Cecchini

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CECCHINI

opera in due parti di

Massimo Bavastro

CECCHINI

PERSONAGGI

C: uomo di trent'anni muscoloso.

S: Gracile, pochi capelli lungo riporto.

L'azione si svolge dentro una camera bruciacchiata di un ultimo piano d'albergo.

C. - Ho seguito tre Messia: Il primo mi scopava la fidanzata. L' aveva prescelta come ancella.

S. - E' stata dura...

C. - Dio lo voleva.

S. - Era il cammino della fede.

C. - Lei è rimasta incinta. Il Messia ha detto che il bimbo aveva un grande destino...

S. - Come figlio del Messia...

C. - Lei voleva abortire. Invece poi no.

S. - E il bimbo...

C. - Le gemelle.

S. - Due?

C. - Di quattro chili l' una... Pensa che la loro mamma era così minuscola, pesava quarantacinque chili. La prima è misteriosa; sì, misteriosa: ha cominciato a parlare a quattro anni e mezzo. Però anche prima, si vedeva che osservava...

S. - E' un' osservatrice.

C. - Stava zitta, ma non gli sfuggiva niente: era tutto un guardare, tutto un apprendere. A volte ci faceva paura, la bimba del Messia, con quegli occhi spalancati e sempre muta.

S. - Adesso...

C. - Ha otto anni: In italiano zoppica un po', ma in matematica è una bomba. La maestra è strabiliata.

S. - L' altra?

C. - E' più... mistica. Si vede che è figlia di un Messia. Ha un mistero dentro di sé... io lei non la capisco. La mattina racconta sogni strani.

S. - E' la vocazione...

C. - Sua mamma la capisce di più. Quando la mia donna è rimasta incinta, siamo andati via dal Messia.

S. - Ah...

C. - Si. Lei voleva restare. Io volevo partire. Anche il Messia ha detto che era meglio partire: allontanarsi il più possibile, perché il bambino potesse espandere il Verbo in posti lontani.

S. - Allora ve ne siete andati.

C. - Lontano. Io lavoravo. Lei allevava le bimbe.

S. - Un' educazione religiosa.

C. - Molto religiosa. Avevamo tutto: la sera guardavamo insieme la TV, il sabato si andava tutti e quattro a cinema.

S. - Stavate bene.

C. - Si. Si stava bene. Si stava bene e si stava male. Mancava qualcosa.

S. - Qualcosa...

C. - Sia a me che alla mia donna. Qualcosa... qualcosa da credere.

S. - E' importante credere in qualcosa...

C. - Sarà bella la TV, sarà bello il progresso. Ma se non credi in qualcosa... Se non ti leghi a qualcosa. Per farla breve: abbiamo saputo di un Messia. Dio gli aveva dato il Libro dei Sette Sigilli. Gesù Cristo reincarnato. Siamo andati alla sua comunità: tutti e quattro. Suonava il rock da Dio. Ha scelto la mia donna come sua ancella. L' ha scopata tre notti e tre giorni di fila.

Quando lei è uscita dalla sua stanza ce ne siamo andati via.

S. - Divergenze teologiche...

C. - Andandocene in macchina dalla Comunità lei diceva che il Messia mentre la scopava ripeteva: "Tu partorirai un figlio ed egli sarà l' Illuminato". Al primo ospedale ci siamo fermati e ha abortito.

S. - Così siete tornati a casa.

C. - Ho trovato un altro lavoro, E un' altra casa in affitto. Io non sono uno che ha studiato fino a trent' anni. Io a quattordici anni lavoravo, e alla mia famiglia non gli ho fatto mancare niente. Io guadagno come un laureato. E ho le mie idee, senza che nessuno me le abbia messe in testa. So cosa è giusto e cosa è sbagliato. Allora cosa se ne fanno della cultura? Io non gli do niente di meno alla mia donna. Vanno alle Canarie? Ci siamo andati anche noi. Portano le loro mogli a ballare? Noi ci andavamo tutti i venerdì sera, prima, e in più ci si facevan due pomeriggi alla settimana le serali alla scuola di tango. La mia donna è portata per il tango, e mi piace anche a me. I soldi non sono mai mancati. Due volte li abbiamo dati tutti ai Messia, e per due volte li abbiamo rifatti da capo.

(Una splendida musica per violino solo s'affaccia dalla strada e cresce pian piano. E' la "Ciaccona" di Bach)

S. - Ti piace il tango?

C. - Ci piaceva da morire il tango. Ci eccitava e ci rendeva tristi. Un po' ti metteva la voglia di fare l' amore. E un po' te la levava, perché ti metteva troppa tristezza.

S. - Io ho cucito dei vestiti per dei ballerini di tango.

C. - Ci facevamo tutte le balere della riviera.

S. - "Il pensiero triste che si balla", mi diceva la ballerina.

C. - Così cucivi i vestiti per i ballerini?...

S. - Deve essere la fisarmonica che mette tutta quella tristezza.

C. - Quando andavamo guardavano tutti la mia donna: era uno spettacolo, col vestito di leopardo.

S. - Era proprio argentina la ballerina che ho conosciuto. (Comincia a diminuire il volume della musica) Nello spettacolo un vestito s' era strappato e io gliel' ho rifatto, non si vedevano nemmeno le cuciture.

C. - "Te quiero". .. E' bello lo spagnolo. Bisogna andare in Spagna a vedere i veri ballerini di tango: ce l' hanno nel sangue. (La musica è cessata)

S. - Era Bach, credo.

C. - Bach?

S. - Non so dire perché, ma Bach mi sembra di riconoscerlo.

C. - Bach che cosa?...

S. - Per strada, la musica dalla finestra.

C. - Non ho sentito.

S. - Non hai sentito?

C. - Si vede che ero preso dalla conversazione.

Dalla strada la voce metallica d'un altoparlante e un rumore di motore d'automobile.

VOCE ALTOPARLANTE. - Tim e Tom, signore e signori, per l'ultima volta in questa città. Venite signori, accettiamo monete contanti, vestiti anche vecchi, frutta, farina, uova, legna, e tutto quanto la vostra generosità potrà darci, signore e signori. Tim e Tom, i due mirabolanti fratelli, per l'ultima volta in questa città, oggi. Accettiamo... (Il messaggio si ripete, uguale a quello appena ascoltato, sfumando)

C. - (Affacciatosi alla finestra) E' un furgone pitturato con dei disegni strani, contorti. Come dei mostri. (Ascoltando il messaggio) Chi cazzo sono Tim e Tom? Dietro il furgone ci sarà una ventina di persone. (La voce dell'altoparlante s'è spenta) Uno gli porta una sedia per vedere Tim e Tom...

