Chiusa na porta… si aprunu du’ purtuni

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Personaggi

CHIUSA NA PORTA…SI APRUNU DU’ PURTUNI

commedia brillante in due atti

(di Calogero e Rosanna Maurici)

Personaggi

Agostino  Mangiapane        (il marito  Elettricista)

Vittoria Mangiapane          (la moglie Casalinga)

Letizia  Mangiapane           (la figlia  Studentessa)

Pietro    Mangiapane            (il figlio Studente)

Dr. Mangiaracina Evaristo     ( Farmacista)

Aurelia  Mangiaracina           (moglie del farmacista)

Cristina Mangiaracina             (La figlia del Farmacista)                  

Giuseppe Mangiaracina          (il figlio del farmacista)

                                           tel. Autore - abit. 090/638009--- cell- 3393359882

                                                                        

                         Alla dottoressa Pellegrini, con grande affetto per tutto quello che

                                 fatto per me. Persona di grande sensibilità ed umanità, che

                                 comprende i veri valori della vita.  

   

Il signor Agostino Mangiapane (operaio) vive in una casa in affitto

     con la moglie Vittoria (casalinga) la figlia Letizia ed   il figlio Pietro entrambi laureandi. IL proprietario della casa è il dottor

Mangiaracina Evaristo, (farmacista) sposato con Aurelia i quali hanno due figli di nome Cristina e Giuseppe. Il farmacista cerca di approfittare della situazione di Agostino per aumentare spesso l’affitto giocando sulla debolezza dell’operaio ignorante e facendogli pesare la differenza sociale e culturale. Egli non sa però di trovare

nel signor Agostino Mangiapane un operaio di una cultura eccezionale, tanto che ogni volta che il farmacista va a riscuotere

se ne torna frastornato dalle perle di saggezza dell’ operaio che pur non avendo studiato ha una cultura superiore. Il farmacista, vedendo che fra lui e l’operaio non c’è tanta differenza, fa subentrare

i suoi figli a loro insaputa per colpirlo apertamente della differenza rispetto ai di Agostino. Ma anche qui, troverà una sorpresa ancora maggiore: i quattro ragazzi, sono fidanzati senza che nessuno dei genitori lo sapesse. I ragazzi cominciano a dare lezioni di vita a questo farmacista, lezioni di vita soprattutto dai suoi figli. 

Una commedia con spunti di comicità ma ne contempo e soprattutto nel finale di una riflessione profonda. La scena rappresenta una casa normale, quadri, sedie, tavolino, divano e tutto quello che il regista e scenografo ritengono opportuno.      

SCENA I°

( Agostino, Vittoria la moglie, Letizia, la figlia)

Ago.   Di qunnu trasemu in euopa con l’euro, siamo usciti cu li sacchetti vacanti senza

           capiri di sti europei cu foru i cchiù furbi ca ni svacantaru i sacchetti. Forse

           L’inghilterra fu a furba, picchi iddi hannu a sterlina e la tengono come una

           stella dintra u cori e dintra li casciuni magari sutta i  materazzi. Ogni misi cari

           spettatori, io sugnu costretto a  fari riunione di famigghia per trovare la giusta

           via pi putiri risparmiari escogitando piani, di buon senso o intelligenti

           o magari cretini…l’importante ca risparmiamo quattrini…  (entra la moglie)

           

Vit.     Agostino chi stai facennu i soliti preghieri?

Ago.   Stava prigannu, hai ragiuni.

Vit.     A cui a S. Agostinu?

Ago.    No a  S. Euro sacchett…vacant…

Vit.     E che un Santo Spagnolo?

Ago.    No, è un Santo ca pigghia quasi tutta L’Europa.

Vitt.     E chi pigghia!

Ago.    Pigghia pi fissa, svacanta sacchetti  e tanti autri cosi.

Vit.     U farmacista mi vitti andura e mi dissi ca oggi veni a ritirare l’affittu da casa…

Ago.   Che precisu, non ci scappa un jornu, chiassai soldi hannu chiassai ni vonnu aviri.

           So mugghieri pari ca non ci curpa, ma è cchù peggio di iddu; o forse sarà una

           vittima e non lo vuole fare apparire. Sulu i so figghi mi pari ca si salvano.

           Vittoria, non arrivamu mai a fini misi anche picchi ogni tri misi aumenta

           l’affittu. Haiu l’impressione ca na ma circari nautra casa…e non è facile…

Vit.     Ma a li voti u maritu si chiude na casa e si apri  un palazzo…

Ago.    MA che dici: si chiude na porta e si apri un purtuni…ma quantu cosi ti inventi.

            Cu stu  patruni farmacista  semu costretti a  modificare la nostra lista…

            Chiama i nostri figghi ca facemu subitu una riunione familiare per le nostre

            spese da bilanciare…

                                                   

Vitt.    Ma stannu studiannu. U sai ca ci voli picca ca si laureano.

Ago.   E nenti ci fa per un po’, puru nautri a ma studiari comu  fari pi risparmiari e

           e i figghi  fari studiari pi falli laureari.  (entrano Pietro letizia)

Let.    Siamo qui…

Vit.    Come siete tempestosi a mamma.

Ago.   Si Cime tempestose!.. si dice tempestivi, menomali ca ammia mi piaci leggere

           un po’ di tutto e mi aggiorno.

Piet.    Infatti ogni vota ca veni u farmacista si nni và cu l’ossa rutti…

Let.     Papà hai na volontà di leggere tutti sti filosofi, ca mancu nautri.

Ago.    La cultura è ricchezza e ti salvi, l’ignoranza e povertà ti fannu divintari ancora

            cchiù poveru. Allura assittamuni e cuminciamu la nostra strategia del risparmio.

            io direi: lo spazzolino dei denti al posto di cambiarlo ogni misi, facemu ogni tri

            misi, u dentifriciu mittemuccinni tutti cchiù picca, tantu i denti si lavanu u  

            stessu.

Vit.      Ma non è chi ni stamu mittennu assai.

