EUGENE IONESCO
CHE INENARRABILE CASINO!
Traduzione di Sandro Bajani dal francese
Personaggi
in ordine d'entrata in scena
Il Padrone. Jacques Dupont. Pierre
Ramboul.
Lucienne.
La Cassiera (Janine).
Il Personaggio.
Il Padrone Del Bistrot.
La Padrona Di Casa.
La Signora Del Cagnolino.
Il Marito Della Signora Del Cagnolino.
L'Uomo Col Bastone.
La Portinaia.
Il Padrone Del Ristorante.
La Cameriera (Agnese).
Il Vecchio Signore.
La Vecchia Signora.
Primo Cliente Del Ristorante.
Secondo Cliente Del Ristorante.
Il Rivoltoso.
La Rivoltosa.
Primo Operaio.
Secondo Operaio.
Una Donnetta.
La Madre Del Ferito.
Il Ferito.
Primo Poliziotto.
Secondo Poliziotto.
Il Giovane.
La Figlia Della Portinaia.
La Madre Del Personaggio.
Il Maestro Di Scuola.
La Figlia Di Agnese.
Il Figlio Di Jacques Dupont.
Il Figlio Del Giovane.
Il Figlio Del Rivoltoso.
Ce formidabile bordel! È stata rappresentata per la prima volta al Théàtre Moderne (Produzione Pleins-Feux de Paris) il 14 novembre1973; regia di Jacques Mauclair, scene e costumi di Jacques Noè'l, musica di Francisco Semprun e Michel Christodoulidès.(1)
[1]) Dato l'alto numero di personaggi, ogni attore, tranne Jacques Mauclair che interpretava il Personaggio, recitava in vari ruoli.
SCENA PRIMA
Scena: Un ufficio.
Il Padrone Non è il modo di fare.
Jacques Uno scherzo da prete.
Pierre Non mi stupisce da parte sua.
Lucienne Ha ereditato. Ha il diritto di andarsene. Se non ha più bisogno.
Pierre (a Lucienne) Lei ha sempre avuto un debole per lui. Ora dovrebbe piantarla.
Lucienne Oh!
Padrone Quando ha avuto bisogno di noi... lo abbiamo aiutato. Ed ora se ne va, e chi s'è visto s'è visto. Taglia la corda. Ci avvisa tre giorni prima. Ma gli farò pagare il preavviso. Non è facile trovare un impiegato che lo sostituisca!
Pierre Però non era un bravo impiegato.
Jacques A chi lo dice! è d'una pigrizia!
Non è una gran perdita. L'ho avuto davanti agli occhi per quindici anni.
Pierre Che cosa ne farà del suo gruzzolo?
Padrone Avrebbe potuto investirlo nell’azienda.
Pierre Uno come lui le avrebbe creato delle noie.
Jacques Per me, son ben felice di non vedere più il suo brutto muso. Ne avevo abbastanza, tutti i giorni, tutti i giorni.
Pierre Però vi piaceva andare insieme al bistrot. Il pomeriggio s'addormentava sul lavoro. (A Jacques Dupont) È lei che me lo ha detto.
Padrone A me non la dava ad intendere. Lo sapevo benissimo.,
Pierre (a Lucienne) Non ti dispiace ugualmente un pochino?
Lucienne Lo conoscevo da tanto tempo.
Pierre (a Lucienne) E’ stato il tuo amante. Un amante come quello...
Lucienne Hopreferito te a lui. Dal momento che l'ho lasciato per te.
Pierre Si vestiva come un barbone.
Padrone Può ringraziarmi se non l'ho mai cacciato via. A calci nel culo.
Ed ora che potrebbe darci una mano col suo malloppo, nessuna gratitudine. Era un debito morale, in definitiva. L'azienda ha bisogno di essere rimessa in carreggiata.
Jacques Io avevo certe idee politiche. Lui è reazionario.
Padrone Ah, questo no. Nessuno è più sinistrorso di lui.
Pierre D'altronde, le sue idee non valevano molto. In realtà non aveva idee precise su niente.
Jacques A me diceva sempre che le cose, quali che siano, non hanno una ragione.
Pierre E’ lui che non aveva una ragione.
Jacques (a Pierre) Perché lei di ragioni ce n'ha?
Pierre (a Jacques) E lei allora?
Jacques Eppure io a qualcosa credo, io...
Pierre So benissimo a che cosa lei s'immagina di credere. Non passa giorno che non ce lo venga a dire, ed è sempre la stessa cosa. Sono idee fisse, ossessioni.
Padrone Non è il momento di litigare.
Jacques Quando tornerà, gli diremo che cosa pensiamo di lui.
Pierre Gli faremo una testa così.
Padrone Non basta. Gliene dirò quattro.
Lucienne Ma che cosa vi ha fatto? Ora ha i soldi. Può farne quello che vuole.
Padrone Non si abbandonano in questo modo le persone che ti hanno aiutato. Inoltre, è stupido. Se avesse investito il suo denaro nella ditta, avremmo fatto grossi affari. Sapete bene che l'azienda ha dei debiti.
Jacques Oh, lei signor padrone dice così perché vuol chiudere bottega, ma di soldi in cassa ne ha tanti.
Padrone Può controllare, se vuole. Non ho nulla da nascondere.
Pierre Non spetta a Dupont di farlo, spetta a me! Sono io il delegato del personale.
Padrone (a Pierre) Lei aveva grandi vedute quando è rientrato nella ditta. Era pieno di idee. Vedeva in grande. Dove sono andate a finire le sue idee? Ora si è adagiato nel quieto vivere. Si è esaurito in fretta, mio caro.
Pierre Non si tratta di me, ma di lui. Io ho fatto quel che ho potuto.
Padrone Non è molto.
Jacques Ho sempre pensato che fosse uno sporco borghese.
Pierre Un borghese barbone.
Padrone I barboni sono borghesi mancati.
Jacques Veniva in ufficio con la barba lunga. Puzzava di alcool. Che cosa crede, che fosse piacevole?
Lucienne Non era sempre così.
Pierre (a Lucienne) Non mi dirai adesso che la colpa è mia, che era così perché lo hai lasciato per me!
Lucienne Non ti faccio nessun rimprovero. Questo non l'ho mai detto. Sono io che ho voluto lasciarlo.
Jacques Diceva che era vestito male perché non aveva soldi per comprarsi un abito. Ve ne accorgerete, fra poco, quando verrà. Si sarà fatto vestire dal miglior sarto. Ci prenderà in giro.
Lucienne Non è il tipo.
Jacques Emanava odor di noia.
Padrone Non gli piaceva lavorare. Il lavoroè la felicità. Gli chiederò che ci paghi il debito morale. Deve ammontare a parecchi milioni.
Jacques Che schifoso!
Pierre Che imbecille!
Jacques Guarda un po' se in America ci devono essere ancora degli zii che non sanno scegliere i propri eredi.
Padrone Ce lo ha nascosto per bene, il suo zio d'America.
Lucienne Non sapeva neanche lui di averne uno. Se lo era dimenticato. Era il fratello di suo padre. Nemmeno suo padre, aveva conosciuto.
Padrone Sua madre si è uccisa per lui. Mi ha pregato lei stessa di assumerlo. Diceva che mi sarebbe stato riconoscente. Pensate un po' voi.
Pierre Un uomo come lui non può esserlo. E pensare che abbiamo passato il nostro tempo a trattarlo coi guanti.
Jacques Non è un uomo.
Padrone Avrei dovuto mandarlo via a suo tempo, muovermi prima di lui. In ogni caso, l'avrei sbattuto fuori.
Jacques Troppo tardi.E’ lui che si è mosso per primo.
Pierre Lei è stato troppo buono, padrone.
Padrone Mi piace fare del bene. È la mia debolezza. Ma non ci casco più.
Pierre Lei ha troppo buon cuore. Vedrà che ricomincerà.
Padrone Ho troppo buon cuore. È la mia natura. Me ne faranno passare delle altre.
Jacques Che schifoso!
Pierre Che imbecille!
Padrone Che ingrato!
La Cassiera Non era poi così cattivo.
Lucienne (alla cassiera) Vero che non era poi tanto cattivo?
Pierre Era una persona ignobile.
Entra da destra il Personaggio; ha unaspetto modesto ed è vestito modestamente.
Pierre (girandosi verso di lui, contemporaneamente agli altri) Finalmente con noi, caro amico.
Jacques E’ gentile da parte sua, venire a trovare i vecchi amici.
Padrone (stringendogli la mano) Ha avuto una bella fortuna. Le faccio i mie complimenti.
Lucienne Sono molto contenta di rivederla.
Pierre Siamo tutti contenti di rivederla.
Jacques Siamo contenti per lei.
Pierre Lo diciamo sinceramente, senza gelosia.
Padrone Adesso che è ricco, ci lascia. Non le serbiamo rancore. È del tutto normale. No, no, mi creda, lei ha perfettamente ragione. Forse non era nemmeno tanto adatto a lei, questo lavoro. Avrei voluto offrirle qualcosa di più importante. Purtroppo, nella mia modesta azienda, non c'era un posto degno di lei. Avrei voluto ingrandirmi, avrei avuto bisogno di capitali. Voi lo sapete, ho dei progetti. Insieme avremmo potuto fare grandi cose, buoni affari.
Il Personaggio rimane silenzioso. Si aspetta per qualche istante la sua reazione.
Jacques Mi ero abituato a lei, vecchio mio. Tanti anni passati insieme, faccia a faccia, una vita. Eravamo come fratelli.
Padrone Per me, lei era un figlio.
Pierre E ora, come intende riorganizzare l'esistenza?
Silenzio del Personaggio.
Lucienne Ancora non lo sa
Cassiera Lasciate che ci pensi.
Lucienne Intanto, si prenderà un po'di riposo.
Padrone Non è che intende prender moglie?
Jacques Spero che non farà questa sciocchezza.
Pierre Per il momento approfitterà della buona sorte. È ancora giovane. Può aspettare.
Padrone Non ha paura di far fuori il capitale? Sarebbe meglio che lo investisse. Un buon investimento. Almeno una parte. (Silenzio). Oh, non pensi che lo dica perché desidero che lei impieghi il suo denaro nell'azienda. Certo, avrebbe interesse a farlo.
Jacques II padrone pensa soltanto all'interesse di lei.
Pierre (dopo una pausa) Anch'io ho investito dei soldi nell'azienda. Ci ho rimesso qualcosa. Era un momento sfavorevole.
Padrone (a Pierre) Qualcosina ha pure guadagnato.
Pierre Non ho recuperato tutto.
Padrone Un apporto nuovo... (Un'occhiata al Personaggio, che se ne sta sempre zitto). Un apporto nuovo le farebbe guadagnare dieci volte di più. Venti volte tanto a chi ci portasse il suo contributo. In quel momento c'era la crisi. Ora la situazione è prospera. Ho dei soci molto agguerriti.
Silenzio.
Lucienne Si ricorderà di noi? Non ci dimenticherà del tutto?
Pierre (a Lucienne) Per questo è venuto. Per farci sapere che non ci dimenticherà... Che non ti dimenticherà. È impossibile che ci si dimentichi di te.
Padrone Ma certamente. Ha un cuore d'oro.
Jacques Proprio così, ha un cuore d'oro.
Padrone (al Personaggio) In ogni caso, la voglio ringraziare... sì, la voglio ringraziare per l'aiuto che ci ha dato, per il tempo che ha dedicato all'azienda. Il tempo è denaro. Senta, è quasi l'ora del pranzo, offro l'aperitivo. Al ristorante Bel Cantuccio. Ma non faccia complimenti. È del tutto normale. Ah, lo conosce bene, lei, il Bel Cantuccio.
Jacques (al Personaggio) Ci abbiamo passato bei momenti.
Padrone (al Personaggio) Si accomodi, prego. Si accomodi, la seguiamo. (A Lucienne e alla cassiera) Anche loro, prego.
Lucienne, la cassiera, il Personaggio escono.
Pierre (al padrone) È uno schifoso.
Jacques Gliel'ho detto. Uno sporco borghese.
Padrone Uno scherzo da prete. Un ingrato. (A Pierre e a Jacques) Dopo di loro, dopo di loro.
Escono
SCENA SECONDA
Scena:Un bistrot. La scena può essere costruita all'istante. Si sposta per esempio il tavolo della prima scena. Luci al neon. Spostamento di sedie. Dietro al tavolo diventato bancone, c'è il padrone del bistrot, che può essere impersonato dal padrone della ditta, che si è provvisto di un grembiule e di un paio di baffi, e si è tolto gli occhiali. Tutto in vista del pubblico. Dietro al bancone compaiono le bottiglie, una fila di bottiglie. Il padrone del bistrot può essere eventualmente impersonato da un altro attore, secondo le possibilità finanziarie della produzione.
Entrano Pierre Ramboul, Jacques Dupont, la cassiera, Lucienne e il Personaggio.
Janine (la cassiera, parlando verso destra, ossia verso la parte opposta al bancone, mentre gli altri attori sono riuniti attorno al bancone, coi bicchieri vuoti davanti) Un secondo brindisi, signore, dopo quello che abbiamo fatto per lei?
Jacques Rimanga ancora un po'.
Pierre Sta dicendo a cenni che ha un impegno. Ma che impegni vuoi che abbia?
Lucienne è un po' contrariato.
Pierre (al Personaggio) Ce l'ha un po' con lei perché lei ha deciso di andarsene così in fretta. È naturale: ci si dà sulla voce, ci si fa la testa grossa, ma in definitiva ci si vuol bene quando si lavora insieme, per anni.
Jacques Una vita. (Al Personaggio) Non è così?
Pierre Un altro giro. E raggiungiamo il padrone.
Jacques Abbiamo tempo. Si ricomincia alle due! Bisogna pur farlo un pranzetto di addio! (Al Personaggio) No, non si disturbi. Tocca a me. Lei verrà a trovarci ancora e ci offrirà lo champagne.
Il PAdrone Del Bistrot Stavolta tocca a me.
Cassiera No, è il mio turno.
Padrone Le signore sono invitate. Noi siamo galanti. Un giro di pernod, vi va?
Pierre E’ il meno dannoso.
Jacques Non appesantisce. Risveglia.
Il padrone del bistrot versa da bere; tutti vuotano il bicchiere d'un fiato.
Cassiera Ora però tocca a me.
Jacques Ah, no, non le consento di sperperare l'incasso del locale, signora cassiera.
Janine Signorina, non signora. (Al Personaggio) Contavamo di sposarci, una volta. Ora non mi sposo più.
Pierre (a Janine) Avrebbe per caso compromesso il suo avvenire per causa sua?
(Indica il Personaggio) Sono cose che si dicono, poi si dimentica.
Janine Non sono cose che dico. Ho fatto un'esperienza, e mi basta.
Jacques (indicando il Personaggio) Il nostro amico si sentirà a disagio.
Janine Anch'io devo lasciarvi. Ci saranno clienti alla cassa. (Si alza, si dirige verso il Personaggio che si alza a sua volta). Posso darle un bacino? (Lo bacia. Il Personaggio, che si era alzato, torna a sedersi. Al Personaggio) Tornerà da noi? Oh, non ci credo molto.
Se ne va.
Jacques (al Personaggio) Con la sua aria timida, lei, conia sua trasandatezza, il suo aspetto, le sue goffaggini, è stato ugualmente amato dalle donne.
Pierre Il Don Giovanni delle povere tapine. Un altro giro. (Al Personaggio che aveva fatto un gesto). Ma no, ma no, lei non c'entra... Più tardi... Tocca a me.
(A Lucienne) Anche tu lo rimpiangerai. (Vuotano tutti, d'un fiato, i bicchieri della nuova tornata). Vi lascio. (A Lucienne) Oh, tu puoi rimanere ancora. Gli dirai addio con comodo. (Dando una gran botta sulla schiena al Personaggio) Vecchio donnaiolo, e con la barba lunga per giunta! Ora lei potrà comprarsi un bel vestito. (A Lucienne, sottovoce) Non è che gli fai la corte adesso che è pieno di soldi? Non sarà perché è ricco che è meno stupido e meno pappamolla. Lo so, anch'io non ho confermato le speranze Che venivano riposte in me. Ma questa non è una ragione. (A voce alta) Bene, vi lascio. Divertitevi. Io torno al lavoro, al dovere.
Esce.
Lucienne (al Personaggio) Ascolta.
Jacques Un altro giro. Anche per voi, padrone.
Lucienne (al Personaggio) Ascolta.
Jacques (ai due) Se avete qualcosa da dirvi, non mettetevi a disagio per me. Sono sordo e muto come una tomba, se è necessario. Come tutti, so benissimo quel che c'è stato fra di voi. E come no... Ramboul pareva che avesse un grande avvenire quando è entrato da noi, or sono... or sono...
Il Personaggio Cinque anni e un mese.
Jacques Cinque anni e un mese... Ha fatto malissimo a investire il capitale nell'impresa.
(Al Personaggio) Lei fa bene a tenersi il suo denaro, io l'approvo. Lei ha ragione da vendere. È molto più prudente.
Lucienne (al Personaggio) Io l'ho abbandonata un mese dopo.
Jacques Ora potremmo festeggiare i vostri cinque anni di matrimonio.
Lucienne (al Personaggio) Ascolta. Ascolti. Io vorrei dirle... Vorrei dirti...
Lo trascina verso il tavolino, al quale Lucienne e il Personaggio siedono.
Padrone (ai due) Vi porto i bicchieri.
Jacques (al Personaggio e a Lucienne) Non disturbatevi. Io bevo al banco col padrone. Quando avete finito (indica il Personaggio) di farvi le confidenze, mangerò con lui il nostro ultimo sanguinaccio con le mele.
Padrone La specialità della casa. (Al Personaggio) Un sanguinaccio come questo non lo si trova da nessuna parte. (Il padrone del bistrot ha portato i bicchieri a Lucienne e al Personaggio, che siedono al tavolino, e torna ora dietro il banco, dì fronte a Jacques) Un altro bicchiere, e questa volta tocca a me.
Lucienne (al Personaggio) Dal momento che in ogni modo lei deve... tu devi partire... Ora ti posso dire tutto. Con te ho agito da stupida. No, non voglio riconquistarti. Ma devi sapere che non è stata del tutto colpa mia.
Il Personaggio approva con la testa.
Jacques (al padrone del bistrot) Ha letto la notizia, vero? Sul giornale di oggi? Che cosa ne dice? La cosa non mi stupisce.
Lucienne (al Personaggio) Non capivo più niente di me. Tu, di te capivi ancora meno Cera qualcosa che mi sfuggiva, nel nostro amore, qualcosa che mi sfuggiva. Ora invece credo, credo...
Padrone Del Bistrot (a Jacques) Vogliono distruggere i piccoli commercianti, gli artigiani, bisogna fare qualcosa.
Lucienne (al Personaggio) Ci amavamo lo stesso, credo. Io perlomeno ti amavo.
Ma con te non si sa mai. Sei sempre così vago, così poco chiaro. Ti saresti dovuto spiegare...
Jacques (al padrone del bistrot) Soprattutto lei non deve lasciarsi intimidire.
Lo si diceva ieri sera all'assemblea.
Lucienne (al Personaggio) Non osavi. Non ti decidevi. Sei veramente un personaggio enigmatico. Sì, Ramboul, certo... Ce l'hai con me a causa di Ramboul. Ero veramente distrutta, non sapevo più che cosa fare. Quando lui è comparso, sembrava così energico, così pieno di volontà, così pieno di avvenire. Mi portava a ballare, mi ha portata due volte a teatro, in un ristorante elegante, metteva allegria, c'era l'orchestrina. Poi si è stancato di tutti questi divertimenti. Ho capito che con te non è che stessi peggio. Lui prometteva tutto. È il suo difetto. Tu non promettevi niente.
È il tuo difetto. Ma lui, almeno per un certo tempo, mi faceva vedere bella l'esistenza, poi ha perso i soldi che aveva. Non mettere i tuoi nell'impresa. Non sarà mai una grossa impresa. Sono del tutto disinteressata quando ti dico questo. Non te lo dico perché tu mi riprenda. Forse è colpa mia. Ero molto delusa di non riuscire a farti amare la vita, di non saperti dare slancio, una specie di speranza. Pensavo che tu non mi amassi veramente. Se tu mi avessi veramente amata... Sai, l'amore sposta le montagne. L'amore spezza il ferro. L'amore distrugge gli ostacoli. Niente gli resiste, losappiamo bene. Almeno, così dicono. E’ la nostra mediocrità che ci fa rinunciare.
Il grande amore non conosce la rassegnazione. Chi lo sa? In altre condizioni, tutto sarebbe andatobene.Forse un gran fuoco covava sotto la cenere. Purtroppo, negli spazi grigi della nostra interiorità ci sono soltanto macerie, che stanno sotto altre macerie, che stanno sotto altre macerie. Ma forse unavolta c'era un tempio. Colonne luminose, un altare ardente.. . È una supposizione. Forse non c’è che il caos e nient’altro. Forseè stata la mancanza di denaro che ci ha tolto ogni entusiasmo, è stato il lavoro oscuro e monotono che facevano.
Potremmo tentare ancora. Non perché ora sei ricco, sì forse perché ora sei ricco, certo sei più libero, mi coinvolgeresti nella tua libertà, in una libertà ritrovata. Potremmo viaggiare, vedere terre bellissime, prenderemmo l'aereo, andremmo lontano, al di là dell'oceano, andremmo nelle isole. Vedi, ho già due capelli bianchi... E se tu nelle isole ti annoiassi... sono tanto dispiaciuta. Posso bere ancora un bicchiere? (Al padrone) Ci porti altri due bicchieri. Sì, dello stesso.
Il padrone va a portare due bicchieri a Lucienne e al Personaggio.
Padrone Ecco, ragazzi.
Jacques (dopo aver seguito con lo sguardo il padrone e dato un'occhiata a Lucienne e al Personaggio, che per un istante hanno smesso di parlare) Un altro anche per me. Paga lui. Un bicchiere in più, per lui non conta.
Il padrone torna al banco, versa da bere a Jacques e a se stesso, mentre Lucienne e il Personaggio, senza parlare e mentre gli altri due li guardano, bevono lentamente.
Jaques e il padrone vuotano i loro bicchieri d’un fiato, si voltano l'uno verso l'altro guardano strizzando l'occhio.
