Che storia è questa?

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Che storia è questa?

di Vincenzo Rosario PERRELLA ESPOSITO

(detto Ezio)

02/01/2017

Personaggi8         

Masaniello
sorella Grazia
madre Antonia
marchesa di Brienza
don Diomede Carafa, duca di Maddaloni

don Giulio Genoino
duca d'Arcos vicerè
cardinale Ascanio Filomarino

Alcune comparse

La storia di Masaniello vista in una duplice chiave: una reale, l’altra fantasiosa. Nel primo caso, viene narrata la storia veramente accaduta a Masaniello e la città di Napoli nel periodo del viceré. Nel secondo caso, c’è un trasporto temporale della storia ai giorni più vicini al nostro tempo, mediante l’utilizzo dei moderni mezzi di comunicazione, di trasporto e di tecnologia. Come dire che oggi come oggi occorrerebbe un rivoluzionario stile Masaniello per sconfiggere tutte le ingiustizie e le negatività del nostro tempo. Il pescivendolo napoletano vissuto nel XVII secolo viene visto come una figura di reazione al male e di incoraggiamento contro le avversità. Nella storia reale, il suo coraggio e la sua scapestrata intraprendenza gli hanno permesso di accogliere tanti adepti che hanno liberato Napoli nel 1647 dalla tirannia. Eppure Masaniello alla fine è stato tradito ed ucciso. Anche se il corpo muore, le gesta rimangono nella storia. 

Numero posizione SIAE 233047

Per contatti Ezio Perrella 3485514070 ezioperrella@libero.it

            Napoli, siamo in strada, inizio luglio 1647. Sullo sfondo c’è un muricciolo diroccato con un varco al centro. A destra l’ingresso di una casa, a sinistra l’ingresso di un vicolo.

           

ATTO PRIMO

1. [Masaniello e don Diomede Carafa. Poi Bernardina]

Voce narrante: E’ l’anno 1647, nel mese di luglio. Sono tempi difficili per la cittadinanza                         

                           di Napoli, alle prese con la tirannia del vicerè. Tanta gente ne parla male,

                           ma solo un uomo lo dice apertamente. Per le strade riecheggia la sua voce

                           che dice sempre cose molto interessanti.

                           Da sinistra giunge Masaniello in maglietta di juta, pantaloni al polpaccio,

                           scarpe vecchie con calze bianche. Ha una cesta di pesce per mano.

Masaniello:      (Entra gridando) ‘O pesce, ‘o pesce! Néh, ccà ce sta Masaniello vuosto.

                           Accattàteve ‘o merluzzo! Néh, ca io tengo ‘e ttriglie p’’a frittura! ‘O

                           purpetiello, ‘o purpetiello! (Posa le ceste a terra e fa delle considerazioni)

                           Eh, com’è dura la vita. Menu male che riesco a faticà in pace. (Ad un tratto

                           si sente uno squillo di cellulare da una delle due ceste) ‘O cellulare? E chi

                           è mò? (Da una delle due ceste estrae un cellulare e lo odora) Comme fete!

                           (Risponde) Pronto! Mammà, si’ tu? E sto’ faticanno. Nun te prioccupà,

                           jette ‘e maccarune. No, mugliérema Bernardina nun vene a mangià

                           pur’essa. Tene che ffa’. Vabbuò, ce vedìmme aroppo. Cià, cià. (Spegne il

                           cellulare e lo getta di nuovo nella cesta) Io vulésse sapé chi ha ‘nventato ‘o

                           cellulare! E vabbuò, famme continuà a faticà. (Grida) ‘O pesce, ‘o pesce!

                           Dal centro giunge e vi si avvicina don Diomede Carafa, duca di

                           Maddaloni, in sgargiante abito scuro dell’epoca (ha baffoni, è antipatico).

Diomede:          (Parla con erre moscia)Ragazzo!

Masaniello:       Oh, don Diomede!Come state?

Diomede:          Risparmia inutili domande. Piuttosto, cos’hai fatto oggi? Hai dimenticato di

                           portarmi il pesce?     

Masaniello:      E lo stavo portando prima allamarchesa di Brienza.

Diomede:          Quella donnaccia?

Masaniello:      Boh, sarrà pure ‘na donnaccia, ma è ‘nu grandu piezzo ‘e femmena! E a me

                           me piace assaje! (Ad un tratto si sente uno squillo di cellulare da una delle

                           due ceste) Scusate, aggiate pacienza, ‘o cellulare.

Diomede:          E ffa’ ambresso, che me n’aggia i’.

Masaniello:      Justo ‘nu mumento. (Dalla cesta estrae il cellulare e risponde) Pronto!

                          Uhé, Bernardì! (Poi parla sottovoce a Diomede) E’ muglierema!

Diomede:          Che me ne fotte, a me?!

Masaniello:      (Parla al cellulare) Néh, ma che vaje truvànno? Che he’ telefonato a ffa’?

                          Nossignora, nun stongo cu’ nisciuna femmena. E’ inutile che ffaje ‘a  

                          gelosa! Nun ce cride? Don Diomede, aggiate pacienza, ce vulìte parlà vuje

                          cu’ muglierema? (Gli porge il cellulare)

Diomede:          Ma a chi lo dai questo coso? Chillo fete ‘e pesce!

Masaniello:      Bernardì, ‘stu diece ‘e scemo nun vo’ parlà cu’ te! Cià! (Riaggancia e getta

                      il cellulare nella cesta) Ecco qua.

Diomede:      (Offeso)Diece ‘e scemo… a me? Ma comme te permiette? Chi t’’a da’ ‘sta

                      cunferenza? Io sono don Diomede Carafa, ho discendenze spagnole e parenti

                      in alto loco. E dunque devi portarmi rispetto.

Masaniello:  (Dispiaciuto) Don Diomé, scusate, io nun ve vulévo offennere.

Diomede:      Ebbene, quando verrai da me la prossima volta, ti frusterò.

Masaniello:  Vabbuò, nun ve pigliate collera. ‘A prossima vota ve porto ciertu pesce che

                      ve faccio alliccà ‘e bbaffe!

Diomede:     Ah, a proposito di baffi: sei stato tu che mi hai messo il soprannome di

                      “Mostaccio”! E’ così?

Masaniello:  Io? No, ma io lo dicevo così, affettuosamente. I vostri baffi sono bellissimi.

                      Pensate che mia suocera li tiene uguali ai vostri!

Diomede:      Va bene, è meglio che io vada. Ti aspetto più tardi. Se non mi porti del buon

                      pesce come comanda Iddio, ti cercherò e ti sputerò in faccia! Capito?

                      Diomede esce via a sinistra. Masaniello lo guarda perplesso.

Masaniello:  ‘E quant’è antipatico!

                       Diomede torna indietro.

Diomede:      Come?

Masaniello:  (Mette una toppa) Siete troppo bello!

Diomede:      Ah, mi pensavo!

                      Ed esce via.

Masaniello:  E chist’è ‘o destino mio. Ma io sono pescivendolo nell’animo! E mò

                      fammenne ì, ‘o si no aggia suppurtà a chella passaguaja ‘e muglierema!

                      Da destra giunge Bernardina, donna molto bassa nei modi.

Bernardina: Néh, uhéééééééééé!

Masaniello:  ‘A vi’ lloco, me l’aggio chiammata!

Bernardina: Finalmente te pozzo sputà ‘nfaccia!

Masaniello:  Pure tu? E tu pe’ chesto me stive cercanno?

Bernardina: Masanié, tu l’he’ ‘a fernì, he’ capito?

Masaniello:  Ma io stongo vendenno sultanto ‘o pesce!

Bernardina: Ma qualu pese e pesce? Tu saje buono ‘e che stongo parlanno. Addo’ sta

                      chella malafemmena?

Masaniello:  Addo’ sta?

Bernardina: ‘O vvoglio sapé ‘a te. Addo’ sta?

Masaniello:  Nun ce sta nisciuna malafemmena. Io stevo parlanno cu’ don Diomede.

Bernardina: Ma qualu don Diomede? Uhé, jesce mommò ‘a casa. S’è scassata ‘a lavatrice.

Masaniello:  Ma comme, io mò l’aggio accattata.

Bernardina: E s’è formato ‘o calcare. Aggio miso l’anticalcare ma nun è servuto a niente.

Masaniello:  Ua’, ‘e che passaguaje che ssi’!

Bernardina: Uhé, muòvete! Mò hanna venì pure gli operai a purtà ‘a televisiona nova.

Masaniello:  Pure?Io faccio tanto pe’ guaragnà ‘na cosa ‘e sorde e tu ‘e gghiette!

Bernardina: (Gli ammolla uno scalpellotto sul collo) T’aggio ditto jesce mommò ‘a casa!

Masaniello:  (Dolorante) Ah, ‘nmocca a soreta!

                      Raccoglie le ceste ed escono così a sinistra con lei che lo spinge avanti.

2. [Duca d’Arcos viceré e cardinale Ascanio Filomarino]

 

                      Da destra giungono il viceré duca d’Arcos e il cardinale Filomarino.

Ascanio: (Ruffiano, gli sta dietro e gli parla) Duca, voi siete il più meraviglioso viceré della

                storia di Napoli. Ed anche il più meraviglioso d’Europa. Grazie a voi, noi

                domineremo il mondo!

Duca:      (Si volta, spazientito) Cardinale Ascanio Filomarino, adesso basta. Pretendo da

                voi un poco di dignità. Vuje invece me state sempe areto: parite ‘nu cacciuttiello!

Ascanio: Duca, ma voi non siete di origine spagnola?

Duca:      Certo che lo sono, ma se voglio, saccio parlà pure napulitano!

Ascanio: Capisco.

Duca:      Ho rinunciato l’auto blu per poter passeggiare in pace. Ma come esco per strada,  

                v’appresentate vuje che ssite ‘na sanguisuga!

Ascanio: Scusate, duca, ma io non vi capisco.

Duca:      Non mi capite? Eppure sto parlando italiano e napoletano. E se comincio a parlare

                spagnolo?

Ascanio: No, dico, non vi capisco. Perché mi trattate male? Io sono un cardinale. Dovreste

                concedermi ogni beneficio.

Duca:      E io lo sapevo che vi serviva qualche piacere. Avanti, sentiamo un po’.

Ascanio: Tengo mio cognato disoccupato. Non lo possiamo piazzare come vostro braccio

                destro? E’ molto in gamba a non saper fare niente!

Duca:      Cioè questo non sa fare niente e m’’o vulìte da’ proprio a me?

Ascanio: E tanto, nemmeno voi sapete fare niente!

Duca:      Ma io sono giustificato a non saper fare niente.

Ascanio: E giustificate pure a lui.

Duca:      E va bene, cardinale. Va bene. Ma ricordatevi che questo è l’ennesimo piacere che

                faccio a voi. E voi, invece, vi scansate sempre dal contraccambiarmi.

Ascanio: E io vi contraccambio subito. Cosa vi serve? Faccio uccidere vostra moglie?

                Vostra suocera?

Duca:      No, un pescivendolo.

Ascanio: Aggio capito: v’ha venduto ‘o pesce malamente!

Duca:      No!

Ascanio: ‘E mmaruzze nun érene fresche!

Duca:      No!

Ascanio: ‘Int’’e vvongole ce steva ‘a sabbia! 

Duca:      No!

Ascanio: ‘E ccozzeche facévene schifo!

Duca:      No!

Ascanio: (Spazientito) Se po’ ssapé che cacchio v’ha fatto ‘stu pescivendolo?

Duca:      E se me lo fate spiegare…! Dunque, voi dovete sapere che quest’individuo mi

                odia. Gli sto antipatico perché gli faccio pagare molte tasse. E lui, per ripicca,

                ogni giorno viene fuori casa mia… e fa la pipì davanti alla porta!

Ascanio: (Va in escandescenze) ‘Stu piezzo ‘e farabutto! ‘Stu ‘nfame, ineducato, birichino e

                pure fetente!  

Duca:      Oh, e che v’ascarfate a ffa’? Voi dovete solo aiutarmi a disfarmi di lui.

Ascanio: E comm’è fatto?

Duca:      Chi?

Ascanio: ‘O pescivendolo.

Duca:      A forma di pescivendolo! Si chiama Masaniello.

Ascanio: Ah, ‘o cunosco. Però mi dispiace di ucciderlo. Chillo tene ‘o pesce buono.

Duca:      Nun me ne ‘mporta.

Ascanio: Va bene, lo cercherò e lu uddicerò. A malincuore!

Duca:           Io invece mi occuperò della moglie Bernardina.

Ascanio:      E’ bona?

Duca:           No, fa la contrabbandiera. E’ pure bona! Ma non è questo che mi interessa.

Ascanio:      Perfetto, allora siamo d’accordo.

Duca:           Siamo d’accordo: voi Masaniello, io la moglie. E così tutta Napoli  

                     comprenderà il potere del viceré duca d’Arcos!

                     Da qualche parte giunge una pernacchia.Il duca si arrabbia.

                     Chi è stato? Siete stato voi, cardinale?

Ascanio:      Io? Ma si io stongo vicinoa  vuje.

Duca:           E allora diventerò sempre più cattivo.

                     Esce via a destra, con fare deciso.

Ascanio:      Mamma mia, e comme sta arraggiato! Signor duca viceré illustrissimo,

                     aspettatemi!

                     Lo segue.

3. [Antonia e Masaniello. Infine marchesa di Brienza]

 

                     Da sinistra giungono Masaniello e Antonia sua madre che lo richiama.

