Chi è stato?

Stampa questo copione

Chi è stato

Chi è stato?

Quasi un giallo con sorpresa di

Giorgio Casini



Personaggi

Renato la vittima

Giovanna la sua donna

Claudio l’altro

Giuseppe il nonno

Clara la nipote

Adina l’amica

Martin poliziotto

Alfonsina sergente

In un luogo imprecisato, tempo presente.

Dimenticavo: la commedia è in due atti.


PRIMO ATTO
Un giardino pubblico.

SCENA 1 – GIUSEPPE, CLARA, RENATO, GIOVANNA
GIUSEPPE. (Entra con Clara, continua un discorso già iniziato). Sono vecchio… ormai sto per partire! Che viaggio sarà! Senza ritorno!
CLARA. Nonno, è una fissazione! Sei anziano, non vecchio.
GIUSEPPE. Davvero? Sei sicura? Spiegami una cosa: che differenza c’è fra “anziano” e “vecchio”? Voglio dire, se uno deve morire… un anziano può aspettare ancora un po’?
CLARA. Caro nonno, lo dovresti sapere: non c’è un’età per morire.
GIUSEPPE. Questo è vero. Ma non mi convinci. Te l’ho già detto, Clara, sei troppo giovane per comprendere certe cose, sei ancora una bambina.
CLARA. Andiamo, nonno, una bambina…
GIUSEPPE. Non m’interrompere.
CLARA. Nonno, me lo ripeti in continuazione. Lo vuoi capire che non si può sapere quando arriverà il momento… Immagina che ognuno di noi sia appeso ad una corda; lassù, ci sta qualcuno con un bel paio di forbici. A un bel momento, zac! Taglia un filo e quello che ci stava attaccato… è finito.
GIUSEPPE. Chi lo dice, a quello lassù di… zac! (Mimica) e farla finita?
CLARA. Nessuno.
GIUSEPPE. (Dopo un attimo di riflessione). Allora, potrebbe anche dimenticarsene!
CLARA. Diciamo che potrebbe (Giuseppe dà segni di contentezza) ma è piuttosto difficile.
RENATO. (Entra con Giovanna). Salve. Di che stavate parlando?
CLARA. Soliti argomenti.
GIOVANNA. Giuseppe, come va? Vi vedo sempre più in gamba… pimpante, direi, come un giovanotto.
GIUSEPPE. (Ironico). Di primo pelo! Ascolta, signorina (la trae in disparte) signorina Giovanna, se non sbaglio.
GIOVANNA. Non mi conoscete ancora? Eppure sono la donna di Renato (espressione interrogativa di Giuseppe) il vostro nipote.
GIUSEPPE. Piano! Andiamoci piano con le parentele. Io ho una sola nipote: Clara, figlia del mio figlio Adelmo, quel lazzarone! Andò in Brasile… in Argentina, non ricordo bene… e non ha mai fatto sapere niente.
GIOVANNA. Forse credeva di trovare fortuna; era rimasto vedovo e volle tentare la sorte.
GIUSEPPE. Chi era rimasto vedovo?
GIOVANNA. Il vostro figliolo Adelmo. Non ricordate: la moglie morì in un incidente d’auto. Allora lui si sposò una seconda volta.
GIUSEPPE. Dimmi una cosa, signorina Giovanna: credi che si possa parlare con quello che sta lassù?
GIOVANNA. Con chi?
GIUSEPPE. Quello con le forbici. Che ogni tanto: zac! E uno casca per terra.
GIOVANNA. Non vi seguo molto bene. Cercate di spiegarvi meglio. (Cenni d’intesa con Renato).
GIUSEPPE. Bisognerebbe dirgli che quando arriva alla mia corda… se potesse saltarla…
GIOVANNA. Glielo diremo, state tranquillo. Ma, quale corda?
GIUSEPPE. A me, sta tutto bene ma non posso morire ora. Vedi, signorina Giovanna… ti chiami Giovanna, vero?
GIOVANNA. Sì, Giovanna, lo abbiamo stabilito proprio ora. Cos’è questa storia del morire? GIUSEPPE. Beh, succede… però, se si potesse dire a quello lassù… con le forbici… Insomma, io ho ancora da sistemare i miei affari quaggiù! Quindi, di morire per ora non se ne parla!
GIOVANNA. Nessuno vuole farvi morire! Che idee vi siete messo intesta? Ma poi, scusate, quali affari avete da sistemare? Vivete la vostra vita, tranquillo, da pensionato… che affari?
GIUSEPPE. (Misterioso). Ho da pensare alla mia roba, i beni che possiedo… non vorrei che andassero a finire nelle mani di qualcuno… che non li merita!
GIOVANNA. Cosa andate a pensare? Tutti vi vogliamo bene.
RENATO. Certo, un nonno circondato dall’affetto di tutti… dei nipotini…
GIUSEPPE. Quali nipoti?
RENATO. Beh, la seconda moglie di vostro figlio Adelmo, era mia madre.
GIOVANNA. Anche lei era vedova, aveva un figlio: Renato.
RENATO. Che sarei io.
GIUSEPPE. No! No, no! Non sei mio nipote! La tua mamma ha soltanto sposato il mio figliolo… e lo ha rovinato. Lo ha convinto a partire… non si sa dove siano, se sono ancora vivi, se sono morti…
CLARA. Nonno, non ti agitare, non è successo niente.
GIUSEPPE. Vieni qui, Clara, dimmi una cosa: quello lassù, con le forbici, l’avrà tagliato il filo di quella donna… quella specie di sgualdrina che si è portato via il mio Adelmo?
GIOVANNA. Di nuovo questa storia dei fili? Perché ce l’avete tanto con Renato? È un bravo ragazzo.
CLARA. Un bravo ragazzo che vuole l’eredità! La cosa non m’interessa più di tanto: ho il mio lavoro e non ho grossi problemi economici, ma non è giusto, non ha nessun merito, nessun titolo per ereditare. Cosa pretende?!
RENATO. Mi sembra che la fate piuttosto drammatica! In fondo non ci sono grandi patrimoni da spartire, a quanto mi risulta. La casa dove abitate, un pezzetto di terreno, qualche risparmio… gioielli di famiglia…
GIUSEPPE. Sono ricordi! Li indossava Carlotta… la mia sposa… era bella…
CLARA. Addirittura i gioielli di famiglia! Pensata bene: i gioielli non sono registrati fra i beni immobili, e nemmeno fanno parte dei depositi bancari. Sarebbe facile farli sparire, più o meno legalmente!
GIUSEPPE. Carlotta… com’era bella. Erano suoi i gioielli!
RENATO. Certo. Nessuno vuole toccarli. Ma, visto che prima o dopo… il più tardi possibile ma… le leggi della vita; sì, dico, non le ho fatte io. Per non trovarsi poi a discussioni antipatiche… si potrebbe fino da ora, stabilire… magari anticipando qualcosa. Un amico mio che lavora nello studio di un notaio, mi ha suggerito che sarebbe molto meglio… fare una donazione… essendo ancora in vita… 
GIUSEPPE. Tu, lassù! Con le forbici! Taglia questo filo! (Indica Renato). Se non lo tagli tu, lo taglio io! Una pistola ce l’ho, non ricordo dove l’ho messa ma la troverò! E allora… Pam! O Zac!… se non ci pensa lui, ci penso io! Vieni, Clara, accompagnami: andiamo a comprare le pallottole!
CLARA. Andiamo, nonno, ma cerca di stare calmo. (Escono, Renato li segue, dopo un cenno d’intesa con Giovanna)

