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ciecati

Leonardo Gazzola

CIECHI

liberamente ispirato al "Paese dei ciechi" di H.G. Wells

2000

Testo non registrato in SIAE


Musica ed arrivano gli attori, suonando. Si salutano, cantano. Alla fine della canzone, cominciano a raccontare.

            A più di trecento miglia dal Monte Arap, e ad un centinaio dalle nevi del Cambidon, nelle più selvagge solitudini delle montagne nevose, si trova una misteriosa vallata fra i monti, separata da tutto il resto del mondo.

     Molti anni fa, questa vallata era accessibile solo dopo aver attraversato gole spaventose e dopo aver superato un perfido valico ghiacciato. Si potevano così raggiungere le sue praterie verdeggianti. E difatti degli uomini ci arrivavano; qualche famiglia o poco più di coloni mezzosangue che fuggivano dall'avidità dei governatori dell'epoca.

Rumore di tuono e frane fatto con i tamburi. Mimo del terremoto. In sottofondo mentre si raccontano le due battute seguenti.

     Ebbe poi luogo l'eruzione del Mindobamba, quando nella capitale ci furono diciassette giorni di notte. Di fila.

     Dovunque ci furono frane, disgeli, inondazioni... E un intero fianco della cresta del Monte Arap slittò, precipitando con un fragore pauroso, fino all'imbocco della vallata, precludendone per sempre...

     ???

     L'ingresso ad altri esseri umani.

     Ma al momento delle catastrofi, uno dei coloni mezzosangue che si erano installati nella vallata si trovava dall'altra parte della montagna e dovette rinunciare dolorosamente alla moglie, al figlioletto e agli altri abitanti amici suoi.

Antenato: Vengo dalla vallata... Sono uscito perché volevo trovare un rimedio per la cecità dei miei cari... Rimasti laggiù nella vallata...

Mormorii.

Antenato: Io... Io sono arrivato nella vallata con la mia famiglia quand'ero ancora un bambino piccolissimo. E' bellissimo là. Ci sono lunghe primavere, pascoli verdeggianti, acqua purissima; i ghiacciai incappucciano le cime delle creste che circondavano la vallata prima del cataclisma... Io... io non ci vedo quasi più.

Mormorii.

Antenato: Volevo guarire almeno mia moglie, quelli che lavorano... Non ci vedono più. Non ci sono preti nella valle... Devo comperare un altare... Bello. Anche a buon mercato. Io ho questa barra di argento. E' buono sapete? Così dovevo comprare un altare... Loro non ci vedono perché non abbiamo mai pensato di innalzare un altare nella valle... Non ci vedo quasi più. Io non... Io non... Come faccio se non torno indietro? Datemi una mano che non ci vedo...

Viene accompagnato fuori.

     Il pover'uomo non fece più ritorno alla vallata. Morì di rimpianto nelle miniere di carbone con la sua barra d'argento.

     Ma la misera storia da lui mal raccontata si andò poco a poco sviluppando di bocca a orecchio, di chiacchiera in chiacchiera, di racconto in racconto; fino a diventare la leggenda del Paese dei Ciechi.

Musica. Canto della leggenda del Paese dei Ciechi.

     Presso la piccola popolazione della valle, ormai completamente isolata e dimenticata, la malattia continuò il suo corso. Ai vecchi si offuscò sempre più la vista, se ne andavano qua e là a tentoni. I giovani ci vedevano ancora ma molto confuso. Quanto ai bambini, nascevano ormai completamente ciechi. La vista si era intorbidita così gradatamente che a malapena si accorgevano della sua perdita. Quando alla fine la vista si spense del tutto, la comunità si era così creata una vita ad occhi chiusi e sopravvisse. Ad una generazione seguì un'altra e così via. E arrivò il momento in cui nacque il bambino che inaugurò la quindicesima generazione dopo quella del lontano antenato che era partito con la barra d'argento per impetrare l'aiuto di Dio e che non aveva più fatto ritorno.

     Fu allora che un uomo del mondo esterno, circa trecentocinquanta anni dopo il cataclisma, mise per la prima volta piede in quello che l'immaginario popolare definiva da più di tre secoli "il paese dei ciechi".

     Si trattava di un montanaro originario dei paesi oltre le pianure, stabilitosi nella capitale, assunto come guida in una spedizione da un gruppo di turisti inglesi giunti lì per fare qualche ascensione. 

    

     L'uomo in questione era una giuda esperta ma, una sera, i membri della piccola spedizione, si accorsero che Nuñez non era più con loro.

Affannati, gli attori mimano e raccontano la scomparsa di Nuñez.

     I componenti della spedizione si erano aperti una via difficile e in verticale!

     Su fino all'orlo più ripido dell'ultimo precipizio!

     Avevano costruito con pietre nella neve, un piccolo riparo per la notte su di un ripiano di roccia!