S. - E il terzo Messia?

C. - Il terzo?...

S. - Il terzo Messia.

C. - La Papessa! L' abbiamo vista in TV, alla sera. Ho preso le gemelle dai letti che dormivano, le ho messe in macchina avvolte nei plaid, come quella volta che c' era stato il terremoto. Abbiamo infilato tre cose in valigia, io e la mia donna. Novecentotrenta chilometri in una notte. La mattina dopo eravamo dalla Papessa. Mi ha chiesto: "Sei pronto a morire per Cristo?" "Sì" ho detto. "E a uccidere per lui?" E' bellissima la Papessa: bianca, coi capelli lunghi neri fino ai piedi, il vestito bianco lungo anche quello. E' del Sud. Ha le stimmate. "Sì!" Ho risposto. "Bravo. Nel mondo c' è bisogno di cristiani forti."

S. - Avete scopato?

C. - Bestemmi! Mi ha fatto vedere il suo arsenale. Era per la Guerra Santa. La mattina si sparava ai bersagli. Poi la Papessa ci parlava di Dio e della strategia. Un' alba l' hanno arrestata e hanno sequestrato le armi e la villa. Ma non ce lo siamo scordati il suo insegnamento. Ho tutto qui (indica la sua testa). Scommetto che te credi alla legge dell' evoluzione naturale. Torna comodo crederci a quelle persone immorali, che non vogliono sentire responsabilità verso il Creatore e le sue leggi morali. Il comunismo, anche quello deriva dalla teoria dell' evoluzione. Lo sai cosa disse Marx dopo aver letto il libro di Darwin? Te lo dico io: disse che il libro di Darwin dava a Dio il "colpo mortale" , e che serviva come base per la lotta di classe nella storia. E oggi, non è lo stesso? I comunisti puntano al dominio del mondo basandosi sull' idea della "sopravvivenza del più adatto", e allora non possono amare il prossimo, vivere una vita morale, vivere diversamente dalle bestie brute.

Come puoi credere all' Evoluzionismo? Sarebbe come dire che tutto nel firmamento è opera del caso. Il mondo è stato creato, noi siamo lo splendido progetto di Dio. E dobbiamo unirci all' antico re Davide, dicendo: "O Geova, ti loderò perché sono fatto in maniera tremendamente meravigliosa!"

Pensare a tutto questo ben di Dio sotto gli occhi, a portata di fucile... E stabiliscono la tregua.

S. - Ma laggiù non si fidano, guarda: continuano a corricchiare piegati in due da un posto all' altro.

C. - Guarda quella culona col foulard in testa. Dove dovrà andare quella culona di ottant' anni... Restatene a casa tua, nonna; sei sotto tiro!

Ti va bene che c'è la tregua... Sei patetica nonnetta, a corricchiare così... Come se potessi scansare i colpi. Sei così stupida che fai rabbia.(imbraccia il fucile e prende la mira, quasi volesse sparare)

S. - Non ci provare.

C. - (ridacchia)

S. - Guarda!

C. - Dove?

S. - Là, in basso.

C. - (guarda, ma non vede).

S. - Lì! (indica). Vedi? Vicino al tabacchino.

C. - (ha visto. Tace. Contempla) Quanti anni avrà?

S. - A vederla da qua... diciotto, venti.

C. - Come cammina dritta e calma...

S. - Con quei capelli nel vento... E' inebriata da questo sole; pensa che non può succedere niente di brutto in una giornata così luminosa.

C. - Anche la mia donna ha i capelli biondi. Ma non così...

S. - S' è vestita elegante. Deve avere un appuntamento oggi. S' è messa le scarpette rosse col tacco: non son buone quelle per attraversare le strade quando c'è chi spara dai tetti. Dev' essere un appuntamento importante...

C. - Si ferma al bar, guarda! E' lì l'incontro (di nuovo imbraccia il fucile prendendo la mira verso di lei).

S. - (sposta la canna del fucile dell' altro) Smettila di fare lo scemo!

C. - (ridacchia) Se fossi ancora al paese potrei invitarla.

S. - Se fossi ancora al paese?

C. - Cosa?

S. - Cosa vuol dire: "se fossi ancora al paese"?

C. - Io ci sono nato qui.

S. - E ora gli spari contro?

C. - Non mi ricordo quasi più di nessuno in questo posto. Anche se lei, questa con le scarpette rosse, un' idea su chi è, ce l' ho.

S. - (guarda C. Incredulo. )

C. - (Nel silenzio, è costretto a provare a spiegare) Nel primo anno di guerra sono stato con loro. Ma poi mi sono convinto che non sta lì, la ragione.

S. - (continua a tacere e a fissare C. che si difende).

C. - Non l' ho mica scelto io di venire a sparare qui! La guerra è questo: ubbidienza. Fede e ubbidienza. Bisogna credere nelle cose... Quando si passa le mani fra i capelli ti ubriaca! Lo saprei io cosa farci con lei.

S. - Non faresti niente.

C. - Non farei niente? Lo saprei, lo saprei, cosa fare.

S. - Sì? Cosa faresti?

C. - Gli farei scorrere la canna di fucile in mezzo alle gambe, finché non viene. La canna dura e fredda... Avanti, indietro, avanti, indietro, avanti, indietro, nella fica, fino a che non urla.

S. - Ho capito, vedi? Non faresti nulla.

C. - Ah, no? Non farei nulla? (fa per prendere la mira: per lui possederla va assomigliando sempre di più ad ucciderla, e lo scherzo si fa più serio. Ancora una volta e più bruscamente S. gli sposta la canna del fucile).

S. - (urlando) Smettila!

C. - Io non farei niente? Te non fai niente. Te sei un frocio, me ne sono già accorto da un pezzo. Per essere sarti bisogna per forza essere froci.

S. - (lentamente) Non sai niente. Non capisci niente. Io venero la bellezza. Mi inchino a adorare la bellezza. Lei oggi è la mia dea. Io sarei galante, infinitamente galante: un gentiluomo. E non la toccherei mai.

C. - La tocca qualcun altro, non ti preoccupare. Qualcuno arriva all' incontro prima o poi. Prima che finisce l' aranciata, quello che aspetta viene a portarla via...

S. - Non aspetta nessuno. Sta solo dentro questa giornata di sole, non basta?

C. - E quelle scarpe se l' è messe per il sole? Per chi se l' è messe, per il tempo, o per noi che stiamo sui tetti? Perché ci si masturbi da dietro le finestre? Qualcuno arriva, vedrai. Però non dovrebbe star così tanto fuori, seduta a quel tavolino. Può sempre essere pericoloso. Tutti gli altri tavoli sono vuoti, la gente non si fida della tregua. Hai visto il cameriere? E' uscito due volte per l' ordinazione e per portargli da bere, di corsa, e s' è rincantucciato dentro. E lei continua a star lì, in quello spiazzo di luce.