LUCIENNE (al Personaggio) Credi che tutto sia perduto? Credi? Non avrei dovuto dire quel che ti ho detto. Potevo scriverlo, sarebbe stato meglio. Scrivendo, si riflette meglio. Si capiscono meglio le cose. Ora ti troverai una ragazza giovane. Con i soldi si trova tutto. Forse non troverai nessuno. Perché non cercherai. Dì una parola. Lo so che mi stai ad ascoltare, sono sicura che ti sto annoiando. Non sono affatto sicura che non ti sto annoiando. Sono sicurissima che ti sto annoiando. Sei tanto strano. Oh, tu non puoi essere nemmeno strano. Non sono mai riuscita a capire chi eri. (Pausa). Non sono mai riuscita a capire chi eri. Non sono mai riuscita a sapere quello che vuoi. Tu non hai mai parlato tanto. Eppure, ogni tanto, dicevi qualcosa. Dicevi che il tempo era bello, mi hai detto che mi amavi. Mi ami ancora? Ti ricordi ancora di me? Non puoi dire che non sia accaduto nulla. Sarebbe un peccato che per te non fosse accaduto nulla. Ma non può essere. Dicevi che avevo belle gambe, un bel corpo, occhi ridenti. Le gambe sono ancora belle. I miei occhi non sono spenti. Ascolta, pensi di potermi dare ancora qualche speranza? Non ora, fra qualche giorno, fra qualche mese, posso aspettare. Con Ramboul è stato un disastro. Lo so. È superficiale. Dice tutto quello che gli viene in mente. Si vanta.. È più noioso della noia. Più noioso di te. Tornerai a trovarmi? O meglio, scrivimi. Vuoi che ti dia il numero della mia casella postale? Dimmi qualcosa, parla. (Il Personaggio tace). È
la tua ultima parola? Sarei vissuta due volte per niente. E tu lo stesso. Anche tu sei infelice. Ma no, tu non sei nemmeno infelice. E così? (Il Personaggio tace). È la tua ultima parola? (Il Personaggio tace). Sono triste. Ma non ce l'ho con te. Penso di sbagliarmi se penso che non sei come gli altri. (Silenzio). Bene, o meglio, purtroppo, devo andare. Posso darti un bacino? (Lo bacia sulla fronte) Non mi dai un bacio? Per un addio o un arrivederci.
Il Personaggio si alza. Dà un bacio a Lucienne in punta di labbra.
Personaggio Io ... Io...
Lucienne Sempre così. Scrivimi. Credo scriverai. Oh, non lo credo veramente. (Finisce il bicchiere. Si alza. A Jacques e al padrone del bistrot) Arrivederci. (Al Personaggio) Arrivederci. Ricordati, io sono qui.
Se ne va
Il Personaggio si siede di nuovo.
SCENA TERZA
Gli Stessi,senza Lucienne
Jaques (dirigendosi verso il tavolino, a cui il aggio è sempre seduto) Allora, se ne andata la mignotta? Non volevo disturbare. Avevate delle cose da dirvi probabilmente. Non ho voluto stare a sentire. So essere discreto, io.
(E invece non aveva fatto altro, assieme al padrone, che stare a sentire) So essere discreto ma certe cose si sanno ugualmente, (Alzando il bicchiere che ha in mano) Porto con me il bicchiere per bere con te. Posso? Ti disturbo? Tutto, si sa. (Si siede al posto di Lucienne) Permetti che mi sieda? Ah, insomma... Quindici anni insieme, non è uno scherzo! Dunque, si sa tutto. Che mignotta... Ah, tu non vuoi che io la chiami così... Ma certo, Lucienne non ha fatto un buon affare sposando Ramboul. Ma tu hai fatto in tempo a prenderti la tua parte. Non che fossi geloso, io, avevo le mie ragazze, e poi avevo mia moglie, non mi annoiavo di certo, avevi ragione. Non è per darti un dispiacere ma mi chiedo che cosa ci trovava, in te. Sei sempre stato piuttosto tetro, immusonito; no, immusonito non è la parola giusta, triste ecco. Avevi sempre l'aria di tornare daun funerale. Eppure, non avevi famiglia. Non avevi amici, o almeno non dicevi di averne. Sei un bel tipo. Io ti volevo bene lo stesso. Eravamo come fratelli, come ti ho detto. Ne beviamo un altro? Padrone! Altri due. E un altro per lei. (Breve silenzio). Allora, che cosa mi racconti? Che cosa ne farai dei tuoi soldi? Non vorrai arricchire il boss. Ce ne ha combinate abbastanza! E un pescecane, non lo avresti detto. È anche gentile. Ma... obiettivamente è un pescecane. Un pescecane obiettivo. Un nemico di classe. Avremmo potuto fare qualcosa tu ed io. Organizzare una cellula nell'azienda. Con te non è possibile. Te ne fregavi. Eri un debole. Avevi paura. La cosa ti dava fastidio. Non ci credevi. Tredici anni, non quindici... no, tredici o quindici? Come tutto passa!Come passa, eh, la vita quando non si combina un cazzo... Ma tu non avevi la coscienza di classe! Oh, ti volevo bene, ti voglio ancora bene, sei come un fratello... Quindici anni insieme... o tredici... Quindici anni insieme... Quindici o tredici?
Personaggio Facciamo quattordici.
JAQUES Sì, quattordici, e non se ne parli più. E che cosa si fa della vita quando non si hanno ideali? Bisogna dare la propria vita per un ideale. (Al padrone) Ancora due! ( Il padrone li porta). Altrimenti, è una rottura di palle, non si è utili a niente, non si niente. (Il padrone arriva coi bicchieri, li posa sul tavolino). E uno per lei. (Al Personaggio) Ho tentato di tirarti fuori dal brago. Non c'è stato niente da fare. Tu non muovi un dito. Delle ingiustizie te ne freghi. Per questo ti guardavo male. Ti guardavo male ma ti volevo bene. Eravamo come fratelli. Quindici anni insieme. Faccia a faccia. O tredici.
personaggio Quattordici
Jaques Tu non ti rendi conto fino a che punto sono responsabili le persone come te
(Lo fulmina con lo sguardo e con l'indice). Etu sei responsabile. Le ingiustizie generate dalla società, dal sistema, te le prendi tu sulle spalle, e le nascondi, le giustifichi tutte. Lasciatelo dire, il sistema sei tu. È tua la colpa. Eh sì, con tutti gli anni di lavoro che abbiamo passato insieme! Quindici anni, o tredici, è lo stesso. Come puoi pensare che le cose cambino, se tu non vuoi ? Ma coi soldi che hai adesso, potresti fare qualcosa. Potresti darci una mano. Non bisogna dare i soldi ai poveri. Devono sprofondare nella loro miseria, così si ribellano. I soldi bisogna darli ai sindacati. Servono per pagare i dirigenti, i giornalisti, i militanti, la gente che lavora. Ma tu, tu non capisci. Sei un egoista. (Al padrone) Altri due bicchieri, padrone.
Beh, uno soltanto, lui non beve più. O anche due. Uno sarà per lei. (Al Personaggio) Se ti chiedessi il tuo denaro per aiutare i militanti, penseresti che me lo voglia bere. Per cui non lo voglio. Sei uno schifoso.
Padrone (portando un bicchiere a Jacques, e vuotando il suo tutto d'un fiato, in piedi)
Non deve dirgli queste cose, signor Jacques. Siamo tutti degli schifosi .
Jaques (bevendo anche lui in un colpo solo ) Più o meno. Ma tutti siamo vittime di condizioni obiettive.
Padrone Beh, sapete, io ho sgobbato tutta vita, non ho nemmeno un titolo di studio... Ho fatto il garzone parrucchiere, poi [cameriere nei ristoranti, ho sgobbato, poi a forza di
braccia mi sono fatto il negozio, il bistrot, e adesso sono il padrone. Bene, il denaro io me lo tengo. Non lo dò di certo a questo e a quello. Ognuno s'arrangi Questa è la società.
Jaques Questa è la giungla. E lei è un capitalista. Lei è un nemico del popolo.
Padrone (a Jacques) E lei, uno che si perde nei sogni, in sogni che sono sempre falliti. Sogni che svaniscono quando ci si risveglia. Se non si trae profitto dalla vita, non resta che uccidersi. Beh, io cerco di trarne profitto.
Jaques (al padrone) Lei non trae nessun profitto. Lei lavora dal mattino alla sera, come ha detto. Dall'alba fino a mezzanotte passata. Anche lei, anche lei è alienato.
Padrone Neanche per sogno. Io mi diverto, Bevo coi miei clienti e tutti i miei clienti sono amici miei. (Al Personaggio) Non è così, signore? Non l'ho sempre trattata bene, nei tredici o quindici anni in cui è venuto qui a mangiare tutti i giorni?
Jacques (al Personaggio) Le voglio bene lo stesso. (Al padrone) Anche a lei voglio bene. Ora ci porti tre bicchieri e beva con noi. Siamo democratici. (Al Personaggio) Sono un po' nervoso, tu non sarai più accanto a me, devo abituarmi all'altro. Ti volevo bene come a un fratello. Avevi sempre raffreddore, ti soffiavi il naso con un fazzoletto sporco. Mi ero abituato. Devo abituarmi ai fazzoletti sporchi di quest'altro. Al tirar su col naso di quest'altro. Sarà magari un buon diavolo, ma non come te. Avrà le sue manie, si pulirà le orecchie, si metterà le dita nel naso, sputerà per terra. Ma la società nuova non sarà nemmeno questa. (Al padrone, indicando il Personaggio) Lui vuol bere ancora. Porti ancora tre bicchieri. Oh, me ne sbatto, io, del padrone della ditta, non è mica sempre festa. Ora si festeggia la tua partenza. Preferirei festeggiare la partenza dell'altro, io, di quello che deve venire. Se dovrò aspettare altri quindici anni, sarà il momento che andrò in pensione. Quando sarò in pensione, più tempo per fare politica, e le cose ranno. Vedrete che le cose cambieranno. Nel frattempo si può
strippare. Paga lui. Manzo alla borgognona per tutti e due, per tutti e tre. E del vino rosso, ma non del qualsiasi, no, non quello grosso e pesante che si dà ai proletari: vino finissimo, beaujolais.
Padrone Ho qualcosa di meglio. Un chàteauneuf, è più corposo. Ho del borgogna. Va meglio col manzo alla borgognona. (Come se avesse detto una battuta spiritosa) Ah ah, come si vede, nella vita si può essere anche allegri. Il borgogna è per i borgognoni. Per i borgognoni veraci e per quelli adottivi.
Jacques Prenderò la cittadinanza borgognona.
Padrone Non è il caso. Il borgogna è migliore a Parigi che in Borgogna. Lo producono per l'esportazione.
Jacques Perché non ce ne porta una bottiglia?
Padrone Porto anche la pappatoria. (al Personaggio) Vecchio mio, bisogna che la giustizia... (Il padrone porta i piatti). Si sieda con noi, padrone. Prenda una sedia. (Il padrone esegue. Al Personaggio) Vedi, ragazzo mio...
Padrone (seduto) Ah, il borgogna!
Jacques è la cosa più importante... è l'essenziale. (Al Personaggio) Vedi, ragazzo mio... (Il padrone torna coi bicchieri e versa da bere. Tutti e tre sorseggiano il loro vino). Allora, alla vostra.
Padrone Alla vostra.
Jacques Vedi, ragazzo mio... Quindici anni a lavorare insieme, beh, son cose che contano... Come farò con l'altro... (Al padrone e al Personaggio) Alla vostra, alla vostra... Quindici anni insieme, o anche tredici, contano nella vita di un uomo. Dite quel che volete, ma non sono uno scherzo. (Al padrone e al Personaggio) Alla vostra, alla vostra... Perché, come ti dicevo, e mi devi credere, toh, non c'è più vino nella bottiglia.
Padrone Se ne porta un'altra.
Jacques Ah, no, non bisogna esagerare.
Padrone Tre bicchieri soltanto, è il mio turno.
Va cercare i bicchieri e li porta in fretta
Jacques Ebbene, il capo può dire quel che vuole , ma in ufficio oggi non ci vado. Non è uno scherzo, l'ultimo giorno che ci si vede. Ma non sarà l'ultimo. Tornerai a trovarci.
Padrone (al Personaggio) Io l'ho sempre servita bene, signore, che lo volesse o no, tornerà a trovarci, signore, in nessun altro posto lei sarà trattata bene come qui.
Jacques Alla vostra.
A Padrone Alla vostra.
Vuotano i bicchieri d'un fiato. Il Padrone va a cercare i bicchieri sempre più in fretta, in un movimento ininterrotto.
Jacques (al Personaggio) Tornerai, vecchio mio... Non si dimenticano i compagni. Non ci amavamo sempre... E poi, a te, ho sempre rimproverato... Insomma, ti deciderai. Sono sicuro che ti convertirai, ah, non per andare a messa, ma per entrare nell'organizzazione.
IL PADRONE e Jacques (bevono il loro vino) Alla vostra, alla vostra. Ma ora è il mio turno...
Personaggio No, è il mio.
Il padrone va a cercare altri bicchieri e torna coi bicchieri pieni.
Jacques (al Personaggio) Tredici anni insieme, no, quindici anni.
Padrone (continuando a portare bicchieri e ripartendo per cercarne altri) Un manzo alla borgognona così non lo troverete mai più, è la mia specialità e me ne vanto. E il mio chàteauneuf è adattissimo col cassoulet.
Jacques (al Personaggio) Forse ti hanno già sostituito. Ah, vorrei vederlo in faccia, quest'altro. No, preferirei non vederlo in faccia. Ne avevo piene le scatole della tua. Quindici anni insieme, eh... (Al padrone e al Personaggio) Alla vostra.
Padrone Alla vostra. E un cassoulet come il mio non c'è in tutta Parigi. Mia madre era di Tolosa e qui dentro sidro non ce n'è. (Andando a cercare altri bicchieri) E birra nemmeno. Va bene per i crucchi.
Jacques (al Personaggio) Non lo dico per darti un dispiacere.
Padrone (portando altri tre bicchieri) Vi ricordate ... la guerra? Erano durissimi ma corretti. Sotto le armi, già, siamo tutti uguali.
Jacques e Padrone (vuotano il loro bicchiere insieme al bicchiere del Personaggio)
Alla vostra.
Padrone (al Personaggio) Alla tua. Sono autorizzato a darti del tu. Hai mangiato da me per quindici anni.
Jacques Per quindici anni abbiamo lavorato insieme. Tutti i giorni, eh? Giorno dopo giorno. Per fortuna, c'erano anche le notti.
Padrone (portando dei bicchieri, a Jacques) Di notte, ti rifacevi, mascalzone.
(Indicando il Personaggio) Lui no.
Jacques Ah, lei non lo conosce. Ha avuto la sua Lucienne , ha avuto la sua Janine. Ma si non ti stupire, non lo crederesti mai guardandolo in faccia.
Jacques, Padrone e Personaggio Alla tua alla tua, alla tua.
Andirivieni del padrone. Jacques ripete.
Jacques Quindici anni nello stesso ufficio, me ne frego del capo. E poi, ne avevo piene le scatole della tua faccia. Ma ci si voleva bene lo stesso.
Il padrone arriva con altri bicchieri.
Jacques, Padrone e Personaggio Alla tua, alla tua, alla tua.
Jacques e il padrone si abbracciano. Abbracciano anche il Personaggio, che tenta di mettersi un po' da parte, lasciando tuttavia che i due eseguano.
SCENA QUARTA
Il Personaggio, la Vecchia Signora
Il palcoscenico è vuoto. Soltanto una sedia, al proscenio, un po' a sinistra degli spettatori. Davanti alla signora seduta si trova il Personaggio, vestito come nelle scene precedenti, vale a dire con un soprabito grigio, un cappello grigio, scarpe nere. Quando si toglierà il soprabito, apparirà naturalmente in abito grigio. Porta una cravatta di color nero.
La Vecchia Signora (è una piccolo borghese, ha in testa un cappellino con grosso spillone. Naturalmente, porta un tailleur scuro)
Non si preoccupi signore, potrà arredare l'appartamento molto facilmente. Faccia come me, prenda ogni cosa alle Gallerie Centrali. Sono qui accanto, a quattrocento metri. Hanno buoni prodotti fabbricati in serie da artigiani provetti e onesti. Se non c'è, la fanno venire dal magazzino. Sono una succursale delle Gallerie Centrali che si trovano in centro. Fanno arrivare tutto quel che si vuole. Non creda che qui in periferia si manchi di tutto. Non si manca proprio di nulla. Ora che ho comprato l’appartamento, le posso dire che ha fatto bene. Si costruisce molto in questo periodo e gli appartamenti si vendono sulla mappa. Non so se lei è come me. Ma io, signore, quando mi fanno vedere una mappa, non ci capisco niente. E poi le case moderne sono fatte alla bell'e meglio, gli imprenditori le costruiscono per far quattrini, non resistono più di vent'anni; lo fanno apposta per costruirne altre e guadagnare altri soldi solo dopo vent'anni. È meglio avere sotto gli occhi la casa finita, così com'è. La mappa confonde le idee. Nelle case nuove sono sottili. Si sentono i vicini tossiscono, quando tirano lo sciacquone. Si sente tutto quel che dicono. Si sente quando sputano. Si sente tutto, tutto, tutto. Non vado oltre, lei mi capisce benissimo. Bisogna investire nei muri, è chiaro, è quel che ho fatto io, ma in muri buoni, in muri veri, non in mattoni forati e cartapesta. Signore, le ho tentate tutte, ma l'edilizia è ancora il settore più sicuro. Ci sono gli agenti di borsa, tu gli presti il tuo denaro, loro ti promettono mari e monti, ti dicono che avrai 1’8, il 9, il 10,1’11, il 12 per cento, e poi si sa che cosa succede, se la battono coi tuoi soldi. Gli agenti di borsa sono dei ladri. Ma mi dica lei chi non è ladro al giorno d'oggi! Qualcuno dice che è sempre stato così, ma io non penso. Una volta la gente era più onesta. C'erano ancora artigiani seri, che credevano nel loro mestiere, e amavano le cose fatte bene. Ora, tutti se ne infischiano altamente! Certo, qualche soldino a interesse bisogna metterlo, con precauzione, perché dobbiamo pur vivere con una piccola rendita e far fruttare tranquillamente la nostra casa. Io i soldi li metterei più volentieri in una banca agricola ma non voglio dare consigli a nessuno!
