Chez Maurice

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CHEZ MAURICE

CHEZ MAURICE

Commedia per radioteatro

Di C.M. FRANZERO

PERSONAGGI

UN SIGNORE ALLA MODA

SECONDO SIGNORE ALLA MODA

UNA SIGNORA ALLA MODA

IL MAITRE D’HOTEL MAURICE

UN CAMERIERE

Cateragia per il Sito GTTEMPO

L'azione si svolge a Londra, in un ristorante alla moda.

La scenofonia darà l'atmosfera di un ristorante di lusso all'ora in cui questo comincia a sfollarsi dopo la colazione. Poiché a Londra un ristorante elegante non ha mai le sale che guardino sulla strada, i rumori esterni giungeranno attenuati, quando la porta viene aperta per lasciare sortire i clienti. Rumore di tavole sparecchiate con destrezza da ca­merieri che camminano su soffici tappeti. Voci che ossequiano clienti all'uscita. Durante tutta la trasmis­sione vi potrà essere uno sfondo di musica, quale, è suonata dall'orchestra di un ristorante all'ora della colazione; ma non mai troppo forte da coprire il dialogo.

Maurice                         - (ha una voce educata, con accento leg-germente forestiero. Il suo tono rispettosissimo ha una traccia di ironia)La signora non prende altro?

Signora                          - Il caffè.

Maurice                         - Un liquore, anche?

Signora                          - No, il caffè. E il conto. (Un cameriere sparecchia, e porta il vassoio col caffè, che serve alla signora).

Maurice                         - Quanto zucchero?

Signora                          - Ancora una. Basta, gra­zie.

Primo Signore               - (entra, e poi si soffer. ma come chi cerca un posto).

Cameriere                      - Buongiorno, Signore. Desidera questa tavola?

Maurice                         - (avvicinandosi) Buon giorno a lei, Signore. Fa colazione il Signore?

Primo Signore               - (in tono distratto) Sì, ma attendo un signore.

Maurice                         - Benissimo, Signore. Vuo­le ordinare intanto?

Primo Signore               - Che ora è?

Maurice                         - Le 1,35, Signore. (17 cameriere prepara due coperti. Maurice resta ancora alcuni istanti presso la tavola del Primo Signore).

Primo Signore               - Prendo... pren­do... Non so. Ordinerò quando sarà arrivato il mio amico.

Maurice                         - Benissimo, Signore. (Si allontana).

Primo Signore               - (si alza, attraversa la scena verso la tavola della Signo­ra) Mi permettete di salutarvi? E' veramente una strana fortuna questa di incontrarvi.

Signora                          - Figuratevi, Ronnie. Io permetto sempre che mi si saluti. Perchè (non lo dovrei permettere? Il saluto è una di quelle poche azioni che agli uomini non si impediscono mai: è semplice, innocuo, e giunge prima che lo possiate impedire.

Primo Signore               - Ma sono appunto le cose che potrei fare senza divieto quelle per le quali voglio ottenere il permesso. Permesso allora è sinonimo di favore...

Signora                          - (ridendo) Oh, vi assi­curo che non vedo l'ombra di un favore nel permettervi di salutarmi!

Primo Signore               - Ma nel ricam­biarmi?

Signora                          - Neppure, neppure. E' una cosa tanto semplice!

Primo Signore               - Le cose semplici sono le  più ricche di grazia. E' cosi difficile fare bene I le cose semplici: o per lo meno sembrare semplici. E lo sapete voi che ne ottenete degli effetti così squisiti.

Signora                          - Intendete farmi dei complimenti? I Pare impossibile, ma gli uomini non sanno dire ad una donna altro che delle sciocchezze a cui non credono neppur essi!

Primo Signore               - Chi crede veramente a quello che dice? Le parole sono il primo ele­mento della nostra vita); e a questo mondo l'es­senziale è vivere, non avere una convinzione. Tutti quelli che han voluto far credere di avere una convinzione son finiti male...

