Chi ti ha detto che eri nudo?

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CHI TI HA DETTO CHE ERI NUDO


Due tempi

di PierBenedetto Bertoli

Personaggi:

GIANFILIPPO

VITTORIA, sua moglie

PIO

LUCIANA, sua moglie

POMPEO, parrucchiere, amante di Luciana

LESBINA, baby-sitter di Vittoria

Scene:

Luminoso soggiorno di un’abitazione ultramoderna, quegli arredamenti smaglianti e scomodi in cui, nella realtà quotidiana, per una favorevole serie di circostanze, non ci imbattiamo quasi mai, ma che troviamo naturalissimi nei palcoscenici dei teatri. A conforto va precisato che il soggiorno in questione fa parte di una villetta che all’esterno espone tutta la sua tradizionale normalità nel verde di una bella campagna adagiata sotto un cielo semplice, non ancora arredato dall’uomo: la campagna laziale, non lontano da Roma. Torniamo dentro, che dentro si svolgerà l’azione, dove, dall’ampia vetrata sul fondo a destra aperta sul giardino fiorito, filtra la luce serena di un bel tramonto di Maggio. Nella parete di destra una porta, verso il proscenio, mette in cucina. Un’altra porta, sul fondo a sinistra, nelle camere da letto. Quasi davanti a questa porta un’elegante scaletta a chiocciola sale a perdersi nel cielo della scena. Nelle parete di sinistra, in proscenio, un’altra porta.


PRIMO TEMPO

SCENA I

Luciana e Vittoria

Luce viva su Luciana e Vittoria, due belle ancor giovani signore.

Vittoria è seduta, Luciana è in piedi presso il mobile bar.

LUCIANA          Vuoi bere qualcosa? Fa già un caldo…

VITTORIA         Grazie, no. I liquidi mi fanno ingrassare.

LUCIANA          (siede anche lei) – Ti dicevo: mi sento una signora, libera, disponibile, senza più estranee che mi girano per casa.

VITTORIA         Estranee pagate, poi.

LUCIANA          È che brave e oneste non si trovano più.

VITTORIA         Hai provato con le Filippine?

LUCIANA          Con le Filippine, con le eritree, con quelle delle Isole del Sale, ne ho viste di tutti i colori. No, meglio fare da me.

VITTORIA         Il lavoro della casalinga lo trovo allucinante! Io non potrei. No, io e Gianfilippo viviamo all’americana, fuori tutto il giorno, lui col suo lavoro, io dalle amiche, dalla sarta, per negozi. Per i bambini c’è la baby-sitter. Non viversi addosso: è l’unico modo per salvare la famiglia. La vera rovina della famiglia è la famiglia.

LUCIANA          Noi siamo una famiglia felice.

VITTORIA         Che c’entra? Anche noi siamo una famiglia felice.

LUCIANA          Guarda, Pio è un tesoro. Ho voluto venire a vivere fuori città, e lui mi ha preso questa villa in campagna. Aveva tutti i mobili d’epoca immaginabili, dai fine Sei ai primi Nove.

VITTORIA         Grazie, fa l’antiquario.

LUCIANA          Niente, a me quella roba antica mette l’angoscia, mi pare di vivere nel passato. Ho voluto un arredamento ipermoderno.

VITTORIA         (si guarda attorno) – Sì. Sembra uno di quegli arredamenti che si vedono solo a teatro.

LUCIANA          E lui me l’ha messo su senza batter ciglio. Volevo un giardino con tante rose, ho un giardino con tante rose. Insomma, mi ha dato la mia casa.

VITTORIA         Noi siamo fuori tutto il giorno, che ce ne faremmo di una casa?

LUCIANA          A me piace sentirmi a casa mia, piantare un chiodo e dire che lo pianto a casa mia.

VITTORIA         (dopo una pausa) – Mi hai chiamata per dirmi del chiodo?

LUCIANA          No, così, per stare un po’ insieme. Oggi mi sentivo stranamente felice e volevo comunicarlo a qualcuno. In queste giornate di maggio si sente la vita scivolar via così deliziosamente che si vorrebbe fermarla. È bello sentirsi felici, amare. (Passeggia, eccitata)

VITTORIA         Tu ami?

LUCIANA          Terribilmente. Amo mio marito, amo le mie bambine, amo sentirmi viva in questa primavera…! Solo che, a volte, non so, non si osa. Sarà che ho ricevuto un’educazione cattolica.

VITTORIA         Wojtyla vieta le primavere?

LUCIANA          No, è che quando si hanno certi principi, ci si trova spiazzate. Intendiamoci, noi siamo felici grazie ai nostri principi sani, borghesi. Come dice sempre Pio: noi siamo la spina dorsale della società. (Crolla a sedere in poltrona) Vittoria, non ne posso più.

VITTORIA         Di essere la spina dorsale?

LUCIANA          (per un bisogno di confessione improvvisa) – Se non te lo dico, scoppio. Mio marito, Vittoria.

VITTORIA         Tuo marito cosa?

LUCIANA          Sai, Pio…

VITTORIA         Pio, tuo marito, sì.

LUCIANA          (stropicciandosi le mani, sconvolta) – L’ho fatto pedinare da un’agenzia privata. Mi sembra di impazzire… Vuoi bere qualcosa? Io ingrasso, ma bevo qualcosa. (Si alza e si versa da bere qualcosa) Chi avrebbe potuto sospettarlo, di questi tempi?

VITTORIA         Ma appunto, dati i tempi. Anche tu come tutte.

LUCIANA          Come, come tutte? Ma cos’hai capito?

VITTORIA         Volevi sapere se tuo marito ti tradiva, ora lo sai. Non farne una tragedia.

LUCIANA          Mai! Non mi ha tradito mai! Ho un marito che non sente, come dire, il dovere del piacere. (Crolla a sedere) L’ho fatto pedinare da un’agenzia investigativa per tre mesi. Nessuna donna. Non ha che me.

VITTORIA         E non sei contenta?

LUCIANA          Ecco qua le relazioni dell’agenzia. (Ha preso delle carte da un cassetto) Un giorno a caso. (Legge) “12 Aprile. Ore 9: esce di casa. 9,40 arriva in città. 9,50 cerca di posteggiare auto. 10,07 ha posteggiato auto. 10,08 prende multa per aver posteggiato auto”.

VITTORIA         Fino a qui tutto normale.

LUCIANA          “10,15 visita i caravaggeschi”.

VITTORIA         Chi sono, vostri amici polacchi?

LUCIANA          (legge l’informazione in calce al foglio) – “Scuola pittorica seicentesca, imitatori del Caravaggio”. E questo sarebbe ancora normale per un antiquario. Ma senti il pomeriggio. “Dalle 15 alle 18, galleria”.

VITTORIA         Galleria?

LUCIANA          La sua galleria d’arte, il negozio. Un agente s’è fatto assumere come commesso e gli sta a stretto contatto.

VITTORIA         Che tipo di contatto?

LUCIANA          Di gomito.

VITTORIA         Poco. Non fa sesso neppure lì.

LUCIANA          “Ore 18, lascia la galleria diretto Asilo Pie Ancelle del Perdono. Ore 19 presenzia sacra funzione presso Pie Ancelle. Ore 20 rincasa”. Tu capisci, sempre così, tutto casa, bottega e Ancelle.

VITTORIA         Ha una seconda vita integerrima.

LUCIANA          Dì pure che non ha una seconda vita. Pensare che c’è gente che ne ha addirittura una terza.

VITTORIA         I gatti ne hanno sette.

LUCIANA          Senza essere vivaci come i gatti, dico, uno straccio di seconda vita, al giorno d’oggi…!

VITTORIA         Ha una prima vita? Con te è vitale?

LUCIANA          Che c’entra? Io sono la moglie. E insieme siamo felici.

VITTORIA         Ma allora di che ti lamenti? Che ti manca?

LUCIANA          La sua normalità di marito infedele. E credi, mi seccherebbe sentirmi tradita. Ma mi secca ancora di più non sentirmi tradita.

VITTORIA         Chi ti capisce è bravo.

LUCIANA          Io voglio essere una donna moderna, Vittoria, una donna al passo coi tempi. Alle soglie del Duemila scopro che mio marito, sano, normale, eterosessuale, non mi tradisce. È terribile!

VITTORIA         Luciana, non ti riconosco più.

LUCIANA          Dici per i miei principi… E forse la colpa è stata proprio mia, dei miei principi.

VITTORIA         Troppo sesso cattolico insieme?

LUCIANA          Macché. Qualche anno fa, quando si scoprì l’ecologia, io pretesi di venire ad abitare qui in campagna, intenzionata a vivere il momento ecologico della società. E qui ho le mie rose, i miei pomodori, i carciofi che seguo personalmente.

VITTORIA         Il carciofo non esclude l’eros.

LUCIANA          È che a Pio, in questa fuga nel privato ecologico, è scattata la mania astronomica. Aveva in galleria un vecchio telescopio, se l’è fatto sistemare con lenti moderne, tutte le notti va sulla torre e guarda le stelle.

VITTORIA         Tu coltivi i carciofi e lui coltiva l’astronomia: ecco a cosa porta l’ecologia.

LUCIANA          Di sera non si esce più. Io stessa, che pure ho dei principi, avverto il momento afrodisiaco della società.

VITTORIA         Il dovere del piacere.

LUCIANA          Oggi non si può rimanere emarginati dal discorso sessuosociologico.

VITTORIA         Prego?

LUCIANA          Emarginati dal discorso sessuosociologico.

VITTORIA         Che è?

LUCIANA          L’ho letto su una rivista dal parrucchiere. Non è normale, in pieno boom del sesso. E aggiungi che il marito troppo fedele può diventare sessuofobo.

VITTORIA         Cioè quando fa l’amore abbaia?

LUCIANA          Non lo fa più per niente, gli viene a nausea.

VITTORIA         Ah, temi questo?

LUCIANA          I mariti che non fanno l’amore fuori casa, finiscono per non farlo più neppure in casa.

VITTORIA         Ah, ho capito.

LUCIANA          Ho voluto confidare la cosa a te, ti ho fatta venire qui per questo, tu sei la mia amica più cara… (Come prendendo una decisione) Vittoria: io ho un marito anomalo…

VITTORIA         Un marito da due asterischi.

LUCIANA          Sì, con un deficit di infedeltà. Come è possibile che a un uomo oggi, a rivoluzione sessuale avvenuta, basti una donna sola? La moglie poi. Non si vive un intero anno mangiando mele, viene anche la stagione delle fragole. Vittoria, io voglio un marito vero.

VITTORIA         Alla fragola.

LUCIANA           Un uomo coi suoi diversivi erotici, dopo i quali, s’intende, torni a me, che io sia pur sempre il suo porto; ma che lui alzi le vele, navighi, affronti i marosi dell’eros, non resti eternamente ancorato alla banchina del molo.

VITTORIA         Quest’anno andate al mare?

LUCIANA          Non so, ma vorrei risolvere la cosa prima della stagione balneare. Che gusto c’è a saperlo mio, se non è capace di essere mai di un’altra? È mio per inerzia. Bello è sapere che è tuo di ritorno, dopo i confronti. Tuo marito, scusa…?

LUCIANA          Confronta. Va e torna continuamente. È un marito da cinque asterischi. Da non perdere, come Via col vento.

LUCIANA          Vedi! Vive il suo eros.

VITTORIA         Sì, Luciana: confessione per confessione. Noi abbiamo messo da parte i principi. Il nostro è un matrimonio aperto. Ci sarebbe molta più fedeltà tra marito e moglie, se ci si permettessero gli amanti. E io e Gianfilippo ce li permettiamo.

LUCIANA          Vedi vedi! (Con invidia) Lo so, lo sentivo, lo immaginavo!

VITTORIA         Basta che io non mi metta con persone di conoscenza. Gianfilippo non vuole, dice che si sentirebbe cornuto. E per me lui può andare con chi vuole. Unica eccezione la baby-sitter: se quella poi si licenzia, la sera non sapremmo più a chi mollare i bambini. Per questo ne ho presa una del Collettivo Lesbo e vado tranquilla.

LUCIANA          Voi cioè gestite la vostra sessualità liberamente, da coppia moderna.

VITTORIA         Per me fare sesso è praticare uno sport liberatorio.

LUCIANA          Puro frui.

VITTORIA         Prego?

LUCIANA          Frui. L’ho letto dal parrucchiere.

VITTORIA         Io non l’ho letto dal parrucchiere, ma lo faccio quando mi va.

LUCIANA          Saresti per caso ninfomane?

VITTORIA         No. Sono laica. E mi fa bene alla pelle.

LUCIANA          Pure!

VITTORIA         Non ho problemi. E così il nostro rapporto è salvo. L’amplesso trimestrale con Gianfilippo riacquista un senso nuovo, mi sembra ogni volta di andare a letto con un altro.

LUCIANA          Per questo ho chiamato te. (Dopo una pausa tesa) Vittoria, devi sedurmi Pio.

VITTORIA         Io?!

LUCIANA          Sei la mia migliore amica, non dirmi di no. Pio deve normalizzarsi.

VITTORIA         Ma tu sei pazza!

LUCIANA          Dài, non è la prima volta che seduci mariti, credi che non lo si sappia? Ugo, il marito di Giorgina, dico il primo che mi viene in mente. Per non parlare di Goffredo, di Pier Luigi Astolfi, dei tre fratelli Filogamo…

VITTORIA         Ma per chi mi hai presa?

LUCIANA          Per una donna libera.

VITTORIA         Libera di farlo con chi mi piace. Non me l’hanno mai chiesto le mogli, di sedurgli i mariti.

LUCIANA          Pio piace.

VITTORIA         Se mi fosse piaciuto non saresti qui a pregarmi di sedurtelo. Ma poi c’è il veto di Gianfilippo. Con gli amici non posso, si sente cornuto.

LUCIANA          Già, perché i Filogamo non sono vostri amici!

VITTORIA         Ma Gianfilippo non l’ha saputo.

LUCIANA          Non lo saprà neppure di Pio. Poi non ti dico di farlo. Mettiamo Pio alla prova, vediamo come reagisce. Io ora esco, passo la notte fuori, e tu…

VITTORIA         (divertita) – Ah, dovrebbe già avvenire stanotte?

LUCIANA          (agitata) – Non c’è tempo da perdere, Vittoria.

VITTORIA         Magari me l’hai già fatto mettere a letto.

LUCIANA          Figurati! Pio non sospetta nulla. Stanotte tu ti fermi qui.

VITTORIA         Ma sei pazza. Che direbbe Pio vedendomi qui tutta la notte a girare per casa?

LUCIANA          Ho già pensato. Gli diciamo che sei scappata di casa. Anzi che Gianfilippo, stanco della tua vita dissoluta, ti ha cacciata.

VITTORIA         E tu dove vai, che non uscite mai di sera? Cosa dici a tuo marito?

LUCIANA          Gli dico che vado a casa tua per convincere Gianfilippo a riaprirti le braccia.

VITTORIA         Ah, vai a casa mia? E a Gianfilippo, posto che lo trovi a casa, a Gianfilippo che ti vede arrivare, che gli racconti?