Per me, le banche agricole sono le più solide, perché si fondano sul grano. I muri sono muri, il grano è grano, non c'è niente che dia maggior sicurezza. Cosa c'è di più essenziale, signori grano? Senza grano non ci sarebbe non ci sarebbe pasta, e senza pane potremmo nutrirci, e il grano, signore, non è un titolo di borsa, non è un’azione, e i titoli e le azioni non sono affatto sicuri in un momento di crisi economica come quello che stiamo attraversando! Quindi, signore, lei qui starà d'incanto. L'immobile non è né vecchio né nuovo. Abita al terzo piano, in periferia non lontana, la più prossima centro, se vuole andarci ci sono gli autobus, i tram non ci sono più ma ci sono i taxi ha fretta. Signore, questa casa non ha più di cento anni. Ma che bisogno ha di andare a Parigi tutti i giorni, che cosa ci andrebbe a fare, lei che è in pensione? Certo, l'ingresso è buio. (Il Personaggio segue con lo sguardi gesti della vecchia signora che dà indicati particolareggiate sull'appartamento). Manell'ingresso chi ci sta? Serve soltanto per il passaggio. Per entrare e per uscire, questo si chiama «ingresso». Accanto alla porta, là, sulla sinistra, c'è il bagno, come ha potuto notare. L'impianto è solido, l'ho fatto cambiare da poco. Quando tirerà la catenella, non le rimarrà in mano. Avrà notato le pareti. Ma basta una mano di bianco e tutto si sistema. E poi c'è la porta a vetri, lì, che immette nel grande locale in cui ci troviamo. Come vede, prende luce da tre finestre. È molto ampio, molto luminoso, ne può fare un salotto-sala da pranzo, e subito dopo, accanto al bagno, c'è la cucina, come ha potuto notare, e ci sono le due camere che danno sul cortile. Lei può attrezzare una di queste camere a camera da letto e dell'altra, mi creda, lei è ancora giovane, può sposarsi, avere bambini, può farne una stanza per i marmocchi. È meglio per un uomo non invecchiare in solitudine. Essere soli non è sempre divertente. Ma in definitiva, in queste cose non c'entro e non voglio dare consigli. È il mio parere ma non glielo voglio certo imporre. Quando si hanno bambini, si hanno anche dei fastidi. Si rischia l'ingratitudine, non
sempre, ci sono i buoni, ci sono i cattivi. Insomma, bisogna prendere la vita dal verso migliore. Se proprio non vuole sposarsi, della stanza dei bambini può fare un ripostiglio... Ci può mettere le valigie, gli abiti. In questa stanza lei vede (indica col dito in direzione del pubblico), c'è questa finestra che dà sulla stradina, e poi a sinistra (il Personaggio guarda) l'altra finestra che dà sulla rue de Chàtillon e sta all'estremità della stradina. Lì si sentono passare gli autocarri, gli autobus, c'è un po' di rumore, non posso negarlo, ma viene da lontano. Per me, è come un rumore di cose che rotolano, mi calmava, mi faceva dormire. Ma posso capire, non tutti sono fatti come me, c'è gente che s’innervosisce. Le auguro di essere fatto come me. Poi qui, all'altra finestra, lei trova la stradina, come ho già detto. È tutto un altro mondo. Da un lato, la grande città; dall’altro, la provincia. Da questo lato tutto è tranquillo, signore. In due passi, lei si trova a centinaia di chilometri. Tranquillocome non mai. Come un cimitero. Ma un cimitero che vive, signore, se così posso dire, Tanti vecchi pensionati, non pensionati giovani come lei, pensionati vecchi, pensionati veri. C'è il russo bianco, signore, che è una persona estremamente civile. È un duca, signore. È stato cacciato dalla rivoluzione. Pensi un po' lei. Cacciare gente come questa, così educata, così civile! Va sempre in giro col cane. Un cagnolino carino, carino come nessuno. Bene educato, civile, proprio come il padrone. Tale il padre tale il figlio. La signora del secondo piano, anche lei ha un cagnolino. Molto meno educato, quello. Anche la sua padrona non è tanto gentile. Una volta il piccino mi ha addentato la scarpa. E poi nella stradina, signore, dove vede quegli chalets e quei cortiletti, e quegli alberi là, proprio di fronte, ci sta una vecchia coppia, signore, due vecchietti che sembrano due innamorati. Escono insieme, stanno sempre insieme. Uno sostiene l'altro, l'altro si appoggia al bastone. Si scambiano bacini. È una delizia, signore. Tutte le volte che li vedo, mi vengono le lacrime agli occhi. E poi a destra della casa, lei vede l'altra casetta, ci abita un signore anziano, come avrà occasione di notare. Esce tutti i giorni, se non è malato. Non è un individuo allegro. Per questo le dicevo, signore, che lei non deve fare la stessa fine, deve prender moglie. E poi, alla sinistra dello chalet, c'è un altro chalet, ed è lì che abita la mammona. Qui le cose sono meno allegre. Lei esce tutte le sere e si mette davanti alla porta ad aspettare il figliolo, lo aspetta da vent'anni. Questi è andato non si sa se in guerra o in America. Non lo sa nemmeno lei, è passato tanto tempo! Ma lei rimane lì , tutte le sere, nel vano della porta con un ombrello, se piove, o seduta su una sedia che ha messo davanti alla porta, se fa bello. Guarda a destra, sempre a destra, dallo stesso lato, e aspetta, aspetta... senza parlare. Ancora pochi anni fa, piangeva, si lamentava, tornava dentro in lacrime. Ora è più tranquilla. Non parla nemmeno più da sola. Rimane fino a notte, poi prende la sua sedia e torna dentro. A parte questo, signore il posto è ridente. In primavera, ci
sono bei fiori in tutti i giardini, grandi fiori, veramente grandi, come non ce ne sono in centro. E di tutti i colori. Crescono meglio che in città e meglio che nella periferia nord. Qui, nella periferia sud, fa più caldo, naturalmente. Quindi, soprattutto di domenica c'è un grande cielo azzurro, soprattutto di domenica. Di solito il cielo comincia farsi azzurro il giovedì. E poiché qui siamo più vicini all'equatore che in centro o nella periferia nord, il sole è molto più grande e molto più vicino. Anche le giornate sono più lunghe e di notte le stelle sono più numerose. Guardavo fuori talvolta, quando soffrivo d'insonnia o tornavo dal cinema. Tornavo dal cinema con mio marito. È morto, signore. Per questo le vendo la casa. Non posso vivere qui dentro senza di lui. Ah, mio marito, signore, se lei sapesse. Lei non può sapere che cosa vuol dire essere vedova. Ah, signore, non le auguro di saperlo. Non ci separavamo mai. Da quarant'anni. Aveva fatto tutti i mestieri. Commerciante, uomo d'affari, imprenditore, tecnico, macchinista di teatro, suggeritore, ha anche avuto una lavanderia automatica non lontano da qui, saranno duecento metri, l'ha ceduta al suo socio. Ecco, ci può portare la biancheria, e alla fine è diventato capostazione. Voleva entrare nella polizia, aveva predisposizione. Oh, signore, era un erudito. Aveva letto tutti i polizieschi, ne aveva una magnifica collezione. È morto di colpo, signore, così. Stavamo chiacchierando, una sera, lui non era contento di come aveva passato la giornata. Aveva avuto delle storie con un suo fornitore, era un po' nervoso e poi avevamo bisticciato un po'. Bisticciava sempre con me quando aveva delle seccature col suo fornitore. Poi facevamo la pace accanto al fuoco, là, dove lei vede che c'è il camino, c'erano due poltrone rosse una di fronte all'altra. Io lavoravo a maglia di fronte a lui e lui se ne stava col libro in mano, o col giornale aperto alla pagina di cronaca nera. Eppure era un uomo molto buono, signore, lei non sa, signore, quant'era buono. Si rifugiava nella fantasia, forse. Poi ha portato la mano al petto, si è alzato, io mi sono spaventata e gli ho detto: «Jean, che ti prende?» Lui è caduto lungo disteso, signore, è caduto lungo disteso. Ed era molto alto, superava i due metri. Quando l'ho visto lì per terra, in quel modo, mi son sembrati quattro. Come se fosse crollata una colonna. Ho chiamato il medico, ho chiamato il sacerdote, avevo perso la testa, signore. Non avrei mai pensato che potesse accadere una cosa del genere. Chi se l'aspettava? Pensavo stupidamente che la vita potesse durare per sempre. Ho pianto fra le braccia del sacerdote. Bisognava aspettarselo, mi ha detto il sacerdote, capita sempre. O presto o tardi, ma capita. Il buon Dio lo ha chiamato a sé. Al buon Dio lui non ci credeva. Io ci credevo, io sono credente, lo ritroverò un giorno sotto un albero, in un giardino pieno di fiori. Il medico mi ha detto che era morto per arresto cardiaco. Gli ho chiesto «come un arresto cardiaco?» e lui mi ha detto «si muore sempre quando il cuore si arresta e non batte più». E pensare che era forte, signore, come un turco. Con un pugno avrebbe ucciso un toro.
Andavamo d'accordo. Una volta, era ubriaco, mi ha dato uno schiaffo, mi ha fatto uscire il sangue dal naso, mi ha spezzato un dente ma mi ha chiesto scusa. Ah, era un uomo che sapeva stare al mondo. Io non posso vivere in questa casa senza di lui. Vado ad abitare da una nipote nubile, in Provenza, in riva al mare. Ha due camerette, per noi due bastano. Mia nipote vuole ritirarsi con una piccola rendita, e col denaro che le porto io, il denaro dell'appartamento e qualche piccolo fondo d'investimento, possiamo vivere tutte e due modestamente. Non abbiamo grandi necessità. Vivremo senza preoccupazioni per un bel po', una decina d'anni forse o quindici anni o anche venti. Io non vivrò più a lungo, ora so che cos'è la morte. So che si può morire. So che tutto ha una fine, e pensare che non ci credevo. Ebbene, ora vivrò con mia nipote, non morirò sola e abbandonata. Non le sarò di peso, visto che le porto dei soldi. Io non voglio essere di peso agli altri poiché, signore, quando uno non serve più a niente e ha bisogno di assistenza, eh sì, signore, gli si augura la morte per toglierselo di torno. Io stessa ho assistito mia nonna perché mia madre era morta giovane, bene, quando mia nonna se n'è andata, ho detto finalmente, ho tirato un respiro, eppure le volevo bene, signore, le volevo bene, lei non può immaginare quanto bene le volevo. Poi mi sono sposata. Ma bisogna prevedere ogni cosa. Io sono vecchia. Mia nipote non è più giovanissima. Ora, bisogna pensare a tutto, prevedere tutto e penso anche all'avvenire di lei quando io sarò morta, col denaro che ricaverà dall'appartamentino sulla costa e che potrebbe vendere a qualche americano, troverà un posto in una casa di riposo ma di un certo lusso, sì, di un certo lusso. Perché ne ho viste anche di tristi, ma quando l'ospitalità è buona, quando i vecchietti vengono curati bene, se ne vanno senza accorgersene. Perdono peso, diventano sempre più sottili, passeggiano in giardino col loro bastone, gli uomini, ed anche le donne, passeggiano, diventano sottili, poi si vedono soltanto le loro ombre, si crede che siano ancora lì perché ci sono le loro ombre ma loro non sono più lì, ci sono soltanto le ombre e poi anche le ombre svaniscono, con dolcezza, come se una nuvola nascondesse il sole oscurando ogni cosa. Negli altri ricoveri, nei cattivi ricoveri, vengono maltrattati, signore, vengono addirittura uccisi, mi è stato detto, con le iniezioni, vengono assassinati perché sono di troppo, non hanno mezzi e vengono massacrati. Oh, basta... Se si sapesse tutto. Ma le sto dicendo la verità. Bene, signore, lei può arredare l'appartamento come vuole. (Si alza) Dipende dalle sue preferenze, io me ne vado, me ne vado.
Personaggio Senta, signora, c'è un bistrot nelle vicinanze ?
Vecchia Signora Oh, sì, signore, sta sulla strada, all'angolo?con l'avenue de Chàtillon. All'angolo della stradina. Troverà tutto ciò che desidera. Ci andavo talvolta con mio marito e tornavamo insieme, con trepidazione, tutti eccitati. (Con eleganza) Ha una cantina eccellente, coi vini della migliore produzione, i più fini, ed è un uomo di gusti raffinati, di gusti raffinati... Signore, mi consenta, devo partire, mi dileguo.
(Va verso la porta, si volta per dire) Dimenticavo: in confidenza, non fidatevi della portinaia.
Esce.
SCENA QUINTA
Entra da destra la signora con un cagnolino.
La Signora Buongiorno, signore. La disturbo? Non posso disturbare, dal momento che la casa non è ancora sistemata. Vedo una sedia. Posso sedermi? Abito esattamente sotto di lei, alla destra della scala, al secondo piano. Ho già avuto occasione di notarla, quando lei è venuto a vedere l'appartamento prima di comprarlo. Ha fatto bene a comprarlo signore, i muri sono la cosa più sicura. L'anziana signora che glie l’ha venduto era una persona garbata. Le avrà detto che era vedova, le avrà parlato di suo marito. Racconta sempre la stessa storia. Chiacchiera, parla un po' a vanvera, è l'età. Io sono diversa. A parte questo, era una persona garbata. La rimpiangeremo. La si rimpiange già fin d'ora. Sa, a me piace conoscere la gente che sta qui. Lei gioca a bridge? Mi fa piacere riunire persone in casa mia, gente che abita qui, che si conosce. Ci si diverte di più. Non bisogna essere orsi. Diversamente, soli soli ci si annoia. Mi hanno detto che lei si è ritirato dagli affari, non vuole più lavorare? Un'eredità, non è così? Come vede, si sa già tutto. Che cosa non si sa! Non sono io che ho fatto domande. Mi hanno raccontato gli altri. La portinaia. È una che chiacchiera, signore, non si fidi di lei, ma non è una cattiva donna. Un po' chiacchierona. Spesso dice male della gente. Ma non lo fa per cattiveria. Le portinaie, le conosciamo. Ha la lingua biforcuta. Dipende dal mestiere. Ma solo la lingua è da vipera. Per il resto, si può andare d'accordo. È disposta a fare dei servizi. Le si dà una piccola gratifica, oh, non molto, non bisogna abituarla. Bisognerà che le troviamo una moglie, signore. Ma la troverete da solo. Bisogna sposarsi. Il matrimonio è una bella cosa. Ma per me è una sofferenza. Io non ho vissuto sempre in periferia. Per questo ho abitudini mondane. Le piacciono le riunioni mondane? Da me, le riunioni non sono del tutto mondane. Sono cose in famiglia. Siamo tutti una grande famiglia. Chi abita nella casa, i vicini, formano una grande famiglia, non è così? Ma lei non creda che io inviti chiunque. Lei, per esempio, io la inviterei subito. Si vede che è una persona per bene, che è un signore. È carino, il mio cagnolino. Ne avevo sette, signore. È un grosso impegno. Ci si deve occupare di loro come se fossero dei bambini. Dipende dal fatto che non ho avuto figli. Non è che non li ho voluti. La colpa è di mio marito. Insomma, è un fatto di discrezione, non voglio entrare nei particolari. È molto scorbutico, sa, mio marito. Il matrimonio talvolta è un inferno. Lui non è come me. Sempre lì ad accudirlo, a coccolarlo, lei può immaginare... Avevo sette cagnolini e mio marito. Ero veramente una schiava. Lo facevo volentieri ma ero una schiava. Anche lui ha bei modi ma sta sempre a lamentarsi, a brontolare, e ha bisogno di questo e ha bisogno di quest'altro. È lui che ha voluto venire ad abitare in periferia. Non voleva più vedere nessuno. Non faccia come lui, signore, adesso è pentito ma ormai è tardi. Talvolta vorremmo cambiar casa ma gli appartamenti in centro ora costano troppo. Mio marito ha delle azioni, dei soldi da parte, dei valori, ma lei sa com'è, coi tempi che corrono, i valori non hanno più valore. In ogni caso, ne hanno di meno. Tutto diminuisce. La vita aumenta. Quel che dovrebbe aumentare diminuisce e quel che dovrebbe diminuire aumenta. Ci sono momenti in cui non ne posso più. Sempre la stessa casa, le stesse storie, gli stessi problemi, ne ho fin sopra i capelli. Succede che prendo e vado. Pianto lì tutto. Poi torno. Non posso lasciare la casa abbandonata; e mio marito, coi nervi che si ritrova, ha bisogno che ci si occupi di lui. Lei non mi crederà. Io sembro allegra, sono ancora giovane, non sono troppo brutta, così almeno mi dicono, mi fanno i complimenti, gli uomini si voltano per la strada a guardarmi, ma io non rimango mai lontana troppo a lungo. Quando penso che lui è là che non fa nulla e che geme. Ha tutto quel che desidera e si lamenta continuamente. Non ha pazienza, ha i nervi, non sa prendere la vita dal lato buono. Bisogna prendere la vita dal lato buono, signore, altrimenti che cosa faremmo? Non potremmo vivere. Ma possiamo noi vivere veramente? Si vuole vivere la propria vita, non la si vive, e la si perde. Si sbaglia sempre. Si erra, e si perde la strada. Allora, come le dicevo, io torno, rientro a casa mia. Rientro stanca. E sono felice di ritrovare quel buon uomo, mi piazzo qui e organizzo le mie riunioni. E poi, il solito tran tran. Dura quel che dura. E poi, non ne posso più. Mi sento soffocare, caro signore, mi sento soffocare. E riparto. E ritorno. E riparto. E ritorno. E riparto. E ritorno. Ed è così in continuazione. Dove andare, signore, e dove rimanere? Io voglio tutto, non ho nulla o forse tutto quello che ho mi sembra che non sia nulla. Ah, se si ì potesse ricominciare da capo! Io saprei come fare! Lei crede che saprei come fare? Farei altre sciocchezze, sicuramente. È cretina la vita, eh! C'è gente che è più infelice di noi, non bisogna prendersela. E invece ce la prendiamo mica male. Come dobbiamo prenderla la vita, Lei crede che saprei come fare? Farei altre sciocchezze, sicuramente. È cretina la vita, eh! C'è gente che è più infelice di noi, non bisogna prendersela. E invece ce la prendiamo mica male. Come dobbiamo prenderla la vita, per non prendercela? Vivere è noioso, signore. Sono matta, io, un po' matta, non troppo, comunque devo stare attenta. Ci vuole misura nell'esser matti. Viviamo per niente? Sembrerebbe di no. Sembrerebbe di sì. Insomma, non si sa. Bravo chi sa rispondere. È lì la questione. Dovremmo poter guardare sempre sotto di noi. Mai sopra. Se si guarda sopra, si vede che gli altri sono più felici di noi. Se si guarda sotto, si vede che ce ne sono di più infelici. Questo ci consola, ci diciamo che c'è di peggio. Ma, le chiedo io, possiamo accontentarci del meno peggio? Ah, questo basso mondo non è proprio un divertimento. Mi scusi se le parlo con tanta franchezza, la conosco da poco ma lei mi ispira confidenza. É poi, io sono sincera. Mi piace parlare con franchezza. Io dico tutto, anche a mio marito. Ebbene, lui non è contento. Non vuole che gli confidi tutto ciò che ho nel cuore. Non c'è niente da fare. Che cosa vuole di più, la gente? Che cosa vuole di più da noi? Vuole possederci. Vuole prenderci tutto, ed io rimango lì per così dire tutta nuda. E allora non posso più dare nulla. Qualcuno, si dice, continua a dare. Si dice che più si dà più si è ricchi. Lei ci crede, signore? Questa è filosofia. Ma come le dicevo, lui non è contento lo stesso. Si annoia, anche lui non ne ha mai abbastanza. Nessuno ne ha mai abbastanza. Tutti vorrebbero tutto. Tutto cosa? Non si sa nemmeno di che si parla. Tutto cosa? Lo chiedo a lei... La vita... Ah, la vita! Ma non voglio più annoiarla. Ne ho già dette, di cose. Le hanno mai parlato in questo modo?... Ah, se sapesse. Niente gli piace, a mio marito. Niente gli piace. E anche a me, in definitiva. Siamo tutti uguali. E si dice che esiste il buon Dio. E poi, pensare sempre che c'è qualcuno che è più infelice di te può anche consolarti, ma ti prende anche un po' di malinconia quando vedi tutti quei miserabili, quando pensi a tutte quelle miserie. A forza di guardare ti potrebbero venire le vertigini, e rischi di caderci dentro. Ah, questo non lo vorrei, signore, non sopporterei la miseria. E tuttavia, tuttavia...
C'è il cielo azzurro. C'è il cielo grigio. E poi, c'è tutto questo. E poi i giornali, e poi la politica. Non mi divertono, a me, i giornali. La politica nemmeno, non mi diverte più. Alcuni hanno troppo, altri non hanno abbastanza. Io non ne ho abbastanza. Vede che cosa succede quando si guarda in alto? è molto meglio guardare in basso. Niente che valga la pena, glielo dico io. Ci si annoia. Ci si annoia... Non si ha idea quanto. Verrà alle nostre riunioni, vero? Sarà ricevuto benissimo. Noi sappiamo come si riceve. Arrivederci signore.(Si dirige all'uscita) A presto. (Va verso l'uscita, si gira) E si ricordi. Non si fidi della portinaia.
Esce.
SCENA SESTA
Da destra, rispetto agli spettatori, arriva il marito della signora del cagnolino.
Nel frattempo il Personaggio ha gettato in un angolo il cappello e il soprabito. Si è seduto sulla sedia, poi si è alzato d'improvviso dopo aver avuto appena il tempo di riprender fiato.
Il Signore Buongiorno, signore. Forse la disturbo. So che la disturbo. Oh, lei è una persona civile e non mi dirà mai che la di disturbo. Ma forse non la disturbo davvero. Mia moglie è appena uscita da casa sua. Ne avrà raccontate, di cose. Ma non sono venuto per questo. Sono venuto per conoscerla. Dobbiamo conoscerci, aiutarci l'un l'altro. Non le svelo nessun segreto. Mia moglie è matta. Chissà che cosa le ha raccontato. Oh, io sono discreto. E non dirò nulla. Deve sapere, signore, che è una donna insoddisfatta dell'esistenza. Mai contenta. Ma lei dice che sono gli altri che non sono mai contenti. Non è vero. Lei non sa più che cosa fare. La vita è tremenda per una donna di quel genere. Non vuole avere figli. Io li avrei voluti. Lei ha fatto di tutto per non averne. Io le dicevo che se avesse avuto dei figli si sarebbe annoiata di meno. Ne conveniva ma ha voluto tentare prima coi cani. Ne ha preso un'intera nidiata. A me non piacciono gli animali, preferisco i bambini, ma insomma nemmeno detesto a gli animali. Li ha avvelenati, signore. Per fortuna non abbiamo bambini. Avrebbe fatto la stessa cosa! Ora sarebbe in prigione Le ho detto: non sei contenta di essere sfuggita alla prigione? In ogni caso stai meglio a casa tua. Questo ti dovrebbe dare conforto. Lei si annoia. Si può avere molta pazienza, si può essere un uomo vero, ma qualche volta se ne ha abbastanza. Bisogna dimostrare giudizio con le persone che non ne hanno. Lei organizza delle riunioni in casa. I vicini, gli amici del quartiere. Vuole sempre vincere. Non gioca per denaro ma vuole sempre vincere. Oh, le piace anche il denaro. E che cosa ne fa? Lo mette nei salvadanai che tiene in casa. Rompe tutto, i piatti, strappa le tende, lascia qualsiasi cosa sul pavimento per poterlo sporcare. E le capita di farlo davanti alle persone che convoca per le riunioni mondane. E le maltratta. Loro per un po' la prendono sul ridere, poi si scocciano e non vengono più. Lei ne invita degli altri. È per questo che è venuta a farle visita. Allora ne cerca degli altri. Fra un po' avrà esaurito il quartiere. E quando nessuno vuole venire, lei esce, ha degli amanti, non so come riesca a trovarli, è piuttosto scipita, a me poco importa, io prendo le mie misure. E poi ogni volta che trova qualcuno, crede che i guai siano finiti.
Ma si annoia, signore, finisce per annoiarsi con chiunque. Altre volte quel che le sto dicendo non è del tutto vero, altre volte lei se la ride, una specie di ilarità isterica. La cosa è persino divertente. Ma a me non sta bene. Quando va in furia, rompe i piatti, quando è allegra in quel modo pazzo continua a romperli, per aumentare la propria allegria. Lei dirà che dovrei farla curare. Ci ho pensato anch'io. L'hanno vista diversi medici. Uno non ha resistito. Lei gli saltava sempre al collo. Si è tolto la vita. Gli aveva trasmesso la sua pazzia. Eppure era un medico dei pazzi. Era pazzo anche lui perché era un medico dei pazzi. Curare i pazzi non è un piacere. E contagioso come un virus. Non le dico questo perché non venga al bridge, alle riunioni. Ma si accorgerà da sé come stanno le cose. Io cerco delle persone amiche. Mi piace bere un bicchiere al caffè. La inviterò. Ce ne sono di buoni nel quartiere. Ma quella donna, che cos'ha quella donna io non lo so, non lo so proprio. Basterebbe poco perché guarisse. Una parola, forse. Una parola. Ma quale? Lei però non si lasci abbindolare. Non lo dico perché sono geloso. Come le ho detto, non m'importa niente. Lo dico per lei, signore, stia attento. Rischia di ammalarsi, con quella donna. Lei mi sembra una persona di buon senso, equilibrata, di ottimo carattere, mi sembra di sano intelletto. Potrebbe uscirne sconvolto. Quando ha i suoi attacchi, quella, farebbe crollare la torre Eiffel. Renderebbe nevrasteniche le case. Le pietre! I camerieri dei caffè! Andremo magari più lontano. Ho la macchina. Berremo un goccetto, non molto. Bere non è di mio gusto, ma mi fa piacere lo stesso. Che ne dice? Eh, che ne dice lei? Oh, ma non voglio tediarla. Me ne vado. La sto tediando. È il tedio di mia moglie che passa attraverso di me. Venga a trovarci ugualmente. Ci faremo quattro risate. Dunque, arrivederci. A presto. In confidenza, non si fidi della portinaia.(Se ne va.Ritorna un attimo dopo)Mia moglie è una cattivissima cuoca. Si dirà poi che la colpa è sempre degli uomini. (Se ne va davvero).