SCENA 2 – GIOVANNA, CLAUDIO
CLAUDIO. (Entra). Ciao, Giovanna, sei sola?
GIOVANNA. Perché, vedi qualcuno in giro?
CLAUDIO. No, non mi pare.
GIOVANNA. Quindi, vuol dire che sono sola.
CLAUDIO. La mia non era una domanda.
GIOVANNA. Era un’affermazione? Allora hai indovinato! Bravo! Perché non vai a qualche gioco in TV?
CLAUDIO. Beh, mi pare ovvio: se non c’è nessuno qui intorno…
GIOVANNA. Ottima deduzione. Dovresti fare il poliziotto… l’investigatore privato! Vedo, vedo già l’insegna sulla porta dell’ufficio: Claudio il Segugio, ricerche, appostamenti, tradimenti coniugali… delitti. Soluzione garantita, soddisfatti o rimborsati!
CLAUDIO. Hai finito di prendermi in giro?… Claudio il Segugio. Però un po’ segugio dovrei esserlo per poterti incontrare… da sola, intendo. Hai sempre qualcuno dattorno.
GIOVANNA. Forse perché sono tanto simpatica, che tutti cercano la mia compagnia.
CLAUDIO. Anche ironica… ma simpatica, sì, non si può negarlo; anche attraente… Proprio per questo avrei da dirti delle cose… Insomma, non so fare giri di parole, come tanti bellimbusti. È da tanto che cerco di parlarti; non ti sarà sfuggito l’interesse che ho per te. Finalmente ti trovo da sola e posso dirti.
GIOVANNA. Non occorre: ho capito tutto. Noi donne abbiamo un senso in più, qualcosa che ci permette di captare, come sullo schermo di un radar, sensazioni, pensieri, parole non dette.
CLAUDIO. Sei una maga? Cartomante? Scusa l’ironia. Ad ogni modo, questo sesto senso mi risparmia una grossa fatica. Possiamo saltare i preliminari e arrivare subito al sodo. Insomma: possiamo concludere.
GIOVANNA. Cosa? Quando un uomo innamorato… perché di amore si tratta… o sbaglio?
CLAUDIO. Chiamalo come vuoi. Amore, desiderio, passione…
GIOVANNA. Addirittura! Come Romeo e Giulietta! Romeo scalava un balcone, se ben ricordo; io abito al piano terra, non dovrai rischiare, sei fortunato.
CLAUDIO. Continua a burlarti di me. Non conosco Giulietta né Romeo. Conosco soltanto me stesso: Claudio! Che ti offre la sua compagnia per tentare insieme la bella avventura della vita.
GIOVANNA. Tutta?
CLAUDIO. Perlomeno un lungo periodo. Sarà delizioso, appassionante, indimenticabile.
GIOVANNA. Sei anche romantico, non lo avrei mai sospettato. Che devo dirti? Ti ringrazio per l’onore che mi offri ma non posso accettare. Sfortunatamente per te, sono già impegnata.
CLAUDIO. Con quel bel tipo! Renato, o come si chiama! Cosa ti può dare? Non ha una briciola di forza, di capacità per offrire alla sua donna… un minimo di credibilità, economica o avventurosa. È un tipo scialbo, senza spina dorsale! 
GIOVANNA. Tu, invece… hai un busto ortopedico? O forse porti una corazza come gli antichi cavalieri? Ecco da dove ti viene lo spirito romantico!
CLAUDIO. Bada, Giovanna! Ti conviene considerare la mia offerta un po’ più seriamente! Non sono tipo da abbandonare la battaglia, io! Quando voglio una cosa, la ottengo! In una maniera o nell’altra!
GIOVANNA. Quale altra? Non penserai di rapirmi, magari segregarmi in qualche tetro sotterraneo per sottopormi a chissà quali sevizie… Da “Giulietta e Romeo” si passa a “La bella e la bestia”! Però… sempre romantico.
CLAUDIO. Falla finita! Non ho nessun sotterraneo dove rinchiudere le mie donne!
GIOVANNA. Forse un sottoscala…
CLAUDIO. Falla finita! Ti voglio dare un consiglio: cerca di convincere quel tuo bellimbusto spasimante a cambiare rotta. Faccio sul serio. Potrebbe finire male!
GIOVANNA. Sarebbe a dire? Vorresti magari ammazzarlo? Ora, Claudio, te lo do io un consiglio: non vanno più di moda i delitti passionali. Ci potresti rimediare l’ergastolo e non avresti la simpatia della pubblica opinione. Certe cose, la televisione non le dice nemmeno e i giornali le liquidano con un articoletto in cronaca locale; il giorno dopo, nessuno ne parla più. Sarebbe un romanticismo sprecato, oltre che anacronistico.
CLAUDIO. E dagli col romanticismo! Io non sono abituato a perdere! E non si tratta soltanto di movente passionale…
GIOVANNA. No? Cos'altro c’è di tanto drammatico?
CLAUDIO. Cose private. Soldi se proprio lo vuoi sapere! Renato mi deve un bel mucchietto di soldi.
GIOVANNA. Soldi? Renato ti deve del denaro? E quando glielo hai prestato?
CLAUDIO. Chiamiamolo prestito… anche se le cose stanno un po’ diversamente.
GIOVANNA. Spiegati. Voglio sapere!
CLAUDIO. Gioco! Debiti di gioco! Scommesse!
GIOVANNA. Scommesse? Cosa può avere scommesso Renato? Non è proprio il tipo.
CLAUDIO. Ho scommesso io… e ho indovinato.
GIOVANNA. E lui che c’entra?
CLAUDIO. Lui tiene il banco. Me l’aveva dato dieci a uno. Ne è venuta fuori una bella somma.
GIOVANNA. Il banco?
CLAUDIO. Sì, fa l’allibratore, o come si dice. Clandestino, naturalmente; quando perde deve pagare e, un creditore, in certi ambienti non può denunciare… sono fatti privati, nessuno deve sapere ma, nel giro la cosa deve essere chiara: chi perde paga! In una maniera o nell’altra!
GIOVANNA. Quale altra? No, non dirmelo; posso indovinarlo, se ne sentono tante… ma, cosa scommettete?
CLAUDIO. Un po’ di tutto: patite di calcio, corse… soprattutto certe corse…
GIOVANNA. Corse, d’automobili?
CLAUDIO. Diciamo… sì
GIOVANNA. Formula uno?
CLAUDIO. Un po’ meno… ma un po’ di più per quanto riguarda l’emozione. Ci sono piloti spericolati che ti fanno certe evoluzioni da farti venire i brividi, con certe automobili che sarebbe più opportuno definire carrette.
GIOVANNA. Magari, qualche volta ci scappa il morto. E voi ci scommettete?
CLAUDIO. C’è un certo giro: soldi che devono essere pagati! E se uno non li ha…
GIOVANNA. E Renato, ci sta in mezzo.
CLAUDIO. Esattamente. Capisci che non posso lasciar perdere… a meno che…
GIOVANNA. A meno che? Finisci.
CLAUDIO. Diciamo che se la nostra relazione potesse stringersi… chissà, forse si potrebbe trovare un accomodamento…
GIOVANNA. Addirittura il melodramma! Siamo arrivati in pieno melodramma! Sempre romantico, però.
CLAUDIO. Te lo ripeto ancora una volta: considera un po’ più seriamente la mia proposta… e cerca di convincer quel tuo dongiovanni. Non posso perdere i miei soldi, senza una contropartita adeguata. E, soprattutto, non posso perdere la faccia.
GIOVANNA. E va bene. Parliamo seriamente: se quello che mi hai detto di Renato è vero…
CLAUDIO. Chiedi in giro. Tutti lo sanno… meno la polizia, ovviamente.
GIOVANNA. Se è vero, i nostri rapporti ne subiranno le adeguate conseguenze. Dovrò sentire anche la sua versione. In ogni caso, nei tuoi confronti resto della mia precedente opinione. Cordiali saluti.
CLAUDIO. Splendido esempio di letteratura commerciale. Sarebbe, per caso un benservito?
GIOVANNA. Consideralo come vuoi.

SCENA 3 – ADINA. GIOVANNA. CLAUDIO.
ADINA. Salve, ragazzi. Bella giornata, eh? Fa un po’ caldo ma si sta bene. Di cosa stavate parlando? Non vi ho disturbati, per caso? Mi trovavo in casa, non avevo niente da fare… cioè, da fare ce l’avevo: devo ancora sistemare quei libri che trovai la settimana scorsa su quella bancarella dell’usato. Hanno tanti oggetti carini: centrini, tazzine, bamboline, collanine. Libri no, non li tengono… allora quelli che ho in casa, dove li ho comprati? Un pacco così, devo ancora metterli in biblioteca. Te, Giovanna, non ti ricordi dove li ho comprati?
GIOVANNA. No, Adina, non lo so. Come posso saperlo?
ADINA. E tu, Claudio, non lo sai?
CLAUDIO. No, proprio no.
ADINA. Già, voi, di libri non ve ne intendete. Non avete il senso culturale della letteratura, voi guardate la televisione. Bisogna dire, che ora non fanno più nulla di buono nemmeno lì: qualche telenovela dove c’è sempre un amore contrastato, che devono lottare poverini, per arrivare al matrimonio o perlomeno ad una sistemazione decente ma c’è sempre quel cattivo che fa patire le pene più atroci. Meno male che, quando ormai non te lo aspetti più, arriva un frate che riesce a farlo convertire e finisce che il cattivo diventa buono e, quando si sposano manda tanti fiori per addobbare la chiesa, che è sempre nel parco di un gran castello.
GIOVANNA. Tutto questo è scritto nei libri che hai in casa?
ADINA. Libri? Io, libri non ne ho, non ho mai il tempo di leggere.
CLAUDIO. Eppure, poco fa dicevi che ne hai un pacco così da sistemare.
ADINA. Io? Quando mai. Sono uscita di fretta perché… perché dovevo incontrare il mio ragazzo.
GIOVANNA. E l’hai incontrato?
ADINA. No. Non ricordo bene dove ci eravamo dati appuntamento; e nemmeno l’ora.
CLAUDIO. Ricordi almeno chi è questo ragazzo?
GIOVANNA. Sei sicura di averne uno?
ADINA. Certo! Esco sempre per vederlo… ma difficilmente l'incontro. Oggi però, un ragazzo l’ho incontrato, proprio qui dietro dove c’è quella panchina, dietro il cespuglio di rose. Lui era seduto sulla panchina, con gli occhi mi invitava a sedermi accanto a lui… ma io… che volete, in un posto così isolato, col pericolo di essere scoperti…
CLAUDIO. Dovevi accettare l’invito. Un’occasione simile, prima che capiti di nuovo…
ADINA. Dici che avrei dovuto sedermi? Forse sarebbe stato meglio… Ma non era possibile: c’era già un’altra donna con lui!
GIOVANNA. Come? Stava con un’altra… e ti ha fatto cenno…
ADINA. Si baciavano… lui l’abbracciava strinta e… con la mano mi faceva cenno…
CLAUDIO. Sarà qualche sultano orientale venuto qui per rinnovare l’harem.
GIOVANNA. Ma chi è? Lo conosci?
ADINA. Beh, era abbracciato, si baciavano: ho visto prima i capelli, poi un occhio, poi metà faccia… L’ho riconosciuto: era lui!
GIOVANNA. Lui chi?
ADINA. Come si chiama… quel giovanotto che abita laggiù… che però lo vedo sempre da queste parti. Non è una gran bellezza… è un tipo; un tipo losco con una faccia che sembra un angelo, simpatico.
GIOVANNA. Deve essere un tipo piuttosto strano… e non lo hai riconosciuto?
ADINA. Sìi. Ora che ci penso, lo conosci anche te. Ha un nome che comincia con la erre… Roberto!
GIOVANNA. Io non conosco nessun Roberto
ADINA. Vi vedo sempre assieme, forse non si chiama Roberto… Renato! Sì Renato, era lui!
GIOVANNA. Ma Renato è fidanzato con me!
CLAUDIO. Questo che c’entra? Un uomo non è mai un santo. Specialmente Renato! Ne combina delle belle, il tuo caro ragazzo.
ADINA. Delle belle! Sì, sì. Beh, se devo essere sincera, non l’ho vista in faccia, non so se sia proprio bella. Aveva i capelli rossi.
GIOVANNA. Lo ammazzo! Lo ammazzo! Non si creda di farla franca con me!
ADINA. Ecco: Franca, si chiamava Franca… ma non ne sono tanto sicura. Che vuoi: si baciavano, non parlavano; ma i capelli rossi, li ho visti.
CLAUDIO. Adina, ci hai portato una bella notizia e noi ti ringraziamo ma ora cerca di stare un momentino zitta. Dobbiamo prendere delle decisioni.
GIOVANNA. Dobbiamo? Che c’entri tu? Io, io sola so quello che devo fare!
CLAUDIO. Se hai bisogno di un aiuto…
GIOVANNA. Per sparare un colpo di pistola non ci vuole una gran fatica. Posso fare da sola! Non ti disturbare! (Esce)

