Coltiviamo in pace i nostri giardini

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COLTIVIAMO IN PACE

I NOSTRI GIARDINI

Commedia in tre atti

di GEORGES ROLAND

Versione italiana Cesare Meano

PERSONAGGI

SIMONA 

MICHELINE AUBURTIN 

ANDRÉ LABICHE, autista del Delegato Francese 

CLAM SNYDER, autista del Delegato Americano 

ALEXEY SMIRNOFF, autista del Delegato Russo 

BERNARD G. SMITH autista del Dele­gato Inglese 

GIUSEPPE

L'UOMO DALLA MANTELLA

Tutti e tre gli atti si svolgono nell'alloggio della servitù del Castello d'Estompière, poco lontano da Parigi. Epoca: molto presente.


Siamo nell'alloggio della servitù, in un vecchio castello francese, poco lontano da Parigi. Ambiente vasto e luminoso. Una tavola da pranzo, sedie, banchi, un grande armadio e una credenza. A sinistra, nel centro della parete, un camino. In fondo, a destra, una scala che sale a un bal­latoio sul quale s'aprono quattro porte. A destra un'ampia porta che im­mette nell'atrio del castello. A sinistra, ai due lati del camino, due porte, una che s'apre su una cameretta, l'altra, in secondo piano, sulla cucina. In fondo un'ampia finestra con tendine colorate e una porta a vetri, oltre le quali un terrazzino e un giardino in fiore. Tanto la finestra che la porta a vetri possono essere chiuse con una tenda pesante. Sul davanzale, vasi di piante fiorite. Su un tavolo presso il camino, una radio e un telefono. A destra, sporge dal muro un portavoce. Vari attaccapanni. A sinistra, nell'angolo, un gong. A uno degli attaccapanni è appeso un panciotto da domestico. Dal soffitto pende un lampadario antico, in ferro battuto.

ATTO PRIMO

(E' mattina. Dalla porta e dalla finestra, entrambe aperte, entra il sole d'estate. Nel giardino cinguet­tano gli uccelli. Un minuto di scena vuota. Cam­pane lontane).

Giuseppe                       - (vecchio, delicato, occhialuto: porta un grembiale da giardiniere e un grande cappello di paglia. Viene dal giardino recando una cesta di fiorì, depone la cesta sulla tavola, saluta il pubblico con un piccolo inchino del capo, dignitoso e gar­bato) Buongiorno. (Raggiunge la credenza, ne toglie tre vasi da fiori, torna alla tavola e dispone nei vasi i fori) Mancano cinque minuti alle otto. Le campane, sentite? chiamano i fedeli alla me­ditazione. Il tempo, vedete?, è splendido. Questo castello, il castello d'Estompière, ha superato bene la grande rivoluzione, poi la guerra del '70, poi la prima guerra mondiale, e poi ancora la seconda... Unico segno rimasto: un modesto cratere, dietro il pollaio, provocato da una bomba tedesca, ch'era stata buttata su un deposito inglese, a cinquanta chi­lometri di qua. Le galline del pollaio, come tutti i componenti di questo idillio, sono francesi. Unico estraneo, qui, sono io: Giuseppe. Mi chiamano Joseph; prima fui chiamato Jozi, Josip, Joszta, Josel... secondo le stazioni ove si fermava lo scia­gurato treno merci della mia vita. Polacco a Var­savia, cecoslovacco a Praga, ungherese a Budapest, austriaco a Vienna... e qui, giardiniere. Congressi, consigli di sicurezza, commissioni e sottocommissioni provocheranno i miei futuri nuovi cambia­menti di professione e di nazionalità. Ora i delegati si sono riuniti a Parigi: i quattro grandi. Il pro­prietario di questa casettina di venti camere, monsieur Lenormand, rappresenta nel loro consesso gli interessi della quarta repubblica. Ma gli inte­ressi di Giuseppe... mah! non si sa ancora chi sia a rappresentarli. Giuseppe non possiede bombe atomiche, ne riserve di valute. Giuseppe non ha prestigio. Giuseppe è un oggetto: come questi fiori. Già: benché su un piano estetico diverso, Giuseppe somiglia a questi fiori. (Micheline, la governante, trentenne, graziosa e di forme procaci, entra da si­nistra recando una cesta di biancheria. Giuseppe ai suoi fori) Che profumo! Li strappiamo dalla terra, ed essi... seguitano a darci il loro profumo, e non si lamentano neppure.

Micheline                      - (annoiata) Sempre qui a chiacchie­rare per conto tuo!

Giuseppe                       - Poiché nessuno mi ascolta... parlo con l'aria!

Micheline                      - (riponendo la biancheria nell'armadio) Fra poco toccherà anche a me parlare con l'aria.

Giuseppe                       - E' già molto tempo che André non scrive?

Micheline                      - Da quando è a Parigi: dieci giorni. E prima... sei settimane al Cairo. E prima ancora, due mesi in un paese americano... un nome che nessun cristiano riuscirebbe a pronunciare. Oh, questa vita vagabonda dei «politici»! Glie l'ho già detto tante volte: « André, caro André, perché non t'impieghi come autista presso qualche persona per bene, che abbia una professione ragionevole: che so... grossista di vini, avvocato specialista in divorzi, impresario di pompe funebri... ». No! Niente! Bi­sogna che sia un diplomatico! E a lui sembra di dividerne la sorte. Capisci? Uno al volante della macchina, l'altro al volante degli affari di Stato. Finché finiscono in un fosso tutti e due. Uh! Odio la politica e le automobili!

Giuseppe                       - Bene. Questo accoppiamento mi pia­ce: politica e automobile. Tanto in un campo come nell'altro, il numero degli incidenti aumenta conti­nuamente; e le « pannes » non sono affatto in rap­porto col progresso tecnico; e le nuove carrozzerie coprono a mala pena i vecchi «chàssis».

Micheline                      - E smettila! La più piccola cosa che si dice di André... ecco: tu ne fai un discorsone.

Giuseppe                       - (apre la radio) Povero mondo... e po­vero Giuseppe... (Dalla radio musica leggera, Mi­cheline segue questa musica, finché non cessa).

L'Annunciatrice della radio   - Hallo! Radio Pa­ris! Interrompiamo il nostro programma per tra­smettere un comunicato straordinario delle «Radio-Informazioni ».

Voce maschile alla radio        - La conferenza dei delegati delle quattro Grandi Potenze, che opera da una settimana, all'Hotel Scribe, per tentare d'eli­minare le divergenze d'opinione che minacciano la pace mondiale, si è sciolta questa notte, alle due e venti. I quattro delegati, rappresentanti della Francia, dell'Unione Sovietica, degli Stati Uniti d'America e dell'Inghilterra, sono partiti per desti­nazioni sconosciute. Negli ambienti politici si nota una grave inquietudine.

L'Annunciatrice della radio   - Riprendiamo il nostro programma. Nell'interpretazione dei Boys di Montmartre: « La vie est belle », slow-fox. (Musica).

Micheline                      - Meno male! L'hanno finita con le loro conferenze!

Giuseppe                       - Micheline! Vuoi la guerra?

Micheline                      - André voglio! Alla guerra non ci credo.

Giuseppe                       - Non ci credi... Be': la fede rende forti, permette l'impossibile, e ci consente di rispar­miare tante elucubrazioni. A ogni buon conto, ti prego di cercare nella biancheria i miei calzini.

Micheline                      - Perché?

Giuseppe                       - Preparo le valige. (Stacca la radio) Ho il presentimento che in qualche parte del mon­do, una nuova patria mi aspetta, di là dal ferro spinato. (S'ode il rumore di un'automobile in ar­rivo) Toh! Vengono già a prendermi?

Micheline                      - (è corsa sul terrazzino, guarda fuori, gioiosa) E' André! André con monsieur! (Un sa­luto con la mano. Un inchino) Monsieur corre in casa... André lascia la macchina... Ma perché tanta fretta? (André appare sul terrazzino, frettoloso. E' vestito da autista, ha in capo il berretto. Giovane, aggraziato, focoso, sicuro di sé. Sul suo volto, l'e­mozione di un grande avvenimento).

André                            - Non c'è tempo da perdere; Micheline! (La bacia di sfuggita, rientra con lei).

Micheline                      - Perché non hai scritto?

André                            - Perché non c'è tempo da perdere.

Giuseppe                       - (aiutandolo a levarsi la giacca) Buon­giorno.

André                            - Buongiorno! Siamo avanzati fin nel cen­tro della storia mondiale.

Giuseppe                       - Dio ci salvi! E' già un guaio starne alla periferia.

André                            - Da un momento all'altro possono arrivare i nostri ospiti.

Micheline                      - Ospiti?

André                            - I delegati della conferenza di Parigi.

Micheline                      - Santa Vergine! Uno sciame di ca­vallette!

André                            - Soltanto i capi, coi loro autisti. (A bassa voce) Lontano dai giornalisti e dai curiosi... senza che nessuno disturbi... ancora un tentativo, per trovare una soluzione. E di chi è stata l'idea? Mia!

Giuseppe                       - Ma chi è dunque, che domina il mondo? Gli ebrei o gli autisti? (Appende a un at­taccapanni la giacca e il berretto di André; lo aiuta a indossare il panciotto).

André                            - Monsieur ascolta i miei consigli.

Micheline                      - Bei consigli! E come posso fare io, senza nessuno che mi aiuti?

André                            - Gli appartamenti superiori saranno in or­dine, penso, per i signori ospiti. E le camere degli autisti... presto preparate.

Micheline                      - E la cucina?... Che cosa dovrò cuci­nare per i « signori delegati »?

Giuseppe                       - Grande responsabilità la tua, Micheline! Una buona digestione potrebbe forse portare con sé la riconciliazione dei popoli.

Micheline                      - E come accontentarli tutti?

André                            - Prendi le ricette delle Nazioni Unite e utilizzale a turno.

Voce dal portavoce       - André!

André                            - (al portavoce) Monsieur!

Voce                             - Tutto in ordine?

André                            - Tutto in ordine, monsieur.

Voce                             - Giuseppe provveda ai fiori; molti fiori.

André                            - Molti fiori, monsieur!

Giuseppe                       - (prende i tre portafiori) Molti fiori! I « signori delegati » non vogliono sentire i cattivi odori. (Esce da destra).

Micheline                      - (abbraccia André) Non mi hai ancora detto che mi ami.

André                            - Ti amo, ti amo... Prepara i letti! (Accenna ai piani superiori).

Micheline                      - I letti, sì, i letti. (Toglie in fretta dall’armadio lenzuola e asciugamani, corre verso la scala. Esita) Quante volte mi hai tradita"?

André                            - (alla credenza, servendosi un aperitivo) Dovresti conoscermi meglio, Micheline!

Micheline                      - Troppo bene, ti conosco. (Qualche scalino) Sai, la faccenda del caffè sta per conclu­dersi; mi pare, almeno. Ho già discusso il prezzo: poco più del milione...

André                            - (ammirato) Accidenti!

Micheline                      - Sarebbe il prezzo, sì. (Ha raggiunto il ballatoio, è entrata nella prima camera, parla dì dentro a voce alta) Un caffeuccio ben avviato, con rivendita di tabacchi, a pochi passi da una fabbrica e da un cinema; e in cantina... un mucchio di merce «nera», che ci lasciano a credito... (Passa nella se­conda camera) Ho promesso a madame Lebrun di dirle qualche cosa non più tardi di domenica.

André                            - E perché questa velocità da record:

Micheline                      - (appare sprimacciando un guanciale) Perché sono stufa. Da quanto tempo lo rimandiamo, il nostro matrimonio? Una volta si trattava d'una conferenza; un'altra volta era un cambiamento di governo. Insomma: ora ho deciso. Per la fine del mese, ci licenziamo. (Rientra nella seconda camera, poi passa nella terza).

André                            - Ci licenz... Oh, lasciare solo monsieur, nel corso d'una simile crisi: ora che s'è abituato a me, ai miei consigli!

Micheline                      - (passando nella quarta camera) Na­poleone non aveva nessun autista che gli desse con­sigli.

André                            - Ed è finito a Sant'Elena. Micheline, non sei sensibile al bene dell'umanità, tu.

Micheline                      - (si affaccia alla porta della quarta ca­mera) Lasciami in pace, con la tua umanità! Oggi è bionda e domani è bruna, eh? la tua umanità. Sono stufa delle tue passeggiate diplomatiche. Tu starai alla cassa e farai economia. Voglio avere due figli, io. E a cinquant'anni voglio una casetta in riva alla Loira. (Ha finito. Ridiscende la scale).

André                            - (vuota il suo hicchiere rassegnato) Mi ar­rendo, Micheline. Fra noi due, la maggioranza è sempre tua.

Micheline                      - (lo bacia teneramente) E ora scrive­remo alla proprietaria. (Arrivano varie automobili) L'invasione! (André esce correndo dal terrazzino. Micheline raggiunge la porta del giardino e guarda verso destra. Sbattono gli sportelli delle macchine. Risuonano voci. Giuseppe entra da destra e sì avvi­cina a Micheline).

Giuseppe                       - Guardali bene, Micheline. La sorte del tuo piccolo caffè e dei tuoi figli nascituri dipen­de esclusivamente da loro. Ecco il russo!

Micheline                      - Somiglia al pizzicagnolo di Rue Mouffetard, che ci vendeva le noccioline americane, quando eravamo bambini. Era un principe quello là: il principe Wladimir.

Giuseppe                       - Ssst! Niente propaganda, Micheline! Guarda l'inglese.

Micheline                      - Me l'immaginavo diverso, un lord.

Giuseppe                       - La tua cultura storica è arretrata. Lord è piuttosto l'autista che apre lo sportello.

Micheline                      - L'americano lo si riconosce subito.

Giuseppe                       - E perché?

Micheline                      - Ha tanti denti. (S'odono passi e voci. Giuseppe e Micheline rientrano. André, Alexey, Cium e Bernard arrivano attraversando il terrazzino. I tre ultimi vestono uniformi da autisti, con gli emblemi nazionali. Alexey è basso, forte, coi capelli corti, occhi vivaci, movimenti scattanti ma misurati. Clam è alto, di aspetto simpatico, cor­diale, ingenuo, non senza qualche atteggiamento di superiorità, e mastica la gomma americana. Bernard è rigido, composto, riservato, poco loquace, senza curiosità. Tutti e tre rivelano le qualità tipiche dei loro popoli; ma non sono caricature. Parlano fra loro con intonazione leggera. Alexey osserva l'am­biente con freddo interesse. Clam con curiosità fan­ciullesca. Bernard è impassibile).

Clam                             - (entrando) Oh, bella casetta per fantasmi! Paramount non potrebbe farla meglio.

André                            - E' un'opera dell'architetto Jacques de Le-fevrier, nato nel 1683, morto nel 1754. E questa è Micheline.

Clam                             - Ventesimo secolo, grazie a Dio. Il mio nome è Clam Snyder.

Bernard                         - Bernard G. Smith.

Alexey                          - Alexey Smirnoff.

André                            - Il nostro giardiniere, Giuseppe. (Giusep­pe s'inchina, poi aiuta i tre a levarsi i soprabiti).

Micheline                      - (osservando i nuovi ospiti) Benvenu­ti, signori. Consideratevi a casa vostra. La colazione fra mezz'ora. (Esce da sinistra. Giuseppe appende gli indumenti, in fila, accanto a quelli di André).

