Chi è di scena?

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CHI E’ DI SCENA?

Commedia in un atto

Di ANTONIO CONTI

PERSONAGGI

UNA SIGNORINA PALLIDA

UN GIOVANE IN MARSINA

IL BARBUTO SACCENTE

UNA VEDOVA

UN SIGNO­RE IMPRESSIONATO

UN TIMIDO MIOPE

UNA SI­GNORA MOLTO ELEGANTE

IL DOMESTICO

L'AUTORE

Mentre il pubbli­co, ai richiami dei campanelli, prende posto in teatro, e prima che si spen gano le luci, gli al toparlanti dispost nella sala, nei lo cali adiacenti, nei corridoi diffondono il segnale e l'annun­zio di una trasmis­sione radiofonica: «Radiostazioni collegate gruppo primo: invece del concerto di musica varia già annunziato trasmettiamo al­cune scene, l'autore delle quali, celandosi nell'anonimo, vuol significare che intende attribuire alla sua opera solo il merito |(o, Be mai, solo la responsabilità) della sem­plice impostazione della messinscena, da cui prende le mosse lo svolgimento. Egli ha raccolto i suoi personaggi a caso, senza conoscerli, cioè senza inventarli, e solo al caso, quindi, ha affidato la possibilità di una delle tante vicende che possono scaturire dalla vita, e variare, svol­gersi, concludersi o rinascere, secondo le circostanze. Per questo non è in grado di indicarvi né i nomi delle per­sone che agiranno sulla scena loro predisposta, né chi sarà, questa volta, il protagonista, e chi, invece, si vedrà costretto, suo malgrado, in una parte di contorno. L'a­zione ha inizio in uno studio di avvocato, dove già si trovano, in attesa... ».

(Su queste ultime parole s'è aperto il sipario e appare lo studio, con due usci laterali e un'ampia finestra in fondo, che guarda il panorama della grande città sotto­stante, punteggiata, di luci. Scrivania a destra, scaffali colmi di libri e di pratiche, macchina da scrivere con una lettera non finita. Sulla scrivania una busta sigillata. Sono nello studio: il Barbuto saccente che passeggia me­ditabondo; la Vedova che, affondata in una poltrona ac­canto alla finestra, scorre una rivista; il Timido miope, seduto vicino alVuscio di sinistra sulla punta di una sedia, con le mani sulle ginocchia, in una posa sacrificata tanto è irrigidita per esser composta; la Signora molto elegante che parla al telefono).

La Signora molto elegante      - (tiene una mano fra la bocca e il microfono come per rendere più intimo il suo colloquio e impedire agli altri di intendere ciò che dice sottovoce, con una civetteria un po' leziosa) Ma no, caro, no... Cosa mai ti viene in mente?... Ora non posso spiegarti bene... Ti dirò, caro... Sì, sì, siii, una chiamata urgentissima... Sicuro, anche imprevista... Ti giuro che il motivo non lo so... Te lo giuro: non basta?... So solo che deve comunicarmi subito subito una cosa che mi ri­guarda... No, caro, non immagino nemmeno di che cosa si tratti... Stavo appunto per uscire quando l'avvocato mi ha fatto telefonare... Che dici!?... Lui?! Che sia stato lui?! Ma no, me ne sarei accorta...

Il Barbuto saccente                 - (s'è fermato un momento per scambiare, non visto dalla Signora, un'occhiata allusiva con la Vedova che, sollevando gli occhi dalla rivista, fa un gesto per dire che ha capito cosa c'è sotto).

La Signora molto elegante      - ...Vuoi dire che mi sa­rebbe sfuggito?... No, no, caro, non mettermi queste idee nellla testa... Ecco, fammi esser tranquilla... Sì, diamine ti raggiungerò subito. Va bene così ... Abbi un po' di pazienza, stasera... Arrivederci... A fra poco, tesoro. (De­pone il ricevitore).

Il Barbuto saccente                 - (come se continuasse, a voce alta, un discorso che stava pensando) Perchè? Ma perchè non si sa quale sia la nostra parte in un frangente simile. (Al Timido miope) Scusate, voi siete tranquillo?

Il Timido miope                      - (arrossendo) Io... non saprei, per­donate...

Il Barbuto saccente                 - Non lo sapete?! Non sapete cosa sentite?!

La Vedova                              - Certo, è un fatto molto strano.

Il Barbuto saccente                 - Strano!? Che strano? Non c'è mai niente di strano in tutto iquello che succede sulle scene del mondo. Succede perché è logico, cioè naturale, che sia così.

La Signora molto elegante      - Che ore sono?

Il Barbuto saccente                 - (guarda l'orologio) 'Ecco: come è logico che siano le nove e venti.

