C’ERA UNA VOLTA
…. E ADESSO C’E’ ANCORA
Commedia in due atti
di TONINO CONTE
PERSONAGGI
CANTASTORIE
GEPPONE
MOGLIE
FIGLI
VENTO
MOGLIE VENTO
PRIORE
TITOLARE
VARI
Commedia formattata da
Nota: nel corso delle prove o anche durante le prime repliche dello spettacolo, si dovranno aggiungere battute all'attore che impersona il Cantastorie e agli altri attori, in modo da stabilire un contatto diretto col pubblico nei passaggi da una fiaba all'altra. Queste battute non avranno il compito di coprire i cambiamenti di scena, ma la funzione di commento all'azione scenica avvenuta e di introduzione all'azione seguente.
ATTO PRIMO
(La scena è vuota. Gli attori entrano col carretto, alcuni dentro, altri spingendolo. Sono vestiti molto semplicemente come giovani del giorno d'oggi. Il carretto si ferma al centro, ne scendono gli attori e montano il fondale formato da 6 lenzuoli appesi a corde sostenute da pali grezzi di legno. L'attore che interpreta la parte del Cantastorie indossa cilindro e gilet mentre gli altri preparano sul fianco del carretto i cartelloni illustrati. Preparata la scena gli attori si schierano in fila, faccia al pubblico, come un coro. Daranno la loro voce ai personaggi della fiaba narrala dal Cantastorie, il quale con la bacchetta indicherà i disegni e di volta in volta l'attore che deve dare la voce al personaggio)
Cantastorie - C'erano una mamma e un babbo con tredici figli tutti maschi. Ne nacque un altro e gli misero nome Quattordici. Crebbe in fretta e diventò grande e la mamma gli disse: "È ora che anche tu aiuti i tuoi tredici fratelli che sono nel campo a zappare. Prendi questo cesto con la colazione per te e per loro e raggiungili". Gli diede un cesto con quattordici pagnotte, quattordici forme di cacio e quattordici litri di vino, e Quattordici andò. A metà strada gli prese fame e sete e mangiò tutte e quattordici le forme di cacio, e le pagnotte, e bevve tutti i quattordici litri di vino. I fratelli, rimasti a bocca asciutta, gli dissero: "Prendi un bidente anche tu e mettiti a zappare". E Quattordici: "Si, ma voglio un bidente che pesi quattordici libbre". I fratelli gli trovarono un bidente che pesava quattordici libbre, e Quattordici disse: "Facciamo chi fa prima a zappare fino in fondo al campo?". Si misero a zappare tutti e quattordici, e Quattordici arrivò per primo in fondo al campo. Da allora in poi, Quattordici lavorò coi fratelli: lavorava per quattordici ma mangiava anche per quattordici e i fratelli diventarono magri come acciughe. Allora il padre gli disse: "Vattene un po' per il mondo". E Quattordici ci andò. C'era un contadino grosso che aveva bisogno di quindici zappatori, e Quattordici gli disse: "Io lavoro per quattordici e mangio in proporzione, quindi pretendo la paga per quattordici. Se mi prendete a questo patto, io vengo". Il contadino grosso volle metterlo alla prova e prese lui insieme a un altro uomo, cosi Quattordici più uno faceva quindici. Andarono a zappare e mentre l'uomo dava un colpo di bidente, Quattordici ne dava quattordici e presto zappò tutta la campagna. Quando ebbe tutta la campagna zappata, il contadino grosso pensò che non gli conveniva dargli la paga per quattordici e pensò a un sistema per liberarsi di lui, e gli disse: "Sta' a sentire, devi farmi un servizio. Devi andare all'inferno con sette mule e quattordici bigonce a caricarle d'oro da Lucibello". E Quattordici: "Certo che ci vado, datemi solo una tenaglia che pesi quattordici libbre". Avuta la tenaglia, frustò le mule per la strada dell'inferno, finché arrivato alle porte dell'inferno, disse a quei diavoli: "Chiamatemi Lucibello". E loro: "Che vuoi dal nostro capo?" "Il mio padrone mi manda a riempirgli quattordici bigonce d'oro." "Vieni giù." gli rispose Lucibello. Quando fu giù quattordici diavoli gli s'avventarono contro per divorarlo. Ma appena un diavolo apriva la bocca. Quattordici gli prendeva la lingua con la tenaglia e lo lasciava morto. Ci rimase solo Lucibello capo dei diavoli. "Come faccio a riempirti d'oro le bigonce se m'hai ammazzato i diavoli che dovevano caricarle?" "Le carico io," gli rispose. Riempi d'oro le bigonce e disse: "Grazie, me ne vado." "Credi di andartene cosi, strillò Lucibello, e aperse la bocca per mangiarselo. Quattordici prese la lingua con la tenaglia anche a lui, lo alzò da terra, se lo mise a tracolla appeso alla tenaglia, e via dall'inferno con le mule cariche d'oro. Arrivò a casa del padrone e legò il diavolo al piede della tavola di cucina. Lucibello chiese: "Che cosa devo fare ora?" "Prenditi il mio padrone e tornatene all'inferno con lui.". Il diavolo non se lo fece dire due volte, e Quattordici restò lui padrone di tutto. Chiamò suo padre, sua madre e i suoi tredici fratelli, e con loro fece festa.
Il regalo del Vento Tramontano
(// carretto viene adattato a teatro da burattini in cui gli attori recitano, visibili a mezzo busto, con la testa coperta da grandi maschere e con costumi sgargianti)
Cantastorie - Un contadino di nome Geppone abitava nel podere di un Priore avaro, su un colle dove il vento tramontano distruggeva sempre frutti e piante. E il povero Geppone pativa la fame con tutta la famiglia. Un giorno si decide.
Geppone - Visto che non posso prendermela col Priore che mi ha assegnato un podere cosi male esposto, voglio andare a cercare questo vento che mi perseguita. Addio moglie, addio figli, io parto.
Moglie - Fai buon viaggio, Geppone. (Escono sei bambini in fasce, pupazzetti di stoffa infilati sulle braccia degli attori, che si agitano e pigolano come pulcini)
Figli - Ciao papà, ciao papà, ciao papà, ciao papà!
Cantastorie - Cammina cammina Geppone arrivò a Castel Ginevrino, dove abitava il Vento Tramontano, e bussò alla porta.