Antonia:      Figlio ‘e ‘ntrocchia!

Masaniello: (Minimizza) Mammà, ch’è stato? Pecché staje arraggiata?

Antonia:      Primma ‘e tutto, pecché m’he’ fatto ittà ‘e maccarune!

Masaniello: E tu pecché l’he’ ittate?

Antonia:      E pecché tu nun si’ venuto cchiù.

Masaniello: Ma io stevo parlanno cu’ don Diomede, e ppo’ è venuta pure  mia moglie.

Antonia:      Nun m’’a nummenà a chella. Quanto ‘a schifo! ‘A tengo ‘ncanna.Tu puo’ venì

                     a magnà ‘a casa mia, ma essa no.

Masaniello: Ma pecché? Che t’ha fatto? 

Antonia:      Masanié, a mammà, dich’io, ma tu nun t’’a putive piglià a ‘na femmena meno

                     passaguaje ‘e chella? 

Masaniello: Beh, effettivamente! Però ormai è gghiuta a fernì accussì. Va bene, vogliamo

                     andare a mangiare?

Antonia:      No, aspié, ce sta ‘n’ata cosa che t’aggia parlà: chi è ‘stu Marco Vitale?  

Masaniello:(Minimizza) Ma niente, è ‘n’amico.

Antonia:      E invece nun è ‘o vero. In giro si dice che tu e lui tenete una relazione segreta.

                     Ma soprattutto, aggio saputo ch’è pure minorenne!

Masaniello: (Effeminato) Mammà, ma tu te penzasse ca io so’ femmeniello? E gghia’!

Antonia:      Siente, è meglio che ce ne jamme ‘a casa. Poi dopo te ne torni a casa da quella

                     specie di moglie!

Masaniello: Nun m’arricurdà ch’aroppo aggia turnà addu muglierema!

Antonia:      Ma pecché nun te sparte?

Masaniello: Pecché o si no aroppo l’aggia pavà gli alimenti!

Antonia:      E’ meglio che ce ne jamme, va’.

                      I due si avviano verso sinistra ma da destra giunge la marchesa di Brienza

                      (ha un bruttissimo carattere) che ne richiama l’attenzione.

Marchesa:   Pescinendolo!

                      I due si fermano.

Masaniello: Pescivendolo a me? (Nota ce è la marchesa) Ah, siete voi, marchesa?

Antonia:      Uff, mò ce mancava sulo chesta!

Marchesa:   (Avvicinandosi ai due) Ma perché, signora, qualche problema?

Masaniello: Ehm… no, marchesa, non ci fate caso a mia madre. Quella si arrabbiava, 

                     perché teniamo i maccheroni in tavola che si fanno freddi!

Marchesa:   Non m’interessa. Pure io tengo la pasta e patate sul tavolo, ma non mi lamento.

Masaniello: E vabbé, allora mammà, accummience a gghi’ tu ‘a casa, io vengo aroppo.

Antonia:      Aggio capito, è meglio che m’avvio. Arrivederci,marchetta!

Masaniello: (Alla marchesa, imbarazzato) Ehm… non ci fate caso, mia madre voleva dire

                     “marchesa”! Mammà, non ti imbrogliare!

Antonia:      No, no, io nun m’aggio ‘mbrugliat…

Masaniello: E vavattenne!

                     La conduce via fino ad un certo punto a sinistra, poi torna dalla marchesa.

                     Allora, veniamo a noi, cara marchett… cioè, cara marchesa! Come pozzo

                     esservi utile?

Marchesa:   Mi serve del pesce avvelenato.

Masaniello: Avvelenato? Scusate, ma perché volete morire?

Marchesa:   Non è mica per me? E’ per una mia nemica storica.

Masaniello: Scusate, signora marchesa, ma io non vendo il pesce avvelenato.

Marchesa:   E che ce vo’? Se piglia ‘o pesce, s’aràpe ‘a vocca, se piglia ‘o veleno e se

                     mette ‘int’’a vocca d’’o pesce! Questo lo puoi fare pure tu.

Masaniello: Va bene, non ci sta problema. Però questo trattamento vi costa 50 monete i più.

Marchesa:  Uhé! Ma che sso’ ‘sti ccose? Vicino a me, ‘stu trattamento ve costa 50 monete  

                     in più? E che m’he’ pigliata pe’ ‘na morta ‘e famme? Te ne do 25 e tu le

                     accetti, o si no te spunto ‘nfaccia! Capito?

Masaniello: Capito.

Marchesa:   Molto bene. Da buoni intenditori, poche parole.

                     La marchesa esce a destra. Masaniello la osserva, perplesso.

Masaniello: ‘E chi schifo ‘e carattere, tene chesta! Mah!

                     Esce via a destra.

4. [Grazia e Bernardina. Poi don Giulio Genoino]

 

                      Da destra giunge Bernanrdina con una calza colorata lunghissima e piena in

                      mano. Pare preoccupata. Si guarda intorno.   

Bernardina: Mannaggia ‘a morte, ‘e che gghiurnata ch’è schiarata: ‘a lavatrice s’è scassata,

                      ‘a televisione ha perzo ‘o culore, ‘o gabinetto s’è appilato… e dulcis in fundo,

                      me stanne cercanno ‘e guardie d’’o viceré! Ma che ha da succedere cchiù?

                      Da destra ecco Grazia, tocca sulla spalla Bernardina distratta e la spaventa.

Bernardina: Aaaaaah!

Grazia:         Nun te spavientà, songh’io. (Nota l’enorme calza) E che d’è ‘sta cazetta? A          

                      che te serve?

Bernardina: Ehm… no, niente. Oggi ho deciso di stare senza calze perché fa caldo.

Grazia:         E l’altra calza dove sta?

Bernardina: L’aggio perza.

Grazia:         Bernardì, t’’o ppozzo dicere? A me, chella cazetta me puzza!    

Bernardina: (Sente col proprio naso) Beh, effettivamente ‘nu poco puzza.

Grazia:         No, me puzza ‘e contrabbando.

Bernardina: E vabbuò, sì, è accussì. Qua dentro ci stanno un sacco di cose da vendere. Me

                      le ha date il mio fornitore di fiducia.

Grazia:         Bernardì, ma ‘a vulìte fernì, tu e frateme Masananiello, ‘e fa’ chesta vita? Ma

                      pecché nun v’accattate ‘nu giurnale ‘e concorsi e nun ne faqcite uno? 

Bernardina: Senza raccomandazione? Devi sapere che a noi c’era stata promessa una    

                      raccomandazione da un certo don Giulio Genoino. Ma non ha mantenuto la

                      parola. Chillu piegoro!

                      Da destra giunge proprio don Giulio Genoino, prete ottantenne (con bastone).

Don Giulio:  Eccomi qua!

Bernardina: (A Grazia) Oddio! Secondo te, m’ha sentuto?

Grazia:         Boh!

Don Giulio:  (Allarga le braccia e parla solenne) Il mondo è finito! Non c’è più rispetto. 

                      Invoco il giudizio univernale! E voi due sarete le prime ad essere giudicate!

                      Le due si guardano in faccia, poi fanno finta di niente.

Grazia:         Ehm… don Giulio, come state?

Bernardina: Ma sapete che vi troviamo ringiovanito? Non li dimostrate i vostri ottant’anni.

Don Giulio:  Il mondo è finito! Non c’è più rispetto. Invoco il giudizio univernale! E le

                      prime ad essere giudicate sarete voi!

Grazia:         Abbiamo cpaito, già lo avete detto.Ma per caso state cercando a Masaniello?

Don Giulio:  Sì!

Grazia:         In questo momento starà a casa di mia madre a mangiare.

Bernardina: Senza ‘e me? Chella puzzolente ‘e mammeta ‘o ffa apposta!

Grazia:         Uhé, embé?

Bernardina: Quanno ce vo’, ce vo’. Non è vero, don Giulio?

Don Giulio:  Il mondo è finito! Non c’è più rispetto. Invoco il giudizio univernale! E le

                      prime ad essere giudicate sarete voi!

Grazia:         Abbiamo capito, abbiamo capito.

Bernardina: Scusate, don Giulio, ma voi dovete dire qualcosa a mio marito?

Don Giulio:  Sì.

Bernardina: E che cosa?

Don Giulio:  Il mondo è finito…

Tutti e tre:    Non c’è più rispetto. Invoco il giudizio univernale! E le prime ad essere

                      giudicate sarete voi!

Bernardina: A parte questo?

Don Giulio:  Devo dire che sua moglie rischia grandi sventure! E lui deve stare attento.

Bernardina: Scusate, ma non lo potete dire direttamente a me? Voi lo sapete benissimo, io

                      sono sua moglie.

Don Giulio:  No, voglio dirlo a lui.

Bernardina: Grazia, accunpagne a ‘stu prevete ‘nzallanuto ‘a casa toja.

Grazia:         Ma chillo è ‘nu prevete rattuso!

Bernardina: Nun fa niente. Io stongo pe’ passà ‘nu guajo e tu pienze ‘o prevete rattuso?

Grazia:         E vabbuò, jammuncenne. Don Giulio, vi accompagno io da Masaniello. (Gli si

                      mette sotto braccio) Venite, venite.

Don Giulio:  Il mondo è finito…

Don G+Gra: (Insieme)Non c’è più rispetto. Invoco il giudizio univernale! E le prime ad

                          essere giudicate sarete voi!

                         Escono via così a sinistra. Bernardina li osserva, perplessa.

Bernardina:    Mah! E’ meglio che me ne fujo. Don Giulio come prevete fa schifo, ma in

                         compenso è uno che ‘ngarra sempe ‘e guaje d’’e ggente. ‘E che jettatore!

                         Esce via a destra, ma si sente la voce di una delle guardie del viceré.

Guardia voce: Altolà! In nome del viceré, ti comando di arrenderti!

                         Da destra torna Bernardina.   

Bernardina:    Uh, mamma mia! ‘E guardie d’’o viceré. Si m’acchiappene cu’ ‘sta cazetta

                         ‘nmana, m’arréstene! 

                         Fugge via a sinistra, mentre da destra si sente ancora la voce della guardia:

Guardia voce: Presto, è fuggita di là, prendiamola!

5. [Marchesa di Brienza e Masaniello]

                         Poco dopo, da destra, giunge la marchesa di Brienza che trama qualcosa.

Marchesa:       Finalmente la mia vendetta sarà consumata! Quella donna non è degna di

                         vivere ed io la farò morire lentamente! Solo che quel pescivendolo non si è

                         visto più. Ma che fine ha fatto? Non risponde nemmeno al cellulare.

                         Da sinistra torna Masaniello con una cesta in mano e guarda il cellulare.

Masaniello:     Ma addo’ sta, ‘stu fetente?

Marchesa:       (Lo nota) Ah, tu stai qua? A chi stai cercando?

Masaniello:     Sto cercando il Pokemon! Ma non lo trovo.

Marchesa:       Cretino! Ti sto cercando per mari e per monti, e tu usi il cellulare per cercare

                         il Pokemon?! Ma si’ proprio ‘n’ebete?

Masaniello:     Io? E perlomeno io sto a piedi. Poco fa ho visto un cavaliere cercare il

                         Pokemon, e ha fatto un incidente col cavallo!

Marchesa:       E intanto,c he ce vo’ pe’ te truvà!

Masaniello:     E sapete com’è? Io sono frutto di bosco!

Marchesa:       Si dice uccel di bosco. Piuttosto, hai portato il pesce?

Masaniello:     Certamente, sta in questa cesta. Però non è avvelenato.

Marchesa:       Non importa,lo avvelenerò io.

Masaniello:     Scusate la domanda, ma a chi dovete far morire?

Marchesa:       Una donna che si spaccia per essere la più bella del vicereame. Più bella di

                         me, capisci? Ed io la farò addormentare in un sonno profondo, dopo che

                         avrà morso un pesce avvelenato.

Masaniello:     ‘Stu fatto nun m’è nuovo. Chesta me pare ‘a fiaba ‘e Biancaneve!Sultanto

                         che chella nun dette ‘o muorzo ‘ncoppa a ‘nu pesce, ma ‘ncoppa ‘a mela!

Marchesa:       Dammi la cesta.

Masaniello:     Vi faccio un coppetiello con un chilo di pesce?

Marchesa:       No, voglio pure la cesta. Mi piace!

Masaniello:     (Gliela cede) E va bene, allora tutto insieme costa 120 monete: 100 per il

                         pesce e 20 per la cesta.

Marchesa:       Uhé! Ma che sso’ ‘sti ccose? Vicino a me, tutto insieme costa 120 monete:

                         100 per il pesce e 20 per la cesta? E che m’he’ pigliata pe’ ‘na morta ‘e

                         famme? Te ne do 75 e tu le accetti, o si no te spunto ‘nfaccia! Capito?

Masaniello:     E vabbuò, facìte vuje.

Marchesa:       (Posa la cesta a terra, apre la borsetta e gli cede il danaro) Tieni. 

Masaniello:     (Rassegnato) Grazie tante.

Marchesa:            E ti raccomando: io e te non ci siamo mai visti. Capito?

Masaniello:           Sì, sì, vabbuò.

Marchesa:            (Risata diabolica) Ahahahahah!

                              Esce via così a destra, ridendo. Masaniello è perplesso. Ad un tratto

                              squilla il suo cellulare.

Masaniello:          E chi sarrà? ‘O Pokemon? (Guarda il display) No, è fràteme Giuanne!     

