C’è nessuno? (La locanda dei rimpianti)

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C’E’ NESSUNO ?

(La locanda dei Rimpianti)

di

Valerio Benvenuto

Personaggi:

Michele (di circa 40 anni)

Angelo (di circa 50 anni)

Madre di Michele (di aspetto ancora giovanile)

Padre di Michele (di aspetto ancora giovanile)

Carla, prima moglie di Michele

Ruggero (turista)

Alice (turista)

E‘ un tardo pomeriggio autunnale e fuori è già buio.

Scena: Piano terreno di una locanda con bancone-bar sullo sfondo e 2 tavolini con sedie, uno è più lontano dall’ingresso e in semioscurità, è alla destra del palcoscenico, l’altro è in posizione più centrale e più vicino al proscenio. Una porta alla fine del bancone porta al piano di sopra.

Luci gradualmente a regime Michele entra in scena, si guarda intorno e va verso il bancone cercando un interlocutore. I suoi abiti sono visibilmente rovinati e sporchi in alcuni punti.

MICHELE: con tono contenuto : C’è nessuno?...- guardando le bottiglie poste sui ripiani - C’è nessuno ? Con tono più risoluto: C’è nessuno?

ANGELO – E’ seduto su una poltrona in penombra - Non c’è nessuno al bar. – mentre Michele si gira sorpreso cercando di vedere l’uomo in penombra.-  Si serva pure, se vuole.

MICHELE – rimanendo sempre vicino al bancone - Buona sera

ANGELO: Buona sera a lei. Si serva da bere e si sieda. Dove vuole. Mi farà piacere se siederà al mio tavolo.

MICHELE- rinfrancato – Grazie, non mi va di bere, ma mi siederò al suo tavolo. Prima però vorrei dare un’occhiata a queste bottiglie di whisky, sa, sono un appassionato… e poi guardare le etichette mi rilassa. – passa dietro al bancone e guarda le bottiglie - Forse lei mi prenderà per stupido. Tanto più se le dicessi che ho appena avuto un incidente in auto.

ANGELO – Ma neanche per sogno. E’ giusto che lei cerchi di rilassarsi. Mi sembra che ne abbia bisogno. - piccola pausa - E poi le bottiglie di whisky piacciono anche a me.

MICHELE – mentre guarda attentamente le etichette - Vuole che le serva io qualcosa? Se vuole approfittare…

ANGELO – No grazie, neanch’io ho voglia di bere.

MICHELE – ritornando dal bancone del bar – Quando sono entrato ho avuto l’impressione che questa locanda fosse abbandonata. Come le stavo dicendo, ho avuto un incidente. Ho sbandato in quella curva a gomito sulla strada provinciale che è dalla parte del fiume – siede al tavolo di ANGELO e continua – La macchina è uscita di strada e si è capovolta fermandosi sugli alberi del boschetto. Lo sportello di destra si è aperto e sono uscito cercando di non fare movimenti bruschi. Avevo il terrore che gli alberi non reggessero il peso. Per fortuna i fari dell’auto sono rimasti accesi e sono riuscito ad orientarmi. Ho temuto di non farcela a risalire, ma ora eccomi qui, senza un graffio. – si massaggia la spalla destra – Anzi, la vuol sapere una cosa? Mi è sparito anche un dolore che mi tormentava la spalla.

ANGELO – Causato dall’incidente?

MICHELE – No, soffro di artrite. - A se stesso - Lei ha ragione a dire che ho bisogno di rilassarmi. Ho ancora i nervi un po’ scossi, ma dopo essere scampato a questo incidente direi che ho quasi il dovere di sentirmi sollevato… e poi sono contento di aver incontrato qualcuno con cui poter parlare.  Michele ti è andata bene!  

ANGELO – Una bella fortuna davvero. Ma la sua auto in che condizioni è?

MICHELE – Ho potuto vedere solo una fiancata. Ma credo si possa definire distrutta.

ANGELO – Sarà un problema recuperarla. Come pensa di fare?

MICHELE – Stavo giusto pensando a questo quando sono entrato. Dovrò telefonare a un’officina specializzata. E dovrò telefonare anche a casa per avvisare mia moglie che non potrò rientrare stanotte.

ANGELO - Lei abita lontano da qui?

MICHELE – Beh all’incirca 300 km, credo. Ho provato ad usare il cellulare, prima, fuori, ma non c’è campo e neppure segnale Internet. Dovrò usare il telefono della locanda. Ecco perché cercavo qualcuno prima al bar.

ANGELO – Mi spiace, Michele, ma questa locanda non ha telefono e….

MICHELE – interrompendolo – Come sa il mio nome?

ANGELO – L’ha detto lei prima, parlando dell’incidente. Parlava a se stesso: -“Michele ti è andata bene!”- ha detto.

MICHELE – Ha ragione. Ma mi stava dicendo del telefono e certamente devo aver capito male.

ANGELO – Glielo ripeto, in questa locanda non c’è il telefono.

MICHELE - Ma com’è possibile? Roba da non credere! Viviamo di telecomunicazione e sono capitato nell’unico posto che non ha telefono.

ANGELO – Non posso darle torto.  Dieci anni fa qui ci fu un terribile terremoto che distrusse tutto. A quel tempo c’erano diversi borghi. Pochi abitanti e tutti morti. Questa locanda rimase miracolosamente intatta, l’unica costruzione nel raggio di dieci chilometri. Fu costruita alla fine del seicento, pare. Dissero che il terreno sottostante l’aveva preservata. Chissà. E’ stata ripristinata la luce, ma per il resto, niente è più stato fatto, tanto meno il telefono. Nessuno l’ha richiesto, naturalmente. Mi spiace per lei.

MICHELE – Maledizione! Ma non c’è un centro abitato da qualche parte?

ANGELO – Nelle vicinanze non c’è alcun paese. Siamo in una zona fuori dal mondo organizzato.

MICHELE – Dunque siamo fuori dalla civiltà? – temendo di aver offeso il suo interlocutore – Le chiedo scusa. Non mi riferivo certo ai...presenti. Lei è stato molto gentile, accogliente. E’ stata una fortuna incontrarla. Pausa - A proposito lei dove abita?

ANGELO – Qui.

MICHELE – Qui? Ma…

ANGELO – Le sembra una cosa strana?

MICHELE – Beh in effetti. E da quanto tempo?

ANGELO – Da dieci anni quasi. Da quando rimasi solo. Un tempo abitavo con la mia famiglia a un paio di chilometri da qui. I miei morirono nel terremoto. Io mi salvai per pura fortuna, proprio come lei. Dovetti lasciare tutte le mie attività e immediatamente sentii il bisogno di camminare per le montagne, spinto, chissà, forse dall’istinto di ritrovare la speranza e un nuovo scopo di vita. Ho dormito dove capitava, senza incontrare anima viva. Arrivai qua una sera, come lei, senza neppure rendermene conto, come se fossi guidato. Anch’io incontrai qualcuno nella locanda, poi questa persona se ne andò e da allora sono rimasto solo.  Sono molto contento che lei sia entrato qui.

MICHELE – Ma scusi, dovrà pur mangiare. Come fa a procurarsi il cibo? Il pane?

ANGELO – Oh, è l’ultimo dei problemi, mi creda. Io non guadagno nulla ma mi basta veramente poco per vivere.  Ma lei ha fame? Vuol mangiare qualcosa?

MICHELE – No, grazie, non ho fame. E’ per via dell’incidente, sa. Lo stress mi ha chiuso lo stomaco. Mi succede sempre.

ANGELO – Naturale che sia così. Anche se lei ha provato la gioia di essersi salvato, a distanza di poco tempo lo stress si ripercuote sulla psiche e sul metabolismo.   

MICHELE – Già, è così. Ma parliamo, parliamo, e non ci siamo ancora presentati…

ANGELO – Ha ragione, io sono Angelo. Piacere.

Si alzano entrambi

MICHELE – Io sono Michele, come lei già sa. Tanto piacere. Ma, scusi, allora questa locanda è veramente…

ANGELO – interrompendolo – abbandonata? Sì, per quanto ne so,  è abbandonata da tempo immemorabile. Ma non si faccia il sangue amaro. Abbia fiducia. Tutti i suoi problemi troveranno soluzione, vedrà. (il tono è tranquillizzante)    

MICHELE  - Ora che ho fatto mente locale, ricordo quando avvenne il terremoto da queste parti.- breve pausa - Mi scusi, ma a parte me, non entra mai nessuno qui dentro? In fondo la porta della locanda è aperta…

ANGELO – Ogni tanto qualcuno entra, così per la curiosità di vedere un luogo abbandonato. Gli uomini trovano interessanti i luoghi abbandonati. Ne hanno un po’ paura ma nello stesso tempo ne sono attratti.

MICHELE – Cercano tracce di vita.

ANGELO – Già. E non c’è nulla che faccia pensare alla vita più di un luogo abbandonato.

MICHELE – Se entrasse qualcuno potrei farmi accompagnare sino a una zona in cui c’è campo per il telefono, oppure potrei farmi portare direttamente a un’officina.

ANGELO – Certo. Ma ormai da tre mesi non vedo nessuno, tranne lei naturalmente. Mi scusi se glielo ripeto, non si preoccupi. Risolveremo tutto.

MICHELE – Ancora non so come, ma una soluzione dovrò trovarla. Pausa - Non mi meraviglia che entrino in pochi qui dentro. Questa locanda non è sulla strada principale e oltretutto è circondata da alberi. Io stesso non riesco a capacitarmi di come l’istinto mi abbia spinto a prendere quel lungo sentiero sterrato, anziché proseguire lungo la strada asfaltata.

ANGELO – tra il serio e il divertito - Potrebbe aver ricevuto dei messaggi a livello inconscio. Le piace questa eventualità?

MICHELE – Non per denigrare il suo inconscio, ma, se permette, preferirei parlare di fatti concreti. Voglio dire, oltre a me, altre persone sono già entrate qui e non certo inconsciamente, lo ha appena detto lei, quindi avrà sicuramente avuto altre occasioni di parlare.

ANGELO – Oh no. Mi guardo bene dal conversare con i curiosi, con i visitatori consapevoli, chiamiamoli così. Quando entrano io evito di farmi vedere. Non ho nessuna voglia di farmi coinvolgere in conversazioni di circostanza. 

MICHELE – E perché? Possibile che lei non senta il bisogno di parlare con qualcuno ogni tanto, così come sta facendo con me.