Le grida e le ricerche si fanno spasmodiche.

     All'alba poterono vedere finalmente le tracce lasciate dalla caduta di Nuñez.

     E' scivolato giù in direzione est, verso il versante sconosciuto della montagna.

     Più giù deve essersi infilato dentro un pendio nevoso e finito trasportato da una valanga.

     La sua traccia finisce sull'orlo di quell'orrendo precipizio.

     E da lì non si vede più nulla.

     Sconvolti dalla sciagura,i turisti inglesi decisero di fare ritorno e di abbandonare la spedizione.

Tamburi più forti, arriva Nuñez, rotolando in scena.

Nuñez: (in semi-delirio) Come si sta bene a letto quando si è un po' malati... (canta) Cuando calienta el sol... Belle le mie lenzuolina di neve... A mi me gusta bailar... (riprendendosi un attimo) Dove sono? (si scrolla la neve di dosso, si tasta e si ricompone i vestiti - guarda in alto per capire da dove è caduto) Chanfle! Da lassù sono caduto? Ora ricordo! La spedizione con gli inglesi... Il campo per la notte... Porca miseria! Che caduta! (estrae una borraccia, beve e lentamente si sdraia e si addormenta)

Cinguettìo di uccellini e Nuñez si sveglia, si stiracchia.

     Sotto di lui si apriva un precipizio altrettanto ripido ma dietro il nevaio, nel canalone, scoprì una specie di fenditura dove sgocciolava della neve sciolta. Un uomo in situazione abbastanza disperata come la sua, potrebbe benissimo avventurarsi in quella fenditura.

     Nuñez si calò nel buco...

     E pervenne su di un altro dosso...

     Si inerpicò verso una fenditura orizzontale dalla quale filtrava della luce viva...

     Alla fine della quale scorse una vallata con dei prati verde intenso e... delle case.

Nuñez: Dove sono capitato? Che posto è mai questo? Dei sentieri così non ci sono nemmeno a Balai. Ma... dei sentieri con le ringhiere?

     Le case poi erano intonacate di vari colori con un'irregolarità curiosa: ora ocra, ora nero, ora rosso porpora... Non c'erano finestre, solo delle feritoie per fare passare l'aria.

Nuñez: Il tipo che ha fatto questo lavoro doveva essere cieco come una talpa! Che brutte case! Poi senza finestre!

Arrivano tre ciechi vicino a Nuñez.

Nuñez: Oh, bene, arriva qualcuno. (gesticola per farsi vedere) Oh! (i tre si fermano) Sono qua! (i tre rimangono immobili, con le orecchie tese verso di lui) Sono qui!! Ma non ci vedete?! (si avvicina ai tre e constata che sono effettivamente ciechi) Sì.

I tre annusano l'aria e stanno vicini come spaventati. Attendono.

Nuñez: Che sia capitato nel Paese dei Ciechi?

     Un sensazione di meravigliosa avventura lo pervase, mentre gli veniva in mente un famoso proverbio: "nel paese dei ciechi, l'orbo è re".

Nuñez: Nel paese dei ciechi, l'orbo è re. Buongiorno...

Patik: Di dove viene, fratello Yanga?

Yanga: Fuori dalle rocce.

Nuñez: Da sopra le montagne.

Correa: Fa dei versi strani.

Nuñez: Vengo dal paese dove gli uomini possono vedere. Da Balai dove ci sono milioni di abitanti e la città si estende a perdita di vista.

Yanga: Vista? Vista?

Correa: Hai ragione, viene fuori dalle rocce.

Patik: (afferrando Nuñez) Vieni qui.

Lo palpano esaminandolo.

Yanga: Che strana creatura, Correa. Senti che capelli ruvidi.

Correa: E' rozzo come le rocce che l'hanno generato.

Gli toccano gli occhi e ridono a questa stranezza.

Nuñez: Attenzione!

Patik: Comunque parla. E' un uomo di certo.

Yanga: Forse si ingentilirà.

Nuñez: Vengo da oltre le montagne e i ghiacciai. Proprio da lassù. (indica ma nessuno lo segue) a mezza via dal giro del sole. A dodici giorni di marcia dal mare... (si scoraggia)

Correa: I nostri antenati ci hanno insegnato che gli uomini possono essere creati anche da forze della natura come l'umidità...

Yanga: Dalla putrefazione, soprattutto.

Patik: Portiamolo agli anziani.(prendono Nuñez per mano)

Nuñez: Posso vedere, grazie.

Correa: Vedere?

Nuñez: Sì, vedere! Vedere! (si divincola ma incespica nel secchio di Patik e cade aterra)

Patik: I suoi sensi sono ancora imperfetti.

Correa: Incespica e dice parole senza senso.

Patik: Conducilo per mano.

Nuñez: (con un sorriso di superiorità) Come volete.

