Cerco mio sosia anche usato

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Commedia comicissima in 3 atti

di Franco ROBERTO

Personaggi:

Riccardo Bonelli

                                     (il medesimo attore), commerciante

Stefano Parati

Fernanda Maggiani, sua segretaria

Vittorio Quadri, detective privato

Luciana Gottardi, fidanzata di Riccardo

Orsola Gottardi, madre di Luciana

Aldo Grifoni, banchiere

Gabriella Negri, giocatrice

Ettore Tartufoni, commissario di Polizia.

Oggi, negli uffici della «Bonelli Spa».

Scena fissa per i tre atti: salotto-studio con due uscite: una a destra, dove si immagina che ci sia l'ufficio segrete­ria; l'altra a sinistra, dove si immagina che ci sia un ap­partamento, e quindi un'uscita verso il retro del palazzo. Una scrivania (sulla quale c'è un apparecchio telefonico, un pulsante per chiamare la segretaria, il necessario per scrivere) e altri mobili a piacere costituiscono l'arre­damento.

ATTO PRIMO

Ore 10 di un mattino d'inverno.

Riccardo  - (tipo elegante, distinto, calmo, un po' timido e insicuro, di qualsiasi età oltre i 25 anni, all'apertura del sipario è seduto alla scrivania e fissa nel vuoto con espressione che dalla preoccupazione passa al terrore, sino a quando appoggia i gomiti sullo scrittoio e si dà dei pugni sulla fronte, balbettando) È finita... È finita... (Si sente bussare a destra. Riccardo sussulta e s'affretta ad assumere un atteggiamento sereno) Avanti.

Fernanda - (entra da destra. Graziosa, simpatica e intelligente ragazza ventenne, è la segretaria di Riccardo. S'avvicina alla scrivania e parla sottovoce) Ingegnere...    Di là (indica a destra) c'è il signor Quadri che chiede d'essere ricevuto. Siccome non lo conosco, gli ho detto che non sapevo se lei era in ufficio, perché certe volte esce anche di lì (indica a sinistra).

Riccardo - (annuisce, con un mesto sorriso) Brava, signo­rina. Sono sempre stato convinto che lei è un'ottima se­gretaria. Ed ora... (sorride come prima) ...che mi an­nuncia il signor Quadri sottovoce, per darmi la possibili­tà di... (indica a sinistra) ...«sparire», dichiaro con mol­to piacere che lei è una segretaria addirittura perfetta.

Fernanda - (confusa) Veramente io, ingegnere...

Riccardo - (interrompe) La ringrazio, signorina Fernanda. E non mi spiace che lei sia stata la prima dei miei di­pendenti a capire che... Beh, sì! Che sono un uomo ro­vinato.

Fernanda - Non lo dica, ingegnere.

Riccardo  - È la verità. Da un momento all'altro posso es­sere accusato della più grande bancarotta fraudolenta che si sia mai verificata nella nostra città.

Fernanda - Quel (indica a destra) signore può aiutarla?

Riccardo - Forse.

Fernanda - Allora lo faccio passare subito (s'avvia a de­stra).

Riccardo - Signorina. (Fernanda si ferma e si volta) Vor­rei che lei, per adesso, oltre che la prima fosse anche l'unica della mia azienda al corrente della terribile situazione.

Fernanda  -(annuisce) ...stia tranquillo, ingegnere (esce a destra).

Riccardo - (si alza in piedi e fa un passo: barcolla, s'appoggia un momento alla scrivania e poi va verso destra, per ricevere)

Vittorio  - (che entra, seguito da Fernanda. Tipo elegante, distinto, simpatico, di qualsiasi età oltre i 20 anni) Buongiorno, ingegnere. (Stretta di mano, poi si rivolge a Fernanda) In ufficio ho lasciato questo numero del telefono. Se mi cercano la prego di avvertirmi immedia­tamente.

Fernanda - Certo, signore (esce a destra).

Riccardo - (ansioso) Novità?

Vittorio - Purtroppo no. 

Riccardo - (va a sedere alla scrivania) È un guaio... Un grosso guaio.

Vittorio - Mi spiace. Del resto capirà che non è facile, in due giorni, cioè da quando mi ha ordinato la ricerca, trovare un... (sorride) Diciamo: «una sua (indica Riccardo) fotocopia».

Riccardo - Dica pure un mio sosia, ossia un uomo che mi somigli tanto da essere scambiato per me. Proprio per questo mi sono rivolto alla sua Agenzia Internazionale d'Investigazione «Occhio di lince», notoriamente capa­ce di trovare un ago in un pagliaio.

Vittorio  - E glielo confermo! Poiché sarebbe meno diffi­cile che trovare una persona in tutto e per tutto uguale a un'altra. Comunque, sul canale riservato alle Agenzie Internazionali d'Investigazione ho fatto trasmettere dal satellite «Telecosmo» tre sue fotografie e i dati somati­ci, oltre che l'ordine di ricerca in codice. Quindi in qualsiasi parte del Globo venga rintracciato un suo sosia, se accetta l'incarico lo faremo arrivare qui in jet. Creda, ingegnere, che fare di più è impossibile.

Riccardo - Lo credo. D'altronde non potevo e non posso mettere un annuncio sui giornali: «Cerco mio sosia... anche usato».

Vittorio  - (sorride) Dovrebbe anche aggiungere: «Dispo­sto andare in galera».

Riccardo - Sì, ma ben pagato!... Infatti lo ricompenserei con tutto ciò che mi rimane, escluso il biglietto aereo di sola andata in Venezuela. Ovvero gli darei cinquanta milioni, e lo farei difendere dal mio amico e avvocato Landini, uno fra i migliori d'Italia.

Vittorio - Scusi, vero... Però... E i tre milioni per la mia Agenzia?

Riccardo - Ci sono, oltre i cinquanta. Oh, abbia pazienza. Non le ho neppure detto di accomodarsi..

Riccardo -  (Sospira) Eh, caro signor Quadri...Una cosa è sicura: quella che nessun finanziere, nessun commerciante, ha mai avuto tanta scalogna-disdetta-sfortuna-iettatura come la scalogna-disdetta, eccetera, che mi ha colpito da quando ho allargato la cerchia dei miei affa­ri. Un «allargamento» che ora mi «strozza».

Vittorio  - Perché,visto che andava a gonfie vele, non si è limitato a continuare il suo tranquillo commercio di olio e sapone?

Riccardo - Perché sono un ambizioso senza freni! Così, per imitare i grandi finanzieri, ho commerciato anche caffè, seta, cotone, pèlli e acciaio, aprendo Agenzie in ogni parte del mondo. E dappertutto... patatràc! I miei affari sono andati a rotoli. Allora ho giocato in Borsa, e patatràc! Le azioni che compravo oggi, domani perdevano metà del loro valore.

Vittorio - Comunque, tanta gente è fallita senza andare a finire al fresco.

Riccardo - Per me è diverso. Io ho bluffato con un ban­chiere che si finge amico e che già mi odiava prima di concedermi un prestito di tre miliardi, garantito da mie registrazioni contabili fasulle. Figuriamoci quando avrà le prove che l'ho ingannato!... Sarà felice di far sbatte­re in galera (indica se stesso e si alza in piedi) Riccardo Bonelli, colui che tanti chiamano «il re del sapone e dell'olio», «l'imperatore del caffè e della seta».

Vittorio - (si alza) Chi è quel banchiere?

Riccardo  -Grifoni, dottor Aldo Grifoni. Lo conosce?

Vittorio - (annuisce) Di fama. È un uomo potente e terri­bile, senza pietà.

Riccardo  - (con una smorfia di dolore) Lo so, lo so... Eb­bene, la scadenza del mio debito è fra otto giorni, ma Grifoni dubita, sospetta, subodora. E per essere certo che non gli sfugga, da alcuni giorni mi fa pedinare. (Espressione sorpresa di Vittorio) Sì, sì... Fa addirittura sorvegliare la mia casa anche di notte, affinché io non sparisca. (Fa qualche passo, pensieroso. Poi) C'è dell'altro.

Vittorio - Ancora?!?...

Riccardo - (annuisce) ...la mia fidanzata. E soprattutto sua madre vedova. Da alcuni mesi si sono trasferite qui da Venezia. «Per starmi vicino sino al giorno delle nozze», dicono, che dovrebbe essere fra quattro mesi. Ovviamente le ho ospitate in un appartamento del Grand Hôtel, che mi costa un occhio al giorno. Per giunta spendono e spandono, fanno mandare le fatture a me, e mi costano... l'altro occhio.

Vittorio - Si ribelli, diamine!

Riccardo - È una parola!... Sarò uno sciocco, un debole, ma non ne sono capace. (Squillo del telefono. Rispon­de) Pronto... Sì. (Passa il ricevitore a Vittorio) È per lei.

Vittorio - (al telefono) Pronto... (Una pausa. Felicemente sorpreso) Davvero?... Bene. Trattienilo lì. Vengo prenderlo io. (Posa il ricevitore. Emozionato) Incredibile ma vero, un mio agente ha rintracciato un sosia.«Somigliantissimo», mi ha detto... qui in città. E l'ha condotto in Agenzia. Vado a prenderlo subito (s'avvia a destra).

Riccardo - Un momento. (Vittorio si ferma e si volta. Tur­bato, indeciso) Io... non lo voglio vedere. Mi farebbe un brutto effetto. Come se mi specchiassi e la mia immagine riflessa facesse dei movimenti diversi dai miei. Roba da impazzire. Tanto lei è al corrente della situa­zione. Come farà, sarà. ben fatto. (Estrae una busta da un cassetto della scrivania e la dà a Vittorio) Contiene la combinazione della cassaforte che c'è di là (indica a destra), e il documento col quale la nomino mio procu­ratore, ossia le do pieni poteri di rappresentarmi a tutti i livelli e con chiunque, dentro e fuori dell'Azienda.

Vittorio - La ringrazio della fiducia, ma mi pare troppo.

Riccardo - Le servirà per fare in modo che... «l'altro me»... vada in galera con una certa dignità. (Breve pausa, durante la quale fa qualche passo, soprappensie­ro) Ah! Nella cassaforte (indica a sinistra) troverà i cinquantatre milioni in contanti.Ora esca di qua (indica a sinistra) e di qua rientri con... l'altro. Anch'io me ne andrò da questa parte (indica a sinistra) e nella stan­za accanto lascerò i vestiti che porto. Chiaro?

Vittorio  - Abbagliante.

Riccardo - Bene. (Tende la mano) Buona fortuna!

Vittorio  -(stringe la mano) A lei, che ne ha più bisogno di me. (Fa un cenno di saluto con una mano ed esce a sinistra).

Riccardo - (sospira, fa qualche passo).

Orsola - (entra da destra, a catapulta e si rivolge sgarbata­mente verso l'esterno) È solo, signorina!... Stia più at­tenta. (S'avvicina a Riccardo). La sua segretaria diceva che lei era occupato con una persona. (Orsola può avere qualsiasi età superiore ai 40 anni. È un tipo prepo­tente, invadente, che parla sempre ad alta voce, e allor­ché usa toni gentili suonano falsi, ipocriti, fastidiosi. La segue la figlia)

Luciana - (bella ragazza di età proporzionata sia a quella della madre sia a quella del fidanzato Riccardo. È piuttosto antipatica, giacché è superba, altezzosa, presun­tuosa. Entrambe le donne sono eleganti, magari impel­licciate, e ostentano anelli, collane, orecchini, spille) Lascia perdere, mamma. Chiunque può sbagliare.

Orsola - Io no! E in ogni caso l'ingegnere (indica Riccardo) deve avere una segretaria efficiente. (A Riccardo) Dico bene?

Riccardo - (lievemente ironico) Come al solito, signora.

Luciana - (porge meccanicamente e freddamente la guan­cia a Riccardo) Ciao, caro.

Riccardo - (bacia meccanicamente e freddamente la guan­cia di Luciana) Ciao.

Orsola - (agitata, nervosa) Siamo indignate!

Riccardo  - Per che cosa?

Orsola - La macchina s'è bloccata proprio nel mezzo di corso Roma.

Luciana - Avrò provato cento volte a metterla in moto.

Orsola - Sino a quando s'è esaurita la batteria.

Luciana - Allora ho chiamato l'autosoccorso.

Orsola - E noi due là, in mezzo al corso, a far ridere la gente.

Riccardo  - Non capisco che c'era da ridere.

Luciana - Molte persone ridono per dispetto e invidia.

Orsola - (A Riccardo) Ne comprisubito un'altra.