ANGELO – Parlare con quelli? No. Entrano qui solo per vedere il posto e spesso, dopo aver dimostrato a parole un grande interesse,  guardano poi tutto in modo distratto, anzi annoiato. Le ripeto, sarebbero discorsi del tutto inutili. Con lei è diverso.

MICHELE – Beh non so se devo sentirmi più lusingato o privilegiato, ma… perché con me è diverso?

ANGELO – Lei è speciale, l’ho capito subito quando è entrato, quando ha chiesto “ c’è nessuno?”. Sa, mi è venuto subito in mente quando entrai io e dissi le stesse sue parole “c’è nessuno?”. E che sollievo, quando a mia volta mi accorsi di non essere solo.

MICHELE – ironico – “C’è nessuno?” (detto con voce ad hoc e rispettando il tono interrogativo) - è una tradizione di questa locanda, quindi?

ANGELO – Beh, in un certo senso…. In fondo le tradizioni hanno in sé qualcosa di sacro. Forse è per questo che gli uomini rispettano le tradizioni e trasgrediscono le leggi.

MICHELE – Non ci avevo mai pensato... Lei però non mi ha ancora detto che cosa trova di speciale in me. A questo punto mi interessa saperlo.

ANGELO – Vuol saperlo per vanità o per semplice curiosità? Oppure perché lei sa già di essere speciale e le interessa conoscere le argomentazioni di conferma?

MICHELE – - Ironico – Tutte tre le opzioni. Il peso di ognuna però non sono disponibile a rivelarlo.

ANGELO – Sa che cosa le propongo? Visto che lei non può telefonare e dovrà per forza fermarsi qui a dormire, le rivelazioni saranno l’argomento di questa notte. Che ne dice?

MICHELE – D’accordo. Visto che non è possibile fare diversamente, mi adeguerò ai suoi programmi.

ANGELO – Bene. Ma non deve sentirsi prigioniero. Lei è più libero di quanto possa pensare. E’ il progresso che la condiziona. Pensi a quando il telefono non c’era e la vita aveva ritmi lenti. Nessuno a casa sua si sarebbe preoccupato. Era del tutto normale non avere notizie.

MICHELE – Ma vuole scherzare? Quando scopro di non avere in tasca il cellulare, mi sento mancare.

ANGELO – Beh questa sensazione qui potrà evitarla. Può anche tenerlo sempre in mano il suo cellulare, ma potrà usarlo soltanto… per fare un po’ di luce.

MICHELE – Sublime. - pausa – Lo diceva l’ispettore Callaghan, Clint Eastwood. A proposito, come si chiama questa locanda?  Nell’insegna c’è una luce talmente fioca che sono riuscito solo a leggere “Locanda dei…”

ANGELO – Rimpianti. Locanda dei Rimpianti.

MICHELE – Ah, Dei Rimpianti. Ironico – Rimpianti… per il telefono, immagino…

ANGELO – Se vuole, anche per il telefono. Ma le assicuro che lo stesso giorno in cui entrai qui io sperimentai che nessun’altra insegna potrebbe essere più significativa, più vera. Potrà farlo anche lei, se lo vorrà.

MICHELE – un po’ turbato – In che senso, mi scusi?

ANGELO – Non si turbi. I rimpianti sono parte della nostra vita. Affrontarli ci fa capire tante cose passate, ci permette di superarli e di ritrovare la serenità che inseguiamo da tanto tempo.

MICHELE – Se è per questo, io ho tentato spesso di affrontare i miei rimpianti, ma alla fine mi sono sempre ritrovato a ragionare con me stesso e a rivivere i ricordi e i rimorsi, con quale risultato? Che i rimpianti si sono ingigantiti.

ANGELO – Ha centrato il problema. Per vincere i rimpianti non si può affrontarli da soli, è necessario farlo con le persone verso le quali abbiamo mancato. Perché, non gliel’ho detto prima, io parlo di rimpianti legati a rapporti con altre persone.

MICHELE – Mi scusi, ma se la soluzione è questa, allora è inutile cercarla se le persone che dovrebbero aiutarti non sono più in vita.

ANGELO – Razionale, non c’è dubbio. Ma…

MICHELE – Ma?

ANGELO – Ma lei deve uscire dai suoi schemi. Le assicuro che qui gli incontri che a lei sembrano impossibili possono avvenire - Con enfasi ironica – non dimentichi che siamo nella Locanda dei Rimpianti.

MICHELE – sta al gioco - e io sono stato spinto ad entrare nella Locanda dei Rimpianti da messaggi ricevuti a livello inconscio…

ANGELO – Guardi che le cose dette con ironia spesso sono delle grandi verità. Perché lei non dovrebbe accettare il fatto di far parte di un disegno a lei sconosciuto?

MICHELE – Ma che domanda! Perché per me e tutti gli uomini razionali le sue ipotesi sono prive di ogni logica, direi più semplicemente stupidaggini, mi scusi eh, ma lei mi sta dicendo che qui è possibile parlare con i morti, mi pare. O sbaglio?

ANGELO – Lasci stare gli uomini razionali. Consideri solo lei. E’ lei che è entrato nella Locanda dei Rimpianti. E’ lei che deve decidere se lasciarsi guidare su una nuova strada oppure rifiutare qualsiasi novità soltanto in nome di quell’insieme di esperienze e di cose inculcate che lei si ostina a chiamare logica.  

MICHELE – Lei sa essere misterioso, gliene dò atto. Ma al di là delle parole manca poi il conforto della realtà. Caro Angelo, qui locanda o non locanda, non siamo in un film o in una sceneggiatura teatrale. Con i morti non si può parlare.

ANGELO – Non ne sia così certo. Lei afferma che non è possibile parlare con i morti perché non l’ha mai fatto e non conosce nessuno che l’abbia fatto.

MICHELE – Ho capito, vuole dirmi che lei è un medium. - ironico – non vedo però tavolini rotondi a tre piedi. A meno che non siano al piano di sopra. Già il piano di sopra potrebbe riservare sorprese.

ANGELO – altrettanto ironico - Mi spiace deluderla. Non sono un medium e al piano di sopra non ci sono né sorprese né tanto meno tavolini a tre piedi. E poi ce la vede una seduta spiritica in due?

MICHELE – ironico - Credo che le anime non si scomoderebbero per un solo spettatore, considerato che uno dei due, cioè lei, sarebbe il medium. E poi come si potrebbe fare la catena con le mani? Al massimo potremmo stringerci la mano, in segno di saluto… sarebbe simpatico, ma… un po’ fuori tema.

ANGELO – D’accordo, mi fa piacere che lei ci scherzi, ma il fatto che io escluda le sedute spiritiche non sposta di una virgola ciò che le ho detto. In questa locanda è possibile parlare con le persone defunte…

MICHELE – con tono professorale - …alle quali riteniamo di aver fatto del male quando erano in vita, e, di conseguenza, ce ne portiamo dentro i rimpianti e i rimorsi. E questo il concetto?

ANGELO – Non avrei potuto esporlo con parole più chiare!     

MICHELE – Guardi, lei è riuscito a farmi dimenticare completamente la mia situazione, l’incidente intendo, la mia auto distrutta e l’impossibilità di telefonare a mia moglie. A dire la verità non so se esserle grato o stramaledirla.

ANGELO – La capisco, ma non può negare che questa conversazione la interessi molto. Si vede benissimo da come tenta di esorcizzare l’argomento con l‘ironia.

MICHELE – Maledizione, certo che mi interessa! Ma non so ancora come lei potrà dimostrarmi che può passare dalle parole ai fatti. Confesso che, giunti a questo punto, vorrei evitare di rimanere nel dubbio. Quindi se le sue argomentazioni sono solo una specie di pensiero filosofico, fermiamoci qui e parliamo di altro… di cinema, se vuole.

ANGELO – con tono deciso  - E se invece le mie argomentazioni fossero un mezzo per arrivare a dimostrarle che in questa Locanda è davvero possibile parlare con le persone defunte, lei che vuol fare? Risolvere i suoi rimpianti o continuare a portarseli dentro? Si ricordi i ragionamenti da cui siamo partiti e che lei stesso ha contribuito a sviluppare.

MICHELE – La sua è, come si dice, una domanda retorica. Lei sa bene che non posso tirarmi indietro ora. – pausa -  Ebbene sì, vorrei poter risolvere i miei rimpianti.

ANGELO – Pensa di essere pronto o vuole che continuiamo a parlarne, così per esorcizzare i suoi timori.

MICHELE – Se lei continua a parlarne, i miei timori potrebbero solo ingigantirsi. Passiamo ai fatti.

ANGELO – Bene. Glielo chiedo per l’ultima volta. E’ sicuro di volerlo veramente?

MICHELE – Le ho appena detto di sì, mi pare.

ANGELO - D’accordo. Pensi a qualcuno che lei ha amato, a qualcuno che l’ha amata più di ogni altra persona al mondo e che lei, in qualche modo, ha tradito.

MICHELE – Mia madre.

ANGELO – Sua madre è morta?

MICHELE – Sì.  Mia madre è morta quindici anni fa.

ANGELO - Ecco, appoggi le mani sul tavolo e si concentri. Chiuda gli occhi per concentrarsi meglio. - Michele fa come gli viene detto -  pensi a sua madre, allora. La pensi intensamente.  

Buio graduale – Al riapparire della luce compare vicino a Michele una donna, sua madre

MADRE – Michele - Michele non si gira subito, alza solo il viso, quasi bloccato dallo stupore – Michele - Michele finalmente si alza in piedi girandosi e vede incredulo sua madre morta da tanti anni. -  Michele, abbracciami!  – gli apre le braccia

MICHELE – dopo una breve esitazione – Mamma! Sei proprio tu, mamma! Non sei cambiata! - Si abbracciano finalmente -  Mamma, ma come…

MADRE – Zitto Michele, zitto. Non chiederti come. Io sono qui davanti a te. Sono felice. Mi sei mancato tanto.

MICHELE – commosso – Anche tu, mamma mi sei mancata.

MADRE – Da quanto tempo non ti vedo. – Lo bacia sulla guancia – Come stai, Michele? Hai gli abiti strappati. Che brutto incidente!

MICHELE – Sto bene, mamma, sto bene. Sì, ho avuto un incidente, qua vicino. Ma tu come puoi saperlo?

MADRE – Lo so, Michele, lo so. Sono stata tanto in pensiero.

