Chéne & gatte

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CHÉNE E GATTE

Chéne & gatte

da Jalouse, di Bisson

Commedia in tre atti

Libero adattamento di

Dario R. Uva


Chéne & gatte

da Jalouse, di Bisson

Commedia in tre atti

Libero adattamento di

Dario R. Uva

Personaggi:                                                                               

Felice                         padrone di casa                                        

Ninetta                      moglie di Felice e figlia di Raffaele

Don Raffaele             suocero di Felice                                       

Rosina                       moglie di Raffaele

Luigino                      figlio di Raffaele                                       

Donna Parella           madre di Fifì                

Fifì                                      fidanzata di Luigino

Carluccio                            cameriere di Felice                                             

Teresina                    cameriera di Felice                          

Carmela                     amica di famiglia                                      

Lauretta                     amica di famiglia                                               

Bettina                      cameriera di Raffaele                                         

                                          

L'azione del primo atto è in Napoli, secondo e terzo a Foggia.

ATTO PRIMO

Ingresso in casa di Felice.

SCENA PRIMA

Teresina, poi Carluccio.

Un postino fuori scena: [Grida come ai vecchi tempi] Sasso… Sallustio…Andreucci… Squagliarello… Capacchione.

TERESINA: È arrivato il postino (Va a prendere la posta e legge): «… Vieni, ti aspetto senza meno. Tua affezionatissima commara Concetta Pappatriglia». Seh, vieni senza meno, ti aspetto… e come vado, la signora sta sempre arrabbiata e ogni momento mi chiama. Mannaggia a me e a quando mi misi a fare la cameriera in questa casa. Ma mo che viene Carluccio, mio marito, dobbiamo senz'altro trovare una scusa qualunque, perché io devo andare assolutamente dalla commara. Carluccio. vieni c'è posta anche per te.

CARLUCCIO (Uscendo) Mo fammi vedere che cosa è arrivato. (Dopo letto) Ma sono cose che succedono soltanto a me. E come faccio, io non posso mancare certamente, che figura faccio.

TERESINA: Carlù, ch'è successo?

CARLUCCIO: Ch'è stato? Leggi: «… è pregato vivamente il socio fondatore Signor Carlo Fasulillo d'intervenire oggi alle 15 alla sede della Società per l'elezione di un portabandiera e del Presidente».

TERESINA: E come fai; le quindici che ora è?

CARLUCCIO: Come, non sai le quindici che ora è? Tredici, quattordici e quindici, (Numera con le dita) sono le tre.

TERESINA: Le tre. Proprio alle tre, che a quell'ora i padroni si mettono a tavola.

CARLUCCIO: E che scusa posso trovare? Io non posso mancare, devo dare il mio voto, io sono il socio fondatore, dobbiamo votare il presidente, e forse mi fanno a me presidente, se non vado perdo tutte le speranze.

TERESINA: E vedi che combinazione, io ho ricevuto questo biglietto, leggi (Lo passa).

CARLUCCIO (Legge): «Cara Commarella, siccome oggi mio marito dà un pranzo in occasione del battesimo di nostro figlio Erricuccio, ti invitiamo a mangiare con noi e così stare un poco allegramente. Vieni senza meno, ti aspetto. La tua affezionatissima Commara Concetta Pappatriglia».

TERESINA: Il marito della commara è cuoco e sai che pranzo avrà fatto? Ma io come lascio qua? E poi non posso offendere al compare che l'anno scorso ci prestò le 3000 lire per sposarci e non le abbiamo più restituite. Come faccio?

CARLUCCIO: Ma guarda che combinazione! Però la commara mi poteva invitare pure a me, non ti sembra?

TERESINA: Ma quello è sottinteso, si capisce che dovevi pure tu, e poi anche se andavo senza di te, che ti dispiaceva?

CARLUCCIO: Ah, questo è certo!

TERESINA: Che sei geloso adesso?

CARLUCCIO: Manco per la testa mi passa! Anzi sono contento di aver trovato una moglie come a te e che non è gelosa.

TERESINA: Si capisce, cos'è questa gelosia. Se ero gelosa facevo la fine della nostra padrona che si sta consumando il fegato per la gelosia, e poi sta sempre a litigare col quel povero marito.

CARLUCCIO: Pover'uomo, ha passato un guaio con quella moglie, non si può muovere, non può fare un passo da qua a là che è sempre controllato.

TERESINA: Ogni giorno fanno lite, e poi sempre al momento di mangiare. (Ridendo.)

CARLUCCIO (Ridendo): E dopo che si sono dette tante male parole e si sono letti il libro, lui se ne va dall'amico suo, don Vincenzo, al primo piano, e la signora se ne va dalla sarta al terzo piano… e si stanno fino alla sera.

TERESINA (Ridendo): E noi ci mangiamo tutto!

CARLUCCIO: Ti ricordi che domenica se ne andarono alle 3 e ritornarono alle 10 e mezzo? E ora dove sono andati?

TERESINA: E che ne so io! Sono usciti a mezzogiorno per fare la spesa, però stamattina stavano in pace.

CARLUCCIO: Va bene, ma a quelli mica dura assai la pace. Intanto io come faccio? Che scusa trovo?

TERESINA: E io che cosa dico alla commara?

SCENA SECONDA

Ninetta, Felice e detti.

NINETTA (Gridando): Teresina... Teresina...

TERESINA: Si sono ritirati, io già mi comincio ad agitare, io quasi quasi mi licenzio.

CARLUCCIO: Io non te lo impedisco, ma devi prima trovare un'altra sistemazione, se no resti a spasso.

TERESINA: Oh! Questo è certo...

NINETTA (Da fuori): Teresina... ma si può sapere dove stai?

TERESINA: Sto qua signora.

NINETTA: Lo vedo che stai qua, ma dovevi venire alla scala, capisci, fuori della porta, te lo detto tante volte, e non farmi arrabbiare pure tu, peggio di come sto. Prendi questi pacchi e portali in camera mia.

TERESINA: Subito. (Prende tre grandi involti che Ninetta portava e va in camera).

NINETTA: (Gridando a Carluccio) E quest'altro, a te, animale stai attento che è delicato (ma il pacco cade e si rompe l'oggetto che stava dentro).

CARLUCCIO: Che peccato!... S'è rotto.

FELICE: (Entra).

 NINETTA: Non fa niente, meglio così, in questa casa voglio rompere ogni cosa, non voglio tenere più niente. (A Teresina) Tu vattene in cucina e prepara da mangiare soltanto per mio marito, perché io non tengo fame e non mangio, e nemmeno domani, e nemmeno dopodomani, anche fino al prossimo mese. Io non devo dare conto a nessuno.

FELICE: Fa cenno a Carluccio «guarda che vita!»

CARLUCCIO: (Risponde con gesti) «abbiate pazienza».

NINETTA: Non mangio più, così muoio e mio marito si libera di me, perché questo vuole mio marito per fare quello che gli pare e piace. Ma io non muoio, mi arrabbio, ma non muoio.

CARLUCCIO: Ma signora, scusate, perché vi prendete tante bile.

NINETTA: Perché mi sono nzorata con un assassino, un nullafacente che era buono solo a cazzare i polpi, un uomo che mi ha sposata per interesse e non per amore, per la dote.

FELICE: Mo non esagerare, perché non intendo fare cattive figure davanti alla servitù. Io ti ho sposata per amore, non per interesse, e tutti lo sanno. Io non ero un disperato qualunque, mio padre mi lasciò 16000 lire di rendita al mese.

NINETTA: E una metà già te la sei mangiata con le ballerine, le sarte, ecc. ecc. Io so tutto, so tutto.

FELICE: Sono tutte calunnie, esagerazioni, ogni giovane fa qualche fesseria, che vuol dire, ma poi mette la testa a posto, si nzora, vuole bene alla moglie e cerca di stare quieto.

CARLUCCIO: Oh! Questo è certo...

NINETTA: Statti zitto tu. Ogni giovane per bene si capisce, gli altri uomini forse fanno così, ma tu no, tu sei sempre lo stesso e a me non mi conviene, non ne posso più!

FELICE: E manco io ne posso più.

NINETTA: Bravissimo!

CARLUCCIO: Ma signori calmatevi.

FELICE: Che calmare, questo è un continuo veleno che io mi piglio tutti i giorni, e voglio crepare! Io m'ero sposato per stare tranquillo, invece sto all'inferno. Questa è una femmina terribile… Non posso uscire, non posso girare la testa, mi arricete nelle tasche per vedere che tengo, e che devo tenere?

NINETTA: Si capisce, che mi avete presa per scema a me?

CARLUCCIO: È gelosa, che volete farci!

FELICE: Ma che gelosia e gelosia, questa non è gelosia, è tortura! Io non mi comporto così con lei, quando vuole uscire esce. La settimana scorsa voleva andare a Foggia a trovare il padre e la madre, io non mi sentivo bene però dissi a lei vai pure, vai da sola, e lei non volle andare, per stare qua a controllarmi.

NINETTA: Non è vero che tenevi il mal di testa, volevi rimanere solo per andare a trovare qualche femmina, qualche zita vecchia. Ma ti sei sbagliato, perché se io appuro qualche cosa non sai che fine fai.

FELICE: Vedete che minacce!... E dire che è figlia di un signore, poi mi fa fare certe  figure. Stamattina mi ha chiesto di uscire insieme a fare la spesa, e stavamo tranquilli. Siamo andati a comprare una mantellina e lì stava una figliola, brutta come al debito, ma aggraziata, educata, la quale appena m'ha visto m'ha fatto tante cerimonie. Che comanda il signore? Che cosa possiamo servirle?

CARLUCCIO: Ma tu la conoscevi a quella uagnostra?

FELICE: No...

NINETTA: Vedete se lo posso credere. Non la conosceva?

FELICE: Non la conoscevo.

CARLUCCIO: Ma allora poteva fare a meno di farvi le cerimonie.

NINETTA: E mi pare che quando due persone non si conoscono non si fanno tutte quelle moine, e siccome a me non mi ha vista che stavo più dietro, si pensava che il signorino stava da solo, capisci? E io mi sono dovuta sopportare quella scena. Si può fare questa vita? Possiamo tirare avanti così?

FELICE: Queste sono le solite supposte. Io la conoscevo, lei non l'ha vista, credeva che stavo solo... e questo facciamo… si suppone e si fa un castello in aria. In quel magazzino le signorine sono tutte educate e gentili, perché il padrone vuole così. Poi mi ha spinto per i gradini così forte che ho battuto la testa a uno specchio che per fortuna non si è rotto. Ma che figura abbiamo fatto!

NINETTA: E che me mi importa a me, t'impari per la prossima volta.

CARLUCCIO: Va bene, signori, ora fate pace, questi sono segni di amore.

FELICE: Ma quali segni, queste sono fregature!

CARLUCCIO: Ora vado a vedere se è pronto, sentite a me mangiate prima e poi vi andate a fare una bella camminata.

FELICE: Sì, ci ritiriamo dopo mezzanotte!

CARLUCCIO: Che volete fare? Volete mangiare alle due?

FELICE: Io faccio quello che vuole lei.

NINETTA Io non tengo appetito, e non voglio mangiare, mangio stasera, e tu fammi il piacere di pensare agli affari tuoi!

CARLUCCIO (A Felice): Sentite a me, fatele quattro cerimonie che si calma, poi mangiate e uscite e ve ne andate in giro fino a stasera (Via).

FELICE: E già, e io cammino da mo fino a stasera!

NINETTA: Ma io mi posso prendere questo veleno ogni giorno, tutti i giorni mi devo arrabbiare così? È una storia che deve finire assolutamente.

FELICE: Ma sei tu che ti arrabbi per niente.

NINETTA: No, sei tu, sei tu che mi fai arrabbiare, perché quando un uomo vuole veramente bene alla moglie non fa quello che fai tu.

FELICE: Ma che faccio io di male? Fammi capire che faccio. Esco solo per qualche affare e quando torno mi viene la susta già da mezzo alle scale, perché io non trovo una moglie, trovo no giudice istruttore che mi guarda, mi fissa, pesa le parole che dico, studia le risposte, poi stai attenta se muovo gli occhi, se mi faccio bianco o rosso, se mi imbroglio a parlare.

NINETTA: E se è vero che non fai niente, perché cominci a tremare di mezzo alle scale. L'uomo innocente non ha paure della giustizia.

FELICE: Niente affatto, sono gli innocenti che passano i guai. Ninetta senti a me, finiamo questa storia e non facciamo ridere la gente. Tu ti credi che quando ti arrabbi e vai a dire i fatti all'amica tua quella ti compatisce o si dispiace, no, quella sotto sotto si fa una risata. E anche l'amico mio don Vincenzo, credi che vuol mettere pace, no anzi mi dice: allora spartitevi, che aspettate.

NINETTA: E pure donna Luisa mi dice sempre questo.

FELICE: E si capisce, tutti questo stanno ad aspettare, per ridere alle nostre spalle. Ma tu tieni l'esempio di tuo pare e di tua madre che sono sposati da 40 anni e tra loro non c'è stata mai una questione, un disaccordo, una lite, sempre in perfetta pace.

NINETTA: E vuoi mettere mio padre con te? Mio padre è un santo e l'unica femmina che ha conosciuto sulla terra è stata mia madre.

FELICE: Sì, ma tua madre non ha il tuo carattere, tu fai buttare un uomo da sopra abbascio per la disperazione.

NINETTA: Io fui chiara con te da quando ci fidanzammo, ti ricordi che ti dissi: Felice stai attento che non devi guardare più un'altra femmina, nemmeno col pensiero mi devi tradire, se no passi i guai. 

FELICE: Ma chi pensa a queste cose, chi ti vuol tradire?

NINETTA: E già, per essere sicura dovrei stare sempre appresso a te.