Ago.    Cchiù picca ancora. Quannu ni facemu a doccia, mi raccunmannu, u shampoo

             circamu di regolarlo bene nella mano, e quannu sta finennu, aggiungemucci un

             poco d’acqua ca lu stessu fa tanta saponata.

Pie.      Per il mangiare…

Ago.    Io direi, il primo piatto magari alternamu,  la pasta con l’olio semplice a

            facemu tri voti a simana, accussi risparmiamo condimenti e bene ni fa alla saluti.

            Facennu bene alla saluti risparmiamu puru medicinali  pu’ colesterolo ect… ect

Vit.      Accussi in farmacia non c’iemu mai.

Pie.      Non sulu ca veni sempre iddu  p’ aviri i soldi, puru nautri cia ma ghiri?! In

            questa famiglia si salva solo la figlia Cristina.

Let.     E anche so figlio Giuseppe  (fratello e sorella si guardano)

Vit.      A signora Aurelia ammia mi pari veramente una vittima, e comu se nascondesse

            qualcosa da tantissimo tempo.

Pie. Let.    Pure a noi ci sembra cosi!

Ago.     Ritorniamo alla strategia del risparmio.

     

 Let.      Papà facemu di tuttu pi risparmiari ma senza ca ni facemu mancari nenti.

Ago.     Cara figlia mia, si facemu di tuttu pi non farini mancari nenti non putemu

              risparmiari e io vogghio, dato ca vi stati laureannu, di non trovarci senza soldi

              per la festa, piccola ma a festa vi la facemu… a facci do farmacista

              quannu sapi ca tu Letizia si quasi farmacista e tu Pietro medico oculista. Per

              ora non lo deve sapere. Allora torniamo al risparmio: Per il secondo piatto, al

              posto di quattro fettine, Letizia e Pietro si ni mangianu una l’unu, io e to matri,

              una na dividemu e una na sarvamu pa’ prossima vota, accussi n’accattamu tri. 

             A frutta, mittemu quanti voti ni mangiamu tre mele divise in quattro, ora ni

             mangiamu una cchiù grossa divisa in quattro. Poi stamu attenti  alle ciliegie che

             sono una tirla l’altra, Vittoria, non le uscire tutte,  pigghiani na quarantina e ce li

             dividiamo…famigghia mia cara, a ma stringiri di di tuti i lati.

Vit.       Hai ragiuni u maritu…Me patri mi dicia sempre cu zappa la  so vigna, megghiu

              zappa e megghiu vinnigna .

Let.       Mamma ma u nonnu avia delle perle di saggezza!...

Vit.      No a mamma perle mai dintra a nostra casa ni vittimu, mischini i to nonni

             facianu sacrifici pi manteniri ammia e a me soru.

Ago.     Letizia, dicci a to matri chi comincia a leggeri comu fazzu io accussi si istruisce

             un pocu.

Pie.        Si, accussi poi u farmacista oltre ca cu l’ossi rutti si nni va stunatu…

Vit.       L’importante ca u me cori è istruito d’amore…amore per la  famiglia, per la

             vita e soprattutto per Nostro Signore.

Let.       Chissa fu bella mamma…

Ago.      Moglie mia chissa mi piaciu davvero (la bacia) nautri semu  semplici, umili

              ma  ricchi d’amuri, semu famigghia. Però cara  mugghieri a prossima vota al

              posto di Nostro Signore  metticci puru a Madunnuzza e magari a S. Agostinu. 

Vitt.      (guarda fissa i figli) Matri chi siti beddi figghi mei, mancu ci cridu…

Ago.     A chi non ci cridi.

Vitt.     Ca  Letizia  avi vintiquattranni, ca è bedda, quasi farmacista, sulu u zitu ci

             manca…E ca Pietro ca sta facennu venticinqueanni fra un misi si laurea puru

             iddu medico e mancu iddu è zitu. 

Ago.     E tu chi ni sai, po’ essiri ca l’annu e nautri non lu sapemu, però dopo ce lo dite

             vero figli nostri?

  

Let.      Giusto papà?  Poi ve lo diciamo.

Vitt.    Quannu pensu ca in tutti i novi misi di gravidanza non ingrassavu quasi nenti di

           davanti…

Ago.    (verso il pubblico) Certu ingrassasti tutta di dietro!...

Vitt.     Ma ora non sugnu na figurina?

Ago.    Sei una figurina cretinina…

Let.      Menomali ca scherzate sempre… Quantu vi voglio bene. (bussano, entrano

             i signori Mangiaracina)

  

                                                     S C E N A  II°

   (Evaristo Mangiaracina, La moglie Aurelia, Letizia, Pietro, Agostino, Vittoria.)

Ago.     Prego acco…mo…datevi…

Vitt.     Prego acco…mo… datevi

Ago.    Ciù dissi io, già.

Aur.    Già e sua moglie ce l’ha detto con lo stesso tono.

Eva.    Ma perché sig. Agostino questo accomodatevi ogni volta con questo tono.

Ago.   Due signori, come voi meritano un tono particolare, oserei dire raffinato.

Aur.    Grazie, spero che non sia una presa…

Ago.    Ma che non sia mai  ca…ra   signo…ra.

Eva.     Allura, certo che signor Agostino Mangiapane, (ride) con questo cognome

            io penso sempre al pane casereccio (ride, risata particolare).

Ago.      Caro dottore Mangiaracina, il suo cognome assomiglia tanto al mio…

              penso sempre all’uva, o me paisi si chiama racina e stia attento al diabete,

              alla vescica, al colon…Per non parlare poi del nome EVARISTO.

Eva.       Già è stato un grande vescovo.

Ago.       E’ stato un grande papa.

Aur.        Non lo sapevo…

Eva.        Ma che dici, io lo sapevo…(in realtà non è vero) 

Aur.       Signorina Letizia, ogni volta che la vedo si fa sempre più bella.

Let.        Grazie signora.

Eva.      Cosa fa lei di bello signorina…

Let.       Di bello tutto, di brutto niente.

Aur.      Che umorismo, come il genitore.

Let.       Io faccio l’estetista…

Vitt.      Come l’estetista,  idda si sta la.….