MICHELE - Vieni, mamma, sediamoci – poi rivolto al suo ospite – mi scusi, parlo un po’ con mia madre – ma si accorge che la sedia è vuota, poi accompagna la madre al tavolo centrale. - Si siedono tenendosi le mani-

MADRE – Che gioia sto provando, Michele. La stessa gioia di quando sei nato e ti ho visto per la prima volta.

MICHELE – Mi sembra di essere tornato bambino. Mamma, quando ero bambino sentivo di volerti tanto bene e te lo dimostravo.

MADRE – Anche dopo me l’hai dimostrato.

MICHELE – No. Non ne sono stato più capace. Sentivo di non esprimere alcun sentimento, ma non ho mai trovato la forza di vincere il mio egoismo. Ma ti ho sempre voluto bene, anche dopo che andai via di casa.

MADRE – Io lo sentivo il tuo amore, anche quando non parlavi, anche quando non c’eri. E’ solo per questo che quando te ne sei andato, ho soffertosolo un poco.

MICHELE – Mi dispiace, mamma…

MADRE – Sapevo che lo facevi per seguire la tua vita. Non pensarci più.

MICHELE – Dovevo andarmene. Non potevo più vivere con voi.

MADRE – Viene il momento in cui genitori e figli devono separarsi per continuare ad amarsi.

MICHELE – Non eravamo mai d’accordo su nulla. Litigavamo sempre, io, te e il babbo, non ricordi?

MADRE – Se i figli fossero sempre d’accordo con i genitori tradirebbero la loro indole. Sarebbero già vecchi. Come farebbero a rivoluzionare il mondo?

MICHELE – Perché allora non me lo dicesti questo? Forse avrei avuto un motivo in più per restare.

MADRE – Non lo sapevo neanch’io, Michele. Non ero preparata. Non sono stata in grado di parlarti, di dirti cose nuove. Anche i genitori sbagliano per inesperienza.

MICHELE – Ma io ero giunto al limite massimo di sopportazione, mamma. Non sopportavo più di mangiare con voi. Mi dava fastidio anche solo vedervi mangiare. Se non fossi partito avrei finito per odiarvi.

MADRE – E partisti per Londra. Dopo un altro litigio, sull’Università, mi sembra.

MICHELE – Quel litigio fu solo un pretesto. Me ne sarei andato comunque. Mi sentivo oppresso. Avevo dentro di me l’aspirazione ad essere me stesso fino in fondo ed ero convinto che partire fosse l’unico modo per seguire il mio istinto.  

MADRE – Tutti i ragazzi hanno la stessa aspirazione. E’ la natura umana. Il percorso verso l’indipendenza comincia già dal giorno della nascita e nessuno lo può fermare.

MICHELE – Ma io non sono più tornato a casa mamma, come se avessi confuso le mie aspirazioni con la lontananza da voi.

MADRE – Ti ho pensato tanto, Michele in quegli anni. Ho pregato tanto per te anche se, lo sai, allora non ero affatto convinta dell’esistenza di Dio.

MICHELE – Sono tornato solo quando sei andata in cielo. Quando tu sei mancata il babbo ha dovuto penare tanto per rintracciarmi. Non potrò mai perdonarmelo.

MADRE – Tornasti, però. Tornasti a trovarmi per l’ultimo viaggio.

MICHELE – In tutti quegli anni ti telefonai solo una volta, sei mesi prima che mancassi. Mi dicesti che stavi bene e a me faceva comodo pensare che fosse la verità. Sentivo che non era vero, ma feci di tutto per vincere il turbamento provato nell’ascoltare la tua voce stanca.

MADRE -  Non volevo darti pensieri. Avevi la tua vita da vivere lontano da noi. Qualsiasi madre si sarebbe comportata come me.

MICHELE – Quando rividi il babbo, dopo tanto tempo, mi cadde il mondo addosso. In un attimo realizzai tutti i miei errori. Chissà quanto ha sofferto anche il babbo.

MADRE – Non pensarci più ora. Anche lui sapeva che stavi percorrendo la tua strada.

MICHELE – Quando anche il babbo mancò, ricordo che provai un senso di sgomento e di solitudine. Mentre camminavo al suo funerale non feci altro che ripensare a quando ero bambino e mi rispecchiavo nella vostra felicità.  –  dalla penombra avanza il padre di Michele -  Babbo, anche tu sei qui.

PADRE – calmo – Ciao Michele - Si abbracciano - Ho ascoltato tutto quello che hai detto alla mamma. Volevo che tu parlassi con lei. E’ andata così. Eravamo una famiglia felice un tempo.

MICHELE – Felice, babbo, felice. Poi..

PADRE – Poi non ho saputo… non abbiamo saputo comprenderti.

MICHELE – Babbo…

PADRE – Non abbiamo saputo comprendere le tue aspirazioni.

MICHELE – Babbo, mamma, io sono quello che sono per aver vissuto assieme a voi, per ciò che voi mi avete dato.

PADRE – Un giorno forse potremo stare ancora insieme, Michele. Non ci diremo addio, stasera.  Cancella i tuoi rimorsi, non hai motivo di continuare a tormentarti per noi. Noi abbiamo sempre voluto il tuo bene e ti abbiamo perdonato, subito.

MADRE – Sì, ti abbiamo perdonato.  

MICHELE – Babbo, mamma, in che mondo siete, come potete essere qui adesso e parlare con me?

PADRE – Non possiamo rivelarti nulla, Michele.

MICHELE – Ma come state? Siete felici? Questo almeno potete dirmelo?

PADRE – Siamo in pace. Sì, in pace. Non felici. Non ancora. Non posso dirti altro, Michele.

MICHELE – C’è una cosa che mi tormenta: non poter avvisare mia moglie dell’incidente che mi è capitato. Non ho modo di telefonarle. Chissà cosa penserà. Dovrò cercare di mettermi in contatto con lei domani, in qualche modo.

MADRE – Monica è una donna molto forte. Saprà di certo come comportarsi.

MICHELE – Ma tu conosci, voi conoscete Monica? E com’è possibile?

PADRE – Non so e non posso spiegartelo, Michele. Le nostre vite sono cessate ma, quando ci è concesso, è come se noi riuscissimo a vedere, a percepire e a vivere nella tua vita molto più intensamente di quanto potessimo fare da vivi.

MADRE – Non farti domande, Michele. Sono cose più grandi di te, più grandi di noi. L’amore che unisce le persone mantiene tutta la sua forza anche in assenza della vita corporea. Puoi crederci. Lo vedi? Siamo qui per te, Michele.

MICHELE – Lo vedo, mamma, e sono così felice che siate qui.

PADRE – Ora dobbiamo andare, Michele. Non possiamo rimanere oltre. C’è un limite precostituito che non può essere superato.

MADRE – Non ci è permesso di sconvolgere l’ordine delle cose, lo comprendi? Non farebbe né il tuo né il nostro bene.

MICHELE – Non capisco, ma non posso fermarvi. Quando potremo rivederci?

PADRE – Verrà il momento, Michele, verrà il momento. A nessuno di noi è dato di saperlo.

MADRE – Sei più sereno ora, Michele?  -

MICHELE – Sì, sento che la mia anima si è liberata da un peso.

PADRE – Dovevi rivederci. Da solo non ci saresti mai riuscito.

MADRE – Ora stai in pace, Michele. Noi ti abbiamo sempre amato da vivi e abbiamo continuato ad amarti anche dopo la separazione dell’anima dal corpo.

PADRE – rivolto alla madre – Andiamo ora. Arrivederci Michele, - Si abbracciano lungamente. Buio graduale. Al riapparire della luce in scena è tornato Angelo.

ANGELO – Comprende ora ciò che volevo dirle riguardo alla “Locanda dei rimpianti”?

MICHELE – provato e sorpreso – Ah è lei. Comprendo, sì. Anche se non so capacitarmi di come sia potuto avvenire… E’ stata una cosa sconvolgente. Darei non so cosa per capire.

ANGELO – Crede ancora che con la sua razionalità sia possibile spiegare tutto? Ora anche lei ha sperimentato che nella Locanda dei Rimpianti è possibile incontrare le persone amate non più in vita.

MICHELE – Ma perché? E che cosa rende possibile questo? Se lei lo sa, deve dirmelo.

ANGELO – Mio caro Michele, glielo dirò quando sarà il momento. In ogni caso non posso sovvertire l’ordine delle cose…

MICHELE – Pare che nessuno qui possa sovvertire l’ordine delle cose.

ANGELO – Posso però rassicurarla che presto lei sarà in grado di comprendere tutto.

MICHELE – Lo spero con tutto me stesso.

ANGELO – Bene io l’accontenterò quando sarà giunto il momento, a meno che lei non se ne vada prima. Deve deciderlo ora: o si fida di me oppure continui a sperare che entri qualcuno a cui chiedere di farsi portare lontano da qui, dove c’è campo per il suo telefono. Se lei se ne va prima del tempo non ne saprà più nulla. Io le prometto invece che, prima che scenda la notte, lei risolverà tutti i suoi problemi e capirà quello che sta succedendo intorno a lei.

MICHELE  - Certo che la decisione non è semplice. Io la conosco solo da mezz’ora, di lei so solo che si chiama Angelo e che abita qui e dovrei crederle fino al punto di rinunciare ad andarmene in cambio della verità?

ANGELO  - Sì

MICHELE – dopo averci pensato - E va bene, ok. Mi fido di lei. Sono troppo felice di aver rivisto i miei genitori e troppo preso da questa misteriosa faccenda. Devo sapere. Sento che è essenziale per la mia vita.

ANGELO – Bene. Io manterrò la mia promessa. Lei saprà. Prima che scenda la notte.

MICHELE – Ma, scusi, lei quando è arrivato qui ha avuto a sua volta incontri con familiari defunti?

ANGELO – Certamente. Fu la persona che trovai qui che rese possibile questo, proprio come ho fatto io con lei.

MICHELE – E, non per sapere le sue vicende familiari, ma lei aveva qualcosa da farsi perdonare?

ANGELO – Sì. Mi portavo da anni un peso sulla coscienza, come un macigno.

MICHELE – Può spiegarmi? - Si siede

ANGELO – Certo. Quando i miei morirono nel terremoto, il mio figlio primogenito non sarebbe dovuto essere in paese. Mi aveva chiesto di poter trascorrere due giorni di vacanza assieme ad un suo amico di Roma, ma io non gli diedi il permesso. Non mi sembrava giusto che saltasse le lezioni a scuola.

MICHELE – Beh, però non aveva tutti i torti.