FELICE: E statti sempre vicino a me, che ti devo dire. La mattina lo sai che faccio un salto alla borsa per vedere come vanno gli affari e poi torno subito qua, perciò togliti la gelosia dalla testa. Noi con i soldi di che ci dette tuo padre e la rendita di mia madre possiamo vivere bene e senza pensieri perché io li so investire, ma tu devi finirla con le scenate. Non dimenticare che hai fatto ridere tutti anche quando eri gelosa della gatta.

NINETTA: Perché tu la trattavi meglio di me.

FELICE: Ma è meglio che stai zitta, possibile che sei gelosa anche di una gatta? Senti a me, non ne parliamo più, vieni diamoci un bacio.

NINETTA: Non ti avvicinare, prima mi devi dire se la commessa del negozio è vero che non la conoscevi.

FELICE: Non la conoscevo, credimi.

NINETTA: E giuralo.

FELICE: Te lo giuro sulla tomba di mio padre e di mia madre.

NINETTA: Va bene, per ora diciamo che ti credo. Che vuoi non è colpa mia, è che dubito sempre per trovarmi bene.

FELICE: Ma non devi dubitare di niente perché io voglio bene solo a te, vieni qua facciamo la pace.

SCENA TERZA

Luigino e detti.

LUIGINO (Tossisce per farsi sentire).

NINETTA: Uh! Luigino!...

LUIGINO: È una cosa curiosa, sapete, pare fatto apposta, voi state a litigare dalla mattina alla sera e ora che arrivo io vi vedo a cuore a cuore, che è successo, vi sentite male?

NINETTA: Ti dispiace forse?

LUIGINO: Ma no, anzi mi fa piacere, e vorrei vedervi sempre così. Dunque, carissima sorella e mio carissimo cognato, mi dovete scusare se sono capitato all'improvviso.

FELICE: E così, che novità ci porti? Sei passato all'esame?

LUIGINO: Passato all'esame? Ancora da qua andate? E tu non l'hai detto niente?... Io fui bocciato!

FELICE: Ah! Neh!... Vedi che bella notizia!

LUIGINO: E per la terza volta! Quando il professore mi chiese che cosa è l'enciclica papale, io risposi: la bicicletta del papa…Così mi cacciarono fuori.

FELICE: E bravo! Mo credo che papà si è tolto il pensiero di farti studiare, o no?

LUIGINO: No, non lo sa che sono stato bocciato e continua a mandarmi i soldi ogni mese (Ridendo).

NINETTA: Povero papà!

LUIGINO: Ma per carità, non dite niente, perché potrebbe avere un infarto! Per questo io non glielo ho detto.

FELICE: Oh... te pare...

NINETTA: Da quanto tempo non vedi a mamma e a papà, sai se stanno bene?

LUIGINO: Benone!... Io ogni 15 giorni li vado a trovare, e stanno tanto bene che sembrano due fidanzatini. E poi là si mangia sempre bene.

NINETTA: Per questo non si sono mai voluti muovere di là.

FELICE: E si capisce! Tengono quella bella casa con la masseria e l'aria fine. Beh, allora io esco che devo arrivare alla borsa a vedere come vanno le rendite.

LUIGINO: E andate, io vi aspetto.

FELICE: Io mo torno. Forse neanche un quarto d'ora.

NINETTA: Ma perché non ti sei fermato quando siamo usciti?

FELICE: Ma come facevo? Ti lasciavo in mezzo alla strada? Lì dentro sono tutti uomini.

LUIGINO: Ah! No, non conveniva. La borsa è fatta per gli uomini.

FELICE: Non cominciare a fare castelli in aria, fammi questo piacere, io mo vengo, Luigino falle un po' di compagnia.

LUIGINO: Va bene, fate i fatti vostri.

FELICE: Un quarto d'ora, 20 minuti e sto qua (Via).

NINETTA: Qualche appuntamento teneva e ha trovato la scusa della borsa, afforza mi vuole imbrogliare.

LUIGINO: Niné, io aggio avuto piacere che tuo marito se ne è andato, perché ti devo dire una cosa a te sola, è un mio affare serio.

NINETTA: Un affare serio? E di che si tratta?

LUIGINO: Ti debbo parlare del mio prossimo matrimonio.

NINETTA: Matrimonio tuo? (Ridendo). Ti vuoi nzrà? Tu?

LUIGINO: Io sì, e non capisco che c'è da ridere, che forse non mi posso sposare? Non sono uomo?

NINETTA: Ah! Sicuro. Ma mi pare una cosa curiosa col carattere tuo, allegro, pazziariello, volubile... tu poi tiene sempre tre o quattro innamorate in fresco, te nzure? E come t'inzori?

LUIGINO: Sarà stato il destino, il feto... il fato... ma sta volta mi trovo compromesso, ho dato la mia parola.

NINETTA: E chi è sta figliola, sta povera figliola disgraziata che è ha avuto la sventura di capitare con un galascione come a te? (Ride).

LUIGINO: Niné, fammi il piacere di non ridere! È uno zucchero, una rosa di maggio, ma che bocca... che occhi, che mani, che grazia!

NINETTA: Ma i soldi li tiene?

LUIGINO: Non si contano i soldi che ha. Sua madre si chiama donna Parella Scorza, ed è conosciuta da tutti.

NINETTA: E che mestiere fa?

LUIGINO: Alleva i porci, vive in campagna, è milionaria, ed ha solo una figlia che t'assicuro è proprio un angelo. Si chiama Serafina.

NINETTA: Uh! Che brutto nome.

LUIGINO: Si, ma io la chiamo Fifì,  è meglio Fifì...

NINETTA: E allora ti prendi una cafona?

LUIGINO: Cafona? Ma tu non sai quella che cos'è. Una simpatia rara.

NINETTA: Ma come la conoscesti?

LUIGINO: Per caso, una combinazione. Un mese fa, mentre camminavo pensando alla fidanzata mia che mi aveva lasciato dopo tante promesse, vidi una ragazza che andava avanti e indietro e piangeva e diceva: «Io voglio a mammà, la mamma mia»

NINETTA: E dove stava la mamma?

LUIGINO: L'aveva perduta in mezzo alla folla e piangeva, piangeva. Allora io mi avvicinai e le domandai: Signorina perché piangete? Che è successo? E mi disse che con la mamma erano entrate in una chiesa per la benedizione e all'uscita c'era tanta folla e si erano perse di vista. Io poi domandai in che chiesa erano entrate, ma lei essendo forestiera sapeva dire solo che era una chiesa grande. E così ci mettemmo a girare per il centro per almeno tre ore.

NINETTA: È stata una bella camminata!

LUIGINO: Io la tenevo per mano, poi mi disse che dovevano fare visita a una parente molto malata, ma neanche la strada si ricordava, solo che era una via lunga lunga.

NINETTA: E poi come è finita?

LUIGINO: In verità io non ce la facevo più a camminare, e allora dissi a Serafina di venire alla mia pensione, dove la padrona le avrebbe dato una camera e poi il giorno dopo avremo girato di nuovo. Ma lei mi disse: «Che siete impazzito, se faccio una cosa simile mia madre mi uccide», e così dicendo mi cadde fra le braccia svenuta.

NINETTA: Povera figliola! E allora che facesti?

LUIGINO: Eh, non mi perdetti di coraggio! La portai in un caffè per mangiare qualche cosa, ma vedendo che lei era tutta bianca, le dissi di aspettarmi che avrei cercato un dottore. E mentre mi avvicinavo alla farmacia vidi una donna che piangeva con le braccia all'aria e diceva: «Figlia mia! Bambinella mia! Aggio sperso a figliema mia»!

NINETTA: Uh, era la madre!

LUIGINO: Già, la madre, donna Parella Scorza che cercava la figlia. Allora mi avvicinai e chiesi: «Vostra figlia si chiama Serafina?» Ti puoi immaginare che scena, non capiva più niente e io la accompagna al caffè. Cominciammo a piangere tutti a poi la madre disse: «Voi mi avete fatto ritrovare mia figlia, chiedetemi qualsiasi cosa», così mi fece rimanere a mangiare con loro e il giorno dopo ritornai e chiesi la mano di Serafina.

NINETTA: Bravo! E la mamma che disse.

LUIGINO: «Con tutto il piacere», disse, fatemi conoscere la vostra famiglia e, se vedo che è onesta, tranquilla e di sani principi, io subito ve la faccio sposare.

NINETTA: Bravissimo, l'hai portata a Foggia a conoscere a mammà e papà?

LUIGINO: No, non ancora, io prima li voglio portare qua a conoscere a te e a tuo marito, e poi li porto a conoscere mamma e papà.

NINETTA: E allora, se li vuoi far conoscere prima a noi, portali qua a mangiare con noi.

LUIGINO: Oh, ti pare, hai ragione, grazie dell'invito, non volevo dare fastidio.

NINETTA: Ma che fastidio, quanto sei scemo! (Chiamando) Carluccio, Carluccio, Teresina.

SCENA QUARTA

Carluccio, Teresina, poi Carmela e detti.

CARLUCCIO: Comandate.

NINETTA: Carlù, prepara il pranzo per altre tre persone.

CARLUCCIO: Altre tre persone? Va bene.

NINETTA (A Teresina): Hai sentito Teresì, metti a tavola altri tre posti.

TERESINA: Va bene.

LUIGINO: Grazie tanto Niné, mo ti voglio più bene. Vedrai che ragazza, che bisciù.

NINETTA: Ma papà li sa questi fatti?

LUIGINO: Sicuro, gli ho raccontato tutto.

NINETTA: E non ha detto niente ch'è una cafona?

LUIGINO: No. Disse basta ch'è una buona figliola, il resto è niente.

NINETTA: E allora va bene.

CARMELA (Di dentro): È permesso?

NINETTA: Chi è? oh, Donna Carmela, favorite prego.

CARMELA: Cara amica, ciao Luigi.

LUIGINO: Ai vostri comandi.

NINETTA: Come mai da queste parti?

CARMELA: Che vuoi da me, tu lo sai che mio marito non si vuol mai muovere da Foggia dove ha lo studio d'avvocato, siamo venuti per un servizio che doveva fare al tribunale e mi ha portata insieme, mi ha detto di aspettarlo alla locanda che torna stasera.

LUIGINO: Che peccato! Una bella giovane come voi stare sempre a casa, io se  fossi vostro marito vi porterei sempre con me.

CARMELA: E don Felice non ci sta?

NINETTA: No, poco prima è uscito, ma tra poco rientra.

CARMELA: Allora lo aspetto qui perché devo dirgli qualcosa che mi ha detto vostro padre.

NINETTA: A proposito, come stanno papà e mammà, quando li avete visti?

CARMELA: Ma certo che stanno bene, quelli non si arrabbiano mai, sempre innamorati, non fanno mai chiacchiere. Innaffiano il giardino, fanno una passeggiata e la sera fanno una partita a carte, sempre di comune accordo, mai una lite.

NINETTA: Ah, la sera giocano?

CARMELA: Già, fanno lo scopone, insieme con un amico mio avvocato, un certo Antonino e la simpatica Lauretta.

NINETTA: E chi è sta Lauretta?

CARMELA: Non la conoscete?

NINETTA: No, non l'ho mai vista.

CARMELA: È una vedova, il marito era un ricco negoziante genovese, è ancora una bella donna e ha certi occhi che tutti la vogliono, ma lei è fedele alla memoria della buonanima, sta bene a soldi e abita vicino a ai tuoi. 

LUIGINO: Gli occhi solamente? E la bocca?

CARMELA: Ah, la bocca poi non ne parliamo, tiene certi denti bianchi che sembrano pittati.

NINETTA: Donna Carmela, non è che vostro marito ha fatto qualche pensierino?

CARMELA: No, questo no! Vi assicuro che non mi ha mai tradito.

NINETTA: È proprio vero?

CARMELA: E che ne so quando dice che va in tribunale dove va!

LUIGINO: Signora scusatemi, devo uscire, devo andare a prendere a donna Parella e la figlia che mi stanno ad aspettare.

CARMELA: Chi è questa donna Parella?

LUIGINO: È la madre della mia futura sposa.

CARMELA: Ah, ti nzuri? Bravissimo! Allora mi farai conoscere la sposa?

LUIGINO: Oh, troppo onore, oggi mangiamo qua. Mia sorella ci ha invitati. Se aspettate, ve la faccio conoscere, vedrete un tipo nuovo, una cosa troppo bella!

CARMELA: E bravo Luigino! (Ride). Io voglio vedere proprio che gusto hai tenuto.

NINETTA: Ma allora restate anche voi a mangiare qua.

CARMELA: Grazie tanto, sapete che la vostra compagnia mi fa sempre piacere. Però vengo più tardi, faccio una visita anche a una mia zia.

LUIGINO: Va bene signora, vi farò restare a bocca aperta.

CARMELA: Tanto che è bella?

LUIGINO: È una cosa rara! (via).

CARMELA: E bravo Luigino! Ma veramente si sposa?

NINETTA: E chi lo sa, povera figliola, non sa che cosa le è capitato.

CARMELA: E perché, potrebbe essere un buon matrimonio e Luigino mette la testa a posto.

NINETTA: È impossibile, tutti gli uomini sono uguali. Tutti i mariti tradiscono le mogli.

CARMELA: Oh, abbi pazienza, Niné, tutti i mariti penso di no, ci saranno quelli che non lo fanno.

NINETTA: Tuo marito, per esempio... (Ridendo.)

CARMELA: E perché ridi? Ti posso assicurare che mio marito mi vuol bene e non mi tradisce.

NINETTA: Povera Carmela, mi fai compassione!

CARMELA: Ma perché?

NINETTA: Tu tiene troppa fiducia in tuo marito.

CARMELA: Ma perché, che sai qualche cosa di lui? Se lo sai parla.

NINETTA: No, io non so niente, ma quando tuo marito esce tu mica vai sempre appresso a lui.

CARMELA: No, si capisce, e che devo andare a fare sempre appresso a lui.

NINETTA: E quando esce tu sai dove va?

