Chi perd un amìs, al tròa…

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“DÙ AGN IN AMERICA”

     “chi  PÈRD  ün  amìs,   al  trÓa ….”  

Chi perde un amico, trova

Commedia dialettale bergamasca in tre atti

di Guglielmo Antonello Esposito -  Posizione SIAE n.  152678

                         liberamente ispirata  dal  film  “svegliati  ned” (waking ned) di kirk  jones

Personaggi:

Tògn                                                                                     …………………………………..…….

(protagonista e barista dell’unico bar del paese)

Teodoro Dilegno  (Teo)                                                  …………………………………..…….

(amico di Tògn e sindaco del paese)

Pinèta                                                                      …………………………………..…….

(moglie di Tògn)

Giovanni Vivente (detto Giuàn)                                     …………………………………..…….

(eremita del paese)

                        

Caterina                                                                             …………………………………..…….

(ragazza madre, figlia del meccanico del paese)

           

Ettore                                                                                             …………………………………..…….

(innamorato di Caterina e allevatore di maiali)

Don Matteo                                                                         …………………………………..…….

(giovane parroco)

Megretti                                                                             …………………………………..…….

(ispettore della Finanza)

Luisella  “la fornarella”                                                   …………………………………..…….

(proprietaria del panificio del paese)

Candida                                                                               …………………………………..…….

(strega del paese)

Ottone (Utù)                                                                       …………………………………..…….

(meccanico del paese)

Totò Regina                                                                                  …………………………………..…….

(agente finanziario)

Perpetua                                                                       ………………………………………..

(zia di Don Matteo)                                                                                    

PRIMO ATTO

Esterno di un bar, c’è una radio accesa

Tògn sbragato su una sedia con lattina di birra in mano

Stà ascoltando un programma radiofonico.

E’ estate: domenica pomeriggio

Scena 1a

Pinèta sulla porta del bar sta mangiando una fetta di torta)

Pinèta:       chel paìs che, l’é prope  ü cimitero. Gh’ è  l’estrassiù del lòt e apena se parla de sólcc, i stà töcc in cà seracc sö co la schedina ‘ndì mà e tàte speranse, póa la düminica dopomesdè (rientra nel bar)

questo paese è proprio un cimitero. C’è l’estrazione del lotto e appena si parla di soldi, stanno tutti rintanati in casa con la schedina nelle mani e tante speranze, anche la domenica pomeriggio.

Tògn (con la schedina in mano):  pórtem che öna fèta de turta, per piasér

                                                         portami un fetta di torta, per piacere

Pinèta(dall’interno):  esà che té a töla!

                                     vieni a prendertela!

Tògn:    póde mia, gó de stà atènt ai nömer

             non posso, devo stare attento ai numeri

Pinèta:     alura rànget!

                allora arrangiati!

Tògn:    vilanùna! Se ènze,  te  ‘ndó  gnàa ü. A chi cümincia, sito!

              villana! Se vinco, non ti do  nemmeno una lira. Cominciano, zitta!

(inizia la voce radiofonica)

radio:    Bene, bene, ora sta per iniziare il grande evento che  molti aspettano. Chissà, se tra di voi,  potrà esserci il fortunato vincitore di questa Lotteria Europea.  Cominciamo con l’estrazione dei numeri vincenti.   Primo numero estratto è il   “7”

Tògn:    sèt, al gh’ è!

              7,  c’è!

radio:    numero  “28”

Tògn:   gh’è póa chèsto

             anche questo c’è

radio:    “17”

Tògn:   dersètt, preso! Dài Pinèta, esà co la turta....

             17, preso! Dai Pineta, vieni quà con la torta….

(intanto Pinèta,  incredula, si avvicina col piattino della torta in mano)

Togn: me n’manca dü

           ne mancano due

radio:   “5”

Tògn:    gh’è póa chèsto…!

              anche questo c’è…!

radio:     l’ ultimo numero è il  “25”

Tògn:   ó enzìt! Ó enzìt! (intanto spegne la radio, strappa la schedina e prende la torta dalle mani di Pinèta)

             ho vinto! Ho vinto!

 (Pinèta stravolta dall’emozione)

Pinèta:    dìm mia che l’è ira e t’ et strasàt sö la vincita…

                non dirmi che è vero ed hai stracciato la vincita...

Tògn:   difatti l’è mia ira, ma l’era l’önec sistema per fàm purtà che la turta!

             infatti non è vero, ma era l’unico modo per farmi portare qua la torta!

(Pinèta,  inviperita, molla uno scappellotto al marito e rientra nel bar)

Scena 2a

Tògn:    che carater,  privo di  humor! (da un morso alla torta)  Té, Pinèta?

             che carattere, privo di humor! Pineta?

(voce da dentro il bar)  Pinèta:   se ölet cosè amò?

                                                       cosa vuoi ancora?

Tògn:    pensa se n’venzès del bù

             pensa se vincessimo  per davvero

(voce da dentro il bar)  Pinèta:   mangia la turta, isse te finiré de cünta sö di sbanbosàde

                                                             mangia la torta, cosa finirai di raccontare sciocchezze

Tògn:    coi sölcc che n’ ciaperèss  n’ poderèss mèt sö la ringhiera söl terasì,  le de dét

              coi soldi che prenderemmo, potremo sistemare il terrazzino, lì dentro

Scena 3a

(Pinèta riappare sull’uscio)

Pinèta:     l’è stàcia tò l’idea de pecà fò ü terasì “vista lago”, col risültàt che t’ et finìt i sólcc e gh’è restàt ü bel  büs, con d’ ü salt de trenta méter söl làc, prope izì ala cabina del telefono

             è stata tua l’idea di fare un terrazzino “vista lago” con il risultato che hai  terminato i soldi ed è rimasto un bel buco, con un salto nel vuoto di trenta metri sul lago, proprio vicino alla cabina del telefono

Tògn:         per chèi chi völ telefonà,  gh’ó metìt le i sintüre de sicüresa de tacàs

                   per chi vuole telefonare, ho messo delle cinture di sicurezza per attaccarsi

Pinèta:      se, ma al rierà póa ól frècc e te pödet mia semper tègn che i clièncc de fò per pura chi burle zó ‘ndel  lac!

             sì, ma arriverà anche il freddo e non puoi sempre tenere i clienti fuori con la paura che cadano giù nel lago!

Tògn:         te gh’ét rezù póa té, l’ è ü laurà de fà àla svèlta 

                   hai ragione anche tu, è un lavoro da fare alla svelta

Pinèta:       sperém   (rientra)

                   speriamo

Scena 4a

(Arriva Teo con giornale sottobraccio, con fare circospetto)

  

Tògn:         el ché ól Teo, se gh’ét? Te me paret ól Commisario Maigret. S’ét dré a circà   cosè?  

             eccolo qui il Teo, cosa hai? Mi sembri il Commissario Maigret. Cosa stai  cercando?

Teo:           daga ön’ ögiada a chel  articol ché, l’è ól giurnàl de  ‘ncö

                   dai un’occhiata a questo articolo, è il giornale di oggi

Tògn:         se gh’è scrìcc? Il “Birondo Bergamasco ha vinto il campionato di calcio”?

                   cosa c’è scritto? Il “Birondo Bergamasco ha vinto il campionato di calcio”?

Teo:           mei amò, lèss!

                  meglio, leggi!

Tògn:       spèta che mète sö i ügiai.  Alùra:   “L’estrazione   della  Lotteria   Europeadi mercoledì scorso, assegna la vincita di trenta miliardi di lire ad un cittadino di Birondo Bergamasco, un ridente paesino di trenta abitanti sui dirupi del lago”

                (sconcertato, rimane a bocca aperta)

                aspetta che metto gli occhiali, allora:

Teo:          alùra?!? Té, come gestùr del bar, te avrét capìt chi  l’ pöl vèss, no? Te avrét notàt di cambiaméncc in vergü

                allora?!? Tu come gestore del bar, avrai capito di chi si tratta, no? Avrai notato dei cambiamenti in qualcuno

Tògn:       al só mia, fàm pensà… ma scüsa, a té,   cosa te ‘nterèsa?

                  non lo so, fammi pensare….ma scusa, a te che importa?

Teo:        mé, come sindèc del pàis, gó de saì chi l’è, öleres mia che ól paìs al  sübese di cambiaméncc…  magare l’ pöderess vègn che ergü intensionàt ad arichés ai spale d’ü nòst paisà

                io come sindaco del paese, devo sapere chi è, non vorrei che il paese subisse dei cambiamenti… forse qualcuno potrebbe arricchirsi alle spalle di un nostro concittadino

Tògn:       te gh’et resù, ‘ndèm dét a ragionàga  sùra

(entrano all’interno del bar mettendo sulla porta il cartello “chiuso”)

             hai ragione, entriamo e ci ragioniamo sopra

Scena 5a

(entra in scena Caterina seguita da Ettore)

Ettore:       spètem Caterina... n’pöl piö ‘ndà nàcc isse. Ó póa töcc la machina sportiva per   portàt a spàss

             aspettami Caterina… non possiamo andare avanti così. Ho anche acquistato la macchina sportiva per portarti in giro

Caterina:     ah see?? E con che sólcc te l’ét pagàda?

                     ah sì?? E con quali soldi l’hai acquistata?

Ettore:         coi sólcc del me laurà, mé, Moscafiera Ettore, ó firmàt ól contràt col me südur

               con i soldi del mio lavoro, io, Moscafiera Ettore, ho firmato il contratto con il mio sudore

Caterina:     ó  poera mé, che mancàa póa ól südur

                     oh povera me, ci mancava solo il sudore

Ettore:         coi sólcc che ó guadagnàt có la vendita di me  pursèi al salumificio

                     con i soldi che ho guadagnato con la vendita dei miei maiali al salumificio

Caterina:     l’è chèsto che l’à rüinàt töt, i pursèi!  Mé l’ soporte mia l’udùr di pursèi

                     è questo che ha rovinato tutto, i maiali! Io non sopporto l’odore dei maiali

Ettore:         ma nóter n’sé sèmper vülicc be

                     ma noi ci siamo sempre voluti bene

Caterina:     l’è ira, ma te te gh’ét semper ü retrogusto… come spöl dì “un retrogusto suino”

                     è vero, ma tu hai sempre un retrogusto… come si può dire  “un  retrogusto suino”

Ettore:       arda che giösto ier ó cumpràt ü saù nöf, ü saù ai  lamponi... e mé al só che a té, i lamponi i te piàss

                  ieri, ho comprato un sapone nuovo, un sapone ai lamponi…. Ed io so  che a te i lamponi piacciono

Caterina:     (avvicinandosi) del bù?  Davvero?

Ettore:       del bù,  Caterina        davvero, Caterina

Caterina:  ó Ettore (si abbracciano:  lei dapprima niente e  lui sembra l’uomo più felice del mondo. Poi lei annusa) se i lamponi i se sènt, ma i fà de ripieno al pursèl

                Oh Ettore……… sì i lamponi si sentono, ma fanno da ripieno al maiale

(lei esce da una parte, lui dall’altra. In quel momento entra Candida urtata involontariamente da Ettore)

Scena 6a

Ettore:    la me scüse sciura Candida

                mi scusi signora Candida

Candida:     sciura Candida ü bel negót, vilanù d’ ü vilanù  (acida al massimo)

                    signora un bel niente, villano d’ un villano

Ettore:     ó  mia fàcc aposta! Per scüsàm,  la porte a fà ü gìr có la me machina nöa, chela là   rósa

              non ho fatto apposta! Per scusarmi, la porto a fare un giro con la mia macchina nuova, quella là rossa

Candida:     chela  bèla machina là, là sarèss la tò?

                     quella bella macchina là, sarebbe la tua ?

Ettore:    bèla è?       Bella è?

Candida:    se bèla, ma prìma de portàm a fa ü gìr, va a cà a fà ü bèl bagn, almeno ‘ncö che le düminica. Sènt che udùr de stàbel

                   Sì bella, ma prima di portarmi a fare un giro, vai a casa a fare un bel bagno, almeno oggi che è domenica. Senti che odore di porcilaio!

(Candida esce.  Anche Ettore esce sempre più affranto)

Scena 7a

(Tògn e Teo escono dal bar seguiti da Pinèta. Tògn toglie il cartello “chiuso”).

Tògn:       alùra t’èt capìt no? La festa la comincia de che ün’ ura, offre il bar!

                 allora hai capito? La festa comincia tra un’ora, offre il bar!

Teo:          ó capìt,  ‘ndó a isà töcc

                  ho capito, vado ad avvisare tutti

Pinèta:       festa? Per cosè?

                   festa? Per cosa?

Tògn:         per scopré chi la enzìt i trenta miliarcc ala lotteria che a Birondo Bergamasco

                   per scoprire chi ha vinto i trenta miliardi alla lotteria qui a Birondo Bergamasco

Teo:           esatto!

Pinèta:       e chi l’paga?   e chi paga?

Tògn:         nóter a n’paga!      noi paghiamo!

Teo:           giusto!

Pinèta:    giusto ü bel negót! Ü paisà al’ vèns trenta miliarcc e n’piö n’ghé pàga de bìf e de mangià?

                 giusto un bel niente! Un concittadino vince trenta miliardi ed in più noi dobbiamo offrire da bere e da mangiare?

Teo:          esatto!

Pinèta:     Esatto ü bel negót! Ma tè,  se ghe èntret?

                 esatto un bel niente! Ma tu, cosa c’entri?

Teo:          me,  come sindec,  me tróe a sovrintènd a chèsta inchiesta per ól be del paìs e dunque   “offro il mio tempo”

                 io, come sindaco, mi trovo a sovraintere a questa inchiesta per il bene del paese e dunque“ offro il mio tempo”

Pinèta:       te òfret ól gargaròs de lübrificà e la pansa de  ‘mpienì

                   tu offri il gargarozzo da lubrificare e la pancia da riempire

Tògn:      va be, adèss basta. Va Teo e ìsa töcc i paisà che gh’è söla lista, va be? Tra de lùr al se scund ól vincitùr e nóter  m’ proerà a scopre chi l’è!

                Va bene, adesso basta. Vai Teo ed avvisa tutti i paesani elencati sulla lista? Tra di loro si nasconde il vincitore e noi proveremo a scoprire di chi si tratta!

Teo:           esatto   (se ne va)

Scena 8a

Tògn:          dai Pinèta, comincia a preparà la ròba söi taoi

                    dai Pineta, comincia a preparare i tavoli

Pinèta:       Tògn, sta chièt coi ùrdegn

                   Tògn,  vai piano con gli ordini

Tògn:          va be…. Pödereset dam öna ma a preparà la festa? Va be issè?

                    va bene… potresti darmi  una mano a preparare la festa? Così va bene?

Pinèta:       va mei, ma tirem vià öna curiosità.  Perché a n’gà de pagà nóter?

                   va meglio, ma toglimi una curiosità. Perché dobbiamo offrire noi?

Tògn:       perché l’è ün investimént. Se nóter me n’vida ól vincitùr e n’ghé fà càpe che n’sè di brae paisà, alura lü,  prima de ‘ndà a ‘nvesté i sò sólcc vià de ché, al ghé penserà só varie ölte, e ala fì al deciderà de tègn i sò trenta miliarcc che in paìs. Töcc n’ghe guadagnerà!

           perché è un investimento. Se noi invitiamo il vincitore e gli faremo capire che siamo dei  bravi paesani, lui, prima di investire i suoi soldi in un altro paese ci penserà varie volte ed alla fine deciderà di tenere i suoi trenta miliardi quì. Tutti ne guadagneranno!

