessa qualcosa di organicamente neces­sario. Questa è la ragione per cui ogni giorno tanti contratti vanno a farsi benedire.

Kroshka                        - Siete un anarchico. Voi negate lo stabilirsi delle forme!

Allison                          - Sono un uomo d'affari, e nego lo sta­bilirsi delle sciocchezze. (Passa dall'altra parte del piano ed issa Kroshka sul coperchio).

Kroshka                        - Lasciatemi andare. Voi cercate di demolire tutto ciò che noi abbiamo faticato a co­struire. Siete un rivoluzionario.

Allison                          - Certo: il capitalismo moderno è due volte più rivoluzionario di Marx. A suo tempo rifa­remo la rivoluzione industriale e la venderemo alla Russia guadagnandoci sopra. Già. (Fa per avvici­narsi di più. Kroshka piroetta dal piano sul pavimento e ripara al centro).

Kroshka                        - No. Non toccatemi!

Allison                          - (la segue) Andiamo, tesoro, io ti amo. Sei il più indigesto boccone che ci sia al mondo, ma non ne posso fare a meno. È un fatto biologico. (L'abbraccia).

Kroshka                        - Jimmy. Lasciami andare.

Allison                          - Tu sei mia, e questo è quanto.

Kroshka                        - Non posso stare con te. Ho paura di te. Tu mi hai violato l'intelligenza.

Allison                          - Ti ho violato l'intelligenza?

Kroshka                        - Sì, sì, sì. L'hai riempita di dubbi, di sciocchezze... che non sono sciocchezze!

Allison                          - Non vuoi guardare in faccia la verità?

Kroshka                        - Non voglio ascoltare nulla che uccida la mia fede.

Allison                          - Non posso credere alle mie orecchie. Tu rifiuti il buon senso, pur sapendo che è tale. Tania, Taniuska, svegliati! Perché vuoi conservare il cervello in salamoia, perché ti ostini a pensare secondo le direttive della segreteria del partito? Sei più testarda di un democratico del Missouri!

Kroshka                        - Sono stata educata a pensare secondo questa linea. Non posso permettermi di abbandonarla.

Allison                          - (si allontana da lei e va al centro a grandi passi concitati) È il più grande delitto commesso nella storia del progresso umano!

Kroshka                        - Che delitto?

Allison                          - Questo di forzare la macchina del pensiero di un'intera nazione.

Kroshka                        - (aspramente) Lascia stare la mia nazione!

Allison                          - E va bene. Ma come potete credere che il mondo s'adatti a lavorare per voi se saltate su come galletti al primo accenno di libero pensiero? Perdìo! Credo proprio che il peggior castigo per una creatura pensante sia quello di dipingerla di rosso e di spedirla in Russia!

Kroshka                        - (con uno scatto d'ira improvvisa) No, non è questo il castigo peggiore. Pensate, invece, se dipingessero voi di nero e vi mandassero in Ala­bama!

Allison                          - (con intenzione comica) Non cacciate il naso negli affari nostri, generale. Queste non son cose che vi riguardino.

Kroshka                        - Però sono affari vostri quelli che vi spingono a venir qui a dire a noi che cosa dobbiamo fare.

Allison                          - Veramente, quella di venir qui non è stata una gran bella pensata.

Kroshka                        - Che però vi può far realizzare grassi guadagni, mister Allison.

Allison                          - Magri guadagni. Quello che per primo ha detto che noi si poteva lavorare bene insieme doveva essere matto in testa.

Kroshka                        - Ma voi avete piatito per assicurarvi questo lavoro.

Allison                          - (in tono amaro) Non mi ci riproverò più. Dovreste esser lasciati soli, assolutamente isolati.

Kroshka                        - Ci si provò una volta l'America e andò a finire come sapete. Rcordate?

Allison                          - (scostandosi) Non c'è perversione mentale, per grande e dolorosa che sia, che non s'attacchi a voialtri russi.

Kroshka                        - Ho letto qualcuno dei vostri giornali, mister Allison!

Allison                          - (riavvicinandosi) Se mai mi riacchiap­perete ad avvicinarmi alla Russia oltre Hoboken, vi autorizzo fin d'ora a impedirmi di tornare a Manhattan!

Kroshka                        - Non è me che dovete autorizzare, ma i vostri operai del New Yersey che lo farebbero col più grande piacere. (Va alla porta di sinistra, poi si volge) Siete il classico tipo del capitalista stretto di mente e arrogante, mister Allison... pieno di spocchia e di quattrini. Vi ringrazio di aver corro­borato i miei ideali... la mia volontà di lotta... la mia dignità... Forse adesso - con quest'odio che s'è stabilito fra noi - potremo amarci di più... Forse... Addio, mister Allison! (Esce. Rimasto solo, Allison passeggia nervosamente per la stanza. Poi si ferma e si pone di fronte al busto di Stalin).