La Signora molto elegante      - (impaziente) Però, que­sto benedetto avvocato si fa bene aspettare.

Il Barbuto saccente                 - Eh, abbiate pazienza, anche voi: tutto arriva a suo tempo, non dubitate, se deve ar­rivare.

La Signora molto elegante      - (intimidita dall'allusione) Pareva che non si dovesse tardare nemmeno un minuto.

Il Domestico                           - (introduce da sinistra il Giovane in mar­sina) Potete accomodarvi qui, anche voi. (Via).

Il Giovane in marsina              - (ilare, scherzevole, pronto alla confidenza) Oh, ma siamo in molti, allora! Benissimo! Ej nessuno deve dire il proprio nome, vero? Proprio nes­suno? Avete avuto anche voi questa tassativa disposizione dall'avvocato?

Il Barbuto saccente                 - (grave) Si capisce.

Il Giovane in marsina              - L'incognito fino a nuovo ordine: magnifico! Come i grandi personaggi. Deve trattarsi di una storia divertente. (Verso la Signora molto elegante) Però, come, si dovrebbe fare per pre­sentarsi? Non c'è altro modo che questo, scusate. (Le fa Tinchino) Il signor ics...

Il Barbuto saccente                 - (sorride) ...la signora ipsilon...

Il Giovane in marsina              - (al Barbuto saccente) E bravo il signor zeta. Per carità, non mettiamoci di ma­lumore al ricordo delle equazioni algebriche, che del resto per me sono rimaste sempre incognite... Meglio, meglio le... incognite che ci propone il nostro bravo avvocato... (Non ricorda il nome e interroga il Barbuto saccente) Avvocato?

Il Barbuto saccente                 - Verdi.

Il Giovane in marsina              - Ottimamente: Verdi. Mai visto. Voi lo conoscete?

La Signora molto elegante      - Io no.

Il Giovane in marsina              - (al Timido miope) Voi?

Il Timido miope                      - Nemmeno, scusate...

Il Giovane in marsina              - (interroga col dito la Vedova).

La Vedova                              - No.

Il Barbuto saccente                 - Io sì.

Il Giovane in marsina              - perbacco, meno male. E, dite: com'è com'è? Dev'essere un bel mattacchione; no?

Il Barbuto saccente                 - Come professionista è bravo, persino onesto. Peccato che non coltivi lo studio, per quella sua mania di scriver commedie.

La Signora molto elegante      - Ma ha avuto dei suc­cessi.

Il Giovane in marsina              - Ah, è lui? Già: Verdi; non mi è nuovo. Ma io vado per lo più al cinematografo. Stasera, invece, ero proprio a teatro. Non ci vado mai: una sera che ci vado, tacchete, arriva una maschera a prelevarmi mentre s'apriva il sipario : « Scusate, dovete correre subito allo studio dell'avvocato... tal dei tali, per una comunicazione urgentissima ». «Cosa? rispondo ma è sicuro che sono io? ». « Certo - m'assicura quello - l'avvocato ha chiesto del signore che occupa la poltrona numero trenta». i«Sono io, non c'è che dire». Prendo la macchina e piombo qua. Ma io dico che dev'essere una burla e che ci sarà da ridere. (Ridendo, alla Signora molto elegante) Ah, ah, ah! La serata delle sorprese, pensate !

La 'Signora molto elegante     - Che sorprese? !

Il Giovane in marsina              - L'imprevisto! Una favola vissuta! Altro che teatro. Solo un buontempone poteva concepire una messinscena di questo genere.

Il Barbuto saccente                 - (ride anche lui) Bravo! Mes­sinscena.

Il Giovane in marsina              - E allora, perbacco, comin­ciamo noi stessi a riderne...

La Signora molto elegante      - (ride) Oh, sì, sì...

Il Giovane in marsina              - ...a divertirci in questa at-mosfera di giuoco misterioso, pregustando la diavoleria che dovrà rivelarsi.

Il Timido miope                      - Ah, ah!

La Vedova                              - (non può sottrarsi alla risata che diventerà generale) Forse hanno creduto di impressionarci, e invece...

Il Giovane in marsina              - ... Invece ne inventeremo qualcuna anche noi, da persone di spirito...

La Signora molto elegante      - (ridendo più forte) E li faremo rimanere con un palmo di naso.

Il Timido miope                      - L'algebra! Ah, ah!

La Vedova                              - Sembravamo tanti imputati...

Il Barbuto saccente                 - ...attori senza parte...

Il Giovane in marsina              - Vendicarsi subito. (Forte, aprendo l'uscio di sinistra) Spumante, di corsa.