Ago.    L’estetista, ed è bravissima, cercano sempre a idda…

Aur.     Nostro figlio studia farmacia…però è pazzo per le estetiste, quando gli

             piacciono, quando entra in un negozio mi dice sempre…guarda mamma che

             bella questa ragazza.

Eva.    Con le estetiste si diverte, in realtà lui deve trovarsi una ragazza farmacista

            come lui, accussi, non cerca lavoro, dato che già ha la sua farmacia.

Let.     Io francamente questi problemi non mi li creo e neppure i miei genitori mi hanno

            detto o imposto determinate scelte. Al cuore non si comanda, i miei genitori mi

            hanno sempre insegnato questo. Io vado, signori vi saluto e vi auguro una

            buona giornata. (entra nella stanza)

Eva.     La signorina à di una finezza unica…

Ago.     La signorina è mia figlia, nostra figlia e ne siamo fieri, orgogliosi perché è

             sempre stata speciale in tutto.

Aur.      Si vede, si capisce subito…

Vit       Pensi che a soli otto mesi si è tolto il ciuccio da sola…

Eva.     E lei Pietro cosa fa di bello..

Piet.     Di bello tutto, di brutto niente, ma io faccio tutto proprio come mia sorella.

Eva.     Intendevo come lavoro…

Piet.      Lavoro, faccio il camionista…

Vit.       Ma quale … (Agostino la interrompe)

Ago.     Camionista, accusi giovane si guadagna la vita.

Eva.     Mio figlia studia scienze della comunicazione...anche lei deve scegliere un

             ragazzo alla sua portata…

Pie.      Alla sua portata manco se fosse un pranzo…Dottore lei da persona dotta

            potrebbe usare tantissimi altri termini più appropriati. Adesso saluto lei e la sua

            gentilissima moglie. Orevoir…

Eva.    Saluta anche in spagnolo?

Pie.      Egregio illustrissimo dottore, non è spagnolo ma francese. Arrivederci

             ecco questo è italiano cosi ha compreso quasi meglio. (se ne va)

Eva.     Come quasi!...   

Ago.     Sono ragazzi non ci faccia caso, e poi sono ignorantelli, però educati.

Aur.      Sa a me non hanno dato l’impressione che sono ignorantelli come dice lei.

Eva.      Aurelia, ma anche i camionisti e le estetiste devono pur sapere qualcosina.

Vit.       Noi dei nostri figli siamo orgogliosi, sono stati sempre speciali anzi

             specialissimi.

Ago.     Vittoria al dottore non gli interessa questo. Andiamo al sodo…

Eva.      Si andiamo al sodo, siamo venuti a riscuotere…

Aur.     L’affitto di questo mese.

Ago.     L’avia caputu!...

Vit.      Chissa puru io l’avia caputu, picchi i signori quannu vennu ccà a casa nostra

            vennu pi l’affittu.

Eva.    Veramente gentile signora, questa casa è nostra…

Ago.     Già e vostra e cu va voli livari!

Eva.      Sig. Agostino, mi dispiace ma da tre mesi, non abbiamo aumentato l’affitto e lei

             sa che con l’euro tutto è diventato più caro, tutto cresce e si fa fatica ad arrivare

             alla fine dell’anno con un bilancio dignitoso.

Vit.        Voi alla fine dell’anno, nautri mancu a fine del mese!  E quantu riuninoni

               speciali chi facemu per stringere, io la gonna e me marito a cintura.

Ago.       Me se ogni tri misi in dudici misi che abitiamo qua avete sempre aumentato  

               a prima vota di dicitotto euro e la gentile di sua moglie ha detto: facciamo

               quindici…

Eva.        Avete risparmiato tre euri.

Vitt.        A secunnu vota, avete aumentato di ventitreuro e la gentile sua moglie ha

               detto, togliamo le tre euro…

Eva.        In ogni caso a due a tre euri è sempre un risparmio…In ogni caso, con grande

               gioia le dico che l’aumento sarà  a partire dal  prossimo mese.

Ago.      Che grande gioia! (al pubblico)

Aur.      Mio marito aveva pensato ventottoeuro io l’ho fatto riflettere e per

              venirvi incontro abbiamo deciso senza le …

Vitt.       Senza le otto…

Eva.       Non esageriamo…

Ago.    Vittoria, ma otto euro sunnu otto euro per questi gentilissime persone che

            hanno tante spese ma che vengono incontro a noi poveretti ca tiramu a campari.

Eva.    Signora Vittoria, al posto di ventotto, togliamo tre euri, facciamo venticinque

            euri.

Ago.     Dottore l’euro non ha plurale…

Aur.     (verso il marito sottovoce)  Chissu chiassai di tia ni sapi…

             Penso che è  contento di questo sconto?!

 

Ago.     Cchiù cuntentu di prima…Ma lei signora è molto più buona di suo marito.

Eva.      Non esageriamo adesso, le decisioni finali sono sempre le mie.

Aur.      (lo guarda)

Eva.     Cioè quasi sempre le mie… (Aurelia lo guarda con piu forza)

             Cioè…. collaboriamo.

Ago.     Vittoria, pigghiacci i soldi e spero do…tto…re  Mangiaracina…

               (Vittoria và, Agostino si avvicina al farmacista.) Dottore, ma l’ha visto questo

               neo che ha sul collo?! Non mi piace.

Eva.       Ah! si, è una cosa da niente, e poi lei come fa a dire che non le piace. (ride)

               Con che causa puo’ dirlo, manco se fosse un medico…(ride)

Ago.      Conosce le regole del neo? Sono cinque. A B C D E:     A- come asimmetria;

               B- come bordo; C- come colore; D- come dimensione; E- come evoluzione.

               (Evaristo e la moglie molto espressivi rimangono stupiti) e le assicuro ca stu

                neo non mi piace su facissi controllare.

Aur.       Evaristo domani stesso controlla stu neo… (Ago. si allontana e ride facendo

               segnale al  pubblico di averlo fatto spaventare)  Ma è preparatissimo, chissu

              chiassai di tia ni sapi!