LUCIANA          Che ho litigato con Pio e che tu sei rimasta qui per convincere Pio a riaprirmi le braccia.

VITTORIA         Di’, non è che è tutta una manovra per farti Gianfilippo?

LUCIANA          E chi pensa a Gianfilippo?

VITTORIA         Perché, non ti piacerebbe Gianfilippo?

LUCIANA          Sì, sì…

VITTORIA         E allora fatti Gianfilippo.

LUCIANA          Ma io non voglio farmi Gianfilippo, voglio che Pio faccia come Gianfilippo, che si comporti come tutti i Gianfilippo di questo mondo. Che non mi finisca sessuofobo.

(Si è sentito un rumore di automobile arrivare e fermarsi in giardino) È lui. (Implorante)

Vittoria, non dirmi di no! Facciamolo per lui, per la sua liberalizzazione.

SCENA II

Luciana, Vittoria e Pio

PIO                      (è entrato dal fondo. È un calmo signore sui quaranta, dal fare ironico e distaccato)

Oh, mia cara! (Bacia Luciana sulla guancia)

Tesoro. (Luciana gli restituisce il bacio) Un traffico per uscire di città… È già un caldo!

LUCIANA          Novità?

PIO                      Che novità vuoi che abbia un antiquario? Tutta roba vecchia.

LUCIANA          Infatti. Pio, io sto uscendo.

PIO                      Io arrivo e tu parti?

LUCIANA          Sì, siccome Vittoria stanotte…

PIO                      Come va, Vittoria?

VITTORIA         Bene, grazie.

LUCIANA          Come, bene grazie? Bene per niente. Vittoria ha rotto.

PIO                      Cosa?

VITTORIA         Ma no…

PIO                      Il mio telescopio, per caso?!

LUCIANA          Chi vuoi che pensi di romperti il telescopio, andiamo. Scendi sulla terra. Ha rotto con Gianfilippo.

PIO                      Oh, mi spiace.

LUCIANA          L’ha cacciata di casa.

VITTORIA         (timido diniego) – Ma no…

LUCIANA          Ma sì. S’è rifugiata da noi, poveretta.

VITTORIA         (come sopra) – Veramente io…

LUCIANA          Tu taci! (Con finto rimprovero e occhiacci d’intesa) Tu fai una vita, lasciatelo dire! Libera è dir poco. (A Pio) Sai, tutte quelle voci sul loro mènage libero, erano vere.

PIO                      (sottovoce a Luciana, fraintendendo l’imbarazzo di Vittoria) – Controllo, Luciana.

LUCIANA          (imperterrita) – Poi metti gli amici in questi pasticci. (A Pio) Insomma, questa disgraziata non se la sente di tornare a casa stanotte dobbiamo ospitarla noi. Vero che se non ci si aiuta fra amici…

PIO                      Certo. Rimani pure, Vittoria.

VITTORIA         Ma no… (reazione debole, le sta scappando anche da ridere) Io non ho motivo…

LUCIANA          (le tronca la parola) – Vai vai. (A Pio) Vuole bagnarci il giardino e l’orto, le rose, i carciofi…

VITTORIA         Io?!

PIO                      Fa’ pure, Vittoria, bagna liberamente.

LUCIANA          Visto che io non potrò farlo per causa sua, si è offerta lei. E poi le fa bene, si frastorna.

PIO                      Che fa?

VITTORIA         L’ha letto dal parrucchiere.

LUCIANA          Si distrae. (A Vittoria) Va’, va’ a bagnare le rose. E vai! (La spinge fuori facendole occhiacci) Se ti si dice di andare, vai, no? Giusto il momento di fare i complimenti!

(Dopo che Vittoria, tra stordita e divertita, è uscita in giardino) Deve distrarsi. Gianfilippo l’ha messa alla porta.

PIO                      Anche tu, mi sembra.

LUCIANA          La natura umana è così fragile…

PIO                      Perciò mettiamola alla porta.

LUCIANA          …e voi uomini così ingenerosi. Vittoria è una bella donna, piace. Non lo negherai?

PIO                      Come?

LUCIANA          Non negherai che Vittoria è una bella donna. Io l’ho vista nuda e ti posso assicurare…

PIO                      Io non l’ho mai vista nuda, ma ci credo.

LUCIANA          Un piccolo cedimento in una donna come Vittoria, bella, ambita, è comprensibile.

PIO                      Forse Vittoria eccede in questi piccoli cedimenti.

LUCIANA          Va bene, ma siamo generosi. Pio, se un giorno io venissi a sapere che tu hai avuto un piccolo cedimento…

PIO                      Ma cosa dici?

LUCIANA          …ebbene chiuderei un occhio.

PIO                      Cosa dici? Noi che cediamo?

LUCIANA          I tempi sono cambiati, ormai l’umanità ha una visione sessuale nuova.

PIO                      Ma noi abbiamo occhi antichi.

LUCIANA          Infatti a volte mi prende il sospetto che non siamo del nostro tempo.

PIO                      Meglio, con i tempi che corrono.

LUCIANA          È che corrono come neanche t’immagini. Se qualche sera ti decidessi ad andare al cinema…

PIO                      Sono tutti film che vedremo fra un anno alla televisione. E poi io di sera guardo le stelle. (Scompare in camera, sul fondo a sinistra, lasciando la porta aperta)

LUCIANA          Fuggi la realtà, schiavo di falsi pudori! (Decadente, ma ispirata) Un giorno forse rideremo di questi nostri pudori, ma quando ormai non ci resteranno che armi per battaglie di retroguardia, da combattere sulle trincee dei rimpianti.

PIO                      (ricompare: indossa una lunga vestaglia blu, ricamata a stelle e lune gialle. Ha un plaid sotto braccio) – Tutto bovarismo di seconda mano.

LUCIANA          Non essere sempre così ecologico, Pio.

PIO                      Non c’entra il bove, cara, alludevo a madame Bovary. (Si avvia verso la cucina, a destra) Mi hai preparato il thermos col tè? (Scompare in cucina)

LUCIANA          Chi ti ha detto che ci si debba bastare in due?

PIO                      (dalla cucina) – Non so. Noi due ci bastiamo.

LUCIANA          Non basta! (Si riprende, forse è andata troppo oltre) O basta a noi due. Ma io sto parlando in generale, di Gianfilippo e di Vittoria. C’è stata una rivoluzione sessuale, Pio.

PIO                      C’è stato anche il sessantotto, ma ora c’è il riflusso.

LUCIANA          Il sesso non conosce riflussi. Vive la sua rivoluzione permanente.

PIO                      (ricompare con un termos e una scatola di biscotti) – Ma non ha importanza.

LUCIANA          Ne ha moltissima, invece.

PIO                      O ne ha moltissima, non so. Dipende da cosa siamo, da cosa ci stiamo a fare nell’Universo.

LUCIANA          Non cominciare con l’Universo, ti prego, non è il momento. Plana. Il nostro universo è qui, in questa stanza, siamo noi due. (Si calma) Scusami, Pio, questa faccenda di Vittoria mi ha sconvolta. Il pensiero che non possa più rientrare a casa sua, credi, mi dà un’angoscia!…

PIO                      Perché non telefoni a Gianfilippo? Vuoi che gli telefoni io? (Fa il gesto)

LUCIANA          (lo trattiene, come terrorizzata) – Per carità, sai com’è Gianfilippo. Bisognerà spiegargli, ragionarlo. Vado io da lui, subito. Non c’è tempo da perdere. Tornerò a tarda notte, quando l’avrò convinto. Dobbiamo farlo. Tu stalle molto vicino.

PIO                      A chi?

LUCIANA          A Vittoria. Vittoria rimane qui, no?

PIO                      Io stasera ho Aldebaran.

LUCIANA          (con qualche speranza) – È una donna?

PIO                      È una stella.

LUCIANA          (delusa) – C’era da aspettarselo.

PIO                      (prende un voluminoso telescopio che si trova dietro l’angolo di una parete) – Aldebaran è l’alfa del Toro. Stasera si può vedere l’eclissi di Aldebaran, grazie alla congiunzione del Toro con Venere.

LUCIANA          Anche loro si congiungono!

PIO                      Ogni 420 anni.

LUCIANA          Poco anche loro.

PIO                      A Vittoria potrei tenere compagnia domani sera. Il fenomeno si ripete solo ogni 420 anni, ed è una notte così serena. Fra 420 anni magari sarà nuvolo, meglio approfittare. (Con telescopio, plaid, termos, biscotti e un seggiolino pieghevole, si avvia per la scaletta a chiocciola, scomparendo in alto)

VITTORIA         (è comparsa dal giardino, ha assistito all’uscita di Pio) – Mi sembra a distanze siderali, non ci pensa per niente.

LUCIANA          Bisogna fare in modo che ci pensi.

VITTORIA         E dire che quasi ci stavo pensando io. Pio non l’avevo mai preso in considerazione, ma a modo suo è stuzzicante. Così lontano da certi interessi, così distratto. Sai, il gusto di risvegliare il maschio assopito una donna ce l’ha sempre.

LUCIANA          Però, vatti a fidare delle amiche!

VITTORIA         Come?

LUCIANA          (seccata) – Ce l’hai proprio nel sangue. Io ti chiedo una cosina seria, sindacale, e tu subito parli di gusto di risvegliare il maschio assopito. Vittoria, sia chiaro: tu devi farmi le corna.

VITTORIA         Appunto.

LUCIANA          Non le corna alle corna.

VITTORIA         Sta’ tranquilla, ti farò solo delle corna di primo grado. Sempre che lui sia d’accordo.

PIO                      (si affaccia dall’alto della scaletta) – Cara, hai visto per caso il mio libro “Astri e loro influenza sul sesso”?

LUCIANA          (badando al suo programma) – Pio, io allora vado da Gianfilippo. Ti lascio solo con Vittoria.

PIO                      Sì, me l’hai detto. Dicevo, hai visto “Astri e loro influenza sul sesso”?

LUCIANA          Sarà qui attorno. Vittoria ti aiuta a cercarlo, così si distrae. (Si avvia verso la camera in fondo)

PIO                      Tu ti intendi di astri, Vittoria?

LUCIANA          No, lei di sesso. (Scompare nella camera)

PIO                      Già dimenticavo. (Nel frattempo è sceso nel soggiorno e sta cercando il suo libro) Abbi pazienza, Luciana è un po’ brusca, forse è seccata perché deve uscire, ma ti vuol bene.

VITTORIA         E tu, Pio, indifferente al problema?

PIO                      Quale problema?

VITTORIA         Sesso.

PIO                      No. Solo, appunto, non ne faccio un problema. Osservo tutto con occhio cosmico, ridimensiono. L’uomo spaziale sarà asessuato. (Sempre cercando) Dove si sarà cacciato quel libro? C’erano delle indicazioni per osservare l’eclissi di Aldebaran. (Esce a cercare, per la porta a sinistra in proscenio)

LUCIANA          (arriva dalla camera di fondo, in soprabito e cappello, molto elegante, pronta per uscire) – Sono nelle tue mani, Vittoria.

VITTORIA         Direi che sei sempre tra i piedi. Sfido che Pio non è mai riuscito a liberalizzarsi.

LUCIANA          Vado vado. (non si muove) Mi raccomando, lo stretto necessario. Non infierire. Ogni tanto ti telefono.

VITTORIA         Ti telefono io a cose avvenute.

LUCIANA          Mi telefoni dove?

VITTORIA         A casa mia. Non vai da Gianfilippo?

LUCIANA          (stranamente imbarazzata) – Meglio se a cose avvenute ti telefono io.

VITTORIA         E come fai a sapere che sono avvenute?

LUCIANA          Appunto, ti telefono per saperlo. Ogni mezz’ora.

VITTORIA         Fa’ ogni ora.

LUCIANA          Oh: se per caso fosse presente Pio, per farmi sapere che le cose sono avvenute, dimmi una frase.

VITTORIA         Una frase come?

LUCIANA          Una frase in codice, una parola d’ordine, non so…

VITTORIA         “Il piacere ha fatto il suo dovere”.

LUCIANA          Brava, ecco. (Visto che rientra Pio, forte) Io vado da Gianfilippo.

PIO                      Credevo fossi già di ritorno.

LUCIANA          Buonanotte.

PIO E VITTORIA – Buonanotte!! (Pio, sempre in cerca del libro, è andato in cucina)

LUCIANA          (presa dalla commozione, abbraccia Vittoria) – Ciao!… Mi raccomando, non strafare.

VITTORIA         Te ne vuoi andare?

LUCIANA          (piagnucola) – È dura, cosa credi? Lasciarti qui sola con mio marito, una donna disinibita come te. Eppure bisogna farlo, perché si normalizzi, perché non diventi sessuofobo.

VITTORIA         Te ne vuoi andare?

LUCIANA          Per te è facile, ma per me che sono una moglie all’antica… Sapessi quanto mi costa, quanta disperazione c’è in questa mia scelta! (A parte) Ho vergogna di me, so che avrò dei rimorsi, che la coscienza si farà viva. Ma non posso perdere L’ultimo autobus.

(Corre fuori. Vittoria va a chiudere la porta a vetri del fondo, oltre la quale si scorge il giardino ormai immerso nelle ombre del crepuscolo. Si indugia a guardare il giardino, assumendo una posa romantica)

SCENA III

Vittoria e Pio

PIO                      Ecco qua, trovato. (Rientra da destra con un libro in mano. Va al mobile bar, prende una bottiglia di whisky e si avvia verso la scaletta) Se vuoi qualcosa di forte anche tu, fa’ pure, Vittoria, sei a casa tua.

VITTORIA         Grazie. Per scaldarmi a me basta la notte. Come calano le tenebre mi pervade uno strano tepore animalesco, mi sento come una leonessa nella savana africana. Sono tutta un’inquietudine tropicale. (Cammina per la stanza ancheggiando felinamente)

PIO                      Vuoi un Tropical?

VITTORIA         Non so cosa voglio. O forse lo so troppo, Pio. (Lo fissa negli occhi)

PIO                      Vedrai, tutto s’accomoda. Gianfilippo, a saperlo prendere…

VITTORIA         Non mi interessa di prendere Gianfilippo.

PIO                      Fai male. Gianfilippo ha delle qualità.

VITTORIA         Non parlarmi più di Gianfilippo, ti prego.

PIO                      Come vuoi. Io devo salire, ciao Vittoria. (Fa per avviarsi verso la scaletta)

VITTORIA         (gli si para davanti, bloccandogli la salita) – E io devo rimanere. Sola, coi miei pensieri.

PIO                      Ma stai poco bene?

VITTORIA         (languida) – Ci conosciamo da tanto tempo, Pio.

PIO                      Lo so, è dura, dopo tanto tempo che vi conoscete, tu e Gianfilippo…

VITTORIA         Io e te. Eppure non mi era mai capitato di trovarmi sola di notte con te.

PIO                      Quando morì la madre di Gianfilippo siamo stati insieme di notte, tre ore, nella camera ardente.

VITTORIA         C’era la salma. Stanotte non ci sono salme.

PIO                      Grazie a Dio, no. Perciò devi metterti tranquilla. Ti siedi, senti un po’ di musica. Vuoi della musica?