Il Barbuto saccente                 - (intona, fra l'ilarità crescente di tutti) «Sì, vendetta, tremenda vendetta...! ».

(L'atmosfera allegra creata dal Giovane in marsina è rotta di colpo dall'entrata del Signore impressionato, preceduto dal Domestico).

Il Domestico                           - Abbiate la compiacenza di aspettare qui. (Via).

Il Signore impressionato         - (cupo, spettrale, col labbro inferiore scosso da un tremito incontenibile, viene avanti lentamente, lo sguardo appuntito or sulVuno or sul­l'altro, e si butta a sedere con un profondo sospiro, ser­randa le tempie fra i pugni. Gli occhi di tutti sono sopra di lui, che ha imposto subito un senso di paurosa attesa. Dopo un lungo silenzio egli rialza la fronte, pie­gando in basso gli angoli della bocca in un sorriso di amara ironia) Allegri, eh? (Nessuno osa risponder­gli) Dunque voi sareste i testimoni, eh?

Il Barbuto saccente                 - (guarda gli altri: nessuno ca­pisce) Non... non credo, non crediamo...

Il Signore impressionato         - (mette gli occhi sul foglio che è nella macchina, ha un sussulto) Ecco, lo sa­pevo... Non mi sono sbagliato, purtroppo. (Toglie il foglio dal rullo e lo legge).

Il Barbuto saccente                 - Cosa dice?

Il Signore impressionato         - (con sconforto) Quello che tutti sappiamo.

La Signora molto elegante      - Che cosa?

Il Signore impressionato         - (le porge il foglio) Leg­gete pure, tanto...

La Signora molto elegante      - (legge, con un lieve af­fanno) « Egregio signore, spero di essere alla con­clusione delle mie indagini... ».

Il Signore impressionato         - Lo vedete, dunque?

Il Barbuto saccente                 - (con gli occhiali sul naso, dietro le spalle della Signora molto elegante continua a leg­gere) « ...e idi jpotere, stasera ^stessa... ».

La Signora molto elegante .    - « ...stasera stessa mettere la persona colpevole di fronte alla sua vittima ».

La Vedova                              - Come? Per piacere... (Si fa dare il fo­glio, per rileggerlo).

Il Signore impressionato         - (con voce quasi spenta, af­fannosa) In fondo, forse, meglio così. Almeno sarà finita. Se no è un martirio che non lascia vivere. Si lavora, si va per le strade come uno che è tranquillo, si parla, si cerca d'essere come tutti, come gli altri che si incontrano, che si divertono, e invece il pensiero è sempre lì, sempre lì, col sangue che batte alla tempia... Dover accarezzare tutti i bambini, guardarli tutti, sfo­garsi con tenerezze che non capiscono, come se fosse sempre quello... Oh, non l'avrei lasciato lì, sulla scar­pata, se avessi sentito che ancora respirava... Non è vero, non è vero che l'abbia abbandonato ancora vivo sulla strada... (Con rancore) I giornali che hanno scritto una cosa simile mentivano. E' stato lo spavento che mi ha fatto fuggire, quando ho visto che non aveva più vita, che la testina gli ricadeva giù, morta. Del resto la sua mamma e il suo papà lo sanno, gliel'ho scritto io stesso, nel mandare senza nome tutto quello che potevo, per riparare come potevo... Riparare...!? Eh, sì! è una pa­rola... Anche se qualcuno avesse preso il numero della mia macchina, nulla sarebbe cambiato... E nulla cam-bierà, nemmeno stasera, solo perchè, non so come, son riusciti a scoprirmi finalmente... dopo quasi due anni di torture... Anzi, forse potrò liberarmi un po'. (Con un profondo sospiro) Liberarmi. (Un silenzio). Da allora tutte le sere me ne tornavo a casa col mio segreto... non potevo sciogliermene mai... Chi ini vedeva passare, avrà creduto che fossi sereno anch'io... come fingevo di essere... così, indifferente, un passante qualunque... anche quando dovevo fermarmi a guardare i bambini che giuo-cavano... (Ha detto le ultime parole respirando a fatica e ora ricade giù, esausto, con la fronte fra le ginocchia. La commozione ha preso tutti: nessuno osa parlare).

La Vedova                              - (dopo un po', esitante) Ma... di tutto questo... io non so niente...

Il Barbuto saccente                 -E nemmeno io...

Il Giovane in marsina              - (gira gli occhi sugli altri) Forse nessuno... (Da sinistra si sentono voci concitate e subito irrompe la Signorina pallida).