Yanga: Chiamiamo prima, perché i bambini non si spaventino. Questo è un caso straordinario.

Urlano e chiamano in scena altri abitanti del Paese dei Ciechi.

Tamburi che sottolineano tutta la scena. Tutti gli abitanti del paese dei Ciechi palpano Nuñez e discutono tra loro. Sono dei palpeggiamenti dolci, delicati come le loro voci.

Ogni tanto si sente Yanga ribadire che si tratta di una creatura selvaggia generata dalle rocce. I tamburi calano.

Nuñez: No. Da Balai. Vengo da Balai. Oltre le montagne.

Santiago: Ma dice cose senza senso.

Yanga: No, è un selvaggio e dice parole da selvaggio.

Yacob: "Balai"? "Balai"? Che vuol dire "Balai"?

Una ragazzina lo pizzica ad un braccio e lo prende in giro dicendo: "Balai".

Saroté: (stupita) Non sente le persone vicino a lui.

Correa: Ha inciampato venendo qui, i suoi sensi sono imperfetti.

Nunez incespica e così facendo colpisce un cieco che cade con un piccolo gridolino di dolore. Una quantità di mani lo afferrano e lo tengono fermo.

Nuñez: Scusatemi, sono inciampato. non ci vedevo niente in questo buio pesto.

Mormorii di curiosità.

Correa: E' appena formato da fuori le rocce. Incespica nel camminare e mescola parole senza senso nel suo discorso.

Mormorii di approvazione, di gente che ha capito.

Nuñez: Posso mettermi a sedere? Cercherò di non urtare più nessuno.

Mormorii vari dopo i quali lo lasciano. Nuñez si siede davanti ad un anziano.

Yacob (un anziano): Chi sei, dunque?

Santiago (altro anziano): Da dove vieni?

Nuñez: Ve l'ho detto. Vengo da Balai.

Correa: Presumiamo che si chiami Balai. Continua a ripetere quella parola.

Dottore: Bene. Sentiamolo un po'. Vieni qui, Balai. (lo tocca in faccia) Senti, senti... E' un po' deforme qui... (palpa gli occhi)

Nuñez: Attenzione!

Yacob: Bisognerà istruirlo.

Nuñez: Ma sono io che vi devo insegnare tutto. Voi non vedete! Voi non sapete che cos'è il mondo. Sopra di noi c'è il cielo, l'immensità azzurra che sovrasta tutta la terra. Poi c'è il sole. Sentite quando fa caldo, no? Ecco è una grande palla infuocata lassù nel cielo che ci illumina e riscalda; Io so tutto di queste cose, ve le insegnerò. E dietro alle montagne c'è il mare, che è un'enorme distesa d'acqua sempre in movimento con le sue onde bianche e i flutti blu... (si smorza perché capisce che nessuno a capito nulla)

Santiago: (con la pazienza con la quale si spiega ad un bambino) Allora; tu sei appena uscito dalle rocce e non c'è ancora ordine nelle tue impressioni. L'ordine è importante. Ascolta con attenzione adesso.

Yacob: Con attenzione. La tua mente non è ancora formata.

Santiago: La vita è un dono divino e noi dobbiamo ringraziare Dio per avercela data. Gli uomini non possono capire qual'è la loro condizione se non con la fede e dopo aver studiato. Il mondo in origine non era altro che una cavità vuota tra le rocce; dapprima si popolò di cose inanimate e prive del dono del tatto, poi vennero i lama ed altre creature dotate di scarso senso ed infine noi umani. In mezzo a noi ci sono gli angeli che ci sentono e ci seguono durante il nostro circolare nel mondo.

Nuñez: Angeli?

Santiago: Sì, angeli. Forse tu non li puoi ancora udire perché sei un selvaggio, ma quando sarai formato, potrai sentirli cantare, fischiare e anche sentire le loro ali frusciare vicino a te. Ma a noi uomini non è consentito toccarli, nessuno ci è mai riuscito.

Nuñez: Ma sono gli uccelli! Altro che angeli! Ma certo voi non li potete vedere.

Mormorii che ripetono la parola "vedere".

Dottore: E' ovvio che Balai ci è stato inviato per essere istruito e coltivato.. Ci vorrà pazienza ma ce la faremo: non mi sembra completamente scemo.

Nuñez: Ma guarda un po'... (tra sé e sé) E... ma verrà il mio momento...

Santiago: Proseguiamo dunque. Scoprirai da te che il tempo è stato diviso in caldo e freddo che si alternano continuamente. Ora: è bene dormire nel periodo caldo e lavorare in quello freddo.

Nuñez: Quindi voi lavorate di notte? Ma come... Ah, già. Scusate, domanda stupida.

Yacob: Continua a fare domande stupide ma a volte se ne rende conto.

Dottore: Sono sicuro che ce la farà a diventare una persona a tutti gli effetti.

Mormorii di incoraggiamento.