Signora                          - Che mare di cose senza senso! Ed è sempre così. Tutti gli uomini si ritengono in dovere di asfissiare una donna di banalità. Ma perchè?

Primo Signore               - Perchè se un uomo non dice delle sciocchezze ad una donna corre il I rischio di essere giudicato uno sciocco... (bre­ve pausa) Ma io sono venuto solo per salutarvi. Posso domandarvi come state?

Signora                          - Come vedete...

Primo Signore               - E non mi date la mano?

Signora                          - Avete avuto la mia conversazione sino ad ora; mi pare che sia più che le mie dita? (Maurice si avvicina con il conto che de­pone sulla tavola della Signora. Questa apre il foglietto, poi trae dalla borsetta il denaro, e paga. Maurice ringrazia ed esce).

Signora                          - (raccogliendo borsetta e gingilli) Ecco fatto.

Primo Signore               - (con voce tenera) Ve ne andate?

Signora                          - (ironica) Mi pare! Che io sap­pia, a un ristorante rispettabile non si può che fare colazione. (Trae dall'astuccio una j sigaretta. Il primo signore offre il suo accenditore) Grazie.

Primo Signore               - (approfittando della pausa) Vi sono grato di aver conversato questo poco con me. E' stata per me una fortuna in­sperata l'incontrarvi, in questo ristorante, sola...

Signora                          - Sono sempre i fatti materiali che avvicinano gli uomini alle donne.

Primo Signore               - Una fortuna insperata, quasi una gioia...

Signora                          - Per così poco!

Primo Signore               - (sempre più tenero) Una gioia, sì... Vedete, Pam, era tanto tempo che desideravo salutarvi...

Signora                          - Ricominciate?

Primo Signore               - Era molto tempo che de­sideravo salutarvi... Vi prego di crederlo. Vi ho veduta molte volte da quando siete tornata a Londra. Anche ieri l'altro, al Garlton. Siete passata presso la mia tavola, avete finto di non conoscermi. Perchè? (Con tono freddo, al­quanto sarcastico) Perdonate. Le donne non amano mai spiegare il loro contegno. Preferi­scono sempre lasciare un'ombra di mistero. Allora si tenta di indovinare, e le cose (più indifferenti acquistano importanza. E' un'arte anche questa. Ma vi prego dì credere che non vi ho seguita mai. Non seguo mai una donna. Con voi poi mi tratteneva una sentimentalità...

Signora                          - Una parola che significa nulla e tutto...

Primo Signore               - Sì, un senso di sentimen­talità, vi assicuro. Mi pareva... Non lo credete? Ebbene, non so neppure come sia fatta la vo­stra casa. Solo sanno tutti, lo dicono tutti che avete una bellissima casa. So che avete una bella automobile, delle bellissime perle. Le perle sono come le donne: nove volte su dieci sono false... (Ridendo) Hony soit... Del resto, voi avete troppo buon gusto, e il Duca anche...

Signora                          - (riprendendo) Vi prego!

Primo Signore               - Non intendevo offendervi. Ho letto una volta in un libro - ora non ho più tempo per leggere; la vita disoccupata è tanto occupata! - ho letto una volta che le impertinenze si dicono soltanto per il gusto di udirle noi stessi. Per la vanità di parere un cattivo soggetto. E' così pieno il mondo di per­sone che vogliono sembrare migliori di quanto non sono! (Breve pausa) Vedo che avete avuto fortuna, molta fortuna. Ne sono molto con­tento, veramente...

Signora                          - (con intenzione) Anche voi so che siete molto... ricercato. Si dice ohe le vo­stre amiche hanno sempre molta fortuna, quando... non si rovinano per voi.