ANGELO – Mi sentii responsabile della sua morte. Le assicuro che quando un simile senso di colpa riguarda un figlio è veramente devastante.

MICHELE – E questo senso di colpa ce l’ha tuttora?

ANGELO – No, ora sono sereno. L’incontro avvenuto qui con mio  figlio ha placato tutto il mio turbamento

MICHELE – E cosa le disse, se posso saperlo?

ANGELO – Franco, mio figlio, mi disse che non avevo proprio niente da farmi perdonare e che, negandogli il permesso, io avevo preso una decisione giusta e che non poteva essere certo mia la colpa del terremoto. Io lo riabbracciai con tutto l’amore che provo per lui e ora vivo in pace, in attesa… Beh, torniamo a lei.

MICHELE – Non mi dirà che ha altre sorprese?  -  è interrotto dal rumore di un’ auto che arriva e spegne il motore. Portiere che si chiudono.Si sentono le voci di un uomo e una donna che si stanno avvicinando all’ingresso.

UOMO – Vieni Alice, entriamo un momento. E’ un vecchio albergo abbandonato.

DONNA – Se è abbandonato, vorrà dire che si stava male. Possibile che tu abbia questa passione per i luoghi abbandonati.

ANGELO – Si ricordi ciò che le ho detto: se lei se ne va non potrà conoscere il segreto della locanda. Quindi, se lei si fida di me, deve rinunciare a chiedere aiuto a chiunque ci sia là fuori. 

MICHELE – Io ho una sola parola.

ANGELO - Bene, non si faccia coinvolgere, li lasci fare. Restiamocene in disparte nella penombra. Forse non ci vedranno neppure.  Se sono un uomo e una donna faranno un giretto e se ne andranno. E’ sempre così.

L’uomo e la donna entrano guardinghi.

UOMO – Vediamo in che stato è.

DONNA – Io ne farei anche a meno. Questo posto mi sembra molto tetro. C’è una luce fioca… e ho anche paura di inciampare.

UOMO – Ma non essere sciocca. Invece è incredibile che ci sia almeno un po’ di luce. Qualcuno l’avrà accesa. Un tempo qui si mangiava e si beveva. Chissà che allegria c’era.

DONNA – Un tempo forse. Ma se vuoi saperlo, io ne dubito. Qui secondo me di allegria ce n’è sempre stata poca.

UOMO – con enfasi e guardando verso Michele e Angelo in penombra – Vedi? Non siamo soli…

DONNA – guardando a sua volta verso i due – Ma allora non è abbandonata.

UOMO – sempre con enfasi - Ruggero e Alice salutano i presenti. Buonasera a tutti. 

MICHELE – risponde istintivamente – Buona sera a voi.

UOMO – va verso il bancone - Guarda! Ci sono ancora molte bottiglie. Scommetto che non conosci la storia di questa locanda.

DONNA – No e sento che questa lacuna non pregiudica la serenità della mia vita. Magari me la racconterai nel viaggio di ritorno.

UOMO – insiste - Da queste parti diversi anni fa ci fu un terribile terremoto e solo questa locanda rimase in piedi. Forse quelle bottiglie sono le stesse che c’erano durante il terremoto e sono ancora intatte. Non ti sembra una cosa incredibile?

DONNA – Sì, e proprio per questo credo che prima ce ne andiamo, meglio è.

UOMO – Guarda quante bottiglie di whisky. Chissà da quanti anni sono lì. Senti, a me è venuta voglia di fare un brindisi.

DONNA – Se poi ti ferma la Stradale e ti fanno il palloncino, spero ti convincerai che avevo ragione io su questo posto.

UOMO – Macché palloncino. Guarda questi bicchieri, sembrano pulitissimi, solo un’ombra di polvere. Dai facciamo un brindisi. Prendo una bottiglia – Va dietro al bancone e prende una bottiglia di whisky con due bicchieri, fermandosi a guardare le bottiglie.

DONNA – Prendi, prendi, ma chi ti dice che puoi farlo, mica sei in casa tua…

MICHELE – Servitevi pure.

UOMO – Ma sì, dai. Certo che possiamo farlo

MICHELE – Le consiglierei il whisky torbato. Ce ne sono un paio di bottiglie, quasi al centro in alto.

UOMO – Ehi, c’è anche del whisky torbato! Prendo quello. - Risistema la precedente bottiglia e prende quella di whisky torbato, versa nei bicchieri e brindano - Mi piace da matti. Erano secoli che non bevevo del torbato. Anzi, a dir la verità, erano secoli che non bevevo un whisky. Però questa faccenda del palloncino è una bella seccatura.

DONNA – rinfrancata - Ha un buon sapore. Devo riconoscerlo.

Sorseggiano ancora, poi posano i bicchieri sul bancone e si  scambiano un bacio molto veloce.

UOMO – Scherzando - Di sopra ci devono essere delle camere. Andiamo?

DONNA – Devi sempre sorprendere il pubblico? Solo a pensarci, mi vengono i brividi. Facciamo che questa non l’hai proprio detta, Ruggero.

UOMO – Stavolta non so darti torto. Ok,  non l’ho detta.

DONNA – Forse sarà il caso di lavare i bicchieri, in fondo è meglio lasciare le cose come stavano. Chissà se il rubinetto del banco funziona.

MICHELE – Lasciate pure i bicchieri sul bancone. Ci penseremo noi.

UOMO – In tono scherzoso - Senti, lasciamoli sul bancone. - Come assecondando l’invito di Michele - Ci penserà l’oste! E poi non mi dispiace lasciare un segno della nostra presenza.

DONNA – E’ la disperazione di essere inutili, che induce gli uomini a lasciare tracce della propria esistenza, soprattutto quando non ce n’è alcun bisogno.

UOMO – Che esagerazione!

DONNA – E’ come ti ho detto. La stessa disperazione che spinge a scrivere idiozie sui muri o anche solo “Alice ti amo”.

UOMO – Alice ti amo? E chi ti ama, sentiamo.

DONNA – Scemo. Andiamo ora.

UOMO – No, aspetta. Non posso andarmene di qui senza aver visitato il piano di sopra. Mi ero portato anche la torcia.

DONNA – seccata – Ma se ci hai appena rinunciato…

UOMO – Sì, ma io ti avevo proposto…un altro programma. Forse non ripasseremo di qui per il resto della vita. Via, che sarà mai…

DONNA – Se non c’è luce ci stiamo quattro secondi e poi scendiamo, d’accordo?

UOMO – D’accordo. Vieni, ti tengo per mano. Ci saranno le camere.

ANGELO – Ci sono quattro camere, infatti.

Ruggero accende la torcia ed escono di scena parlottando.  

MICHELE – Che strani tipi. Ci hanno salutato, hanno seguito i miei consigli, ma non hanno neanche accennato a conversare con noi.

ANGELO – Michele, farà bene a non farsi coinvolgere. Lasci che facciano ciò che vogliono e non entri in conversazione. Mi creda, se lei parla con loro potrebbe essere tentato di chiedere un passaggio e per lei non sarebbe più possibile conoscere il segreto di questa locanda.

MICHELE – D’accordo. Non mi farò coinvolgere.

Si sentono le voci dei due che ritornano.

UOMO – …E ci sono anche dei bei mobili, almeno visti con la luce della torcia.

DONNA – Mi aspettavo di peggio. Doveva essere accogliente.

UOMO – E tu che avevi paura di salire.

DONNA – Dì la verità, se fossi stato qui dentro da solo, saresti salito lo stesso?

UOMO – Ma che sei matta?

DONNA – Ah! Lo sapevo. Viva la sincerità. Andiamo ora, dobbiamo essere da Pierluigi entro un’ora. 

UOMO – mentre ripassano davanti ai bicchieri usati sul bancone -  Ecco il segno del nostro passaggio, che nasce dalla disperazione di…di? –

DONNA – …di essere inutili.

UOMO - recitando – Ecco, ora che abbiamo lasciato la testimonianza disperata della nostra inutilità, torniamo ai tormenti della vita.

DONNA – Sei tu il mio tormento.

UOMO – Dandole una sculacciata affettuosa, si volta verso l’interno della locanda e saluta sempre con enfasi – Buona permanenza a tutti. Addio Locanda dei Rimpianti, e grazie mille al nostro gentilissimo oste! –

MICHELE – Buonasera e buon viaggio

ANGELO - Buonasera

Escono. Rumore di portiere e avviamento dell’auto che si allontana  

MICHELE -  Mi ha pure preso per i fondelli con il saluto al.. gentilissimo oste.

ANGELO – Non ci faccia caso. Non c’è la certezza che si riferisse a lei. Se le descrivessi i tipi che ho visto io qui dentro in tutti questi anni…

MICHELE – C’è una cosa che mi sembra strana. Possibile che qui dentro non siano mai entrati i soliti vandali distruttori?

ANGELO – Evidentemente questa locanda tocca la sensibilità dei visitatori, anche di quelli più maleducati. E poi dimentica che questa locanda è abitata da…me.

MICHELE – Già… ma lei non fa il locandiere… Qui i bicchieri non solo sono ancora intatti ma sono anche puliti, come ha detto la ragazza, com’è che si chiamava, già?

ANGELO – Alice. E lui Ruggero

MICHELE – Già, Alice e Ruggero  - Breve pausa - Quando sono uscito dalla mia auto distrutta, se qualcuno mi avesse detto che avrei rinunciato a chiedere aiuto a Ruggero e Alice, gli avrei dato sicuramente del matto.

ANGELO – Non posso certo contraddirla, ma lei ora è qui per sapere cose importanti per la sua esistenza e, mi creda, non ha sbagliato a rinunciare.

MICHELE – Prima che arrivassero quei due lei aveva appena detto  “torniamo a lei”. Che intendeva dire?

ANGELO – Lei ritiene in cuor suo di essersi liberato di tutti i rimpianti?

MICHELE – Sarebbe impossibile, no?

ANGELO – Non mi fraintenda e non divaghi. Lei sa che non sto parlando di cose ordinarie o di opportunità di lavoro perdute. Intendo qualcosa di veramente importante che ha riguardato i suoi rapporti personali. Insomma la sua serenità è totale oppure, oltre al rimpianto verso i suoi genitori, c’è ancora qualcosa che la turba?

MICHELE – resta assorto qualche secondo - Ha ragione, c’è altro. La sua mi sembra più una constatazione che una domanda. E’ come se lei mi scrutasse dentro.  

ANGELO – Diciamo che è una domanda che determina una risposta scontata.  Vuol parlarmene?