Santiago: Per questo periodo, direi chepuò bastare. Andiamo a dormire che il periodo caldo è già cominciato da un pezzo.

Yacob: Sai dormire?

Nuñez: Sì, so dormire ma prima ho bisogno di cibo; è da tanto che non mangio. Voi mangiate, vero? Esiste la parola "mangiare"?

Yacob: Sì che esiste. Anche se non è il periodo giusto per mangiare. Portategli da mangiare.

Una donna porta da mangiare una ciotola di latte e dei pezzi di pane secco. Tutti lo salutano e vanno a dormire.

Nuñez si mette a mangiare facendo un rumore eccessivo. I ciechi tornano in scena e lo allontanano gentilmente, spiegandogli che così non riescono a dormire. Nuñez finisce di mangiare in disparte.

Nuñez: (ridacchiando tra sé e sé) "Una mente non ancora formata!", "Sensi imperfetti!" Non sospettano neppure lontanamente che sono il loro Signore e Padrone inviato dal Cielo. Adesso ci penserò un po' su per come fare... Nel paese dei ciechi l'orbo è re... Nel paese dei ciechi l'orbo è re...

     Più tardi, mentre un tramonto spettacolare infiammava i pendii nevosi, Nuñez ringraziava Dio dello splendido dono della vista che aveva ricevuto.

     E si accorse che aveva passato la notte in bianco... cioè il giorno in... Insomma: il periodo caldo in bianco.

     Bianco?? Che vuol dire?

Yanga: Ehi Balai! Vieni qui.

Nuñez: (tra sé e sé) Ora vedranno. (si sposta silenziosamente dal sentiero)

Yanga: Non calpestare l'erba, Balai. E' vietato.

Nuñez: (stupito, tornando indietro) Sono qui.

Yanga: Perché non sei venuto quando ti ho chiamato? Ti devi fare condurre come un bambino? Devi imparare a sentire la strada mentre cammini.

Nuñez: Posso vederla.

Yanga: Smettila con queste sciocchezze e segui il rumore dei miei passi. (pausa) Imparerai. Ci sono tante cose da imparare a questo mondo.

Nuñez: Non immagini nemmeno quante. Non lo sai che nel paese dei ciechi l'orbo è re?

Yanga: Orbo? Ciechi? Devi sforzarti di non dire parole senza senso.

Yacob: (arrivando e annusando con sua figlia Saroté) Sta arrivando Yanga.

Saroté: C'è anche Balai.

Yanga: Salute, Yacob. Salve Saroté.

Yacob: Yanga. Porta Balai sul sentiero cinque e mettilo sul campo di destra assieme a Patik. E' bene che sia accompagnato all'inizio.

Nuñez: Ma non ci si vede a lavorare i campi di notte. (perplessità generale) Ascoltate. Io vi insegnerò tante cose e, vista la vostra abilità nel muovervi anche senza vedere, sarete dei buoni sudditi. Io sarò il vostro re e...

Yacob: Dì a Patik di stargli vicino perché dice ancora parole senza senso ed il suo comportamento non è molto normale.

Yanga: Vieni. Per mangiare, bisogna prima lavorare.

Nuñez: Sì al buio... (inciampa perché non vede un paletto)

Yanga: Vieni dietro di me. Dammi la mano.

Nuñez: Siamo a posto! Farmi dare la mano da un cieco! Vai avanti che ti seguo benissimo.

Yanga: (sospirando pazientemente) Come vuoi. Segui il mio rumore e stai attento.

Escono con Nuñez che sospira. Inizia il balletto dei campi. Musica ritmata e canzone di tipo cantilena. I movimenti mimici dei ciechi sono precisissimi e ripetuti. Zappano, raccolgono, accumulano.

     Era stupefacente accorgersi con quanta sicurezza e precisione si muovevano nel loro mondo. Ogni cosa era adattata ai loro bisogni. Le strade ed i sentieri erano posti ad angolatura costante e si distinguevano tra di loro per le diverse tacche che avevano nei corrimani. Tutti gli inciampi e le irregolarità erano state tolte da tempo sia sui sentieri che nei prati.

La gente di quel luogo conduceva una vita semplice e serena. Non si ammazzavano di lavoro ma lavoravano sufficientemente per avere di che mangiare e vestirsi. Avevano periodi di vacanza e giorni di riposo.

Finisce il mimo dei campi.

     Passarono cinque giorni e il sesto giorno trovò il Re dei Ciechi ancora in incognito. Intento ad imparare goffamente un mestiere.

     Capì che proclamarsi re era molto più difficile di quanto pensasse ma decise che l'abitudine di lavorare di notte e dormire di giorno sarebbe stata la prima che avrebbe cambiato.

Entra Nuñez seguito dai ciechi.

Nuñez: Dovete lasciarmi la possibilità di spiegarvi. Voi dite che i miei sensi sono imperfetti e che dico parole senza senso ma...