Eva.       Gentilissimo signor Mangiapane (ride) Mangiapane chi cognomi stranu!

               Io comprendo assieme alla mia carissima moglie nonché consorte…

Ago.       Dottore, è la stessa cosa… (entra Vittoria)

Aur.       Ti dissi finiscila di fari u saputellu ca è cchiù preparatu di tia.

Ago.       Ecco le venticinque euri , voglio sperare che fra tre mesi non ci sia un altro

               aumento.

      

Eva.      Speriamo di no, a seconda di come vanno le cose, e poi c’è sempre mia moglie

              che con la sua sensibilità vi toglie sempre quegli euri… In ogni caso non mi

              sembra un affitto esagerato…

Ago.     A me sembra esoso…(nel frattempo Vittoria entra e dà i soldi al marito)

Eva.     (alla moglie) Chi significa esoso…

Aur.      Chissu parla megghiu di tia e di mia.

Ago.     Ecco, il vostro esoso affitto…

Eva.     Esoso, ah! si, esoso ora comprendo…

Aur.    Adesso togliamo il disturbo…

Vitt.     Ma voi non disturbate mai…

Ago.    (verso il pubblico con grande mimica) 

Eva.    Ah! Prima di andare, signor Agostino, sa comprendo e compiango chi non ha

            tanti soldi, perché sogna di averli….(entra Letizia e Pietro)

Let.      E noi comprendiamo chi è ricco, perché non sogna mai di essere povero.

             Mentre noi sogniamo, ma sogniamo le bellezze della vita e chi sogna le

             garantisco che è già ricco.

Pie.       E chi non sogna, che dorme a fare, è un sonno senza senso, senza sapore.

            

Eva.    Arrivederci. (escono)

                                                       S C E N A  II°

                           ( Agostino, Vittoria, Letizia, Pietro,Giuseppe, Cristina)             

Ago.     Letizia, Pietro i bastonastivu no sonnu…

Let.      Certu no sonnu, accussi non sognanu mancu ad occhi aperti.

Vitt.     Peggio do papà siti a mamma certi voti . 

Ago.    (imita) Adesso togliamo il disturbo! E come si disturbano, scassano ogni tri misi

            ma cià fazzu finiri, si approfittano di gente come noi, ora cominciamo a circari

            nautra casa. Vittoria, amuninni o supermercato e nni svagamu.

Vitt.    A maccattari a frutta…

Ago.    Basta ca non accattamu racina!...

Vitt.     Come primo chi voi mangiari oggi.

Ago.     Penne alla rabbiata!

Vitt.      Io veramente cu stu aumento sugnu arrabbiata, non mi vànno le penna alla

              rabbiata.

                                    

Ago.      E tu ti mangi suli le penne!... (stanno per uscire, Pietro e Letizia con espressività)

Let.       Mamma , papà io e me frati avissimo a parlari cu vautri…

Ago.     Appena vinemu, stamu niscennu..

Pie.       E’ importante papà, non cia fazzu cchiù a non dirvelo.

Let.       Manco io papà, non videmu l’ura ca sapiti…

Vitt.     Mi faciti scantari a mamma, non è che tu si incinta e tu Pietro mittisti incita a

             qualcuna?

Pie.       No, state tranquilli..

Ago.    Allura niscemu o ritornu si nni parla.   (escono)

Pie.    Senti chi fazzu a soru, io ma vidiri cu Cristina, appena vennu non ti preoccupari

          ca ci liberiamo e capiranno. (bussano, entra Giuseppe Mangiaracina)

          Giuseppe ciao, comu mai chiccè…

Gius.   Comu mai, sentivo il bisogno forte di parlare con voi., a proposito, Pietro

             Cristina mi dissi ca ora vieni qua non c’è bisogno che la raggiungi…

Pie.      Menomali, stava niscennu…senti Giuseppe…

Gius.    Non dire nenti ca capisciu tutto...

Pie.      Io vado di là poi vengo  (và)    

 

Let.      Giuseppe… amore mio

Gius.    Letizia  vita della mia vita…

Let.      Giuseppe, tuo padre continua ancora ad umiliare i miei a livello economico

             ed umano.

Giu.      U sacciu, e mi vergogno assai, ma presto finirà e dovrà accettare tutto

             e se non accetta me ne strafrego. Anzi ai tuoi io sono deciso di dire tutto di noi.

Let.      Ma puru io ho deciso dire tutto…non mi sento più di nascondere ai genitori

             i miei sentimenti, anzi troppo è durata questa situazione. (Nel frattempo entrano

             i genitori, li vedono abbracciati e rimangono stupiti)

Giu.     Hai ragione fiorellino mio.

Ago.    Figlia mia, ma non ti chiami Letizia tu?! E picchi ti fai ch’amari fiorellino?

Vitt.    Bello però è fiorellino…

Let.     Papì…

Ago.    Letì…

Gius.    Signor… Agostì…

Vitt.     Giuseppì…

Ago.     Ma a finemu cu tutti sti accenti sulle ì ?! Eravati abbraccia…  o sunnu l’occhi

             mei ca mi ficiru uno scherze…ttì?

Vitt.      No u maritu l’occhi mei puru i stessi cosi chi vidisti tu vittiru…

Ago.     Certu, chi semu ciechi? Ora voglio sapiri tutto…

Let.       Pietro…

Ago.     Ma chi chiami aiuto?! (entra Pietro)

Pie.      Giuseppì, Letizì, mammì, papì…

Ago.    Finemula cu sti accenti e chiamamuni giusti.

Let.     Papà non ce la facevo più, io e Giuseppe siamo fidanzati.

Vitt.    Mamma mia chi sugnu cuntentaaaaa!

Ago.    E da quanto tempu? In deci minuti?

Giu.    Signor Agostino, signora Vittoria, è gia da sei mesi, io ho intenzioni serissime

            e la mia vita la voglio vedere solo con lei, non posso immaginare di non

            condividere senza di lei, le miei gioie, i giorni belli, le mie sofferenze…

Vitt.     Le sofferenze per ora ce li dà solo tuo padre.