Giuseppe                       - Prego i signori di scusare la curiosità d'un povero ignorante, ma vorrei umilmente rivol­ger loro una domanda. Come pensano i signori che andrà a finire la faccenda di lassù?

Clam                             - Secondo: è una faccenda simile ad un cocktail: ci puoi mettere tutto; fuorché il tè russo.

Alexey                          - (ride) Sarebbe tè sciupato. (A Clam, aggressivo) Che cosa vuole Washington? Quello che vuole Wallstreet. E che cosa vuole Wallstreet? Isolarci. Perché vi occorrono tante armi? Per farci paura. E perché volete farci paura? Perché la vo­stra coscienza è sporca.

Clam                             - E perché fai tante domande, se hai già pronte le risposte?

Bernard                         - Molto comodo sistema per discutere.

Alexey                          - Chi è che sta in Cina coi suoi cannoni?

Clam                             - Romania...

Bernard                         - (fifa in bocca) Bulgaria;..

Alexey                          - (subito) Palestina!

Giuseppe                       - (giungendo le mani) Anche questo!

André                            - Messieurs, messieurs, spero che il nostro buon Giuseppe sia stato sufficientemente illuminato sulla situazione internazionale. (E' alla credenza. Serve l'aperitivo per tutti) Un aperitivo? (Con l'aiu­to di Giuseppe distribuisce i bicchieri) E' forse l'unico contributo che, da parte francese, si possa dare al dibattito. « A la vótre... ».

Clam                             - «Cheerio!». (Pronunzia: «cirio». Ber­nard brontola qualche parola).

Alexey                          - « Na sdaròvie! ».

Giuseppe                       - « Lechaim! ».

Voce dal portavoce       - André!

André                            - Monsieur!

Voce                             - Rimanete nel castello, voi e i vostri col­leghi: pronti a partire in qualsiasi momento.

André                            - Oui, monsieur. (Guarda con aria inter­rogativa i compagni. Tutti posano i bicchieri).

Giuseppe                       - I pronostici stanno a cinquanta con­tro cinquanta. Comunque... porto su un altro po' di fiori. (Raccoglie in un mazzo i fiori rimasti).

André                            - Ora venite a vedere le vostre camere. (Accenna al ballatoio) Una, due, tre. Sono tutte e tre uguali. Ogni contesa di rango è evitata.

Bernard                         - Volevo dire...

André                            - Che cosa?

Bernard                         - (resta un attimo con gli occhi fissi, poi) Non importa. (Segue gli altri su per la scala).

Clam                             - (salendo) Volevo dire...

André                            - Che cosa?

Clam                             - Dove abita mademoiselle?

André                            - Zona francese.

Clam                             - «Darmi... ». (I tre entrano nelle loro camere).

André                            - (inquieto) Giuseppe, ho un presenti­mento. C'è qualcosa nell'aria; ma non capisco che cosa.

Giuseppe                       - Va , ad aiutare Micheline, se no... vedrai da te quello che c'è nell'aria.

André                            - Giusto. Devo allenarmi per il piccolo caffè. (Esce dalla sinistra).

Giuseppe                       - (tenendo nelle mani i fori, segue con lo sguardo André, poi guarda il ballatoio e scuote il capo) Ciascuno, per conto suo, è un bravo ragazzo. Tutti insieme sono quattro bravi ragazzi. Ma non è forse scritto che una collettività è qualche cosa di più della somma dei suoi componenti? Que­sto è il problema. (Esce da destra. Appena Giuseppe è uscito, ecco arrivare Simona, senza cappello, con un grazioso abito d'estate e una valigetta in mano. E' una creatura volubile, talvolta molto bambina, tal altra molto femmina, spesso docile, altrettanto spesso prepotente, ma sempre schietta. In questo momento ella appare tesa, allarmata. Si guarda in­torno come per orientarsi, poi si avvicina agli attac­capanni, tocca gli indumenti e i berretti, guarda gli emblemi, esplora le tasche. Da una tasca trae un pacchetto di sigarette, da un'altra una busta dì fiammiferi. Accende e rimette ogni cosa a posto. Sentendo però rumore, getta la sigaretta dalla fi­nestra e sì atteggia con molta innocenza).

André                            - (dalla seconda soglia di sinistra, verso l'in­terno) Benissimo, tesoro, benissimo. Appena avrò un momento di tempo, scriverò la lettera. (Vede Simona) Bonjour!

Simona                          - Bonjour! E' il padrone di casa, lei?

André                            - Be'... l'apparenza, forse... Sono André autista e domestico. Non vorrei sembrarle poco gen­tile, ma in considerazione delle attuali circostan­ze... (lo sguardo canzonatorio di lei lo irrita) ...sono costretto a pregarla... Che cosa è venuta a fare qui? Simona         - (di scatto) Ma che maniere sono que­ste? Sempre così nervoso, lei?

André                            - Soltanto qualche volta. Ed è umano. Specialmente in presenza di una... così graziosa signorina... e in circostanze così... particolari... Ma mi pare che sia lei, piuttosto «nervosa», signorina.

Simona                          - Io? (Un attimo d'incertezza, poi) Quan­do si cerca...

André                            - Che cosa si cerca?

Simona                          - Diciamo un tetto: qualcosa sopra la testa. Mi chiamo Simona.

André                            - (esita un attimo, poi si rasserena) Ah... ho capito. Le piace scherzare. E' venuta per l'an­nuncio del giornale.

Simona                          - Avete fatto un annuncio sul giornale?

André                            - Sì. Micheline, la governante, ha bisogno di un aiuto ed abbiamo fatto un annuncio sul gior­nale. Ha i certificati? Su questo Micheline non transige.

Simona                          - E io non ne ho.

André                            - (continuando) Micheline... (Dì scatto) Che ha detto? Non ha certificati? Malissimo! E' il suo primo servizio, forse? E' fuggita da qualche negozio o da qualche macchina da scrivere?

Simona                          - Fuggita. La parola è proprio questa. Fuggita. (Silenzio).

André                            - (imbarazzato) Io... io incomincio a pen­sare che... Simona, lei si trova in difficoltà. Mi dica.

Simona                          - Bugie non voglio dirne; soprattutto a lei. I suoi occhi, la sua voce mi dicono che lei non vorrà abbandonare una donna che...

André                            - Che?

Simona                          - ... è inseguita.

André                            - E chi la insegue?

Simona                          - Mio marito.

André                            - (fischia) C'è di mezzo un marito?

Simona                          - E che uomo! Perché l'ho sposato?

André                            - E lo domanda a me? Io non avrei ap­provato, nemmeno in linea di principio.

Simona                          - Giovane ero, giovane e inesperta. Sa­pevo io forse quali miserabili esseri sono gli uomini?

André                            - Tutti?

Simona                          - No, non tutti... André, sa lei che cosa è la gelosia?

André                            - All'incirca. (Uno sguardo verso la cuci­na) Micheline... (Tace).

Simona                          - (molto interessata) E' geloso di lei?

André                            - (rapido) Oh no! Micheline pensa alle cose serie. Ma non parliamo di me... Suo marito?

Simona                          - Cominciò a tormentarmi il giorno stes­so delle nozze. S'insospettì di tutti, e io mi seccai. Litigammo, si capisce. E alla fine della lite mio marito si ritrovò con una rivoltella in mano, pun­tata contro di me... Una cosa proprio buffa: lo riconosco, eppure... Ha sparato.

André                            - Ha sparato?

Simona                          - Ma la rivoltella non scattò. Era una rivoltella dell'esercito francese. E mentre lui cercava di farla funzionare, io... via di corsa sulla piat­taforma, attraverso la pensilina...

André                            - Quale pensilina?

Simona                          - Abitiamo vicino a una stazione. Evi­dente, no? Quattro stracci in una valigetta, nem­meno il tempo di mettermi un cappello... via, via... Un camion mi ha portato da queste parti... e alle mie spalle sentivo, sento quella rivoltella, sempre quella rivoltella... Sono riparata qui. (Sospira, sfi­nita) Una fortuna, che si stia cercando una donna di servizio. Una fortuna... aver incontrato lei, André.

André                            - (con burlesca disperazione) Fortuna di uno; sfortuna di un altro.

Simona                          - (risentita) Monsieur!

André                            - Niente, niente. Un altro malinteso. Ma io... che posso fare?

Simona                          - (riprende la sua valigetta) Non vuole aiutarmi? Ho capito. Adieu!

André                            - Ma la finisca di dire « adieu ». Le dif­ficoltà... le difficoltà esistono appunto per essere superate. (E' preoccupato) Ma se lei immaginasse almeno, quali crisi di coscienza sta provocando in me. (Alza gli occhi al cielo).

Simona                          - Lei crede in Dio?

André                            - Con Dio ci si può mettere d'accordo.

Simona                          - E con Micheline, no?

André                            - (triste) Ho paura che lei dovrà lasciare il castello, però...

Simona                          - Però?

André                            - Mi dia il numero del suo telefono.

Simona                          - Mio caro amico, fra poco la mia siste­mazione sarà di quelle che non hanno telefono, e non ne hanno neppure bisogno. A lei non resterà che mettersi in relazione con qualche evocatore di spiriti... Adieu. Cioè no: non adieu. (Si avvia).

André                            - Ma aspetti! (L'arrivo di Micheline li ar­resta tutti e due).

Micheline                      - (vede Simona) E chi è questa?

André                            - Chi?... Ah, già... già, già... è... Simona.

Micheline                      - (sarcastica) Già,, già... è Simona. E io invece pensavo che fosse Margherita, o Cate­rina, o Lulù... (Con improvvisa violenza, facendo indietreggiare André) Anche qui le hai da portare, tu, le tue donne? Casanova da quattro soldi!

Simona                          - Madame!

André                            - (riprendendo coraggio) Micheline, lascia parlare, è la nuova... la tua aiutante, Micheline!

Micheline                      - (d'improvviso calmata) Ah... la mia... Ma perché non dirlo subito, André? Hai pure la lingua pronta, quando vuoi. (Depone la scodella, porge la mano a Simona) Mi scusi. E mi creda: lei arriva proprio al momento giusto.

Simona                          - Ne sono lieta, madame.

Micheline                      - Madame fra due mesi, quando ci sposeremo. (A Simona) E i suoi certificati?

André                            - (pronto) Già chiesti. Sì... ma sono nella valigia; la valigia grande.

Simona                          - E la valigia grande è alla stazione.

André                            - Alla stazione.

Micheline                      - Non impicciarti nei fatti miei, tu. E sgombra la tua camera. (Prima porta a sinistra) La daremo a Simona. Tu passerai al piano di sopra. (A Simona) Sulle condizioni ci accorderemo poi; ora... (Ad André) Che fai ancora qui? Corri!

André                            - (prende la valigia di Simona) Corro, cor­ro... (Uno sguardo a Simona che lo ricambia am­miccando e, lusingato, entra nella camera).

Micheline                      - (ha tolto dall'armadio un grembiale e una cuffietta) Ecco, Simona, bisogna cominciare subito. Qui, oggi, ci troviamo...

Simona                          - ...in circostanze particolari. (Indossa, grembiale e cuffietta).

Micheline                      - Precisamente. La prego di appa­recchiare per sette persone. (André, carico le braccia . di roba, esce dalla camera e va su per la scala).

Simona                          - Ospiti?

Micheline                      - Tre autisti. Le mandibole princi­pali stanno su; ma non interessano lei. (Riprende la scodella) Troverà quello che occorre nell'arma­dio. Quando avrà finito di apparecchiare, verrà da me, in cucina           - (accenna a sinistra), e poi... Già: an­cora una cosa. Attenzione, con André. E' facile ab­bindolarlo, ma mi appartiene: ho deciso di sposarlo. Chiaro? (Esce da sinistra. Simona è di nuovo tesa e inquieta. Esita per un attimo, poi toglie dall'ar­madio la biancheria da tavola e incomincia ad ap­parecchiare, intanto Ciani lascia la sua camera e scende, con le mani in tasca).

Clam                             - (guardando Simona) Hallo!

Simona                          - (senza interrompere le sue faccende) Hallo! (Clam toglie un pacchetto di sigarette dalla tasca del soprabito appeso all'attaccapanni, ne fa scattare fuori una sigaretta, cerca i fiammiferi e non li trova. Simona sempre continuando il suo lavoro, prende in qualche posto una bustina di fiammiferi, ne accende uno e lo porge a Clam).

Clam                             - (portandosi due dita alle tempie) « Thank ». Io sarei d'opinione di trasportare negli Stati Uniti tutto il piccolo castello, compreso il personale.

André                            - (esce dalla sua camera e scende, mentre Clam, seduto sul davanzale della finestra, fuma e continua ad osservare Simona) Ecco fatto. Il tra­sloco è compiuto. (Abbassa la voce) E che ne fac­ciamo della valigia grande che è alla stazione?

Simona                          - Lasciamola alla stazione. Intanto, finche non sarà passata la prima tempesta, troverò modo...

André                            - Non bisogna chiamare la tempesta. (An­cora più piano) Ho ancora qualche cosa da fare su. Ma ritornerò presto.

Simona                          - (anche lei molto piano) Aspetto.

André                            - (esce da destra rivolgendosi a Clam) Non è proibito andare a passeggio in giardino.

Clam                             - Mah! Un avanzo del diciassettesimo se­colo, anche lui. Crede d'essere spiritoso. (Si alza e si avvicina a Simona) E' vero, « baby »?

Simona                          - Niente «baby»; Simona.

Clam                             - Ma perché sempre tanta superbia, voi francesi, con noi'? (Scherzoso) In fondo in fondo... siamo stati noi a liberarvi.

Simona                          - Ma se noi, a suo tempo, non vi avessimo aiutati, sareste ancora una colonia inglese.

Clam                             - Lafayette! Due a zero per Simona. Ma lei, proprio « okey » in storia!

Simona                          - Popolo di vecchia cultura, il nostro. E poi... la mia famiglia è imparentata con Lafayette.

Clam                             - Mi vuole burlare?

Simona                          - Perché? (Osservandolo) Mi pare che lei meriti fiducia. Ha gli occhi di un terranova. Quasi quasi, chiederei il suo aiuto, signor Yankee... Co­me si chiama?

Clam                             - Clam Snyder. Per gli amici Clam.

Simona                          - E per le amiche?

Clam                             - Softie. Capisce? Come dire: tenero.

Simona                          - Bene. Mi piace. Solido di fuori, e il nocciolo tenero. (Poiché egli tenta di abbracciarla) Ma non mi piace ancora fino a questo punto, Softie!

Clam                             - Voleva che l'aiutassi...

Simona                          - Prima la merce, eh? Poi il pagamento.

Clam                             - Affitto e prestito. Capito. E allora?

Simona                          - Lei ha idea di che cosa sia una vi­scontessa? Significa tradizione... severe leggi di fa­miglia, individualità repressa, bigottismo, schiavitù... (con improvvisa violenza) e io non ho potuto sop­portare!

Clam                             - E... la cuffietta, il grembiale?

Simona                          - «Camouflage», mascheramenti. Clam... può tenere un segreto?

Clam                             - Come un Quartiere Generale in ritirata. Che cosa è successo, «baby»? Mi scusi...

Simona                          - Difficile per lei, capire certe cose. Nel nostro vecchio continente esistono ancora innume­revoli relitti dei secoli passati. In una famiglia no­bile, per esempio, una figlia fa parte della ricchezza mobile, o meglio, e forse è più esatto, è una specie di riserva, che si butta sul mercato, quando si ha bisogno di capitale liquido, investendolo, natural­mente, in un marito ricco. Uso un linguaggio che dovrebbe esserle chiaro.