SCENA 4 - GIOVANNA. CLAUDIO.
ADINA. Si è arrabbiata? Ho detto per caso, qualcosa di male?
CLAUDIO. Noo! Sei stata gentilissima.
ADINA. Pensavo che le avrebbe fatto piacere, sapere le notizie del vicinato.
CLAUDIO. Quando il vicinato è un po’ troppo… vicino, ci vuole cautela.
ADINA. Vuoi dire che non dovevo tirare in ballo Renato? Perché? Già: è il suo fidanzato! Però, non sono mica tanto sicura che fosse lui.
CLAUDIO. Vuoi dire che ti sei inventata…
ADINA. No, no, un uomo c’era… e anche una donna. Si baciavano, erano abbracciati. Sì, sì, erano in due!
CLAUDIO. Insomma, sei sicura o no che fosse proprio lui?
ADINA. Come si fa ad essere proprio sicuri… il cespuglio, i fiori, l’ombra… Sarà meglio che vada a dirglielo, povera Giovanna.
CLAUDIO. Non occorre! Ci vado io, appunto dovevo vederla. Non preoccuparti, ci penso io. (Fra se). È proprio il cacio sui maccher0ni.
ADINA. Te n'occupi tu? Grazie, sei veramente tanto gentile.
CLAUDIO. Figurati, per così poco.
ADINA. La bontà, la gentilezza, la nobiltà di una persona si vedono nelle piccole cose. Come in quel romanzo che danno ora in televisione. Siamo ormai alla quarantaduesima puntata e lui e lei sono scappati per coronare il sogno d’amore. Sono andati in Alaska, in Groenlandia, non ricordo bene… è un posto dove ci sono tanti elefanti e le persone vanno in giro con gonnelline di fiori e quasi nient’altro perché ci fa tanto caldo.
CLAUDIO. Le chiamano fiction, cioè: finzione… almeno geografica. O forse, lì in regia, hanno confuso le pellicole.
ADINA. Mi piacerebbe andare in quei posti… come si chiamano… dove vanno gli innamorati che scappano di casa… all’ombra delle palme… magari senza elefanti.
CLAUDIO. Accomodati! Sì, dico: vai pure, nessuno ti trattiene.
ADINA. Mi ci vorrebbe un innamorato…
CLAUDIO. Non ce l’hai? Hai detto prima che avevi appuntamento con il tuo ragazzo.
ADINA. Sì ma non ricordo dove era l’appuntamento. A te, Claudio, piacerebbe andare laggiù in Alaska, fra le palme, con il gonnellino a fiori?
CLAUDIO. Non dico di no. Magari non proprio in Alaska, con tutto quel ghiaccio, chissà che freddo.
ADINA. Abbracciati stretti stretti, ci si scalda.
CLAUDIO. E… chi dovrebbe essere questa donna, con la quale potrei riscaldarmi?
ADINA. Ce ne sono tante donne in giro… non è necessario andare tanto lontano. Io, per esempio, ho sempre sognato di andare in un’isola deserta con un uomo, forte, affascinante, che sappia costruirmi una capanna, cacciare le belve…
CLAUDIO. Come nel teleromanzo! Potenza della televisione!
ADINA. Tu potresti essere quell’uomo. Partiamo senza dire niente a nessuno. Compriamo il biglietto, anzi due. Solo andata…
CLAUDIO. Sei molto gentile ad aver pensato a me ma, proprio non è possibile. Ho delle cose da sbrigare qui.
ADINA. Cose più importanti della nostra felicità?
CLAUDIO. Non sprecare parole così grosse. Io ho da fare, devo sistemare certi affari ma tu, intanto, prenota il biglietto: uno soltanto per ora… poi, qualcuno troverai. Ora scusami, devo andare, mi aspettano.
ADINA. E mi lasci così: sola, abbandonata?
CLAUDIO. Non fare la scena drammatica, non sono più di moda. Ora lasciami andare. Permetti un consiglio? Non guardare troppo la televisione! (Esce).

SCENA 5 - ADINA. RENATO.
ADINA. (Sola) Così la prendi! Mascalzone! Rifiutare un invito garbato, gentile… disinteressato. Gli uomini! Tutti uguali: prendono, prendono quello che vogliono e poi ti abbandonano!… Veramente lui non ha preso niente. Mi ha rifiutata! È uno sgarbo, un’offesa che va lavata! Le offese si lavano col sangue… dovrei ammazzarlo? Ma sì, una pistola ce l’ho; che ci vuole?
RENATO. (Entra). Ciao, Adina, che ci fai da queste parti?
ADINA. Oh, Renato, hai visto Giovanna? Ti cercava.
RENATO. E io cercavo lei. Non sai dove sia andata?
ADINA. L’ho vista uscire da questa parte. La cercava anche Claudio.
RENATO. Claudio? Che c’entra lui? Cosa vuole da Giovanna?
ADINA. Deve dirle una cosa.
RENATO. Cosa?
ADINA. Che non è vero. Forse c’è stato un equivoco: passando non si fa attenzione, si crede di vedere una persona invece era un’altra, anzi due, un uomo e una donna
RENATO. Quale uomo? E quale donna? Spiegati: che c’entra Claudio? E che c’entra Giovanna? E… che ci fanno insieme?
ADINA. Questo non lo so. Ma io, quei due che si baciavano, li ho visti; erano abbracciati, proprio lì, dietro a quel cespuglio di rose… quando sono arrivata, Giovanna è andata via, cercava proprio te; doveva ammazzarti… poi Claudio è uscito anche lui, dice che doveva sistemare certi affari… con Giovanna, mi pare.
RENATO. Che affari? Non hanno proprio niente in comune! Non sai dove sono andati?
ADINA. No, non mi curo delle cose degli altri, io. Ma erano arrabbiati, parlavano di pistole, volevano ammazzare qualcuno.
RENATO. Chi?
ADINA. Non so. Non ascolto mica i discorsi della gente, io. Ma se fossi in te, starei attento.
RENATO. Io, devo stare attento? Grazie dell’avvertimento. Mi meraviglio di Giovanna, mi ha sempre dimostrato affetto e sotto sotto… Claudio invece, non mi stupisce affatto: è un tipo piuttosto violento.
ADINA. Era arrabbiato! Hai ragione: è un violento, ci sarebbe da preoccuparsi ad avere qualcosa, qualche affare da spartire con lui.
RENATO. Certo. Devo andare, se vedi Giovanna, dille che la cerco.
ADINA. Perché vai via?
RENATO. Te l’ho detto: devo vedere Giovanna, devo dirle certe cose…
ADINA. Dille a me. Se sono cose segrete fra voi, non voglio intromettermi: io non mi interesso alle cose degli altri, ma… cosa devi dirle?
RENATO. (Cerca di abbozzare). Niente di importante.
ADINA. Siete fidanzati, vero?
RENATO. Beh, ci vediamo.
ADINA. Ma se la tua donna ha un altro uomo… Proprio ieri sera ho visto in televisione… su quel canale… come si chiama… che ci fanno tanta pubblicità… insomma davano uno sceneggiato dove lui era stato piantato da lei e, per consolarsi aveva cominciato a corteggiare una ragazza con i capelli rossi. Bella ragazza: alta, con magliette aderenti e pantaloni corti… Anch’io ho una maglietta aderente… ho anche un paio di pantaloni corti…
RENATO. Immagino come sarai attraente quando li indossi. 
ADINA. Se li vuoi vedere, faccio un salto a casa, dieci minuti, sono qui.
RENATO. Grazie, non ho tempo, devo andare. Ciao, ci vediamo.
ADINA. Sì, ci vediamo. Dove? 
RENATO. Qui, nei paraggi.
ADINA. Quando?
RENATO. Poi, poi, qualche volta.
ADINA. Domani?
RENATO. Forse. Ciao, ciao. (Esce)
ADINA. Ciao. Se n’è andato… Tutti uguali gli uomini! Bisognerebbe ammazzarli tutti! (Riflette). Dovevo ammazzare Claudio… forse è meglio Renato… o tutti e due? Comincio da Renato: mi rifiuta pur essendo tradito dalla sua donna! Sì, la pistola ce l’ho qui nella borsa. Renato: a noi! (Esce)
Una musica in lontananza (forse una radio) che già si sentiva sulle ultime battute, riempie la scena rimasta vuota, per pochi secondi.
Uno sparo da fuori!