CARMELA: Sì, va dai clienti suoi, va al tribunale insomma, va a fare i fatti suoi.

NINETTA: Solamente per questo esce? E ne tieni una prova?

CARMELA: No, ma me l'immagino.

NINETTA (ridendo): Ah! Allora quando te l'immagini va bene?

CARMELA: Ma che vuoi che faccio, come potrei sapere dove va?

NINETTA: Uh! Ci stanno tanti mezzi, tante maniere per appurare... Per esempio, quando torna a la casa, tu gli chiedi da dove viene?

CARMELA: No, non ce lo chiedo mai.

NINETTA: Brava! E che fai?

CARMELA: Niente. Se sta sudato lo faccio cambiare, se mi racconta qualche fatto lo sto a sentire, se non dice niente vuol dire che non ha niente da dire, ci sediamo a tavola e mangiamo.

NINETTA: Ma qualche volta tu leggi le lettere che riceve?

CARMELA: No, questo mai. Si arrabbierebbe.

NINETTA: Vai a vedere dentro alla scrivania che tiene, dentro al portafoglio, nelle tasche?

CARMELA: No, mai!

NINETTA: E allora si capisce che non puoi appurare niente, tu non ti preoccupi e tuo marito fa quello che vuole.

CARMELA: Ma no, cara Ninetta, io non me ne incarico perché gli voglio bene, e queste cose non le penso affatto.

NINETTA: Oh, io pure voglio bene a meritme, ma però lo sorveglio sempre, sto sempre addosso. Quando esce chiedo dove va e quando torna chiedo da dove viene.

CARMELA: Povero disgraziato!

NINETTA: E quando mi risponde io sto attenta a quello che dice, se si imbroglia.

CARMELA: E gli succede qualche volta?

NINETTA: Mai.

CARMELA: E dunque?

NINETTA: Eh, quello è astuto! Tutte le lettere che riceve io le apro senza che se n'accorge.

CARMELA: E come fai?

NINETTA: Oh, una cosa facilissima, col vapore dell'acqua bollente, in due minuti la busta è aperta.

CARMELA: E n'hai scoperta qualcheduna compromettente?

NINETTA: Mai.

CARMELA: E allora?

NINETTA: Si vede che se le fa mandare fermoposta. E qualche volta lo ho seguito.

CARMELA: E l'hai visto andare con qualche femmina?

NINETTA: No, perché quello è molto furbo, se ne accorge. E qualche notte sto sveglia per sentire se dice qualche cosa nel sonno, ma niente ancora.

CARMELA: Ma se non hai avuto nessuna prova, puoi stare tranquilla.

NINETTA: Fino a mo, ma la devo avere la prova, perché quando esce con me subito sta pronto e quando esce da solo sta un'ora a farsi bello e vuole la camicia stirata. Perché?

CARMELA: Combinazioni, cara mia, combinazioni che si danno.

NINETTA: Tu pensi questo, ma io no, io non sono scema come a te.

CARMELA: Niné, vuoi sapere la verità? Tu tieni una brutta malattia che ti rende infelice, senti a me la gelosia è una malattia che non ti fa vivere in tranquillità. Togliti questi pensieri. Allora, Ninè, io vado da zia, più tardi ci vediamo.

SCENA QUINTA

Carluccio, poi Teresina.

NINETTA: Carlù, dì a Teresina che mettesse a tavola un altro posto, e prepara il pranzo per quattro persone di più.

CARLUCCIO: Un altro? Va bene.

NINETTA: E vedi se mio marito viene, ha detto che tornava presto, chissà dove è andato? Eh, ma io non sono Carmela, se non viene tra dieci minuti lo vado a trovare e la faccio finita, non sento più ragioni (Via).

CARLUCCIO: (A Teresa) Ma vedi che è successo oggi, proprio oggi abbiamo quattro persone di più a mangiare qua, e io come faccio col presidente e con i soci?

TERESINA: Carlù, il padrone s'è ritirato?

CARLUCCIO: Non ancora.

TERESINA: Tu non ti preoccupare che ho pensato a una cosa che se mi riesce tu vai all'assemblea e io alla commara.

CARLUCCIO: Possibile, tu che dice, e cosa fai?

TERESINA (Cacciando una bottiglia di profumo dalla tasca): Odora qua, sai che cosa è questo?

CARLUCCIO: È una bottiglia di profumo.

TERESINA: E di che odore è?

CARLUCCIO (Odorando): E che ne so, è profumo di femmine.

TERESINA: È muschio. Me lo regalò una compagnia mia.

CARLUCCIO: E che devi fare con questo profumo?

TERESINA: Fino a mo hanno fatto lite per conto loro e oggi li faccio litigare io, così siamo liberi fino a stasera.

CARLUCCIO: Ah! Sicuro. Ma devono fare lite, ci viole una buona lite.

TERESINA: Ci penso io a questo, la bottiglia farà tutto… mi pare che sta arrivando don Felice, sento i passi, tu dagli il discorso.

CARLUCCIO: Che devo fare!

TERESINA: Parla, digli qualche cosa.

SCENA SESTA

Felice e detti, poi Ninetta, indi Carluccio e Teresa.

FELICE: Carluccio ho perso 200 lire, la borsa è scesa, così succede ogni volta che faccio lite con mia moglie, perché non ragiono bene, sto agitato.

CARLUCCIO: Signore, scusate, che v'è successo?

FELICE: Niente, certi fatti miei.

CARLUCCIO: Oggi tenete gli ospiti, lo sapete?

FELICE: Invitati? E chi sono?

CARLUCCIO: Quattro persone. La signora donna Carmela.

FELICE: Ah, la moglie dell'avvocato Michele. E gli altri tre?

CARLUCCIO: Vostro cognato don Luigino con altre due persone che con so chi sono, io preparo costate e pesce fritto, come vi pare?

FELICE: Hai fatto bene.

CARLUCCIO: Si volete faccio pure un dolce, non ci metto niente.

FELICE: (Mentre Carlo e Felice parlano, Teresina spruzza tutta la bottiglina di odore addosso a Felice) E questa gente dove sta? Dentro?

CARLUCCIO: No, sono uscite, ma credo che tra poco tornano.

FELICE: E va Carlù, vedi di spicciarti, che io non ho fatto manco merenda.

CARLUCCIO: Io vado, permettete. Teresì, andiamo a sbrigarci, che il padrone tiene appetito?

TERESINA: Tiene appetito! Basta che la signora lo fa mangiare! Mamma mia, che carattere, che femmina, alle volte si arrabbia per una cosa da niente, anche io sono gelosa, ma lei è una esagerazione.

FELICE: Allora prima che succede qualche cosa, spicciatevi!

TERESINA: Subito. (I due vanno).

FELICE: Tutti quanti mi danno ragione, ma si sa, quella per un affare da niente rivolta tutta la casa.

NINETTA: Ah, sei tornato finalmente, è stato un quarto d'ora un poco lungo.

FELICE: Che vuoi da me, c'erano gli amici che mi hanno trattenuto, poi c'era tanta gente e certe volte il tempo passa senza che me ne accorgo.

NINETTA: Se tardavi altri cinque minuti, venivo io là a tirarti d'orecchie, se è vero che stavi là.

FELICE (Ridendo): E là mi trovavi. Carluccio m'ha detto che teniamo invitati oggi.

NINETTA: Sì, Carmela e Luigino con la sposa e la madre.

FELICE: La sposa? E chi è, quella sarta?

NINETTA No, è una ragazza di Cerignola che aveva perduto la madre e lui la trovò.

FELICE: Ma che pazzo, che stravagante! Allora stamattina possiamo stare un poco allegri, ti posso vedere ridere.

NINETTA: Ma io starei sempre allegra, sei tu che mi fai inquietare.

FELICE: Ma no, sei tu che sospetti sempre.

NINETTA (Che puzza di muschio!).

FELICE: Tu t'immagini una cosa e la dai per fatto certo, e questo è brutto, lo sai, io ti assicuro che se tu non tenevi questo carattere ti vorrei più bene... (Ninetta fiuta) Ch'è stato, mi pari un cane!

NINETTA: Chi t'ha dato sto muschio? Perché puzzi di profumo?

FELICE: Io puzzo de profumo? Ma no, t'inganni!

NINETTA: Felì, non mi negare l'evidenza che di più mi fai venire i nervi! Tu feti di profumo dalla testa ai piedi.

FELICE: È vero, una puzza la sento, ma non mi pare muschio.

NINETTA: Non ti pare muschio? E che cos'è?

FELICE: Sicuro, è muschio... e com'è che lo tengo addosso? (Escono Teresina e Carluccio).

NINETTA: E lo chiedi a me con questa faccia innocente. Dove sei stato, dimmi la verità, alla borsa sei stato?

FELICE: Te lo giuro!

NINETTA: Zitto, imbroglione non giurare, a che signora sei andato che ti ha profumato così?

FELICE: Io te lo giuro che non so niente! Aspetta, mo mi ricordo, alla punta stava un pescivendolo che mi voleva vendere i polpi e me li ha fatti odorare, forse è questo l'odore.

NINETTA: Ah, già, il pescivendolo ti ha fatto odorare i polpitelli e che te li ha gettati addosso?

FELICE: Ma io t'assicuro...

NINETTA: Vattene traditore, mi voglio spartire, non ci voglio stare più con te! Domani mattina me ne vado a Foggia, da mio padre e mia madre, non ti voglio vedere mai più.

FELICE: Ma abbi pazienza, ci sarà una spiegazione, io non so niente di questa puzza, che vuoi da me.

NINETTA: Voglio la verità. Non ne sai niente? Tu puzzi di questa maniera e non ne sai niente, ma ti credi che io sono cretina? (A Teresa e Carluccio) Voi la sentite questa puzza?

CARLUCCIO: Sissignora. E da dove viene?

NINETTA: La tiene mio marito addosso, l'ha portato da fuori, voi mi dovete fare da testimoni, mi voglio spartire, non voglio stare più in questa casa.

FELICE: E sì, vattene, lasciami stare una volta per sempre.

NINETTA: E sì, me ne vado, mo sto nervosa, ma domani mattina me ne vado.

TERESINA: Ma signora calmatevi.

NINETTA: Niente, non sento più ragioni, mi voglio spartire, perché con un marito come questo che figura ci faccio con le persone che mi conoscono. Basta (Via).

FELICE: Io sono un galantuomo e la gente non ha che dire sul mio conto! (Via appresso).

CARLUCCIO: Che rovina!

TERESINA: Però ci sono riuscita, eccome!

CARLUCCIO: Zitta, andiamo di là a prepararci che mo succede quello che hai detto tu.

TERESINA: Ma si capisce! (Via).

SCENA SETTIMA

Luigino, donna Parella e Fifì, poi Carmela.

LUIGINO: Favorite donna Parella, senza cerimonie.

PARELLA: Grazie tanto! Ma siete proprio sicuro che non diamo fastidio?

LUIGINO: Ma che fastidio! Mia sorella ha detto che è fortunatissima di fare la vostra conoscenza.

PARELLA: E allora va bene. Serafì, siediti.

LUIGINO: Signorina accomodatevi.

FIFÌ: Io ho soggezione!

LUIGINO: E di che? Qua state in casa di mia sorella, come fosse casa mia, cosa vostra.

PARELLA: Va bene, ma quando ve la sposate, mo siamo ancora gente estranea.

LUIGINO: Ma no, fate conto di stare a casa vostra. Signora quando mangiamo mi farete sedere vicino a Fifì?

PARELLA: No, scusate, sarebbe cattiva educazione, si deve sedere vicino a vostra sorella.

Fifì: Ha ragione mammà.

CARMELA: Eccomi qua.

LUIGINO: Ah! Benissimo. Signora vi presento donna Parella Scorza, madre della signorina Fifì, mia futura sposa.

CARMELA: Ah! Bravo, piacere tanto. (Gli dà la mano).

PARELLA: Il piacere è anche mio.

LUIGINO: La signora è una amica di famiglia, il marito è l'avvocato Michele Stoppino.

CARMELA: E allora quella è la sposina? Bravo! Veramente è una simpatica ragazza.

PARELLA: Grazie, è bontà vostra. (A Fifì) Rispondi!

FIFÌ: Grazie, è bontà vostra.

CARMELA: È veramente una bella coppia! E quando assaggeremo i confetti?

PARELLA: Lui va di fretta, si vorrebbe sposare domani, ma io ho detto che dobbiamo prima conoscere la famiglia, non vi sembra?

CARMELA: Ah, certamente e così.

PARELLA: Noi non vogliamo carrozze e cavalli, palazzi, no signora, io voglio che lo sposo appartiene a una buona famiglia quieta e che non si fa sentire, il resto non importa, basta che sono felici loro.

CARMELA: E allora potete stare tranquilla perché questa è una famiglia tranquilla: il padre, la madre e tutti i parenti sono in perfetta armonia.

SCENA OTTAVA

Felice, Ninetta e detti, poi Felice, Ninetta, Carmela, indi Teresa e Carluccio.

NINETTA (Di dentro gridando): Non voglio parlare più, lasciami stare, hai capito o no?

FELICE (Di d. c.s.): E finiscila, devi vergognarti!

NINETTA (C.s.): No, tu ti devi vergognare di quello che fai.

FELICE (C.s.): Tutti sanno che sono un galantuomo.

NINETTA (C.s.): No, sei un porco!

PARELLA (Che si è alzata): Ma che succede?

LUIGINO: (Mannaggia a loro, proprio mo dovevano litigare).

CARMELA: Vado io a vedere che è successo. (Via).

LUIGINO: No, niente, è mia sorella Ninetta che qualche volta fa qualche piccola questione col marito.

PARELLA: Una questioncella? Quelli stanno gridando a quella maniera! Mo s'uccidono!

NINETTA (C.s.): Non ne posso più, non ne poso più!

FELICE (C.s.): E io nemmeno! Sta femmina mi fa perdere la pace!... Questa è una pazza!