Luciana -  Sì, caro. Una Jaguar, come quella della mo­glie del banchiere Grifoni. Amico tuo, vero?

Riccardo - (sarcastico, a denti stretti) Euh!... Amicissimo. Tuttavia non credo che sia il caso di...

Orsola - (interrompe) Ingegnere!... Non sarà mica diven­tato avaro?... È la prima volta che la sento discutere un desiderio di Luciana.

Riccardo - Per carità!... Non ho alcuna intenzione di..

Orsola - (interrompe) Meno male!... E a proposito di spe­se... (estrae dalla borsetta una dozzina di fogli dalle di­mensioni diverse e li scaraventa sulla scrivania) Fatture da pagare.

Riccardo - (fissa le fatture con occhi sbarrati e balbetta) Co-co... Co-cosa avete comprato?

Luciana - Neppure la metà dì ciò che avevo programmato. Anche perché il gioielliere, la sarta, il pellicciaio e il calzolaio sembra che si siano accordati per indispettirmi con i ritardi nelle consegne.

Riccardo - (boccheggiante) Ah, perché devono arrivare altre fatture?

Orsola - Certo!... Pagare noi in contanti sarebbe poco signorile ed elegante.

Luciana - Inoltre, caro... (gli accarezza una guancia) Dovrei chiederti continuamente denaro.

Riccardo - (ironico e sconcertato) Già, come no?

Orsola - Per giunta, ingegnere, deve provvedere a farci servire meglio al Grand Hotel.

Riccardo - Mi pare che ci sia un ottimo servizio.

Luciana - Pare a te!... In realtà io e la mamma siamo ser­vite poco e male.

Orsola - Finirà che dovremo rifarci i letti.

Riccardo  - Non è possibile.

Luciana - Insomma, caro... (gli accarezza una guancia) Vo­gliamo avere una cameriera personale... ciascuna.

Riccardo  - (sbalordito) Du-du... Du-due cameriere oltre a?... (tace).

Orsola - (prosegue tempestivamente) ...a quelle dell'Ho­tel, sì! Che sono delle incapaci, maleducate e scansafatiche!

Luciana - Allora, caro... (gli accarezza una guancia) Sì, o no?

Riccardo  - (esita, poi) Sì. Sì-sì.

Orsola - Così va bene,

Luciana - Grazie! (lo bacia sopra una guancia. Falsa, ipo­crita) E tu?... Come si comporta la tua ulcera?... Stai meglio?

Riccardo - No. Sempre peggio.

Orsola - Sfido, io!... Non si controlla nel mangiare. Ieri sera con noi al ristorante... Io la sorvegliavo, ingegnere... Ha mangiato troppo.

Riccardo - (disorientato) Ah, sì?... (Orsola e Luciana an­nuiscono) Ho mangiato troppo? (Orsola e Luciana idem) Cosa ho mangiato?

Luciana - Un brodo ristretto e tutto un... uovo alla coque. Pazzesco! Per la tua ulcera certi stravizi non sono permessi.

Orsola - Gliel'ha detto pure il dottore. Ma lei... testa dura, eh?

Luciana - Se non ci fossimo noi che ti sorvegliamo, finiresti male.

Riccardo - (pensando alla sua situazione economica, al­larga le braccia e sospira) Più di così...

Orsola - No-no! Il medico ha detto che la sua ulcera è curabile.

Luciana - E che più delle medicine può guarirti la serenità, ossia l'assoluta mancanza di preoccupazioni.

Orsola - Ebbene, lei non è mica preoccupato?

Riccardo - (ironico, spaccone) Nooo.

Luciana - E la tua serenità siamo noi.

Riccardo - (c.s.) Sìii.

Orsola - Per distrarla di più le chiediamo di portarci sta­sera al Casinò.

Luciana - (gli accarezza una guancia) Sì, caro... Io e la mamma abbiamo una voglia matta di rischiare denaro.

Riccardo - (ebete) Qua-qua... Qua-quale?

Luciana - Il tuo, naturalmente. Del resto, ne hai tanto... Ma tanto! La moglie del banchiere Grifoni mi ha detto che solo suo marito ti ha dato tre miliardi. (Infantile, fingendo di cercare il denaro nelle tasche interne ed esterne della giacca di Riccardo) Dove li tieni?... Dove li nascondi?

Riccardo - No, mi fai il solletico.

Orsola - Dunque, d'accordo su tutto. La Jaguar, le due cameriere e stasera al Casinò.

Luciana - ...e pagare quelle fatture (le indica sulla scriva­nia). Giusto, caro? (gli accarezza una guancia).

Riccardo - (sconcertato) Giu-giu... Giu-giusto. Però. (tace)

Orsola - (aggressiva) «Però»... cosa?

Riccardo - Al Casinò andate voi sole.

Orsola - (con un cenno d'intesa a Luciana) Ha ragione. L'emozione della roulette è dannosa per la sua ulcera.

Luciana - È vero. Comunque, caro... (gli accarezza una guancia) Se perderemo faremo segnare sul tuo conto, come al solito.

Riccardo - (rassegnato e ironico) Brave!... Fate segnare, fate segnare.

Luciana  -Allora... (lo bacia sopra una guancia) A doma­ni! (Esce a destra).

Orsola - Permetta anche a me! (lo bacia sulla medesi­ma   guancia che ha baciato Luciana) Bài-bài! (esce a destra).                     

Riccardo - (istintivamente, con lo sguardo smarrito nel vuoto, si passa una mano sulla guancia baciata. Poi sus­sulta, perché)

Fernanda - (entra da destra) Mi spiace, ingegnere, avere irritato le signore, ma credevo proprio che qui...

Riccardo - (interrompe, gentile) Certo. Qui c'era il signor Quadri, che ho fatto uscire di là (indica a sinistra), per eseguire un mio incarico. Ora... (imbarazzato) ...an­ch'io uscirò da questa parte (indica a sinistra). Ma tor­nerò. Eccome tornerò!

Grifoni  - (dall'esterno a destra, urla) C'è nessuno, qui?... Neanche la segretaria?

Riccardo - (spaventato e concitato, indica a destra) Il ban­chiere Grifoni!... Gli dica che sono uscito, per... per af­fari! (ed esce in fretta a sinistra).

Grifoni  - (entra violentemente da destra) C'è quel farabut­to?... (È un tipo distinto, ma violento e antipatico, di qualsiasi età superiore ai 30 anni) Dov'è?... Dov'è?...

Fernanda - (calma e gentilissima) Fuori, signore.

Grifoni  - (maligno) Ma andrà presto «dentro». (Ride, poi diventa serio tutto d'un colpo) Lei!... Lei sa tutto.

Fernanda  - (c.s.) Cosa dovrei sapere, signore?

Grifoni - Che questa barca fa acqua da tutte le parti.

Fernanda - (ironica, ma sempre gentilissima) Scusi, signo­re, ma non mi pare d'essere in barca, e per giunta... all'umido.

Grifoni  - (ride) Segretaria fedelissima, eh?... (ride, poi c.s.) Affonderà pure lei!... Sì, perché questa baracca scom­parirà in galera, come il suo (sprezzante) «creatore», ovvero quel pallone gonfiato dell'ingegner Riccardo Bonelli. Non l'ho mai potuto vedere, quello!... Mia moglie, invece, lo citava continuamente a modello. (Ri­fà il verso alla moglie con tono pettegolo) «Guardat l'ingegner Bonelli... Quello sì che ha spirito d'iniziativa. Quello sì che ha rapporti con mezzo mondo!... Quello sì che ha fascino e talento!». (Cambia tono) Quello sì che finisce in galera! (Cammina avanti e in­dietro come un leone in gabbia) Io, invece, per mia mo-, glie sono solamente uno che maneggia... e malamente!... i soldi ereditati da mio padre, con una banca che dirigo... naturalmente male, secondo mia moglie.

Fernanda - Non dia eccessiva importanza a certe critiche familiari. D'altronde che colpa ha, l'ingegner Bonelli, se la sua gentile consorte...

Grifoni  - (interrontpe) C'è dell'altro! Anche la fidanzata di Bonelli e la sua futura suocera mi sono antipatiche. Perché con le arie che si danno, e l'eleganza che sfog­giano, spronano mia moglie a volere di più, sempre di più. Ma io, davanti a tutti, schiaccerò il «re e imperato­re dell'olio e sapone» come se fosse un moscerino. Ma che dico?... Un verme! Perché un verme è meno nobile di un moscerino. (Continuando a camminare avanti e indietro) Abbia il coraggio di dire qualcosa anche lei, diamine! (Urla) Dica qualcosa!

Fernanda - Dico che lei... sembra un leone in gabbia.

Grifoni  - (si ferma) Esatto!... Sono un leone. E un leone non li guarda neppure, i vermi. Gli può magari imprestare tre miliardi, ma poi... li schiaccia. (Maligno) E lei, la segretaria fedelissima del _verme non avrà più lo stipendio. (Ride come le altre volte) E tanto meno la liquidazione, perché io, al «re e imperatore» dei miei sti­vali, farò sequestrare anche le mutande, oltre a quelle che ha indosso. (ride c.s.)

Fernanda - Lei somiglia a mio zio.

Grifoni  - (evidentemente lusingato) Tipo come me?

Fernanda - Sì.

Grifoni  - Forte?

Fernanda - Sì.

Grifoni  - Deciso?

Fernanda - Sì.

Grifoni  - Senza pietà?

Fernanda - Sì.

Grifoni - Sono lieto che lei abbia uno zio forte, deciso, sen­za pietà come me. E cosa fa, questo, suo zio?

Fernanda - Il cadavere.

Grifoni  - (sussulta, impressionato) Morto?

Fernanda - (ironica) Eh sì... Da alcuni anni fa il cadave­re... morto.

Grifoni  - Volevo dire... È morto giovane?

Fernanda  - Più o meno della sua (indica Grifoni) età, im­magino.

Grifoni  - Da-da... Da-davvero? (Fernanda annuisce) E di che-che... che-che cosa è morto?

Fernanda - Infarto cardiaco.                   

Grifoni  - In-in... In-infarto?

Fernanda - (annuisce) ...dopo aver urlato che era un leone.

Grifoni - (distratto) Ah, bene... Dopo aver urlato che era un le... (reagisce) Nooo!... Del resto lui, quel suo zio, aveva imprestato a un tale antipatico e fallito tre miliardi?

Fernanda  - No: Gli aveva solo imprestato tre... mila lire, ma aveva fatto il leone arrabbiato come lei.

Grifoni - (impressionato) E tutto d'un tratto... (fa un ge­sto, come per dire «è crollato per terra»)

Fernanda - (annuisce, ironica) ...ha fatto l'ultimo ruggito.

Grifoni - (c.s.) Certo che... (reagisce) No!... Non mi lascio impressionare dalle sue favole! (S'avvia per uscire a destra) Anzi, tornerò presto più arrabbiato e più leo­ne di prima! (Si volta, fa una specie di comico ruggito ed esce a destra),

Fernanda - (allarga le braccia, scrolla il capo ed esce a de­stra).

Vittorio - (entra con cautela da sinistra, si accerta che non ci sia alcuno, poi si rivolge all'esterno, sottovoce) Venga.

Stefano  - (ossia il medesimo attore che interpreta la parte di Riccardo, entra. È vestito miseramente con pantaloni e giacca in pessime condizioni, come i guanti, la sciarpa e il passamontagna con cui si difende dal freddo. Ha un'espressione sconcertata, impaurita. Ovviamente è rasato, oppure ha i baffi o altro dell'attore che inter­preta la parte di Riccardo, e questo verrà giustificato da una battuta più avanti).

Vittorio  - (gli indica una sedia) S'accomodi. (Stefano sie­de, mentre Vittorio va a destra e si rivolge all'esterno) L'ingegnere non riceve nessuno, sino a nuovo ordine.

Fernanda  - (dall'esterno) Sì, signore. Però dovrei riferir­gli che...                               

Vittorio - (interrompe) Più tardi.

Fernanda - (c.s.)Come vuole.

Vittorio  - (s'avvicina a Stefano) Si tolga il passamonta­gna, la sciarpa e i guanti, per favore. (Stefano esegue. Vittorio lo scruta in viso) Sì... Sì-sì... Il mio collaboratore ha fatto bene a condurlo subito dal barbiere Il vi­so e la testa sono perfetti, e quando avrà indossato gli abiti che ha visto di là (indica a sinistra) sono certo che sarà un ingegner Riccardo Bonelli dalla punta dei capel­li alla punta delle scarpe.