Clam                             - E chi la può forzare?

Simona                          - (pensierosa) Forzare. Sì, forzare. Io non sono che una donna: sola, debole, senza amici, né appoggi, né aiuti... (Si scuote) E la nostra famiglia è dominata da una specie di dittatore; un prozio. Da anni mi perseguita, alternando preghiere e mi­nacce. Io sentii sempre più venir meno il mio co­raggio, e infine ebbi paura di non potermi più difen­dere. E venni qui. Mi nascondo qui. Come donna di servizio.

Clam                             - « Gosh! ». Sappiamo vendere bene, eh?

Simona                          - (cow dignità) Non è obbligato a cre­dermi.

Clam                             - (abbracciandola alle spalle) Be'... Insom­ma... Vediamo un po': che cosa posso fare per lei?

Simona                          - Sposarmi.

Clam                             - (staccandosi) Calma! Non ho sentito bene! E perché sposare? Che c'entra?

Simona                          - Devo lasciare la Francia; devo liberarmi dall'ammuffita atmosfera della mia famiglia. In Ame­rica, in America, dove ancora esiste la libertà e le possibilità nuove... (Altro tono) Appena arrivati, poi, si può divorziare.

Clam                             - Ma tu sorpassi il massimo di velocità con­sentito. E sì che noi andiamo per le spicce.

Simona                          - Credevo che da voi queste cose si fa­cessero in un batter d'occhio.

Clam                             - (di nuovo attirandola a se) Ma fammi un po' rifiatare. Capirai, è la prima volta che una vi­scontessa chiede la mia mano. (Le accarezza un braccio) Sangue blu a Brooklin. Importatore: Clam Snyder, (Rapido) Pongo una condizione.

Simona                          - Quale?

Clam                             - Niente divorzio. La voce di

Micheline                      - Simona! Finito?

Simona                          - (spingendo via Clam) Ora va, va! (For­te) Subito, Micheline!

Clam                             - (piano) Vado a meditare. La voce di

Micheline                      - In giardino dev'esserci un cesto di fragole. Vada a prenderlo.

Simona                          - Vado subito, Micheline. (A Clam) Ti aiuterò a meditare.

Clam                             - Oh, «boy»! (Esce con lei nel giardino. Alexey scende dalla camera, con la sigaretta in boc­ca, lentamente. Toglie di tasca un giornale russo. Siede presso il camino, volgendo la schiena al ter­razzo, e incomincia a leggere. Simona rientra dal giardino, riordinandosi i capelli; si passa leggermen­te la mano sulle labbra, poi vede Alexey, si avvicina alle sue spalle, butta uno sguardo sul giornale, in­fine raggiunge la tavola e, piegando un tovagliolo, comincia a canticchiare « Oci ciòrnie ». Alexey ascol­ta, si volta lentamente e vede Simona. Per un atti­mo se ne interessa, poi, dopo un piccolo saluto del capo, si richiude in se stesso).

Simona                          - Buongiorno.

Alexey                          - (fingendo di leggere) Buongiorno. Simon a. (canticchia, poi) La disturbo se canto?

Alexey                          - No. (Chiude rumorosamente il giornale).

Simona                          - (canticchiando) « Oci, ciòrnie, oci ciòr­nie»... (S'interrompe) Peccato! Non me la ricordo più. Quando ero bambina, la conoscevo tutta. Mia nonna era di Tver, provincia di Wossnossensk.

Alexey                          - (fingendo di nuovo di leggere, ascolta, dap­prima con interesse, poi con diffidenza) Ah sì?

Simona                          - Bisognerebbe imparare il russo.

Alexey                          - (c. s.) Perché?

Simona                          - La lingua dell'avvenire. Il francese, «passe». L'inglese, giù per la china. Ma il russo... oggi, un sesto della terra; domani, forse, tutto il mondo.

Alexey                          - (rude) Ne ha paura?

Simona                          - Anzi, lo spero.

Alexey                          - (lascia cadere il giornale, si volta di scatto e, tagliente) Che vuole lei da me?

Simona                          - (veramente spaventata) Mio Dio! Mi ha spaventata.

Alexey                          - (scrutandola) Cerca d'avvicinarsi, vero? (Si alza e le si avvicina) Cara bambina, ho capito quello che lei vuole. Una delle solite provocatrici, lei.

Simona                          - E lei uno dei soliti villanzoni. La scuso perché non conosce le buone maniere europee.

Alexey                          - Conosco benissimo le buone maniere europee. E anche la vostra letteratura.

Simona                          - Un autista molto istruito.

Alexey                          - E una cameriera molto arrogante. E con le unghie rosse. E un profumo costoso.

Simona                          - Molto diffidente, lei. Come tutti i russi, d'altronde. Voi fate della diffidenza una virtù. Ma non vi nuocerebbe imparare a capire un po' meglio la gente. (Un piccolo riso poi, prendendogli una mano) Mi guardi negli occhi.

Alexey                          - (confuso e scontroso) E perché?

Simona                          - Non le'dice niente il mio sguardo?

Alexey                          - (beffardo) Che cosa dovrei leggere nei suoi occhi?

Simona                          - Che non ho secondi fini, e che... (una breve esitazione) sono nei guai.

Alexey                          - (di nuovo diffidente) Sapevo bene che voleva da me qualche cosa.

Simona                          - (a bassa'voce, triste) Questo grembiale; questa cuffietta... sono come il mantello delle fate, che rende invisibili. Come se si fosse nascosti sotto terra. Il mio caso non la interessa?

Alexey                          - Come esempio, senza dubbio.

Simona                          - E... personalmente, proprio nulla?

Alexey                          - Racconti.

Simona                          - (seria) Provengo dalla piccola borghesia: sono figlia di un funzionario postale d'alto ruolo, ma la mamma è figlia d'un droghiere. Educazione catto­lica: ogni domenica, confessione, comunione, pre­ghiera a tavola... Ma io non mi sono lasciata so­praffare.

Alexey                          - E' fuggita dai suoi vecchi?

Simona                          - Fosse soltanto questo! Ma c'è anche un cugino. Francois, si chiama. Una canaglia. E' innamorato di me. Dice d'essere stato coi partigiani. Ma io so che ha collaborato coi tedeschi. Due ra­gioni perché mi stia alle costole.

Alexey                          - La minaccia?

Simona                          - In due modi: con le rivoltelle dei suoi amici fascisti e con la sua intenzione di venire a letto con me. Bisogna ch'io me ne vada; debbo la­sciare la Francia. Come si chiama lei?

Alexey                          - ; Alexey Smirnoff.

Simona                          - Io mi chiamo Simona. Compagno Smirnoff, mi aiuti a raggiungere la Russia.

Alexey                          - (ridendo) Immagina che sia facile?

Simona                          - Il cielo, scusi, il caso ha mandato lei sulla mia strada. Faccio appello al suo senso di so­lidarietà e... (altro tono) al suo cuore, Alexey.

Alexey                          - (ironico) Ci hanno insegnato che que­sta parte del corpo all'estero, non deve essere messa in funzione. (Serio) E' andata al Consolato russo? Ha chiesto il visto? La domanda in quattro copie, col « curriculum vitae »? Può dare garanzia sulla sua posizione politica? Ha referenze, qui? ne ha nell'Unione Sovietica? Conoscenti? Parenti?

Simona                          - (quasi piangendo) Non ho che la mia paura. Mi sento continuamente spiata. (Gli si av­vicina, come cercando aiuto) Mi protegga!

Alexey                          - (incerto) Lei è una creatura molto stra­na, Simona.

Simona                          - Non le faccio pietà?

Alexey                          - Certamente!

Simona                          - Le piaccio?

Alexey                          - Senza dubbio.

Simona                          - Mi sposi.

Alexey                          - (con un sussulto) Lei è pazza!

Simona                          - E perché? Le propongo di sposarmi e di portarmi in Russia.

Alexey                          - (innervosito) Ma sono storie assurde, queste. Certamente io vorrei aiutarla, e volentieri. Se non che... non sono una persona privata, io, qui. Sono un funzionario. Le mie azioni sono tutte rigorosamente prescritte. Un passo falso mi coste­rebbe la posizione; e, forse, qualche cosa più della posizione.

Simona                          - (abbattuta) Capisco. Ma che delusione per me! (Siede con le mani abbandonate nel grem­bo e guarda nel vuoto) Sola... tutta sola... A nessun altro oserei affidarmi. (Piange).

Alexey                          - Non piangere, via, non piangere! Pen­serò... vedrò quello che posso fare. Domanderò al mio capo.

Simona                          - (con interesse vivo, non si capisce se pre­occupata o curiosa) Chi è il suo capo?

Alexey                          - (bruscamente) Questo non la riguarda. Non faccia domande. Tenga ben chiusa la bocca.

Simona                          - (gli si avvicina e lo guarda) Sì, tutto come vuoi.

Alexey                          - (confuso) Devi aver pazienza. Ora il mio capo è occupato in cose più importanti. Inol­tre, noi siamo molto burocratici; non lo neghiamo. (Sempre più confuso) Perché mi guardi così?

Simona                          - (a bassa voce) Non sento quello che dici. Guardo la tua bocca. (Gli mette le braccia al collo) E la tua bocca mi affascina. (Sta per baciarlo, ma un rumore la stacca).

André                            - (entrando da destra con un vassoio carico di bicchieri sporchi) Alexey, il tuo capo vuole parlarti.

Alexey                          - (come svegliandosi) Parlarmi? Dove?

André                            - Sopra, subito. (Alexey ha una breve, esi­tazione, poi fa un cenno del capo a Simona, ed esce da destra. André lo segue con lo sguardo, poi guar­da Simona che è in faccende alla tavola) Ti ha molestata?

Simona                          - No, ma mi piacerebbe sapere che mi­steri si nascondono qui dentro.

André                            - (un po' sfuggente) Lascia andare! Piut­tosto io vorrei dirti che... sto assumendo per te una grave responsabilità. Te ne rendi conto?

Simona                          - (con tenerezza) Sì, « mon petit».

André                            - I certificati... la valigia grande alla sta­zione... bugie su bugie... E perché faccio questo?

Simona                          - Perché pensi a ciò che succederebbe se quella rivoltella scattasse.

André                            - Dovrei invece pensare a ciò che suc­cederebbe se scattasse Micheline. Un disastro! (Avvicinandosi a lei) Apprezzi almeno quello che fac­cio per te?

Simona                          - Apprezzo, «cheri». (Gli porge le lab­bra, ma subito, sentendo un rumore, indietreggia).

Micheline                      - (da destra) E nessuno si lascia ve­dere in cucina. (Osserva i due) André.

André                            - Tesoro?

Micheline                      - Conosco questa musica. Che hai fatto?

André                            - Niente. Non ho fatto proprio niente. Ho avuto da fare di sopra. I signori vogliono la cola­zione all'una.

Micheline                      - «Bon... ». (A Simona, con ironia) E lei, per tutto questo tempo, ha cercato il cestino delle fragole?

Simona                          - (innocente) Sì, ma non l'ho trovato.

Micheline                      - Già. Ho l'impressione di essere l'u­nica persona che faccia qualche cosa in questa casa.

Simona                          - Qui c'è un andare e venire, una confu­sione... non si riesce a concludere niente. Però ho fatto del mio meglio, per essere utile ai nostri ospiti.

Micheline                      - (sostenuta) Questo, lo posso credere. Ora venga con me a sbucciare le patate.

Simona                          - Sbucciare le patate è la mia occupa­zione prediletta.

Bernard                         - (che durante le ultime battute era già uscito dalla sua camera, scende la scala. Tiene in mano un bottone) Hm... Hm... «I am sorry...». (Tutti lo guardano aspettando. Arrivato in fondo si ferma) Tempo bellissimo, oggi.

Simona                          - Straordinariamente bello.

Micheline                      - (a voce bassa, mentre Bernard rigira nelle mani il suo bottone) Novità?

André                            - (anch'egli a voce bassa) Sull'altra riva del canale, questa si chiama una conversazione.

Simona                          - Desidera, signor...

Bernard                         - Smith!

Simona                          - Il signor Smith desidera qualche cosa?

Bernard                         - (indugia con lo sguardo fra Simona e Mi­cheline) « I am so sorry ». Alla mia giacca si è staccato un bottone.

Simona                          - E' il bottone che il signor Smith tiene in mano?

Bernard                         - (rivolgendosi soltanto a Simona) « Pre-cisely». Spiacevoli aspetti del dopoguerra. Pensi un po': filo britannico.

André                            - (geloso e maligno) Una volta, resistente come l'impero.

Bernard                         - (non gli presta attenzione) Vorrei pre­garla di un ago e un po' di filo.

Simona                          - (con slancio) Oh, sono qui per servirla.

André                            - (a Micheline) E chi sbuccerà le patate?

Micheline                      - (con gioia maligna) Tu. (A Simona) Il filo e l'ago sono nell'ultimo cassetto a sinistra. (Esce seguita da André).

Simona                          - (togliendo dal cassetto l'occorrente) Straordinariamente bello.

Bernard                         - Che cosa?

Simona                          - Il tempo.

Bernard                         - Dice sul serio?

Simona                          - Apprezzo molto l'usanza inglese di fare complimenti al tempo, anziché alle donne. Toglie dall'imbarazzo. Il suo bottone, prego.

Bernard                         - Mi... mi intimidisce farmi servire da una signora, e da una signora così attraente.

Simona                          - (gli toglie il hottone di mano) « Voilà! ». Anche un complimento per me. Venga, venga più vicino. Non accadranno incidenti, se non li vorrà, lei. (Comincia ad attaccare il bottone) Ma che ele­ganza! Saville Row per un autista?

Bernard                         - (con una vaga ironia) L'idea che il mondo ha del « gentleman » è molto imprecisa. Qualche volta la parola decisiva la dice il sarto.

Simona                          - Ho letto che il vostro primo ministro dell'industria dell'abbigliamento è stato severamente criticato per i risvolti della sua giacca.

Bernard                         - Uno dei tanti sintomi dell'attuale crisi. Sopportiamo le bombe-lampo e le V2. Ma può ac­cadere che un risvolto mal tagliato provochi la nostra rovina.

Simona                          - Bagatelle. Più vicino, prego.

Bernard                         - (si avvicina di più, comicamente conte­gnoso) Gli abiti, il contegno, il modo d'espri­mersi...

Simona                          - E quel certo « je ne sais quoi »?

Bernard                         - Quale « je ne sais quoi »?

Simona                          - L'aroma della vostra isola.

Bernard                         - (sorridendo) Per voi che guardate la cosa di qua, forse... Ma che c'è di straordinario?

Simona                          - « Rien ». (Taglia il filo) Fatto. (Lo guar­da) E' stato sempre autista, lei?

Bernard                         - Non sempre. Prima ero maggiordomo come mio padre e mio nonno.

Simona                          - Nella stessa casa?

Bernard                         - Nel castello dei Selkirk. Fino a quan­do Pultimo Selkirk, sir Walter, non fallì a causa delle nuove leggi di successione sulle eredità.

Simona                          - (con ostentato stupore) Sir Walter Sel­kirk? Ma no!

Bernard                         - Conosce questo nome? Strano! I Sel­kirk, per quanto ne so io non fecero mai niente per far parlare di sé.