MICHELE – La mia prima moglie, Carla. L’ho amata ma l’ho lasciata. Senza neanche spiegarle bene il motivo. Non me lo sono mai perdonato. Lei si ammalò dopo qualche anno e morì.

ANGELO – Non per criticare i suoi comportamenti, ma deve ammettere che lei tende a lasciare le persone. Prima i suoi genitori…

MICHELE – Ma lei non era presente quando ho parlato coi miei genitori. Come lo sa?

ANGELO – Lei non mi vedeva, ma ero presente, non seduto sulla mia solita sedia. Mi sono solo defilato per non disturbarvi.

MICHELE – seccato - In ogni caso andai via da casa per seguire la mia strada, che non poteva più essere con i miei genitori.

ANGELO – Via, non se la prenda. Lei se ne è andato da casa ma non ha rivoluzionato né il mondo, tanto per usare un’espressione di sua madre, né tanto meno se stesso.

MICHELE – Cosa intende dire?

ANGELO – Intendo dire che l’esperienza vissuta con i suoi non le è servita a molto, visto che il suo primo matrimonio è stato un fallimento.

MICHELE – Non è stato un fallimento! Io amavo mia moglie e siamo stati anche felici.

ANGELO – Proprio come con i suoi genitori.

MICHELE – Ma che c’entrano i miei genitori?

ANGELO – Lei non sa gestire la felicità, Michele. Per lei la felicità è come un fuoco di paglia e non sopporta di vedere la cenere. Quindi parte.

MICHELE – Non me ne sono mai andato con leggerezza.

ANGELO – Se lo avesse fatto con leggerezza, sarebbe stato troppo cinico, e francamente lei non mi sembra cinico... però, sa cosa diceva Montaigne?

MICHELE – seccato - Mi spiace, non ho fatto studi classici

ANGELO – Diceva: “chi parte sa da cosa fugge…

 MICHELE – …ma non sa che cosa cerca”. Ora ricordo. Già, Montaigne. Questa frase non l’ho letta, ma l’ho ascoltata in un film di Troisi.

ANGELO – Il cinema è la sua bussola, Michele. Montaigne ha detto questo nel sedicesimo secolo. Le strade dell’uomo sono immutabili. E comunque non era mia intenzione farle un processo morale. L’ho interrotta. Lei mi parlava della sua prima moglie Carla.

MICHELE – Sì. Se potessi parlare con lei, se potessi spiegarle…

ANGELO – Lo faccia, Michele, lo faccia. Qui le è concesso di superarli i rimpianti.

MICHELE – Credo anche di sapere, ormai, come posso farlo.

ANGELO – E allora, forza! Abbiamo ancora molto tempo…

MICHELE – …prima che scenda… la notte delle verità.

ANGELO – Una cosa però devo chiederle. Se la sente di affrontare un altro stress emotivo?    

MICHELE – dopo alcuni istanti – Sì. Sento che devo farlo.

ANGELO –  Le lascio campo libero, allora. – si defila -

Michele si siede e si concentra per alcuni secondi ponendo, come prima, le mani sul tavolo. - Buio - Al riapparire della luce vicino a Michele è presente Carla, la sua prima moglie.

CARLA – con tono molto pacato – Ciao Michele

MICHELE – si gira emozionato - Ciao Carla, sono felice di rivederti - Le dà un bacio sulla guancia – Vieni, sediamoci un po’. Parliamo.

CARLA – Si siede - E io dovrei essere felice di rivederti?

MICHELE -  Spero di sì. Noi ci siamo amati.

CARLA – E quello che è successo dopo non conta per te?

MICHELE – Conta, Carla, conta. Ma tu sei stata importante per me.

CARLA – Beh, questa frase è – scusami – drammaticamente comica. Per dirla alla Oscar Wilde, forse “mi consideravi troppo importante per non lasciarmi”.

MICHELE– Tu per me eri l’amore.

CARLA– Anche tu per me, ma tutto era limitato a questo, Michele.

MICHELE – Limitato? Ma se è la cosa più bella che ci possa essere!

CARLA -  No, è la cosa più inutile se non c’è la maturità, la forza, il desiderio di preservarlo l’amore.

MICHELE – Mi sembrava di averci messo tutto me stesso.

CARLA – Credo che tu lo dica in buona fede. Ma noi avevamo un problema: tu.

MICHELE – In che senso?

CARLA – Tu vivevi l’amore in modo infantile, senza generosità, senza pazienza, senza…

MICHELE – Vuoi umiliarmi, ora.

CARLA – No, voglio illuminarti. Il rapporto con Monica ti ha illuso di aver trovato la strada giusta, ma, credimi, per chi vive i sentimenti come fai tu non è possibile illudersi se non si cambia profondamente e tu non hai mai fatto nulla per cambiare.

MICHELE – Anche tu conosci Monica?

CARLA – Beh, conoscere è un concetto esagerato. Ma se intendi dire che so chi è, sì, so chi è. Sai noi talora riusciamo a vedere, a percepire cose…

MICHELE – ancor più di quando eravate vivi, lo so, me l’hanno detto…

CARLA – I tuoi genitori.

MICHELE - Sai anche che ho parlato con loro?

CARLA – E con chi avresti dovuto parlare tu qui, nella Taverna dei Rimpianti. E poi me lo raccontasti tu che ti dispiaceva tanto non essere più ritornato dai tuoi.

MICHELE – Carla, so che non mi credi, ma tu mi sei mancata tanto.

CARLA – quasi una resa dei conti - Tu menti a te stesso! Non ti sono mancata io, hai semplicemente mitizzato il ricordo. Tutti i ricordi gelosamente conservati nell’album della tua collezione. Tu sei come tanti altri uomini, vorresti possedere per sempre tutti i ricordi. Io sono una pagina di quell’album, un pagina ben tenuta, ma niente di più. Tu confondi la bellezza dei ricordi con la realtà del nostro rapporto. E il nostro rapporto tu l’hai buttato a mare.

MICHELE – Hai sofferto molto?

CARLA – Ho sofferto, sì, ma per poco. Meno di quanto tu possa immaginare. Le donne sono più concrete, Michele. Io sono più concreta. Continuare ad amare un uomo sbagliato? No, grazie. Ti dissi addio senza rimpianti e senza illusioni. Per me non rappresentasti più nulla, Michele. Io non sono una mitomane dei ricordi e non conservo album.

MICHELE – Questo mi dispiace, lo ammetto…

CARLA – Sei il solito immaturo. Tu avresti voluto sentir dire da me che io ho continuato ad amarti anche dopo che mi hai lasciato. Sei preoccupato perché ho scarabocchiato una pagina del tuo album. Se tu non fossi quell’egoista che sei, dovresti invece essere contento di ciò che ti ho detto. Non devi avere rimorsi, Michele. Tu per me ben presto non fosti che una figura sfuocata e lontana, fuori dalla mia vita. Io i rami secchi li taglio, tu invece li collezioni gelosamente. Questa è la sola verità. – Pausa -

MICHELE – Io mi sentivo in qualche modo responsabile della tua malattia. 

CARLA – Liberati anche da questo pensiero, Michele. Era il mio destino, evidentemente. Tu non c’entri in alcun modo. Anzi, dopo che ti ebbi cancellato dalla mia vita, mi sentii più forte, più indipendente.

MICHELE – Ti innamorasti di nuovo?

CARLA – Sì, ma non è argomento che ti riguardi. Tu, quando te ne andasti, avevi già una relazione con una donna che non era Monica, e che hai poi interrotto. Tu interrompi sempre i rapporti. – Pausa -

MICHELE – Spero che tu non mi abbia odiato, Carla.

CARLA – Sì, ti ho odiato per qualche tempo, Michele, poi ho accettato la realtà di un rapporto finito. Non so come sia stato possibile arrivare a questo, ma la verità è che nella mia vita terrena tu sei come un periodo chiuso tra parentesi e non resta niente di te, né prima né dopo. – Pausa -

MICHELE – In ogni caso la mia relazione non fu la causa del fallimento del nostro matrimonio. Semmai ne fu la conseguenza.   Tra noi non c’era più intesa.

CARLA – Un po’ generico, non trovi?

MICHELE – Mi sentivo in difficoltà a parlarti delle mie passioni, o anche solo dei miei amici. E ho finito col rinunciarvi. Sembrava non ti importasse nulla. Ecco, sembrava che non ti importasse nulla della vita che vivevo fuori di casa. Diventa impossibile così mantenere un rapporto, credimi. Non sapevo di cosa parlare con te. Non avevo più argomenti.

CARLA – Ma tu non hai neppure tentato di coinvolgermi, di considerarmi una parte di te. Potevi usare l’ironia, oppure potevi richiamarmi, - con tono crescente - litigare, urlare, lanciare un vaso contro la parete! Potevi fare qualcosa! Ma da te non è venuto mai niente. Non ci hai provato perché in fondo non ti interessava affatto. - Il tono ridiventa più pacato - Ecco che cosa intendevo prima quando ho detto che “l’amore è ben poco se non è difeso”.  

MICHELE – con tono sommesso – Anche tu però avresti potuto fare qualcosa di più. Avresti dovuto scuotermi, mettermi con le spalle al muro.

CARLA – Hai ragione. Non ho più creduto in te. Ma era finito il tempo in cui si è felici solo perché si è insieme. L’amore è un sentiero difficile da percorrere e noi non avevamo le scarpe adatte. E tu, Michele, non avevi neppure le scarpe.

MICHELE – Però era bello fare l’amore con te. Dimenticavo tutti i problemi in quei momenti. Mi sei sempre piaciuta tanto. Anche adesso mi piaci.

CARLA – Anche per me era bello. Non posso mentirti. Ma col tempo capii che non c’era un vero coinvolgimento né da parte mia né da parte tua..

MICHELE – la interrompe – Questo non è vero!

CARLA – E’ vero, invece. L’amore non si fa col corpo, Michele, ma con l’anima. – pausa -

MICHELE – Io volevo parlare con te per spiegarti…

CARLA – interrompendolo - E’ troppo tardi per le spiegazioni! Ripensa invece a ciò che ti ho detto.

MICHELE – Lo farò, Carla. Mi dispiace che fra noi le cose non siano andate bene. Quando ci sposammo io lo volevo più di ogni cosa al mondo.     

CARLA – Lo so. Ora devo andare. Il tempo è finito e devo rispettare le leggi del mio mondo. Mi spiace essere stata dura con te, dopo tanti anni, Michele, ma non c’era altro modo per farti capire in pochi minuti… Se non altro ti ho liberato dai tuoi rimpianti.