Stefano - Ecco... Siccome quel signore dell'Agenzia mi ha visto per strada, mi ha trascinato da un barbiere, mi ha scaraventato dentro a un taxi, e mi ha detto tante cose che non ho capito bene, vorrei...

Vittorio - (interrompe) Più che giusto. Le spiego tutto. (Fa alcuni passi, poi si volta e) Lei è cinquanta volte milionario.

Stefano - (annuisce, sarcastico) ...e Garibaldi era mio nonno.

Vittorio - Di là (indica a destra), in una cassaforte, ci so­no cinquanta milioni per lei.

Stefano - (c.s.) ...adesso ho capito.

Vittorio - Cosa?

Stefano  - (si alza in piedi) Che sono in un manicomio. (S'avvia a sinistra) Buonasera!

Vittorio  -Un momento, per favore, e capirà. (Stefano si ferma) Lei deve sostituire l'ingegner Bonelli (indica la scrivania), che le somiglia come una goccia d'acqua so­miglia a un'altra goccia d'acqua. Ebbene, l'ingegner Bonelli è il proprietario di questa Azienda in fallimen­to, e lei sarebbe pagato per fare un po' di prigione al posto suo.

Stefano - «Un po'»... quanta?

Vittorio - Precisamente non lo so. Ma per bancarotta fraudolenta mi pare che la pena vada da un minimo di tre a un massimo di dieci anni di reclusione. Lei avrà un grande avvocato difensore, un autentico principe del Foro. Quindi può contare sul minimo.

Stefano - (sorride) Per prudenza facciamo cinque. (Chiu­de gli occhi, solleva il capo e conta rapidamente) A cin­quanta milioni sarebbero dieci all'anno, equivalenti a 833.333 lire e 33 centesimi al mese, senza la tredicesima.

Vittorio  - (sorpreso) Congratulazioni per la rapidità del calcolo mentale.

Stefano  -Nel Circo dove lavoravo lo facevo su qualsiasi numero suggerito dal pubblico, prima di fare tre salti mortali al trapezio.                       

Vittorio  - Ah, perché lei?... (tace).       

Stefano - (annuisce) ...ero un trapezista. E «formidabile», dicevano. Poi, una sera di due anni fa a New York ho  voluto lavorare anche se ero febbricitante. Forse per meno di un millimetro non ho afferrato la sbarra del trapezio, e... (fa segno, per dire,«sono precipitato»).

Vittorio - Tremendo.                   

Stefano  -Dopo sei mesi d'ospedale mi è stato detto che dovevo ringraziare il Cielo se non ero restato secco al centro della pista, e che comunque avrei dovuto rinun­ciare al Circo. Solo al mondo, e finiti i denari dell'assicurazione sono rimpatriato. In questa città, nella quale nessuno mi conosce, ho campato alla giornata facendo il posteggiatore abusivo di giorno, e il lavapiatti in un ristorante di sera.

Vittorio  - (gli balte una mano sulla spalla) Allegro, ami­co!... Per lei sono finiti i guai.

Stefano - (sorride) ...e comincia la galera.

Vittorio - (sorride) ...a pagamento.

Stefano - Ma perché il... (indica la scrivania) Quello che mi somiglia non scappa e basta?

Vittorio - Gli è impossibile, perché è sorvegliato giorno e notte.

Stefano  - Però qui non c'è. Quindi...

Vittorio  - Se n'è andato di là (indica a sinistra) vestito e camuffato chissà come. Ma se non fosse visto per una giornata intera, il banchiere Grifoni, suo creditore prin­cipale, si allarmerebbe e lo farebbe arrestare subito, an­ziché fra tre giorni. Tre giorni entro i quali lui (indica la scrivania) sarà molto molto lontano. Peccato, poiché l'ingegnere (indica la scrivania) è un uomo veramente geniale.

Stefano - Meno male. Infatti sarebbe più difficile, e fati­coso, sostituire uno stupido.

Vittorio - Nei suoi commerci internazionali, per disorien­tare la concorrenza, ha introdotto l'uso di un cifrario originalissimo. Per esempio, invece di usare numeri o strane parole, egli telegrafa al suo agente di Portorico: «Arrosto con insalatina e lepre in salmì», e quello com­prende che deve spedirgli diecimila quintali di caffè e ventimila di cicoria.

Stefano - Bellissimo!... Soprattutto per me, che ho una fa­me arretrata, quel cifrario la venire l'acquolina in bocca.

Vittorio  - Ragione di più per accettare l'incarico. Infatti. per tutto il tempo che lei starà seduto là (indica la scri­vania), potrà fare ciò che vuole, comandare chiunque e mettersi al corrente con i pasti che ha saltato. Le baste­rà far telefonare al Ristorante qui accanto per vedersi presentare i cibi più scelti, i vini più famosi, i dessert più prelibati.

Stefano - (boccheggiante) E... chi pagherà?

Vittorio - Nessuno. Tanto, debito più debito meno. Or­mai... (una pausa) Cosa decide?

Stefano - (fa qualche passo, soprappensiero. Poi) Accetto.

Vittorio - (con stretta di mano) Bravissimo. Deve solo promettermi che non uscirà da questo stabile sino a quando verranno ad arrestarla. (Indica a sinistra) Di là c'è un lussuoso appartamento a sua disposizione. D'ac­cordo? (Stefano annuisce) Adesso vada (indica a sini­stra) a indossare l'abito che aveva l'ingegnere e che le ha lasciato disteso sulla poltrona.

Stefano - (s'avvia verso sinistra, poi si ferma e si volta) È proprio sicuro che io somigli a?... (indica la scrivania).

Vittorio - Perfettamente. Addirittura anche nella voce e nel modo di camminare, di gestire. È stupefacente!... Avevo sovente sentito dire che ciascuno, chissà dove, ha il suo sosia. Però non mi era mai accaduto di trovare due persone così uguali come lei e l'ingegnere.

Stefano - Speriamo. (S'avvia come prima, poi) E d'ora in avanti, qui, comando io?

Vittorio - (annuisce) ...totalmente.

Stefano - (scrolla le spalle e sorride) Va bè'... E' sempre meno pericoloso di tre salti mortali al trapezio (esce a sinistra).

Fernanda - (fa capolino da destra) Scusi, signor Quadri, ma forse sarebbe il caso d'avvertire l'ingegnere che...

Vittorio - (interrompe, lievemente a disagio) È andato un momento di là (indica a sinistra), ma... Presto tornerà qua. E colgo l'occasione, signorina, per informarla che l'ingegner Bonelli mi ha nominato suo procuratore, con la più ampia e libera facoltà di giudizio e di decisione.

Fernanda - Sono lieta che l'ingegnere abbia finalmente scel­to un collaboratore per svolgere un lavoro le cui dimensioni mondiali minavano seriamente la sua salute. Pertanto, signor

Quadri, mi consideri anche a sua disposizione.

Vittorio - Grazie.                                 

Fernanda - La prego di chiamarmi appena l'ingegnere ri­entra in ufficio, perché devo riferirgli circa la visita del signor Grifoni.                                      

Vittorio - Il banchiere?                                                   

Fernanda - Sì.

Vittorio - Come si è comportato?

Fernanda - (sorride) Come un leone arrabbiato, direi. Ma quando ruggisce sembra un baritono raffreddato (sorri­dono). Con permesso (si volta per uscire a destra, ma viene urtata e spostata da)

Grifoni - (che entra violentemente da destra, urtando) È ritornato quella canaglia?

Vittorio - (a Fernanda) Vada pure.                            

Fernanda - (annuisce ed esce a destra).                         

Grifoni - (aggressivo) Lei chi è?

Vittorio - Vittorio Quadri, procuratore dell'ingegner Bonelli. (Porge la mano) E lei?

Grifoni - (ignorando la mano tesa di Vittorio) Aldo Grifoni, banchiere. (Sogghigna) Non sapevo che quello (indica la scrivania) avesse un procuratore.

Vittorio - Adesso lo sa.

Grifoni - Faceva meglio a prendersi uno, due, dieci avvocati!

Vittorio - (sarcastico, ipocrita) Per che cosa?

Grifoni - (gli rifà il verso) «Per che cosa?»... Lei si rivela impertinente e antipatico come il suo ingegnere. Giusto?

Vittorio - Faccia lei.

Grifoni - Eccome farò!... Intanto lui! (indica la scrivania) Lui dov'è?

Vittorio - (indica a sinistra) Nel suo appartamento.

Grifoni - (sogghigna) Lo so, perché il mio servizio di sor­veglianza non mi ha segnalato che sia uscito. Comun­que lo immaginavo seduto alla sua scrivania, con la te­sta fra le mani.

Vittorio - (ironico, ipocrita) Secondo lei l'ingegnere do­vrebbe avere l'emicrania?

Grifoni - Sì! Giacché dovrebbe sentirsi le manette ai polsi. Lui, invece, è nel suo appartamento. Però non vorrà mica farmi credere che sta facendo un pisolino, malgra­do tutti i guai che lo affliggono?

Vittorio - (ironico) Chi lo sa?... L'ingegnere è un uomo eccezionale.

Grifoni - Sì, nell'imbrogliare il prossimo.

Vittorio - Signore!... Le rammento che lei non è in casa sua.

Grifoni - Embè?!?... Lo dirò, lo urlerò anche in Tribuna­le che l'ingegner Riccardo Bonelli è un imbroglione. E lo proverò! Accidenti, che lo proverò!... Del resto lei sarà al corrente che mi ha depredato. Sissignore! È la parola giusta, perché significa anche «attrarre qualco­sa con l'inganno», come ha sottratto a me tre miliardi.

Vittorio - Per la verità, mi risulta che glieli ha chiesti in prestito, e che lei glieli ha dati ad un alto interesse.

Grifoni - Già!... Interesse che perderò col capitale. Ma io, prima che lo chiudano in galera, lo strozzo! Ah, se lo strozzo!

Stefano - (entra da sinistra, con indosso l'abito che porta­va allorché impersonava Riccardo. Dimostra subito, sia dagli atteggiamenti sia dai toni, d'essere un tipo freddo, deciso, coraggioso, ovvero diametralmente opposto al tipo di Riccardo) Chi vuole strozzare, lei?

Grifoni - Te, che mi devi tre miliardi. Te, voglio strozzare!

Stefano - Per cominciare mi dia del «lei».

Grifoni - (sorpreso) Noi ci davamo del «tu».

Stefano  - Glielo tolgo! (Grifoni fa l'atto di obiettare qual­cosa) Zitto! (Grifoni, disorientato, tace) Inoltre le proi­bisco tanto di urlare, quanto di minacciare strozzamen­ti a chicchessia in casa mia. (Grifoni fa l'atto come pri­ma) No! (Grifoni come prima) Si sieda. Faccio una te­lefonata, e poi le permetterò di dirmi tutto ciò che le pare. (Grifoni lo guarda a bocca aperta) Seduto! (Grifoni, sconcertato, siede davanti alla scrivania).

Vittorio - (felicemente sorpreso) Congratulazioni, inge­gnere. Posso rimanere?

Stefano - Certamente. Per lei, mio valido collaboratore, non ho segreti. (Va alla scrivania, solleva il ricevitore del telefono e, rimanendo in piedi, compone un numero) Pronto... Ditta Cifrasulli, rappresentante della Gonfia Tròller di Dàllas nel Texas?... Buongiorno. So­no l'ingegner Bonelli... Grazie. Molto gentile... La di­sturbo per confermarle che acquisto... (si volta, come se non volesse farsi sentire da Grifoni, il quale prima tende l'orecchio e poi si sporge verso la scrivania, per sentire cosa dice Stefano sottovoce, ma forte quanto basta per farsi udire dal pubblico) ...le tre petroliere di cui abbiamo parlato, complete di equipaggio e colme, naturalmente, di petrolio.                                 

Grifoni - (enormemente sorpreso, si è proteso troppo, quin­di finisce seduto per terra, e si rimette sulla sedia confu­so, mentre Vittorio sorride e)

Stefano - (prosegue al telefono) Certo, dottor Cifrasulli... Pagamento all'arrivo delle tre petroliere in qualsiasi porto italiano... A presto, e saluti da parte mia l'amico... (dice il nome del Presidente USA), ovvero il Presidente... (dice il cognome del Presidente USA) Okay! (Posa il ricevitore, siede alla scrivania e si rivolge a Grifoni, calmissimo) Voleva dirmi, lei?

Grifoni - (sconcertato) Ecco... Io credevo... Supponevo... Immaginavo...