Moglie Vento - Chi picchia alla porta del Vento Tramontano?
Geppone - Son Geppone, non c'è vostro marito?
Moglie Vento - È andato a soffiare un po' tra i faggi e torna subito. Entrate ad aspettarlo in casa.
Geppone - Uhuhuhuhuhuh!... che aria fredda.
Moglie Vento - È mio marito che torna.
Geppone - Buongiorno, Vento.
Vento - Chi sei?
Geppone - Son Geppone.
Vento - Cosa cerchi?
Geppone - Tutti gli anni mi porti via i raccolti, lo sai bene, e per colpa tua muoio di fame con tutta la famiglia. Vento - E perché sei venuto da me? Prenditela col Priore che ti ha dato il podere più brutto.
Geppone - Non posso, perché se protesto il Priore chiama le guardie e mi fa arrestare.
Vento - Io cosa posso farci?
Geppone - Anche tu mi hai fatto male, cerca di rimediare in qualche modo, son nelle tue mani.
Moglie Vento - Marito, mi sembra un buon uomo.
Vento - Mi ha fatto compassione. Geppone, piglia questa scatola, quando avrai fame aprila, comanda quel che vuoi e sarai obbedito. Ma non darla a nessuno.
Geppone - Grazie, Vento.
Cantastorie - Geppone tutto allegro fece la strada in senso inverso e tornò a casa proprio all'ora di cena.
Geppone - O moglie!
Moglie - O Geppone, com'è andata?
Geppone - Benone, state a vedere. Scatola, porta pane vino e companatico. (Dalla scatola spunta fuori un braccio che porge roba da mangiare per tutta la famiglia)
Moglie - Oh che meraviglia, qui c'è da mangiare per tutti. (Escono i bambini tutti insieme)
Figli - Pio, pio, pio, pio, pio, pio, pio, pio, pio... (Mangiano velocemente facendo sparire tutti i cibi)
Geppone - Non dire al Priore che ho portato questa scatola, se no me la soffia.
Moglie - Io dir qualcosa? Dio me ne liberi.
Geppone - Adesso che ho la pancia piena, mi sento un gran signore.
Moglie - Bambini, a nanna, sciò, sciò, sciò... (/ bambini in fila indiana escono uno alla volta da sinistra a destra)
PrioRe - Donna, è tornato tuo marito?
Moglie
- Si, signor Priore.
PrioRe - Ah, si? E come è andata.
Moglie - Bene, signor Priore.
PrioRe - Son contento. E che ha portato di bello?
Moglie - Niente.
PrioRe - Come, niente.
Moglie - Solo una scatoletta.
PrioRe - E che c'è in quella scatoletta?
Moglie - Niente, signor Priore.
PrioRe - Come niente?
Moglie - Non c'è niente. Ma si figuri che se uno ordina, quella porta da mangiare.
PrioRe - Ah, si? Mandami qui Geppone.
Moglie - Geppone, ti vuole il Priore.
Geppone - Buongiorno, signor Priore.
PrioRe - O Geppone, so che hai una scatola molto preziosa. Me la fai vedere?
Geppone - Di quale scatola parlate?
PrioRe - Geppone, non dire bugie che è peccato.
Geppone - Ma questa scatola non vale niente.
PrioRe - Niente, eh?
Geppone - Con questa scatola io ci mangio.
PrioRe - Geppone, la devi dare a me.
Geppone - E io come resto? Lei sa che ho perso tutti i raccolti.
PrioRe - Se mi dai codesta scatola ti darò tutto il grano che vuoi, tutto l'olio che vuoi, tutto il vino che vuoi. Altrimenti...
Geppone - E va bene. (Dà la scatola al Priore e torna a casa)
Moglie - Che voleva il Priore?
Geppone - Mi ha preso la scatola. E ancora grazie se manterrà la promessa e mi darà mezzo sacco di grano.
Moglie - Siamo di nuovo allo stento. Cosa mangeremo?
Geppone - Le tue chiacchiere! È per causa tua che ho perso la scatola. Il Vento me l'aveva raccomandato di non dirlo a nessuno.
Moglie - E tu torna dal Vento e fatti regalare un'altra scatola.
Gippone - Di ripresentarmi a lui non ho più il coraggio.
Moglie - Fatti coraggio, se no qui moriamo di fame.
Figli - Pio, pio, pio, pio, pio, pio, pio, pio...
Geppone - Animo, mi tocca partire.
Cantastorie - Geppone cammina di nuovo fino al Castello Ginevrino e bussa alla porta del Vento Tramontano.
Moglie Vento - Chi è?
Geppone - Geppone.
Moglie Vento - Marito, è di nuovo Geppone.
Vento - Fallo entrare.
Geppone - Buongiorno, Vento.
Vento - Cosa vuoi, Geppone?
Geppone - Ti ricordi la scatola che mi avevi dato? Me l'ha presa il padrone e a me tocca sempre patire fame e stento.
Vento - Te l'avevo detto di non darla a nessuno. Ora va' in pace, io non ti dò più niente.
Geppone - Per carità, solo tu puoi rimediarmi questa disgrazia.
Vento - Non ci sento.
Geppone - Pensa ai miei figli.
Moglie Vento - Non ti fa compassione?
Vento - Mi fa compassione. Vedi questa scatola? È d'oro. Non aprirla se non quando avrai una gran fame. Se no, non ti ubbidisce.
Geppone - Grazie, Vento, corro a casa.
Moglie - Com'è andata?
Geppone - Benone, ho portato una scatola più bella dell'altra.
Moglie - Proviamola subito.
Geppone - Scatola, provvedi a pane vino e companatico. (Questa volta dalla scatola escono due braccia armate di un bastone e cominciano a picchiare a destra e a sinistra)
Geppone e Moglie - Aiuto! Al soccorso! Siamo morti!
Figli - Piiiiiii! Piiiiiiii! Piiiiiiiii!
Moglie - Chiudi la scatola.
Geppone - È un brutto scherzo del Vento Tramontano.
Moglie - Adesso che facciamo?
Geppone - Senti, va' dal padrone e digli che ho portato una scatola più bella dell'altra.
Moglie - Buongiorno, signor Priore.