La Signorina pallida                - (vestita di nero, tutta agitata dalla concitazione di un'ansia angosciosa) Ma sì, la­sciatemi andare... Cosa c'è? Perchè questa chiamata? Perchè a quest'ora? (Al Barbuto saccente) Siete voi l'avvocato?

Il Barbuto saccente                 - No, prego.

La Signorina pallida                - (al Giovane in marsina) Voi?

Il Giovane in marsina              - Me ne guardo bene.

La Signorina pallida                - (sgomentata) Ma allora...

La Vedova                              - L'avvocato non c'è.

La Signora molto elegante      - L'aspettiamo anche noi...

La Signorina pallida                - (sempre più concitata) Aspet­tare! Aspettare perchè? Non è possibile. E poi cos'è que­sto mistero, questo avvertimento di non dire il proprio nome? Cos'è? Voi non sapete niente? Proprio niente?

Gli altri                                    - (ormai distolgono l'attenzione dal dramma del Signore impressionato, soverchiato da quello della Signorina pallida: rispondono di no con cenni e mezze parole).

La Signorina pallida                - Nessuno!? Eh, no, non è pos­sibile! Non ci credo.

Il Barbuto saccente                 - Siamo nella vostra identica situazione.

La Signorina pallida :              - Identica!? Che dite!? Qual­cuno di voi lo sa, lo sa bene chi sono io, e si nasconde. Avanti, dunque, se c'è chi conosce la mia situazione, lo dica... (Imperiosa) Lo dica!

Il Signore impressionato         - (quasi non volesse esser messo in disparte) Ma no, vi sbagliate...

La Signorina pallida                - Perchè? cosa sapete, voi?

Il Signore impressionato         - Purtroppo so che...

Il Giovane in marsina              - (l'interrompe) Ma no, la­sciate che la signorina chiarisca.

Il Signore impressionato         - Ma se la signorina non c'entra, non c'entra.

Il iBarbuto saccente                - Come potete dirlo, scusate?

La Signorina pallida                - Ecco: come potete dirlo? come potete negare, voi, negare che la mia angoscia abbia...

Il Giovane in marsina              - Ma che voi! che voi! (In­dicando la Signorina pallida) iNon la vedete? Guarda­tela bene : ora si capisce che siamo qui per questa pove­rina. Chi sa qualche cosa ha il dovere di parlare.

La Signorina pallida                - Ecco: per me, per me. Ma almeno lasciarmi soffrire nel mio ritiro, invece di at­tirarmi qui, in un modo simile, per spaventarmi di più. (Con rabbiosa disperazione) Avanti, dunque, parlate. Dite cosa devo sopportare ancora.

 La Vedova                             - Calmatevi, signorina; noi ne sappiamo quanto voi: cioè niente... Almeno io...

La Signorina pallida                - No, no, non può essere; siete troppo tranquilli, voi.

Il Barbuto saccente                 - In principio, anzi, si era cre­duto che fosse uno scherzo.

La Signorina pallida                - Scherzo?! Eh, via! Non si scherza con quelli che soffrono. E qualcuno di voi deve saperlo quello ch'io soffro da anni, senza requie, con un solo pensiero fisso, spietato... (Vede la busta sigillata e l'afferra) E questa cos'è? Vedete, vedete, qui dev'essere, qui dentro... la spiegazione, il perchè...

Il Signore impressionato         - (allarmato) Sigillata!? E cosa c'è scritto sopra?

Il Giovane in marsina              - Niente. (Tutti si sono alzati).

La Signora molto elegante      - Ma allora è davvero un fatto serio.

Il Barbuto saccente                 - (buio) Eh, sì.

La Signorina pallida                - (fa per rompere i sigilli) Lo vediamo subito.

Il Signore impressionato         - (le ferma la mano) Noo! Noi non possiamo.

Il Giovane in marsina              - (mette sotto gli occhi della Si­gnorina la lettera incompiuta) Guardate questa: era nella macchina. Non so se voi potete spiegare...

La Signorina pallida                - Ah! (Legge col cuore in gola, sbarrando gli occhi) « ...Mettere la persona colpevole di fronte alla sua vittima... »? 'Ecco, sì, non lo dicevo, io.. Il colpevole... Da allora non faccio altro che eercare... Da allora, da allora... Ah!... (Si copre gli occhi con le numi, cadendo a sedere: il singulto, che le chiudeva la gola, le si scioglie in pianto) La mia vergogna... il mio sogno... Mi ha tolto la vita senza uccidermi... (Un si­lenzio rotto solo dai singhiozzi sommessi della Signo­rina che a poco a poco va placandosi, mentre gli altri rimangono fermi, impietositi, a guardarla).

Il Signore impressionato         - (interroga gli altri) Ma allora... allora è diverso?