S. - E' convinta che non le succederà niente. Sa che è troppo bella per morire.

C. - Guarda, come la guardano i camerieri.

S. - "Vai, aspetta te" dice uno, "hai visto come t' ha guardato?" "No, non m' ha guardato." "Sì, aspetta, aspetta per forza, è un' ora ch' è lì, la spremuta d' arancia è diventata una cosa sbiadita e calda, con tutto il ghiaccio che s' è sciolto. Aspetta te..." Si prendono a spinte, giovani e timidi come sono. "Io ci vado" dice uno. "Gli do tutto quelle che vuole, purché venga con me ." La contemplano, dicono che bisognerebbe proprio invitarla, e non si muovono, dentro i loro completi bianchi. Restano dietro i vetri, a darsi qualche pacca di incoraggiamento, a sorridere perplessi, a guardarla, a aspettare che succeda qualcosa, che gliela portino via.

Stamani, mentre era a letto, dai buchi delle persiane ha visto entrare un sole radioso. Ha sentito che cominciava la primavera. Ha aperto la finestra e si è pettinata per mezz' ora. E ha ritirato fuori le scarpette rosse da mezza stagione. S' è sentita così bella. Continua a sorridere ancora adesso: s' è portata dietro da casa questo sentimento: è fiera di sé. Si vede come da fuori, lei, dentro questa giornata splendida, in quel quadrato di luce: la favorita del sole.

C. - (immaginando di parlare a lei) Cos' hai da sorridere che qualcuno potrebbe farti volare la testa da un momento all' altro? L' hai finita l' aranciata! Aspetti ancora? Arriverà prima o poi quello che aspetti... O quello o qualcos' altro... Bum! T' ho staccato una caviglia, e bum! T'ho spappolato il ginocchio, quello splendido ginocchio, bang! Quella tetta maestosa, bang! Giù tutti i denti. Bum! La bocca squarciata. (C. di nuovo imbraccia il fucile e mima puntandolo verso di Lei, un' amplesso: avanti indietro, avanti indietro)

Ti sono tra le gambe, mi senti? Tutta bagnata, sei... avanti, indietro avanti, avanti indietro, indietro avanti, e sì, sì, sì, sì, mm, mm, mm, (sempre più veloce arriva all' orgasmo e il bang, il colpo di fucile che la stramazza a terra)

S. - (Al colpo emette un grido tremendo, la ragazza è morta sul colpo, la tregua è rotta. Ora non c' è che da sparare. Così S. continua ad urlare e spara, insultando le vittime) Bastardi! Bastardi!

C. - I camerieri, guarda: vorrebbero prenderla, ma non hanno il coraggio.

S. - Bastardi, venite fuori!

C. - La culona.

S. - Culona culona culona, ti sgonfio quelle chiappe di ciccia! Lo faccio scoppiare quel culo gigantesco!

C. - Troppo facile. Corri culona corri. Gli sparo io alla caviglia, te tieni d' occhio i camerieri. Dove corri, vecchia patetica. (prende la mira) Ti stacco il piede e ti faccio fare tre capriole, cicciona, su quel culo schifoso. Bum, Bum! ( BANG: il colpo vero). I camerieri?

S. - Niente.

C. - Non volevano portarla via? Non ce n' era uno che avrebbe dato qualsiasi cosa per portarla via? Ora è lì ferma, aspetta solo lui. Vieni fuori, che amore è, se no?

S. - Esce. (spara. L' ha mancato). Niente, stan dentro. Là! (indica) ( C. e S. in una raffica di colpi devastante. S. continua ad urlare, poi smette, solo spara.)

C. - L' uomo nel vicolo. Centomila se lo prendo alla prima al fianco!

S. - Andiamo pari se lo finisco al primo colpo.

C. - La donna con la tanica. BANG. Via tutta l' acqua. BANG. Via la zinna.

S. - Ahhhh! (ultimo grido, con l' ultima scarica fragorosa e devastante di colpi). Bastarde ombre! (Gridando) Riflessi bugiardi!

C. - Basta. Non c' è più nessuno.

S. - (in continuum emotivo col crescendo delle scariche e degli urli precedenti) Non sono uomini, non l' hai ancora capito? Non sono uomini... (calmandosi un po'. Esausto. Più calmo, ma d' una calma che pare delirio, ansimante, sempre meno ansimante.) Non sono uomini. Gli uomini quando cadono fanno rumore. Non sono nemmeno gli orsi meccanici delle sale giochi, che se li colpisci s' alzano l' ultima volta, su con le zampe e barriscono forte, prima di morire. Questi non protestano neppure. Sono riflessi; sono i riflessi che han messo i nemici per tenerci prigionieri di questa postazione. E loro chi sa dove, ovunque, fanno strage della nostra gente, e noi qui, a farci gabbare dai loro riflessi...

C. - E' di sicuro così, se lo dici, ma finché non arrivano altri ordini, dobbiamo restare qui.

S. - La morte è una cosa importante. Ognuno c' ha la sua. Non viene per caso la morte. La morte si prepara, fa rumore, fa rabbia, sorpresa. Chi muore protesta. Oreste a Bagnaia, lui è morto, Oreste ha protestato. La sua morte ha fatto rumore, s' è preparata: gli s' era rincantucciata in un angolo dello stomaco e cresceva, cresceva e saliva, sempre di più. E lui urlava, ha urlato per due mesi, di giorno e di notte. I pescatori lo sentivano dal mare. Nelle notti senza stelle avrebbero potuto orizzontarsi con i suoi urli, tornare alla baia da ogni mare seguendo l' urlo di Oreste. I bimbi di giorno giocavano e riuscivano a non sentirlo, ma ogni notte era daccapo, a tremare. Quella è la morte. Questo è un' inganno. Bisogna informare i capi che i nemici ci stanno sbeffeggiando.

(pausa. Fumano una sigaretta. Poi si sentono suoni come di un' orchestra che s' accorda. Quindi parte l' aria: "Un bel dì vedremo". Silenzio stupito dei due. Poi C. gridando esplode una scarica di colpi.)

C. - Ohhhh!

S. - Sono lontani...

C. - Sono pazzi...

S. - Sono ombre.

C. - A teatro!

S. - Sono fuori tiro.

C. - I cecchini alle finestre e vanno all' opera.

S. - Sono solo ombre.

(pausa. Si ode distintamente la musica.)

S. - E' la soprano americana... Non mi viene il nome.

(pausa. Ancora, solo la musica.)

S. - Io saprei come cucire un vestito per Madama Butterfly. L' ho davanti agli occhi. (pausa) Sarebbe bello anche in seta damascata, ma invece lo voglio in tinta unita, bianco, foderato di rosa; e dietro, il ricamo di una farfalla. (prende a descriverlo, quasi calato nell' atmosfera giapponese dell' opera, gesticolando con levità di donna: di Madama Butterfly, in una identificazione non brusca, ma graduale). La farfalla ha le antenne nere: punto d' erba al contrario, così vengono sottili sottili, e finiscono col pallino, che va ricamato a punto pieno. E le ali, delle ali grandi e nere, a punto a smerlo, perché vengano larghe. E dentro questo nero, una banda rosa, per riprendere la fodera, ricamata a punto piatto. E poi ci dev' essere l' oro, l' oro per striare il nero delle ali: punto d' erba. Lo incroci davanti, il kimono, e alla fine lo fermi con la cintura, l'obi: rosa: la giri attorno alla vita e l' annodi dietro, col nodo a farfalla. Madama Butterfly. (pausa. Continua a sentirsi la musica: Il finale dell' aria. Quasi impercettibilmente le luci si sono progressivamente abbassate: è notte. Silenzio. S. canticchia ""Un bel dì vedremo", ancora un po' effeminato. Con gestualità meticolosa e lieve, sopratutto delle mani.)