PrioRe - È tornato Geppone? E cosa ha portato?
Moglie - Pensi signor Priore, una scatola meglio dell'altra: tutta d'oro!
PrioRe - Oh, davvero?
Moglie - Ma questa volta non vuol darla a nessuno.
PrioRe - Mandami Geppone.
Moglie - Ti chiama il Priore.
Geppone - Riverisco, signor Priore.
PrioRe - Mi rallegro, Geppone, mi rallegro che sei tornato. Mi fai vedere la nuova scatola?
Geppone - Si, e poi mi pigliate anche questa.
PrioRe - No, non te la piglio.
Geppone - Eccola qua.
PrioRe - Geppone, dàlia a me. Che vuoi fartene tu che sei un contadino di una scatola d'oro?
Geppone - Questa me la tengo.
PrioRe - Ti dò in cambio l'altra e poi qualcosa di giunta.
Geppone - Be' andiamo: mi renda l'altra e le dò questa.
PrioRe - Affare fatto.
Geppone - Badi signor Priore questa si deve aprire solo se si ha una gran fame.
PrioRe - Mi va giusto bene. Domattina ho la visita del Titolare, lo faccio star digiuno fino a mezzogiorno, poi gli apro la scatola e avrà la sorpresa. (Esce)
TitolaRe - Io sono il Titolare, sono molto importante, e ho una gran fame. Priore!
PrioRe - Al vostro comando.
TitolaRe - Noi. vuoi darmi da mangiare?
PrioRe - No! Cioè, si!
TitolaRe - In cucina il fuoco è spento.
PrioRe - Vedrà, signor Titolare...
TitolaRe - Cos'ho da vedere? In dispensa non ci sono provviste.
PrioRe - Ma non ce n'è bisogno.
TitolaRe - Come? Non hai messo in tavola neanche un tozzo di pane.
PrioRe - Ora ci penso io. Scatola mia, scatola d'oro, servi pane vino e companatico. (Dalla scatola escono due braccia che stringono un bastone e tirano giù botte ai due)
TitolaRe - Ahhhh! E questo me lo chiami pane? Priore, me la pagherai.
PrioRe - Geppone, me l'hai fatta.
Geppone - (voce fuori scena) L'avete voluta voi la scatola.
PrioRe - Salvami da questo diavolo di bastone.
Geppone - Voi cosa mi date?
PrioRe - Tutto quello che vuoi.
Geppone - Voglio un campo più grande, e che non sia esposto al Vento Tramontano.
PrioRe - Prenditi la scatola, e prendi anche il campo, e va' con Dio! (Appare Geppone e si scopre che le braccia che picchiano sono le sue. L'attore che lo impersonava si toglie la maschera e continua a picchiare il Priore e il Titolare fino a far rotolare via le loro maschere)
Geppone - Prendi questo, questo e ancora questo, e va' all'inferno. Non ho più bisogno di te Priore, e nemmeno di te, Titolare dei miei stivali! (Rivolto al pubblico) Ragazzi, avete visto che lezione?
Pierino Pierone
Cantastorie - Pierino Pierone era un bambino che andava a scuola. Per la strada di scuola c'era un orto con un pero, e Pierino Pierone si arrampica a mangiar pere. Sotto il pero passò la Strega Bistrega.
Strega - Perino Pierone dammi una pera con la tua bianca manina che a vederle, son sincera sento in bocca l'acquolina.
Pierino - Questa si sente l'acquolina in bocca perché vuol mangiare me, non le pere. Io non scendo. Strega Bistrega ti tiro una pera.
Strega - La pera è caduta per terra, proprio dove è passata una mucca e ha lasciato un suo ricordino.
Pierino - Pazienza.
Strega - Un corno!
Pierino Pierone dammi una pera
con la tua bianca manina
che a vederle, son sincera
sento in bocca l'acquolina.
Pierino - Io non scendo, Strega Bistrega, ti butto un'altra pera.
Strega - Questa volta la pera è caduta dove un cavallo ha lasciato un laghetto.
Pierino - Pazienza.
Strega - Un corno!
Pierino Pierone dammi una pera
con la tua bianca manina
che a vederle son sincera
sento in bocca l'acquolina.
Pierino - Uffa! M'hai convinto Strega Bistrega, scendo dal ramo e ti porto la pera.
Strega - Bravo Pierone Pierino
sei un bravo ragazzino.
Pierino - Ecco a te, streghina.
Strega - Ti ho preso! (La Strega apre il sacco e ci mette dentro Pierino, lega il sacco e se lo mette in spalla, si incammina verso casa) Guarda che bel prezzemolo in questo prato, mi fermo un momento per raccoglierne un mazzetto. (Posa il sacco e si mette a raccogliere prezzemolo. Pierino intanto riesce ad aprire il sacco, ci ficca dentro una pietra e scappa. La Strega riprende il sacco e se lo mette in spalla)
Ahimé! Pierino Pierone
pesi come un pietrone. (La Strega arrivata a casa bussa al portone, sua figlia si affaccia alla finestra)
Margherita - Chi è?
Strega - Margherita Margheritone
vieni giù, apri il portone
e prepara il calderone
per bollire Pierino Pierone.
Margherita - Mammina, t'apro subito il portone perché ho la fame di sette buoi e voglio mangiarmi Pierino Pierone. (Accendono il fuoco e ci mettono su il calderone)
Strega - Bolle?
Margherita - (dopo aver sentito l'acqua col dito) Non bolle.
Strega - Bolle?
Margherita - Non bolle.
Strega - Bolle?
Margherita - Bolle!
Strega - Allora lo butto. (Rovescia il sacco nella pentola e la pietra manda fuori l'acqua bruciando le gambe a tutte e due)
Ahi! Pierino Pierone
m'hai scottato il sederone.
Margherita - Mamma mia, cosa vuol dire:
porti i sassi da bollire?
Strega - Me l'ha fatta!
Figlia mia riaccendi il fuoco
io ritorno qui fra poco. (Cambia il vestito, si mette una parrucca bionda e va via di corsa col sacco)
Pierino - (che è tornato sul pero) Che belle pere, che belle pere.
Strega - (falsando la voce) Pierino Pierone dammi una pera
con la tua bianca manina
che a vederle, son sincera
sento in bocca l'acquolina.