Il Personaggio si siede sulla sedia. Nuovo ingresso. Il Personaggio si rialza di scatto un'altra volta.
SCENA SETTIMA
Arriva dalla stessa porta un signore, preferibilmente alto di statura, dai capelli bianchi, zoppica e si appoggia ad un bastone
IL SIGNORE Mi scusi se entro all'improvviso. Vedo una sedia. Mi scusi se la prendo. Faccio fatica a stare in piedi. Sono venuto per fare la sua conoscenza. È necessario che ci conosciamo. È necessario conoscersi reciprocamente, per potersi apprezzare. Una volta conosciuta una persona, si può incominciare ad amarla o a prenderla in simpatia. Lei mi è già simpatico. Mi piace molto simpatizzare con la gente. Che faremmo se non potessimo simpatizzare? Le guerre si fanno perché non ci si conosce abbastanza. O perché non ci si conosce per niente. Ne ho viste, di guerre. Come vede, zoppico, sono stato ferito in guerra. Ecco, si faceva la guerra a gente che non si conosceva, con la quale non ci si poteva intendere proprio perché parlava un'altra lingua. Se noi avessimo imparato la loro lingua, se essi avessero imparato la nostra, ci saremmo incontrati prima, non ci saremmo fatti la guerra. In breve, non voglio tediarvi oltre, sono rimasto invalido per tutta la vita. È una tragedia, signore, una tragedia. Non leggo più i giornali. Mi rendono infelice. Dia un'occhiata ai giornali, io ormai non lo faccio più, non ci sono che carneficine, omicidi, epidemie, inondazioni, pestilenze, terremoti, genocidi, incendi, tirannie. A che cosa mira tutto questo? Le spiegazioni che vengono date, lo sfruttamento dell’' uomo da parte dell'uomo, le ingiustizie sociali, le carenze economiche, son poca cosa, mi sembra, per giustificare il massacro universale. Le ideologie, le rivendicazioni, non possono spiegare tutto, stanno molto al di qua dei cataclismi che si verificano. Le ideologie sono sopraffatte dalla violenza. Sono soltanto un pretesto per la violenza, un mistero. Tutto è mistero. E tutto è violenza. È stato detto « amatevi l'un l'altro », in verità si sarebbe dovuto dire « mangiatevi l'un l'altro». D'altra parte «amatevi l'un l'altro» vuol dire proprio questo. Si mangia quel che si ama. Il mondo è fatto male. Chi lo ha fatto non è riuscito nell'intento. Siamo obbligati a mangiare, viviamo in un sistema economico chiuso. Nulla ci viene da altre parti, e siamo obbligati a mangiare, a mangiarci, per sopravvivere. Guardi un po' nel microscopio e veda quel che succede nelle cellule: gli esseri microscopici si divorano l'un l'altro. Poiché tutti vogliono vivere. Ma perché è stato messo dentro di noi questo desiderio di vivere? Perché il creatore che ha fatto questo fottuto mondo ha voluto che la sua opera durasse nel tempo. Allora ha messo dentro di noi questo desiderio di vivere e questo desiderio di mangiarci, di ucciderci reciprocamente, poiché, ho appena finito di dirlo, viviamo in un sistema economico chiuso. Se potessimo non desiderare di vivere, il processo avrebbe termine. Ma lui non vuole che abbia termine. Allora ci costringe a vivere, a sopravvivere, coi nostri desideri che esplodono. Ho tentato di spegnere in me i desideri. Desiderio di tutto, desiderio di qualunque cosa, desiderio di niente. Il desiderio del niente è sempre un desiderio. Non crede lei che stiamo vivendo all'inferno? Che l'inferno è qui? Siamo tutti assetati, affamati, pieni di brame e se dovessimo appagare la nostra fame, appagare la nostra sete, soddisfare i nostri
desideri, insorgerebbero altri desideri, e avremmo ancora fame e ancora sete. Ha l'immaginazione fertile, Lui. Ne inventerà delle altre, il furbacchione, a bizzeffe. Non bisognerebbe lasciarlo fare. Siamo tutti schiavi, dipendiamo gli uni dagli altri, chiediamo sempre agli altri di appagare i nostri desideri. Potessi impedirmi di bere l'acqua, di mangiare il pane. La cosa è possibile. Ho tentato di non mangiare, io, e di non bere per tre giorni, ma non ho potuto resistere oltre. Dovremmo toglierci la vita. Non è facile. Perché Lui ha messo dentro di noi anche l'istinto di conservazione, la paura della morte. Lui ci difende da noi stessi. Ha inventato la paura. A dire la verità, io ho davvero paura di tutto. Lei non si sente minacciato? Ho soprattutto paura quando non ci sono pericoli. Mi domando che cosa si sta preparando contro di noi. C'è qualcosa che cova nel silenzio, nella tregua. Ho l'impressione che i muri stiano oscillando. Che un terremoto sia in preparazione. Ho l'impressione che gli oggetti siano sostituiti da altri oggetti che sembrano gli stessi di prima ma che non lo sono. Avvengono, credo, continue sostituzioni. La sedia sulla quale sto seduto in questo momento non èla stessa che c'era quando sono entrato. Tutto si muove sento più, ma scricchiolii, dislocamenti insidiosi, ce n'è sempre. È strano. Perché lo fa? Ad ogni istante tutto rischia di spaccarsi, di rompersi in due. Mi meraviglio che non sia ancora accaduto. Me lo aspetto da un momento all'altro. Lei non deve credere che io manchi di saggezza, al contrario, io sono assennato, assennatissimo. Ma non posso accettare qualsiasi cosa. Chi ha più senno? Chi accetta qualsiasi cosa o chi ha deciso di non accettare niente? La rassegnazione è un segno di saggezza? A volte, mi vien voglia di pensare che la saggezza è un'altra forma di follia. Ci fosse almeno concessa la possibilità di imparare qualcosa. Non possiamo conoscere nulla, siamo degli sprovveduti. Siamo stati privati della possibilità di concepire questo mondo perché non si può concepire né il finito né l'infinito né ciò che non è né finito né infinito. Viviamo in una prigione che è una specie di scatola. Questa scatola è inscatolata in un'altra scatola, che è inscatolata in un'altra scatola, che è inscatolata in un'altra scatola, che è inscatolata in un'altra scatola, inscatolata in un'altra scatola, e così di seguito , all'infinito. E l'infinito, come le dicevo, non si può concepire. Tutto è inconcepibile. E i grandi dotti non ne sanno di più. Non potere nemmeno immaginare l'universo da un estremo all'altro, in ciò che si può chiamare da un estremo all'altro poiché l'universo non ha forse estremi. Se non altro, concepire il non estremo. Noi siamo fatti per non sapere. Io posso sapere una sola cosa, una sola, ed è che non posso sapere. Io non posso sapere niente. E questo, io non lo ammetto. Gli è indifferente che io lo ammetta o no, poiché ci ha fatti così, poiché ci ha fatti per non sapere. Di proposito. E si costruisce, signore, e si costruisce, signore, si fabbrica, si fanno aerei, si fanno cannoni e obici, si fa l'elettricità, cose astronautiche, si va nello spazio. Ci si ingegna per fare un po' di tutto. Si possono fare lavorucci nell'inesplicabile. Nell'inestricabile. Che guazzabuglio! Bene, ci rivedremo, spero, ora me ne vado. Torneremo a parlare di tutto questo. Ho fiducia in lei, lei mi fa capire molte cose. (Si alza, se ne va) Arrivederci, signore. Un'altra cosa: non si fidi della nostra portinaia.
Esce.
SCENA OTTAVA
Il Personaggio va a sedersi sulla sedia e rimane immobile per qualche istante. Dopo un po', alza la testa, guarda il soffitto, poi il pavimento, poi attorno a sé. Lentamente, si dirige a destra. Le sue scarpe scricchiolano sul pavimento. Ha l'aria un po' spaventata. Si china, tasta il pavimento, le scarpe. In punta di piedi, delicatamente, appoggia la mano sulla parete di destra per accertarne la solidità. Alza le spalle come a dire «è solido». Va verso la parete di fondo, ripete lo stesso gesto. Va pure alla parete di sinistra. La tocca delicatamente poi più forte, poi preme con tutte le sue forze. Fa l'atto di indietreggiare. Indietreggia ancora di qua che passo. Aspetta qualche istante. Alza le spalle.
Personaggio Regge bene.
Si mette al centro della stanza e guarda verso il soffitto.
Alza un'altra volta le spalle, ma ha sempre l'aspetto inquieto. D'improvviso si dirige verso il punto della stanza dove aveva gettato il soprabito. Si fruga nelle tasche, ne estrae un pacchetto di sigarette, poi, con prudenza, in punta di piedi, si dirige verso la sedia, ha l'intenzione di sedersi. Esita. Si accerta che la sedia sia solida e che resista. Si siede, si sistema. Accende una sigaretta e rimate lì, seduto, qualche istante, fuma.
Alcuni istanti di silenzio.
Si guarda attorno per gettare il mozzicone. Finalmente si decide e getta a terra il mozzicone, lo schiaccia col piede, guarda di nuovo verso il soffitto.
Guarda il soffitto.
Riprende il pacchetto di sigarette che aveva messo in tasca, ne prende una, la rimette nel pacchetto e si rimette il pacchetto in tasca.
Si alza, rimane qualche istante immobile di fronte al pubblico. Si mette improvvisamente a saltare, quindi si ferma.
Rimane ancora per un po' immobile, poi si precipita verso l'angolo di sinistra mettendosi di fronte al pubblico dove si suppone che ci sia una finestra. Tira un'immaginaria cortina e guarda il pubblico, vale a dire nella strada.
Silenzio.
Personaggio E’allegro.
Si allontana dalla finestra, fa il giro dell’appartamento, tenendo le mani dietro la schiena, parecchie volte di seguito, ispezionando i luoghi. A un certo momento, esce dal fondo. Lo si sente camminare per un certo tempo nelle altre stanze dell'appartamento, poi il Personaggio riappare. Il periodo in cui il Personaggio è assente dal palcoscenico deve durare abbastanza a lungo, forse un minuto o due. Va di nuovo a sedersi sulla sedia, estrae il pacchetto di sigarette, prende una sigaretta, si mette il pacchetto in tasca, accende lentamente una sigaretta, guarda nel vuoto, sempre piuttosto a lungo, ha una faccia inespressiva.
Arriva la portinaia. È una donna d'una quarantina d'anni, di aspetto abbastanza mite. Entra dal fondo. Prima che entri, la si sente dire:
La Portinaia Buongiorno, signore. Sono la custode. (Il Personaggio si gira bruscamente mostrando qualche segno di apprensione, volta la schiena al pubblico quando la portinaia appare. L'aspetto di lei è del tutto inoffensivo) Buongiorno, signore. I suoi mobili sono giù. Li porteranno fra qualche minuto. Lei ha molti mobili. Dovrà fare diverse conoscenze nel quartiere. Non deve vivere solitario come un orso. Nella sua situazione, può essere contento. Bisogna essere allegri, dentro. Se si conserva un po' di sole nel cuore, tutto diventa allegro e giovane anche se il cielo è grigio. È quello che faccio io. È bello esistere. Le troverò una domestica che le governi la casa. Lei di sicuro non saprà nemmeno usare un' aspirapolvere! Vede, signore, c'è da stupirsi di tutto. Io ascolto molto parlare le persone, mi piace sentire quel che dicono, è il mio mestiere essendo la custode. Cosa vuole, sono curiosa. C'è sempre qualcosa d'interesse in quel che le raccontano, anche quando dicono delle bestialità, dipende dall'intelligenza. Gente ce n'è un mondo. E ci sono dei mondi nel loro mondo. Ci sono fatti, ci sono drammi, ci sono commedie. Hanno tutti avuto delle avventure. Certi vecchi sono morti. È così, tutto finisce e tutto si rinnova. (Si sente un rumore. La portinaia esce un istante. Ritorna con una cassetta) Sono già arrivate delle bottiglie. No, signore, io non bevo. (Posa la cassetta, che in seguito il Personaggio metterà nella credenza, quando questa arriverà) Me ne vado, signore, devo occuparmi del cane e preparare la minestra. La cosa la disgusta? Lei non sa signore quanto mi appassiona badare al cagnolino e alla minestra. Io chiacchiero troppo, sono la custode, devo proprio andare. Ah, un'ultima cosa, ma detto fra di noi, nevvero, non si fidi della signora del cagnolino, lei non sa fino a che punto è cattiva, un'autentica vipera, e suo marito non è molto meglio, e il russo che è venuto a parlare con lei mi hanno detto che è una spia. L'aspetto ce l'ha. Io ne sono convinta. Non si fidi delle persone che fingono di esserle amiche. La vogliono circuire, la vogliono tenere fra le loro grinfie, le toglierebbero la gola, la ucciderebbero. Ma non si deve preoccupare, signore, a parte questo sono persone gentili. Se lei vuole, e se è gentile, posso riferire altri particolari. No, no, signore, niente cognac, le dico, non ne voglio. Io non bevo mai. Tranne il pastis.
Se ne va.
SCENA NONA
Si sente un rumore proveniente dal fondo della scena. Il Personaggio si alza e si volge in direzione del rumore. Si vede comparire una grossa credenza gialla. Il Personaggio si dirige verso la credenza che si muove su rotelle. Spinge la credenza gialla contro la parete destra del palcoscenico. Il Personaggio si allontana un po’, contempla a lungo la credenza, assume un aspetto soddisfatto. Apre la credenza, prende una bottiglia di cognac, un bicchiere, si versa da bere, beve un bicchiere. Rimette
la bottiglia nella credenza, ci ripensa, si versa un altro bicchiere, lo beve. Poi rimette al loro posto la bottiglia e il bicchiere.
Si sente un altro rumore e si vede apparire, sempre dalla porta di fondo, un tavolo rotondo che ha le gambe fornite anch'esse di rotelle. Il Personaggio spinge il tavolo fino al centro della scena, guarda di nuovo il tavolo con soddisfazione, gli passa la mano sopra come per togliere la polvere benché il tavolo sia pulito e lucido. Poi, sempre dal fondo, arrivano sei sedie, una dopo l'altra, che il Personaggio dispone, lentamente, senza precipitazione alcuna, attorno al tavolo. Si allontana un poco per contemplare il tavolo, le sedie, e la credenza. In precedenza, aveva messo la prima sedia, quella presente all'inizio, in disparte, verso l'angolo di sinistra. Quindi arriva, sempre dal fondo, un tappeto rotondo di un rosso rosato ch'egli dispone sotto al tavolo dopo avere, con una certa fatica, collocato il tappeto sotto alle sedie e al tavolo che ha sollevato uno dopo l'altro. Altre quattro sedie arrivano dal fondo ch'egli colloca ai due lati della grande credenza. Da sinistra, vale a dire da destra rispetto agli spettatori, arrivano due poltrone azzurre e viola, una dopo l'altra. Anche le poltrone naturalmente si muovono su rotelle. Egli le dispone di fronte al pubblico, alla destra del pubblico, nel punto in cui si suppone ci sia la finestra. Come per provarle, si siede su una poltrona e quindi, un po' più a lungo, sull'altra. Ha l'aria di sentirsi a suo agio. Resta così per qualche tempo, si alza, va a provare una dopo l'altra le sei sedie che si trovano attorno al tavolo, le rimette al loro posto. Arriva dal fondo una tela arrotolata, la svolge e la fissa alla parete di fondo. La tela deve essere abbastanza grande perché il pubblico possa riconoscere il soggetto del quadro: due cani padre e madre, e il cagnetto figlio, dei setter. Arriva dal fondo un primo tavolino. Il Personaggio lo afferra, cerca con lo sguardo sul palcoscenico un posto adatto all'oggetto. Lo trova, colloca il tavolino, fra le due poltrone. Arriva un altro tavolino, ch’egli colloca in mezzo al palcoscenico. Arriva una cassa dalla quale il Personaggio estrae uno dopo l'altro tre vasi: uno per il tavolo, uno per il primo tavolino, un altro per il secondo tavolino. Appare dal fondo un grande divano verde. Egli dispone il divano dietro le poltrone
Poi cambia idea e mette le due poltrone dietro il divano, poi da un lato e dall'altro del divano. Arriva un'altra cassa ed egli ne estrae un lampadario con paralume arancione. Fa accendere il lampadario, lo contempla, poi lo spegne, poi lo riaccende, poi torna a spegnerlo. Dalla soffitta, scendono doppie cortine rosse, ornate di foglie nere. Le appende nel vuoto. Una pendola sorge dal fondo. Il Personaggio colloca la pendola a lato della grande credenza. Con un calcio, rimanda verso il fondo le due o tre casse che ora sono vuote. Contempla l'intero complesso, tutti gli oggetti, uno per uno, va a sedersi sul divano, poi vi si stende sopra. Incrocia le mani dietro la nuca e fischietta. Smette di fischiettare, chiude gli occhi, stende le braccia lungo il corpo. Resta immobile in questa posizione per un certo tempo. Poi, bruscamente, si alza, si dirige alla credenza, prende di nuovo la bottiglia del cognac, si versa da bere, un bicchiere, un altro, poi rimette la bottiglia nella credenza, passa saltellando da un mobile all'altro, guarda dalla finestra immaginaria, scompare dal fondo. Una pausa abbastanza lunga, la scena rimane vuota, tutta ingombra. Si sente il Personaggio camminare sul fondo e canticchiare. Ricompare, sempre dal fondo, con uno strofinaccio in mano, e si mette a lucidare il pavimento, sotto il tappeto, sotto le sedie, in tutti gli spazi liberi. Estrae dalla tasca posteriore dei pantaloni una bottiglia piatta di cognac, beve un sorso a garganella. Si rimette la bottiglia in tasca. Ricomincia a lucidare il pavimento. Cala il sipario.
FINE DELLA SCENA NONA
Il sipario può abbassarsi alla fine di questa scena, oppure si possono semplicemente abbassare le luci. Il sipario viene abbassato nel caso in cui si decidesse di fare un intervallo a questo punto. In ogni modo, qualora si abbassino semplicemente le luci, si sentiranno immediatamente nell’oscurità che consente il cambiamento di scena i rumori indicati più sotto. Se c’è l’intervallo, gli stessi rumori si sentiranno nel buio prima che la rappresentazione riprenda.. Si sentono rumori di autobus in movimento, motori di motocicletta, richiami come borborigmi: sentunpo’, checcè, fischi, grida sovrapposte di un uomo e di una donna che bisticciano, grida, una risata, un grido, una tromba, un brulicare di passi nella strada. E rumori reali oppure inventati, ecc.
SCENA DECIMA
Una Coppia, Uomo e Donnadi una certa età; Due Uomini; La Cameriera, Il Padrone; Il Personaggio.
Grossi pupazzi possono rappresentare altri personaggi.
Scena: La sala di un ristorantino di periferia, quasi provinciale. Sul fondo, il banco. Il padrone è al banco. Un uomo solo seduto a un tavolo. Due o tre altri tavoli attorno ai quali alcuni pupazzi seduti rappresentano gli avventori (questo nel caso in cui non vi siano attori o comparse in numero sufficiente). Un grande specchio può eventualmente contribuire a dare l'impressione che gli avventori siano più numerosi. In primo piano, un tavolino vuoto. Per qualche istante, abbastanza lungo, la gente mangia in silenzio. Sempre in silenzio, la cameriera entra ed esce dal fondo, a destra, portando dei piatti e posandoli sui tavoli ai quali sono seduti gli avventori. Si fa sentire, piano, il rumore sordo dei veicoli che passano sulla strada. L'uomo al banco beve un aperitivo quindi si dirige verso un altro tavolo e si siede. Vaghi mormorii poi di nuovo un silenzio piuttosto cupo.
Entra da sinistra, vale a dire da destra rispetto agli spettatori, il Personaggio. Si sente il rumore, leggero, della porta che si apre. Il personaggio viene avanti fino al centro della scena, guarda attorno a sé. Gli va incontro la cameriera, giovane, piacevole, di bella presenza senza malgrado l'aspetto un po' stanco.
Padrone Signore.
Gli altri personaggi seduti ai tavoli non restano alcuna attenzione al Personaggio.
La Cameriera Vuole mangiare? (Il Personaggio accenna di sì col capo. Poi indica il tavolino che sta al proscenio). Certo, si accomodi pure lì se vuole.
Il Personaggio ringrazia, sempre accennando col capo, e va a sedersi. Poi si alza per Appendere all'attaccapanni il soprabito e il appello. Torna a sedersi mentre la cameriera apparecchia la tavola e porta la lista.
Il Personaggio prende la lista.
Tutto questo con diverse pause.
Cameriera Prende un aperitivo?(Il Personaggio fa cenno di sì). Lo prende qui o al bar?
Personaggio Al banco. (Guarda verso il banco) No, qui.
Cameriera Un pastis ? È appena arrivato. O un Campari? Pastis o Campari?
Anche il Campari è appena arrivato.
Personaggio Campari.
Cameriera Con ghiaccio e seltz?
Personaggio Doppio.
Cameriera Poi?(Pausa. Il Personaggio consulta la lista, indeciso). Le proporrei una sardina sott'olio. Sì? Bene. Una sardina sott'olio. Poi?(Il Personaggio è indeciso). Una bistecca? Del manzo alla borgognona?
Personaggio Bistecca! No, manzo! No, bistecca ben cotta.
Cameriera Con patate fritte? Bene. Con patate fritte.
Personaggio E del camembert.
Cameriera Perché non prende del brie? E’ migliore. E’ fatto come si deve. Lo vuole il dessert? È fatto come si deve. Lo vuole il dessert? Bene. Deciderà in seguito. Vuole bere qualcosa? Le consiglierei il beaujolais. Della cantina della casa. Ora le porto il Campari.
(Porta immediatamente il Campari. Il Personaggio lo beve d'un fiato). Oh! Di già!
Personaggio Ho sete. Grazie. Beaujolais, ma non mezza bottiglia, una intera. (Mentre la cameriera si allontana per eseguire l'ordinazione, il Personaggio mette i gomiti sul tavolo, col viso fra le mani. Beve d'un fiato il Campari) Un altro!
Cameriera Non così in fretta, le può far male.
Non sembra che il Campari abbia fatto male al Personaggio. Che ora appare disteso. Ha un tantino la faccia da cuorcontento. Guarda attorno a sé, sorridendo, soprattutto dal lato del pubblico, dove dovrebbe trovarsi la strada ch'egli vede attraverso i vetri. Si vede il padrone che beve tutto solo un bicchiere al banco.