Simona                          - (pensierosa) Io ero a Londra... Ero con mio padre, un capitano di mare, in una trattoria del porto, vicino agli East-India-Docks. E là incon­trammo un uomo... un uomo che... (Sempre più pensierosa) Era sir Walter Selkirk. O, più esatta­mente, quello che rimaneva di lui. E beveva doppi whisky. L'immagine del vizio!

Bernard                         - Strano, strano! A quanto mi risulta, sir Walter trovò un buon posto all'Empire Club, come assaggiatore di vini.

Simona                          - Un'anima in rovina, amico mio! Avvi­limento, pessimismo, lacrime... « Blast it! Maledi­zione! - diceva - è un guaio ch'io sia costretto a lavorare, ma un guaio ancora più grosso è che il castello dei Selkirk appartenga ora ad un attore cinematografico; tutto il whisky della Scozia non basterebbe ad annegare questo dolore... Doublé scott, please ». Poi raccontava del grande faggio che om­breggia il parco del castello dei Selkirk, non lon­tano dal mausoleo, dove, quand'era bambino, si di­vertiva a strappare le gambe dei maggiolini.

Bernard                         - Faggio? Non ricordo di averlo mai visto...

Simona                          - Be'... L'avranno abbattuto per far legna da ardere. Ma che può importare un albero, in tempi come questi? E poi...

Bernard                         - Ancora?

Simona                          - (a bassa voce) Ma forse non era lui, in quella nebbiosa sera d'ottobre, non era sir Walter Selkirk, là, nella trattoria, presso gli East-India-Docks... Forse aveva il «delirium tremens», forse era un sognatore, forse un poeta, forse un pazzo... (Sospira) Quanti « forse » nella vita!

Bernard                         - (al colmo della confusione) Mi scusi, ma non riesco a seguire i suoi pensieri.

Simona                          - Che importa? Mi dica soltanto una cosa: le sono antipatica?

Bernard                         - Per niente! Anzi! Io... credo... apprez­zo... la sua gentilezza, ecco. (Addita il bottone).

Simona                          - Non c'è nessuno, in questa casa, al quale io possa dare la mia fiducia: tranne lei.

Bernard                         - E... fino a che punto?

Simona                          - Questo non glielo posso ancora dire.

Bernard                         - E allora posso parlare io, con tutta franchezza? Sento che lei ha qualche dolore. Il suo racconto era molto malinconico. Forse perché ha ricordato suo padre?

Simona                          - E' morto.

Bernard                         - Oh, «sorry».

Simona                          - (con lo sguardo a terra) La sua nave fu silurata, ed ecco perché ora sono sola, senza amici, senza appoggi, senza aiuti, e nessuno che mi consigli...

Bernard                     - Se io potessi aiutarla, fosse pure, ma­gari...

Simona                          - Fosse... pure, magari... Mi chiamo Si­mona.

Bernard                         - Bernard, mi chiamo Bernard.

Simona                          - (esitando) Bernard... ora non mi è fa­cile dire quello che sento... per niente facile... ma... La voce di

Micheline                      - Simona! Simona!

Simona                          - La mia seccatrice mi chiama! A più tardi. (Gli si avvicina) Cavaliere senza armatura, Bernard... (Esce rapidamente da sinistra. Bernard la segue con lo sguardo, tastando il suo bottone).

Clam                             - (arriva dal giardino. Ha un labbro sporco di rossetto. Si aggiusta un fiore all'occhiello) Ma come si sta bene in questo castello!

Bernard                         - Pulisciti la bocca. Rosso.

Clam                             - (ride, si pulisce) Fragole, « old boy »! Mol­to dolci.

Alexey                          - (entra da destra) Ho fame!

Clam                             - Qualcosa di nuovo lassù?

Alexey                          - Non si è ancora d'accordo per l'ordine del giorno.

Clam                             - E voialtri, come sempre, fate ostruzio­nismo.

Alexey                          - Non ci lasciamo sopraffare dalla mag­gioranza.

Bernard                         - Insinuazioni!

André                            - (entrando rapido da sinistra) Colazione!

Micheline                      - (seguendolo) Dov'è Giuseppe? (Chia­ma verso il giardino) Giuseppe!

Giuseppe                       - (arriva dal giardino con un cesto) Ecco le fragole.

Micheline                      - Accomodatevi, prego. (Gli uomini prendono posto alla tavola) Ora viene l'antipasto. (E' rimasta in piedi. "Versa le fragole in un piatto) «Hors d'oeuvre alliés à la Micheline». (Forte) Svel­ta, Simona, svelta!

Simona                          - (di fuori) Vengo! (Apre col piede la seconda porta di sinistra, ed entra portando un grande vassoio) Eccomi!

Giuseppe                       - (la vede, balza in piedi) No! Non è possibile!

Simona                          - (si ferma, lo fissa, grida) Nonno! (Il vassoio le cade di mano, tutti si alzano di scatto).

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

QUADRO PRIMO

(La stessa scena del primo atto. Sera dello stesso giorno. Le luci sono accese. La servitù è sulla ter­razza, a godersi la bella sera estiva. Mancano André e Giuseppe. Clam, seduto sulla balaustra, sta suo­nando sulla fisarmonica un ballabile americano. Simona balla con Bernard; Micheline con Alexey. Fuori, sul terrazzo, c'è un tavolino con bicchieri e bottiglie di vino. Sulla tavola grande, più avanti verso gli spettatori, avanzi del pranzo. Sul terrazzo un bel chiaro di luna; più in là s'intravedono le scure masse degli alberi del giardino).

Giuseppe                       - (entra dalla cucina recando, in un sec­chiello pieno di ghiaccio, tre bottiglie di champagne. Posa il secchiello, si asciuga la fronte, e osserva quanto accade sul terrazzo) Ecco la mia nipotina che danza. Una creatura attraente. Se fossi vera­mente suo nonno, non so davvero se sarei più da in­vidiare o da compiangere. Purtroppo e per fortuna, essa non appartiene alla mia famiglia, che una volta era numerosa, e poi fu liquidata fino all'ultimo uomo. (Si siede e, pensieroso, guarda il pubblico) Era l'anno 1940, dopo il 14 giugno. Su una strada fran­cese, piena di polvere, una folla di gente separata dai suoi cari, disperatamente fuggiva sospinta dalle mitragliatrici degli aeroplani tedeschi: piccola parte dell'immensa miseria che allora correva, dolorando e sanguinando, verso il sud. V'erano bambini, don­ne... E, fra queste, Simona. Come mai quella gente si mise in capo che potessi essere « io », proprio « io », a saperli condurre in salvo? E dove trovai io il co­raggio di consolarli e di trascinarmeli dietro? Avevo più paura di tutti. Ma, quando la paura arriva a certe proporzioni, il coraggio ritorna spontaneamen­te. Mi chiamavano nonno. Per quelle donne e quei bambini, ero il nonno. E anche per Simona. (Clam di fuori, sempre suonando la fisarmonica, introduce nel ballabile alcune battute della canzone « Lilì Marlène » canticchiandole a mezza voce, quindi ripren­de il ballabile) Quando la sera di quel giorno di­scese, mi rifugiai coi miei nipoti-trovatelli nel se­polcreto sotterraneo d'una piccola chiesa. Per sfug­gire alla morte, cercai rifugio presso i morti. Ma poi... ecco la bomba. (Clam come prima: « Lilì Marlène » e gli altri continuano a ballare e a ridere) Avevo sempre creduto d'essere stato l'unico super­stite: l'unico a salvare la sua povera vita vacillante. (Sì alza, guarda verso l'esterno) Ed ecco anche Si­mona. Vive, ride, danza... Meravigliosa sera d'estate. Tutta armonia nel chiaro di luna. Speriamo che anche lassù  - (accenna ai piani superiori) lo cham­pagne e il vino di Oporto abbiano favorito lo stesso accordo che qui è stato creato da un qualsiasi vino da pasto. (A questo punto Alexey e Bernard si scam­biano le dame. Bernard se ne mostra seccato) A meno che quest'armonia del pianterreno non sia che un'apparenza. Vedete quel che succede? La Russia sequestra; l'Inghilterra si sdegna; l'America li fa ballare tutti sulla sua musica; e la Francia... Dov'è la Francia? (André arriva da destra portando alcune bottiglie vuote) La Francia, come al solito, ha troppe cose da fare, per poter fare quello che le piacerebbe. (Gli altri hanno visto entrare André. Interrompono musica e ballo. Entrano curiosi).

Clam                             - Che c'è di nuovo lassù?

Alexey                          - Un passo avanti e due indietro?

Bernard                         - Due avanti e uno indietro?

André                            - (ufficiale) Monsieur è contento dei suc­cessi preliminari, e ci autorizza a trascorrere questa pausa delle trattative divertendoci a nostro piacere.

Clam                             - E' già un risultato, no? « Allons enfants de la patrie... ».

Alexey                          - Chi presiede la seduta?

André                            - Monsieur in persona.

Alexey                          - E poi dite che non siamo accondiscen­denti.

Clam                             - Voi? Noi, piuttosto!

Bernard                         - «I say... ». Non te la prendere!

André                            - (a Giuseppe) I signori delegati desiderano altro champagne!

Giuseppe                       - (additanto il secchio) Questo sviluppo politico era già stato previsto.

Clam                             - « Come on! ». Si continua a ballare fin­ché il vulcano ci dà tregua.

Alexey                          - Non si può mai capire, con voi ame­ricani, se siete ingenui o cinici.

Clam                             - (passa la fisarmonica ad Alexey) Non preoccupartene. Prendi l'orchestra. E forza, « tavarisc»! (Balla con Simona) «Swing!».

Alexey                          - L'avete imparato dai negri, voi! (Inco­mincia a suonare seguendo la coppia sulla terrazza).

Simona                          - (ballando con entusiasmo) Bella la vita, nonnino!

Giuseppe                       - Ce l'hanno data così, e non si può cambiarla.

Bernard                         - (a Micheline) Mademoiselle, posso pre­garla?...

Migheline                      - (vede André uscire sulla terrazza) Pardon... non ora. (Chiamando) André! (Bernard esce sulla terrazza).

André                            - (rientra contrariato) Hai detto qualche cosa?

Micheline                      - Lo champagne.

André                            - Lo porta su Giuseppe. (Guarda verso il terrazzo).

Micheline                      - André!

André                            - A meno che tu voglia essere tanto gen­tile...

Micheline                      - Non sono tanto gentile.

André                            - E' tutta la sera che corro su e giù per la scala.

Micheline                      - Ti farà bene. Hai predisposizione alla pinguedine.

André                            - (seccato) Ma sì, la pinguedine! Io! (Tira in dentro la pancia e torna ad avviarsi verso il ter­razzo) I miei compagni sentiranno la mia mancanza.

Micheline                      - (chiude la porta del terrazzo) Non ballerai con lei!

André                            - Con chi?

Micheline                      - Non far l'ipocrita! Non siamo all'assemblea delle Nazioni Unite!

André                            - (offeso) Ah! Dunque io sono un ipocrita? ed ho la pancia? Sai che offendi le Nazioni Unite? Che ne dici, Giuseppe?

Giuseppe                       - Io non ho cariche ne opinione, qui.

Micheline                      - Da quando è arrivata quella came­riera sospetta, ti fremono le narici. Dico bene, Giu­seppe?

Giuseppe                       - Eh, non ho più la vista buona.

André                            - Dovresti vergognarti, di essere tanto so­spettosa.

Micheline                      - (ad André, con decisione) Quella lì faccia affogare chi vuole nel suo « sex appeal » ; a tenere a galla te, penso io.

André                            - Tu passi i limiti, mi pare.

Micheline                      - Prima che li passi tu.

André                            - (con sussiego) Come francese, ho combat­tuto per la libertà; come uomo, non permetterò che la libertà mi sia tolta.

Migheline                      - La libertà di fare il galletto a piacer tuo, eh?

André                            - Giuseppe, dille di ritirare quello che ha detto.

Giuseppe                       - Micheline, abbi pazienza. Non siete ancora sposati.

Micheline                      - Per sua fortuna.

André                            - Mi hai offeso e mortificato; sei gelosa perché Simona ha più « frou-frou » di te.

Micheline                      - (scattando) Che cosa ha più di me?

André                            - (noncurante) Non sai il francese?

Micheline                      - Lo so benissimo, e te lo dimostro. «Voilà!». (Gli dà uno schiaffo).

André                            - Micheline! Che hai fatto?

Micheline                      - Domandalo a Giuseppe!

André                            - Sei una donna ordinaria.

Micheline                      - Non ho mai preteso di essere qual­che cosa di diverso, monsieur Labiche.

André                            - Ho capito, mademoiselle Auburtin. Giu­seppe, tu sei testimone: mi ha messo la sedia da­vanti alla porta.

Micheline                      - (col pianto in gola) Bene, domani lascerete questa casa: tu, per modo di dire, ma lei, per modo di fare. (Prende il secchiello) Giuseppe, accompagnami.

Giuseppe                       - (la segue sospirando) Dove c'è batta­glia, deve esserci sempre Giuseppe. (Escono da de­stra. Sul terrazzo la musica cessa. Simona si con­geda dai tre uomini che restano a bere ed entra).

André                            - (fra sé, molto perplesso) E' la mia Dun-kerque, questa, o la mia El Alamein?

Simona                          - (chiude la porta e si avvicina ad André) Povero André!

André                            - Finalmente, Simona, finalmente un mi­nuto con te! Se tu sapessi quanto ho sofferto!

Simona                          - L'ho visto. (Lo accarezza sulla guancia che ha ricevuto il ceffone) Ti duole molto?

André                            - Tutto per te, Simona. Con Micheline... rottura...

Simona                          - Per colpa mia? (Un po' spaventata) Non te ne pentirai?

André                            - La tua apparizione ha rivelato a me stesso la mia natura vulcanica. Io ti amo.

Simona                          - (staccandosi) Prudenza! Che gli altri non s'accorgano!

André                            - Gli altri? E che importano gli altri? Uno di loro, forse?...

Simona                          - Niente di niente. Stranieri.

André                            - Pare anche a me.

Simona                          - Ma io sono una donna maritata, André. Una donna che ha il destino segnato.

André                            - Sarò io d'ora innanzi il tuo destino. E viceversa. Non cercare di sfuggirmi. Ho avuto mol­te promesse da te.

Simona                          - Sappi aspettare.

André                            - Aspettare? Domattina Micheline ti cac­cerà via.

Simona                          - Brava, Micheline! Ma prima di domat­tina possono accadere molte cose.

André                            - (fervido) Quali?

Simona                          - Hai poca fantasia.

André                            - Questa notte verrò da te.

Simona                          - Bell'idea!. Ma non tentarlo.

André                            - Zitta. (Entrano dal terrazzo gli altri tre. Clam porta la fisarmonica).

Clam                             - « Hallo everybody! ». Il concorso alleato di ballo continua il suo programma.

Bernard                         - Abbiamo sorteggiato il numero d'ordine.

Clam                             - Al primo posto, Alexey.

Alexey                          - Com'è giusto.

Bernard                         - Io vengo al seguito dell'America.

André                            - (infuriandosi) E mi mettete davanti al fatto compiuto? Veto.

Alexey                          - (soddisfatto) Vedi come succedono certe cose?

Simona                          - André scherza. Sa che mi piacciono i valzer francesi, e...

André                            - E?...

Simona                          - ...nessuno sa suonarli bene come lui, con tanto «charme»...

André                            - (contento) Tutto per Simona!

Clam                             - (suona e canta)

« Oh, he is a jolly good fellow,

A jolly good fellow is he».

- (Passa la fisarmonica ad André, che intona un val­zer francese).