Pierino - Strega Bistrega sei una vecchia bacucca
anche se ti sei messa la parrucca.
Strega - Non son chi credi, son sincera
arrivata son qui stamattina
dammi una pera, dammi una pera
con la tua bianca manina.
Pierino - Non dò pere alla Strega Bistrega
se no mi prende, e nel sacco mi lega.
Strega - Pierino Pierone dammi una perina
con la tua bianca manina.
Pierino - Uffa! Strega Bistrega, mi fai pena
scendo dal ramo e ti dò la pera.
Strega - T'ho preso. (Lo ficca nel sacco e lo porta via. Arrivata a casa bussa alla porta)
Margherita - (affacciandosi alla finestra) Ho fame! Ho fame! Ho fame! Ha fame!
Strega - Margherita Margheritone
apri subito il portone.
Margherita - Questa volta non ci scappa.
Strega - Senti bambina figlia di strega, vado a cogliere l'insalata, mentre io sono via fallo in spezzatino con patate.
Margherita - Ci penso io. (Slega il sacco e fa spuntare la testa del bambino)
Pierino Pierone fammi un piacere metti la testa su questo tagliere.
Pierino - Ma quello che hai in mano è un coltello?
Margherita - Ma che coltello, è un rastrello.
Fammi il piacere, fammi il piacere metti la testa su questo tagliere.
Pierino - Eh? Come? Fammi un po' vedere.
Margherita - Cosi, stupido, metti il collo
e lo allunghi come un pollo. (Margherita mette la testa sul tagliere, Pierino prende il coltello, le taglia la testa e la mette a friggere in padella)
Pierino - Margherita Margheritone
Margheritone Margheritina
ti ho tagliato la testolina. (Si sentono arrivare da lontano i passi della Strega) Ahimé, torna la Strega, io mi arrampico sul camino.
Strega - Margheritina figlia mia bella chi t'ha messa li in padella?
Pierino - Io!
Strega - Come hai fatto a salire lassù sulla cappa del camino?
Pierino - Ho messo una pignatta sopra l'altra e sono salito.
Strega - Ci provo anch'io. (Mette una pentola sopra all'altra e tenta di salire, ma sul più bello rotola nel fuoco e prende a bruciare) Aiuto, brucio, brucio, brucio, brucio!
Pierino - Strega Bistrega
il fuoco ti frega!
Strega Bistrega
il fuoco ti frega!
Strega - Se mi spegni ti dò un tesoro.
Pierino - Dov'è il tuo oro?
Strega - È nascosto li nel muro. (Pierino tira fuori il tesoro dal muro)
Pierino - Oro d'oro e princisbecco
ce n'è proprio un bel mucchietto.
Strega - Adesso mi spegni? Sono infiammata
Son quasi tutta consumata. Pierino - (rivolto al pubblico) Bambini, voi che ne dite?
La spengo o non la spengo?
Faccio quello che mi dite. (Secondo la risposta del pubblico, Pierino spegne la Strega o la fa bruciare fino all'ultima briciola)
E di Margherita Margheritone
che ne facciamo?
Se volete io le riattacco la testa.
Si? Ci proviamo. (Fa sedere Margherita in terra, le mette la testa sul collo e gliela cuce con ago e filo, poi ci passa sopra un po' di saliva)
Margherita - Ho fame!
Pierino - Tira la coda al cane.
Margherita - Ora ti mangio.
Pierino - Marameo! Vienimi a prendere. (Pierino scappa inseguito da Margherita e dalla Strega che se non è stata spenta continua a gridare)
Strega - Brucio! Chi mi spegne? Chi ha pietà di una povera Strega? Bambini, spegnetemi, spegnetemi!
ATTO SECONDO
Peppi sperso per il mondo
Cantastorie - C'era una volta una madre vedova con due figlie femmine e un maschio che si chiamava Peppi e non sapeva come buscarsi un pezzo di pane. La madre e le sorelle filavano, e Peppi disse: (durante l'azione che segue il cantastorie si cambia a vista per interpretare la parte di 1" Contadino incontrato da Peppi. Interpreterà poi altri personaggi a seconda delle necessità)
Peppi - Madre, sapete cosa vi dico? Vi domando bella licenza e me ne vado sperso per il mondo.
MadRe - Vai, figlio mio, e non tornare più indietro.
Peppi - Facciamo cosi: se divento ricco torno indietro, se resto povero non torno più.
MadRe - Addio, figlio.
Peppi - Addio, madre. (Peppi si mette sulla strada e cammina. Fermandosi)m Chi mi vuole per garzone che lo voglio per padrone. (Riprende il cammino. Si ferma ancora) Chi mi vuole per garzone che lo voglio per padrone.
1° Contadino - Ehi, chi sei?
Peppi - Avete bisogno di un picciotto?
1° Contadino - Da dove vieni?
Peppi - Dal paese più povero del mondo.
1° Contadino - Eh, cane! cane! Dagli addosso!
Peppi - Me ne vado, non vi arrabbiate. (Si rimette a camminare)
Chi mi vuole per garzone
che lo voglio per padrone.
Chi mi vuole per garzone
che lo voglio per padrone.
2° Contadino - Tu!
Peppi - Viva Maria!
2° Contadino - E viva Maria! Che abbiamo?
Peppi - Se avete bisogno di un picciotto...
2° Contadino - Aspetta: ci deve essere il boaro che se ne va. Andiamo a chiederlo al padrone. Padrone, c'è un picciotto qua, che cerca lavoro.
Padrone - Si, fagli fare colazione, che quando scendo ne parliamo.
23 Contadino - Mangia Peppi, c'è pane e ricotta.
Peppi - Non butto via neanche le briciole. (Peppi mangia in fretta sorvegliato dal contadino)
Padrone - Sei tu il picciotto?
Peppi - Ai vostri comandi, signor padrone.
Padrone - Domattina vai coi buoi, ma senti, figlio mio: qua se ci vuoi stare c'è il semplice mangiare e nulla più.
Peppi - Io ci sto. Sia quello che vuole Dio.
2°Contadino - Peppi, qui c'è un pane e un po' di companatico. Prendi i buoi e portali a pascolare. Attento a non tornare prima che tramonti il sole.