C. - A me l' opera non mi piace.

S. - (continua a cantare, sottovoce, quasi perso in una fantasticheria, ma non in maniera macchiettistica. E' un canto e sono gesti sommessi e delicati)

C. - Il tango: quello mi piace. Dovresti cucire un vestito da tango alla mia donna, altro che Butterfly! (pausa) Nemmeno una stella stanotte. Se ce n' era qualcuna ci si poteva esercitare con il tiro a segno.

S. - (Continua a cantare piano).

C. - Una volta ho ammazzato una stella. E' precipitata lasciandosi dietro una bava bianca... A volte il cielo è così zeppo di stelle che dove spari, spari. Ci cogli sempre... Sono sicuro di averla ammazzata, Perché quando l' ho colpita è finita in mare... Così se non era già morta, è morta affogata...

SIPARIO

CAMERIERI

PERSONAGGI:

1 e 2: giovani camerieri.

L'azione si svolge nel retrobottega d'un bar. Appoggiati alla parete di fondo un rubinetto (al centro), sulla destra un'asse dove son posati piatti e bicchieri. Vicino al rubinetto, a sinistra, un frigorifero bianco e vecchiotto di notevoli dimensioni. Sopra il frigo, a circa un metro e ottanta d'altezza, una finestra rettangolare il cui lato maggiore è posto orizzontalmente: un solo ampio vetro. A sinistra rispetto al frigo, addossata al muro, una sedia. E' forse lì per salirvi quando occorre aprir la finestra. Alla parete di sinistra un armadietto metallico: vi sono le divise da cameriere e oggetti personali. Al centro della stanza un'altra sedia. Sopra il frigo una radio. Affissa alla parete, sopra il rubinetto, un'immaginetta di Madonna. Nella quinta di destra una porta volante a doppio battente, e con sorte d'oblò per vedere la sala.

1, con giacca e pantaloni da cameriere, sale sulla sedia vicino al frigo e apre la finestra. Ne irrompe un vibrante cinguettio d'uccelli. Entra dalla porta di destra 2, vestito in borghese. Nota che la finestra è aperta.

2: - (Con dolcezza) Guarda che non si sente.

1: -(Lo guarda senza parlare).

2: -Non si sente, ti giuro. Son tre giorni ch'è aperta...

1: -Te non sai com'era. Non era così prima... Non è ancora andato tutto via...

2: -Non si sente...

1: -Lo sento io. (Pausa)

2 apre un armadietto e comincia a cambiarsi, indossando la divisa da cameriere.

2: -E poi quegli uccelli... non danno pace! Ogni tanto quando c'è la tregua, qualche cecchino ne stende qualcuno...

1: -Nidificano dappertutto. Han più voglia di campare di noi...

2: -E' quando s'annoiano, i cecchini, perché non possono tirare ai cristiani, che fanno a gara: tiro al passero.

1: -...Davvero... Non li ho sentiti mai cantare così forte, come da quando c'è la guerra.

2: -(S'avvicina alla finestra e la chiude) Un po' di pace per gli orecchi...

1: -(Non protesta, sembra sempre un po' attonito) C'è nidi e canti da ogni parte.

2: -(Entusiasta del 'filone' aperto, decide di buona lena di sfruttarlo) Dice che il tabaccaio della piazzetta, il vecchio, che gli prendono gl'incanti, s'è destato più d'una volta con un nido sulla testa. Ai matti, che s'incantano con le bocche sdentate spalancate sugli scalini dell'ospedale, dice che è un continuo levargli stecchi e piume di bocca.

1: -(Un po' irritato per la 'sparata') Dice chi?

2: -Dice, dice! La fabbrica del ferro, quella è diventata tutta una voliera. Una voliera enorme, che non ci si può entrare dallo stridore dei canti e dal frullio dei voli. Sembra ci siano i macchinari in moto, come quando ci lavoravano i miei. Invece è tutt'una vertigine d'uccelli...

1: -C'è qualcosa di malato...

2: -A vedere da fuori, tra i vetri, è bello, è una specie di poesia. Ma a entrare è uno stordimento, come qualcosa di cattivo... C'è sparito più d'un cane, là.

Senza farsi vedere da 1, e non sembra difficile, perso come appare nei suoi pensieri, 2, estratto dall'armadietto un piccolo specchio, leva il quadretto della Madonna appeso alla parete di fondo e lo sostituisce con lo specchio.Rimane un po' con la Madonnina in mano, nascosta a 1, non sapendo bene come disfarsene; poi apre il frigo e ce la mette dentro. Va davanti allo specchio e prende a contemplarsi e a lisciarsi i capelli con le mani. E' la sua occupazione preferita, a cui spesso lo vedremo dedicarsi. 1 fa due passi e riapre la finestra: di nuovo il cinguettio -ma meno violento di prima-. 2 lascia fare -lui ha affisso il suo specchio no?-. 2 sta per avviarsi nella sala del locale, dalla porta di destra.

1: -Avevi bisogno di qualcosa?

2: -Quando?

1: -Hai aperto il frigo...

2: -Volevo vedere se c'era tutto. (Pausa) Sento il padrone, se ha bisogno. (Esce)

1 si volta verso la sala, fa qualche passo. E s'accorge che la sua Madonnina è sparita. Leva lo specchio e quasi a colpo sicuro la trova in frigo. La rimette al suo posto. 2 ritorna: vede che il suo specchio è stato tolto e cerca l'immediata vendetta.

2: - (Spazientito) Chiudi quella finestra. T'ho detto che non si sente!

1: -(Calmo) Te non puoi saperlo se si sente o no.

2: -So che ci hai lavato per due giorni con l'ammoniaca. Quella sì, si sentiva.

1: -(Sfida) Allora sono io che ce l'ho nel naso! Ma se tengo aperto mi sembra vada via! (Di nuovo calmo) Bisognerebbe imbiancare: è rimasto macchiato. (Pausa)

2: -Se ci pensi, il caso...

1: -Il caso! Son tre giorni che sei qui, e ti ritrovo in bocca le solite parole.

2: -Sei te che ripeti le stesse fesserie. Il tuo Destino, la tua Provvidenza... Mi fai voglia di bestemmiare...

1: -(Con la calma di 'chi sa') Non esiste il caso.

2: -Tutto è a caso!!

1: -Allora senti questa. C'è un cecchino che sbuffa e s'annoia nella stanza affumicata di un ultimo piano d'albergo. C'è un altro cecchino che sbuffa e s'annoia anche lui e lo sfida: tre colpi tre passeri colpiti al volo. Cosa scommettono?