SCENA 6 – GIUSEPPE. CLARA. GIOVANNA. CLAUDIO. ADINA.
Entrano tutti da destra, separatamente, in rapida successione.
GIUSEPPE. (entra barcollando, le mani protese come a cercare appoggio. Mima uno sparo). Buum! (Guarda in terra con orrore, come se ci fosse un cadavere disteso).
CLARA. (Entra tremante e sconvolta). Nonno! Nonno, che hai fatto?
GIUSEPPE. Sono scappato. Mi sono trovato un morto tra i piedi! Quasi lo calpestavo. Tu, piuttosto, dov’eri?
CLARA. Ero insieme a te, non ricordi? Mi sono allontanata un momento, volevo comprarmi un gelato, ho sentito uno sparo… e poi ho visto un uomo steso per terra…
GIOVANNA. (Entra agitata). Avete sentito?! Sapete chi sia quel poveretto? Dio mio, che cose orribili succedono!
CLAUDIO. (Entra guardingo). Ah, siete qui! Ci siete tutti! Sapete chi è quel morto? Non l’ho visto tanto bene: è caduto bocconi ma dagli abiti posso indovinare chi sia.
ADINA. (Entra). L’hanno ammazzato! L’hanno ammazzato, con un colpo di pistola! Un colpo proprio qui, nel cuore. Forse meritava di morire così ma, vederselo disteso per terra, dispiace… povero Renato.
GIOVANNA. Renato? Sei sicura che sia lui? 
ADINA. Certo. L’ho visto bene in faccia.
CLAUDIO. In faccia? Ma se è disteso bocconi: a pancia dotto.
ADINA. I capelli, qui dietro, sulla nuca, sono proprio quelli che ho visto prima, là sulla panchina.
CLARA. La nuca non è la faccia! Come fai a essere così sicura?
GIOVANNA. Forse lo hai visto prima che cadesse: te lo sei trovato davanti e… buum! Qualcuno… gli ha sparato!
GIUSEPPE. Lo so io, lo so io! Quello lassù, con le forbici; mi ha sentito e: zac! Ha tagliato il filo! (Guarda in alto). Grazie! Grazie davvero!… Se si tratta proprio di lui (agli altri). Siamo certi che sia proprio Renato, è vero?
CLAUDIO. Guarda com’è contento il vecchietto! Il nonno! Così, ora, la nipote prediletta ha tutto il malloppo per se, non dovrà dividere con nessuno.
CLARA. Cosa vuoi dire? La roba di mio nonno non mi interessa! Poi, era già tutto stabilito.
CLAUDIO. Giusto: tutto stabilito! Ma un concorrente in meno fa sempre comodo!
GIOVANNA. C’è anche chi deve mantenere intatta la reputazione. Nel mondo dei duri, chi perde deve pagare… in una maniera o nell’altra!
ADINA. Io, debiti non ne ho! Ho sempre pagato tutto regolarmente. Ma poi, che debiti dovrei avere, io?
GIOVANNA. Debiti… sentimentali. Lo sanno tutti che sei sempre alla ricerca di un fidanzato… ma nessuno ti vuole!
ADINA. Se lo vuoi proprio sapere, stavo andando all’agenzia di viaggi per comprare i biglietti: devo partire, andremo a fare un lungo giro… laggiù, nelle isole del sogno… fra le palme e gli elefanti. Biglietti di sola andata!
GIUSEPPE. Anche la mia Carlotta voleva fare un bel viaggio. Senza la palme e senza gli elefanti. Quindici giorni al mare… pensione completa, ombrellone due sdraie, tutto compreso. Eh, povera Carlotta.
CLARA. E… se non siamo indiscreti, chi dovrebbe essere questa specie di fidanzato?
ADINA. Questo è un segreto. Non lo posso rivelare. Sapete: un minimo di privacy, un po’ di romanticismo.
GIOVANNA. Non è che, per caso avevi tentato un approccio con Renato? Magari lui ha rifiutato e allora, sentendoti offesa nell’onore… Non è così?
ADINA. Io? Cosa dici! Renato era un ragazzo simpatico, attraente non dico di no… ma, scusa, chi ti dice che io faccia certe proposte agli uomini!
CLAUDIO. Perché se aspetti che gli uomini le facciano a te…
ADINA. Villano! Maleducato! Ti vorrei dare una lezione!
GIOVANNA. Come quella che hai dato a Renato?
CLAUDIO. In quanto a lezioni, mi sembra che anche tu, Giovanna, avevi qualcosa da insegnargli, e un bel colpo di pistola è un metodo d’insegnamento piuttosto convincente.
GIOVANNA. Senti chi parla! Tu, che dovevi avere parecchi soldi dalla vittima!
GIUSEPPE. Ci sono i parenti, gli eredi. Loro hanno il dovere legale di pagare i debiti dei congiunti morti. Salvo il beneficio d’inventario.
CLAUDIO. Ma falla finita, vecchio rimbecillito!
CLARA. Vergognati! Offendere così una persona anziana!
GIUSEPPE. Grazie, Clara. Chi è anziano?
ADINA. Bisognerebbe portarlo all’ospizio! Ammesso che ci sia un posto libero!
GIOVANNA. Se si parla di ospizio, non sarebbe il solo a doverci andare! Perché, anche tu…
ADINA. Dici a me? Vacci tu, in clinica! Quella dei pazzi! Tu, che ti sei rincretinita a correre dietro a quella specie di dongiovanni da strapazzo!
GIOVANNA. Rincretinita io?! Ora te lo faccio vedere se sono ancora savia! (Sta per saltarle addosso. Gli altri si interpongono. Confusione generale)

SCENA 7 – MARTIN. GIUSEPPE. CLARA. GIOVANNA. CLAUDIO. ADINA.
Entra Martin. Ha taccuino e penna in mano, indossa un impermeabile con bavero rialzato sul collo, porta gli occhiali, forse la pipa. È il classico investigatore da commedia
MARTIN. Signori. Comodi, comodi. Sono l’ispettore Martin. Cioè: mi chiamo Martino ma giù alla squadra, i ragazzi hanno cominciato a chiamarmi così, dice fa più detective, dà più grinta. Che volete farci, son ragazzi. Dunque: abbiamo un cadavere, un morto, con un colpo di rivoltella nel cuore.
CLAUDIO. Questo lo sappiamo.
MARTIN. Silenzio! Le domande le faccio io!
CLAUDIO. La mia non era una domanda.
MARTIN. Ah, bene, molto bene! Perché, sia ben chiaro: nel mio lavoro non tollero intromissioni! Chiaro? Dunque: come sapevate che nel cespuglio qui accanto c’è un cadavere? Uno alla volta! Dunque.
GIUSEPPE. Io l’ho quasi calpestato. Dovete sapere, signor giudice…
MARTIN. Non sono giudice! Sono l’ispettore Martin! Martino per gli amici… sapete, i ragazzi, giù alla squadra…
GIUSEPPE. Mi scusi, signor allenatore.
MARTIN. Quale allenatore?
GIUSEPPE. Ha detto che ha una squadra… Io non m'intendo di calcio, ma la mia Carlotta seguiva tanto la Juventus… alla televisione.
MARTIN. Chi è questa Carlotta?
GIUSEPPE. Mia moglie.
MARTIN. Ah, e… dove si trovava, questa Carlotta, all’ora del delitto?
GIUSEPPE. Al camposanto.
MARTIN. (Prende appunti). Bene, bene, bene. E… che ci faceva al camposanto?
GIUSEPPE. Poverina, ci abita.
MARTIN. In un cimitero?
GIUSEPPE. È morta.
MARTIN. Anche lei? Allora i cadaveri sono due! Ci deve essere una relazione. La scientifica stabilirà se l’arma dei due delitti è la stessa! Bene, bene, bene. Comincio a vederci chiaro. Dunque: dove è morta questa Carlotta?
GIUSEPPE. In ospedale.
MARTIN. Forse un commando ha fatto irruzione per giustiziarla?
GIOVANNA. Vede, ispettore: la signora Carlotta, moglie del qui presente signor Giuseppe, morì circa quattro anni orsono nella clinica medica; fu ricoverata per forti dolori addominali (confidenziale) forse aveva mangiato un po’ troppo.
MARTIN. Capisco. Cosa risultò dall’autopsia? (Stupore di Giovanna). Non fu eseguito l’esame necroscopico?! Ditemi chi fu incaricato delle indagini; se necessario faremo riesumare la salma! Dunque: lei, signor… Giuseppe, se non vado errato; lei ha incespicato nel cadavere che, naturalmente era già morto.
GIUSEPPE. Sissignore, signor giudice… signor allenatore… voglio dire, signor Martino.
MARTIN. (Accondiscendente). Mi chiami pure Martin: i ragazzi, alla centrale…
CLARA. Mio nonno stava con me.
GIUSEPPE. Stavo con mia nipote Clara, che poi si è allontanata. Doveva comprare un gelato.
MARTIN. Chi? Il cadavere?
CLARA. No, io! Quando mai si è visto un cadavere mangiare il gelato?
MARTIN. Le domande le faccio io! Dunque: il cadavere non mangiava il gelato, forse non gli piaceva. Personalmente adoro il pistacchio, a lei piace l’amarena? Comunque, lei signorina, stava sorbendo un gelato, quale gusto per ora non ha importanza.
CLARA. No! Non avevo nessun gelato, perché mi ero appena allontanata quando ho sentito lo sparo. Sono tornata indietro e ho visto il povero Renato.
ADINA. (A Martin). Era steso bocconi, come ha fatto a riconoscerlo?
MARTIN. Già, come ha fatto? (Ripensandoci, a Adina) Lei non s'intrometta! Le domande… un momento: lei come lo sa che era steso a pancia sotto?
ADINA. Lo abbiamo visto tutti.
MARTIN. Ah, sì? Tutti, il solito cadavere?
GIOVANNA. Ce n’è uno solo, a quanto risulta.
MARTIN. Effettivamente, la scientifica, per ora ha scoperto le tracce di un solo delitto, ma la cosa non mi convince. (Tutti tacciono). Silenzio! Devo concentrarmi.
CLAUDIO. Allora possiamo andare?
MARTIN. Dove?
CLAUDIO. A casa. Abbiamo tutti le nostre faccende da sbrigare.
ADINA. Io devo ancora comprare i biglietti per l’aereo… già: ora che il povero Renato non c’è più, con chi parto?… Ispettore, mi scusi: tra i suoi uomini non ci sarebbe qualcuno disposto a fare un bel viaggio fino in Groenlandia… per passare un’estate stesi al sole, tra le foche e gli elefanti?
MARTIN. Ha forse, un’agenzia di viaggi?
ADINA. No, dovevo partire con Renato. 
MARTIN. C’è ancora un testimone? Portatemi subito qui il nominato Renato, voglio interrogarlo!
GIOVANNA. Vede, ispettore, Renato è quel signore cha sta là…
MARTIN. Me lo vada a chiamare, per favore e lo conduca qui, al mio cospetto.
CLARA. Voglio proprio vedere come farà…
CLAUDIO. Il Renato di cui stiamo parlando è quel signore, steso per terra…
ADINA. A pancia sotto… poveretto.
MARTIN. Perché poveretto? Ciascuno riposa nella posizione che più gli è congeniale. Io, per esempio riesco a dormire solo se sto sdraiato sul fianco destro. Questione d'abitudine.
CLAUDIO. Ma quello è morto! Defunto, trapassato! Insomma: è il cadavere!
MARTIN. Un altro? Bisognerà chiamare un’altra volante.
CLAUDIO. Il cadavere che è steso là, nell’aiola!
MARTIN. (Consulta gli appunti). Dunque dunque dunque… sì. Eccolo qua: Renato, maschio adulto, razza bianca, segni particolari un neo sul tallone del piede sinistro. Non facciamo confusione! Le indagini vanno condotte con metodo e circospezione!
ADINA. Le stavo dicendo, che dovevo partire con lui. Stavo andando appunto a comprare i biglietti. Ora che lui è morto, come farò?
MARTIN. I biglietti non glieli rimborsano?
ADINA. Credo di no… anche perché non li ho ancora comprati.
MARTIN. (Ha un’idea improvvisa). Ho trovato! Si tratta di un serial killer!
GIOVANNA. Ma se c’è soltanto un morto!
MARTIN. Non vuol dire. Ne arriveranno altri. Nei prossimi giorni, forse nelle prossime ore.
GIOVANNA. Siamo in pericolo?
MARTIN. Sarete messi sotto scorta. Ventiquattro su ventiquattro, sette su sette. Intendo ore e giorni. Intanto tornate alle vostre case ma prima lasciate i vostri nomi e indirizzi al sergente Bert Al. (Chiama in quinta). Sergente! (Confidenziale). Si chiama Bertarelli Alfonsina ma i ragazzi, alla centrale. Poveretta, ci terrebbe tanto a farsi chiamare Al Bert ma, il regolamento: prima il cognome…