Pfppi - (porta i buoi al pascolo) Questa è la mia giornata dìlavoro: mi sveglio col sole, tutto il giorno sto dietro ai buoi, a mezzogiorno mangio pane e ricotta e bevo acqua di sorgente, poi di nuovo con le bestie, col bello e col brutto tempo, con pioggia e con vento, giorni feriali e giorni festivi, sempre solo, senza mai vedere in faccia un cristiano, e quando il sole sta per calare, torno alla fattoria per buttarmi a dormire su un mucchio di paglia. Che vita è questa? (Peppi torna alla fattoria)
Padrone - Peppi!
Peppi - Oh!
Padrone - Che hai?
Peppi - Niente. (Peppi torna al pascolo coi buoi) La mia giornata è sempre la stessa; al mattino vado via coi buoi, a mezzogiorno mangio pane e ricotta, la sera me ne torno alla stalla sempre intrombato in viso. (Peppi torna a casa coi buoi)
Padrone - Peppi!
Peppi - Oh!
Padrone - Che hai?
Peppi - Niente.
Padrone - Niente, Peppi? Perché non me lo dici?
Peppi - Cosa ci ho da dirvi? Sta venendo carnevale, e neanche stavolta mi darete "un po' di soldi che vada a far' festa con mia madre e le sorelle?
Padrone - Ih, di tutto mi puoi discorrere, fuorché di soldi. Se vuoi pane, quanto ne vuoi, ma soldi niente.
Peppi - E se dovessi comprare un po' di carne, come faccio?
Padrone - I patti te li ho fatti prima: non so cosa dirti. (Peppi va al pascolo)
Peppi - Anche questo giorno me la passo con i miei santi buoi. In questo mondo non cambia mai niente: il sole se ne sta sempre appeso sopra, i buoi stanno sempre con le quattro zampe in terra, il padrone è sempre il padrone, e io sono sempre Peppi.
Bue - Peppi!
Peppi - Chi mi chiama? È l'apprensione che ho in cuore che mi fa sentire quel che non c'è.
Bue - Peppi! Peppi!
Peppi - Ma chi è che mi chiama?
Bue - Sono io.
Peppi - Come! Parli?
Bue - Io si che parlo.
Peppi - O bella, un bue che ragiona.
Bue - Che hai che metti un muso cosi lungo?
Peppi - Cos'ho da avere? Viene carnevale e il padrone non mi dà niente.
Bue - Senti cosa devi dirgli, Peppi, stasera quando ci vai. Gli devi dire: "E neanche il bue vecchio mi date?". A me il padrone non mi può vedere, perché non ho mai voluto lavorare, e mi regalerà a te. (Peppi torna alla fattoria)
Padrone - Peppi, che hai, con quel viso come una tromba lunga sette canne?
Peppi - Ci ho da dirvi una cosa: neanche il bue vecchio mi volete dare, che ha più anni lui della civetta? Almeno quando arrivo a casa lo scanno e metto un po' a mollo quella sua carne dura.
Padrone - Quello pigliatelo, ti regalo anche un pezzo di corda per portartelo via.
Peppi - Grazie, padrone. Allora, con vostra licenza, io vado a casa a salutare mia madre.
Padrone - Fai buon viaggio, e soprattutto torna presto
Peppi - Andiamo, Bue, che il viaggio è lungo. Bandito
Re - Genti di tutte le contrade! Udite! Udite! Udite! Udite! Genti di tutti i ceti! Udite! Udite! Udite! Udite! Chiunque si sente di lavorare e finire in un giorno una salma di terra, si piglia la figlia del Re in moglie; se è sposato, due tumuli di monete d'oro; se non ce la fa, il collo tagliato. Promesso e firmato: Re Bagnacallo.
Peppi - Caspita, la figlia del Re in sposa!
Bue - Ci vogliamo provare noialtri, Peppi?
Peppi - E proviamoci (Si avvicinano alla porta del palazzo reale)
Sentinella - Alto là!
Peppi - Presentatemi al Re, voglio fare la prova.
Sentinella - Tu? Sei troppo stracciato.
Peppi - Ho un bue e braccia buone per lavorare.
Sentinella - Va' via! Va' via!
Peppi - No che non vado via!
Re - Che è questo baccano?
Sentinella - Sire, un picciotto vuol fare la prova. Ma ha la faccia del morto di fame.
Re - Be', se ci rimette la testa, avremo un morto di fame in meno nel reame. Voi che ne dite?
Ministro 1 - Uno più...
Ministro 2 - ...uno meno...
Re - Meglio uno meno. Fatelo passare,
Peppi - Ai piedi di sua Maestà.
Re - Cos'abbiamo?
Peppi - Intesi il bando, e vorrei vedere se posso farcela io con quella salma di terra.
Re - Ma l'hai inteso tutto, il bando?
Peppi - L'intesi: se non ce la faccio, ne va di mezzo il collo.
Re - Povero ragazzo.
Ministri - Hih, hih, hih! Poverino.
Peppi - Però, Maestà, deve darmi l'aratro e un po' di fieno, perché io non ho niente, essendo di passaggio.
Re - Dategli fieno e aratro.
Ministri - Signorsì. (/ Ministri consegnano a Peppi fieno e aratro)
Peppi - Maestà, voglio cominciare subito.
Re - E allora sotto.
Peppi - Alò Bue! Alò! Il giorno è corto e la terra è grande. Alò! Alò!
Re - Con l'aiuto di Dio, è andato.
Ministro 1 - Maestà, il picciotto va svelto.
Ministro 2 - Maestà, quel bue lavora come dieci bestie.
Ministro 1 - Maestà, che facciamo?
Re - E che dobbiamo fare? Non possiamo mica tagliargli la testa prima che tramonti il sole.
Ministro 2 - Non vede che quello là sta finendo di arare?
Ministro 1 - Non vorrà mica dare sua figlia a quel brutto villano?
Re - E voialtri cosa mi consigliate?
Ministro 1 - A mezzogiorno gli mandiamo una gallina al forno...
Ministro 2 - ...del sedano tenero tenero...
Ministri - ...e una bottiglia di vino oppiato.
Re - Mandate subito la serva.
Ministro 1 - Serva! Porta la colazione al picciotto.
Serva - Obbedisco. (La serva porta il cesto del mangiare nel campo) Signor Peppi, questo ve lo manda il Re in persona.
