Chi ruba un piede è fortunato in amore

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Chi ruba un piede è fortunato in amore

Chi ruba un piede è fortunato in amore

di Dario Fo

elenco personaggi:

Tassista - primo domino - secondo professore

Amico - secondo domino - primo professore

Signorina

Ingegnere

Imprenditore - marito

Dafne - signora

Medico

Agente

ATTO PRIMO

SCENA PRIMA

Nel buio si stagliano i profili di statue bianche e di colonne allineate su due ordini continui. Preannunciati dai fasci di luce delle loro lampade elettriche, entrano due uomini con tanto di palandrana e cappuccio da domino. Provengono da lati opposti della scena. Si puntano l'un l'altro la lampada in faccia. Un attimo di sgomento, poi:

PRIMO DOMINO - Ciao.

SECONDO DOMINO - Ciao.

PRIMO DOMINO - (punta la lampada su di una statua muliebre e manda un grido soffocato) Mamma!

SECONDO DOMINO - Che c'è?

PRIMO DOMINO - Guarda!

SECONDO DOMINO - Dove?

PRIMO DOMINO - Questa qua!

SECONDO DOMINO - Beh?

PRIMO DOMINO - È nuda... Tutta nuda! Oeuh!

SECONDO DOMINO - (sottovoce) Disgraziato! E per dirmi che è nuda, devi fare certi versi? M'hai fatto prendere un colpo!

PRIMO DOMINO - (come sopra) Ma anche a me è venuto un colpo... Potevi almeno avvisarmi... Dici che andiamo in un museo, mi fai mettere addosso sta palandrana… (Ripunta la lampada sulla statua e fa scorrere il fascio di luce dolcemente, come volesse accarezzarla) Oeuh! Ma com'è nuda... Tutta bianca e nuda... Perché non mi hai detto la verità!?

SECONDO DOMINO - (andando verso destra e puntando la lampada sulle altre statue) Che verità?

PRIMO DOMINO - Che non era un museo.

SECONDO DOMINO - Ma è un museo, stupido... Perché, tu come ti credevi fosse?

PRIMO DOMINO - Non so... non c'ero mai stato in un museo... Ho visto una volta un documentario alla televisione... C'erano quadri e statue, ma tutta gente vestita.

SECONDO DOMINO - Ah, alla televisione!

PRIMO DOMINO - Oeuh, ma come è nuda!

SECONDO DOMINO - Si, è nuda, ma adesso piantala; tira fuori i ferri e datti da fare. Ecco, questo va bene... Sega qui. (Indica la caviglia di una statua raffigurante Mercurio).

PRIMO DOMINO - Sei sicuro che sia proprio romana?

SECONDO DOMINO - Sicurissimo. (il primo domino estrae un seghetto per il marmo, appoggia il filo d'acciaio sul punto indicato ma poi lo ritrae sgomento). Beh, adesso che ti prende?

PRIMO DOMINO - Mi fa impressione! (di seguito, a bloccare il disappunto dell'amico) Non ti arrabbiare... Dopotutto è la prima volta che sego un piede a qualcuno.

SECONDO DOMINO - Ma non dire fesserie! È una statua, no?

PRIMO DOMINO - Sarà una statua, ma ha i piedi. Questo poi, così bianco, pare un piede lavato.

SECONDO DOMINO - Ti vuoi spicciare? Se ti fa impressione, chiudi gli occhi.

PRIMO DOMINO - Va bene. Chiudo gli occhi. (Appoggia la lama della sega sul collo del piede e inizia l'operazione).

SECONDO DOMINO - Ahiaahi

PRIMO DOMINO - Hai sentito? Si è lamentata!

SECONDO DOMINO - Idiota, sono io che mi lamento. Per poco non mi seghi il dito. Ma guarda quello che combini, deficiente!

PRIMO DOMINO - Senti, io sono stufo. (Piagnucoloso, ma non troppo, tanto da far sospettare che ci marci non poco a fare il tonto) Prima mi dici di chiudere gli occhi, poi pretendi che ci veda... Per di più con addosso sta palandrana che mi pare d'essere un sacco... Sai cosa ti dico? Io me la tolgo (Fa il gesto di spogliarsi).

SECONDO DOMINO - Provaci e ti arriva un pugno in testa. Vuoi capire sì o no che le palandrane sono l'unica nostra salvezza nel caso entrasse il guardiano?

PRIMO DOMINO - Perché?

SECONDO DOMINO - Perché così neri, in mezzo a tutto sto buio, è difficile che ci veda.

PRIMO DOMINO - Ma se accende la luce?

SECONDO DOMINO - Peggio per lui. Se la farà addosso per lo spavento. (Agita le broccia a mo' di ali facendo svolazzare il gran mantello) Guarda qua. Che effetto ti fa

PRIMO DOMINO - (buttando via) Piacevole: un bel frescolino. Piuttosto, non mi hai ancora detto chi è.

SECONDO DOMINO - Chi è, chi?

PRIMO DOMINO - La statua. Dico, chi rappresenta questo uomo nudo con un cappello in testa.

SECONDO DOMINO - Mercurio.

PRIMO DOMINO - (con mezzo sorriso) Quello del termometro?

SECONDO DOMINO - II dio, il dio Mercurio, uno dei tanti figli di Giove, protettore dei commercianti, dei ladri e degli imbroglioni.

PRIMO DOMINO - II nostro protettore?

SECONDO DOMINO - Già, ed è proprio per questo che ho scelto lui. Chi meglio di Mercurio può capirci ed essere felice di darci una mano.

PRIMO DOMINO - (senza pause) Beh, mi sembra proprio una carognata fregare un piede chi ti vuol dare una mano. Vedrai che si arrabbia e poi si vendica.

SECONDO DOMINO - Stai tranquillo che se anche si vendicasse non sarà una gran cattiveria. È un dio burlone questo: fa solo vendette spiritose, quindi vai tranquillo e sega.

PRIMO DOMINO - Sego tranquillo.

L'attrito della sega sul marmo produce uno stridio acuto.

SECONDO DOMINO - Fermati, per carità. Fermati, fai troppo rumore... Aspettiamo che passi il tram.

PRIMO DOMINO - (tirando via quasi su uno stesso tono) Ecco, questa del tram è l'idea migliore. Piantiamo qua tutto e andiamo a casa. Però, chi l'avrebbe mai detto che nel museo passassero i tram? Dov'è la fermata?

SECONDO DOMINO - Senti, con te mi pare d'essere la spalla d'un clown al circo. I tram passano nella strada sotto. E in quel momento tu potrai segare con tutta la forza che credi, che tanto lo stridio sarà sommerso dal fracasso del tram.

PRIMO DOMINO - (troppo smaccato perché non si possa intuire che ci sta giocando) Ah, ho capito.... Posso fare una domanda?

SECONDO DOMINO - Sentiamo

PRIMO DOMINO - Chi è la nuda? È una protettrice anche lei?

SECONDO DOMINO - Non credo... È una ninfa: si chiama Dafne. Guarda, c'è anche scritto: pezzo numero uno, Dafne. Fu tramutata in albero dal padre.

PRIMO DOMINO - Oeuh, in albero fu tramutata dal padre? Il pezzo in albero! E perché?

SECONDO DOMINO - Per impedire che Apollo se la portasse a letto. Sai chi era Apollo, no?

PRIMO DOMINO - No.

SECONDO DOMINO - Era un fratello di Mercurio, un gran mandrillo. Non ne lasciava perdere una. Ma quella volta è rimasto all'asciutto. Fece per saltarle addosso e, trac, invece di trovare il morbido, si trovò a sbattere il grugno contro un albero.

PRIMO DOMINO - Un albero di che?

SECONDO DOMINO - C'è chi dice d'alloro e chi di ciliege.

PRIMO DOMINO - E le ha mangiate?

SECONDO DOMINO - Che cosa?

PRIMO DOMINO - Le ciliege.

SECONDO DOMINO - E che ne so io?

PRIMO DOMINO - (serio e commosso al tempo stesso) Per me le ha mangiate: ai mandrilli piacciono le ciliege. Anche a me piacciono, specialmente quelle nere... Le ciliege nere e le donne bianche. (Si avvicina alla statua e trasognato la sfiora appena con le dita) Bianche e lunghe, come questa Dafne. Certo, che se se ne andava in giro nuda... Mica gli do torto all'Apollo... (Si allontana di qualche passo sema toglierle gli occhi di dosso) Anche da albero me la portavo a letto io... e poi le mangiavo tutte le ciliege! (Ride felice).

SECONDO DOMINO - Bravo, ma adesso lascia correre le ciliege e preparati che sta per passare il tram. (Si sente lo sferragliare di un tram che aumenta d'intensità). Via, che è il momento buono... (L'altro esegue). Aumenta, aumenta. (Da il tempo come fosse un direttore d'orchestra. L'altro si immedesima e muove il seghetto come stesse suonando su di un violoncello). Cala... Si sta allontanando... Basta così.

PRIMO DOMINO - Come è duro sto marmo: ne abbiamo tagliato manco metà!

SECONDO DOMINO - Bene, un altro tram e abbiamo finito

PRIMO DOMINO - Hai voglia d'aspettare! Qui ne passa uno ogni venti minuti. E dire che bastava una martellata sul polso (indica il polso del braccio destro di Mercurio) qui, per esempio, che è già incrinato e, trac, ci portavamo via la bella manina al volo. Ma lui, no, duro... Vuole il piede: chissà perché poi?

SECONDO DOMINO - Perché? Dai un'occhiata sotto il calcagno, e allora scommetto che capirai subito perché.

PRIMO DOMINO - Oh bella, c'è una scritta. (Legge con fatica) “Opus romanum”.

SECONDO DOMINO - Hai visto?

PRIMO DOMINO - Ho visto: ma che cosa vuol dire “opus romanum”?

SECONDO DOMINO - “Opus” significa: opera, fabbricazione...

PRIMO DOMINO - Basta così, ho già capito: è un po' come il “made in Italy” che stampano da noi sulle cravatte fabbricate in Giappone.

SECONDO DOMINO - Bravo! E adesso cerca d'immaginare che faccia faranno quelli dell'impresa, quando, al primo colpo di piccone salterà fuori sto popò di piede con tanto di scritta!

PRIMO DOMINO - Ah, certo che se capiscono cosa vuoi dire “opus romanum” gli vengono i vermi.

SECONDO DOMINO - (va verso il proscenio e finge di affacciarsi ad una finestra quasi a spiare l'arrivo del tram) Sta' tranquillo, che gliene verranno tanti di vermi. Perché, se l'hai capito tu, figurati se non lo capiranno gl'ingegneri... E allora ci sarà da ridere.

PRIMO DOMINO - (raggiungendo l'amico in proscenio) Ehi, ma allora, adesso che mi viene in mente, Mercurio è mio protettore anche da prima, quando facevo il tassista...

SECONDO DOMINO - Può darsi, dal momento che era il dio di tutti quelli che rubano sul prezzo, sarà senz'altro anche il dio dei tassisti.

PRIMO DOMINO - Allora, se è anche il mio dio, gli faccio subito una richiesta. (Va verso la statua, si inchina) Senti, Mercurio, dio simpatico, aiutami a riavere il mio tassi (accende un cerino) col patentone e tutto. E io ti prometto che se mi...

SECONDO DOMINO - Fermati: ma che fai? (Lo raggiunge correndo).

PRIMO DOMINO - Gli accendo un cerino in mancanza della candela... È il pensiero che conta

SECONDO DOMINO - (spegnendogli il fiammifero) E così dal di fuori ci vedono... E poi, sa cosa farsene lui dei cerini

PRIMO DOMINO - Non fuma?

SECONDO DOMINO - Se ci va bene questo affare, vedrai che i soldi per comprarti macchina e targa del Comune salteranno fuori, e come.

PRIMO DOMINO - (va verso l'amico) Non ti devi arrabbiare, Antonio. (Ritorna sui suoi passi e accenna una genuflessione alla volta di Mercurio) Con permesso! (Si allontana dalla statua) Non ti devi arrabbiare, l'unica cosa che so fare bene è il tassista.

Si risente Io sferragliare del tram che si avvicina.

SECONDO DOMINO - II tram, presto. Muoviti, che stavolta bisogna farcela. Sotto come prima, eh! (Riprende a dirigere e addirittura a cantare i vari ordini) Dai subito! Forte, forte. Ecco, ancora: forza, ancora, forza, forte.

Si sente un gran tonfo.

PRIMO DOMINO - (come in un acuto in controcanto) Ahaoohaha!

SECONDO DOMINO - Che ti succede? Che ti succede?

PRIMO DOMINO - Ahi, ahi, ahi

SECONDO DOMINO - Che C'è?

PRIMO DOMINO - II piede, m'è cascato sul piede! (Saltella qua e là su un piede solo, tenendosi l'altro contuso) Lo sapevo, lo sapevo che si sarebbe vendicato... M'ha fracassato il piede col suo. E se questa era la vendetta spiritosa! M'ha azzoppato, mi ha!

SECONDO DOMINO - Zitto, c'è bisogno di gridare a sto modo? È un miracolo se non ti sei fatto sentire... Avanti, infilalo nel sacchetto e passamelo, che qui bisogna filare in fretta. (Il primo domino esegue ma, nel consegnare il sacchetto, lo capovolge: il pezzo di marmo cade sul piede dell'altro che manda a sua volta un urlo) Ahi, ahi, ahi, disgraziato! Ahiooho...

L'altro lo dirige nel vocalizzo.

PRIMO DOMINO - È inutile che te la prenda con me: è la vendetta di Mercurio che ha colpito per la seconda volta.

Escono zoppicando in sincronia con una camminata che pare una danza.Buio.

SCENA SECONDA

Durante il buio cala un siparietto sul quale è disegnato l'ingrandimento di una mappa urbana. Su carrelli entrano, allineandosi in proscenio, un tavolo da disegno inclinato, mobili d'ufficio, una cassaforte, una scrivania sulla quale è un plastico di costruzione. Al ritorno della luce, in scena troviamo una signorina e, in piedi dietro la scrivania, l'ingegnere, che tiene sotto la giacca qualcosa di discretamente voluminoso.

SIGNORINA - (abbassando il ricevitore telefonico) Viene subito.

IMPRENDITORE - (entrando) Allora, ingegnere, che c'è di tanto urgente?

INGEGNERE - Sarebbe meglio fossimo soli.

IMPRENDITORE - (sorride ironico, distaccato. Si infila un paio di occhiali da vista) Stai tranquillo. Se è per la tua relazione con mia moglie, Anna sa già tutto. (Indica la signorina) Parla pure... Che c'è? Avete litigato un'altra volta? (Afferra una cartella e comincia a firmare un foglio dietro l'altro) Ah, benedetti ragazzi... Adesso le telefono. Che cos'hai sotto la giacca, le sue lettere da restituire? Accidenti, non sapevo vi scriveste tanto

INGEGNERE - Attilio, ti prego... Su certi argomenti, te l'ho già detto, non mi va di scherzare. Si tratta di un fatto molto serio.

IMPRENDITORE - (sempre preso dal firmare, sema sollevare mai lo sguardo dai fogli) Non ho mai messo in dubbio la serietà delle tue intenzioni, caro ingegnere. Altrimenti, ti pare che avrei consentito a cederà la mano di mia moglie? (Sghignazza).

INGEGNERE - Non si tratta della mano di tua moglie, ma di un piede.

IMPRENDITORE - (sorpreso s'interrompe un attimo) Un piede di mia moglie? E quando è successo?

INGEGNERE - (ha estratto da sotto la giacca il piede di marmo che già conosciamo) Guarda!

IMPRENDITORE - (l'osserva attentamente) No, no ti sbagli: per quanto io frequenti poco i piedi di mia moglie, posso assicurarti che questo non è il suo. (Distrattamente pone una firma anche sul piede e lo consegna alla signorina come finora aveva fatto per i fogli).

SIGNORINA - No di sicuro: la signora ha un numero meno del mio... E guardi... (Mostra il piede mettendolo a confronto) Quello è un piede da uomo.

INGEGNERE - (seccato) E chi ha mai detto fosse da donna?

IMPRENDITORE - (inquisitorio, si toglie gli occhiali di scatto) Hai forse scoperto che mia moglie ha i piedi da uomo?

INGEGNERE - Io non ho scoperto proprio niente.

IMPRENDITORE - Ah, sono solo supposizioni, illazioni: si da credito alle voci, ai pettegolezzi? Allora sai cosa ti dico, ingegnere? (Si rimette gli occhiali con gesto largo, teso) Che se le cose stanno a questo punto, se non c'è più fiducia, mi riprendo mia moglie, piedi compresi, e amici come prima.

SIGNORINA - Eh no, tu tua moglie non te la riprendi! Se fai una cosa simile, io ti pianto su due piedi... sui miei piedi di donna, stavolta.

INGEGNERE - (sopratono, esasperato) Attilio, ti prego! (Scandendo) Questo è un piede romano...

IMPRENDITORE - Un piede romano? (Si ritoglie gli occhiali) Ma ne sei sicuro?

INGEGNERE - Sicurissimo. Guarda, c'è anche la scritta, qui, sul tallone... Leggi.

IMPRENDITORE - (si rimette gli occhiali) Eh già: “opus romanum”... Va bene, ma che cosa c'entra mia moglie? Mica è romana lei! Non vorrai insinuare adesso che...

SIGNORINA - Piano, piano... che insinuare... A questo punto, è me che si sta offendendo. Io sono nata a Roma, e con questo? Che c'è da dire contro i piedi romani?

IMPRENDITORE - Anna, calma!

SIGNORINA - Non ti sono sempre piaciuti i miei piedi? Ah, così, quando mi dicevi: “Che bella camminata hai”, non alludevi alle estremità… Ed io che ti credevo lirico e un po' sognatore!

INGEGNERE - (con gesto meccanico, professionale, afferra un pennarello e, sempre parlando, inizia a tracciare sul tavolo da disegno, che sta alle sue spalle, linee e ghirigori: poi il profilo di un piede, il tracciato di una mappa e così via, in sincrono con quello che racconta) Se mi permetti, vorrei far presente che il piede in questione è stato rilevato ad un metro sotto terra durante l'escavazione del fossato per le fondamenta del costruendo stabile di via Reggioni, nell'appezzamento di nostra proprietà. E ancora, che si tratta di un frammento di statua evidentemente antica.

IMPRENDITORE - Va bene, ma che cosa c'entra mia moglie in tutto questo?

INGEGNERE - Infatti non c'entra. (Disegna rapidamente un altro piede) Ma se c'è il piede, è molto probabile che fra poco, continuando i lavori di sterro, troveremo anche il resto della statua. (Con gran virtuosismo disegna l'intiero profilo della statua).

IMPRENDITORE - Fosse vero, così finalmente sapremo di chi è questo maledetto piede!

INGEGNERE - Sarebbero più felici di saperlo quelli dell'Istituto archeologico.

IMPRENDITORE - In che senso?

INGEGNERE - (strappa il foglio già zeppo di ghirigori dal tavolo in verticale e ricomincia a disegnare sul sottostante foglio bianco) Evidentemente ti sei già dimenticato che cosa è successo all'impresa di Antoniatti.

SIGNORINA - Perché? Cosa è successo?

INGEGNERE - Durante lo sterro, hanno trovato un capitello ionico-romano... (Disegna la sagoma del capitello) Quelli dell'Istituto ne sono venuti a conoscenza e hanno ordinato l'immediata sospensione dei lavori per sei mesi. Per tutto quel tempo hanno fatto scavi e sondaggi (altri ghirigori, frecce, tracciati, sagome di cartelli) senza, per fortuna, trovarci nient'altro... Almeno, hanno detto di non averci trovato nient'altro... Fatto sta, che dal, preventivo di centottanta milioni (segna delle cifre e comincia a far calcoli rapidissimi) il palazzo ne è costato duecento, e indovina dove sono finiti i venti milioni in eccedenza

IMPRENDITORE - Preferirei non buttarla in politica.

INGEGNERE - Buttala dove ti pare. Sei tu il presidente, quindi tocca a te decidere. (Continua a disegnare) Vuoi che si porti il piede all'Istituto, con la certezza che ci faranno sospendere i lavori a tempo indeterminato e col rischio che, oltre la statua, salti fuori dell'altro, magari un colosseo? (Disegna il profilo di un anfiteatro).

IMPRENDITORE - Esagerato, un colosseo!?

INGEGNERE - Bisogna sempre aspettarsi il peggio (A questo punto sembra che sia il pennarello a tracciar segni e cifre per proprio conto) E in quel caso non ci sarebbero venti milioni che tengano: il sottosuolo, come tutti ben sanno, è proprietà dello Stato. (Disegna uno scudo crociata) Ci mollano cinque lire e rilevano tutto. (Con due sciabolale in croce annulla l'intero disegno. Poi butta il pennarello nel cestino).

IMPRENDITORE - Come sarebbe, cinque lire? Mi devono rimborsare almeno quello che l'ho pagato.

SIGNORINA - Cioè quaranta milioni!

IMPRENDITORE - Esatto

INGEGNERE - Quaranta milioni? E dove c'è scritto che l'hai pagato tanto? Se non sbaglio, è stata proprio un'idea tua quella, ingegnosissima, di dichiarare un quarto del prezzo d'acquisto per pagare il minimo di tassazione sul trapasso... Hai dichiarato dieci? Bene, vorrà dire che ne perderemo trenta.

IMPRENDITORE - Trenta milioni per un piede...

SIGNORINA - Romano!

IMPRENDITORE - (con stizza) Già, è proprio vero che dove i romani mettono piede ti fregano.

SIGNORINA - Grazie per la delicatezza dell'allusione. Ne ho abbastanza di essere offesa! Me ne vado. (Esce).

INGEGNERE - (cercando di trattenerla) Che c'entra, si sta parlando dei romani di dieci secoli fa.

IMPRENDITORE - È proprio quelle che mi fa andare in bestia: che riescano a fregarci anche per procura, a dieci secoli di distanza! Trenta milioni e l'impresa all'aria! Sai che ti dico? Morti per morti, l'unica è tentare: facciamo sparire il piede e andiamo avanti come niente fosse. (Breve pausa. Poi, girandosi di scatto) Piuttosto, gli operai ne sanno qualcosa? Chi l'ha trovato?

INGEGNERE - Marchini, il capomastro. È uno sveglio, quello. E ha capito subito il pericolo. (Mimando l'azione) Come un fulmine, l'ha avvolto in uno straccio, mi ha chiamato e strizzandomi l'occhio senza farsi accorgere da nessuno, mi ha buttato il fagotto.

IMPRENDITORE - Bravo!

INGEGNERE - Bravo un como, perché il fagotto m'è arrivato in mano ma vuoto: il macigno che c'era dentro mi è arrivato sul piede. Guarda qua (Mostra il piede fasciato che finora era rimasto nascosto dietro la scrivania).

IMPRENDITORE - (sbotta in una gran risata tutta di testa) Ah ah, un piede che casca sul piede: questa non l'avevo mai sentita

INGEGNERE - Al tuo posto mi divertirei molto meno, soprattutto immaginando il conseguente urlo di dolore che ha fatto accorrere tutti gli operai, che così hanno potuto osservare il piede da vicino.