                              (Risponde) Uhé, Giuà, comme staje?

Giovanni (voce): ‘Na zuzzimma!           

Masaniello:          E te pareva! E comme va m’he’ chiammato?

Giovanni (voce): T’aggia da’ ‘na bella nutizia: hanne arrestato a mugliereta!     

Masaniello:          Che? Hanne arrestato a Bernardina? E pecché?

Giovanni (voce): I soldati del viceré l’hanno acchiappata con una calza in mano.         

Masaniello:          ‘Na cazetta ‘nmana? E che d’è, ‘a befana?          

Giovanni (voce): Ma dint’’a cazetta nun ce stevene ‘e ccaramelle e ‘e cciucculatine, ce

                              steva cierta rrobba ‘e contrabbando.

Masaniello:          Chella deficiente! Si è fatta sgamare. Ma mò addo’ sta?

Giovanni (voce): Nel carcere. In isolamento.

Masaniello:          Addirittura in isolamento?

Giovanni (voce): E se capisce, chella è ‘na scassa…

Masaniello:         (Cade la telefonata) Pronto, Giuà, pronto! Nun aggio capito. Che cos’è

                             mia moglie? Una sassa…? Mah! (Ripone il cellulare) Il viceré me la   

                             pagherà. Mamma mia, quant’’o schifo, a chillo. E mò ‘o schifo cchiù

                             assaje ancora! 

                             Esce via a destra innervosito.

6. [Duca d’Arcos e Ascanio. Poi Masaniello]

                            Da sinistra giungono il duca D’Arcos e don Giulio.

Duca:                  Cardinale Ascanio, avete fatto quel fatto?       

Ascanio:             Quale fatto?

Duca:                  Il fatto del fatto.

Ascanio:             Il fatto del fatto? Nient’affatto!

Duca:                  E quando sarà fatto?

Ascanio:             Appena sarà fatto un altro fatto!

Duca:                  Ben fatto!

Ascanio:             Però un piccolo sconticino sulle tasse me lo potreste fare.

Duca:                  Ascanio, le tasse si pagano. Pure voi della chiesa.Per cui, non mi fate

                            bestemmiare in spagnolo. Capito?

Ascanio:             Ma voi avevate promesso di non farmele pagare. Anatema su di voi!

Duca:                  Mamma mia, m’aggia fa’ ‘na rattata! Io non vi ho promesso questo, vi ho

                            promesso di aiutare vostro fratello se voi mi aiutate a sgominare i nemici

                            del vicereame, soprattutto i contrabbandieri, e specie un tale pescivendolo.

Ascanio:             Sì, ma non mi ricordo chi.

Duca:                 Ma come? Il pescivendolo che ha il nome che comincia per EMME.

                            Masa… Masa… Masa…

Ascanio:             Masaniello!

Duca:            Bravo! Per cui, arrivederci.  

Ascanio:       Arrivederci!

                      Il duca si nasconde a sinistra e spia Ascanio che intanto ragiona da solo.

                      Néh, ma che vuleva ‘o viceré ‘a me? Mi ha domandato se ho fatto il fatto del  

                      fatto. Ma quale fatto dovevo fare, io? Boh!

                      Da destra giunge Masaniello.

Masaniello: Cardinale Ascanio!

Ascanio:      Masanié, tu staje ccà? Inginocchiati e baciami l’anello.

                     Masaniello esegue e poi si rialza.

Masaniello: Cardinale, voi mi dovete aiutare. Mia moglie Bernardina è stata arrestata dalle

                     guardie dle viceré.

Ascanio:      Bene, t’’a si’ levata ‘a tuorno!

Masaniello: Pure vuje? Ma che tenete, tutti quanti, contro a mia moglie?

Ascanio:      E’ ‘na scassa… non posso dire che cosa.

Masaniello: Avete ragione voi, ma sempre mia moglie è. M’’a songo spusata. Voi non

                     potete far niente per liberarla?

Ascanio:      Caro mio, questo significherebbe mettersi contro il viceré. E a me nun me

                     cunviene. Perciò, lascia fare un poco di carcere a tua moglie. Le farà bene.

Masaniello: Ho capito, cardinale, voi vi siete associato col viceré.

                     Da sinistra spunta proprio il viceré.

Duca:           Eccomi qua! Adesso la smetterai di dire in giro che mi schifi a morte. Ma chi

                     sei? Ma quanno maje io e te amme magnato ‘int’’o stesso piatto?!

Masaniello: Ma chi te sape? Qualcuno deve aver messo in mezzo questa voce. (A Ascanio)

                     Quante m’è antipatico chisto! (Poi sospettoso) Un momento ma… allora voi

                     due eravate d’accordo.

Ascanio:      Io? Beh… più o meno sì!

Duca:           Finalmente ti ho in mio pugno. Voglio cento scudi per liberare tua moglie.

Masaniello: T’’a puo’ tené!

Duca:           Tanto, arresterò pure te.

Masaniello: Ma mò te faccio ‘na paliata maje vista!

Ascanio:      No, non vi picchiate.

Masaniello: Ma chi ‘o vo’ vattere? Mica voglio abbuscà? Perciò, addio!

                     E fugge via a destra.

Duca:           Presto, cardinale, acchiappatelo!

Ascanio:      Io? Ma chi se fida ‘e se movere?!

Duca:           Guardie, guardie…

                     E corre pure lui a destra.

Ascanio:      Aspettate, duca, quando lo farete il piacere a mio fratello?

                     E lo insegue a passo lento

7. [Masaniello e don Giulio. Poi Bernardina]

                     Da sinistra giunge don Giulio, parlando da solo.

Don Giulio: Niente, Masaniello nun ce steva ‘a casa soja. Siccome ‘e maccarune se stévene 

                     facénno fridde, me l’aggio magnate io! Mah!

                     Si avvia a destra e si imbatte in Masaniello.

Masaniello: Don Giulio, voi?

Don Giulio:             Uhé, Masanié! Io sono venuto a casa tua a cercarti per raccontarti del

                                  grave pericolo che sta per correre tua moglie Bernardina.

Masaniello:              Già so tutto.

Don Giulio:              E comm’’o ssaje? Io ancora nun t’aggia dicere niente.

Masaniello:              Mi è stato riferito da mio fratello Giovanni. Don Giulio, devo dire la

                                  verità? Voi portate un poco di sfortuna.

Don Giulio:              Il mondo è finito! Non c’è più rispetto. Invoco il giudizio univernale!

                                  E il primo ad essere giudicato sarai tu!

Masaniello:              Mamma ma’, io m’aggia fa’ ‘na rattata!

Don Giulio:              Volgare!

Masaniello:              Sentite, don Giulio, qua il fatto è grave. Il viceré mi ha chiesto un

                                  riscatto di cento scudi per liberare a mia moglie.

Don Giulio:              E chi t’’o ffa fa’?

Masaniello:              Don Giulio, io ho deciso di pagare. Però al viceré non gliela faccio

                                  buona. Ho deciso di organizzare un gruppo di combattenti che

                                  cacceranno il viceré dal vicereame di Napoli. E tra i combattenti ci

                                  sarete voi e tutti i soci dell’associazione anziani di cui fate parte!

Don Giulio:              Ma chille ténene tutte quante cient’anne! ‘O cchiù giovane songh’io

                                  che ne tengo uttanta!

Masaniello:              E allora comme se fa?

Don Giulio:              Devi trovarti tutti giovani della tua età e solo qualche anziano. Se vuoi,

                                  ti faccio conoscere a un poco di gente con gli attributi.   

Masaniello:              Grazie, don Giulio. Ci vediamo più tardi, allora. Adesso vado un

                                  attimo a casa a mangiare, se no i maccheroni si fanno freddi.

Don Giulio:              Ehm… Masanié, ‘e maccarune già s’hanne fatte fridde. E allora… e

                                  allora… me l’aggio magnate io.

Masaniello:              (Sdegnato) Il mondo è finito! Non c’è più rispetto. Invoco il giudizio

                                  univernale! E il primo ad essere giudicato sarete voi!

Don Giulio:              A soreta! Cià, Masanié, ce vedìmme cchiù tarde.

                                  Esce via a destra lentamente. Masaniello pare malinconico.

Masaniello:              Bernardì, pecché m’he’ fatto chesto? Mò aggia truvà cento scudi pe’ te

                                  fa’ ascì ‘a carcerata. Mannaggia a te!

                                  Si avvicina verso la soglia dell’uscita e guarda verso l’alto. E grida…

                                  Bernardinaaaa!

Bernardina (voce): Oh, ma ch’allucche a ffa’?

Masaniello:              (Sorpreso) Bernardì, ma addo’ staje? Io sento ‘a vocia toja.

Bernardina (voce): E se capsice, tu staje annanzo ‘o carcere, sotto ‘a fenesta mia. Che vaje

                                  truvanno, forza?

Masaniello:              Bernardì, aggia truvà ciento scudi pe’ te fa’ ascì ‘a ‘int’’o carcere.

Bernardina (voce): Bravo, e ffa’ ambresso. Appena esco, aggia turnà ‘a casa e voglio

                                  cummannà sul’io. Pe’ primma cosa, tu nun vaje maje cchiù a magnà ‘a

                                  casa ‘e mammeta. Seconda cosa, ‘o contrabbandiere ‘o faje sulo tu. E

                                  terza cosa, voglio ‘a parrucchiera a domicilio ogni sabato! E’ chiaro?

Masaniello:              Secondo me, hanne raggione ‘o cardinale Ascanio e don Giulio: chi

                                  m’’o ffa’ fa’ d’’a fa’ turnà ‘a casa, a chesta?!       

Bernardina (voce): Comme?

Masaniello:              No, niente, ammore mio. Stevo parlanno io sulo. Senti, hai mangiato?

Bernardina (voce): Sì, pasta e patane. In carcere si mangia male, però ce sta ‘na cosa che

                                  sanne fa’ buono: ‘o ccafé.

Masaniello:              Sì?

Bernardina (voce): Ah, che bellu café, sulo in carcere ‘o ssanne fa’…!

Masaniello:              Vabbuò, ammore mio, io vaco. Devo pagare i cento scudi per te.  

Bernardina (voce): Cià, cià. E ffa’ ambresso, fa’ ambresso!

                                 Masaniello, a capo chino, torna verso il centro e ad un tratto si sente la  

                                 canzone “Viceré” di Amedeo Minghi. Ad un tratto la canta Masaniello.

Masaniello:             “Puozze ittà ‘o sanghe, Vicerè / ‘cca’o viche è scure / e ‘na cape ‘ e

                                 morte riciulea ‘ngoppe a lli grare. / ‘I ‘ te tuzzasse dint’ o mure / cape e

                                 corne, te cecasse ‘ll’uocchie / mentre ‘nciele schiare journe senza ‘e te /

                                 Puozze ittà ‘o sanghe, ohi Vicerè / Puozze ittà ‘o sanghe, Ohi Vicerè!

                                 Ed esce via a destra.

8. [Grazia e Antonia. Poi Masaniello. Poi don Giulio. Infine Diomede]

                                Da sinistra giungono Antonia e Grazia. 

Antonia:                 Néh, Grazia, ma pecché m’he’ purtato a chillu préveto ‘a casa nosta?

Grazia:                   Mammà, quello è don Giulio. E’ un amico di Masaniello.   

Antonia:                 Pure? Masaniello s’’a fa’ cu’ ‘e femmenielle e cu’ ‘e prievete rattuse! Io

                                nun ‘o capisco cchiù a chillu frato tuojo!

Grazia:                   Ma nun penzà a ‘sti scemenze. ‘A mugliera ‘e Masaniello sta in grave

                                pericolo, e don Giulio ce l’he’ venuto a dicere.

Antonia:                 E secondo me, pure Masniello sta in grave pericolo.Ho saputo che il

                                viceré sta perseguitando a tutti i contrabbandieri.  

Grazia:                   Che? Mò aggio capito pecché Masaniello è venuto a annasconnere ‘e

                                pisce ‘a casa nosta. Sta ‘nu fieto ‘e pesce maje visto!

Antonia:                 Grazia, a mammà, primma ‘e tutto amma ittà chillu pesce.  

Grazia:                   Con molto piacere.  

Antonia:                 Po’ amma lavà tutt’’a casa cu’ ‘a candeggina.

Grazia:                   Con molto dispiacere.

Antonia:                 E infine amma stirà ‘e ccammise ‘e Masaniello.

Grazia:                   E che ce azzecca?

Antonia:                 Ce azzecca, ce azzecca. Se arrestano a tuo fratello e lo trovano con le

                                camicie non stirate, pare brutto! Specialmente se lo impiccano.

Grazia:                   E secondo te, ‘o viceré va a vedé ‘a cammisa maltrattata ‘e Masaniello?

Antonia:                 E se capisce. Chillo è ‘nu tipo accussì pipì!

Grazia:                   In ogni caso, bisogna salvare Masaniello.Dove lo nascondiamo?       

Antonia:                 E che ne saccio? Chissà dove starà adesso. Spero almeno che lo

                                ritroviamo ancora vivo.

                                Da destra giunge Masaniello.

Masaniello:            Mammà, hanne arrestato a Bernardina. Aggia pavà ‘o riscatto p’’a

                                libberà. Tenìsse ciento scudi?

Antonia:                 Puozze murì ‘e subito!T’hanna schiattà ‘nfaccia a ‘nu murocomm’a

                                ‘na mosca!(Avviandosi a sinistra) ‘Stu fetente me cerca sempe denare!

                                E va via a sinistra.