2: -Cosa scommettono cosa?

1: -I cecchini, per la gara.

2: -Ah... Chi perde dà all'altro la chiave della camera della sorella, e gliela fa sventrare per tre giorni e tre notti (Ridacchia).

1: -Ecco. Poi c'è un tizio che a duecento metri da quella stanza d'albergo, da sette ore cammina avanti e indietro coi vassoi in mano, dal frigo d'un retrobottega ai tavolini d'un bar. Una finestra (indicando quella, l'unica, della stanza). La stanza, dalla prospettiva dei cecchini, dev'essere quasi completamente buia. Ogni tanto da questa penombra sbuca una testa, come un birillino che sparisce subito. Il tordo spicca il volo. Il cecchino che sbuffava comincia a seguirlo, con l'occhio nel fucile (mimando). Il tordo s'alza lento, poi viene giù a piombo, plana, sparisce e ricompare tra un camino e l'altro. Prende la direzione della collina: sarebbe il momento, forse, ma il cecchino non spara. (Fa il gesto di abbassare il fucile) Perché? (1 guarda 2 interrogativo.)

2: -(Imbarazzato perché non conosce la risposta, dopo una pausa) Che ne so perché?

1: -Il tordo vira, dietro-front, si lancia fra gli alberi del viale. (Pausa) C'è un attimo in cui fucile, tordo... e il birillino nero nella stanza, sono proprio sullo stesso asse. Quell'attimo, né uno prima né uno dopo: il cecchino, che ha i nervi, perché ha già perso troppe buone occasioni per sparare, (mimando) bum! (immagina d'abbassare il fucile; sospende gesti e parole; guarda negli occhi 2): il tordo schiva, il cameriere muore. Il sangue schizza come un geyser, immenso; il cecchino bestemmia perché ha mancato il colpo; l'uccello vola. Nella stanza il cameriere dice tre o quattro corbellerie, mentre muore, giusto per dir qualcosa, prima di star zitto per sempre. E mentre il padrone del bar e il suo aiutante piegati mettono delle pezze sul collo a questo che muore, e gli stringono una mano e gli dicono anche loro qualche corbelleria, proprio perché son le ultime che ascolta, per non farlo andar via con le orecchie vuote... risuonano, a intervalli, cinque colpi: dalla stessa finestra dell'albergo. Un cecchino ha vinto la sorella dell'altro. E questo ha ammazzato un cameriere, ma non lo sa. (Pausa) E' questo il caso? (Pausa) Tutti questi fili, intrecciati, tutte queste cose che avvengono una dopo, o durante l'altra, ma con precisione esatta. Il caso non è così... ben organizzato. (Pausa. Poi, sottovoce) Provvidenza: imperscrutabile. Bisogna pregare, e saper che siamo niente, qui. E altro, ben altro, dopo questa vita.

2: -Non siamo niente. E non c'è altra consolazione che bestemmiare. Inventarsi un Dio, che non c'è, per prendersi almeno il gusto di prendere a parolacce qualcuno. E anche i santi, così non ci si annoia mai, a insultarli: un minuto uno, un minuto quell'altro. E chiudi quella finestra!

1 Non si muove. 2 s'arrampica sulla sedia e chiude la finestra. Pausa.

2: -Ma allora, davvero il tizio ch'era qua prima di me è morto per un tiro al tordo? Io avevo detto così, del tiro al tordo, così per dire, per inventare...

1: -Che ne so come c'è arrivata quella pallottola fin qui?

2: -Non era per il tiro al tordo...

1: -Non lo so, sei te che me l'hai messo in mente, il tiro al tordo.

2: -Allora perché l'hai detto?

1: -Dico che mi fa ridere quando sento dire 'pallottola vagante', quando leggi sul giornale 'ucciso da pallottola vagante'. (Pausa) Ti rendi conto se davvero si potesse (scandendo) 'morire per caso'? Non esistono pallottole vaganti...

2: -Oh, aveva ragione il padrone...

1: -Il padrone è un brav'uomo ma ha la bocca larga d'una rana.

2: -Lo sai cos'ha detto il padrone?

1: -(Sfottendolo) Sei arrivato da tre giorni e vi siete già fatti le confidenze...

2: -Vuoi sapere cosa dice il padrone di te? Dice che non parli mai, ma se capita che cominci non la smetti più. Oh, ha ragione!

1: -E' vero, non parlo mai.

2: -...Con quella Madonna, dice, un fanatico...

Dalla porta di destra, la voce del padrone.

VOCE: -Succo di frutta alla pesca.

1 prende con gesto esperto dal frigo una bottiglia di succo di frutta, la stappa e la versa in un bicchiere, quindi mette il bicchiere sopra un vassoio e lo posa sulla mano di 2 che attende. 2 esce. 1 riapre la finestra. Cinguettio. Poi, davanti all'immagine della Madonna, prega sottovoce. Non c'è folklore ed esteriorità di superstizione nei suoi gesti, ma autentico raccoglimento.

1: -(Sottovoce) Madonna, aiutami, Madonna, aiutami.

Fuori dalla finestra, una musica di violino che s'avvicina: è la "Ciaccona" di Bach. 1 torna al suo posto preferito, sotto la finestra. 2, rientrato, sale sulla sedia e guarda fuori dalla finestra.

2: -Chi è?

1: -Ascolta.

2: -(Scendendo dalla sedia) Non sembra un mendicante. (Recupera lo specchio e lo sovrappone all'immaginetta di Madonna)

1: -(Calmo) Zitto. (2 si guarda allo specchio. C'è solo la musica del violino, adesso)

2: -Chi è?

1: -Ne hanno parlato sui giornali, alla radio... (Pausa. 2 sospende la scrupolosa autoispezione per guardare 1 interrogativo. Poiché 1 tace torna a specchiarsi. Musica) E' il primo violino dell'orchestra regionale. (Pausa)

2: -Fa l'elemosina? (senza cessare di scrutarsi il volto. Pausa. Sempre la musica)

1: -Quasi tutti i musicisti se ne sono andati. In tournée... e tanti ci sono rimasti, all'estero. Quando è cominciato l'assedio, qua, lui è tornato. (Pausa) Non l'avevi mai sentito?

2: -Ma fa l'elemosina?

1: -No. Di soldi non ne chiede.

2: -Si, qualche volta l'ho visto per strada.

1: -E' il suo contributo, dice, la musica. Dice che fa bene.

2: -Fa bene?

1: -Non lo so. (Pausa)

2: -Distrae.

1: -Eh. Magari distrae. Per un po'. (Pausa)

2: -(Tornato a specchiarsi) Sarà uno che vuol farsi pubblicità.

1: -Chi lo sa... (Pausa. E la "Ciaccona" di Bach: bellissima, suonata in modo sublime. S'allontana, pian piano)

2: -(Butta un occhio alla sala per veder se ci sono clienti. Poi si siede sulla sedia al centro della stanza) Due clienti, finora. (Guarda l'orologio) Ancora quattro ore. (Pausa) Cosa li tiene a fare due camerieri... (Pausa) Quando non lavori non passa mai...