NINETTA (C.s.): Felì, non mi chiamare pazza che ti rompo una sedia in testa!

FELICE (C.s.): Pure questo? Mi dai una sedia in testa? E provaci, provaci, vediamo che sai fare!

CARMELA: Ah! Fermatevi... (Di dentro gridando).

FIFÌ: Mammà, io prendo paura!

PARELLA: Andiamocene, figlia mia, Andiamo via! Questi sono i parenti vostri? Questa è la vostra famiglia tranquilla? Questi sono cani e gatti, mo ce ne dobbiamo andare da questa casa.

FIFÌ: Mamma andiamocene presto! (Via).

LUIGINO: E come faccio! Che guaio! Donna Parella sentite… aspettate… Mammà non ve ne andate (Via appresso).

FELICE: Lasciatemi stare, è troppo, non ce la faccio più!

CARMELA: Ma calmatevi. Niné, ma senti a me.

NINETTA: Non sento niente, la voglio finire.

CARMELA: Ma si può appurare almeno che è stato?

NINETTA: Ma che volete da me, io mi vergogno anche a dirlo, ma non la sentite la puzza che tiene addosso?

CARMELA: (Odora) È vero, tu puzzi di muschio, e perché?

FELICE (Gridando): Non lo so, non so niente!

NINETTA: Vedete, tiene tutto quel profumo addosso e non sa come e perché, ma si può credere a questa bugia? Mi voglio spartire, mi voglio spartire!

FELICE: Per me pure domani!

NINETTA: Per me pure stasera!

CARMELA: Ma scusa Niné, stai facendo tutta questa questione per un poco di profumo, e per questo ti vuoi dividere? Non mi sembra una buona ragione.

NINETTA: Carmè, se tu sei una femmina moderna, io no, io tengo sangue nelle vene!

CARMELA: Ma nessuna moglie fa quello che fai tu, abbi pazienza! Ora me ne vado e cercate di fare pace.

FELICE: Io sono risoluto. Domani l'accompagno a Foggia dal padre e dalla mamma, perché devo dire a loro la verità, e poi mi devo dividere legalmente. (Marcato).

NINETTA: Si capisce, legalmente.

FELICE: Sono deciso!

NINETTA: Sono risoluta...

FELICE: Con la gente invitata hai fatto questa bella figura!

NINETTA: L'hai fatto tu la brutta figura, no io! Basta, non voglio sentire niente più. (Chiamando) Teresina... Teresina...

TERESINA: Comandate... (Carluccio la segue).

NINETTA: Io me ne vado sopra dalla sarta, non mi chiamare fino a stasera, chiunque viene.

TERESINA: Ma signora...

NINETTA: Zitta! Hai capito? Non mi chiamare fino a stasera.

TERESINA Va bene... (Via).

FELICE: Vedete che modo di fare! E sei una signora tu? Sei una femminuccia! Sei una donna di strada! Ora tu te ne vai ma io rimango qua, così al tribunale dico che sei pazza, che lasci tutto e te ne vai, abbandoni la casa fino a stasera, mentre io sono un bravo marito, un galantuomo, e rimango da solo alla tavola. Carluccio… Teresina… Non vi muovete di qua perché voi siete i miei testimoni. (Carluccio e Teresina, avviliti, cadono sulle sedie).

(Cala la tela.)

Fine dell'atto primo

ATTO SECONDO

In giardino.

SCENA PRIMA

Rosina e Bettina, poi Raffaele.

ROSINA (Prendendo il caffè): Bettì, Faele che sta facendo?

BETTINA: Mi ha detto che andava a comprare della frutta sciroppata e di non dirvi niente.

ROSINA: Ho capito, mi vuole fare una sorpresa, siccome prima gli ho detto che mi sarebbe piaciuto mangiare delle castagne sciroppate, è andato a comprarle. Su tutte le cose non mi fa aprire nemmeno la bocca.

BETTINA: Che uomo! Che marito!... Un marito così doveva capitare a tutte le donne!

ROSINA: Sì, ma io pure gli voglio bene, figurati che sono più di quarant'anni che siamo sposati e non mi ha fatto mai inquietare, e nemmeno io lo ho mai fatto arrabbiare.

BETTINA: Che bella cosa!... Beati voi!

RAFFAELE: Eccomi qua, Rosina mia ti devo far vedere una cosa.

ROSINA: Le solite cose segrete. Che mi devi dare?

RAFFAELE: Quando abbiamo finito di mangiare, che mi hai detto?

ROSINA: E chi se lo ricorda?

RAFFAELE: Come, mentre mangiavamo la frutta, che inghiliscio ti è venuto?

ROSINA: Ah! Sì... li castagne e le pere sciroppate.

RAFFAELE: E le vedi qua? Sono andato a comprarle.

ROSINA: E perché... potevo anche aspettare.

RAFFAELE: No, le mangi ora o più tardi.

ROSINA: No, ora no ho mangiato assai, può darsi che mi fanno male.

RAFFAELE: Ma che male e male, noi ora stiamo bene, il Signore ci ha dato tante soddisfazioni, anche ai nostri figli non manca nulla, quindi mangiamo e beviamo senza pensare ai guai.

BETTINA: E per cent'anni signori, per cent'anni!

RAFFAELE: Grazie. Leva queste cose da sopra al tavolo che ora verrà donna Lauretta e dobbiamo fare lo scopone o il tressette col morto, perché l'avvocato non può venire. (Bettina toglie tutto dal tavolino).

ROSINA: A proposito, devi sapere che ieri sera l'avvocato don Antonino m'ha parlato un'altra volta di donna Lauretta?

RAFFAELE: Un'altra volta?

ROSINA: È un affare serio, è una fissazione! Ha detto che se non si sposa a quella, lui non vive più.

RAFFAELE: E sta fresco!

BETTINA: A me poi quella donna Lauretta mi è tanto antipatica, perché si dà tanta importanza e non ti guarda nemmeno in faccia.

RAFFAELE: Bettì, fammi il piacere, questi non sono affari che ti riguardano, e te ne prego di tenere un poco di riguardo con donna Lauretta, perché prima di tutto quella è una signora e merita tutti i riguardi, e poi è inquilina mia e mi dispiace se la trattassi malamente.

ROSINA: Oh! Si Capisce.

BETTINA: E chi le fa niente, quella è lei che tiene tanta superbia.

RAFFAELE: Basta t'ho avvisata e mo vai a fare i servizi che dobbiamo parlare.

BETTINA: Sissignore. Io sono educata con tutti, ma la superbia non la posso soffrire, quella qui mi comanda come se è lei la padrona di casa (Via).

RAFFAELE: Il difetto di questa ragazza è che non sa stare al posto suo e abusa sempre. Dunque l'avvocato si vuole sposare a donna Lauretta? Ma non è possibile, quella dopo la morte del marito ha deciso di non maritarsi più.

ROSINA: Ma lui vuole che parli con donna Lauretta e ci metti una buona parola.

RAFFAELE: Io?

ROSINA: Che ti dispiace?

RAFFAELE: No... anzi mi fa piacere, ma sono certo che è una cosa inutile.

ROSINA: Dici che non può essere?

RAFFAELE: Ma si capisce...

ROSINA: E non importa. Almeno lo facciamo contento.

RAFFAELE: E va bene, oggi quando la vedo ci parlo.

SCENA SECONDA

Lauretta e detti.

LAURETTA: È permesso?

ROSINA: Zitto... che sta arrivando donna Lauretta.

RAFFAELE: Favorite... favorite...

LAURETTA: Cara donna Rosina, carissimo don Raffaele.

RAFFAELE: Come mai oggi siete venuta più tardi?

LAURETTA: Sì, perché sono andata a fare dei servizi fuori città, dovevo riscuotere delle mesate di alcune proprietà di mio marito buonanima, e sono rientrata da poco.

ROSINA: Ma voi avete bisogno di un uomo che vi aiuti... un esattore.

LAURETTA: Sì, avete ragione, ma faccio tutto io per non avere altre spese.

RAFFAELE: Ma si capisce... lei fa tutto da sola e non dà soddisfazione a nessuno.

LAURETTA: Vi ho portato la mesata del quartino che mi avete affittato, oggi è scaduta, siamo in perfetta regola.

RAFFAELE: Avete fatto bene a portarmela oggi, io avevo già preparato la citazione (ridono), ma non vi dovete preoccupare, anche se la portavate il prossimo mese per noi è lo stesso.

LAURETTA: No, no, io non voglio tenere pensieri... ecco qua. (Gli dà una busta).

RAFFAELE: Grazie tanto. Rosì, tieni, prenditi tu questi soldi.

ROSINA: Tutti dovevano essere puntuali come a voi, sarebbe un piacere.

RAFFAELE: Ora vi do la ricevuta, Rosina per piacere me la vai a prendere?

LAURETTA: E va bene, domani me la farete trovare.

RAFFAELE: No, scusate, ve la devo dare ora, in perfetta regola, ora mi avete dato il denaro e ora vi do la ricevuta.

ROSINA: Ecco la ricevuta. (In silenzio a Raffaele) Parla adesso dell'avvocato io vado dentro un momento.

RAFFAELE: (A Rosina) E sì, dici bene, così ci leviamo il pensiero.

ROSINA: Permettete donna Laurè, vado a prendere un fazzoletto dalla mia stanza, mo torno.

LAURETTA: Fate pure... (Rosina via).

RAFFAELE: E state sempre con piacere in quell'appartamentino?

LAURETTA: Sempre, sempre, mi piace tanto, solamente al salottino si deve cambiare la carta, è molto sciupata.

RAFFAELE: Ma la faccio cambiare subito, vi pare, non solamente al salottino, ma a tutte le altre stanze.

LAURETTA: No, le altre stanze stanno bene.

RAFFAELE: V'hanno portato quelle piante che mi cercaste per il giardino?

LAURETTA: Sissignore, sono belle assai. Grazie tanto. Le ho messe attorno alla fontana.

RAFFAELE: Bene. Ah! Quella fontana mi fa ricordare certe cose...

LAURETTA: Statevi zitto per carità...

RAFFAELE: Io certe volte, mi dovete credere, ci penso e dico: ma che ero diventato pazzo quel giorno? Come potetti fare quello che feci, col rischi di offendervi e rovinare una amicizia così bella.

LAURETTA (Ride): Ah! Ah, ah, ma che andate pensando...

RAFFAELE: Veramente un poco di colpa fu anche vostra. Io ero venuto per controllare il giardino, poi voi mi portaste alla fontana a vedere i pesci… «vedete quel pesce che è morto, prendetelo»… non è morto è stonato, dissi io, e voi vi alzaste la gonna per entrare nella vasca e, in quel momento, io non so che successe nella mia testa, perdetti i sensi, non ci vidi più e vi abbracciai e vi baciai.

LAURETTA: Ma vi state zitto o no?

RAFFAELE: Non ci pensate, mia moglie non sospetta niente, perché io non l'ho mai tradita. Voi spero che avete perdonato a un uomo che in quel momento era pazzo.

LAURETTA: Ma io non ci ho pensato più, ne potete essere sicuro.

RAFFAELE: Brava... Grazie tanto.

LAURETTA: Mi volete dare questa ricevuta?

RAFFAELE: Ecco qua... Vi assicuro che all'età che tengo non m'era mai capitato un fatto simile. Ho perso la ragione e non ha capito niente più.

LAURETTA: Va bene, dimentichiamo, datemi la ricevuta.

RAFFAELE: Ecco servita. (Dà la carta).

LAURETTA: E così don Antonino non viene stasera? Lo scopone non lo facciamo?

RAFFAELE: A proposito, io vi devo parlare di un fatto che mi ha detto mia moglie e che riguarda appunto l'avvocato.

LAURETTA: A me? E che mi dovete dire?

RAFFAELE: Una cosa inutile... Una cosa che non può succedere, ma del resto io devo dirvelo.

LAURETTA: Ma che cosa?

RAFFAELE: Don Antonino m'ha pregato di dirvi che si è innamorato di voi e vi vuole sposare assolutamente.

LAURETTA: Sì, io me n'ero accorta, ma caro don Raffaele, don Antonino è un buon avvocato, però...

RAFFAELE: Ma non vi piace, sì, lo capisco.

LAURETTA: No, non dico, questo, anzi... e un buon giovane...

RAFFAELE: Ma per giocare allo scopone.

LAURETTA: Io per adesso non ho alcuna intenzione di maritarmi, in appresso forse, vedremo.

RAFFAELE: E questo l'ho detto.

LAURETTA: Se mi decido di farlo... ne parleremo.

RAFFAELE: Va bene. Ho capito tutto, non ne parliamo più.

SCENA TERZA

Rosina e detti, poi Bettina, indi di nuovo Bettina.

ROSINA: (A Raffaele) Hai parlato del fatto? Che ha detto?

RAFFAELE: È inutile, non si vuole maritare.

ROSINA: Ah, si capisce!.

RAFFAELE: Bettina... (Chiamando.)

BETTINA: Comandate.

RAFFAELE: Porta un mazzo di carte.

BETTINA: Subito.

LAURETTA: (Con alterigia) Bettì, portami un bicchiere d'acqua.

RAFFAELE: Hai sentito? La signora vuole un bicchiere d'acqua.

BETTINA: Ho capito, va bene (Via).

RAFFAELE: Giochiamo come al solito, è vero? Paste e marsala.

LAURETTA: Per me quello che volete voi.

BETTINA (Uscendo con le carte): Ecco qua il mazzo di carte (Lo mette a tavola).

LAURETTA: E il bicchiere d'acqua l'hai dimenticato?

BETTINA: Ah, già, voi volevate bere. Mo ve lo porto (Via).

RAFFAELE: Signora, scusate, quella è un po' stonata.

LAURETTA: Oh, è cosa da niente. Vediamo chi fa carte (Alza il pacchetto di carte lei e Raffaele) Fate carte voi. (Mentre Raffaele mischia e dà le carte.) E vostra figlia Ninetta col marito stanno bene?