Primo Signore               - (freddamente) Credete? Al giorno d'oggi se un uomo prende la sua amante sul marciapiede, accade questo: il pri­mo giorno gli amici gli voltano le spalle; il se­condo giorno pensano: «E' un imbecille»; il terzo cominciano a dire « Deve essere molto ricco ». Le donne sono come i fiori che si por­tano all'occhiello: dipende da chi li porta. (Una pausa d'imbarazzo. Poi con voce mutata) Avete voluto farmi male. Non ve ne rim­provero. Solo mi accora che siate stata voi. Oh, credete che non avverta più le sfumature? Lo so, si dicono tante cose di me. Si sorride, si mormora... (Con crescendo alquanto esagera­to) E nessuno osa dirmele a voce alta quelle parole, nessuno ha la franchezza di proibirmi l'accesso alla sua casa! Oh, la vita! La nostra vita è molto più tragica di quanto appaia la nostra beffa esteriore. Si uccide un uomo come si spezza un fiore fra le dita. Gli si sorride e con quel sorriso gli si annienta l'anima.

Signora                          - Dio mio, come siete melodram­matico! Poiché conoscete la vita così bene, cre­devo sapeste che la suscettibilità è ormai di cattivo gusto. Si finge di non capire, e si passa per superiori...

Primo Signore               - (come prima, con accora­mento) Mi avete fatto tanto male. E voi non dovevate, (lentamente) non potevate far questo...

Signora                          - E perchè?

Primo Signore               - Per molte cose. Cose che non sono più, ma che sono state; per quello che poteva essere... Il passato non è tanto lon­tano da essere dileguato dalla vostra memoria. Le donne hanno una memoria così terribile... Ricordate, Pam? Sono sei anni...

Signora                          - Cinque...

Primo Signore               - Vedete? La memoria delle donne! E c'è chi dice che le donne non hanno ài culto delle memorie. Vi prendono per ma­no e vi conducono nel cimitero dell'amore, e vi trovate faccia a faccia col passato. E tal­volta non lo riconoscete più. Il volto dell'a­more non bisogna mai guardarlo troppo da vicino; e se ci fermiamo a riguardarlo ci ac­corgiamo che in amore si comincia sempre coll'ingannare e si finisce per accorgerci di esserci ingannati. E ciò è molto triste, perchè quando si è innamorati si è sempre presun­tuosi. Voi sorridete...

Signora                          - Affatto, m'interessa...

Primo Signore               - Lo so, vi è sempre qual­cosa di ridicolo nella sofferenza altrui. Ma cinque anni fa pensavate con me se fosse più eterno il capriccio o la passione. Sono appena cinque anni!

Signora                          - E' già così lontano! Lo avete detto dianzi voi che la bellezza del passato sta nell'essere passato.

Primo Signore               - Ma per una volta scopro io la tomba delle memorie. Ricordate? Io ave­vo vent'anni. Ed è così  bello dire vent'anni! E voi? Sognavate di diventare una diva... Quando siamo giovani diciamo sempre di ave­re un ideale. Noi chiamiamo ideali quelli che i poveri di spirito dicono castelli in aria. (Una pausa) Vi annoio?

Signora                          - (sottovoce) No, no.

Primo Signore               - E un giorno, a Nizza... Era di novembre, credo...

Signora                          - La fine di novembre...

Primo Signore               - Un giorno che il mare era grigio come il mare d'Inghiiliterra... Io ero triste, preoccupato. E voi mi chiedevate: « Ma via, piarla, che cosa ti rattrista? ». (Con la te­nerezza della rievocazione) Io non osavo dire... E voi insistevate: « Voglio che tu mi dica ». E io ve lo dissi. « Ma per così poco! Ma te li do io! Me li renderai, poi... ». Oh, Pam, nulla era più dolce di quella tenerezza di sorella... (Con ironia) Il domani, invece, di voi venne una lettera. Non vi sono che tre casi in cui le donne scrivono certe lettere: o vo­gliono assicurarsi dell'amore di un uomo, o non lo amano più; o... si pentono dell'offerta fatta in un istante in cui era gioia donare. Che spaventoso senso pratico hanno le donne!