Stefano - (cordiale) Male, signore... Chi fa affari con me non deve credere-supporre-immaginare, ma decidere-agire-dominare.

Grifoni - Dice bene, dice. (Si alza in piedi. Poi) Lei, dun­que, se mantiene certi rapporti (indica il telefono) d'af­fari a così alto livello, non è in difficoltà?

Stefano - (si alza, scuote negativamente il capo, sorride e batte una mano sulla spalla di Grifoni) Non mi dica che lei, in questi tempi, considera il petrolio in difficoltà.

Grifoni - Certamente no.

Stefano - Allora vada... Vada tranquillo.

Grifoni - Eh già... Vado (s'avvia verso destra).

Stefano - (gli si avvicina a mano tesa, sorridente) Non mi stringe neppure la mano?

Grifoni - (sempre più confuso) Sì. Sì-Sì. (Gliela stringe) Buongiorno (esce a destra).

Stefano - Buongiorno.

Vittorio - Lei è stato grande, immenso!... Però mi tolga una curiosità. Al telefono ha composto veramente un numero?

Stefano - (annuisce e sorride) ...a caso.

Vittorio - (divertito) Allora a chi ha ordinato tre petroliere?

Stefano - Al proprietario di un'impresa di pompe funebri.

Vittorio - (ride) E cosa le ha risposto, allorché gli ha pure detto di salutare il Presidente degli Stati Uniti?

Stefano - Che io ero la conseguenza della chiusura dei ma­nicomi (sorridono).

Vittorio - Intanto il banchiere se n'è andato perplesso, e forse agirà con meno furia e più prudenza.

Stefano - Mentre mi vestivo ho sentito anche la voce di una donna.

Vittorio - Ah sì, è la signorina Fernanda, sua segretaria.

Stefano - Come si fa a chiamarla?

Vittorio - Lì (indica sulla scrivania), accanto al telefono c'è un pulsante. Lo prema. (Stefano preme il pulsante) Ora devo andare un momento nella mia Agenzia. Lei non faccia niente. (S'avvia verso destra, poi si ferma e si volta) Tenga presente che ha pure una fidanzata e la futura suocera ospitate al Grand Hotel a sue spese.

Stefano - Il mio sosia ingegnere era proprio cretino, eh?...

Vittorio - (allarga le braccia, sorride ed esce a destra, men­tre)

Fernanda - (entra, tenendo in mano un taccuino e una matita per stenografare) Mi spiace di non aver potuto fermare il signor Grifoni. Sembrava un cavallo selvaggio.

Stefano - (sorride) Direi che l'ho... «domato».

Fernanda - (annuisce) Infatti è uscito quasi sorridente. E mi ha addirittura salutata.

Stefano - Adesso la prego di telefonare al Ristorante per farmi portare immediatamente... Prenda nota.

Fernanda - (s'accinge a stenografare) Dica.

Stefano - (camminando avanti e indietro) Risotto all'ita­liana, tacchino alla francese, cotechino e crauti alla te­desca, pollo alla russa. E per concludere formaggio svizzero, frutta africana, dolce inglese, gelato italiano e vini, spumanti, liquori adatti ad ogni piatto. Alé!

Fernanda - (che durante l'enumerazione delle vivande ha gradatamente espresso sorpresa e sbigottimento, balbet­ta) Ma-ma... Ma-ma, ingegnere...

Stefano - Ingegnere chi?.

Fernanda - Le-le... Le-lei.

Stefano - (spaccone) Certo che sono ingegnere!... E con ciò? 

Fernanda - Tutta questa roba (indica il suo taccuino) la mangia?

Stefano - (sarcastico) No! La scaravento dalla finestra. Eccome la mangio!

Fernanda - (impressionata, allarmata) Allora si vuole suicidare.

Stefano - Al contrario!... Voglio salvarmi dalla morte per fame.

Fernanda - Le rammento che il suo medico le permette solo uno zabaione al mattino e un brodino alla sera.

Stefano - E chi se ne importa del medico!... Gli telefoni che d'ora in poi mi farò curare da un dottore che mi ordini di sbafare, ogni giorno, quanto le ho ordinato oggi.

Fernanda - (implora) Per favore, ingegnere... Rinunci a questo (indica il suo taccuino) repertorio della cucina internazionale. La prego.

Stefano - (fissa Fernanda negli occhi, sorride) Lei, signo­rina, mi vuole bene, vero?

Fernanda - (confusa, annuisce).

Stefano - E mi vuole bene dal primo giorno che l'ho no­minata mia segretaria, vero?

Fernanda - (c.s.).

Stefano - Dunque continui a volermi bene e faccia al più presto l'ordinazione al Ristorante. (La fissa un istante, quindi improvvisamente le afferra il viso e la bacia sulla fronte) Va'!

Fernanda - (sempre più confusa, sussulta. Poi, come un automa, esce a destra borbottando) Risotto di ge­lato, pollo di frutta, cotechino dolce e tacchino di spumante... (mentre Stefano ride ed il sipario si chiu­de).


ATTO SECONDO

L'indomani degli avvenimenti del primo atto: mattino verso le ore 11. In scena, all'apertura del sipario, non c'è alcuno.

Fernanda - (entra da destra, seguita da Vittorio. Sottovo­ce, concitata) L'ingegnere s'è ritirato nell'appartamento (indica a sinistra) circa un'ora fa. Per riposare, mi ha detto. (Perplessa) Meno male che... (tace).

Vittorio - Dica, signorina. Senza alcuna soggezione.

Fernanda - (a disagio) Meno male che ha nominato lei quale suo procuratore, perché... Non gliel'ho detto di là (indica a destra) in presenza degli altri impiegati, ma sono preoccupata.

Vittorio - Per che cosa?

Fernanda - Per... (indica a sinistra) È da ieri mattina che mangia come... Come un elefante, ecco!

Vittorio - (frenando a stento il sorriso) Possibile?

Fernanda - (annuisce) In otto ore ha fatto cinque pasti. E che pasti! L'ultimo che mi ha detto di ordinare al Ri­storante sarebbe stato sufficiente per una cena di sei persone. E stamane?... Indovini cos'ha chiesto per pri­ma colazione.

Vittorio - Non saprei... Caffè, cioccolato, tè con pasticcini.

Fernanda - Macché!... S'è mangiato una torta di cipolle, poi prosciutto, salmone, sardine, olive, patatine, e s'è bevuta una bottiglia di spumante.

Vittorio - Significa che aveva perfettamente digerito i cin­que pasti di ieri.

Fernanda - Ma la sua ulcera!... Da un momento all'altro temo che gli venga un'emorragia interna e che muoia sull'ambulanza che chiamerò. (Implora) Lo fermi lei.

Vittorio - Tenterò di convincerlo.

Fernanda - Certo che con l'appetito gli è anche venuta un'energia che... Non avrei mai creduto che riuscisse ad ammansire  quell'energumeno  del banchiere Grifoni. Poi, con me (sentimentale), non è mai stato così... «dolce». Sino all'altro ieri mi trattava gentilmente, sì, ma con estrema freddezza. Da ieri,invece... Sembra un altro.                                

Vittorio - (preoccupato) Non lo dica! Non lo pensi nep­pure. Del resto l'ingegnere non sarebbe né il primo, né l'ultimo che viene «ammorbidito» dai guai. Tanta gen­te fa la prepotente quando tutto va bene. Ma allorché è nei pasticci cerca la solidarietà e diventa «dolce» con il prossimo. Tutto normale, insomma.

Fernanda - (allarmata) E... c'è il pericolo che, in seguito, i tipi di cui parla lei ridiventino come prima?

Vittorio - Forse sì, se si tolgono dai guai.

Fernanda - Allora, se l'ingegnere supererà questo brutto momento, diventerà di nuovo debole con gli altri, e ma­gari freddo e aspro con me?

Vittorio - (Sorride) Speriamo di no.

Stefano - (entra da sinistra, allegro e sorridente) Ehi,voi due!... Tramate contro di me?

Vittorio - Al contrario. (Ironico) Ci rallegravamo del suo appetito, sintomo evidente di buona salute. Vero, signorina?

Fernanda - (confusa, annuisce) Ce-ce... Ce-certo.

Stefano - (se si è cambiato d'abito, si pavoneggia. Altri­menti venga omessa questa battuta e le tre seguenti) Sto bene «addobbato» così?... Di là (indica a sinistra) ci sono tre armadi pieni di abiti per ogni occasione. (A Vittorio) Ho fatto male a cambiarmi?

Vittorio - (con intenzione) E lo chiede a me?... È tutta ro­ba sua, ovviamente.

Fernanda - (spontanea) Quello è l'abito che le dona di più. (Si riprende) Se mi è permesso dirlo.

Stefano - (fissa affettuosamente Fernanda e le sorride) Le è permesso, cara. Grazie.

Fernanda - (dopo un momento di disagio) Le rammento che oggi sarebbe il giorno della consueta circolare alle Agenzie.

Stefano - (allegro) E facciamo sta circolare consueta! D'al­tronde, chi comanda qui dentro?

Fernanda - Lei, ingegnere.

Stefano - Poi?

Fernanda - Il suo (indica Vittorio) procuratore.

Stefano  - E poi?

Fernanda - Beh... In assenza del procuratore sono io che fungo da capo ufficio.

Stefano - A proposito!... Oggi voglio anche un fritto di funghi. E dica a tutti i dipendenti, impiegati e impiega­te, che raddoppio il loro stipendio.

Fernanda - Ma...

Stefano - (interrompe) Nessun «ma»! A lei in qualità di «fungo» glielo triplico (fa qualche passo).

Fernanda - Veramente... (Vittorio le fa cenno di non obiet­tare) Vado a prendere il notes per stenografare. Con permesso (esce a destra).

Vittorio - La prego di non esagerare.

Stefano - Non esagero, amico mio! Difatti, andare in galera per tre miliardi o per qualche decina di milioni di più, quale differenza fa? D'altronde, considerato che i  miei dipendenti non riceveranno neppure una lira, rad­doppiare o triplicare ciò che non avranno è una vigliaccheria, ma almeno per un giorno li fa felici. Però la mia segretaria non mi è apparsa molto soddisfatta.

Vittorio - Perché è l'unica dell'intera Azienda che conosce l'orribile situazione.

Stefano  - Pazienza. Quanto mi rimane di libertà?

Vittorio - Non più di ventiquattrore. Tuttavia, se il ban­chiere Grifoni ha già fatto denuncia all'autorità giudi­ziaria, da un momento all'altro potrebbe presentarsi qui un commissario di Polizia, e... (incrocia i polsi, per significare «ti mette le manette e t'arresta»).

Stefano - Ragione di più per non perdere neppure un minuto.

Vittorio - (preoccupato) Vuole fuggire?

Stefano - Nooo... Sono un uomo di parola, io. Ma voglio utilizzare tutto il tempo di libertà che mi rimane per mangiare e assaporare i cibi e le bevande che ho sempre solo sognato. E per divertirmi a comandare, sì!, le cose più assurde che nemmeno capisco. (Squillo del telefono.  All'apparecchio) Pronto...  Sono  io.  (Sottovoce) Ah, l'ingegnere Riccardo Bonelli è pure lei? Cioè, vole­vo dire: è lei-lei?... Sì, è qui. Glielo passo. (Porge il ri­cevitore a Vittorio) È lui-lui! (indica la scrivania).

Vittorio - (sorpreso, al telefono) Pronto... Da dove telefona?... E ancora all'aeroporto?...  (Una pausa) Sta bene. Vada nella mia Agenzia e mi aspetti là. Ci vado su­bito anch'io. A presto. (Posa il ricevitore) C'è una im­prevedibile complicazione, ossia classico granello di polvere che blocca un meccanismo perfetto. Lui (indica la scrivania) non può partire, perché diversi scioperi del personale viaggiante e di quello a terra impediscono i decolli per almeno otto giorni.

Stefano - Allora ritorna qua?

Vittorio - No. Al punto in cui siamo non è più possibile. Quindi lo ospito... O meglio «lo nascondo» nella mia Agenzia sino a quando potrà partire.

Stefano - Fra otto giorni.

Vittorio - (allarga le braccia e annuisce) Non si può fare diversamente.

Fernanda - (entra agitata da destra, portando un foglio di carta, un notes e una matita. Porge il foglio a Stefano) Un «telex» urgentissimo.

Stefano - (non lo prende) «Telex» cosa?               

Fernanda - Ricevuto dalla nostra telescrivente.

Stefano  - Lo legga lei.