RAFFAELE: Benissimo. L'altro giorno mi scrisse.

LAURETTA: E don Luigino come si comporta a Napoli?

RAFFAELE: Magnificamente, a scuola fa progressi giorno per giorno.

LAURETTA: Bravo. Mi fa piacere.

RAFFAELE: Eh, quello è un giovane che farà onore alla famiglia, tiene un bell'avvenire, almeno così speriamo. Ma ora pensiamo a giocare.

BETTINA: Signora è venuta donna Carmela, l'amica vostra.

RAFFAELE: Ah, donna Carmela, falla accomodare.

BETTINA: Favorite. (E via).

SCENA QUARTA

Carmela e detti, poi Bettina che torna diverse volte.

CARMELA: Signori, buonasera a tutti.

ROSINA: Cara amica come stai (Strette di mano).

RAFFAELE: Quando siete tornata?

CARMELA: Questa mattina e questa è la prima visita.

ROSINA: E vostro marito perché non l'avete portato?

CARMELA: Stava un poco stanco, ha detto che domani vi viene a trovare. (Prende in disparte a Rosina) vi devo parlare seriamente.

ROSINA: A me? E di che si tratta?

CARMELA: Vi devo parlare di vostra figlia.

ROSINA: Di Ninetta? E che è successo?

RAFFAELE: Ma che è successo, Rosì continuiamo a giocare?

LAURETTA: Chi gioca?

RAFFAELE: Giocate voi.

LAURETTA: Ecco qua, un quattro.

ROSINA: Signori miei, scusate, io non posso più giocare, mi sta venendo un forte mal di capa.

LAURETTA: E che vi sentite, signora?

ROSINA: Che ne so, mi sta prendendo da dentro lo stomaco.

RAFFAELE: E allora sospendiamo.

LAURETTA: Sicuro, dice bene. Se volete vado a chiamare un medico.

ROSINA: No, no, grazie, è cosa de niente, tra poco mi passa.

RAFFAELE (Chiamando): Bettina... Bettina...

BETTINA: Comandate.

RAFFAELE: Piglia la bottiglia con l'aceto.

BETTINA: E perché?

RAFFAELE: Ma devi sapere pure i perché per fare un servizio?

ROSINA: No, non ne voglio aceto, sto un poco meglio... è stata una cosa momentanea, solamente, scusate devo poggiarmi un poco sul letto.

LAURETTA: Ma che scusate, vi pare. Fate il vostro comodo.

RAFFAELE: Che faccia che ha fatto! Mo stava tanto bene.

ROSINA: Mi sta passando; statti zitto.

BETTINA: Forse qualcosa che ha mangiato le ha fatto male. Ora vado a fare una camomilla (Via).

LAURETTA: Sarà cosa da niente, andate a riposarvi, ci vediamo domani.

ROSINA: Ma se volete rimanere?

LAURETTA: No, e senza di voi che facciamo? Don Raffaele, arrivederci a domani.

RAFFAELE: Arrivederci. Carmela, voi rimanete?

CARMELA: Sì, io resto ancora un poco don Raffaele.

LAURETTA: Più tardi fatemi sapere come state.

ROSINA: Sissignora. Grazie tanto.

LAURETTA: E di nuovo arrivederci (Via).

ROSINA: Dunque, Carmela, che mi dovete dire di Ninetta?

RAFFAELE: E come, non ti vai a mettere sul letto?

ROSINA: Ma non hai capito ch'è stata una finzione, l'ho fatto apposta per far andare a Lauretta.

RAFFAELE: E perché?

ROSINA: Perché donna Carmela ha detto di mandarla via perché deve parlare necessariamente di vostra figlia Ninetta.

CARMELA: Sissignore.

RAFFAELE: Ah, mo ho capito. E che è successo, di che si tratta?

ROSINA: Parlate.

RAFFAELE: Qualche disgrazia?

ROSINA: Sta malata, forse?

CARMELA: Nossignore. Niente di tutto questo. Felice e Ninetta si vogliono spartire.

ROSINA: Si vogliono spartire? Voi che dite?

RAFFAELE: Ma come, e perché?

CARMELA: Per una forte lite che ebbero ieri sera, io stavo là, successe l'inferno! Hanno deciso di dividersi e non sentono ragione, da un momento all'altro arrivano qua.

RAFFAELE: Stanno venendo qua?

CARMELA: Sissignore. Felice si vuol difendere davanti a voi, e Ninetta sta molto arrabbiata.

ROSINA: Ma ch'è scemunita? Lascia il marito, ma è diventata pazza!

RAFFAELE: Dove andremo a mettere la faccia?

CARMELA: Io ho fatto di tutto per calmarli, ma sono troppo decisi.

BETTINA (Con camomilla): Signora, prendetevi questo decotto che fa bene.

RAFFAELE: Vattene, non ce n'è più bisogno, non dare fastidio!

BETTINA: Eh, ced'è uno si crede di fare una cosa buona... che gente, mamma mia! (Via).

CARMELA: Vedendo che non potevo fare niente, sono venuta qua prima di loro per avvertirvi.

ROSINA: Grazie tanto, Carmela, grazie tanto!

RAFFAELE: Se Felice si vuol difendere davanti a noi, vuol dire che è Ninetta che si vuol dividere.

CARMELA: Già Ninetta l'ha detto prima, poi si è deciso anche il marito, ha detto che la moglie è una strega e lui si vuol gettare da sopra giù, perché non ne può più.

RAFFAELE: E ha ragione Felice, quella capricciosa, è una strega! Non ti ricordi che ci ha fatto passare da piccola? Rosì, tu le hai fatto vincere tutti i capricci per non sentirla strillare, e mo te la porti appesa al collo, ed è rimasta con quel carattere fetente.

ROSINA: Mo statti a vedere che la colpa è mia.

RAFFAELE: E si capisce, perché non è quella l'educazione che si deve dare a una figlia.

ROSINA: E perché non ce la davi tu l'educazione?

RAFFAELE: E ti sei dimenticata che quando io la volevo sgridare mi zompavi addosso, e io per troppa bontà, per non fare una questione con te mi stavo zitto?

ROSINA: No, ti stive zitto perché non ti incaricavi mai di niente.

RAFFAELE: Non mi sono incaricato mai di niente? Hai ragione, dovevo fare il padre, dovevo fare il marito, dovevo lavorare e dovevo fare tutte io le cose (Dando un pugno sul tavolo).

BETTINA (Uscendo): Ch'è successo? Signora, ch'è successo?

RAFFAELE: Niente, vattene! Mo prendo a calci pure a te! (Bettina fugge).

CARMELA: Ma don Rafè, calmatevi!

RAFFAELE: La senti dovevo dare io l'educazione, come se io non ho mai fatto niente, alla fine mi tocca sopportare anche questo. Mo ti faccio vedere io come si fa il padre e come si fa il marito, appena vengono me ne vado da questa casa e non ci vengo più.

ROSINA: Te ne vai? E dove vai?

RAFFAELE: Non lo so, all'albergo, a una casa ammobiliata, parto, me ne vado lontano, faccio quello che mi dice la capa.

CARMELA: Nossignore, don Rafè, questo non lo dovete fare.

ROSINA: Parti? Te ne vai da casa? E bravo questo non me l'aspettavo! Dopo tanti anni di matrimonio che ti sopporto è la prima volta che ti sento parlare così, è la prima volta che ti sento dire certe cose. Vuol dire che ti sei stancato di me, che centro io con tua figlia? È proprio che mi vuoi lasciare.

CARMELA: Ma nossignore, Rosì, avete capito malamente.

ROSINA: E vattene, fai come vuoi, che aspetti a fare che viene tua figlia? Ma non avrai pace perché una femmina come a me non la trovi, non la trovi! (Piange e siede).

CARMELA: Signori, finitela! Don Rafè... ma insomma che volete fare? Vi volete calmare? (Rosina piange).

RAFFAELE (Guarda Rosina e si commuove): Io l'ho detto tanto per dire, ma a lei non la lascerò mai, sono cose che si dicono quando uno è arrabbiato.

CARMELA: Andiamo fate pace, quando mai avete fatto queste cose.

ROSINA: Mai, è stata la prima volta.

RAFFAELE: Io non so fare lite, mi imbroglio.

CARMELA: Ma non c'è ragione di fare lite. Meh! Abbracciatevi.

ROSINA: E lo dici più quello che hai detto?

RAFFAELE: Mai più, Rosinella mia!

ROSINA: Faele bello! (Si abbracciano.)

RAFFAELE: Ma intanto dateci un consiglio su come dobbiamo regolarci con Ninetta?

ROSINA: Li facciamo capire il male che fanno.

RAFFAELE: No, io non so che dire, perché poi se la prende con noi.

CARMELA: E si capisce. Lo devono capire loro che devono far pace. Ma mo che stavate facendo lite mi è venuta un'idea…

RAFFAELE: Che idea?

CARMELA: Dovete fare una commedia, ma deve sembrare naturale.

RAFFAELE: Che cosa?

CARMELA: Dovete far vedere come è brutto a fare lite.

SCENA QUINTA

Felice, Ninetta e Bettina.

FELICE (Di d.): Permesso, dove sta don Raffaele?

CARMELA: Eccoli qua, zitto, andiamo dentro che vi spiego la finzione che dovete fare.

RAFFAELE: Ma quale finzione?

ROSINA: Ma che dobbiamo fare?

CARMELA: Dentro vi dico tutto... Andiamo... (Via).

NINETTA (Fuori, nervosa, con borsetta da viaggio): Non c'è nessuno.

BETTINA: Ma che bella sorpresa! Signori, non vi vedevo da un mese e mezzo. Che piacere!

NINETTA: Mammà e papà dove stanno? Che stanno facendo?

BETTINA: Mo proprio stavano qua, ma loro non vi aspettavano.

NINETTA: No, perché io non ho fatto sapere niente.

BETTINA: Sa che piacere che n'avranno! Mo li vado a chiamare.

NINETTA: Aspetta. Prendimi prima i bagagli da fuori alla porta e paga il taxi.

FELICE: Fammi il piacere, paga pure il mio taxi.

BETTINA: Va bene. (E come è due persone due taxi) (Via).

NINETTA: Posso sapere quando mi levate l'incomodo della vostra presenza? Posso sapere perché avete voluto accompagnarmi?

FELICE: Io non v'ho dato nessun fastidio, voi siete venuta in una carrozza e io in un'altra, voi per conto vostro e io per conto mio.

NINETTA: Ma tenete l'intenzione di rimanere qua?

FELICE: Nient'affatto. Dopo che avrò parlato con tuo padre e tua madre andrò in albergo e domani parto, però devo stare presente quando parli con loro.

NINETTA: Io devo dire tutta la verità.

FELICE: E io pure.

NINETTA: Va bene.

FELICE: Ma non ci pensi che dopo questa bella notizia che gli diamo quei due poveri vecchi, per il dispiacere, potrebbero anche morire?

NINETTA: E che è mia la colpa?

FELICE: No è mia.

NINETTA: Si capisce.

FELICE: Noi siamo ancora in tempo a non dire niente, Niné, quelli non sanno perché siamo venuti, diciamo che siamo venuti a fare la villeggiatura, fatti capace. Io sono innocente.

NINETTA: Chi t'ha dato quel profumo che tenevi addosso?

FELICE: Non lo so, parola mia d'onore, non lo so!

NINETTA: Non lo sai? Allora non ne parliamo più, o mi dici la verità, o se no quello che deve succedere succeda.

FELICE: E sia, fai quello che vuoi tu! Quei due vecchi appartengono a te, non a me, li terrai tu sopra alla coscienza se muoiono.

NINETTA: Non gridare, che non stai in casa tua, stiamo nella casa di due santi, che ti credi che mio padre è come a te? Questa è una chiesa! (Di dentro si sente un gran rumore di piatti e di mobili rovesciati, urli, tumulto, frastuono). Ch'è stato? Ch'è sta succedendo?

FELICE: Un terremoto dentro alla chiesa!

SCENA SESTA

Rosina, poi Raffaele e detti.

ROSINA (Entra parlando): Assassino, sporcaccione! Uomo senza cuore! Ah! Mamma mia, che dolore, mo muoio, mo muoio... (Con una mano in fronte).

NINETTA: Mammà...

ROSINA: Figlia mia, stai qua. Felì, voi pure? È stato il Cielo che v'ha mandato!

NINETTA: Ma ch'è successo?

ROSINA: Figli miei, abbracciatemi. Figlia mia cara cara! Se sapessi! Tuo padre m'ha menata una scopa in fronte. Io non voglio stare più in questa casa, ora stavo venendo da voi, sì mo scaso e me ne vengo a stare con voi che siete bravi e vi volete bene, qua non posso stare più, quello è uscito pazzo.

FELICE: E quest'altro ci voleva.

ROSINA: Ah! Che dolore! Che dolore! Mo sai che bernoccolo si deve fare?

NINETTA: Ma perché papà ha fatto questo?

ROSINA: Perché... perché è un infame, è un assassino, non contento che m'aveva menata la scopa in fronte, arraggiato come stava, ha dato un pugno alla cristalliera e m'ha rotto tutte le cose!

FELICE: E questo è uscito pazzo veramente!

ROSINA: Figlia mia, figlia mia!

NINETTA: Si può sapere ch'è stato?

ROSINA: Ch'è stato? E non te lo posso dire, figlia mia! Sono cose che non te le posso dire, cose tremende, cose terribili, cose che non si credono! Io non posso stare più vicino a quest'uomo, la voglio fare finita, addio figlia mia, dammi l'ultimo bacio che me ne vado.

NINETTA (Gridando): Aoh! Felicié, fai qualcosa!

FELICE (La trattiene): Aspettate, mammà!

ROSINA: Lasciatemi, mi voglio gettare abbascio, voglio morire!

NINETTA: Zitta, sta venendo papà!