Allison                          - Può darsi che sia un'impresa tremenda combattere contro la tua gente. Ma, Dio santissimo, è dieci volte più difficile amarla! (Si volge e fa di corsa la scala mentre si chiude il sipario che si riapre immediatamente sulla seconda scena).

QUADRO SECONDO

La mattina seguente. Lalla finestra entra il sole che inonda la stanza di una luce vivissima. La stanza è rimasta esattamente come nella scena precedente. La bottiglia di vodka, ormai praticamente vuota, è sul piano con i bicchieri. I pezzi del contratto lacerato sono sparsi sul pavimento sotto le scale.

(La scena è vuota. Poi dalla cucina entra Ivan che porta un piatto coperto da un coperchio di metallo luccicante. Lo posa sul tavolo poi, visti i pezzi di carta sul pavimento, s'inginocchia e comincia a raccoglierli guardandoli attentamente. Lalla cucina entra ora Giosuè che porta un vassoio da «breakfast». Lo depone sul tavolo, poi va al piano. Guarda in trasparenza la bottiglia di vodka e, incapace di resistere atta ten­tazione, si versa in gola ciò ch'era rimasto del liquore. Sussulta, quasi soffocato dalla tosse. Alle sue contor­sioni, Ivan scoppia a ridere).

Giosuè                           - (ricuperando infine il respiro) Fiuuuu... Era quest'esplosivo che avrebbero dovuto sganciare su Bikini, altro che quell'arnese anatomico. Neanche più una mosca ne usciva viva... (Ricomincia a tos­sire. Ivan gli si avvicina e gli somministra amichevoli pacche sulla schiena).

Ivan                               - Khorosho, tovarisch.

Giosuè                           - Khorosho... tuo zio... però è buono! (Si porta la bottiglia alle labbra e la scola) Adesso vammi a prendere un pompelmo, hai voglia?

Ivan                               - Uh?

Giosuè                           - Pompelmo... capisci? Devo avere un pompelmo. Perdìo, questo è l'individuo più addor­mentato ch'io abbia conosciuto. Mister Allison, la mattina mangia sempre un pompelmo...

Ivan                               - (urbanamente) Nichevo, tovarisch... Glavnoe ne boozi.

Giosuè                           - (scostandosi da lui con un moto di dispetto) Ne boozi... sentirai mister Allison quando si alza... (Solleva il coperchio dal piatto portato da Ivan e vede, appunto, un pompelmo) Bè, questo... sempre così in questo paese! Questo è il guaio con i russi. Prima vi fanno uscire di ragione... poi, di colpo, vi danno quel che volete. Sabotatori! (Ivan ride prendendo bottiglia e bicchieri. Dal corridoio entra Allison che indossa cappotto e cappello).

Allison                          - (preoccupato) Buongiorno, Giosuè... Ivan.

Giosuè                           - Buongiorno, signore.

Ivan                               - Dobroye utro, gospodin Allison. (Esce con i bicchieri).

Giosuè                           - Non sapevo che foste uscito, signore... Credevo foste dì sopra... a letto.

Allison                          - Ho suonato almeno venti volte, ma neanche a morire che t'ho visto.

Giosuè                           - (in tono afflitto) Si vede ch'ero occupato, signore.

Allison                          - Miss Margaret è tornata?

Giosuè                           - Nossignore.

Allison                          - Mister Thurber s'è già fatto vivo?

Giosuè                           - Nossignore. Credo che non sia in casa. Ma sono arrivati due radiogrammi per voi da New York, signore. (Li prende dal vassoio e li porge ad Allison) Devono averli portati ch'io stavo ancora a letto, signore.

Allison                          - Grazie. (Apre il primo telegramma e legge. Giosuè si avvia verso la cucina, poi si ferma).

Giosuè                           - Mister Allison... potrei domandarvi una cosa?

Allison                          - Sì, Giosuè?

Giosuè                           - C'è uno scrittore russo che si chiama Dusto... Dosta...

Allison                          - Mica Dostoiewsky, alle volte.

Giosuè                           - Quello lì, sissignore. Credete che un negro lo possa leggere, signore?

Allison                          - Bè, ho i miei dubbi. Che cos'è questo interesse letterario?

Giosuè                           - (confidenzialmente) Quella ragazza russa, sapete, Sonia, non fa che parlarne continuamente. Persino nel sonno.

Allison                          - (distratto, leggendo il secondo telegramma)

- Sì?

Giosuè                           - Sissignore. Dustovedsky qui, Dustovodskv là. Sembra un tipo piuttosto lagnoso a quel che ne ho capito, signore. (Entra Ivan con un vaso di fiori che posa sul piano).

Allison                          - (a Giosuè, in un tono che cerca di rendere indifferente) Stamattina hai mica ancora visto quella signora generale?

1 Giosuè                        - Nossignore. Ma potrei domandare a questo bel tipo. (A Ivan) Dove sta il generale Kroshka?

Ivan                               - Gheneral Kroshka? V cem delo?