Nel frattempo la cameriera va silenziosamente a servire sia gli avventori reali sia gli avventori-pupazzi, se ci sono. La gente mangia in silenzio. Si sente soltanto qualche rumore della strada. In seguito i movimenti diventeranno irreali e la cameriera si muoverà in maniera irreale in una sorta di danza. Dopo un certo tempo, i rumori della strada diventeranno quasi musicali per sottolineare ulteriormente tale aspetto d'irrealtà.
Il Personaggio mostra alla cameriera il bicchiere vuoto.
Cameriera Subito.
Personaggio (guardandosi attorno) Tutta quella gente...
Il Vecchio Signore (al tavolo della coppia anziana, alla vecchia signora) Ti piacciono queste rillettes?
Personaggio (guardando di nuovo verso il pubblico) Qualcosa si sta muovendo.
Vecchio (alla moglie) Dove andremo a finire? Siamo governati da imbecilli. Con gente di questa fatta che ci governa, non possiamo andare lontano...
Primo Uomo (solo al suo tavolo) Si andrà troppo lontano invece. Un giorno lo si vedrà! Non saranno contenti quando vedranno il bel risultato!
I due vecchi guardano l'uomo e si rituffano sui loro piatti.
La Vecchia (al suo tavolo) Non so davvero quel che si dovrebbe fare. Tu l'hai già fatto?
Secondo Uomo (al primo) Oh, sì, certo.
Arriva la cameriera, portando il vassoio con le ordinazioni. Posa il vassoio sul tavolo.
Cameriera Ecco il Campari, ecco il suo beaujolais. La sua bistecca, il suo formaggio. (Dispone il piatto di portata, i piatti, le posate, con grazia. Il Personaggio afferra il bicchiere di Campari e lo tracanna d'un fiato). Lei è troppo avido, signore, e beve troppo. Le può far male.
Personaggio Oh, no.
Cameriera II nostro vino è buono, sa? I nostri aperitivi pure. È tutta roba fresca, quello che teniamo. Il nostro è il miglior ristorante del quartiere. Si fa la cucina della padrona. Ma lo stesso non bisogna esagerare. Tutti i nostri clienti mangiano con appetito. Il nostro è il miglior ristorante del quartiere. C'è anche una birreria che vorrebbe essere elegante, non ci va nessuno.
Personaggio (dopo aver vuotato il bicchiere) Vorrei venirci tutti i giorni. Mi può riservare lo stesso tavolo?
Cameriera Vedo che lei è attaccato alle sue abitudini. In un piccolo ristorante non si prenota. Ma se lo desidera, posso chiedere al padrone.
Va dal padrone e discute silenziosamente con lui.
Il padrone accenna di sì con la testa. Nel frattempo, il Personaggio si versa un bicchiere di vino. Beve. Gli altri hanno tutti la testa sul piatto. La cameriera torna dal
Personaggio.
Cameriera Sì, signore, il padrone ha accettato. Tutti i giorni alle dodici e mezza. Allora, d'accordo.
Personaggio Grazie. Lei chi è?
Cameriera Mi chiamo Agnese. Sono la cognata del padrone. Anche un mio cugino lavora qui. È il padrone che fa gli acquisti all'ingrosso.
Personaggio Lei crede che la cosa starà in piedi indefinitamente?
Agnese Noi non ci saremo più e la cosa sarà ancora in piedi. Non si dia pena. Stia tranquillo.
D'improvviso una luce sulla tovaglia; è un raggio di luce che viene proiettato dall'alto.
Personaggio Oh, straordinario.
Agnese È semplicemente un raggio di luce.
Personaggio (una pausa dopo ogni punto) Questo cambia tutto. È strano. Strano, e del tutto nuovo.
Febbrile.
Agnese Mi scusi, signore. Ho da fare. Ma no, no, non l'abbandono. Ritornerò.
Si muove.
Qualcosa sembra trasformarsi nell'atmosfera del ristorante. La luce si è diffusa un po' dovunque. Il Personaggio si siede, si rialza, si siede, si rialza.
Uno Degli Uomini (al tavolo, chiamando la cameriera) Signorina, i miei funghi per favore.
Le voci e i movimenti sono un po' sfasati e le ordinazioni più banali sono quasi cantate, i movimenti quasi di danza.
Vecchio (alzandosi e tornando a sedere) Il nostro sanguinaccio, per favore.
Altro Uomo(al tavolo) La mia insalata di patate.
La cameriera obbedisce alle richieste.
Personaggio Patate.(Estasiato) Forchette, piatti, coltelli.
Rumore melodioso di piatti e posate.
Padrone (sempre cantando) Sono belle. Sono buone, Quel che è buono è bene.
Personaggio Oh, il beaujolais!
Padrone (sempre danzando e cantando) Il vino è sole in bottiglia.
Cameriera(si muove danzando e cantando) Arriverò, pazienza. Tutto arriverà.
La luce diventa sempre più intensa.
Vecchia Signora (al tavolo) Tutto arriverà. Come si sta bene qui.
Primo Uomo (al padrone) Padrone, posso offrire un bicchiere?(Va verso il banco e beve un bicchiere col padrone). Devo tornare al lavoro. Ma ho ancora tempo.
Il Personaggio indica alla cameriera la bottiglia vuota.
Cameriera Ne vuole un'altra? Non le sembra troppo?
Vecchio (sempre cantando) Sono in pensione da quindici anni.
Cameriera Ecco il vino.
Vecchia Ma noi siamo vivi, vivissimi.
Personaggio II caffè.
Secondo Uomo Ah! Se tutti i giorni fosse domenica.
Vecchio Non è mai la stessa cosa.
Padrone (al primo uomo) Un altro bicchiere, è il mio turno.
La cameriera porta il beaujolais, il caffè, riparte. Quasi danzato.
Primo Uomo Accetto, grazie.
Vecchio Con tre, siamo a nove. Si alza.
Primo Uomo (alla cameriera) Non beve un bicchiere con noi?
Cameriera Non posso, signore, come vede sono carica di piatti. Devo servire. Berrò un goccio più tardi.
Primo Uomo (girandosi verso la sala guarda da ogni lato. Ha l'aria euforica) Non c'è spesso il sole in questo periodo dell'anno.
Vecchia (alzandosi anche lei) Difficile a dirsi.
Si alzano tutti e guardano verso la sala. A poco a poco ma abbastanza in fretta la luce scompare e tutto ritorna nel grigiore. I vecchi e gli altri si girano, tornano a sedersi. L'uomo riprende il suo posto. I movimenti danzanti si esauriscono. Il Personaggio torna a sua volta a sedersi. Il canto ridiventa mormorio poi silenzio. Tutti tacciono. I visi ritornano cupi.
Il Personaggio si alza d'improvviso. Si risiede.
Il rumore delle stoviglie non è più musicale.
Tutti guardano il Personaggio, stupiti, e ricominciano a mangiare.
Personaggio (alla cameriera) Hanno spento.
Cameriera Di che cosa parla? Tutto è come prima. Ho l'impressione che lei non si senta a suo agio. Le porto un cognac.
Gli avventori hanno un aspetto assente e cupo come se in effetti nulla fosse accaduto. Mangiano in silenzio.
La cameriera, che si era avvicinata, lo guarda per un attimo senza reagire, poi si allontana.
Personaggio (guardando dalla finestra, vale a dire di fronte al pubblico) Qualcosa si muove, qualcosa si muove. (Si alza. Nessuna reazione nella sala). Non sentite nulla?
Torna a sedersi. La gente continua a man- ire in silenzio. Si sente il rumore dei piatiti e delle posate. Tutto è ritornato greve o neutro.
Quindi, rumore violento, proveniente dall'esterno, di motociclette. Se è possibile, sullo sfondo, si faranno passare ombre di motociclisti sulle loro moto. Nel medesimo istante in cui i rumori cessano, entrano rumorosamente, agitati, vociferanti, gli altri.
Un uomo passa sul fondo con la testa fasciata, poi due. Un uomo entra, col fucile a tracolla, si dirige al banco con passo deciso. La gente che si è rimessa a desinare gli dà appena un'occhiata e continua a mangiare.
Il Rivoltoso (marziale) Un pastis! Vengo dagli scontri, ho caldo.
Arriva una donnina, nervosa, scura di pelle, che si dirige anch'essa al banco.
La Donna Postis!
La gente, ai tavoli, volge il capo, guarda il rivoltoso.
Rivoltoso In piazza si sta combattendo.
A poco a poco, i clienti ascoltano con sempre maggiore attenzione, poi uno dopo l'altro si alzano e vanno a circondare il rivoltoso e la sua compagna.
Vecchio Mai vista una cosa del genere! La Donna Rivoltosa Non sentite le esplosioni?
Tutti tendono l'orecchio e si girano verso il lato da cui, in lontananza, giungono effettivamente i rumori ancora deboli della battaglia.
Donna È vero.
VECCHIO Ma sì, vengono dalla piazza. Ci vado tutte le domeniche a fare la mia passeggiata della domenica. Domenica scorsa l'atmosfera era tranquilla, prima di domenica tutto sarà finito.
Donna Certo, è una cosa passeggera.
PADRONE Per la verità, un po' di rumore c'è. Bene, si ricomincia. Era un pezzo oramai.
RIVOLTOSA Si continuerà oltre domenica!
VECCHIO Allora non avrò più la mia domenica.
RIVOLTOSA Fra poco sarà sempre domenica Per questo si combatte.
VECCHIO In attesa, non avrò più la mia domenica.
PRIMO Uomo Se c'è lo scontro, è già domenica.
SECONDO Uomo Si farà sul serio questa volta?
Padrone Sta succedendo qualcosa anche in centro.
Cameriera No, soltanto qui in periferia.
Rivoltoso Del centro chi se ne frega. Chi se ne frega dei ricchi.
Rivoltosa Per il momento, ci occupiamo dei fatti nostri. C'è già fin troppo da fare, per il momento facciamo pulizia davanti alla nostra porta.
A poco a poco, col procedere della scena, i rumori della battaglia si faranno più intensi. Col procedere della scena, si vedranno del pari trascorrere sul fondo individui armati, immagini che rimpiazzeranno le immagini dei civili, di coloro che non partecipano e alla fine si sostituiranno a questi. I rumori si intensificheranno sempre più e dietro alla finestra passerà gente coperta di sangue. Si vedranno anche poliziotti che corrono col manganello in mano all'inseguimento degli insorti. Più tardi, si sentiranno anche dei canti e un grande strepito. Ma tutto questo avverrà progressivamente e i grossi effetti si serberanno per il momento finale, culminante, della scena.
Secondo Uomo Io questo lo capisco.
Cameriera Con la vita che si fa!
Rivoltosa (guardandosi attorno con aria di disprezzo) Per fortuna ci sono ancora uomini! (Batte sulla spalla del rivoltoso) Senza un ragazzo come questo ci sarebbe poco da stare allegri. Con lui, li avremo in pugno.
Rivoltoso Sarà così.
Padrone(al rivoltoso) Un altro bicchiere, offro io.
Vecchio Anch'io ho fatto la rivoluzione, quando ero giovane in Sardegna.
Donna Mio marito è un vecchio anarchico.
Primo Uomo Io vi capisco. Purché la cosa non finisca lì.
Padrone Anch'io vi capisco.E’ la società.
Verso la fine della scena i due uomini, il vecchio e la vecchia si trasformeranno anch'essi in rivoluzionari. E in ultimo, al momento di uscire, si cambieranno d'abito, avranno fucili e pistole alla cintura, si metteranno barbe e parrucche folte.
Vecchio Ai miei tempi, ai miei tempi, ah, io c'ero nel '47, ma ora preferirei morire tranquillo nel mio angolino.
Donna Ad ogni buon conto questo non ci impedirà di dormire.
Secondo Uomo Siamo francesi.
Cameriera(al Personaggio) Oh, lei, quanto a questo.
Padrone La Francia è il paese delle rivoluzioni, è come il Messico.
Rivoltoso (al Personaggio) Di lei possiamo fare a meno.
Padrone C'è stato l'89.
Rivoltosa(al Personaggio) Gente della sua risma la conosciamo. Non è con lei che costruiremo la nuova casa.
Cameriera(al Personaggio) Questo non fa per lei.
Primo Uomo (guardando il Personaggio) Si vede bene che genere d'uomo è lei.
Padrone Dopo l'89, abbiamo avuto il '37, il '47, il '57, il '67, il '77, l'87 e ancora l'89.
Vecchio II cerchio si chiude.
Rivoltosa Non si chiuderà mai. Che schifosi!
Quando tutti avranno fatto gruppo attorno al rivoltoso, il Personaggio sarà il solo
che non avrà lasciato il suo posto.
Rivoltoso Adesso o mai più.
Rivoltosa Glielo faremo capire.
Cameriera Certamente che glielo faremo capire.
Primo Operaio Bisogna cambiare.
Padrone Se è così, offro io per tutti.
Secondo Operaio Bravo!
Donna Bravo! D'accordo.
Cameriera(al Personaggio) Non si disturbi. Le porto il bicchiere al tavolo.
Donna Offrirà da bere anche a lui?
Cameriera è un cliente.
Gli porta il bicchiere e torna verso il gruppo.
Rivoltosa Non poteva durare.
Donna Con ragazzi come voi...
Vecchio Bisogna andare fino in fondo. Ah, se avessi la vostra età!
Rivoltosa Un paese di parassiti! Una società malata.
Donna Non se ne può più.
Tutti Oh, sì, certo.
Primo Uomo Non si meritano che il disprezzo.
Secondo Uomo II disprezzo non è sufficiente.
Rivoltosa Bisogna finirla. Ci vuole il sangue. La voluttà e la morte.
Rivoltoso Saranno eliminati. Sarà meglio per tutti.
Padrone È giusto.
Rivoltosi Noi saremo giusti.
Rivoltosa La giustizia è dura, se ne accorgeranno.
Donna Tutti coloro che sguazzano nella corruzione e nell'ingiustizia. Il rogo della piazza Rossa.
Cameriera II pugnale fra i denti.
Primo Uomo I ricchi!
Secondo Uomo I poveri!
Padrone II proletariato!
RIVoltosa Antirivoluzionarismo primario.
Rivoltoso Dittatura, sì ma nella libertà.
donna Purché sia liberamente consentito.
Padrone Lo sarà.
VECCHIO I canti dell'avvenire.
rivoltosa Pagheranno col sangue e nel sangue.
cameriera Bisogna ammetterlo, se la sono voluta con la loro corruzione.
PRIMO Uomo Gli sporchi borghesi.
DONNA Gli operai sono poveri perché bevono, sono tutti alcolizzati.
SECONDO Uomo E la droga allora!
PADRONE La società dei consumi.
DONNA Collettivismo, individualismo!
CAMERIERA La nostra società dei consumi.
PRIMO Uomo Bevono il sangue del popolo.
Secondo Uomo Tutti venduti!
Rivoltoso (con voce spaventosa e dando pugni sul banco, mentre qualche bicchiere cade a terra e va in frantumi) E la fraternità ! Non bisogna dimenticare la fraternità!
Un istante, un certo silenzio, tutti sembrano un po' impauriti. Smettono di mangiare per qualche istante nell'immobilità.
Padrone (alla cameriera) Raccolga.
La cameriera esegue. Poi le discussioni riprendono.
Rivoltosa Questo glielo cacceremo in gola coi pugni, con il coltello. Gli apriremo la pancia.
Donna Ne abbiamo le scatole piene.
Vecchio Ha ragione, lo diceva poco fa, non dobbiamo dimenticare la fraternità.
Cameriera Non dobbiamo dimenticare la fraternità.
Primo Uomo Non dobbiamo dimenticare la fraternità.
Secondo Uomo No, non dobbiamo dimenticare la fraternità.
Padrone La fraternità.
Rivoltosa Sangue! li squarteremo! voglio vedere le budella uscire dalle loro pance.
Cameriera Gli uomini rimangono gli stessi.
Primo Uomo Solamente la gioventù ha l'entusiasmo che ci vuole.
Padrone I giovani sono coglioni.
Primo Uomo I vecchi sono coglioni
Secondo Uomo Ci sono dei giovani che sono coglioni e dei vecchi che sono coglioni, quando si è coglioni si è coglioni per tutta la vita.
Cameriera Non se ne può più, accidenti, andare e venire, e sgobbare e badare ai mocciosi.
Rivoltosa (con grinta sinistra e facendo stridere i denti) La rivoluzione per il piacere.
Ogni persona è già diventata un'altra o quasi. Si conserva il nome dei personaggi per evitare confusioni.
Donna Per il piacere.
Gli altri personaggi cambiano vestiti, tranne la cameriera, il padrone e il Personaggio se il numero degli attori è limitato.
Primo Uomo (brandendo un pugnale) Per il piacere.
Rivoltosa E sarà sempre festa, vivremo nella festa, nella perpetua gioia. (Tutti impugnano le armi, poi un silenzio durante il quale rimangono con le armi in pugno). Queste cose mettono fame, ho un buco nello stomaco.
Padrone Vi invito tutti a pranzo.
Rivoltoso Mi farebbe piacere ma mia moglie mi aspetta per il pranzo; se vuole offrirci un bicchiere alla svelta, volentieri. E dei panini.
Il padrone versa da bere. Tutti bevono.
Poi alzano il bicchiere e dicono:
Tutti Abbasso gli sbirri!
Rivoltosa Con la testa degli sbirri faremo polpette.
Rivoltoso (alla cameriera) Più in fretta, cara. Muoversi con i panini. Ora bisogna obbedire, troietta, non è più come prima.
Rivoltosa Tutto è cambiato, non è più come prima.
Cameriera (al rivoltoso) Faccio del mio meglio. Lei è maleducato, se non le va ha solo da andarsene.
Donna L'educazione è una cosa borghese.
Rivoltoso (alla cameriera e al padrone) Siete dei commercianti. Anche voi in definitiva siete sfruttatori.
Cameriera Sono una lavoratrice, mi guadagno il pane col sudore della fronte, voi parlate e basta.
Rivoltoso Puttana!
Cameriera Oh!
Personaggio (alzandosi da tavola, al rivoltoso) Signore, non si vergogna?
Rivoltoso Sporco piccolo borghese. Vieni un po' qua. (Il Personaggio si avvicina). Schifoso!
Dà un pugno in faccia al Personaggio poi io sbatte sulla sedia.
Rivoltosa Ben fatto!
Padrone Ma insomma, è un mio cliente.
La cameriera dà due formidabili schiaffi al rivoltoso. Il rivoltoso cade a terra, si rialza, si tasta la mascella. Scoppio di risa, poi tutti, tranne la cameriera e il padrone, si girano verso il
Personaggio accasciato sulla sedia mostrando il pugno.
Tutti Schifoso!
Il rivoltoso resta immobile col pugno rivolto verso il Personaggio, mentre la cameriera si dirige verso il Personaggio, prende il fazzoletto che sta nella tasca del Personaggio e ne asciuga il viso insanguinato.
Cameriera Tutto questo non fa per lei.
Si sente moltiplicato il chiasso di fuori, scoppi, grida, chiaramente gli scontri non avvengono più soltanto sulla piazza. Si sentono crepitare i mitra, si sentono grida, si vede passare sulla strada, infondo alla scena, gente con fucili e bandiere.
Rivoltosa Si avvicinano, si combatte nel quartiere, andiamo anche noi, e che tutto salti in aria e vada a puttane!
Srotola uno stendardo.
Rivoltoso Viva la bandiera!
Donna Viva la muerte!.
Primo Uomo La rivoluzione è sulle strade.
Nel frattempo il Personaggio beve il suo grappino, tenendo il fazzoletto sull'occhio pesto.
Padrone Non se ne vada senza pagare il conto.
Cameriera II conto, il conto.
Secondo Uomo Si farà pagare dal Comitato rivoluzionario.
Rivoltosa Si farà pagare dal mio culo.
Padrone E allora merda!
Cameriera E allora merda!
Personaggio Posso fare qualcosa?
PAdrone Fare che cosa?
PERSONAGGIO Dare una mano a riordinare.
Cameriera Ci arrangeremo da soli. Lei stia tranquillo.
Personaggio Un cognac, per favore.
Cameriera (riordinando assieme al padrone) Adesso glielo porto.
SCENA UNDICESIMA
Padrone Io la rivoluzione l'ho già fatta.
Mi sarei messo alla testa.
Cameriera Ora lei è troppo stanco, è troppo vecchio.
Padrone Non è per questo, ma perché non sono rivoluzionari, sono reazionari.
Cameriera E i loro avversari?
Padrone Sono reazionari anche loro. Gli uni sono pagati dai Lapponi, gli altri dai Turchi.
Cameriera Ha pur visto il muso da Ottomani che avevano.
Padrone Su, non sia razzista adesso.
Cameriera Sì, io sono razzista. Io sto con tutte le razze, non sono antirazzista.
SCENA DODICESIMA
Entra una donnetta, con aria spaventata.
La Madre Del Ferito Dio mio, il mio bambino, aiutatelo.
Entra un giovane ferito, con la testa fasciata il padrone e la cameriera si precipitano per sostenerlo. Il ferito cade a terra.
Madre Glielo avevo detto di starsene tranquillo.
Cameriera Che cosa non dobbiamo vedere! In che tempi viviamo...
Padrone è il figlio della signora, la vedova che abita qui accanto e che ha perduto il marito lo scorso anno. I giovani di oggi non hanno idea di che cosa sia il pericolo.
Madre Povero bambino, povero bambino mio!
Una Donnetta Non s'è mai visto niente di simile. Che tempi! Eppure il nostro è un quartiere tranquillo.
Madre (sul corpo del figlio) Che cosa gli hanno fatto? Era così dolce, così carino.
Donnetta Si lavora tutta la vita, si va in pensione, si crede di stare in pace. Non si può più stare in pace da nessuna parte.
Padrone Questa è la vita. Si muore. (Alla madre del ferito che continua a singhiozzare). Forse guarirà.
Donnetta I giovani hanno sette vite.
Cameriera Per il momento è svenuto.
Donnetta Guardi, si muove ancora.
Padrone Effettivamente si muove ancora. Ha dei sussulti.
Cameriera Scostatevi un po', lasciatelo respirare.
Padrone Ma davvero respira?