Piet.      Papà, mamma, io è da quanto si sono messi assieme che lo so, volevo dirtelo…

Let.      Papà, mamma volevo dirvelo io…

Piet.     Volevamo dirvelo assieme…

Ago.     Putiavu fari o toccu!

Vitt.     Mamma mia chi sugnu cuntentaaaaaaaa…

Ago.    Vittoria esprime pure la tua contentezza, ma non allungari la a picchi mi duna

             fastidio.

Vitt.      Il dottore farmacista che dice.

Giu.       MIO padre non sa niente, ma prestissimo gli e lo dirò.

Ago.      Immagino la sua faccia, il suo cuore, il suo tormento, il suo lamento.

Gius.     Non mi interessa….

Ago.      Chiusa na porta si apri un purtuni…Quindi due farmacisti…

Let.       Papà, Giuseppe mi ha conosciuto prima che sapesse che io studiassi farmacia.

Giu.      Veramente io sapevo che era estetista…

Vitt.       Chissu è l’amuri veru…mamma mia chi sugnu cuntentaaaaa….

               (il marito la guarda) NO u maritu, mi firmavu in tempo!  

Ago.      Mi veni da ridere, non ci pozzu cridiri, semu imparentati cu farmacista…

               chiddu ca ogni tri misi ni fa fari sempre la lista…u dutturi  Evaristo…

               chiddu chi talia ma non cià mai visto…

     

Vitt.       Ma ora iddi lo devono sapere

 

Let. Pie.  Gius.    (Insieme) Al più presto… subito   ( bussano entra Cristina)

Cri.      Buongiorno sig. Mangiaracina, Signora Vittoria…non dite niente so tutto!

Vitt.      Signorina Cristina si accomodi, ormai siamo parenti, mi dispiace che mio

              figlio Giuseppe  non ha trovato ancora l’anima gemella, spero ca veni u jornu.  

Cri.        Scusate, non posso accomodarmi se prima non vado salutare il mio grande

              Amore…(Agos. Vitt. grande  mimica, espressività occhi spalancati)

Giu.      Genitori, Cristina ed io stiamo assieme.

Ago.     E da quanto? da tri minuti?!

Cri.       Da tantissimo tempo, da quando sapevo che facesse il Camionista

             e non la specializzazione in Oculista.

Ago.      Chiusa na porta…si aprunu du’ purtuni…

Vitt.      Mamma mia chi sugnu cu… cu…no canciu a tonalità…chi sugnu

             cunteeeeeeeeeenta.  (stavolta allunga la E)

   

Cri.       (le coppie di fidanzati assieme ed abbracciati) A me non interessa dei miei

              genitori, io amo Giuseppe da camionista ed da poco ho saputo che è quasi

              Oculista…

Gius.    Io amo Letizia da Estetista e anche io da poco ho saputo che è quasi farmacista.

             Loro ci hanno spiegato perchè no ci hanno detto subito la verità, pensavano

             che anche noi fossimo come mio padre.

Cri.       MA come mio padre c’è solo lui…

Ago.     Cari ragazzi, che vi devo dire, vostro padre è un osso duro.

Cri.      E noi  volente o dolente lo facciamo ammorbidire…

Giu.      Gli mettiamo un po’ di carne e se la spolpa…(tutti ridono)

Vitt.      MA chissu si che è veru Amuri…Mamma mia chi sugnu cu….

Ago.     Non lu diri picchi stavolta l’addiri io… Che megghio allungari la e o la a

             finale?!   (rispondono la coppie) LA  E…

            Mamma mia chi sugnu cunteeeeeeeeentu… Pietro, Cristina, noi siamo contenti

            perchè se voi vi amate, e vi amavate gia a prescindere dai titoli significa

            che l’Amore la cosa più bella più grande della vita,  l’avete conquistata e per

            conquistare questa bellezza infinita è difficile…perché oggi giorno si conosce il

            prezzo di tutto ma non si conosce il valore di niente.

Cri.     Ecco perché mio padre da qui esce sempre col mal di testa ed in crisi.

Gius.   Sign. Agostino, bella questa massima finale, ma di chi è di S. Agostino?

Ago.     No, stavolta chissa è di Mangiapane Agostino!   (Fine primo Atto)

I I°   A T T O

S C E N A  III°

(Agostino, Vittoria, Giuseppe, Cristina, Letizia, Pietro, Aurelia

(dopo circa tre mesi)

Vitt.    Agostino finalmente turnasti, eru in pinseri.

Ago.    Appi un incidente!

Vitt.     Comu fu, chi ti facisti u maritu!

Ago.     Ma non vidi ca sugnu ccà e non mi fici nenti…mi struppiavu sulu un po a

             gamba.

Vitt.      Matri u maritu, cià ma fari i raggi? Puru nella gamba esistono le cinque regole

              a b c d e…

Ago.     Si nella gamba esiste tutto l’alfabeto. MA finiscila, e calmati…

Vitt.     Ma comu fu u maritu.

Ago.     Cu nna machina!

Vitt.      Ma chi fa curria stu pazzu!

Ago.     No, non c’era nuddu ca guidava, a machina era posteggiata…io pi pinsari

             o farmacista mi sono distratto. Io penso ca chissu quannu si talia o specchiu si

             incazza cu iddu stessu e si sciarria sulu… 

Ago.    Comunque pinsamu a cosi belli, chi bella soddisfazione due figli laureati con

             110 e…

Vitt.      Chi bella soddisfazione due figli laureati con 110 e…

Ago.     Ma si lu dissi io picchi u ripeti!

Vitt.      Picchi i figli sunnu puri i mei.  Lode…U dissi giustu u maritu, prima dicia

              Loda…

Ago.   Di quantavi chi leggi, stai imparando molte cose, ma non ti mettiri in testa si

           superarmi.

Vitt.    E cu sapi, con un po’ di pazienza!

Ago.    Gia la pazienza!

Vitt.    LA pazienza è una virtù che si acquista con la pazienza .

Ago.    Chissa ancora non la sapia…pero non sai l’autore!