Simona                          - (ballando con Alexey) Sono a disposi­zione del vincitore!

Clam                             - (conducendo in disparte Bernard) « Bobby socher » di prima classe.

Bernard                         - Che razza di lingua stai parlando?

Clam                             - Inglese.

Bernard                         - Oh!

Alexey                          - (sempre ballando con Simona, scende in prima quinta e le parla sottovoce) Ho pensato a noi due, a te.

Simona                          - (teneramente) Non mi abbandonerai, ne sono certa.

Alexey                          - Adagio! Io non prometto niente. Per ora due cose sono certe: primo, che non riesco a capirti; secondo, che mi piaci.

Simona                          - Terzo: che tu piaci a Simona.

Alexey                          - Così la situazione è analizzata. E gli sviluppi?

Simona                          - La soluzione del problema? Mah!

Alexey                          - Io ti aiuterò, Simona. Ma dovremo par­larne. Soli? Questa notte verrò da te.

Simona                          - Impossibile. Devi aspettare.

Alexey                          - In politica bisogna saper aspettare, non in amore.

Simona                          - Mi stringi troppo. Perdo le forze...

Alexey                          - Non diciamo più nulla. Conosco la tua porta. Quando tutti dormiranno, Alexey busserà... (Pochi rapidi passi di danza, poi, come perdendo il ritmo, si ferma e si rivolge ad André) Al diavolo questo lagno! Non conosci qualche bel canto russo? (Batte il ritmo col piede) Ciùmpada, ciùmpada, ciùmpadada... (André intona un ballabile russo. Alexey si toglie la giacca e l'appende a una seg­giola) Attenti, attenti! Ora vedrete cosa significa ballare. (Balla con slancio. Simona siede accanto al camino, stanca, non solo per il ballo).

Bernard                         - (a Simona, appoggiandosi alla spalliera della sua sedia) Simona, credo di non sbagliare: lei cerca di far tacere le sue pene.

Simona                          - Sì, ma per poco. Appena ci si sveglia, è ancora peggio di prima.

Bernard                         - Sarei felice, appena si sveglierà, di aiutarla.

Simona                          - Non c'è nessuno che possa aiutarmi.

Bernard                         - Non mi ha ancora detto che cos'è che la rattrista.

Simona                          - Non lo ricordo più.

Bernard                         - (duramente) E se io volessi saperlo? (Riprendendosi) «Pardon me».

Simona                          - Guardi con che allegria balla Alexey! Sembra la gioia di vivere.

Bernard                         - Asiatico! Barbaro! (Agitato) Si affidi a me, Simona. Questa notte, quando tutti dormi­ranno...

Simona                          - Anche lei?

Bernard                         - Anche? Vuol dire che lei come me, la stessa idea...

Simona                          - Tanto temperamento, Bernard? Mi sorprende.

Bernard                         - Sorprende anche me. Ma, come uomo e come inglese, ne trarrò le conseguenze. Quando qualcuno busserà alla sua porta, sarò io.

Simona                          - Che capogiro! (Non si sa se alluda alle conseguenze del ballo o ad altro).

Bernard                         - Condivido la sua emozione. Per conto mio... ho bisogno d'aria. (S'avvicina alla finestra. Respira forte).

Micheline                      - (arrivando da destra con Giuseppe) Guarda quell'animale come salta davanti a lei! E lei trionfa.

Giuseppe                       - Ti pare proprio? Io vedo sul suo volto un'altra espressione. E non è delle più liete.

Alexey                          - Hej, hej, hej! (Con un ultimo grido festoso conclude il ballo e si ferma a gambe aperte, ridendo).

Clam                             - « Okey! Not so bad! ». Facciamo vedere a questi signori come sa ballare l'occidente. (Toglie lo strumento ad André e lo passa a Bernard, che comincia a suonare, mentre lui inizia il ballo invi­tando Simona che accetta).

Voce dal portavoce       - Hallo, André. (Tutti si fermano).

André                            - Monsieur?

Voce                             - Non abbiamo più bisogno di nulla. Vi prego di stare tranquilli.

André                            - Oui, monsieur. (Agli altri) Incomin­ciano la seduta notturna.

Clam                             - (grattandosi un orecchio) Si fa sul serio.

Micheline                      - « En avant! ». Bisogna rimettere tutto in ordine. Mademoiselle Simona avrebbe la compiacenza di aiutare?

Simona                          - Ma certamente!

Clam, Alexey e

Bernard                         - Anche noi! (Tutti in faccende per riordinare la stanza).

Micheline                      - Porti i bicchieri sporchi in cucina, monsieur Labiche.

Clam                             - (guardandosi intorno) Chi è monsieur Labiche?

André                            - Io!

Clam                             - Una « panne »?

André                            - Rottura dell'asse. (Esce col vassoio a sinistra).

Micheline                      - Giuseppe! Prendere le bottiglie vuo­te e portarle in dispensa.

Giuseppe                       - Bene. (Segue con un vassoio).

Simona                          - E per me nessun ordine?

Micheline                      - Più tardi, cara. (Aiutata da Alexey ritira nell'armadio la biancheria da tavola).

Clam                             - (porta con Simona una tavola verso la ribalta e le dice piano) Appena gli altri dormiranno, busserò tre volte.

Simona                          - (senza fiato) No!

Clam                             - Ma se tutto è «okey»! Io ho sempre sposato tutte quelle cui lo avevo promesso. (Forte) Tutto in ordine?

Alexey                          - (a Micheline) Contenta?

Micheline                      - C'è ancora da pulire per terra, ma ci penserò io. (André e Giuseppe rientrano da si­nistra) Prego i signori di ritirarsi nelle loro camere. Colazione alle sette. Auguro una buona notte.

Bernard                         - In nome di tutti i presenti propongo qualche cosa che potrebbe essere una tacita pre­ghiera: voglia Dio illuminare i (accenna ai piani superiori) signori.

Clam                             - Dolci sogni per tutti! (Sbadiglia) E sogni che si realizzino.

Alexey                          - Troppa retorica sentimentale per una semplice funzione biologica com'è il sonno. Buona notte! (Tutti e tre entrano nelle loro camere).

Giuseppe                       - Un giorno pieno di avvenimenti, e una notte piena di destino. Chi sa quale mostro vedrà la luce domani. Ho freddo. Sono vecchio. Buona notte, cari. (Esce dal terrazzo, lento e curvo).

André                            - (vorrebbe rimanere solo con Simona) Ma­demoiselle Auburtin ha qualche particolare ordine per me?

Micheline                      - Certamente! Porti a letto le sue ossa, che hanno bisogno di riguardo. La luce la spegnerò io. (André s'inchina e s'avvia per la scala. Simona muove verso la sua camera) Aspetti, Si­mona!

André                            - (fermandosi) Prego?

Micheline                      - Non lei; vada pure. (André entra nella sua camera).

Simona                          - Che c'è, Micheline?

Micheline                      - (con collera mal repressa) C'è che devo dirti qualche parola molto semplice: oggi An­dré ha scoperto che sono una donna ordinaria, e tu sei una farfalla, o qualche cosa di simile.

Simona                          - E' una minaccia, Micheline? Non è prudente.

Micheline                      - Pensi di portarmi via André?

Simona                          - Credevo non te ne importasse nulla.

Micheline                      - Infatti. Non me ne importa più niente; ma ho il mio piano prestabilito e voglio realizzarlo: aprirò un caffè e farò dei figli con André.

Simona                          - Che linguaggio poetico... Io non avrò mai dei bambini.

Micheline                      - A dozzine ne avrai, se continui così. E per ogni figlio un padre diverso.

Simona                          - Siamo già arrivati agli insulti? Lasciami in pace! Te li regalo tutti e quattro. Impiegali pure nel tuo caffè. Tu puoi bastare per quattro uomini.

Micheline                      - Sfrontata! (Toglie da un cassetto alcuni biglietti di banca e li butta sulla tavola) Ecco, sono per il tuo cosiddetto lavoro. E domattina, prima della colazione, via. E ringraziami, se non vuoi andar via subito. (Spegne la luce ed esce da sinistra).

Simona                          - (è rimasta sola. Il chiaro di luna si fa più vivo. Nel camino si anima qualche fiamma che poi si spegne. Inquieta e tesa, Simona si avvicina al portavoce e ascolta. Si avvia come per salire la scala. Ritorna sui suoi passi. Si avvicina al fondo, nella luce lunare. Vede avvicinarsi una lunga om­bra ed impaurita, grida) Ah!

Giuseppe                       - (entrando) Chi c'è?

Simona                          - (tranquillizzata) Oh, nonno! Sei tu, gra­zie à Dio, sono... contenta che sia tu. (Si aggrappa a lui).

Giuseppe                       - Che c'è? Perché tremi? (Tenta con­durla verso la sua camera).

Simona                          - No... no...

Giuseppe                       - E perché no?

Simona                          - Fammi dormire nella tua casetta; non ti darò fastidio.

Giuseppe                       - Se vuoi: c'è una cameretta vuota, con un divano. Ma che cosa ti è accaduto?

Simona                          - Presentimenti.

Giuseppe                       - Tranquilla, figliola, tranquilla. Ci siamo rovinati i nervi tutti quanti. Ma che diavolo sono venuto a fare io qui? Ah, già, gli occhiali: ho dimenticato gli occhiali. Ora li cerco senza ac­cendere la luce, se no qualcuno si sveglia... (Rag­giunge il camino. Cerca a tastoni) Senti? Lassù passeggiano: la pace è in marcia. Ecco gli occhiali. (Prende gli occhiali e li inforca) Dove sei, Simona?

Simona                          - (ha aperto la porta della sua camera, vi guarda dentro) Sono qui, nonno. Ho voluto dare un'occhiata alla mia camera.

Giuseppe                       - Cerchi qualche cosa anche tu?

Simona                          - Ho voluto vedere se la finestra è aperta.

Giuseppe                       - Debbo chiuderla?

Simona                          - No. E' meglio che resti così. Per ogni evenienza. (Chiude la porta della camera e va con Giuseppe verso la terrazza).

Giuseppe                       - Vorrei sapere che cosa vai fantasti­cando. (Escono).

Clam                             - (apre adagio la porta della sua camera, scende con precauzione la scala, in basso urta una sedia, provocando rumore, si stropiccia un ginocchio e im­preca a bassa voce) «Damn!... ». (Accende un fiam­mifero e cerca la camera di Simona, Si toglie la gomma dalla bocca e l'attacca sotto la cornice del camino, spegne il fiammifero e lo butta. Bisbiglia) Simona! « Darling! ». Sono io. (Entra e richiude dietro di sé la porta. Alexey esce dalla sua camera, scende lentamente la scala, e ripete più o meno la scena ài Clam. Clam si affaccia dalla camera di Simona, sente un passo e si ritira).

Alexey                          - (urta la stessa sedia già urtata da Clam. Bestemmia fra i denti) «Ciòrtu!». (Avanza an­cora a tastoni. Butta a terra un'altra, sedia, ha rialza. Aspetta con l'orecchio teso, poi raggiunge la ca­mera di Simona. Entra. Clam appare sulla terrazza, nella luce lunare. Sta per entrare, quando un ru­more lo arresta. Bernard esce dalla sua camera, la porta scricchiola, d'istinto la zittisce, poi scende la scala. Alexey si affaccia alla porta di Simona, ode i passi e sparisce. Clam si ritira sulla terrazza e spa­risce a sua volta, senza che nessuno dei tre abbia visto gli altri. Bernard discesa la scala, urta anche lui nella sedia. Zoppicando, a braccia tese, raggiunge la camera di Simona ed entra. Alexey appare, coinè prima Clam, sul terrazzo, fa per entrare ma subito indietreggia. André lascia la sua camera accendendo una sigaretta e scende la scala. Bernard nell'atto di lasciare la camera di Simona, ode i passi di André e si ritira).

André                            - (urta anche lui la solita sedia. In punta di piedi raggiunge la porta di Simona) Cara, mi senti? (La luce si accende).

Micheline                      - (è ritta sulla porta della cucina, in pi­giama e vestaglia) Ti sento, caro, e come ti sento.

André                            - (voltandosi di scatto) Niente scenate, Mi­cheline, non hai più nessun diritto da far valere. La nostra relazione è finita. Mi hai messo alla porta? Dunque, sono libero. Posso fare quel che mi piace: e lo farò.

Micheline                      - Osi ancora aprire bocca, tu? (To­glie dal camino le molle, e si avvia verso la porta di Simona).

André                            - (cercando d'impedirlo) Non perdere la ragione! Non fare scandali!

Micheline                      - Togliti dai piedi.

André                            - Per l'amor di Dio! Pensa che lassù si prepara la pace del mondo!

Micheline                      - E la pace dell'anima mia, non mi importa? Togliti dai piedi. (Spinge da un lato An­dré, entra nella camera di Simona).

André                            - (ascolta senza respiro, poi) Santo Dio!

Micheline                      - (riappare sulla porta della camera, stu­pita) Non c'è nessuno.

André                            - Vuota? (Clam, Alexey e Bernard entrano in fila indiana dalla terrazza, e cercano di nascon­dere, con un contegno disinvolto, il loro imba­razzo).

Micheline                      - Ancora in giro, signori?

Clam                             - « Well ». Abbiamo avuto voglia di un po' d'aria.

Micheline                      - Un bell'esempio di solidarietà. (I quattro rispondono con un sorriso ebete).

Bernard                         - E adesso ritiriamoci. (Sale la scala, seguito da Clam, Alexey e, per ultimo, André).

Micheline                      - Un momento, prego. Qualcuno dei signori ha visto Simona'?

Clam, Bernard e

Alexey                          - (voltandosi insieme) No! (Giuseppe entra dal giardino e raggiunge tran­quillamente e silenziosamente la camera di Simona. Tutti lo seguono con lo sguardo, perplessi. Dopo un attimo, Giuseppe riappare portando una cami­cia da notte di seta e s'avvia, tranquillamente come prima, verso il terrazzo).

Micheline                      - Che succede, Giuseppe1?

Giuseppe                       - Sono venuto a prendere la camicia da notte di Simona. Dorme nella casetta del giar­diniere.

Micheline                      - E perché?

Giuseppe                       - Perché è perseguitata da un senti­mento che oggi è diffuso in tutti... A oriente e a occidente, nei Parlamenti e negli Stati Maggiori, fra i rivoluzionari e i reazionari, fra i poeti e i mer­canti, fra i ricchi e i poveri, e anche lassù, per quei quattro signori, che inutilmente cercano di nascon­derlo l'uno all'altro... Il sentimento della paura! Tre­mante paura di ciò che potrebbe accadere. (Pausa) Buona notte! (Esce. I quattro si guardano molto seri e composti, raggiungono le loro camere e vi spariscono. Si sentono scattare le serrature).

Micheline                      - (sola) Paura! (Una campana lon­tana batte la mezzanotte) Paura? Io non ho paura. (Spegne la luce ed esce da sinistra. All'ultimo rin­tocco della campana, il chiar di luna sì spegne).

QUADRO SECONDO

(La scena riappare nella viva luce del mattino. Il sole risplende).

Voce dal portavoce       - (roca, irritata, impaziente) Hallo! Hallo! André! Micheline! (André esce a pre­cipizio dalla sua camera, indossando la giacca, scende la scala, urta contro la sedia. Si precipita al porta­voce. La voce, insistente) Hallo! Hallo!

André                            - Oui, monsieur!

Voce                             - Dove siete tutti quanti?