Donnetta Le gambe, sì, hanno dei sussulti, si dimena un po'... come una rana.
Madre Un medico, chiamate un medico.
Cameriera Bisognerebbe telefonare all’’ospedale, che lo vengano a prendere.
Padrone Le ambulanze non possono circolare. Ci sono barricate dappertutto.
Cameriera Ci sono intasamenti. Il traffico è interrotto.
Donnetta (rivolgendosi alla madre) Colpa sua. Non doveva immischiarsi.
Padrone Ma chi deve immischiarsi allora?
Madre Te l' avevo detto caro, te l'avevo detto chiaramente, la rovina sono i compagni. Te l'avevo detto di non andare con loro.
Padrone Ma chi erano mai i suoi compagni?
Donnetta Delinquenti del quartiere... René e Michel.
Padrone E dove sono adesso?
Donnetta Sulle barricate, naturalmente, fanno anche questo pur di non lavorare. Padrone Anch'io quand'ero giovane stavo sulle barricate. Ma non mi sono lasciato prendere nella rete.
Madre Anche Michel e René sono morti!
Donnetta Anche loro! Fra poco non ci saranno più giovani.
Cameriera Ha voluto seguirli fino alla morte.
Donnetta Questa è fedeltà.
Madre Chiamate, telefonate, chiamate.
Padrone (alla cameriera) Chiami lo stesso l'ambulanza. Forse verranno.
Cameriera Tenterò.
Va a telefonare.
Padrone Tenteremo di fargli bere qualcosa di forte. Questo forse lo risveglierà.
Il padrone e la donnetta tentano di schiudere le labbra al ferito per dargli da bere.
Cameriera Non è possibile usare il telefono. I fili sono tagliati. In ogni modo è tutto chiuso, è festa.
Madre Loporto a casa. Aiutatemi. Non abito lontano. Aiutatemi. Lo adagerò sul suo letto, sul letto che aveva da bambino. Chiamerò il medico. Quand'era un marmocchio, gli ha salvato la vita due volte.
Cameriera è vero, non abita lontano.
Entrano due poliziotti e un uomo.
Primo Poliziotto Che succede?
Secondo Poliziotto Circolare.
Padrone Siamo a casa nostra.
Secondo Poliziotto Chiudi il becco.
Madre Lo salvi, agente. Lo trasporti all’ospedale.
Primo Poliziotto Un altro rivoltoso.
Secondo Poliziotto Sgombrare.
Primo Poliziotto Come è successo?
Padrone Non si sa. È entrato, si è accasciato. Ora è lì in un lago di sangue.
Primo Poliziotto II suo sangue.
Madre Non è colpa sua, agente. Era così dolce, così carino. Si è lasciato trascinare. Ha creduto a quel che gli dicevano.
Donnetta La colpa non è mai di nessuno.
Si dice sempre così. Quand'era ragazzino mi rubava i polli.
Primo Poliziotto Lei taccia.
Secondo Poliziotto (alla madre) Non è più possibile curarlo, non lo vede, è agonizzante, sta crepando.
Primo Poliziotto È già morto.
Madre Non dica così, povero bambino, povero bambino mio! Gli piaceva tanto andare sul cavallo a dondolo.
Primo Poliziotto (alla madre) Lei chi è?
Cameriera Ma è sua madre, non vede?
Primo Poliziotto Ho chiesto chiè, come si chiama, qual è il suo stato civile.
Secondo Poliziotto (alla madre) Documenti. (Agli altri) Documenti.
Tutti esibiscono i documenti.
Padrone Io sono il padrone.
Cameriera Io sono la cameriera.
Primo Poliziotto (al Personaggio) E lei, che sta facendo lì senza far niente?
Cameriera E’ un cliente.
Primo Poliziotto Un cliente, un cliente...
Secondo Poliziotto Che cosa faceva lì il suo cliente?
Cameriera Viene tutti i giorni a mangiare.
Primo Poliziotto (al Personaggio) Documenti?
Secondo Poliziotto Quando c'erano gli scontri, che cosa faceva?
Primo Poliziotto Era in combutta con gli agitatori?
Cameriera È inoffensivo.
Padrone è un coglione.
Primo Poliziotto Nessuno le chiede il suo parere. Si affittano camere qui?
Padrone Non tengo più camere.
Cameriera (ai poliziotti) Andate a controllare, non ci sono letti.
Madre (ai poliziotti) Portatelo all'ospedale, ve ne prego. Sta perdendo sangue.
L'Uomo Non vuole capire. Il sangue lo ha già perso tutto.
Madre Non è vero. Può ancora guarire.
Donna E’ morto, signora, è morto.
Uomo Se non è una disgrazia, un quartiere così tranquillo! Pacifici pensionati, eravamo Abbiamo sgobbato tutta la vita e adesso c'è la rivoluzione.
Donna II chiasso che fanno.
Padrone Mi hanno fracassato tutto.
Primo Poliziotto Lo porteremo all'obitorio.
Secondo Poliziotto La sbarazzeremo della seccatura.
Madre Non separatemi dal mio bambino.
Primo Poliziotto (alla madre) Lei è untipo sospetto, lei.
Cameriera E perché mai?
Secondo Poliziotto Non è lei che deve fare domande.
PRIMO Poliziotto E voi tutti, giudizio, se no vi sbatto dentro.
Padrone (ai poliziotti) Non volete bere un bicchiere prima di andarvene?
Cameriera Dal momento che hanno fracassato tutto, non c'è più niente. 1
PRIMO Poliziotto Ci prendete in giro?
Padrone Ecco, c'è ancora una bottiglia di Suze.
PRIMO Poliziotto Come vede, quando c'è la buona volontà...
Il padrone serve da bere ai due poliziotti che bevono d'un fiato. Per far questo vanno al banco.
Madre Occupatevi del mio bambino.
Secondo Poliziotto Quanto rompe, quella. Ci occuperemo anche di lei. Non si agiti.
Donna Si agita invece, è normale.
Il primo e il secondo poliziotto prendono il moribondo e lo trasportano fuori.
Secondo Poliziotto (alla madre) E lei, ci segua.
Madre Non separatemi dal mio bambino.
Primo Poliziotto (al padrone e all'uomo) Voi, acciuffate quella donna e schiaffatela nella camionetta.
Il padrone e l'uomo afferrano la madre e la fanno uscire a forza. Questa si mette a urlare. Anche il ferito, trasportato dai poliziotti, è uscito.
Donna Tenterò di tornare a casa.
Cameriera Stia attenta. Sulla strada sparano ancora.
Donnetta Devo dar da mangiare al gatto.
Uomo L'accompagno signora. Anch'io devo dar da mangiare al mio gatto.
Escono entrambi.
Fuori crescono i rumori e i colpi di mitra.
Padrone Li hanno uccisi sulla soglia.
Poco prima si erano udite le grida della donna e dell'uomo, appena usciti.
Cameriera (dopo un'esplosione più forte delle altre) L'ambulanza è saltata in aria. Anche la camionetta coi poliziotti è saltata.
Padrone Glielo avevo detto di rimanere. (Fischio di pallottole che entrano dalle finestre. I vetri vanno in frantumi. Una bottiglia cade e si spezza). Fanno fuori le mie ultime bottiglie.
Cameriera Ora è come se stessimo fuori. Guardi, marciano a passo cadenzato e cantano.
(Si sentono i rivoltosi cantare). Oh, guarda (rivolgendosi al Personaggio), una pallottola ha forato il suo cappello sull'attaccapanni.
Padrone Chiuda la saracinesca. Più in fretta, per Dio!
Il padrone e la cameriera abbassano la saracinesca. Il Personaggio fa l'atto di volerli
aiutare.
Cameriera (al Personaggio) Non si disturbi. Beva il suo cognac. (Il Personaggio torna a sedersi per bere. Nel frattempo la cameriera e il padrone finiscono di abbassare la saracinesca). Uff! È fatta!
Padrone Ora siamo in casa nostra. Si rompano pure l'osso del collo, quegli schifosi! Mi hanno fatto fuori tutte le bottiglie!
Personaggio Cognac non ce n'è più?
Padrone Vado a cercarlo. Ce n'è un po' in cantina. L'ho messo da parte dopo L'altra rivoluzione.
Personaggio Quale? Quella del '40?
Padrone Quella del '32.è ancora meglio, è più vecchio. Vado. (Alla cameriera) C'è un po’ di pane e del prosciutto dietro il banco.
Scompare.
Cameriera (al Personaggio) Le fa ancora , male? Non è niente. Vediamo un po' la ferita. Un bel pugno. L'occhio è risparmiato. Solo intorno, un po'. Le sistemo la benda. Ha voluto difendermi. È stato molto gentile.
Personaggio Non so.
Cameriera Non sarà che lei è un po' matto? Pure? È quel che mi piace di più in lei. Lei deve essere molto infelice. (Il Personaggio alza le spalle). Ma non è nemmeno felice. (Il Personaggio grugnisce e alza le spalle). Né felice né infelice. È ancora peggio che essere infelici. Lei crede che io parli così, tanto per dire? Lei mi è molto simpatico. (Il Personaggio alza le spalle). Crede che non si possa avere simpatia per uno come lei? Si sbaglia. (Un attimo di silenzio). È inutile chiedersi perché, sono cose che non si spiegano. Lei mi pare sconvolto. Le porterò del prosciutto e del pane. Ne vuole? (Il Personaggio indica il bicchiere). Ancora del cognac? È troppo. Beh, glielo porto ma è l'ultimo. (Va a cercare il cognac e glielo porta. Il Personaggio lo tracanna. Si sente, dalla cantina, la voce del padrone che canta). Ohi anche lui adesso. Un altro che non si tira indietro nel bere. (Al Personaggio) Vorrei davvero fare qualcosa per lei. Ho conosciuto una persona che le assomigliava. Non era malato, non aveva niente. Aveva tutto quel che poteva desiderare. Pensi un po', si è tolto la vita. E lei, lei non ha voglia di togliersi la vita? (Il Personaggio alza le spalle). C'è qualcuno che le ha voluto bene?
Personaggio Mia madre.
Cameriera Sì, ma poi? Capisce quel che voglio dire? In questo momento sono libera, disponibile. Se lei volesse... Ma bisogna volerlo, bisogna desiderarlo. Le insegnerò a vivere giorno dopo giorno, le insegnerò ad essere felice. E non faccia quegli occhi. Non sto dicendo delle sciocchezze. Non posso vivere senza un uomo. Non si può vivere senza un uomo. La prenderò per mano e la porterò con me. Mi lasci fare, mi segua soltanto. (Si sente sempre la voce arrochita del padrone che viene dalla cantina e qualche crepitio di mitra proveniente dall'esterno). Lei mi fa tenerezza, non so perché. Mi piace in lei questo aspetto. Lei non è come gli altri. Non dice niente? Non le importa nulla di quel che dico? Le ripeto che sono disponibile. Si vede bene che lei non ha nessuno. Il nostro sarà un sentiero senza rovi, il cammino sarà agevole. Ho le mani un po' sciupate, con qualche ruga, è inevitabile, lavoro e lavo i piatti, ma il mio corpo ha la pelle liscia. I miei occhi sono belli, guardi, sono ancora giovane, anche lei è giovane. Io le insegnerò, le insegnerò tutto. Lei è partito male, ha preso una cattiva strada. Con me prenderà quella buona. (Gli accarezza la mano, che lui ritrae) Com’è, scontroso, lei. Ha voluto difendermi, non lo dimenticherò. Non so quel che mi prende, con lei non mi comporto come con gli altri. Con lei io mi sento diversa. Ha mai amato qualcuno, lei, oltre a sua madre? È stato amato da qualcuno? No, da nessuno. E per quale motivo, perché è malato, perché non sa spiegarsi, perché non ha fiducia? Gliela darò io la fiducia. Quelli si uccidono, Si scannano fra di loro, sono invidiosi gli uni degli altri e si sfruttano l'un l'altro. Noi possiamo essere d'esempio per tutti loro. Ci deve pur essere un inizio, un piccolo inizio d'amore e di felicità, un piccolo inizio di fiducia e d'amore. Loro ci guarderanno, si stupiranno e poi ci seguiranno. Per viali lunghissimi, viali a perdita d'occhio, sotto rosai senza spine.
Si sente sempre la voce arrochita del padrone e, provenienti dall'esterno, insulti: «schifoso», «verme», «abbasso», «al muro», «non ci sfuggiranno!», «facciamoli fuori!» «nessuna pietà per quei maiali!» ecc. Arriva il padrone ubriaco.
Padrone (alla cameriera) è ancora qui il tuo cliente?
Cameriera Non poteva uscire dal momento che avevamo chiuso.
Padrone (alla cameriera) Non alzare la saracinesca. Lasciala com'è. Che succede fuori?
(Si dirige verso la saracinesca semichiusa, si mette carponi, guarda nella strada) Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto. Ci sono soltanto otto morti.
Cameriera Forse sono feriti o moribondi.
Padrone Due sono poliziotti. Benissimo. Non dovevano immischiarsi.
Cameriera Immischiarsi è il loro mestiere.
PADRONE Dovevano fare un altro mestiere. Quando la gente si vuole scannare, è un delitto cercare di impedirlo. Intanto mi hanno distrutto il negozio, anche questo è i delitto.
Cameriera (al Personaggio) Vieni, ora si può passare, i feriti e i moribondi non sono pericolosi. Ci sono chiazze di sangue sulla strada, non ti preoccupare, non ti sporcherai le scarpe, ti guiderò io. Dove c'è il sangue, spunteranno i fiori.
Padrone Se i clienti si uccidono fra di loro, che ne sarà delle mie scorte?
Cameriera (al Personaggio) Vieni ! (Gli si avvicina e lo abbraccia) Su, portami da te. So da che parte dobbiamo andare. Su, su, vieni! (Lo prende per mano) Vieni, amor mio, vieni, mio caro.
Padrone (alla cameriera) Non le ho dato il Annesso di andarsene. Deve mettere ordine qui dentro.
Cameriera (al Personaggio) Devi abbassarti, per passare sotto la saracinesca.
Personaggio obbedisce, la cameriera il Personaggio si avvicinano carponi all'apertura della saracinesca, il Personaggio si alza.
Personaggio (al padrone) Non ho pagato il conto.
Cameriera Abbassati e vieni. Spicciati. (Il Personaggio si rimette carponi. La cameriera prima di uscire) Non si preoccupi per i guasti, padrone, tornerò a far pulizia.
(Al Personaggio) Andiamo!
Il Personaggio e la cameriera escono.
Padrone Avevo dei clienti e me li hanno massacrati. Se la godono, ora, sbudellati, con la pancia all'aria sulla carreggiata. Avevo un abbonato, me lo ha preso lei. Ma che cosa le è venuto in mente, a quella? (Abbassa la saracinesca) È strano, non hanno tolto la luce. (Si guarda attorno, vetri infranti, sedie rovesciate). Per fortuna ho una polizza di assicurazione. Prevede tutto, l'incendio, l'inondazione, la guerra e le rivoluzioni. (Incomincia a fare un po'di ordine, rialzale sedie, per esempio, ecc. Di nuovo, baccano all'esterno). Toh, si ricomincia. Forse riescono ad arrivare. Chissà.
SCENA TREDICESIMA
La Portinaia, Un Giovanecol fucile a tracolla, La Signora del cagnolino.
Il Giovane Ecco la mia chiave.
La Portinaia Bene, la tengo io. Dove va con quel fucile? A fare la rivoluzione?
Credevo che fosse finita.
il giovane Non si preoccupi, ricomincerà; e proprio qui, sotto le sue finestre.
Entra la signora del cagnolino.
la signora Ecco la mia chiave. Vado a fare la rivoluzione.
PORTINAIA Suo marito è già stato ucciso.
Signora Proprio per questo, lo devo sostituire.
Portinaia Bene, ma mi lasci fare le pulizie. Il nuovo inquilino deve tornare.
signora Dov'è la domestica che lei aveva preso, la ragazza muta?
PORTINAIA È stata uccisa. Ì
giovane Come si vede, tutti fanno la rivoluzione.
Portinaia Lei non faceva la rivoluzione. Era andata a fare la spesa. Le hanno detto di fermarsi per esibire i documenti, ma non si sa se fossero i rivoltosi o i poliziotti. Lei non ha risposto all'intimazione. Allora hanno sparato.
Signora Bisogna andare ugualmente a fare la rivoluzione.
Portinaia Io ho troppo da fare. Devo occuparmi della casa.
Giovane Torneremo quando avremo fracassato tutto.
Portinaia Voi fate la rivoluzione perché non c'è più metafisica. Non ve ne rendete conto, ma è la condizione esistenziale che è cattiva, la condizione sociale ed economica è abbastanza sopportabile. È cattiva, non dico di no. Tuttavia, abbiamo potuto constatare e non da oggi che tutte le società sono cattive. Non esistono buone società. La tirannia, la dittatura, il liberalismo, il capitalismo, sono tutte cattive cose. Nessuna economia, liberale o sociale che sia, può soddisfare i bisogni economici dell'umanità. Lo si è visto, lo si vede. Leggete i giornali. Vogliono nascondervi la verità ma la verità traspare ugualmente, malgrado tutto.
Ci sono soltanto genocidi e massacri da un capo all'altro del mondo.
GIOVANE Non si occupi di queste cose, lei non ci capisce niente.
PORTINAIA (sempre scopando) Lei mi dice questo perché io faccio la portinaia! Quindi lei non è democratico affatto.
Giovane Io non sono per la democrazia, sono per il popolo.
Portinaia II popolo sono io.
SIGNORA Lei non è il popolo liberato, lei è il popolo servile.
GIOVANE Lei è pagata dai padroni.
PORTINAIA Qui non ci sono padroni. Ci sono dei pensionati.
SIGNORA Hanno una mentalità da padroncini
GIOVANE (alla signora) Vieni con me, bellissima? Faremo insieme la rivoluzione e l'amore.
SIGNORA Oh, sì! Dopo la rivoluzione o prima?
GIOVANE Durante. In continuazione. La soluzione è l'esplodere dei nostri desideri.
Signora Che bellezza!
Giovane Di tutti i desideri.
Signora (al giovane) Io ti desidero.
Giovane Andiamo, cara. Non sei affatto carina ma la rivoluzione ti fa bella. Viva la morte! (Alla portinaia) Addio, signora portinaia. Io la disprezzo.
Signora Io la compiango. Lei è una schiava.
Portinaia E le sue riunioni mondane? I suoi tè e i suoi cocktails? Che ne sarà di queste cose? Le abbandona?
Signora Penso di tornare tutti i giorni, dalle cinque alle sette, fra uno scontro e l'altro.
Giovane Nella misura del possibile. (Alla signora) Preferisco sdraiarmi con te sull'erba o sull'asfalto, riparati dalle barricate, fra le cinque e le sette.
Portinaia (sempre scopando) Non sapete quel che volete. Esitate fra la voglia di vivere e la voglia di morire. Eros e Tanatos. Il piede in due scarpe.
Giovane (alla signora) Andiamo, bella. Sbrighiamoci. Quella non sa quel che dice.
PORTINAIA E voi non sapete quel che fate. State preparando l'apocalisse.
GIOVANE Discorsi del cazzo.
PORTINAIA Due pericoli reali minacciano l'umanità: la sovrappopolazione e il degrado dell'ambiente.
SIGNORA Lei sta dicendo delle banalità.
PORTINAIA Come voi. Soltanto le mie banalità sono vere, le vostre sono false.
GIOVANE Merda!
Portinaia Voi uccidete e nello stesso tempo fate dei figli. Che contraddizione aberrante!
SIGNORA Merda!
PORTINAIA Siete maleducati tutti e due.
GIOVANE L'educazione è borghese.
SIGNORA L'educazione è borghese.
PORTINAIALa borghesia è lei. Sono i borghesi che fanno la rivoluzione.
SIGNORA Io non sono più borghese. Prima di tutto, io sono vedova. Mio marito è morto sulle barricate. E ho un amante proletario.
GIOVANE {alla signora) Hai sentito? I mitra non si sentono quasi più. Non bisogna lasciare che la cosa si esaurisca. Andiamo a dar man forte.
La signora e il giovane se ne vanno, abbracciati.
Portinaia Contate piuttosto sulla tecnica. Ma voi ve ne fottete della tecnica. Vi dispiacerebbe che tutto finisse. No, voi non volete che finisca.
Voce Del Giovane (che sbatte la porta) Sarebbe una rottura di palle. Che cosa faremmo, se non ci fosse la rivolta?
Portinaia (sempre scopando) Non la vogliono, la tecnica. E non vogliono la ragione. (Rumori di armi da fuoco, all'esterno). Chissà se potrà tornare l'inquilino. La situazione si sta di nuovo guastando. Ora sono sulla strada qui davanti. Prima erano sul viale. Bisognerà chiudere ogni apertura. I materassi, dove sono i materassi? Dovesse arrivare, che almeno possa stare tranquillo. (Appoggia i materassi contro le finestre. Si rivolge al pubblico, quindi idealmente, alla strada). L'era delle rivoluzioni è terminata. Tutti i regimi sono cattivi, ma tutti i regimi sono già insediati. La si fa ancora, la rivoluzione, ma non serve più a nulla. Ora la parola passa alla tecnica e all'industrializzazione. Ma in tal caso non c'è più passionalità. Che cosa farebbero, quelli, in mancanza passionalità? Si annoierebbero, dicono. Due secoli di rivoluzioni per ottenere la tirannia la dittatura. Hanno mai portato ad altro le rivoluzioni? Anche la tecnica non è cosa buona. Ricopre il nostro pianeta rifiuti. Fa del nostro pianeta un rifiuto. Fra cinquant’anni ci saranno trenta miliardi di abitanti. È qui il problema. Il vero problema. Si può tornare indietro? No, non si può. Stiamo scivolando nell'abisso, non ci possiamo fermare. Questo è lo sbaglio che fatto il Creatore (Ha ripreso la scopa, parla gesticolando con la scopa in mano) È la condizione esistenziale che genera la cattiva società, la cattiva economia, la cattiva politica. Ogni tanto, per fortuna, interviene la polizia e la repressione. Senza la polizia e la repressione ci si scannerebbe in maniera ancora più abominevole. Nei nostri paesi, anche la repressione è rinunciataria, anche la polizia si rivolta. I suoi desideri la fanno scoppiare. Io sono per la libertà. Mi chiedo se sono ancora per la libertà individuale. Gli uomini sono pazzi. Bisogna pure tenerli a freno. Nei paesi totalitari, almeno, c'è l'ordine. Nella tetraggine, ma c'è l'ordine. Nessuno più si muove. (Spazza il pavimento con una certa indignazione) E poi io me ne frego. Per me il mondo può saltare in aria. Può schiantare! Può entrare in ebollizione! Può scoppiare! Può prender fuoco! L'avventura dell'uomo è durata abbastanza. Che tutto finisca e non se ne parli più. Il Creatore ha fatto un buco nell'acqua.