SIGNORINA - (rientrando) Scusate se vi disturbo, ma ci sono due signori che chiedono di voi.

IMPRENDITORE - (in tono scocciato) Chi sono?

SIGNORINA - (laconica) Non so! Mi hanno dato un biglietto da visita. (Legge) Professor Gianni Untori e professor Ugo Racci, dell'Istituto archeologico provinciale.

INGEGNERE - (di testa) Siamo fritti!

Le battute che seguono vengono dette precipitando, una appresso l'altra, senza pause.

IMPRENDITORE - Quei disgraziati hanno fatto la spia.

INGEGNERE - Impossibile: l'abbiamo trovato che è un minuto.

SIGNORINA - (rallentando, sempre laconica, il ritmo degli altri) Allora? Che gli dico? Quelli aspettano.

IMPRENDITORE - E che ne so io?

INGEGNERE - L'unica è farli entrare... E che Dio ce la mandi buona.

IMPRENDITORE - Un momento, bisogna far sparire il piede.

INGEGNERE - Vada, vada pure, signorina: ci pensiamo noi.

IMPRENDITORE - E adesso, mi raccomando, disinvoltura, noncuranza... E se accennano al ritrovamento, tu cadi dalle nuvole.

INGEGNERE - Così mi spaccherò anche l'altro piede.

Il piede cade sul piede dell'imprenditore: urlo soffocato. L'ingegnere nasconde il piede. Entrano i due professori, preceduti dalla signorina.

SIGNORINA - Prego, si accomodino... il dottor Mangelli e l'ingegner Colussi.

I due professori altri non sono che i nostri amici ladri del museo, travestiti e truccati vistosamente con occhiali e barbe. Avanzano claudicando, appoggiandosi ad un bastone. Sempre claudicando, anche gli altri si fanno incontro. L'ingegnere ha un suo bastone, l'imprenditore si appoggia ad un ombrello. Il picchiettare dei bastoni sul pavimento suggerisce un ritmo da tip-tap, che man mano si esaspera tramutandosi in un flamenco e trascinando i quattro in cadenze ed atteggiamenti parossistici da ballo andaluso. Alla fine dell'esibizione i quattro si ricompongono impacciati.

INGEGNERE - (cercando di rompere il ghiaccio) Che simpatica combinazione! Siamo in quattro e tutti e quattro con un piede zoppo.

PRIMO PROFESSORE - (a bloccare ogni tentativo confidenziale, recitando col distacco del censore incorruttibile e intransigente) Sarà una combinazione simpatica, per lei. Signore, le assicuro che per noi non lo è altrettanto.

INGEGNERE - (fortemente impacciato) Mi scusi... non volevo.

IMPRENDITORE - Signorina, la prego, ci porti quattro sedie.

SIGNORINA - Ce ne sono solo tre: una è zoppa.

Colpo di bastone dell'imprenditore.

IMPRENDITORE - (indispettito) Non importa, la porti Io stesso: ci metteremo uno zeppo...

SIGNORINA - (oca garrula) Uno zeppo! Oh, oh! (Alla maniera delle tiritere, quasi cantando) Uno zeppo al piede zoppo, quattro zoppi nel palazzo si sono messi in imbarazzo! Ah, che divertente, pare uno scioglilingua!

IMPRENDITORE - (altro colpo di bastone) Signorina, la smetta... Vuol essere tanto cortese di lasciarci soli?

PRIMO PROFESSORE - Ma no, perché? È tanto carina: la lasci rimanere.

SECONDO PROFESSORE EX TASSISTA - (la trattiene per una mano) Sì, sì... Si segga qui vicino a noi... Senta: le piacciono le ciliege nere?

SIGNORINA - Come?

PRIMO PROFESSORE - (cerca di mettere una pezza, temendo che quello smarroni) II mio collega allude ad una poesia di Saffo, che ha appunto questo titolo. Ma prego, non rimanga in piedi, si sieda... Vero, dottore, che lei permette?

IMPRENDITORE - Senz'altro. Scusi la durezza dei miei modi, ma temevo che certi discorsi sui, come dire...

PRIMO PROFESSORE - Sui piedi?

IMPRENDITORE - Sui piedi, vi dessero fastidio.

PRIMO PROFESSORE - Per carità, parliamone, parliamone pure.

SECONDO PROFESSORE - Siamo qui solo per questo.

L'amico batte il bastone per terra con violenza.

INGEGNERE - (preoccupato) Per parlare di piedi?

PRIMO PROFESSORE - Ah, ah... No, il mio collega adora i giochi di parole. Allude al piede inglese: l'unità di misura che noi archeologi usiamo di preferenza.

INGEGNERE - (liberato, ride falso) Ah! Piede, misura... Le giuro che non l'avevo afferrata... Oh, oh!

SECONDO PROFESSORE - (incosciente, sembra volergli fare il verso) Neanch'io! Oh, oh!

Imbarazzo generale. L'imprenditore tenta di sbloccare la situazione.

IMPRENDITORE - (mondano) Ahi, qui si parla, si parla e non si beve... Ma rimediamo subito. (Va a prendere bottiglia e bicchieri da un mobiletto sulla destra).

INGEGNERE - (alludendo alla battuta del finto professore) È molto divertente e anche sottile.

SIGNORINA - (sbatacchiando le palpebre alla volta del secondo professore) Anche a me i giochi di parole piacciono tanto, quando sono sottili, s'intende... Peccato che non li capisca quasi mai.

SECONDO PROFESSORE - (considerandola attonito) Non ha mai provato a mettersi nuda?

SIGNORINA - Nuda? Nuda, per capire i giochi di parole?

Primo professore fa cenno di smetterla.

SECONDO PROFESSORE - No: per vedersi bianca.

IMPRENDITORE - (finge interesse smaccato) Cos'è, un altro gioco di parole? Sentiamo, questo deve essere ancora più bello: mettersi nuda per vedersi bianca... Prima il piede e adesso chissà cosa salta fuori.

SECONDO PROFESSORE - (carogna) Una statua!

IMPRENDITORE - (che stava bevendo, non riesce a trattenere il liquido in bocca e lo spruzza sulla faccia dell'ingegnere) Una statua? Non l'ho capita.

PRIMO PROFESSORE - (intervenendo deciso) Signori, credo sia tempo di smetterla con le allusioni e di parlarci seriamente. E siccome, a differenza del mio collega, a me piace dire pane al pane e...

SECONDO PROFESSORE - (sempre più carogna) E piede al piede...

Questa volta è l'ingegnere ad innaffiare la faccia dell'imprenditore.

SIGNORINA - È bella, è bella! Ah, ah! Stavolta l'ho capita...

SECONDO PROFESSORE - Anch'io! È fine, eh? Ah, ah!

PRIMO PROFESSORE - Professore, la prego: non è leale che lei usi certi mezzi per far naufragare nel ridicolo un'inchiesta tanto seria.

INGEGNERE - C'è in corso un'inchiesta? (Voltandosi riceve un altro spruzzo in faccia dall'imprenditore che per poco non soffoca).

SECONDO PROFESSORE - Certo... Perché, cosa pensavate fossimo venuti a fare?

IMPRENDITORE - (tossicchiando) Un'inchiesta nel nostro cantiere?! Ma perché?

PRIMO PROFESSORE - Davvero non l'immagina?

Il secondo professore riempie il bicchiere all'imprenditore.

INGEGNERE - No: io cado dalle nuvole...

IMPRENDITORE - Bravo, ingegnere.

PRIMO PROFESSORE - (aggressivo, inquisitorio) Perché ha detto: bravo ingegnere?

IMPRENDITORE - Io?

SECONDO PROFESSORE - Si, lei... l'ho sentito anch'io.

IMPRENDITORE - No, dicevo... bravo ingegnere in senso di rimprovero... come dire:... qui c'è un'inchiesta e lei cade dalle nuvole... Bravo!

PRIMO PROFESSORE - E no; e no, non cerchiamo di fare i furbi, lei ha detto bravo nel senso di: “casca tu che ci cascano anche loro”. Qui scava scava c'è sotto qualche cosa.

INGEGNERE - Non capisco... vi assicuro che noi non abbiamo trovato niente.

PRIMO PROFESSORE - Alt! Chi ha detto che si sarebbe dovuto ritrovare qualcosa?

INGEGNERE - Ma, veramente...

PRIMO PROFESSORE - Ah! ah! Stavolta ci siete cascati: visto, che succede a buttarsi dalle nuvole?

INGEGNERE - Ma cascati dove? È logico che se degli archeologi conducono una inchiesta, è per accertarsi su possibili ritrovamenti.

IMPRENDITORE - Bravo ingegnere

SECONDO PROFESSORE - (delatore sadico) Ha ridetto bravo! (Lo rigira e riceve un'altra bicchierata in faccia).

SECONDO PROFESSORE -  Ma adesso, se permettete, faccio io una domanda. Giurate di dire la verità, nient'altro che la verità? Che cosa avete trovato sottoterra ?

INGEGNERE - Niente.

IMPRENDITORE - Assolutamente niente.

SECONDO PROFESSORE - Allora tiè. Così imparate a dire le bugie. Chi dice le bugie l'acciaccata lo porta via!

I DUE - Ahio! ohia, ....Ma è impazzito?

SIGNORINA - Si calmi si calmi professore.

PRIMO PROFESSORE - Purtroppo, perché la nostra tesi sia completamente valida, bisogna documentarla. Quindi le chiedo di darci valido aiuto per quanto riguarda i sondaggi e le trivellazioni che noi effettueremo sul terreno di vostra proprietà.

INGEGNERE e IMPRENDITORE - (in coro stonati) Sondaggi e trivellazioni?

L'imprenditore beve a lunghi sorsi nel tentativo di spegnere l'emozione.

PRIMO PROFESSORE - Oh, ma state tranquilli. Signori, io ho grande fiducia nella mia tesi: noi non troveremo assolutamente niente, poiché i romani a Milano non ci hanno mai messo piede. (Calca con intenzione sull'ultima parola).

L'imprenditore s'ingozza e spruzza tutto quanto in faccia all'ingegnere.

INGEGNERE - (grondante acqua) Ma è un lavoro completamente inutile.

SECONDO PROFESSORE - Lo so, ma ho assolutamente bisogno di queste prove.

IMPRENDITORE - E perché deve proprio ricercarle sul nostro terreno?

PRIMO PROFESSORE - (strizza l'occhio all'amico) Glielo dica lei, professore.

SECONDO PROFESSORE - (senza intonazione, come assonnato) Glielo dico?

PRIMO PROFESSORE - (sorridendo incoraggiante) Si, gli parli di Publio Attilio Ausonio!

SECONDO PROFESSORE - (come sopra) Di Publio Attilio?

PRIMO PROFESSORE - (calca sul nome) Ausonio!

SIGNORINA - (come rivolta al messia, adorante) Oh, si, ci parli di Ausonio...

SECONDO PROFESSORE - Lo conosce?

SIGNORINA - No, ma mi piace sentirla parlare... Parla talmente bene, lei!

PRIMO PROFESSORE - (a parte) Forza, prima di venire qui ti ho spiegato chi era no?

SECONDO PROFESSORE - (All'imprenditore ed all'ingegnere, deciso) Dunque, questo Ausonio era un gran mandrillo...

SIGNORINA - (scandalizzata) Oh, ma che dice?!

SECONDO PROFESSORE - (minimizzando) Era un mandrillo nel senso che gli piacevano le ciliege. E ogni albero che vedeva, lui gli saltava addosso per baciarlo e poi (pausa) se lo portava a letto...

INGEGNERE - A letto con un albero?

SECONDO PROFESSORE - (aggrottando le sopracciglia) Con tutto che il padre dell'albero non voleva...

IMPRENDITORE - II padre dell'albero? Ma non capisco cosa c'entri la storia di questo depravato con gli scavi.

PRIMO PROFESSORE - Ha detto bene Depravato!

SECONDO PROFESSORE - Depravato, sì: andava anche con le betulle. Oeuh!

PRIMO PROFESSORE - (con rincasa, tutto teso a riportare il discorso su un binario meno folle) Depravato, depravato perché tale e non altro era Ausonio. Infatti egli è lo storico che nel terzo secolo definì “civitas imperialis” la Milano di allora e la descrisse, da quel menomato psichico che era, ricca di vestigia e monumenti, fra i quali due teatri e due bagni pubblici più grandi delle terme di Caracalla.

PRIMO PROFESSORE - Ed infine (pausa con ripresa ben scandita) un colosseo.

Altra spruzzata sulla faccia dell'ingegnere da parte dell'imprenditore.

IMPRENDITORE - (con voce tutta ai naso) Un colosseo?

PRIMO PROFESSORE - (implacabile) Si, che egli indica situato proprio nel bei mezzo del vostro terreno.

IMPRENDITORE - e INGEGNERE - No?!

Ambedue trangugiano acqua.

SECONDO PROFESSORE - Lo dice proprio Ausonio: “Nel mezzo del terreno volto verso mezzogiorno, sta sepolto un colosseo con un piede tutto in marmo”. Via!

Quasi ubbidendo al comando del tassista, i due si annaffiano a vicenda.

INGEGNERE - Impossibile!

PRIMO PROFESSORE - È quello che dico anch'io: impossibile Come credere ad una tale enormità? Solo un depravato poteva arrivare a tanto! Ah Muoio dalla voglia di scavare, trivellare, far fossi e trincee per la nostra battaglia. Una vanga presto, datemi una vanga!

INGEGNERE - Professore, la prego, non si ecciti a quel modo; anzi se fossi in lei non darei affatto soddisfazione a quell'Ausonio. (Distratto, mette nella mano del tassista una moneta da cento lire quale mancia per il servizio ricevuto).

IMPRENDITORE - Giusto: l'ignoranza è l'arma migliore!

PRIMO PROFESSORE - Avete ragione, e anch'io sarei di questo avviso. Ma purtroppo l'ufficio storico del Comune sostiene la tesi di Ausonio e del mio collega, e vuole le prove.

SECONDO PROFESSORE - (continuando nel servivo, spolvera la giacca dell'ingegnere) Sì sì, le prove. Scavare, trivellare, far fossi... Datemi una vanga!

IMPRENDITORE - Ma perché disturbarvi, affaticarvi tanto? Ve le possiamo procurare noi le prove.

INGEGNERE - Siamo capaci anche noi di non trovare niente, le pare?

PRIMO PROFESSORE - Siete troppo gentili.

SECONDO PROFESSORE - Troppo, troppo... Mi fanno venire da piangere.

PRIMO PROFESSORE - Anch'io sono commosso. Non sarebbe meraviglioso, professore!: i nostri amici penserebbero a fornirci le prove dell'esistenza o meno del colosseo, e noi potremmo dedicare il nostro tempo alla ricerca delle catacombe milanesi

SECONDO PROFESSORE - Oh sì, le catacombe… sì.

SIGNORINA - Catacombe a Milano?

PRIMO PROFESSORE - Si, catacombe pagane.

INGEGNERE - E cosa se ne facevano i pagani delle catacombe?

SECONDO PROFESSORE - O bella si nascondevano per non farsi accoppare dai cristiani... Ho detto giusto?

PRIMO PROFESSORE - Giustissimo.

SECONDO PROFESSORE - Brutti tempi! Ma stanno tornando.

PRIMO PROFESSORE - Questo avvenne dopo l'editto di Costantino.

SECONDO PROFESSORE - Detto il Vanga.

PRIMO PROFESSORE - Ottenuta la libertà di culto i cristiani incominciarono a perseguitare i pagani.

SECONDO PROFESSORE - Con le vanghe.

PRIMO PROFESSORE - Che a loro volta dovettero scavarsi le catacombe.

SECONDO PROFESSORE - Senza vanghe. Con le mani.

PRIMO PROFESSORE - In breve tempo il sottosuolo di Milano divenne un immenso gruviera.

SECONDO PROFESSORE - Da qui svizzeri.

INGEGNERE - Straordinario!

PRIMO PROFESSORE - Proprio così. Ora lei può ben capire come una simile scoperta sarebbe poco gradita a certa gente. Eccoci quindi nella costrizione di effettuare le ricerche in forma assolutamente privata e, se vogliamo, clandestina.

SECONDO PROFESSORE - E per la clandestinità ci vogliono i fondi.

IMPRENDITORE - Molti fondi?

PRIMO PROFESSORE - Beh, per incominciare basterebbero tre milioni.

INGEGNERE - Tre milioni? Soltanto?

SECONDO PROFESSORE - Facciamo quattro. (Afferra un bicchiere, lo riempie e d'un fiato lo trangugia).

PRIMO PROFESSORE - Lo so che è poco, ma importante è incominciare; poi quando la cosa ha messo piede...

INGEGNERE - Piede...!

IMPRENDITORE - Capisco. Senta, professore: se non si offende, tre milioni glieli posso dare io. (Va verso la cassaforte).

SECONDO PROFESSORE - No, lui non si offende: è un uomo di spirito.

PRIMO PROFESSORE - Grazie, dottore. Le prometto che la prima catacomba avrà il suo nome.

IMPRENDITORE - Troppo gentile, ma preferirei non figurare... Le faccio un assegno?

PRIMO PROFESSORE - No, è meglio in contanti. Se non vuol figurare, evitiamo le banche.

IMPRENDITORE - Ben detto! (Apre la cassaforte) Ho giusto i liquidi per le paghe.

PRIMO PROFESSORE - Bene. Oggi stesso faremo l'esposto al nostro ufficio: se nel caso venisse qualcuno a mettere naso, voi sarete all'asciutto.

INGEGNERE - (che sta ancora grondando acqua da tutte le parti) Era ora.

IMPRENDITORE - Ecco il denaro. Glielo incarto, o preferiscono...

SECONDO PROFESSORE - No, non Io consumiamo qui.

IMPRENDITORE - Aha aha, sempre spiritoso il professore!

PRIMO PROFESSORE - (afferra il denaro) Arrivederci... E diciamo insieme: Ausonio, ti abbiamo fregato.

SIGNORINA - (prendendogli la mano con trasporto) Professore, spero di vederla presto.

SECONDO PROFESSORE - Speriamo di no.

SIGNORINA - (delusa) Perché?

SECONDO PROFESSORE - Perché, se tutto continua così bene, io sarò sicuramente su un tassi... e mi seccherebbe farmi riconoscere.

SIGNORINA - Si vergogna di viaggiare in tassi?

SECONDO PROFESSORE - No, tutt'altro: è la cosa che mi piace di più al mondo... Mi piace quasi quanto lei... Ma capisce che allora è inutile amputare Mercurio, regalargli un capretto grasso per farlo star buono, se poi ti fai riconoscere vestito da tassista!

SIGNORINA - Oh, professore, come parla difficile! Si spieghi in parole povere.

SECONDO PROFESSORE - Non posso: ormai sono troppo ricco... Addio, e grazie a tutti!

IMPRENDITORE - e INGEGNERE - Arrivederci, professore.

SIGNORINA - L'accompagno.

I due falsi professori escono.

INGEGNERE - Accidenti che giornata!

IMPRENDITORE - Giornata fortunata: ce li siamo levati di torno con un piatto di ceci... Tre milioni e, op, il gioco è fatto!

INGEGNERE - Ah, ah, come li abbiamo conditi bene... E credevano di saperla lunga, i professori...

IMPRENDITORE - Alla salute delle catacombe! (Brinda e poi va a prendere un'altra bottiglia nell'armadietto dove ha nascosto il piede. Lo afferra e lo osserva divertito)... Ma tu, piedone mio, da dove vieni?

INGEGNERE - (si è seduto e sta sfogliando il giornale, si alza in piedi di scatto) “Dal museo comunale!” Ecco da dove viene! Leggi qua: “Piede di statua romana asportato da ignoti. Il furto insolito è avvenuto questa notte. A destra la foto della statua così come era prima dell'amputazione. A sinistra in alto l'ingrandimento del piede rubato”!

IMPRENDITORE - È lui! È lo stesso piede! (Lascia cadere il piede che immancabilmente va a finire sul piede d'entrambi, metà per uno. Urlo in perfetto accordo di tonalità che si inserisce nella chiusa musicale di fine scena). Buio, durante il quale risale il siparietto ed escono di scena i mobili in proscenio.

SCENA TERZA

Un appartamento arredato con una certa presunzione di buon gusto, guastata da uno sfarzo eccessivo. Trabeazione contro il soffitto sostenuta da una fila di colonne di cui una nel centro del salone. Entra il tassista, finalmente in abiti professionali: giaccotto di pelle, berretto con visiera. Tiene sulle braccia una elegantissima signora svenuta. La donna ha il naso incerottato.

TASSISTA - Permesso? Ehi, c'è nessuno?... (Ad alta voce) Signore!... (Rivolto alla donna svenuta) Come si chiama suo marito?

SIGNORA - E Io domanda a me?

TASSISTA - E a chi, dunque? Non mi dirà adesso che non conosce il nome di suo marito?

SIGNORA - Certo che lo conosco, ma non glielo posso dire.

TASSISTA - Perché, è un segreto?

SIGNORA - No, ma come posso dirglielo se sono svenuta!

TASSISTA - Ah già, che stupido... Se è svenuta... Beh, allora se permette la stendo sul divano.

SIGNORA - No, lei non stende niente.

TASSISTA - Ma io non ce la faccio più... Scusi sa, ma lei pesa...

SIGNORA - Grazie del complimento. Perché non dice addirittura che sono un baule?

TASSISTA - Ma no, che c'entra?... È che quando uno, col fatto che l'ascensore non funziona, si è fatto tre piani gradino per gradino...

SIGNORA - Per carità, non cerchi di parare... È vero, è vero, sono ingrassata in modo spaventoso... Ah, ma io faccio presto, sa: da oggi stesso mi metto a digiuno, faccio ginnastica...

TASSISTA - Per adesso la ginnastica la faccio io! Senta, io non ce la faccio più, si lasci stendere.

SIGNORA - Le ho detto di no. Se arriva mio marito e non mi trova fra le sue braccia chissà che scenata! Non crederà mai alla storia dell'incidente. Avanti, provi a chiamare più forte.

TASSISTA - C'è nessuno?

SIGNORA - Più forte!

TASSISTA - Non ce la faccio più.

SIGNORA - E va bene, mi metta sul divano. (Il tassista esegue). Perché sgolarsi a quel modo, poi... Se non risponde è evidente che sarà uscito a cercarmi, povero caro... Ecco, adesso, intanto che si riposa, ripassiamo quello che deve dire.

TASSISTA - (si sta massaggiando le braccio) Ancora? L'abbiamo già provato due volte!

SIGNORA - Non basta. Avanti: io farò la parte di mio marito. Dunque lui entra e dice: “Che cosa è successo? Oh, mio Dio... Dafne!”

TASSISTA - (sorpreso, incantato) Dafne?

DAFNE - Si, è il mio nome.

TASSISTA - (prendendo lunghi fiati) Dafne? Lei si chiama Dafne? Impossibile!

DAFNE - Perché impossibile! Che c'è di strano?

TASSISTA - Tutto c'è di strano. (Esaltato) Ma perché non me l'ha detto prima? Sfido che non l'ho riconosciuta, con quel cerotto sul naso... E poi, si sa, con i vestiti è un'altra cosa. (Pausa). Ma lo sa che lei nuda è bellissima?