RAFFAELE (Coi capelli irti, la fisionomia di rabbia, terrà sul braccio camice, calzini, e molti abiti suoi, alla mano sinistra terrà un paio di pantofole): Per ora ho preso le cose mie e mi metto a dormire sul divano, domani poi penserò a dove devo andare.

NINETTA: Papà...

RAFFAELE: Ah! Stai qua figlia mia, e tu pure Felicié... e come mai siete venuti? Voi mancate da qua un mese e mezzo e non sapete che cosa sto passando io qua con questa femmina scellerata!

ROSINA: Io sono scellerata?

RAFFAELE: Basta, zitta, questa femmina un giorno o l'altro mi farà crepare, ma prima che muoio ti tiro io il collo come alla gallina.

ROSINA: Ma vattene, fammi questo piacere, voi vedete questo vecchio che si è messo in testa.

RAFFAELE: Io mo sono vecchio! Guardate chi parla!

NINETTA: Papà, calmatevi...

ROSINA: Non ci voglio stare più con te, più, mi voglio spartire.

RAFFAELE: Si capisce, e quanto più presto può essere.

NINETTA: Pure loro?

RAFFAELE: Domani… domani t'aggiusto io per le feste, vecchia pazza!

NINETTA: Ma papà che è stato, si può sapere il fatto?

FELICE: Quando mai vi siete arrabbiati così?

NINETTA: Quale è stata la ragione?

RAFFAELE: Quale è stata la ragione? Volete sapere ch'è stato? (E che dico mò?). Cose terribili, figli miei, cose tremende, è meglio che non lo sapete, sono cose che non si possono dire! Mi vado ad aggiustare il letto nel salotto.

ROSINA: E io mi vado a fare il bagaglio e me ne vado a casa di Ninetta!

RAFFAELE: E non ti fare vedere più!

ROSINA: E se mi vieni a trovare ti faccio scontare tutto quello che mi hai fatto (Via).

RAFFAELE: E io mo vengo a trovare a te?

FELICE (Ridendo): Ma queste sono cose da pazzi!

NINETTA: Mi pare che non c'è niente da ridere.

FELICE: No, rido per la combinazione, noi da una parte e loro dall'altra, è stato bello!

NINETTA: Ma noi dobbiamo mettere pace, li dobbiamo far calmare, non li dobbiamo fare separare.

FELICE: Ah, si capisce!

NINETTA: Dopo tanti anni che stanno insieme non è possibile.

FELICE: Oh, questo è certo.

NINETTA: E non dobbiamo far capire niente del fatto nostro, che ci vogliamo spartire.

FELICE: È sottinteso. Io non parlo certo.

NINETTA: Non voglia mai il Cielo che sappiano una cosa simile. Davanti a loro dobbiamo fingere, dobbiamo far vedere che stiamo in perfetta armonia e ci vogliamo bene.

FELICE: Va bene.

NINETTA: Quando loro hanno fatto pace, allora diciamo la verità e ci spartiamo.

FELICE: Perfettamente.


SCENA SETTIMA

Bettina, poi Raffaele, Rosina e detti, in ultimo Carmela.

BETTINA: I bagagli stanno di là.

NINETTA: Va bene. Bettì, viene qua, dimmi una cosa.

BETTINA: Che volete sapere?

NINETTA: Papà e mammà perché stanno facendo lite?

BETTINA: E che ne so io, signorina mia, prima che venivate voi la signora stava avendo uno svenimento e poi, all'improvviso, hanno cominciato a fare questione.

NINETTA: Sono cose da non credere, ma quando mai papà ha fatto queste cose?

RAFFAELE (Vedendo Bettina): Che fai tu qua? Tirati indietro e aspetta (Bettina va in fondo).

ROSINA: Niné, figlia mia... oh, non sapevo che sta anche lui!... (Si volta).

RAFFAELE: Che? Che dice? (Gridando.) Che dice!

ROSINA Eh! Parla in faccia.

NINETTA: Papà!

FELICE: Non gridare!

RAFFAELE: Che dice? Che hai detto?

ROSINA: Non parlo a te, parlo a mia figlia, animale!...

RAFFAELE: Animale a me!

NINETTA: Mammà, finitela!

FELICE: Calmatevi per carità!

ROSINA: Niné, stasera ti devi coricare con me, non mi lasciare sola.

NINETTA: Va bene mammà.

RAFFAELE: Nel salotto ci sono due divani e io dormo con Felice. Per stanotte devi avere pazienza.

FELICE: Ma vi pare, io dormo pure a terra.

ROSINA: Mi dispiace che per stanotte ti devo dividere da tuo marito.

NINETTA: Oh, e che fa, non fa niente.

FELICE: Ma vi pare, per una notte!

RAFFAELE: E si no me ne vaco a dormire io all'albergo.

FELICE: Ma no, che state dicendo?

NINETTA: Io sono stanca del viaggio, come mi corico m'addormento.

FELICE: E io pure mi sento stanco, è meglio che dormo solo.

ROSINA: Va bene. Ma ora che ci penso, voi non avete fame?

RAFFAELE: Ah, già, e chi ci pensava!

NINETTA: No, mammà, io non ho fame, ho mangiato qualcosa sul treno. È vero? (A Felice.)

FELICE: Sì, è vero, abbiamo mangiato un sacco di cose... ma io per la verità tengo un poco d'appetito.

RAFFAELE: Bettì, che ci sta di pronto?

FELICE: Poca roba.

BETTINA: Ci sta prosciutto e caciocavallo.

RAFFAELE: E niente più?

BETTINA: Ah, c'è pure mezzo pollo.

FELICE: E va bene dopo ne mangio un poco.

BETTINA: E ci sono anche due pezzi di carne a ragù ch'è rimasta a tavola.

FELICE: E mi mangio pure il ragù.

BETTINA: Pure il ragù.

RAFFAELE: Porta tutto in salotto col pane e una bottiglia di vino.

BETTINA: Va bene. (Via).

ROSINA: Dunque, Felicié, buonanotte.

FELICE: Bona notte, mammà.

RAFFAELE: Figlia mia, felicenotte. (Abbraccia Nina).

NINETTA: Bona notte, papà.

ROSINA: E a tuo marito non dici niente? Non l'abbracci?

NINETTA: Ah, sì! (Abbraccia Felice) Buonanotte, marito mio!

FELICE: Moglie mia, cara, amore mio, dormi bene!

NINETTA: Mammà, papà, vi debbo dire una cosa.

ROSINA: Che cosa, figlia mia?

NINETTA: Voglio una prova che veramente mi volete bene.

RAFFAELE. E che prova? Parla.

NINETTA: Abbracciatevi e baciatevi pure voi.

ROSINA: Io? Manco morta! (Sdegnosa).

RAFFAELE: A essa? Mai! (Tragicamente.)

ROSINA: Abbracciare e vasà a lui? Non se lo merita!

RAFFAELE: Abbracciare e vasà una femmina come a quella? Ma meglio la morte!

ROSINA: Andiamocene Niné (La porta via).

RAFFAELE: Andiamo Felicié (Lo porta via). (Dopo un momento entrano Raffaele e Rosina, in punta di piedi, si avvicinano pian piano e si abbracciano mentre Carmela entra e ride a crepapelle) Rosinella mia!

ROSINA: Faele bello! (Fanno un giro di ballo).

(Cala la tela.)

Fine dell'atto secondo

ATTO TERZO

La medesima scena del secondo atto.

SCENA PRIMA

Rosina e Carmela, poi Raffaele.

CARMELA: E così Rosina come vanno le cose? Che avete fatto?

ROSINA: Stiamo ancora così, voi avevate ragione, quelli si vogliono spartire.

CARMELA: E voi avete recitato la parte naturale?

ROSINA: Naturalissima, vi pare, e come se la sono bevuta!

CARMELA: Bravi!

RAFFAELE: Don Michè sta qua?

CARMELA: No, mi ha solo accompagnata, tiene da fare in tribunale.

RAFFAELE: Felice ha dormito bene, ha grofolato fino a mezzogiorno. E Ninetta che ha fatto?

ROSINA: Ha dormito un paio d'ore, poveretta, poi ha cominciato a piangere.

RAFFAELE: Il bello che ieri sera Feliciello voleva per forza sapere perché stavamo facendo lite.

CARMELA: E voi che avete detto?

RAFFAELE: Io dissi che questa era diventata insopportabile per la troppa gelosia e che io non ne potevo più.

CARMELA: Bravo.

ROSINA: E io ho detto a Ninetta che tu sei diventato uno scapestrato e un libertino.

CARMELA (ride): Ah! Ah! Questa è bella!

RAFFAELE: E mo che dobbiamo fare? Dobbiamo continuare la commedia?

CARMELA: Si capisce, almeno tutta questa giornata, anzi rincarate la dose.

RAFFAELE: Va bene.

ROSINA: Sì, ma vediamo di finire presto questa storia, perché non mi va di litigare nemmeno per scherzo.

RAFFAELE: Ed io mi sento tutto strano.

SCENA SECONDA

Felice e detti.

FELICE: (Entra).

ROSINA (Gridando): Ti ho detto scostati e lasciami stare, la vuoi capire? Sei un  traditore!

RAFFAELE: Questa giornata finirà male!

ROSINA: Ah! Mannaggia al momento che ti ho conosciuto!

RAFFAELE: Mannaggia a quando ti sposai, sarebbe stato meglio se avessi perso la lingua.

ROSINA: Vattene, vattene, lasciami in pace!

RAFFAELE: Ma chi ti tocca, chi ti vuol toccare!

CARMELA: Signori, calmatevi! Don Rafè, un poco di prudenza!

FELICE (Facendosi avanti): Finitela, Che cosa è questa fristaraia.

ROSINA: Ah, Felì, site voi?

FELICE: Mo fate rivoltare il palazzo, che maniera è questa! Donna Carmela, siete già tornata da Napoli?

CARMELA: Si, sono tornata per un affare urgente.

FELICE: E vediamo di finire questa storia. Donna Carmela, voi che siete amica stretta, mettete una buona parola.

CARMELA: Ma che cosa, io non ne so niente.

FELICE: Come, voi non sapete che papà e mammà si vogliono spartire?

CARMELA: Si vogliono spartire? Ah, sì, sicuro, lo so, ma io per la verità mi credevo che scherzavano.

FELICE: Per la verità, io pure credevo questo.

RAFFAELE: Scherziamo!? Vi faccio vedere io se scherziamo!

ROSINA: Donna Carmela, vostro marito è avvocato, allora fate preparare le carte per spartirci.

CARMELA: Allora lo volete fare seriamente?

ROSINA: Seriamente.

CARMELA: Va bene. Allora ci vediamo più tardi, vado a parlare con mio marito.

ROSINA: Va bene, vi aspetto nella camera mia. Arrivederci.

RAFFAELE: Arrivederci.

ROSINA: Mo ti faccio vedere che so mantenere la parola!

RAFFAELE: Vecchia strega e capa tosta!

ROSINA: Vecchio vizioso e porco!

RAFFAELE: A me?

ROSINA: Sì, porco, no una ma cento volte! (Via).

FELICE: (Ma questi sono usciti pazzi?)

RAFFAELE. Hai visto, Felicié, hai visto che sto a passare io pover'uomo? E questa è la vita mia, questo facciamo ogni giorno, non me la fido più!

SCENA TERZA

Ninetta e detti.

NINETTA: Papà, ch'è successo? Da sopra ho sentito le grida… Avete cominciato un'altra volta?

FELICE: E peggio di ieri sera. Sembrava che aspettavano a me per cominciare.

RAFFAELE: Figlia mia come sei stata stanotte, hai dormito bene?

NINETTA: Sì, papà.

RAFFAELE: Tuo marito è stato male, poveretto, e si capisce, sta scomodo sopra al divano.

FELICE: Ma che dite, io ho dormito magnificamente.

RAFFAELE: E poi sono sicuro che non dormiva perché stava lontano da te. È vero?

FELICE: Ah, certamente!

RAFFAELE: Lo so che voi vi volete bene, andate sempre d'accordo, sempre in armonia, che il Signore vi possa benedire, perché quando non si va d’accordo si perde la pace, il riposo, si è sempre nervosi, è la distruzione della famiglia.

NINETTA: Ah sì, avete ragione.

FELICE: È proprio così! E, tante volte, quest'urto fra marito e moglie viene per una sciocchezza qualunque.

RAFFAELE: Sicuro, tante volte per una fesseria... per qualcosa che si potrebbe far passare?

NINETTA: Ma perché avete fatto lite?

RAFFAELE: Per una cosa proprio de niente, per uno sbaglio, una supposizione... e intanto, a poco a la volta, piano piano, a una parola la volta siamo arrivati che ci vogliamo dividere.

NINETTA: Ma che spartire, papà, non lo dite nemmeno per scherzo!

RAFFAELE: Ma quella ha parlato pure con l'avvocato.

FELICE: Ma com'è che vi volevate tanto bene, e mo vi volete spartire?

RAFFAELE: Embè, avete visto? Per una cosa da niente, l'amore si cambia in odio. Credo, per incompatibilità di carattere....

FELICE: Dopo quarant'anni?

RAFFAELE: E già. Quando saremo divisi legalmente, io verrò a finire i miei giorni con voi, non credo che mi negherete una camera!

FELICE: Vedete papà, vostra figlia certamente non negherà una camera al suo vecchio genitore, ma vi prevengo che se venite a casa nostra trovate pure la vecchia genitrice!

RAFFAELE: Come!

FELICE: Già, ieri sera ha espresso lo stesso desiderio.

RAFFAELE: E allora m'affitto una camera e mi venite a trovare tutti i giorni (Commosso), mi basta che vi vedo tutti i giorni e so che vi volete bene e non fate mai lite per essere contento.

NINETTA: Ma papà, vedete di far pace.

RAFFAELE: No, figlia mia, non può essere, tua madre non mi ha saputo apprezzare, e anche se il marito fa qualcosa che non deve fare, la moglie lo deve trattare con educazione e deve far capire la ragione.