SCENA 8 – ALFONSINA. MARTIN. GIUSEPPE. CLARA. GIOVANNA. CLAUDIO. ADINA.
ALFONSINA. (Aiutante di Martin. Scattante, un po’ americanizzata, quanto basta per un brillante personaggio di poliziotto da commedia). Agli ordini, ispettore. Ci sono novità, qualcuno ha confessato? Faccio venire il cellulare?
MARTIN. No, per ora no. Ma non dispero. Intanto lei, sergente, raccolga le generalità dei qui presenti.
ALFONSINA. Okey! Li ammanetto tutti?
CLAUDIO. Che c’entrano le manette? Non siamo mica accusati!
GIOVANNA. Io, quando ho sentito lo sparo, ero… ero… molto lontano dal luogo del delitto.
ALFONSINA. È quello che vedremo! Vi farò cantare! Tutti! Sarà un bel concertino! (A Martin). Procedo con gli interrogatori? Terzo grado?
MARTIN. Per ora, solo le generalità, poi li convochi tutti per domani mattina, alla centrale.
ALFONSINA. A che ora, capo? Le sette?
MARTIN. Sergente Bert Al, ci tiene ad essere chiamato Al Bert? Allora cominci col convocare i sospetti per le dieci e mezzo! (Agli altri, a mo’ di scusa). La sera non riesco a prendere sonno. Se non dormo sul fianco destro…
ALFONSINA. Okey, capo! Facciamo le undici! Avanti, signori, da questa parte. Devo avvertirvi che avete il diritto di non rispondere… ma non ve lo consiglio. Tutto quello che direte potrà essere usato contro ciascuno di voi… magari anche quello che non direte! Avete diritto a fare una telefonata per chiamare un avvocato… ammesso che abbiate i soldi per il gettone e troviate la linea libera! Okey, capo? Bene, da questa parte, signori! Li farò cantare! Li ho tutti in pugno! La sedia elettrica, capo, la sedia elettrica!
MARTIN. Sergente, non siamo in America!
ALFONSINA. Peccato, capo, peccato! Ma canteranno! Anche gli stonati, con me, cantano sempre! Good bye, capo!
Escono tutti, rimane Martin che consulta il suo taccuino, si gratta il capo, sospira.
Cambio luce, atmosfera irreale.

SCENA 9 – RENATO. MARTIN.
RENATO. (Entra, non visto da Martin). Agente... maresciallo... brigadiere... commissario... ispettore!
MARTIN. Che c’è?
RENATO. Lei è l’ispettore incaricato delle indagini?
MARTIN. Le domande le faccio io! Un momento... ma io questa faccia l’ho già vista... 
RENATO. Ci siamo... incontrati pochi minuti fa
MARTIN. Non mi dica... ma lei è... che vuole?
RENATO. Sì, sono l’assassinato! E sono qui per raccontarle tutti i retroscena. Così lei, potrà scoprire chi è stato.
MARTIN. Io?! Ma, veramente... Il morto! Oddio, mi sento male... aiuto! Aiuto! Aiuto, signor morto... mi aiuti lei… muoio... (Sviene). 


SECONDO ATTO
Stessa luce del finale precedente.
SCENA 1 - MARTIN. RENATO.
RENATO. (Fa rinvenire Martin). Su, su, ispettore. Forza. È passato tutto
MARTIN. Dove sono? Che è successo?… Quella faccia… io l’ho già vista. 
RENATO. Può darsi, me la porto dietro da tanto tempo… anzi, davanti. Da ora in poi la porterò… sopra: i morti si usa seppellirli a pancia in su.
MARTIN. È la posizione più salutare. La sera, una cena leggera e otto ore di sonno ininterrotto, si può affrontare la giornata, ricaricati e con la faccia serena. A proposito: dove ho già visto codesta faccia?
RENATO. Forse là, dietro quei cespugli.
MARTIN. Dove c’è quel cadavere? Impossibile, l’avrei riconosciuta! Giovanotto, sappia che io non dimentico mai una faccia! Specialmente quella di un cadavere. Intanto mi favorisca le sue generalità: nome, cognome, indirizzo, luogo e data di nascita, gruppo sanguigno, codice fiscale.(Prende il taccuino).
RENATO. Renato, maschio adulto, razza bianca, età indefinita, segni particolari…
MARTIN. Ecco, dove l’ho vista! Ma allora lei è il defunto che giace in sempiterna pace nel bosco a pancia sotto!
RENATO. Glielo sto dicendo da un pezzo.
MARTIN. Allora, voglio dire… si sente meglio? Bene, ne ho piacere. Vede, la vita non è mai così brutta come si vuole far credere!
RENATO. La vita. E… la morte?
MARTIN. La morte… beh, la morte… ma perché vogliamo parlare proprio di questo! Siamo qua per festeggiare! Chiamo subito il capitano Big Tony e gli dico che il caso è risolto. (Confidenziale). Si chiama Bigazzi Antonio; i ragazzi, giù alla centrale…
RENATO. Il caso non è affatto risolto. Se dà un’occhiata dietro quel cespuglio vedrà che il cadavere è sempre lì.
MARTIN. (Guarda fuori quinta). A pancia in su!!
RENATO. Mi hanno girato.
MARTIN. Mi risento male un’altra volta! Un Renato morto là… e un Renato vivo qui…
RENATO. È sempre lo stesso Renato.
MARTIN. Lo stesso? No, no! Io prendo le ferie! Giusto, ho ancora da consumare una settimana dell’anno passato.
RENATO. La cosa non è così complicata: quello che comanda… lassù, data la stranezza del caso, mi ha concesso eccezionalmente dodici ore di permesso per darmi la possibilità di raccontare all’investigatore, come si sono svolti i fatti.
MARTIN. Pensare che mi manca solo un anno alla pensione… Potrei chiederla anticipata!
RENATO. Perché? Proprio ora che sto per rivelarle tutto! Farà un figurone, avrà un avanzamento di grado, andrà in pensione con un livello superiore!
MARTIN. Bene, se le cose stanno così. (Estrae il taccuino). Mi dica, presto, chi è stato?
RENATO. Piano. Bisogna cominciare dall’inizio. Ricordi però, che ho solo dodici ore a disposizione, dopo devo tornare…
MARTIN. Lassù?
RENATO. Spero, ma è più facile che sia… laggiù. Dunque: le farò vedere, come in un flash – back gli avvenimenti di alcuni anni fa… incontrai Giovanna… successe un giorno… (Escono).
MARTIN. (Uscendo). E vediamoci questo flash – back.