Giosuè                           - Delo... mah? (Cerea di parlare russo) Khorosho... Gheneral Kroshka... Nichevo?

Allison                          - Non importa, Giosuè. Desidero far colazione subito. (S'avvia per le scale) Se vedi mister Thurber, digli di venir di sopra.

Giosuè                           - Sissignore, mister Allison. (Allison esce. Giosuè prende la caffettiera e cerca di spiegare a Ivan che cosa vuole da lui, usando una mimica caricata) Ohay, fratello Karamazov... porta questo caffè in cucina e cerca di farlo scaldare. (Ivan sorride ignaro. Giosuè si produce in un altro tentativo linguistico) Kaflè... Goriaccia... Goriaccia!

Ivan                               - (entusiasticamente) Goriatchye? Khorosho, tovarisch! (Parte di scatto verso la cucina, masticando gentilmente parole incomprensibili. Da sinistra fa capolino Sonia che, seminascosta nel vano della porta, aspetta).

Giosuè                           - Questi straccioni! Perché non se ne stanno dalle loro parti... (Si volge e vede Sonia) Oh salve, dolcezza... Ti alzi anche diabolicamente presto, però... Quando mi son tirato su io...

Sonia                             - (entrando nella sala) lascia... Guarda... Ti ho portato qualcosa. (Gli tende un libro).

Giosuè                           - Bè... io... (Dà un'occhiata alla copertina) « Fedor Mihailovich Dostoevsky... L'Idiota ». (Balte rapidamente le palpebre per la sorpresa) Che razza di nome faticoso a portarsi,., anche da uno scrittore.

Sonia                             - Leggi intanto questo, lascia... Poi ti darò Cecov e Gorki... voglio che tu li legga...

Giosuè                           - Proprio? Bè, gli darò un'occhiata durante il viaggio, bellezza. M'hanno detto che mister Allison ha sistemato il suo affare.

Sonia                             - (si mette a sedere. In tono sconsolato) Oh, non posso venire con te.

Giosuè                           - Uh?

Sonia                             - Non posso lasciare la russia... Di fuori sono americana, ma di dentro... sono russa.

Giosuè                           - Bè, niente di grave... Nel peggiore dei casi potresti sempre far la profuga a New York... Che è la cosa migliore che possa capitare a chiunque.

Sonia                             - No, lascia... tu non capisci. Sono un ufficiale e non posso lasciare l'esercito. Può arri­varmi un ordine di trasferimento da un momento all'altro.

Giosuè                           - Cerchiamo di capirci, Sonia... Se credi ch'io voglia venire con te, bè, è meglio che te lo levi di testa subito.

Sonia                             - Oh, no, no! Tu devi tornare in patria!

Giosuè                           - (sbalordito) Ma il fatto ch'io sono sotto di te, piccola.

Sonia                             - Anch'io sono cotta... E quando una russa è cotta... è cotta per sempre.

Giosuè                           - Non possiamo tormentarci in questo modo, tesoro. E non c'è niente che sia possibile fare per uscire da questa situazione.

Sonia                             - Oh sì... c'è qualcosa. (Si avvinghia dispe­ratamente a lui).

Giosuè                           - Davvero... che cosa, per esempio?

Sonia                             - Possiamo soffrire...

Giosuè                           - (cercando di svincolarsi) Puah... l'idea non mi affascina.

Sonia                             - (trattenendolo) Sì, piccolo lascia... Pos­siamo 'soffrire insieme. Tu soffri in America. Io soffro qui. Tu leggerai i libri che io ti darò. lascia... capirai. (Guardandolo in .viso) Voi avete macchine migliori, in America... Cose più belle... Automobili più veloci... Ma la sofferenza russa è la miglior sof­ferenza del mondo intero... (Gli getta le braccia al collo e lo bacia disperatamente. Dalla balconata appare Allison, che ha deposto il cappotto, e comincia a scen­dere le scale. Giosuè, al colmo della confusione, si stacca bruscamente da Sonia).

Giosuè                           - Sissignore... Soffrirò... voglio dire... vi servo subito la colazione, signore.

Allison                          - Non importa. Non credo d'aver voglia di mangiare. (Da sinistra entra Thurber. Ha la cra­vatta per traverso, i capelli spettinati, gli occhi rossi e gonfi. Un occhio, anzi, è vigorosamente abbottato).

Giosuè                           - Buongiorno, signore.

Thuebee                        - Non dire stupidaggini... Salve, prin­cipale. (Cheti, cheti, Giosuè e Sonia escono).

Allison                          - (fissando Thurber) Là, là... dove sei stato tutta notte?

Thuebee                        - Sono capitato alla Casa della Cul­tura e dello Svago e... mi sono sbattuto in una battelliera del Volga assolutamente priva di spirito e più pronta di mano di uno scaricatore di porto.

Allison                          - Si capisce. Sempre donne.

Thuebee                        - Le donne sono il miglior prodotto di questo paese, aringhe marinate a parte.