MICHELE – Come stai nel tuo mondo, Carla? Anche tu sei in pace?

CARLA – Sì. Ho perso solo un po’ le staffe con te, Michele, ma non pensiamoci più.

MICHELE – Neanche tu puoi rivelarmi nulla sul segreto di questa  locanda?

CARLA – No, mi spiace. Ma saprai tutto. Io ti ho perdonato. Ciao, Michele –MICHELE – Ciao, Carla. La bacia sulla guancia e le fa una carezza - Buio.  Al riapparire della luce Carla è scomparsa ed è invece presente Angelo, il suo ospite.

ANGELO – Deluso?

MICHELE – ancora emotivamente scosso - Sono sincero, sì, un po’.

ANGELO – E che si aspettava, una dimostrazione di amore? Quella donna è riuscita a superare l’umiliazione ricevuta da lei solo con la forza d’animo e l’orgoglio. Forse lei avrebbe preferito lo stesso atteggiamento comprensivo dei suoi genitori. Guardi che lei non possiede molto il senso della realtà.

MICHELE – Questo è da vedere. Io ho amato veramente Carla e…

ANGELO - …e poi l’ha tradita e l’ha lasciata. Di tutto questo lei sembra disposto a ricordare solo la parte che le piace di più.

MICHELE – Finiamola qui.

ANGELO – Piuttosto ha superato i suoi rimpianti?

MICHELE – Sì, mi sento in pace. Anche se, lo ammetto, avrei preferito rimanere attaccato a un piccolo rimorso piuttosto che essere liberato in modo così duro.

ANGELO – Non ci faccia caso. E’ solo un retaggio egoistico.

MICHELE – Confesso che all’inizio questa storia mi spaventava alquanto. E poi non mi sentivo affatto preparato per affrontare simili esperienze. Qui siamo nel paranormale.

ANGELO – Se vuol classificarlo così, è libero di farlo.

MICHELE – Già, ma ora mi sento…esperto. Non ho più paura di nulla e, la vuol sapere una cosa, comincio ad apprezzare questo luogo. La Locanda dei Rimpianti! Ma guarda cosa doveva succedermi oggi.

ANGELO – Ha presente il proverbio “non tutti i mali vengono per nuocere”? Pensi al suo incidente. Quando le è successo lei si sarà sentito perduto ed era sicuramente impaurito quando è entrato qui. Ma ora lei si è… ambientato.

MICHELE – Scherzando - Comincio a pensare di avere un futuro da Oste.

ANGELO – Perché no! Anch’io in fondo sono da tanto tempo l’Oste di questa Locanda. Ma, ora è tempo che lei conosca quelle verità che io le ho promesso di rivelarle.

MICHELE – E per le quali ho addirittura rinunciato ad andarmene! Tutto ciò ha dell’incredibile.

ANGELO – Non sono d’accordo. Non c’è nulla di incredibile. Lei ha soltanto fatto la scelta che le sta più a cuore.

MICHELE – E nel fare questa scelta mi sono fidato di lei, non lo dimentichi. Io ho seguito il mio istinto, ma so bene che non sempre l’istinto fa prendere la decisione più giusta.

ANGELO – E per la legge delle probabilità e anche per l’ora ormai tarda, l’eventualità che entrino altri visitatori curiosi di vedere la locanda è alquanto remota, se non impossibile. Quindi, mio caro Michele, non ci sono più alternative alla sua scelta e questo deve essere per lei motivo di distensione. - Breve pausa - Lei gioca a scacchi?

MICHELE – A scacchi? Si gioco, ma non vorrà dirmi che la verità mi verrà rivelata da una scacchiera. -

ANGELO – No, certo. E’ solo un modo per parlare senza dare alle parole un’importanza preminente. Se diamo al cervello qualcos’altro su cui ragionare, la conversazione diventa più leggera, non le pare?

MICHELE – Mi affido a lei. Anzi sto affidandomi a lei da quando sono entrato.

ANGELO – Bene.

MICHELE – E mi auguro che lei mantenga la promessa. Voglio sapere la verità di questa locanda.

ANGELO – Io mantengo sempre le promesse.  - Si alza - Ora mi lasci prendere la scacchiera. – va a prendere una scacchiera e torna

MICHELE – Giochiamo al suo tavolo?

ANGELO – No. Ci siederemo in questo tavolo. – tocca il tavolo centrale – Anche lei sarà contento di giocare nello stesso tavolo dove ha parlato con i suoi genitori e con la sua prima moglie. - depone la scacchiera sul tavolo e la apre - Sediamoci ora.

MICHELE –Ehi, ma sono bellissimi! Roba da collezionisti!

ANGELO – Sono antichi. Sono contento che le piacciano. Preferisce i bianchi o i neri?

MICHELE – Prego scelga lei, io non preferenze.

ANGELO – Allora lasciamo al caso, come dicono le regole.

MICHELE – gli tocca il nero -  Nero. Lei muoverà per primo, allora.

Pausa in silenzio per la sistemazione dei pezzi sulla scacchiera.

MICHELE – prima di iniziare a giocare - E’ da tempo che non gioco, ma sarò un osso duro per lei. Una volta partecipavo a molti tornei. E ne ho anche vinto uno. – Il suo viso si rabbuia improvvisamente.

ANGELO – Ehi, che le prende? Qualcosa non va?

MICHELE – Non so se faccio bene a dirglielo.

ANGELO – Senta, mi sembra che fra noi non sia mancata l’empatia. Parli senza remore.

MICHELE – No, è che questa situazione mi ricorda qualcosa… - si alza allontanandosi dal tavolo.

ANGELO – Continui...

MICHELE – Mi ricorda un film…

ANGELO – breve pausa – Gli scacchi… Ci sono, Il Settimo Sigillo!

MICHELE – E’ così.

ANGELO - Le piace Bergman?

MICHELE – Adoro i suoi film, ma in questo momento vorrei che quella sceneggiatura non l’avesse mai scritta.

ANGELO – ironico, alzandosi - E, mi dica, chi di noi due sarebbe la Morte?

MICHELE – Beh, io so bene chi sono io…

ANGELO – Guardi che la morte è dentro ogni uomo, fin dalla nascita. E’ l’immancabile destino di tutti.

MICHELE – Questo è indiscutibile e razionale. Anzi sentirlo dire da lei mi meraviglia un po’.

ANGELO – E già, io appartengo al paranormale…

MICHELE – …E, visto che ha nominato il destino, vorrei che mi spiegasse meglio che cosa intende. Che ogni uomo sia destinato a morire non ci sono dubbi e gliel’ho già sottoscritto. Ma lei pensa che ogni uomo abbia un destino di morte già scritto?

ANGELO – Oddio, non sono certo rimasto al concetto di Destino, figlio del Caos e della Notte, a cui nessuno può sottrarsi, però…  credo fermamente che una strada sia scritta per ognuno di noi, e che tuttavia da noi possa essere modificata attraverso il cambiamento nel modo di pensare e di giudicare l’effettivo valore delle cose.

MICHELE – Ad esempio?

ANGELO – Ad esempio, un uomo, anzi no, un uomo sarebbe troppo banale, una donna nasce con un’indole temeraria e sprezzante dei pericoli e nella maturità si innamora di un artista che l’avvicina al mondo della musica o del teatro e da quel momento preferisce spendere le sue emozioni per la musica barocca o per Pirandello.

MICHELE – Sulla seconda parte posso essere d’accordo. Sulla prima no. Io credo che alla nascita nessuno di noi abbia una predestinazione e che il suo modo di comportarsi dipenda in gran parte dal contesto in cui cresce.

ANGELO – Lo vede, ha detto in gran parte. Vuol dire che anche lei è convinto, anche se non vuole ammetterlo, che dentro ognuno di noi ci sia un aspetto irripetibile e immodificabile in grado di determinare il nostro futuro e che può solo essere orientato in modo diverso.

MICHELE – Con l’amore, la musica barocca e Pirandello. - Si riavvicina un po’ ad Angelo -

ANGELO – E poi ha notato la finezza, nell’esempio ci ho messo la musica e il teatro, ma non il cinema, per non influenzarla. Si muove dal tavolo avvicinandosi un po’ a Michele – Se ci avessi messo il cinema, lei mi avrebbe dato ragione ancora prima che finissi di parlare.

MICHELE – Guardi che questi sono argomenti in cui prevale l’istinto, anzi non lo chiamerei neppure istinto, piuttosto una convinzione interiore che non è possibile smontare facilmente e certamente non con un esempio.

ANGELO – Questa volta non posso darle torto. Ma abbiamo divagato. Lei prima ipotizzava che uno di noi due è la Morte ma lei si autoesclude perché si conosce bene. Quindi lei sarebbe disposto a considerare il fatto che la Morte, anzi – meglio - l’Angelo della Morte, sia io? Guardi che già io mi chiamo Angelo.

MICHELE – Può anche scherzarci sopra, ma dal mio punto di vista, se questa fosse la riproposizione reale del film di Bergman, non ci sarebbe altra possibilità.

ANGELO – Sa cosa le dico, facciamo addirittura “L’angelo sterminatore”, così cambiamo regista e ci buttiamo su Bunuel. E poi Sterminatore potrebbe essere il mio cognome:- con enfasi - Angelo Sterminatore! Lei mi attribuisce troppo potere, caro Michele. E poi se io fossi veramente la Morte, le pare che avrei passato dieci anni qui dentro senza parlare mai con nessuno?

MICHELE – Anche questo però è inquietante, no? Lei se ne sta qui da dieci anni, segregato, in penombra, senza parlare con nessuno, anzi no, parla solo con le persone… speciali. E parla volentieri di destino.

ANGELO – E’ strano, poco fa lei ha detto che era molto felice di avermi incontrato.

MICHELE – Certo che l’ho detto. Mi ero appena salvato per miracolo da un incidente, alla disperata ricerca di aiuto e con i vestiti strappati. Ho incontrato lei qui dentro ed ero contento. Si’, forse avrei incontrato volentieri anche uno zombie… Mi scusi, era solo per rendere l’idea.

ANGELO – E ora mi trova inquietante.

MICHELE – Certo, ora mi sono… ambientato in questa Locanda, del resto lo ha notato anche lei. Ho ritrovato la normalità, la razionalità, forse ora vedo le cose nella loro luce reale. Breve pausa – Forse è anche perché sta scendendo la notte.