Fernanda - Arriva dal signor Favilla della nostra Agenzia di Santos, in Brasile. Naturalmente  in codice.

Stefano  - (ironico) Naturalmente. E che dice in codice?

Fernanda - (legge con crescente emozione) «Salmone, maionese, sogliola, anguilla». È grave.

Stefano - (spaccone, come sarà d'ora in poi) Gravissimo, dico io!                                                

Fernanda - Non solo, ma è di un'urgenza pazzesca.

Stefano  - Urgenza?!?... Dire «urgenza», in questo caso, è nulla. Bisogna precipitarsi. Qui si deve... (guarda Vittorio, e gli fa dei gesti, come per chiedergli «che si deve fare?»).

Vittorio - (sorride, ironico) Lei è così abile e astuto che nessuno è in grado di darle dei consigli. Perciò... A presto! (Esce a destra).

Fernanda - Sono certa che lei risponderà nel modo migliore.

Stefano - Euh, io... Gliene dico quattro a quel nostro agen­te brasiliano Scintilla.

Fernanda - Favilla.

Stefano  - Sempre briciola incandescente è!

Fernanda - Allora... (siede e s'accinge a stenografare) Per telescrivente e cifrato?

Stefano  - Certo! Cifratamente telescrivato. Cioè! Col fa­moso cifrario inventato da me. (Fa qualche passo) Che dice Tortilla?

Fernanda - (sorride) Favilla. (Legge sul foglio di prima) «Salmone, maionese, sogliola, anguilla».

Stefano - Ebbene, no! Niente magro! Scriva! (Detta con sicurezza) «Lumache al verde, pernici tartufate, tacchi­no al forno».

Fernanda - (la quale scrive, si sorprende) Proprio «al for­no»?

Stefano - Eccome! Perché è più gustoso.

Fernanda - (scrive) «Al forno». (Si alza in piedi, entusiasta) È grande, meraviglioso, stupefacente!

Stefano - Il tacchino?

Fernanda - Il significato di quest'ordine. Io non riesco a penetrare nel suo pensiero, ma immagino un piano napo­leonico per risanare tempestivamente l'Azienda.

Stefano  - (divertito) Ha indovinato.

Fernanda - (trasognata) Lei, mi permetta di dirglielo, nelle difficoltà si rivela il più ardito, il più audace, il più geniale finanziere d'Europa (lo guarda,  come incan­tata).

Stefano - (la guarda un momento, sorride, le fa una carez­za sopra una guancia che la fa sussultare e le sussurra) Fernanda...

Fernanda - Sì?...

Stefano  - Lei è... innamorata di me?

Fernanda - (confusa come lo sarà d'ora in poi) S'immagi­ni, ingegnere, se io... Tanto più che lei è già fidanzato.

Stefano  - Ah già!... Me l'ha detto il procuratore. Cioè! Me l'ha ricordato. Ma che importa?

Fernanda - Non Capisco.

Stefano  - Presto, forse già domani, capirà. Per adesso, anche se non ha risposto alla mia domanda... (le afferra il viso e la bacia sulla fronte).

Fernanda - (emozionata, siede) Do-do... Do-dovrebbe det­tarmi la circolare.

Stefano - No!... Le circolari non mi piacciono. Se proprio vuole che le detti qualcosa, le detto una lettera per... (prende a caso un foglio sullo scrittoio e ne legge l'inte­stazione) ...la Società Scambi Internazionali. (Fa qual­che passo e detta) «Vi ordiniamo dieci vagoni di marmo. Consegna pronta. Pagamento a tre mesi, sconto cinque per cento. Distinti saluti». (Alle spalle di Fernanda guarda ciò che ha scritto) Come fa a capire quelle zampette di mosca che ha scritto al posto delle parole?

Fernanda - Oh; è facilissimo. (Legge) «Spettabile Società Scambi Internazionali, Vi ordiniamo dieci vagoni di... di...». Ecco, qui non sono sicura se si tratta di marmo o di... marmellata.

Stefano - (divertito) Marmellata! Meglio la marmellata. E per ora stop lavoro.

Fernanda - (si alza in piedi, s'avvia a destra, si ferma sul­la soglia della porta, si volta trasognata) Da ieri mattina ho scoperto che lei, oltre che un grande uomo d'affari, è anche estremamente affascinante (si gira per uscire, urta contro la parete, poi infila la porta ed esce a destra).

Stefano - (sorride compiaciuto e s'avvicina alla scrivania, mentre il telefono squilla. All'apparecchio) Pronto... Sì, sono l'ingegner Bonelli in persona. E lei chi è?... Ah sì, il mio agente di cambio... Le azioni della Società Zinco e Acciaio stanno paurosamente crollando, ossia perdendo valore?... Macché vendere quelle che posseggo. Compri tutte quelle che riesce a trovare... Sì! Anche sino a un miliardo. (Posa il ricevitore e scrolla le spalle) Chi se ne importa dello zinco e dell'acciaio?

Fernanda - (entra da destra) C'è la signora Negri che chiede d'essere ricevuta.

Stefano - Che tipo è?

Fernanda - Beh... Mi pare un po'... (con il dito indice della mano destra balte sulla propria fronte, per dirgli «mattoide, stravagante, scombinata»).

Stefano - È già venuta qui altre volte?

Fernanda - Mai.

Stefano - La faccia pure entrare. Tanto qui dentro... (fa la stesso gesto fatto un momento prima da Fernanda) ...uno più, uno meno...

Gabriella - (entra da destra) Oh, insomma!... Non dovrò mica aspettare sino a domani? (Tipo non inferiore ai 35/40 anni, agitata, bizzarra, eccentrica) sia nell'abbigliamento sia nel comportamento, si lancia verso Stefano e lo abbraccia urlando) Mio grande, immenso amico!... Sono due anni che sogno questo momento!

Stefano - (sempre abbracciato da Gabriella, e rivolto a Fernanda - evidentemente infastidita dalle effusioni della nuova venuta - allarga le braccia, per dirle «Che colpa ho, io, se questa tipa...).

Fernanda - Devo rimanere, ingegnere?

Gabriella - (si allontana da Stefano) No! (A Stefano) Devo parlarti a quattrocchi.

Stefano - (rassegnato, a Fernanda) Vada.

Fernanda - (annuisce e a malincuore esce a destra).

Stefano - (indica una sedia) S'accomodi.

Gabriella - (siede) Sì, ma guai a te se non mi dai del «tu», come quella sera di due anni fa a Las Vegas. Non ricordi cos'è accaduto, «quella» sera?

Stefano - (siede di fronte a Gabriella) Purtroppo... no. Rammento d'essere stato a Las Vegas, ma...

Gabriella - (interrompe) Te lo ricordo io! «Quella» sera io, vedova-italiana di un ricco texano, a una roulette del Casinò Luna Blu di Las Vegas avevo perduto tutta l'eredità, ovvero un milioncino di dollari. Con gli ulti­mi cinquanta centesimi nella borsetta ritornai all'Hôtel, uscii sul terrazzo del mio appartamento al trentesimo piano, e stetti a fissare la strada, giù, sino a quando tu mi mollasti una sberla da farmi vedere tutto il firma­mento. (Accenna un mesto sorriso) Sì, perché probabilmente io stavo per «scendere» in strada, direttamente dal terrazzo del trentesimo piano.

Stefano - (annuisce) Capisco.

Gabriella - Occupavi l'appartamento di fianco al mio, avevi scavalcato d'un balzo il muretto che divideva il terrazzo comune, e dopo la sberla mi mettesti in una mano una banconota da cinquanta dollari, dicendo: «Suvvia, sciocchina... Tenta ancora». Fu allora che mi desti del «tu».

Stefano  - E... tu hai tentato?

Gabriella - Eccome! Tentai e vinsi. Ritentai e rivinsi. Da quell'istante una fortuna tenace, sfacciata, paradossale, guidò la mia mano sul tappeto verde di una, due, tre, dieci roulettes.Ricuperai il milione perduto e tanto, tanto altro denaro. Ma quando ritornai in Hotel tu eri già ripartito per l'Italia. Giurai a me stessa che per ciascuno di quei cinquanta dollari che mi avevi donato nell'istante più terribile della mia vita ti avrei restituito un biglietto da mille.

Stefano  - (sconcertato) Da mille... do-dollari?

Gabriella - Certo!

Stefano - (c.s.) Ovvero intorno agli ottanta milioni di lire italiane?

Gabriella - Appunto. È poco?

Stefano - No, però...

Gabriella - (interrompe, sorridendo) Giusto! Ci vogliono anche gli interessi di due anni. Ma da Las Vegas a Mon­tecarlo, da Biarritz a Ostenda a Tokyo ho avuto molto da fare a controllare le aziende in cui ho investito, e investo, il denaro che continuo a vincere ogni volta che m'avvicino a una roulette. Ormai sono una giocatrice di professione. (Ride. Breve pausa) Raddoppio! (Stefano vorrebbe dire qualcosa, ma Gabriella glielo impedisce) No! Comando io. (Estrae dalla borsetta un libretto d'as­segni, e mentre ne compila uno) Centomila dollari. Per te, che so ricchissimo, sono forse una bazzecola, un'ine­zia, una quisquilia. Comunque... (si alza in piedi e porge l'assegno a Stefano) Ti prego di accettarli.

Stefano - (si alza in piedi e con una mano un po' treman­te prende l'assegno) Se proprio insisti...

Gabriella - Insisto!... Semmai buttalo nel cestino. (Allarga le braccia) Ciao! 

Stefano - (anche se riluttante si fa abbracciare da Gabriella).Ciao.

Fernanda - (entra da destra. Vede i due abbracciati e fa l'atto di ritirarsi) Oh, scusino!

Stefano - (si scioglie dall'abbraccio) Rimanga. (Fernanda si ferma) La signora sta congedandosi.

Gabriella - Me ne vado, sì. (S'avvia a destra, poi si ferma e si volta, melodrammatica) Addio, mio salvatore!... (manda con una mano un bacio verso Stefano, quindi esce a destra).

Stefano - (sventola l'assegno che tiene in ma no) Centomila dollari.   Se non li accettavo si offendeva. Dice che le ho salvato la vita e che le ho portato fortuna.

Fernanda - (ammirata) E lei, altruista di natura, neppure se lo ricordava. Congratulazioni! Di là (indica a destra) c'è il dottor Grifoni, il banchiere, che vorrebbe...

Grifoni - (entra da destra, umile e gentile) Solo due paro­le, per favore.

Stefano - (a Fernanda) La richiamo io.

Fernanda - (annuisce ed esce a destra).

Grifoni - (aspetta che Fernanda sia uscita, e poi fa l'atto di dire qualcosa, ma)

Stefano - (lo fa tacere con un gesto) Un momento. Se non erro, io ho un conto nella sua Banca.

Grifoni - (servile) Aperto!... Sempre «aperto», a sua disposizione.

Stefano - (gli porge l'assegno) Gli butti dentro questo.

Grifoni - (prende l'assegno, lo guarda e si stupisce) Ce-ce... Ce-centomila dollari?!...                                         

Stefano - (spaccone, rifacendo il verso a Gabriella) Per me è una bazzecola, un'inezia, una quisquilia.

Grifoni - (boccheggiante) Eh già... Per lei che acquista tre petroliere colme di petrolio, come se fossero tre bicchie­ri colmi d'acqua. Per me invece... (intasca l'assegno) Lo verserò sul suo conto.

Stefano - Ora mi dica il motivo della sua visita.

Grifoni - (abbassa la testa) Rimorso.

Stefano - Per che cosa?  

Grifoni - Per il modo in cui ho osato trattarla. Ma stia tran­quillo che farò il possibile per impedire che il mio so­cio... Un tipaccio che sta nell'ombra e che nessun mio cliente conosce... proceda contro di lei.

Stefano - (spaccone) Lo lasci fare nell'ombra. Si rompe­rà le ossa. Comunque mi stupisco che lei abbia un socio simile.

Grifoni - (mogio) Mia moglie... (e tace).

Stefano - (stupito) Il tipaccio che sta nell'ombra è sua mo­glie?    

Grifoni - No. Però è stata mia moglie che mi ha prepoten­temente spronato affinché mi prendessi quel socio... Per farmi ampliare l'attività bancaria. (Amareggiato) Per avere un marito più importante, capisce? (Stefano allarga le braccia e annuisce) Mi spiace.

Stefano - (ironico) Grazie! Se il suo socio mi manderà in galera... Per errore, badi!... Mi consolerò pensando che a lei spiace.