Signora                          - Credete veramente?

Primo Signore               - Ne vedo il risultato... (Di nuovo con tenerezza) Ma voi non potevate aver dimenticato...

Signora                          - Il passato è così lontano...

Primo Signore               - (dopo una breve pausa, par­lando con passione) Credete.ancora, Pam, che potrete fingere di non vedermi?

(Entra il Secondo Signore. Al rumore il Primo Signore si volge):

Primo Signore               - Allò. Vengo subito.

Signora                          - (sottovoce) Ricevo talvolta gli amici, per il tè...

Primo Signore               - (amaro e addolorato) Oh, io non sono più un amico. E non vorrei essere uno dei vostri amici...

Signora                          - (esita un istante, poi rapidamente) Domani alle quattro. (Una breve pausa in­tenda, poi il Primo Signore risale la scena, e risiede al suo posto presso l'amico).

Secondo Signore           - (sottovoce) Non è l'aman­te del Duca di Portrose?

Primo Signore               - (con affettata indiffaenza) Ah sì?

Secondo Signore           - La conoscevi già?

Primo Signore               - Da molti anni.

Secondo Signore           - Fammela conoscere.

Primo Signore               - Un'altra volta. Dimmi piuttosto come è andata quella faccenda.

Secondo Signore           - E1 andata... Aspetta un istante... C'è il cameriere. (// cameriere si muove attorno alla tavola, servendo).

Primo Signore               - Che è?

Cameriere                      - Salmone affumicato, Signore.

Secondo Signore           - Non venivi più... Io avevo ordinato.

Primo Signore               - Ma sì, hai fatto bene.

Cameriere                      - Salmone anche per lei, Signore?

Primo Signore               - Sì, anche a me. (// cameriere serve e si allontana).

Primo Signore               - Dunque?

Secondo Signore           - Tutto all'aria. (La Signora si alza, attraversa la scena ed esce accompagnata dagli ossequi dei camerieri).

Primo Signore               - Hai detto che è andata all'aria?

Secondo Signore           - Proprio così. E non v'è più nulla da fare.

Primo Signore               - Oh, Dio! (Intanto Maurice si è avvicinato alla tavola).

Maurice                         - Vogliono ordinare per dopo? Rumpsteak primeurs? Homard amerìcaine? Chateaubriand salade?

Secondo Signore           - Fa lo stesso. Quello che I vi pare.

Maurice                         - Rumpsteak prima e asparagi dopò? Va bene, così? Anche per lei, signor Conte? (Esce).

Secondo Signore           - (con leggera meraviglia) Non mi avevi detto che eri Conte...

Primo Signore               - No, ma me lo lascio dire...

Secondo Signore           - Ah! (Una pausa).

Primo Signore               - Dimmi piuttosto come è andata.

Secondo Signore           - Già te l'ho detto. Sfumata. Finita.

Primo Signore               - Ma spiegati più chiaro!

Secondo Signore           - Sono andato, ho parlato, ho insistito. Non se ne fa nulla.

Primo Signore               - Ho fatto male a non an­darci io.

Secondo Signore           - Eh, sì. Avresti fatto benissimo ad andarci tu. Del reato, li conosci benissimo i cari scontisti quando non vogliono concludere un affare: domani, posdomani, al termine della settimana, attendono un incasso,non hanno ancora tutto il denaro pronto, sono dolentissimi, sempre amici, appena potranno... Ed io potevo rovinare qualsiasi situazione avvenire chiedendo una conclusione anche con meno?

Primo Signore               - Maledetti strozzini! Sono come i parenti; non arrivano mai al momento opportuno !

Maurice                         - (rientra, mentre il cameriere serve la nuova portata) Ancora un po' di sugo? Come sta, signor Conte?