2 s'avvicina alla radio, l'accende. Canzone pop anni '60 -Mina-. 1 canta assieme alla radio. Voce indistinta, metallica, come proveniente da un altoparlante. 2 abbassa la radio. Il rumore vicino di un'automobile che procede lentamente propagando attraverso un megafono sfasciato questo messaggio:

VOCE ALTOPARLANTE: -...Tim e Tom, signore e signori, per l'ultima volta in questa città. Venite signori, accettiamo monete contanti, vestiti anche vecchi, frutta ,farina, uova, legna, e tutto quanto la vostra generosità potrà darci, signore e signori. Tim e Tom, i due mirabolanti fratelli, per l'ultima volta in questa città, oggi. Accettiamo... (Il messaggio prosegue, uguale a quello già ascoltato, sfumando nelle cinque battute successive dei due protagonisti, quindi cessa)

2: -Non sono i siamesi, Tim e Tom?

1: -Boh...

2: -Quelli che fanno spettacoli in giro su quel furgone... lo guida un tizio che li porta a esibire.

1: -E cosa fanno?

2: -Raccontano barzellette. E' che sono siamesi, hanno tre braccia in due... o qualcosa del genere. Per mezz'ora, in frac, raccontano storie e barzellette che non fanno ridere nessuno. Poi si levano la giacca. La gente ci va per quello... Un'arancia basterà? (Ruba un'arancia dalla fruttiera) Il padrone è un capitalista... (Esce sorridendo, l'arancia nascosta sotto la giacca. 1 alza il volume della radio e canta. 2 rientra e abbassa la radio)

2: -Vai... se non li vedi oggi non li vedi più.

1: -Non m'interessano i siamesi. Li ho visti nei libri.

2: -Ma qua li vedi bene. Sono nudi. C'è una fila davanti al furgone!... Ne fanno entrare uno per volta e ci puoi restare un minuto. Erano belli...

1: -Quanti anni hanno?

2: -Avranno avuto una trentina d'anni. E fuori il tizio spiega tutto.

1: -Tutto cosa?

2: -Sono strani... Se ci pensi, la natura... Ieri alle due un cecchino ne ha preso uno nella pancia. L'altro, nemmeno sfiorato. Quello con la pancia sforacchiata è morto quasi sul colpo. Tre ore dopo era morto anche quell'altro. E... non c'aveva niente, lui.

1: -Li portano in giro col furgone... morti?

2: -Vedessi che fila c'è, per guardarli. Oh, o oggi o mai più. Vai, un'arancia gli basta e gli avanza... (Tira un'arancia a 1, che non prova nemmeno ad afferrarla, lasciandola cadere)

1: -E' una cosa pazza!

2: -E' la natura ch'è pazza... E' uno spettacolo...

1: -Non è giusto.

2: -Loro sarebbero d'accordo. Quello è il loro cognato...

1: -Ma non si può!..

2: -Bisogna capire. Quello ci viveva sui siamesi. Stasera poveraccio chiude baracca.

Il padrone chiama, ma tra la musica della radio e la concitazione del dialogo non viene udito. Al secondo richiamo 1 sente, spegne la radio e corre alla porta. Il padrone ordina un succo di pompelmo. Come prima, gesti esperti di 1 che estrae la lattina dal frigo, ne versa il contenuto in un bicchiere che posa sopra un vassoio e consegna a 2. 2 fa per uscire ma, semiaperta la porta, torna repentinamente sui suoi passi.

2: -Vai te.

1: -(Lo guarda interrogativo, brevemente, poi esce col vassoio. Ritorna)

2: -E' quello al tavolo 6 che voleva il succo?

1: -No, è quello dell'1.

2: -Non è quello del 6?

1: -No.

2: -E quello al 6?

1: - Non l'ho nemmeno visto.

2: -Guarda.

1: -(S'avvicina all'oblò della porta e osserva) Non l'avevo notato.

2: -Cosa fa?

1: -Lo conosci?

2: -L'ho incrociato stamani.

1: -Sta lì. Immobile, sulla sedia. Sembra che dorma, ma a occhi aperti. (Si volta interrogativo verso 2)

2: -E' un altro di quelli...

1: -Da dove viene?

2: -Stamani mi ci sono divertito. Non avevo niente da fare...

1: -Da dove viene?

2: -Non lo so.

1: -(Guardandolo attraverso l'oblò) Sarà americano.

2: -M'arriva davanti e mi spiattella la nenia. Solite parole, imparate male a memoria. Voleva l'ospedale. Dico "Venga, venga con me". Era medico, diceva, "venuto per aiutare" (recita con una pronuncia vagamente straniera). Come no? Quando arriva il fotografo francese e deve "testimoniare" (ancora quella pronuncia genericamente straniera), quando viene il giornalista americano che vuol "sensibilizzare" (solito imprecisato accento forestiero), "perché gli americani sono generosi, ma devono sapere per poter aiutare". Sono guardoni; si buttano su morti e macerie come bestie.

VOCE DEL PADRONE: -Acqua minerale naturale. Un bicchiere. (1 ha aperto per sentire)

1 prepara il bicchiere ed esce, portandolo sul vassoio. 2 s'avvicina all'oblò e guarda.1 torna.

2: -Com'era?

1: -Puzza di sudore da far vomitare. C'ha gli occhi bassi... non m'ha neanche visto.

2: -Insomma, dico "venga, per l'ospedale". Mi metto dieci metri davanti a lui e gli dico di seguirmi: lo tengo a distanza, sennò quello mi viene a biascicare quant'è buono, lui, a mollare la sua famiglia americana per venire nel vomito.

1: -Se non te lo tieni lontano sicuro che trova il modo di tirar fuori la foto della sua famiglia americana: tutti schierati, col cane, nel salotto di casa. Coi bordi sfumati...

2: -O magari mi chiede la mia storia, eh? la nostra storia. Perché gli dica quel che si vuol sentir dire.

1: -Perché gli confermi quel che crede di sapere. Tanto ce n'è pochi, a far sempre le stesse domande del cazzo. Con le loro visite di un quarto d'ora pretendendo di capire tutto. Invece le cose son sempre diverse...

2: Le troie accarezzano i bimbi, anche se non c'è la televisione, se li strapazzano, li baciano, piangono -come si chiama l'ultima attrice?...- Se volessero davvero far del bene avrebbero da spalancar le gambe... eh?... Poi rimontano sull'aereo, così se i bimbi avevano qualche dubbio se è il caso di vivere alla sera se lo son già tolto...

1: -Quando vedono sparire quelle tette enormi e fresche che li avevano strofinati...