DAFNE - (mettendosi a sedere) Lei mi ha vista nuda? Oh, la prego, non lo dica a mio marito.

TASSISTA - Per carità. Ma scusi, lui non sa che lei una volta...

DAFNE - Lo sa, lo sa... (Ritorna a sdraiarsi).

TASSISTA - Ah, volevo ben dire.

DAFNE - Anche lui m'ha conosciuta che facevo il nudo, ma gli secca da morire sentirselo ricordare.

TASSISTA - E sa anche il fatto dell'albero?

DAFNE - Dell'albero? Ah, l'albero animato... Ma allora lei m'ha visto proprio nel mio primo numero.

TASSISTA - Si, pezzo numero uno.

DAFNE - Oh no, di quello per carità non gliene parli: ero talmente nuda! Me lo hanno persino censurato.

TASSISTA - Anche lei censurata! Che disgraziati! Peccato: era così bella bianca, liscia, e con le curve talmente perfette, che a passarci sopra la mano con gli occhi chiusi pareva di accarezzare (breve pausa) un parafango del mio tassi.

DAFNE - Lei mi ha accarezzata?

TASSISTA - Si, mi scusi... Ho approfittato del fatto che era buio; ma l'ho sfiorata appena... Una sola volta... Ecco, lo sapevo, adesso mi vergogno...

DAFNE - Sono io che mi vergogno. E pensare che a quel tempo non avevo nessun imbarazzo a mettermi nuda! Mi dicevano: “Che ti importa? Fa' come se fossi una statua”... Io facevo la statua, e intanto mi prendevo un fracco di pizzicotti. Mi creda, il fatto che lei sappia dei miei trascorsi mi mette in un tale imbarazzo... Sento che non riuscirò più nemmeno a ripassarle la parte...

TASSISTA - No, me la ripassi, invece: le prometto di non parlargliene più. Allora, siamo arrivati al momento in cui suo marito entra e... Facciamo conto che suo marito sia questo mammozzo di ferro... (Indica un'armatura da torneo posta nel bei mezzo del salone) Entra suo marito e dice: “Oh, mio Dio, Dafne... Che ti è successo?” E lei che cosa risponde?

DAFNE - Eh no, io non rispondo. Continuo a fare la svenuta. È lei che deve parlare.

TASSISTA - Giusto. Allora sono io che parlo, e dico: “Stia calmo, non si preoccupi, non è niente”.

DAFNE - Come, non è niente? Deve dire che è grave. Altrimenti come potrà credere che da quattro ore non riprendo conoscenza?

TASSISTA - Giusto. Tutto da capo. “La signora è molto grave: ha il naso tutto rotto, ciononostante da quattro ore non riprende la conoscenza...”

DAFNE - “Oh, povero gatto... Com'è successo?”

TASSISTA - “È successo che...” (S'inceppa perplesso) Ma, non eravamo d'accordo che era un cane?

DAFNE - Chi?

TASSISTA - Quello che mi sono trovato davanti alla macchina e che, per non tirarlo sotto, ho dovuto frenare di colpo? Se lei me lo cambia in un gatto senza avvertirmi...

DAFNE - Ma no, è mio marito che mi chiama gatto nei momenti di tenerezza...

TASSISTA - La chiama gatto?... Come si vede che non l'ha mai vista nuda... (Ha un moto di disappunto) Oheu!

DAFNE - M'aveva promesso di non più ricordarmelo.

TASSISTA - M'è scappata.

DAFNE - Allora: “Com'è successo?”

TASSISTA - “Gliel'ho detto: è stato per via del cane... Ho frenato, e lei ha sbattuto il naso contro la tramezza del tassi”.

DAFNE - No, no: deve incominciare dal principio, da quando sono salita in macchina.

TASSISTA - “La signora è salita sul mio tassi in via Pantano...”

DAFNE - “A che ora?”

TASSISTA - Come, a che ora? Cosa interessa a suo marito di saper l'ora?

DAFNE - Non gli interessa, ma lei glielo deve dire lo stesso: altrimenti a che serve recitargli la storia dell'incidente grave che mi ha fatto rimanere quattro ore senza conoscenza... Tanto vale dirgli la verità: che le quattro ore le ho passate col mio amante e che il naso me lo sono rotto scendendo dalla sua macchina, dalla stessa parte da dove era sceso lui, e così mi è arrivata la portiera sul naso.

TASSISTA - Andiamo, scusi, ma il suo amico è proprio un disgraziato. Non si sbattono le portiere in quel modo: si accompagnano. È che quando non si vuoi bene alla propria macchina, non si vuol bene neanche alla propria donna.

DAFNE - Per favore, sia gentile: non me lo ricordi. Vogliamo andare avanti?

TASSISTA - Sì.

DAFNE - Dove eravamo arrivati?

TASSISTA - Al gatto (si corregge) al cane... Al momento in cui un cane ci attraversa la strada, e io ho frenato di colpo.

DAFNE - (gridando) “C'era bisogno di frenare a quel modo? ”

TASSISTA - Ma chi ha frenato?

DAFNE - Non facciamo confusioni... È mio marito che le farà questo appunto.

TASSISTA - “Ah, perché, cosa pretendeva? Che per salvare il naso di sua moglie avessi ad ammazzare quella povera bestia? Ma io la denuncio alla Società per la protezione degli animali, sa?” Ho detto bene?

DAFNE - No, male. Perché mio marito è per l'appunto presidente della Società per la protezione degli animali. Forse è meglio cambiare tutto... Via il cane, e lo sostituiamo con un ubriaco.

TASSISTA - Non è che poi salta fuori che suo marito è anche presidente della società per la protezione del cane ubriaco?

DAFNE - Non faccia dello spirito, non è il momento... Ad ogni modo credo che ancor meglio dell'ubriaco sia uno zoppo. Sa, un poveraccio senza una gamba... Fa patetico, no?

TASSISTA - Senza tutta la gamba?... Per me fa addirittura strappacuore. Non si potrebbe fare che gli manca un piede?

DAFNE - Non parli mai di piedi a mio marito, se non vuol vederlo andare in bestia!

TASSISTA - Perché?

DAFNE - (va verso un armadietto ed estrae il famigerato piede) Guardi. Sa che cos'è questo?

TASSISTA - (distratto e soprattutto perché “impallato” dall'armatura, non vede il piede) Chi?

DAFNE - Questo?

TASSISTA - Quale?

DAFNE - Questo? (Solleva il frammento portandolo all'altera del viso).

TASSISTA - (fulminato) II piede romano!

DAFNE - È una storia troppo lunga da raccontare... È per via di una truffa: gli hanno spillato tre milioni…

TASSISTA - Tre milioni a chi?

DAFNE - A mio marito.

TASSISTA - Buonasera! (Esegue una specie di piroetta, si calca il berretto in testa e va verso il fondo, sulla destra).

DAFNE - Dove va adesso?

TASSISTA - Scusi, s'è fatto tardi... E poi io con quelli che si arrabbiano a parlargli di piedi, preferisco non averci a che fare.

DAFNE - (lo raggiunge e lo costringe a tornare sui suoi passi) Eh no, lei non me la racconta giusta. Cos'è sto voltafaccia? Lei ha acconsentito ad aiutarmi quando gliel'ho chiesto, e deve andare sino in fondo.

TASSISTA - Scusi, signora, ma ci ho ripensato. E poi, io faccio il tassista, e non mi va di prendere per il naso uno che è già stato preso per i piedi.

DAFNE - Ma si, se ne vada anche lei... (Si lascia andare sul divano) È il mio destino... Tutti mi abbandonano: prima l'uomo che amo... (singhiozza), poi quello al quale avevo chiesto aiuto... Fra poco anche mio marito... (Il tassista si blocca commosso, torna verso il centro della scena. È impacciato. ) Per di più, stamattina se ne sono andate la cameriera e la cuoca... Così, eccomi sola... Tutti mi sbattono la porta in faccia, anzi le portiere sul naso, mi sbattono.

TASSISTA - (Poi, avvicinandosi alla donna) Ma come faccio, signora? Non capisce che, se resto, finisco in galera!

DAFNE - Lei, in galera? E perché? Mi spieghi. (Afferra il sifone del selz che sta sul mobiletto bar, solleva la celata dall'elmo e vi spruzza in abbondanza).

TASSISTA - Se mi spiego, tanto vale... E poi, figuriamoci: suo marito che crede alla storia del tassi, raccontata da me... Va a finire che sospetterà che ci sia dentro anche lei nel bidone del piede... (Si avvicina all'armatura per verificare che il mozzicone sia del tutto spento. Insospettatamente dalla celata fuoriesce un grande spruzzo di ritorno che gli annaffia il viso).

DAFNE - Cosa? Allora lei è implicato nella truffa del piede!

TASSISTA - Piano. Chi ha detto che io...

DAFNE - Ma via, perché non vuol aver fiducia in me? Le giuro che non dirò una sola parola di quanto mi racconterà... (Con dolcezza sorridendogli, complice) Allora, dica la verità, lei è uno dei due compari... Il professore specialista in giochi di parole, scommetto.

TASSISTA - (disarmato) Sono lui.

DAFNE - (festante, gli va incontro, lo prende per mano e lo accompagna verso il divano) È lui! Ah, ah, è lui! Bravo! Simpatico! Sapesse il ridere che ho fatto quando me l'hanno raccontata... Un professionista come lei, si figuri se me lo lascio scappare! Si accomodi, si accomodi, maestro: e mi perdoni di averla umiliata; e non si preoccupi, mio marito non la riconoscerà.

TASSISTA - Come, non mi riconoscerà?

Si sente trillare un campanello.

DAFNE - (si leva in piedi, si risiede all'istante) Mio Dio, è lui, è lui... Presto, in braccio... (Il tassista, stordito, si mette a sedere sulle ginocchio di Dafne). No, no, io! (L'uomo si alza e la donna gli salta letteralmente in braccio) Dica “avanti!”

TASSISTA - Avanti, marito!

Altro trillo.

DAFNE - (sbirciando al di sopra della spalla del tassista) Arriva?

TASSISTA - Arriva il marito? (Guarda verso la porta restando impalato nel bel mezzo della stanza, sempre con la donna fra le braccia, nel classico atteggiamento del pastore da presepio che attende con l'offerta) Non arriva.

DAFNE - Non arriva?

TASSISTA - Non arriva il marito.

DAFNE - Oh Dio, forse non ha le chiavi.

TASSISTA - Non ha le chiavi?

DAFNE - Gli vada ad aprire. (Il tassista si gira verso il divano con l'intenzione di scaricare la donna). Non mi lasci!

TASSISTA - Non la lascio. (Dietrofront: s'incammina alla volta dell'ingresso oscillando per il fardello)

DAFNE - Grazie, scusi se peso. Mi scusi.

TASSISTA - (arriva all'altezza della porta. Sferra un calcio. La porta si spalanca) S'accomodi, venga pure avanti... Non c'è nessuno.

Altro trillare insistente.

DAFNE - Che stupida! È il telefono, su quel tavolo... Ecco, risponda lei.

TASSISTA - Rispondo io, si. (Posa la donna a sedere sul tavolo. Solleva il ricevitore).

DAFNE - (gli suggerisce) Pronto, chi parla? Parli. Pronto, chi parla? (Il tassista ha il fiatone. Per di più si sente rintronato e non riesce a spiccicar parola. La donna lo sollecita innervosita). Parli pure. Pronto, chi parla? Parli.

TASSISTA - Pronto, chi parla? Parli...

DAFNE - (sottovoce) Chi è?

TASSISTA - (stacca il ricevitore dall'orecchio e con una mano copre il microfono) Un ingegnere... Non ho capito bene il nome.

DAFNE - Ah si: è Aldo, il mio amante.

TASSISTA - Glielo passo? (All'apparecchio) Attenda un attimo, amante: le do la signora.

DAFNE - (gli ferma la mano tappando il microfono) No, per carità! Gli racconti dell'incidente.

TASSISTA - Che incidente? Ma perché, non lo sa già?

DAFNE - Non faccia domande: glielo racconti e basta.

TASSISTA . La signora Dafne ha avuto un incidente, un incidente di macchina...  Si? Si, lo so che la signora non ha macchina, ma io intendevo la sua... di quell'altro, del tassista, no? E cioè, la mia. Ma come, chi sono! Sono il tassista, andiamo! Gliel'ho detto adesso! Sveglia, stia attento a quello che dico, ingegnere!... Eh si, si, sul naso... Ma chi ha parlato di portiera?... È stato un cane... Ma no, il naso non gliel'ha morsicato il cane: il cane ha attraversato la portiera... (si corregge) la strada... ha attraversato la strada di corsa... si, sulla destra... no, non ha fatto segnalazioni... e ho dovuto frenare di colpo, così ha sbattuto il naso... No, non il cane; la signora... No, non contro il cane, contro la tramezza di vetro... Ma chi ha detto che la signora ha un cane?... E che ne so, io, di chi è il cane? (Pausa). No, non si agiti a quella maniera: il cane non si è fatto niente.

DAFNE - Sente? Si preoccupa più del cane che di me...

TASSISTA - La signora invece è rimasta svenuta per quattro ore. (Alla donna) Adesso lo preoccupo io… (Al telefono) Sicuro, quattro ore, col naso tutto rotto, più di qua che di là... No, non il naso più rotto di là... (Alla donna) Mi chiede se le si è storiato il naso.

DAFNE - Gli dica di si.

TASSISTA - Si, ha tutto il naso rotto di là... stortissimo... Un'impressione, oheu! Si, è qui. (Alla donna) Gli vuoi parlare?

DAFNE - No!

TASSISTA - Non vuol parlare. (Pausa). Vorrebbe, ma non può perché è svenuta. (A Dafne) Chiede se può venirla a trovare.

DAFNE - (all'orecchio) No, no. Gli dica che mio marito ha telefonato, e che sarà qui da un momento all'altro.

TASSISTA - Senta, provi a telefonare quando il marito è già arrivato da un momento all'altro... (Pausa). No, dico, suo marito ha telefonato poco fa... Suo marito... (alzando la voce) suo marito ha telefonato poco fa che sarà qui... (scandendo, seccato) suo marito... Scusi, lei ha un marito? Il marito della signora ha telefonato poco fa che sarà qui da un momento all'altro. Lei provi a telefonare tra un po', se il momento o l'altro è già passato e il marito da un po' è già arrivato, lei telefonando dice pronto, e lui, anche lui dice pronto... Non dice pronto? Perché? (Alla donna) Dice che suo marito non può arrivare: è partito per Genova.

DAFNE - Oh, mamma!

TASSISTA - (ripete meccanicamente) Oh, mamma!... Come?... Si, dicevo appunto che è andato a Genova dalla mamma... il marito. (Pausa per l'ascolto). Non ha la mamma? È morta?!... (Alla donna, costernato) È morta la mamma! (Al microfono) Si... eh già... capisco... ma... senta... (Alla donna, commosso) Piange! (Di nuovo all'apparecchio) Ma quando è morta? (Pausa per l'ascolto). Tre anni fa, è morta?! (Abbassa il ricevitore con rabbia).

DAFNE -  Oh, mio Dio, che pasticcio!

TASSISTA - Ah sì, proprio un pasticcio... (Risentito) Ma come? Quello le molla una sportellata sul naso, e lei mi obbliga a raccontargli la storia dell'incidente del tassi e del cane.

DAFNE - Ma no, non è lui quello della portiera... è un altro.

TASSISTA - Un altro amante!?

DAFNE - Perché, che cosa c'è di strano?

TASSISTA - Ah, niente.

DAFNE - E allora, mi faccia il piacere, se ne vada. (Si alza e va verso la porta di sinistra) Scusi se non l'accompagno, ma mi devo spogliare.

TASSISTA - Amici come prima?

DAFNE - (in tono annoiato) Sì, amici come prima...

TASSISTA -Arrivederci(Esce a sua volta, ma rientra all'istante. Senza volerlo sbatte la porta).

DAFNE - (dal di dentro) Chi è?... Sei tu, Aldo?

TASSISTA - No, signora, sono ancora io, Apollo...

DAFNE - (dal di dentro) Apollo?

TASSISTA - Sì, il tassista.

DAFNE - (dal di dentro) Lei si chiama Apollo?! (Ride).

TASSISTA - Si, ma la prego, non rida... Non l'ho mai detto a nessuno, neanche a mia madre...

DAFNE - (dal di dentro) Ed è tornato apposta per dirmi il suo vero nome? Che gentile!

TASSISTA - Sì, ma soprattutto per chiederle un favore... Vorrei che mi lasciasse portar via il piede. (Lo raccoglie dal divano su cui era stato posato).

DAFNE - (dal di dentro) Le serve per un altro bidone? Che matto! E va bene, si porti via il piede, ma faccia presto che quello arriva...

TASSISTA - (l'osserva sempre più stordito) Grazie, Dafne... pardon: signora.

DAFNE - Per carità... Addio, Apollo! (Il tassista esce camminando a ritroso per rientrare quasi subito, richiudendosi con violenza la porta alle spalle). Di nuovo? Che c'è, Apollo! Un altro segreto da svelarmi?

TASSISTA - No. È che non posso scendere: sta salendo lui...

DAFNE - Aldo?

TASSISTA - No, suo marito.

DAFNE - Impossibile... Se è a Genova...

TASSISTA - Sono sicuro che è lui: l'ho riconosciuto subito.

DAFNE - Presto, in braccio! (Gli corre incontro, gli mette le broccia al collo e, prima ancora che se ne possa rendere conto, il tassista si ritrova la donna sulle broccia).

MARITO DI DAFNE - (entra) Cos'è successo?

TASSISTA - (volta la faccia dall'altra parte, preoccupato com'è di non essere riconosciuto) Scusi, lei è il marito?

MARITO - Sì, sono il marito.

TASSISTA - Piacere, allora questa è sua moglie.

MARITO - Lo so, ma che cosa è successo? Cosa s'è fatta al naso? Ma… è svenuta?!!

TASSISTA – Sì, è svenuta da quattro ore... Ha il naso tutto rotto più di qua che di là. Che impressione!

MARITO - Ma cosa fa lì impalato! La stenda sul divano… Ma è in vestaglia?! Chi ha spogliato mia moglie?

TASSISTA - (recitando il personaggio dell'allocco) Eh? Spogliata?

MARITO - Non mi dirà che si è spogliata da sola?! Da svenuta?!

TASSISTA - No, non da svenuta...

MARITO - Allora l'ha spogliata lei?! Ma come s'è permesso?

TASSISTA - No, io non mi sono permesso... È stata l'infermiera.

MARITO - Ah beh, se è stata l'infermiera, meno male. (Piegandosi verso la moglie che continua a simulare lo svenimento) Povero gatto mio... Dafne, Dafne, rispondi!… Ma come è successo?

TASSISTA -  Ecco, è stata tutta colpa di un cane... cioè, di uno zoppo... senza tutta la gamba...

MARITO - (incalzando rapido) Si spieghi: di un cane o di uno zoppo?

TASSISTA - (sullo stesso ritmo imposto dal marito di Dafne) Tutti e due... uno zoppo con un cane... Sa, di quelli che accompagnano i ciechi.

MARITO - Allora, era anche cieco?

TASSISTA - Chi?

MARITO - (senza dargli tregua) Lo zoppo. Dico: se si faceva guidare da un cane, era anche cieco...

TASSISTA - E, beh, si... Perché, ho forse detto che non era cieco? Era zoppo e cieco... Una pena!

MARITO - (come sopra) Immagino... E allora, che cosa ha fatto questo poveraccio?

TASSISTA - Mi ha attraversato la strada di corsa...

MARITO - Di corsa? Zoppo e cieco com'era?

TASSISTA - Ah, ma lei non ha idea di come filano quelli quando vogliono... Sa, hanno l'udito sviluppatissimo.

MARITO - Non dica sciocchezze... L'udito!... Mica si cammina con l'udito.

TASSISTA - Chi ha detto che camminava? Era in bicicletta... Sa, di quelle con una pedivella sola che nel '18...

MARITO - Un cieco in bicicletta?!

TASSISTA - Beh, una bicicletta da donna...

MARITO - Un cieco in bicicletta, con la bicicletta da donna?

MARITO e TASSISTA - (a due voci) Con una pedivella sola, un cieco in bicicletta.

TASSISTA - (al gran rilancio) Sì, ma il cane ci vedeva... Era lui che guidava...

MARITO - II cane guidava?! Ma è pazzesco!!

TASSISTA - È quello che dico anch'io... E poi ci si meraviglia se succedono gli incidenti! Oh, intendiamoci, il cane mica stava al manubrio... nooo, lui stava davanti, legato alla bicicletta... a far strada. (Tutto d'un fiato) L'altro pedalava con la pedivella sola, ma il cane ci vedeva e tutto andava liscio come un olio.

MARITO - (si ritrae di qualche passo per poterselo inquadrare tutt'intiero) Continui... Lei se l'è trovato davanti.

TASSISTA - E ho frenato di colpo, ma, pataplam, sua moglie ha sbattuto il naso contro la tramezza di vetro.

MARITO - (gridando) E c'era bisogno di frenare a quel modo?

TASSISTA - (l'osserva ridanciano, gli strizza l'occhio, gli molla un col petto ammiccante col gomito) L'ha imparata bene la lezione. eh? Proprio come alle prove. Bravo!

MARITO - Ma che lezione, che prove?

TASSISTA - (aggressivo, studiato) Ma che cosa pretendeva, che per salvare il naso di sua moglie ammazzassi quella povera bestia... con la pedivella da donna? (Si va a sedere sulla poltrona).

 DAFNE - (s'appresta infatti a recitare la scena del risveglio ) Ahaaa... Ahaiai... Che male! Chi è? Dove sono?!

MARITO - (accorso rapidamente vicino alla moglie) Sei a casa, amore... a casa tua... con il tuo Attilio...

DAFNE - (spalancando gli occhi, un po' bambola) Ah si... Ciao, Attilio... Chi è il signore?(con voce lamentosa, strascicata) Ma che cos'è successo?

MARITO - È successo che, per una frenata brusca, hai picchiato nel vetro del suo tassi. Ma, per fortuna, ti ha portato subito a casa e ha avuto, se non altro, la prontezza di chiamare un'infermiera... (Di scatto al tassista) Piuttosto, perché non ha chiamato un dottore?

TASSISTA - (seccato) Senta, se lei s'inventa le storie per conto suo e poi pretende che funzionino... Io, la signora, non l'ho portata subito a casa, ma al pronto soccorso... E là, mica dovevo chiamarlo, il dottore: ce n'era già uno che ci aspettava. L'hanno medicata, le hanno fatto le lastre... hanno fatto tutto lì, insomma.

MARITO - Anche spogliarla?

TASSISTA - Eh già, gliel'ho detto, no, dell'infermiera?...

Dafne emette un gemito pieno di sconforto.

MARITO - E non l'ha rivestita?

DAFNE - (con tono del tutto normale, per poi ripiegare velocemente su quello sofferto e strascicato di prima) Ma, caro, con tutto quello che hanno da fare al pronto soccorso, vuoi che stiano anche a rivestirmi? .