Continua a scopare.
SCENA QUATTORDICESIMA
La Portinaia, Il Personaggio, La Cameriera
Entrano il Personaggio e la cameriera.
Portinaia Ah! eccolo qua! (Scorgendo la cameriera) Buongiorno, signora.
Cameriera Io sono l'amica del suo inquilino. Forse addirittura la sua fidanzata.
Abiterò con lui.
Portinaia Congratulazioni, signore. Ha fatto molto bene. È una brutta cosa vivere soli. È ancora peggio che vivere in due o in parecchi. Non pensavo più che lei riuscisse a tornare. Che putiferio sulla strada!
Cameriera Ma chi sono i contendenti?
Portinaia Loro stessi. Voglio dire quelli dello stesso partito. Sulla barricata che sta in fondo alla strada c'è una bandiera verde con un quadrato rosso in mezzo. All'altro capo della strada, c'è la stessa bandiera. Ma qui siete al sicuro tutti e due. Ho chiuso ogni fessura. Si sentono appena i rumori di fuori. Ho messo cuscini, materassi, sacchi pieni di sabbia. Ho provviste in cantina. Il tempo necessario perché la faccenda si quieti. Arrivederci signore, arrivederci signorina
Cameriera E’ bello qui da lei. Voglio dire qui da te. Ci diamo del tu, no? Sembra di essere in vacanza. Non è proprio la spiaggia, ma si sta bene lo stesso. Sai come mi chiamo? No, non lo sai. Mi chiamo Agnese. Che fatica abbiamo fatto per arrivare fin qui. Hanno sparato sul fazzoletto bianco che agitavi. Ha un buco in mezzo, ora. Ma tu sei illeso. C'è un altro buco nel tuo cappello, siamo a quota due. Baciami. Ti ricordi il mio nome? Agnese. Distenditi sulla poltrona. Mi metterò al tuo fianco, ai tuoi piedi. (Il Personaggio si siede poi si alza). Dove vai? Perché ti avvicini alla finestra? Non aprirla. Ma non aprirla, ti dico. Perché la vuoi aprire? Dove vai adesso? (Il Personaggio si dirige verso l’angolo a sinistra dove si trova un fucile, lo stesso che il giovane della scena precedente ha dimenticato andandosene). Lascia stare quel fucile, non sei capace di usarlo. (Il Personaggio esamina attentamente il fucile. Inavvertitamente, tira il grilletto. Parte un colpo). Stai attento potevi uccidermi. (Il Personaggio sembra spaventato dallo sparo). Per fortuna hai colpito il materasso. Ci fosse stata una testa al posto del materasso che cosa sarebbe successo? (Il Personaggio continua a deambulare nella stanza, col fucile a tracolla). Vuoi combattere? Con chi? (Il Personaggio alza le spalle). Non lo sai. Contro chi? (Il Personaggio alza le spalle). Non lo sai. Non hai paura? (Il Personaggio dice di no con la testa). Sei coraggioso?
(Il Personaggio dice di no con la testa). Né paura, né coraggio.
(Il Personaggio si dirige verso la porta). Rimani qui, ascolta.
(Il Personaggio si ferma). Rimetti il fucile al suo posto. (Il Personaggio è in piedi, immobile, al centro del palcoscenico. Si sente qualche debole crepitio di armi che viene da fuori). Hai sentito? Rispondono al tuo richiamo. No, non è l'eco. Una fucilata è come l'abbaiare di un cane. Un cane abbaia e cento gli rispondono. Dammi invece un bicchiere di aranciata. Il cammino che abbiamo fatto in mezzo agli spari mi ha messo sete. Ho caldo. Si sta bene qui.
Si sdraia sul divano, si stira.
Personaggio Qualcosa.
Cameriera Come qualcosa?
Personaggio Penso che devo fare qualcosa.
Cameriera Perché? Per chi?
Personaggio (alzando le spalle) Ah... questo... Difficile.
Cameriera Mettiti in poltrona. Su, ascolta.
Il Personaggio si siede in poltrona. Pausa.
Personaggio Però, lei sa... no, tu sai...
Cameriera Bisogna fare qualcosa. Ho capito. Conosco la musica. Perché? Te lo ripeto, perché? (Il Personaggio alza le spalle). Hai delle ambizioni? Hai rivendicazioni da porre? Hai dei bisogni insoddisfatti, come gli altri? Detesti qualcosa in particolare, o in generale, così, in maniera imprecisa? Ami qualcuno? Non ami nessuno, non è così? Tu ami soltanto me. (Il Personaggio dice di sì con la testa). È vero? Dillo ancora, amore mio. (Il Personaggio dice di sì con la testa). Sono felice. Come vedi, sai benissimo quel che vuoi. (Il Personaggio dice di sì con la testa). Come vedi, puoi par lare quando ti pare. (Il Personaggio dice di sì con la testa). È incredibile come cambia la gente. Erano gli stessi clienti e non erano più gli stessi.
Agnese * Senti? Sparano ancora. Sparano sempre. Sono già tre mesi che vanno avanti. Faremo un bel viaggio in una bella nave bianca, fra mare e cielo. Lunghe giornate sulla nave, sul ponte della nave, al sole.
Ci faremo una bella abbronzatura. La nave bianca, il cielo blu, il mare blu, e poi begli ufficiali, bei capitani in divisa bianca nei mari del Sud. Quando ci avvicineremo alla costa, vedremo barche bianche con uomini neri, pescatori e poi gabbiani e vedremo la terra, la terra novella. (Si sente il rumore dei mitra). Ci offriranno fiori a piene braccia, non avremo braccia abbastanza e ghirlande di fiori in testa.
(Il Personaggio resta piuttosto impassibile).
* Così d'ora in poi sarà indicata la cameriera.
Fiori rossi, gialli e fiori azzurri. Laggiù, si vive in case grandi come palazzi. Ci si diverte, si ride, si balla, si canta. (Tutto questo, l'intera tirata, in un sottofondo di rumori e schiamazzi). Ci si ama per tutto il giorno. Ci si ama per tutta la notte. Di notte ci sono stelle enormi, sembrano a portata di mano, ti sembra di toccarle. Ad ogni angolo di strada, in tutte le piazze, ci sono scale sospese nel cielo, sulle quali puoi salire, scale d'argento. Non le usano perché gli abitanti stanno bene dove sono, nel loro paese, sulla terra. Non è la stessa terra che abitiamo noi. È una terra dolce, come un grosso tappeto. Ti accolgono, ti circondano. In quel paese gli stranieri sono amati e si può lasciare la città dalla porta opposta dopo averla attraversata, il continente è vasto. Ci sono centinaia, migliaia di altre città, città fiorenti, città in boccio, una più bella dell'altra, una più armoniosa dell'altra. Ci sono anche diversi laghi in quel continente, l'acqua è limpida e trasparente e le montagne che le circondano sono immacolate. E più si entra in questo continente e più vi si penetra e più diventa bello, imprevedibile, luminoso, dolce, fiorito. Incontri dei leoni lungo la strada ma sono miti come gli agnelli che essi guidano, li accompagnano nei prati pieni di margheritine che non appassiscono mai. Ma sì, son cose verissime dal momento che mi vengono in mente. Mi devi credere. La pace, la luce, il silenzio e la musica se vuoi. La gente è felice, e lo sai perché, perché ha il cuore pieno d'amore. Tutti si amano e poiché si amano non invecchiano. È difficile arrivare in quel paese. Ci si arriva per caso, per fortuna, grazie ad un errore di navigazione. Come commettere questo errore di navigazione? I comandanti delle navi conoscono troppo bene il loro mestiere, per fortuna ci sono giovani capitani che lo conoscono meno e che hanno la possibilità di perdersi. Ci sono anche vecchi capitani, un po' rimbecilliti, un po' ubriaconi, che lo hanno dimenticato un po'. Per fortuna. Le navi che gettano l'ancora in quei porti non ripartono più. E se si torna, è solo per pietà verso gli altri, verso coloro che vivono nei nostri paesi e non conoscono l'itinerario miracoloso. Si torna per riferire, si torna per spiegare, si torna per condurli laggiù. E quando succede, quando si vuole condurli laggiù, quasi sempre non si ritrova più la rotta. E poi è troppo tardi, non se ne ha più la forza perché se laggiù si rimane giovani, tornando, lungo la strada, si invecchia. Laggiù de vi dimenticare tutto, non devi avere rimpianti. Se si torna, viene a mancare la forza, o ci si è dimenticati di ogni cosa, oppure non sai più se è vero, se non era tutto un sogno.
Personaggio Di che colore sono gli occhi di quelli che stanno là?
Agnese Del colore della luce. Senti? Fuori continuano a far chiasso coi loro fucili. Li senti soltanto se tendi l'orecchio.
Entra la portinaia.
Portinaia è l'ora del pranzo. Vi porto dei piatti caldi.
Posa le portate sul tavolo e se ne va.
Agnese Come passa il tempo. È un mese che siamo qui. Sei felice con me?
Silenzio del Personaggio.
Personaggio Non sento più le fucilate. Credi che sia tutto finito?
Agnese Che cosa t'importa? Ma no, non è affatto anormale vivere come facciamo noi. Uscirai più tardi quando sarai più forte. Usciremo insieme. Tu vivrai come tutti, noi vivremo come tutti, una vita normale.
Personaggio Normale
Agnese Ma sì, una vita normale. Imparerai che cos'è una vita normale.
Personaggio Una vita normale?
Agnese Mi stai seccando. Lo vedrai.
Personaggio Vorrei sapere quel che succede fuori.
Agnese Non ti muovere. Aspetta ancora. Non ti muovere ti dico.
Il Personaggio non obbedisce. Prende il fucile.
Personaggio (ad Agnese) Non voglio sparare. Voglio uscire con una bandiera bianca.
Agnese Crederanno che li vuoi minacciare. Prendi piuttosto il manico della scopa. Ah! ti devo spiegare tutto, devo fare tutto al posto tuo. Non so perché mi sono messa con te. Non so perché ti amo. O forse non ti amo. Forse mi fai soltanto pena. Forse è soltanto curiosità. (Nel frattempo, Agnese ha messo una pezzuola bianca attorno a un manico di scopa, che ha passato al Personaggio. Questi prende il manico di scopa e scostando un po' il materasso si appresta a farlo sporgere fuori. Il Personaggio spinge il manico di scopa attraverso la fessura, si sente un colpo secco. Ritrae il manico di scopa. La tela è piena di sangue). Stai attento! Vedi, te l'avevo detto. Non vuoi darmi retta! Abbi pazienza! Ci tieni tanto a uscire, a vedere la guerra? È molto difficile capire le tue ragioni.
Personaggio Come può essere che ci sia del sangue sulla pezza?
Agnese Perché la pallottola, prima di fare il buco lì dentro, ha ucciso altre persone. È servita diverse volte. Questo è sangue degli altri. (Prende la scopa con la pezza, toglie la pezza, rimette la scopa in un angolo accanto al fucile, guarda la pezza bianca) Un bel buco! Un grosso buco, con un'aureola di sangue. Color di fuoco. Gli farò un rammendo, gli darò una lavata.
Arriva la portinaia con altre portate.
Portinaia No, signora. È uno squarcio che non si può rammendare, e il sangue non viene via. Tenga la pezza per ricordo. Toh, non avete mangiato la roba che vi ho portato? Non avete appetito. Non fate abbastanza moto. Io salgo e scendo le scale, vado a prendere le provviste in cantina. Io mi muovo. Voi davvero non fate abbastanza moto. (Prende il primo piatto e lascia quello che ha portato con sé) Buon appetito!
Esce.
Agnese Su, cammina un po', ti farà bene! Su, muoviti! Ti sei di nuovo steso sul divano. Alzati! (Lo prende per mano, lo costringe ad alzarsi) Cammina!
(Il Personaggio cammina a fatica). Più svelto! (Cammina un po'più in fretta). Più svelto ancora. Forza! Di trotto! Dammi la mano. (Vanno di corsa da un'estremità all'altra della stanza, si fermano, affannati). Passeggiamo. Lo vedi? Siamo in un viale pieno di rosai. Ci sono delle rose sopra le nostre teste. C'è l'erba sotto i nostri piedi. Che bel praticello! Laggiù, vedi, c'è la casetta bianca. Cammina ancora un po'. C'è un'aria deliziosa. Senti il mormorio dell'acqua? Senti gli uccellini? Ora c'è silenzio. Ora ci sono le stelle e la luna. Che magnifica notte! Respira profondamente l'aria della campagna.
(Il Personaggio si ferma per qualche istante. Tende l'orecchio). No, non sono più i mitra, non sono più le bombe. È il tuono in lontananza Hai respirato bene? Hai fame ora? Sediamoci e facciamo colazione.
Si siedono entrambi.
Personaggio Un cognac!
Agnese Niente cognac.
Personaggio Un cognac!
Agnese Ti fa male. Non è possibile curarti. Hanno ucciso i medici affinché non possano curare gli avversari.
Personaggio Voglio il cognac! Pensi che il bistrot si riaprirà presto?
Agnese Oh! Te lo porto io il cognac. Dal momento che io non ti basto. (Gli porta una bottiglia di cognac, gliene versa un bicchiere. Lui beve d'un fiato. Il Personaggio rimane seduto, in silenzio). Su, raccontami qualcosa.
Il Personaggio rimane silenzioso. Lei si alza, sparecchia la tavola, va verso il fondo a portare delle stoviglie; entra la portinaia che le prende.
Portinaia Buongiorno, signori. Esce.
Agnese Non hai niente da dirmi? (Silenzio) Una volta parlavi, non molto. Dicevi una parola ogni tanto. (Il Personaggio senza dire una parola va a mettersi sul divano mentre Agnese lo guarda) Non mi vuoi dare un bacio? Tienimi fra le braccia, caro.
Il Personaggio si alza, va verso Agnese, le dà un bacio sulla fronte. Lei vuole abbracciarlo. Lui si libera e va a sprofondarsi in poltrona.
Personaggio È da un pezzo che non vediamo più i giornali.
Agnese Domani dirò alla portinaia di prenderli. Ce ne saranno di nuovi ora. Con nuovi titoli, con avvenimenti sensazionali. Il mondo si trasforma, si muove, cambia. Certo non è più lo stesso. Non può essere quello di prima.
PERSONAGGIO (dopo un silenzio) Credi In che ci sia la guerra civile nella periferia nord o in centro? Laggiù la situazione dovrebbe essere tranquilla. Agnese Forse. Non lo so.
Si siede anche lei, dopo aver tentato di abbracciarlo. Lui si libera, va a cercare la bottiglia, si rimette in poltrona con la bottiglia.
Personaggio Era bello, una volta.
Agnese Che cosa c'era di tanto bello una volta?
Personaggio II lavoro, io lavoravo con Jean Dupont, no Jacques Dupont. Sì, sì, si chiamava Jacques Dupont. Mi stancavo molto.
Agnese Era meglio quando ti stancavi? (Il Personaggio dice di sì con la testa). Ora non fai più niente e ti stanchi lo stesso.
Personaggio Si, ma allora c'erano le domeniche.
Agnese Che cosa facevi di domenica?
Personaggio Me ne stavo seduto al tavolino all'aperto di un caffè, bevevo birra e guardavo le coppie che passavano. E poi i marciapiedi brillavano sotto la luce dei lampioni. C'erano delle pozzanghere. Accanto al caffè c'era un cinema. Andavo a vedere il film.
Agnese Quale film?
Personaggio Un film, con una coppia che si amava e si prendeva a coltellate. Non mi ricordo più bene. Mi svegliava la maschera. Tornavo a casa, in albergo. Il letto era sfatto. E poi c'erano tante altre cose straordinarie.
Agnese Quando accadeva tutto questo?
Personaggio Dunque... non so.
Agnese Ieri?
Personaggio Sì, ieri.
Agnese Ieri stavi qui con me!
Personaggio Ah sì. Allora non è stato ieri.
Agnese II mese scorso?
Personaggio Ah sì, il mese scorso.
Agnese Anche il mese scorso stavi qui con me. Il mese scorso hai messo fuori dalla finestra la bandiera bianca, che è stata perforata e macchiata di sangue. Guardala, è ancora lì nell'angolo.
Personaggio Allora non è stato il mese scorso.
Agnese E non è stato nemmeno tre mesi fa, tre mesi fa io sono venuta qui assieme a te. Siamo usciti dal bistrot dopo gli scontri. Siamo venuti qui tra le sventagliate dei mitra. Ti hanno perforato il cappello, lo sai benissimo.
Personaggio Allora è stato un altro giorno no, un'altra sera, un'altra pioggia. C'erano delle strade. E una volta, te lo assicuro, una volta ho sentito delle campane, sono andato nella loro direzione e c'era una grande cattedrale e una gran folla, una gran folla. E un giorno, un altro giorno, c'era un lungo stradone bianco.
Agnese Dappertutto ci sono chiese, dappertutto c'è folla. Dappertutto ci sono tafferugli, dappertutto funerali. Dappertutto ci sono croci bianche e dappertutto c'è amore. C'è amore, qui. Hai l'amore accanto a te. Insomma, non ti voglio forse bene? Ti amo o ti voglio bene, non lo so esattamente ma questo è amore.
Personaggio C'era Lucienne.
Agnese Chi è questa Lucienne?
Personaggio E’Lucienne.
Agnese La tua donna?
Personaggio Sì.
Agnese Lucienne ero io. Non era possibile che tu avessi una donna, con la testa che hai. Nevrastenico come sei, con la noia che spargi. Non era essere possibile che tu avessi una donna diversa da me! Nessuna donna poteva tanto pazza.
Personaggio Sì. Era una donna alta.
Agnese E poi ancora?
Personaggio Aveva degli occhi...degli occhi azzurri o verdi, o delle due tinte messe insieme. Non come i tuoi. Era un altro tipo di donna. Era bionda, no era bruna. Forse era rossa.
Agnese Questa donna non è mai esistita.
Personaggio Sì, sì, visto che passava la notte con me.
Agnese Ma che cosa ci vedeva in te? Doveva essere matta.
Personaggio Era matta.
Agnese Iosono matta.
Personaggio Tusei matta.
Agnese Iosono matta? Sei tu il matto. Tu sei matto, sei matto, sei matto!
Personaggio Io aspetto.
Agnese Che cosa? Che cosa aspetti? Hai tutto a portata di mano. Io sono qui e tu non mi tocchi, hai paura. Si direbbe che hai paura. Ah, se tu volessi, ah! Se tu osassi! Che cosa aspetti?
Personaggio Aspetto una schiarita. Forse questa agitazione finirà per distruggere ogni cosa. Non ci saranno più pareti. Forse, forse.
Agnese Nel frattempo ti chiudi dentro e mi chiudi con te. E siamo in clausura, e metti dei materassi alle finestre, e aggiungi imposte alle imposte, e aggiungi pareti alle pareti che ci sono già. Capisci quel che voglio dire? Oh! Tu mi fai pena. Non so che mania mi ha preso di stare con te. Su, è tardi, su vieni lo stesso, mia povera testolina, andiamo a dormire.
Personaggio Sì, andiamo a dormire. (Ad Agnese che si dirigeva verso l'interruttore per spegnere la luce). No, non spegnere!
Agnese Non ne posso più di questa luce sempre accesa dopo tanti mesi che sto con te. Non si sa mai se è giorno o notte, se c'è il sole o se ci sono le stelle. Ah! Ci sono paradisi, ti giuro che ci sono paradisi. (Si siede accanto a lui sul divano, dopo aver preso una coperta) Ti voglio abbracciare lo stesso. (Silenzio del Personaggio. Agnese lo abbraccia. Lui non risponde all'abbraccio. Lei lo cinge di nuovo.
Nessuna reazione da parte del Personaggio. Agnese sospirando). Com'era questa Lucienne?
Si addormenta. Qualche istante di silenzio e di immobilità. Si sentono crepitii leggeri provenienti da fuori che cominciano a mescolarsi con altri tipi di rumore: martelli pneumatici, ma non troppo rumorosi, canti, ecc.
Il Personaggio si alza lentamente, si muove nella stanza. Guarda le pareti, i mobili come se li vedesse per la prima volta, scosta leggermente una delle difese poste contro la finestra riavvicinandole in fretta. Fa un'altra volta il giro della stanza, poi si avvicina ad Agnese che dorme, la scopre, solleva la coperta, la guarda attentamente così seminuda, guarda le gambe, le cosce, la tocca leggerissimamente per non svegliarla e da stupito che era improvvisamente prova un gran sgomento.
Personaggio Quale piaga, quale ferita aperta c'è in te. Povera creatura.(È preso dal panico, si muove ancora più rapidamente da un capo all'altro del palcoscenico. Il suo viso esprime ad un tempo la meraviglia, il terrore, lo sgomento. Beve il cognac dalla bottiglia).
Ora chiudiamoci dentro, leghiamo tutto con corde ben tese, e turiamo ogni pertugio, ogni pertugio.
Un'altra sorsata, e poi un'altra ancora. Si accascia in mezzo al palcoscenico rovesciando una sedia. Si addormenta. Per un buon tratto non accade nulla mentre il Personaggio e Agnese continuano a dormire.
SCENA QUINDICESIMA
Arriva la portinaia. Lentamente, mentre arriva la portinaia e senza essere svegliati da lei, Agnese e il Personaggio si alzano.
Portinaia Ecco la colazione.
Agnese E’ mai esistita la tua Lucienne? Che cos'hai da fissarmi in questo modo? Perché mi guardi così? Ti faccio paura? Ma sì, ti faccio paura. Non posso più sopportare i tuoi occhi da scimmia spaventata.