La Signorina pallida                - (rialza il volto, un po' calmata dallo sfogo del pianto) Chi lo conosce di voi? chi? Perchè nessuno mi risponde? Io non vivo che di questa ricerca... e se adesso c'è qualche cosa, ch'io non so, che non posso immaginare, qualche circostanza... un fatto che rimette quell'uomo sulla mia strada... perchè si ha paura di dirmelo? Tanto lo so che una notizia lieta io non posso più aspettarla... che non posso più sperare nemmeno il suo pentimento, non so... una resipiscenza. Lui sapeva che lo cercavo, e mi faceva sempre perder le tracce... Sapeva che non potevo vivere con la mia vergogna, e si nascondeva. 'Nemmeno la disperazione di mio padre, nemmeno lasciarlo morire di crepacuore gli è bastato. Ma vederlo, vederlo! Questo, almeno. Ri­vederlo. Convincermi come posso aver fatto a credergli: ecco, questo. Perchè ancora non lo so. Come non so se dopo che era scomparso, fuggito, lo cercavo per gri­dargli il mio odio o per dirgli che ancora dovevo ado­rarlo, mio malgrado. Sapevo solo che c'era al mondo, chi sa dove, la persona per la quale dovevo vivere: dovevo. Tutto è rimasto così, senza una fine. Come si può finire d'aspettare...? E poi, ormai, non poteva esserci che lui, nella mia vita. Per il mio rancore, per la mia speranza: lui solo! Legata così, al ricordo di un sogno... perchè non avevo saputo non essere felice, felice fino a esser cieca di letizia, un'ora sola, nn'ora sola, in quella crociera maledetta, quando lo incontrai... come se il viaggio dovesse durar sempre... Ecco, sapere almeno per­chè, allo sbarco, è sparito subito e ha reso impossibile ch'io lo ritrovassi... Se qualcuno di voi lo sa, mi liberi solo da questa ossessione. (Un silenzio).

Il Giovane in marsina              - (le si avvicina esitante: a mezza voce, con commossa trepida delicatezza) Ve­dete adesso io potrei dirvi... '(A un gesto di lei) No, non quello che aspettate: non conosco la persona che ancora cercate, ma conosco, ora, una verità che tocca anche me; ecco, anche me... Noi giriamo fra la gente, magari ridiamo di qualcuno, incontriamo tanti volti sco­nosciuti che ci sono indifferenti... E invece, qualche volta, può essere che quella che ci è passata accanto sia... una nostra vittima... Voglio dire una che soffre un male simile a quello che facciamo soffrire a un'altra... Mi intendete?... A un'altra... E perchè ve lo dico? Ma... forse perchè deve arrivare un momento come questo per sentirsi... (accenna alla lettera) per scoprirsi colpevoli e... e conoscere la vittima. Se no si continua ad andare in giro così, quasi senza pensarci più, come se l'episodio, già passato, non ci appartenesse nemmeno... perchè non può rivivere. (Diverso, dopo un silenzio) Vedete, dun­que, che il colpevole di cui è scritto in quella carta può essere un altro... posso essere io... io che, entrando qui, ancora ridevo. (Si rivolge agli altri) E allora devo chie­dere io chi, di voi, è stato chiamato qui a confermare che sono io quello che si cerca. (Trilla il telefono, ma nessuno si muove, come se ciascuno temesse non sa che cosa).

La Signora molto elegante      - (dopo un po', mentre il telefono insiste, al Barbuto saccente) Vi prego, sen­tite voi: se è quello di prima che chiede di me, ditegli che sono andata via.

Il Barbuto saccente                 - (al telefono) Pronti?... Eh?... (Alla Signora molto elegante) No. E' vostro marito.

La Signora molto elegante      - (con premura) Oh, al­lora sì. (Prende il microfono) Sei tu, Cino? Ma come mai sei tornato prima?... Ho capito... Meglio così... Ho detto meglio così: che c'è di strano?... Ah, ti ha av­vertito la donna?... Appunto, ancora devo attendere... No, dove vuoi andare, solo?... Vieni a prendermi qui... Voglio passare la serata con te... Con te, con te... (Im­pressionata) Perchè dici questo? Cosa ti viene in testa?... Eh, no, 'Scusa, non capisco perchè dovresti farne un caso straordinario... Mi vuoi (dire che cos'hai?.!.. N'o, no, aspetta... Non ho m;ica nulla da nasconderti... Tu, se mai, diventi enigmatico... Ma dillo, avanti: perchè vuoi la­sciarmi in pensiero?... Tu lo conosci l'avvocato?... No davvero? E va bene. Ciao. Guarda che ti aspetto. Voglio stare con te. (Depone il ricevitore e istintivamente cerca la busta sigillata, palpandola per cercar di capire cosa può contenere; e balbetta, con inquietudine) Che... che stra­nezze... Dover star qui sulle spine...