MARITO - (furente) Ma non ti sei resa conto che questo disgraziato,  ti ha portata a casa nuda?! Mia moglie nuda su un tassi!

TASSISTA - (con voce normale) Stia tranquillo, l'ho stesa sul pavimento; non l'ha vista nessuno.

MARITO - Ma lei sì, lei l'ha vista! E l'ha toccata, anche... Se l'è tenuta sulle braccia, nuda!

TASSISTA - Però, sempre con la faccia voltata.

MARITO.. (Siede sulla poltrona dove c'è il piede coperto dal cappello. Si alza di scatto) E questo? Da dove salta fuori? Chi l'ha tolto dall'armadio?

TASSISTA - Un piede col cappello? (Pausa, poi deciso) L'ho tolto io dall'armadio per coprire la signora. (Si rende conto dell'enormità) Ma poi ho visto che era troppo piccolo e l'ho lasciato li.

MARITO - Lei è andato a frugare là dentro?! Cercava i soldi, eh?Ho capito la tecnica, adesso: si procura l'incidente ad una signora e, con la scusa di portarla a casa, approfittando che è svenuta... (Va verso il piccolo armadio).

TASSISTA - Di che soldi sta parlando?

MARITO - (ha aperto un cassetto) Di quelli che stavano qua dentro e che adesso non ci sono più. Mezzo milione in contanti... Li avevo messi questa mattina. (Andando minaccioso incontro al tassista) Avanti, poche storie, li tiri fuori!

TASSISTA - (lo scansa con un gesto deciso) Ehi, chi l'ha mai visto il suo mezzo milione? Signora, lei è testimone!

MARITO - Mia moglie non è testimone di niente! Si sbrighi o telefono alla polizia. Anzi, telefono senz'altro, così la smetterà di fare il furbo... Ma cosa crede, che abbia bevuto davvero la storiella che mi ha raccontato?

DAFNE - (attraversa la stanza quasi di corsa, raggiunge il tavolo dove c'è il telefono) Lascia perdere, Attilio!... Forse ti sbagli su quei soldi...

MARITO - (sfoglia la guida telefonica) Non mi sbaglio, non mi sbaglio affatto... E vedremo se con la polizia non si deciderà a dire la verità! Voglio ridere...

TASSISTA - (tranquillo, provocatorio) Non credo che riderà molto.

MARITO - Hai sentito? Fa pure lo strafottente! Imbroglione, ladro, approfittatore di donne che non è altro!

TASSISTA - Eh no, approfittatore di donne, no!

MARITO - Approfittatore di donne, sì! E anche sporcaccione!

DAFNE - Attilio, calmati, stai esagerando...

MARITO - Non esagero, stai tranquilla. Ma non vedi che faccia da maniaco sessuale che ha? Scommetto che t'ha spogliata lui, da solo... Altro che infermiera!... E poi ti ha seviziata!

DAFNE - Cosa dici? Seviziata al naso?!

MARITO - Si, il naso! Il naso è il classico oggetto della loro libidine. Mostro, brutto mostro!

TASSISTA - (procedendo lento, con andamento dinoccolato) A chi brutto mostro?

MARITO - A lei!

TASSISTA - Ah, si? (Puntandogli contro il dito come fosse un'arma) E allora se io sono un brutto mostro, lei è un rinoceronte!

MARITO - (sorridendogli con aria di commiserazione) Come sarebbe a dire? Perché rinoceronte?

TASSISTA - Perché i rinoceronti hanno le corna perfino sul naso. (Porta un dito all'altezza del naso per meglio illustrare l'allusione).

II marito si irrigidisce come paralizzato.

DAFNE - Apollo, la prego!

TASSISTA - Eh no, scusi: quello mi dice certe parolacce!

DAFNE - D'accordo, ma adesso smettetela... Cercate di ragionare, non fate i bambini!

MARITO - (isterico, pestando un pugno sul tavolo) Non sono un bambino!

TASSISTA - (mortificato, obbiettivo) Ha ragione: mi spiace doverlo riconoscere, ma non è un bambino... (Pausa, poi insolente) Solo i rinoceronti adulti hanno le corna sul naso,perché sua moglie non ha solo un amante ma due o forse più.

MARITO - (si va a mettere in poltrona con studiata indolenza) Oh, ma non mi dice niente di nuovo... Lo sapevo di già.

TASSISTA - Abbiamo pure il rinoceronte contento! E saprà anche che io mi sono prestato a tutta sta storia per farle credere che le quattro ore le ha passate da svenuta stesa... ma che invece sarà stata stesa, ma non svenuta....

MARITO - (abbandona le braccio lungo i fianchi della poltrona e accavalla le gambe onde assumere un atteggiamento il più staccato e sereno possibile)  Lei credeva d'avermi svelato chissà quale arcano, invece io sapevo benissimo che oggi mia moglie si sarebbe dovuta incontrare con l'ingegnere: me l'ha detto lei stessa prima d'uscire.

TASSISTA - E invece s'è incontrata con l'altro...

MARITO - (con compatimento) Chi, Michele?

DAFNE - (si lascia cadere sul divano svenuta) Ohooo! I due non se ne accorgono.

TASSISTA - Sì, ha visto che non sa proprio niente?!

MARITO - (gli si siede accanto) Ah, ah! Ma Michele è da due mesi in Australia e non tornerà prima di Natale. (Gli da una pacca confidenziale sul ginocchio).

TASSISTA - Beh, buon Natale! (Gli restituisce la pacca) Ad ogni modo, mi vuoi spiegare come faceva la signora ad essere con l'ingegnere, se l'ingegnere era con lei alla stazione? Buona Pasqua! (Altra pacca più sostenuta che lo fa letteralmente sobbalzare).

MARITO - Dafne, come facevi?

La donna, che stava per rinvenire, toma a svenire.

TASSISTA - Ma se fa certe domande, a voglia con gli svenimenti.

MARITO - (l'afferra per le spalle) Dafne, rispondi:... Con chi eri oggi? Con chi sei stata?

TASSISTA - E non gridi così, andiamo! Sarà stata con qualcuno dei suoi amici.  Di quelli che le danno orgoglio... Come si dice: “Molti amici, molto amore”.

MARITO - (disperato fino alle lacrime) Ma io non ho altri amici che quei due che ho detto... Non ne ho altri, io.

TASSISTA - Beh, si sarà data da fare lei, per procurargliene.

MARITO - La smetta! Non vede che sono disperato? Non capisce che è tutto un castello che mi cade addosso? Il castello della mia certezza, della fiducia che avevo in lei... Oh, Dafne! Dafne, rispondi, rispondi...

DAFNE - (rinviene) Eh! Oh, mamma, mamma, mi gira la testa! Cosa mi succede? Caro, non mi guardare con quella faccia. Mi spaventi.

TASSISTA - (sadico) Ha la faccia da sinistrato: gli è cascato tutto un castello addosso.

MARITO - Dafne, chi era quell'uomo?

DAFNE - Apollo, che cosa ha detto a mio marito?

TASSISTA - Marito, che cosa le ho detto di sua moglie?

MARITO - Guarda, guarda come si diverte... Non gli par vero, al mostro, di vedermi distrutto! Mostro!.

MARITO - Si, mostro! Perché solo un essere ignobile come lei poteva trovar piacere nello svelare la verità all'uomo tradito. Mostro! È proprio vero quello che dicevano i Vangeli apocrifi: “C'è solo un uomo più carogna di Giuda: quello che apre gli occhi al cornuto”.

DAFNE - È inutile che ti disperi, Attilio caro. Devi solo dire: “Mea culpa”. L'hai voluto tu, andiamo... Ti pare bello il modo con cui, fin dall'inizio, hai aggredito questo povero tassista?: gli hai dato del ladro, del maniaco sessuale, del mostro... Ed è logico che egli abbia voluto vendicarsi.

MARITO - Ma tu, tu, perché mi hai mentito?!

DAFNE - Rieccoci con le offese! Io non ti ho mentito mai... Il naso me lo sono rotto sul tassi... Non mi ricordo come, quando e perché sono svenuta... Questo te lo deve, dico (sottolineando la parola): DEVE, raccontare lui... Se no, salta fuori il piede...

TASSISTA - Eh no, eh...

DAFNE - Eh sì. Occhio per occhio, piede per piede!

MARITO - Ma che state dicendo? Di che piede state parlando?

DAFNE - Apollo, è inutile continuare a mentire. Credo sia meglio dirgli tutto e non pensarci più.

TASSISTA - Addio tassì... (Raccoglie il berretto e se lo calca in testa).

DAFNE - Attilio, tutto è successo perché il tassista ha un piede solo. Il tassista cerca con uno scatto di nascondersene uno dietro la poltrona.

MARITO - Ma io, veramente, gliene vedo due...

DAFNE - Si, ma uno è finto. (Il tassista inizia a camminare claudicando leggermente: poi via via aumenta fino a dar l'impressione che uno dei piedi si sia svitato). È un piede ortopedico... perciò non potrebbe portare un'auto pubblica. Non riesco a capire come sia riuscito ad ottenere la licenza?!

MARITO - Lo so io come: con i soliti intrallazzi. E poi, chi ci va di mezzo sono sempre i cittadini che pagano le tasse.

DAFNE - Adesso non infierire... Sappi prima che il poveretto ha una famiglia numerosa da mantenere e che quel piede l'ha perduto in guerra. (Il tassista si blocca, monumentale, azzoppato). Solo la disperazione l'ha portato a rischiare la galera guidando con il piede difettoso.

MARITO - (mortificato) Perché non me l'hai detto subito?

DAFNE - Ma ragiona un attimo: potevo, io, rischiare la vita, l'avvenire di questo povero disgraziato...

TASSISTA - (dimenticando di colpo di recitare il personaggio dello zoppo) A chi disgraziato?... Se adesso ci si mette anche lei?!

MARITO - Stia zitto, e ringrazi il buon cuore, la generosità di mia moglie che è un angelo, povera cara... E io che ho dubitato, che ti ho offesa... (Incalzando contratto nel finale) E tu hai sofferto tanta umiliazione pur di salvare questo disgraziato irriconoscente, zoppo... e ladro!

TASSISTA - Ma allora è un vizio!

MARITO - Eh si, ladro; perché, il mezzo milione chi l'ha preso?

DAFNE - (Apollo riprende a zoppicare). Attilio, lo so che sono una stupida, sentimentalmente. Lo so che la troppa generosità è un grave difetto, ma, insomma, quel mezzo milione l'ho dato al tassista per pagare l'assicurazione della macchina, che gli scadeva proprio oggi...(Apollo si volta a guardare la donna, come stordito)

MARITO - Mezzo milione per la sua... Ma sei proprio matta!

DAFNE - Caro, se lui non è assicurato, da chi prendiamo i quattro milioni che ci spettano per il mio naso rotto?

MARITO - Quattro milioni? Ma ne sei sicura?

DAFNE - Sì, si, sicurissima. Lo diceva anche il dottore del pronto soccorso.

MARITO - Brava, brava, Dafne, sei stata formidabile... Caro il mio gatto, lei subito si è interessata di organizzare il risarcimento per il suo nasino...

TASSISTA - Guarda come gongola adesso il sensibile! (Accenna la pantomima della mandria in corsa)

 MARITO - (al tassista) Ad ogni modo, lei mi firmerà delle cambiali: quel mezzo milione, non crederà di farmelo passare in fanteria! E visto che le cambiali in casa mia non mancano, me le firmerà subito, e chi s'è visto s'è visto. (Apre un cassetto del solito armadio).

TASSISTA - Cosa firmo, io?

MARITO - (senza voltarsi) Le cambiali, subito.

TASSISTA - Ma lei ha il cervello pieno di maggiolini. (Con impeto) Signora, basta! Lei sa che... (Dafne indica il piede). Firmo, firmo tutto... (Scaraventa il berretto sulla poltrona).

MARITO - Ecco qua: sono già pronte. (Invita Apollo ad accomodarsi al tavolo di destra) Basta la firma. (Il tassista comincia a firmare). Bravo. Sa anche scrivere... Ma è poi sicuro di chiamarsi proprio Febo Minervini? Com'è che mia moglie lo chiama sempre Apollo?

DAFNE - (annoiata, mettendosi nell'atteggiamento della Andromaca alessandrina) Apollo e Febo sono la stessa cosa, caro. Andiamo, non scoprire la tua ignoranza!

MARITO - Insomma basta. L’idea che tu possa essere stata l’amante di un tassista mi fa impazzire...

TASSISTA - (scattando, sopratono) Paghiamo le tasse anche noi, sa?!

MARITO - Hai sentito? Lo ammette anche lui! E con quale cinismo anche! Per venire con te, basta aver pagato le tasse! Tu non sei mia moglie, sei un premio erariale.

DAFNE - Oh, nooo! (Cade riversa sul divano).

TASSISTA - (cronachistico) II premio erariale è svenuto.

DAFNE - (portandosi le mani alla gola) Aiuto, aiuto, soffoco!

MARITO - Accidenti, adesso incomincia a preoccuparmi sto fatto. Sa che cosa le dico? Io chiamo un medico. (Corre al telefono).

DAFNE - Oh Dio, che caldo. (Si slaccia la vestaglia all'altezza del collo).

TASSISTA - La signora ha caldo. Forse è meglio spogliarla.

MARITO - (che sta formando il numero al telefono) Ancora? Non l'ha vista nuda abbastanza?

TASSISTA - Dicevo per metterla a letto...

MARITO - No, la lasci lì, è meglio non muoverla finché non arriva il medico. (All'apparecchio, concitato) Pronto? Clinica Salus? È il dottor Mangelli che parla: mi potrebbe mandare un medico?... Si, dottor Mangelli in via Angeloni 9. È urgente!

MEDICO - (entrando) Permesso? (Chiede qualcosa al tassista che gli è andato incontro).

TASSISTA - II dottor Mangelli è lì.

MARITO - Scusi, lei chi è?

MEDICO - Sono il medico.

TASSISTA - (retrocedendo di qualche passo) Oeuh!

MARITO - Accidenti, come ha fatto presto!

MEDICO - (si libera del soprabito) Certo, quando si tratta di un caso urgente, è sempre bene precipitarsi.

MARITO - S'accomodi, dottore. È per mia moglie... è svenuta. (Lo accompagna verso il divano).

MEDICO - Lo immaginavo. (Si china sulla donna e comincia ad esaminarla con cura, partendo dal naso).

MARITO - Che intuito!... Scusi, pensa si tratti di una emorragia?

MEDICO - No, no, il naso va benissimo... Da quanto tempo è svenuta?

MARITO - Saranno tre minuti, questa volta. Ma prima è rimasta senza conoscenza per quattro ore.

MEDICO - (le tasta il polso) Quattro ore? Impossibile!!

MEDICO - Pensare che dopo l'intervento stava benissimo. Chi l'avrebbe detto?! (Estrae dalla propria borsa uno stetoscopio e subito inizia ad auscultare il cuore della donna).

MARITO - Dopo l'intervento?... Come fa a saperlo?

MEDICO - Lo so, perché l'intervento l'ho condotto io.

MARITO - E’ stato molto gentile a scomodarsi ancora.

MEDICO - No, non mi ringrazi, anzi... Perché, devo ammetterlo, io ho commesso un errore nel non aver considerato con sufficiente attenzione il referto dell’esame sanguigno prima dell’intervento. (Estrae dalla borsa l’apparecchio per misurare la pressione e si fa aiutare dall’imprenditore invitandolo a tener sollevato il braccio della donna)

MARITO - Perché, che cosa diceva il referto?

MEDICO - Diceva che sua moglie è affetta da un principio di sindrome di Ajezza-Arillàga.

MARITO - Sarebbe a dire?

MEDICO - Un tipo di enfisema polmonare... Cioè sua moglie, o meglio i suoi polmoni, hanno difficoltà a produrre ossigeno, così che il suo sangue ne risulta povero.

MARITO - Povero di ossigeno? Con tutto quello che ho speso l'anno scorso per mandarla in montagna in mezzo ai pini?!

MEDICO - I pini non c'entrano. È il sistema di ossidazione che non funziona. (Comincia a pompare).

MARITO - E che cosa le può succedere?

MEDICO - Adesso, niente di speciale: qualche mancamento ogni tanto... Ma poi, col progressivo impoverimento d'ossigeno nel sistema circolatorio, incomincerà ad azzurrarsi.

MARITO - Incomincerà a far che?

MEDICO - Ad azzurrarsi: diventerà azzurra... prima gli occhi, poi la pelle e i capelli...

MARITO - Tutta azzurra?!

TASSISTA - Tutta nuda azzurra, che bella!! (Incosciente, trasognato) Deve essere più bella che bianca... Sembrerà un angelo!

MEDICO - Infatti, lo chiamano anche il “morbo degli angeli”. Forse anche perché porta immancabilmente in cielo.

MARITO - In cielo! Come dire che si muore?... Ohooo! (Sviene andando a finire lungo disteso sulla poltrona accanto).

Il medico non se ne avvede.

TASSISTA - Dottore, è svenuto anche lui... Dico, mica sarà una malattia infettiva questa azzurra, eh?

MEDICO - (accorre alla volta dell'imprenditore) Ma che dice! Per la miseria, oggi è il mio giorno delle gaffes. Cosa sono andato a dirgli degli angeli che muoiono?!

La donna da segni di vita: muove le braccia lentamente in un accenno di danza.

TASSISTA - Meno male che fanno il turno... Sviene lui, rinviene lei. (A Dafne) Signora, ben rinvenuta! È arrivato questo dottore.

DAFNE - (vede il marito abbandonato riverso sulla poltrona) Ma che cosa è successo a mio marito?

TASSISTA - Niente, niente, signora: le ha dato un po' il cambio...

DAFNE - Oh, povero caro: ma che cosa gli è successo? (Il tassista si rende conto del fatto che l'imprenditore è sdraiato sul suo berretto. Armeggia per toglierlo di sotto trattando lo svenuto come fosse un pupazzo: lo obbliga col busto piegato in avanti, poi lo fa dondolare con tale violenza da costringerlo a sollevare il sedere dalla poltrona. Liberato il berretto, glielo calca in testa e, afferrata la visiera, se ne serve come punto di presa per ridistenderlo nella posizione iniziale.)

MEDICO - Signora, lasci correre: suo marito sta benone. Lei, piuttosto, non sta affatto bene. Questi suoi prolungati svenimenti, non sono dovuti ad altro che ad una carenza piuttosto elevata di ossigeno nel sangue.

DAFNE - Macché svenimenti! Mi è girata un po' la testa.

TASSISTA - (ancora alle prese col marito di Dafne) Si, le è girata la testa! È stato uno svenimento dietro l'altro. Vada avanti così, poi vedrà come diventa azzurra. Tutta nuda azzurra con pallini blu.

MEDICO - Ma stia zitto!

DAFNE - Cosa?

MEDICO - Stia tranquilla, la malattia è ancora in fase iniziale. Se la curiamo drasticamente non sarà difficile salvarla.

MARITO - (rinviene. Vorrebbe sollevare il busto, ma ricade all'indietro privo di forze) Dafne, oh Dafne mia... Angelo, non lasciarmi, non volar via. (il tassista afferra la visiera del berretto sempre calcato sulla testa dell'imprenditore e la tira a sé: l'imprenditore si ritrova seduto.)

DAFNE - Vaneggia?

MEDICO - No, è solo scosso per quello che ha saputo circa la sua malattia. (Si avvicina all'imprenditore e cerca di togliergli il berretto, che però, calcato com'è, non si muove. Prova allora con uno strattone).

TASSISTA - No, me lo rompe! (Afferra con delicatezza la visiera e la fa scorrere in senso rotatorio come a svitare il berretto dalla testa dell'imprenditore. Infatti bastano poche “tornate” e il berretto si sfila quasi da sé).

DAFNE - (sinceramente commossa, mentre il medico sta armeggiando per misurare la pressione anche al marito) Per questo sei svenuto? Solo a causa delle mie bugie... No, non ti posso veder soffrire a quel modo... Sai qual è la verità? Eccotela: non ho mai avuto nessun incidente in tassi, non sono mai rimasta svenuta: è tutta una menzogna, una menzogna stupida e da irresponsabile che ha fatto cadere in inganno anche il dottore.

MARITO -. È bello questo tuo gesto, ma non posso accettarlo... Con tutto che avrei preferito essere per amor tuo mille volte rinoceronte, che vedovo.

DAFNE - (sollevandosi con fatica, le broccia protese) Attilio, credilo: è la verità. Tu non sarai mai vedovo...

TASSISTA - (stesso tono, senza calcare) Sarai solo rinoceronte.

DAFNE - Appunto... Cioè, glielo dica lei, dottore.

MEDICO - (ripone l'apparecchio per misurare la pressione) Siete in errore entrambi. Suo marito, che ha frainteso e ingigantito la gravità del male, e lei, che ha creduto essere gli svenimenti il solo indizio sul quale si è fondata la mia diagnosi. Come ho detto poco fa a suo marito, sono venuto a conosceva del suo male in seguito alla verifica del referto dell'esame sanguigno. (Estrae dalla borsa un astuccio che assomiglia a quelli che contengono le siringhe da iniezione).

DAFNE - Allora sono ammalata davvero?

MEDICO - (apre l'astuccio e mostra alla donna una pila per l'osservazione del fondo oculare) . Purtroppo oggi non si sono trovati farmaci efficienti per curare questo male.

DAFNE - Morirò?

MEDICO - Mi lasci finire... C'è però un sistema sperimentato da qualche mese in Svezia con risultati davvero ottimi: il sistema detto della circolazione siamese.(Il tassista ha appena acceso una sigaretta, il medico gliela toglie di bocca, gli prende un braccio, glielo solleva, e conduce il discorso mimando le varie fasi dell'intervento in questione) Cioè, nell'innestare la circolazione sanguigna del soggetto povero, nel circolo di un altro soggetto ricco. Il ricco pomperà ossigeno per il povero. Attraverso l’innesto delle due vene dei polsi ascendente e discendente. (Con gesti descrittivi). In poche parole il sangue della signora, uscendo per l’innesto, entrerà nel circolo sanguigno dell’altro, per ritornare arricchito di ossigenonel proprio sistema. (Abbassa e solleva il braccio del tassista ritmicamente: dalla bocca di quest'ultimo escono, in sincrono, nuvolette di fumo).

TASSISTA - (con uno strattone si libera dalla presa) Scusi, dottore, un sistema di quel tipo funzionerà in Svezia, ma qui da noi va a finire che al povero gli fregano anche quel poco di ossigeno che aveva prima.

MEDICO -  Una pompa umana, insomma.

DAFNE - E io dovrei rimanere tutta la vita attaccata ad una pompa? Ma è spaventoso! Con il polso incollato a quello dell'altro…?

DAFNE - ha un gesto di disappunto.

MEDICO - (afferra nuovamente il braccio di Apollo e ritorna ad usarne come tosse il braccio di una pompa) Ad ogni modo, non sarà per tutta la vita, signora: il tempo di permettere al suo apparato ossigenante di riprendersi grazie al fatto che l'altro lavora per lei, e sarà guarita. Non ci vorrà più di un mese.

Sempre in sincronia col gesto del medico, Apollo emette nuvole di fumo.