VITTORIA         (fissandolo, fatale) – Che strano uomo sei, Pio. Hai un tuo fascino, un tuo mistero. Non te l’ha mai detto nessuno?

PIO                      Qualcuno me lo dice, ogni tanto.

VITTORIA         La moglie non vale.

PIO                      Le mogli sono negate per trovare misteri nei mariti.

VITTORIA         Nei mariti propri. Perché, nei mariti delle altre…

PIO                      Parli di Luciana?

VITTORIA         Parlo di me. (Insinuante, nari dilatate) Pio, cosa nascondi sotto quella tua fredda maschera di iceberg da salotto?

PIO                      Forse il mar Glaciale Artico. (Vedendola anelante) Ma Vittoria, tu stai poco bene, respiri a fatica. Hai l’asma?

VITTORIA         Ci stai a fare un gioco?

PIO                      Adesso?

VITTORIA         Io levo una cosa a te, tu levi una cosa a me. Io ti levo questa bottiglia… (gli prende la bottiglia di whisky che ha in mano) …tu mi levi una scarpa.

PIO                      Io ti levo una scarpa?

VITTORIA         (con un calcio a vuoto si sfila una scarpa. E toglie a Pio il foulard) – Io ti levo il foulard, tu mi levi…

PIO                      …l’altra scarpa.

VITTORIA         Io ti levo la vestaglia… (Gliela sfila rapida e la butta sul divano) …tu mi levi il reggiseno. (Lo fissa negli occhi)

PIO                      Non l’hai.

VITTORIA         Si vede?

PIO                      Benissimo.

VITTORIA         Ti piace che si veda?

PIO                      Sì… ma fammi capire, Vittoria…

VITTORIA         (vibrante) – Pio, io non so come dirtelo che da tempo…

PIO                      Ecco, così è chiaro, così come l’hai detto ora si capisce benissimo. Anche prima mi era sembrato di capire, è che si teme sempre di fare la figura di quello che si butta nella piscina e poi non c’è l’acqua dentro.

VITTORIA         Io sono una piscina con l’acqua. Tanta. Tuffati, Pio.

PIO                      È che ho una notte presissima, il Toro entra in Venere alle 21,28. (Consulta l’orologio)

VITTORIA         Approfittiamo di un mio momento di fragilità.

PIO                      Approfittiamone, non dico di no…

VITTORIA         (lo prende decisa per mano e lo tira verso la camera in fondo) – Vieni bell’uomo. Sei bello, lo sai?

PIO                      Ma perché proprio stasera?

VITTORIA         O stasera o mai più. So dove tenete il letto, vieni.

PIO                      Ma Vittoria…

(Inutili proteste. È costretto a scomparire in camera con Vittoria. Quasi subito, provvidenziale, un campanello: due tre suoni insistiti. Dalla camera esce Pio, vestito com’era entrato, e dopo di lui Vittoria, meno vestita di com’era entrata)

VITTORIA         Chi sarà?

PIO                      Non so. È il citofono. Rivestiti, ti prego. (Va in cucina. Lo sentiamo dire al citofono) Sì?… Ma non c’è, non è in casa… Le dico che non c’è. (Pausa) Come urgente? (Cede) Ho aperto, spinga il cancello. (Riappare in scena) È l’ecologo.

VITTORIA         Chi?

PIO                      Non so, dice che è l’ecologo. A quest’ora.

VITTORIA         E tu apri così, di notte, a un ecologo? Va bene credere nella natura…

PIO                       Io credo nell’umanità. Naturalmente, visto che gli altri non ci credono, sono armato. (Mostra una pistola) Rivestiti, non vorrai farti vedere così?

VITTORIA         Tornerai?

PIO                      Copriti. (Le mette sulle spalle la sua vestaglia che era rimasta sul divano)

VITTORIA         Tornerai da me?

PIO                      Mica voglio passare la notte con l’ecologo. Vai.

VITTORIA         Ti aspetto, amore.

PIO                      Sì, ma vai!

(Vittoria scivola via per la porta della camera e la richiude. Ma quando già, oltre i vetri della porta finestra, è comparso Pompeo, che così si accorge della sua uscita)

SCENA IV

Pio e Pompeo

PIO                      (a parte, al proscenio) – Lassù, le stelle, e quaggiù, sopra un pianeta sperduto nell’infinità della notte, il sesso. Oh, eterna pochade! Oh, modesti attori che prendiamo per vera la commedia! (Suono di campanello) Oh, suono di campanello che la fai ripartire. (Va finalmente ad aprire la porta a vetri del fondo, facendo entrare Pompeo)

POMPEO            (un bell’uomo sui trentacinque, ma spiritato, inquieto) – Buonasera. Sono della casa “Ditelo con un fiore”. Devo dire qualcosa alla signora Luciana.

PIO                      Può dire a me, anche senza fiore. Mia moglie non è in casa.

POMPEO            Ah, lei è il marito. Già, non ci conosciamo. Sono l’ecologo di fiducia della signora. Vuole annunciarmi a sua moglie? Con la coda dell’occhio per quella porta ho visto scivolar via una coda di vestaglia.

PIO                      Lei ha l’occhio lungo.

POMPEO            O era lunga la coda. Devo dare delle indicazioni alla signora. Urgenti.

PIO                      Che tipo di indicazioni?

POMPEO            Sui carciofi.

PIO                      Ah, non lo dite solo con i fiori?

POMPEO            Trattiamo anche ortaggi. Per associazione con l’anticrittogamico che abbiamo dato alle rose, si sta sviluppando un’epidemia galoppante di trakomas ai carciofi, che potrebbe provocare un vero disastro ecologico all’intera zona.

PIO                      Non si potrebbe rimandare a domani?

POMPEO            I disastri non aspettano. Ho l’antidoto in macchina e va irrorato di notte in concomitanza con la rugiada. Se mi chiama la signora…

PIO                      Forse non sono stato abbastanza chiaro. Non c’è.

POMPEO            Vuol dire che l’aspetto. La signora sapeva della mia visita.

PIO                      Se ne sarà dimenticata, è uscita improvvisamente. Potrebbe rientrare molto tardi, lei capisce…

POMPEO            (malizioso, curioso, anche perentorio) – Io ho capito una cosa sola: stavate andando a letto e vi ho disturbati.

PIO                      Come si permette? Io non stavo andando a letto per niente.

POMPEO            Giusto. Subito dopo i pasti fa male.

PIO                      Non ho mangiato.

POMPEO            Meglio, perché i più begli infarti si registrano nella coincidenza della digestione con la cupola.

PIO                      Cupola?

POMPEO            L’amplesso carnale.

PIO                      (seccato) – Si dice copula.

POMPEO            Copula? Chi lo dice?

PIO                      Tutti.

POMPEO            Ogni giorno se ne impara una nuova. Sono arrivato così da poco che…

PIO                      Per me se ne può anche andare.

POMPEO            Non qui. Sono arrivato da poco alla cupola.

PIO                      Copula.

POMPEO            Che strana parola. Sì, sono ancora un principiante. Ma credo che ne andrò pazzo. Ne sono un maniaco.

PIO                      Ah, adesso è chiaro.

POMPEO            Un’educazione retriva mi aveva tenuto casto fino all’anno scorso. Da gennaio ho buttato le mutande alle ortiche.

PIO                      Gesto poco ecologico per le ortiche, ma ha fatto bene a decidersi.

POMPEO            Non potevo più sentirmi emarginato dal discorso sessuosociologico, lei capisce.

PIO                      No, ma mi sembra giusto.

POMPEO            E voglio prendermi gli arretrati. Trovo l’eros entusiasmante. Si dice eros?

PIO                      Sì.

POMPEO            Pensi al petto delle donne.

PIO                      Non ora, non ho tempo.

POMPEO            Consideri quelle due meravigliose protuberanze. Pensi se le avessero al posto delle orecchie. Invece le hanno proprio lì, e ci fanno impazzire. Io trovo sia questo il segreto dell’eros: le cose giuste al posto giusto.

PIO                      Bo’… uno dei tanti diversivi praticati sul pianeta Terra. Ma l’uomo sta diventando sempre più intelligente, presto sarà tutto testa e niente sesso. Ha presente i marziani? Un cervellone così e un affarino così. (Indica l’ultima falange del mignolo) Mi spiace per lei.

POMPEO            A me spiace per le signore. (Preoccupato) Ma è solo fantascienza?

PIO                      La fantascienza non è che prescienza della scienza. Ne è prova l’attuale parossismo erotico. L’umanità sta lanciando il suo ultimo acuto prima di stramazzare sul letto dell’impotenza. Presto saremo solo testa.

POMPEO            Un cervellone così, e un pisellino… (Indica il mignolo, avvilito)

PIO                      Comunque l’evoluzione è lenta, quando dico “presto” parlo di secoli. Lei ha un cervello ancora molto piccolo, si tranquillizzi.

POMPEO            Mi solleva da un peso.

PIO                      (per chiudere) – Allora, stabiliti i nuovi rapporti cervelli piselli…

POMPEO            Restano i carciofi, per i quali attenderò sua moglie.

SCENA V

Pio, Pompeo e Vittoria

POMPEO            (Dalla camera compare Vittoria completamente rivestita. Pompeo ne è gioiosamente sorpreso, quasi festante, vedendola) – Ma non è sua moglie! Lei non stava andando a letto con sua moglie, lei si portava a letto un’altra! Oh, che bravo! L’abbraccerei!

PIO                      (seccato) – Signore, sono le 21,27. Fra un minuto io ho un appuntamento di sopra. Per il trakomas ai carciofi può dire alla signora, che è una cara amica di mia moglie. (Si avvia per la scaletta, indossando la vestaglia che Vittoria gli ha riportato)

VITTORIA         E noi due, Pio?

PIO                      Abbiamo davanti tutte le notti della vita.

VITTORIA         Non ceni?

PIO                      Dopo. Ora ho Aldebaran. Se hai appetito ci dev’essere qualcosa in frigorifero.

VITTORIA         Ti porto su qualcosa? (Pio non le risponde, scompare in alto) Io ho appetito.

SCENA VI

Pompeo e Vittoria

POMPEO            Anch’io. Da quando nutro l’appetito sessuale, trovo che l’altro appetito è in aumento.

VITTORIA         Si sta invitando a cena?

POMPEO            No, io sono qui per il trakomas ai carciofi.

VITTORIA         Che piatto è?

POMPEO            Non è un piatto, è un’informazione ecologica che devo alla signora Luciana. Proprio vero che non c’è? Non è nascosta da qualche parte?

VITTORIA         No. È andata a casa mia.

POMPEO            A casa sua? È lontana da qui, casa sua?

VITTORIA         Cinque ville più sotto.

POMPEO            Quindi tornerà presto.

VITTORIA         Dipende. Più lei resta qui e più Luciana tornerà tardi.

POMPEO            Non capisco.

VITTORIA         Non glielo posso spiegare. Ma finché io non ho libero il campo, Luciana non torna. Comunque, mentre mangio, può rimanere. (Va in cucina. Dalla cucina) Accidenti al frigorifero! Ci sono solo quattro pomodori e tre peperoncini secchi.

POMPEO            Il suo appetito ha poca fantasia. Se trova le penne può farsi due penne all’arrabbiata.

VITTORIA         (dalla cucina) – Già, coi peperoncini.

POMPEO            A me vengono certe idee dai peperoncini! (Al proscenio) Ah sesso sesso, sconvolgente scoperta! Oh donna che mi inviti e respingi, mi attrai e intimorisci!

VITTORIA         (dalla cucina) - Ma con chi sta parlando?

POMPEO            Era un “a parte”, come a teatro. Parlavo di sesso, naturalmente.

VITTORIA         (c. s.) – Lei pensa molto al sesso.

POMPEO            Sì, ho avuto un’infanzia difficile fino ai trentacinque, ora mi devo prendere gli arretrati. Certo l’approdo alla maturità sessuale è stato penoso. Non mi decidevo, ebbi un duro noviziato con bambole di gomma.

VITTORIA         (c. s.) – Se l’è fatta anche con le famose bambole? Ma non vanno più.

POMPEO            Infatti. Si sgonfiavano sempre. All’impatto, piiif, andavano a terra. La valvola non teneva. Me le aveva prescritte uno psichiatra della mutua, bambole della USL.

VITTORIA         (c. s.) – Trovate le penne!

POMPEO            Bene, metta su l’acqua. Disgustato dalle bambole, la notte di fine anno le buttai dalla finestra e decisi di passare alla donna.

VITTORIA         (affacciandosi dalla cucina) – Le piacciono molto forti?

POMPEO            Di coscia soda e con i seni come provoloni.

VITTORIA         Dicevo se le penne all’arrabbiata le piacciono forti. Sto preparando il sugo.

POMPEO            Anche: belle grintose. Ma non si disturbi per me.

VITTORIA         Visto che rimane, non vuol farmi compagnia? Si mangia due penne e se ne va. (Rientra in cucina)

POMPEO            Per lei il momento più bello qual è?

VITTORIA         (dalla cucina) – Forse dopo i primi bocconi, quando la bocca si è assuefatta al peperoncino.

POMPEO            Non delle penne: il momento più bello della cosa più bella?

VITTORIA         (c. s.) – Ah, io trovo tutto così bello!

POMPEO            Per me penso sia il crescendo, il gran finale.

VITTORIA         L’orgasmo. (Entra perché sta suonando il telefono)

POMPEO            Eh?

VITTORIA         Si dice orgasmo.

POMPEO            Davvero?

VITTORIA         Giuro.

POMPEO            Ogni giorno se ne impara una nuova.

VITTORIA         (al telefono) – Ah, sei tu?… No, non ancora, “il piacere non ha fatto il suo dovere”. Quasi c’eravamo, poi… E dammi tempo, Luciana!

POMPEO            Luciana?! (Al nome ‘Luciana’ strappa il ricevitore a Vittoria e parla lui) Luciana!… Io, sì… Tu lì?! Io qui… Lo so, ho un pied-à-terre impossibile, fuori mano… Non ti vedevo arrivare, scusa, come potevo pensare che ti saresti decisa proprio stasera? Non ti decidevi mai, e così mi sono deciso io… e ora tu sei lì da me, e io sono qui da te. (Pausa) Ma almeno ora so che non sei qui con lui. Non devi più essere sua!… Sì, pazienterò, non gli dirò ancora nulla… No, mi sono finto ecologo, non sospetta minimamente, figurati, è di sopra con un certo Aldebaran, credo sia un omosessuale arabo… È una stella, dici?… Ah, hai un marito astronomo… No, no, aspettami lì, ti raggiungo io… Subito. No, non muoverti, corro io, amore! Lucci Lucci… (Bacini, carinerie, miagolii di commiato, e riattacca. A Vittoria, passata di sorpresa in sorpresa) Doveva aggiungere qualcosa?

VITTORIA         (stupitissima) – Basta quello che ha detto lei. Eccolo qui l’autobus che non voleva perdere. Lei è l’amante di Luciana.

POMPEO            Siamo lì lì, dovrebbe accadere. Anzi, dovrebbe già essere accaduto. La mia impazienza e un pied-à-terre troppo lontano hanno portato un ritardo. Ma ora la raggiungo e consumeremo. Si dice consumare?