Vitt.    Alessandro Morandotti.

Ago.    Vittoria, appena veni u farmacista fra tia e mia si nni va chiangennu! Ma te lo

             immagini ca ancora non sapi nenti dei fidanzamenti…

Vitt.    E appena u sapi ci cadunu li denti!  (entra Letizia e Giuseppe)

Ago.    Giuseppe quantu soldi chi nna mangiatu to patri! Si veni nautra vota cu

             l’aumento, cià lassamu, damuni da fari pi circari nautra casa.

Giu.    Non c’è bisogno, di lassalla, picchi sta casa è intestata ammia e a me soru.

Vit.     Chi semu fortunati! Allura tutti sti aumenti?  (entrano Cristina e Pietro)

Giu.    Io e me soru non abbiamo mai saputo niente, e per delicatezza Letizia non mi ha

           detto mai niente.

Ago.   Giuseppe io non voglio che fai discussioni con tuo padre, ni circamu nautra casa

           e basta.

 

Cri.     Niente da fare, questa casa è nostra, e voi rimanete qua. Ancora mio padre non sa

            niente di noi, ma presto gli e lo diremo.

Vitt.    E’ proprio vero u maritu, chiusa na’ porta si aprunu tri purtuni.

Ago.    Tu ci nna mettiri sempre qualcunu superchiu, non ti bastanu già dui…

Giu.    Facciamo in modo di farglielo sapere quà in questa casa.

Cri.    Deve essere una sorpresa ma di quelle che non si aspettava mai.

Vitt.   Mischinu, ci resta siccu.  

Ago.   Megghiu siccu ca grossu. Fate conto che fra un po’ vengono per riscuotere

           l’affitto. Nascondetevi (bussano, entra Aurelia Mang. i ragazzi entrano nell’atra stanza)  

Aur.    Scusate il disturbo ma io ho trovato questi minuti per venire da voi e parlare.

Vitt.     Prego signora, si accomodi…preparo un’altra sedia per suo marito?

Aur.     Non c’è bisogno, perché aspetta me per venire qua, lui non sa niente di questa

             mia venuta.

Ago.    Cosa c’è signora Aurelia, ammia mi sembrava strano che fosse venuta sola a

            riscuotere.

Aur.     Io non sugnu patruna di nenti, ne di decidere, ne di venire da sola a riscuotere.

            E  mi vergogno soprattutto per questo aumento.

Ago.     Ma non è lei che decide di togliere le tre euro insomma i soldi spicci!

Aur.      Si, solo questo mi fa decidere, tanto per accontentarmi. Io mi scuso già fin

             d’ora per prima e per dopo, voi siete brava gente, umile, lavoratori, purtroppo

             mio marito ha avuto un’educazione diversa dalla mia, purtroppo mio padre

             aveva la stessa mentalità di mio marito e mi ha imposto di sposarmi, mentre

             mia madre in quel poco spazio, di nascosto mi insegnava i veri valori della vita.

             Anche io come mia madre ho cercato sempre di nascosto di insegnare ai miei

             figli l’umiltà e tutti quei valori che possono renderli migliori di fronte alla

             vita… sono due ragazzi di cuore, non sono come  mio marito anche se lui non

             ha fatto altro che insegnare la mania di grandezza ed altre cose che tutto

             possono essere ma non i veri valori della vita… io voglio che loro siano felici e

             non come me che…(escono i figli)

Giu.      E tu ci sei riuscita mamma ad insegnarci i veri valori della vita.

               

Aur.     Amori miei ma voi che fate qua! (le vanno incontro e l’abbracciano)

Cri.      Fra un po’ te lo diciamo, ma prima lasciaci dire che sei una mamma

            straordinaria che hai avuto il coraggio di venire da sola nonostante papà sia

            peggio di un controllore che vuole avere tutto sotto di sé…

Giu.     Tu mamma, nonostante papa ci riempiva la testa di ricchezze, di fidanzamenti

            adeguati alla nostra classe sociale, a guardare gli altri con un altro occhio,

            ad uscire soltanto con ragazzi universitari solo se figli di ricchi…ma noi mamma

            abbiamo solo preso quel poco spazio che tu avevi quando lui era assente e con

            la tua semplicità ci hai trasmesso questi valori che portiamo e porteremo per

            sempre.

Aur.     Figli miei, grazie spero che troverete la felicità in due ragazzi umili, non

            guardate il titolo di studio, la ricchezza o altro, guardate soltanto il loro cuore.

            Ora devo andare prima che si accorga che non sono a casa.

Cri.      Aspetta mamma…Pietro entra… (entra Pietro) Mamma Pietro è il mio ragazzo.

            Non è camionista ma già medico con 110 e lode e si stà specializzando in

            oculista.

Giu.      Signora grazie per tutto quello che ha detto.

Aur.      Son felicissima…

Giu.      Mamma sarai ancora più felice… Letizia puoi uscire…(esce Letizia salutando)

             Mamma Letizia è la mia fidanzata, la conoscevo come estetista, ma pensa

             si è laureata in farmacia con 110 e lode.

Aur.    Non ho parole, sono cosi felice che mi sento scoppiare il cuore.

Ago.    E’ megghiu che il cuore scoppi a suo marito!

Aur.     MA quando gli e lo direte…

Ago.     Appena viene con lei gli faremo un bella sorpresa.

Aur.     Mamma mia, non accetterà mai e chissà come ci resterà, ma una lezione di vita

            gli serve per imparare a ridimensionarsi un po’ e avere rispetto di tutti gli esseri

            umani. Adesso vado…(esprimendo gioia) Sono felicissima…auguri  di cuore.

            (bacia i figli ed esce)

                                                          S C E N A  IV°

(Agostino, Vittoria, Giuseppe, Cristina, Letizia, Pietro)

Cris.    Povera mamma, quanto ha sofferto.

Giu.     E tuttu stu tempu è rimasta zitta.

Let.      Giuseppe io non voglio che litigate con vostro padre.

Pie.     Noi non litighiamo, sarà lui a litigare da solo.