DAFNE - Un mese? E dice poco?

MARITO - Cara, passerà prestissimo e sarà il mese più bello della nostra vita. (Idilliaco) Ti immagini, tenersi per mano come ai bei tempi, io e te...

DAFNE - (commossa) Io e te?

MARITO - Sì, ho deciso che sarò io la tua pompa ausiliaria.

DAFNE - Sei un angelo!

MARITO - Vero, dottore?

MARITO – Gruppo B.

MEDICO - (annotando qualcosa su un libretto) Non va bene il gruppo. Mi dispiace, ma non serve; anzi, sarebbe dannoso, per non dire tragico, per ambedue.

MARITO - Perché?

MEDICO - Non si possono mischiare gruppi diversi. Lei ha il gruppo B e la signora è del gruppo AB, che purtroppo è un tipo di sangue difficilissimo a trovarsi. Talmente raro che lo si chiama “sangue onesto”.

DAFNE - Com'è gentile, dottore, grazie.

MARITO - Come dire che chi ha il B è disonesto?

TASSISTA - Eh si, guardi che si vede anche a occhio nudo che lei ha il B.

MARITO - Perché, lei che sfotte tanto, che gruppo ha?

TASSISTA - Onesto. Gruppo AB, fattore RH positivo. (Mostra la tessera) Verificare, prego.

MEDICO - (afferra la tessera) Splendido! Anche la signora ha l'RH positivo. E questa poi (leggendo): “Ossigeno, capacità 40 per cento”... ma è la massima dote. Complimenti, bravo. (Gli prende la mano e gliela stringe) Non ha idea di quale fortuna sia per me e per la signora avere incontrato lei.

MARITO - (afferra il polso del tassista e lo libera dalla stretta del medico) Piano, dottore: non penserà di far fare la pompa ausiliaria a questo bellimbusto?!

MEDICO - (riafferra risoluto la mano del tassista e la agita con violenza) Perché no?

MARITO - Lui, la pompa di mia moglie? Una pompa zoppa? (Si ripete l'azione di prima).

MEDICO - Certo, se non vi va, si potrebbe senz'altro cercare un'altra pompa di vostro gradimento. Ma non crediate di trovarla così su due piedi.

II tassista si ritrova col braccio che oscilla in su e in giù per proprio conto e non riesce a fermarlo.

MARITO - La troveremo a costo di rimetterci dei quattrini.

MEDICO - Ce ne rimetterà, e tanti, stia tranquillo...

MARITO - Eh no, se mi dice così non sto tranquillo... Ad ogni modo, quello che vuole, ma lui con mia moglie, no! Ma se lo immagina vedermelo sempre fra i piedi, sempre attaccato a lei tutto il giorno, perfino a letto! Ma come, non ci dormo io con mia moglie, perché dice che russo, e dovrei accettare che un altro...?

TASSISTA - Ma io non russo.

DAFNE -  Davvero?

MEDICO - (che si era soffermato sul fondo, ritorna sul proscenio) Senta, se fossi in lei non perderei tempo in inutili questioni di principio, e penserei a non perdere questa pompa (indica il tassista) che la fortuna ci ha elargito con tanta generosità.

MARITO - D'accordo... Se è per il bene tuo, Dafne, prenditi la pompa che vuoi.

TASSISTA - (intervenendo fra i due) Ehi, piano... Ma per chi m'avete preso? “La prendo, non la prendo, gliela incarto”... Mica ho già il contalitri col tassametro! Sarò una pompa, d'accordo: ma un po' di rispetto per le pompe degli altri! E poi, chi vi ha detto che io ci stia?

MARITO - Perché? Non le piace più mia moglie?

TASSISTA - Non si arrabbi: mi piace moltissimo, ancor più di prima.

MARITO - Allora, veniamo al sodo. Perché io so dove conducono tutte ste sviolinate. Quanto vuole per il lavoro?Eh sì, dico, dal momento che dovrà smettere per qualche tempo di fare il tassista, mica pretenderà che mia moglie si metta a cassetta con lei, magari al posto del tassametro... Le vanno bene cinquanta al mese?

Dialogo serrato, senza pause.

TASSISTA - Cinquantamila?

MARITO - Sì.

TASSISTA - Vitto e alloggio?

MARITO - Pagato.

TASSISTA - Sigarette?

MEDICO - No, mi dispiace, ma non potrà fumare.

TASSISTA - Niente fumo... Vino?

MEDICO - Vino… Qualche bicchiere, non di più.

TASSISTA - Donne?

MARITO - Come donne?

TASSISTA - Dico, appunto, come si fa con le donne? Non pretenderà... nello stesso letto...

MARITO - Non ci sarà stesso letto, ma letti separati.

TASSISTA - Come si fa: mi segate il braccio? Già mi avete tolto un piede! Intanto mi da indietro le mie cambiali.

DAFNE - Apollo, adesso  mi sta deludendo! Così, non è me che vuoi salvare, ma le sue cambiali. Grazie, allora sa che cosa le dico? Che, ricatto per ricatto, io ritiro fuori il piede.

MARITO - Che ricatto? Ormai lo so già.

DAFNE - Non è di quel piede che stiamo parlando, ma dell'altro.

MARITO - Dell'altro? Gli manca anche l'altro piede? Che schifo!

MEDICO - (interviene risoluto) Mi meraviglio che si stia ancora a discutere... Andiamo, ma dove è finito l'antico spirito della cavalleria?! Qui c'è una donna da salvare, e voi discutete di piedi e di cambiali, andiamo...

TASSISTA - E va bene... andiamo.

MEDICO - Oh, finalmente! Bravo. Se non vi dispiace, vi pregherei di seguirmi alla clinica; È meglio procedere subito all'innesto. Mentre la signora si veste, volete chiamare un tassì per favore?

MARITO - Per farne? C'è già il suo. Ci porterà lui, e al ritorno guiderò io.

TASSISTA - D'accordo. Ma chi pagherà la corsa?

DAFNE - Apollo, siamo da capo con i ricatti?

TASSISTA - Per carità volevo dire che, dopo tutto quello che avete fatto per me: ridotto senza piedi, tre figli da mantenere, mezzo milione di cambiali da pagare, tramutato in una pompa... (con forza) ma permettetemi almeno che vi offra il tassì. Andiamo (Esce sul fondo).

FINE DEL PRIMO ATTO


ATTO SECONDO

SCENA PRIMA

Sempre la stessa scena dell'appartamento dell'imprenditore. La donna e il tassista stanno ballando. Uno strano apparecchio li costringe ammanettati per i polsi: lei al polso sinistro, lui al destro.

DAFNE - (che evidentemente gli sta insegnando un passo di danza) Un due... un due tre... Bravissimo! Ha visto che non è difficile...

TASSISTA - No, no non è difficile, però io vado meglio nel twist.. tarata, tarata... (Accenna passi frenetici).

DAFNE - Cos'è, impazzito! Ma no, no, non possiamo... Va a finire che si strappa l'innesto.

TASSISTA - Allora facciamo una cosa: stacchiamolo per due minuti. Due minuti al giorno si può...

DAFNE - Si, caro, ma solo in casi urgenti e delicati: bisogni personali, ecc. E mica vogliamo buttar via minuti preziosi per provare il be-bop?! Su, da bravo, torniamo al liscio. Più vicino... Ecco, così... Ma non così rigido: si abbandoni e non abbia paura... Mi stringa, mi stringa pure.

TASSISTA - Stringo, stringo pure... È che mi vien caldo...

DAFNE - Non si preoccupi. È l'effetto della doppia circolazione, ma fra poco il circuito si stabilizza.

TASSISTA - Si stabilizza?

MARITO - (entra con due valige in mano, alla vista dei due che ballano avvinti si ferma allibito) Ma che fate?

TASSISTA - (continuando a danzare) Ci si stabilizza...

MARITO - Cosa?

DAFNE - Ci stiamo allenando, caro. Cerco di fargli prendere confidenza, no?

MARITO - Allenandovi a che cosa?

DAFNE - Al ballo. Se volessimo uscire qualche sera, andare un po' a divertirci... non pretenderai che rimanga in casa in clausura per un mese intero, no? E poi, visto che a causa dell'incidente ho un naso nuovo, me Io lascerai sfoggiare, spero!

TASSISTA - (imitando il tono della donna) Oh, tiranno!

MARITO - Ma, cara, ti rendi conto che sono solo due ore che sei uscita dalla clinica? (Il tassista continua ad accennare il passo di danza). E lei, per favore, stia un po' fermo, almeno quando, parlo con mia moglie! (Solleva il braccio per schiaffeggiarlo).

DAFNE - Attilio, per favore, non essere manesco. Se fai male a lui, fai male anche a me. Non ti dimenticare che abbiamo lo stesso sistema.

I due continuano a ballare.

MARITO - E tu non ti dimenticare che in fondo sei anche mia moglie, e malata per giunta!

DAFNE - Si, ma il dottore ha detto che un po' di svago non mi può fare male. Al contrario, qualsiasi arrabbiatura non mi può fare che male.

MARITO - Hai ragione, cara. Scusami. Beh, facciamo la pace: su, dammi un bacino. (Si protende per il bacio, ma la mano di Apollo si frappone ai due).

TASSISTA - No! Mi dispiace, ma niente bacino...

MARITO - Come si permette: è mia moglie...

TASSISTA - Ma il sangue è mio. Il bacino porta il bacillo. Il bacillo carogna passa da lei alla signora, e poi arriva a me, si trova bene e ci resta;

MARITO - Ma, insomma, adesso non posso più neanche baciare mia moglie?

TASSISTA - No. Soltanto io posso, se ne ho voglia... Tanto, i nostri bacilli hanno già fatto conoscenza. E adesso, basta con le discussioni, non perdiamo tempo, e balliamo. (Riprende Dafne fra le broccia, ballano, poi vede la valigia e la apre) Ma, andiamo, dove ha la testa? Mica erano queste le valige da prendere: mi ha portato le valige degli attrezzi e dei trucchi. Guardi, cosa vuole che ne faccia di baffi e barbe finte? (Li mostra).

MARITO - Barbe... e baffi. Ma a che cosa le servivano?

DAFNE - Oh, guarda... Che divertente! Scommetto che questa è la barba famosa… Su, se la metta…

Il tassista, riluttante, esegue.

MARITO - II professore?!

DAFNE - Bravo, Attilio, hai indovinato.

MARITO - Ah, brutto imbroglione, ladro... (Vorrebbe afferrarlo per il collo. Apollo allunga un piede e lo costringe a rispettosa distanza).

TASSISTA - Eh, eh, fermo con le mani. Se fa male a me, fa male anche alla signora... per via dell'innesto.

MARITO - Vigliacco, approfittarsi di una donna… Ma faccia che la incontri l'ingegnere, e poi voglio ridere... Mica si ferma davanti alla doppia circolazione, quello.

TASSISTA - Non si ferma! Che vigliacco! Signora, non ci deve venire, qui, l'ingegnere!

DAFNE - Stia tranquillo, non ci verrà. E se anche ci venisse, faremo in modo che non la riconosca, e soprattutto che non ci veda legati a questo modo... È talmente geloso!

TASSISTA - È geloso?

DAFNE - Oh, una gelosia, una gelosia! Attilio, vero com'è geloso l'ingegnere? (Attilio soprappensiero fa un gesto che convalida quello che dice Dafne). È gelosissimo! Accidenti, ma che ore sono? Ci eravamo dimenticati che bisogna cenare. Caro, sai che non c'è né la cameriera né la cuoca.

MARITO - E che ci posso fare io?

DAFNE - Vuoi che andiamo al ristorante in queste condizioni? Su, da bravo, vai in cucina a preparare qualcosa di buono per noi.

MARITO - Io? Devo far da mangiare, io?

DAFNE - Attilio, non fare il modesto. (Al tassista) Vedrà, Apollo, come cucina bene. È una cuoca formidabile.

TASSISTA - Evviva la cuoca! (Gli molla una manata sul sedere).

MARITO - Ehi, poche confidenze, eh!

DAFNE - Perché? È bello che sia democratico con la servitù... Su, vai. Intanto noi due ci libereremo per qualche minuto: sento urgente bisogno di prendere un bagno.

TASSISTA - Anch'io, anch'io sento l'urgente...

DAFNE - No, no, lei no. Mi aiuti a staccare l'innesto: poi approfitterà del fatto che è libero per aiutare mio marito a preparare la tavola. (Si staccano). Ecco fatto.

TASSISTA - Ma come, buttiamo via i minuti preziosi, così?

DAFNE - Apollo, basta con le discussioni. Faccia come ho detto. E si metta un grembiule: mi ubbidisca.

TASSISTA - E va bene: facciamo la cameriera con la barba!

Escono l'una da una parte e l'altro dall'altra.

INGEGNERE - (entra) È permesso? C'è nessuno? Dafne! Dafne!

DAFNE - Aldo? Sei tu, caro? (Si affaccia).

INGEGNERE - Oh, finalmente! Ma che t'è successo? Ho parlato per telefono con un tassista che m'ha detto d'un incidente. Sono venuto qui per due giorni di seguito, ma non ho mai trovato nessuno. Dove sei stata?

DAFNE - Ti racconcerò, ti racconterò. Abbi pazienza un attimo: faccio il bagno e vengo. (Scompare di nuovo).

INGEGNERE - Fai con comodo. Intanto io do un'occhiata al giornale. (Estrae di tasca un giornale, si siede in poltrona e comincia a leggere).

Apollo entra in scena: indossa un gran grembiule tutto pizzi.

DAFNE - Stai a cena con noi?

INGEGNERE - Volentieri.

DAFNE - Apollo, metta un coperto in più.

TASSISTA - (volgendo le spalle all'ingegnere che lo sbircia appena) Un coperto in più... Perché, signora?

INGEGNERE - Vedo che abbiamo una nuova cameriera!

TASSISTA - C'è poco da sfottere...

L'altro ha la faccia coperta dal giornale.

INGEGNERE - Mi scusi, non era. mia intenzione. È stato per via del grembiule coi pizzi. Non avevo notato i pantaloni. E perdoni se interferisco: ma non aveva altro da mettersi? Servire in tavola così addobbato! Starebbe meglio senza...

TASSISTA - Senza pantaloni?

INGEGNERE - Ma no, per carità! Li tenga!!!... (Si copre sempre di più il viso col giornale) Sono felicissimo che la signora abbia scelto uno come lei... Sono più tranquillo. (Ridacchia isterico).

TASSISTA - La pianti di sfottere, e mi guardi in faccia quando le parlo! (Gli strappa il giornale, e si rende conto che è l'ingegnere).

INGEGNERE - Ehi, che modi! Mi ridia il giornale.

TASSISTA - (si è coperto a sua volta il viso col giornale) Un momento, mi lasci leggere un attimo... Scusi, ma c'è una notizia che mi interessa moltissimo. (velocemente si toglie la barba finta) Ecco fatto: ho letto la notizia, molto interessante.

INGEGNERE - Ma scusi, dov'è andato?

TASSISTA - Chi?

INGEGNERE - Quello con la barba che c'era qui poco fa, dietro il giornale... L'ho visto di sfuggita, ma l'ho visto.

TASSISTA - Dietro il giornale, con la barba? (Afferra il giornale lo sfoglia)

Cambi gli occhiali, ingegnere.

INGEGNERE - Come fa a sapere che sono ingegnere?

TASSISTA - Non lo sapevo, l'ho capito. Dal suo taschino spunta un regolo: classico strumento degli ingegneri.

INGEGNERE - Accidenti, prima le lenti, adesso il regolo… Ma lei è un detective!

TASSISTA - Eh, detective?... Si, ha indovinato!

INGEGNERE - Polizia?

TASSISTA - Sì, ma mi raccomando non lo deve sapere nessuno, specie quelli di casa. Per tutti io devo continuare ad essere...

INGEGNERE - II cameriere!

TASSISTA - No, il tassista.

INGEGNERE - IL. tassista? Ah, si, quello con cui ho parlato per telefono?

TASSISTA - Sì, lui.

INGEGNERE - Ma l'incidente, allora, è o non è avvenuto?

TASSISTA - Sì e no.

INGEGNERE - Era simulato?

TASSISTA - Simulato, simulato.

INGEGNERE - A scopo?

TASSISTA - A scopo, a scopo.

INGEGNERE - A scopo di che?

TASSISTA - Eh no! Adesso lei vuoi sapere troppo. Polizia. Non posso.

INGEGNERE - Sta conducendo delle indagini?

TASSISTA - Eh?

INGEGNERE - Dico, ha scoperto chi è il colpevole?

TASSISTA - Lei, chi dice che è?

INGEGNERE - Beh, come si fa? Attilio no perché era con me. Non resta che la signora...

TASSISTA - Ha indovinato.

INGEGNERE - L'arresterà?

TASSISTA - Si, ho già le manette pronte…

DAFNE - (entrando) Eccomi pronta. Scusa se ti ho fatto attendere.

DAFNE - (che non ha raccolto) Vedo che avete già fatto amicizia. (A parte al tassista) Che guaio! Adesso come facciamo a reinnestarci? Quello fa un pandemonio, ci ammazza tutti quanti. (All'ingegnere) Come stai bene, Aldo: sei bellissimo.

L'ingegnere sorride lusingato.

TASSISTA - (sottovoce) Ci penso io... (In tono normale, estraendo le manette di tasca) Scusi, signora, ma è arrivato il momento: lei è in arresto! (a parte) È il modo migliore per mascherare l'innesto. (Inserisce le spine dell'innesto, che restano così mascherate dalle manette) Ecco fatto: una manetta a lei e l'altra a me, così non mi scappa. E imparerà cosa succede a truffare l'assicurazione.

DAFNE - (recitando melodrammatica) Oh no, le assicuro: sono innocente!

INGEGNERE - Calmati, Dafne... È meglio che tu dica la verità, e vedrai che il signor commissario sarà comprensivo... Vero, commissario? (La costringe a sedere).

DAFNE - Ah, è un commissario? Ma come l'hai saputo?

INGEGNERE - (col groppo in gola, appassionato) Dafne, Dafne, ma perché l'hai fatto? Se era perché avevi bisogno di soldi, che ci stanno a fare le persone che ti vogliono bene! Potevi chiederli, andiamo (pausa, cambio di tono), potevi chiederli a tuo marito.

DAFNE - Grazie, caro! Come sei generoso, caro! (Si alza) Bene. Vi chiedo altri due minuti: quanto basta per finire di vestirmi. (Va verso la porta di cucina) Attilio, c'è l'ingegnere. Vieni a salutarlo. (Ad Apollo) Lei mi accompagni in camera mia.

Escono entrambi.

MARITO - Chi, Aldo? Vengo subito.

DAFNE - (riaffacciandosi, all'ingegnere) Mi raccomando, non dirgli niente per adesso: sarebbe un colpo troppo forte. Bisogna prepararlo piano piano...

INGEGNERE - Stai tranquilla: te lo preparo io.

Entra il marito.

MARITO - Ciao, Aldo. Ti prego di non sfottermi per come sono conciato (anche lui indossa un vistoso grembiule e una cuffia da cuoca), ma stavo cucinando...

INGEGNERE - Figurati! Stasera non m'impressiona più niente...

MARITO - Ah!... Hai saputo dell'incidente e del resto?

INGEGNERE - Soprattutto del resto,... anche quello che tu non sai.

MARITO - Non so? Cosa non so?

INGEGNERE - Non posso dirtelo. Ho promesso.

MARITO - Eh no, tu me lo devi dire. (Lo afferra per le braccio) Altrimenti, che amico sei? In nome della moglie che ci lega, parla!

Si siedono.

INGEGNERE - Attilio, apri gli occhi: possibile che tu non abbia sospettato niente!

MARITO - Beh, sì, ma dimmi tu, che cosa ci potevo fare io? Ho dovuto accettare per forza la situazione. Come potrei sopportare di vederla deperire ogni giorno? Ma non capisci che, se la stacco da lui, quella mi muore?

INGEGNERE - Ma fammi il piacere: muore! Se dai retta alle commedie di una donna! È la solita infatuazione...

MARITO - No, Aldo, questa volta è una cosa seria. L'ho vista io svenire tre volte di seguito, diventare pallida, bianca come questa tovaglia. Capisci? È come se le mancasse l'aria! Non posso staccarla: è lui che le da l'ossigeno.

INGEGNERE - Lui le da l'ossigeno? E io?... Allora, io non conto proprio niente? (Piange).

MARITO - (lo abbraccia consolatorio) Ma si, Aldo. Anch'io ci ho sofferto in principio, ma ho capito che è solo questione di sangue, di affinità fisiologica, come di dice (sillabando) affinità fisiologica.

INGEGNERE - Ti prego, Attilio, smettila di parlarne in termini medico-scientifici... Perché non provi piuttosto a distrarla, a farle fare un viaggio, che so io, in crociera?

MARITO - Bravo, così mi tocca pagare il viaggio anche per quell'altro.

INGEGNERE - (lo aggredisce con la voce e con una serie di spintoni) Ecco, ecco, il taccagno egoista che risalta fuori. Tutte scuse per non spendere... Ed è logico che poi sua moglie non possa fare a meno di attaccarsi ad un altro. (Si interrompe, si guarda intorno) A proposito, dov'è adesso?

MARITO - Chi?

INGEGNERE - Lui, il suo ossigeno: dov'è in questo momento?

MARITO - Di là, in camera sua, con lei.

INGEGNERE - Chi? Quello che era qui poco fa?

DAFNE - (entra trascinandosi dietro Apollo) Vi do una bella notizia: il commissario ha accettato di rimanere a cena con noi.

MARITO - II commissario?

DAFNE - Non ti fa piacere? (Sottovoce al marito) Cerca di stare al gioco. Lo sai che Aldo è geloso.

TASSISTA - Ma senza complimenti, signora. Se disturba, la porto in centrale con me. Mangerà il rancio da noi.

INGEGNERE - Per carità! (Sottovoce al marito) Stai al gioco. (Di nuovo a voce alta) Commissario, non lo dica nemmeno per scherzo: non disturba affatto. Vero, Attilio? (Gli molla una gomitata che lo fa sobbalzare),

MARITO -  Fate un po' vedere? Ma, dico, vi ha dato di volta il cervello? Tolga subito quegli aggeggi.

TASSISTA - Sta fresco! Mica voglio che mi scappi... Ci tengo alla mia carriera, io.

MARITO - Ma chi scappa?

DAFNE - Attilio, smettila! Il commissario ha ragione di non fidarsi. Anzi, se fossi in lui, metterei le manette anche a te.

TASSISTA - Non sarebbe una brutta idea: tutt'altro. (Rivolgendosi all'ingegnere) Senta, ingegnere, mi faccia un favore: nella mia valigia c'è un altro paio di manette; le prenda, e ammanettatevi anche voi, così la signora non si sentirà più a disagio.

L'ingegnere esegue.

MARITO - Ma dico, sta scherzando, vero?

INGEGNERE - (sottovoce) E stai al gioco, stupido!

MARITO - Ma che gioco? Io non ho affatto voglia di giocare.

INGEGNERE - (a denti stretti) E noi invece si, noi vogliamo giocare! E se non ti va, puoi pure andartene. Tanto, mica abbiamo bisogno del quarto!