2: -Almeno abbassassero gli occhi, guardassero da un'altra parte... Invece anche l'ultima cosa vogliono levarti, anche l'odio, con quegli occhi lucidi che ti guardano... (Breve pausa, per ritrovare il filo) Il dottore, insomma: me lo porto in giro per mezza città. Un vicolo dietro l'altro. E scavalca una casa di macerie, e passa il ponte pericolante, e imbucati in un altro vicolo... Esce un sole arroventato; questo, zitto, con gli occhi bassi e la valigia in spalla pesa spiombata, suda come un maiale.

1: -(Guardando nella sala, la indica) Quella...

2: -(Annuisce) Che fa?

1: -E' lì. Beve piano.

2: -Ogni strada e stradicciola gli ho fatto pestare. Allora lui, che aveva smesso già da un po' di sorridere, comincia a dire "Ospedale", io mi volto, sorrido, dico "Si, si", gli faccio segno di seguirmi. Una strada e un vicolo, un ponte e un altro vicolo. Tutte le strade, fuorché quella dell'ospedale. E dico "Si, si, vieni", non c'ha più forza di guardarmi, il dottore americano. A mezzogiorno non mi chiedeva neanche più se andavamo all'ospedale. Zitto... e cieco di stanchezza. E ancora tutte le macerie e ancora tutte le porcherie del mondo, ma lui non vedeva più niente. Aveva la testa come un pallone... gli girava come una giostra: infatti gli faccio fare la stessa strada tre volte e non s'accorge di nulla. Poi arriva l'ora che devo tornare a casa per mangiare e poi venir qui. Gli dico che ci siamo quasi, lo faccio fermare e gli scrocco due sigarette. Allora, ti faccio ridere, facciamo dieci metri... (Le parole gli si spengono in bocca. 1, che era salito sulla sedia per guardare fuori, si è visibilmente d'improvviso astratto dal racconto di 2, profondamente colpito da qualcosa che ha visto dalla finestra. Anche 2 sale: i due sono in equilibrio precario, adesso, in piedi sulla stessa sedia)

2: -Quei tacchi non van bene per attraversare il viale dei cecchini.

1: -Non ha paura di niente. A lei non possono sparare. E lei lo sa. Guarda come cammina dritta e sicura.

2: -Si ferma fuori!?

1: -(Scendendo dalla sedia) Vado.

2: -No, vado io. (E scende dalla sedia)

1: -C'è l'Americano... (avviandosi)

2: -Non capisce più niente l'Americano... (mentre cerca di agguantarlo, ma 1 sguscia via. 2 si piazza allora davanti allo specchio. Apre il rubinetto ma non viene acqua; allora, con l'acqua minerale che prende dal frigo si bagna i capelli e li tira indietro, guardandosi nello specchio. 1 rientra.

1: -(Quasi tra sé) Spremuta d'arancia. (sceglie le arance migliori e comincia a prepararla. 2 torna alla finestra a contemplare) Quello specchio deve sparire da lì.

2: -Gliela porto io la spremuta.

1: -Io rispetto la tua fede, te non devi disprezzare la mia.

2: -La spremuta gliela porto io. (Breve pausa) Qual'è la mia fede?

1: -La tua ghigna dentro uno specchio.

2: -Io mi curo. (Breve pausa. 1 continua a spremere le arance)

1: -Un chiodo. Sono tre giorni che non ti chiedo altro che un chiodo. Puoi attaccare lo specchio dove vuoi e lisciarti tutto il giorno...

2: -(Che continua, rapito, a guardare fuori) Questa è matta.

1: -(Sommessamente) Ma non sopra la mia Madonna.

2: -E' bella, ma è matta.

2 teneva d'occhio 1. Appena vede che la spremuta è pronta, nel bicchiere, guizza giù dalla sedia, acchiappa al volo un vassoio vi posa il bicchiere e va a servire la ragazza. 1 non fa a tempo a fermarlo. E si mette sulla sedia, a guardare. 2 rientra.

2: -Te l'ho detto che l'Americano è scoppiato. Non m'ha neanche visto. (Risale sulla sedia. Sono di nuovo in due, sulla stessa sedia, a contemplare in silenzio)

1: -Com'è?

2: -Com'è? E' lì... non l'hai vista com'è?

1: -Volevo dire se t'è sembrata gentile, se t'ha guardato.

2: -A me più che altro mi pare matta.

1: -E' bellissima.

2: Lo so che te hai la passione per le matte. Il padrone m'ha detto che se potessi vuoteresti i manicomi.

1: -Avete avuto una notte d'amore, per farvi tutte queste confidenze?

2: -Com'è la tua storia della matta?

1: -(Con stizza) Il padrone non sa tenersi niente...

2: -Dimmela; tanto la so. (1 tace) T'eri fidanzato con una matta vero? Una che s'erano violentata i soldati, i caschi blu negri, quand'erano venuti in città... (Aspetta da 1 la conferma. 1 tace) Insomma, gli avevan piantato in corpo un germoglino nero, dice il padrone. Così lei ha partorito di nascosto e l'ha rimpiattato. Senonché l'hanno trovato, questo cancherino moro, ch'era una specie di ghiacciolino, stecchito sotto la neve. Ma io non sono d'accordo col padrone, che dice che la colpa ce l'ha lei... la colpa è dei negri: i negri sono i peggio di tutti.

1: - Non mi ci hai fatto mettere nemmeno il ghiaccio!

2: -E poi? (1 tace) Non voglio che me la racconti. Te la dico io... è per sapere le cose come stanno. Il padrone, pettegolo, magari me l'ha detta diversa. Te correggimi se sbaglio. Lei aveva smesso di parlare, dopo... lo strupo. E te vai a trovarla. Poi la muta comincia a venire qui, la sera, quando il bar chiude. Il padrone t'aveva dato le chiavi, e ti lasciava qui con lei. Però dice che se la prendeva comoda lui, a andar via, per vedere cosa succedeva con questa che non apriva mai bocca né occhi... eppure veniva tutte le sere. E zitti, voi due, e lei ti tocca le mani, e te le guida facendo nell'aria dei disegni che lui non capiva. (Breve pausa) Che ci scrivevate in aria per mezzore? (1 tace) Un'altra sera torna perché s'è dimenticato qualcosa, dice, e vi trova a ballare una specie di tango. Ma senza musica. E tutto quel che si sentiva era lo struscìo dei piedi sul pavimento e lo sfregare dei vestiti... (Pausa) E poi dov'è andata? (Breve pausa) Il padrone dice ch'è sparita; meglio così, dice, povera ragazza, dice. (Pausa) Ma io... io c'ho una curiosità... volevo...: ma una parola, una sola, gliel'hai mai sentita dire?

1: (Sorprendentemente, dolcemente, risponde, mentre continua a guardare oltre la finestra, le mani dietro la schiena, la ragazza con la spremuta) No.

2: -Ma, si può, mi chiedo, si può provare qualcosa -ma il padrone dice che avevi perso la testa!-, eh, si può, per una che che non parla mai e tiene gli occhi fissi per terra, o al cielo?

1: -(Alza docilmente le spalle, sempre guardando fuori, come dire: "Si può")

2: Dice che sei così perché da bimbo ti hanno traumatizzato le matte del manicomio.