Ago.    Iddu è abituato a sciarriarisi da sulu…

Vit.      E comu si sciarria da sulu… 

Ago.     Iddu è praticu, è un professionista, quannu si talia o specchiu cusapi quantu voti

             u rompi e poi pensa di falla pagarvi a nauti aumentando l’affitto.        

Cri.       Deve imparare a trattare con rispetto i suoi simili.

giu.      Sorella i suoi simili!… comu iddu, c’è iddu sulu!

Pie.       Cristina, è meglio evitare e aspettare che capisca da solo.

Let.       Gia io dico questo, che non passerà molto a capire…

Vit.        Ma penso c’aviti ragiuni…

Pie.        Fate come volete, però io sono sicuro che lui da solo non capirà. Ma si pi

              capillu con uno che gli e lo fa capire, non lo capisce e manco con due lo

              capisce,  figuramuni da solo. Poi in ogni caso prima di capirlo da solo, a nautri

              a forza di aumento ni rusica vivi.

Giu.       Basta appena veni ci damu una bella lezione, a casa è nostra e iddu non po’ diri

              e non  po’ fari nenti.

Cri.        E anche si vulissi fari qualcosa non ci facemu fari nenti… Ora io e mio fratello

              ci facciamo una passeggiata, nel frattempo vediamo quando passa il nostro

              caro papà e poi ci facciamo vedere.

Ago.      Cristina, sarebbe meglio farvi vedere a uno a uno…

Giu.       Certo, prima io o mia sorella e poi l’altro…

Cri.        Cosi, con la prima verità ci piglia un colpo…

Giu.       Con la seconda verità u stinnicchiamu…    

             

Vit.        E si avissi a svenuri ccà dintra chi facemu.

Pie.        Prima chi cadi u pigghiamu…

Let.       E poi u facemu ripigghiari…

Ago.    Ma picchi vautri pinsati ca sveni?...Haiu i me dubbi, in ogni caso a farmacia

             è sempre aperta chidda soa…

Cri.     Va bene ci vediamo poi…(Cristina e Giuseppe salutano i fidanzati ed escono)

 

S C E N A  IV°

        (Agostino, Vittoria, Pietro, Letizia, Evaristo, Aurelia, Cristina, Giuseppe)

Ago.    Ora ca vulissi lassari sta casa con grande piacere, ci ritroviamo con un genero ed

            una nuora proprietari di sta casa ca non vonnu ca a lassamu. E poi di nna vota.

           

Cri.      Megghio cosi u maritu, ora ni facemu quattro risati,

Ago.    Certo ora tocca a iddu sapiri ca si ritrova con un genero ed una nuora tutti di nna

            vota. (bussano entrano Evaristo e la moglie)

Eva.     Buon giorno (salutano tutti)

Ago.    Dottore, anzi Farmacista forse è meglio!

Eva.     Dottore o farmacista, sempre dottore sono. Invece a lei lo chiamo semplicemente

            signor Agostino.

Vit.      Caro signor farmacista, essere originale è un pregio, volerlo essere è un difetto.

Eva.     Caro Agostino, hai fatto scuola alla mogliettina.

Vit.      Caro (con ironia) do… tto…re! Non per la scuola, ma per la vita si impara.

Eva.      E non mi chiami con questo tono e troppo staccato!

Aur.     Evaristo, siamo venuti per l’affitto non per altro, non facciamo perdere tempo ai

             signori.

Eva.     Ma Aurelia, avere questi scambi cosi elevati di cultura con delle persone semplici

            mi diverte.

Ago.    La semplicità caro dottore è la forma della vera grandezza.

Vit.      E la piccolezza caro (sempre con ironia)  far…ma…ci…sta… alberga nel cuore

            di chi si sente grande.

Eva.     E non mi chiami le ho detto con questo tono e questo stacco!

Vit.     E poi caro sign. Do…tto…re quali scambi, qua i saggi siamo solo noi a

            insegnarglieli…

Eva.    Insegnare? Bisogna vedere chi è capace ad imparare.

Eva.    Adesso basta signori…

Aur.    Evaristo dai dici quello che devi e lasciamoli in pace.

Eva.    Sig. Vittorio, mi dispiace ma da questo mese l’affitto è aumentato notevolmente

            e senza sconto da parte di mia moglie…

Aur.    MA…

Eva.    (Fulmineo) E senza sconto da parte di mia moglie. Abbiamo perso tanti soldi

            in questi mesi e dire che possiamo affittarla a chi potrebbe pagare di più,

            potevo fare il furbo ma non l’abbiamo fatto.

Ago.    Io penso che lei il furbo l’ha sempre fatto con noi e con sua moglie.

Vit.      Si puo’ essere più furbi di un altro, ma non più furbi di tutti gli altri.

Eva.     Ora mi sono stancato…

Aur.     Evaristo, ma che dici!

Eva.    Aurelia, zitta non hanno mai capito di quante volte li abbiamo aiutati.

Ago.    Caro  Do…tto…re!

Eva.     E non mi chiami cosi…Do…tto…re! con questo modo e con questo stacco!

Ago.     Va bene caro far…ma…ci…sta!

Eva.     (più arrabbiato) Le ho detto di non chiamarmi cosi!

Ago.    Caro sign.  Eva…ri…sto…

Eva.     Come si permette chiamarmi col mio nome…

Ago.    E come la chiamari cu nomi di un altro? (in quel momento entrano i figli di Ago.)

Pie. Let    (salutano)

Aur.    Buongiorno ragazzi…

Eva.    Mi dispiace ragazzi ma sono costretto a dire a vostro padre di lasciare la casa.

  

Aur.    Evaristo ma che dici… Non possiamo lasciarli senza che prima trovino un’altra

           sistemazione.

Ago.    Si signora Aurelia, certo ca putemu, picchi semu nautri ca ce ne andiamo.

            (bussano, entra Giuseppe.  Saluta )

Eva.    Giuseppe come mai qua…

Giu.    Sono venuto a controllare ed a salutare i signori Mangiapane e Letizia.

Eva.    Letizia!?