Primo Signore               - (risponde a voce bassa).

Maurice                         - Quando è entrato non l'ho ri­conosciuto subito. Poi lei era occupata a conversare... Perdonerà la mia distrazione... (E-sce).

Secondo Signore           - Intanto chi vi rimedia è bravo. Lasciamo pure a parte quella scaden­za di domani... Frattanto come si va avanti?

Primo Signore               - Non hai idee?

Secondo Signore           - Idee, idee! Si potrebbe tentare una partita questa sera; ma senza cas­sa come si fa?

Primo Signore               - (misterioso) Io non di­spero mai. L'importante per me è arrivare fi­no a domani. (Con voce discreta) Come stai tu?

Secondo Signore           - Oh, sì, una bella do­manda da fare a me! Piuttosto, non potevi darmi appuntamento in un posto qualunque, in una trattoria meno di lusso? Credevi che io venissi qui con la Banca d'Inghilterra?

Primo Signore               - (con fredda correttezza) Caro, frena i tuoi nervi. Evidentemente tu manchi ancora di stile. Per conto mio ho fatto benissimo a venire ad attenderti qui. Tu igno­rerai sempre che la « linea » è la sola cosa che è importante mantenere perfetta...

(Secondo Signore mormora qualche prote­sta).

Maurice                         - (avvicinandosi discretamente) Che le pare, Conte, del nostro nuovo ristorante?

Primo Signore               - Non c'è male, Maurice. Meglio di tanti altri.

Maurice                         - Meglio, meglio degli altri, di tutti gli altri. Vede, Conte, queste specie di alcove? Un'idea nuova, tutta mia. E la deco­razione? Moderna, quanto vi è di più moder­no, e niente chiassoso. Sì, Conte, si farà, si fa­rà, ne son sicuro.

Primo Signore               - Ne son certo, Maurice. Non vedo però molti clienti...

Maurice                         - Signor Conte, som già le due passate... (Al Cameriere) Presto, sparecchia! (Ai signori) Permesso un istante. (Esce).

Secondo Signore           - Bel tipo! Chi è?

Primo Signore               - Non lo conosci? Era già maitre d'hotel al Pilsner. Un uomo svelto. Di­cono che abbia fatto dei soldi. Una volta faceva anche dei favori a breve scadenza...

Maurice                         - (rientra e aiuta a servire) Un po' di mostarda?

Primo Signore               - E voi, Maurice, siete ora maitre d'hotel o direttore?

Maurice                         - (con deliziosa confidenza) Ecco, le dirò, Conte. Io sono ora... il padrone. 0 quasi. Soltanto che essendosi aperto da poco, per l'avviamento del locale... Lei m'intende.

Primo Signore               - Sicuro, sicuro.

Maurice                         - Si conosce la clientela, la clien­tela conosce voi; e la clientela a Londra ama seguire il suo maitre d'hotel favorito... Si ha quell'esperienza che viene dall'interesse, e quell'interesse che viene dall'esperienza...

Primo Signore               - Sempre brillante, caro Maurice. Dovreste fare l'artista...

Maurice                         - Troppo buono, Conte, ma non credo che per fare l'arti&ta occorra essere bril­lanti... E io preferisco fare il cameriere. Ren­de di più.

Signori                          - (insieme) Oh, lo credo!

Maurice                         - E dà anche delle soddisfazioni...

Secondo Signore           - Me l'immagino.

Maurice                         - Come quella di riempire di ciò che vi pare il ventre dell'umanità. E se ne vedono di tutti i colori. Del resto, più o meno, a tavola, tutti gli uomini si rassomigliano...

Secondo Signore           - Anche psicologo?

Maurice                         - Dilettante. I camerieri e i do­mestici diventano osservatori; e allora, si sa, ne viene una certa affinità... con i filosofi. Il psicologo - come dire, Conte? - si occupa dell'anima, il cameriere del corpo, e tutti e due concorrono alla evoluzione dell'individuo... Per fare il cameriere occorre essere versatili, obiettivi, affermare sempre a qualunque osser­vazione, essere pronti al trucco...