Peppi - Gli bacio le mani.
Serva - Venite a mangiare, che raffredda.
Peppi - Prima voglio finire di arare.
Serva - Che premura avete? Ormai non vi rimane da arare che un triangolo di terra grande quanto un cappello da prete.
Peppi - Allora mangio, ma prima ne dò al bue.
Bue - A me mezza manna di fieno, che son vecchio. (Peppi e il Bue mangiano)
Peppi - O che bellezza, il campo è quasi tutto arato, viene un capolavoro. Tra un'ora finisco, sposo la figlia del Re e divento ricco. Quando poi muore il Re, divento re io, e a te Bue ti faccio primo ministro. Voglio comprarmi un cavallo bianco, un vestito di seta e cosi tutto insignorato torno da mia madre. Scommetto che non mi riconosce. Mi pare di vederla qui impalata, a bocca aperta, povera vecchia... (Sbadiglia) ...un sogno... (Sbadiglia) Le dico: te l'avevo detto che tornavo a casa ricco?... (Si addormenta)
Re - Si addormenta?
Ministro 1 - Si addormenta.
Ministro 2 - Si è addormentato.
Re - Sssst! Sssst! Silenzio su tutto il regno. Non voglio sentire volare una mosca.
Ministro 1 - Silenzio!
Ministro 2 - Silenzio!
Re - Ssssst! Guai se si sveglia.
Ministro 1 - Ssssssst!
Ministro 2 - Ssssssst!
Re - Ssssssst!... rrroon... sssssst... rrrroon... (A forza di zittirsi uno con l'altro si addormentano tutti e tre con la testa appoggiata sul balcone)
Bue - Ehi, ehi!
Peppi - Ahhhh?... Ahahahahahaaaa...
Bue - Alzati, alzati, che ne va di mezzo il collo.
Peppi - Ahhhhh! che è successo? Mi sono addormentato. Il sole è già basso, qui ci rimetto la testa.
Bue - Peppi, finiamo.
Peppi - Alò Bue! Alò! Alò!
Re - (svegliandosi) Eh? Silenzio! Che è stato?
Ministro 1 - Silenzio!
Ministro 2 - Silenzio!
Re - Che silenzio e silenzio! Imbecilli, quello si è rimesso ad arare.
Ministro 1 - Accidenti, s'è svegliato.
Ministro 2 - L'oppio era poco.
Re - Bestioni! Sono infuriato.
Ministro 1 - Ha finito di arare.
Ministro 2 - Il sole è tramontato.
Ministri - Amen!
Re - Adesso che facciamo?
Ministro 1 - Offritegli le monete d'oro.
Ministro 2 - È povero in canna, e si porterà via i due tumuli d'oro, senza neanche guardare in faccia vostra figlia.
Re - Fatelo venire.
Ministri - Avanti il vincitore!
Peppi - Papà, mi benedica.
Re - Oh, hai finito?
Peppi - Ho finito?
Re - Cosa vuoi? Due tumuli di monete d'oro? L'oro è bello, sai?
Peppi - Ma vostra figlia dev'essere più bella ancora.
Re - Come, non vuoi i quattrini?
Ministri - Non vuole i quattrini!
Peppi - Scapolo sono, Maestà, che me ne faccio delle monete d'oro? Ora è moglie che voglio prendere.
Re - Ho dato la mia parola di Re: e moglie avrai.
Tutti - Viva Peppi! E viva anche il suo Bue!
Bue - Ora che ti sposi mi devi ammazzare e tutte le mie ossa le devi mettere in una corba e andarle a piantare una per una nella terra che hai arato. La mia carne invece devi dire al cuoco di cucinarla come vuole: da carne di coniglio, di pollame, di lepre, di castrato e anche di pesce.
Peppi - No, Bue, non ti voglio ammazzare.
Bue - Guarda, io sono vecchio, se non mi ammazzi di tua mano, io muoio di malattia soffrendo il doppio.
Ministro 1 - Ma si, ammazziamolo.
Ministro 2 - Cosi non dovremo comprare carne per il banchetto di nozze.
Re - Cuoco, cucina la carne del vecchio Bue come carne di coniglio, di lepre, di pollame, di castrato e di pesce.
Cuoco - 'gnorsi, cosi farò.
Re - Che Peppi sia vestito da gran signore. (/ due Ministri vestono Peppi come un Principe) Adesso facciamo il matrimonio.
Ministro 1 - Entra la reginotta!
Ministro 2 - Omaggio alla reginotta.
Re - Figlia mia, questo è tuo marito: lo prendi?
Reginotta - Lo prendo.
Re - Figlio mio, questa è tua moglie: la prendi?
Peppi - Si, papà, la prendo.
Re - Vi benedico marito e moglie.
Ministri - Lunga vita agli sposi!
Tutti - Viva gli sposi!
Re - Adesso facciamo festa.
Cuoco - Il pranzo è servito.
Ministro 1 - A tavola.
Ministro 2 - Tutti a tavola. (Siedono tutti attorno alla tavola imbandita e mangiano).
Tutti - "Che profumo."
"Ma questa è proprio lepre."
"Questo è pollo vero."
"Bestia giovane questa."
"Bella carne."
"Tenera tenera."
"Senti, è pesce."
"Un fagiano più fagiano di questo non l'ho mai
mangiato."
"E tutto questo ben di dio è venuto dal vecchio
Bue di Peppi."
"Ci ha fatto la sorpresa."
"Che squisitezza."
"Che bellezza."
Re - Ce l'avete tutti la pancia piena?
Tutti - Si, Maestà.
Re - Allora ci addormentiamo. Buonanotte a tutta la compagnia.
Tutti - Buonanotte Maestà. (Tutti si addormentano rannicchiandosi sulla sedia e tirando la testa nelle spalle come uccelli. Lentamente cala la luce. Si sente la grossa russata del Re alla quale risponde la russata in sordina di tutti gli altri)
Peppi - (che aveva fatto finta di dormire) Ehi, cuoco reale.
Cuoco - Uaaaaa!... Che accade?
Peppi - Dammi le ossa del vecchio bue.
Cuoco - Prendi, Reuzzo.