Grazia:                   Masanié, ma comme cacchio t’è venuto ‘e cercà denare a mammà?

Masaniello:            M’’e vvuo’ da’ tu?

Grazia:             Ma va’ muore ‘e subito!

                          Esce pure grazia a sinistra.

Masaniello:      Embé, si acchiappo ‘o viceré, m’’o magno comm’a ‘n’abbacchio!

                          Da destra giunge don Giulio.

Don Giulio:      Non c’è più rispetto. Invoco il giudizio universale e il primo ad essere

                          giudicato… sarà il viceré!

Masaniello:      Don Giulio carissimo! Hanno arrestato a mia moglie Bernardina. Per caso

                          tenete cento scudi?

Don Giulio:      Invoco il giudizio universale anche su di te!

Masaniello:      Come non detto!

Don Giulio:      Ho saputo delle tue rivolte contro il viceré insieme a Francesco Arpaja, a

                          Savino Boccardo e a Marco Vitale.

Masaniello:      Sì, don Giulio, siamo entrati in azione.

Don Giulio:      Bravo! Ci sono altri lazzari che ti aspettano qua vicino. Jate a Sant’Egidio.

                          Là vi aspetteranno dei pescivendoli che non vogliono pagare più le gabelle.

Masaniello:      Benissimo!

Don Giulio:      Forza, partite, distruggete il viceré, riportate la libertà a Napoli, così

                          festeggiamo!

Masaniello:      Scusate, don Giulio, fatemi capire: io e gli altri popolani partiamo,

                          distruggiamo il viceré, riportiamo la libertà a Napoli… e voi festeggiate?

Don Giulio:      E io so’ viecchio!

Masaniello:      Ah, ecco, vuje vulìte sultanto cummannà!

Don Giulio:      Fai conto come se io sto al vostro fianco. Masanié, la pa ce trionferà!

                          Ed esce via a sinistra.

Masaniello:      Comm’è bello chisto, io cumbatto e isso festeggia. Ma va’ fa’…!

                          Da destra giunge don Diomede Carafa.

Diomede:          Ragazzo, ma quando me lo porti il pesce?

Masaniello:      No, don Diomede, adesso tengo da fare. Dopo vado a casa di mia madre, vi

                          prendo il pesce e ve lo porto.

Diomede:          Ti raccomando, io l’ho già pagato.

Masaniello:      Certo,mi ricordo. A proposito, don Diomede, devo chiedervi un favore:  

                          hanno arrestato a mia moglie Bernardina. Per caso tenete cento scudi?

Diomede:          Sta carcerata? 

Masaniello:      Sì!

Diomede:          E pe’ me ave voglia ‘e restà carcerata a vita!

                          Diomede esce via a destra.

Masaniello:      Néh, ma nisciuno me vo’ da’ ciento scudi? “Viva ‘o governo ‘e Spagma,

                          mora ‘o malgoverno”! Nun ‘o ssaccio che significa, ma me piace!

                          Esce via a sinistra.

9. [Duca d’Arcos, Ascanio, poi Masaniello, Bernardina e marchesa Brienza]

Voce narrante: La situazione a Napoli comincia a precipitare. Il duca d’Arcos riesce per  

                           miracolo a salvarsi dall’aggressione di un popolano ed invia un messaggio

                           all’arcivescovo di Napoli, il cardinaleAscanio Filomarino, in cui promette

                           l’abolizione di tutte le imposte più gravose.

                           Da destra giunge il duca d’Arcos tutto trasandato, con un foglio in mano  

                           ed una penna che intinge nel proprio sangue (che esce in un rivolo sul lato

                           destro della sua bocca). S’appoggia da qualche parte e scrive velocemente.

Voce narrante: Ottenuta l’abolizione di tutte le gabelle…

Duca:                 (Protesta controla voce narrante) Oh, aspé, sto ancora scrivendo! (Scrive  

                           ancora per qualche secondo, poi…) Ecco, ho finito. Ora puoi raccontare!

                           Ed esce via a sinistra.

Voce narrante: Ottenuta l’abolizione di tutte le gabelle, come voleva Masaniello, Genoino              

                           chiede il riconoscimento di un vecchio privilegio concesso nel 1517 da

                           Carlo V: il riconoscimento per il popolo napoletano di una rappresentanza

                           uguale a quella dei nobili e la riduzione con equa ripartizione delle tasse tra

                           le classi sociali.

                           Da destra entra don Giulio: parla come se lo stesse facendo con qualcuno.

Don Giulio:       Grazie, grazie, siete molto gentili e molto umani! Io vi voglio ringraziare a

                           tutti quanti voi. Il giudizio universale non vi colpirà! Che bello poter

                           ricevere gli stessi provolégi…

Voce narrante: (Lo corregge) Privilegi!

Don Giulio:       Grazie! Dicevo, che bello ricevere gli stessi privilegi dei nobili. Mi sento

                           pure io un nobile. Ho deciso, domani vado in un bel centro commerciale e

                           mi compro un intostapane!

Voce narrante: (Lo corregge) Tostapane!

Don Giulio:       Grazie! Dicevo che mi compro un tostapane da uomo.

Voce narrante: (Lo corregge) Ma perché, esiste un tostapane da donna?

Don Giulio:       Ah non esiste? E non fa niente. E dopo il tostapane unisex, mi compro un 

                            bel televisore 48 alluci!

Voce narrante: (Lo corregge) Pollici!

Don Giulio:       (Stufo, se la prende con la voce narrante) Guagliò, ma tu ce ll’haje cu’ me?

                           E nun me ne faje passà una! (Poi torna a parlare con nessuno) Insomma, il

                           popolo di Napoli può vivere una vita nuova. E tutto questo grazie a

                           Masaniello. E… in confidenza… soprattutto grazie a me! Ditemi “grazie”!

Voce narrante: Grazie!

Don Giulio:       Prego!

                           Ed esce via a destra, beatamente.

Voce narrante: Intanto il cardinale Filomarino, da sempre amico della popolo ed odiato  

                           dalla nobiltà, si propone come mediatore per il riconoscimento dei diritti

                           del popolo e dei rivoltosi.

                           Tra il tripudio della gente (voci che giungono dappertutto), da sinistra

                           entra  Ascanio che fa una passerella salutando il popolo.

Ascanio:            Grazie, grazie, popolo!  Ma che c’entra don Giulio Genoino? Il merito di

                           tutto è mio. Addo’ va, chillu viecchio ‘nzallanuto?

                           Da destra torna don Giulio, sentitosi chiamare in causa.

Don Giulio:       No, no, un momento, mettiamo le cose in chiaro:viecchio ‘nzallanuto ci

                           sarà vostro padre che vi ha fatto nascere!     

Ascanio:            A me? Io sono un cardinale, invece voi siete un semplice prete. 

Don Giulio:       E con ciò?

Ascanio:            Sei un subalterno.

Don Giulio:       Dopo Masaniello, il vero eroe di Napoli sono io.

Ascanio:            Ma che vvo’ chisto? Sono io che ho fatto da mediatore per ottenere i diritti

                           del popolo.Perciò, voi dovreste ringraziarmi.

Don Giulio:       Io a voi? Ma ccà mettimme ‘a carne sotto e ‘e maccarune ‘ncoppa?!

                           Da destra entrano Masaniello e Bernardina (non notati dai litiganti), mano

                           nella mano. Osservano diveriti i due che litigano. 

Ascanio:            No, no, un momento, fermiamo tutta la storia. Qua ci sta un equivoco su

                           chi è l’eroe vero. E dopo Masaniello, oppure alla pari con lui, lo sono io.

Don Giulio:       No, no, un momento, fermiamo la storia veramente. Io capisco che voi

                           siete cardinale, ma questo non significa che dovete riconoscervi come un

                           eroe. Qua l’eroe vero sono io.

Ascanio:            No, no, un momento, mettiamo le cose in chiaro.

Don Giulio:       No, no, un momento,qua si rischia di creare un falso storico. 

Ascanio:            No, no, un momento, il falso storico lo create voi. Qua l’eroe sono io.

Don Giulio:       Sono io.

Ascanio:            Sono io.

Don Giulio:       Io.

Ascanio:            Io.

                           Escono a destra continuando così. Masaniello e Bernardina se la ridono.

Masaniello:       ‘Sti duje scieme!

Bernardina:      Overamente, nun m’’o penzavo. M’hanne delusa proprio!   

Masaniello:       E pur’a me. Qua il vero eroe sono io.

Bernardina:      E mò che cosa intendi fare?

Masaniello:       (Parla come un guappo) Bernardì, io non odio nessuno ma non dimentico.

                           (Tira fuori un accendino) Voglio punire tutti i responsabili delle gabelle.

Bernardina:      Uh, me dispiace.

Masaniello:       E pecché te dispiace?

Bernardina:      E a me mi piacciono le ciambelle!

Masaniello:       Cretina, chi sta parlanno d’’e cciambelle? Io stongo parlanno d’’e ttasse.

                           Ma non le tasse normali, io dico quelle là preparate a cazzimma dal viceré.

Bernardina:      Ah, ecco. E a chi vuoi pulire?

Masaniello:       Ma perché, io devo pulire a qualcuno?

Bernardina:      E tu hai detto che vuoi “pulire” a tutti i resposabili!

Masaniello:       Nenné, primma che gghive carcerata t’aggio lassata scema, e aroppo ‘o

                           carcere t’aggio truvata ancora cchiù scema! Io non ho detto che voglio

                           pulire. Io ho detto che voglio punire.

Bernardina:      Ah, e forse ho capito male.

Masaniello:       E se capisce. Secondo te, io me metto a pulezzà ‘e ggente? Io non pulisco a

                           nessuno! Caso mai, punisco.

Bernardina:      E a chi vuoi mettere in punizione?

Masaniello:       Ma che stamme, ‘a scola?! Io voglio punire prima di tutti Girolamo Letizia,

                           il colpevole del tuo arresto.

Bernardina:      E’ stato isso? Chillu curnuto!E che cosa gli vuoi fare?

Masaniello:       (Aziona l’accendino) Vedi questo accendino? Gli voglio bruciare la casa.

Bernardina:      E addo’ sta? ‘Ncoppa ‘o Vommero?

Masaniello:       Ma qualu Vommero? Sta nei pressi di Portanova. E non voglio bruciarla

                           soltanto a lui, ma pure agli altri.

Bernardina:      Accussì se ‘mparene, ‘sti fetienti!

Mas&Bern:      (Ridono felici) Ahahahah!

Masaniello:  Jammuncenne, Bernardì. Mi manchi da troppo tempo. Ma tu lo sai che è da

                      parecchio che non facciamo una determinata cosa?

Bernardina: Ma tu pensi sempre al sesso?

Masaniello:  Qualu sesso? Io stavo pensando ad una cosa che non facciamo da parecchio:

                      ‘na bella frittura ‘e pesce!

Bernardina: (Delusa) E andiamo a fare la frittura di pesce.

                      Da destra entra la marchesa di Brienza.

Marchesa:    Pescivendolo!

Masaniello:  Ma qualu pescinvendolo e pescivendolo? Io per voi sono il signor Masaniello.

Marchesa:    E da quando?

Masaniello:  Da quando ho donato ai napoletani di non essere più succube del viceré.

Marchesa:    Sì, vabbé, io non ne capisco di politica. Senti, io tengo ancora in sospeso di

                      dover amamzare la mia nemica. Mi serve il pesce avvelenato.

Bernardina: (Eccessiva)Siente, si nun vuo’ che te scippo tutta ‘a faccia, liévete ‘a nanzo e

                      fance passà. He’ capito?

Marchesa:    Mamma mia, che modi! Passate, passate.

                      Gli fa spazio e i due escono via a destra, ridenti. La marchesa commenta.

                      Io me lo ricordavo tanto umile, quel Masaniello. Non vorrei che il potere

                      improvviso gli avesse fatto perdere la testa. Invece quella donna è sempre la

                      stessa: una autentica vaiassa! (Inorridita) Che schifo, io cambio strada, va’!    

                      Ed esce a sinistra inorridita.

 

FINE ATTO PRIMO

Napoli, sempre la stessa strada: qualche giorno dopo.

ATTO SECONDO

                  

1. [Duca d’Arcos e Ascanio. Poi don Giulio]

                            Al centro ci sono il duca d’Arcos arrabbiato (mani sui fianchi) e Ascanio

                           (con la testa bassa, come atteggegiamenti di chi è rimproverato). 

Voce narrante: Qualche giorno dopo, gli avvenimenti precipitano. Il duca d’Arcos non si

                           rassegna del tutto a perdere il proprio potere su Napoli. Anche se continua

                           ad essere un incapace, insulso, inesperto, mondano, stupido, frivolo…

Duca:                 (Seccato) E basta! Te ne vai, sì o no? Devo fare la cazziata al cardinale.

Voce narrante: Va bene, va bene. Ascoltiamo l’incapace cosa vuole dire al cardinale.

Duca:                 Dunque, cardinale Filomarino,ho perso il filo. Dove eravamo rimasti?   

Ascanio:            Duca, ancora dovevate cominciare a parlare. 

Duca:                 Ah, già. In ogni caso, sarò breve. Mio caro cardinale, voi mi avete deluso.

                           Non soltanto avevate promesso di aiutarmi nella mia lotta contro

                           Masaniello, senza mantenere la promessa, quando poi siete stato anche il

                           protagonista numero uno nella lotta dei diritti al popolo napoletano.

Ascanio:            E ne sono fiero.