Primo Signore               - Alle bugie...

Maurice                         - Eh, signor Conte, se non vi fos­sero bugie non vi sarebbero neppure verità... Prendono altro?

Primo Signore               - Frutta fresca.

Maurice                         - Benissimo. (Ordina al camerie­re, il quale sparecchia e porta le frutta) Pren­dano di queste pere, sono eccellenti.

Primo Signore               - Una bugia?

Maurice                         - Le pare! A lei, signor Conte! Al più un poco di reclame. (Con espressione) Eh, la reclame al giorno d'oggi! E' l'essenza delle cose, l'anima del commercio, lo spirito degli affari! Perchè un articolo è buono, bello, alla moda? Non già perchè quell'articolo sia bello, buono, ma perchè lo si dice, lo si scrive, lo si mette nella mente del pubblico, a tutte le ore, dappertutto. Il successo di uin articolo dipende dalla reclame che se ne sa fare. Na­turalmente per ogni cosa vi è un genere di reclame; ma creda a me, signor Conte, tutto quello che si fa nella vita non è che una re­clame.

Primo Signore               - (ridendo) Come sarebbe a dire?

Maurice                         - Ma certamente! Per esempio, perchè lei si veste così elegantemente? Per reclame...

Primo Signore               - Oh, questo poi!

Maurice                         - Ma si capisce! Un giovanotto mal vestito è un uomo come tutti gli altri. Il bell'abito è per un giovanotto ciò che è una buona sella per un fantino. Il mondo vuole le apparenze. Se tutti mandassero a passeggio la loro anima come è, bisognerebbe mettere il mondo con la testa ali'ingiù. E perciò ognuno si mette il soprabito della reclame. Chi ha fat­to i soldi con le forniture avariate fonda un istituto di beneficenza e muore nella Camera dei Lords. La celebrità è figlia prima della reclame.

Secondo Signore           - E voi morirete depu­tato!

Maurice                         - (ridendo, ma sempre con tono de. ferenziale) Cameriere, cameriere per sem­pre! Del resto, noi non possiamo mutare il mondo. Vi è chi lo fa apertamente, e chi Io fa di nascosto. Per questo gli uomini tirano una distinzione tra il bene e il male. Ma non è che una convenzione. Se non vi fosse il male non vi potrebbe essere neppure il beaie...

Primo Signore               - Ci date il caffè, Maurice?

Maurice                       - Subito. (Esce e ritorna immediatamente. Servendo) E pensare che la fortuna di un locale dipende da quella sciocchezza che è la reclame. E per un ristorante è più difficile di... un'arte...

Secondo Signore           - Ma voi siete intelligente. Avete provato i giornali? merle-

Maurice                         - (con intenzione) Oh, sistema vecchio! In realtà, un ristorante elegante evita di fare una reclame sui giornali. Tutt'al più un paragrafo nelle note mondane; ma anche Conte! quello sovente serve più a fare reclame a un cliente che al ristorante... Ora vi è un mezzo più moderno... Se sapesse, signor Conte, quanti locali debbono la fortuna a questo mezzo! (Esita) Non vorrei offendere... Il vostro amico, Conte...

Primo Signore               - Dite, dite. Il Barone Rostoff è un vecchio amico...