Pinèta:     e chi te avrèset invitàt?  e chi avresti invitato?

Tògn:       in pratica ü rapresentànt per famea. In töcc a n’sé in trenta, tira vià i scècc e l’ prét, mètega dét i dù marei, la Candida e l’Ettore, in fì n’sarà in sìc o ses che i avrèss  püdit tentà la fürtüna

              praticamente un rappresentante per famiglia. In tutto siamo in trenta, togliendo i   bambini ed il prete, aggiungendo i due singles, la Candita e l’Ettore, saranno stati  cinque o sei coloro che avrebbero  potuto tentare la fortuna

Scena 9a

(entra in scena Don Matteo, giovane parroco seguito da sua zia la perpetua )

Don Matteo:   va be zia, saró puntuàl per la sena

                       va bene zia, sarò puntuale per la cena

Perpetua:     sperèm, me óle ü preustì e mia ü scetulòt

                      speriamo, io voglio un prete e non un ragazzotto

Don Matteo:   va be zia, poà Nostro Signore al völ chèsto

                        va bene zia, anche Nostro Signore vuole questo

Perpetua:     sperèm, perché t’ ét  finìt mèsa granda, te se mia egnìt a cà a mangià per   ‘ndà a giugà al balù coi scècc,  e finìt dutrina,  te set ‘ndacc a fa l’bagn ‘ndel lac. A che so stöfa!

                      speriamo, perché  finita messa grande, non sei tornato a casa a mangiare ma sei andato a  giocare al pallone coi ragazzi e terminato il catechismo, sei andato a fare il bagno al lago. Sono stanca!

Don Matteo: le vie del Signore sono infinite e ü pastur per recuperà anche dóma öna   pecorella,  al faress de töt

                      le vie del Signore sono infinite ed un pastore per recuperara anche solo una pecorella farebbe di tutto

Perpetua:     chèle del Signor iè infinite,  i me no! Se a sena te set mia puntuàl, me fó i valise  e ‘ndó!

             quelle del Signore sono infinite, le mie no! Se a cena non sarai puntuale,  faccio le valigie e me ne vado!

Don Matteo: va be zia, va be (la zia se ne va)           va bene zia, va bene

Tògn             riverisco Don Matteo

Don (un pò abbacchiato): macchè “riverisco”, disìm piötost “ciao don”. Me só doma ü póer preòst de paìs e scüsìm per la me zia

                        macchè “riverisco”, preferisco che mi diciate “ciao Don”. Sono solo un povero parroco di paese e scusate mia zia

Pinèta:          de negót, e pó l ‘è tròp modèsto lü, sciur preòst

                      non si preoccupi, lei è troppo modesto

Don:              la erità l’è,  che di ölte,  me domande se só  al’altèsa de chesta missiù

                      la verità è che a volte, mi chiedo se sono all’altezza di questa missione

Tògn:            che manera?

                      perché?

Don:             a parte la me perpetua, la me zia, a gh’è ün óter laùr che l’me tùrba. Prima, le ‘ndèl stàl del mecànec, ó parlàt con ü scètì che l’ m’ à lassàt de stöc

              a parte la mia perpetua, mia zia, c’è un’altra cosa che mi ha turbato. Prima, dal meccanico, ho parlato con un ragazzino che mi ha lasciato di stucco

Tògn:            a… ól Luigino! Lè ól neùt del mecànec

                      ah…. il Luigino! E’  il nipote del meccanico

Don:              ma scüsim, ól mecanec al gh’à doma öna scèta, la Caterina

                      ma scusatemi, il meccanico a solo una figlia, la Caterina

Tògn:            ‘nfàtti!  Chèl là, l’è ól scèt che la Caterina la gh’à üt co l’Ettore, quando lü,  l’Ettore, al lauràa gnemò mia coi pursei

                     infatti! Quello è il figlio che Caterina ha avuto con Ettore, quando lui non allevava i maiali

Don:              capése mia!          non capisco!

Pinèta:      fa negót sciur preòst, lü lè apena öna quàc de che l’è che a Birondo  e  comunque ól Luigino l’è póa lü öna creatüra del Signur

              non fa niente signor parroco, lei è da pochi giorni  qui a Birondo e comunque anche Luigino è una creatura del SIgnore

Don:       certament  “lasciate che i pargoli vengano a me”. Ma chèl scét le,  a m’à sbandàt ‘mpó. Al m’à domandàt per chi laurae e mé gh’ó dìcc, per ól Signor.      E alura lü a l’m’à dìs se l’ere mai vést. Mé gh’ó dìcc che l’incontreró quando saró mort e pó l’me domanda se l’me pàga bé. Mé gh’ó respundìt che ól Signor al me paga mia coi sólcc. Ulì saé cosa al m’ à dìcc? Che doma ü mat al laura per ü padrù che ‘l sa fà mai vèd e per de piö sensa pagàl 

              certamente “lasciate che i pargoli vengano a me”. Ma c’è una cosa che mi ha spiazzato. Mi ha chiesto per chi lavoravo ed io ho risposto, per il Signore. Allora mi ha detto se l’avessi visto. Io gli ho riferito che Lo incontrerò quando sarò morto chiedendomi anche se il mio stipendio fosse buono. Io gli ho risposto che il Signore non mi paga con i soldi. Sapete cosa mi detto? Che solo un matto lavora per un Padrone che non ha mai visto e per di più senza pagarlo

Tògn:       “lasciate che i pargoli vengano a me”  che ghe dó dü sgiafù!

                 “lasciate che i pargoli vengano a me”  che gli mollo  due schiaffoni!

Don:        ma no, no, in fùnd i e parole innocenti. Ma che bèi taoi imbandìt! Si dré a festegià cosè? Spöl sail?

              ma no, in fondo sono parole innocenti. Ma che bei tavoli imbanditi! Si può sapere cosa state festeggiando?

Tògn:       a l’è öna specie de festa del ringrassiàment che nóter padrù del bar,  ma òffre ai paisà de Birondo

                      è una specie di festa di ringraziamento che noi padroni del bar, offriamo ai nostri paesani di Birondo

Pinèta:   al völ fermàs póa lü sciur preòst?

                vuole fermarsi anche lei signor parroco?

Don:     no, ve ringràssie, só de fresa: a gh’ó de ‘ndà a stüdià la predica per la mèsa de stasìra!

              no, vi ringrazio, ho fretta: devo studiare la predica per la messa di stasera

Tògn:    al me scüse, sciur preòst... ma al pöl mia ripét öna di prediche che l’à dìcc sö stamatina?

              mi scusi, signor parroco…. Ma non può ripetere una predica di quelle che ha fatto stamattina?

Don:      cumè?!         cioè?

Pinèta:  ma sé: tanto chi l’è egnìt a mèsa stamatina al vegnerà mia amò stasìra!

              ma sì: chi è venuto a messa stamattina non verrà anche stasera!

Don:      l’è mia öna idea sbagliada... grassie, adéss andò!

             l’idea non è sbagliata…. Grazie, adesso vado!

Pinèta:    de cosè sciur preòst. Riverisco          si figuri signor parroco. Riverisco

(Don Matteo esce di scena, nel frattempo Pinèta e Tògn preparano il banchetto)

Scena 10a

  (Entrano in scena Teo, Caterina, Ettore, Candida e Luisella “la fornarella”, la quale avrà atteggiamenti provocanti nei confronti di Teo.)

Tògn:        benvenuti e grassie de èss acetàt ól nòst invito! Prego, prego sentìv  zó  (tutti si accomodano)

                   benvenuti e grazie di aver accettato il nostro invito! Prego, sedetevi

(Tutti assaggeranno la torta, tranne Candida che la riporrà in modo evidente nella borsetta)

Caterina:    mé só egnida che a nom del me  pàder e me sente zó ché. Tè,  Ettore,  stà  le   (indicando un punto distante)

                   io sono qui anche a nome di mio padre e mi siedo qui. Tu, Ettore, stai lì

Teo       (che terrà in mano una lista dei presenti):  benvenuti anche da parte dèla aministrassiù comünal, che rapresentada dal sottoscritto sindec. Mé, come primo cittadino…

              benvenuti anche da parte della amministrazione comunale, che rappresentanta dal sottoscritto sindaco. Io, come primo cittadino………

Scena 11a

  (Appare la figura di Totò Regina)

Totò:    bacio le mani a tutti, potrei avere un caffè?

Tògn l’me scüse sciùr lü, ma chesta l’è öna fèsta privada

             mi scusi, signore, ma questa è una festa privata

Totò:    scusate! Se è così,  tolgo il disturbo. Ma mi ripresenterò. Bacio le mani (se ne va)

Tògn:   ergü de óter al conòss chèl le?

             qualcuno di voi lo conosce?

Tutti (a soggetto):  no, mai vest, ecc. ecc

                                 no, mai visto ecc… ecc…

Tògn:   alura Teo,  va ‘nàcc….          allora Teo,  continua….

Scena 12a

Teo:     sere dré a dìv,   che come sindec ó decidìt de offrèv…

             stavo dicendo, che come sindaco ho deciso di offrire……

Tògn:       só mé che offre e alura parle mé! Allora, miei cari amati amis, v’ ó invidàcc a chèsta piccola festa per ringrassiàv de esistere, per condìvid la nósta contentèsa

             sono io che offro e allora parlo io! Allora, miei cari amati amici, vi ho invitato a questa piccola festa per ringraziarvi di esistere per condividere la nostra felicità

Candida:      quàela de contentèsa! Só piena de dulùr e me tóca ègn che a scoltà i tó  sbanbusàde

                         quale felicità. Sono piena di dolori  e devo stare qui  ad ascoltare le vostre sciocchezze

Tògn:                a propóset de dulùr, cara la me Candida... se sbaglie mia,  setimana che é,  la à in pelegrinaggio a Lourdes, per domandaga l’intercessiù a la Madona per i sò dulùr... Certo, l’ è ü viass lünc, co l’aereo, custùs...

              a proposito di dolori, cara la mia Candida… se non mi sbaglio, la prossima settimana andrà in pellegrinaggio a Lourdes, per chiedere l’intercessione alla Madonna per i suoi dolori. Certo, che sarà un viaggio lungo, con l’aereo,  costoso

Candida (acida):    al sò mia se lè custùs, ma se al födès custùs a pöderes gnàa permétemel, perchè de palanche mé a ‘nnò mia! E se te se regordet mia, ól viàss a me l’ì pagat vóter con öna culèta, per mandàm vià impò de tép e magare có la speransa che turnès piö ‘ndrée...

             non so se sia costoso, ma se così fosse non potrei permettermelo, perché di soldi non ne ho! E se non te lo ricordi, il viaggio me l’avete pagato voi con una colletta, per mandarmi via un po’ e con la speranza che torni più indietro

Tògn:              (rivolgendosi a Pinèta) me l’à pagat nóter?!?       l’abbiamo pagato noi?

Pinèta (sottovoce):        ma certo, chisà che  l’ sücede ü miràcol del bù! (mima il gesto di un aereo che precipita)

                                        Ma certo, chissa che accada un miracolo per  davvero!

Candida:          arda che ó sentit: ól miràcol lè,  che óter sparìghef töcc!

                          Ho sentito: il miracolo sarebbe che scompariste tutti!

Luisella:           ma perché sciura Candida?

                          ma perché signora Candida?

Candida:        té per prima! Per culpa tò, gh’ó piö gnàa ü dét bù a forsa de mangià ól pà stantìt che te me èndet, bröta ‘mbruiùna

             tu per prima! Per colpa tua ho perso tutti i denti a furia di mangiare il pane raffermo  che mi vendi, brutta imbrogliona

Tògn:              calma sciure, sö… (va vicino a Teo e gli sussurra) Cancela la Candida, chesta  la enzìt negót

             (rivolgendosi a Caterina) a se l’è bèla la nòsta Caterina, né Ettore? (Ettore  fa segno di sì)  cara la me Caterina, perché l’è mia egnìt che  ól  tò pader?

                        Signore su, calma…. Cancella la Candida, questa non ha vinto nulla

                        Come è bella la nostra Caterina, né Ettore? Cara la mia Caterina, perché non è venuto tuo padre?

Caterina:          perché al gh’à de fené dò machine per domà matina

                         Perché deve aggiustare due macchine per domani mattina

Tògn:               ma ‘ncö l’ è festa!           ma oggi è festa!

Caterina:         se, ma lü al dìss che i sólcc per mantégn mé e ‘l Luigino i è mai asé,  e alura al laura póa ala festa

             sì, ma lui dice che i soldi per mantenere me e Luigino non sono mai abbastanza e di conseguenza deve lavorare anche la domenica

Tògn:              capése, capése. Alura pórtega a cà la sò fèta de turta.   (rivolgendosi  a Teo,  coprendosi  la   bocca)  ön  óter candidato in meno (Teo depenna. Togn di nuovo a Caterina) Alùra Caterina,  al sarès ura che te se metèset co l’Ettore, ét vest che bèla machina che l’ à compràt?

              capisco, capisco. Allora portargli una fetta di torta. Un altro candidato in meno. Caterina,  non sarebbe ora che ti mettessi di nuovo con Ettore, hai visto che bella macchina che ha comprato?

Caterina:         se,  ma mé al me cómpra mia cóla sò bèla machina. Quàndo al cambierà mester,  li spuserò

                         sì, ma non mi compra con la sua bella macchina. Quando cambierà lavoro, lo sposerò

Tògn:              e té Ettore? Chisà quàt la sarà costàda chela machina lé, è?

                        E tu Ettore? Chissà quanto sarà costata quella macchina, è?

Ettore:           ‘mpó! Te l’sét,  cóla vendìta di öltem pursèi al salumificio ó guadagnàt bé e alùra ó compràt  la  machina

                        un pò! Lo sai,  con la vendita degli ultimi maiali al salumificio ho guadagnato bene e allora ho comprato la macchina

Tògn:                se, ma... a mantègnela? Insoma, l’è öna machina de gròsa cilindràda, chisà che bif!

                         sì,  ma…. a mantenerla? Insomma, è una macchina di grossa cilindrata, chissà quanto consuma!

Ettore:              ma per mantègnela a gh’ò mia problemi!

                        per mantenerla non ho problemi!

Tògn (pensa di aver individuato il vincitore):  a  no!?!

              

Ettore:            no, perchè a gh’ó fàcc mèt sö l’impiant a GPL! Te l’ set, con chèl che la costa la benzina al dé de ‘ncö e la fa gnàa udùr

              no, perché ho fatto mettere l’impianto a GPL! Lo sai,  con quello che  costa la benzina al giorno d’oggi e non fa nessun odore

Tògn (sottovoce, a Teo):    cancela póa chesto (si rivolge di nuovo a Ettore)                         A proposet de udùr: se te  ‘ndét de là, in bagn, proa chèl saù nöf che m’à tócc: l’è super concentrato ala mignàga (gli strizza l’occhio coprendosi il naso)

             cancella anche lui. A proposito di odori: se vai di là, in bagno, prova quel nuovo sapone che abbiam comprato: è super concentrato all’albicocca

Ettore:             del bù?!?  ‘ndó söbet a pruàl (si alza ed entra nel bar)

                         davvero?!? Vado subito a provarlo

Tògn:              stà atènt al terasì!       stai attento al terrazzino

Ettore:  (voce da dentro)     ‘ndó al bagn, mia al telefono   

                                              vado in bagno, non al telefono

Tògn:              arda che la me bèla Luisella “la fornarella” come la gösta la turta, alùra? Ó sàit che de ché  ‘mpó  te ‘ndarét in crociera

                        Guarda qui  la mia bella Luisella “la fornarella” come gradisce la torta, allora? Ho saputo che tra un po’ andrai in crociera

Luisella(gentilissima)   se pròpe! Ma pürtrop,  despermé... (a Teo) Lü sciur Teo, ghé piaserès mia acompagnàm?