Portinaia Eccoci qua. È mattino. Il tempo è bello fuori. La guerra si è allontanata. Ora è molto lontana, lontanissima. Il punto di riferimento dei grandi massacri e i genocidi sono così lontani, così lontani, che ormai non ci riguardano più. Sono fatti degli altri, sono cose che capitano agli altri. Ogni tanto un viaggiatore arriva in aereo, ci racconta quel che è successo. Oppure c'è un trafiletto sul giornale. Oppure se ne parla alla radio o alla televisione. Le tipografie funzionano ed ecco le figurine, quel che è successo lo si vede nelle illustrazioni. Guardate (tira fuori delle tavole illustrate) Gavroche morto sulle barricate, Bara,1 l'eroico monello, i boys scouts del quartiere che cadono sotto i colpi, il cavaliere di Assas.2 Siamo ormai nella storia. Per dirvela tutta, io ero contraria. Ora trovo che tutto è stato meraviglioso. Ormai è storia, è leggenda. I vostri figli leggeranno queste cose nei libri quando ne avrete. Dunque vi sposate, avrete figli? Quand'è che vi sposate? Sono due anni che state insieme. Allora tolgo il materasso? La luce del giorno.
[1]) Gavroche, personaggio de I miserabili di Victor Hugo (1862), simbolo dello spirito di libertà del popolo. - Joseph Bara o Barra (1779-93) era un soldato di quattordici anni, tamburino nelle truppe repubblicane, che cadde in un'imboscata in Vandea e morì «eroicamente». Chénier l'ha evocato ne Le Chant du départ.
2) Assas (1733-60): capitano nel reggimento di Alvernia, s'imbattè in una colonna nemica che si accingeva a sorprendere i francesi, diede l'allarme, ma fu ucciso. Voltaire riporta l'episodio nel suo Récit sur le siècle de Louis XV.
Personaggio No.
Agnese Non ne posso più. Chiunque mi potrebbe capire.
Portinaia La signora del cagnolino è stata uccisa negli scontri, il suo cane pure. Il giovane ha ucciso suo marito. Appartenevano allo stesso gruppo politico ma c'erano dei dissensi fra di loro. Il russo col bastone è morto anche lui. La mamma del ferito, sapete, è sempre lì. Suo figlio è morto all'ospedale, dopo molto tempo. La vecchia signora, l'ex proprietaria, sapete, quella che abitava qui prima di voi, mi ha scritto e poi la posta non ha più funzionato, e poi lei non ha più scritto, e poi eccoci qua. E poi mio marito è morto anche lui. Bisogna prendere le cose con allegria, con buonumore! è la vita!
Esce.
Personaggio Da quando la rivoluzione è terminata, le banche funzionano meglio di prima. Ho abbastanza denaro per tutti e due per tutta la vita.
Agnese Preferisco lavorare. Ti lascio.
Personaggio Ah!
Personaggio No.
Agnese Non ne posso più. Chiunque mi potrebbe capire.
Portinaia La signora del cagnolino è stata uccisa negli scontri, il suo cane pure. Il giovane ha ucciso suo marito. Appartenevano allo stesso gruppo politico ma c'erano dei dissensi fra di loro. Il russo col bastone è morto anche lui. La mamma del ferito, sapete, è sempre lì. Suo figlio è morto all'ospedale, dopo molto tempo. La vecchia signora, l'ex proprietaria, sapete, quella che abitava qui prima di voi, mi ha scritto e poi la posta non ha più funzionato, e poi lei non ha più scritto, e poi eccoci qua. E poi mio marito è morto anche lui. Bisogna prendere le cose con allegria, con buonumore! è la vita!
Esce.
Personaggio Da quando la rivoluzione è terminata, le banche funzionano meglio di prima. Ho abbastanza denaro per tutti e due per tutta la vita.
Agnese Preferisco lavorare. Ti lascio.
Personaggio Ah!
Agnese Ti rimpiangerò ugualmente. Ti ho dato quasi tre anni della mia giovinezza. Tu mi rimpiangerai? La cosa ti addolora? (Il Personaggio dice di sì con la testa). Mi addolora darti un dolore.
Personaggio Ho sognato che il mondo scappava e che io dovevo correre per acchiapparlo
Va a distendersi sulla poltrona. Agnese fa i preparativi per andarsene. Esce, porta la valigia, la prepara, la chiude.
Agnese Fuori cantano, c'è luce. (Esce di nuovo e ritorna in due o tre riprese a fare la valigia) Potresti anche aiutarmi a chiudere le valigie. (Fra un movimento e l'altro) Sembra che tu debba portare il mondo sulle spalle. Hai paura di muoverti, hai paura di essere acciuffato, non è il caso di chiudere gli occhi, non serve a niente. Ti fa venire le vertigini. Guardalo lì, o ti agiti troppo o rimani sprofondato in poltrona.
Personaggio Perché rischio di perdere l'equilibrio.
Agnese esce e torna con nuovi indumenti e un'altra valigia.
Agnese Ce n'ho messo a decidermi, sai. Sarei rimasta ugualmente con te ma tu sei troppo... sei troppo come sei. E poi, voglio lavorare, voglio uscire, voglio sposarmi, voglio avere bambini. Aiutami a fare le valigie, non stare lì impalato!
Si impegna febbrilmente a fare le valigie, il Personaggio l'aiuta in maniera ridicola portando della biancheria, un pezzo di carta, un fazzoletto.
La portinaia entra dal fondo. È un po' invecchiata e nella scena seguente la si vedrà invecchiare sempre di più, a vista d'occhio, ogni volta che ricompare in scena.
Portinaia Ho chiamato il tassì. è giù.
Agnese (alla portinaia) Pensavo che con me i suoi disturbi scomparissero.
Portinaia (al Personaggio) Ha fatto un bel guadagno lei.
Agnese (c.s. ) Aiutami almeno a portare le valigie, ti dico.
Portinaia Sono tre, ne prendo una io.
Prende la più grossa e scompare. Il Personaggio prende un'altra valigia ed esce.
Agnese (sola in mezzo alla scena, si guarda attorno, la valigia ai suoi piedi) Sono comunque quattro anni. Era interessante, un uomo interessante. Non lo dimenticherò. (Entra il Personaggio. Fa l'atto di impadronirsi dell'ultima valigia). Non ti disturbare! Faccio da sola. Dammi un bacetto lo stesso. Su, dammi un bacetto. (Lui la bacia con la punta delle labbra, sulla fronte). Non mi dimenticherai, spero. Voglio dire: non subito. Ti lascio una foto. Non essere troppo triste. È la vita. Ti scriverò. Ti manderò delle cartoline, belle vedute.
Prende la valigia ed esce. Il Personaggio rimane in piedi, in mezzo alla scena.
Ha l'aria un po' smarrita, le braccia penzoloni, alza le spalle. Quindi il suo viso assume un'espressione un po' imbronciata, un po' indifferente.
Va a sdraiarsi sulla poltrona. Entra la portinaia.
Portinaia La sua amica mi ha detto di portarle questi giornali e due bottiglie di cognac. Mi ha detto che penserà a lei. Ha già mandato una cartolina, prenda, lei stessa mi ha detto: le dica che penserò spesso a lui. Sta in un paese lontano, nel Sud. Col suo fidanzato. (Mette le bottiglie di cognac accanto alla poltrona del Personaggio. Gli tende un giornale) Da quando non c'è più la guerra, i giornali sono di nuovo interessanti. Senta un po' quel che scrivono: ecco, un padre di famiglia ha ucciso con la scure, mentre dormivano, la moglie e il figlio. Una donna ha ucciso a rivoltellate il marito e la figlia. Un francese sposato con una giapponese, abbandonato da questa per un tedesco, si è fatto harakiri. Il mondo sta per morire, perché non c'è più ossigeno. Gli astronauti sono sulla luna. Mandano messaggi, si annoiano. Una filosofia del desiderio caldeggia la moltiplicazione dei carnevali. Il Vaticano consiglia la carità fra gli uomini. Ora le guerre civili sono proibite. Allora le persone giocano a fare la guerra civile e si uccidono fra di loro. La società protettrice degli animali desidera che non vengano più massacrati i piccoli delle foche. (Posa i giornali fra le mani del Personaggio) Ne ha da leggere, ce n'è abbastanza per distrarsi. Ecco fatto. Una goccia di sangue ora ha il suo valore. Non è più necessario che ve ne sia un oceano.
Se ne va.
Durante la scena, progressivamente, la scenografia scompare. Nella misura del possibile, si farà scomparire il mobilio, tranne la poltrona nella quale si trova il Personaggio, che alla fine si troverà solo in mezzo alla scena deserta. Gli oggetti possono essere portati via con diversi metodi: la portinaia può portar via ogni tanto una sedia, se è possibile si può tirare la credenza fra le quinte. Gli oggetti possono essere sollevati in soffitta o più semplicemente scomparire o essere nascosti dal gioco delle luci. La parete di fondo del palcoscenico può aprirsi ed essere sostituita da un altro fondale, che potrebbe essere fatto di luce azzurra. Alcuni mobili come la credenza possono aprirsi o appiattirsi. È necessario ovviamente che gli spettatori non si rendano conto troppo facilmente o troppo in fretta di questa trasformazione, del vuoto che si instaura progressivamente. Per segnare il tempo che passa, oltre al fatto che la portinaia appare più vecchia ad ogni entrata, ci sono il giorno, il crepuscolo, a notte, la luce del mattino, ma questi giorni e queste notti si succedono molto velocemente e non durano più di un minuto o di qualche secondo. Alla fine, ci sarà la nuova portinaia, ossia la figlia della portinaia che avrà l'aspetto della portinaia giovane dell'inizio.
Si sentono da fuori, canti, passi cadenzati, rumori di cantiere. Poiché la scena è in movimento,il Personaggio può restare sulla sua poltrona, a leggere il giornale, a bere il cognac, lasciando che la scena continui a mutare e che la luce penetri, senza accorgersi dei cambiamenti di scena e dei giochi di luce.
Personaggio Vuoi vedere che...
Portinaia (entrando) Ho portato il pranzo, signore. (Posa il vassoio accanto al Personaggio e porta via il vassoio che aveva portato in precedenza. Ripeterà questa azione ogni volta che entrerà ed uscirà) Ma sì, ma sì lei era qui! C'è ancora accanto a lei una pantofola che aveva dimenticato. È una traccia. Ha lasciato anche l'ombrello accanto
all'attaccapanni. (Esce. Il Personaggio legge il giornale. Rumori all'esterno, mutamento di scena. La portinaia rientra) Lei ha l'aria stanca. È l'età. È andato in pensione troppo presto, signore. Anch'io faccio fatica a fare le scale, l'ascensore non funziona più. Soffro di reumatismi. Ne vogliono mettere un altro. Fuori, si canta, si marcia a passo cadenzato. Hanno preso strane abitudini, ora, bisogna pure che facciano qualcosa. È mattino, l'ora della ginnastica. Si fermano in mezzo alla strada alla stessa ora, allo stesso secondo e fanno gli esercizi. Il nuovo governo ha deciso così. Ecco i nuovi giornali, porto via quelli vecchi. (Esce. Rientra) Ecco il desinare di mezzogiorno. Allora, lo vuole anche lei il nuovo ascensore? (Il Personaggio dice di sì col capo. E mangia, distrattamente e velocemente. La portinaia esce. La portinaia rientra, ulteriormente invecchiata) Ecco la sua cena. Che bel tramonto! Non hanno dato il permesso di installare il nuovo ascensore. Vogliono costruire una casa nuova al posto di questa. Attorno ai muri, hanno alzato dei muri. Vogliono cambiare tutto, demolire tutto. Vogliono ricostruire tutto. Bisogna pur ricostruire se si vuole demolire un'altra volta. Non si finisce più. Non si finisce più perché tutto ricomincia. È questo che tiene in vita. Buonanotte, signore. (Esce. Di nuovo, luce. Il palcoscenico è più nudo ancora. Rientra) Ecco la colazione. Ed ecco i giornali. Lei continua a rifiutare l'impianto per la radio o la televisione? (Se ne va dopo aver preso l'altro vassoio. Uscendo) Ah le mie gambe! Queste scale, tutti i giorni. (Entra con una stampella. Con la mano libera sostiene il vassoio) Temo che fra poco non potrò più venire. Ecco la colazione. Ecco i giornali.
Se ne va.
Entra la cameriera del ristorante. È una vecchia.
Cameriera (ha la voce tremolante) Buongiorno caro! Sono di passaggio in città. Ho ritrovato la strada. Mi hanno detto che abitavi sempre qui. Non mi riconosce? Non mi riconosci più? Abbiamo passato insieme quattro anni. Io non ti ho mai dimenticato, pensavo a te di frequente. Ti ho scritto diverse lettere. Le hai ricevute? Me ne sono andata perché tu avevi paura di me. Ti ricordi, era un mattino come questo. Sono stata felice. Ora sono vedova. Ma ho dei bei ricordi. Sai chi sono io? (Silenzio del Personaggio). Lo sai chi sono? Ho avuto sei figli, ora ne ho soltanto cinque, sono tutti sposati. Hanno dei bambini, quindici. Quindici in tutto. Quindici volte nonna. Come mi chiamo, lo sai?
Personaggio Lucienne.
Agnese Ma no, ma no.
Personaggio Jacqueline.
Agnese Sono cambiata così tanto? Oh sì sono molto cambiata.
Personaggio Yvonne?
Agnese Ma no, sono Agnese! Il pugno in faccia. Eri tutto insanguinato. Ti ho lavato la faccia e sono venuta con te. Siamo passati sotto la saracinesca. Tu agitavi un fazzoletto bianco. Una pallottola gli ha fatto un buco dentro. Il colore del fuoco tutt'at- torno.
Personaggio Ah sì, il pugno, il pugno. Bei tempi. E le valigie!
Agnese (ridendo) Com'eri maldestro. Non riuscivi a chiudere una valigia. Poi ho preso il treno. C'era il sole, ero addolorata, molto addolorata. Ma sono stata felice, devo ammetterlo, è la verità. Sono rimasta ottimista.
Le campane. Già mezzogiorno. Comunque, è stato bello il momento che ho passato oggi accanto a te. Come un tempo. Me ne vado, i miei nipotini mi aspettano.
Stanno giù, in macchina. Aiutami ad alzarmi. Non riesco a lasciare la sedia, aiutami. (Il Personaggio non si muove. Agnese si alza ugualmente) Ti do un bacetto.
Non lo fa. Se ne va, trascinandosi. Entra la portinaia, ma questa volta è giovane,come all'inizio della rappresentazione.
Portinaia Ecco il pranzo.
Personaggio Lei chi è?
Portinaia La mamma non è più in grado di salire, è paralizzata, prendo io il suo posto.
Esce. Il Personaggio rimane immobile per qualche istante. Si fa notte. Arriva la portinaia giovane.
La Portinaia Giovane Ecco la cena. La signora...
Personaggio Quale signora?
Portinaia Giovane La signora che è venuta a trovarla la settimana scorsa, un mese fa, la sua vecchia amante, è morta.
Personaggio Spenga.
Buio sul palcoscenico. Di nuovo, grande luce mattutina.
Portinaia Giovane (entrando. È in lutto) Ecco la colazione. E i giornali. La mamma è morta. Non potrò più servirla per molto tempo. Manca sempre l'ascensore e poi, a me, questo mestiere non interessa. (Esce portando via il vecchio vassoio. È molto più severa della portinaia precedente. Dopo un breve intervallo,ritorna Ecco le sue conserve. Stanno per demolire la casa. Hanno già demolito tutto quello che c'era attorno. Faranno una grande piazza, con un grande giardino. (Se ne va. Ritorna dopo un breve intervallo) Ecco la cena.
Personaggio Grazie, spenga.
Buio sul palcoscenico. Andirivieni della portinaia che brontola continuamente. Il movimento si accelera ripetendosi. Porta il vassoio, prende il vassoio, riporta il vassoio, dice: « Ecco la colazione e i giornali, ecco il pranzo, ecco la cena » mentre il Personaggio punteggia ogni fine di desinare con la parola «spenga ». Affinché gli spettatori non pensino che il buio indichi la fine dello spettacolo, può essere necessario che il buio non sia totale e che si vedano muovere delle figure, anche se sono quelle dei mobili che vengono spostati o fatti uscire di scena. Del resto ci deve sempre essere una luce o una mezza luce, determinata dalla scomparsa sempre più veloce delle pareti, e determinata altresì dalla luce elettrica esterna.
Durante la semioscurità, devono comunque farsi sentire dei rumori, quali canti, risa, mormorii e anche, di tanto in tanto, luci abbaglianti che possono essere quelle delle saldature autogene o delle macchine che si usano per la costruzione o la demolizione delle case.
Mentre la portinaia va e viene, molti personaggi reciteranno scene rapidissime. Nella semioscurità, ossia durante la notte, compaiono personaggi che rappresentano persone morte; essi non devono però avere un aspetto fantomatico. Così:
La Madre Del Personaggio Te l'avevo detto, bambino mio, te l'avevo detto, lavora! Te l'avevo detto e ripetuto quand'eri bambino. Avrei preferito un'altra esistenza per te. Ah! se tu avessi studiato come ti avevo consigliato, avresti potuto diventare maresciallo di Francia con una bella divisa e le decorazioni, molte decorazioni. Ho tanto sofferto per te, ti ho voluto tanto bene. Povero piccino mio, povero piccino!
Scompare.
Altro Personaggio (Lucienne) Amor mio, sono morta da tanto tempo ma non ti ho dimenticato. Mi è tanto dispiaciuto di averti abbandonato per Pierre Ramboul. Non l'ho mai amato. Io amavo te. Ho tanto sofferto per te. Ti ho tanto amato, ti ho tanto amato.
Scompare.
Altro Personaggio Sono il tuo maestro di scuola. Eri un fannullone. Eri un cattivo scolaro. Ma avrei voluto fare qualcosa per te, essere fiero di te. Tu mi hai dato un grande dolore perché ti ho voluto molto bene, molto bene.
Scompare.
Altro Personaggio (nella luce) Sono la figlia di Agnese, mi chiamo Agnese come mia madre. È morta da due anni, è venuta da lei prima di morire. Prima che morisse le ho promesso che sarei venuta a trovarla. Mia madre l'ha molto amato, l'adorava.
Esce.
Durante tutti questi interventi, il Personaggio rimane naturalmente immobile e inespressivo.
Altro Personaggio Sono il figlio di Jacques Dupont. Lei mi riconosce, gli assomiglio? Mio padre le voleva molto bene, lo sa? Non le dico quanto si è annoiato dopo che lei è andato via. Sperava sempre che lei andasse a trovarlo. Lei aveva promesso che sarebbe andato a bere con lui un aperitivo quando usciva dall'ufficio. Le voleva molto bene.
Esce.
Altro Personaggio Sono il figlio di quel giovane che è fuggito con la signora del cagnolino, quarant’anni fa. Mio padre le voleva molto bene. Anche la signora le voleva bene. Lei non è mai andato a prendere il tè a casa sua. La signora si è molto dispiaciuta perché le voleva molto bene. Ma lei, signore, non poteva saperlo.
Esce.
Altro Personaggio Sono il figlio del rivoltoso che le ha dato un pugno. Mio padre mi ha pregato di venire da lei a farle le sue scuse. Le voleva bene, lo sa? le voleva molto bene.
Esce.
Durante questo intervallo il Personaggio continua a non reagire e si limita a bere un cognac dopo l'altro.
Altri Due Personaggi (Due Uomini) Le volevamo molto bene.
I due uomini escono.
Altro Personaggio (Una Donna) Ah ! Signore, io le ho voluto molto bene. Non ho mai osato dirglielo. Avremmo potuto essere felici. Non ho mai osato dirle quanto io l'adorassi da lontano.
Esce.
Tutti i personaggi che hanno parlato ricompaiono insieme in diversi punti della stanza. Tendono le braccia.
Tutti i Personaggi Le volevamo bene!
Personaggio Schifosi! Lasciatemi in pace! (Si alza e getta contro di essi una scatola di conserva e una bottiglia. I personaggi scompaiono). Lasciatemi in pace! Luce! Luce! (Sul palcoscenico la luce del mattino. Da fuori non viene più nessun rumore. Le pareti sono scomparse, c'è soltanto una grande luce. Rimane in scena soltanto la poltrona). Portinaia! La mia colazione! Portinaia! Portinaia! La mia colazione! (Corre in su e in giù per il palcoscenico) La mia colazione! Voglio la mia colazione! (Va verso il fondo a destra, verso il fondo a sinistra, poi verso il fondo al centro e continua a chiamare) Voglio la mia colazione! (Naturalmente non ottiene alcuna risposta. Si guarda attorno, spaventato) Che cosa succede? Non c'è più nessuno! Ehilà! Ehilà! (Si precipita, prende una bottiglia di cognac, getta la bottiglia) Morirò di fame! Morirò di sete! (Guarda ancora attorno a sé, lo spazio è vuoto, c'è soltanto la luce proveniente da ogni parte). Che vuol dire tutto questo! È inutile, non c'è nessuno. Non ho capito niente, non capisco niente. Nessuno potrebbe capire. E tuttavia non mi meraviglio. C'è da meravigliarsi che non mi meravigli. C'è davvero da meravigliarsi. (Si vede un grosso albero che sorge nella luce del fondo, nella scena vuota. Dalla soffitta cadono foglie e fiori dell'albero. Il Personaggio si china, li raccoglie, li guarda, si rialza, lascia cadere fiori e foglie, guarda verso l’alto guarda verso il fondo, poi a destra e a sinistra. Va a sistemarsi nella poltrona, un istante di silenzio, poi si mette a ridere adagio, poi sempre più forte. Poi si alza. Va da un capo all'altro del palcoscenico tenendosi la pancia, e sbellicandosi dal ridere, ride a gola spiegata. Guarda un'altra volta verso l'alto, sempre ridendo, fa un segno verso l'alto a mano tesa e con il dito) Ah! furfante, vai! Furfante! (Continua a ridere a gola spiegata) Ah! Questa poi! Questa poi! Avrei dovuto capire da un pezzo. Che buffonata! È meraviglioso! Che burla! Che gigantesca burla! Che gigantesca burla! E io che mi preoccupavo tanto. (Verso il fondo) Che magnifica burla! (Verso destra) Ah, ah, che magnifica burla! (Verso sinistra, gridando e ridendo) Che magnifica burla, che gigantesca burla! (Sempre ridendo, nella direzione degli spettatori) Che magnifica burla, ragazzi! Che burla signore e signori. Chi ha mai potuto immaginare una simile burla! Una simile burla! Che casino! Oh Dio, che inenarrabile casino!
F I N E