Il Signore impressionato         - (durante la telefonata è uscito a sinistra).

 Il Barbuto saccente                - (indicando la busta, come per confermare il sospetto della Signora) Eh, sì: contiene delle lettere...

La Signora molto elegante      - (con apprensione) Dite? (Alla Signorina pallida) Voi non pensate, vero? che delle lettere possano riguardarvi...

La Signorina pallida                - Non saprei, non credo...

La Signora molto elegante      - Vedete, dunque? Non è quello che pensavate voi. Può essere tutt'altro... (Fis­sando sospettosa gli altri) Forse qualche bello spirito che s'incarica troppo dei fatti altrui, senza sapere... Adesso, per esempio, toccherebbe a me a domandare se 'qualcuno crede di conoscermi... oppure, non so, se ha avuto qualche incarico... (Al Barbuto saccente) Voi, per esempio...

Il Barbuto saccente                 - Io!? Scherzerete!

La Signora molto elegante      - ...cos'avete voluto si­gnificare, allora, dicendo che questa busta contiene delle lettere? Cosa tue sapete, voi?

Il Barbuto saccente                 - Niente, per carità. Penso solo che potrebbe contenere lettere mie. Vedete, dunque...

La Signorina pallida                - Perchè, voi credete...

Il Barbuto saccente                 - Ma sì, tutti quanti, avete vi­sto? possiamo essere vittime o colpevoli. Ciascuno di noi, interrogando sé stesso, può ricordarsi di aver com­messo, non so... un inganno, oppure di averlo subito.

La Vedova                              - (si inserisce fra i due, prorompendo final­mente con la sua pena) Ecco, subito, subito. E' questo che volevo dire io. La signorina (non c'entra. E nemmeno la signora.

La Signorina pallida                - Ma còme fate ad escluderci?

La Signora molto elegante      - E con quale sicurezza potete affermare, voi...

La Vedova                              - (subito, alla Signora molto elegante) Perchè, forse vi dispiacerebbe? Non ci son mica sol­tanto (con una punta d'enfasi ironica) i drammi d'amore. Per me, anzitutto, non capisco l'interesse che si pre­tende per certi romanzi. Io ho conosciuto e amato uni­camente mio marito, solo lui, senz'altro fisime da «Ma­dame Bovary ». E adesso che non l'ho più, non posso far altro che amare la sua memoria... difenderla, sicuro, difenderla da una accusa anonima...

La Signorina pallida                - Ma, scusate, tutto questo...

La Vedova                              - Lasciate che parli anch'io, no? Avete parlato tanto, voi...

La Signorina pallida                - Ah no, non vi permetto...

La Vedova                              - Non occorre che imi permettiate niente. Ho chiesto soltanto, per piacere se volete, di poter dire qualcosa anch'io. Del resto non so per qual ragione voi dovreste pretendere di diventare, non so, la protagonista di questa nostra situazione. Ci sono molte cose più serie di certe avventure. Non lo sapete?

Il Giovane in marsina              - (previene la reazione della Si­gnorina pallida) Eh, via! Troppa acredine, signora. Nessuno v'ha offesa.

La Vedova                              - Subito il difensore, eh?

Il Giovane in marsina              - Si capisce. Cosa c'entra la «protagonista»? Quando si soffre davvero, intendetelo anche voi, si è un po' più degli altri: per questo solo si avrebbe diritto a un maggior rispetto.

La Vedova                              - Ma cosa ne sapete, voi, di quello che soffrono gli altri? Credete davvero che per essere, come dite voi, più degli altri, occorra sbandierare il proprio dolore? fare la parte principale? prendere più posto degli altri? Ma "ciascuno ha la sua pena, caro signore. E se io stavo per dire, poco fa, che devo rivendicare una memoria sacra, perchè l'uomo a cui ho legato la mia vita per sempre è morto prima di poter dimostrare ai giudici la sua innocenza, se stavo per dir questo non c'era ragione che la signorina si permettesse di troncare le mie parole come se non avessero importanza.

Il Giovane in marsina              - In definitiva, poi, fino a questo momento ragioniamo su delle semplici conget­ture.

Il Barbuto saccente                 - Su dei sospetti. Non s'è sen­tito altro che autorizzi a credere...

La Signora molto elegante      - Però vorrete ammettere che (fra noi ci dev'essere un legame, qualche cosa in comune.