Duca:                 Silenzio! Io non vi ho dato ancora la parola. Ricordatevi una cosa, il sud

                           non ha diritti. Bisogna votare la Lega nord!

Ascanio:            E che c’entra? 

Duca:                 Non lo so! In ogni caso, come vi liberate dalle accuse di tradimento nei

                           miei confronti? Voglio proprio sentire.  

Ascanio:            Duca, io non vi temo. Lo so, avete ragione voi, in un primo tempo avevo

                           deciso di aiutarvi e di tradire Masaniello. Ma l’ho fatto perché io vado dove

                           sventola la bandiera. Lo ammetto.

Duca:                 Ah, sì? E allora lo sapete cosa vi dico?  

Voce narrante: Fate presto, la storia deve andare avanti.

Duca:                 Come ti permetti di interrompermi?

Voce narrante: Io sono la voce narrante.

Duca:                 E io sono il duca d’Arcos, viceré di Napoli.

Voce narrante: E va bene. Però ricordatevi, caro duca, che siete stato sconfitto.

Duca:                 Ma vai via e facci fare.

Voce narrante: Pochi minuti e poi vi toglierò la parola.

Duca:                 Va bene. Dunque, cardinale, dicevamo: sapete cosa vi dico? Io vi farò

                           perdere tutti i privilegi. E agli amici o ai parenti vostri a cui ho dato lavoro,

                           glielo farò perdere nuovamente.

Ascanio:            Voi non ci riuscirete mai.

Duca:                 E invece sì. Qualche amico importante ancora ce l’ho.

Ascanio:            (Con atteggiamento di sfida) Fate pure.

Duca:                 Vedete, il problema non è tanto che ho perso la mia battaglia con quel

                           pescivendolo, ma la brutta figura che ho fatto con le trasmissioni televisive

                           del nord.

Ascanio:            Quelle parlano sempre male di Napoli.

Duca:           Appunto! Se scoprono che qualcosa va bene in questa città, sono problemi.

Ascanio:      (Ha un’idea e gli si incattivisce il viso) In ogni caso, non prendetevela con me.

                     Il vero eroe di questa città… è don Giulio Genoino.

Duca:           Don Giulio Genoino? Dovevo immaginarlo. Gliela farò pagare.

Ascanio:      Bene, io mi congedo da voi, duca. Arrivederci e tante belle cose.

                     Esce via a destra, facendo finta di nulla.

Duca:           Don Giulio Genoino? Ma ho capito bene? Don Giulio Genoino?

                     Da sinistra giunge proprio lui.

Don Giulio: Chi mi cerca?

Duca:           Ah, voi state qua. Mio caro don Giulio dei miei stivali, voi mi avete deluso.

                     Non soltanto avevate promesso di aiutarmi nella mia lotta contro Masaniello,

                     senza mantenere la promessa, quando poi siete stato anche il protagonista

                     numero uno nella lotta dei diritti al popolo napoletano.

Don Giulio: Io vi ho promesso di aiutarvi a lottare contro Masaniello?

Duca:           (Fa mente locale) Ora che ci penso, no. Però siete stato il protagonista numero

                     uno nella lotta dei diritti al popolo napoletano.

Don Giulio: Duca, io non vi temo.

Duca:           Ah, sì? E allora lo sapete cosa vi dico?  

Don Giulio: Fate presto, la storia deve andare avanti.

Duca:           Guardate, che la voce narrante non ha parlato proprio!

Don Giulio: E lo dico io.

Duca:           Io sono il duca d’Arcos, viceré di Napoli.

Don Giulio: E va bene. Però ricordatevi, caro duca, che siete stato sconfitto.

Duca:           Sapete cosa vi dico? Io vi farò perdere tutti i privilegi. E agli amici e ai parenti

                     vostri a cui ho dato lavoro, glielo farò perdere nuovamente.

Don Giulio: Voi non ci riuscirete mai.

Duca:           E invece sì. Qualche amico importante ancora ce l’ho.

Don Giulio: (Con atteggiamento di sfida) Fate pure. In ogni caso, non prendetevela con me.

                     Il vero eroe di questa città… è il cardinale Ascanio Filomarino.

Duca:           Ma si può sapere chi è questo eroe?

Don Giulio: Masaniello oppure il cardinale. A me lasciatemi in pace.

Duca:           Tanto, vi distruggerò a tutti e due. In qualche modo!

                      Esce via a sinistra.

Don Giulio: Per levarmelo davanti, gli ho detto che gli eroi della città sono Masaniello

                      oppure il cardinale Filomarino. Ma quando mai? L’eroe di Napoli sono io!

                      Esce via a destra.

2. [Masaniello, Bernardina e poi don Diomede]

                      Da sinistra, giungono Masaniello e Bernardina.

Masaniello:  Cara Bernardina, ma tu ci pensi? L’eroe di Napoli sono io!

Bernardina: Beh, alla fine, l’eroina di Napoli posso essere anche io.

Masaniello:  Zitta, nun te fa’ sentì. Non usare parole come “eroina”!

Bernardina: E pecché?

Masaniello:  Qualcuno s’avessa penzà che stamme parlanno ‘e droga e fernimme ‘e fa’!

Bernardina: Già, amò, he’ raggione tu. Allora diciamo che l’eroessa di Napoli sono io!

Masaniello:  E famme sentì pecché l’eroessa ‘e Napule si’ tu.

Bernardina: Perché se non mi arrestavano e non mettevano un riscatto per farmi uscire dal  

                      carcere, tu non ti arrabbiavi col viceré e non lo battevi.

Masaniello:  Bernardì, io già ‘o schifavo, ‘o viceré. Non lo sopportavo proprio, perciò lo

                      avrei combattuto lo stesso.

Bernardina: Tu dici?

Masaniello:  Io dico.

Bernardina: E ti sbagli.

Masaniello:  No, ti sbagli tu.

Bernardina: Vabbé, vabbé, non ci appiccichiamo. Diciamo che siamo eroi al 50%.

Masaniello:  80% io e 20% tu.

Bernardina: 60% io e 40% tu?

Masaniello:  No, facciamo 70% io e 30% tu.

Bernardina: Accetto! E ora esco pure sui libri di storia?

Masaniello:  Tu usciresti lo stesso sui libri di storia.

Bernardina: In che senso?

Masaniello:  Mi capisco io.

Bernardina: Mah!

Masaniello:  Bene, e ora, Bernardì, vogliamo andare a fare una cosa che non facciamo da

                      una vita? Non si tratta della pasta e fagioli.

Bernardina: Finalmente un po’ di sesso. Quando stavo in carcere, ne sentivo la mancanza!

Masaniello:  E allora andiamo.

Bernardina: Va bene.

                      Ma mentre sui avviano a destra, si imbattono in don Diomede.

Diomede:      Pescivendolo!

Bernardina: Ua’ ‘e che scassambrello! Sentite, mio marito è passato a miglior vita. Non

                      vende più i pesci. Adesso fa politica.

Masaniello:  Vabbé, non esageriamo adesso.

Bernardina: No, no, esageriamo, esageriamo!

Diomede:      E già, adesso stai vivendo il tuo momento magico. Andrai in televisione come

                      ospite in tutte le trasmissioni. Bravo!

Masaniello:  Ma è un “bravo” ironico oppure sincero?

Bernardina: Io dico che è ironico, anche se non saccio che cosa significa!

Diomede:      No, no, è sincero. Eppure, nonostante tutto, il vero eroe di Napoli… sono io!

Bernardina: Che cosa? Non è vero, la vera eroessa di Napoli sono io.

Masaniello:  Al 30%

Bernardina: Appunto, e tu al 70!

Diomede:      Ma se noi nobili non avessimo dato il benestare, e soprattutto io che sono il

                      più nobile dei nobili, tu non ce l’avresti mai fatta.

Bernardina: Mah!

Masaniello:  E vabbé, in un certo senso avete ragione voi. Facciamo così: io sono l’eroe di

                      Napoli al 70%, mia moglie Bernardina al 20% e voi al 10%!

Bernardina: E mò pecché ce aggia rimettere io?

Masaniello:  Perché io ho combattuto e la mia percentuale non può calare.

Diomede:      Va bene, va bene, ma ricordatevi una cosa: voi siete solo degli arrivati. Io

                      invece sono sempre stato nobile.

Masaniello:  Parlate per voi. La mia famiglia è rimasta umile come sempre. Stateve buono!

                      Masaniello e Bernardina escono a destra. Diomede trama qualcosa.

Diomede:  (Prende il cellulare e chiama qualcuno) Pronto, parlo col bandito Domenico

                   Perrone? Cià, Mimì, so’ Diomede Carafa! Il nobile di soldi e di linguaggio.

                   Senti, caro, devi farmi un lavoro. Al telefono non posso parlare liberamente,

                   perché rischiamo di capitare in qualche intercettazione. Allora parlerò con

                   parole in codice: devi uccidere Masaniello! (Perplesso) Non ho parlato in

                   codice? Ehm… va bene, fai lo stesso quello che ti ho chiesto. Cià, buon lavoro.                  

                   (Chiude la telefonata) Quel pescivendolo farà una brutta fine. Ha perso ogni

                   umiltà. Meno male che almeno la sua famiglia è rimasta utile!

                   Esce via a destra.

3. [Antonia, Grazia e marchesa di Brienza]

                   Da sinistra entrano Antonia e Grazia con mantelli lunghi e con strani cappelli

                   in testa. Sono seguite dalla marchesa di Brienza.

Antonia:    Viene, viene, Grazia, a mammà!

Grazia:      Stongo appriesso a te.

Antonia:    Venite pure voi, signora marchetta!

Marchesa: Marchesa! Quale marchetta?

Grazia:      E aggiate pacienza, quella mia mamma si è sbagliata. Ma nemmeno più di tanto!

Antonia:    E allora, marchesa, come ci trovate?

Marchesa: Beh, devo dire che vi trovo piuttosto bene.

Antonia:    E grazie a mio figglio, ci siamo arriccute!

Marchesa: Arricchite!

Grazia:      Un’altra volta? Come vi permettete di correggere a mia madre?

Marchesa: Ma quella sbaglia.

Grazia:      E lasciatela sbagliare. Lei è la mamma di un eroe mondiale! Anzi, universale!

Marchesa: Che esagerazione! (Osserva Grazia con malizia) E voi, signorina?

Grazia:      Io che?

Marchesa: No, dico, voi avete migliorato il vostro aspetto esteriore.

Grazia:      Veramente, io sono sempre stata bella. Sono la più bella di Napoli.

Marchesa: Ora basta! La più bella di Napoli sono io.

Grazia:      No, vi sbagliate, sono io.

Marchesa: No, io.

Antonia:    E va bene, signora marchigiana…

Marchesa: Marchesa!

Antonia:    Appunto! Mia figlia è bella e pure voi siete bella.Ognuna tiene la sua bellezza.

Grazia:      Nient’affatto! Io lo sono di più.

Marchesa: Embé, se soltanto quell’imbecille di pescivendolo mi avesse dato ciò che gli ho

                   chiesto…! Ma mi sa che agirò da sola. E veleno sia!

Antonia:    Signora marcatempo!

Marchesa: Marchesa!

Antonia:    Vabbé, insomma voi. Io vi volevo dire: ma che cos’è tutta questa cattiveria nei

                   confronti di mia figlia?

Grazia:      Ma quanta conferenza chi v’’a da?

Marchesa: Io sono una donna con la nobiltà nel sangue!

Antonia:    E allora jate addu’ ll’analista! Fatevi le analisi!

Marchesa: E perché?

Antonia:           Accussì ve curate chesta cosa che tenìte ‘int’’o sangue!

Marchesa:        Non so che cosa mi trattenga dal metervi le mani addosso.

Antonia:           Signora marcantonia…

Marchesa:        Marchetta! Cioè marchigiana! Cioè marcatempo! Mamma mia, me state

                           ‘nzallanenno! Nun capisco cchiù niente!

Grazia:             (Ride per prenderla in giro) E’ ‘na cosa normale!

Marchesa:        Embé, tra non molto, non riderete più. Stateve bbone tutt’e ddoje!

                          Esce via a sinistra.

Antonia:           Ma che va truvanno, chella?!

Grazia:             Tene sempe ‘a puzza sotto ‘o naso!

Antonia:           (Non ha capito ed equivoca) Overamente? Ma pecché, forse io e te

                           puzzamme? (Si odora addosso) Io nun sento niente.

Grazia:             Ma no, mammà, era un modo di dicere!

Antonia:           Ah, ecco. Comuqnue, menu male ch’è cagnata ‘a vita nosta. Lo sai che cosa

                          voglio fare? Mi iscrivo in palestra. Voglio fare quella ginnastica strana.

Grazia:             Quale?

Antonia:           Lo Yogurt!

Grazia:             Si chiama Yoga, però va buono ‘o stesso.

Antonia:           E ppo’ aggia i’ ‘o centro commerciale. Voglio accattà ‘nu castello.

Grazia:             E quale?

Antonia:           ‘O Castel dell’Ovo!

Grazia:             No, nun se po’ accattà. E’ ‘nu monumento.

Antonia:           E allora ‘o Maschio Angioino.

Grazia:             No, nun se po’ accattà. E’ ‘nu monumento.

Antonia:           E allora m’accatto elettrodomestici a volontà. Per cominciare, mi voglio

                          accattare un phon che fa addirizzare i capelli in testa!

Grazia:             E a che te serve?

Antonia:           Mi piacciono assai i capelli cotonati come si portavano negli anni ’80!