TASSISTA - Giusto: lo ammazziamo e giochiamo col morto.

DAFNE - Avanti, Attilio, non fare i capricci: mettiti le manette. È così divertente, sapessi! (Il marito esegue).

MARITO - (armeggiando intorno alla serratura delle manette) Come si apre qua?

TASSISTA - Mi dispiace, ma queste manette sono a scatto, e non ho mai avuto la chiave, io.

INGEGNERE - Non ha la chiave?

I due si lasciano cadere di schianto sulle rispettive sedie.

DAFNE - (piuttosto euforica)  Ho proprio voglia di ballare, adesso.

TASSISTA - Anch'io. (Accende il giradischi automatico).

DAFNE - Su, ballate anche voi!

MARITO - Cosa?

TASSISTA - Eh si, mi dispiace ma siamo a coppie obbligate. (Abbraccia la donna cominciando a ballare) D'altra parte, non vorrete farci ballare da soli... Non ci si diverte.

INGEGNERE - E chi ha voglia di divertirsi?

DAFNE - Andiamo, siate di spirito. Vi assicuro che fate proprio una bella coppia.

INGEGNERE - E va bene, continuiamo a stare al gioco...

MARITO - Ma neanche per idea! Basta, io non gioco più.

INGEGNERE - Ma non capisci che tua moglie sta facendo di tutto per salvarsi? Cerca di tenerlo buono, di distrarlo, per fare che non ci ripensi. (ballano)

MEDICO - (entrando) Permesso?

DAFNE - (senza sciogliersi dall'abbraccio di Apollo) Avanti!... Oh, dottore, benarrivato! S'accomodi.

MEDICO - (guarda sconvolto i due edili che danzano assorti) Ma che sta succedendo?

DAFNE - Niente. Si faceva un po' di musica e ballo!

MEDICO - A quest'ora, ancora alzata? (Andando verso i due danzatori) Mi meraviglio di lei, signor Attilio: invece di ballare con gli uomini dovrebbe avere un po' più di cura per sua moglie. (L'imprenditore e il socio non gli danno retta, presi come sono in un difficile passo figurato. Di nuovo a Dafne) A letto, subito! (Ad Apollo) Porti di là la signora, che devo fare un controllo.

I due escono. Il medico comincia ad estrarre aggeggi vari dalla borsa.

INGEGNERE - (facendo cenno al medico) Chi è?

MARITO - Eh? chi?

INGEGNERE - Quello del controllo.

MARITO - (assorto) È il controllore. (Rendendosi conto, come risvegliandosi) È il medico che ha condotto l'intervento. (Al medico) Permette, dottore, che le presenti un mio carissimo amico? (Cessa di danzare) Ingegner Colussi.

MEDICO - Piacere.

INGEGNERE - Piacere. Dottore, bisognerà convincere il commissario a soprassedere...

MEDICO - Commissario?

INGEGNERE - Già, lei non lo può sapere. Attilio, è bene che tu glielo dica: non possiamo tenere nascosto...

MARITO - Sì, dottore, bisogna che anche lei stia al gioco. È per mia moglie, capisce?

MEDICO - (solo ora si rende conto delle manette) Non capisco. Siete ammanettati, perché? Avete bevuto? Ma non vi vergognate?

MARITO - Dottore, non equivochi: fra noi due non c'è niente, se non un senso di profonda amicizia.

MEDICO - Già, dite tutti così... Ipocriti!

MARITO - Le assicuro: tutto succede perché ambedue amiamo mia moglie.

MEDICO - Ambedue? In società?

INGEGNERE - Non ci disprezzi, e la prego di crederci. La nostra è una società seria. Siamo disposti a tutto pur di salvare la nostra cara Dafne. Ma lei deve aiutarci. La signora non può andare in prigione.

MEDICO - Chi ha detto che deve andare in prigione?

INGEGNERE - Ah, ma allora lei non ha capito? L'incidente è stato simulato per truffare l'assicurazione.

MARITO - Ma va'! Chi te l'ha detto?

INGEGNERE - Lui stesso.

MARITO - II tassista? E mia moglie che c'entra?

INGEGNERE - È lei che ha organizzato tutto. Credeva di farla franca, invece l'hanno pescata. Ecco perché finirà dentro.

MARITO - Dafne ha fatto una cosa simile? È impossibile!

INGEGNERE - Ma purtroppo è così.

MEDICO - Un momento... Qui mi pare che ci sia un grosso pasticcio. Non vi è stato nessun incidente, che io sappia; ma solo un normale intervento di plastica estetica. Non capisco perché la signora abbia inventato la storia dell'incidente...

MARITO - Dafne ha inventato? Ma non è possibile! (Chiamando ad alta voce) Dafne, Dafne! Ti spiace venire un momento?

INGEGNERE - Ma allora il commissario che c'entra?

DAFNE - (entrando, sempre seguita da Apollo) Eccomi. Che c'è?

MEDICO - Signora, ho detto tutto a suo marito. Mi scusi, ma non potevo sopportare che la si accusasse di truffa.

DAFNE - Le ha detto della plastica al naso?

MEDICO - Si. Ci spieghi perché ha voluto tenerlo nascosto.

DAFNE - Oh bella, perché se glielo avessi detto mi avrebbe fatto una scenata. Invece, con l'incidente e con l'idea di guadagnare i soldi dell'assicurazione, sarebbe stato tutto contento; anzi, mi avrebbe detto brava, come infatti è avvenuto.

MARITO - Che bugiarda! Ma quando mai ti ho negato qualche cosa io?

DAFNE - Sempre. Quando gli ho chiesto mezzo milione per pagare l'eventuale intervento, a momenti gli prende una sincope. Quindi, per non farlo soffrire, ho dovuto rubarglielo.

MARITO - Allora, quel mezzo milione che mancava?...

DAFNE - Si, l'ho dato al dottore.

TASSISTA - Ehi, ehi! Adesso mi fa il piacere di sganciare subito le cambiali, eh!

INGEGNERE - Che cambiali? Scusate, fate capire qualche cosa anche a me! D'accordo con la plastica, l'incidente inventato... Ma il commissario, chi l'ha inventato?

TASSISTA - Lei.

INGEGNERE - Io?

TASSISTA - Sì, è stato proprio lei col gioco dell'indovino. Non si ricorda più? Voleva indovinare tutto!

INGEGNERE - Ma lei mi ha detto di sì...

TASSISTA - Per forza, per non farla rimanere male.

INGEGNERE - D'accordo, ma se lei non è il commissario, chi è?

TASSISTA - II tassista.

INGEGNERE - Non dica sciocchezze! Se l'incidente è tutto inventato...

TASSISTA - Ma non da me: dalla signora, che adesso mi spiegherà perché m'ha raccontato della sportellata, dell'amante, dell'altro amante...

DAFNE - Apollo, mi risponda con sincerità: se le avessi detto di aiutarmi perché non volevo far sapere a mio marito che mi ero fatta accorciare il naso, lei avrebbe accettato?

TASSISTA - No, di certo. Pare talmente una balla...

DAFNE - Esatto. Invece, appena le ho detto che io ho un amante e che mio marito è un tradito onorario, mi ha creduto subito e si è prestato a darmi man forte. Chissà perché c'è sempre una gran gioia, in voi uomini all'idea di poter contribuire alle corna dei vostri consimili.

TASSISTA - È vero, ero molto contento. Soprattutto quando ho conosciuto il consimile di persona.

INGEGNERE - Invece di offendere, si tolga subito dai polsi della signora.

MEDICO - Non lo dica nemmeno per scherzo, ingegnere. Dopo tutto quello che abbiamo faticato per convincerlo... Chi le dà l'ossigeno?

TASSISTA - (strafottente ) Eh, chi glielo dà?

DAFNE - Per carità, non mi lasci, Apollo! (Si aggrappa forte al suo braccio) Mi sento così bene adesso che c'è lei: mi sembra di rivivere...

INGEGNERE - (torcendosi le dita, disperato) Dafne, Dafne... No, ti prego, non obbligarmi ad ascoltare frasi del genere... Non hai un po' di pietà per me? Ma che ti ha fatto quel mostro? E dire che non è neanche un gran che, anzi è brutto...

TASSISTA - Però sono simpatico, vero signora?

DAFNE - Oh, si!

TASSISTA - Balliamo? (La riprende fra le braccia: vengono fermati dal medico).

MEDICO - Non perdiamo tempo. Fate preparare il letto, che la signora deve dormire. A quest'ora doveva essere a letto già da un pezzo. Chiamate la cameriera.

MARITO - Purtroppo non c'è cameriera.

MEDICO - Beh, arrangiatevi. Fatelo voi. Non è poi tanto complicato fare un letto.

INGEGNERE - Si, ma con queste manette

DAFNE - Uffa, quante storie! Su, fate come ha detto il dottore. Intanto noi andiamo di là a spogliarci.

L'ingegnere e il socio escono a prendere il necessario per fare i letti.

TASSISTA - Sì... Noi andiamo a spogliarci...

DAFNE - Dottore, venga anche lei.

MEDICO - (soprappensiero) No, grazie, io devo tornare a casa. Non posso spogliarmi qui. Ho mia moglie che mi aspetta. (Raccoglie gli strumenti).

DAFNE - Se ne va senza fare il controllo?

MEDICO - Ah, già, il controllo! Me n'ero già dimenticato. Andiamo, mi faccia strada.

DAFNE - Ah, caro, guarda che prendo un pigiama dei tuoi…

MARITO - (entrando carico di cuscini e lenzuola, aiutato dal compagno di manette) Per chi?

Dafne, il tassista ed il medico escono.

DAFNE - Per Apollo. Non pretenderai che dorma senza!

MARITO - Per carità. Dagliene anche due, di pigiama. Coprilo bene, che non prenda freddo.

I due armeggiano intorno ai letti.

INGEGNERE - Roba da non crederci! Il marito che dà il suo pigiama e fa il letto perché un altro possa dormire comodo con la moglie. Accidenti alle manette! Come facciamo per dormire?!… Dammi retta, l'unica è andare al commissariato. Lì, hanno chiavi per tutti i tipi di manette.

MARITO - Bravo, ma che gli raccontiamo? Vorranno sapere. Non ci crederanno, e penseranno che siamo due evasi.

INGEGNERE - Ma figurati! Conosco il commissario capo. Spicciamoci... Un salto e siamo liberi.

MARITO - Aspetta che prendo i documenti.

INGEGNERE - Ma lascia stare i documenti; non li ho neanche io: non servono.

MARITO - Hai la macchina?

INGEGNERE - No.

MARITO - Prendiamo il tassi dell'imbecille. Andiamo.

Escono. Dalla camera da letto giungono le voci degli altri.

DAFNE - (dal di dentro) Come le va il pigiama?

TASSISTA - (come sopra) A dir la verità, un po' lunghino. Ma non importa. Piuttosto m'è venuta fame.

DAFNE - (come sopra)  Faccia una cosa, Apollo, vada di là e dica a mio marito di guardare nel frigorifero. Qualcosa troverà di sicuro. Anzi, si faccia fare un panino anche per me.

TASSISTA - (come sopra) Anche per lei, dottore?

MEDICO - (come sopra) No, grazie. Le ho già detto che mia moglie mi aspetta.

DAFNE - (come sopra) Non ha ancora mangiato?

MEDICO - (come sopra) Si, ho mangiato, ma mia moglie mi aspetta lo stesso.

TASSISTA - Ma dove si sono cacciati quei due? (Esce per la porta di fondo, in centro, che da nella cucina).

MEDICO - (dal di dentro) Va tutto per il meglio. Adesso faccia quel che deve fare, poi s'innesti al suo gemello, e a letto.

DAFNE - (come sopra) D'accordo, dottore. Grazie di tutto.

MEDICO - (attraversando la scena) Arrivederci a domani.

DAFNE - (dal di dentro) Arrivederci.

TASSISTA - Arrivederla, dottore. (Nel ritornare sui suoi passi vede il giornale per terra e meccanicamente lo raccoglie e lo legge).

DAFNE - Sia gentile, Apollo, riformiamo l'innesto. (Eseguono). Sarà solo suggestione, ma sta di fatto che appena ci stacchiamo mi sento girare la testa. (Si guarda intorno) Dove sono mio marito e l'ingegnere?

TASSISTA - Non lo so: sono spariti. Forse sono andati a dormire di là.

DAFNE - Potevano almeno salutarci! Ad ogni modo, se vogliono fare i maleducati, peggio per loro. Su, mettiamoci a letto. (Esegue. La donna si infila sotto le lenzuola del letto di sinistra. Apollo si sdraia sul letto di destra: i due letti sono appaiati uno presso all'altro, divisi da uno stretto corridoio). È comodo?

TASSISTA - Comodissimo. Accidenti, ci siamo dimenticati di spegnere la luce.

DAFNE - Non importa, io dormo sempre con la luce accesa: sono abituata così, mi spiace per lei.

TASSISTA - Ah, per me fa lo stesso. Tanto, luce accesa o spenta, stanotte neanche riuscirei a far finta di dormire...

DAFNE - È per il polso, vero?

TASSISTA - No, non perché mi dia Fastidio, tutt'altro: è che soltanto adesso mi rendo conto del perché dell'innesto. (Con una punta di dispetto) Dovevo immaginarmelo.

DAFNE - Che cosa?

TASSISTA - Che, se Dafne è diventata albero, il solo modo per riuscire ad amarla era quello di farle l'innesto.

DAFNE - Io sarei diventata un albero?

TASSISTA - Sì, un albero bianco di ciliege nere... E qui scommetto che c'è un'altra volta lo zampino di quel furbacchione di mio fratello Mercurio!

DAFNE - Suo fratello Mercurio?

TASSISTA - Si, siamo tutti e due figli di Giove. Lui è il figlio intelligente e con le ali che va col vento, io sono quello ignorante col tassì che va con le donne.

DAFNE - Non cerchi di sottovalutarsi! Lei è tanto gentile e sensibile... è uno di quei pochi uomini che ispirano subito fiducia e tenerezza. (Breve pausa). Ho il cuore che mi batte. Apollo, cosa le succede?

TASSISTA - Scusi, ma è la pompa, qui (indica il cuore) che va su di giri. È che se lei mi dice certe cose, va a finire che mando ad arrosto tutta la batteria...

DAFNE - Ha ragione. Forse è meglio parlare d'altro... Ma, per favore, niente mitologia: è roba che non riesco a capire, e poi mi viene il mal di testa.

TASSISTA - Adesso è lei che si sottovaluta.

Squilla un campanello.

DAFNE - Oh, suonano: bisogna andare ad aprire.

TASSISTA - Perché? Dal momento che è aperta, basta dire: (a voce alta) avanti.

Entra un agente di PS in borghese.

AGENTE - (fa qualche passo, si ferma impacciato) Mi spiace disturbare, ma volevo sapere se abita qui il proprietario del tassi numero 56-13.

TASSISTA - Sono io! II tassi numero 56-13 è il mio. Perché, scusi?

AGENTE - (arriva in proscenio: s'avvede di Dafne) Oh, pardon. Non m'ero accorto che c'era anche la signora... Mi scusi, signora, per l'invasione.

DAFNE - (badando a coprire con un lembo del lenzuolo l'innesto ai polsi) Si figuri! Ma dica, lei chi è?

AGENTE - Sono della polizia, squadra del buon costume. E, come dicevo, sono qui per il tassi del signore è stato trovato in possesso di presunti pregiudicati. (Si corregge) Hanno rubato, insomma.

TASSISTA - (fuori di sé) Mi hanno rubato il tassì? Ladri maledetti! Ah, se li trovo li mangio.

AGENTE - Già fatto!

TASSISTA - Li ha mangiati?

AGENTE - No, dico, li abbiamo già trovati. E la macchina è giù da basso ancora al suo posto. Ecco le chiavi. (Le consegna).

TASSISTA - Le mie chiavi? Oh, grazie, si accomodi. (Indica una poltrona).

AGENTE - Grazie. È stato un caso che la si sia trovata noi. Come le dicevo, io sono del buon costume e non è nostro compito fermare le macchine; ma quel tassì ci aveva insospettiti: andava tutto a zigzag... Poi abbiamo capito la ragione: erano in due al volante e... ammanettati...

DAFNE - Bravi, avete fatto bene! Ammanettati non potranno più rubare macchine.

AGENTE - Speriamo... Ora vorrei levare il disturbo...

TASSISTA - Per carità, lo levi pure senza complimenti.

AGENTE - Grazie. Però, prima vorrei, se non le spiace, dare un'occhiata ai suoi documenti per poter stendere il verbale.

TASSISTA - Sono di là, nell'altra stanza. (Scordando d'essere legato a Dafne) Aspetti che mi alzo. (Ripiomba sul letto trattenuto da Dafne).

AGENTE - No, se si deve alzare apposta... Non si scomodi, mi arrangerò col libretto di circolazione che ho trovato nella macchina.

TASSISTA - Grazie, lei è molto gentile.

AGENTE - Un'ultima domanda. Scusi l'indelicatezza, ma è sempre per la stesura del verbale: la signora è sua moglie?

TASSISTA - Eh? (I due si guardano per accordarsi). Sì... sì, è mia moglie.

AGENTE - Basta così. Posso andare. (Retrocede, mondano) Complimenti! Se mi permette, lei ha sposato proprio una bella donna.

DAFNE - Oh, grazie.

AGENTE - Lo lasci dire a me che ne conosco di bellissime. Le migliori passeggiatrici della zona.

DAFNE - (sarcastica) Adulatore!

AGENTE - No, no, è la verità. Lei è meglio di tutte... E quel farabutto pretendeva di farmi credere che lei fosse sua moglie!

DAFNE - Chi, pretendeva?

AGENTE - Uno dei pregiudicati con le manette. Chissà da dove sono scappati?!

TASSISTA - (guarda Dafne con intenzione: si trattiene dallo sghignazzare) Due con le manette?

AGENTE - Sicuro. E doveva sentire l'altro, quello che si voleva far passare per ingegnere. (Imita tono e gesti dell'ingegnere) “Io conosco il commissario, portatemi da lui... Vi farò sbattere fuori dal corpo... Vi faccio qui, vi faccio là!” Minacciava, capisce.

TASSISTA - (fingendo indignazione) Oh senti, senti!

AGENTE - Anzi, si è messo ad inveire contro le ragazze che avevamo rastrellato. Quelle, figurarsi, per poco non lo linciavano.

DAFNE - Anche mio marito?

AGENTE - Come?

DAFNE - No, no, no, volevo dire, il tipo che diceva di essere mio marito: è stato picchiato dalle prostitute?

AGENTE - No, quello è stato picchiato dai tassisti del posteggio vicino. E hanno avuto ragione di dargliele: doveva sentire la strafottenza: “No, non l'ho rubato il tassi, non sono un ladro! Caso mai i ladri siete voi che rubate sul prezzo della corsa”. E allora giù botte. (Imitando voci diverse) “E le manette, chi ve le ha messe?” “Un tassista, per fare il gioco di mia moglie”...

TASSISTA - (ridacchia più che divertito. Dafne lo guarda male) E giù botte!

AGENTE - (continuando nell'imitazione delle varie voci) “Ma è la verità, vi giuro. Chiedetelo a lei”. “E dov'è tua moglie?” “A letto col tassista”.

TASSISTA - (mimando col braccio) E giù botte! (L'agente gli fa cenno di continuare). E giù botte!... Mi dica lei quando basta.

AGENTE - Guardi, se fosse dipeso da me, per lo schifo che mi faceva avrei lasciato che lo ammazzassero. Ma come si fa ad essere tanto lerci! “Dov'è tua moglie?” “A letto col tassista”!

TASSISTA - (come in una cantilena da bambini) Giù botte, giù botte: massacro!

DAFNE - (da uno strattone al polso di Apollo che si interrompe fingendo imbarazzo) Poveraccio! E poi, dove li avete portati?

AGENTE - Sono di sotto col mio collega. Sa, prima di sbatterli dentro volevamo accertarci... Dicevano di abitare in questa casa, e allora...

TASSISTA - (andando di testa) Uhè, che fantasiosi!

DAFNE - Li faccia salire. Chissà che, magari, vedendoli di persona... Non si sa mai, potrebbero anche aver detto la verità...

AGENTE - Ma, signora, sono due delinquenti! Che verità? Dovremmo credere davvero all'insinuazione che lei sta a letto con uno che non è suo marito?

TASSISTA - Ha ragione, sono delinquenti: meglio che non salgano. Giù botte, e basta!

DAFNE - No, Apollo, adesso è cattivo: è cattivo e malvagio.

AGENTE - Chi è cattivo e malvagio?

TASSISTA - Apollo.

DAFNE - (indica il tassista) Mio marito.

AGENTE - Vi date del lei?

DAFNE - Sì, quando è cattivo, sempre.

TASSISTA - Una volta m'ha dato del voi...

DAFNE - (tornando supplichevole, alla volta del poliziotto) La prego, la prego, agente, li faccia salire! Apollo, ti scongiuro, digli di farli salire...

Apollo si guarda intorno assente.

AGENTE - E va bene, signora, glieli porterò su; ma guai se i mascalzoni si azzarderanno ancora a dir frottole e a fare i prepotenti! Con permesso.

TASSISTA - (sempre in chiave assente) Avanti!

L'agente esce.

DAFNE - Povero Attilio, picchiato dai tassisti!

TASSISTA - (mima il pestaggio in miniatura quasi di nascosto. Pausa. Poi, con un fil di voce) Giù botte!

DAFNE - È contento lei, eh?!

TASSISTA - Non doveva offendere la categoria. Per l'ingegnere, poi, mi viene addirittura da piangere per la contentezza... Vai a tampinare le battone tu, e giù legnate col tacco a spillo .

DAFNE - (indignata) Apollo, la smetta! Un po' di comprensione, almeno nei miei riguardi, andiamo!

TASSISTA - Ha ragione, sono un po' una carogna, mi scusi... Facciamo la pace, diamoci del tu e poi balliamo.

DAFNE - No.

TASSISTA - (sbuffando) Ma non si balla mai, qui!

DAFNE - L'errore è stato dirgli che siamo marito e moglie.

TASSISTA - Che errore? Quello è del buon costume. Ci avrebbe portati dentro tutti e due.

DAFNE - Ma io non posso permettere che quelli finiscano in prigione per non comprometterci... Quando torna gli dico tutto. Gli spiegherò dell'innesto...

TASSISTA - Brava! Così la povera dottoressa ci va di mezzo.

DAFNE - Cosa c'entra la dottoressa?

TASSISTA - Perché questo del gemellaggio è un metodo curativo non ancora accettato dal consiglio dei medici, e quindi illegale. Perciò, se scoprono qualcosa, la dottoressa verrà radiata.

DAFNE - Ha ragione, non si può: bisognerà sacrificare per forza Attilio e l'ingegnere.

TASSISTA - (impunito) Bisogna sacrificarli, sì. Mi piange il cuore, ma non c'è altro da fare: una bella sacrificata, e via! (Pausa. Si sente rumore di passi all'ingresso). È pronta per la sacrificata? Stanno arrivando.

DAFNE - Sono pronta.

AGENTE - Si può?