POMPEO            È un po’ tecnico e triste. Va di più scopare. (Quasi a se stessa) Dunque Luciana non è da Gianfilippo.

POMPEO            (sospettoso) – E chi è Gianfilippo?

VITTORIA         Mio marito. Voglio dire, che bisogno aveva Luciana di raccontarmi una storia? Perché, lasciandomi qui con l’incarico di sedurle il marito, dirmi che andava a casa mia?

POMPEO            Da tre mesi Luciana ha questa idea fissa: non vuole essere mia se prima suo marito non sarà di un’altra. Dice che vuole sentirsi la coscienza a posto. Pretende questo alibi preventivo, il pareggio anticipato della sua bilancia dei tradimenti.

VITTORIA         E lei aspetta?

POMPEO            Stasera le avevo dato un ultimatum: se Luciana non fosse stata mia prima dell’alba, avrei rivelato tutto al marito. Corro da Luciana, le lascio il campo, sì che lei possa mettere in pareggio la bilancia dei tradimenti, posto che non l’abbia già fatto.

VITTORIA         No, perché è arrivato lei. Quante complicazioni, povera Luciana.

POMPEO            Sì, è una donna rimasta troppo a lungo emarginata dal discorso sessuosociologico.

VITTORIA         Anche lei frequenta parrucchieri per signora?

POMPEO            Io sono, parrucchiere per signora. (Si presenta) Pompeo Piombi, da “Gaetano e Pompeo”. Arrivederla, raggiungo il mio amore.

(Ma è bloccato da un evento inatteso: Pio, seccatissimo, scende per la scaletta di corsa, quasi spingendo davanti a sé una ventenne molto sexy, Lesbina)

SCENA VII

Pompeo, Vittoria, Pio e Lesbina

PIO                      Possibile che non mi riesca di vedere in pace l’eclissi di Aldebaran?! (Alla ragazza che, vedendo Vittoria, si è bloccata sulla scaletta) Scenda, la prego.

VITTORIA         (molto sorpresa) – Lesbina!…

LESBINA           Buonasera, signora.

PIO                      Me la sono vista comparire di sopra.

VITTORIA         (a Lesbina) – Ma ha lasciato i bambini soli?!

PIO                      È il meno, per i bambini c’è Luciana.

VITTORIA         Allora Luciana è a casa mia?!

PIO                      Ce l’ha ripetuto tutta la sera che andava a casa tua.

POMPEO            È a casa sua? Veramente?

LESBINA           (mente, per i motivi che sapremo) – Sì.

PIO                      Sììì! (A Pompeo) Non so perché lei si ostini a credere che mia moglie sia qui! (A Vittoria) E la tua baby-sitter è da noi. Venuta per vedere la televisione.

VITTORIA         La televisione?!

LESBINA           Siccome il televisore di casa si è guastato.

PIO                      Quello che non riesco a capire, signorina, è perché lei, per vedere la tivù qui sotto, sia passata da sopra.

LESBINA           Perché arrivando dal giardino ho visto qui dentro la signora e temevo che mi facesse le solite domande: e perché sono venuta, e i bambini adesso chi li guarda…

POMPEO            Piuttosto, come ha fatto ad arrivare sopra senza passare di qui?

PIO                      (seccato) – Mediante una scaletta esterna che tengo come uscita di sicurezza per andarmene di casa quando in casa ci sono seccatori.

POMPEO            E così lei, per evitare i seccatori di casa, si fa raggiungere da certe belle seccatrici di sopra. Curioso, curioso… (Sorride furbo)

LESBINA           Io non vorrei perdere tempo. Siccome stasera su canale 10 c’è “Pannella intimo”, una candid-camera piazzata sotto il letto di Marco…

PIO                      (a Vittoria) – Ti prego: perché io possa finalmente posare il mio occhio su Aldebaran, accompagna la tua baby-sitter nella stireria oltre la cucina, dove c’è un televisore di servizio. Legala davanti a “Pannella intimo” e state buoni tutti o divento radicale. (Li squadra feroce)

VITTORIA         (avviandosi) – Bene, poi ti porto su due penne. Voglio vedere anch’io Aldebaran.

(Gli strizza l’occhio, ed esce con Lesbina a destra)

SCENA VIII

Pompeo e Pio

PIO                      (appena le donne sono uscite, anziché risalire alla torre, si avvicina deciso a Pompeo) – Signore, ho bisogno di lei. Ho intuito che lei ha intuìto.

POMPEO            Me ne sono accorto fin dal primo momento. Lei e la signora… (Unisce i due indici)

PIO                      No, io e la ragazza.

POMPEO            Ah, la ragazza che sale a lei per scale segrete. Naturale…!

PIO                      Tutto iniziò un pomeriggio. La vidi davanti alle vetrine della mia galleria. Per farle un complimento le dissi: “Non è vietato l’ingresso, signorina”. Entrò e mi buttò su un letto Impero privo di materasso. Mi alzai che avevo la schiena a pezzi. Da allora è un amore folle!

POMPEO            Senti senti! Dunque lei ha un’amante?!

PIO                      Sì.

POMPEO            Lei cioè ammette di avere un’amante?

PIO                      Perché, è proibito?

POMPEO            Anzi.

PIO                      E amante nel senso più letterale del termine: infatti è lei che ama me. Mi raggiunge sulla torre tutte le notti. Riempie di camomilla i bambini della signora là, e stacca.

POMPEO            Altro che omosessuale arabo.

PIO                      Come?

POMPEO            Altro che stelle!

PIO                      Lei è il mio cielo stellato, lei il mio paradiso. Ma stasera all’orizzonte è spuntata una nube: l’altra donna, Vittoria. Mi vuol sedurre, non so perché.

POMPEO            Già, lei non sa perché.

PIO                      Ho addirittura pensato che mia moglie l’abbia lasciata qui per controllarmi. Solo che, anziché controllarmi, quella donna ha perso il controllo. E a me non va.

POMPEO            A lei va l’altra. Cioè qui, perché lei abbia un’amante, si rischia che lei non abbia neppure l’amante che ha già.

PIO                      Meglio: perché io non abbia un’amante, si rischia che ne abbia due.

POMPEO            Con grande gioia di sua moglie.

PIO                      Lei vuole scherzare. Guai se mia moglie sapesse! Dice che la notte le fa un effetto afrodisiaco…

POMPEO            A sua moglie?

PIO                      Non pensi sempre a mia moglie, lei! Questa, Vittoria, dice che la notte le fa un effetto afrodisiaco, che si sente come una leonessa nella savana africana.

POMPEO            Un effetto afro-afrodisiaco.

PIO                      Ora, da uomo a uomo: Vittoria è una donna aperta, senza tabù. Visto che lei ha buttato le mutande alle ortiche, ha degli arretrati da prendersi e si trattiene qui… (Ci ripensa) Già, ma lei perché si trattiene qui?

POMPEO            Io?

PIO                      Guardiamoci negli occhi, giovanotto. Alla storia del trakomas ai carciofi io non ho mai creduto. Lei è qui per ben altro.

POMPEO            (sfidante) – L’ha capito finalmente!

PIO                      Eh sì che l’ho capito.

POMPEO            Meglio, così giochiamo a carte scoperte. Ebbene sì, signor Pio Fidelio, io sono qui per…

PIO                      Per Vittoria, chiaro!

POMPEO            (casca dalle nuvole) – Io, per Vittoria?!

PIO                      Non neghi. Lei non può che essere l’ultimo amante di Vittoria. Gianfilippo stasera l’ha cacciata di casa, mia moglie stasera ha dovuto correre a consolare Gianfilippo, lei stasera è capitato qui. È chiaro, vi siete dato appuntamento qui. Non neghi.

POMPEO            Non nego.

PIO                      Quindi Vittoria non è qui per controllare me, ma per sollazzare lei. Incredibile! Io la pregavo di tenermi a bada Vittoria e lei ne è già l’amante! E allora la nostra casa è la vostra casa, la nostra alcova è la vostra alcova. Amatevi! La prego, ami la sua amante!

POMPEO            Così lei potrà amare la sua.

PIO                      È l’aiuto che le chiedo. Appena finito “Pannella intimo”, qui il campo deve essere sgombro.

POMPEO            Per lei e la ragazza. Ci penso io.

PIO                      Le sarò eternamente grato. Salgo. (Si avvia per la scaletta)

POMPEO            Alle stelle!

PIO                      Per aspera ad astra!

(Scompare in alto)

SCENA IX

Pompeo e Vittoria

POMPEO            Incredibile: il marito della mia quasi-amante mi prega di rimanere con colei che lui crede la mia amante perché egli possa rimanere con la sua amante, di cui la mia quasi-amante, sua moglie, ignora l’esistenza, se no sarebbe già la mia amante, e senza bisogno di fare tutta questa commedia. Devo metterla al corrente, ma dove trovarla? (Forma un numero al telefono. Resta in attesa alla cornetta) Non c’è, non risponde.

VITTORIA         (entrando) – Chi?

POMPEO            Luciana.

VITTORIA         Lei conosce il numero di casa mia?

POMPEO            Ho fatto il numero del mio pied-à-terre. (Riattacca)

VITTORIA         Non capisco perché, se Luciana è a casa mia.

POMPEO            Non voglio crederci. Mi avrebbe mentito. Perché, se mi ama? (Pausa) Che tipo è suo marito, scusi?

VITTORIA         Capace di tutto. Intendiamoci, a me basta che lasci in pace la baby-sitter, poi…

POMPEO            Per la baby-sitter può stare tranquilla, è l’amante dell’astronomo.

VITTORIA         Non è possibile, è del Collettivo Lesbo.

POMPEO            Che vuol dire? Anch’io, in un periodo nebuloso della mia esistenza, fui iscritto al Fuori. È la sua amante, me l’ha detto lui poco fa.

VITTORIA         Pio ha un’amante?

POMPEO            Si danno appuntamento tutte le notti sulla torre.

VITTORIA         E i bambini?!

POMPEO            Si beccano la camomilla.

VITTORIA         Con tutte le donne che ci sono, doveva mettersi con quella sgualdrinetta!

POMPEO            Già, che se lui aveva in mente la sgualdrinetta, per lei sarebbe stato difficile sedurlo.

VITTORIA         Oh sa, quando mi va di portarmi a letto un uomo, io batto le sgualdrinette.

POMPEO            Non ne dubito, non volevo offenderla. A proposito, l’astronomo ci crede amanti. Non ha saputo giustificare la nostra comune presenza qui, se non col fatto che siamo amanti.

VITTORIA         In effetti, possiamo dare questa impressione. Signore…

POMPEO            Mi chiami pure Pompeo.

VITTORIA         Pompeo, dobbiamo agire, coglierli sul fatto, perché Luciana abbia la prova che chiede e perché Pio, smascherato, lasci in pace la mia baby-sitter. Per i bambini stasera c’è Luciana, ma non sarà sempre così. Anzi, voglio avere notizie e aggiornarla sugli sviluppi della situazione. (Forma un numero al telefono)

POMPEO            Se la trova, poi me la passi, voglio aggiornarla anch’io.

DAL TELEFONO (voce maschile registrata) – “Attenzione. Questa è la segreteria telefonica di casa Verga. Siamo momentaneamente presenti, ma vogliamo stare tranquilli. Dopo il segnale acustico non lasciate messaggi. Grazie”. (Segnale acustico)

VITTORIA         (riattacca) – È il messaggio che lascia mio marito quando esce e vuol far credere di essere in casa.

POMPEO            O quando è in casa e vuol far credere a lei di essere uscito? Comincio a insospettirmi seriamente.

VITTORIA         Forse ha ragione. Non ci resta che attendere gli eventi.

POMPEO            (è vicino al bar) – Nell’attesa, vogliamo bere qualcosa? Chissà che anche Luciana e suo marito in questo momento non stiano bevendo qualcosa.

VITTORIA         Lei pensa?

POMPEO            Perché lei non pensa? (Prende una bottiglia) Qualcosa che scaldi?

VITTORIA         (misteriosa e felina) – Grazie, a me per scaldarmi basta la notte…

POMPEO            Si sente come una leonessa nella savana, immagino.

VITTORIA         L’ha intuito.

POMPEO            So fare i miei safari. (Le porge un bicchiere, che lei accetta, e la fissa, seduttore)

VITTORIA         (difendendosi, ma non troppo) – Buono, ragazzo.

POMPEO            Scorgo le fragoline rosse dei suoi capezzàli.

VITTORIA         Si dice capezzoli. Dovresti fare un corso d’aggiornamento di idioma sessuale. Bambinone! Così maschio e così inesperto.

POMPEO            Avido dell’esperienza nuova.

VITTORIA         (scompigliandosi i capelli) – Non pensi già più a Luciana, bel mascalzone?

POMPEO            Mi ha mentito. Ci ha mentito.

VITTORIA         Ma non si fa l’amore per vendetta.

POMPEO            No, si fa per gioia. Puro frui.

VITTORIA         Frui, dove l’ho già sentito?

POMPEO            Frui è giusto, non insista, l’ha detto anche per radio Dacia Maraini in una tavola rotonda su “valva e potere”.

VITTORIA         Vulva, vulva.

POMPEO            Vulva? Sarà. Frui è la gioia per la gioia.

VITTORIA         La gioia per la gioia… Non può essere offensivo neppure per le migliori amiche, se fatto così.

POMPEO            Ça va sans dire, basta non dirlo.

VITTORIA         Ma non qui… (Dopo un lungo bacio, un braccio alzato a indicare la camera da letto) …là!

POMPEO            Fruiamo, micia del Kilimangiaro. (scompaiono in camera)

SCENA X

Pompeo, Lesbina e dalla camera Vittoria

LESBINA           (arriva dalla camera, viene avanti guardinga in direzione non si capisce bene se della scaletta o della camera in cui sono appena entrati Vittoria e Pompeo e da cui ora esce Pompeo, per prendersi il bicchiere suo, quello di Vittoria e una bottiglia di liquore. Lesbina lo affronta) – Dunque, hai osato!

POMPEO            Tu piuttosto: ho saputo perché sei qui.

LESBINA           Sono qui per controllarti. Vergogna, metterti con una donna! L’eterosessualità è funzionale al sistema, lo sai.

VITTORIA         (dall’interno) – Ma Pompeo, non vieni?

LESBINA           E nel frattempo ti metti anche con questa. Ah, gay traditore!

POMPEO            Sapessi cos’è la donna, Lesbina…

LESBINA           Vuoi che non lo sappia io? Tu devi pensare all’uomo. L’omosessualità è una miccia accesa sotto la società patriarcale.

POMPEO            E tu allora? Se io sto diventando l’amante della moglie è grazie a te, che sei già l’amante del marito.

LESBINA           Quale marito?

POMPEO            Quello di sopra. (Indica verso la scaletta)

LESBINA           Sei pazzo!

POMPEO            Non a caso, per venire a controllare me, passi per le scale che salgono a lui.

LESBINA           Ma tu sei pazzo! L’ho fatto per evitare quella là, la mia signora. Non sapevo che sopra ci fosse lui. E gliel’ho anche detto, sai, che sei qui per sua moglie.