                                         proprio così! M purtroppo, da sola… signor Teo, non le  piacerebbe accompagnarmi?

Teo:                   mea sò delicat de stòmec e ‘ndó mia tàt decorde coi unde del mar: a ghé pense gnàc! (facendo  segno di  no con le dita)

                         sono delicato di stomaco e non vado molto d’accordo con le onde del mare: non ci penso neanche…!

Tògn:              zemò te avrét spendìt ü sac de sólcc per ‘ndà té, figürèmes se te pórtet póa ól Teo, quàce sólcc, con chel che ‘l mangia!

                        chissà quantoa vrai speso per andare tu da sola, figuriamoci se ti porteresti anche Teo, quanti soldi, con quello che mangia!

Luisella:              se, ma mé i sólcc ghi ó de banda       sì, ma io i soldi li ho da parte

Tògn (speranzoso) :   a  see?!?    a si?!?

Luisella:          se, i è i sólcc dela assicürassiù söla éta del me póer Salvo, che l’è mort in chèl incident de sìc àgn fà

                        sì, sono i soldi della assicurazione sulla vita del mio povero Salvo, morto in quell’incidente cinque anni fa

Tògn:              póer Salvo! Me regórde che l ‘s’è mia salvàt,  ól Salvo

                         povero Salvo! Mi ricordo che non si è salvato, il Salvo

Luisella:            è  già (sospirando). I sólcc i m’è riàcc setimana pasàda.  Alùra ö decidìt de fa öna bèla crociera per festegià ól me prìm lustro de vedovanza

             è’ già. I soldi sono arrivati la scorsa settimana. Allora ho deciso di fare una  bella crociera per festeggiare il mio primo lustro di vedovanza

Tògn:              e magàre per comincià  ün’ ótra storia col me amìs Teo (Teo fa sempre segno di no)

                       e magari per iniziare una storia con il mio amico Teo

Luisella:            (sospirando)  magàre           magari

Tògn:              (sempre a Teo, sussurra)  cancela póa chésta. Chi gh’è restàt?

                                                                     cancella anche questa. Chi è rimasto?

Teo:                  (sottovoce) a gh’è restàt piö nisü!       non è rimasto più nessuno!

Tògn (rivolgendosi a tutti:) bene, cari paisà, ve ringrassie amò: la festa l’è finida. Spere  che la va séss piasìda...

                                                      bene, cari concittadini, vi ringrazio ancora: la festa è finita.  Spero che vi sia piaciuta…

                                              

(Tutti sbigottiti commentano a soggetto e se ne vanno)   com’è, l’ è apena cominciada!?!     ecc. ecc                      ma come è appena iniziata?! Ecc. ecc

(Candida si ferma arcigna davanti a Tògn e Teo con fare minaccioso):

   preghèró per i vostre anime   (e  se ne va)     pregherò per le vostre anime

(Tògn e Teo fanno gli scongiuri. Si siedono sconsolati, mentre Pinèta riporta i piatti nel bar. Intanto rientra Ettore che si sfrega le mani e si annusa le ascelle)

Ettore:Caterina! Caterina! (si guarda in giro)  ‘Ndo  è  la Caterina?

                                                                             Dov’è Caterina?

Tògn e Teol’è ‘ndacia via. Va,  va póa tè (in modo sbrigativo)

                      se ne è andata. Vai anche tu

(Ettore se ne va mestamente)

Scena 13a

Tògn:                (prende la lista degli invitati, nel frattempo Teo comincia a fissarlo compiaciuto e sorridente) alùra, fàm vèd a mé... Ól viàss dela Candida a me l’à pagàt nóter. Ól mecànec al laùra póa de düminica per mantègn la famèa, de conseguensa gnàa la Caterina la pöl mia èss énzit. L’ Ettore l’à fàcc mèt sö l’impiant a GPL söla machina per tègn a ma... La Luisella l’à scüdit l’asicurassiù del só òm. Insoma, al somea che l’abbie enzìt nisü!  Se gh’ét de ardàm?

                        Allora, fammi vedere… il viaggio della Candida lo abbiamo pagato noi. Il meccanico lavora anche la domenica per mantenere la famiglia, di conseguenza anche la Caterina non può aver vinto. Ettore ha fatto mettere l’impianto GPL sulla macchina per risparmiare… la Luisella  ha riscosso l’assicurazione di suo marito. Insomma, sembra che non abbia vinto nessuno! Cos’hai da guardarmi?

Teo:                 mé crede de èss capìt chi l’è ól vincitùr... 

                         credo di aver capito chi sia il vincitore….

Tògn:              a  sè?! E spètet cussè a dìmel?!  a sì? E cosa aspetti a dirmelo?

Teo:                 l’è semplice: ól vincitùr,   ta sét té!           è semplice: il vincitore, sei tu!

Tògn:              Meeee? Cünta mia sö di sbambusade. (pausa) E se invece,  te födèset té ól vincitùr? T’ét  mai dìcc  che te sét mia té...

io? Non raccontare stupidaggini. E se invece fossi tu il vincitore? Non hai mai detto di non esserlo

Teo:                 Meee? Dìl gnàa per schèrs. Té, te sét ól me migliùr amìs, te conterès mai sö öna bala e pó sarèss mia vegnìt che a dàt la notissia dela vincita, no?

                        Io? Non dirlo nemmeno per scherzo. Tu sei il mio migliore amico, non ti racconterei mai una bugia e poi non sarei venuto qua a darti notizia della vincita, no?

Scena 14a

Pinèta (uscendo dal bar con un piatto e una fetta di torta): scècc, a l’è ansàda öna fèta de turta                                         ragazzi, è avanzata una fetta di torta

                                                                    

Tògn:              mé no, grassie. A só piè!       io no grazie, sono sazio!

Teo:                anche mé só apòst issè, grassie               anche io sono a posto, grazie

Pinèta:              i capìt negót! Ere preparàt i fète de turta cüntade, giöste per töcc chei che gh’éra de ègn. Se gh’è ansàt öna fèta, al völ dè che ergù l’ s’è mia presentàt al apuntamènt

                        Non avete capito niente! Avevo preparato le fette di torta contate, per tutti gli invitati. Se è avanzata una fetta, vuol dire che qualcuno non si è presentato all’appuntamento

Tògn:              póta, ma chi al mancàa? Teo, sét sigür che t’ ét invidàt pròpe töcc?

                        Ma,  chi mancava? Teo, sei sicuro di aver invitato proprio tutti?

Teo:                me pàr de se. Spèta: l’önec che ó mia isàt a l’è ól Giuàn. Te l’sét che l’è a cà in carusela co la gamba ingesàda: l’era mia ól caso de fal vègn infìna ché

                        Credo di si. Aspetta: l’unico che non ho avvisato è il Giuan. Lo sai che è a casa in carrozzella con la gamba ingessata: non era il caso di farlo venire fino qua

Tògn:                ól vincitùr al pöl vèss doma lü!

                        il vincitore non può che essere lui!

(si intensificano i tuoni)

Tògn:         Pinèta: tègn de cünt chèla fèta de turta lé, che mé e Teo, dumà matìna,  me ‘ndarà a truà ól Giuàn!

                   Pineta: metti da parte la fetta di torta avanzata, io e Teo, domani mattina, andremo a trovare il Giuan!

FINE 1° ATTO

SECONDO ATTO

Il mattino dopo.

E’ in atto il temporale, l’interno dell’abitazione di Giuàn ed è oscurata. Si vedrà lo schermo di un televisore acceso.

 Giuàn seduto su di una poltrona che dà le spalle al pubblico.

Scena 1a

Teo:          al só mia chi me l’à fàcc fà de scoltàt …

                  non so perché ti ho dato retta….

Tògn:        dai,   che ormai a n’ sè ché! Desmèt de lämentass!

                  dai, ormai ci siamo! Smettila di lamentarti!

Teo:         arda té,  se spöl indà ‘nfò con ön’intemperia cumpàgn. A n’ püdia mia spetà     che smetèss de piöv?

                 Ma si può uscire con questo tempaccio? Non si poteva aspettare che smettesse di piovere?

Tògn:        onna mé! Ölet scopré se l’è ól Giuàn che l’ à enzìt,  o mia!?

                  Insomma! Vuoi scoprire se ha vinto il Giuan,  o no?

Teo:        se, ma ölerès anche rià a cüntàghel sö a ergü!  Invece té,  te me farét ciapà ün infarto…

                sì, ma vorrei anche raccontarlo a qualcuno! Invece tu, mi farai avere un infarto

Tògn         (bussando alla porta):  Giuàn, Giuàn. Se li spèta a ègn a ladé. Giuàn a n’sé nóter!! I tò amis Tògn e Teodoro

                 Giuan, Giuan. Perché non arriva. Giuan siamo noi!! I tuoi amici, Togn e Teodoro

Teo:        la porta l’è èrta         la porta è aperta

Tògn:      be, alura n’ pöl   ‘ndà dét           be, allora possiamo entrare

Teo:        prego, dopo de té  (Tògn entra in casa, al buio, scivola e gli cade la torta)

                prego, dopo di te

Tògn:    o mia ést ol basèl (in quel momento si accorge del televisore acceso e di qualcuno seduto in poltrona) Giuàn, t’ ét mia sentìt che n’ te ciamàa? Set dientàt surd?

                 non ho visto il gradino. Giuan, non hai sentito che ti abbiamo chiamato? Sei diventato sordo?

Teo:          me sa che ü fölmen al gh’a ciapàt l’antèna, perché söla televisiù gh’è mia segnàl. Tògn, ‘ndoéla la  lüs?

                 credo un fulmine gli abbia preso l’antenna, perché sulla televisione non c’è segnale. Togn, dove è la luce?

Tògn:       só dré a circàla… èco! (accende le luci, dando ancora di spalle alla scena e armeggiando con l’impermeabile e l’ombrello)

                 la stò cercando…. Eccola!

Teo       (spaventato alla vista di Giuàn): Ó, Madona santa! Giuàn! Tògn! Giuàn! Ó Signùr!

                

Tògn (di spalle):     “Ora pro nobis”!  Set dré a di sö i litanie di sàncc?

                                                          Stai dicendo le litanie dei santi?

                             

Teo:          a me sà,  che gh’è de di sö ü requiem!

                 credo che ci sia da recitare un requiem!

Tògn    (voltandosi, scopre il cadavere):  Giuàn! Teo! Giuàn!

Teo:          “Orate pro nobis”! (scuote leggermente la coperta di Giuàn) L’è própe mórt. (nel frattempo porta la mano alla bocca annusandola con sospetto)

                                                                                                                      E’ proprio morto

Tògn:       set sigür?            sei sicuro?

Teo (terrorizzato): só sigür, anse, me sà che l’è zemò dre a marsé! Gh’è ‘ngìr zemò i cagnòcc!

                sono sicuro, anzi, credo che si stia già decomponendo! Ci sono già i vermi

Tògn (annusando a sua volta la mano di Teo): ma no, l’è la turta che m’è burlàda fò di   mà prima

                                                                                 ma no, è la torta che prima mi è caduta

Teo:          l’ét mia metìda in frigo ier sira? A l’è ‘ndàcia in malora, sènt che udùr!

                ma non l’hai messa in frigo, ieri sera? Non vedi che non è più commestibile, senti che odore!

Tògn      (portando l’attenzione alla mano tesa di Giuàn, nella quale tiene il biglietto vincente): cosa l’ gà in di mà? A l’è ü biglièt dela lotteria! Gh’ét dré ól articól del giurnàl? Àrdega ai nömer che i a töcc fò mercoldè pasàt

                 che cosa tiene in mano? E’ il biglietto della lotteria. Hai qui l’articolo del giornale? Controlla i numeri che sono usciti mercoledì scorso

Teo:        (impaurito) se tò! Àrdega té  (porge l’articolo a Tògn)  sì, tieni! Guarda tu

Tògn:      èco perché l’è mórt, gh’è egnìt ü colp quando l’ à ést che l’era enzìt

                ecco perché è morto, ha avuto un infarto quando ha visto che aveva vinto

Teo:       Tògn, adèss se n’fà?                Togn, adesso cosa facciamo?

Tògn:      cosa ölet che n’fàghe?             Cosa vuoi che facciamo?

Teo:       gh’è de ciamà i carabinier         Bisogna chiamare i carabinieri

Tògn:      no, no. Prìma l’è mei isà i sò parécc     no, no prima è meglio avvisare i suoi parenti

Teo:        a n’à gnàa ü di parécc. A l’era restàt de per lü. Me l’à dìcc l’öltima ölta che l’ó ést in cümu… Certo  che töcc chi sólcc le, rimetìcc in bàl… L’ è pròpe ü pecàt!

                non ha nessun parente. È rimasto da solo. Me lo ha detto l’ultima volta che l’ho visto in comune… certo che tutti quei soldi rimessi di nuovo in gioco… E’  un peccato

(Tògn intanto pensa)

Tògn:      a l’gh’à gnàa ü parét te dìcc?       hai detto,  non ha nessun parente,?

Teo:         pròpe, l’è gnàa mai stàcc spusàt!    proprio così, non è mai stato sposato!

Tògn:       arda come l’ grégna, l’è mórt contét, poer Giuàn

                guarda come ride, è morto contento, povero Giuan

Teo:         piö che grignà, la me par öna paresi post mortem

                 più che una risata, mi sembra una paresi post-mortem

Tògn:        certo che l’è pròpe ü pecàt. L’ à enzìt 30 miliarcc e al pöl gnàa gódei

                  certo che è proprio un peccato. Ha vinto 30 miliardi e non può nemmeno goderseli

Teo:       pròpe. Gne lù e gne i sò parécc. N’ à mia! I gh’avrèss de fa öna lège che quàndo ü al gh’a mia parécc i sólcc i và ai sò amìs...

               e già. Né lui, né i suoi parenti. Non ne aveva! Dovrebbero  fare una legge che se qualcuno non ha parenti, i soldi vadano ai suoi amici

Tògn:        e se al födess delbù issè?  e se fosse davvero così?

Teo:         magare, ma l’è mia pùsibel        magari, ma non è possibile

Tògn:      m’è egnìt  ön ’ idea! Té, te dienteré Giovanni Vivente detto Giuàn e te ‘ncaseré i sólcc

                mi è venuta un’idea! Tu, diventerai Giovanni Vivente chiamato Giuan e incasserai i soldi

Teo:         té , te sét màt! Chèsta l’è öna truffa al Goerno e mé come sindèc…

                 tu sei matto! Questa è una truffa al Governo ed io come sindaco…….

Tògn:        va be, va be, scüsem. Ciàme i carabinier. ‘Ndó el ól telefono? (va al telefono)

                  va bene, va bene, scusami. Chiamo i carabinieri. Dov’è il telefono?

Teo:         certo che ól Giuàn l’ à sircàt la fürtuna töta la éta e adèss che l’è riàda… al sarèss mia contét se la vincita la turnés in di càse del Governo

                 certo che il Giuan ha cercato la fortuna tutta la vita e adesso che è arrivata… non sarebbe contento se la vincita tornasse nelle casse dello Stato

Tògn:       a l’ crede póa mé. Però nóter  n’sé onèscc e n’ ciàma i carabinier (sornione)

                  lo credo anch’io. Però noi siamo onesti e chiamiamo i carabinieri

Teo:         ölet che l’sé gire e rigire ‘nde tùmba per l’eternità?

                 vuoi che si giri e rigiri nella tomba per l’eternità?