(Si riaddormenta. Peppi prende la cesta delle ossa e le pianta nel campo poi torna a dormire a fianco della Reginotta. Le ossa si trasformano in alberi fioriti
carichi di frutta mentre lentamente toma la luce)
Reginotta - (svegliandosi) Oh, che sogno ho fatto? Mi pareva come tante ciliege, tante mele, che mi prendessero in bocca e tante rose, tanti gelsomini. (Si alza e stacca dei frutti dagli alberi e li porta alla bocca) Non è sogno, non è sogno, questa è mela che si tocca!
Peppi - (si sveglia e prende della frutta) Non è sogno, non è sogno, son ciliege che ho in bocca.
Re - (svegliandosi) Buongiorno, figli miei.
Peppi e Reginotta - Buongiorno, papà.
Re - Eh? Che è tutta questa frutta? Ministri, sveglia!
Ministro 1 - Aranci, limoni, susini, viti, peri, meli, tutti carichi di frutta.
Ministro 2 - Son fioriti nella terra arata da Peppi.
Ministro 1 - Sudditi, sveglia!
Sudditi - "Che meraviglia, è un miracolo di Peppi." "Ti mettono voglia di mangiarle." "Vado a coglierne un cesto per la colazione."
(/ sudditi si avvicinano agli alberi per cogliere la frutta)
Re - Sudditi, alt! Questo giardino è proprietà reale, e questa frutta è riservata alla mia mensa particolare.
Ministro 1 - Sciò! Sciò! State lontani.
Ministro 2 - Tornate tutti alle vostre case.
Re - Convoco immediatamente il consiglio dei ministri.
(Escono tutti fuorché il Re e i due Ministri) Situazione d'emergenza. Quel contadino si mette a fare miracoli senza neanche chiedermi il permesso.
Ministro 1 - Siamo sicuri che è lui?
Re - Chi vuoi che sia?
Ministro 1 - Prima la carne di bue diventa carne di ogni animale.
Ministro 2 - Poi in una notte crescono quintali di frutta.
Ministro 1 - Di prima qualità.
Ministro 2 - E per giunta fuori stagione.
Ministro 1 - Senza contare che voi siete il più eccelso coltivatore di frutta del reame.
Re - Concorrenza sleale! Se quello fa crescere la frutta a colpi di bacchetta magica, la frutta dei miei giardini non vale più un fico!
Ministro 1 - Delitto di lesa Maestà!
Re - Perché?
Ministro 2 - Perché lede i vostri interessi privati.
Re - Voi cosa mi consigliate?
Ministro 1 - Innanzitutto ordinate di abbattere le piante abusive.
Re - Ordinato.
Ministro 2 - E in quel campo ci farete seminare cipolle.
Re - Ben detto. Voi invece sapete cosa dovete fare? Parlare con mia figlia e fatele spiattellare tutto quello che sa.
Ministri - Passiamo all'esecuzione. (/ Ministri portano via tutti gli alberi, poi vanno dalla Reginotta)
Ministro 1 - Ma tutte queste cose, le fa tuo marito?
Ministro 2 - È lui che fa crescere gli alberi, non è vero?
Reginotta - E io che ne so?
Ministro 1 - Come, non lo sai?
Ministro 2 - Quel villano ha cosi poca stima di sua moglie?
Ministro 1 - Una moglie di sangue reale!
Reginotta - Peppi mi rispetta.
Ministro 1 - Ma non ti dice i suoi segreti.
Ministro 2 - Sciocca, domandagli come fa.
Reginotta - Eh, stasera gli domando.
Ministro 1 - Brava.
Ministro 2 - E poi diccelo subito. (/ Ministri escono.
Entra Peppi che prende per mano la Reginotta e insieme vanno a letto)
Reginotta - Peppi!
Peppi - Dormiamo.
Reginotta - Ma come hai fatto a far crescere tutta quella frutta?
Peppi - Non ci pensare, dormi.
Reginotta - Ma io sono tua moglie, voglio saperlo.
Peppi - Ma che te ne importa? Dormi.
Reginotta - Racconta.
Peppi - Adesso no, perché casco dal sonno.
Reginotta - Dimmelo subito.
Peppi - Io te lo dico in un orecchio, ma tu non dirlo a nessuno.
Reginotta - Lo giuro.
Peppi - Senti, allora. (Le parla all'orecchio. Buio. Quando torna la luce la corte è riunita al completo)
Ministro 1 - Facciamo una scommessa, Reuzzo?
Peppi - E quale?
Ministro 2 - Che siamo capaci di dire come avete fatto a far crescere gli alberi nel campo?
Peppi - Scommettiamo.
Ministro 1 - Allora, voi ci scommettete tutta la roba che avete avuto qui.
Ministro 2 - Tanto prima eravate povero come un cane.
Ministro 1 - Noi tutto quello che possediamo.
Peppi - Scommettiamo.
Ministro 2 - Testimone tutta la corte.
Re - Sentiamo.
Ministro 1 - Avete fatto scannare il vecchio Bue, e seminato le sue ossa di notte, nel campo che avevate arato di giorno.
Peppi - Di mia moglie mi fido, ma chi glielo ha detto, il Sole? L'avete indovinato.
Ministro 1 - Dacci tutta la tua roba.
Ministro 2 - E torna morto di fame come prima.
Peppi - Glielo ha detto il Sole! (/ Ministri spogliano Peppi di tutti i vestiti principeschi e lo lasciano stracciato come prima) Papà, vi domando bella licenza, parto per un lungo viaggio.
Re - Torni? Qui un piatto di minestra lo trovi sempre.
Reginotta - Prendi la tua bisaccia.
Peppi - Addio, moglie mia. (Peppi si mette in viaggio e dopo aver camminato tutto il giorno arriva alla capanna di un eremita che ha la barba bianca lunga fino al petto) Salute a voi, padre eremita.
I Eremita - Chi sei?
Peppi - Son Peppi.
I Eremita - Che vai cercando? Il Sole! Ih, figlio, cammina diritto finché trovi un altro eremita più vecchio di me. (Peppi riprende a camminare e arriva da un altro eremita con la barba lunga fino ai ginocchi)
Peppi - Padre reverendo, sia benedetto.
II Eremita - Che abbiamo? Che abbiamo? Son cent'anni che non vedo un'anima.
Peppi - Mi sa dire dove spunta il Sole?