André                            - Qui, monsieur!

Voce                             - Caffè nero! Caffè nero forte! La seduta continua.

André                            - Oui, monsieur. (Micheline entra por­tando un vassoio) Buongiorno.

Micheline                      - Porti su questo. (Vedendo la me­raviglia di lui) Caffè nero.

André                            - Ma come hai saputo?

Micheline                      - Un uccello notturno mi ha confi­dato che, questa notte, qui dentro, nessuno avrebbe dormito.

André                            - (prendendo il vassoio) Però... il troppo buon senso dà anche ai nervi. (Esce da destra. Mi­cheline lo segue con lo sguardo, legandosi il grem­biale, quindi batte un colpo sul gong. Clam, Ale­xey e Bernard, come se avessero aspettato questo segnale, lasciano contemporaneamente le loro ca­mere, e scendono la scala guardandosi con fredda ostilità).

Bernard                         - « Morning! ».

Clam                             - «Morning!».

Bernard                         - Bonjour, mademoiselle Micheline! Tempo bello, no?

Clam                             - Riposato bene?

Micheline                      - Non tanto. Un'altra volta proverò a fare una passeggiata al chiar di luna. Che cosa vogliono i signori per colazione?

Tutti e tre                      - Caffè nero!

Micheline                      - Chi l'avrebbe mai detto! (Esce. Clam apre la radio, cerca un'onda. Alexey ritto, accigliato, guarda ora Clam, ora Bernard. Bernard sta appog­giato alla ringhiera della scala, osserva gli altri freddamente. La radio attacca un ballabile. Clam, masticando la sua gomma, infila le mani nelle ta­sche e s'avvia verso il terrazzo. Alexey guarda ora lui ora la radio, con ira repressa, poi raggiunge l'apparecchio, ne sposta l'indicatore, ne trae fischi e rumori, infine un notiziario in lingua russa. Al­lora siede soddisfatto vicino al camino. Clam, sem­pre masticando, si volta di scatto. Bernard, pieno di dignità offesa, raggiunge la radio, sposta di nuovo l'indicatore, tra nuovi fischi e rumori, finché non capta la B.B.C.; soddisfatto, aumenta il volume).

Voce alla radio              - « London calling. This is the news. There are no further indications available as to the wherebounts of the Delegates of the Big Four... ».

Micheline                      - (entra con la colazione e la depone sulla tavola) I signori sono un po' pallidi. Forse patiscono l'aria del nostro paese? O si sono stra­pazzati troppo stanotte? Certo non è comodo uscire dalle finestre. Buon appetito. (Esce).

Bernard                         - Ehm... be'... è davvero penoso.

Clam                             - Micheline ha ragione. Perché voler fin­gere? La realtà è la realtà. Un gatto è un gatto. E Simona è... Simona.

Alexey                          - (ironico) Logica perfetta.

Bernard                         - Non mi sembra che giovi all'appetito provocare una discussione su una signorina che...

Alexey                          - Giova di più all'appetito andare di notte nella sua camera, vero?

Bernard                         - Questo è un mio fatto personale. Non v'interessa.

Clam                             - Ma tu, Casanova del Volga, non sei an­dato in camera sua?

Alexey                          - Avevo le mie buone ragioni per farlo.

Clam                             - Volevi fare una partita a scacchi con lei?

Alexey                          - E tu una partita a poker!

Clam                             - No, rugby.

André                            - (è entrato ed ha ascoltato) Quante pa­role, Alexey. Sei geloso, mi pare. La faccenda è tutta qui: siamo in quattro nella stessa barca, no?

Bernard                         - Ma non ci sono quattro Simone; ce n'è una sola. E, se ho capito bene... ognuno di noi avrebbe un certo interesse per lei.

Alexey                          - Vorresti dividere Simona in quattro zone d'interesse?

Clam                             - Interesse fisiologico o interesse estetico?

Bernard                         - Propongo di metterci d'accordo, onde trovare una via d'uscita, da questa situazione ridi­cola.

André                            - Una conferenza? Benissimo. Io sono pronto a far valere i miei diritti in forma parla­mentare.

Clam                             - Su, Alexey, un telegramma a Mosca, per chiedere istruzioni.

Bernard                         - Sediamoci, signori. Quando si è se­duti, si è più calmi. (Siedono).

Clam                             - Assumo la presidenza.

Alexey                          - Con che diritto?

Clam                             - Col diritto del più forte. (Estrae dalla tasca posteriore dei pantaloni la rivoltella, e gio­cherella).

Alexey                          - (corre all'attaccapanni, toglie dal suo cap­potto la rivoltella, torna alla tavola ponendosela da­vanti) Forza contro forza.. (Tutto si svolge ap­parentemente per ischerzo, ma si sentono l'ira e l'in­sofferenza represse).

André                            - (prende una scatola di fiammiferi. La scuote) La sorte deciderà. Quanti fiammiferi ci sono in questa scatola?

Bernard                         - Cinque.

Clam                             - Sette.

André                            - Io dico: otto. E tu, Alexey?

Alexey                          - Sei!

André                            - (apre e conta) Sette! Vittoria agli Stati Uniti!

Clam                             - Anche i fiammiferi possono essere stru­menti di giustizia. La conferenza è aperta. Caffè? Zucchero? (Porge la zuccheriera e la caffettiera. Tutti si servono) «AH right!». Chi spara per pri­mo? (Indica la pistola) Per modo di dire, si ca­pisce. Allora, discussione sulle competenze di priorità nei confronti delle grazie di mademoiselle Simona. Carte in tavola, signori. Io sposerò Simona.

Alexey                          - (beffardo) Matrimonio «made in U. S.A.». Conosciamo la formula: divorzio predispo­sto. Niente da fare. A rischio di urtare contro le direttive del partito, io condurrò Simona in Russia.

Clam                             - E quando ne sarai stufo, la farai man­dare in Siberia sotto l'accusa di sabotaggio al piano quinquennale.

Bernard                         - Prego, signori. Evitiamo i deviamenti verso il linguaggio della propaganda ufficiale. Da parte mia, sono pronto ad aiutare quella povera ragazza, senza pretendere compensi, né pagamenti in natura. Mi piace tentare d'essere un uomo one­sto in mezzo a questo sudicio mondo.

Alexey                          - (una mano sulla sua spalla) Sei un . uomo di ieri, tu. Ti venderemo all'asta.

André                            - Calmatevi, amici. Siete tutti fuori gara. Voi siete ancora alle intenzioni, io sono già ai fatti e anche alle conseguenze. Io l'amo e per lei ho rotto i rapporti con Micheline. E Micheline, per me, significava l'avvenire: una casa mia, una bot­tega, il libretto della cassa di risparmio, e figli e nipoti e, infine, una tranquilla vecchiaia. (Si asciuga una lacrima, poi) E tutto questo l'ho sacrificato per Simona. Chi può offrire di più?

Clam                             - (butta in aria la rivoltella e la riprende a volo) Amen!

Giuseppe                       - (entrando dalla terrazza) Buongiorno! Quando si mangia non bisogna inquietarsi.

André                            - Dov'è Simona?

Giuseppe                       - Sta venendo. Ma non per restare.

Clam                             - Niente indovinelli, vecchio talmudista.

Giuseppe                       - Potete domandarlo a lei.

Simona                          - (entra dal terrazzo) Vuoi prendere la mia valigia nella camera, nonno? Il treno parte fra venti minuti.

Clam                             - (in piedi) Treno?

Bernard                         - (idem) Valigia?

Alexey                          - (idem) Che succede?

Giuseppe                       - Quello che succede sempre dove si trovano riuniti degli uomini: catastrofe. (Va nella camera di Simona).

Alexey                          - Dunque lei parte, Simona?

Simona                          - (fredda e chiusa) Sì.

Bernard                         - Così... d'improvviso?

Simona                          - Sono licenziata.

Alexey                          - Assurdo. Si rivolga al sindacato.

André                            - Senza il mio consenso qui non si licen­zia nessuno.

Simona                          - (molto contegnosa) Non si diano pena, signori. Non potrei rimanere. Mi hanno offesa. (Mi­cheline entra dalla cucina e ascolta) Anche sola e abbandonata come sono, ho la mia dignità.

Micheline                      - Via, via, non c'è da drammatizzare! Una parola tira l'altra, si capisce; ma non bisogna metterle sulla bilancia. (Abbraccia Simona alle spalle) Specialmente quando le parole sono dette da una linguaccia come la mia. E poi... non è certo colpa tua, se quel signore non pensa con la testa ma...

André                            - Micheline!

Micheline                      - ... ma col cuore. E in quanto a que­gli altri... se ne darebbe tredici per una dozzina.

Simona                          - (dolce e mansueta) Grazie, Micheline. (La bacia sulla guancia) Io non ti serbo rancore. Le donne si comprendono fra loro. E' l'alleanza de­gli offesi, dei disprezzati. Ma... (Esita).

Giuseppe                       - (esce dalla camera di Simona con la va­ligia) Ecco la valigia.

André                            - Puoi spiegarci quel che significa tutto questo, Giuseppe?

Giuseppe                       - Da molto tempo non cerco più di spiegare nulla. Faccio quello che mi comandano, nei limiti delle mie forze. E ora le mie forze ba­stano a portare questa valigia.

Micheline                      - Simona, voglio sapere perché te ne vai, ora.

Simona                          - Preferisco non dirlo.

Micheline                      - Se la ragione è in rapporto alla notte passata, tu non hai dormito nella tua camera, ma nella casetta del giardiniere, sarà meglio spie­garsi e parla pure senza timore.

Simona                          - Hai ragione. Ti debbo una spiegazione. E la debbo anche ai tre signori.

Micheline                      - Perché tre? Non sono quattro?

Simona                          - (dopo una breve pausa) Il quarto è già informato. (I quattro si guardano).

Giuseppe                       - (posando la valigia) Accidenti all'a­ritmetica.

Micheline                      - Una bella storia; c'è da essere cu­riosi davvero. Racconta, dunque.

Simona                          - (si volta e guarda lentamente i presenti) Quando andai in camera mia, questa notte, stavo per coricarmi, quando, d'improvviso, la porta si aprì...

Micheline                      - Ci siamo.

Simona                          - Non lo riconobbi subito. Il chiaro di luna generava ombre confuse. (Tremando) Non disse nulla. Brutalmente mi afferrò...

Micheline                      - Perché non hai gridato?

Simona                          - Mi chiuse la bocca. Ma io mi difesi, disperatamente. Sentii le mie forze mancare. Con un estremo scatto riuscii a liberarmi. E allora egli ebbe paura. Fuggì dalla finestra. E io corsi qui. E qui... trovai il nonno. (Pausa. Silenzio).

Micheline                      - Era...

Simona                          - Non dirò il nome. Il colpevole sa quello che gli resta a fare. E sa pure che così non si con­quista una donna. Né con le parole, né con gli sguardi, io avevo dato pretesto alla sua miserabile azione.

Bernard                         - Voglio sapere chi è stato: lo ucciderò.

Micheline                      - Uomini! Uomini! Come sarebbe bello il mondo senza di voi. Riporta indietro la valigia, Giuseppe. E tu calmati, Simona, e vieni con me in cucina. Ci faremo un buon caffè. E non ritorneremo qui finché i tre non avranno tro­vato il quarto, e non avranno liquidato la faccenda. (Verso sinistra con Simona) Non aspettate che la faccia io, questa liquidazione. (Micheline esce con Simona. Giuseppe scompare con la valigia nella camera. Pausa. I quattro non si muovono. La luce del sole si smorza. Il giorno si oscura. Un tempo­rale si avvicina).

André                            - (dopo la pausa) Non posso certo essere stato io. Sono arrivato ultimo.

Bernard                         - Quando io sono entrato, la camera era vuota.

Clam                             - (fissando Alexey) E quando sei entrato tu, era anche vuota?

Alexey                          - (balzando) Vorresti forse insinuare che io... (Afferra la rivoltella. Nel mentre dal porta­voce escono voci confuse ed eccitate).

Voce dal portavoce       - André!

André                            - Oui, monsieur.

Voce                             - La macchina. Subito. Partiamo.

André                            - Oui, monsieur. (Tutti appaiono stupiti. André, dopo una breve esitazione, corre nella sua camera).

Altra voce                     - (impetuosa) « Tàvarisc Smirnòff! ».

Alexey                          - « Da, da, tàvarisc Komissàr! ».

Altra voce                     - « Aftamabil! ».

Alexey                          - « Da, da, tàvarisc Komissàr! ». (Sale cor­rendo la scala).

Terza voce                     - (calma) Smith!

Bernard                         - « Yes, sir! ».

Terza voce                     - «My car».

Bernard                         - «Yes, sir». (Su per la scala, in fretta).

Quarta voce                  - (rapida, irosa) Snyder!

Clam                             - «Yes, sir».

Quarta voce                  - «My car! Make it snappy!».

Clam                             - « May I ask you, sir, how's the odds? ».

Quarta voce                  - « Hell's apopping?». (Clam sale la scala).

Giuseppe                       - L'inferno fa capolino dal vulcano sul quale volevamo ballare. (La luce è diminuita. C'è aria di temporale. S'ode un tuono. Giuseppe si fa alla porta della cucina) Micheline! Simona!

Micheline                      - (dalla sinistra, con Simona) Ma che confusione è questa? Credevo che stessero picchian­dosi... Dove sono?

Giuseppe                       - Vanno a prendere le loro robe! La conferenza è stata interrotta. Ora partiranno tutti.

Micheline                      - Ma come? Stupidi quelli di lassù, come quelli di laggiù!

Giuseppe                       - Tutti d'accordo per la discordia ge­nerale!

Micheline                      - Ci sarà la guerra?

Simona                          - (atterrita) La guerra?! (Si aggrappa al braccio di Giuseppe).

Giuseppe                       - Non è proibito sperare, ma è lecito dubitare.

Micheline                      - Non ne avranno il coraggio.

Giuseppe                       - E qui sta il pericolo, quando i po­tenti signori hanno paura, pretendono dalla pic­cola gente il coraggio degli eroi.

Clam                             - (scende con una valigetta) Non trovo più il mio rasoio. Tenetelo come «souvenir». (Indos­sando soprabito e berretto. A Micheline) «Thank you so much, miss!». (A Simona) « Bye bye! ». Mi farò vivo. (A Giuseppe) Bada alla piccola, nonno.

Alexey                          - (scende con la sua valigetta, si veste e dice a Clam) Sospendere non è troncare.

Clam                             - Ci rivedremo ancora. Magari in pur­gatorio.

Voce dal portavoce       - «Allons!». (Clam saluta ed esce correndo dal terrazzo. André esce dalla sua camera).

Alexey                          - (stringe la mano a Micheline) Tante grazie. (A Simona) Mi farò vivo. (A Giuseppe) At­tento a Simona, babbino! (Esce).

André                            - Sì... abbi cura di Simona, nonno Giu­seppe. Chi sa quando potrò tornare! (S'inchina a Micheline) Mademoiselle Auburtin... (Bacia la mano a Simona ed esce in fretta).

Bernard                         - (scende senza troppa premura, tenendo in mano un rasoio) Questo non è il mio rasoio. (Si veste).

Giuseppe                       - (prendendo il rasoio) E' il rasoio di Clam. Le stesse armi per combattere, gli stessi ra­soi per radersi.

Bernard                         - (un cenno a Micheline) « Thank you very, good bye!». (Lo stesso a Simona) « Good bye and God bless you!». (A Giuseppe) «Take care of Simona, will you granfather? ». (Esce).