POMPEO            Bene, così abbiamo anticipato i tempi.

LESBINA           Tu non sarai di quella donna!

VITTORIA         (dall’interno) – Ma Pompeo, non vieni?

POMPEO            Intanto sarò di quest’altra.

LESBINA           Quanto sei genitale!

POMPEO            (verso la stanza) – Vengo, amore…

LESBINA           Ti denuncerò ai probiviri del Fuori! (Pompeo scompare nella camera. Lesbina, con un sorriso furbo) Ti ho giocato, ingenuo maschilista! Fra poco qui arriverà il marito imbecille di quella là dentro, che mi vien dietro come una scimmia in calore. E se ti trova con sua moglie, e se con sua moglie ti trova anche la moglie del beccaccione di sopra, ci sarà da divertirsi. Così la pagherete tutti e quattro, eterosessuali del cacchio! Ma andiamo a vedere cosa fa Pannella in candid-camera.

(Esce. Come Lesbina esce a destra, dalla porta in proscenio a sinistra compare Gianfilippo, sulla quarantina, rotondetto, occhialuto. Quasi simultaneamente dalla porta a vetri del giardino arriva Luciana. I due si bloccano, sorpresi l’uno dell’altra)

SCENA XI

Gianfilippo e Luciana

GIANFILIPPO   Oh.

LUCIANA          Oh.

GIANFILIPPO   Ciao. Un po’ che non ci si vede. (Si stringono la mano, imbarazzati)

LUCIANA          Come va?

GIANFILIPPO   Bene, e tu?

LUCIANA          Sei qui… con tua moglie?

GIANFILIPPO   No, Vittoria è rimasta a casa. Sai, di sera non esce volentieri. I bambini erano soli, la baby-sitter stasera non s’è vista. E io mi sono detto: perché non fare una scappata a trovare i miei amici? (Pausa) Vittoria dice di salutarti. Dice sempre: un giorno o l’altro devo fare una scappata da Luciana, abitiamo a due passi e non ci vediamo mai.

LUCIANA          Pio l’hai visto?

GIANFILIPPO   Sì, l’altro ieri, davanti al suo negozio. Mi fa: “Mica è vietato l’ingresso, giovanotto”.

LUCIANA          Dico se l’hai visto qui stasera.

GIANFILIPPO   Qui?

LUCIANA          Sei imbarazzato, Gianfilippo. Forse hai dovuto assistere a qualche scena spiacevole?

GIANFILIPPO   Io?!

LUCIANA          Pio mi è stato fedele per anni, dopo tutto è comprensibile.

GIANFILIPPO   No no, mi ha semplicemente fatto vedere un comodino fine ‘700 e siamo usciti dal negozio. Niente di spiacevole.

LUCIANA          Non dico l’altro ieri, dico stasera. Forse avete avuto una discussione. Tu magari l’hai colto in un momento imbarazzante per te, per Vittoria…

GIANFILIPPO   No no.

LUCIANA          (dopo una pausa) – Parlando d’altro, hai visto per casa un tipo forte, deciso, un gran fico?

GIANFILIPPO   Un gran fico, in casa mia?

LUCIANA          In casa qui!

GIANFILIPPO   Ma io come faccio ad aver visto tutte queste cose? Io sto arrivando adesso, Luciana.

LUCIANA          E dillo subito, scusa.

GIANFILIPPO   E poi non ti capisco, tu sei qui in casa tua e chiedi a me…

LUCIANA          Anch’io sto arrivando adesso.

GIANFILIPPO   Non stai uscendo?

LUCIANA          Sto rientrando.

GIANFILIPPO   Ma sei vestita per uscire.

LUCIANA          Quando uno rientra è vestito come era vestito per uscire. Non c’è un vestito per rientrare.

GIANFILIPPO   Quindi neppure tu hai assistito a tutte quelle scene spiacevoli di Pio?

LUCIANA          Quali scene spiacevoli? Io chiedevo a te se… (Pausa) E così Vittoria è a casa?

GIANFILIPPO   Credo. Di queste cose non si è mai sicuri. Tu sei sicura che Pio sia in casa? Sei rientrata adesso… Oh, Luciana, non fare complimenti, mettiti pure in libertà.

LUCIANA          Grazie, resto così.

GIANFILIPPO   Vestita per rientrare. (Pausa) Luciana, se permetti, dài l’impressione di non voler andare in camera tua. Magari temi di trovarci Pio che fa quelle cose spiacevoli col fico…

LUCIANA          Ma cosa vai a pensare! No, è che, siccome Pio si era ritirato in camera sua con una forte emicrania, non volevo disturbarlo, ecco.

SCENA XII

Gianfilippo, Luciana e Pio

PIO                      (compare dalla scaletta. Scende rapido e seccato) In tutto il cielo c’è una nuvola sola, grande come un fazzoletto: nossignore, s’è piazzata proprio davanti al Toro. Ciao Gianfilippo. (Passando vicino a Luciana, sottovoce) Perché ti sei portato quest’imbecille?

LUCIANA          (sottovoce) – Non me lo sono portato, ci è venuto da sé.

GIANFILIPPO   Passata l’emicrania?

PIO                      Come?

LUCIANA          Sì, avevo detto a Gianfilippo che non volevo entrare in camera per non disturbarti, pensando ci fossi tu con l’emicrania.

PIO                      Ah, tu pensavi ci fossi io con…? (Sorride d’intesa con la moglie) Eh già, tu la conosci bene… “l’emicrania”. Ah, mi hai lasciato qui in bella compagnia, bella amica!

GIANFILIPPO   Amica? L’emicrania?

PIO                      Sì, familiarmente la chiamiamo così. (Strizza l’occhio a Luciana) Mi ha letteralmente assalito, l’avessi vista!

GIANFILIPPO   Be’, l’emicrania lo fa.

LUCIANA          (che ha capito di chi sta parlando Pio) – E tu?

PIO                      E io cosa volevi che facessi?

GIANFILIPPO   Hai provato con una cibalgina?

LUCIANA          Leggera è leggera, d’accordo…

GIANFILIPPO   Se è leggera, mezza compressa.

LUCIANA          …ma anche tu, come tutti, avrai finito per prenderla.

PIO                      Sapevo che avresti chiuso un occhio…

LUCIANA          Dunque bisogna concludere che anche un uomo come te, tutto d’un pezzo, con l’aria che tira oggi…

GIANFILIPPO   Sì, devi stare più riguardato, queste giornate di maggio sono insidiose.

LUCIANA          …bisogna concludere che anche tu, tu al di sopra, tu dalle vedute distaccate e cosmiche, al dunque anche tu ti sei comportato come tutti!

PIO                      (divertito) – Ma no…

LUCIANA          Ma sì!

(Sbotta in una scena di gelosia. Vuol bruciare le tappe, smascherare l’adulterio del marito con Vittoria, che crede avvenuto, per creare una copertura “morale” al proprio)

Alla prima occasione anche tu, uomo incrollabile, ti sei preso l’emicrania! Ebbene, Pio, a questo punto ti devo dire una cosa.

PIO                      Che mi perdoni, lo so, me l’hai ripetuto anche stasera prima di uscire; ma ti devo dire una cosa io…

LUCIANA          (prosegue imperterrita) – Ti perdono, sì, ma anche ne faccio una questione di principio: perché l’uomo sì e la donna no? Perché se ti prendi l’emicrania tu non dovrei prendermela anch’io? Perché la bilancia delle emicranie deve pendere sempre dalla parte del maschio fallocrate? Ebbene Pio, voglio metterti alla prova, farti sapere finalmente una cosa. Una cosa che ti devo dire… da oltre un mese.

PIO                      No, sei tu che devi sapere la cosa che non mi lasci dire da dieci minuti: io non me la sono presa per niente.

GIANFILIPPO   Non ha l’emicrania.

PIO                      Ha escogitato di tutto, cose inenarrabili, africane. Ma io niente.

LUCIANA          (crolla a sedere) – Non te la sei presa?! E adesso dov’è l’emicrania?

PIO                      In camera nostra. Figurati, proprio mentre non sapevo più che pesci pigliare, come liberarmi di lei, si presenta qui un mezzo cretino, uno che non vuole sentirsi emarginato dal discorso sessuosociologico, parole testuali del cretino, e l’ho rifilata a lui.

GIANFILIPPO   (smarrito) – Ma scusate, per voi cos’è l’emicrania?

LUCIANA          (vacilla) – Emarginato dal discorso sessuosociologiso!…                      

(Si abbandona sul divano con un gridolino)

PIO                      Luciana, che ti succede?

LUCIANA          Gianfilippo, un bicchier d’acqua…

(Gianfilippo si avvia verso la cucina. Appena è uscito, Luciana sembra riprendersi)

Hai detto che Vittoria, la moglie di quel cretino, è in camera… con chi?

PIO                      Con un altro cretino, col suo ultimo amante. Del resto tu lo conosci, ha insistito per vederti, dice di essere il tuo ecologo di fiducia.

GIANFILIPPO   (affacciandosi dalla cucina) – Ci sarebbero delle penne scotte.

PIO e LUCIANA (insieme) – Un bicchier d’acqua, cretino!

GIANFILIPPO   Provvedo.

(Scompare)

LUCIANA          Le penne! Loro di là nel nostro letto, e tu ti facevi le penne! Ih! Ihhhh! (Pianto isterico e susseguente svenimento)

GIANFILIPPO   (rientra con un bicchier d’acqua) – Ma cosa le succede?

PIO                      Che ne so, le penne, l’emicrania…

GIANFILIPPO   (con un sorriso furbo) – Eh, lo so io che emicrania c’è di là, porco.

PIO                      (mentre spruzza dell’acqua in faccia alla moglie per farla rinvenire) – Oh, l’hai capito! Meglio così. Sei qui per lei?

GIANFILIPPO   Sì, porco. Amici come siamo, però…

PIO                      Io c’entro fino a un certo punto. Comunque non devi infierire, è una donna fatta così, è un’istintiva. Chiudi un occhio anche stavolta e non se ne parli più.

GIANFILIPPO   Ma di chi parli?

PIO                      Di Vittoria.

GIANFILIPPO   (sorpreso) – E che ha fatto?

PIO                      Non so. Lo saprai tu che l’hai cacciata di casa.

GIANFILIPPO   Io? Quando?

PIO                      Oggi. S’è rifugiata da noi.

GIANFILIPPO   (terrorizzato) – Mia moglie è qui?! Nascondimi, presto!

(Corre come un pazzo, tenta di rifugiarsi nella camera da letto dove c’è Vittoria. Pio riesce a bloccarlo)

PIO                      No, lì no!… Ma perché vuoi nasconderti? Che ti prende?

GIANFILIPPO   È tutta una sua manovra, non capisci? Vittoria è diabolica. Ha detto che l’ho cacciata, per trovarsi qui, per fare venire qui Lesbina e cogliermi sul fatto.

PIO                      Che c’entra Lesbina?

GIANFILIPPO   Pio, quella ragazza mi è entrata nel sangue!

PIO                      Ah, sei qui per Lesbina?

GIANFILIPPO   La seguo dovunque. Lei non vuole più saperne di rimanere in casa. Stasera l’ho vista venire qui, scavalcare il cancello… Perché è qui? Mandata da Vittoria, evidente. Non mi dirai che è qui per te, non sarà lei l’emicrania, porco?

PIO                      Piantala col porco. È qui perché avete il televisore guasto.

GIANFILIPPO   L’ho guastato apposta.

PIO                      Bravo, bella pensata.

GIANFILIPPO   Voleva vedere cosa fa Pannella in camera. Vuoi mettere quello che può fare in camera Pannella con quello che posso fare io?

PIO                      Imparagonabile.

LUCIANA          Figuriamoci!…

GIANFILIPPO   Si è ripresa. (Allude a Luciana che infatti si è seduta sul divano e sta seguendo i discorsi dei due) Quando su canale 10 ci sono spettacoli sexy in candid-camera, quella ragazza non si riesce a schiodarla dal video. Dov’è ora?

PIO                      Inchiodata davanti al video. (Indica a destra)

GIANFILIPPO   La raggiungo, e la porto via di qui. (Va, poi si ferma) Oh, ma Vittoria dov’è?

PIO                      In quella camera, al sicuro. (Indica in fondo)

GIANFILIPPO   Se mi vede, che le diciamo?

PIO                      Chiedile tu perché è qui lei. In fondo lei è venuta prima di te.

GIANFILIPPO   Buona idea.

PIO                      Anzi, a tua difesa e a scanso di equivoci: se vedi per casa un tale con un cervello così (indica il mignolo), non pensare che sia l’amante di Lesbina, o l’amante di Luciana, o l’amante mio: è appunto l’aman…

GIANFILIPPO   È il fico!

SCENA XIII

Gianfilippo, Luciana, Pio e Lesbina

LESBINA           (sulla battuta irrompe in scena) – È un traditore! Pannella, è un traditore! È un etero anche lui! L’abbiamo smascherato!

GIANFILIPPO   Ecco, è finito lo spettacolo.

LESBINA           (a Gianfilippo) – Benarrivato, lei. Devo giusto dirle due cosine.

GIANFILIPPO   Anch’io devo dirti due cosine…

LESBINA           Lei quando parla di cosine sono sempre cosine genitali.

PIO                      Per carità! Cosine genitali qui, mai! Saresti sospettabilisssimo. Vai a esporle di là. (Cerca di respingerlo verso la cucina)

GIANFILIPPO   Sì, sì, vieni, Lesbina!

LESBINA           Momento, prima devo dire una cosa alla signora. (A Luciana) Signora, lei sa chi c’è in quella camera? (Indica in fondo)

LUCIANA          (avvilita) – Lo so, grazie.

LESBINA           (a Gianfilippo) – E lei lo sa?

GIANFILIPPO   C’è mia moglie.

LESBINA           Non intende smascherarla?

GIANFILIPPO   È lei che vuole smascherare me.

LUCIANA          Penserò io a smascherarla, andate.

LESBINA           Benissimo. Oh, signora: la avverto che ho fatto sapere tutto a suo marito, ultimatum compreso. E sono felice di annunciarle che lei ancora non ha le corna.

LUCIANA          Lo so, grazie.

PIO                      Lo sappiamo, grazie.

LESBINA           E che intendono fare?

PIO                      Appena ci lascerete soli decideremo il da farsi.

GIANFILIPPO   Lesbina, andiamo anche noi a fare il da farsi.

PIO                      Di là! C’è una cameretta molto intima! Di là, di là! (Li spinge verso la cucina)

LESBINA           (a Gianfilippo) – Lei non si faccia illusioni, maschio borghese! Il mio ideale è il terzo sesso.

GIANFILIPPO – Credi a me, comincia col primo. (Esce trascinandola via)

SCENA XIV

Pio e Luciana

PIO                      (si avvicina a Luciana, ridendo divertito) – Proprio stasera te ne dovevi andar via, col divertimento che c’è stato! Avessi visto Vittoria: “Hai un tuo fascino, un tuo mistero…”.

LUCIANA          E tu, niente.