Allison                          - Siedi, Pat. Ho bisogno di parlarti.

Thuebee                        - (avvicinandosi faticosamente al tavolo) Siate breve, principale... Ho la testa come un alveare e sono così pieno di quella maledetta musica che potreste impacchettarmi e vendermi come un disco di Shostakovich. (Si mette a sedere).

Allison                          - Pat... Stamattina hai visto il generale Kroshka?

Thuebee                        - No.

Allison                          - Sai mica niente di lei?

Thuebee                        - No. I russi sono pochissimo inclini a parlare dei loro pezzi grossi. Pare che non si con­faccia a questo clima.

Allison                          - Sono preoccupato, Pat. Ho paura che si sia cacciata nei guai... con la sua gente. Ad ogni modo stamattina mi son messo in comunicazione col loro Quartier Generale ma non sono riuscito a cavarne niente. Non potresti provare tu a informati di quel che le è successo?

Thuebee                        - Credo che non ce la farò, principale. Avere un'informazione, in questo paese, è una fatica improba. Uno chiede qualcosa di Stalin e gli mettono in mano due biglietti per andare all'Opera. Comunque perché vi preoccupate tanto? Se hanno cancellato il generale dalla lista, bè, ne manderanno un'altro.

Allison                          - (dopo una pausa) Io l'amo.

Thuebee                        - (sentendosi svanire di colpo l'ubriachezza) Uh?

Allison                          - Dico che mi sono innamorato del generale.

Thuebee                        - (sbalordito) E vi pare che siano cose, queste, da dire a uno appena uscito da una sbornia?

Allison                          - Io devo averla, Pat. Tutto il resto non ha importanza. Senza di lei sono perduto...

Thuebee                        - È tutta colpa mia. Iersera, quando vi vedevo caracollarle intorno ho sentito che viavrei dovuto prender da parte e mettervi in guardia.

Allison                          - È una cosa meravigliosa.

Thuebee                        - (pensando intensamente, con la testa fra le mani) Già... C'è qualcosa nelle donne russe che uno non si può immaginare. Non è che siano particolarmente belle. Si vestono che sono un orrore  e si spogliano anche peggio... Sono ruvide, dure e la loro preoccupazione sembra sia quella di farvi vedere nuda l'anima loro. Ma... aiutatemi a dire,  principale... nessuna donna al mondo vi può rendere più pazzo, infelice e felice al medesimo tempo.

Allison                          - (mettendosi a sedere accanto a Pat) Pat... che cosa vuol dire in russo « Ya lublu tebia? ».

Thuebee                        - Oh, niente di speciale. Soltanto: ti amo.

Allison                          - «Lublu... ». È come il tonfo d'un sasso nell'acqua d'uno stagno. E... «Ty moy... ves moy» I Pat, che cosa vuol dire?

Thuebee                        - « Tu sei mio... tutto mio ». Non è I mica male. Soltanto poesia. Ma se mai vi capiterà di sentirvi dire « Vot tebe moya dusta », bè, per l'amor di Dio, tagliate la corda.

Allison                          - (sorridendo) Che cosa vuol dire?

Thuebee                        - Vuol dire: « Ecco, ti dò l'anima mia». I È stata l'ultima cosa che ho sentito dire stamattina. |Poi... bum... e poi ho capito che mi portavano sopra sdraiato su un paltò. (Si leva in piedi) Datemi ì retta, principale. Alziamo i tacchi da questo paese... e al più presto.

Allison                          - Non posso. Non voglio andarmene finché non avrò saputo che cosa le è successo.

Thuebee                        - Voi scherzate col fuoco, principale... lasciate che ve lo dica... Io so che se mi capita di j imbattermi un'altra volta con quella signora Tamara [ vado in pezzi.

Allison                          - Mi spiace, Pat. Ma bisogna che veniamo a capo di questa storia.

Thuebee                        - Può darsi che voi sappiate che cosa t state facendo, principale, ma ho i miei dubbi. C'è di peggio che una sbronza. La sbronza, basta dormirci sopra che vi passa da sola. Ma un uomo innamorato di una donna russa... quello non passa più. (Entra il capitano Sokoloff, immacolato e sorridente).

Sokolofp                       - Buon giorno, mister Allison. Il vostro aeroplano è stato rifornito di benzina.

Allison                          - Grazie.

Sokoloff                        - (va alla porta, poi si volge e saluta) Buon viaggio. (Si volge di nuovo per uscire).

Allison                          - Capitano... dov'è il generale Kroshka!

Sokoloff                        - (imbarazzato) Non sono autorizzato a trattare l'argomento, mister Allison...

Allison                          - Ma io debbo sapere!

Sokoloff                        - Dolente. (Tira fuori di tasca due E biglietti) Posso offrirvi un paio di biglietti per l'Opera di Stato di Yakutsk, mister Allison? Stasera c'è il « Boris Godunov ».