1: -(Voltandosi) Così come?

2: -Così... che hai questa passione.

1: -Non mi hanno traumatizzato. Mi facevano compagnia.

2: -La sera ti cantavano la ninna nanna.

1: -(Se racconta è per giustificarsi) Io non lo sapevo nemmeno che erano matte. Vedevo solo tutte queste donne insieme. Potevano essere operaie, che ne so, non me l'ero mai chiesto. Ce n'era una che si tirava fuori le tette e le strizzava guardandomi... come se mi volesse allattare. I pomeriggi di bimbo non passavano mai. Io mi portavo la seggiolina sul terrazzo e le stavo a guardare, quando andavano nel cortile a prendere aria. A parte quella con le tette, sembrava non mi vedessero neanche. E la notte, invece, cantavano per me.

2: -Dev'essere per questo che ti piacciono le matte eh? (Pausa)

1: -Ora questa va levata di lì.

2: -...Sei figlio di duecento matte...

1: -Va levata di lì ora. Non si può provocare i cecchini più di tanto. Loro sono laggiù, via... Va tolta di là... prima che ci pensino quelli sui tetti di fronte.

2: -Si, bisogna dirgli di venire a finirla dentro l'aranciata. ( Guarda 1, come domandando: "Chi va?")

1: -Vado io. (Ma non si muove)

2: -(Sorridendo all'incanto di 1 che guarda impalato la ragazza) Se non son matte non le vogliamo eh?

1: -Ma chi aspetta?

2: -(Con concitazione crescente) Ora t'è presa la paura?

1: -No. (E resta)

2: -Vado io (E comincia a lisciarsi i capelli, prima d'uscire)

1: -Lascia, vado io (E indugia)

2: -(Smettendo di pettinarsi, s'avvicina a 1) Allora vai!

1: -Vado, vado. (Scende dalla sedia, due passi verso la porta)

PUM!!!!!

2 corre fuori, 1 resta qualche secondo immobile; vocìo, fuori. 1 ripercorre indietro i due passi, sale sulla sedia.

1: -Aaaaaahhhhhhh!!!!! (e comincia a saltare e contorcersi con inaudita, insostenibile violenza: come un gatto investito da una macchina nei venti folli, ultimi secondi d'agonia; come schizza una palla di flipper. Quindici, venti secondi, nei quali il dolore, come il fondo d'ogni cosa, perde parole e forma, e resta fisicità convulsa e impazzita)

BUIO

E' sera. E' calma la sera. Soffusi canti d'uccelli; ombre lunghe spezzano la luce rossastra del tramonto che allaga la stanza dalla finestra. 2 sta togliendosi la divisa da cameriere per indossare jeans e camicia. 1 sta seduto sulla sedia nel centro della stanza, la testa bassa. S'avvicina la musica del violinista: la solita "Ciaccona", nel rosso vivido della sera. E' un momento perfetto. Poi 2 con un balzo sale sulla sedia per arrivare alla finestra.

2: -(Rabbioso, al violinista) Ooohhh! (Pausa) Qua c'è morta gente. Viaaaaaa (La musica si spezza)

Guardano fuori, 1 e 2, in direzione delle finestre dei cecchini.

2: -Saranno sempre lì?

1: -Si. (Di nuovo la "Ciaccona", in lontananza, a spegnersi pian piano)

2: -Ma, secondo te... come sono? (Pausa)

1: -Gente normale. (Lunga pausa, mentre la "Ciaccona" muore)

2 torna allo specchio per guardarsi, per l'ultima volta. Infine lo toglie, scoprendo il quadretto della Madonna a cui l'aveva sovrapposto.

2: -Domani lo porto un chiodo.

1: -Puoi attaccarlo dove vuoi...

2: -E' che non sopporto la tua superstizione. Siamo nel duemila, e preghi le madonne lacrimose.

1: -Ci sono sempre più madonne che piangono, ogni giorno una nuova... una in un paesino della Provenza piange lacrime di sangue.

2: -E gente che muore... Ma ci si confonde dietro ai pianti delle madonnine.

1: -Non ci si fa abbastanza attenzione, invece. Una madonna piange, e per la maggior parte della gente è come se non fosse successo nulla.

2: -Sono prese in giro.

1: -Ma almeno controllare, dico, starci mezz'ora a cercar di capire... fermarcisi un po' sopra a pensare. Secondo te la gente riconoscerebbe Gesù se tornasse?

2: -Il guaio è che ce n'è troppi, oggi, di gesucristi. Uno in India e due in Giappone, cinque o sei in America... con le loro bande di fanatici a far danni e basta. (Sta per congedarsi)

1: -Oh... La storia dell'Americano!

2: -La storia dell'Americano...

1: -Si.

2: -Dov'ero rimasto?

1: -L'avevi rivoltato come un pallone in ogni strada...

2: -E nemmeno una volta sola: certe strade gliele ho fatte fare tre volte. Ma questo ormai in testa c'aveva solo dell'aria. Fra il sole e la valigia d'una tonnellata, e il frastuono degli uccelli, e le macerie da scansare... Insomma, s'era fatta l'ora che dovevo tornare a casa. Allora gli dico che siamo quasi arrivati e mi faccio dare due sigarette. Si cammina ancora qualche metro; poi mi fermo e tutto sorridente, con una mossa da maggiordomo dico "Mister", dico, davanti a una casa verdognola chissà di chi mezzo diroccata, "Mister", dico, "ecco il sensale". Non capisce, dice "Sensale?": lo ripete senza saper nemmeno che vuol dire. Io "Si, mister, il sensale, lì. mister, il sensale, prego!". Lui dice "Ospedale, io, ospedale". Allora faccio l'espressione di chi casca dalle nuvole, dico "Ospedale, mister? No, questo no ospedale, sensale, questo sensale". E mentre mi allontano con la faccia di chi non sa come scusarsi, questo posa la valigia e ci si siede sopra, e da rosso congestionato com'era impallidisce come un morto, e io dico "Scusa mister"; questo con la testa fra le mani sotto il sole rimane fermo, così.

1: -A fare i guardoni vengono.

2: -A mettersi la coscienza a posto per i loro peccati vengono. A fare le domande più fesse, e poi tornano a casa e raccontano quel che la gente vuol sentirsi dire, e quello che loro credevano di trovare qui. Non han fatto nemmeno uno sforzo per capire davvero, arrivano con le idee già costruite... E credono di ascoltarti, ma non ti ascoltano mai.

1: -Il sensale!...

2: -Il sensale!

1: -E chi ci abitava lì, in quella casa?

2: -E che ne so chi ci abitava? Un sensale! Un sensale ci avrà abitato!

1: -E quello?...

2: -Quello adesso è in qualche angolo di strada a tenersi la testa fra le mani, quello, a rimpianger casa... In mezzo a una strada che si tiene la testa con le mani e non capisce più niente, il dottorino americano...

1: -Il sensale...

2: -Si chiede se qui son tutti pazzi...

FINE