Saroté: Parla, ti ascoltiamo.

Mormorii.

Saroté: E perché no? I saggi ci dicono che bisogna conoscere bene le persone con le quali vivi. E Balai ora vive con noi.

Mormorii.

Patik: Ti ascoltiamo, Balai.

Nuñez: Allora: voi dite che la parola "vedere" non esiste. Va bene. Allora diciamo così: io so che ci sono delle cose fuori da questa valle.

Yanga: Quali cose? Noi sentiamo tutte le cose che esistono.

Nuñez: No. Voi sentite solo le cose dentro questa valle. Ma sopra ci sono le montagne e più in alto ancora il cielo che è infinito e dove ci sono le stelle.

Correa: No. Gli anziani sanno che sopra di noi c'è il Tetto Liscio che copre il mondo. Da lì viene giù la pioggia, la rugiada e il vento.

Nuñez: Non c'è nessun tetto. Io che posso vedere, vi dico...

Patik: Se vuoi che ti capiamo, devi parlare con le parole che esistono.

Yanga: Poi non ci può essere il cielo. Infinito perché? Per chi?

Mormorii di panico all'idea di una cosa infinita sopra le loro teste.

Nuñez: Ma dovete credermi. Io posso dirvi esattamente quello che succede in questo villaggio. Lasciatemi andare sul grande muro domani e vi racconterò tutto quello che fate al villaggio.

Mentre Nuñez mima di raccontare e i ciechi di ascoltare, scuotendo la testa e consultandosi tra loro ogni tanto:

     E Nuñez il giorno dopo descrisse gli andirivieni del villaggio dalla notte alla mattina; chi entrava da una capanna, chi lavorava i campi, chi pascolava gli animali, eccetera.

Patik: Queste cose le sappiamo anche noi. Dicci cosa succede dentro le capanne.

Nuñez: Ma sono senza finestre. Io non posso vedere attraverso i muri.

Mormorii di disapprovazione al sentire la parola "vedere" e di delusione per non poter sapere ciò che succede nelle capanne. Intanto Santiago si sta avvicinando al gruppo.

Nuñez: Ascoltate. Io vi posso dire che fra poco Santiago sarà qui.

Yanga: Questa è proprio una sciocchezza. Santiago non ha nulla da fare sul sentiero diciassette, oggi.

Infatti Santiago svolta in un viottolo laterale e scompare.

Nuñez: No... Non verrà più.

Correa: Ora sei ragionevole.

Mentre Nuñez continua a gesticolare e i ciechi a scuotere la testa.

     Fu dopo questo tentativo che Nuñez decise di adoperare la forza!

     Oooooh!! (stupore e scandalo)

Nuñez: Adesso ne sbatto a terra uno o due e dimostro così di avere un bel vantaggio su di loro.(brandisce un badile ma si ferma, perplesso)

     Ma ebbe la coscienza che non avrebbe potuto colpire un cieco a sangue freddo, così.

Correa: (tendendo l'orecchio e poi annusando) Balai, metti giù il badile.

Nuñez: (impaurito) Non è possibile. (spinge a terra un cieco con il badile, si divincola e scappa)

Tamburi forte. La scena successiva è una specie di "danza" alla ricerca di Nuñez. Mormorii tra i ciechi. Si organizzano e fiutano le sue tracce. Le trovano e si muovono nella sua direzione. Ogni tanto si fermano per consultarsi e per annusare. Nuñez prima ride, poi, vedendo che si avvicinano con bastoni e badili, si preoccupa. I ciechi si fanno sempre più vicini.

Nuñez: Se mi toccate vi colpirò. Vi colpirò tutti! (silenzio, i ciechi annusano) Ascoltate! Io ho deciso che sarò il vostro re! Capito?! Vuol dire che farò di questa valle quello che voglio!

Santiago: Prendetelo. E tenetelo fermo.

I ciechi si avvicinano.

Nuñez: Lasciatemi stare! Voi non capite! Non potete capire! Io ci vedo e voi siete ciechi! Siete degli andicappatissimi e maledetti ciechi!!

Yacob: Balai, metti giù il badile e vieni giù dall'erba. Non si può.

Nuñez scappa, impaurito. Viene raggiunto dai ciechi che, roteando dei bastoni ed annusando, lo raggiungono. Nuñez è accerchiato. Tira una badilata addosso ad un cieco e fugge via urlando terrorizzato. Termina il ritmo dei tamburi.

     Nuñez preso dal panico, scappò sui pendii, oltre il muro e si lasciò andare esausto su di una roccia.

     E così ebbe fine il suo tentativo di colpo di stato.

     Per due notti e due giorni rimase fuori dal muro che chiudeva la valle dei ciechi senza cibo né riposo. Continuava a rimuginare su come avrebbe potuto prendere il potere su quella gente.