ANGELO – Vuol dirmi che le convinzioni cambiano a seconda dello  stato d’animo? 

MICHELE – E non è così, forse?

ANGELO – E visto che lei ora (elenca con ironia) è tornato razionale, siamo un po’ in penombra, io vivo qui da dieci anni senza parlare con nessuno, parlo con lei di destino e sta scendendo la notte, pensa davvero che io sia la Morte. Via, non sia ridicolo. Io sono come lei, non mi vede?  

MICHELE - E che ne so? io non so proprio come “vive la Morte” e per quanto mi riguarda, alla donna vestita di nero con la grande falce non ho mai creduto, ma mi viene da pensare: perché dovrebbe essere così diversa dalla vita?

ANGELO – In che senso?

MICHELE – Voglio dire che mi sembrerebbe più verosimile che la Morte avesse delle normali sembianze umane.

ANGELO – Io, per esempio?

MICHELE – Beh, è lei che mi sta di fronte.

ANGELO – Guardi però che c’è un’imprecisione piuttosto grave. Se io fossi la Morte di Bergman lei sarebbe Antonius Block e nel film è proprio lui che sfida a scacchi la Morte e non il contrario. Mi meraviglio di lei, dovrebbe saperlo…

MICHELE – Nei remake non è detto che la trama venga sempre rispettata.

ANGELO – Ma lei sarebbe contento di interpretare Antonius Block di Bergman?

MICHELE – Proprio no. Questa è la giornata dell’assurdo, ma non ci terrei a concluderla in questo modo.

ANGELO – Bene, niente Bergman allora. Comunque sia sereno. Io non sono la Morte, e le dimostrerò che lei è più simile a me di quanto possa pensare. Adesso propongo di lasciare tranquilli Bergman….e anche Bunuel, visto che l’abbiamo nominato, e tornare agli scacchi, che ne dice?

MICHELE – D’accordo, torniamo agli scacchi. - Entrambi si riavvicinano al tavolo e si siedono ai loro posti – Ammetto di essermi lasciato prendere dalla situazione. Sono successe troppe cose inspiegabili, oggi. E lei ha promesso che mi farà conoscere la verità.

ANGELO – Certo. Vede che è rientrato nella strada principale?  Mi stava dicendo che una volta partecipava a molti tornei e che ne ha  vinto uno.

MICHELE – ancora assorto -  Eh? Ah, sì. Ero un discreto giocatore.

ANGELO – Beh, devo dire che questo fa aumentare in me la voglia di giocare. Pensi da quanto tempo non gioco io.

MICHELE – Da quanto tempo?

ANGELO – Esattamente dal giorno in cui entrai in questa locanda.

MICHELE – Da dieci anni, quindi.

ANGELO – Da dieci anni, proprio così.

MICHELE – E qualcosa mi dice che ha giocato con la persona che era qui prima di lei.

ANGELO – E’ la pura verità.

MICHELE – Allora non dirà di non aver provato gioia prima, nel vedermi entrare.

ANGELO – Vuole scherzare? E poi gliel’ho già detto. Quando ho sentito la sua voce che diceva “C’è nessuno?” mi si è riempito il cuore. Ho subito realizzato che lei non doveva essere uno dei soliti curiosi.

MICHELE – ha recuperato l’ironia – E’ ovvio, io sono “speciale”, quindi la persona giusta per una partita di scacchi, dopo tanto tempo.

ANGELO – Lei è perspicace, oltre che speciale, Michele. Sì, le sono molto grato di essere entrato qui.

MICHELE – Ma io non ci tenevo affatto ad entrare in questa Locanda.

ANGELO – Oh non importa, la mia gratitudine prescinde da questo.

MICHELE – Prego, a lei la prima mossa.

Nel corso del dialogo i due si alterneranno nelle mosse.

ANGELO – Ha fatto caso che fra tutti gli argomenti affrontati stasera, abbiamo tralasciato dei punti che in genere sono invece fra i primi a essere trattati?

MICHELE – Ad esempio?

ANGELO – Ad esempio, non le ho chiesto se ha figli, anche se ciò che ho ascoltato mi induce a pensare che lei non ne abbia.

MICHELE – No. Non ho figli. Ma ci stiamo pensando.

ANGELO – Intende lei e Monica?

MICHELE – Certo

ANGELO – Non le ho neppure chiesto che attività svolge.

MICHELE – Sono un consulente informatico.

ANGELO – Ora mi spiego l’uso che lei fa degli aggettivi “logico” e illogico, razionale e irrazionale eccetera eccetera. Lei fa parte della schiera, che io definisco, degli scienziati.

MICHELE – Beh, se devo dirle la verità, mi sento tutto tranne che uno scienziato. Ma se lei intende il fatto che ho una cultura scientifica, sì è la verità.

ANGELO – E quindi ogni avvenimento deve avere una spiegazione razionale, no?

MICHELE – Questo lo pensavo prima di stasera. Ma ora non ne sono più tanto convinto. Anzi sa cosa le dico? Che in una sola serata ho dovuto sconfessare dieci anni di studi e quindici di lavoro.

ANGELO – Via, non esageri. Piuttosto direi che lei non aveva avuto prima di oggi esperienze che potessero mettere in dubbio i suoi principi. Molti scienziati trascorrono l’intera vita nella convinzione di possedere la verità assoluta. Pochi – e lei è tra questi ultimi – hanno invece la fortuna…

MICHELE – lo interrompe – E’ proprio sicuro che si tratti di una fortuna? –si alza e si ferma dietro la sedie con le mani sulla spalliera

ANGELO – Ehi, non ricomincerà con l’Angelo della Morte.

MICHELE – No, no, stia tranquillo. E’ che mi piace cambiare la visuale sulla scacchiera… Intendevo solo dire che non credo sia una fortuna dover modificare le proprie convinzioni. Quanto meno resta la sensazione di aver sbagliato molte cose e di dover in qualche modo incominciare da capo.

ANGELO – Proprio qui la volevo! Incominciare da capo. E’ proprio convinto che si tratti di una iattura? Guardi che non c’è niente di più rigenerante che rimettersi in gioco.

MICHELE – Lei ha una prerogativa.

ANGELO – E quale sarebbe?

MICHELE – Quella di farmi dimenticare continuamente che lei ha promesso di svelarmi il segreto di questa locanda.

ANGELO - E lei pensa che io non voglia mantenere la promessa?

MICHELE - Tendenzialmente sarei portato ad aver fiducia in lei, e mi sembra di averglielo già dimostrato, ma il fatto è che stiamo parlando di tutto tranne che delle cose che io vorrei conoscere. Si ricordi che quando sono entrati quei due prima, io ho rinunciato a chiedere un passaggio e se l’avessi fatto probabilmente a quest’ora avrei risolto tutti i miei problemi.

ANGELO – Però mi sembra che lei voglia negare a sé stesso che i suoi problemi in questo momento non sono quelli legati all’auto distrutta e alla telefonata da fare a sua moglie, perché, diversamente, lei avrebbe chiesto un passaggio a quei due…

MICHELE – Non me li scorderò più… Alice e Ruggero.

ANGELO – Lei ha avuto stasera esperienze che mai avrebbe pensato di poter viveree ha risolto i suoi rimpianti. Lei è un uomo nuovo, Michele.

MICHELE – Gliene dò atto.

ANGELO – Ma ora leivuole conoscere il segreto di questa locanda, perché sente che non è possibile per il suo futuro rinunciare a questa verità.

MICHELE – E’ così. Questo desiderio è più forte di ogni altra cosa. E non ho intenzione di andarmene da qui prima di aver conosciuto la verità.

ANGELO – Questa verità è il suo “stargate”.

MICHELE – Gira e rigira sempre sul cinema finiamo.

ANGELO – A lei non dispiacerà di certo, immagino.

MICHELE – No. Ma passare da Bergman e Bunuel alla fantascienza finirà col crearmi un po’ di confusione.

ANGELO – Guardi che, se è per questo, lei ha nominato anche Clint Eastwood e l’Ispettore Callaghan. E anche Troisi.

MICHELE – E’ vero. Lei memorizza tutto.

ANGELO – Ho imparato a farlo, visto che da dieci anni devo solo pensare. Ma torniamo a lei. Ricorda il nome del Regista di Stargate?

MICHELE – Mi sembra Emmerich.

ANGELO – Si è mai chiesto che cosa possa spingere un regista a girare un film che parla di un passaggio tra una dimensione e un’altra?

MICHELE – Intende dire oltre al lauto compenso del Produttore?

ANGELO – Naturalmente.

MICHELE – Lei dà per scontato che Emmerich abbia preso spunto da una visione che aveva da tempo.

ANGELO – Esatto. Una porta per le stelle, ma più in generale una porta per qualcos’altro, per una nuova dimensione. Si tratta di una visione affascinante per l’uomo.

MICHELE – Affascinante, certo.

ANGELO - Pensi a quante volte gli uomini, lei compreso, hanno pensato alla possibilità di affrontare una nuova realtà di cui essi non conoscevano neppure l’esistenza. Fin da bambini si tende a fantasticare su questa possibilità.

MICHELE – Va bè, Emmerich avrà anche avuto la soddisfazione di realizzare una trama alla quale pensava fin da bambino, ma finiti gli effetti speciali, non resta altro per la sua vita. Di fatto un’altra dimensione non l’ha mai vista e forse non la vedrà mai. Sempre e solo di un film si tratta.

ANGELO – Ma non crede che gli spettatori del film, intendo quelli più sensibili e predisposti a immedesimarsi, abbiano veramente provato la sensazione di entrare in un nuovo mondo?

MICHELE – Penso di sì. Ma perché ha voluto approfondire questa trama? Se devo essere sincero, di tutti i film che abbiamo nominato oggi, Stargate è quello che mi piace meno.

ANGELO – Perché è il film che consente più di ogni altro di comprendere il significato della mia presenza e della sua presenza in questa locanda.

MICHELE – Si spieghi meglio. Stiamo entrando nel bel mezzo del mistero, o sbaglio?

ANGELO – Non sbaglia. Provi a pensare agli elementi che accomunano la mia esperienza alla sua, intendo prima che  entrassimo in questa locanda.

MICHELE – riflette peralcuni secondi –Entrambi siamo scampati a degli eventi molto rischiosi, lei a un terremoto, io a un incidente in auto.

ANGELO – E’ così. Ma non è l’unico elemento in comune. Ce n’è un altro che forse lei non considera, per quanto ne sia bene a conoscenza.