SCENA 2 – GIOVANNA. ADINA. RENATO.
Flash – back. Qualche ano prima. L’ambientazione può essere suggerita da appropriata disposizione delle luci e da abiti adeguati.
GIOVANNA. (Entra con Adina. Conversazione iniziata fuori scena). No, no guarda: io, se proprio dovrò mettermi con un uomo, quando succederà, se succederà, dovrà essere il mio tipo. Non potrei mettermi col primo arrivato, tanto per avere uno straccio di fidanzato.
ADINA. Anch’io! Il mio tipo dovrà essere un ragazzone biondo, alto, sportivo, passionale, un vero uomo come quelli di una volta: in una mano la rosa, nell’altra lo scudiscio.
GIOVANNA. A me basta che abbia in una mano le chiavi di una macchina… una fuoriserie e nell’altra, magari, una penna per firmare qualche assegno.
ADINA. Sei prosaica, mia cara Giovanna. Sì, ci deve stare un certo benessere materiale ma, il romanticismo, dove lo mettiamo?
GIOVANNA. Non è più di moda, mia cara Adina. Il romanticismo resiste ancora in qualche teleromanzo a puntate.
ADINA. Li guardo tutti. Sono tanto belli: ci piango tanto.
GIOVANNA. Ecco: servono a far piangere ma, nella vita di tutti i giorni, non c’è posto per le lacrime.
ADINA. Noo? Allora come faccio? Dovrò tenere il televisore spento? Posso guardare almeno un quiz? Forse due?
GIOVANNA. Puoi guardare tutto quello che vuoi, ma non devi mescolarlo con la vita reale. Quando troverai un uomo, se lo troverai… qualche momento di intimità, giusto per poterlo conquistare ma prima assicurati della consistenza del suo conto in banca.
ADINA. Tutti hanno un conto in banca.
GIOVANNA. L’importante è che sia coperto. Ben coperto!
ADINA. Un bel ragazzo biondo, alto,sportivo, passionale… non può essere scoperto, voglio dire in senso bancario.
GIOVANNA. Molto raro ma, se vuoi provarci…
RENATO. (Entra, si guarda in giro, le due donne lo guardano con interesse). Scusate, non vorrei disturbare.
ADINA. Quale disturbo! Anzi! Eravamo qui sole solette… cioè, stavamo dicendo proprio… (a Giovanna) non è vero?
GIOVANNA. Devi chiedere qualche informazione?
RENATO. Infatti, sono nuovo del posto. Sto cercando una persona.
ADINA. (Precipitosa). Una donna? Voglio dire: qualche parente?
RENATO. Veramente sto cercando un uomo.
ADINA. (A Giovanna). Cerca un uomo!
GIOVANNA. Abita qui, in zona? Possiamo aiutarti.
RENATO. Grazie. È un certo Giuseppe, piuttosto anziano… ha un figlio emigrato in Sud America.
GIOVANNA. Ne sai qualcosa? È vivo? Povero Giuseppe, è tanto tempo che non ne ha più notizie.
RENATO. No, non vengo dal Sud America. Non ho mai conosciuto questo Adelmo; mi pare si chiami così il figlio del signor Giuseppe.
ADINA. Sì, sì, Adelmo, proprio così si chiama. Dicono che fosse tanto un bel giovane, alto, biondo, sportivo, passionale…
GIOVANNA. Il signor Giuseppe abita proprio qui dietro…
ADINA. Possiamo accompagnarti.
RENATO. Grazie, siete molto gentili… e carine.
GIOVANNA. Non è necessario elargire complimenti, ti accompagniamo ugualmente.
RENATO. Il mio non era un complimento, era una constatazione.
ADINA. Com’è educato, fa anche le constatazioni (fra se) cosa vorrà dire… Scusa: io mi chiamo Adina, lei Giovanna… e tu?
RENATO. Che sbadato, ho dimenticato di presentarmi. Mi chiamo Renato.
ADINA. Renato, bel nome, sportivo passionale… Posso farti una domanda, Renato? Sei coperto?
RENATO. Cosa? Mi sembra di essere vestito abbastanza decentemente.
GIOVANNA. Adina voleva dire… non alludeva all’abito.
ADINA. Certo… volevo dire… ecco: qualche momento… ma poi bisogna accertarsi…
GIOVANNA. E… se non sono indiscreta, hai qualche interesse con il signor Giuseppe?
RENATO. Diciamo… affari. Sì, affari che spero vadano in porto felicemente.
ADINA. (A Giovanna). È un uomo d’affari: è coperto.
GIOVANNA. Quindi, hai un certo giro. Bene, Giuseppe passa per una persona abbastanza facoltosa.
RENATO. Beh, non c’è soltanto Giuseppe, diciamo che ho diverse porte aperte… se dovesse chiudersene una… Tutto sommato, non mi lamento; posso considerarmi a posto… o quasi.
GIOVANNA. Bene, ne ho piacere! Ti accompagno, vieni, passiamo per di qua. Adina, tu hai da vedere quel programma in TV, sta per cominciare, farai tardi. Ciao, ci vediamo.
RENATO. Grazie, Adina, a presto. (Esce con Giovanna).
ADINA. (Sola). Quale programma ho da vedere? A quest’ora c’è il telegiornale… o cartoni animati… (Capisce). Giovanna! Razza di vipera!!
Buio.
Torna la luce normale.

SCENA 3 – MARTIN. ALFONSINA.
ALFONSINA. (Entra parlando con Martin). Molto interessante, ispettore Martin. Mi sembrava di stare a teatro ma, se devo essere sincera, non ci ho capito un gran ché.
MARTIN. (Con superiorità). Era un flash – back.
ALFONSINA. (Contenta). Indagini all’americana? Okey, capo! Ci siamo! Abbiamo l’appoggio dell’ FBI? 
MARTIN. Non esageriamo; per ora abbiamo la possibilità di rivedere come si sono svolti i fatti, cosa può avere scatenato la furia assassina dell’omicida.
ALFONSINA. Io, per parte mia, ho interrogato tutti i sospetti, come da ordini ricevuti.
MARTIN. Ah, sì? Cosa n'è venuto fuori?
ALFONSINA. Un bel po’ di roba, capo: materiale che scotta! Modestamente, quando si tratta di far cantare qualcuno ci vuole il sergente Al Bert. (Occhiataccia di Martin). Scusi, mi è scappata.
MARTIN. Hanno cantato? Canzonette o… romanze?
ALFONSINA. Oserei dire, non per vantarmi, una intera stagione lirica! Cose grosse, capo, cose grosse!
MARTIN. Qualche elemento?
ALFONSINA. Elemento?! Nomi! Nomi, cognomi, indirizzi! Di tutti i sospetti! Li ho tutti nel mio dossier. Indagini all’americana, capo!
MARTIN. Le generalità che le avevo ordinato di prendere.
ALFONSINA. Esatto, capo. Son tutti colpevoli! Chiediamo il mandato di cattura per tutti?
MARTIN. Non esageriamo. Dagli elementi emersi finora, mi sembra che la più indiziata sia la nominata Adina.
ALFONSINA. Quella che va alla ricerca di un tipo atletico e passionale? (Con una punta di amarezza). Sarebbe bello, ma dove spera di trovarlo.
MARTIN. Quel Renato, che poi sarà la vittima, è andato via con l’altra lasciandola in uno stato di grande rabbia, angoscia, gelosia e lei m’insegna, sergente, che la gelosia è un movente molto… un movente, direi… insomma: un movente!
ALFONSINA. Fantastico, capo! Non fa una grinza! Manette?
Torna la luce irreale.
MARTIN. Piano, sergente, abbiamo un altro flash – back.
ALFONSINA. Torniamo a teatro? Mi piace! Però questi americani… quando ci si mettono… (Escono)