Grifoni - (implora) Mi conceda di nuovo il «tu».

Stefano  - (lo guarda un momento, poi sorride e gli tende la mano) Ma sì, schiavo delle ambizioni della consorte!

Grifoni - (riconoscente ed emozionato, stringe la mano di Stefano) Sei buono... «Tu». Ciao (esce a destra).

Stefano - (scrolla le spalle) Ciao (e fa qualche passo, soprappensiero).

Fernanda  - (entra da destra) Qualche problema (indica a destra) di più, ingegnere?

Stefano - Macché!... Ancora un po' e diventavamo parenti.

Fernanda - Allora il banchiere Grifoni non la denuncerà.

Stefano  - Lui, forse, no. Ma il tipaccio nell'ombra che ha per socio, sì.

Fernanda - In ogni caso mi prometta che mai più, con o senza guai, ritornerà ad essere l'uomo che era sino all'altro ieri, ovvero timido e remissivo... per esempio con la signorina Luciana e sua madre... poi freddo e indifferente con... con i dipendenti.

Stefano - (sorride, affettuoso) ...e soprattutto con... lei, vero?

Fernanda - (imbarazzala) Beh'... Anche.

Stefano - (diventa serio e s'avvicina a Fernanda con la chiara intenzione di abbracciarla e baciarla, poi si fer­ma) No!... (E si allontana, con viva delusione di Fernanda) Non è onesto. (E precisa) Per adesso.

Orsola - (entra da destra, spumeggiarne) Buongiorno all'ingegnere! (La segue)

Luciana - (che s'affretta a porgere meccanicamente e fred­damente una guancia a Stefano) Ciao, caro (aspetta d'essere baciata sulla guancia).

Stefano  - (non la bacia) Hai male a un dente?

Fernanda - (rivolta alle due donne) Buongiorno.

Luciana - (sconcertata dall'atteggiamento di Stefano, s'al­lontana da lui e s'innervosisce) Non fare lo spiritoso, ché ho già i nervi a fior di pelle.

Orsola -  Pure io!... E la colpa è tutta di quella maledetta roulette. (Secca, indicando Fernanda) La mandi via!

Stefano  - Non prima che lei (indica Orsola) e tu (indica Luciana), abbiate risposto al suo (indica Fernanda) «buongiorno». (Sgradita sorpresa delle due donne) Sì, donne! Lei (indica Fernanda) vi ha augurato «buon­giorno», e voi... niente.

Luciana - (falsa) Suvvia, tesoro... (fa l'atto di accarezzar­gli una guancia, ma Stefano lo ferma, dandole, uno schiaffetto sulla mano) Ma Riccardo!... Sono la tua fi­danzata.

Stefano  - E quella (indica Orsola) è tua madre. L'ho capi­to subito. Cioè! Lo so.

Orsola -  Oggi l'ingegnere e nervoso.  Accontentiamolo. (Rivolta a Fernanda, secca a denti stretti) Buongiorno!

Stefano - Anziché un saluto m'è sembrato una sventagliata di mitra. Un po' di dolcezza. diamine!

Orsola - (con enorme sforzo per controllarsi, quasi balbetta) Buongiorno.

Stefano - (rivolto a Luciana) Tocca a te.

Luciana - (sbotta) Cos'è questa pagliacciata?

Stefano - È una «pagliacciata» che altra gente definisce «lezione di buona educazione».

Orsola - Dài, Luciana! Salutala, così restiamo a sei occhi.

Luciana - (rivolta a Fernanda, con tono freddo, ma nor­male) Buongiorno.

Stefano - (a Fernanda) Può andare.

Fernanda - (annuisce ed esce a destra).

Orsola (aggressiva) Come si è permesso di umiliarci in presenza di una dipendente?

Stefano - E lei come si permette, in casa mia, di chieder­mi come mi sono permesso, eccetera eccetera?

Luciana - (impedisce ad Orsola di obiettare, violentemente) No, mamma! Dobbiamo comprendere che Riccardo (indica Stefano) è un uomo d'affari con tante idee per la testa, e che non sempre può essere...

Stefano - (prosegue tempestivamente) ...cretino.

Orsola - (ipocrita) Ma cosa dice, ingegnere?... Lei è tutt'altro che un cretino.

Stefano - Invece vi proverò che ero... Ripeto: ero un cretino.

Luciana - Per carità, cambiamo discorso. (A Orsola) Digli com'è andata al Casinò.

Orsola - Un disastro! Perché la iella, la disdetta, la sfortuna è stata incredibile e continua.

Luciana - Abbiamo perso... trenta milioni.

Orsola - Ma il Direttore del Casinò è stato così carino!... Li ha segnati sul suo (indica Stefano) conto.

Stefano - Perché?

Luciana - Perché... li pagherai tu.

Stefano  - (scuote negativamente il capo) Nooo-nooo...

Orsola - Nooo?!?...

Stefano    -No.

Luciana - Ma tutte le altre volte che abbiamo perso alla roulette hai pagato tu, senza fiatare.

Stefano  - Ero un cretino, ero!

Luciana - Tesoro mio... (fa l'atto di accarezzargli una guan­cia, ma Stefano la ferma con uno schiaffetto sulla mano, come prima. Allora Luciana si rivolge a Orsola e la implora, con tono infantile) Maaammmaaa...

Orsola - (aggressiva) Ingegnere!

Stefano - (calmo e sfottente, come sarà d'ora in poi) Sì?...

Orsola - Le ha dato di volta il cervello?

Stefano  - Forse. Ma s'è «voltato» dalla parte giusta.

Luciana - Non ti conosco più.

Orsola - (a Luciano) Lascia fare a me, che te lo sistemo a dovere. (Violento a Stefano) Le ricordo che siamo senza macchina!

Stefano - Ebbene  signora?

Orsola - Non vogliamo andare a piedi.                   

Stefano - Avete ragione.

Orsola - (trionfante, a Luciana, indicandole Stefano) Visto?

Stefano -  Prendete il tranvai.

Luciana - Mai!

Stefano  - Allora dovete andare a piedi.

Orsola - (furente, inviperita, indica sulla scrivania) E quel­le fatture da pagare?

Stefano  - Molto semplice. Chi ha comprato la merce fat­turata?               

Orsola - Lei! (indica Luciana) lo!

Stefano - Bene. Le pagherete voi.

Luciana - (sconcertata) Mi  sembra di vivere in un altro mondo. Dimmi che stai scherzando, caro... (Fa l'atto di accarezzargli una guancia, ma)

Stefano - (la ferma con uno schiaffetto sulla mano più energico dei precedenti).

Luciana - (ebete, massaggiandosi la mano, rivolta a Orsola) Non sta scherzando.

Stefano  - Scusa. Questa volta ho esagerato.

Orsola - Ma almeno le due cameriere «personali» al Grand Hôtel, quelle le avremo, però?

Stefano - Certo.

Orsola - Meno male!

Stefano  - Però non vi serviranno.      

Luciana - Perché?

Stefano - Perché vi trasferirete immediatamente... Ripeto: «im-me-dia-ta-men-te»dal Grand Hôtel alla  Pensione Aiuola.

Luciana - Cos'è?

Stefano Una pensione di quarta categoria, nella quale dovrete pure rifarvi i letti e scoparvi la camera.

Luciana - Mai!

Orsola - Entro oggi ritorniamo, a Venezia!    

Stefano  - Non potete... «svignarvela.

Luciana -  Come sarebbe a dire?

Stefano  - Sarebbe a dire che, prima, dovete pagare i trenta milioni al Casinò, e (prende dei fogli sullo scrittoio e li porge alle donne) queste fatture (Orsola e Luciana non prendono i fogli e arretrano di un paio di passi).

Luciana -  (smarrita) Noi... Non abbiamo denaro, noi.

Orsola - (smarrita) Neanche una lira.

Stefano  - Però potete procurarvelo.        

Luciana  - Co-co... Co-come?                

Stefano - Lavorando.

Orsola - (fa una smorfia di disgusto) Lavorando?!?... (Stefano annuisce) Dove?

Stefano  -Qui, per me. Vi assegnerò un buon stipendio, che mi tratterrò sino al totale ricupero dei trenta milio­ni che avete perso al Casinò, e all'ammontare di queste fatture che pagherò.

Orsola - (boccheggiante) E... se non accettiamo?

Stefano  - Non pago un bel niente e, al minimo, sarete denunciate-arrestate-processate-condannate per truffa a questi (indica le fatture) ed al Casinò.

Orsola - (crolla a sedere sopra una sedia, sospirando) Po­vere noi!...                     

Luciana È inutile e sciocco, mamma, piangere sul latte versato,

Stefano - Tanto più che, come vi ho già detto, e ripetuto, ero un cretino.

Luciana - Cosa dovremmo fare?

Stefano - Tu l'aiuto alla mia segretaria, e lei (indica Orsola) sostituirebbe la donna... delle pulizie.

Orsola  - (balza in piedi) Mi rifiuto!

stefano - (ironico) In galera non potrà, signora. Anzi, in­vocherà che le diano l'incarico di «scopina», per muo­versi un po' ed ammazzare il tempo.

Luciana - (dopo lieve esitazione, decisa) Mamma! (Orsola la guarda) Accettiamo. (Orsola, rassegnata, allarga le braccia e annuisce. A Stefano) Comanda. (Si riprende) Pardon. Posso continuare ad usare il «tu»?

Stefano  - (annuisce e preme il pulsante accanto all'appa­recchio telefonico) Piuttosto... Non scordarti di annul­lare o disdire qualsiasi ordine che potrebbe provocare altre di queste (intende le fatture che tiene ancora in mano e che adesso posa sullo scrittoio).

Fernanda - (entra da destra) Dica, ingegnere.

Stefano - Da questo momento la signorina (indica Luciana) è assunta quale suo aiuto, e la signora (indica Orsola) è assunta quale addetta alle pulizie.

Fernanda - (sorpresissima) Su-sul... Su-sul serio?

Stefano - Perché no?… E lei«funge» da capa, sarà re­sponsabile della loro capacità lavorativa. Non voglio che rubino lo stipendio, insomma! (Volta la schiena alle tre donne) Via!

Fernanda  - (invita Orsola e Luciana ad uscire a destra) Prego.

Luciana  - (fa l'atto d'avvicinarsi alle spalle di Stefano per dirgli qualcosa poi rinuncia, scrolla le spalle ad esce a destra).

Fernanda  - (ad Orsola,la quale esita) Da questa parte.

Orsola  -(immobile, superba) Io, Orsola Goliardi, discen­dente dalla nobile casta dei Gottardi, prima valorosi Crociati e poi amici di Marco Polo, devo proprio fare la donna delle pulizie?

Stefano  - (si volta) Sì ... Sono ceno che le sue saranno pulizie... «nobili».

Orsola - Non dimenticherò questo affronto.

Stefano Neanch'io dimenticherò tutto il denaro che lei e sua figlia mi hanno fatto gettare dalla finestra. Ed ora si sbrighi, altrimenti lo deduco dallo stipendio l'importo del tempo perduto in chiacchiere.

Orsola (esce a destra, gesticolando e urlando di rabbia) Iiiih!...

Stefano  - (sorride a Fernanda) Attenta, che quella morde!... E forse è velenosa.

Fernanda (ansiosa) Ma... e la signorina?... La sua fi­danzata?

Stefano - Mi pare di essere stato chiaro. È diventata una sua collega, ossia una mia dipendente.

Fernanda - (felice) Allora?...

Stefano - (le si avvicina, affettuoso) Allora non l'hai an­cora capito che io voglio bene ate, solo a te?

Fernanda - (confusa) Da-da... Da-davvero?

Stefano - (sorridendo, le rifà il verso) Da-davvero. (Le si avvicina con la chiara intenzione di abbracciarla e ba­ciarla. Ma)

Ettore - (entra bruscamente da destra, facendo sussultare i due, che si allontanano l'uno dall'altra. Ettore è un ti­po non inferiore ai 45 anni, dall'aria severa e dai modi bruschi, decisi) Mi scusino, ma entrare dalle porte in questo modo è una specie di deformazione professiona­le. (Rivolto a Stefano) Ingegner Riccardo Bonelli?

Stefano - (istintivamente) No.

Fernanda - Come «no»?

Stefano  - Ah, sì!... (A Ettore) Sono l'ingegner Riccardo Bonelli.

Ettore - (estrae di tasca una tessera che fa vedere a Stefano) Commissario di Polizia Tartufoni.