Giuseppe                       - Gli alleati di ieri e i nemici di do­mani hanno troppa fiducia nelle possibilità di Giu­seppe.

Simona                          - Sono contenta che se ne siano andati. Erano insopportabili, tutti.

Micheline                      - (dal terrazzo) La partenza dei gladia­tori. (Simona e Giuseppe la raggiungono. S'ode il rumore delle macchine prolungato da un tuono).

Simona                          - Mi pare di sentire gli aeroplani.

Giuseppe                       - Sono le automobili.

Micheline                      - Fra poco verrà la pioggia. E quelli corrono come pazzi verso la tempesta. (Ancora tuoni, sibili di vento e rumore delle macchine che si al­lontanano. L'uomo dalla mantella da pioggia entra da destra. Ha la barba appuntita, cappello a larghe falde, aspetto trasandato, modi inquieti. Rientrando dal terrazzo Simona lo vede, si porta le mani al cuore e, con un piccolo grido, cade svenuta).

Micheline                      - (scarmigliata) Ora incomincia la tem­pesta. (L'uomo esita, poi sale in fretta la scala e sparisce in una camera senza che Micheline possa scorgerlo).

Giuseppe                       - Conviene chiudere la vetrata. (Esegue con sforzo per il vento).

Micheline                      - (vede Simona svenuta) Oh, guarda! Poveretta. Ha davvero i nervi scossi. (Con Giu­seppe aiuta Simona ad alzarsi).

Simona                          - (rinvenendo a poco a poco) Forse... ho sognato... Non c'è nessuno, qui, oltre voi? (La piog­gia batte contro i vetri. Simona nasconde il viso contro il petto di Giuseppe) Ho sognato!

Giuseppe                       - (accarezzandola) C'è un incubo so­pra di noi.

Micheline                      - (si fa il segno della croce) Si è fatta notte in pieno giorno... Il mondo va alla rovescia. (Lampi e tuoni).

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

 (La medesima scena degli atti precedenti. Il tem­porale continua. Fuori è buio. Nella stanza è ac­cesa la luce. Si ode scrosciare la pioggia; poi un tuono. Micheline, seduta al tavolo, rammenda delle calze. Simona è accanto a lei, e si tappa gli orec­chi con le mani a ogni tuono. Giuseppe è in piedi alla finestra, e guarda fuori).

Giuseppe                       - Fosse almeno il diluvio universale! Ma non mi sembra.

Micheline                      - I temporali suscitano in me ricordi infantili. Eravamo in campagna, e mio padre era in vacanza. Era impiegato alle poste. Passavamo l'estate a Vouvray. Che buon vino rosato a Vouvray. Ne abbiamo qualche bottiglia in cantina, e stasera ce la berremo in pace, senza più quei quat­tro diavoli... Povero papà. Morì di mal di fegato. Un vero francese. Pace all'anima sua.

Simona                          - E' vero che quando c'è il temporale, il pelo dei gatti manda scintille? (Un tuono e lei si chiude gli orecchi).

Micheline                      - Quando il pelo è bagnato, le scin­tille non le fa.

Giuseppe                       - Si direbbe che le anormalità atmo­sferiche seguano il passo della storia, pur con qual­che differenza: invece dei quattro cavalieri dell'Apocalisse, quattro autisti.

Micheline                      - Ti smarrisci nella Bibbia, Giuseppe.

Giuseppe                       - E' vero. E dovrei limitarmi al libro di Geremia. (La luce elettrica comincia ad oscillare, poi si spegne. Di fuori entra una livida luce spet­trale).

Micheline                      - Olà!

Giuseppe                       - Corto circuito.

Simona                          - (balza in piedi atterrita) Eccoli! eccoli! Andiamo in cantina, nonno!

Micheline                      - Niente isterismi, Simona! Sta tran­quilla e lavora, come faccio io, chiacchierando in pace. Così la paura se ne va. Accendi una candela, Giuseppe, non vedo più le maglie.

Giuseppe                       - (esegue) Non sono aeroplani, Simona, non sono bombe. In cantina devo però andarci lo stesso, per verificare le valvole.

Simona                          - Non capisco quel che mi accade. Sento e vedo cose che gli altri non vedono e non sentono. Vedo... quell'uomo con la mantella... poco fa... Sie­te sicuri, proprio sicuri, che non ci fosse?

Micheline                      - (continuando a lavorare) Nessun uomo, nessuna mantella...

Giuseppe                       - Allucinazioni, bambina mia. Né io/ né Micheline abbiamo visto niente. Domina i tuoi nervi! Il mondo non è fatto per chi ha i nervi deboli.

Simona                          - E' giusto. Farò tutto quello che potrò, finché resisterò. Come una palla da biliardo, che per quanto batta e urti da tutte le parti, non perde mai la sua forma. (Si guarda intorno) Ma se non fosse stato uno spirito?

Micheline                      - Non abbiamo spiriti, Simona. E le valvole, Giuseppe? .

Giuseppe                       - (accende una seconda candela) Non parlate così leggermente di spiriti e di paura, Mi­cheline. Ciascuno di noi è oramai lo spettro di se stesso. Come farò io, spettro, ad aggiustare le val­vole? (Esce da destra).

Simona                          - Giuseppe oramai chiacchiera come un vecchio rimbambito. (Pensierosa) Senza casa e senza famiglia, anche lui come me. Ma tu, Micheline, non sei quella sciocca che qualche volta vuoi ap­parire.

Micheline                      - Né tu quella birbacciona che vor­resti far credere di essere.

Simona                          - Mi odi?

Micheline                      - Odiare? Si può odiare il caffè fred­do o il raffreddore... ma, trattandosi di esseri umani, l'espressione è troppo forte. Né odio, né amore. Alla gente si può volere o non volere bene; niente di più.

Simona                          - Quelli che hanno una casa vogliono difficilmente bene ai vagabondi.

Micheline                      - Io non ho ancora una casa. Ma l'avrò.

Simona                          - Mi piace stare vicino a te. Quando tu guardi, non si ha più voglia di dire bugie.

Micheline                      - (rompendo un filo coi denti) E al­lora perché ne dici?

Simona                          - Non ho mai la certezza, se dico bugie o verità. E tu?

Micheline                      - Io mi tengo alla realtà. Tutto il resto è fumo. Dimmi che cosa hai fatto e per quale ragione sei venuta a nasconderti qui.

Simona                          - Sono scappata.

Micheline                      - Dalla prigione?

Simona                          - Dal convento.

Micheline                      - Questo è male. Un grosso peccato. Io non sarei mai scappata dal convento, anche perché non vi sarei mai entrata. E perché ci sei entrata tu?

Simona                          - Per un uomo.

Micheline                      - T'ha abbandonata?

Simona                          - (con uno strano sorriso) Sì... per la strada... Nella notte... ma non era colpa sua. (A bassa voce) Incominciò quando mi disseppellirono di sotto le rovine della chiesa, dove Giuseppe mi aveva creduta morta. Il primo fu Pedro: restammo insieme due settimane. Due settimane di fughe da un riparo all'altro, ma con molta felicità. Poi i gendarmi presero Pedro e lo portarono via. Era spagnolo, straniero, senza documenti. E, qualche giorno dopo, la notizia.

Micheline                      - Morto?

Simona                          - (accenna di sì col capo) Tifo. Ed ecco, per me, i corridoi pieni d'echi, coi pavimenti di mattonelle... le celle spoglie, fredde, con l'inferriata alle finestre... La campanella che ci svegliava nel gelo dell'alba... e il silenzio chiuso e pesante come le mura che mi seppellivano.

Micheline                      - E tu non hai potuto sopportare.

Simona                          - (con un riso sordo) Oh, Micheline! Un altro uomo.

Micheline                      - Ancora?

Simona                          - Se tu sapessi come lo odio! Mi perse­guita! Vuole impadronirsi di me, togliermi la li­bertà, soffocare la mia indipendenza. (Stringe il braccio di Micheline) Lascia ch'io resti qui, Mi­cheline. Che non mi raggiunga, non mi riprenda.

Micheline                      - Sta tranquilla. E lascia pure che venga. Lo riceveremo come merita. (Guarda alla finestra mentre risuona un tuono lontano) Il tem­porale si allontana. Tutto passa. (Entra Giuseppe).

Giuseppe                       - E tutto ritorna.

Simona                          - Sono stanca. Posso buttarmi un po' sul letto, Micheline? (Alzandosi).

Micheline                      - Certamente.

Simona                          - (bacia Micheline sulla guancia) Sei buona. Tu e il nonno siete i soli che potrebbero ridarmi il coraggio di ritrovare me stessa. Ma que­sto è molto difficile. (E' entrata nella sua camera).

Micheline                      - Che ne pensi, Giuseppe? Non sarà per caso una spia?

Giuseppe                       - Se fosse così non rimarrebbe.

Micheline                      - (riordinando le calze rammendate) Giusto. Non è che una povera tormentata. Di dove sia venuta, e perché, non ha importanza.

Giuseppe                       - Qualche cosa di simile è accaduto anche a me. Quanti anni sono passati?

Micheline                      - Tre anni.

Giuseppe                       - E che zuppa di pesce, Micheline, quella prima sera: la ricordo ancora. Dovrebbero darti il premio Nobel.

Micheline                      - Per la zuppa di pesce?

Giuseppe                       - Per il tuo senso d'umanità. (Si rio­dono i rumori delle macchine in arrivo) Che suc­cede? (Alla finestra) Proprio loro! La cavalcata rientra. Lo dicevo: tutto ritorna!

Micheline                      - (anche lei alla finestra) Guarda in che stato le macchine! Di nuovo questa banda sul mio groppone.

Giuseppe                       - Abbi il senso delle proporzioni, Mi­cheline. Certo i delegati hanno ripensato ai loro problemi, e vorranno riprendere la discussione.

André                            - (entra in fretta tutto bagnato) Bonjour!

Giuseppe                       - Si sono riconciliati?

André                            - Sciocchezze! Il ponte di Marie è stato travolto dall'acqua. Non abbiamo potuto proseguire.

Voce dal portavoce       - (roca, irritata) Grog, An­dré! Bollente! Subito!

André                            - Oui, monsieur. (A Micheline, non senza imbarazzo) Micheline... se volessi essere tanto gen­tile... anche per me e i miei compagni... qualche cosa di caldo...

Micheline                      - Certamente: di caldo e di calmante. (Via da sinistra).

André                            - Giuseppe, dov'è Simona?

Giuseppe                       - Nella sua camera. L'avventura ti at­trae, eh? e tu ami l'avventura.

André                            - (uno starnuto, poi, senza sincerità) Amo Simona.

Clam                             - (entra rapido, seguito da Alexey e Bernard. Tutti e tre di pessimo umore) Dov'è, Simona?

Giuseppe                       - (aiutandoli a sbarazzarsi dei soprabiti) Nella sua camera. Ha bisogno di riposo. Dopo tutto il trambusto di questa notte...

Alexey                          - Questa notte! (Afferra Clam al bavero) Avrà la sua conclusione adesso, la notte.

Clam                             - (lo respinge) Non qui. Fuori.

Alexey                          - Bene. (Si avvia verso il terrazzo, imi­tato da Clam, tutti e due con piglio deciso).

Giuseppe                       - Per piacere, signori, per piacere.

Clam                             - Che?

Giuseppe                       - L'acqua ha invaso la cantina. L'im­pianto elettrico s'è guastato. Le bottiglie sono mi­nacciate. Vorrei che lor signori obbedissero all'an­tica consuetudine, che fa nascere dalle catastrofi l'umana solidarietà.

Alexey                          - Vuoi insegnar questo a me? Dov'è la cantina?

Giuseppe                       - Da quella parte.

Clam                             - Andiamo.

Bernard                         - Uniti per aggiustare, divisi per distrug­gere. Un bel motto. (I tre escono da destra. Piove ancora, ha stanza è in penombra).

Giuseppe                       - (li segue con lo sguardo) Come se un matto si specchiasse in quattro specchi. E i quattro specchi riflettono il mondo. I pensieri degli uomini stanno come in allarme. I loro sentimenti marciano a passo militare. E ciascuno di essi è sempre pronto ad infuriarsi. I potenti calpestano gli umili, e gli umili si calpestano fra loro.

Micheline                      - (entrando da sinistra con un vassoio) Sempre monologhi, eh?

Giuseppe                       - Do parole ai miei sospiri.

Micheline                      - (affida il vassoio a Giuseppe, toglie dall'armadio alcuni bicchieri) Dove sono i quattro spacconi?

Giuseppe                       - In cantina. Cercano di rendersi utili.

Micheline                      - E allora demoliranno la casa. Dove scalpitano gli uomini, non cresce più l'erba. Meno dove passi tu, Giuseppe, perché sei un angelo e predichi ed operi la bontà.

Giuseppe                       - (ironico) Sono un angelo disceso su un pianeta mal riuscito: per questo sono costretto a vagabondare continuamente. (Esce).

Micheline                      - Chiacchiere, nonno, ora sei fermo qui, che è un posto sicuro: io sono neutrale. (Esce seguendo Giuseppe).

Simona                          - (esce dalla camera, si guarda intorno agi­tata) E' qui, è qui... (Guarda da tutte le parti) Ma io non andrò con lui. (Toglie dal cappotto di Alexey la rivoltella, si piazza in mezzo alla camera, parla con voce forzata, ma non forte) Esci. So che sei nascosto qui. Vieni avanti. L'Uomo dalla mantella (esce dulia camera dove si era rifugiato e scende lentamente la scala, par­lando con tono suadente) Eccomi, Simona.

Simona                          - Io sono libera. Non voglio che tu...

L’Uomo                        - Che cosa non vuoi? (Le si avvicina fis­sandola con un freddo sorriso) Lo so, tu sei libera. E di tua libera volontà verrai con me.

Simona                          - No.

L’Uomo                        - Verrai, Simona.

Simona                          - No.

L’Uomo                        - E non è forse meglio per te ritrovare tutto quello che hai lasciato?

Simona                          - No.

L’Uomo                        - Ora ce ne andremo in silenzio, senza che nessuno se ne accorga.

Simona                          - (senza convinzione) No.

L’Uomo                        - Dov'è la tua valigia?

Simona                          - (addita la prima porta a sinistra) Lì dentro. (L'uomo oltrepassa quella porta e scompare. Simona solleva la rivoltella fissandola). La voce dell'Uomo          - E' buio... troppo buio... non trovo... (Simona chiude gli occhi, si tappa con una mano un orecchio, spara verso la porta aperta; nello stesso momento la luce si accende, ella corre alla porta di fondo, la chiude, vi si appoggia con le spalle). La voce di

André                            - (con quelle dei suoi compagni) Funziona di nuovo. La luce è tornata. (Tutti e quattro entrano da destra senza vedere subito Simona).

Alexey                          - Se mi ci metto io...

Clam                             - Già! Come se il guasto non l'avessi sco­perto io.

Bernard                         - E io? (Vede Simona) Simona! (Tutti la fissano. Ella lascia cadere la rivoltella).

Clam                             - Che significa?

Alexey                          - (raccogliendo l'arma) E' la mia rivol­tella.

Bernard                         - Che è stato?

Simona                          - (calma) L'ho ucciso.

Bernard                         - Chi hai ucciso?

Simona                          - (cade su una sedia, vi si accascia sfinita) Chiamate la polizia.

André                            - Impossibile. (Si avvicina alla porta di sinistra, la chiude con precauzione).