TASSISTA - Avanti. Vediamo un po' quei due bugiardoni.

AGENTE - Eccoli qua. Venite pure dentro, ma guai a chi alza la voce o si permette di offendere... Salutate la signora.

Entrano i due ammanettati, pesti e con gli abiti a brandelli.

MARITO - (viene avanti quasi correndo: trascina con sé l'ingegnere che per lo strattone va a sbattere contro l'armatura) Oh, finalmente! Tesoro, diglielo tu...

DAFNE - (recitando il personaggio della regina in trono) Prego? Che cosa dovrei dire, io?

MARITO - Ma cara, non vedi? Ci hanno arrestati, ci hanno presi per dei ladri...

DAFNE - (come sopra) E invece che cosa siete?

INGEGNERE - (viene avanti a sua volta con slancio tale da costringere il compagno di manette ad una vera e propria capocciata nell'armatura) Come, cosa siamo? Ma davvero non ci riconosci? Dobbiamo essere ben ridotti male...

AGENTE - Avanti, poche storie! Vediamo la faccia tosta: dite chi siete alla signora!

MARITO - Io sono suo marito!

AGENTE - (con voce quasi rauca) E il signore nel letto, chi è allora?

MARITO - Gliel'ho già detto dieci volte... Se è con mia moglie non può essere che il tassista!

INGEGNERE - È tanto logico!

AGENTE - È logico che i tassisti dormano con le mogli degli altri? Ma lo sente quanto sono sfrontati e offensivi?! (Da uno spintone all'ingegnere: per il contraccolpo l'altro si trova nuovamente a cozzare contro l'armatura).

INGEGNERE - Ti prego, digli che Attilio è tuo marito.

DAFNE - Mi dispiace per lei, ma io ne ho uno solo di marito... E il mio è qui nel letto con me.

INGEGNERE - Lui? Tu, la moglie di un tassista!

TASSISTA - Sì, perché? Che c'è di tanto strano? (Fa l'atto di scendere dal letto) Adesso mi alzo e gli spacco la faccia.

DAFNE - Calmati, caro, non è proprio il caso che tu ti sporchi le mani con certa gentaglia.

TASSISTA - Con i piedi, gli spacco la faccia.

MARITO - (con voce prossima al pianto) Ma che ti succede, cara?

AGENTE - (allontanandolo deciso) Basta. Non si permetta più di usare un tono tanto familiare con la signora. Se proprio crede, le parli con il lei, e la chiami signora.

MARITO - (furente) E va bene, “signora”! Signora, la supplico... Signora, perché non ci vuole salvare? Dica che siamo sposati! Lo dica!!

DAFNE - Ma, cari, se io dovessi sposare tutti quelli che cercano di rubare il tassi a mio marito, starei fresca... Dovevate pensarci prima, ladroni!

MARITO - Ah, ma allora ci vuoi proprio rovinare!

TASSISTA - (con forza) Sì. (Si scopre osservato dall'agente, cerca di mascherare il “sì” fingendo di starnutire) Essi, salute-grazie.

MARITO - E va bene. Signor agente, lei permette che io vada a prendere i documenti in camera mia?

AGENTE - Quale camera sua?

MARITO - La mia: la seconda camera a destra.

DAFNE - Eh no, guardi che lei si sta sbagliando. Questa non è una pensione e noi non affittiamo camere a nessuno: tanto meno a ladri di macchine.

AGENTE - Ben detto, signora. (Andando “brutto muso” verso l'imprenditore) Fa il furbo, il mascalzone... E pensava che lo lasciassimo andare di là per potersela svignare dalla finestra! Ma a chi crede di parlare?

MARITO - D'accordo. Allora guardi sulla guida del telefono, e vedrà a chi è intestato questo numero.

L'agente afferra la guida e comincia a sfogliare.

DAFNE - È intestato a me, Dafne Ranzoni.

MARITO - Appunto, Ranzoni, che è il mio cognome.

DAFNE - Bugiardo. Ranzoni è il mio cognome da ragazza: Ranzoni in Apollo.

TASSISTA - Apollo sono io... suo marito, di Dafne, Minervini da ragazzo. Verifichi nel libretto della macchina: Apollo Minervini.

AGENTE - Già verificato. Anche il nome della signora corrisponde. (Richiude la guida telefonica) Credo che a questo punto avrete capito che è ora di smetterla con le frottole. Chiedete scusa ai signori, e andiamo. (Afferra per un braccio l'imprenditore). Ve l'avevo detto, signora, che non ne valeva la pena. (Afferrandoli per i polsi) Su, adesso muoviamoci: andiamo in questura.

INGEGNERE - Ma certo, andiamoci e subito... Parleremo con il commissario Faroni, e vedremo!

AGENTE - (rifacendogli il verso) II dottor Faroni non c'è. È fuori in missione, e non tornerà prima di un mese.

INGEGNERE - Per la miseria, questa poi non ci voleva! Che facciamo adesso?

TASSISTA - (carogna) Oh, che pena mi fa!

INGEGNERE - Sfotta, sfotta pure, lei, ma quando riuscirò a venir fuori, giuro che me la pagherà... e come!

TASSISTA - Ha sentito, agente? Mi ha minacciato!

AGENTE - (gli appioppa una gomitata: tutti e due si trovano ad abbracciare l'armatura) Mascalzone!... Ti avevo avvertito... Avanti, muoversi... Fuori di qui!

TASSISTA - Fuori in galera!

MARITO - Dafne, anche tu... Anche tu... Me la pagherai!

TASSISTA - Ha minacciato... Anche lui ha minacciato, il falsone!

AGENTE - Ah, ma questo è proprio recidivo! Fuori! (Li spinge con violenza verso l'uscita: imbragati come sono, perdono l'equilibrio, si aggrappano all'armatura trascinandosela via di peso come fosse la statua d'un santo, in processione). Arrivederla e scusi, signora.

Buio e musica.

SCENA SECONDA

Sempre la casa di Dafne.

Si riaccende la luce. Dafne è ancora a letto; ma l'altro letto è vuoto. Dafne dorme. Suonano alla porta.

DAFNE - Oh, vengo! (Va ad aprire).

Entra la segretaria dell'imprenditore.

SIGNORINA - Buongiorno, signora...

DAFNE - Oh, signorina Anna! Scusi se l'ho fatta aspettare, ma stavamo ancora dormendo. S'accomodi.

SIGNORINA - Scusi lei, signora, se vengo a disturbarla a quest'ora.

DAFNE - Perché, che ore sono?

SIGNORINA - Le otto circa.

DAFNE - Così presto? Come mai?

SIGNORINA - Fra mezz'ora comincia il processo: non ha ricevuto l'avviso?

DAFNE - II processo di chi?

SIGNORINA - Di suo marito e dell'ingegnere. Davvero non ne sa niente?

DAFNE - No, davvero. (Toglie le lenzuola dal letto dove dormiva Apollo e comincia a ripiegarle facendosi aiutare da Anna) Sono venti giorni che non si fanno vivi, che non telefonano: tanto che ho avuto perfino il dubbio che fossero in collera con me.

SIGNORINA - Ah, in collera lei sono di certo... Ad ogni modo, mi pare che neanche lei si sia data molto da fare per sapere qualcosa.

DAFNE - Ma io ero tranquilla. Sapevo che li avevano rilasciati subito il mattino dopo. Li aspettavo a casa, invece...

SIGNORINA - E invece li hanno rimessi subito dentro.

DAFNE - Come mai?

SIGNORINA - Perché, per accertare la loro identità, prima di rilasciarli, un agente è venuto in ufficio, ha voluto vedere gli incartamenti dell'impresa. Io glieli ho mostrati, ma nella confusione, agitata com'ero, gli ho messo sotto gli occhi anche quelli sul trapasso di proprietà: tutta roba non registrata e con la trascrizione truccata del valore locativo. È successo il finimondo. Quel pignolo ha voluto interpellare gli ex soci per chiarire il motivo della loro rinuncia alle azioni... È risaltato fuori lo spauracchio del piede, e i soci si son resi conto di essere stati truffati... Hanno sporto denuncia.

DAFNE - E li hanno arrestati'

SIGNORINA - Già, ma questa volta sul serio. L'avvocato ha detto che non se la caveranno con meno di quattro anni. E tutto per quel maledetto piede. (Manda un grido) Oh, mamma, rieccolo! (Da sotto il letto è spuntato un piede di Apollo).

DAFNE - Chi?

SIGNORINA - II piede. (Indica il piede suddetto, al quale si affianca pure l'altro) Anzi due. Li, guardi come si muovono! Signora, c'è un uomo sotto il letto!

DAFNE - Ah, si, non ci faccia caso: è Apollo. Su, caro, vieni fuori... C'è la signorina di mio marito.

TASSISTA - (fa un cenno con i piedi quasi a salutare) Piacere.

SIGNORINA - (steccando) Piacere. (Scandalizzata) Ma come, signora, suo marito è in prigione e lei tiene un uomo sotto il letto?

DAFNE - Beh, normalmente lo tengo sopra il letto; ma quando ha suonato il campanello…

SIGNORINA - Ha pensato bene di nasconderlo. È disgustoso! Quel povero uomo, la prima volta che mi riesce dì parlargli, si preoccupa di lei, mi obbliga a venirla a trovare per portarle conforto... Io arrivo, e scopro che non solo la signora non ne ha bisogno, ma che tiene addirittura un conforto sotto il letto... Oh, povero Attilio, quanto sei imbecille!

DAFNE - No, no, signorina, io vorrei spiegare... (Come fra sé, considerando) Imbecille? Imbecille! (Interlocutoria) Come fa lei a conoscere mio marito così intimamente? Come si permette di dargli del tu?

SIGNORINA - Mi permetto, per il solo fatto che me l'ha chiesto lui... D'altra pane deve ammettere che sarebbe per lo meno ridicolo l'insistere ad esprimersi in termini d'ufficio: “Signor commendatore, come da richiesta in data odierna... (come stesse scrivendo a macchina) diin... ho prenotato numero una camera matrimoniale da amica compiacente... diin... ad uso soddisfazione nostra passione amorosa... diin... Attendola già spogliata, eccetera, eccetera eccetera... diin, diin, diin... ”

DAFNE - Svergognata! E ha il coraggio di venirmelo a dire anche a macchina e col diin, diin, diin?!

SIGNORINA - Ha ragione: lei è molto più corretta. Non lo dice a macchina: se lo tiene sotto il letto.

DAFNE - Oh, mi sento male (si lascia cadere sul letto), mi gira la testa...

SIGNORINA - Per carità, adesso non si metta a fare la commedia che tanto non m'incanta, sa?

DAFNE - Apollo, presto, l'innesto... Mi manca il fiato. (Si stende bocconi sul letto).

TASSISTA - Eccomi! Passami il polso: ci penso io. (Esce da sotto il letto con il busto, rimanendo coperto alla vista della segretaria) Ecco fatto!

DAFNE - Oh, meno male! Adesso sto bene. (Si leva a sedere, solleva il braccio: si rende conto che la spina d'innesto non è stata inserita).

TASSISTA - No, non era ancora fatto. (Riacchiappa il polso di Dafne e lo accosta al proprio).

DAFNE - (riprendendo a gridare) Oh, mamma, sto male!

TASSISTA - (inserisce la spina) Come ti senti, adesso?

DAFNE - Va meglio, grazie.

TASSISTA - Siamo rimasti troppo staccati. (Si toglie da terra, si siede sul letto vicino a Dafne) Ecco perché! È tutta colpa mia!

SIGNORINA - (che non si è resa conto del perché di tanto armeggiare) Ma guarda, i piccioncini, come si amano! E alla luce del sole, anche! Ma fate, ma fate pure senza complimenti! E poi, la signora parla di sfacciataggine. Scusate, ma a questo punto bisogna che me ne vada... Mi sta venendo il voltastomaco.

TASSISTA - (premendosi con forza l'addome) Che strano, anche a me... Scusi, signorina, visto che deve uscire, le spiacerebbe comprarmi un gelato? Me n'è venuta una voglia...

SIGNORINA - Di gelato?

TASSISTA - Si, gelato: sa di quello al torroncino mezza panna... Sono sicuro che mi farà passare la nausea.

SIGNORINA - Senta, che lei voglia fare oltretutto dello spirito, proprio non lo sopporto. Si vergogni!

TASSISTA - Sì, mi vergogno, mi vergogno moltissimo. Ma, mi compri un gelato, sia gentile!

DAFNE - Apollo, che ti prende? Ti pare il momento questo di scherzare? Ma come! Io vengo a sapere che mio marito ha un'amante e tu...

TASSISTA - (piagnucolando) E io voglio un gelato... Un gelato, torroncino mezza panna. Ohiohio... il torroncino... mezza panna... (Sviene andando di schianto sul letto, tutto di sghimbescio).

DAFNE - Apollo, che ti succede?... Ti senti male? Apollo!... È svenuto. (Cerca di accomodarlo in una posizione più normale) Mi aiuti, lei...

SIGNORINA - (afferra l'uomo per le spalle e lo solleva con gran fatica) Ma non sarà un altro scherzo?!... Accidenti, che impressione! Pare morto...

DAFNE - È tutta colpa sua!

SIGNORINA - Colpa mia? Perché non gli ho comperato il gelato?

DAFNE - No, perché mi ha aggredita a quel modo. Mi ha fatto soffrire. Come si può essere tanto indelicati da svelarmi in un sol colpo che mio marito, oltre ad essere sotto processo, ha pure un'amante? Era logico che succedesse, così legati come siamo: io mi sono sentita svenire, e lui è svenuto.

SIGNORINA - Mi spiace... Sinceramente... Non immaginavo... Cosa posso fare?

DAFNE - Non lo so, non lo so, mi tranquillizzi. (Le prende una mano) Mi convinca che ha mentito, che fra lei e mio marito non c'è niente, che mio marito non verrà condannato... anzi, per la truffa lo faranno generale dell'ufficio tecnico dell'aviazione. Che va tutto come al solito, insomma... Così io mi calmo e lui rinviene.

SIGNORINA - Ebbene, sì: è come lei dice, non è successo niente. I soci hanno ritirato la denuncia.

Apollo solleva un braccio.

DAFNE - Insista, insista che ci siamo.

SIGNORINA - Va tutto per il meglio. Io a suo marito gli do del voi, e mi rivolgo a lui soltanto per lettera.

DAFNE - Basta così, grazie! Ha riaperto gli occhi... Come ti senti, Apollo? Vuoi un po' di cognac?

TASSISTA - No. Voglio il gelato.

DAFNE - Ancora?!

TASSISTA - Sì. Ancora. Ma basta col torroncino... Lo voglio tutta panna con la fragola.

DAFNE - Bisogna telefonare al dottore. Signorina, chiami l'ospedale. Guardi: c'è il numero sull'agenda.

TASSISTA - No, all'ospedale lo fanno male il gelato...

SIGNORINA - Forse ha ragione. È meglio telefonare al bar dell'angolo.

DAFNE - Mi dia retta... Faccia come le dico... Che ore sono?

SIGNORINA - Le nove meno dieci.

DAFNE - Allora è inutile. Il dottore sarà qui a momenti. Speriamo non tardi. Gli altri giorni è sempre puntuale... (Suona il campanello). Eccolo, è lui. Sia gentile, vada ad aprire.

La segretaria esegue.

SIGNORINA - (protendendo le braccio felice) Attilio... Che gioia, ti hanno assolto!?

MARITO - (entrando) No! Ci hanno condannati a dodici mesi... Io sono fuori grazie alla condizionale; l'ingegnere invece dovrà scontarli tutti.

SIGNORINA - (lo abbraccia) L'importante è che tu sia libero.

MARITO - Già, libero ma rovinato. Ho dovuto cedere tutta l'azienda ai soci... Non ho più un soldo.

TASSISTA - Neanche uno per comprarmi il gelato?

MARITO - (scansa la segretaria e si butta letteralmente alla volta del tassista) Disgraziato! Ha ancora la forza di sfottermi, dopo che mi ha ridotto sul lastrico...

SIGNORINA - Lui ti ha ridotto sul lastrico? In che modo?

MARITO - Prima, col regalarmi l'idea del piede; poi, facendomi passare per ladro di tassì...

SIGNORINA - L'idea del piede?

MARITO - Sicuro, non l'hai ancora riconosciuto? È uno dei due professori con la barba.

SIGNORINA - (ridendo) Ah, sì, quello dei giochi di parole... È proprio lui.

MARITO - Ma io l'ammazzo! Prima lui e poi mia moglie.

TASSISTA - Ohooouh! (finge sgomento e terrore smaccato).

DAFNE - Se è solo per liberarti di me e finalmente sposare la tua dolce segretaria, non c'è bisogno di arrivare al delitto: ti concedo tutti i divorzi che vuoi.

MARITO - Chi le ha detto di noi due?

SIGNORINA - Gliel'ho detto io.

MARITO - Tu? E perché?

SIGNORINA - Perché tenerglielo nascosto, dico io, dopo la sfacciataggine che hanno dimostrato! Ma guardali, non ti sei ancora reso conto che si danno del tu e che dormono insieme?

MARITO - E con questo? Che bisogno c'era di spifferarlo a tutti?

SIGNORINA - Ma... ma, parli sul serio? Tua moglie è nello stesso letto con un altro uomo, e tu...

MARITO - Si, lo so, sono un disgraziato! Gliel'ho fatto io il letto, io ho pagato quest'uomo perché Dafne potesse rimettersi, e lei mi ha mandato in galera.

DAFNE - Ti ho mandato in galera per salvare il dottore.

MARITO - Per salvare il dottore?

MEDICO - (entrando) È permesso? Buongiorno a tutti.

DAFNE - Buongiorno, dottore. Lei arriva al momento giusto. Spieghi a mio marito che cosa sarebbe successo se l'Ordine dei medici avesse scoperto dell'innesto!

MEDICO - L'Ordine dei medici? Ma di che state parlando?

TASSISTA - (nel tentativo di troncare le dissertazioni sull'argomento in questione) Niente, niente, dottore: discussioni fra marito e moglie. Ma vedrà che poi faranno la pace. (Lo afferra per la giacca) Piuttosto, mi ha portato il gelato? (Lo tira verso di sé).

MEDICO - (stordito) Che gelato?

DAFNE - Lascia perdere per un attimo il tuo gelato... Voglio prima che il dottore gli dica (indica il marito) del rischio che ha corso nel praticarmi la doppia circolazione.

MEDICO - Beh, certo... Il rischio c'è stato, e come! Ma per fortuna tutto si è risolto per il meglio... Non c'è alcun pericolo.

DAFNE - Hai visto tu che dicevi, testone!

MARITO - E che dicevo io?

TASSISTA - (sempre alla ricerca di un pretesto che blocchi la discussione) Eh no... Lei diceva, ho sentito anch'io che diceva... Anche la signorina ha sentito. Tanto che, ad un certo punto, mi sono permesso di osservare: “Oh, ma cosa dice quello!”

MARITO - Stia zitto, lei. (Al medico) Era Dafne che diceva... diceva di avermi mandato in galera per salvare lei, dottore.

MEDICO - Per salvare me?

DAFNE - Eh si, guai se la polizia scopriva dell'innesto. L'avrebbero radiato.

Apollo emette un gemito simile a quello di una camera d'aria che si sgonfia.

MEDICO - Chi le ha raccontato una cosa simile?

DAFNE - Apollo... Ma non si arrabbi, dottore: l'ha fatto a fin di bene, per non comprometterla con l'Ordine dei medici.

MEDICO - (aggressivo) Lei ha raccontato una simile fandonia?

TASSISTA - (con un fil di voce) Sì, sì, a fin di bene!

MEDICO - (esasperato) A fin di bene, di chi?

TASSISTA - (ovvio, risentito) A fin del bene mio e di Dafne.

DAFNE - Apollo, sei disarmante!

MARITO - Ma adesso lo disarmo io del tutto, farabutto che non è altro! (Lo afferra per il bavero del pigiama).

MEDICO - Per carità! Non perdiamo la testa. (Lo costringe a mollare la presa e lo allontana) Signor Attilio, si calmi... Anzi, mi dia retta; vada a fare quattro passi... Intanto, io visito la signora.

MARITO - Sì, forse sarà meglio. Vieni, Anna, andiamo a prendere aria, che qui si asfissia.

Vanno verso il fondo.

TASSISTA - Senta, intanto che prende aria, le spiace prendermi anche un gelato?

MARITO - Eh no, adesso esagera. (Sta per buttarsi sul tassista, ma viene fermato dalla segretaria).

SIGNORINA - Non dargli retta. Andiamo.

Fanno per uscire.

TASSISTA - (in tono straziante) II gelato... Il ge... la... to... Tor... ron... ci... no... (Sviene).

MEDICO - È svenuto. (All'imprenditore) Gliel'avevo detto di andarsene...

MARITO - Ma se non l'ho neanche toccato... Non vede che è tutta scena.

MEDICO - Lei crede? Signor Apollo, sveglia, la smetta di fingere. (Lo schiaffeggia).

DAFNE - No, non sta facendo la commedia: gli è successo anche poco fa come adesso... Prima ha chiesto il gelato, poi è svenuto. Le dirò che mi ero molto preoccupata. Volevo farle telefonare in ospedale...

MEDICO - Non capisco come possa essere successo. Ieri stavate benissimo tutti e due, tanto che oggi pensavo di togliervi l'innesto.

MARITO - Appunto per quello, dico che sta facendo la commedia: per rimanere ancora attaccato a mia moglie. E non è detto che non siano d'accordo...

MEDICO - (auscultando il torace di Apollo) No, no. Qui c'è veramente qualche cosa che non funziona: battito affrettato, respirazione esclusivamente toracica, classica delle donne, ghiandole mammarie sviluppate... Ohoo...!

DAFNE - Sta cambiando sesso?

MEDICO - No, signora, è lei che sta cambiando qualche cosa... E lui ne accusa le conseguenze.

DAFNE - Sto diventando uomo?

MEDICO - No, sta diventando più che mai donna...

MARITO - (offeso) Le sembra che mia moglie non lo sia a sufficienza?

MEDICO - Non mi ha capito. Sua moglie aspetta un bambino.

TUTTI - Noo?!

MEDICO - Sì, almeno i sintomi sono quelli classici. Per di più, gli svenimenti, e la voglia assurda del gelato, sono indiscutibili indizi di una maternità incipiente.

TASSISTA - (rinvenendo all'istante) Eh? Gelato? Chi ha parlato di gelato? (Si guarda intorno rimbambito).

DAFNE - Oh, Attilio, ti prego: vai subito a comprargli un gelato...

TASSISTA - (con un grido acuto del tutto simile a quello imbonitorio dei gelatai ai giardini pubblici) Gelatooo!

MARITO - Io?!

DAFNE - Ma non vorrai che mi nasca un figlio con la voglia di torroncino e fragola?!

TASSISTA - (come sopra) Torroncino... fragola... Gelatooo!

MARITO - Roba dell'altro mondo! Mia moglie aspetta un figlio, che evidentemente non è mio, e per di più io dovrei darmi da fare per procurare il gelato al mio sostituto che ha le voglie!!

TASSISTA - Che cosa? Dafne aspetta un bambino?