Il Barbuto saccente                 - Non ne sono convinto, ma può darsi. (Alla Signorina pallida) Però, francamente, il vostro caso no, non mi pare che riguardi noi tutti. (Alla Signora molto elegante) E nemmeno il vostro...

La Signorina pallida                - Ma se io son sicura...

Il Barbuto saccente                 - Sicura perchè lo desiderate?

La Signorina pallida                - Non... non lo escludo...

Il Barbuto saccente                 - Vedete, però, la signora è al­trettanto iconvinta che siamo qui per lei, tnon perchè lo desideri, ma per la ragione inversa, cioè perchè lo teme.

La Signora molto elegante      - Chi vi ha detto che ho qualcosa da temere?

La Vedova                              - (subito) Oh, non occorre dirlo... Ma tranquillizzatevi : è tutt'altro.

La Signora molto elegante      - Lo so, perchè, se mai, non sono qui a rendere, ma a chieder conto...

Il Barbuto saccente                 - (con un sorriso di trionfo, per la conferma delle sue opinioni) Lo vedete? Colpevole e vittima...

La Signora molto elegante      - Sicuro: vittima. Ho detto che non conosco l'avvocato: invece lo conosco benissimo. Forse c'è stata una persona amica che gli ha dato l'incarico di liberarmi da una domestica ricat­tatrice, fuggita dopo avermi rubato anche delle lettere. Forse qualcuno di voi la conosce.

Il Giovane in marsina              - Ma nemmeno per sogno, andiamo. Anche le domestiche! (Alla Signorina pallida) Per favore, volete venire iin momento di là? Vorrei dirvi una cosa...

La Signorina pallida                - (con subita apprensione) Che mi riguarda? (Lo segue in fretta) Potete darmi qualche indizio?

Il Giovane in marsina              - (No, è un'altra cosa. Per­mettete... (La lascia passare ed esce anche lui a sinistra).

La Vedova                              - (acida) Ecco fatto.

Il Barbuto saccente                 - Bah! Povera ragazza! Chi sa cosa spera? di ritrovarlo? Eh!... se anche riuscisse a ripescarlo... niente, non otterrebbe niente. Sarebbe una delusione più grande. Perchè? Ma perchè quello che c'è stato fra loro, è successo in un apparato speciale: la crociera, il mare, i golfi, i tramonti, le vedute stu­pende, la gioia di vivere... Cambiata la messinscena da sogno, è sparito tutto. Impossibile, in un altro ambiente, continuare quella parte.

 La Vedova                             - Ma, permettete, perchè voi fate tutti questi discorsi? Siete d'accordo con l'avvocato?

Il Barbuto saccente                 - No, no, non so proprio niente. Aspetto anch'io, come voi, di sapere perchè ci ha chia­mati. Ma non mi preoccupo e dico solo che è inutile, intanto, contrastarci con delle ipotesi. Le ipotesi non finirebbero più. Se invece di noi, venuti qui da varie parti della città «he si stende sotto i nostri occhi, chi dalla strada, chi da un teatro, chi da un albergo, fos­sero venute altre persone, « pescate » così, a caso, dalla gran folla che vive laggiù, sotto quei tetti, in quelle migliaia e migliaia di scene diverse che sono le case, se fossero venuti altri, dicevo, a trovarsi in una congiuntura simile, ciascuno avrebbe subito riempito l'involucro di questa situazione col suo dramma, o con la sua com­media, se si vuole. Perchè quei puntini neri che si muovono per le strade, laggiù, hanno ciascuno una, pena, un rimorso, un rammarico, una speranza, una mèta, in­somma un piccolo mondo da far vivere appena le vi­cende...

La Vedova                              - (lo interrompe) Già, e ci sono anche di quelli che, avendo le loro teorie, vogliono cacciarle in tutti i discorsi, in tutte le situazioni, senza concluder mai. Invece la verità, forse, può dirla chi non parla mai. (Di colpo, al Timido miope) Voi, per esempio. Perchè non dite una parola? Forse siete qui solo per ascoltare?

La Signora molto elegante      - Volevo dirlo anch'io.

Il Timido miope                      - (si confonde, incespica) Oh, no... anzi... Non saprei... Mi domando cosa c'entro io...

La Signora molto elegante      - (indagatrice) Però, scu­sate, non è chiaro.

Il Timido miope                      - Ma, perdonate, io non ho niente da dire. Avventure, non me ne sono mai capitate. De­biti, me ne guardo... Non aspetto nessuna eredità... Quindi, anche se in quella busta c'è un testamento...

Il Barbuto saccente                 - Perbacco, non ci avevo pen­sato!