Tògn:        n’ gh’é l’avrèss söla cosciensa töta la éta…

                  l’avremo sulla coscienza tutta la vita…

Teo:        alùra fàm pensà ü mumènt (pensa. Intanto Tògn tamburella con le dita) Va be! Dientéro ól Giuàn

                fammi pensare un attimo. Va bene, diventerò il Giuan

Tògn:       quìndes a mé e quìndes a té, chèsce i è i patti, va be?

                 quindici a me e quindici a te, questi sono i patti, va bene?

Teo:     va be, va be, però adèss me fa sparé momentaneamènt ól Giuàn e dopo bisognerà telefunà a chèi dela loteria per riscöt

                va bene, va bene, però adesso dobbiamo far sparire momentaneamente il Giuan e dopo  telefonare a quelli della lotteria per riscuotere

Tògn:      (guarda l’orologio)  nö (9)  ure, i sarà zemò dervìcc! Giöst, ciàma la lotteria e te ghe dìzet che te sét ól vincitùr, che te se ciàmet Giovanni Vivente

                 sono le nove, saranno già aperti! Chiama la lotteria e dici che sei il vincitore e ti chiami Giovanni Vivente

Teo:         e se lùr i me domanda perché ó mia ciamàt söbet mercoldé?

                 e se mi chiedono perché non ho chiamato subito mercoledì?

Tògn:      te mia ciamàt prima,  perché te serét söta shòc e póa per mia insospeté la zét: Ól nömer del telefono,  l’è stampàt söl biglièt dela lotteria

                non hai chiamato prima, perché eri sotto shoc e per non insospettire la gente. Il numero del telefono, è stampato sul biglietto della lotteria

                (Teo va al telefono e compone il numero)

Teo:         pronto, ufficio della Lotteria Europea? (balbettante e titubante)   Sono   Giovanni   Vivente vincitore di mercoledì scorso. Vorrei riscuotere i miei soldi!  (pausa)  Ero sotto sciocco…. (chiede a Tògn)  Che via l’è chèsta?

                                                                                             Che via è questa?

Tògn:        Via del Tramonto n.  47

Teo:       sì, pronto, Via del Tramonto 47 a Birondo Bergamasco. (pausa) Va bene, va bene aspetterò, saluti. (posa la cornetta) De che un’üra al ria ó  l’ispetùr dela Finansa per asicuràss che mé sèss ól vincidur

                 tra un’ora arriva l’ispettore della finanza per assicurarsi che io sia il vincitore

Tògn:     alùra bisogna fà sparé ól Giuàn immediatamènt (pensa) Me egnìt ön’idea: me l’mèt in de vasca de bagn. Va fò ‘nde l’ órt a circà ü sac e öna quàc vas de gerani de quarciàl zó: se l’sa mai che al’ispetùr ghe ègne mia ü bisogno impellente… Dopo,  ‘ndó de là ‘nde camera,  a circà i sò documèncc. Cià  ‘ndèm

                 allora occorre far sparire il Giuan immediatamente. Mi è venuta un’idea: lo mettiamo nella vasca da bagno. Esci nell’orto a cercare un sacco e qualche vaso di gerani per coprire il corpo: non si sa mai, l’ispettore potrebbe avere un bisogno improvviso. Poi, io andrò in camera a cercare i suoi documenti. Dai, andiamo

(si spengono le luci. Giuàn viene portato fuori. Voci al buio)

Tògn:      dai, ü, dü, trì e issa!   dai, uno, due, tre  e issa!

Teo:         Madóna me se ‘l pìsa       madonna, come pesa

(si riaccendono le luci, Tògn ha in mano una busta con i documenti)

Tògn:      Troàcc! Tè,  a che punto sét?     trovati! Tu, a che punto sei?

Teo (da fuori):         ‘ndó a tö l’öltem vas de fiur (si sente un’imprecazione)

                                vado a prendere l’ultimo vaso di fiori

Tògn:      se gh’è sücedìt?                cosa è successo?

Teo (da fuori):        só slisàt in de mida!       sono scivolato nel letame?

Tògn:      alura làes zó, fàs ü bagn ala svelta          allora lavati, fai un bagno alla svelta

Teo:         pöde mia fa l’bagn, gh’è det ól Giuàn in de asca! 

                non posso fare il bagno, c’è il Giuan nella vasca!

Tògn:       alùra làet zó cóla cana del’órt, möess però! (guarda fuori dalla porta) Per fürtüna ól tempuràl l’è pasàt. Teo alùra?

                 allora lavati con la canna dell’orto, ma sbrigati! Per fortuna il temporale è passato. Teo allora?

Teo:         ó finit! Scùnde i vestìcc sporc e pó rie (si sente il clacson di un’auto)

                 ho finito! Nascondo i vestiti sporchi e arrivo

Tògn:      l’è dre a rià ól ispetùr… möess!! (Teo rientra in casa in mutande di corsa, e si sente suonare  il campanello di casa)

                sta arrivando l’ispettore… muoviti

Teo:         l’è riàt?  Pöde mia riceél issè!      è arrivato? Non posso riceverlo così!

Tògn:      al ricée mé. Té va de là a cambiàss: mèt só i vestìcc del Giuàn. A l’ispetùr ghe dizerò la erità, che so ól tò migliùr amìs

                 lo ricevo io. Tu vai di là a cambiarti: indossa i vestiti del Giuan. All’ispettore dirò la verità, che sono il tuo migliore amico

(Teo esce di scena e va a cambiarsi. Rientrerà con abiti evidentemente fuori taglia. Tògn apre all’ispettore)

Scena 2a

Tògn:               Buongiorno, desidera?         

Ispettore:      Buongiorno a lei. Sono l’ispettore Megretti, della Finanza – Agenzia per le Lotterie. Ho il piacere di conoscere il Sig. Vivente?

Tògn:          non è più vivente, cioè volevo dire che il signor Vivente è di là a cambiarsi,   sa,  ha appena fatto il bagno

Ispettore:      e lei allora, chi sarebbe?

Tògn:             sono il Tògn, il miglior amico del signor Giovanni Vivente, detto Giuàn  (stringe la mano)

Ispettore:      a proposito di bagno, potrei….

Tògn:         ma certo, spetti che vado a vedere se tutto è in ordine (guarda nel bagno) prego si accomodi (l’ispettore va in bagno)

                     Giuàn, sei pronto? C’è l’ispettore della Lotteria.

Teo:              (da fuori)   quasi finito, sono dietro a bottonare su le braghe

Ispettore (rientrando):      ma non ha appena detto che il Signor Vivente ha fatto il bagno? La vasca sembra una serra, è piena di fiori

Tògn:            e sì, è che dentro fa più caldo e i fiori vengono più belli, il Giuàn piöntéra fare il bagno nel sòi, in del mastello fuori ‘ndé l’orto

Ispettore:      ah… capisco!   Fisico vecchio stampo! (starnuto)

Tògn:            salute!

Ispettore:    grazie, ma non è niente, solo quando lascio la città e vengo in campagna,  mi viene subito il raffreddore da fieno (starnuto)

Scena 3a

(Entra Teo rivestito)

Tògn:            ello qui il Giuàn         ecco qui il Giuan

Ispettore:      piacer signor Vivente (starnuto)

Ispettore:     bene, se adesso potessimo rimanere soli e sbrigare le procedure…

Tògn:          giusto, giusto scusatemi (intanto che l’ispettore armeggia con la valigetta e scartoffie, Teo va verso Tògn dicendogli)

Teo:              ‘ndoéi  i documèncc?     dove sono i documenti?

Tògn:             i ó lasàcc sól calurìfer in bàgn (Teo alza gli occhi al cielo)

                       Li ho lasciati sul calorifero del bagno

                       Allora di nuovo e arrivederci (esce)

Scena 4a

Ispettore:      bene signor Vivente, posso vedere il biglietto?  (starnuto)

Teo:                salute! Posso intanto ofrirci un bicchierino?

Ispettore:      no, grazie.

Teo:          io invece, ci ò proprio bisogno (prende bottiglia e bicchiere, comincia a bere in modo evidente)

Ispettore:      Allora, il biglietto?

Teo:               qua… qua…. quale biglietto?

Ispettore:      spiritoso signor Vivente, il biglietto vincente

Teo:               ah?!? Sì, sì eccolo qui

Ispettore:    bene (comincia a confrontare le carte) E’ proprio il biglietto giusto, lei è fortunato, signor Vivente!

Teo:               grassie, grassie.

Ispettore:      le devo fare solo qualche raccomandazione, qualche consiglio (starnuto)

Teo:               l’me dìze    mi dica

Ispettore:      30 miliardi sono una cifra enorme, lei ha già pensato a come investirli?

Teo:               lü,   mi laghi fare a me! Primo,  ci dò un po’ di soldi al Tògn, che così mette su la ringhiera sul terasso del bar

                       lei  lasci fare a me. Prima cosa,  regalerò un po’ di soldi al Togn che così sistemerà il terrazzo del bar

Ispettore:      non c’è bisogno che lo dica a me  (starnuto)

Teo:               l’è lü che me l’à circàto!   e lei che me lo ha chiesto!

Ispettore:      no, io volevo solo consigliarla di fidarsi dei veri amici, quelli che anche nei momenti difficili non si sono mai tirati indietro

Teo:              (sbiascica le parole, un po’ brillo) cià ragione direttore, cià proprio ragione, c’è il mio Tògn che è il mio più amicone e allora voglio metterci su la ringhiera sul ballatoio

                ha ragione direttore, ha proprio ragione, c’è il Togn che è  il mio amicone e allora voglio sistemare la ringhiera del terrazzo

Ispettore:   attento però! Quando si viene a sapere che una persona è ricca, tutti gli diventano amici,  ma solo per interesse. Va bene, adesso passiamo al lato burocratico, mi dia le sue generalità

Teo:     (si ricorda di non avere i documenti del Giuàn) me scüse sciur diretùr, gh’avrèss bisògn de andà al bagn, lo sa, dopo il bagno…

                mi scusi signor direttore, dovrei andare in bagno, lo sa dopo il bagno…

Ispettore:       prego, prego (Teo si avvia in bagno,  bottiglia in una mano e  bicchiere nell’altra)

Teo:            ce le detto da là,  le generalità (entra in bagno, lascerà la porta aperta e si siederà sul water, poserà la bottiglia ma non il bicchiere)

                    gliele detto da là le generalità

Ispettore:      quando è pronto detti!           

Teo:               sono pronto!

Ispettore:      cognome e nome?

Teo:               Vivente Giovanni

Ispettore:      nato a?

Teo:               Birondo Bergamasco (BG)

Ispettore:      lì?

Teo:               non proprio qui, penso nella stanza

Ispettore:      volevo dire, giorno, mese e anno

Teo:               ah!… 31/12/1937, alle 7.48, 3 kg e 680 grammi

Ispettore:      residente a?

Teo:               Birondo Bergamasco

Ispettore:      numero carta identià

Teo:               Me la ricordo a memoria: AK 1224365

Ispettore:      Che memoria, complimenti! Codice fiscale?

Teo:               VEV GNN 37A49 BB88H

Ispettore:      Penso che possa bastare.

(Teo rientra con la bottiglia ed il bicchiere)

Ispettore:      un altro consiglio, se posso?

Teo:               al me dìze                  mi dica

Ispettore:      se vuole godersi i soldi, la smetta con la bottiglia

Teo:               per fórsa, l’è öda                per forza, è vuota

Ispettore:   (alzandosi) bene, può incassare la vincita. Prima però,  fra tre giorni,  tornerò qui in paese, per pura formalità,  per chiedere ai suoi concittadini che lei sia tale

Teo:               ta… ta…. ta.... tale ?

Ispettore:      non si preoccupi (stretta di mano) allora fra tre giorni (esce)

Teo:               (si siede) e adèss se fó?   e adesso cosa faccio?

Scena 5a

(Entra furtivamente Tògn)

Tògn:      alùra?              allora?

Teo:        alùra cosè?      allora cosa?

Tògn:      i sólcc               i soldi

Teo:        i sólcc i gh’è      i soldi ci sono

Tògn:      bene (sfregandosi le mani)

Teo:       dóma che prima de ciapài, töcc i nòscc paisà i gh’à de dìga al’ispetùr,  che mé so tale Giovanni Vivente, detto Giuàn. L’ à dìcc, che de che trì dé, l’interogherà töcc i abitàncc de Birondo

                solo che prima di incassarli, tutti i nostri paesani dovranno confermare all’ispettore che io sono tale Giovanni Vivente, detto Giuan. Ha detto, che fra tre giorni, interrogherà tutti gli abitanti di Birondo

Tògn:      ó  Signur e adèss? (siede)   oh Signore e adesso?

Scena 6a

(Appare Giuàn tutto vestito di bianco,  tra musiche celestiali)

Tògn:      Giuàn! Ma té, te set mórt! (impaurito)    Giuan, ma tu sei morto!

Teo:        ü quart d’ura fa, te séret sóta i fiur ‘nde vasca de bagn 

                quindici minuti fa, eri sotto i fiori,  nella vasca da bagno

Tògn:      e adèss te set ché, töt vestìt de biànc

                e adesso sei qui, tutto vestito di bianco

Teo:         prima o mia ést chèl vestìt lé de là ‘ndél tò armade

                 prima non ho visto quel vestito là nel tuo armadio

Giuàn:      só bianc perché só mórt! Só ól spirito del Giuàn

                  sono bianco perchè sono morto! Sono lo spirito del Giuan

Teo:         madóna mé (impaurito)

                 madonna mia

Giuàn:      negót de pùra, de che ‘mpó i rierà póa chi óter me amìs

                 niente paura, tra un pò arriveranno anche gli altri miei amici

Teo:         no! “il  ritorno  degli  zombi”

Giuàn:      s’ét capìt cosè?                   cos’hai capito?

Teo:         i tò amìs, i spiriti                   i tuoi amici, gli spiriti

Giuàn:      ma no, i óter paisà              ma no, gli altri paesani

   Tògn:       si ghé èntra i óter paisà?     perchè gli altri paesani?

Giuàn:      i ghé èntra! Sentì, mé öle ütav    

                 perchè riguarda anche loro! Sentite, io volgio aiutarvi

   Teo:         comè Giuàn?                      in che modo Giuan?

Giuàn:    mé só restàt de per mé e adèss gh’ó doma i me paisà che i e töcc me amìs e alùra va dìghe a óter dù,  chèl che dopo gh’avrì de dìga a töcc i me amìs

                   io sono rimasto da solo e adesso ho solo i miei paesani che sono tutti miei amici e allora dico a voi due, quello che poi dovrete dire a tutti gli altri miei amici

   Tògn:        ó capìt, ma come i fà lùr a saì che i gh’à de ègn che?

                          ho capito, ma come fanno loro a sapere che devono venir qui?

Giuàn:    óter pensìga mia! Gh’ó pensàt mé. I gh’à l’idea fìsa de ègn che, gh’é l’ó metìda ‘ndèl có mé, có l’aiuto de (indica il cielo)

                   voi non pensateci! L’ho già fatto io. Hanno l’idea fissa di venir qui e glielo messa io in testa, con l’aiuto di

   Tògn:       alùra, se n’gh’à de fa nóter dù?        allora, noi due cosa dovremmo fare?