PIO – Figurati! Per liberarmene ho dovuto far credere al suo amante di avere un’amante anch’io: visto che c’era qui la baby-sitter… E per lei è arrivato puntuale Gianfilippo. Così li abbiamo sistemati tutti e quattro, due di qua e due di là.

LUCIANA          E noi due in mezzo. Che divertente! (Secca) Pio, ti devo parlare.

PIO                      Passata la bua? (Fa per accarezzarla)

LUCIANA          Ti prego.

PIO                      Sei un amore, stasera. Perché non giochiamo ai fidanzatini sul divano stretto stretto? Si è creata una strana tensione erotica qui in casa.

LUCIANA          (si ribella) – L’amplesso comodo, uxoriale. No grazie.

PIO                      Come dici?

LUCIANA          Perché immalinconirsi sul tramonto, quando il sole è ancora alto? Pio, io non sono una donna spenta, io voglio desiderare ed essere desiderata, godere del mio corpo, gestirlo a mio frui. Presto non saremo che un album di ricordi.

PIO                      Ma che ti prende? Come parli?

LUCIANA          Tu non lo avverti più il miracolo di potermi possedere a ogni istante. Tu ti sei seduto sul matrimonio, ti sei riparato dentro queste vecchie mutande che la civiltà ha fatto infilare al sesso. Ma ce le stiamo levando per sempre!

PIO                      Ma allora è vero! Quello che mi ha detto Lesbina è vero. Il cretino sessuosociologico che è di là con Vittoria è il tuo amante!

LUCIANA          Non ancora, purtroppo. Questa notte doveva segnare una svolta nel mio destino di donna. Stavo per diventare una donna di oggi. Te l’avevo fatto capire in tutti i modi. Visto che tu non ti muovevi, ho saltato io il fossato, ho tratto il dado. Bisogna farlo, Pio! Noi siamo fuori del tempo e il tempo passa. Sì, io voglio un amante! E a questo punto devi sapere tutto.

PIO                      Ma sì, mettiamo gli amanti in tavola.

LUCIANA          Con piacere. (Con decisione improvvisa va verso la camera dove si trovano Vittoria e Pompeo. La apre) Uscite voi due! Fuori! (Nessuno compare. Luciana entra in camera. E torna fuori quasi subito, sorpresa) Ma qui non c’è nessuno.

PIO                      Hai guardato negli armadi, sotto il letto?

LUCIANA          (è rientrata in camera. Dall’interno) – Non c’è nessuno. (Esce) Ti sei preso gioco di me, mi hai teso un tranello ignobile, mi hai fatto credere che Pompeo e Vittoria… Mostro!

PIO                      Visto che volevi dare un’amante a me per poterne avere uno tu, ho pensato di sistemare i nostri amanti fra loro.

LUCIANA          Ma non ci sono.

PIO                      C’erano, ti giuro. Saranno fuggiti insieme. La finestra è aperta, nota. (Si era portato sulla porta della camera a guardar dentro)

SCENA XV

Pio, Luciana, Vittoria e Pompeo

VITTORIA         (arriva dal giardino, sillaba le parole come per un messaggio speciale) – “Il piacere ha fatto il suo dovere…”.

LUCIANA          (è uscita dalla camera, adirata) – Quale dovere? Quale piacere? Cosa dici?

VITTORIA         Non l’ha fatto con me, ma l’ha fatto.

LUCIANA          (con un filo di speranza) – L’hai fatto? Pio, è vero?

POMPEO            (arrivando dalla scaletta della torre) – Dica, astronomo, la stella che si vede con l’anello intorno, è Venere che fa la danza del cerchio o sono i Pesci con la ciambella di salvataggio?

PIO                      Mi ha spostato il telescopio!… Con quello che ci avevo messo a sistemarlo! (Sale di corsa la scaletta, scompare in alto)

SCENA XVI

Luciana, Vittoria e Pompeo

POMPEO            Quante storie, una stella vale l’altra.

LUCIANA          (sarcastica) – Come le donne, vero?

POMPEO            Lucci Lucci, sei qui?!

VITTORIA         Io vado a vedere le penne. (Cerca di svignarsela)

LUCIANA          Tu resti. Voi due: non eravate in quella camera insieme?

POMPEO            L’abbiamo fatto credere a tuo marito, perché se ne potesse stare in pace con la sua amante.

LUCIANA          Ma quale amante!…

VITTORIA         Lesbina.

POMPEO            L’ha detto lui a me che sono amanti. Li avremmo colti sul fatto se te ne stavi qui anche tu, invece di andare da suo marito…

LUCIANA          (a Pompeo) – Ma io sono andata da te.

VITTORIA         No, tu eri a casa mia, l’ha detto anche Lesbina.

LUCIANA          A far che cosa, se tuo marito è qui con Lesbina?

VITTORIA         Gianfilippo qui?!

POMPEO            (a Luciana) – Ma Lesbina è qui per tuo marito, Lucci!

SCENA XVII

Luciana, Vittoria, Pompeo, Gianfilippo e Lesbina

GIANFILIPPO   Per me, tutta per me! (Gianfilippo eccitatissimo, in mutande, irrompe da destra seguendo Lesbina che non sa più come sfuggirgli)

LESBINA           Giù le mani, galletto spennacchiato!

VITTORIA         (si blocca, sorpresa) – Ma guardate quest’imbecille! Ti ho detto mille volte di lasciarle in pace. Fallo con tutte, ma non con le baby-sitter! Fa l’amore così male che devo cambiare baby-sitter ogni otto giorni! Finirà che la sera non potrò più uscire di casa.

LUCIANA          Se è per i bambini non preoccuparti, li ho visti poco fa sotto il nostro letto con le nostre bambine che giocavano al dottore.

GIANFILIPPO   Non è che faccio l’amore male, è che sei gelosa. Io ci provo ancora con le ragazzine e tu segni il passo.

VITTORIA         Io?! Ma guarda qua che passo segno! (Dà una manata sulle spalle a Pompeo) Uno che ha appena scoperto la donna, tutto novità, vigore e fuoco!

LUCIANA          (disperata) – Ma allora è vero?!

LESBINA           Ma sì che è vero! È un traditore della causa! (Indica Pompeo) Lo dirò al Fuori!

LUCIANA          (inveisce contro Vittoria) – Mostro, demonio! Me l’hai portato via, lui che per me sarebbe stato tutto…

VITTORIA         E ora è tutto per me.

LESBINA           Era tutto casa e Fuori!

POMPEO            Sarò tutto per tutte. Un po’ di pazienza, ho appena cominciato.

GIANFILIPPO   Scommetto che è il fico!

POMPEO            Per servirla.

LESBINA           No, Pompeo, torna all’uomo!

VITTORIA         Resta alla donna!

LUCIANA          Alla donna che giuravi di amare.

LESBINA           Mai! Piuttosto, mi sacrifico io: sarai il mio uomo! Il primo!

POMPEO            (raggiante) – Sono due anni che te lo chiedo, Lesbina, fin dai tempi delle bambole di gomma.

LESBINA           Sarò tua!

SCENA XVIII

Tutti in scena

PIO                      (arriva dalla solita scaletta) Ma che succede ancora?

GIANFILIPPO   Storie di amori e di corna…

PIO                      Quando ci libereremo del sesso e delle corna?

LUCIANA          (riprende a lamentarsi) – Lui che era la speranza, il salto qualitativo…

PIO                      Lui chi?

LUCIANA          (squadra Pompeo che è accanto a Lesbina: tentando di farlo ingelosire, con occhi di vendetta si accosta al marito) Tu Pio, tu.

PIO                      Sì, cara. Io cosa?

LUCIANA          È la mia risposta all’ultimatum. Voglio essere tua, subito. Sul divano stretto stretto.

PIO                      (a Pompeo) – Lei vada a capire le donne! L’avesse sentita solo poco fa…

LUCIANA          Prendimi, Pio, prendimi. Prendimi sul divano, prendimi sul tappeto!… (S’abbandona tra le braccia di Pio) Subito, amore!

PIO                      Be’, proprio subito… Lasciamo almeno calare il sipario.

SIPARIO


SECONDO TEMPO

SCENA XIX

Pio e Luciana

La mattina dopo, sul presto. L’ambiente porta i segni della notte, quel diffuso disordine appena avvertibile che c’è nei salotti le mattine “seguenti”. Qua e là piatti e forchette, le penne sono poi state consumate. Su una poltrona due cartelle scolastiche. Luciana e Pio, lei in pigiama, lui in un’elegante vestaglia, devono aver passato la notte a discutere, hanno l’aspetto di chi ha vegliato tra sigarette, caffè e reciproche accuse. Pio, seduto al proscenio, fissa il vuoto. Luciana, in piedi, sta prendendo un ennesimo caffè.

LUCIANA          (dopo un sorso di caffè, continuando il discorso) – Così finisce chi vuol gestire la propria sessualità con un unico partner.

PIO                      Ti dico che è colpa del divano stretto. Io mi batto meglio sul due piazze. (Clackson di pulman dall’esterno)

LUCIANA          Macché due piazze! È che quando l’approccio avviene sempre con lo stesso partner diventa ripetitivo, manca di competitività e arriva la sessuofobia. (Altro clacson)

PIO                      Dev’essere arrivato il pulmino della scuola.

LUCIANA          (dirigendosi a destra, irritata) – Tutte le mattine la stessa storia, la colazione la fanno durare un’eternità. Insomma, bambine!

PIO                      (stancamente, richiamandola) – Le cartelle.

(Luciana ritorna, afferra le due cartelle dalla poltrona e va in cucina. Pio gironzola, sbadiglia. Dalla porta in proscenio a sinistra compare Pompeo. È a torso nudo con un asciugamano legato a gonnellina intorno alla vita. Va deciso verso il fondo)

SCENA XX

Pio, Luciana e Pompeo

POMPEO            Buongiorno.

PIO                      ’giorno. Cerca il bagno?

POMPEO            No. Cerco le mutande. (Giunto alla camera in fondo, apre ed entra chiedendo verso l’interno) Oh, voi, per caso avete visto i miei indumenti?

LUCIANA          (ritorna dalla cucina) – Finalmente le ho spedite.

PIO                      Il tuo amante cerca le mutande.

LUCIANA          E piantala con l’amante! Sì, l’avrei voluto un amante, e non ho che un marito sessuofobo, perché non è stato capace lui di farsi un’amante.

PIO                      Cosa ti è venuto in mente che dobbiamo farci degli amanti? Si viveva così tranquilli.

LUCIANA          Pio, nella civiltà occidentale è in atto un’esplosione copulativa. Esplosione che cresce di pari passo con l’esplosione culturale. Più un popolo è colto e più si libera al sesso.

PIO                      Si vede che io non sono abbastanza colto. L’esplosione non mi ha raggiunto.

(Dalla sinistra, cioè dalla stessa parte da cui era arrivato Pompeo, arriva Lesbina, in mutandine e coprendosi il petto con un cuscino)

SCENA XXI

Tutti in scena

LESBINA           (molto ispirata) – Maschio è bello! Maschio è bello!…

PIO                      Ecco una che è stata raggiunta dall’esplosione.

LESBINA           (a se stessa, sempre ispirata) – Come potrò ora guardare in faccia le compagne del collettivo?

(Si apre la porta della camera in fondo e ricompare Pompeo irritato, seguito da Gianfilippo in canottiera e mutande)

POMPEO            Non riesco a capire dove si siano cacciati!

GIANFILIPPO   Pure io non trovo più i pantaloni.

LESBINA           (va incontro ai due uomini) – Maschio è bello!… Maschio è bello! (Invitante, a Gianfilippo) Gianfi!…

GIANFILIPPO   Dici a me?

LESBINA           Voglio vedere se fai l’amore tanto male…

GIANFILIPPO   (non crede alle proprie orecchie) – No?! Ma vediamolo, vediamolo! Te lo propongo da un mese. Vediamolo subito!

(Lesbina lo prende per un braccio e lo porta verso la camera in fondo, da cui sta uscendo Vittoria)

VITTORIA         (avvolta in un lenzuolo sotto il quale è nuda. A Pompeo) – Amore, dove vai?

POMPEO            A cercare le mutande. (Sale la scaletta che va sulla torre)

VITTORIA         Ma che ti importa delle mutande? (Sale anche lei e scompare in alto con Pompeo) Amore…!

SCENA XXII

Pio e Luciana

PIO                      (dopo che tutti sono usciti) – Molto indaffarato, il tuo perduto amante.

LUCIANA          Per lui è un gioco, gestisce la propria sessualità variando partner.

PIO                      E a te non secca.

LUCIANA          Ieri sera ho avuto un momentaneo rigurgito di gelosia borghese, l’antico sciocco impulso. Ma l’ho superato. Le coppie sono aperte. La coppia che consuma sesso solo in proprio è asociale. Tutti avvertono questo bisogno di rinnovarsi, di riaccoppiarsi. Solo tu, non so perché, non cogli questo recupero della gioia, questa allegria dei nostri corpi liberi. Non ti dice niente la festa di nudo che investe la società, questo rifiorire di seni e di curve?

PIO                      Vedo seni, vedo sederi in fiore, ma la gioia non la vedo.

LUCIANA          La gioia di essere usciti allo scoperto dal chiuso di una morale retriva che li teneva in ombra.

PIO                      In effetti si stavano avviando a un oscuro destino, poveri culi. Ora, come apri un giornale, come vai al cinema, te li trovi davanti, a viso aperto. Solo non ci vedo dentro la gioia. Se mai ci vedo dietro il mercato.

LUCIANA          Che mercato?

PIO                      Non sono solo bandiere di una guerra di liberazione i seni al vento, sono anche merce che va. Altrimenti perché metterebbero un seno nudo in copertina? Perché il seno e non un piede? Cosa c’è nel seno? Se è una cosa qualunque, perché farla vedere? Se non è una cosa qualunque, perché farla vedere?

LUCIANA          E perché non farla vedere? Sdrammatizziamo il sesso, smitizziamolo.

PIO                      E mercifichiamolo. Sull’amore si fanno miliardi. È l’oggetto più richiesto e più venduto.

LUCIANA          E a te che importa?

PIO                      E a te che importa che mi liberalizzi io? Liberalizzati tu.

LUCIANA          Sono una donna in crisi, con remore morali ataviche, speravo nel tuo aiuto. Per uscire dall’impasse ho cercato di buttare un sasso nello stagno del nostro Mar Morto coniugale. Tutto inutile.

SCENA XXIII

Tutti in scena

LESBINA           (Entra da destra con Gianfilippo sempre nelle tenute di prima: lei molto gattina e affettuosa, abbracciata a lui)

Maschio è bello! Gianfi è bello!…

GIANFILIPPO   Sì, amore, però basta, alle nove devo essere in banca.

PIO                      La cosa non ti rallegra, vedo.

GIANFILIPPO   No, perché ci dovrei essere vestito, e non trovo i pantaloni.

PIO                      Se vuoi metterti qualcosa di mio, senza complimenti, disponi. Ho anche un tight.

(Da sopra, dalla scaletta, arrivano Vittoria e Pompeo abbracciati)

LESBINA           (molle d’amore) – Oh, Vittoria, ma lo sa che suo marito è bravissimo!

VITTORIA         Preferisco Pompeo, più nuovo, più fantasioso.