II Eremita - Ih, figlio, cammina diritto finché trovi un altro eremita più vecchio di me. (Peppi si rimette in cammino e arriva da un vecchio con la barba lunga fino ai piedi)
Peppi - Gran padre, bacio le mani.
Ili Eremita - Che vai cercando in questi deserti?
Peppi - Mi sapete dire dove spunta il Sole?
Ili Eremita - Ih, figlio, sei arrivato appena in tempo, il
Sole sta per nascondersi sotto il suo mantello.
Peppi - Che devo fare?
III Eremita - Sali su quella collina e chiamalo forte, per ché è un po' sordo. (Peppi sale sulla collina da dove si vede il Sole)
Peppi - Sole! O Sole!
Sole - Eh? Chi è?
Peppi - Sono io, Peppi.
Sole - Chi? Parla più forte.
Peppi - Sole! O Sole traditore, tu solo mi potevi ingannare, e non me lo dovevi fare, traditore!
Sole - Io? Non fui io che ti ingannai, non fui io.
Peppi - Sole, tu solo mi potevi ingannare.
Sole - Non fui io, sai chi fu?
Peppi - Chi fu?
Sole - Tua moglie, cui confidasti il segreto.
Peppi - Già, non ci avevo pensato. Allora scusa, Sole.
Sole - Per stavolta ti scuso, Peppi.
Peppi - C'è un piacere che puoi farmi soltanto tu, Sole mio: dovresti tramontare a mezzanotte, cosi mi ripiglio la mia roba.
Sole - Va' pure, che questo piacere te lo faccio volentieri.
Peppi - Grazie, Sole. (Mentre il Sole tramonta Peppi fa il viaggio di ritorno e si presenta alla reggia) Sono tornato.
Ministro 1 - Ah!
Ministro 2 - Ah! Ahah!
Peppi - È questa l'accoglienza che mi fate?
Re - Sei qui? Passa in cucina e fatti dare un osso da rosicchiare.
Reginotta - Ti trovo un po' sciupato.
Peppi - Sentite, ministri, facciamo un'altra scommessa.
Ministro 1 - E cosa scommetti? Di roba non ne hai più.
Ministro 2 - Nemmeno le scarpe ti sono rimaste.
Peppi - Be', io ci scommetto il collo, e voialtri la mia roba che vi siete presi.
Ministro 1 - Bene, allora tu il collo, noi la roba tua, e per sopramercato anche la nostra.
Ministro 2 - Ma cos'è questa scommessa?
Peppi - Il Sole quando tramonta?
Ministro 1 - È diventato matto.
Ministro 2 - Non sa neanche quando tramonta il Sole.
Re - Ma come! alle nove tramonta.
Ministri - Alle nove.
Peppi - E io dico che tramonta a mezzanotte.
Reginotta - Ha perso la ragione, non lo voglio più come marito.
Peppi - Scommettiamo?
Ministri - Scommettiamo.
Re - Andiamo tutti a guardare il Sole, manca poco al tramonto. (Si mettono tutti affacciati al balcone tranne Peppi che rimane sotto)
Ministro 1 - Il Sole è al posto giusto.
Ministro 2 - Si avvicina al tramonto.
Re - Con una puntualità veramente regale.
Reginotta - Sta per tuffarsi giù.
Peppi - O Sole, è questa la parola che m'hai data?
Sole - Scusa Peppi, me n'ero scordato.
Ministro 1 - S'è fermato.
Ministro 2 - La tira in lungo,
Reginotta - Non va giù.
Ministro I - Tentenna come un ubriaco!
Re - E sono già le nove e mezza.
Ministro 1 - Che aspetta a tramontare?
Ministro 2 - Quello tira avanti come fosse mezzogiorno.
Reginotta - Suonano le dieci.
Peppi - Grazie, Sole, sei stato di parola.
Re - Suonano le undici.
Peppi - Grazie, Sole.
Ministri - È suonata mezzanotte.
Re - Il Sole è tramontato.
Peppi - Non ve l'avevo detto?
Re - E bravo Peppi!
Reginotta - Bravo Peppi!
Ministro 1 - Hai vinto la scommessa.
Ministro 2 - Prendi la tua roba, e anche la nostra.
Peppi - Ebbene, vi voglio mostrare il cuore di un villano. La vostra roba io non la voglio, ridatemi solo la mia.
Re - Rivestite il Reuzzo
Peppi. - (/ Ministri rimettono a Peppi gli abiti principeschi. Peppi e la Reginotta si mettono al centro del balcone uno a fianco dell'altro, accanto al Re, circondati dai Ministri e dalla Corte) Suonate tutte le trombe! (Squilli di trombe. Tutti i personaggi si immobilizzano nella loro posizione. La luce si concentra sul gruppo isolandolo; dopo alcuni secondi il Cantastorie viene alla ribalta togliendosi il costume dell'ultimo personaggio che ha interpretato)
Cantastorie - La storia di Peppi sperso per il mondo potrebbe finire qui, e concludersi con le parole: "e i due giovani vissero felici e contenti", ma io voglio raccontarvi qualcos'altro del seguito. Il vecchio Re di li a poco mori e Peppi da Reuzzo fu fatto Re e la Reginotta fu la sua Regina. (/ Ministri tolgono la corona e lo scettro al Re e li passano a Peppi: gli mettono anche il mantello d'ermellino) Anche sua madre mori, le sue sorelle si maritarono a principi di sangue reale e piano piano Peppi dimenticò le sue umili origini diventò superbo e schizzinoso. Si fece crescere una gran barba nera e diventò un Re severo. (/ Ministri gli mettono una barba finta. A sinistra si riforma la scena iniziale con un altro ragazzo vestito come Peppi. La Madre e le sorelle sono le stesse) In un paese del reame c'era un'altra madre vedova, con due figlie femmine, e un maschio che si chiamava Nanni, e non sapeva come buscarsi un pezzo di pane.
Nanni - Madre, sapete cosa vi dico? Vi domando bella licenza e me ne vado sperso per il mondo. (// ragazzo scende dal palcoscenico e si inoltra fra il pubblico)
Chi mi vuole per garzone
che lo voglio per padrone. (Tutta la compagnia si unisce in coro alla canzone di Nanni)
FINE