Giuàn:    metìs decode coi óter. La me volontà,  l’è che la me vincita la ègne spartìda fra töcc trenta i abitàncc

                mettetevi d’accordo con gli altri. La mia volontà e che la vincita venga spartita fra tutti trenta gli abitanti

   Teo:         e n’ gh’avrèss de acontentàss apena d’ü miliard?

                         e dovremmo accontentarci appena di un miliardo?

Giuàn:      me par che gh’ì mia alternativa o no? È… furbècc?

                 mi pare che non abbiate alternativa o no? E’ ...furbetti?

   Tògn:       e già, ól  ispetùr al völ interogà töcc. Va be Giuàn, te gh’et resù!

                         e già, l’ispettore vuole interrogare tutti. Va bene Giuan, hai ragione!

Giuàn:    a propóset, sensa de mé si in vintenöv, alura o convocàt póa ól Don Matteo, chel sarà l’onec a durvà chi sölcc lé per opere de bé. E adèss ‘ndó contét. Ve salüde! De sùra i me spèta

                a proposito, senza di me siete in ventinova, allora ho convocato anche Don Matteo, che sarà l’unico ad utilizzare questi soldi per opere di bene. Vi saluto! Di sopra mi aspettano

   Teo:         spèta ü mumènt Giuàn. Ólerèss sircàt un öltem piaser

                        aspetta un momento Giuan. Vorrei chiederti un ultimo piacere

Giuàn:      dìm            dimmi

   Teo:           là,  ‘ndèl  bàgn,  ó  vest  öna  confessiù  de  saù  al   “pino silvestre”.   Pöde regalàghela a  l’Ettore?

                     là, nel tuo bagno ho visto una confezione di saponi al “pino silvestre”. Posso regalarla a l’Ettore?

Giuàn:    à… “la cura del corpo”…. Capirì quàt a l’è inötel. Regurdìss: “polvere eravamo e polvere  ritorneremo”

                 ah… “la cura del corpo”….  Capirete quanto è inutile. Ricordatevi “polvere eravamo e polvere  ritorneremo”

   Teo:         se, ma ‘ntàt li spössa!   sì, ma intanto puzza!

Giuàn:      cosa üli che me ne fàghe mé del saù adèss. Fin chèl che nà ülì (esce di scena)

                  cosa volete che me faccia del sapone adesso. Fatene quello che volete

Scena 7°

Teo:       dàm  ü spissigòt Tògn! L’è ira che che m’à vèst?

               dammi un pizzicotto Tògn. E’ vero quello che abbiamo visto?

   Tògn:     stànte póa mé a crèdega

                        anche io non riesco a crederci

Teo:       i ghé ciaperà per màcc          ci prenderanno per matti

   Tògn:     gh’ è mia bisògn de dìga che ma est ól Giuàn spirito

               non c’è bisogno che gli diciamo che abbiamo visto lo spirito del Giuan

Teo:       e se n’ghe dìss?       e cosa diciamo?

Tògn:     a n’ghe propone la spartissiù e crede mia che denàcc a ü miliard i se fàghe tàte domande

                proponiamo la spartizione e non credo che davanti ad un miliardi si pongano tante domande

(suona il campanello)

Teo:       i ria, ‘ndó a dervè                 arrivano, vado ad aprire

(apre la porta ed entra Pineta seguita dagli altri)

Scena 8°

Pinèta:    a n’sè troàcc töcc söla strada. N’gh’era töcc la sensassiù che l’ fodèss sücedìt vergót al Giuàn. Alùra an’sé egnicc sö ‘nsèma

                      ci siamo trovati tutti sulla strada. Avevano tutti la senzazione che fosse successo qualcosa al Giuan. Allora siam venuti  qui tutti insieme

Tògn:      infàtti! L’è sücedit ergót de bröt. Ède che gh’è póa ól Don Matteo a condivid ól nòst dulùr

                 infatti! E’ successo qualcosa di brutto. Vedo che c’è qua anche Don Matteo a condividere il nostro dolore

Don:        gh’ó üt póa me la sensassiù fórta che l’ föss sücedìt ergót

                ho avuto anch’io la forte senzazione che fosse successo qualcosa

Candida:  spöl saì cosa gh’è sücedìt?    si può sapere cosa è successo?

Tògn:      ölet parla té sindéc o parle mé?     vuoi parlare tu sindaco o parlo io?

Teo:         va nàcc té    vai avanti tu

Tògn:      l’è cuminciàt töt mercoldé pasàt…..   è iniziato tutto mercoledì scorso

(Si oscura la scena. Dopo qualche secondo si riaccendono le luci)

Tògn:      e issé chesta l’ è la volontà del Giuan. Alùra? Se n’dizì? Pensìga sö be. Lü Don, li ‘ndàghe de la a benedè ól Giuàn ‘ntàt. L’ me scüse, ólerèss mia ‘mparàga ól mestér

             e così questa è la volontà del Giuan. Allora? Cosa ne dite? Penateci bene. Voi Don, andate di là a benedire il Giuan. Mi scusi, non vorrei insegnargli  il mestiere

(il Don intanto si risveglia dal torpore e meraviglia della notizia)

Don:          se, se a gh’ì resü (esce e va in bagno)            sì, avete ragione

Pinèta:       mé pense, che óter dù,  si dù (2)  fürbi. Ma crede che póa ól Giuàn l’avrèss vülit issé.   Ghe stó! Però, scüsìm, come ‘nfà nóter a saì chi l’è l’ispetùr del lòt?

             io penso che voi due, siate due furbi. Ma credo che anche il Giuan avrebbe voluto così. Ci stò! Però, scusatemi, come facciamo noi a sapere chi è l’ispettore del lotto?

Teo:            li sternùda sèmper            starnutisce sempre

Luisella:     ó póer Giuàn, l’era öna quàc de che l’ m’à  urdenaà piò ól pa! Sospetàe mia                     che…

           oh povero Giuan, da qualche giorno  non mi ordinava più il pane! Non  sospettavo che...

Candida:     se l’comprà mia ól tò pa, al völ dì che l’era l’önec che l’ capìa ergót

                     se non comprava più il tuo pane, vuol dire che era l’unico a capire qualcosa

Luisella:       se la dìss cosè sciura Candida?          ma cosa dice signora Candida?

Candida:   dìze dóma la erità! Bröta ladrùna            dico solo la verità! Brutta ladrona

Tògn:        i finit óter dò? Alura Luisella,  s’ ét decidìt?       

                 Avete finito voi due? Allora Luisella, cosa hai deciso?

Luisella:     se, per ól be del Giuàn,  ghe stó! E adèss ve salüde töcc (esce)

                    sì, per il bene di Giuan, ci stò! E adesso vi saluto

Pinèta:        spèta che ègne poà me!            aspetta che vengo anch’io!

Tògn:        e té Ettore?      e tu Ettore?

Ettore:       mé ghe stó, issé cambie mestér e spùse la Caterina, o no Caterina?

                   io ci stò, così cambio mestiere e sposo Caterina, o no Caterina?

Caterina(pensierosa e rattristata dalla notizia) se … se! Sciur Tògn?  Sì... sì! Signor Tògn

Tògn:        see?          sììììì!

Caterina:  al  me pàder ga la cunte so me tota la storia. Al se fida de mé e sicurament al ghe stà! E….. ghe stó poà me!

                  tutta questa storia gliela racconto io a mio padre. Si fida di me e di sicuro ci stà! E….. ci stò anch’io!

Caterina:   (appartandosi con Ettore) Ettore….

Ettore:       se Caterina?

Caterina:   (cambiando atteggiamento) ü miliard te, ü miliard me, ü miliard ól Luigino,   mia mal no? 

                   un miliardo a te, un miliardo a me  ed  un miliardo a Luigino, niente male eh?

Ettore:       mé,  farèss a meno di sólcc per èga tè 

                   io farei a meno dei soldi pur di avere te

Caterina(annusa) se, ma prìma cambia mestér.

                  (di nuovo falsamente rattristata) Mé ‘ndó,   e va salüde ( esce)

                  sì, ma prima cambia mestiere. Io vado e vi saluto

Teo:        Ettore, scùltem mé                Ettore, ascoltami

Ettore:    se?             sì?

Teo:        (porge la confezione di sapone che in qualche modo avrà recuperato prima dal bagno) tègn, saù al “pino silvestre”. Próa chesto, l’ è ü regal del póer Giuàn

                 tieni, sapone al  “pino silvestre”.  Prova questo, è un regalo del povero Giuan

Ettore:    grassie.  ‘Ndó a cà a fa ól bagn alùra, ve salüde (esce)

                grazie, allora vado a casa a fare il bagno. Vi saluto

Tògn:      e té,  Candida?                    e tu,  Candida?

Candida:   al só mia, gh’ó de pensàga. Mé só dóma che se ve denùnce, ciàpe ól dés per sènt del malloppo. Chèsta l’è la lege,  e ól dés per sènt de trenta,    l’è   trì miliarcc e mia ü!

                   non lo so, ci devo pensare. So solo che se vi denuncio, prendo il dieci per cento del malloppo. Così prevede la legge e il dieci per cento di trenta sono tre miliardi e non uno!

Tògn:         te gh’e farét mia chèsto ai tò paisà?   e tu faresti questo ai tuoi paesani?

Candida:     al só mia. Te darò öna risposta ól de del funeràl, de che trì de (esce)

                    non lo so. Ti darò una risposta il giorno del funerale, fra tre giorni

Scena 9°

(Rientra Don Matteo. In scena ci sono Teo, Tògn e Pinèta)

Don:    riposa in pace,  Giuàn. Ó póer òm      riposa in pace, Giuan. Oh povero uomo

Tògn:   e lü Don Matteo, se l’à decidìt?          e voi Don Matteo, cosa avete deciso?

Don:     la parrocchia la gh’à sempre di spese e i sólcc i è mai asé.  E ‘nfì ölerèss ófrega ól füneràl al póer Giuàn. Ghe stó!

              la parrocchia ha sempre delle spese e i soldi non sono mai abbastanza. E infine, vorrei offrire il funerale al povero Giuan. Ci stò!

Tògn:   bene, alùra de che trì de n’ghé farà ü bel füneràl al Giuàn. Ma dopo  ‘n gh’è fà öna bela festa de ringrassiamént,   con discorso

              bene, allora fra tre giorni  faremo un bel funeral al Giuan. Ma dopo gli faremo una bella festa di ringraziamento, con discorso

Don:      mia in césa però...        non in chiesa però….

Tògn:    mia in césa, ma in d’ü pòst ‘ndóe lü l’avrèss vülit stà quàndo li stàa be

              non in chiesa, ma in un posto dove avrebbe voluto stare,  quando stava bene

Don:      ‘ndóe?    dove?

Tògn:    ‘ndél me bar!      nel mio bar

FINE 2° ATTO

TERZO   ATTO

Tre giorni dopo

Scena 1a

(Sono in scena Tògn, Teo, Don. Sono seduti ad un tavolino visibilmente sconsolati, Entra la Perpetua con sporta  al braccio)

Perpetua:     (rivolgendosi al Don)  Matteo arda che só stöfa!        Matteo, sono stufa! 

Don:              (scattando in piedi)  per cusè zia ?    per cosa zia?

Perpetua:    per cusè?!? Só apena ‘ndàcia a proét, gh’ó de fa de mangià e ‘nfìna che pöl staga, ma gh’è de scuà sö la césa per ól füneràl,  e almeno chesto te pöderéset fal té

                per cosa?! Sono appena stata a far compere per far da mangiare e fin qui va bene, ma c’è anche la chiesa da pulire per il funerale e almeno questo potresti farlo tu

Don:              sigür zia, apena öna quàc menücc pó rie

                      di sicuro zia, appena qualcheminuto dopo arrivo

Perpetua:     sperèm, perché quàndo te zöghet mia cói scècc, a te tróe al bar! Ma che rassa de prét set pó?

                      speriamo, perché quando non giochi con i ragazzi, ti trovo al bar! Ma che razza di prete sei?

Don:              zia pórta pasiensa… “anche questo luogo fa parte della mia missione”

                     zia porta pazienza…  “anche questo luogo fa parte della mia missione”

Perpetua:     che rassa de missiù, mangia,  bìf  e  ‘ndà a spàss! Ma mé só stöfa ét capìt? Se te ègnet mia a cà söbet,  mé fó i valìs e te dó ól benservito

                che razza di missione, mangiare, bere e andare a spasso! Ma io sono stanca, hai capito? Se non vieni a casa subito, faccio le valigie e ti dò il benservito

Don:             va be zia, quàndo rie scue sö la césa o  löstre póa i candiler, l’me da öna ma póa ól Luigino

                va bene zia, quando torno pulisco la chiesa e lucido anche i candelabri, mi dà una mano anche il Luigino

Perpetua:     ól Luigino? Arda però,  che la césa l’è mia ól campo del balù!  (avviandosi)                      Te spète, et capìt?

                      il Luigino? Sì,  ma la chiesa non è un campo di calcio! Ti aspetto, hai capito?

Don:             va be, öna quàc menücc apéna       va bene, qualche minuto appensa

Scena 2a

Don:       scüsìm per la me zia, ma per lé,  mé só ü problema

                scusate mia zia, ma per lei, io sono un problema

Teo:       sarèss dóma chesce i problemi           fossero solo questi i problemi

Don:       (rivolgendosi  a Tògn)  ghe l’à zemò dìcc del  “nuovo arrivo”

                                                       L’ hanno già informata del “nuovo arrivo”

Tògn:      se, me l’à zemò dìcc. Ghe mancàa  dóma chèsto…. e chi l’sarèss ól  “nuovo arrivo”?

                si, me l’hanno già detto. Ci mancava solo questo… e chi sarebbe il “nuovo arrivo”

 Teo:        té l’ et vèst düminica pasàda quando m’à fàcc la festa che al bar, ól sciur “bacio le mani”

                 l’hai visto domenica scorsa quando abbiamo fatto la festa al bar. il signor  “bacio le mani”

Tògn:       a…. chel là? Sel völ, cosa fàl in de éta ?

                 a… quello? Cosa vuole, che mestiere svolge?

Don:     “agente finanziario”. L’ sé presentàt prìma de mé e dopo la ülit conòss l’ótra autorità del paìs, cioè ól sciur Teodoro

                 “agente finanziario”. Si è presentato prima da me e dopo ha voluto conoscere l’altra autorità del paese, cioè il signor Teodoro

Teo:         l’se ciama Totò Regina          si chiama Totò Regina

Tògn:       l’só mia perché… ma a mé, chèl nòm le,  l’ me piàss mia

                 non so perche… ma a me, quel nome, non  piace

Don:         l’à  dìcc che l’ volerèss stabiléss che,  per amministrà i afàre del paìs

                 ha detto che vorrebbe stabilirsi qua, per amministrare  gli affari del paese

Tògn:       pròpe adèss che n’séra töcc decórde söla spartissiù

                 proprio adesso che eravamo tutti d’accordo sulla spartizione

Teo:      a gh’è amò la Candida de cöndé vià,  e per de piö,  ‘ncö al ria l’Ispetùr dela Lotteria

                c’è ancora la Candida da convicere, e per di più, oggi arriva l’ispettore della Lotteria

Tògn:       la Candida l’è ól meno di mai, l’è ól Totò  “bacio le mani”  che l’me preoccùpa

                 la Candida è l’ultima dei problemi, è il Totò “bacio le mani” che mi preoccupa

Don:         l’ m’ à dìcc che l’ vegnerà che a troà póa lü,  in matinàda

                 mi ha detto che verrà qui a trovare anche lei, in mattinata

Tògn:       a seeee?  (si accende un barlume)   a sìììììììì?