Grazia:             Mammà, e io che mi compro?

Antonia:           Già, tu che ti compri? Vieni con me e ci pensiamo un poco.

                          Le due escono a destra, con atteggiamento di riflessione.

4. [Voce misteriosa, Masaniello e Bernardina]

Voce narrante: Nel frattempo, il killer pagato da don Diomede entra in azione. Masaniello

                           si accorge di essere braccato e fugge via per le strade di Napoli.

                           Da sinistra, fuggiasco, giunge Masaniello.

Masaniello:       Néh, uhé, ma chi è che me vo’ accidere a me? E soprattutto, pecché?                

                           (Squilla il suo cellulare) ‘O cellulare? E chi sarrà, mò? (Risponde) Pronto!

Voce ignota:     (Voce roca maschile) Pronto, Masaniello?

Masaniello:       Sì, sono io.

Voce ignorta:    Devo parlarvi un momento.

 Masaniello:      Sentite, se dovete farmi qualche offerta commerciale, adesso non è proprio

                           il momento.

Voce ignota:     No, non è un’offerta commerciale. Debbo dirvi una cosa.

Masaniello:       Dite, dite. 

Voce ignorta:     Scé, t’aggia accidere! T’aggià levà ‘a coppa ‘a faccia d’’a terra!

Masaniello:        A me?

Voce ignota:       E a chi, allora?   

Masaniello:        Ma chi è parla? 

Voce ignorta:     Domenico Perrone, detto Mimmo, professione sicario!

Masaniello:        Chi ti ha pagato per uccidermi?  

Voce ignota:       Non te lo posso dire, altrimenti don Diomede non mi paga!

Masaniello:        E dai, dimmelo! 

Voce ignorta:     Ti ho detto che don Diomede non mi paga!

Masaniello:        E per piacere!

Voce ignota:       Oh, ma si’ scemo? Ti ho detto don Diomede.

Masaniello:        Don Diomede?Me lo dovevo aspettare. E’ colpa mia. Io non gli ho portato

                            più il pesce e quello si vuole vendicare!  

Voce ignorta:     No, nun è chisto ‘o mutivo. Comunque, ti vuole morto. E io sto cvenendo

                            a prenderti. Sì, sono alle tua calcagna!

Masaniello:        (Si guarda intorno) Mamma bella, ma chi si’, ‘o fantasma?

Voce ignota:       T’aggia accidere, Masanié, t’aggia accidere!

Masaniello:        (Chiude il telefono) E allora me n’aggia fujì!

                            Masaniello fugge via a sinistra.

Voce ignota:       T’aggia accidere, Masanié, t’aggia accidere!

Voce narrante:   Ma la gente del popolo non potrebbe mai permettere di vedfere ucciso il

                             proprio beniamino. La folla inferocita cattura ed uccide il bandito

                             Domenico Perrone che prima di morire confessa di essere al soldo del

                             duca di Maddaloni.

                             Da sinistra si siente il pubblico gridare cose incomprensibili, dopodiché

                             una voce chiede a Domenico.

Voce popolano:  Chi t’ha ordinato ‘e accidere a Masaniello?

Voce Domenico: Non te lo posso dire, altrimenti don Diomede non mi paga!

Voce popolano:  E dai, dimmelo! 

Voce Domenico: Ti ho detto che don Diomede non mi paga!

Voce popolano:  E per piacere!

Voce Domenico: Oh, ma si’ scemo? Ti ho detto don Diomede.

                             Dopodiché si siente il pubblico gridare cose incomprensibili, poi a

                             centro strada, da sinistra, giunge rotolante la testa di Domenico Perrone.

Voce narrante:   Ehm… forse avete un po’ esagerato. La leggenda non dice che Domenico

                             Perrone è stato decapitato. O perlomeno, non lo specifica.

                             Da sinistra entra Masaniello.

 Masaniello:        Addo’ sta? Addo’ sta ‘a capa d’’o killer?! (La nota in terra) Ah, tu staje

                             lloco? E mò facìmme ‘e cunte.

                             E vi si avvicina, mentre da sinistra entra Bernardina che va dietro

                             Masaniello e lo osserva (a braccia conserte) parlare con la testa esanime.

                             E tu, me vulìve accidere a me? Sì? Mi volevi ammazzare? E non ci sei

                             riuscito. E sì, perché il popolo è con me. E il popolo ti ha ucciso. E il

                             vincitore sarò sempre io. Sìììì! (Se la ride) Ahahahah!

                             Si volta ridendo, nota sua moglie che gli si accosta e smette di ridere.

Bernardina:        Masanié, ma tu si’ asciuto pazzo?

Masaniello:         No!

Bernardina: E tu te si’ mmiso a parlà cu’ ‘na capa ‘e muorto!

Masaniello:  Chillo è l’assassino che me vuleva accidere.

Bernardina: L’assassino?

Masaniello:  Don Diomede ha pavato a ‘nu sicario. Chillu grandu piegoro! Nun ce porto

                      maje cchiù manco ‘na capa ‘e pesce!

Bernardina: (Spaventata) Masanié, io me metto appaura. Ma pecché te vonno fa’ ‘a pelle?

Masaniello:  E nun te spaventà. Lo sai benissimo, io sono un uomo molto temuto, in giro.

Bernardina: (Spaventata di più) Sei un uomo? Uh, mamma mia! (Piange)

Masaniello:  Nun aggio capito, ma pecché, allora nun songo ommo?

Bernardina: Boh! A me m’hanne ditto che tu te si’ fidanzato cu’ ‘nu certo Marco.

Masaniello:  Bernardì, non ascoltare queste scimmità di popolo. Chi dice queste cose, è

                      gente che mi vuole male.

Bernardina: Ma tu non hai detto che il popolo è con te?

Masaniello:  Sì, è con me. Però ho dovuto uccidere un sicario che mi voleva fare la pelle.

Bernardina: Ma tu non hai detto che è stato il popolo?

Masaniello:  Sì,però a me nessuno mi vuole veramente morto. 

Bernardina: Ma tu non hai detto che don Diomede ha pagato il sicario per ucciderti?

Masaniello:  Sì, però io sono un uomo molto umile e senza atteggiamenti da protagonista.

Bernardina: Ma tu non hai detto che sei un uomo molto temuto in giro?

Masaniello:  (Stufo) Bernardì, e nun me rompere ‘e scatole! Jammuncenne ‘a casa.  

Bernardina: Ma tu non hai detto…?

Masaniello:  E basta!

                      I due escono a sinistra.

5. [Don Diomede, poi don Giulio e duca d’Arcos. Poi Masaniello e Ascanio e gli altri]

                      Da destra giunge don Diomede.

Diomede:     Che bella giornata, è oggi! (Saluta inconsapevolmente la testa mozza di  

                      Domenico Perrone) Cià, Mimì!

                      Ed esce a sinistra. Poco dopo, torna verso la testa, sconvolto.

                      Mimì? Domenico Perrone è stato ucciso da Masaniello. Quel tizio è terribile. 

                      Ad un tratto, la testa di Domenico gli risponde.

Testa Dom.: No, nun è stato isso, è stato ‘o popolo.

Diomede:      Tu statti zitto! Hai fallito, per cui non ti pago.

                      Scalcia via la testa di Domenico. Da destra entra don Giulio che lo richiama.

Don Giulio:  Ma siete scemo? Voi gli fate male!

Diomede:      A chi?

Don Giulio:  Alla testa!

Diomede:      Alla testa? Aggio capito, è arrivato ‘n’atu scemo!

Don Giulio:  Dove sta?

Diomede:      Chi?

Don Giulio:  ‘O scemo.

Diomede:      Siete voi!

Don Giulio:  Voi chi?

Diomede:      E bastaaaa!

                      Ed esce via a sinistra furibondo.

Don Giulio:  Ma pecché s’è arraggiato? Mah!

                      Da sinistra giunge il duca d’Arcos toccandosi la fronte indolenzita.

Duca d’Arcos:  Ma chi è chillu “scemos”? Ha dato un calcio ad una pietra… e me l’ha

                           menata ‘nfronte! Ah, che dolore!

Don Giulio:       Il duca d’Arcos?

Duca d’Arcos:  Dove sta?

Don Giulio:       Siete voi! 

Duca d’Arcos:  Io?

Don Giulio:       Ma vuje state cchiù stunato ‘e me?

Duca d’Arcos:  Ah, già, io sono il duca d’Arcos. E voi, don Giulio Genoino, siete capitato

                           di nuovo sulla mia strada.

Don Giulio:       No, veramente, siete voi che siete capitato sulla mia strada.  

Duca d’Arcos:  E già, adesso vi fate forte perché nessuno vi può toccare.

Don Giulio:       Ma voi tate ancora qua a Napoli? Quando ve ne tornate in Spagna?

Duca d’Arcos:  Il mio nome tornerà più forte di prima. E il primo a cui la farò pagare…

                           siete voi!

Don Giulio:       E chi si? ‘O giudizio universale?

                           Don Giulio esce via a sinistra.

Duca d’Arcos:  Non c’è più rispetto! (Si tocca la fronte dolorante) Ah, la fronte, la fronte!

                           Il duca d’Arcos esce a destra.

                           Da sinistra entra Masaniello.

Masaniello:       Senti, voce narrante, fa’ ambresso, ambresso! Che deve succere più?

Voce narrante: La plebe ora si vendica sul fratello del duca, don Giuseppe Carafa, che   

                           viene decapitato, così da portare la sua testa in trionfo da Masaniello.

Masaniello:       No, chi schifo, tenitavélla! E ppo’, e ppo’?

Voce narrante: Intanto si addentrano nel golfo di Napoli delle navi spagnole agli ordini

                           dell’ammiraglio Doria. Masaniello però impedì alla flotta lo sbarco,

                           costringendo l’ammiraglio Doria ad inviargli un messaggero che supplicò

                           Masaniello, a cui si rivolge chiamandolo «Sua signoria illustrissima»!

Masaniello:       Sua signoria illustrissima a me? Bene, ora si ragiona! (Prende il cellulare)

                           Ordino di portare quattrocento palate di pane! Subito!

                           Ed esce via a sinistra.

Voce narrante: Il giorno 11 Masaniello sfila tra il popolo festoso e acclamante insieme al

                           cardinale Filomarino fino a Palazzo Reale per incontrare il viceré.

                           Da sinistra entra, con fare da guascone, Masaniello, con Ascanio, e passa

                           tra Antonia, Grazia, Bernardina, don Diomede e la marchesa festanti. Poi

                           escono tutti a destra.

Voce narrante: Alla presenza del duca d’Arcos, a causa di un improvviso malore,

                           Masaniello perde i sensi e sviene iniziando a manifestare i primi sintomi di           

                           instabilità mentale che gli avrebbe poi procurato l’accusa di pazzia.

                           Da destra entra il duca d’Arcos con Ascanio e così Masaniello sviene di

                           fronte al primo. Il duca approfitta allora per rimproverare Ascanio.

Duca:                 Cardinale, voi siete un traditore. Adesso, quello che vi dirò, preferisco dirlo

                           in spagnolo maccheronico, perché è troppo volgare: ma che schifos! Porca

                           miserias infames! Voi mi avevate promessos che mi aiuatavates a

                           acchiappares Masaniellos e invece mi avete traditos. Infames! Ma por que?

Ascanio:            (Allagrando le braccia) Eh, beh!

Duca:                 Ora ho capito cosa fare, si cambia tattica: appena si risveglia, vedrete.

Masaniello:       (Si riprende e si rialza in piedi) Ah, mamma bella, ‘a capa. Nun aggio

                           capito pecché songo svenuto.

Duca:                 (Gentile) Lascia stare, Masaniello. Dopo ti faccio misurare la pressione.

                           Ascolta, Masaniello, ti posso chiamare Tommasino?

Masaniello:       No!

Duca:                 Fa nulla. Vorrei chiederti, alla presenza del cardinale Filomarino, di 

                           accettare la mia proposta di rinunciare a spodestare il viceré, che sarei io.

                           In cambio otterrai onori e prebende.

Masaniello:       Le bende te le metti tu in fronte, pecché io te ciacco! Non mi corromperai.

Ascanio:            E allora, caro Masaniello, ti nomino “Capitano generale del fedelissimo

                           popolo napoletano”. E lo renderò noto anche a papa Innocenzo X.

Duca:                 Puozze passà ‘nu guajo niro!

Ascanio:            Come?

Duca:                 No, ho detto “bravo”!

                           I tre escono a destra.

6. [Masaniello, Bernardina e via via tutti gli altri]

Voce narrante: Masaniello inizia a frequentare la corte spagnola ed è empio di onori dai

                           dai nobili e dallo stesso duca d’Arcos. I suoi abiti non sono più quelli di un

                           pescivendolo ma quelli di un nobiluomo, e sotto la sua casa a Vico Rotto

                           viene eretto un palco dal quale legifera a suo piacimento in nome del re di

                           Spagna. E’ più volte ricevuto a Palazzo Reale con la moglie Bernardina,

                           che si presenta come “viceregina delle popolane”,e la sorella Grazia.

                           Da destra torna Masaniello (con un mantello lungo e nero ed uno strano

                           copricapo), mano nella mano con Bernardina e Grazia. Da sinistra entra il

                           duca d’Arcos, col viso sdegnato, mastica amaro. Si incontrano al centro.

Duca:                 Che schifo! Che schifo!

Bernardina:      Come dicete, duca?