     Ma più ci pensava, più si rendeva conto che tutto ciò sarebbe stato vano.

     E più passava il tempo più sentiva paura e fame.

     Così decise di tornare al Paese e di patteggiare.

Nuñez barcolla e chiama i ciechi. Arrivano alcuni abitanti.

Nuñez: Fatemi tornare. Ero pazzo. Ma perché sono fatto da poco. Non sono ancora sviluppato.

Mormorio di approvazione.

Yacob: Così va meglio.

Nuñez: Sono pentito... (singhiozza) Sono debole e malato, adesso.

Patik: Va bene, va bene. Ma credi ancora di poter "vedere"?

Nuñez: No. E' una invenzione che non significa nulla.

Mormorii di approvazione.

Correa: E che cosa c'è sopra le nostre teste?

Nuñez: Un tetto fatto di roccia liscia. (singhiozza di nuovo) Adesso datemi da mangiare altrimenti svengo!

Tamburi.

     Si aspettava punizioni terribili ma anche questo concetto da tempo non esisteva nel paese dei ciechi. Considerarono la sua azione come una ulteriore prova della sua inferiorità e lo adibirono ai lavori più umili e semplici.

     Non vedendo altra possibilità, faceva tutto quello che gli ordinavano. Ma siccome nessuno si ammazzava di lavoro in quella valle, aveva anche il tempo di godersi la vita.

     In particolare, aveva attirato la sua attenzione Saroté, la figlia del saggio Yacob. Nuñez non aveva mai considerato che in quella valle avrebbe potuto anche emozionarsi, così; quando cominciò a sentirsi più felice, più leggero e più sereno ogni volta che incontrava Saroté... Fu dapprima stupito ma in seguito prese a ricercare dei momenti da passare con lei.

In scena c'è Saroté. Entra Nuñez, stanco dal lavoro.

Saroté: Buona fine lavoro, Balai.

Nuñez: Salute, Saroté. Posso sedermi vicino a te?

Saroté: Sì, sì... mi fa piacere.

Nuñez: Tutti nel tuo villaggio mi giudicano un essere strano ed inferiore. Alcuni mi chiamano anche selvaggio.

Saroté: Bé io penso che tu sia... Sì, diverso. In alcune cose sei così diverso; dici delle cose che nessun altro dice.

Nuñez: Pensi che io sia pazzo?

Saroté: Ma no... Io penso solo che tu abbia una grande immaginazione che ti fa dire delle cose così... diverse.

Nuñez: Diverse?

Saroté: Diverse... ma anche belle. Mi piace ascoltarti.

Nuñez: Davvero?! Mi stai ad ascoltare?

Saroté: Oh sì. Sempre. Anche se non ti capisco, ti ascolto sempre.

Nuñez: Vedi, mi è difficile spiegarmi, perché voi non mi potete capire. Io vengo da un altro mondo, dove ci sono altri uomini come me. Come voi. Capisci?

Saroté: (ridendo) Mi piacciono le tue fantasie.

Nuñez: Fantasie? Ma il mondo...

Saroté: Spero solo che gli anziani non mi sentano mentre ti do retta. Nel mondo non ci sono altri uomini.

Nuñez: No, in questo mondo no. Ma dietro alle rocce, dietro le montagne, vivono milioni di persone. E vivono in modo diverso da voi perché possono vedere.

Saroté: (un po' spaventata) Vedere? Ancora questo vedere?

Nuñez: Ma sì, vedere! Con gli occhi! Questi. (le accarezza gli occhi) A cosa pensi che servano? Serve a percepire con un altro senso che non sia l'udito, il tatto o l'olfatto. E' avere una panoramica globale delle cose. Anche da lontano.

Saroté: (dispiaciuta) No, non capisco cosa stai dicendo.

Nuñez: Ti ho annoiata, vero? Adesso sembro pazzo anche a te?

Saroté: Ma no, te l'ho detto. Mi piacciono le tue fantasie. Davvero. Tu con me puoi parlarne quanto ne vuoi.

Nuñez: (prendendole la mano) Oh, tu capisci, vero che capisci? Vedrai che un giorno tu capirai!

Saroté: Vedrai?

Nuñez: Sìììì... Volevo dire che tu... capirai... o forse no?

Mentre Nuñez e Saroté continuano a parlare.

     Saroté, la figlia del saggio Yacob non era considerata molto bella. Forse perché aveva le orbite degli occhi non abbastanza infossate ed il viso presentava tratti marcati. Il contrario del canone della bellezza in quel paese che era di avere un viso piatto al tatto.

     Forse anche per questo, Saroté non era ancora sposata.

Saroté: Adesso lasciami andare che sta arrivano il tempo caldo. Mio padre si arrabbia se non rispetto le regole.

Nuñez: Ci possiamo riveder... Voglio dire ci potremo toccare ancora?