Don:        però scüsim, me adèss gh’avrèss de ‘ndà a cà a preparà ól füneràl, sö de no la me zia,  la fà i valìs

                 però scusatemi, io adesso devo andare a casa a preparare il funerale, altrimenti mia zia, fa le valige

Tògn:     ü momènt! Me egnìt ön’idèa. Bisògna che ól Totò l’indàghe vià,  prima che l’ rie ól ispetùr

                 un attimo! Mi è venuta un’idea. Bisogna che il Totò se ne vada, prima che arrivi l’ispettore

Teo:        in che manéra?        in che modo?

Tògn:     bisògna fàl stremé, se ü bel stremèse.

               Don Matteo, lü al gavrèss de portàm che ól Giuàn

               Bisogna farlo spaventare, sì un grande spavento.  Don Matteo, lei dovrebbe  portarmi il Giuan

Teo:        té, te sét màt           ma tu sei matto

Don:        capese mia, ól Giuàn l’è zemò stagnàt in de càsa de mórt, zó in sacrestéa

                non capisco, il Giuan è già stagnato nella cassa da morto, giù in sacrestia

Tògn:     lü Don l’me procüre öna de chèle casète de mórt che l’gh’à in sacrestéa, chèle grande isse (fa segno con le mani)

                lei Don, mi procuri una di quelle cassette da morto che tiene in sacrestia, quelle grandi così

Don:        öna reliquia di sàncc?     una reliquia dei santi?

Tògn:      aé,  chèle    sì, quelle

Don:        l’só mia se pöde, i è urne funerarie sacre

                 non so se posso, sono urne funebri sacre

Tògn:      sö Don, a l’è per öna giösta causa         dai Don, è per una giusta causa

Don:        l’ è mia per chèl, ma se la se rincórs la me zia, i è dulùr, perché lé i à tegn töte in ùrden,  bele spulverade

                non è per quello, ma se mia zia si accorge, sono dolori, perché lei le tiene tutte in ordine, belle spolverate

Tògn:      al lase stà la sò zia! Alura, lü al tegn de öcc ól bar e quando al ria ól fürbù, al tö sö la casèta de mórt e pó l’ve che

                 lasci perdere sua zia! Allora, lei tiene d’occhio il bar e quando arriva il furbone, prende la cassetta da morto e poi viene qua

Teo:         mé o capìt negót, se n’ farèsett dela casèta de mórt?

                 io non ho capito niente, cosa te ne fai della cassetta da morto?

Tògn:      faró finta che gh’è det ól Giuàn e che me l’à  portàt che per daga l’öltem saluto

                farò finta che lì dentro ci siano i resti del Giuan e che l’abbiamo portato qua per dargli l’ultimo saluto

Teo:         se, ma ól funeràl vero a l’è zó in césa         sì, ma il funerale vero sarà in chiesa

Tògn:      al so póa mé chesto! N’sera restàcc decorde de troàss che töcc per fà ön öltem brindisi al Giuàn,  o no?!?

                 lo so anch’io questo!  Non eravamo rimasti d’accordo di trovarci qua tutti per fare un ultimo brindisi al Giuan, o no?!?

Teo:         se l’è ira, ma sènsa càsa de mórt.  La sarà zemò sutràda….

                 sì è vero, ma senza cassa da morto. Sarà già sotto terra….

Tògn:      ma l’è mia la so chèla de càsa         ma non è la sua cassa

Teo:         e alùra? Se ölereset  fà?           e allora? Cosa vorresti fare?

Tògn:      öle fà stremè ól fürbù                voglio far spaventare il furbone

Teo:         mé gh’ó capìt negót                   io non ho capito niente

Tògn:      té, fides de mé,  che gh’ó zemò in del có töt

                fidati di me, ho in mente, già tutto

Don:         sciur Tògn, mé se gh’avrèss de fà?   signor Togn, io cosa dovrei fare ?

Tògn:      quàndo al ria che, al gh’avrà de fà capè chiaramént, che in de casèta gh’è det i rèscc  del  Giuàn

                 quando arriverà, dovrà far capire chiaramente, che dentro la cassetta ci sono i resti del Giuan

        

Don:         va be, alùra adèss ‘ndó. N’se èt dopo (esce di scena)

                 va bene, allora vado. Ci vediamo dopo

Scena 3a

Teo:         te Tògn, ma ól Giuàn al ghe stà mia dét in de casèta

                 Togn, ma il Giuan non ci stà dentro la cassetta

Tògn:      alùra te capìt negót, l’è töta öna finta    

                allora non hai capito niente, è tutta una finta

(rumore di un auto che si ferma)

Tògn:      magàre l’è lü, và  và!       forse sarà lui, vai vai!

Teo:         n’se èt dopo per ól füneràl del Giuàn (esce di scena)

                 ci vediamo dopo per il funerale del Giuan

Scena 4a

(Tògn si mette a pulire i tavoli per qualche istante, nel frattempo entra in scena Totò)

Tògn:      buongiorno, al desidera? (intantoTotò saluta togliendosi il cappello)

                buongiorno, desidera?

Totò:      un caffè

Tògn:     li spète ché, ghe l’ pórte söbet  (entra  nel bar, Totò  si siede e si guarda attorno. Riesce Tògn dal bar con vassoio, tazzina e bicchiere d’acqua)

              attenda qua, glielo porto subito

Totò:     grazie

Tògn:    prego! (torna al suo lavoro)

Totò:     bel posto questo

Tògn:     spöl mia lamentàs       non ci si può lamentare

Totò:     posso presentarmi? (si alza e porge la mano) Sono Totò Regina (stretta)

Tògn:     me só Antonio, detto Tògn        io sono Antonio, detto Togn

Totò:      bacio le mani, signor Tògn

Tògn:     gh’è mia bisògn           non c’è bisogno

Totò:     come scusate?

Tògn:     non c’è bisogno di baciarmi le mani

Totò:     ah, ah , ah (risata) che humor, che humor.  “bacio le mani” vuol dire che vi riverisco, che è un onore

Tògn:     isse l’và mei, mia de sbaüsàm sö       così va meglio, non di sbavarmi addosso

Totò:     ah, ah , ah (risata) divertentissimo signor Tògn. Ho la certezza che mi troverò molto bene in questo paese

Tògn:     còse?!? Lü al volerèss.... (fiutando l’intrusione inopportuna) adiritüra stabilés?

               cosa? Lei vorrebbe…. addirittura stabilirsi qua?

Totò:     sì, vorrei stabilirmi qui, definitivamente

Tògn:    (facendo il disinteressato) n’che manera? Come mai?    in che modo? Come mai?

Totò:     sono un agente finanziario ed ho saputo che in questo paese c’è stata una grossa vincita in denaro ed io vorrei consigliare, al fortunato vincitore, alcuni investimenti. Voi lo conoscete?

Tògn:    (sornione) eh?!? Se, se al cunusìe      eh?!? Sì, sì lo conoscevo

Totò:     come lo conoscevate? Lo conoscete!

Tògn:     se, se…          sì, sì

Totò:     ma scusatemi, quanti abitanti ha questo paese?

Tògn:     trenta

Totò:      allora,  è ora che si ingrandisca

Tògn:     spöl mia        non si può

Totò:      come no?

Tògn:     lü,  al gh’à present ól proerbe: “te fÀcc trenta…”

                lei,  conosce il proverbio: “hai fatto trenta….”

Totò:      come no? Hai fatto trenta, fai trentuno

Tògn:     che a Birondo spöl mia. Se te fét trenta, resta a trenta, ma se l’è vintenöv  l’è mei

               qui a Birondo non si può. Se hai fatto trenta, resta a trenta, ma se si è in ventinove è meglio

Totò:      non capisco, spiegatevi

Tògn:     (quasi sussurrando) gh’è la maledissiù (sornione)      c’è la maledizione

Totò:      come?

Tògn:     (ad alta voce) gh’è la maledissiù!!            c’è la maledizione!!

Totò:      oh!  voi campagnoli…. Dimenticavo, siete tutti superstiziosi… ma ditemi signor Tògn, cos’è questa maledizione?

Tògn:     l’è ól proèrbe al contrare          è il proverbio al contrario

Totò:      cioè?

Tògn:    quando ‘nvece de trenta n’dienta trentù, al süced sempre ün incidènt e arda a caso sempre al’ ölterm riàt (scuotendo la testa, facendo finta di essere addolorato)

             Quando invece di trenta si diventa trentuno, succede sempre un incidente all’ultimo arrivato

Totò:      non fatemi ridere. Ma tornando al motivo del mio interessamento, come si chiama il vincitore?

Tògn:     Giuàn, Giovanni Vivente

Totò:      dunque Vivente

Tògn:    magare, póer Giuàn            magari,  povero Giuan

Scena 5a

(Entra in scena Don Matteo con l’urna in mano)

Don:       buongiorno sciur Totò

Totò:      riverisco Don Matteo

Don:       l’me scüse Tògn, la mète  ‘ndoè? (mestamente)

               mi scusi Togn, dove la metto?

Tògn:     la làse ché söl tàol, la porte ‘ndét mé dopo (Don la appoggia sul tavolo di Totò)

              la lasci qui sul tavolo, la porto dentro io, dopo

Don:     (accarezzando l’urna) adess ‘ndó n’ césa a preparaga ól füneràl al póer Giuàn

                                              adesso vado in chiesa a preparare il funerale del povero Giuan

Tògn:    (pure lui accarezza l’urna) ah, se póer Giuàn      ah, sì povero Giuan

Don:     al trate bé la sööltima dimora          tratti bene la sua ultima dimora

Tògn:   a ghe pense mé,  ala sö öltima dimora,  del’  ex Vivente Giovanni (Totò comincia a sentirsi a disagio)

             ci penso io, alla sua ultima dimora, dell’ex Vivente Giovanni

Don:     (guardando il cielo e poi l’urna) pace all’anima sua e riposi in pace

Tògn:   amen!

Don:     l’ ghe scüse sciur Totò, ól dulùr per la perdita del Giuàn l’è tròp grànd

             ci scusi signor Totò, ma il dolore per la perdita del Giuan è troppo grande

Totò:   prego, prego (in imbarazzo)

(Don esce di scena)

Scena 6a

Totò:      scusatemi, ma quest’urna sarebbe di …

Tògn:    (mestamente) del fu Giovanni Vivente, detto Giuàn

Totò:      ma allora non è più Vivente

Tògn:    e pensà che düminica pasàda l’era ól piö ìf de töcc, m’ à fàcc la partìda al balù e lü al portàa la sò gloriosa maglia nömer trentü e dopo, la maledissiù l’ à colpìt. L’era l’ölterm riàt (fazzoletto asciugandosi gli occhi)

             ricordo che domenica scorsa era il più vivo di tutto, abbiamo persino giocato la partita al pallone e lui portava la sua gloriosa maglia numero 31 e dopo, la maledizione l’ha colpito. Era l’ultimo arrivato

Totò:      (sempre più agitato ed impaurito) ma lui è tutto qui,  in quest’urna!

                È stato cremato?

Tògn:     no, l’è mia stàcc cremàt        no, non è stato cremato

Totò:      ma allora…

Tògn:    la maledissiù sta ölta,  l’è stàcia tremenda. Se, l’è finìt in del mietitrebbia

              la maledizione questa volta, è stata tremenda. Sì, è finito nel mietitrebbia

Totò:      e adesso,  quanti abitanti rimangono?

             

Tògn:    sensa ól Giuàn, trenta!          senza il Giua, trenta!

Totò:      (si alza impaurito) allora non ho più ragione di rimanere. Immagino che i soldi siano tornati allo Stato

Tògn:    immagini, immagini

Totò:      (frettolamente) il caffè, il conto per il caffè

Tògn:    ól café? Offre la ditta                  il caffè? Offre la ditta

Totò:      grazie, grazie (esce frettolosamente di scena)

Tògn:    (guarda il cielo) grassie Giuàn, ‘Ndèm dét a preparàs per ól füneràl 

              (prende l’urna ed entra nel bar)

              grazie Giuan. Andiamo a prepararci per il funerale

Scena 7a

(Si sente la sgommata di un auto che parte a gran velocità. Entra in scena il meccanico  Ottone con tuta da lavoro, chiave inglese e straccio in mano)

Ottone:  adà che manera de tratà i machine. Dopo i vé de mé perché i va piö e i me ‘mpienés de laurà. Tògn! Tògn! Tògn (esce Tògn)

                che sistema di trattare le macchine. Poi vengono da me perché non partono più  e così mi soffocano di lavoro. Togn! Togn! Togn

Tògn:      ciao Utù,  gh’ét bisògn?     ciao Ottone, hai bisogno?

Ottone:   se, gh’ó bisògn che té la fenéset de mandàm là la zet a telefunà in officina

                Sì, devi smetterla di mandarmi là, in officina, la gente per telefonare

Tògn:       póta, scüsem Utù, ma te l’set che ‘ndóe gh’óól telefono, ch’è gnemò sö la ringhiera e gh’ó pùra chi me bùrle zó in del làc

                scusami Ottone, ma lo sai che dove ho il telefono, non ho ancora la ringhiera e    ho paura che la gente mi cada nel lago

Ottone:   mètela sö la ringhiera alùra! Mé só mia ól centralì dela SIP! A só ü mecànec

                allora, metti la ringhiera! Io non sono il centralino della SIP! Sono un meccanico

Tògn:      te gh’ét rezù. Apéna  me ria i sólcc,  la mète sö. A propóset,    quando i te rierà i sólcc, cosa farét?

                hai ragione. Appena mi arrivano i soldi, la sistemo. A proposito, quando ti  arriveranno i soldi, cosa farai?

Ottone:  a mé? Prima de töt cómpre ü pùt elevadùr növ e pó dopo mète sööna bèla insegna fò del ‘oficina con sö scrìcc “da ottone il re del pistone”. Chèla l’ó zemò urdinàda!

                Io? Prima di tutto acquisto un nuovo ponte elevatore e dopo metto una bella insegna fuori dall’officina con scritto “da ottone il re del pistone”. Quella l’ho già ordinata!

Tògn:      alùra, te ‘ndarét  ‘nàcc amò a laurà?   allora, continuerai a lavorare?

Ottone:   certo! Töcc n’gh’à de laurà amò, se nò chel paìs che, al mör

                certo! Tutti dobbiamo continuare a farlo, altrimenti questo paese muore

Tògn:      te gh’ ét rezù, ma adèss va a cà a cambiàs. De che ‘mpó,  gh’è ól  füneràl del  Giuàn

                 hai ragione, ma adesso vai a casa a cambiarti. Tra un po’ c’è il funerale del Giuan

Ottone:   pöde mia, fìl sensa de mé, a gh’ó de consegnà dò machine per dumà matìna, ól Giuàn a l’sà che mé gh’ó mia tép de pèrd…. Te salùde

                 non posso, fatelo senza di me, devo consegnare due macchine per domani mattina, il Giuan lo sa che non ho tempo da perdere…. Ti saluto

Tògn:      alùra,  ‘ndó ‘ndét a fenè i preparatìv per dopo ól füneràl (entra nel bar)

               allora, entro per finire i preparativi per il dopo funerale

Scena 8a

(Ottone sta per uscire di scena  ed  entra  Candida che lo incrocia)

Candida:      pöde issè spetàla la me bicicleta, se chèl che l’ gh’à de giüstala l’è al’ osteréa

                      posso così aspettare la mia bicicletta, se quello che la deve aggiustare è all’osteria

Ottone:         al só gnàa de èghela là mé,  la tò biciclèta! E se la gh’è,  la giösterà ól Luigino

                      non so nemmeno di averla la tua bicicletta! E se ci fosse, la aggiusterà il Luigino

Candida:      pès da ‘ndà de nòcc! Ól tò neut,  l’è sempre  in gìr có l’Ettore, óter che giüstàm la biciclèta

                     peggio di andare di notte! Tuo nipote, è sempre in giro con Ettore, altro che   aggiustarmi la bicicletta

Ottone:         se gh’è de mal? L’è ól sò pàder          è cosa c’è di male? È suo padre

Candida:      se, pàder illegittimo!       Sì, padre illegittimo!