Allison                          - No, grazie. (Soìcoloff si volge per uscire,poi sì volge ancora e fa per salutare ma Thurber lo precede).

Thurber                         - Buon viaggio. (Soìcoloff batte rapi­damente le palpebre, si volge ed esce) Che vi dicevo, principale? Non c'è speranza.

Allison                          - Di tutte le trappole incomprensibili... (Si apre la porta a sinistra ed entra Margaret con una chitarra fra le mani. È un poco brilla, ma sempre padrona di sé. Il capitano Petroff la segue, sorridente).

Margaret                       - James... è stata una cosa divina. Quegli zingari! Che canzoni... e che uomini. Abbiamo bevuto, abbiamo ballato, siamo corsi per i campi.. (A Petroff) Vero, caro?

Petroff                          - (ad Allison, salutando) Istruzioni da Mosca.... dolente. (Thurber rivolge un'occhiata a Margaret ed esce dirigendosi verso la cucina).

Allison                          - Meglio che tu ti vada a coricare, zia Margaret.

Margaret                       - E perché dovrei andarmi a coricare!

Allison                          - Bè, hai l'aria stanca.

Margaret                       - Io? È molto strano. Ho dormito come un ghiro... vero, caro? (Il « vero, caro? » è rivolto a Petroff).

Allison                          - Dove?

Margaret                       - Sotto le stelle. E - James, quello che sto per dirti ti metterà con le spalle al muro -e mi è stato offerto un materasso che io stessa, du­rante la guerra, avevo offerto alla Russia. C'era ancora l'augurio che vi avevo ricamato su: « Dormite in pace, compagni ». Vero, Griscia?

Petroff                          - Verissimo... Posso ricordarvi che siamo attesi per lo scoprimento della mummia fra quarantacinque minuti?

Margaret                       - Non ci vorrei mancare per tutto l'oro del mondo. Cominciate ad avviarvi, caro... e mandate ad avvisarmi appena è tutto pronto per benino. (Lancia un bacio sulla punta delle dita a Petroff che saluta ed esce chiudendo la porta dietro di sé) Vero che è grande? (Passa una mano sulla chitarra traendone un accordo) È una di quelle affa­scinanti canzoni gitane che ho imparato stanotte. (Si mette a sedere, continuando a strimpellare) Lascia solo che ritrovi bene l'aria... Bè, James, che cosa hai combinato col generale?

Allison                          - Che cosa intendi dire, zia Maggie?

Margaret                       - È andato tutto bene?

Allison                          - Non capisco che cosa vuoi dire.

Margaret                       - (sempre strimpellando, in tono minore) Bene, bene. Però ritengo di avere il diritto di sapere. Dopo tutto, io sono una tua azionista. (Cerca di cantare) « Otchevo ya tebia tak bezumno lublu... ». No, sbaglio di nuovo.

Allison                          - Sei una donna formidabile, zia Maggie.

Margaret                       - (seguitando a strimpellare) E tu non sei altro che uno stupidone orbo, James.

Allison                          - Davvero?

Margaret                       - Senza possibilità di dubbio! Non ti rendi conto che se americani e russi non la smet­tono di giocare a guardie e ladri il mondo va in rovina? Non potrai persuadere i russi a diventare demo­cratici jeffersoniani neanche in dieci milioni d'anni, allo stesso modo che loro non riusciranno mai a far di noi dei buoni stalinisti.

Allison                          - Già. Ma ci sono certi principi sui quali bisogna irrigidirsi.

Margaret                       - D'accordo: ma non si può preten­dere di far irrigidire anche gli altri. Non si possono mandare tutti in Paradiso. Se qualcuno preferisce andare all'inferno... bè, che ci vada. Questo è affar suo. Perché vuoi far sì che i russi diventino ame­ricani e viceversa? Credo che entrambi vadano bene così come sono.

Allison                          - Ma non possiamo lavorare insieme... siamo troppo diversi!

Margaret                       - E perché non ci si prova? Può darsi che la diversità non sia poi così grande. Perché - invece di tutti questi puntigli e ritorsioni - i nostri due popoli non si sdraiano tranquillamente in un prato a parlare insieme di cose divertenti? È così che si dovrebbe fare. « Io lo so ». (Si mette a cantare: « Otchevo ya tebia tak bezumno lublu Ya i sam ob'yasnit ne umeyou... Ty tezzaesh vsyon dushu bolnoyon moiu... ». (S'interrompe) Diavolo: ieri sera mi sembrava più bella.

Allison                          - Sai, zia Maggie, credo proprio che tu abbia ragione.

Margaret                       - Si capisce che ho ragione.

Allison                          - Che cosa diresti... Cioè, ti stupiresti molto se ti dicessi che mi sono innamorato di una russa?

Margaret                       - È vero?

Allison                          - Credo di sì.