Ago.    MA perché siete amici?

Giu.    Da molto siamo amici.

Eva.    Mi dispiace lo stesso, ma stavo dicendo ai signori che se ne devono andare.

Giu.    (si avvicina a Letizia abbracciandola) Papà…

Eva.    Non mi dire niente, anche si di divertisti sunnu cosi passati…

Giu.    Papà ti presento Letizia, la mia fidanzata…

 Eva.   Chi…che…chi…che… una estetista! Tu stai scherzando.

Giu.    Papà ti presento Letizia laureata in farmacia con 110 e lode chiassi di mia.

        

Aur.    Una ragazza d’oro.

Eva.    No me figlio è d’oro e si lu voli acchialappari…ma vautri lasciate lo stesso la casa.

giu.     Papà la casa è mia e di mia sorella, non te lo scordare.

Aur.    Avi chi si lu scurdau!

Ago.    Noi no ci intromettiamo sono cose vostre!

Eva.    Ma ragiona Giuseppe, tu appartieni…

Giu.    Io appartengo alla famiglia Mangiapane, una famiglia normale, che tu hai cercato

           di farla diventare anormale con queste manie di grandezza.

Eva.     Aurelia ma tu non dici nenti?

Aur.     Non non ci intromettiamo…        

Giu.      In ogni caso non se ne vanno in maniera categorica.

Vit.       Si chiudi un purtuni e si apri un purticatu!

 

Eva.     Io m’ummaginava ca tu non ci pigghiasti nenti di mia, vidi si to soru…

            (bussano entra Cristina) Cristina menomali, stava parlannu di tia…

            to frati ‘mpazziu, i signori Mangiapane non stanno capennu nenti, to matri non

            s’intrometti, to frati dici ma non ci cridu ca è zitu con la signorina Letizia.

            Cristina stavo dicendo che tu sei diversa, dillo a tuo fratello, che la ca a è anche

            tua e non puo’ assolutamente…

Cri.     La casa è anche mia e assolutamente i signori Mangiapane non la devono lasciare.

          

Eva.    Ma tu si come tuo fratello?!

Cri.     Papà tu si unico, non ti accorgi ancora di quello che dici e di come agisci.

Eva.   Non ci pozzu cridiri, mancu si fussimu parenti.

Cri.    (si avvicina a Pietro e lo abbraccia) Papà ti presento il mio fidanzato…

Eva.   Non ci pozzu cridiri!

Aur.   E cridicci!

Eva.   Un camionista!

Cri.    Papà, Giuseppe l’ho conosciuto come camionista, in realtà è un medico

          oculista.

Eva.    Non ci pozzu cridiri!

Aur.    E cridicci!

Vit.     Criditicci!

Ago.    Criditicci!

Aur.    Evaristo, oculista chiddu ca vuliatu studiari tu.

Ago.    Megghio farmacista, asinò ci facia perdiri a tutti a vista.        

  

Eva.     Mi stati insultando non ci pozzu cridiri…

Aur.     Cridicci…

Vit.      Criditicci…

Ago.    Criditicci…

Pie.      Sig. Evaristo, lei è da una vita che insulta i miei genitori…

Let.      Sig. Evaristo, un po’ ciascuno non fa male a nessuno…

Giu.     Papà, non pensi che meriti questo?!

Let.     Papà non pensi che hai fatto tanti sbagli?!

Eva.    Non ci pozzu cridiri!...

Aur.    Cridicci….cridicci…

Cri.     Cridicci…

 

Giu.    Cridicci…  

(Tutti assieme la famiglia Mangiapane)  Criditicci!...

Eva.    Basta, sign. Agostino, lei pensa di aver vinto, ma in realtà lei rimane in bilico,

           prima o poi cadrà.

Ago.    Non tutto quello che vacilla cade!

Eva.     Chi mi po rappresentare, guardi la mia postura, guardi la sua, guardi i mei vestiti

             guardi i suoi…

Ago.     Ci sono scemenze ben presentate come ci sono scemi ben vestiti.

              Adesso basta lo dico io, farmacista dei miei stivali…

Eva.     Non mi dica dei miei stivali!

Ago.    Allora farmacista dei miei scarponcini!

Eva.     Non mi dica dei miei scarponcini…

Ago.     Allora dei miei sandali!

Eva.      (sempre più arrabbiato)

Ago.      (anche lui sempre di più) Allora farmacista senza calzini e a piedi nudi

               ca camina pigghia na spina e si rovina… Si ricordi sempre:

               Se uno vuole essere grande, deve cominciare ad essere piccolo, e lei non sa

               essere ne grande ne piccolo…Non irridere mai il prossimo, potrebbe essere

               migliore di te.  Io ho due figli, lei ha due figli, il caso ha voluto che questi

               ragazzi s’innamorassero anche a nostra insaputa fino a poco tempo fa,

               lei ci voleva cacciare da questa casa che da tempo veniva a riscuotere

               prendendosi gioco di noi con lo scherzetto dello sconticino. MA come lei ha

               capito…anzi ha visto, perché forse lei non potrà mai capire, in un primo

               momento si stava chiudendo una porta e con uno dei suoi figli si apriva

               un portone, poi con l’atro figlio si aprivano due portoni.

Aur.       Evaristo, andiamo è una lezione di vita che prima o poi doveva arrivare.

Cri.        Papà, spero che tu possa cambiare e chiedere scusa…

Giu.        Papà, se sai riconoscere i tuoi errori comincerai ad non essere più grande,

              ma diventerai piccolo per poi essere veramente grande.

Pie.        Tutto quello che si mette da parte col tempo raddoppia…

Let.       A volte la lingua è una lama tagliente che uccide più di un fucile…

Ago.     Io adesso voglio dire a questo gentile pubblico: nella vita, si passano momenti

             incredibilmente brutti, atroci, sembra che non possiamo uscirne più, ma con

             l’unione della famiglia, la forza dell’amore, la forza delle fede, dobbiamo

             cercare di non arrenderci, perché quando pensiamo che sia tutto finito, è il

             momento in cui tutto inizia.