FELICE: Ah, si capisce, una brava moglie, non grida e non dice cattive parole.

NINETTA: Secondo i caratteri, caro papà, ci stanno mogli che non la pensano così.

RAFFAELE: E questa è tua madre! Tua madre non la pensa così e si troverà malamente… m'ha disgustato, mi sono scocciato e mo non c'è rimedio, vado un momento di là, permettete (Via).

FELICE: Hai inteso che ha detto tuo padre? Hai capito come si deve trattare il marito?

NINETTA: Io a papà non l'ho potuto rispondere, perché gli dovevo dire che non si fa quello che ha fatto lui a una moglie che gli sta vicino da tant'anni.

FELICE: Ma perché? Che l'ha fatto?

NINETTA: L'ha tradita, s'è messo con un'altra femmina!

FELICE: Don Rafele? Ma che dici, un vecchio come a lui?

NINETTA: È uomo, e l'uomo è sempre lo stesso!

FELICE: E chi è sta femmina? (Ridendo.)

NINETTA: Mammà non me l'ha voluto dire, ma io l'appuro però, tanto devo fare che devo sapere chi è.

SCENA QUARTA

Bettina e detti.

BETTINA (Con caffè): Signori, il caffè.

FELICE: Poggialo sul tavolino del salotto, che dopo lo prendo.

BETTINA: Sissignore. (Via, poi torna).

FELICE (ridendo) Don Rafele s'è messo con un'altra femmina. Sono cose da pazzi, uno deve ridere afforza! (Via).

NINETTA: Povera mammà, povera vecchia, all'età sua deve avere questo dolore! Ma mo sto io qua! (A Bettina che ritorna) Bettì, viene qua, dimmi una cosa.

BETTINA: Comandate, signora

NINETTA: Mammà a chi tratta, chi sono le femmine che la vengono a trovare?

BETTINA: Le femmine che la vengono a trovare... Una sola, viene a fare lo scopone la sera.

NINETTA: Ah, viene a fare lo scopone ha sera? E chi è, come si chiama?

BETTINA: E una certa D.a Lauretta, che io non la posso vedere per la superbia che tiene. Quando vuole qualche cosa mi comanda come fosse la patrona di casa. Ieri sera vostro padre per colpa sua mi gridò in testa, dice che io la tratto male, dice che lei è vedova è ha bisogno di affetto.

NINETTA: E com'è, è una bella donna?

BETTINA: Eh, così così, non c'è male.

NINETTA: E dove abita?

BETTINA: In questo palazzo al primo piano.

NINETTA: Ah, è inquilina di papà?

BETTINA: Sissignora, tiene quel quartino a sinistra col giardino.

NINETTA: Ah, brava. Grazie tanto. (Bettina si mette a rassettare la stanza). Deve essere proprio lei, fortuna che sono arrivata io. M'incarico io di far capire a questa signora che qua non deve venire più! (Si avvia).

SCENA QUINTA

Rosina e dette, poi Felice e Raffaele.

ROSINA: Niné, dove vai?

NINETTA: Mo vengo mammà, mo vengo, un quarto d'ora e sto qua, arrivo fino alla punta.

ROSINA: Ma se vuoi qualcosa può andare Bettina.

NINETTA: No è una cosa che devo fare io di persona personalmente… Povera mamma… Povera martire!… (L'abbraccia) Coraggio e fidatevi di me.

ROSINA: Mi devo fidare di te?

NINETTA: Sì... avete sofferto assai, soffrite ancora, e io soltanto vi posso compatire, ma mo qua ci sta vostra figlia e ci penso io! Ci penso io (Via).

ROSINA: Povera martire! Avete sofferto assai... E chi la capisce

BETTINA: Signò... questa è la nota spese di ieri, la volete riscontrare? (La fa vedere).

ROSINA: Sicuro, dammi qua (Bettina gliela dà).

BETTINA: Per la spesa d'oggi che devo fare?

ROSINA: Se ne parla più tardi.

BETTINA: Va bene. Mi chiamate voi (Via).

ROSINA (Siede al tavolino e riscontra la nota): Cinche e cinche 10 e sei sidece e sette 23.

FELICE (Uscendo vede Rosina che si troverà con le spalle voltate a lui e si nasconde).

RAFFAELE (Dal fondo, dall'altro lato): Rusì, che stai facendo?

ROSINA: Sto facendo sto conto: 23 e cinche 28.

RAFFAELE: (Avvicinandosi piano) Rosì fatti dare un bacio mo che non ci vede nessuno!

ROSINA (Ridendo senza voltarsi): Statti fermo Faele, mo non è momento di fare queste cose, se ci vede Felice o Ninetta, scombiniamo tutto il nostro piano. FELICE: Che piano, fatemi sentire, che cosa è questo complotto.

ROSINA: Voi?

FELICE: Dunque ci state imbrogliando da ieri, che la lite è tutta una finzione?

RAFFAELE: Sì, è una finzione.

FELICE: Io lo diceva ch'era una pazzia, non poteva essere, ma a quale scopo scusate...

RAFFAELE: Abbiamo fatto sta commedia nel vostro interesse, tu ti vuoi spartire da Ninetta, è vero?

FELICE: Io?... È lei che si vuole spartire da me. E a voi chi ve l'ha detto?

RAFFAELE: Donna Carmela che si è trovata ieri a casa vostra, proprio al momento della lite.

ROSINA: E noi abbiamo fatto questo per farvi vedere quanta è brutta la discordia fra marito e moglie specialmente quando si vogliono dividere.

FELICE: Ho capito, L'idea me piace!

ROSINA: Non dite niente a Ninetta, lasciatela credere ancora che facciamo veramente.

FELICE: Ah, si capisce!

RAFFAELE: Dove sta Ninetta?

ROSINA: Mo proprio è uscita. Ha detto che torna subito e mi ha detto certe parole strane. Mi ha chiamato povera martire: avete sofferto e soffrite ancora ma mo ci sta la figlia vostra qua e ci penso io, mo vengo, mo vengo... m'ha abbracciata e se n'è andata.

FELICE: Ho capito. (Ridendo) Quando fa così combina sempre guai.

RAFFAELE: Ma come, fammi capire.

FELICE: Mammà, quando Ninetta ha voluto sapere della lite, avete detto che c'era una femmina di mezzo, e allora Ninetta si sarà messa in testa di cercare chi è quella femmina (Ride).

ROSINA (Ride): Oh, questa è bella! E dove sarà andata?

RAFFAELE: Ah, questa veramente è graziosa! (Ride) E dove è andata?

FELICE: E chi lo sa? (Ride).

ROSINA: Aspettate, prima l'ho vista parlare con Bettina, forse lei sa qualche cosa. (Chiamando) Bettina... Bettina...

RAFFAELE: Ma non capisco chi femmina ha potuto sospettare. Ah! ah! Che cosa curiosa!

FELICE: Cose de pazzi!

ROSINA (Chiamando): Bettina... Bettina...

SCENA SESTA

Bettina, poi Luigino e detti.

BETTINA: Comandate.

ROSINA: Dimmi una cosa, sai Ninetta dove è andata?

BETTINA: Credo che è andata da D.a Lauretta al primo piano, perché ha voluto sapere come si chiamava e dove stava di casa.

ROSINA (Ridendo): Uh, proprio a D.a Lauretta... Ah! Ah!...

RAFFAELE: E tu l'hai dato l'indirizzo?

BETTINA: Sissignore, e che ci stava di male? Ha voluto saper chi erano le donne che vengono in questa casa e io ho detto che veniva soltanto D.a Lauretta.

RAFFAELE: E come t'è venuto in testa? Che ti importava a te... quella è una signora onesta...

BETTINA: E chi l'ha chiamata malamente...

RAFFAELE: Dovevi farti i fatti tuoi, esci, vattene (Gridando).

BETTINA: Mo me ne vado proprio (Via).

RAFFAELE: Ma guardate un poco, quella è inquilina mia, una figliola onesta, si fa i fatti suoi, e quella bestia le va a dire dove sta di casa, mi sono pentito che non l'ho schiaffiata.

ROSINA: E va bene, perché ti arrabbi? Si dice a D.a Lauretta che Ninetta si è sbagliata.

FELICE: Perfettamente.

RAFFAELE: Voglio sapere proprio D.a Lauretta che l'ha risposto.

ROSINA: Che doveva rispondere, l'avrà fatta una risata in faccia.

RAFFAELE: Voi vedete che combinazioni, sono cose che non si credono.

ROSINA: Ma perché t'è dispiaciuto tanto vorrei proprio sapere.

FELICE: Pare che a sta D.aLauretta ci tenete veramente.

RAFFAELE: A me... E che me ne importa a me... Mi ha dato fastidio che Bettina le ha detto dove era la casa e Ninetta è andata a ddisturbarla.

ROSINA: Uh, e basta vedrai che si sistema tutto!

LUIGINO (Entra): Mammà, papà, buongiorno.

ROSINA: Guè, Luigì, vieni sempre all'improvviso.

LUIGINO: Sono arrivato col primo treno, mo proprio. Buongiorno Felì, state qua?

FELICE: Sì, da ieri.

LUIGINO: Insieme con Ninetta?

FELICE: E si capisce.

LUIGINO: Mannaggia a voi, che guaio mi avete fatto a Napoli, non so come ho riparato!

FELICE: E che successe?

LUIGINO: Come, io dovevo mangiare a casa vostra con la sposa mia e la madre e all'improvviso successe tutta quella fristaria.

FELICE: Embè, che vuoi da me, te la devi prendere con tua sorella!

LUIGINO: Papà, con me sono venute la mia futura sposa e la madre, donna Parella Scorza, aspettano di là.

RAFFAELE: E perché non li fai entrare?

LUIGINO: Perché la madre aspetta il vostro permesso.

FELICE: Eh, dice bene.

RAFFAELE: E allora andiamo a ricevere.

LUIGINO: Aspettate. Papà, mamma, li dovete invitare a mangiare qua con noi, se no sembra male.

RAFFAELE: Ah, si capisce.

ROSINA: È regolare.

LUIGINO: Quelli non badano al lusso, vogliono trovare solo una famiglia felice e tranquilla. Io ho detto che questa casa è un convento e voi siete due angeli, ora andiamo a riceverli che ve li presento.

FELICE: E andiamo (Via).

ROSINA: E speriamo che è vero che ti sposi, cosi metti la testa a posto.

SCENA SETTIMA

Ninetta e detta.

NINETTA (Dal fondo): Aspetta mammà, tutto è fatto (Gli altri escono).

ROSINA: Che cosa?

NINETTA: Vengo da essa, dalla Signora Lauretta.

ROSINA (Ridendo): Ah, è là che si stata?

NINETTA: Sì.

ROSINA: Ma prima di fare una cosa simile me lo potevi dire.

NINETTA: E se ve lo dicevo, mi facevate andare?

ROSINA: Ah, no certamente!

NINETTA: Dunque, ho fatto bene a non dire niente. Voi site troppo debole, mammà. Con questi fatti si deve essere risoluta, si deve tagliare subito la cancrena; se no il male cresce.

ROSINA: Ah, sì; hai ragione, ma insomma che l'hai detto a quella figliola?

NINETTA: Pochissime parole e sono bastate per non la fare venire più in questa casa.

ROSINA: Possibile! Ma che l'hai detto?

NINETTA: Le ho detto una bugia per sapere la verità, ho fatto finta di sapere tutto della relazione che tiene con papà. Allora lei si è fatta prima bianca, poi rossa, e ha detto: «Che volete che vi rispondo, non fu colpa mia, ma se volete faccio finta che a vostro padre non l'ho mai conosciuto». E allora me ne sono venuta.

ROSINA: Che sento? Ma allora è vero? Veramente s'è messo con quella? E io che non me ne sono mai accorta. Che ciuccia che sono stata! Uh! Mamma mia e quando s'appura questo fatto che figura facciamo, a quell'età! Birbante! Assassino!... Uh! Niné, aiutami, mi sento venire una cosa... m'abbaglia la vista... Mi gira la testa!... (Siede svenuta).

NINETTA: Mammà, mammà, per carità, non mi fate mettere paura! Uh! Come s'è fatta fredda fredda! (Gridando) Aiutatemi correte qua! Correte!

SCENA OTTAVA

Raffaele, poi D. Parella, Fifì, Felice e Luigino, indi Ninetta.

RAFFAELE: Ch'è stato, neh?

NINETTA: Mammà è svenuta!...

RAFFAELE: Rosina? E come? Piglia un poco d'aceto. Rosì, Rosì, moglie mia, ch'è stato? Apri gli occhi, Sono io, sono tuo marito! Raffaele tuo!

ROSINA (Aprendo gli occhi): Ah, sei tu? Infame, birbante! Traditore! (Gli dà un pugno in testa).

RAFFAELE: Haaa! Che è successo?

ROSINA: Sei un vecchio vizioso!

RAFFAELE: Ah, sì, ma tu la finzione la devi fare con le parole, non con le mani, lo sai che m'hai fatto male?

ROSINA: E si capisce, e che ti dovevo fare bene? Galiota, assassino!

ROSINA: Ma tu dici veramente?

ROSINA: Sì, veramente, veramente!

NINETTA: Mammà, non vi arrabbiate più!

ROSINA: Mi voglio spartire, non ti voglio vedere più! (Via).

NINETTA: Ma mammà, sentite. (Via appresso).

RAFFAELE: Ma fa apposta o fa veramente? Il cazzotto è stato vero! Forse perché Donna Carmela l'ha detto caricate la mano! Ah! Già. Tu sei una vecchia pazza! Hai capito? Una vecchia pazza! (Dice queste parole gridando e va appresso a Rosina e Ninetta.)

PARELLA: Don Luigì, tenete altri parenti da farci conoscere? Questo è il convento? Questi sono gli angeli?

LUIGINO: E che ne so, quando mai hanno fatto questo! Io non capisco niente più!