Margaret                       - (con un accordo trionfale della sua chitarra) Allora il mio investimento, grazie a Dio, è salvo. Credi a me: questo è il solo modo di fare gli affari. Le conferenze internazionali difficilmente riescono perché non sono tenute a letto. (Canta la canzone russa « Occhi neri ») Ochi chornie - ochi strastnia... ». (Dalla cucina riemerge Thurber che s'ap­plica un fazzoletto bagnato sull'occhio nero).

Thurber                         - Ehi, principale, ho parlato adesso adesso con un soldato... dice che l'ha vista stamattina.

Allison                          - Dove?

Thurber                         - Dice che ha attraversato la strada... in mezzo alle guardie. Dice che è successo all'alba...

Allison                          - Andiamo, Pat!

Thurber                         - Dove?

Allison                          - A cercarla! Devo sapere che cos'è stato di lei a costo di buttar all'aria il Cremlino! (Corre su per le scale) Se soltanto hanno osato tor­cerle un capello, li faccio fuori tutti, questi figli di buone donne.

Margaret                       - Che cosa grande è mai l'amore! (Si spalanca la porta di sinistra. Entra la guardia che si pianta sulla soglia. Entra Kroshka sfolgorante in alta uniforme con medaglie e spalline. Babych, Petroff, Soìcoloff e Sonia la seguono in ordine di grado).

Kroshka                        - (si ferma e saluta) I miei omaggi... miss Allison... mister Allison...mister Thurber. (Allison ridiscende lentamente le scale, emozionatissimo) Sono venuta a informarmi dell'ora cui vorreste fosse tenuta la riunione di oggi, mister Allison.

Allison                          - L'ora che volete voi, Tan... generale.

Kroshka                        - Magari... subito?

Allison                          - Benissimo.

Kroshka                        - Vogliate disporre per la seduta, capitano. (Petroff si mette in azione dando istruzioni a bassa voce in russo a Sokoloff e a Sonia che esce con la guardia).

Margaret                       - Buona fortuna, figlioli... fate come io vi auguro e non vi potrete sbagliare. (S'avvia su per le scale strimpellando. Intanto Kroshka s'è avvi­cinata al caminetto. Apre la borsa dei documenti. Per un momento si ritrova sola con Allison).

Kroshka                        - Come v'è piaciuto il soggiorno in Siberia, mister Allison?

Allison                          - Splendido. Avete delle notti di luna che sono un incanto.

Kroshka                        - Sì: specialmente in questa stagione. È vero che in America voi la chiamate « Estate indiana », perché è così ingannevole ?

Allison                          - È vero, sì. E voi, in Russia, come la chiamate ?

Kroshka                        - La chiamiamo « Babye Leto»... Estate delle donne. Per la medesima ragione. (Oli altri russi, intanto, hanno portato un tavolo coperto da un tappeto verde e intorno ad esso dispongono qualche seggiola. Petroff si avvicina a Kroshka).

Petroff                          - È tutto pronto, tovarisch gheneral.

Kroshka                        - Grazie. Pregate il colonnello Barsky di raggiungerci, per favore. (Petroff saluta ed esce. Allison e Kroshka si avvicinano al tavolo. Kroshka indica una sedia ad Allison) Mister Allison...

Thurber                         - Volete che io rimanga, principale?

Allison                          - Certo, Pat. La tua presenza non man­cherà di accrescere la dignità di questa riunione.

Kroshka                        - Ho saputo che iersera avete bevuto a larghi sorsi alla fonte della nostra cultura, mister Thurber.

Thurber                         - Oh, sì. E mi ha veramente colpito, devo dire. (Allison, Kroshka e Thurber prendono posto al tavolo, mentre Babych, Sokoloff e Sonia si allineano dietro la sedia di Kroshka).

Allison                          - Aspettate qualcuno?

Kroshka                        - Il nostro esperto legale, il colonnello Barsky. L'ho pregato di preparare un nuovo schema di contratto, perché secondo l'intesa intercorsa fra noi, la copia che abbiamo firmata ieri sera è andata incidentalmente distrutta. (Entra Petroff e annunzia).

Petroff                          - Il colonnello Ivan Barsky! (Entra Ivan, il custode. Ora indossa una splendida uniforme. Saluta esprimendosi in perfetto inglese).

Ivan                               - Consigliere anziano del commissariato della ricostruzione postbellica delle Repubbliche Sovietiche Socialiste Busse, colonnello Ivan Barsky, a rapporto.

Allison                          - Ivan!

Ivan                               - Come state, mister Allison... mister Thurber.

Allison                          - Voi... voi avete sempre saputo l'in­glese, anche prima.

Ivan                               - Ho frequentato la facoltà di legge ad Haward, mister Allison. E, se mi consentite dirvelo, posso assicurarvi che avete fatto notevoli progressi nella lingua russa.

Thurber                         - Oh, si fa quel poco che si può, sapete!

 Ivan                              - (dando un'occhiata sorridente a Thurber) Oh, voi invece dovete aver studiato a Yale.