Ottone:         ta gh’ét la lengua che la taia ól fer. Quàse, quàse te fó la propòsta de ègn a laurà de mé, che almeno te faró taià i bulù,  con chèla lenguàsa lé

              hai la lingua che taglia il ferro. Quasi, quasi ti faccio la proposta di venire a lavorare da me, almeno ti farò tagliare i bulloni, con quella linguaccia

Candida:      a te Utù,  crapù!      a te Ottone, testone!

Ottone:         (allontandosi e uscendo di scena) a te Candida, petònega!!!

                                                                                a te Candida, pettegola!!!

Scena 9a

(Esce Pinèta dal bar)

Pinèta:          se gh’è cosè de usà? Adà  che gh’è che la sciura Candida

                      cosa c’è da urlare? Guarda chi c’è, la signora Candida

Candida:       sciura?!? Te m’èt sèmper ciamàda  “l’acida candida” e adès invece só dientàda sciura?

             signora?!? Mi ha sempre chiamata “l’acida candida”  e adesso invece sono diventata signora?

Pinèta:          ma schersàe. Tògn, Tògn! A che gh’è riàt la nòsta Candida

                      ma scherzavo. Togn, Togn è arrivata la nostra Candida

Scena 10a

(Esce Tògn, tutto sorridente)

Tògn:           ma che bèla sorpresa, sèntet zó Candida

                     ma che bella sorpresa, siediti Candida

Candida:       No!!

Pinèta:          ‘Ndó a töt öna fèta de turta e ü bel cafè, va be?

                      vado a prenderti una fetta di torta e un bel caffe, va bene?

Candida:       sirchì mia de cumpràm, óter dù

                       non cercatemi di corrompermi, voi due

Tògn:          compràt?!?   Ma cosa pènset?   L’è dóma  che nóter  n’sé issè contécc de condivid la nòsta fratellanza (fa segno dei soldi, sfregandosi pollice e indice) fra töcc i paisà. Né  Pinèta?

                     corromperti?!? Ma cosa pensi? È solo che noi siamo così contenti di condividere la nostra fratellanza con tutti i paesani. Né Pineta?

Pinèta:          óter che fàcc! (pure lei fa segno indice e pollice)

                      proprio così!

Tògn:            ü gelatino Candida?      un gelatino Candida?

Candida:       no e pó no!!!                  no e poi no!!!

Pinèta:          ü cognachino? Per festegià, per festegià la tò condivisiù (sempre facendo segno i soldi) con töcc nóter

             un cognachino? Per festeggiare, per festeggiare la tua condivisione con tutti noi

Candida:       o dìcc,  che mé con vóter,  a condivide ü bel negót!

                      ho detto, che io con voi, non condivido un bel niente!

Tògn:            sö dai, come farét dopo, ché in paìs, a vardà  n’dì öcc töcc i tò concitadì? È…?

                      su dai, come farai dopo, qui in paese, a guardare negli occhi i tuoi concittadini? E’?

Candida:       gh’è mia problemi, perché óter sarì ‘ndàcc töcc…. in galera!!!

                       non ci sono problemi, perché voi sarete tutti …. in galera!!!

Pinèta:           alcidia

Tògn:            stréa (entrando ambedue i coniugi nel bar)         strega

Candida:       sciupì töcc!!!                                                            scoppiate tutti!!!!

Scena 11a

(Entrano in scena Teodoro e Luisella)

Teo:                 no Luisella, se n’ parla mia         no Luisella, non se ne parla

Luisella:          ó Teodoro, immagina che bèl, mé e té söla nàv  “love boat”

                         oh Teodoro, immagina che bello, tu ed io sulla nave “love boat”

Teo:        no, no e po no!! (si accorge di Candida e cambia atteggiamento)                     E  ‘nvece  co la me Candida ‘ndarèss ölentera a fà ü bèl viazèt, per festegià ‘nsèma ól nòst   “patto d’alleanza”

                        no, no e ancora no!!

                        E invece con la mia Candida, andrei volentieri a fare un bel viaggetto, per festeggiare insieme il nostro“patto d’alleanza”

Candida:          l’è mei che tè  ‘ndàghet in crociera con chèla lé, però söl  “titanic”

                         Sarebbe  meglio che tu vada in crociera con quella lì, però sul “titanic”

Luisella:           sciura Candida, nóter n’sè töcc gentili con lé,   lé invece….

                          signora Candida, noi siamo tutti gentili con lei, lei invece…

Candida:          gentili?!? Pròpe té te parlét. A te sighètet a rubàm i sólcc

                          gentili?!? Proprio tu parli. Continui a rubarmi i soldi

Luisella:           mé rubàga i sólcc? Me par própe mia

                          Io rubarle i soldi? Non mi sembra

Candida:         se própe! Póa stamatìna té m’ét mandàt sö ól pà stantìt e mé, te paghe mia

                      si proprio! Anche stamattina mi ha fatto avere il pane raffermo ed io, non te  lo pago

Teo:                 cara la me Candida, al sét cosa fó?    cara la mia Candida, sai cosa faccio?

Candida:          se farèsett, lifròc?   cosa faresti,  perditempo?

Teo:             per onorà la nòsta alleansa e amicissia, per ü mìs,  te porteró sö mé ól pa, apena sfornàt, bèl cólt e l’paghèró mé, ól sìndec  in persuna

              per onorare la nostra alleanza ed amicizia, per un mese, ti porterò io il pane  appena sfornato, bello caldo e lo pagherò io, il sindaco in persona

Candida:          e mé gh’avrèss de èd la tò facia tóte i matìne prèst?

                         ed io dovrei vedere la tua faccia tutte le mattine presto?

Teo:             ebbene sì (pomposamente e con gran sorriso)

Candida:     lasa stà, l’pagheró mé ól me de pà e adèss ‘ndì a butàss töcc dù ‘ndel làc

                    Lascia perdere, lo pagherò io il mio pane e adesso andate tutti e due a gettarvi nel lago

Teo:             ma la nòsta amicissia? Ól nòst   “patto d’alleanza”? (facendo segno i soldi)

                     ma la nostra amicizia? Il nostro “patto d’alleanza”?

Candida:     quaela de amicissia?!?   quale amicizia?

Teo:             (a voce bassa) ü trentésem del malloppo,  de trenta miliarcc

                    un trentesimo del malloppo, di trenta miliardi

Candida:     l’set cosa te dìse? Mé ve denùnce töcc e ciàpe ól des per cent come prevéd la lège in chesti casi. “due piccioni con una fava”. Óter töcc in galera,  e mé sciura e despermè. E adèss fò di pe e lassìm  pasà (esce di scena)

                     sai cosa ti dico? Io vi denuncio tutti e prendo il dieci per cento come prevede la legge in questi casi  “due piccioni con una fava”. Voi tutti in galera ed io ricca e da sola, e adesso fuori dai piedi e lasciatemi passare

Luisella:        ó poera dòna, sempre issé aduluràda!   

                      oh  povera donna, sempre così addolorata!

Teo:               cose??? Luisella, chèla le,  ghe  fa ègn a nóter i dulùr, óter che aduluràda

                       cosa? Luisella, quella li, ci fa ammalare tutti, altro che addolorata

Luisella:      ól me Salvo me l’ dizia sèmper: ”la Candida l’è issé perchè ghe manca ól bastù dela vecchiaia”

                     il mio Salvo mi diceva sempre: “la Candida è così perché le manca il bastone della vecchiaia”

Teo:              ghe l’dó mé ól bastù dela vecchiaia a chèla le. Se, söl filù dela schena

                      glielo dò io il bastone della vecchiaia a quella. Sì, sulla schiena

Luisella:      Teodoro, öle mia sèntet parlà issé! Se no te me piàzet piö

                     Teodoro, non voglio sentirti parlare cosi! Altrimenti non mi piaci più

Teo:              mé, pretende mia de piazét, Luisella...

                     io, non pretendo di piacerti, Luisella…

Luisella:      cos’è?!? Te pretèndet mia de piazém? (rattristandosi. Pausa, comincia ad asciugarsi gli occhi con il fazzoletto)

                     che cosa?!? Tu non pretendi di piacermi?

Teo:             cioè,  ülie dìt (accorgendosi di aver ferito Luisella) A gh’è ól to Salvo ‘ndel tò cör

                      cioè, volevo dire. C’è  Salvo nel tuo cuore

Luisella:      per fórsa, finché gh’è nissü che l’ ciàpa ól sò pòst!

                    per forza, finchè non c’è nessuno che prende il suo posto!

Teo:             ma l’è mia ‘mpó  tròp prèst ?!?

                    ma non è troppo presto?!?

Luisella:      i è pasàcc sìc àgn e ól minimo sindàcal de vedovansa,  l’ó fàcc

                    sono passati cinque anni e il minimo sindacale di vedovanza, l’ho fatto

Teo:             ‘ntendie mia chèl, parlae de mé          non intendevo quello, parlavo di me

Luisella:      Teodoro, te regorde che te gh’èt quàse cinquant’ àgn

                     Teodoro, ti ricordo che hai quasi cinquant’anni

Teo:             se, ma mé me par de èss amò ü scèt

                     sì, ma mi sembra di essere ancora un ragazzo

Luisella:      a l’è per chèsto che te me piàzet             è per questo che mi piaci

Teo:             e só anche ‘mpó saàdec                          è anche un pò selvatico

Luisella:      adèss Teodoro, basta schersà (si accorge dell’arrivo del Don)

                     Riverisco  Don Matteo

                     adesso Teodoro, basta scherzare. Riverisco Don Matteo

Scena 12a

(Entra in scena il Don,  turbato)

Don:     buongiorno a töcc dù, scüsim ma só ‘mpó turbàt

             buongiorno a tutti e due, scusatemi ma sono un pò turbato

Teo:     per cosè Don?       per cosa Don?

Don:     al sà sciur Teodoro, di ölte pense che ó sbagliàt la missiù dela me éta

             lo sa signor Teodoro, a volte penso di aver sbagliato la missione della mia vita

Luisella:       al dìze mia issé Don, per cosè pó?

                     non dica così Don, per cosa poi?

Don:          sere drée a fà dù tir al balù cól Luigino, quàndo ó ést rià la sciura Candida töta impetida. In chel momènt ól Luigino l’à ciapàt sö ól balù, l’è saltàt söla biciclèta e l’è ‘ndàcc vià de corsa

                  stavo facendo due tiri al pallone con Luigino, quando ho visto arrivare la signora Candida tutta impettita. In quell’istante Luigino ha preso il pallone, è salito sulla bicicletta ed è scappato di corsa

Teo:              per fórsa, l‘  è ü bel elemènt ól Luigino, l’avrà cümbinàt vergót

                      per forza, è un bel furbetto  Luigino, avrà  combinato qualcosa

Don:             ma no…  nóter n’séra dré a fà dù tir al balù, ma la sciura Candida l’à cuminciàt a usà,  che chèla l’éra la sò biciclèta

              ma no...  stavamo giocando al pallone, ma la signora Candida ha cominciato a gridare, che quella era la sua bicicletta

Teo:               l’sere mé che l’era cümbinàt ergót,  chel birbant. Ma lü? Se l’ghe èntra?

                     lo sapevo che aveva combinato qualcosa, quel birbante. Ma lei? Cosa c’entra?

Don:           al sò mia! La me s’è presentàda de nàcc e mé gh’ó dìcc “Buongiorno sciura Candida”

                     non lo so! Mi si è parata davanti ed io le ho detto “Buongiorno signora Candida”

Luisella:        ‘ncö l’è mia própe ü bèl de per la sciura Candida

                       oggi non è proprio un bel giorno per la signora Candida

Don:             ‘nfatti! L’è sciopàda compàgn d’ü balù e la m’à dìcc che condivide ól me tép coi làder… de svergognàm. Mé gh’ó dìcc che ól Luigino l’è scèt del Signor come töcc nóter e lé la m’à dìcc  che ól Luigino l’è fröt dèla lussuria           del’ Ettore e dela Caterina e dunque póa mé só ü lussurioso. E per fenè, la m’à dìcc che só ü corrotto come töcc i abitancc de Birondo e de ‘ndà            al’ inferno,  pó l’è ‘ndacia vià. Èco perché só turbàt!

                     iInfatti! È scoppiata come un pallone e mi ha detto che condivido il mio tempo con i ladri... di vergognarmi. Io le ho detto che Luigino è figlio di Dio come tutti noi e lei mi ha risposto che Luigino è il frutto della lussuria di Ettore e Caterina e quindi anche io sono un lussurioso. E per finire, mi ha detto che sono un corrotto come tutti gli abitanti di Birondo e di andare all’inferno, e poi se ne è andata. Ecco perchè sono turbato!

Teo:          l’ghe fàghe mia caso, le l’è rabbiusa per via dela vincita, per la condivisiù di trenta miliàrcc. Lé,  l’è mia decórde!

                     Non le faccia caso, lei è arrabbiata per via della vincita, per la condivisione di trenta miliardi. Lei non è d’accordo!

Don:         ma mé l’ó fàcc per ès solidale con töcc vóter, per dàga ‘mpó de sólcc ala parocchia e i missiù

                      ma io l’ho fatto per essere solidale con tutti voi, per dare un pò di soldi alla parrocchia ed alle missioni

Luisella:       e l’à fàcc be!   E   l’se preocupe mia per  i parole dela sciura Candida…   i è detade del só dulùr

                      e ha fatto bene! E non si preoccupi per le parole della signora Candida. Sono dettate dal suo dolore

Don:            a mé, me someàa che la stès benone

                    a me sembrava, che stesse benone

Luisella:     l’è perché ghe manca ól bastù dela vecchiaia… e lü ‘ndàghe nàcc cóla sò missiù

                    è perchè le manca il bastone della vecchiaia... e lei vada avanti con la sua missione

Don:           grassie sciura Luisella, alùra mé ‘ndarèss dét del sciur Tògn e per la sciura Candida la perdùne. Ànse! (idea) quàndo i ria i sólcc, ól bastù gh’él cùmpre mé e gh’él regàle (entra nel bar)

                     grazie signora Luisella, allora io vado dal signor Togn e per la signora Candida la perdono. Anzi quando arriveranno i soldi, il bastone glielo compro io e glielo regalo

Teo:              l’à mia capìt tàt ól Don           non ha capito tanto il Don

Luisella:       per cosè?!?                            per cosa?!?

Teo:              per ól bastù!                           per il bastone!

Luisella:       a proposét de bastù, per turnà a nóter dù, chesto l’mé da rezù.  Töcc nóter   n’gh’ avrèss de èga ól bastù dela vecchiaia

             a proposito di bastone, per tornare a noi due, questo mi dà ragione. Tutti noi dovremmo avere il bastone della vecchiaia

Teo:              mé no!!         io no!!

Luisella:       té se ‘nvece,   e piö de mé… perché mé só amò zuena, ma té… mia tàt

                      tu sì invece, e più di me... perchè io sono ancora giovane, ma tu... non tanto

Teo:              se ölerèsset dì?       cosa vorresti dire?