Maurice                         - (cerimonioso) Onoratissimo, signor Barone... (Poi sottovoce, quasi in confidenza) Ecco, vedono, un ristorante di lusso è un po’ come un negozio di mode: basta che una dama, una signora dell'aristocrazia veda uscire da un negozio nuovo una... grande cocotte, rebbe a che subito si servirà in quel negozio. Perché le signore per bene amano sempre essere scambiate per quelle che non sono... E la fortuna del negozio è fatta. E così è di un ristorante. Se lo sapessero a che cosa è dovuta la fortuna di certi ristoranti di lusso, di certi ritrovi mondani! Vi sono dei giovanotti, molto chic, molto alla moda, che si trovano dappertutto, che conoscono mezzo mondo... E fanno colazione nel ristorante nuovo. (Imitando) « Dove pranzi tu? ». « Chez Maurice ». « Si sta bene? ». « Sì, un buon ambiente... C'era Pam Cartright... Perchè non vieni anche tu? ». (Ritornando naturale, con intenzione) E alla sera portano amici, amiche... E Maurice è riconoscentissimo...  (Subito) Se permettono, un solo istante... (Esce).

(Durante la breve pausa i due Signori accendono sigarette).

Primo Signore               - (A Maurice che è rientrato) Ci date una Chartreuse? (Maurice serve il liquore, e il Primo Signore parlerà quietamente, con molto stile) Meritate veramente un po' di reclame. Vero, Jack? Quasi quasi potreste fissarci una tavola per questa sera, per... Quanti saremo?... Ah, sì, fissatela per sei. Credo il male che vi sarà anche Lady Fatcalf, la moglie del re della margarina. Sarà essa che vi darà gli ordini...

MAURICE                   - Molto gentile, Conte, molto gen­tile.

Primo Signore               - Figuratevi, Maurice. Un piacere.

(Una pausa. Maurice s'allontana. Si ode il riaccomodare di piatti e di bicchieri).

Primo Signore               - Mi date il conto, Mau­rice?

Maurice                         - (deferentissimo, con una punta di ironia) Se il signor Conte permette... Senza premura...

Primo Signore               - Va bene. Andiamo, Jack?

(/ due signori si alzano. Leggero rumore della tavola smossa. Voce del cameriere).

Cameriere                      - Mille grazie, signori.

Maurice                         - Buon giorno, Conte.

Primo Signore               - Arrivederci, Maurice.

(Escono. Si ode la porta che si richiude. L'ultima scena sarà eseguita dopo una pausa. I due signori se ne sono andati. Tutta l'atmo­sfera è mutata. Il piccolo dramma dei trucchi quotidiani e del vivere di espedienti è finito: Maurice resta a parlare col cameriere con la vo­ce del coro, per dire al pubblico la morale).

Cameriere                      - Eh, Monsieur Maurice, ci vuo­le un bel coraggio!

Maurice                         - Gente intelligente, ragazzo mio!

Cameriere                      - Intelligente! Lo credo bene. Accomoda un affare misterioso con la signora, scrocca una colazione...

Maurice                         - Nel nostro mestiere noi vivia­mo tra la gente fina che sta in alto; e dal di fuori sembrano tutti baioni...

Cameriere                      - Baroni con l'effe, Monsieur Maurice!

Maurice                         - Tu non puoi capire, ragazzo mio! Quando sarai arrivato alla posizione mia, comprenderai che a questo mondo vi sono quel­li che vivono di espedienti e quelli che vor­rebbero saperci vivere. E chi può dire dove è la differenza? (L'ultima battuta dovrà essere gettata come una beffa cristallina nella limpi­dezza eterea. Poi, dopo una pausa di silenzio, il regista troncherà di colpo il contatto, quasi a lasciare sospeso l'ascoltatore).

Questa radiocommedia è sfata originalmente scritta in inglese ed è stata messa in onda alla Radio di Londra con la cura e la perfezione che sono abituali ai programmi radioteatrali inglesi. Il « Daily Express » ha giudicato ìa commedia « un eccellente ritratto di caratteri » e l'autorevole « Manchester Guardian » ha scritto che « la commedia è scintil­lante, divertente, interessante; interpretata delizio­samente, ed è sorprendente come si ascolti con pia­cere una radiocommedia quando le voci invisibili sono l'espressione di emozioni e di pensieri »,

FINE