Kroshka                        - Accomodatevi, colonnello. (Oli indica la sedia accanto a sé) Da questo momento dichiaro aperta la riunione. In ottemperanza all'ordine del giorno...

Allison                          - Anzitutto, desidero elevare una pro­testa.

Kroshka                        - La parola a mister Allison.

Allison                          - Non ho intenzioni di dare un tono di polemica personale alle mie parole, colonnello Barsky, ma devo protestare con la massima energia contro la presenza di un agente segreto fra noi, allo scopo di carpire notizie e informazioni che noi, altrimenti, non avremmo dato.

Kroshka                        - « Dato », mister Allison? Ciò mi fa tornare alla memoria i versi di quel poeta che ha detto: «Per sempre è perduto ciò che tu raccogli e per te celi, ma è tuo per sempre ciò che tu doni al mondo ». Vedremo comunque di prendere in considerazione la vostra protesta. (Ad Ivan) Colon­nello Barsky, passate a mister Allison lo schema del nuovo contratto.

Ivan                               - (estrae un documento da una borsa che ha con sé e lo pone dinanzi a Allison).

Kroshka                        - Quanto tempo desiderate per esaminare questo nuovo contratto, mister Allison?

Allison                          - Preferirei leggerlo immediatamente, generale, semprechè voi non abbiate niente in con­trario. Certi documenti sono piuttosto compromet­tenti, voi lo sapete meglio di me.

Kroshka                        - Non ho niente in contrario.

Allison                          - Molto bene. Vuoi leggere tu, Pat?

Thurber                         - (indicando il suo occhio nero) Avete voglia di scherzare?

Ivan                               - Desiderate che ve lo legga io, mister Allison?... col vostro permesso, beninteso, generale.

Kroshka                        - Fate pure. (Ivan si leva in piedi e comincia a leggere).

Ivan                               - «L'accordo che entra in vigore il giorno...»,

Kroshka                        - Date un taglio ai preamboli.

Ivan                               - Sì, generale. (Legge) « Visto che il traf­fico aereo attraverso le regioni polari artiche rap­presenta ormai una necessità storica e visto che tale progetto non può essere portato a termine senza l'amichevole collaborazione dei grandi popoli d'America e dell'Unione Sovietica, le parti con­traenti sono addivenute nella decisione di sta­bilire quanto segue: Paragrafo Primo. Le sopradette linee aeree dovranno essere allestite in armonia con le prescrizioni tecniche allegate e indipenden­temente da tutte le difficoltà di ogni ordine, vuoi esistenti all'atto del presente accordo, vuoi deter­minatesi in un più o meno prossimo futuro... ».

Kroshka                        - Qualcosa da dire, mister Allison?

Allison                          - Andiamo avanti.

Ivan                               - (continuando a leggere) «Paragrafo secondo. Tutti i particolari tecnici saranno esaminati colle­gialmente da mister J. C. Allison della Allison Air-craft Company, Compartimento speciale della Alli­son Engineering Corporation degli Stati Uniti di America e dal maggior generale T. Kroshka del­l'esercito dell'U.R.S.S., entrambi le parti accettando solennemente la convenzione in spirito di "buona amicizia, di reciproca buonafede, di perfetta com­prensione e di pacifica eguaglianza ».

Allison                          - (visibilmente commosso) Andiamo avanti.

Ivan                               - È tutto qui.

Allison                          - (alzandosi) Posso vedere, colonnello? (Prende il documento)... in spirito di buona amicizia, di reciproca buonafede, di perfetta comprensione e di pacifica eguaglianza. Letto e firmato il giorno... (Si mette a sedere) È il contratto più breve che io abbia mai visto.

Kroshka                        - E vi è mai capitato di vedere un contratto più impegnativo, mister Allison!

Allison                          - No. (Estrae di tasca la stilografica) Un documento davvero formidabile. Efficace, vera­mente. (Firma le due copie che poi passa a Kroshka).

Kroshka                        - (firmando a sua volta) Cosi dev'essere e cosi sarà. È un fatto biologico, come dite voi in America. (Si leva in piedi) Dichiaro aggiornata la conferenza da questo momento. (Tutti si alzano. Thurber si avvicina a Allison e gli stringe la mano).

Thurber                         - Questa è la seduta più rapida cui io abbia mai presenziato, principale... a non tener conto di quella in cui la polizia di Chicago fece fuori i « Dirty Floodfìe ». (Strette di mano generali. Ivan raccoglie le sue scartofjie e s'avvia atta porta di sinistra. Sulla soglia s'incontra con Giosuè).

Ivan                               - (battendogli amichevolmente sulla schiena) Nichevo, tovarisch. Glavnoe ne buzi... khorosho.

Giosuè                           - (senza rendersi conto della situazione) Kliorosho, signore...

Ivan                               - Detto fra noi, come vanno le cose ad Harlem, Giosuè?