Stefano - (rassegnato, guarda Fernanda, allarga le brac­cia, annuisce, quindi incrocia i polsi come per porgerli alle manette e s'avvicina a Ettore, mentre Fernanda si copre il viso con le mani per soffocare il pianto, e il si­pario di chiude).


ATTO TERZO

Sei giorni dopo gli avvenimenti del secondo atto: matti­no verso le ore 11.

All'apertura del sipario Stefano è seduto alla scrivania efirma rapidamente le varie carte che si trova sotto gli oc­chi nell'apposito registro di cui Fernanda - al suo fianco in piedi - volta le pagine.

Stefano  - (Il quale sarebbe bene che indossasse un abito diverso dal/i precedente/i, d'un tratto sbuffa e chiude il registro) Basta così!

Fernanda - E le altre lettere?                                            

Stefano  - Le firmi lei.                                                       

Fernanda - (sorpresa) Imitando la sua firma?

Stefano  - Certo! D'altronde la firma dell'ingegner Riccardo Bonelli è uno scarabocchio semplicissimo. Io l'ho imitata con estrema facilità.

Fernanda - Non capisco.

Stefano - (si riprende) Ovviamente scherzo. Comunque la autorizzo a imitarla.

Luciana  - (entra da destra, in abbigliamento modesto. È gentile, umile, rispettosa. Tiene in mano due fogli: uno lo porge a Stefano) Un «telex» da Berlino. Devo farlo tradurre?

Stefano - (senza prendere, né guardare il foglio) Non occorre. Rispondi «okay».

Luciana - (porge l'altro foglio) Questo «telex» è arrivato da Teheran. Mi pare che sia scritto in arabo.

Stefano  - (idem come prima) Che importa? Rispondi «no».

Luciana - (annuisce, s'avvia a destra, poi si ferma e si vol­ta) Scusa, Riccardo...

Stefano - Sì, ma ho fretta.

Luciana - La mamma... Cioè! la «donna della pulizie» sono sette giorni, con oggi, che...

Stefano  - (prosegue tempestivamente) ...che l'ho assunta, e sono altrettanti sette giorni che chiede un colloquio con me. No!

Luciana - Ma lei...

Stefano - (interrompe) Lei, se crede che io non rispetti tutti i suoi diritti, si rivolga al sindacato. Tanto sono sicuro che la pago almeno il doppio di quanto dovrei. E ora non farmi perdere tempo anche tu.

Luciana - (abbassa il capo ed esce a destra).

Fernanda - (sincera) Non esageri, ingegnere. Potrebbe pen­tirsi.

Stefano - (si alza in piedi) E' difficile. Anzi, siccome  sono otto giorni che sto chiuso qua dentro a dare ordini nel mondo intero, e poiché i pasti forniti dal Ristorante qua accanto cominciano a nausearmi, tra un'ora la invito a colazione fuori, lontano, in campagna. Contenta?            

Fernanda - (emozionata) Felice. (Preoccupata) Però... (tace).

Stefano - Non accetta l'invito?

Fernanda - La signorina Luciana (indica a destra) cosa dirà?

Stefano  -Mah!... Se avrà qualcosa da dire, o da ridire, lo ... dica, o lo ridica, a sua madre.

Luciana - (entra da destra) Il commissario Tartufoni vorrebbe...

Stefano - (interrompe, andando verso destra) Come no?... Con piacere. Avanti, caro Tartufoni.

Luciana - (si fa da parte).                                                         

Ettore  - (entra sorridente e s'affretta a stringere calorosa­mente la mano che Stefano gli porge) Carissimo ingegnere!... (intanto)

Fernanda -  (fa cenno a Luciana di uscire a destra. Questa obbedisce e Fernanda la segue).                      

Stefano  - S'accomodi, commissario.

Ettore  - No, grazie. Sono di fretta. L'ho disturbata solo per sapere se posso sperare.

Stefano - Senz'altro... Assumerò suo figlio entro una set-timana. E nella mia Azienda avrà la possibilità di fare un'ottima carriera.

Ettore - Grazie!

Stefano - S'immagini, commissario.

Ettore - Me l'avevano detto che lei era una brava e gene­rosa persona, ma così non avrei mai creduto (s'avvia a destra).

Stefano  - (lo segue) Mi mandi suo figlio fra sette giorni (gli porge la mano).

Ettore  - (gliela stringe di nuovo calorosamente e annui­sce) Ancora grazie. (Ride) E se dovessi tornare qui un'altra volta, non mi venga di nuovo incontro, come la settimana scorsa, incrociando i polsi (esegue e ride). Come se io fossi venuto ad arrestarla!... Ah, che mat­tacchione è lei!... Arrivederla (esce a destra).

Stefano - (borbotta) A non vederla. (Sorride e ritorna al centro, mentre)

Vittorio - (entra da destra, agitato ed entusiasta) So tutto!

Stefano  - (ironico) Allora lo dica anche a me.

Vittorio - Fra la geme d'alto livello, in città, non si parla che di lei! O meglio dell'ingegner Bonelli. È meraviglio­so!...

Stefano - Cosa?

Vittorio -  Ciò che sta accadendo. Da una settimana qualsiasi affare di questa Azienda porta degli utili enormi. Lei, con un «telex» a Santos, in Brasile, ha comprato quasi per niente mille tonnellate di caffè che stava per essere gettato in mare, e che hanno centuplicato il loro valore, perché un uragano ha danneggiato ampie colti­vazioni. Non parliamo dei dieci vagoni di marmellata ordinati per lettera alla Società Scambi Internazionali.

Stefano - (divertito, calmo e ironico) Che è successoalla marmellata?

Vittorio - Poiché «marmellata», in codice, significava «ar­gento», e il prezzo dell'argento, in questi giorni, è au­mentato del cinquecento per cento, i suoi dieci vagoni d'argento valgono cinque volte di più. Ossia una cifra favolosa. Ma non basta!

Stefano - Dunque continui.

Vittorio - Le azioni della Società Zinco e Acciaio, che lei ha dato l'ordine di acquistare allorché crollavano di prezzo e tutti le vendevano, oggi hanno un valore im­menso. E decine di altri affari da lei... mi permetta di dirlo... «pazzamente» combinati, sono diventati affari d'oro per l'Azienda.

Stefano -  (allarga le braccia: e si stringe nelle spalle) E' an­data così.

Vittorio - Per giunta, di là (indica a destra), da una setti­mana ho notato la fidanzata e la futura suocera dell'ingegnere addirittura  «trasformate».

Stefano - (sorride) Più che «trasformate» le ho «domate».

Vittorio - Bene. Ma che fanno negli uffici?

Stefano - La giovane aiuta la segretaria, e l'anziana fa le pulizie.

Vittorio - (divertito) Sui serio?

Stefano - (annuisce) ...perché devono rimborsarmii debi­ti che ho pagato per loro conto.

Vittorio - Bravissimo anche per questo. L'autentico ingegner Bonelli non ne sarebbe stato capace.  Anzi, se dovesse riprendere il suo posto temo che quelle due donne gli rimetterebbero il laccio al collo.

Grifoni - (dall'esterno a destra) Mi lasci entrare, signorina, ché lui sarà contento di rivedermi. (Entra precipitosamente, agitato, e s'affretta ad abbracciare Stefano) Mio grande amico, sono accorso a portarti una notizia strabiliante, A Ginevra c'è la riunione in corso per nominare il presidente della «A.EMME.GI.A.».

Stefano - (divertito) «A.EMME.GI.A.», che roba è?

Grifoni - E' l'Associazione Mondiale Grandi Affari, la più potente del mondo! E la presidenza è giusto che sia confe­rita all'uomo (indica Stefano) che in quest'ultima settima­na ha dato prova delle maggiori doti, ossia intelligenza-cultura-audacia-genialità-prontezza-valore-volontà.  (Ab­braccia di nuovo Stefano) Congratulazioni, amico!

Stefano - (ironico) Grazie. Ma il tuo socio nell'ombra che cosa... «trama?

Grifoni - Solamente il modo per avere l'onore di conoscer­ti personalmente e per mettere a tua disposizione altri tre, cinque... anche dieci miliardi.

Stefano - (a Vittorio) Lei, mio procuratore, che ne dice?

Vittorio - Direi di no, ingegnere. D'altro canto, dopo gli stupendi risultati dei suoi affari,  quest'Azienda è in grado di estinguere il debito di tre miliardi, e magari prestarne altrettanti alla Banca del dottor Grifoni e so­cio.                                                                                                    

Stefano - (a Grifoni, indicando Vittorio) Sentito?

Grifoni - (vinto, deluso) Purtroppo sì.

Stefano -Quindi (tende la mano), amici come prima e tan­ti saluti.

Grifoni - (gli stringe la mano) Ciao (ed esce mogio a de­stra).

Stefano e Vittorio - (scoppiano in una risata).

Vittorio - (dopo lieve esitazione) Ovviamente! dopo que­sti avvenimenti tanto positivi per l'Azienda, non è più necessario che l'ingegner Bonelli... «sparisca».

Stefano - (annuisce) Ho capito. Devo «sparire» io.

Vittorio - Sì, ma con un compenso sei volte superiore a quello pattuito se doveva rimanere. Cioè trecento mi­lioni.                                                     

Stefano - Non mi basta.

Vittorio - (sorpreso) Come dice?

Stefano - Dico che non mi basta, perché voglio anche... la signorina Fernanda, e la direzione dell'Agenzia di New York.

Vittorio - Beh... Per la signorina Fernanda... (sorride) ...e

comprendo il motivo... sono certo che l'ingegnere ap­proverà. Circa la direzione dell'Agenzia di New York, la più importante di quest'Azienda, devo chiedergli se è d'accordo.

Stefano - Giusto, Si precipiti a chiederglielo e mi telefoni la risposta. Prestissimo, giacché il suo ufficio in cui «ospita» l'ingegnere non è lontano, vero?

Vittorio - Ci arrivo in pochi minuti (esce in fretta a destra).

Stefano - (sorride e va a premere il pulsante accanto all'apparecchio telefonico. Fa alcuni passi, pensieroso).

Fernanda - (entra da destra) Dica, ingegnere.

Stefano  - (la afferra nelle braccia e la fissa negli occhi) Dimmi, urla.che mi vuoi bene!

Fernanda - (smarrita) Ce-ce... Ce-certo che le vo...

Stefano - (interrompe, correggendola) Che ti vo... Prose­gui.

Fernanda -  (a fatica) Ti voglio bene, sì. (si lancia ad ap­poggiare  il  viso sul petto di Stefano, all'altezza dell'ascellare, e scoppia in pianto).

Stefano - E piangi?... (Fernanda annuisce) Perché?

Fernanda - (s'allontana da Stefano) E me lo chiedi?... Di là (indica a destra) c'è la tua fidanzata.

Stefano - (sorride) Ecco... Mi piaci tanto, forse anche per­ché sei fatta così... un po' «all'antica».

Fernanda - Hai il coraggio di negare che di là?... (indica a destra)

Stefano - (sorride) Peggio. Ho il coraggio di dirti... (indi­ca una sedia) Siediti.

Fernanda - (ironica, rimanendo in piedi con una sedia al­le spalle) Non sapevo che ci volesse tanto coraggio per offrirmi una sedia.

Stefano  -Allora ti dico che io non sono l'ingegner Riccardo Bonelli..                     

Fernanda - (dopo un attimo di sbigottimento, biascica) Tu non sei?...(e tace, Stefano scrolla negativamente il capo. Fernanda cade a sedere).                                     

Stefano -  Ora hai capito perché t'avevo detto di sederti.

Fernanda - Ripeti, per favore.

Stefano - Io nonsono l'ingegner Riccardo Bonelli.

Fernanda -  (le sorge un sospetto) Oh, poverino!... (si alza in piedi) Ti senti male qui? (tocca la fronte di Stefano).

Stefano - No, Fernanda. Non sono pazzo. Il mio nome è Stefano  Parati, ex-trapezista  di circo  equestre,  ex-posteggiatore abusivo, ex-lavapiatti, ma perfetto sosia dell'ingegner Riccardo Bonelli. Tanto perfetto sosia che per cinquanta milioni sarei andato in galera al posto suo.                                                   

Fernanda - E l'ingegner Bonelli, dov'è?                  

Stefano - Poco lontano da qui, nascosto nell'Agenzia di Investigazioni del signor Quadri, il procuratore nomi­nato in fretta e furia dall'ingegner Bonelli, prima di andare all'aeroporto, dove è poi stato bloccato da uno sciopero.                                              

Fernanda - E tu, «ex» quello ed «ex» questo, non sarai mica anche un «ex-marito», oppure un «ex-fidanzato»?                                                              

Stefano - No. Sono scapolo... dalla nascita. E ti chiedo di sposarmi.