Saroté: (con un sorriso) Ma come andiamo in fretta. Faresti bene ad andare a dormire anche tu. (si allontana)

Nuñez: (rimasto solo, sospira) Eh, Saroté. Dolce Saroté. Questa vita assurda alla quale sono condannato potrebbe avere un senso con te. Poi tu capisci, sono sicuro che capisci. Capisci come soffro ad essere solo. Oh, Saroté, dimmi di sì e io dimenticherò di essere in questa valle. (si guarda attorno un po' avvilito) La valle dei ciechi...

     Da quel giorno la valle divenne un po' il suo mondo. Nella sua mente si faceva gradatamente strada l'amore tanto che perse la timidezza e decise di chiederla in moglie.

     Il matrimonio fu dapprima nettamente contrastato da tutti quanti. Nuñez ricevette un secco no. Poi, quando Saroté passava il tempo a piangere dal dispiacere sulla spalla di suo padre, questi si decise a convocare il consiglio degli anziani.

Gli anziani sono in scena.

Yacob: Io capisco. Capisco ma la felicità di mia figlia mi sta più a cuore.

Santiago: Yacob, non si tratta di tua figlia. Qui si tratta di non contaminare la razza mescolandoci con un essere inferiore.

Yanga: Pensa un po' come verranno fuori i loro figli.

Patik: A me sembra che uno come Balai basti e avanzi.

Yacob: Mi sono permesso di sottoporre il problema al dottore e mi ha detto che avrebbe studiato il caso.

Dottore: Sì, Yacob. Ho visitato Balai. Il suo caso mi sembra chiarito. Ritengo molto probabile che lo si possa curare.

Yacob: E' quello che ho sempre sperato.

Dottore: Il suo cervello è ammalato.

Mormorii di approvazione.

Dottore: Ma qual'è la causa della sua malattia?

Yacob: Eh.

Dottore: Ecco. Sono gli occhi: quelle cavità ai lati della sommità del naso. Le sue sono piene di questi due bulbi enormi e sempre in movimento. Data la posizione di vicinanza con il cervello, questi bulbi abnormi, irritano e distraggono continuamente la sua mente.

Yacob: Ma davvero?

Dottore: Penso di poter affermare con ragionevole sicurezza che per ottenere una completa guarigione, non ci sia bisogno che di una piccola e semplice operazione chirurgica. Bisogna rimuovere quei bulbi che producono l'irritazione.

Yacob: Sia lodato il cielo e la scienza! Vado subito a dirlo a Balai.

Mormorii. Buio.

In scena ci sono Yacob e Nuñez.

Yacob: Caro Balai, ho una bella notizia. Il consiglio ha deciso di consentire alla tua unione con mia figlia Saroté.

Nuñez: Oh, che gioia. Adesso sento di poter sacrificare il resto dei miei giorni in questa valle.

Yacob: Prima però ti dobbiamo fare una piccola operazione per portarti al nostro livello.

Nuñez: Operazione?

Yacob: Sì. Ti toglieremo i bulbi degli occhi che tanto hanno danneggiato il tuo cervello.

Nuñez:(spaventato) Mi volete cavare gli occhi?!

Yacob: Sì, sì. Una volta rimossi, ti accorgerai che finora eri in uno stato di distrazione e capirai com'è un cervello che funziona.

Nuñez: Ma voi siete pazzi! Mi volete accecare?! Non vi lascerò mai...

Yacob: Dal tuo tono direi che non t'importa nulla di mia figlia. Saroté, vieni qui.

Saroté: (arrivando) Eccomi, papà. Cosa è stato deciso?

Yacob: Il consiglio ha deciso di accettare la vostra unione. Ma prima Balai deve sottoporsi ad un'operazione per asportargli i bulbi che ha negli occhi. E lui si rifiuta.

Saroté: (incredula) Ma perché, perché?

Nuñez: Saroté, non vorrai che io perda la vista?

Yacob: Ecco che ricomincia. Io vi lascio. Prova tu se riesci a convincerlo. (esce)

Saroté: Perché fai così? Non te ne importa nulla di me?

Nuñez: Ma certo che ci tengo. Ci tengo tantissimo. Tu sei l'unica persona che mi ha fatto dimenticare di essere fuori dal mondo. Tu mi ricordi le donne della capitale e di Balai. Ma tu cerca di capire me. Io non posso perdere la vista. Perché non capisci?

Saroté: Io mi voglio unire a te.

Nuñez: La vista è il mio mondo.

Saroté: E io non sono il tuo mondo?