LESBINA           Perché ha una provenienza omosessuale. Come me. Ha più estro l’etero che proviene dall’omo che l’etero rimasto etero.

POMPEO            Sì, ma ora pensiamo a vestirci, da brave. Non riesco a capire dove sia finita la mia roba. Di sopra non c’è neppure un calzino.

LESBINA           Ma te li eri tolti di là i pantaloni, amore, (indica a sinistra) lo ricordo benissimo.

POMPEO            La seconda volta. Ma la prima?

(Esce a destra)

GIANFILIPPO   No, da lì ci vengo io adesso, ho guardato bene, non c’è niente.

(Esce a destra dietro a Pompeo)

LESBINA           Però è uno scherzo imbecille. Chi ha fatto sparire i vestiti?

VITTORIA         Lei non li aveva lasciati qua?

LESBINA           La seconda volta. Ma la prima?

(Entra nella camera in fondo)

VITTORIA         Ma se se li è tolti la seconda volta è segno che li aveva, no?…  

(Entra anche lei nella camera di fondo. Chiudono la porta)

SCENA XXIV

Pio e Luciana

PIO                      Colgono la gioia qua e là, nei bei giardini dei loro istinti… (Pensoso) Luciana, se la mia moralità è l’unico ostacolo alla tua immoralità, rimuoviamo l’ostacolo: prendiamoci anche noi un amante.

LUCIANA          (scettica) – Un amante, noi due?

PIO                      Non uno in due. Le ammucchiate a dopo. Uno a testa. Io mi guarderò attorno, cercherò. Intanto do il via a te, sei libera.

LUCIANA          Ma sono cose che devono accadere naturalmente. Ormai tutto si è complicato, guastato. Non ho più la molla necessaria, sei riuscito a scaricarmi. Speravo in una tua iniziativa precedente la mia.

PIO                      In un mio adulterio.

LUCIANA          Hai portato la tetraggine nel sesso. Mi hai ucciso la voglia e la gioia.

(Si apre la porta di fondo, compare Vittoria felice)

SCENA XXV

Tutti in scena

VITTORIA         (formando con le mani in alto il noto simbolo femminista) – Donna è bello! Donna è bello!

LESBINA           (esce dietro a lei, facendo lo stesso segno e saltellando di gioia) – Donna è bello! Donna è bello!

(Da destra arriva, sempre in mutande, Gianfilippo)

GIANFILIPPO   (abbacchiato, occhi bassi) – Uomo non bello. Uomo non bello.

PIO                      Continuano a cogliere.

POMPEO            (entra subito dietro a Gianfilippo, finendo di abbottonarsi la giacca di un tipico vestito da pochade belle-epoque, di cui ha già indosso i pantaloni) – Non è per ridicola verecondia, ma cominciavo ad avvertire un certo frescolino alle prebende.

PIO                      Guai raffreddarsi le prebende, con il superlavoro dei tempi. Però si dice pudende.

POMPEO            Pudende?

VITTORIA         (divertita) – Ma sei ridicolo, Pompeo, vestito così. Dove l’hai scovato?

POMPEO            In un bauletto di là. Non mi dona?

PIO                      Sì, è un baule di costumi teatrali che ho rilevato da certi contadini della campagna qui intorno, forse appartenuto a una compagnia di comici dell’Ottocento.

GIANFILIPPO   Però vorrei sapere chi ha combinato lo scherzo idiota di farci sparire gli abiti.

LUCIANA          Uno scherzo così cretino, chi volete che sia stato? (guarda Pio)

PIO                      Io? E perché?

LUCIANA          Tu, sì. Magari con l’intento moralistico-metaforico di metterci a nudo. Comunque potete servirvi dei nostri armadi.

VITTORIA         Ma non c’è più niente nei vostri armadi, sono vuoti.

LUCIANA          Come vuoti?

LESBINA           Non c’è più un vestito.

LUCIANA          Non è possibile. (Si avvia verso la camera in fondo) Avete guardato bene anche nell’armadio rosa?

VITTORIA         Vieni a vedere tu, scusa.

(Entrano tutti nella camera in fondo. Tranne Pompeo che, mentre sta per entrare, è trattenuto per un braccio da Pio)

SCENA XXVI

Pio e Pompeo

PIO                      Approfitto dello scompiglio provocato dalla sparizione del vestiario…

POMPEO            Ah, è stato lei?

PIO                      (rapido) – Ho altro per la testa che far sparire vestiti. Guardiamoci negli occhi: lei sa che mia moglie voleva essere la sua amante.

POMPEO            Vuole che non lo sappia?

PIO                      Saprà anche che Luciana per poter essere la sua amante in tranquillità di spirito, avrebbe gradito che io a mia volta avessi avuto un’amante.

POMPEO            Purtroppo Luciana patisce di questi retaggi borghesi.

PIO                      Ebbene, io non ho mai fatto altro.

POMPEO            In che senso, altro?

PIO                      Che quella cosa che mia moglie vorrebbe tanto facessi. Ma pensavo che i diversivi di un marito andassero tenuti nascosti alla moglie.

POMPEO            (ride) – Ma non mi faccia ridere! Lei è pedinato da tre mesi da un’agenzia investigativa. Sua moglie sa tutto. Risulta che lei conduce una vita da trappista.

PIO                      Risulta dalle relazioni false.

POMPEO            Relazioni false?

PIO                      Un giorno scoprii di essere pedinato. Il giorno seguente presi io a pedinare il pedinatore, e così arrivai all’agenzia. Pagando il doppio di quanto aveva pagato mia moglie, ottenni il cambio delle schede. Mostre, Ancelle del Perdono, caravaggeschi sono invenzioni per Luciana. La verità è ben altra, eccola qua. (Estrae di tasca delle carte ripiegate) Chi poteva immaginare che Luciana volesse proprio questo? Da quando l’ho saputo, più volte ho tentato di buttarle in faccia la verità, ma non trovavo la faccia.

POMPEO            Di Luciana?

PIO                      La mia. Una lunga consuetudine all’ipocrisia me l’ha impedito. Sono un marito all’antica. Farle sì, dirle mai. Anche perché non ci sarebbe più gusto a farle.

POMPEO            Dia qua. (Gli strappa di mano le carte)

PIO                      Ci pensa lei? Chissà che, dalla scoperta dei miei amori, Luciana sappia ancora trovare la forza morale per darsi a lei. Dica di aver trovato quelle carte nascoste in fondo al baule, sotto i costumi. Lei è sempre disposto a diventare l’amante di mia moglie?

POMPEO            Sì, sua moglie mi piace.

PIO                      Grazie.

(Dalla camera in fondo escono Luciana, Vittoria, Gianfilippo e Lesbina)

SCENA XXVII

(Tutti in scena)

LUCIANA          Incredibile, gli armadi sono stati vuotati!

GIANFILIPPO   Bisogna fare una scappata a casa.

VITTORIA         In mutande?

GIANFILIPPO   Ci vai tu che hai il lenzuolo.

VITTORIA         Ti cedo il lenzuolo e ci vai tu.

PIO                      Non fate complimenti quanto a lenzuola. Ne siamo fornitissimi. Abbiamo anche tende, tovaglie, tovaglioli.

GIANFILIPPO   E come potrei passare davanti al mio portiere avvolto in un tovagliolo?

VITTORIA         Dici che ti hanno assalito i rapinatori.

GIANFILIPPO   Da quando i rapinatori distribuiscono tovaglioli ai rapinati?

PIO                      Perché non approfittate anche voi del bauletto dei costumi? Perché non andiamo a vedere se c’è qualcosa che vi può servire? Per te, Vittoria, ci sarebbe un bel vestito rosa da cocotte, che indossò Luciana l’ultimo carnevale. Venite, venite.

(Escono dietro a Pio, tranne Luciana che è trattenuta da Pompeo)

SCENA XXVIII

Pompeo e Luciana

LUCIANA          Che vuoi tu ancora da me?

POMPEO            Tutto, Luciana. Il tutto che non ho avuto ancora.

LUCIANA          Non hai avuto già tutto da tutte, stanotte?

POMPEO            Vittoria è una sportivona senza bilido, Lesbina una fanatica che lo fa solo per riferire esperienze al collettivo.

LUCIANA          Quant’è antipatica! Se penso che ti ho conosciuto grazie a lei…

POMPEO            Grazie a lei?

LUCIANA          Ai suoi capelli, le chiesi chi era il suo coiffeur. Come lo sento lontano ora quel nostro primo giorno.

POMPEO            Tu che mi guardavi di sotto il casco… Ci fu un incontro di sguardi, un incontro di mèches.

LUCIANA          Avevamo trovato il punto giusto di tintura. (Turbata) Meglio non ricordare…

POMPEO            Perché non ricordare? Le mie dita tra i tuoi capelli… (Le passa le mani tra i capelli)

LUCIANA          Lo shampoo… Quei brividi lunghi che le tue dita san dare… (Riprendendosi) No, Pompeo, lasciami, non è più possibile.

POMPEO            Perché?

LUCIANA          Ormai tutto s’è guastato, s’è demotivato. Mio marito…

POMPEO            (l’interrompe) – Giusto, tuo marito. (Si mette a leggere a voce alta le relazioni che ha in mano) “Da buco serratura camera Hotel Panama, visionato cliente pluriamplessarsi tre bionde svedesi. Spesso bionde udite esclamare Kàrla-Kàrla-kàrl!”.

LUCIANA          Carla Carl? Cos’è, cosa leggi?

POMPEO            Sarà il nome di battaglia del cliente. No. (Legge) “Nostra ricerca presso ambasciata svedese circa kàrla-kàrl, habet appurato trattasi tipica espressione ammirativa scandinava riferita attributi maschili”.

LUCIANA          Ma cos’è, materiale pornografico?

POMPEO            Sapessi chi lo fornisce! (Legge) “10 maggio. Avvistato cliente compagnia bruna sexy investire con propria auto vigile piazza Venezia. Sbandamento dovuto vellicamenti sunnominata bruna intenta suggere lobo orecchio destro cliente”.

LUCIANA          Quale cliente?

POMPEO            Tuo marito.

LUCIANA          Mio marito cosa?

POMPEO            Sono le relazioni dell’agenzia. Quelle vere.

LUCIANA          Chi te le ha date?

POMPEO            Le ho trovate io in fondo al baule, nascoste tra i costumi.

LUCIANA          Non è possibile!

POMPEO            La stessa agenzia, guarda. E sono indirizzate a te.

LUCIANA.         “Eu Eu Europa Eureka”. Sì, è la mia agenzia. Incredibile. (Legge) “Cliente partecipa meeting intercontinentale entraineuses thailandesi specializzate strip. Nostro agente infiltrato abbandona agenzia et famiglia unendosi orgia cliente et donnine”.

POMPEO            Corrompeva anche gli uomini dell’agenzia. (Legge) “16 maggio. Tor di Quinto. Cliente accosta auto. Passeggiatrice monta. Auto sussulta. Passeggiatrice smonta. Auto riparte”.

LUCIANA          Faceva anche gli straordinari, faceva!

SCENA XXIX

Pompeo, Luciana e Pio

PIO                      (Durante la lettura dell’ultimo squarcio è comparso da destra e si è irrigidito in ascolto. Adirato si scaglia contro Pompeo per strappargli di mano le schede) – Dia qua! Mi dia quelle carte!

LUCIANA          (difendendo Pompeo) – E lasciaci leggere!

PIO                       È un falso, sono false! Lei è un baro!

POMPEO            (tono ammirativo) – Kàrla kàrla kàarl!

PIO                      Lei è un vile! Mi restituisca quelle schede! Luciana, tu non crederai a questo lurido individuo?

POMPEO            Moderi i termini, bilidinoso!

PIO                      Luciana, non crederai a quest’infame?! Le ha inventate lui, perché ti vuole, vuole crearti artificialmente l’alibi che tu cercavi, mettermi in luce di bilidinoso, ma si dice libidinoso, perché tu sia sua!

LUCIANA          E queste cosa sono? (Agita le carte)

PIO                      Dei falsi, inventati, trovati chi sa dove! Perché lei fruga in casa d’altri, intrigante, chi le ha dato il permesso?

POMPEO            E dove avrei frugato?

PIO                      Nel baule! (Gioca la parte di quello che s’è tradito. Fra sé) Ahi!

LUCIANA          Un momento, Pio: dunque tu sai che queste schede si trovavano nascoste in fondo al baule?

PIO                      (balbetta, colto in fallo, confuso. Naturalmente, recita) – Sì… cioè no… io non… E con questo? Cosa prova? Anche se ammetto che erano in fondo al baule, non è detto che siano vere.

POMPEO            Non tenti di salvarsi, sardanapelo!

PIO                      (lo corregge, rapido) – Sardanapalo, Sardanapalo. (China il capo sotto il peso dell’accusa) Ebbene sì, Sardanapalo.

LUCIANA          Chi, Sardanapalo?

PIO                      (crolla, vinto dai rimorsi) – Io, io, Luciana, io Sardanapalo, io miserabile! Povera Luciana, sì, io sono un libertino incallito. (Si getta ai piedi della moglie, ottocentesco) Perdono, perdono! Se ancora si può perdonare a un sibarita par mio.

LUCIANA          Dunque confessi?

PIO                      Che vale negare?

POMPEO            L’abbiamo in pugno.

PIO                      Sì, ho corrotto l’agenzia, l’ho pagata il doppio di te per riavere le schede, quelle, e far consegnare a te delle schede false. Sono un verme. Perché esseri come me strisciano tra la terra e il cielo? Ma ancora per poco. (Estrae la pistola e se la punta alle tempie)

POMPEO            Questo non lo faccia, per i suoi figli.

PIO                      Sono figlie.

POMPEO            Per le sue figlie.

PIO                      E doppiamente verme. Perché, se almeno te lo avessi confessato prima, avrei dato anche a te, povera Luciana, quella libertà che mi ero preso. E invece no, la libertà me la sono goduta tutta io, egoista che non sono altro. Ma ora tu ti vendicherai, lo so, è giusto!… Leggi, leggi, Luciana, scopri che uomo è tuo marito. C’è anche di quella volta che tu eri da tua madre con le bambine che avevano la varicella, e io mi sono portato in casa le mulatte!

LUCIANA          (sorride verde) – Non posso crederci…

SCENA XXX

Tutti in scena

PIO                      Per carità, credici! Con la fatica che faccio per confessare queste infamie, almeno credici.

(Vittoria, Gianfilippo e Lesbina entrano da destra in costume da pochade)

 Udite, udite anche voi! Ma mi fa bene, mi libera, confessare!

GIANFILIPPO   Ma cosa dice? Che succede?

POMPEO            Sta confessando.

PIO                      Sì, sto confessando, mi fa bene. Vittoria, ieri mi sono rifiutato di giacermi con te solo perché non si scoprisse il libertino che sono, ma sta’ a sentire anche tu chi sono io.

GIANFILIPPO   Come, Vittoria, tu hai tentato di metterti con Pio, con un nostro amico? Allora sono becco.

PIO                      Un becco alla volta. Ora tocca a Luciana. Udite, udite! (A Pompeo) Ah, sapesse, hanno un colpo d’anca, le mulatte!… E quella volta in treno, povera Luciana mia…

LUCIANA          (un po’ sfottente, ma sempre più verde) – Non dirmi.