Clam                             - Nemmeno parlarne.

Alexey                          - Era legittima difesa, Simona?

Clam                             - E' sempre legittima difesa quando non si spara in aria.

Bernard                         - (porge un bicchiere a Simona) Beva! Le darà forza!

Simona                          - Grazie. (Bernard tracanna un bicchiere, poi gli altri tre uomini gli tolgono bottiglia e bic­chiere e lo imitano) Non mi denuncerete?

Alexey                          - Prima dobbiamo sapere chi è stato que­sta notte a...

Simona                          - Perdonatemi; avevo sbagliato. Voi non c'entrate. E' stato lui. E ora... è là. (Con un sospiro di sollievo i quattro si stringono la mano).

André                            - Nascondi la rivoltella, Alexey. Dobbiamo pensare al da farsi, prendere qualche decisione, e...

Bernard                         - Zitti!

Micheline                      - (entra con Giuseppe) Tutto a posto?

Clam                             - Perfettamente. (Alexey ha rimesso la ri­voltella nel cappotto. André e Bernard nascondono senza parere la porta della camera di sinistra).

André                            - (un po' imbarazzato) Abbiamo aggiustato le valvole. Abbiamo buttato fuori l'acqua. Tutto fun­ziona di nuovo a dovere. Vedi?

Micheline                      - (guardandosi intorno, insospettita) Già. Ma... (Altro tono) Spegni la luce, Giuseppe. E' di nuovo giorno. (Giuseppe obbedisce. La luce del giorno si fa sempre più viva) Ti vedo pallida, Simona. Perché non vai in camera tua a riposare?

Simona                          - Non darti pensiero per me, Micheline.

Micheline                      - (ad André e Bernard) Ma che fanno lor signori davanti a quella porta?

André                            - (con ampollosa serietà) Ti prego, Micheline. Dimentichiamo per il momento i nostri con­trasti. E' necessario che tu vada in cucina con Si­mona e Giuseppe, e non ritorniate prima di essere chiamati.

Micheline                      - Ma perché?

Simona                          - (si alza, prende sotto braccio Micheline) E' bene lasciarli soli, Micheline. Ho l'impressione che abbiano da discutere fra loro qualche cosa di molto serio: una faccenda proprio di uomini.

Micheline                      - Strano, però. Quando pensano alle cose serie gli uomini hanno un aspetto straordina­riamente buffo,           - (esce con Simona dalla seconda porta di sinistra).

Giuseppe                       - Vederli così d'accordo è bello; ciò che fa paura è ignorare lo scopo di tanta concordia...

Clam                             - Va per i fatti tuoi!

Giuseppe                       - Certo. Ci vado subito! E stiano pure tranquilli: non ho veduto niente, non ho sentito niente, non ho detto niente... (Esce. Pausa).

Clam                             - E ora che si fa?

Bernard                         - Qualcuno ha saputo della venuta di quell'individuo, oltre Simona e noi?

Alexey                          - Speriamo di no.

André                            - Comunque dobbiamo portarlo via, sep­pellirlo in qualche posto.

Bernard                         - Vi rendete conto della responsabilità che stiamo per affrontare?

Clam                             - E' grave...

Bernard                         - È' grave.

Clam                             - (dopo una pausa, lento) Ma noi sappiamo pure che cosa ha spinto la ragazza al delitto; sappia­mo quale pericoloso individuo era... (accenna alla camera) quel tale...

Alexey                          - (inquieto) Ma se qualcosa trapelasse... Si scatenerebbe una nuova campagna antisovietica. C'è anche di mezzo la mia rivoltella.

André                            - Diffidi di noi?

Alexey                          - Non posso dire questo. Ma è certo che, quando a uno di voi facesse comodo dare la colpa a me...

Bernard                         - E' grave, è grave! Se da una parte, pe­rò, ci sono i doveri e i pericoli, dall'altra parte c'è pure una povera creatura che...

André                            - La verità è che siamo innamorati di lei: per questo, prima, volevamo romperci la testa a vi­cenda, ed ora siamo pronti a fare anche di peggio.

Bernard                         - (dopo una pausa) André, dove si può seppellirlo?

André                            - Nella rimessa. Dietro la casetta del giar­diniere.

Bernard                         - Tu mi aiuti a portarlo, Alexey. Clam resterà qui, se per caso arrivassero ordini di lassù. André c'insegnerà la strada. (Improvvisamente si bussa alla prima porta di sinistra e i tre sussultano), L'Uomo dalla mantella da pioggia (esce e s'inchina con ironica cortesia) Prego i signori di scusarmi, se disturbo la loro conversazione. Ma forse il mio intervento non è inopportuno. Loro possono infatti vedere che non è necessario prepa­rare il mio funerale e il mio seppellimento dietro la casetta del giardiniere.

Clam                             - Ma Simona... Simona non ha sparato contro di lei?

L’Uomo                        - Certo. Qualche volta ha delle idee cosi bizzarre quella bambina, e così in contrasto con... con la sua natura. Ma io ci sono abituato.

Bernard                         - (marcato) Noi quattro siamo disposti a giurare, dinanzi a qualsiasi autorità, che Simona ha agito per legittima difesa.

L’Uomo                        - E non poteva essere altrimenti: qual­siasi autorità vi crederà. Ma io desidero informare lor signori che non intendo rivolgermi, come d'abitudine, a nessuna autorità giudiziaria.

André                            - Allora, a conferma del nostro operato, lei dia la rivoltella con la quale ha minacciato Si­mona. (Fa per perquisirlo).

L’Uomo                        - Simona ha raccontato questo?

Alexey                          - Questo. E molte altre cose.

L’Uomo                        - Non è difficile immaginarle. Allora, prego, mi mettano a confronto con Simona.

Bernard                         - Potrebbe essere interessante.

Clam                             - Tenterà di giocarci.

Alexey                          - Non sarà facile.

André                            - (alla porta di cucina) Giuseppe!

Giuseppe                       - (apparendo) Eccomi! (Vede l'uomo) Oh, il signore...

André                            - Chiama Simona, ma non dirle che il signore è qui con noi.

Giuseppe                       - Perché?

André                            - Perché lo crede morto.

Giuseppe                       - Troppo bello, ma troppo facile. Le cose sono sempre un po' più complicate. (Esce).

L’Uomo                        - (dopo una pausa) E' chiaro che Si­mona vi ha ammaliati tutti e quattro. Non mi stu­pisce. Simona non è una donna. (Si corregge) Vo­glio dire: non è una sola donna, ma può essere quattro, dieci donne, molte donne... (S'interrompe vedendo entrare Simona, da sinistra, accompagnata da Micheline e da Giuseppe. Simona si ferma fis­sando l'uomo).

Micheline                      - Che razza di spauracchio è costui?

L’Uomo                        - (estremamente tranquillo, avvicinandosi a Simona) Buongiorno, Simona.

Simona                          - (come ipnotizzata) Buongiorno. Non pensavo di trovarti qui. Quando sei arrivato?

L’Uomo                        - In questo momento. (/ quattro si guar­dano perplessi).

Clam                             - (risoluto)Non abbia paura, Simona.

Alexey                          - Ci siamo qui noi per difenderla.

Bernard                         - E la difenderemo.

Alexey                          - Era nel suo pieno diritto, lei, quando impugnò quella rivoltella.

Simona                          - Quale rivoltella? Mio Dio! Non ho mai toccato una rivoltella in tutta la mia vita. E non oserei mai toccarla. (I quattro sono più che mai sbalorditi).

L’Uomo                        - I signori cominceranno a dubitare d'a­ver sognato.

Micheline                      - (guardando in controluce la bottiglia di whisky) A meno che non sia questo. Troppa benzina, signori autisti!

Simona                          - (all'uomo) Sono contenta che tu sia venuto. Ti aspettavo da molto tempo. Andiamo a casa?

L’Uomo                        - Certo, Simona. Se tu lo vuoi.

Simona                          - Sì. E' giusto; poiché io lo voglio...

Alexey                          - Ma dunque, Simona...

Micheline                      - Ma allora? La fuga, le persecu­zioni...

Simona                          - Ma no! Io fuggo sempre. Fuggo da me stessa. Fuggo dalle bugie. Ciò che dico è sempre vero, in quel momento, ma poi non so più quello che volevo dire. Ma perché non ridete? E' il meno che si può fare, ridere di me.

Bernard                         - Forse sarebbe l'unica conclusione as­sennata.

Clam                             - Niente affatto! (All'uomo) Lei deve par­lare, deve spiegarci quello che è accaduto. Deve dirci chi è lei e chi è Simona!

L’Uomo                        - Chi sono io? Chi è Simona? Certo. E' giusto. Ma intanto... (A Simona, con tono quasi di comando) Simona!

Simona                          - Sì. Subito. Vado a prendere la valigia. (Esce dalla prima porta a sinistra).

Alexey                          - (dopo una pausa, aggressivo) E allora?

L’Uomo                        - Ho il piacere di presentarmi ai signori e (a Micheline) alla signora. Io sono... (Esita, dando l'impressione dì inventare quello che sta per dire) Sono il dottor Mercier, specialista per le malattie nervose. Tra le mie pazienti, ci sono molti casi complicati, interessanti. Ma il caso di Simona... è davvero particolare: grave forma di nevrosi, smar­rimento dell'anima, scissione tra la personalità e la coscienza. Al giorno d'oggi, i limiti fra l'illusione e la verità sono diventati molto incerti, labili.

Micheline                      - E per questo racconta tante bugie?

L’Uomo                        - Non bugie, l'ha detto lei stessa. Quello che dice è sempre vero, per lei, nel momento in cui lo dice. Ed ecco Simona la seduttrice, Simona la fuggiasca, Simona la profuga, Simona che spara contro il suo migliore amico, e subito dopo lo di­mentica. (Pausa) Ora spero che i signori saranno soddisfatti. Che Simona non possa vivere nel mon­do, non possa trovare posto fra gli uomini, l'hanno visto anche loro. E lei stessa - anche questo hanno visto - è pronta e disposta a seguirmi di sua volontà. La riporterò con me - (falso) nella mia clinica.

Simona                          - (rientra con la valigetta) Sono pronta. Micheline... Giuseppe... Adieu.

Micheline                      - Mi dispiace, Simona.

Simona                          - L'ho capito. Grazie, Micheline.

Giuseppe                       - Addio, figliola.

L’Uomo                        - (saluta) Scusino il disturbo. E lo ri­cordino: se avranno bisogno d'un alienista - di questi tempi può accadere facilmente - sarò sem­pre a loro disposizione.

Simona                          - (ai quattro) Io dovrei dirvi qualche cosa, amici, ma per fare questo, dovrei ricordare quello che ho detto prima a ciascuno... Non mi è possibile: troppa confusione.

Bernard                         - Molta confusione. (Simona e l'uomo dalla mantella escono).

Giuseppe                       - (guardando André e Micheline cerca di allontanare gli altri) Vogliamo accompagnarli? (Esce con Clam, Bernard e Alexey. André è con­fuso, intimidito, si spolvera il bavero).

Micheline                      - (prende nell'armadio penna, calamaio e carta che dispone sulla tavola, poi, risoluta) Scrivi che siamo disposti a concludere l'affare nei termini stabiliti a voce.

André                            - Sei intelligente, Micheline. E anche buona. Non ti merito.

Micheline                      - Lo so. Ma mi basta sapere che lo pensi. Vedrai il nostro caffè: diventerà un locale non comune.

André                            - Sono un asino.

Micheline                      - So anche questo. (André si alza, la bacia sulla gota. Lei ride. Dalla terrazza entrano lentamente Alexey, Clam e Bernard, seguiti da Giuseppe).

Clam                             - L'aria è fresca.

Bernard                         - Il tempo si è rimesso.

Giuseppe                       - Vieni nell'orto, Micheline. Se tu vedessi come sono cresciuti gli asparagi! (Ammicca accennando agli altri).

Micheline                      - (che ha capito) Bene. Accade an­cora qualche miracolo. Andiamo a vedere gli aspa­ragi. (Esce con Giuseppe).

Bernard                         - (dopo una pausa) Io non credo che sia come ha detto quel signore. Credo invece che siamo corsi dietro una chimera tutti e quattro...

Voce dal portavoce       - André! Snyder! Smirnoff! Smith! Tutti su. Subito.

André                            - Che sarà successo? (Precipitosamente i quattro escono dalla destra. Contemporaneamente si ode un lontano vocio, fra suoni di campane, sparì di mortaretti, E la musica di una handa).

Micheline                      - (accorrendo dalla sinistra con Giuseppe) Mon Dieu! Mon Dieu! E' la guerra! Oh, Giu­seppe, è la guerra!

Giuseppe                       - Ma potrebbe anche essere la pace, Micheline. Non agitarti!

Micheline                      - Mon Dieu! Mon Dieu! (Corre alla terrazza).

Giuseppe                       - La banda, i mortaretti, le campane... Guerra o pace?

Micheline                      - (rientrando, tranquilla) Né guerra, né pace, Giuseppe. Sono i pompieri di Monterron. Li ho veduti. Sfilano in alta uniforme, con la banda, per la strada comunale. E' la loro festa an­nuale. Non me ne ricordavo.

Giuseppe                       - Voglia l'Eterno che i pompieri di tutto il mondo abbiano sempre feste, e mai incendi. Ma mi è parso di udire dei passi, lassù. Non senti anche tu, Micheline?

Micheline                      - Zitto!

André                            - (entra da destra, in fretta, seguito dagli altri tre) Finita! Finita! Giuseppe e

Micheline                      - Che cosa?

 I Quattro                      - La conferenza!

Micheline                      - Guerra?

Giuseppe                       - Pace?

André                            - Né guerra né pace: rinvio.

Giuseppe                       - Meglio così: il giudizio universale è aggiornato. (Gli spari e i suoni aumentano dì in­tensità. Attratti dai rumori tutti vanno verso lai terrazza tanto da dar modo a Giuseppe di restare solo e farsi avanti alla ribalta) Pure, una morale ci vorrebbe; e forse loro signori l'aspettano da me. Ma è meglio che ognuno tenga per sé quella che è an­data formandosi nel proprio cuore e nella propria mente, nel breve corso di questi avvenimenti che hanno potuto aver l'aria di essere sciocchi, ma non credo tanto. Dal canto mio, ben lungi dal credermi un angelo, come benevolmente mi considera l'accorta e neutrale Micheline, ma solo per la mia vecchiaia, cioè per la mia esperienza, vorrei dir questo: sperare è ancora possibile: quel signore che è andato via appena adesso con Simona, il] medico, aveva nella valigia, al posto della camicia da notte, una colomba; è quella colomba che ha turbato Simona. Ma io so che non basta a potei condurre Simona nel paese del medico. Simona non sta bene, è ammalata di nervi, tutti la vo­gliono guarire, ma continua con le sue sole forze a restare dov'è. Fin quando ci resterà chissà che non sia concesso a ognuno di noi di coltivare in pace i nostri giardini. E' con questa speranza che il vecchio Giuseppe vi dà la buona notte, e ognuno impari a sorridere di se stesso. Quest'ultimo con­siglio non è mio; non sono da tanto. Se ricordate, lo ha detto Simona, la quale Simona sembra squi­librata, forse anche lo è, con tutte le bombe che ha avuto sulla testa, ma sapendo da millenni più ; cose che non lasci intendere, pur con il terrore e la paura che ha, riesce qualche volta a sorridere di sé. Arrivederci, signori.

FINE