DAFNE - Sì, un bambino, ma non capisco come possa essere successo...

MARITO - (ironico, incarognito) Poverina... candida... Non capisce! Vuoi che ti faccia il disegno?

TASSISTA - (scandalizzato ad imitazione di una signora della buona società) Ooueh.

DAFNE - Per carità! Disegni così male... Chissà che sgorbio di bambino ne uscirebbe.

TASSISTA - Certo, certo: è meglio che non ci metta mano...

DAFNE - Ma non riesco a capacitarmi come io possa aspettare un bambino..

TASSISTA - Ah, ma allora ha ragione tuo marito! L'unica è farti il disegno. Dottore, ci pensi lei che è pratico.

MEDICO - Ah, non creda... Per le arti figurative non ho mai avuto eccessiva predisposizione. Ad ogni modo, le devo dire che più la guardo, signor Apollo, e più mi rendo conto che lei ha proprio il classico sguardo acquoso della gestante.

TASSISTA - Lo sguardo acquoso? (Andando di testa) Io ho lo sguardo della gestante?

SIGNORINA - Sì, sì, è vero. Ha proprio l'occhio della donna incinta. Ah, che buffo! (Ride).

TASSISTA - Ehi, non cominciamo ad offendere. Caso mai, dell'uomo incinta. (Si batte una mano sul petto) Ahi! Accidenti, com'è che mi fa così male qui?

DAFNE - Sono le ghiandole del latte che si stanno sviluppando.

MARITO - Del latte? (Disperato) Del latte?!

MEDICO - Sì, sì, è normale.

TASSISTA - Ah, beh, se è normale!

MEDICO - Sì, è normale che la natura si preoccupi della nutrizione del figlio che deve nascere.

TASSISTA - Mi toccherà allattarlo?

MEDICO - Non credo. Lei accusa soltanto le sollecitazioni psichiche: le sue glandole si sviluppano per simpatia.

TASSISTA - D'accordo, ma anche se mi verrà un seno simpatico, sempre seno sarà! Se lo immagina un tassista col reggipetto e magari col bustino?!

DAFNE - (con malinconia) Non preoccuparti, Apollo. Il professore ha detto che ormai io sono guarita, e tu te ne potrai andare col tuo tassì, senza bustino...

MARITO - (invelenito) Già, col tassi che gli ho regalato io. E lui, per ricompensarmi, mi ha regalato un figlio. Grazie tanto!

SIGNORINA - Devi dirgli grazie, di sicuro: poiché questo sarà un ottimo argomento per ottenere il divorzio.

DAFNE - Stia tranquilla, il divorzio glielo concedo anche senza argomento! Ad ogni modo, vi posso giurare che il padre dell'argomento in questione non è Apollo. Apollo non c'entra.

TASSISTA - È vero! Per quanto sia bravo in disegno, non c'entro.

SIGNORINA - Ma allora, il padre, è l'ingegnere?

DAFNE - Oh, quello poi! È sempre stato soltanto un fatto decorativo.

MARITO - Decorativo in che senso?

TASSISTA - Nel senso che sa disegnare così così.

DAFNE - (mandando un'occhiataccia ad Apollo) Intendevo che io rappresento per lui soltanto un fatto decorativo. Insomma, Aldo non è in grado di diventare il padre di nessuno. Non obbligatemi a dire altro: sono cose delicate...

MEDICO - E soprattutto di nessuna importanza. La prego, cerchiamo piuttosto di risolvere la questione della gravidanza: il nascituro è ormai abituato a questo particolare tipo di circolazione sanguigna, quindi il dimezzargliela sarebbe rischioso, non solo per lui, ma anche per la madre.

TASSISTA - Come dire che dovrei starmene legato per altri nove mesi?

MEDICO - Esatto. Lo so che si tratterà di un grosso sacrificio, ma...

TASSISTA - (risoluto, dopo breve pausa) Ci sto.

MARITO - Figurarsi! Non gli par vero...

TASSISTA - Ci sto, ma ad una condizione: che il figlio che nascerà sia mio.

DAFNE - Me lo vorresti portar via?

TASSISTA - No, dico: mio, come padre... ma sempre tuo, come madre. Mi basta sentirmi chiamare papà.

MARITO - Oh, romantico, sentimentale... Avete sentito? Gli basta sentirsi chiamare papà. Io glielo mantengo, e lui se lo gode.

TASSISTA - Chi lo mantiene, adesso? Chi gli procura i globuli sostanziosi e ben ossigenati? Ma, già, lei non potrà mai capire che cosa voglia dire sentirsi padre e madre nello stesso tempo, sentirlo muovere...

MARITO - Esagerato! Adesso lo sente pure muovere...

TASSISTA - Sicuro, anche in questo momento... Eccolo, ascolta... (Prende la mano di Dafne e l'appoggia sul proprio addome) Senti che mi dà i calcetti?

DAFNE - Straordinario! È vero. Come. può essere un fatto simile?

MEDICO - È semplice: è ancora il fenomeno dei fratelli siamesi. Il bambino dà i calcetti alla madre, e lui percepisce. Il fatto insolito è che li percepisca con tanto anticipo.

TASSISTA - Op... Accidenti, che zampata! Pare stia giocando al football. Sarà sicuramente un maschio! Giuro che se è un maschio da grande gli faccio fare il tassista.

MARITO - No, lei non gli farà fare un bel niente, perché, fino a prova contraria, Dafne è ancora mia moglie, e finché non farò il disconoscimento il figlio che nascerà sarà mio. Mio!

TASSISTA - Come, suo? Ma se ha detto lei stesso che non c'entra, che era assente; quindi come si dice: “Marito assente non c'entra per niente”.

MEDICO - Scusate, mi pare che qui si stia correndo un po' troppo... Non è detto che la signora aspetti realmente un figlio. Non è la prima volta che si prendono abbagli circa la maternità, e finché non avremo effettuato la prova sul coniglio...

SIGNORINA - Signor dottore, lasci stare il coniglio. L'ha detto anche lei che il tassista ha gli occhi da partoriente: dammi retta, Attilio, andiamo subito a fare il disconoscimento finché siamo in tempo. Se proprio ci tieni a diventar padre, sarò capace anch'io di procurarti un figlio non tuo.

MARITO - Hai ragione. Prima il disconoscimento, poi dall'avvocato per il divorzio.

TASSISTA - E poi al bar dell'angolo a comperarmi il gelato.

MARITO - Come no! Il gelato per lei, i fiori per Dafne, prossima moglie di un onoratissimo tassista. Sapeste la gioia che mi dà l'idea di non vedervi più... Dottore, arrivederla.

MEDICO - Arrivederci. Ad ogni modo, se fossi in lei, aspetterei il referto sul coniglio.

MARITO - Per carità! Il coniglio lo dia pure da mangiare ai due siamesi. Io preterisco le pollastrelle... come questa. (Stringe a sé la segretaria e se la trascina verso il fondo) Auguri.

Escono.

DAFNE - (piange furente) Mascalzone maledetto! Vigliacco! Lasciarmi così, con un figlio che non so neanche di chi sia. I calcetti... Dà calcetti agli altri, e a me niente: manco la voglia del gelato m'ha fatto venire, con tutto che mi piace tanto...

TASSISTA - Beh, se il dottore me ne va a comprare una coppa, poi ne do un po' anche a te.

MEDICO - Ma andiamo, non crederete a quelle sciocchezze delle voglie che si trasmettono al bambino? Sono dicerie da Medioevo.

TASSISTA - Impossibile. Nel Medioevo mica facevano il gelato. E poi, andiamo, non stia a discutere per così poco.

MEDICO - E va bene! Andrò a comprarlo... Tanto più che a furia di parlarne ne è venuta voglia anche a me. (Esce).

DAFNE - Bravo, dottore.

TASSISTA - (gridando) Torroncino, senza panna!

DAFNE - (dopo un attimo di silenzio pieno di imbarazzo) Apollo!

TASSISTA - Si, Dafne.

DAFNE - Apollo, ti prego: dimmi la verità. Sei sicuro di non aver approfittato del fatto che io ho il sonno pesante?

TASSISTA - Dafne... Adesso mi offendi... Sono un ladro, un imbroglione, d'accordo... Semino piedi nel campo degli altri, ma non bambini... E poi, guarda, sarei pronto a rubare perfino un treno con tutti i viaggiatori dentro, ma non cinque minuti d'amore a te, se tu non vuoi. Questa è l'unica cosa che voglio gratis. O gratis o niente.

DAFNE - Scusami, ma il fatto di non riuscire a capire come possa essere successo mi fa impazzire... Così, ho offeso l'unica persona che mi vuoi bene. Non ti merito proprio...

TASSISTA - Non ti preoccupare. Tanto, il bene che ti voglio mica lo posso riprendere indietro. L'unica cosa che mi rincresce è che io te l'ho regalato e tu non sai che fartene... E hai ragione: te ne ho dato troppo e adesso ti va largo come un abito fuori misura.

DAFNE - Ti sbagli. Mi andrebbe appena giusto.

TASSISTA - Perché dici: mi andrebbe? Cosa ti impedisce di indossarlo?

DAFNE - Nient'altro che la paura di perdere quello che ho faticato tanto ad ottenere: la casa, la macchina, i vestiti... Ecco, soprattutto i vestiti. Nessuno, come me può capire l'importanza dei vestiti, dal momento che per averli ho dovuto cominciare col mettermi nuda.

TASSISTA - Certo che io, col mestiere che faccio, per procurarteli dovrei far fare tre giri della città ad ogni cliente che deve andare dal centro alla stazione. E come si fa? Già si lamentano perché gliene faccio fare uno e mezzo di giri. Dammi retta: mettilo in prova sto vestito; se poi non ti va, me lo dai indietro, e amici come prima.

DAFNE - E va bene, provo. (Gli prende una mano con tenerezza).

TASSISTA - (felice) Grazie, grazie. Senti, è contento anche lui. Sta facendo le capriole. (Appoggia la mano di Dafne sull'addome).

DAFNE - (si stacca con rabbia) No, no, è una cattiveria, non mi va... Non mi va. È un figlio dispettoso... Doveva farle a me le feste! (Piange) Che razza di soddisfazione è aspettare un figlio che manco si fa sentire?!

TASSISTA - Dovresti essergli grata, invece. Non sentirai manco i dolori del parto.

DAFNE - È assurdo. Non posso crederci.

TASSISTA - (cambiando tono all'istante) E fai bene a non crederci.

DAFNE - (stupita) Perché?

TASSISTA - Perché non è vero che aspettiamo un bambino. Ho inventato tutto io un'altra volta.

DAFNE - Hai inventato? Ma non dire sciocchezze! E gli svenimenti? Le voglie di gelato?

TASSISTA - Tutto inventato.

DAFNE - Che imbroglione! Ma perché hai combinato tutta questa commedia? A che scopo?

TASSISTA - Già, a che scopo? Dimentichi che oggi il dottore ci avrebbe staccati, ed io me ne sarei dovuto andare! Questo era l'unico modo per poterti rimanere ancora vicino... l'unico.

DAFNE - (con tenerezza) Che mascalzone sei, Apollo!

TASSISTA - Grazie. È vero che c'è proprio un Dio anche per i balordi. Perché tutto è andato meglio di quanto non sperassi. Tuo marito ti ha lasciata, l'altro è rimasto in galera e tu mi hai detto di sì. (Guardando verso l'alto, a tutta voce) Mercurio, sei un Dio!

DAFNE - Anche tu, Apollo.

TASSISTA - Per forza, sono suo fratello. (La cinge alla vita) Balliamo?

DAFNE - Adesso sì. Ho proprio voglia di ballare...

TASSISTA - Bene! (Andando verso il giradischi) Piuttosto, dove posso trovare qualche altro disco? Perché, questo, l'abbiamo ascoltato un po' troppo. (Toglie il disco).

DAFNE - Di là, in camera mia, ce n'è un album pieno. Te lo porto subito. (Fa per avviarsi).

TASSISTA - No, no, stai comoda: ci vado io. Intanto approfitto per infilarmi un paio di pantaloni e un paio di scarpe. Con le scarpe si balla meglio. (Esce sulla sinistra).

La porta di fondo si apre ed entra l'amico del tassista.

DAFNE - (manda un grido soffocato) Ah, un ladro!

AMICO - (rassicurante) C'è andata vicino. Ma si calmi, sono il socio di Febo. Sì, insomma, di quello che lei chiama Apollo.

DAFNE - Mi ha fatto paura! Ma che faceva lì dietro?

AMICO - Ascoltavo. È da più di un'ora che ascolto e, dico la verità, ne ho sentito proprio delle belle.

DAFNE - Ma, da dove è entrato?

AMICO - Dalla porta di servizio.

DAFNE - Era aperta?

AMICO - No, ma l'ho aperta io. Per un professionista come me, lei capisce, è stato uno scherzo.

DAFNE - Già, dimenticavo... Ma, ad ogni buon conto, l'avverto che se è venuto con l'idea di riportare Apollo sulla cattiva strada, è meglio che se lo tolga dalla testa.

AMICO - Perché, la strada sulla quale si trova adesso le sembra tanto buona?

DAFNE - Allude al fatto che si è innamorato di me?

AMICO - Beh, dire soltanto innamorato, mi sembra un po' poco...

DAFNE - Anch'io però gli voglio bene, tanto!

AMICO - Bella forza! Ad uno che le ha fatto da pompa ausiliaria per quasi un mese, vorrei vedere che non gli volesse almeno bene! Ma adesso che torna ad essere soltanto un tassista, quanto tempo crede che le riuscirà di sopportarlo? Davvero pensa di potergli vivere insieme un pezzo?

DAFNE - E perché no? A parte che siamo rimasti d'accordo per un periodo di prova...

AMICO - Ah, brava; ma nel suddetto periodo prova lei, ma ci prova anche lui. E mi dice, dopo che ci avrà provato, chi ce la farà a convincerlo a non provarci più? Voglio vedere la sua faccia quando si sentirà dire: “Adesso basta, non giochiamo più, amici come prima, buongiorno, buonasera!” Rimarrebbe meno male se gli facesse scoppiare una bomba a mano in un orecchio... Glielo dico io!

DAFNE - Oh, no! Che impressione! Povero Apollo, proprio nell'orecchio!

AMICO - Ma non s'è accorta che quello vive come un sonnambulo... Se lo sveglierà di colpo, come minimo ci rimarrà secco.

DAFNE - Ha ragione!... Che guaio!... Non ci avevo pensato! Che debbo fare, povero Apollo!...

AMICO - Già, povero Apollo. Senta, mi dia retta: gli dia il buongiorno adesso che è ancora in tempo, adesso che è ancora nel primo sonno...

DAFNE - No, non posso. Gli voglio tanto bene!

TASSISTA - (dal di dentro) Ecco, questo sì che va bene: è proprio il disco che cercavo!

DAFNE - Sta tornando... Che debbo fare?!

AMICO - Venga di là. Le dirò io che deve fare. Forse il sistema migliore, invece di svegliarlo, è quello di fargli cambiar sonno.

DAFNE - Ma perché, mi lasci...

La trascina fuori scena.

TASSISTA - (entrando) Vedrai come si balla bene con questo... (Si guarda intorno) Dafne! Dafne!

DAFNE - (dal di dentro) Metti pure il disco, Apollo... Mi sto rinfrescando un po', ma mi sbrigo in un attimo.

TASSISTA - Oh, fai con comodo. (Mette il disco e accenna qualche passo di danza. Dafne rientra: si nasconde dietro ad una colonna e quando Apollo le passa vicino le si infila fra le braccio continuando nella danza). Oh, Darne... (Le solleva il viso) Ma, Dafne, che c'è?... Hai gli occhi bagnati!

DAFNE - (asciugandosi le lagrime) No. Niente... È che mi sono buttata un po' d'acqua in faccia... Sai, fa così caldo...

TASSISTA - Allora, è meglio che balliamo staccati.

DAFNE - Oh, no! Staccati no... Stringimi... Oh, Apollo, promettimi che non mi darai mai un bacio!

TASSISTA - Mai un bacio? E perché?

DAFNE - Non lo so... Ho paura...

TASSISTA - Se è per quello, anch'io ho paura. Ma bisogna farci coraggio. Non vogliamo passare per vigliacchi, no?... Guarda, l'unica è provare con gli occhi chiusi: io sono già pronto con gli occhi chiusi.

DAFNE - Oh si... Chiudiamo gli occhi...

TASSISTA - Allora, pronti?... al tre Uno, due, tre...  (Si baciano). Non riaprire subito gli occhi; aspetta. Baciamoci un'altra volta con gli occhi chiusi, poi la terza, volta ci si bacia con gli occhi aperti... Questa è ancora quella degli occhi chiusi: ancora al tre. uno due, tre. Si comincia: uno,... uno, due... (Accostano le labbra. Poi Dafne si scosta, ma Apollo rimane come imbalsamato. Al posto di Dafne, l'amico, che è rientrato in quell'istante, mette una grossa pianta ornamentale fitta di foglie. Quindi Dafne e l'amico si nascondono dietro le colonne. Apollo riapre gli occhi e guarda stravolto la pianta che ha fra le braccia) Dafne! Dafne! (Disperato) Oddio, che ho fatto!... (Una pausa. Si mette a sedere tenendosi il vaso sulle ginocchia) Tutto perché ti ho baciata, Dafne... Ti sei tramutata un'altra volta in pianta! E tutto per colpa mia... Disgraziato che sono... Dovevo immaginarmelo... Ecco perché avevi paura che ti baciassi... Era già successo una volta con un altro Apollo... Ma io, no... Imbecille... Voglio il bacio, voglio il bacio... E tu non hai avuto il coraggio di dirmi di no... Chi l'avrebbe mai detto che mi volessi così bene! (Dietro la colonna Dafne non sa trattenersi dalle lagrime. Singhiozza). Piangi?... Oh, Dafne... Ma forse vedrai che magari tuo padre ci ripensa e ti fa tornare come prima... E poi, guarda che, anche come pianta, non sei per niente male: hai dei bei rami, e come foglie poi... (Accarezza rami e foglie) Sei bellissima. (Si leva in piedi tenendo amorevolmente il vaso fra le broccia) Su, adesso basta di piangere... Vieni che balliamo... Vedi, ci si può abbracciare anche così... Peccato che con tutte queste foglie non riesca a capire dove hai la bocca: ma a costo di baciarmele tutte vedrai che scoprirò quella buona... (Si muove con passi rallentati in sospensione) Complimenti: per essere una pianta devo dire che ti fai condurre facile... Vedrai che staremo bene lo stesso insieme. Ti porterò a casa mia: non ti lascerò mai sola un momento... Anzi, farò fare un portavaso vicino al tassametro e ti terrò sempre con me nel mio tassì. (Considerando le dimensioni piuttosto vistose della pianta) Ho paura che stavolta mi toccherà davvero fare il tassì scoperto, se no, lunga come sei, come ci entri... (La musica è cessata). Oh, è finito il disco... Aspetta che lo rimetto da capo. (Appoggia il vaso sulla poltrona) Un altro giretto, e poi andiamo a casa. Non ti muovere: faccio in un minuto. (Va verso il giradischi, si ferma a metà strada) Ah, bisogna che faccia anche le valige. (Raggiunge il giradischi, rimette a posto il pick-up e attraversa la scena andando sulla sinistra) Guarda, impiego un attimo, tutto alla rinfusa: due minuti. Intanto, tu, ascolta il disco... Non ti muovere, Dafne. Aspettami. (Esce).

DAFNE - (lascia il nascondiglio, si precipita al centro del salone) Basta, basta, non ce la faccio più. (Afferra la pianta e la butta dalla finestra).

AMICO - (rientrando) Ma brava, brava! Abbiamo eseguito la scena madre, proprio il gran finale da eroina dei fumetti... Che bella trovata! Quello si è appena sorbito una mazzata, ed ecco che lei adesso gliene vuole affibbiare un'altra... Ma allora me lo vuole proprio accoppare!

DAFNE - Ma come posso sopportare che lo s'inganni in quel modo? Innamorato di una pianta!

AMICO - Ah, bene! Viene anche a galla l'egoismo femminile, adesso! Si sente derubata. Ma non ha visto? Non ha visto che lui è contento anche così! E senza contare che una pianta, poi, non gli darà mai una delusione. Sia generosa, lo lasci andare...

DAFNE - Si, si, ma adesso... senza pianta...

AMICO - Non ne ha un'altra?

DAFNE - Ha le foglie diverse.

AMICO - Ma non importa. Me la dia lo stesso. Dov'è?

DAFNE - È di là.

AMICO - Va bene.

Escono insieme.

TASSISTA - (dal di dentro) Guarda la sveltezza, Dafne. (Entrando) Di' la verità: non ti saresti mai aspettata che io fossi così veloce! Guarda, due valige in una volta sola. Due secondi. Ho fatto un po' di pasticci, ho messo le camicie con le scarpe... (Cerca la pianta) Dafne, dove sei? Ti avevo detto di non muoverti. (L'amico entra e, non visto, lascia la nuova pianta sul tavolo, quindi, veloce, si ritira dietro la colonna) Ah, sei qui... Ma che hai fatto? Ti sei cambiata di foglie. Ah, ah, che stupido... Quasi quasi mi stavo dimenticando che sei una donna: e qua! è quella donna che prima d'uscire non si cambia d'abito! Tu ti sei cambiata di foglie, no? (Vede l'amico che intenzionalmente s'è fatto scoprire) Antonio! Antonio!

AMICO - Finalmente ti ritrovo. Ma, andiamo, stai via di casa quasi un mese, senza farti vivo neanche una volta...

TASSISTA - Hai ragione, Antonio, scusa. Ma mi sono successe delle cose da non credere. Te le racconterò, e quando io ti racconto tu fai: ooohhh! Meno male che tutto è finito bene e tu sei arrivato al momento giusto. Vedi, io stavo tornando a casa, ho anche le valige. Mi aiuti a prendere una valigia?

AMICO - Sì, volentieri. (Esegue) Ma, dico, potresti almeno presentarmi alla signora!

TASSISTA - Ah, già, la signora... Dafne, Dafne, ti presento un mio carissimo amico, Antonio, ti ricordi? Ti ho parlato di Antonio...

AMICO - Piacere, piacere, signora. (Bacia una foglia come se fosse una mano).

TASSISTA - (rivolto alla pianta) È in gamba, Antonio, eh! Hai visto, Darne: ha capito subito che tu sei una donna.

AMICO - E anche molto bella... Complimenti!

TASSISTA - Ah, sono contento che piaccia anche a te. Non hai niente in contrario se la porto a casa con me, eh?

AMICO - Ma figurati! Andiamo?

TASSISTA - Andiamo. (Accenna a seguire l'amico: ci ripensa, torna indietro) Aspetta, aspetta che prendo il piede. (Va a prendere il piede dal mobiletto di sinistra) Sai, è lui che m'ha portato fortuna. È proprio vero che chi ruba un piede è fortunato in amore. Non so dove l'ho letto... Ah si: su un manifesto di quelli che attaccano sui muri per il teatro. Bisogna che la vada a vedere, quella commedia! Chissà com'è?

Escono mentre Dafne, dietro la colonna, piange disperatamente.