POMPEO            No, dica.

PIO                      Tra Bologna e Firenze, in treno, sotto la galleria di Pian del Voglio. Nello scompartimento io e una studentessa, soli. Galleria, la luce non si accende. Bionda, occhi azzurri, gola profonda… e fu Prato. (Estasiati nel ricordo della colpa, a Pompeo) Ci ho filato sei mesi. Era una sadomasochista. Pensi, mi legava sul letto…

POMPEO            Il letto di Porcuste. Ah ah… (Ride della battuta)

PIO                      Poi cominciava a baciarmi tutto, lenta, martirizzante, gestuale.

POMPEO            Poi?

PIO                      oi mi collocava il suo sederino sul petto.

POMPEO            Nudo?

PIO                      Nudo e rosa.

POMPEO            (eccitato) – Poi?

PIO                      A questo punto cominciavo io.

POMPEO            Legava la ragazza?

PIO                      No, alzavo le gambe a squadra.

GIANFILIPPO   Ma non hai detto che eri legato al letto, scusa?

PIO                      Prima lei mi slegava, si capisce.

POMPEO            Sempre seduta sopra?

PIO                      Sì, in spaccata rovesciata.

POMPEO            Mi faccia capire…

LESBINA           Voglio provare anch’io, voglio provare anch’io!…

POMPEO            Dopo. Zitta. (A Pio) Mi faccia capire, scusi.

PIO                      Sa, un po’ come la 35 del Kamasutra.

POMPEO            La posizione del volàno.

PIO                      No, il dondolo.

GIANFILIPPO   (intenditore) – Ah, capito.

VITTORIA         Cosa vuoi aver capito, tu?!

PIO                      Eh, le ragazzine!… Dobbiamo ammettere che la liberalizzazione sessuale ha scatenato la fantasia delle ragazzine. Disinibite, sperimentali, con in più la freschezza dell’età

LUCIANA          (scatta a urlare improvvisamente) – Porco! Porco! Poooooorco!

PIO                      Che succede?

LUCIANA          Altro che Aldebaran e Toro! C’è la costellazione del porco? Porco!

GIANFILIPPO   Che dice, cos’ha?

PIO                      Comprensibile reazione. Ne hai ben donde, povera cara.

LUCIANA          Povera cara un corno! Questa me la paghi.

PIO                      Sì, fa’ la tua scena di gelosia, sfogati. È umano.

LUCIANA          E certo che la faccio! Umiliarmi così di fronte a tutti!

VITTORIA         Come? Hai un marito da cinque asterischi, non sei contenta?

LUCIANA          Tu ti sei goduto la libertà, mentre io ti rimanevo scioccamente fedele, e i miei anni fuggivano.

PIO                      Dici cose vere e amare. Ma ora sei libera.

POMPEO            E lo credo!

PIO                      Ti restituisco la tua libertà. Ora puoi prenderti il tuo amante.

LUCIANA          Ma non era questo il tipo di tradimento che sognavo. Questo è un vero tradimento alle spalle!

PIO                      Sono sempre alle spalle i tradimenti. Scusa, Luciana, io non so più cosa fare. Credevo, confessando, di aiutarti nel tuo disegno. Ma vedo che tutto quello che sai esprimere non è che la solita gelosia borghese. Troppo prevedibile, devo dire.

LUCIANA          (le nasce un sospetto) – E magari prevista.

PIO                      Prevista?

LUCIANA          E premeditata.

POMPEO            Sì, premeditata. Devi saperlo, Luciana: le schede le ha date lui a me perché te le facessi avere.

PIO                      Ebbene sì, per aiutarti.

LUCIANA          O per aiutarti? Pio, mi sto riprendendo. Il tuo gioco ti si ribalta contro. La gelosia non mi paralizza. Anzi. È il deterrente che mi mancava. (Si avvicina a Pompeo) Sarò di quest’uomo, quanto prima.

PIO                      Quanto prima? Speriamo che tu lo sia un po’ di più.

LUCIANA          Lo sarò tanto e subito.

VITTORIA         Ma sì, fatti ’sta scopata, togliti il pensiero, se no ti viene l’angoscia esistenziale e questa storia non finisce più.

POMPEO            (ha preso alla vita Luciana) – Luciana, andiamo, il sesso è tratto.

LUCIANA          (è presso la camera in fondo con Pompeo) – Dietro questa porta, fra poco, morirà una piccola borghese.

(Entra in camera con Pompeo)

SCENA XXXI

Pio, Vittoria, Gianfilippo e Lesbina

PIO                      Dietro quella porta, fra poco, nascerà una donna moderna. Mi sento emozionato come un padre in attesa. È la prima volta, per lei. È una primipara.

GIANFILIPPO   In attesa del parto, siccome io in questo stato continuo a non poter andare in banca, se permetti faccio una telefonata.

PIO                      Alla Lebole?

GIANFILIPPO   Al mio direttore di banca. (Ha la cornetta all’orecchio, compone il numero) Ma è muto.

PIO                      Che t’importa, basta che ci senta.

GIANFILIPPO   È muto il telefono. L’apparecchio è isolato.

LESBINA           Qualcuno ha strappato il filo, guardate.

GIANFILIPPO   Evidentemente un sabotaggio.

LESBINA           Non solo, ma al filo strappato è stata legata una valigetta.

(La prende da dietro il divano dov’era nascosta. La valigia è legata per il manico al cavo del telefono tagliato)

Indietro tutti, può essere una bomba a orologeria!

(Tutti si allontanano impauriti dal divano dietro cui Lesbina ha ributtato la valigia. Un grande schianto improvviso giunge dal fondo, non si capisce se appunto da dietro il divano o dalla camera dove si trovano Luciana e Pompeo)

GIANFILIPPO   Aiuto!

VITTORIA         È scoppiata!

LESBINA           No, è dalla camera!

PIO                      Dev’essere mia moglie con l’amante. Hanno infranto i tabù.

(Si apre la porta in fondo, esce, discinta e scapigliata, Luciana seccatissima. Dietro a lei, Pompeo)

SCENA XXXII

Tutti in scena

POMPEO            È crollato il lampadario. (A Pio, passandogli accanto) Alzando le gambe a squadra ho sbattuto contro il lampadario.

LUCIANA          Ci mancava la posizione del dondolo!

(Esce a sinistra, Pompeo dietro)

SCENA XXXIII

Pio, Vittoria, Gianfilippo e Lesbina

PIO                      Vanno a infrangere i tabù altrove.

GIANFILIPPO   (che intanto, cautamente, ha accostato la valigetta all’orecchio) – Non è a orologeria, non si sente il tic tac.

PIO                      Strano, è la mia ventiquattrore.

LESBINA           In quella valigetta forse si nasconde la chiave del giallo dei vestiti.

GIANFILIPPO   Apriamola. Chissà che non contenga anche un vestito.

LESBINA           (l’ha aperta) – Un foglio di quaderno ripiegato. Un messaggio, probabilmente. (Analizza il foglio che ha trovato nella valigetta) Scrittura infantile.

PIO                      (prende il foglio, legge) – “Siete a terra, zozzoni! I vestiti ve li abbiamo fregati noi. Marina, Grazia…

GIANFILIPPO   Quelle carognine delle vostre bambine!

PIO                      (continuando la lettura) – …Fabio, Fabrizio…

LESBINA           (a Gianfilippo) – Quei carognini dei nostri bambini.

PIO                      (finisce di leggere) – …Tie’!

VITTORIA         Tie’ è diminutivo di Teresa, un’amichetta.

PIO                      No, tie’ è tie’. (Fa il noto gesto del braccio)

SCENA XXXIV

Tutti in scena

LUCIANA          (rientra da sinistra, tesa, seguita da Pompeo) Pio, dammi la valigia.

PIO                      Sì, cara. Questa?

LUCIANA          Quella che vuoi. Ho deciso di partire. Qui in casa è impossibile.

POMPEO            Manca di concentrazione.

PIO                      Più che comprensibile. Di che cosa fai conto di riempire la valigia?

LUCIANA          Effetti personali, vestiario.

PIO                      Fanno sapere i bambini che il vestiario se lo sono fregato loro.

POMPEO            Te l’ho detto, Luciana, indossa anche tu un costume come il mio.

PIO                      Un elegante “mise” belle èpoque, perché no?

LUCIANA          Mi sentirei così poco moderna…

PIO                      Non è l’abito che fa l’adultera.

LUCIANA          (piccata) – Non t’immagini quanto hai ragione. (Esce decisa a destra)

SCENA XXXV

Pio, Vittoria, Gianfilippo, Lesbina e Pompeo

PIO                      (a Pompeo, dopo una pausa) – La prima notte dove la fate?

POMPEO            Non aspetteremo l’arrivo della notte.

PIO                      Era un eufemismo. Parlavo del primo amplesso. Pensate a particolari festeggiamenti? Andrete a Venezia?

POMPEO             Non conta il dove.

PIO                      Conta. Per esempio qui Luciana non ce la fa. Patisce una sua sessuofobia domestica. Lei ha un pièd-à-terre confortevole?

POMPEO            Funzionale, ma un po’ lontano.

PIO                      Luciana vi ha mai messo piede?

POMPEO            Ieri sera si era mossa per andare là. Ma proprio mentre io, non vedendola arrivare, mi ero mosso per venire qua, deciso a buttare un sasso nello stagno del vostro mar Morto coniugale.

PIO                      Ecco dove nasce il mar Morto. (Da destra, lentamente, come un fantasma, in abiti fine ottocento, compare Luciana. Si ferma sulla soglia immobile)

SCENA XXXVI

Tutti in scena

PIO                      Che c’è, Luciana?

POMPEO            Sei un amore…

PIO                      Un amore fin de siècle.

LUCIANA          Non mi sento.

PIO                      Non ti senti bene?

LUCIANA          Non posso, non ce la faccio. Tutto così chiacchierato, trito… Se n’è parlato troppo.

POMPEO            È ora di passare ai fatti.

PIO                      Consiglio Venezia. Venezia può molto. Quante trepide spose, dopo indecise vigilie, si portavano lungo l’intero viaggio il tremore per l’impatto serale, e poi, nella magia del luogo, grande pronuba la laguna, furono viste disciogliersi in gocciole di erotica rugiada!

LUCIANA          Stronzo.

PIO                      Io fuggire con un amante?

LUCIANA          Tu?

PIO                      No, dico, tu ti sarai detta: “io fuggire con un amante?”.

POMPEO            Te l’ho ripetuto migliaia di volte, Lucci, non ci devi pensare!

PIO                      (a Pompeo) – Sa, non è come per l’ecologia che basta non calpestare le aiuole. Qui bisogna dare di persona.

LUCIANA          Pompeo, magari un’altra volta, magari di nascosto da lui, quando meno se l’aspetta, quando mi rimonta la voglia di te, un giorno qualunque, non programmato. Oggi non è possibile.

PIO                      (a Pompeo) – Comunque ci lasci il suo telefono.

POMPEO            (sogghigna) – Povero sesso, come sei caduto in basso!

LUCIANA          (nervosa, irritata) – E ha ragione, ha ragione, ha ragione!… Non ce l’ho fatta, non sono riuscita, non ci riusciamo!…

PIO                      Siamo una coppia sana.

LUCIANA          Malsana, vecchia. Non siamo coi tempi. Noi non faremo la rivoluzione sessuale.

PIO                      Il fatto è che non ci sono rivoluzioni da fare. Ognuno non può che condurre la sua guerriglia privata. Chi ha per confine il proprio letto matrimoniale, ci rimane dentro con i suoi sogni proibiti.

LUCIANA          Ma non scopa, la borghesia?

PIO                      Poco, fuori casa. E quasi mai le signore. Per lo più lo fantasticano, come facevano i nostri nonni delle pochades. Neanch’io sono stato capace, Luciana.

LUCIANA          Di che cosa?

PIO                      Di tradirti. (Prende le schede dell’agenzia dal tavolino su cui erano rimaste) Ti sembra che le agenzie investigative si lascino corrompere tanto facilmente? (Strappa le schede) Sono queste le schede false. Visto che le volevi così, te le ho inventate così, ma non sono servite.

LUCIANA          Insomma, sono veri i caravaggeschi, le Ancelle del Perdono?

PIO                      Le Ancelle posseggono in sacrestia un magnifico altare ligneo del ‘600, con 82 statuette scolpite. Volevo comprarlo, farlo a pezzi e vendere le statuette una per una. Ma le Ancelle, a differenza dei mercanti d’arte, amano l’arte. Per invogliarle, ho partecipato anche a una loro novena a San Giuseppe falegname. Senza ottenere la grazia.

LUCIANA          (dopo una pausa) – Siamo dei pezzi d’antiquariato anche noi.

PIO                      Perché sforzarci di fare cose che non ci sentiamo di fare? La peggiore ipocrisia è il conformismo. Guarda loro, (indica gli altri quattro, ormai da qualche momento schierati sul fondo, immobili, muti emblemi, maschere nei loro costumi), guardali: si sforzano di reinventare il sesso, ma non continuano che a recitare una vecchia pochade.

LUCIANA          È che vorremmo recitarla anche noi e non ne abbiamo il coraggio. Saremo liberi solo quando sapremo buttare la maschera, quando torneremo alla semplicità primitiva, nudi.

PIO                      Adamo fu creato nudo. Ma appena si sentì nudo corse a coprirsi con la foglia del fico.

LESBINA           (rimanendo immobile) – E quando, si sentì nudo?

PIO                      È l’esatta domanda che gli rivolse il Padre Eterno vedendolo circolare per il Paradiso Terrestre con la foglia di fico davanti: “Chi ti ha fatto sapere che eri nudo?”, gli chiese.

GIANFILIPPO   (immobile) – Già, chi glielo aveva detto? Come se ne era accorto?

LESBINA           Sarà stata Eva.

VITTORIA         Non credo. Penso che a Eva piacesse il nude look.

PIO                      Fu il sesso: appena lo scoprì, Adamo si coprì. Il tabù è il sesso. E tale rimarrà, per omnia saecula saeculorum. Inutile mettere avanti le lancette dell’orologio. Il sesso segnerà sempre la stessa ora.

LUCIANA          (sorrisino) – Il mistero terribile del sesso.

POMPEO            Andiamo. Lasciamoli alla loro foglia di fica. (Si avvia)

TUTTI                 (correggendolo) – Di fico, di fico!

POMPEO            Ma no, vi assicuro…!

GIANFILIPPO   Non insista, la prego.

POMPEO            Ma creda, si dice così…

(Pompeo, Gianfilippo, Lesbina e Vittoria se ne vanno per il fondo, discutendo animatamente. Pio e Luciana si sono venuti a trovare in posizione appartata, lei seduta su una sedia, lui dietro a lei in piedi, come una coppia borghese d’altri tempi in posa per una fotografia)

SCENA XXXVII

Pio e Luciana

LUCIANA          (con amarezza, dopo un sospiro) – Inutile, siamo una coppia onesta.

PIO                      Peccato non avere anche la gioia della nostra onestà.

SIPARIO