MICHELE – breve pausa -  Mi arrendo. Me lo dica lei.

ANGELO – Entrambi abbiamo avuto a livello inconscio l’istinto ad entrare in questa locanda, non solo, ma deve sapere che quando entrai qui dentro, la persona che incontrai mi spiegò la stessa cosa.

MICHELE – Prima di andare avanti, risponda lei per favore a queste due domande; anche lei fu invitato a una partita di scacchi? Anche quell’uomo era scampato ad un evento?

ANGELO – Io non ho parlato di uomo ma di “persona”. In realtà era una donna, sì, miracolosamente scampata a un incendio e mi invitò a giocare a scacchi.

MICHELE – E se ben ricordo lei mi ha detto che dopo che lei entrò nella locanda, questa persona se ne andò e lei rimase solo.

ANGELO – E così, infatti.

MICHELE – Devo pensare che anche lei se ne andrà e mi lascerà solo?

ANGELO – E’ così, Michele.

MICHELE – Ma, mi scusi, che senso ha? Perché lei ora se ne dovrebbe andare da questa locanda in cui ha vissuto per dieci anni dopo che è scampato al terremoto?

ANGELO – Pausa - Io non sono scampato al terremoto – pausa - Sono morto con tutti i miei famigliari. – pausa -

MICHELE – non troppo spaventato - Questa è bella! Ma che mi sta dicendo, che lei è un fantasma?

ANGELO – Non sono né un fantasma né uno zombie. In ogni caso sono morto. Glielo assicuro.

MICHELE - E’ strano, dovrei sobbalzare fino a toccare il soffitto con la testa, per quello che mi ha detto, ma provo invece una calma strana, una calma un po’ irreale ed è proprio questo che mi spaventa veramente.

ANGELO – Non mi sorprende.

MICHELE – Vuol dire che anche lei l’ha provata questa strana calma?

ANGELO - Sì

MICHELE – Quando anche quella donna le disse che in realtà era morta nell’incendio?

ANGELO – Sì

MICHELE – Ed è la stessa cosa che io dirò a chi entrerà qui dentro e mi racconterà a sua volta di essere scampato a qualcosa?

ANGELO – Sì, e anche lei lo farà durante una partita a scacchi.

Pausa – nel frattempo sulla scacchiera sono rimasti pochi pezzi.-

MICHELE – Il mio corpo è ancora dentro la macchina?

ANGELO – No, non credo proprio. Questa zona è disabitata ma è sorvolata spesso da elicotteri. Prima che lei entrasse ne ho sentito uno che volava certamente a bassa quota e poi le sirene… anche lei deve averle sentite mentre stava camminando verso la locanda.

MICHELE – E’ vero. Le ho sentite, ma in quei momenti non gli ho dato certo importanza. Ero troppo concentrato su di me e troppo contento di essermi salvato… - Ripete ironicamente – Salvato…    

ANGELO – Lei stesso prima mi ha detto che i fari della sua auto erano rimasti accesi e dunque il suo incidente non è passato inosservato.

MICHELE – E deve essere stato anche facile localizzare l’auto…e il mio corpo.

ANGELO - Dunque, vede? Sua moglie Monica sa già. E lei non ha più necessità di telefonarle. Anzi, a dir la verità, questa necessità non l’ha mai avuta.

MICHELE – triste -  E’ questo ciò che più mi pesa. Il dolore di Monica, il fatto che io non abbia avuto il tempo di salutarla e il pensiero che non la rivedrò più. 

ANGELO – La capisco. Ma non si fasci la testa. Non si prefiguri degli scenari che non conosce. Non dimentichi che lei ha rivisto proprio oggi tre persone che ha amato. - pausa – Michele si alza e si mette dietro la sedia – cambio di visuale?

MICHELE – No, a dir la verità ero curioso di vedermi in piedi da morto, ora che lo so. Ma perché noi siamo qui a giocare a scacchi, se siamo morti. E’ questa la condizione dei morti?

ANGELO – No. Noi siamo in una sorta di dimensione parallela transitoria, prima del viaggio finale.

MICHELE – E perché non abbiamo fatto subito questo viaggio?

ANGELO – Perché a lei, a me, a quella signora che mi ha preceduto e a tanti altri prima, è stato concesso, prima dell’ultimo atto, di risolvere i rimpianti che ci angustiavano l’anima e di morire in pace.

MICHELE – Se io fossi veramente scampato all’incidente non avrei potuto parlare con i miei genitori, vero?

ANGELO – No

MICHELE – E loro e anche Carla quindi già sapevano che io sono…morto

ANGELO – Certo.

MICHELE – Io posso parlare anche con i vivi?

ANGELO – No

MICHELE – Ma, scusi, e allora i due visitatori, Alice e Ruggero?

ANGELO – Non ci hanno né visti né sentiti. I loro saluti e il ringraziamento finale all’oste erano un gioco, stavano solo ironizzando sullo stato di abbandono della locanda.

MICHELE – Ma hanno seguito il mio consiglio sul whisky e il mio suggerimento di non lavare i bicchieri.

ANGELO – E’ stata solo una sua impressione, dovuta al fatto che lei pensava di essere vivo.

MICHELE – sussulta - Mi scusi eh, ma anche lei ha parlato con loroe li ha salutati.

ANGELO – Sono solo stato al gioco, perché era troppo presto per portarla a conoscere la verità.  Io dovevo farla sentire vivo.

MICHELE – Un morto che doveva far sentire vivo un altro morto...

ANGELO – Mi fa piacere che lei la stia prendendo con ironia... Nello stesso tempo però dovevo evitare che lei cercasse di interagire con loro. Per questo l’ho pregata di non lasciarsi coinvolgere.

MICHELE – Ora capisco perché lei non ha mai parlato con i visitatori curiosi…

ANGELO – Ma attraverso i loro dialoghi, forse non ci crederà, mi sono tenuto aggiornato sul mondo dei vivi.

MICHELE – E mi spiego anche perché non ho più l’artrite alla spalla e perché non sento più né fame né sete.

ANGELO – Non ne abbiamo più bisogno, Michele.

MICHELE – Però quando sono entrato nella locanda lei mi ha offerto da bere e da mangiare. Sapeva bene che non lo avrei fatto. Mi ha pure parlato degli effetti dell’incidente sul metabolismo e sulla psiche. Una bella presa per i fondelli...

ANGELO – Dovevo solo infonderle tranquillità. E poi in fondo lei era mio ospite e l’educazione dei vivi non l’ho affatto dimenticata.

MICHELE – E non poteva spiegarmi subito la situazione?

ANGELO – Gliel’ho detto. Non potevo farlo, perché lei non era pronto per conoscere la verità. Non potevo che comportarmi come ho fatto, per lei, ma anche per me. Lei ha risolto i suoi rimpianti e io ho trovato la persona che mi sostituirà: lei. – pausa -

MICHELE – E che cosa ci aspetta? Lei dove finirà. Lo sa?

ANGELO – Non lo so. Vede, altro che Angelo della Morte! Non mi è dato di saperlo. Ma non posso che accettare un destino a cui non si può sfuggire e da cui, anzi, mi sento attratto.  Dopo tanti anni, mi creda, ho un grande desiderio di fare questo viaggio. Non ho nessuna paura.

MICHELE – E io quando lo farò questo viaggio?  Non mi dica che dovrò aspettare che entri un altro prescelto morto ma che non sa di essere morto. Ho come l’impressione che sarebbe troppo elementare.

ANGELO – Misteriosamente elementare… Non sbaglia, Michele. Lei dovrà solo attendere, come ho fatto io per tanti anni. Forse lei dovrà attendere di meno. Ma, mi creda, quando vedrà entrare la sua persona…

MICHELE - …“speciale”

ANGELO – …lei proverà una grande felicità, come quella che ho provato io quando è entrato lei, anche se non potevo esternarla troppo perché lei non ne avrebbe capito il motivo. 

MICHELE - Scacco matto! –

ANGELO – Ha vinto. Bravo. Gioca molto bene. Se lei fosse il Cavaliere di Bergman, avrebbe sovvertito il destino. Complimenti! – si alza -

MICHELE – Anche se, per la verità, nel film è il Cavaliere che fa vincere la Morte.

ANGELO – Lei ha un’eccellente cultura cinematografica, lo sa?

MICHELE – Peccato che ora non possa più migliorarla… - si alza -

ANGELO – Non disperi. Non conosciamo gli sviluppi.

MICHELE - Però non avevo sbagliato su di lei.

ANGELO – In che senso?

MICHELE – Lei non sarà l’Angelo della Morte, ma in ogni caso con la Morte aveva a che fare.

ANGELO – Le avevo detto che io sono come lei e penso di averglielo anche dimostrato.

MICHELE – Però l’ha presa molto alla larga. Poteva dirmelo subito che il suo stargate è in realtà una porta per… l’altro mondo.

ANGELO – Lei avrebbe ricominciato col… Settimo Sigillo

MICHELE – Può starne certo. E, mi scusi, ma noi siamo già passati da questa porta?

ANGELO – Noi siamo ora nel centro del gate e io mi accingo ad attraversarlo.

MICHELE – Capisco. Si faccia onore.

ANGELO – Grazie. Ora devo andare.

MICHELE – Ma dove va? Dove deve andare?

ANGELO – Devo solo uscire dalla locanda e attendere che si compia il mio destino. Spero che mi venga concesso il tempo di fare quattro passi. Ne ho proprio bisogno.

MICHELE – Sono certo che riuscirà a fare la sua passeggiata. - Poi alzando lo sguardo verso l’alto, come a chiedere comprensione -  Credo che una mezzoretta di ritardo non sia… la morte di nessuno…

ANGELO – …Tanto più che nella Locanda dei Rimpianti è arrivato il nuovo Oste.

Si abbracciano.

MICHELE – Grazie di tutto. Faccia buon viaggio.

ANGELO – Grazie di essere arrivato e di essersi fidato di me. Le auguro una buona permanenza. Venga al mio tavolo, adesso, si sieda nella mia poltrona. Starà più comodo e potrà avere tutta la situazione sotto controllo.

MICHELE – Addio, Angelo

ANGELO – Arrivederci, Michele

Michele si siede nella sedia di Angelo, mentre Angelo se ne va - Brevissimo buio- seguito da luce stroboscopica sulla scena mentre entra un uomo (potrebbe essere lo stesso regista), oppure semplicemente una voce e chiede:  “c’è nessuno?” - Si tratta ovviamente di una prospettiva temporale -  BUIO