Nuñez: Ci sono tante belle cose da vedere al mondo. I fiori, i licheni tra le rocce, la lucentezza morbida di una pelliccia, il cielo lontano con il suo vagabondare di nuvole, i tramonti e le stelle. E poi ci sei tu. Sopratutto ci sei tu. Vedere la tua faccia serena, le tue tenere labbra, le tue belle mani intrecciate... E' per questi occhi che mi hai conquistato, sono essi che mi tengono legato a te. Sì, proprio questi occhi che quei cretini vogliono togliermi. Se così avvenisse poteri ancora toccarti, sentirti ma VE-DER-TI mai più. Dovrei vivere sotto il tetto di roccia della vostra immaginazione. No, vero... Non vorresti che lo facessi?

Saroté: Vorrei, per una volta, non sentirti parlare così.

Nuñez: Così come?

Saroté: Lo so che sono dei bei pensieri. E' una bella favola, un frutto della tua immaginazione. Mi piace tanto ma ora...

Nuñez: Ora?

Saroté: Ora... Devo pensare alla mia discendenza... Voglio dei figli... normali. Ed il pensiero che essi possano un giorno parlare come te...

Nuñez: Vuoi dire che pensi che io starei meglio se...

Saroté: Io lo penso, lo pensa tutto il paese. Sarebbe molto meglio, credimi. (pausa) Ma se tu vuoi continuare a sognare, se preferisci continuare nelle tue idee assurde. Io... ti lascio libero. (piange)

Nuñez: (commosso, la abbraccia) Cara... Cara... E se... Se io acconsentissi?

Saroté: (avvinghiandosi a lui piangendo) Oh, se tu lo volessi, se soltanto tu lo volessi!

Continuano a parlare ed ad abbracciarsi, mentre:

     Durante la settimana che precedette l'operazione che avrebbe dovuto sollevarlo dalla sua condizione di inferiorità, Nuñez non dormì un solo istante. Nelle ore più calde, mentre tutto il Paese dormiva, se ne stette ad arrovellarsi tra campi e pendii. L'ultimo giorno della sua vista si intrattenne un po' più a lungo con Saroté prima di lasciarla andare a letto.

Nuñez: Domani non vedrò più.

Saroté: (commossa e contenta) Oh, caro! (pausa) Sai, ti faranno un po' male e sarà per me che affronterai questo. Oh, caro con tutto quello che il cuore e la vita di una donna possono essere capaci, ti ricompenserò per sempre.

Nuñez: Domani non vedrò più. Devo salutare tutto ciò che vedo perché domani non vedrò più. Addio sole, addio luce, addio cielo, addio splendide visioni della natura. E addio anche a te; domani non ti vedrò più, stupenda visione. (si china su di lei, la bacia, si alza e si allontana)

Buio, Saroté esce. Musica e canti. Si festeggia l'ingresso di un nuovo membro "normale" nella comunità. Avviene una danza che prevede un contatto molto stretto tra i "danzatori" che si muovono per il gusto di fare "sentire" al partner i propri movimenti. Nuñez rimane appartato e non partecipa alla festa. Finita la festa, escono tutti tranne lui.

Nuñez: (camminando) Vedo, vedo i prati costellati di candidi narcisi, voglio ammirarli fino all'ora del mio sacrificio. Vedo, vedo il mattino scendere dai dirupi, splendente come un angelo vestito d'oro. Di fronte a tanta meraviglia tutto è un abisso di orrore. Io, i ciechi, Saroté. Vedo, vedo il ghiaccio illuminato dal sole, vedo la loro infinita bellezza. E volo, volo oltre le montagne e vedo le pendici dall'altra parte; degradano fino a Balai. Balai! Un miracolo di moltitudine turbinante, una gloria di sole di giorno ed un mistero luminoso nella notte; palazzi, fontane, statue e bianche case. E vedo oltre Balai, fino al mondo ancor più vasto, attraverso città e villaggi, foreste e luoghi disabitati e... il mare. Fino al mare dove ci sono i grandi piroscafi che sollevano spruzzi di schiuma. E poi ripartono verso il mare infinito con sopra il cielo infinito. (grida) Che non finisce mai!!! Voglio arrampicarmi su per quel canalone, poi passo in mezzo a quel bosco e da lì? Mah, forse c'è una gola praticabile... E poi la neve... (si allontana)E se mi arrampico ancora, salgo più in alto, poi...

     Quando giunse il tramonto, non si arrampicava più ma era molto lontano ed in alto. Il suo vestito era a pezzi ed aveva macchie di sangue e contusioni. Ma stava sdraiato come se fosse del tutto a suo agio e un sorriso aleggiava sul suo volto. Da dove si stava riposando, la valle dei ciechi appariva come in fondo ad un pozzo. I paese del quale doveva diventare re. Faceva già scuro ma le cime delle montagne intorno a lui erano tutte luce e fiamma.

     Piccoli particolari delle rocce gli stavano accanto: una vena di minerale verde, qua e là le sfaccettature ed il baluginìo del cristallo, un minuscolo lichene color arancio... proprio lì, vicino a lui.

     Lo splendore del tramonto passò e scese la notte. Egli continuava a giacere al gelido chiarore delle stelle.

fine