Il Timido miope                      - ...non può riguardarmi. Sono fun­zionario del grado mono. Avrò la promozione a settembre, spero. Non ho moglie. La mia vita è senza scosse.

Il Barbuto saccente                 - Senza drammi, volete dire, e senza commedie: vero?

Il Timido miope                      - Come credete.

Il Barbuto saccente                 - Eppure, vedete, il suo «dramma può essere proprio quello di non averne nessuno, di do­ver recitare, sempre, una piccola parte ai margini dei drammi altrui. Scusate... Non lo dico per offendervi: anzi... Lo dico perchè credo che ciascuno di noi, nella vita, è costretto a cercare la parte...

La Vedova                              - E dagli!

Il Barbuto saccente                 - (imperterrito) Si lotta appunto per diventare protagonisti, per non servire la parte altrui da semplici generici. Ci vestiamo, cioè ci trucchiamo, ci diamo degli atteggiamenti, per essere in carattere: ar­riva un altro e ci porta via il primo piano. Ci son di quelli, per esempio, che servono soprattutto il proprio vestito...

Il Timido miope                      - Per me, chiedo venia, ma... chia­ merei la polizia. 

La Signora molto elegante      - (si volge di scatto) No. Che dite?

Il Timido miope                      - (si ritrae) No, accennavo... dato che la situazione è così misteriosa...

Il Barbuto saccente                 - Appunto: non c'è bisogno di complicarla.

La Signora molto elegante      - Piuttosto andiamo via anche noi. Non è meglio?

La Vedova                              - Per me non ho niente da temere, il me­glio da fare è rimaner qui.

(Rientrano affrettatamente da sinistra il Signore im­pressionato, la Signorina pallida e il Giovane in mar­sina).

Il Signore impressionato         - Un momento...

Il Giovane; in marsina             - Silenzio, mi raccomando...

La Signorina pallida                - Ma non sapete? Abbiamo sen­tito alla radio quello che dicevate.

La Signora molto elegante      - Che? !

La Vedova                              - Ma no...

Il Signore impressionato         - Ah, non ci siamo sba­gliati.

Il Timido miope                      - Oh, bella!

Il Giovane in marsina              - Devono esserci dei microfoni nascosti.

Il Barbuto saccente                 - Vedete, dunque, se abbiamo recitato?

La Signora molto elegante      - L'avete fatto voi, allora, questo brutto tiro...

La Signorina pallida                - (con sarcasmo) ...questo ca­polavoro...

Il Barbuto saccente i               - Ma no, vi dico che mon so niente. L'avvocato si sarà servito di me, perchè sa come la penso...

Il Timido miope                      - Lo dicevo, io, che c'era da chia­mare la polizia.

Il Signore impressionato         - (al Timido miope) Ma state zitto, voi.

Il Timido miope                      - Scusate, mi rimproveravano perchè non parlavo...

Il Signore impressionato         - Fate bene a non parlare. La polizia! Non avete capito niente, voi? (Esorta gli altri, con dei cenni, a confermare) Ma se abbiamo reci­tato una commedia, come diceva il signore (indica il Barbuto). Sicuro: recitato: bisogna dirlo a scanso di equivoci.

Il Giovane in marsina              - E' una finzione, signori, una finzione...

La Signora molto elegante      - ...si è voluto dare agli ascoltatori l'impressione di una vicenda vera...

Il Signore impressionato         - ...fingendo che alcune scene nascessero così, improvvisate dalla vita...

Il Giovane in marsina              - ...scene estemporanee, in­ventate, si direbbe, per nascondere proprio l'inven­zione...

La Signora molto elegante      - ...recitate come una realtà nata da uno spunto...

Il Barbuto saccente                 - ...dalla messinscena che cia­scuno voleva occupare al centro, mettendo gli altri ai margini...

(Da destra entra l'Autore).

 L'Autore                                 - (sorridente e compito) Già che si parla di me...

Il Barbuto saccente                 - Oh, l'avvocato...

Il Signore impressionato         - L'autore.

L'Autore                                  - Buona sera a tutti, e grazie. (Al Barbuto saccente) Ciao. Avete recitato benissimo. Gli ascoltatori, cioè gli spettatori, si domanderanno se quella di stasera è una commedia scritta o una situazione veramente vis­suta, una bizzarria inventata oppure un po' di vita au­tentica. Ma questa curiosità non dobbiamo appagarla, anche perchè, vita o scena che sia, la distinzione non ha importanza.

Il Giovane in marsina              - E qualcuno dirà anche che abbiamo recitato male.

Gli altoparlanti            - (mentre si chiude il sipario) Ab­biamo trasmesso: Chi è di scena?, improvvisazione in un atto di personaggi riuniti a caso.

FINE