Duca:                 (Finge un volto di benevolenza) Dicevo: vogliate accettare l’invito a

                           pranzo nella mia umile reggia.

Grazia:              Azz, finalmente se magna!

Duca:                 Scusate, signorina, non ricordo di conoscervi. Mi ripetete il vostro nome?

Grazia:              So’ Grazia, ‘a sora d’’o super eroe Masaniello, la più bella del vicereame!

Bernardina:      Beh, in quanto a bellezza, forse songo cchiù bella io!

Grazia:              Ma che vvo’, chesta?

Masaniello:       Uhé, basta, a tutt’e ddoje! Non ci fate caso, duca, queste due si schifano!

Duca:                 (Masrtica amaro e finge benevolenza) Non importa. Venite, andiamo. La

                           duchessa d’Arcos ha fatto preparare cibi avvelenat… cioè, prelibati!

Grazia:              Scusate, duca, a me non mi fate mangiare i sottaceti. Non mi piacciono.

                           Portatemi due melenzane a funghetto e tante carote!  

Masaniello:       Ma che staje, ‘o ristorante?

Bernardina:      E vogliamo andare? Io non vedo l’ora di conoscere la duchessa di Arcos.

Grazia:              E pur’io. Voglio vedé si è cchiù bella ‘e me. Ma non credo!  

Bernardina:      E già ce stongo io che songo cchiù bella ‘e te.

Grazia:              Ma stattu zitta!

Masaniello:       E basta! Signor duca, siamo pronti. Vogliamo andare?

Duca:                (Sospirando) E andiamo. Per di là.

                           Indica a sinistra e così i quattro escono per di là.

Voce narrante: Secondo la leggenda, la presunta pazzia di Masaniello è causata dalla

                           roserpina, un allucinogeno somministratogli durante il banchetto alla

                           reggia. In realtà, il comportamento di Masaniello è mutato a causa

                           dell’improvvisa ascesa al potere.

                           Da sinistra giunge Masaniello (in mantello nero) con coltello in mano.

Masaniello:       (Con gliocchi del pazzo, ride) Ahahahahah!

Voce narrante: Man mano che il suo potere aumenta, i segni di squilibrio manifestati, sono

                           numerosi: ad esempio il lancio del coltello tra la folla…

                           Da destra giunge don Giulio che lo saluta.

Don Giulio:       Uhé, cià, Masanié!

                           Masaniello gli lancia il coltello ma lo manca. Don Giulio lo redarguisce.

                           Oh, ma si’ scemo? Per poco non mi colpivi!

Masaniello:       (Con gliocchi del pazzo, ride) Ahahahahah! No, sono allegro! E mò me

                           vaco a ffa’ ‘nu bellu bagno a mare. Lévate ‘a nanzo!

                           Prende la rincorsa e fugge verso destra, mentre don Giulio si scansa.

Don Giulio:      (Alla fine commenta) Ma chisto è addiventato pazzo? Mah! Il giudizio   

                           universale già sa cosa fare!

                           Ed esce pure lui a destra.

Voce narrante: …E poi le lunghe galoppate, i tuffi notturni nel mare, i progetti strani come

                           trasformare piazza del Mercato in un porto e collegare Napoli alla Spagna

                           mediante un ponte. Inotre ordina diverse esecuzioni sommarie dei suoi

                           oppositori. Insomma, di tutto e di più.

                           Da destra torna Masaniello, indicando persone in punti non precisati.

Masaniello:       Tu h’e murì! Tu pure he’ murì! Tutti quanti ata murì!

Voce narrante: E io?

Masaniello:       E pure tu!

Voce narrante: E’ pazzo, è proprio pazzo!

                           Masaniello esce via a sinistra. Da destra giunge la marchesa di Brienza

                           con una piccola cesta conenente due mele.

Marchesa:        (Dopo una risata tipo strega)Ecco qua, la mia vendetta è pronta. In una di

                           queste due mele, c’è il veleno che ucciderà la sorella di Masaniello, così la

                           smetterà di dire che è la più bella del vicereame! Invece nell’altra mela c’è

                           un filtro che farà innamorare di me Masaniello, così domineremo Napoli

                           insieme. (Se la ride) Ahahahah! (Poi smette di colpo)Un momento, ma

                           quale delle due contiene il veleno? Accidenti, non le ho distinte. E adesso?

                           Le osserva. Da sinistra giunge Masaniello.

Masaniello:       A morte… a morte… a mort… (Nota lei) ‘A marchesa ‘e Brienza? No,

                           essa nun ha da i’ a morte, pecché è bona! (Va da lei) Marchesa!

Marchesa:         (Si spaventa) Chi è? Ah, ehm… sei tu, pescivendolo?

Masaniello:       (Spavaldo)Qualu pescivendolo? Io sono l’eroe dei due mondi!

Marchesa:         Garibaldi?

Masaniello:       No, Garibaldi ancora ha da nascere!Ci vogliono altri duecento anni! 

Marchesa:         Va bene, Masaniello, adesso però devo andare.

Masaniello:       Un momento, dove andate? Che belle mele che tenete. Le avete comprate

                           al supermercato?

Marchesa:       Ehm… no, le ho colte nel mio giardino. Ma non le ho ancora controllate.

Masaniello:     Non vi preoccupate. (Ne prende una e se la pulisce su un braccio) La frutta

                         si pulisce così, addosso, come ho fatto io. 

Marchesa:       Ma mica adesso la vorrai mangiare?

Masaniello:     E che faccio, ‘a jetto?

Marchesa:       E se poi muori?

Masaniello:     Marchesa, mangiando una mela, si leva il medico di torno (Morde la mela)

Marchesa:       (Copre gli occhi) Oddio, non voglio vedere!

Masaniello:     E perché? Guardate pure. (Fa effetto) Marchesa… io mi sento… strano!

Marchesa:       (Lo osserva) In che senso?

Masaniello:     Mi sono innamorato del mondo. Sì, io amo quell’albero, quella casa, quel

                          cane, quella panchina!

Marchesa:       E a me non mi ami?

Masaniello:     No! Ora con permesso, vado in giro ad amare gli oggetti e gli uomini!

                         Esce via a destra.

Marchesa:       ‘E che ciorte che tengo! Aggio sbagliato ‘o filtro! A questo punto, userò

                         l’altra mela per eliminare quella gatta morta.

                         Esce a sinistra facendo la risata della strega.

7. [Duca d’Arcos, Ascanio, poi Masaniello, Bernardina e via via tutti gli altri]

Voce narrante: Ormai nemmeno più Genoino è ascoltato da Masaniello.

                           Da destra torna don Giulio con Antonia, Ascanio, Grazia, Bernardina, la 

                           marchesa di Brienza e don Diomede Carafa che contestano.

Don Giulio:       Calmi, calmi, calmi! (Perde la pazienza e li zittisce) Ooooh, e basta! Io

                           sono dispiaciuto se voi siete arrabbiati, ma non ci posso fare niente. Non

                           riesco più a governare Masaniello. E’ come un cavallo imbizzarrito. Si 

                           vede che quando gli ho detto che, al giudizio universale, il primo ad essere

                           giudicato sarà lui, forse è uscito pazzo!

Ascanio:            Noi dobbiamo molto a Masaniello. Il viceré ha giurato nel Duomo di

                           Napoli ed ora il popolo non subirà più le pressioni del governo spagnolo.

Diomede:          Ciò non toglie che da quando è diventato un VIP, quel pescivendolo non mi

                           porta più il pesce fino a casa. Per cui, a mio avviso, è degno di morte!  

Antonia:            Ma che vvo’, ‘stu diece ‘e scemo? Ma pecché nun more isso?

Grazia:              Cu’ ‘sta faccia ‘e fesso che tene!

Marchesa:         Io invece sono d’accordo con don Diomede. Appena la gente fa successo in

                           politica, si dimentica del popolo.

Antonia:            (Con atteggiamento di sfida) E parlate proprio vuje che state chiena ‘e

                           denare? Ma mettìteve scuorno!

Bernardina:      Comunque, se mio marito andrà a morte, ricordatevi che la unica erede dei

                           suoi beni, sarò io. Me so’ spiegata?

Antonia:            ‘Sta disgraziata!

Grazia:              ‘Sta ‘nfamona!

Bernardina:      ‘Nfamona a me?! Ma mò te straccio ‘e capille d’’a capa!

                           Antonia, Grazia, Bernardina, la marchesa e don Diomede escono a sinistra

                           discutendo animatamente. Restano solo don Giulio ed Ascanio.

Don Giulio:       Comunque, cardinale, io accolgo l’idea di don Diomede: meglio eliminare

                      Masaniello. E voi ci aiuterete.

Ascanio:       Ancora? Sentite, io nun voglio sapé niente. Sono un vigliacco e mi faccio gli

                      affari miei. Se volete tramare alle spalle di Masaniello, chiedete ad altri.

Don Giulio:  E vabbuò. Nun v’arraggiate.

Ascanio:       Io me ne torno nel Duomo di Napoli e faccio finta di non avervi mai visto.

                      Esce via a sinistra.

Don Giulio:  Nun ce sta niente ‘a fa’, è sempe colpa d’’o Vaticano!

                      Esce via a destra. Da destra torna Masaniello, a testa bassa. Da sinistra

                      torna Bernardina che lo blocca al centro.

Bernardina: Masanié!

Masaniello:  Uhé, Bernardì. Che te serve? Ah, aggio capito: staje pe’ gghi’ ‘ngalera

                      ‘n’ata vota. Non ti preoccupare, ti faccio scarcerare io.

Bernardina: No, quando mai? Quala galera? Io non ti volevo parlare di questo.

Masaniello:  E allora già lo so che cosa mi vuoi dire: oggie t’aggia purtà a Margellina a

                      magnà ‘o gelato!

Bernardina: Masanié, mò basta. Tu si’ cagnato. E chesto nun me piace.

Masaniello:  Scusami, cara, perché mi dici che sono cagnato?

Bernardina: Ma mò pecché staje parlanno accussì? Tu me pare ‘nu scemo.

Masaniello:  Cara Bernardina, le cose cambiano. Io voglio diventare una persona di cultura.

                      Coltivato!

Bernardina: Masanié, fernìscele. Restituiscimi il Masaniello che eri prima.

Masaniello:  Ma sio sono un eroe.

Bernardina: No, tu si’ ‘nu stru… ‘nu scemo!

Masaniello:  Perché mi offenti?

Bernardina: Perché il potere ti è entrato nel cervello.

Masaniello:  Forse hai ragione. Però in effetti lo sai da quanto tempo mi sta capitando

                      questo? Da quando siamo stati a cena dal duca di Arcos. Ma che ce steva

                      ‘int’a chillu magnà?

Bernardina: In che senso?

Masaniello:  Io non capisco perché, ma improvvisamente mi sono innamorato di te.

Bernardina: Embé, Masanié, mò te faccio magnà ‘na mela avvelenata, accussì muori ‘e

                      subito e te lieve ‘a nanzo!

Masaniello:  Ecco, brava, la mela. Secondo me era avvelenata.

Bernardina: Masanié, e ffa’ ‘nu poco ‘a perzona seria. Io me ne torno a casa. (Si avvia a

                      sinistra, poi si ferma e si volta verso di lui) A proposito, Masanié: stongo

                      pe’ gghi’ ‘ngalera ‘n’ata vota. Tu nun puo’ ffa’ niente?

                      Ed esce via a sinistra.

Masaniello:  Aggio capito, va’. (Prende il cellulare e telefona) Pronto, so’ Masaniello.     

                      (Avviandosi verso destra, parla con qualcuno) Se mia moglie va in

                      galera… ve faccio passà ‘nu guaio niro! E poi…

                      Ed esce via. Intanto da sinistra giunge Grazia. Pare sconsolata.

8. [Grazia e la marchesa, poi Masaniello ed altri tra cui un uomo misterioso]

Grazia:         Mio fratello è pazzo. Sì, è vero, quello è sempre stato strano, però mai fino a

                      questo punto. Perfino il suo amante Marco se n’è scappato per la paura! E

                      come si fa, adesso?

                           Da destra giunge la marchesa con la cesta contenente la mela avvelenata.

Marchesa:         Ah, eccola qua. (Va da lei) Carissima Grazia, come va?

Grazia:              ‘Na munnezza!

Marchesa:         E se la vita va una munnezza, mangiati una mela!(Gliela mostra)

Grazia:              Sì, grazie. (La prende e la morde. Poi comincia subito a tossire)

Marchesa:         (Speranzosa) Stai morendo?

Grazia:              No, m’è gghiuta ‘e traverso!

Marchesa:         (La picchietta sulla schiena) Guarda in alto, guarda in alto!

Grazia:              (Guarda in alto) E’ passato, è passato.

Marchesa:         E non sei morta?

Grazia:              No. Perché?

Marchesa:         Nulla, nulla. E allora dai un altro morso.

Grazia:              Non ne voglio più.

Marchesa:         Ti ho detto mangia!

Grazia:              E va bene. (Morde la mela e grida di dolore) Aaaaah!

Marchesa:         (Speranzosa) Stai morendo?

Grazia:              No, m’aggio muzzecato ‘a lengua!

Marchesa:         Embé, me staje facenno avutà ‘o stommeche, cu’ ‘sta mela! Eppure io nun

                           capisco. Damme ‘nu poco sta’ mela. (La prende e la morde. Dopo due

                           masticate, si sente male) Aaaah!

Grazia:              V’è gghiuta ‘e traverso!

Marchesa:         No!

Grazia:              V’ate muzzecato ‘a lengua!