SCENA 4 – GIUSEPPE. CLARA. CLAUDIO. 
Flash – back
CLARA. Nonno, è una fissazione la tua! La roba! Cosa possiedi? Una casa…
GIUSEPPE. Due! C’è anche quella in montagna: era della mia Carlotta. Affittandola, in periodo di villeggiatura rende un bel po’ di soldi.
CLARA. Va bene, due case. Un pezzo di terra, affittato a quel tuo amico che lo coltiva e ci tira fuori… ortaggi… ma niente di più.
GIUSEPPE. Aspetta! Aspetta e vedrai! Non è un’area molto grande, è vero, ma abbastanza estesa per costruirci un bel palazzo… o un supermercato… a tre o quattro piani. È subito fuori città.
CLARA. Beato te che vivi di sogni. Quel terreno è considerato agricolo.
GIUSEPPE. Ancora per poco! Ho saputo da un mio amico, impiegato al Comune, proprio nell’ufficio dell’assessore, che con il nuovo piano regolatore tutta quella zona sarà dichiarata edificabile!
CLARA. Effettivamente, la città deve espandersi. C’è bisogno di nuove abitazioni.
GIUSEPPE. Supermercati… forse un campo sportivo…
CLARA. (Ironica). Lo stadio olimpico!
GIUSEPPE. Non spero tanto, ma avrà comunque un gran valore. Ci sarà da farci u bel po’ di soldi!
CLARA. Restiamo con i piedi per terra, nonno. Ci vorrà del tempo.
GIUSEPPE. È vero: io non arriverò a godermi tutto questo. Un giorno sarà tuo, compresi i risparmi che ho in banca; sei la mia unica nipote, sarai anche la mia unica erede.
CLARA. Grazie, nonno. Hai, per caso fatto testamento?
GIUSEPPE. Ci sto pensando.
CLARA. L’unica persona che potrebbe vantare dei diritti è mio padre, il tuo figliolo.
GIUSEPPE. Quel delinquente! Dopo la morte di tua madre, tu eri ancora piccola, trovò quella donna che lo convinse a partire… lo ha rovinato! No, no, a lui non lascio niente! Tu sei l’unica che mi sta vicina e mi aiuta a superare gli acciacchi della vecchiaia. 
CLARA. È mio dovere.
CLAUDIO. (Entra). Bel quadretto familiare! Il nonno e la nipotina.
CLARA. Ti diamo fastidio?
CLAUDIO. No! Assolutamente! Anzi, è piacevole vedere come ci si vuole bene… in famiglia.
CLARA. Potresti fartela, una famiglia.
CLAUDIO. Purtroppo non mi è stata concessa questa gioia. Il destino…
CLARA. Non è mai troppo tardi.
CLAUDIO. Non si può mai dire. Sono contento però, di sapere che la vostra famiglia sta crescendo: è arrivato un nuovo nipote… a quanto si dice.
GIUSEPPE. Quale nipote? Io non ho nipoti, all’infuori di Clara!
CLAUDIO. Si chiama Renato e pare sia il figlio dell’attuale moglie di un certo Adelmo… padre e figlio. (Indica Clara e Giuseppe).
CLARA. Che c’entra il figlio della mia matrigna? Che poi, non considero più nemmeno matrigna dato che, praticamente non l’ho mai vista.
CLAUDIO. Va dicendo in giro che si ritiene membro della famiglia… con tutti gli annessi e connessi del caso. Vedi partecipazione agli utili familiari… presenti e futuri.
GIUSEPPE. Si azzardi a toccare un centesimo della mia roba! Sono vecchio ma ancora capace di farmi sentire!
CLARA. Non ha nessuna veste legale, né affettiva per vantare certi diritti!
CLAUDIO. Non sono cose che mi riguardano. Io riferisco… semplicemente.
CLARA. Ci provi! Troverà pane per i suoi denti!
CLAUDIO. Certo. Ma, fossi in voi starei attento; con certi tipi, la prudenza non è mai troppa.
GIUSEPPE. Portami a casa, Clara, se sto ancora qui mi va il sangue alla testa!
CLARA. Va bene, nonno, andiamo, non ti agitare. E tu, Claudio, vai a dire al caro signor Renato che l’aria di questi posti, non è adatta a lui!
CLAUDIO. Riferirò. (Escono tutti).

SCENA 5 – MARTIN. RENATO.
Continua la luce irreale.
RENATO. Ha visto?
MARTIN. L’indagine si va complicando sempre di più. Mi scusi se glielo dico ma lei, signor Renato, stava sulle scatole a parecchia gente! Naturale che, prima o poi, qualcuno… Poi tocca al povero investigatore, sbrogliare la matassa.
RENATO. Cerchi di sbrigarla piuttosto in fretta perché il mio permesso sta per scadere (guarda l’orologio) le dodici ore sono quasi passate.
MARTIN. Mi può spiegare, con più precisione cos’è questa storia delle dodici ore. È la prima volta che sento di morti che tornano… permessi… Per caso, anche i morti, ora, hanno diritto alle ferie?
RENATO. Non siamo ancora a questo punto. Deve sapere che appena sono arrivato nell’Aldilà, ho chiesto se ero ferito… gravemente, in coma, prognosi riservata…
MARTIN. Invece, era proprio morto! E tocca a me sbrogliare la situazione.
RENATO. Quel signore anziano, con la barba bianca che sta all’ingresso… dell’Aldilà, si è mostrato interessato al mio caso… considerando anche a chi era stata affidata l’indagine.
MARTIN. Davvero? Vuol dire che, lassù, mi conoscono, sanno chi sono?
RENATO. Purtroppo! Perciò mi ha concesso un permesso straordinario per aiutare nelle investigazioni.
MARTIN. Possono farlo?
RENATO. Non potrebbero. Quel signore con la barba bianca, ha un registro delle presenze dove è segnato ogni arrivo e ogni partenza. Alla sera, i conti debbono tornare… Ma, la sera di lassù, può essere la mattina di quaggiù: una specie di fuso orario, insomma! È riuscito a tenere la cosa in sospeso, visto che nelle prossime ore ci sarà un terremoto in Armenia, con duemila… nuovi arrivi, con la naturale confusione che questi cataclismi comportano. Ha anticipato l’arrivo di uno di quei poveretti e ritardato l’arrivo mio. Ormai, il tempo sta per scadere.
MARTIN. Molto interessante! Ma, anche lei, signor assassinato, non fa nulla per farmi uscire da questo ginepraio! Mi dica semplicemente, chi è stato. Chi le ha sparato! Lei è l’unico testimone! Avrà visto, chi ha premuto il grilletto!
RENATO. Questo è il punto: non ho visto niente!
MARTIN. Come è possibile? Deve avere visto!
RENATO. No! Ispettore: mi hanno sparato alle spalle… dietro. È stato molto furbo… o furba. Dietro… alle spalle… non ho visto niente. Ispettore, devo andare… mi aspettano. Arrivederci, ispettore, a presto… l’aspetto…
Buio, mentre Martin fa scongiuri su quest’ultima frase.

SCENA 6 - MARTIN. ALFONSINA.
Luce normale.
ALFONSINA. (Entra). Hallo, capo, com’è andata la nuova puntata? Sì, dico: il teatrino. Scoperto qualcosa?
MARTIN. Siamo al punto di partenza.
ALFONSINA. Lo dicevo io: quel teatro non vale niente, non sanno recitare e raccontano storie assolutamente incredibili. Siamo sicuri che sia una produzione americana?
MARTIN. Che vuole che ne sappia; non m’intendo… Piuttosto, ha provveduto a convocare i testimoni?
ALFONSINA. Tutti, capo! Tra poco dovrebbero essere qui. Devo chiamare rinforzi per impacchettarli e trasferirli in guardina?
MARTIN. Ma no!
ALFONSINA. Arresti domiciliari?
MARTIN. Nemmeno. Lo capisce che, per ora non abbiamo uno straccio di prova verso nessuno di loro?
ALFONSINA. Ci sono gli indizi, il movente! Arrestiamoli almeno per ventiquattrore, tanto per fargli assaggiare le raffinatezze e la squisita ospitalità delle nostre prigioni. Va bene ventiquattrore, capo?
MARTIN. Ci vuole il mandato. Cosa gli racconto al giudice? Oh, dico: siamo sicuri che nessuno si sia allontanato?
ALFONSINA. Tranquillo, capo: ho un amico all’Interpol. Ma nessuno si è mosso di un metro, ho vigilato tutta la notte, ho fatto la spola da una casa all’altra, ho usato microfoni speciali per captare il più piccolo rumore dentro le abitazioni.
MARTIN. Ha sentito niente?
ALFONSINA. Qualcuno russava!
MARTIN. Non è un indizio.
ALFONSINA. È coscienza sporca!
MARTIN. O cattiva digestione.
ALFONSINA. La stessa cosa: la coscienza sporca crea uno squilibrio nervoso, che provoca lo spasmo nei muscoli addominali, lo stomaco si contrae, non digerisce e il soggetto in questione russa, più o meno sonoramente. Tutto studiato, controllato e testato nei laboratori dell’ FBI. Vedesse, capo, vedesse i macchinari che hanno!
MARTIN. Lei, sergente, è stato in America?
ALFONSINA. No, ho un Cd Rom, omaggio della rivista Tuttodetective.
MARTIN. Qui è diverso. Qui, quando uno russa, russa senza porsi tanti problemi. (Guarda l’orologio). Non arriva nessuno. Saranno mica in ritardo?
ALFONSINA. Impossibile! Li ho convocati personalmente.
MARTIN. Appunto.
ALFONSINA. Chiamo il cellulare? Facciamo una bella retata?
MARTIN. Ma quale retata! Non andiamo mica a caccia di prostitute!
ALFONSINA. Vorrei vedere, capo: alla sua età!
MARTIN. Cosa c’entra l’età? Si hanno gli anni che ci sentiamo addosso! Ma poi, qui si tratta di omicidio.
ALFONSINA. Un fermo di ventiquattrore?
MARTIN. Ma no…
ALFONSINA. Dodici ore?
MARTIN. Ma quando mai…
ALFONSINA. Una visitina alla Centrale? (Martin tace). Pazienza. Io, però, un bell’interrogatorio con un faro puntato negli occhi, glielo farei… (Martin tace). Nemmeno quello? Il capo è lei. (Guarda in quinta). Sta arrivando qualcuno.