Fernanda - Oh, caro!... (Lo abbraccia, mentre)

Orsola - (entra da destra, con una scopa e un piumino per spolverare. Indossa un grembiule e un fazzolettone le copre la testa. Vede e rimane allibita, balbettando) In-in... In-ingegnere.

Stefano - (s'allontana da Fernanda) Deve fare pulizia qui?

Orsola - (sconvolta da quanto ha visto) No. No-no.

Stefano - Allora se ne vada.

Orsola - Sì. Sì-sì.

Stefano  - Inoltre pensi agi affari suoi, e veda solo ciò che le è permesso di vedere. Chiaro?

Orsola - (annuisce ed esce a destra. Squillo del telefono).

Stefano —Ecco la risposta. (All'apparecchio) Pronto... Sì, dica... Bene. L'aspetto. Cioè! Vi aspetto dall'apparta­mento. (Posa il ricevitore) L'ingegner Bonelli mi dà tre­cento milioni e la direzione dell'Agenzia di New York. Evviva!... Stasera vengo a chiedere la tua mano ai tuoi genitori, domani facciamo le pubblicazioni, al più pre­sto ci sposiamo, e poi... alé! In volo a New York. Corri a casa!                                                               

Fernanda - Non sarebbe meglio che aspettassi l'autentico ingegner Bonelli, almeno per salutarlo?

Stefano - No. Lo saluterò da parte tua e gli spiegherò tut­to io, mentre cambieremo l'abito... di là (indica a sinistra) Vai, tesoro! Vai.

Fernanda - (annuisce, s'avvia a destra, si ferma sulla so­glia della porta, si volta e con la mano manda un bacio verso)

Stefano - (il quale finge di coglierlo al volo. Ridono entrambi, e)     

Fernanda - (esce a destra, dicendo) A stasera.

Stefano - (annuisce, poi fa qualche passo, sorridendo).

Grifoni - (dall'esterno a destra) Voglio dirglielo subito! (entra da destra, sventolando un foglio dì carta) È arrivato il «telex» da Ginevra!

Stefano - (ironico) Scommetto che dice a un certo banchiere (indica Grifoni) di smetterla di fare il seccatore.

Grifoni - Invece dice che sei stato nominato Presidente del la «A.EMME.GI.A.». (Lo abbraccia) Congratulazioni grande affarista e amico mio! (si allontana da Stefano) Sei felice?

Stefano - Non me ne importa niente.

Grifoni - Ecco!... Questo è un altro segno tangibile della tua grandezza. Ma dimmi, per favore... Per combinare tanti e così ottimi affari, qual è il tuo segreto?

Stefano - Avere la faccia di bronzo, d'acciaio, di cemento armato, e tanta...

Grifoni - (prosegue tempestivamente) ...fortuna, lo so.

Stefano - Io volevo dire «incoscienza». Ma bada! L'inco­scienza autentica e genuina del bambino, non quella de­gli imbroglioni.

Grifoni - (incantato) Allora... bisogna ritornare bambini?

Stefano - Senza dubbio,

Grifoni - Oh, che bello!... (S'avvia a destra, trasognato, infantile, muovendo le braccia come se fossero delle ali) Mi sento incosciente, leggero, felice... (Si ferma un mo­mento, si rivolge a Stefano con espressione ebete) Vado a giocare alla palla! (Ed esce, muovendo le braccia come ali).

Stefano - (ride di cuore, borbottando) Il banchiere volante!

Luciana - (entra da destra) Scusa, ma... Grifoni (indica a destra) è impazzito?

Stefano - Nono... È solo ritornato bambino.

Luciana - La tua segretaria è uscita. Posso esserti utile io?

Stefano -Sì.

Luciana - (lusingata) Comanda.

Stefano  - Ritorna al tuo lavoro.

Luciana - (delusa) Obbedisco (esce a destra).

Stefano  - (fa qualche passo, e)

Vittorio - (entra da sinistra) Ci siamo!

Stefano - Lui è di là? (indica a sinistra).

Vittorio - (annuisce) ...e si sta rivestendo per cambiare l'abito con il suo (indica Stefano). 

Stefano - Bene. Vado subito. I trecento milioni me li fac­cia accreditare in dollari sopra un conto corrente, aper­to a nome mio, presso la Banca Americana.

Vittorio - (annuisce) Sarà fatto tempestivamente.

Stefano - Beh... (tende la mano) Molte, grazie per la sua cordiale e preziosa «assistenza».

Vittorio - (stringe la mano, sincero) Con un bravo «atto­re» come lei è stato tutto facile.

Stefano - (s'avvia a sinistra, poi si  ferma e si volta) Con lui (indica a sinistra), adesso, scambierò appena i con­venevoli. Lo informi lei che ho «domato» sia la fidan­zata sia la futura suocera. In compenso gli dica che mi porto via, e mi sposo, la segretaria.

Vittorio - (annuisce) Auguri di cuore.

Stefano - Grazie... «procuratore»! (Sorride, saluta con un cenno della mano ed esce a sinistra).

Orsola - (entra infuriata da destra. In una mano tiene la scopa e il piumino per spolverare; con l'altra trascina per mano Luciana e urla) Te lo faccio ammettere da lui che faceva «il sentimentale» con la segretaria!... (Nota che Stefano non c'è. A Vittorio) Dov'è?

Vittorio - (ironico ed evasivo) Chi cerca, signora?

Orsola - L'ingegnere!

Vittorio - È andato un momento di là (indica a sinistra).

Orsola - (si lancia verso sinistra, trascinando con sé Luciana) Lo sistemo io!

Vittorio - (si pone davanti alla porta di sinistra) Non vuole essere disturbato.

Orsola - (furente, maligna, abbandonando bruscamente la mano di Luciana) Magari quella smorfiosa ha fatto finta d'uscire di qua (indica a destra), poi ha girato in­torno al palazzo ed è rientrata dì là (indica a sinistra), nell'appartamento dell'ingegnere.

Vittorio - Si sbaglia, signora. Tanto più che «quella smor­fiosa», come lei si permette di chiamare la gentile si­gnorina Fernanda, non ritornerà mai più.

Luciana - (sorpresa) Perché? .

Vittorio - (imbarazzato) Perché... Perché... Si è licenziata!

Orsola - (maligna) Per la vergogna!

Vittorio - No. Per le nozze.

Luciana - Si sposa?!?...                           

Vittorio - Proprio.

Orsola - Chi sposa?

Vittorio - Un certo signor Stefano Parati.

Luciana  - Lei lo conosce?

Vittorio - Sì.

Orsola - Che tipo è?

Vittorio - (ironico) Direi che... Hanno presente l'ingegner Bonelli?

Luciana e Orsola - Certo!

Vittorio - Ebbene, il signor Parati è esattamente... «l'opposto».

Orsola - Quindi sarà gentile e generoso, mentre l'ingegne­re è diventato così sgarbato e avaro...

Vittorio - Eppure sono sicuro che loro preferiranno trat­tare con l'ingegner Bonelli, anziché con il signor Parati.

Luciana - (a Orsola, indicando Vittorio) Tu ci capisci qualcosa?

Orsola - (furente) Capiscoche lui (indica Vittorio) è paga­to dall'ingegnere, e che perciò gli tiene mano facendoci i «rebus». Vogliono umiliarci ed esasperarci, cara mia!, per liberarsi di noi. Tu potrai anche sopportare ogni cosa, ma io... (tace, perché)

Riccardo - (entra da sinistra. Ovviamente è il medesimo attore che ha interpretato la parte di Stefano. Ha indos­so lo stesso abito che portava dall'inizio di questo atto. Gli atteggiamenti e i toni, però, non sono quelli freddi-decisi-coraggiosi del personaggio Stefano, ma quelli timidi-insicuri-remissivi che il personaggio Riccardo aveva manifestato nel primo atto, soprattutto nei rapporti con Luciana e Orsola).                 

Orsola - (dopo un attimo di smarrimento, si lancia contro Riccardo e gli dà uno schiaffo sulla guancia, urlando)  Vergogna! (Poi si allontana da lui).

Riccardo - (smarrito, si massaggia la guancia colpita e si rivolge a Vittorio, balbettando) Che-che... Che-che suc­cede?                                                      

Orsola - (aggressiva, fa l'atto di lanciarsi di nuovo contro Riccardo, agitando la scopa come un bastone e urlando) Glielo spiego con questa! (Ma)

Vittorio - (si intromette fra lei e Riccardo e le ferma la mano) Ferma! (La trascina dalla parte opposta e le sus­surra, concitato) L'ingegnere ha un forte esaurimento nervoso.                                                               Orsola - (calmandosi) Allora è diverso. (Si riavvicina a Riccardo, il quale fa un passo indietro. Gentile, materna) Non abbia paura. (Rivolta a Luciana) Sai... Ha un for­te esaurimento nervoso. (A Riccardo) Però io e Luciana la cureremo affettuosamente, come al solito.

Riccardo - Grazie, ma... (indica l'abito, la scopa e il piumino di Orsola) Cosa significa?   

Vittorio - (precede l'eventuale risposta di Orsola) Glielo spiego io!... Venute a conoscenza delle difficoltà in cui si dibatteva l'Azienda, la signora (indica Orsola) e la si­gnorina (indica Luciana) hanno voluto collaborare a ri­sanare il bilancio. La signorina, aiutando la sua segre­taria; e la signora facendo le pulizie.

Riccardo - (colpito, commosso) Oh, care!... Come potrò mai ricompensarvi?

Luciana - (sconcertata, scambiando occhiate d'intesa con Orsola) Ecco, tesoro... (s'avvicina a Riccardo e allunga la mano per accarezzargli una guancia) Permetti?

Riccardo - Cosa?

Luciana - Che t'accarezzi.

Riccardo - E me lo chiedi?

Luciana - (ironica) Non si sa mai. (Gli accarezza una guancia) Io e la mamma saremo felici-orgogliose-entusiaste di continuare a lavorare per... diciamo «pareg­giare» tutto il denaro che hai speso, e che spendi, per noi.

Riccardo - Ti proibisco di parlarne! Per me è un piacere vedervi contente. (Le donne si guardano stupite e sod­disfatte) Ora, se permettete, vorrei sedermi, perché so­no stanco edho l'ulcera che mi dà delle pugnalate (si massaggia lo stomaco, mentre)

Orsola - (premurosa, si precipita a spostare la sedia della scrivania e là rimane, come un cameriere in attesa che il commensale sieda. Contemporaneamente)

Luciana - (prende sottobraccio Riccardo e lo accompagna a sedere).

Riccardo - (siede. Le due donne gli si pongono ai fianchi, in piedi e lo accarezzano: Luciana sopra una guancia, Orsola sui capelli. Riccardo assume un'aria tanto bea­ta, quanto idiota).

Vittorio - (indignato, sbuffa. Squillo del telefono. Le don­ne smettono di accarezzare Riccardo).

Riccardo - (all'apparecchio) Pronto... Sì, sono io.. (ascolta un momento, con crescente stupore) Infatti... (Un attimo, poi sussulta, guarda il ricevitore come se da quello avesse ricevuto un insulto. Infine lo posa sull'apparecchio. Sconcertato, indicando l'apparecchio telefonico) Una voce d'uomo mi ha detto: «Scommetto che ti sei già lasciato di nuovo intrappolare, e che quelle due donne ti stanno facendo le moine».

Luciana - Tu hai risposto...

Riccardo - ...«Infatti».

Orsola - E quella voce d'uomo?...

Riccardo - Ha urlato: «Cretino!» (Smarrito) Mi ha urlato che sono un cretino. (Ebete, a Vittorio) Chi sarà?

Vittorio - (sorride, ironico) Io lo so.

Riccardo - Bisogna dargli querela per ingiurie!

Vittorio - (sbotta) Eh no!... Bisogna dargli una medaglia, perché ha ragione!

Luciana  - Chi è, caro, che ti ha dato del cretino?

Riccardo - (disorientato) Non... Non lo so, io.

Vittorio - Eppure... lo sanno tutti! (Si rivolge alla platea, e sorridendo indica il pubblico) Anche loro, vero? (e mentre Luciana e Orsola s'affrettano a riprendere le carezze a Riccardo, il quale riassume l'aria tanto beata, quanto idiota, il sipario si chiude).

FINE DELLA COMMEDIA