Marchesa:         No, me sento male!

Grazia:              Oddio! Aiuto, aiuto! Ci vuole una lavanda gastrica.

Marchesa:         (Sofferente) Aiuto, aiuto!

Grazia:              Aspettate, reggetevi a me. Vi porto all’ospedale Loreto mare!

Marchesa:         Oh, no!

                           Escono sottobraccio, Grazia la aiuta a camminare.

Voce narrante: Il 16 luglio, ricorrenza della Madonna del Carmine, Masaniello subisce

                           fischi e pernacchie dal popolo.

                           Da destra giunge Masaniello che fissa qualcuno a sinistra (da dove si

                           odono fischi e pernacchie).

Masaniello:       Ingrati che siete! Tu ti ricordi, popolo mio, come eri ridotto?

Popolo:              (Da sinistra, fa una pernacchia) Pzzzzzzzzzzzzzzzz!

Masaniello:       E’ meglio che me ne vaco, o si no abbosco!

                           Da sinistra giunge il cardinale Ascanio Filomarino. Masaniello gli parla.

                           Oh, cardinale, cardinale Filomarino. (Va da lui, gli si inginocchia davanti e  

                           gli bacia una mano) Il popolo non mi rispetta più. (Si rialza in piedi) Già,

                           quel popolo dove io sono nato. Quel popolo che io ho sempre difeso. Quel

                           popolo che io ho combattuto insieme a loro per la pace. Quel popolo che io

                           ho liberato dal viceré. Quel popolo che…

Ascanio:            (Seccato) Oh, e basta, aggio capito! Insomma, vieni al dunque.

Masaniello:       (Lo osserva perplesso) Addo’ aggia venì?

Ascanio:            Al dunque.

Masaniello:       Addo’ se trova? A Piazza Plebiscito?

Ascanio:            No, io dico vieni al dunque, cioè fa’ ambresso!

Masaniello:       Cardinale, voi dovete sapere che io sto morendo.

Ascanio:            Di che cosa?

Masaniello:       Sto morendo.

Ascanio:            Aggio capito, ma voglio sapere di che cosa stai morendo.

Masaniello:       Sto morendo.

Ascanio:            No, tu ti stai scimunendo. Te staje scemulenno!

Masaniello:       Ma io sto morendo.

Ascanio:            Masanié, s’è ‘ncagliato ‘o disco?

Masaniello:       Sì, sto morendo. E prima di morire, vorrei partecipare insieme a voi e al

                           duca di Arcos, alla cavalcata in onore della Vergine. Altrimenti, mi spoglio

                           qui davanti a voi!

Ascanio:            Ma tu si’ pazzo? Qui intorno ci sono troppi paparazzi che ci stanno

                           osservando. Vieni, andiamo al Duomo. A questo punto, credo che abbia

                           ragione don Giulio Genoino. (Fa il gesto della pazzia)

Masaniello:       In che senso? Ci sta qualcuno che è pazzo?

Ascanio:            Mi capisco io. Vieni, andiamo.

                           I due escono a sinistra.

Voce narrante: Giunti in loco, Masaniellosale sul pulpito e tiene un ultimo discorso. Dopo

                           essersi spogliato, come promesso poco prima al cardinale, viene deriso dai

                           presenti ed invitato a calmarsi da Ascanio, e fatto accompagnare in una

                           cella. Qui viene raggiunto da alcuni capitani corrotti dagli spagnoli.

                           Masaniello apre la porta della cella e viene freddato con colpi di archibugi.

                           Il corpo è decapitato, trascinato per le strade del Lavinaio e gettato in un

                           fosso tra Porta del Carmine e Porta Nolana, vicino ai rifiuti, mentre la testa

                           viene portata al viceré come prova della sua morte.

                           Da destra entra il duca d’Arcos e da sinistra entra un figuro

                           irriconoscibile, con mantella nera lunga fino ai piedi e cappuccio che non

                           fa riconoscere il viso. Si reca al capezzale del duca d’Arcos con la testa

                           tagliata di Masaniello in mano. La esibisce.

Duca d’Arcos:  E di chi è questo capo reciso?

Figuro:              (Voce roca. E’ tartaglio) Ma-Ma… Ma-Ma…

Duca d’Arcos:  Mammà? E’ di tua madre?

Figuro:              No, Ma-Ma… Ma-Masaniello.

Duca d’Arcos:  Cosa? Eccellente! Voi chi siete?

Figuro:              Un ca-ca… un ca-ca…

Duca d’Arcos:  Un cacaglio?

Figuro:              No, un ca-ca… un ca-capitano.

Duca d’Arcos:  Eccellente! Bene, sarai ricompensato insieme a colui o coloro che hanno

                           eseguto l’eliminazione di quel pescivendolo.

Figuro:              Te-tenga la testa.

Duca d’Arcos:  A chi la vuoi dare? Gettala da qualche parte. E ora puoi andare.

                           Il figuro esce via a sinistra. Il duca d’Arcos festeggia.

                           Bueno! Finalmente ce l’ho fatta. Adesso devo avvisare subito in Spagna.

                           Esce via a destra fregandosi le mani.

Voce narrante: Giulio Genoino viene invece premiato con le nomine a Presidente del

                           Collegio dei Dottori.

                           Da sinistra entra don Giulio.

Don Giulio:       Ua’, songo ‘o nummero uno, songo proprio ‘o nummero uno!

                           Da destra entrail duca d’Arcos.      

Duca:                 Bravo, don Giulio. I miei complimentos! Congratulaciones. Voi siete

                           riuscito laddove ha fallito il cardinale Filomarino. Chillu piegoros! Da oggi

                           siete Presidente del Collegio dei Dottori.

Don Giulio:       E che rrobba è?

Duca:                 Non vi preoccupate, è una cosa bella! Bravo, veramente bravo!

                           Lo prende sottobraccio e si avviano a sinistra. Uscendo, il duca commenta.

                           E che ce tene, ‘stu viecchio!

Scena Ultima. [Don Diomede, Ascanio, poi Masaniello, Bernardina e via via tutti gli altri]

Voce narrante: Alla fine, chi resta fregata, è certamente Bernardina, la quale non ottiene un

                           soldo dalla morte di Masaniello, perché la pensione di reversibilità non è

                           possibile per chi ha sempre lavorato a nero e mai messo un soldo da parte.

                           E dunque, la donna ricorre al mestiere più antico del mondo.

                           Da destra entra Bernadina, sbandierando una borsa e masticando gomma.

Bernardina:      Néh, chi vo’ parià ‘nu poco? Me piglio sulo trenta soldi! ‘E che brutta fine

                           aggio fatto!

                           Da destra giunge don Diomede.

Diomede:           Bella, vieni un poco da me. Se mi fai uno sconto,ti chiamo ogni giorno!

Bernardina:      Don Diomede, ma voi non eravate morto?

Diomede:           No! Chi l’ha ditto che songo muorto?

Bernardina:      Strano, così avevo capito. E va bene, andiamo pure.

                           I due escono a sinistra.

Voce narrante: Antonia invece va a confessarsi tutti i giorni dal cardinale Filomarino.

                           Da destra entra Antonia, seguita da Ascanio.

Ascanio:            Benedetta donna Antonia!

Antonia:            Padre, ma io non mi chiamo Bendetta, mi chiamo solo Antonia!

Ascanio:            Ma io intendo benedetta come aggettivo qualificativo!Vabbé, non importa,

                           è troppo difficile da spiegare. Insomma, vi siete già confessata. Perché

                           avete deciso di confessarvi ogni giorno?

Antonia:            Padre…

Ascanio:            Non sono padre.

Antonia:            Madre…

Ascanio:            Ma quale madre? (Aggio capito, chesta sta perdenno ‘a capa pe’ colpa d’’a

                           morte d’’o figlio!). Va bene, chiamatemi padre.

Antonia:            Padre, io mi confesso sempre, perché sto per fare tutti i peccati di questo

                           mondo. E non mi fermerete. Chi me vo’ fermà, m’ha da accidere sultanto!

Ascanio:            Signora, iovi assolvo a prescindere. Nel vostro caso, si tratta di peccati

                           involontari, dovuti alla testa.

Antonia:            Alla testa?  

Ascanio:            Ehm… alla testa…rdaggine che avete!Mi capisco io solo. Ora andate.

Antonia:            Un momento, un momento. Quanti Ave Gesù devo recitare?

Ascanio:            Sentite, l’Ave Gesù non esiste. Esiste l’Ave Maria. Recitatene un bel po’,

                           così perdete un poco di tempo.

Antonia:            Vanno bene 300? 

Ascanio:            Vanno bene anche 400!

Antonia:            Va bene, padre. A proposito, non mi ricordo qualche parolina. Me la

                           suggerite voi?

Ascanio:            Uh, mamma mia!

                           Escono via a destra.

Voce narrante: Per fortuna c’è anche una storia a lieto fine: quella tra Grazia e la marchesa

                           di Brienza. 

                           Da sinistra giungono Grazia e la marchesa di Brienza.

Marchesa:         (Sofferente) Ah, mamma mia, com’è brutta la lavanda gastrica!

Grazia:              Marchesa, adesso vi sentite meglio?

Marchesa:         Sì, grazie Grazia! Grazia grazie! Insomma, grazie. Mi hai salvato la vita.

Grazia:              E voi invece mi volevate uccidere.

Marchesa:         Hai ragione, ho sbagliato. Se puoi, perdonami. Ho capito il mio errore. Sei

                           veramente tu la più bella del vicereame. 

Grazia:              Ma quale bella e bella? Io sono tutta rifatta. 

Marchesa:         Ma… davvero dici?

Grazia:              Certamente.

Marchesa:         E con quali soldi? Tu sei diventata ricca ora, però sei sempre stata bella.

Grazia:              Io ci so fare con i maschi! Ho incontrato qualche chirurgo compiacente e…  

Marchesa:         Ti capisco. Ho fatto pure io la stessa cosa.

Grazia:              Ma perché, pure voi…?

Marchesa:         Azz!

Grazia:              Siamo proprio due sceme. La vera bellezza non è quella esterna, ma quella

                           che teniamo dentro. Non lo so che cosa significa, ma in televisione dicono

                           sempre così! Io sono ignorante, ma non sono stupida.

Marchesa:         Che ne diresti di una birra da “Peppe ‘o zuzzuso”?

Grazia:              Buona idea! Brindiamo alla nostra amicizia.

Marchesa:         Sì!

                           Grazia e la marchesa escono a destra.

Voce narrante: Ma in compenso, Napoli aveva conosciuto cosa vuol dire ribellarsi ad una

                            politica corrotta. E oggi esiste un Masaniello in giro?

                           Da sinistra giunge Masaniello (che ha indossato nuovamente le proprie

                           vesti originali), sistemandosi la testa sul collo.

Masaniello:       E io facésse ‘n’ata vota tutto ‘stu casino? M’avéssena sulo taglià ‘a capa!

                           Ed esce via a destra.

                           BUIO per pochi secondi, poi LUCE.

                           Si nota sdraiato a terra al centro Masaniello. Da sinistra giunge Antonia

                           che lo nota e va da lui (con le proprie vesti originali).

Antonia:           Masanié, scétate, songh’’e nove!

Masaniello:      (Si sveglia) Uhé, mammà. 

Antonia:           Che staje facenno ccà ‘nterra? Pecché nun h’e durmuto ‘a casa toja?

Masaniello:      (Perplesso, alza in piedi) Nun ‘o ssaccio. Io mi pensavo che ero morto.  

Antonia:           Si’ sempe scemo! 

Masaniello:      A proposito, ma me stive cercanno?

Antonia:           E certamente.

Masaniello:      E pecché nun m’he’ chiammato ‘ncoppa ‘o cellulare?

Antonia:           (Perplessa) ‘O cellulare? E che d’è ‘stu cellulare?

Masaniello: Ah, già, tu sei un’ignorante tecnologica. Tu sai guardare solo la televisione.

Antonia:      (Perplessa) ‘A televisione? E che d’è ‘sta televisione?

Masaniello: Ma comme, mammà? Tu stai dalla mattina alla sera davanti a Canale 5!

Antonia:      (Perplessa) Canale 5? E che d’è ‘stu Canale 5?

Masaniello: Ma comme? L’ha inventata chillu tizio che tene l’elicottero privato.

Antonia:      (Perplessa) L’elicottero privato? E che d’è ‘st’elicottero privato?

Masaniello: Mammà, aggio capito, me staje facenno ‘nu scherzo. Mi stai sfottendo da

                     quando ho battuto il viceré e ho liberato Napoli.

Antonia:      Masanié, ma staje sunnànno? Va’ a vennere ‘o pesce, o si no nun puorte ‘e

                     solde ‘a casa e Bernardina s’arraggia.

Masaniello: Cioè, aspié, famme capì: io nun aggio battuto ‘o viceré?

Antonia:      No!

Masaniello: E nun aggio libberato Napule?

Antonia:      No!

Masaniello: Ma… ma allora m’aggio sunnàto tutto cose?

Antonia:      Masanié, tu nun si’ cchiù ‘nu guagliunciello. Devi finirla di sognare in grande.

Masaniello: Ma io nun capisco, ‘o suonno che m’aggio fatto era accussì naturale. Embé,

                      saje che te dico? Io ‘o ffaccio overamente: voglio liberare Napoli dal viceré.

                      Jamme a combattere, mammà!

                      La prende sottorbraccio ed escono a sinistra.

FINE DELLA COMMEDIA