FIFÌ: Quanti strilli, mamma mia! Prendo paura, portami via!

PARELLA (Vedendo che Felice ride): E vostro cognato ride pure! Serafì, andiamocene, non è cosa! Questi è meglio lasciarli perdere.

FIFÌ: Pare come se lo fanno apposta, ogni volta che arriviamo noi!

PARELLA: Ma per chi ci avete preso a noi, noi siamo una famiglia seria, mi avete detto che i vostri genitori erano due angeli e questi sono due diavoli scatenati, andiamo Serafina (Via).

LUIGINO: Ma perché mammà hai dato quel pugno a papà?

FELICE: Non è vero, hanno fatto apposta.

LUIGINO: Come?

FELICE: È una finzione che fanno per fare cambiare il carattere a tua sorella, per far vedere quanto è brutto fare lite. Me l'hanno detto loro poco prima.

LUIGINO: Ah, perciò, io volevo dire! E proprio mo lo dovevano fare, mo lo vado a dire a donna Parella... Voi vedete la combinazione, se messo il diavolo in mezzo! (Andando via) D. Parella... D. Parella...

FELICE: Io mo muoio dalle risate, non ne posso più! Intanto, con tutta la finzione don Raffele ha avuto quel sorto di cazzotto! (Ride).

SCENA NONA

Bettina e detto, poi Ninetta e Raffaele.

BETTINA: (A Felice) Signore, il fattorino ha portata sta lettera per voi (La dà).

FELICE: Grazie. (Bettina via) E di chi è sto carattere, non lo conosco. (Apre la lettera e legge la firma:) «Carluccio e Teresa Fasulillo». Il servitore e la cameriera mia, e che vogliono? (Legge:) «Illustrissimo Signore. Il muschio che tenevate ieri addosso, fu la mia moglie Teresa che ve lo buttò per fare uno scherzo con Vostra Eccellenza. Ora vedendo che vi siete contrastato con la signora e che il fatto si fa serio, ho creduto mio dovere scrivervi per dirvi la verità. Ritornate dunque in casa, dove vi aspettano. I vostri affezionatissimi e fedeli servi. Carluccio e Teresa Fasulillo». Io mo che devo fare a questi due? E si fanno scherzi simili? Quando vado a Napoli so io come li devo combinare. Intanto questa lettera la devo mettere sotto il naso di mia moglie… Mo viene.

NINETTA: Mammà non vuol sentire ragione.

RAFFAELE: Ma si capisce! Tu m'hai combinato tutto. Felicié, quella è andata da D.a Lauretta!

FELICE: E come t'è venuto in testa!

NINETTA: Ho fatto bene, doveva finire lo scandalo! E poi quella non l'ha negato, si è fatta bianca e rossa è ha giurato che qua non viene più.

FELICE: Ma allora era vero!

RAFFAELE: Tu non dovevi andare da quella signora senza avvertire a me.

NINETTA: Io l'ho fatto per mia madre, perché la trascuravate per un'altra donna.

RAFFAELE: Hai supposto che era lei?

FELICE: E quella così fa, suppone una cosa e lo dà per certo.

NINETTA: E mi pare che certo è stato!

RAFFAELE: Chi t'ha detto che io trascuro a tua madre? Chi t'ha detto sta cosa?

NINETTA: Lei stessa, mammà, e perciò stavate a litigare e vi volete spartire.

RAFFAELE: Ma vattene che non è vero, questa lite è stata una finzione, è stata una cosa che l'abbiamo fatta apposta.

FELICE: Già, me l'hanno detto, facevano lite ma non era vero (Ride).

RAFFAELE: Fu un'idea che venne ieri a donna Carmela. E tua madre non sapendo che dire, ti disse che l'avevo tradita.

NINETTA: Possibile? Allora tutte quelle chiacchiere, tutta quella collera, la separazione?

RAFFAELE: Tutto fatto apposta!

NINETTA: E perché sta finzione?

FELICE: Per causa tua!

RAFFAELE: Se non ci credi chiedilo a tua madre.

NINETTA: Ma sicuro. Me lo deve dire (Via).

RAFFAELE: Felice mio, m'ha fatto un guaio! Che mi ha combinato!

FELICE: Ma papà, dite la verità... voi sapete che con me potete parlare... sta D.a Lauretta fosse veramente una vostra fiamma?

RAFFAELE (Dopo pausa con espansione): Sì, mio caro Felice, sì... è stata l'unica bestialità che feci da che mi sono sposato. Ma finì subito, te l'assicuro, fu uno sbaglio, fu il cuore. Amor ch'è in cor gentil, ratto s'apprende.

FELICE: Bravo, mo fai pure il poeta!

RAFFAELE: Ma Felì...

FELICE: Oh, ve pare...

SCENA DECIMA

Carmela e detti.

CARMELA (Arrabbiata dal fondo): Don Rafè, scusate, Ninetta dove sta?

RAFFAELE: Sta dentro dalla mamma.

CARMELA: Posso entrare?

RAFFAELE: Favorite.

CARMELA: Grazie. Buongiorno D. Felì.

FELICE: Cara D. Carmela.

CARMELA: Sapete dove sta mio marito?

FELICE: È stato qua stamattina, ma subito se n'è andato, perché ha detto che teneva un appuntamento con un amico.

CARMELA: Teneva un appuntamento con un amico?... Va bene... lui si crede che mi imbroglia ancora, ma mo non mi imbroglia più, mo non sono più scema come a una vota. Ninetta m'ha fatto scoprì tutto!

FELICE: (Vai a vedere che altro guaio ha fatto a questa e a Michele!).

RAFFAELE: Ninetta v'ha fatto scoprì tutto? E scusate che v'ha fatto scoprì?

CARMELA: Sta lettera la vedete, questa lettera terribile? (La fa vedere) Questo è un brutto documento per lui, io non faccio chiacchiere come fanno le altre mogli. Mo che ho saputo che mi imbroglia, che mi tradisce, io lo lascio subito... mi voglio spartire! Io lo volevo bene e tenevo tutta la fiducia. Ninetta però mi consigliò di stare attenta, di fare la spia, di vedere se trovavo qualche lettera di femmina dentro al portafoglio o pure dentro alla scrivania. Stamattina ho aperto il tiretto e ho trovato questa lettera, non so come non sono morta! Sentite. (Legge:) «Tesoro mio. Domani sera mio marito va a Roma, a mezzanotte scavalca, come al solito, il muro del giardino. La tua Gemma». Avete capito D. Rafè, e se non era per Ninetta, tutto questo non l'avrei saputo e mio marito seguitava a scavalcare il muro del giardino. Imbroglione birbante!

RAFFAELE: Ma donna Carmela che state dicendo, quale muro ha scavalcato vostro marito, questa è una lettera che l'avvocato Antonino dette a vostro marito per un consiglio, per una causa che tiene.

CARMELA: No, non ci credo, queste sono chiacchiere, lo volete coprire.

RAFFAELE: Ma no, credetemi, è la verità. Sta lettera la teneva in tasca il marito di D.a Amalia Fresella.

CARMELA: Non ci credo per niente! Mi volete imbrogliare, mi voglio spartire.

RAFFAELE: Anche voi, e stiamo a posto.

CARMELA: Io sono una donna onesta e nessuno a niente da dire su di me!

RAFFAELE: E vostro marito è un galantuomo!

CARMELA: Staremo a vedere!

SCENA UNDECIMA

Ninetta e Rosina, poi Luigino.

NINETTA (Uscendo, parlando con Rosina che la segue di cattivo umore): Sì, mamma, ieri non vi ho detto niente, ma è arrivato il momento di dirvi che io con quell'uomo non ci voglio più stare.

ROSINA: Hai ragione, figlia mia, hai ragione, non ti posso dare torto.

RAFFAELE: Rosì, moglie mia...

ROSINA: Zitto, traditore, io non sono più tua moglie, ho deciso di spartirmi.

CARMELA: Ninetta, avevi ragione, gli uomini sono traditori, ho deciso di spartirmi e non cambio idea.

FELICE: E tutto per causa tua, strega!

NINETTA: Avete sentito, siete tutti miei testimoni, in pubblico mi ha chiamata strega davanti a voi.

RAFFAELE (A Rosina che si è messa a scrivere al tavolino): A chi stai scrivendo?

ROSINA: Sto scrivendo ai parenti miei, perché devono sapere la verità.

RAFFAELE: Ma io t'assicuro, Rosì...

ROSINA (Gridando): Non ci voglio stare più con te!

RAFFAELE: E vattene, non mi rompere più la capa!

ROSINA: Neh! Avite sentito, mi ha cacciata! Ricordatevelo tutti quanti.

LUIGINO: Eh, mo non me la fate più! State scherzando tutti quanti, lo fate apposta. Ho convinto donna Parella che state scherzando, la posso fare entrare?

FELICE: Luigi, qua sta l'inferno aperto!

LUIGINO: Ma fanno apposta?

FELICE: No, fanno veramente!

LUIGINO: Uh, e come faccio? Io ho detto che era tutto uno scherzo, mammà papà per favore, la madre va trovando pace e tranquillità, non mi fate scombinare il matrimonio, almeno per mezz'ora fate le persone civili, quella tiene 50 mila ducati di dote, quando ce ne andiamo allora ricominciate un'altra volta.

RAFFAELE: Signori, vi prego, un poco di calma! Avete inteso di che si tratta? (Pausa seggono silenziosi) Và, falli salire.

LUIGINO: Grazie tanto. Fisionomia, ridenti... Ah, se vi fate trovare abbracciati... sarebbe una bella cosa!

RAFFAELE: Questo non può essere... mo vuoi troppo! Và, non perdere tempo.

LUIGINO: Eccomi qua.

RAFFAELE (Guardando in fondo): Silenzio, io vi ho pregato.

NINETTA: Ti voglio far vedere sta capricciosa, sta pazza, che sa fare!

FELICE: Silenzio, perché tengo la prova della mia innocenza.

RAFFAELE: Pss... Statevi zitti!...

TUTTI: Pss... Zitti!...

SCENA DODICESIMA

Bettina e donna Lauretta e detti.

LAURETTA: Signori miei, vengo a darvi una bella notizia.

ROSINA: Voi qua?

LAURETTA: Signora Rosina, con vostro marito ci fu solo un malinteso, e non dissi niente perché tutto finì lì, perdonatelo! Ora volevo dirvi che ho accettato la proposta di matrimonio di don Antonino e il mese prossimo ci sposiamo.

RAFFAELE: Bravissima!

ROSINA: Veramente?

LAURETTA: Veramente.

RAFFAELE (A Rosina): (Va bene mo? Sei contenta?).

ROSINA: (Respiro!).

LAURETTA: Però sono venuta da parte di don Antonino a chiedere a don Raffaele se per caso ha trovato qui una lettera che lui smarrì e che diede una copia a don Michele, è importante per la causa di D.a Amalia Fresella?

CARMELA: Forse è questa? (La caccia).

LAURETTA: È proprio questa.

CARMELA: Ho avuto torto. Che ho combinato! Prendetevela.

LAURETTA: Grazie tanto.

CARMELA: Abbiate pazienza, ho fatto questo perché voglio troppo bene a mio marito, e mo con che faccia mi presento a mio marito?

RAFFAELE: Niné, hai visto come si indriccegghiano le cose? Fai pace con tuo marito.

NINETTA: Oh, per noi è un'altra cosa.

RAFFAELE: Te lo comanda tuo padre!

NINETTA: È inutile. Prima mi deve dire se le bugie che dice sono vere e poi perché teneva quella puzza addosso, senza trovare scuse.

RAFFAELE: Che dite voi? Vi potete discolpare?

FELICE (Caccia la lettera di Carluccio dalla tasca): Leggete questa lettera.

NINETTA: E cosa è questa lettera?

FELICE: Me l'ha mandata Carluccio il servitore, l'ho ricevuta poco prima. (A Bettina.) Èvero?

BETTINA: Sissignore.

NINETTA (Dopo letta la lettera): Possibile! E come si permette Teresa di fare questi scherzi con te, non è che ci sta qualcosa tra te e Teresa?

FELICE (Gridando): Eh! Mo pure Teresa? E finiscila, quando andiamo a casa la cacciamo.

RAFFAELE: Mi pare che puoi essere contenta, abbracciatevi, andiamo! (Felice e Ninetta si abbracciano). (A Carmela) E voi andate a far pace con vostro marito!

CARMELA: Ma si capisce! Con tutto il cuore!

ROSINA: E a me, non m'abbracci?

RAFFAELE: Certo... e stretta stretta! (Abbraccia Rosina).

CARMELA: Che bella cosa! Che bel quadro!...

SCENA ULTIMA

Luigino, D. Parella, Fifì e detti.

LUIGINO (Introduce donna Parella e Fifì, senza parlare, mostra il quadro e dice): Eh? Che ve ne pare?

PARELLA: Bravo! Mi piace molto!

FIFÌ: Come stanno bene!

PARELLA: La vera pace della famiglia!

LUIGINO: Papà, mammà. Signori, ho l'onore di presentarvi la Signora donna Parella Scorza e sua figlia Fifì (Inchini e riverenze di tutti).

PARELLA: Don Luigino si vuole sposare a mia figlia e io acconsento.

RAFFAELE E ROSINA: E noi pure siamo d'accordo...

LUIGINO: Ah, finalmente! (Abbraccia Fifì).

ROSINA: Oggi restate a mangiare con noi.

RAFFAELE: Si capisce!

PARELLA: Grazie tanto. Però una cosa vorrei tanto sapere... perché stavate a fare la commedia? Che gusto ci provavate?

FELICE: Donna Parella, noi qua facciamo tutto per finta, questa è tutta una commedia, e se le nostre finzioni non vengono fatte bene... allora sì che sono guai per me... e per tutti quanti! E ora facciamo un augurio agli sposi e viva la commedia (Ridendo e scherzando).

(Cala la tela.)

Fine dell'atto terzo

Fine della commedia