SCENA 8 - MARTIN. ALFONSINA. GIUSEPPE. CLARA. CLAUDIO. GIOVANNA.
GIUSEPPE. (Entra con Clara). Siamo in ritardo, ispettore?
MARTIN. Siete puntualissimi.
GIUSEPPE. Ho sempre fatto della puntualità un cardine, su cui incernierare la mia vita! L’uomo puntuale è sempre… è… è puntuale.
MARTIN. Non fa una grinza.
ALFONSINA. Essere puntuali, significa trovarsi nel posto giusto all’ora prestabilita. Quindi calcolare con esattezza la distanza che ci separa, i tempi di percorrenza, la direzione da cui arrivare. Il tempo necessario per estrarre la pistola, prendere la mira e: buum!… fare fuoco!
MARTIN. Non fa una grinza.
CLARA. Cosa volete insinuare? Mio nonno non sarebbe mai capace di sparare a qualcuno! Non ce lo vedo proprio, poveruomo. Non ha una rivoltella e, se anche ne avesse posseduta una in gioventù; riposta poi in un cassetto, chissà come sarà ridotta. Non sarebbe certamente in grado di sparare!
MARTIN. Anche questo, non fa una grinza.
ALFONSINA. Però non ha un alibi per il momento del delitto! Invece ha un movente! (A Martin che fa per interromperla). Non fa una grinza! Lo so.
GIUSEPPE. Stavo con la mia nipotina…
ALFONSINA. Che però si era appartata per sorbire un gelato.
MARTIN. (Consulta i suoi appunti). All’amarena!… O crema e cioccolato? Non ricordo bene… forse pistacchio… no, no…
CLARA. Non ho mangiato nessun gelato. Ho sentito il colpo e sono tornata subito indietro.
ALFONSINA. E ti sei imbattuta nel cadavere!
MARTIN. Come faceva a sapere da dove era partito il colpo?
CLARA. Non lo sapevo.
GIUSEPPE. Non potete sospettare di mia nipote! È ancora una bambina, incapace di fare del male a una mosca.
MARTIN. A una mosca, magari no ma a un concorrente per l’eredità, forse sì.
ALFONSINA. Senza contare che la “bambina” non gioca più con le bamboline, la bambina si trastulla con giochi da grandi: pistole! Si è piuttosto sviluppata la bimba, ha un fidanzato, forse più d’uno!
CLARA. No! Uno! Uno solo!
GIUSEPPE. Non me lo avevi detto, Clara. Hai un fidanzato? Vi sposerete?
CLARA. Nonno, non dare retta alle chiacchiere della gente.
ALFONSINA. Chiacchiere? Informazioni riservate: indagini condotte con metodi scientifici, all’americana!
CLAUDIO. (Entra con Giovanna). Scusate il ritardo, la macchina non partiva.
ALFONSINA. Forse, l’avevi forzata troppo nelle corse notturne.
CLAUDIO. Quali corse?
ALFONSINA. Non fare l’ingenuo. Sappiamo tutto!
MARTIN. Tutto! (A Alfonsina). Cosa?
ALFONSINA. Girano molti soldi, vero? E il malloppo, ogni tanto, sparisce.
MARTIN. Il malloppo! Sparisce! (c.s.). Dove?
GIOVANNA. Non avete nessuna prova! La macchina aveva soltanto la batteria scarica, ho dovuto accompagnarlo con la mia.
MARTIN. (Consulta gli appunti). Lei, signorina Giovanna, aveva una relazione diciamo affettuosa, con la vittima.
ALFONSINA. E ora, guarda caso, offre un passaggio a qualcuno che aveva fondati motivi per eliminare il suo amante! Strano!
MARTIN. Strano! Molto strano! (Fra se). Non ci avevo mica pensato.
CLAUDIO. Mi pare che stiamo esagerando! Fondati motivi, per fare fuori… il fu Renato! Io? La qui presente signorina Giovanna può avere tutti gli amanti che vuole!
GIOVANNA. Modera i termini! Non ho nessun amante, io!
CLARA. Non fare tanto la santarellina: lo sanno tutti.
GIOVANNA. Cosa sanno?
GIUSEPPE. Non vogliamo usare espressioni, diciamo così, estreme ma ti abbiamo vista insieme a quel bel tanghero! Pace all’anima sua.
CLAUDIO. Ispettore, glielo dico chiaro e tondo: non voglio stare un minuto di più a sopportare questa farsa. Io me ne vado!
MARTIN. Lei non va da nessuna parte! Lei rimane qui! Tutti restate qui! A disposizione!
ALFONSINA. A disposizione della giustizia! Silenzio!

SCENA9 - MARTIN. ALFONSINA. GIUSEPPE. CLARA. CLAUDIO. GIOVANNA. ADINA.
ADINA. (Entra). Cos’è questo baccano? Com’è possibile essere così alterati, quando nel mondo succedono tante disgrazie. Proprio ora, l’hanno detto al telegiornale, un terremoto ha devastato parecchie città… laggiù… come ci si chiama…
MARTIN. Armenia… forse?
ADINA. Ecco, bravo: proprio lì… ci sono tanti morti.
MARTIN. Duemila.
ADINA. Anche lei ha visto il telegiornale? Io ci sono capitata per caso, avevo appena finito di guardare quel teleromanzo… tanto commovente… lo confesso, ci ho pianto. Volevo prendere quel canale dove c’è il poliziesco e, così passando, sono finita sul telegiornale. Poverini quei… cosi, laggiù… come si chiamano…
MARTIN. Armeni. È un bel guaio! Come faccio ora, a risolvere il caso. 
ALFONSINA. Si arrende proprio ora, capo? Abbiamo una serie di sospetti, basta sceglierne uno!
CLAUDIO. Eh, no! Voi non scegliete proprio niente!
GIOVANNA. Siamo tutti innocenti!… Almeno qualcuno… Io, di sicuro!
CLARA. Chi sei tu? La vergine senza macchia? Sei indiziata come tutti!
GIUSEPPE. Più di tutti! (A Martin). Io, stavo con mia nipote.
ALFONSINA. Silenzio! Faremo degli esami speciali. Su Tuttodetective ho letto che negli occhi di un morto, la retina conserva un’impronta dell’ultima immagine vista. Negli occhi di Renato c’è come in un negativo, il volto di chi gli ha sparato!
MARTIN. Impossibile, sergente.
ALFONSINA. Sono test di laboratorio che fanno all’ FBI. Manderemo gli occhi in America, se necessario!
MARTIN. Inutile, sergente, tutto inutile: il povero Renato, non ha visto il suo assassino.
CLAUDIO. Come sarebbe? Non può farci uno scherzo del genere!
ADINA. Forse indossava occhiali da sole?
GIOVANNA. No, non li usava. Volevo regalarglieli per il compleanno ma mi disse che non li portava mai.
CLARA. Forse l’assassino si è bendato.
GIUSEPPE. Si è camuffato con un passamontagna!
CLAUDIO. Mica doveva svaligiare una banca!
MARTIN. Niente di tutto questo. Renato non ha visto il suo assassino perché… è stato ucciso da qualcuno che gli ha sparato… da dietro… alle spalle.
ALFONSINA. Ipotesi interessante,capo. Quando avremo i risultati dell’autopsia, vedremo quanto ci sia di giusto.
MARTIN. Non occorre aspettare: è così!
ALFONSINA. E lei, capo, come fa ad esserne così sicuro?
MARTIN. Beh… lo so.
ALFONSINA. E chi glielo ha detto?
CLAUDIO. Già! Chi, chi mai le ha confessato una cosa simile?
ADINA. Finalmente si comincia a capirci qualcosa!
ALFONSINA. Allora, ispettore: come ne è venuto a conoscenza?
MARTIN. Diciamo che c’è un testimone.
ALFONSINA. Un testimone? E dov’è?
MARTIN. … lassù…
ALFONSINA. Ah, lassù… proprio… lassù?
GIUSEPPE. Sarà un aviatore: un pilota. Ci sono aerei che hanno la rotta proprio sopra il luogo del delitto.
GIOVANNA. Dovrebbe avere una vista eccezionale!
ALFONSINA. Perché non è stato citato, questo testimone chiave?
MARTIN. Perché… poveretto… a quest’ora, dopo quanto è successo in Armenia…
CLARA. Ispettore, si sente bene?
ADINA. Forse il caldo. Un colpo di sole.
CLAUDIO. Non siamo mica d’estate! 
ALFONSINA. Ma quale caldo! Comincio a vederci abbastanza chiaro! Caro ispettore, si è accusato da solo!
MARTIN. Le giuro, sergente, che ho saputo… da fonte attendibile…
ALFONSINA. Poche storie! Ormai è lampante! Lei ha sparato e poi ha cercato di depistare le indagini!
GIUSEPPE. Chi l’avrebbe mai detto.
ADINA. Meglio di un teleromanzo.
ALFONSINA. Se l’autopsia confermerà che il colpo è stato sparato alle spalle della vittima, per te le cosa si mettono male! Caro ispettore Martin! Anzi: Martin, cioè Martino! Intanto ti arresto per omicidio premeditato. Okey, Martino, una cella di sicurezza ti aspetta, andiamo!
MARTIN. Posso dire una cosa?
ALFONSINA. Ti devo avvertire che tutto quello che dirai potrà essere usato contro di te… Anche quello che non dirai. Sbrigati, volevi chiamare il tuo avvocato?
MARTIN. No, volevo dire… (va in ribalta, gli altri gli si dispongono ai lati) volevo dire a questo gentile e paziente pubblico, che la commedia è finita. Purtroppo, per me finisce piuttosto male; a voi, spero sia andata un pochino meglio. Volevo anche dirvi che, se per caso lo spettacolo non vi fosse piaciuto, scusateci: non l’abbiamo fatto apposta. (Agli altri attori). A questo punto, che facciamo?
TUTTI. Andiamo a cena!
MARTIN. (Al pubblico). Hanno sempre fame, scusateli. Prima salutiamo. (Tutti s’inchinano)
ADINA. (Preoccupata). A cena, ci portiamo anche loro? (Indica gli spettatori)
ALFONSINA. Se pagano di tasca propria, volentieri! (Saluti a soggetto)

FINE