Giosuè                           - (sempre senza capire bene, ridacchiando) Oh, mica male... (Si rende improvvisamente conto che il suo interlocutore è quell'Ivan ch'egli considerava suo collega. Come una mazzata in testa) Eh? (Ivan esce. Giosuè si rivolge a Allison) Mister Allison... C'è un soldato qui fuori. (Capisce improvvisamente che Ivan gli ha parlato in inglese ed esce in un urlo) Uh!

Allison                          - Che cosa succede, Giosuè?

Giosuè                           - (riprendendosi a poco a poco dallo sbalor­dimento) Uh?... Oh, c'è un soldato qui fuori che domanda di mister Thurber...

Thurber                         - Un soldato ?

Giosuè                           - Sissignore. Con una lunga gonna e l'equipaggiamento al completo. (Tutti i russi, ad eccezione di Kroshka, sono ormai usciti dalla camera).

Allison                          - Coraggio, Pat. Non c'è via d'uscita.

Kroshka                        - Come, vi rifiutereste di sposarla, mister Thurber?

Thurber                         - (avvicinandosi alla porta) No, grazie... preferisco rimanere scapolo. Quel ch'era buono per mio padre... sarà altrettanto buono per me. (Esce).

Allison                          - Porta un po' di vodka, Giosuè.

Kroshka                        - E qualche cetriolo salato.

Allison                          - Cetriolo... all'inferno. Caviale per il generale, Giosuè!

Giosuè                           - (avviandosi' verso la cucina) Sissignore... volevo dire signora, signor... cioè, khorosho, tova­risch... (Esce. Rimasti soli, Allison e Kroshka sì scambiano occhiate reciproche, con mezzi sorrisi. Di fuori, una fisarmonica attacca un allegro motivo russo che una voce armoniosa comincia a cantare).

Allison                          - Cos'è questo?

Kroshka                        - I miei uomini... che fanno festa. Ora se ne possono tornare a casa dalle loro famiglie... e dalle ragazze che li aspettano.

Allison                          - Fortunati loro.

Kroshka                        - (andando alla finestra e guardando fuori) Non sanno quanto sono fortunati... a vivere in questo tempo elettrico. Guardate il cielo... non vi sembra di vederlo solcato dai nostri aeroplani atomici che lo tagliano con la velocità di meteore?

Allison                          - (preoccupato) I vostri aeroplani atomici?

Kroshka                        - (si volge a guardarlo) Non l'avete detto voi che l'energia atomica è ormai un fatto acquisito?

Allison                          - Sì... ma non ho detto che l'avremmo usata a questo scopo.

Kroshka                        - Avete firmato un contratto.

Allison                          - Non c'è nessuna clausola che parli di apparecchi a reazione atomica!

Kroshka                        - (con crescente amarezza) Ah... allora con l'atomica preferite continuare a ricattare il mondo.

Allison                          - Siate tanto gentile da scegliere meglio i termini che usate.

Kroshka                        - È in questo modo che interpretate la buona fede e la comprensione reciproca?

Allison                          - Certo... quando tratto con gente pronta a mandar la terra al diavolo e ad andarci di persona!

Kroshka                        - Come volete che possiamo lavorare insieme quando vi comportate come ganster anche in una piccola cosa come l'atomo?

Allison                          - Siamo noi che non possiamo lavorare con voi! Che ci rifiutiamo di lavorare con voi se persistete a tener puntata la spada della vostra perversità alla gola del mondo!

Kroshka                        - (guardandolo fisso) Chi è capitalista una volta.., è capitalista per sempre!

Allison                          - Non c'è altro in voi che bugia e mala­fede asiatica. (Come Kroshka fa per andare atta porta l'afferra per un braccio e le fa fare un mezzo giro) Vieni qui! (Guardandola fissa in viso) Quando, Tania?

Kroshka                        - Quando... cosa?

Allison                          - Quando ti potrò rivedere? (Kroshka resta sorpresa, poi si riprende e gli ricambia lo sguardo).

Kroshka                        - Stanotte. (Con uno slancio improv­viso Allison fa per stringerla a sé, ma l'ingresso di Giosuè, che se ne arriva con un vassoio di vodka e « hors-d'oeuvres », glielo impedisce. Entrambi, silen­ziosamente, prendono un bicchiere e l'alzano in un tacito brindisi... mentre Giosuè torna in cucina. Appare sulla balconata, con un « bunchuk » fra le mani, Margaret).

Allison                          - A che cosa beviamo, questa volta?

Margaret                       - (scendendo le scale e sottolineando le proprie parole col tintinnio del « bunchuk ») A un solo amore... una sola mente... a un solo mondo... Che sia grande abbastanza per contenere due popoli testardi che desiderano vivere insieme. (Kroshka e Allison lanciano violentemente i bicchieri sul pavimento mentre Margaret piroetta violentemente intorno a loro al tintinnio del « bunchuk »).

FINE


[1] Sono le iniziali dei nome di Allison: James Carter, J. C. È nota l'abitudine anglosassone, e particolarmente americana, di abbreviare e siglare vocaboli e nomi propri.