Luisella:       (prende a braccetto Teo) Teodoro, acompagném ü momènt a cà che te li   spieghe

                     Teodoro, accompagnami a casa un attimo che te lo spiego

Teo:              slàrghes mia fò tròp adèss              non allargarti troppo adesso

Luisella:       Teodoro, te se dre a rià al’ età de èga bisògn del bastù dela vecchiaia e te    piaseress mia che mé e té….   ‘nsóma… (occhi dolci)

                     Teodoro, ti stai avvicinando all’età di aver bisogno del bastone della  vecchiaia e non ti piacerebbe che io e te.... insomma

Teo:           be, a dì la erità, só mai stàcc in crociera col bastù, cioè ülie dì con ön’ótra persùna

                     Be, a dire la verità, non sono mai stato in crociera con il bastone, cioè volevo dire con un’altra persona

Luisella:       e alùra ‘ndèm bambusù, mé e té söla nav (sospiro)     “love   boat”                                    (si stanno avviando a braccetto fuori scena ma incrociano Caterina)

                     e allora andiamo bamboccione, io e te sulla nave “love   boat”                                    

Scena 13a

Caterina:      buongiorno sciur sindèc e ciao Luisella. Scüsìm, ma sere egnìda sö a tö ól pà ma ó troàt töt seràt e adèss capése ól perche…..

                      buongiorno signor sindaco e ciao Luisella. Scusatemi, ma ero salita a prendere il pane ma ho trovato la bottega chiusa e adesso capisco il perché…

Luisella:     ah, se scüsem, ma ó ‘ncontrat ól Teodoro e me só piö regurdàda de dervé bütiga,  ma rimedie söbet. Va pür a cà Caterina,  ól pà te l’ porterà ól Teodoro piö  tarde   “servizio a domicilio”

                     ah, sì scusami, ma ho incontrato Teodoro e mi sono dimenticata di aprire bottega, ma rimedio subito. Vai pure casa Caterina, il pane te lo porterà Teodoro più tardi  “servizio a domicilio”

Teo:              àda che mé fo ól sindèc, mia ól garzù de bütiga

                      ti faccio notare che io sono il sindaco,  non il garzone di bottega

Luisella:     Teodoro! Te preghe, bisògna cumincià a colaborà se te ölet ‘ndà in crociera col tò bastù dela vecchiaia (si avviano fuori scena. Teo borbotta un pò. Caterina sorride scuotendo la testa. Quando Teo e Luisella sono usciti di scena, Caterina uscirà dall’altra parte, ma in quel momento entra Ettore un pò affannato in tuta da lavoro)

               Teodoro! Ti prego, occorre collaborare se vuoi andare in crociera con il tuo  bastone della vecchiaia

Scena 14a

Ettore:        ò, meno màl che t’ó truàda! A ghè riàt i insègne e té, te gh’ét de firmà la riceüda

                    oh, finalmente che ti ho trovata! Sono arrivate le insegne e tu devi firmare la ricevuta

Caterina:    al pöl mia firmà ól me papà?      non può firmarle mio padre?

Ettore:       no, ól tò pàder l’à dìcc che l’ firma dóma per l’insègna con só scrìcc “ottone il re del pistone” e sicome té te sèt la titolàr del distribudùr, te gh’ét de firmà per chèla con só scrìcc   “caterina la regina della benzina”

                   no, tuo padre ha detto che lui firma solo per l’insegna con scritto “ottone il re del pistone”  ma siccome tu sei la titolare del distributore, devi firmare per quella con scritto “caterina la regina della benzina”

(Caterina si avvicina ad Ettore e annusa. Poi si allontana un po’)

Ettore:       (sconsolato) o no! Dìm mia che adèss che ó endìt töcc i pursèi e me só metìt a fa ól mecànec col tò pader, te a mia bé gnàa chèsto

                     o no! Non dirmi che adesso che ho venduto tutti i maiali e mi sono messo a fare il meccanico con tuo padre, non ti va bene nemmeno questo

Caterina:    (si avvicina  e  annusa) öle de mutur (annusa ancora)  gasolio (annusa) e ‘mpó de diluènt

                    Olio di motore, gasolio e un po’ di diluente

Ettore:        te assicüre che me só laàt zó col  “sapone ai lamponi superconcentrato”

                   ti assicuro che mi sono lavata con il “sapone ai lamponi superconcentrato”

Caterina:    alùra,  la prosima ólta,  làet zó col saù de marsiglia

                   allora, la prossima volta, lavati con il sapone di marsiglia

Ettore:        capese mia…          non capisco….

Caterina:    i udùr che te gh’et adòss                          gli odori che hai addosso

Ettore:        dìm mia che i contràsta col saù ai lamponi superconcentrato?

                    non dirmi che contrastano col sapone ai lamponi supercontrato?

Caterina:    i udùr che te gh’et adòss, i è i udùr dela me éta, dela me esistènsa

                   gli odori che hai addosso, sono odori della mia vita, della mia esistenza

Ettore:        capese mia….                                      non capisco…

Caterina:  capéset mia? Me só cresìda in mès a chèsce udùr, i udùr del laurà e dela fadìga del me pàder per pöde tira ‘nàcc

                  non capisco? Io sono cresciuta in mezzo a questi odori, odori del lavoro e della fatica di mio padre per riuscire a tirare avanti

Ettore:      se, però adèss, coi sólcc dela vincita,  nóter a n’ laurerà piö, n’ farà laurà chi óter issè n’poderà mèt de banda la fadìga

                   Si, però adesso, con i soldi della vincita, noi non lavoreremo più, faremo lavorare gli altri e così potremo mettere da parte la fatica

Caterina:    no e po no! Ól laurà bisògna che n’ sighète a fàl nóter del paìs

                    no e poi no! Siamo noi del paese, che dobbiamo continuare a lavorare

Ettore:        ma alùra, a cosa l’è servìda la vincita?

                    ma allora, a cosa è servita la vincita?

Caterina:  per esempe, ‘nvéce de ‘ndà dela fornarella a tö la michèta, spöderà tö la baghette! Del Tògn a n’bierà ól champagne ‘nvece dela bira e ‘nvece de fà desméla de benzina,  sfarà ól pieno. E piötost  de tö öna machina de seconda ma,  spöderà töela nöa!

                  Per esempio, invece di andare dalla fornarella a comprare la michetta potremmo chiedere la baghette! Del Togn berremo champagne invece della solita birra e invece di diecimila di benzina, si potrà fare il pieno. E piuttosto di acquistare una macchina di seconda mano potremmo comprarla nuova!

Ettore:      a l’gh’à resù ól Luigino! In chèsto paìs,  al cambierà negót… udùr de pursèi o udùr de öle de mutur, sempre udùr de laurà e de fadìgà

                   ha ragione Luigino! In questo paese, non cambierà niente… odore di maiali o di olio di motore, sempre odore di lavoro e di fatica

Caterina:    e ‘nvéce no. (si avvicina) Per té e per mé,  l’è cambiàt töt

                   e invece no. Per me e per te, tutto è cambiato

Ettore:        a see?!? In che manera Caterina?    a sì? In che modo Caterina?

Caterina:   (eccitata) quàndo te laùret, me piaserèss vèdet con sö öna canottiera blö o nigra

                  quando lavori, mi piacerebbe che indossassi una canottiera blu o nera

Ettore:        se,  (ridendo) come ól mecanec di  “village people”

                    Sì, come il meccanico di “village people”

Caterina:     seeee (eccitata)           sìììììììì

Ettore:        e magàre  con öna quàc smàge de öle söi bras e töt südat

                    e magari con qualche macchia di olio sulle braccia e tutto sudato

Caterina:   seeee (sempre più eccitata)       sìììììììì

Ettore:        con  ü tai in de canottiera nigra     con un taglio nella canottiera nera

Caterina:    seeee                sìììììììì

Ettore:        e magàre.....           e magari…..

Caterina:    basta!  ‘ndèm a cà a firmà e dopo…..

                    basta! Andiamo a casa a firmare e poi……..

Ettore:        o  Caterina … ‘ndèm söbet  (escono di scena)

                    Oh  Caterina… andiamo subito

(Si oscura il palcoscenico)

Scena 15a

(Si riaccendono le luci facendo intendere che è passata qualche ora. Entrano tutti in scena. Teodoro e Luisella a braccetto, Ettore e Caterina, Pinèta stà facendo qualche cosa ai tavoli)

Pinèta:       Tògn i è riàcc, esà  ‘nfò (escono dal bar Tògn e il Don)

                    Togn sono arrivati, esci

Tògn:         ben riàcc a töcc. Sentìv zó, cumudìs (tutti si accomodano) Bene, al comincia lü Don?

                   ben arrivati a tutti. Sedetevi, accomodatevi. Bene, comincia lei Don

Don:           decórde  (colpo  di  tosse). Siamo  tutti qui  riuniti,  per  rendere omaggio all’anima del nostro caro Giuàn, per l’ultima volta in questo luogo di svago Io, come pastore di questo gregge, vorrei…..

                   d’ accordo. Siamo tutti qui……….

Tògn:        (con allegria falsamente nostalgica) l’me scüse Don,  lü l’à predica la zèmò facià in césa prima, per ól füneràl. Ché, parle mé: “Giuàn, n’ völ nóter regurdàt in di tò tép piö bei, té in sèla ala tò móto (allegramente commosso) coi caei in dré, sèmper soridènt

                    mi scusi Don, ma la predica l’ha già fatta in chiesa prima, per il funerale. Qui parlo io. “Giuan, noi vogliamo ricordarti nei tuoi tempi migliori, tu in sella alla tua moto, con i capelli al vento, sempre sorridente

Teo:            l’è ira, al gh’era sèmper i musì söi décc

                   è vero, aveva sempre i moscerini sui denti

Tògn:        per piaser Teo, l’me par mia ól momènt de schersà, anche se ól Giuàn l’avrèss sèmper ülit schersà. Póa quando,  ü mis fà, ghe slisàt vià la móto e la spacàt la gamba. L’ m’ à dìcc (allegramente commosso) “Caro Tògn, forse só dre a ‘nvegià” (pausa ad effetto) ‘Nvegià?!? Ma té Giuàn,  te set ól migliùr de töcc nóter, che òm, töcc nóter….

                   per piacere Teo, non mi sembra il luogo per scherzare, anche se Giuan avrebbe sempre voluto scherzare. Anche quando, un mese, gli è scivolata la moto ed ha spaccato la gamba. Mi ha detto ”Caro Togn, forse stò invecchiando”.  Invecchiare? Ma tu Giuan, sei il migliore di tutti noi, che uomo, tutti noi……

Scena 16a

(Entra in scena l’ispettore che starnutisce. Tutti si irrigidiscono e fanno per girarsi, ma un colpo di tosse del Tògn, richiama l’attenzione. L’ispettore se ne stà in disparte ed osserva)

Tògn(accorgendosi dell’ispettore cambia atteggiamento diventando profondamente commosso) töcc nóter n’sentia ól calùr dela tò amicissia (prende il fazzoletto e comincia ad asciugarsi gli occhi). La nòsta amicissia, per mé, l’era ól dono piö grànd (ispettore comincia a commuoversi) Se… mé rimpiange ól me amìs (pausa, guardando Teodoro)  Teo, Teodoro Dilegno, tragicamént mancàt ala nòsta compàgnéa (sorpresa generale, contenuta). Teodoro, Teodoro,  te me mancherét (intanto Teo si commuove) e crède che te mancherét tant póa al Giuàn. Se, ól tò amìs Giovanni Vivente che,  denàcc a mé (indicando Teo). Sö dai Giuàn, al Teodoro ghe farèss mia piaser a èdet lücià (Teo si ricompone). Se Teodoro, te ghe mancherét, la tò bontà e la tò sincerità la ghe mancherà… Se, perchè nóter m’à perdìt ön amis grànd, ól nòst Teodoro,  né Giuan? (Teo annuisce commosso) E chi l’ pèrd ön amis,  al tróa …. (non riesce ad andar avanti. Pausa di concentrazione, starnuto dell’ispettore che si avvicina a Teo con l’assegno in mano. Anche l’ispettore è commosso)

                   tutti noi sentivamo il calore della tua amicizia. La nostra amicizia, per me, era il dono più grande. Sì… io rimpiango il mio amico Teo, Teodoro Dilegno, tragicamente scomparso alla nostra compagnia. Teodoro, Teodoro, mi mancherai e credo che mancherai tanto anche al Giuan. Sì, il tuo amico Giovanni Vivente qui, davanti a me. Su dai Giuan,  Teodoro non sarebbe contento di vederti piangere. Sì, Teodoro ci mancherai tanto, la tua bontà e la tua sincerità ci mancherà… sì, perché noi abbiamo perso un grande amico, il nostro Teodoro, né Giuan? E chi perde un amico, trova……..

Ispettore:    Signor Giovanni, mi scusi se sono inopportuno, ma le consegno questo assegno, con la speranza che attenui, in parte,  il  dolore per la perdita del suo grande amico. Mi permetta di concludere la frase del signor Antonio: chi perde un amico come il signor Teodoro, troverà sempre il modo di ricordarlo e a mio modesto parere, da quello che ho capito, lui vi ha lasciato una grande eredità morale

(L’ispettore porge l’assegno a Teo, gli stringe la mano ed esce di scena. Tutti in silenziosa concentrazione. Dopo qualche istante si sente il rumore di un motore che si accende e se ne va. Tutti si rilassano visibilmente. Teo è ancora commosso)

Tògn:        ma adès che l’ispetù l’è ‘ndàcc, Teo fàm vèd  che l’asègn le

                  ma adesso che l’ispettore se n’è andato, Teo fammi vedere l’assegno

(Teo dà l’assegno a Tògn che lo mostra platealmente a tutti. Si comincia in qualche modo a festeggiare, le donne entrano ed escono dal bar coi bicchieri e bottiglie, strette di mani ecc. ecc.)

Teo:         l’è ira chèl che dìcc, Tògn, sö de mé, cioè söl Giuàn che sarèss mé, ma lü l’è mórt e mé no… (confusione)

                   è vero quello che hai detto, Togn, su di me, cioè del Giuan che sarei io, ma lui è morto ed io…

Tògn:         té, te set gnemò mórt! Ma ó nutàt che ergù la dervìt öna breccia  ‘n del cör del me amìs  e alura  a ‘n fà  ü brindisi  póa  per chesto  e  pense  che ól Giuàn al sarèss decórde

             tu, non sei ancora morto! Ma ho notato che qualcuno ha aperto una breccia nel cuore del mio amico e allora facciamo un brindisi anche per questo e penso che Giuan sarà d’accordo

Scena 17a

(Entra Candida di gran carriera)

Candida:   si desmentegàcc de mé, bröcc delinquèncc! E alùra, n’dó söbet a telefunà ala  polisia (parte di gran carriera ed entra nel bar)

                   vi siete dimenticati di me, brutti delinquenti! E allora, vado subito a telefonare alla polizia

Tògn:        stà atènta, gh’è gnemò sö la ringhiera! te pöderèset………..

                  stai attenta, non c’è ancora la ringhiera! Potresti……..

(Si sente un urlo che si affievolisce fino a cossare. Tutti tacciono immobili, mani sulle bocche. Ma poi,  piano, piano scambi di sguardi.

Tògn per primo, dalla serietà passerà ad un sorriso sempre più accentuato, silenzioso. Poi, anche sugli altri visi, si allargheranno degli ampi e silenziosi sorrisi. Il Don invece, guarderà il cielo a mani giunte e farà il segno della croce.)

Si chiude il sipario.

FINE