Come finì Don Ferdinando Ruoppolo

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Compagnia Filodrammatica

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NonSoloRagionieri

Come finì don Ferdinando Ruoppolo

Commedia in due parti

di

Peppino De Filippo

Personaggi  (in ordine di entrata)

Elide, cameriera, si esprime in gergo romanesco

Oberdan Silla,  ilfiglio di Ferdinando, si esprime in dialetto ro­manesco

Zio Vincenzino, fratello di Ferdinando, sordo e  si esprime con difficoltà

Rosa, moglie di Ferdinando, si esprime in dialetto na­poletano

Maria, figlia di Ferdinando, si esprime in italiano 

Graziella, figlia di Ferdinando, si esprime in italiano

Ferdinando, si esprime con accento napoletano

Sor Augusto, si esprime in dialetto romanesco

Federico,si esprime con accento romano

Avvocato Cacione si esprime in italiano

Dottor Morsetti, si esprime in italiano

Clementina, sorella di Ferdinando, suora, si esprime con ac­cento napoletano

Voce femminile registrata, fuori scena

Voce maschile registrata, fuori scena

L’azione si svolge in Roma

Rappresentata per la prima volta al Teatro delle Arti di Roma, 1969

Interpreti

Elide                                  Francesca Cassarini

Oberdan Silla                   Nicolsas Tenerani

Zio Vincenzino                Mario Cassarini

Rosa                                 Michela Vitamia

Maria                               Chiara Venturi

Graziella                        Giulia Lorenzelli

Ferdinando                      Giuseppe Beccaglia

Sor Augusto                   Michele Paccaglia

Federico                          Alessandro Pinelli

Avvocato Cacione          Michele Pazzaglia

Dottor Morsetti              Mario Cassarini

Clementina                      Francesca Cassarini

Voce maschile                Alessandro Pinelli

Voce femminile              Erica Giusti

Parte Prima

(siamo nel mese di Agosto. N.d.R.)

La scena è in penombra. Una camera da pranzo-salotto in una costruzione verso il quartiere Prati in Roma. Una porta a sinistra in seconda quinta. Una porta a destra in prima quinta. Sul fondo, verso destra, un vasto balcone con piante. Alle due pareti di .fondo, bene in vista, ai lati del balcone, due foto ingrandite in cornice oro, una di ufficiale dell’esercito 1915 e l’altra di una donna anziana epoca 1910. A sinistra, sulla parete in prima quinta, un grande e caratteristico quadro ad olio del golfo di Napoli che mostra il Vesuvio. A sinistra in prima quinta, un apparecchio televisivo e accanto un mobiletto bar. Buffet, divani, mobili e quadri alle pareti, di gusto antiquato. Lampa­dario al centro. Sono le ore 19 di un caldo pomeriggio di estate e fuori il cielo mostra un bel tramonto.

Elide           (è la serva di casa. E’ giovane, trasandata nel vestito che indossa e di modi sguaiati. Entra dalla sinistra asciu­gandosi le mani con uno strofinaccio da cucina. Bor­bottando va al telefono a rispondere) Pronto ?.. Pron­to ?... (forte) Pronto? ?... (riattacca la cornetta sbuf­fanda) Ve possino ammazzavve! (avviandosi alla porta dalla quale è entrata) Tutta la santa giornata! Chissà chi è che se diverte. (il telefono squilla di nuovo) An­cora! (ritorna verso il telefono) ‘Sta casa me pare er centralino der Ministero. (risponde al telefono) Pronto ?... (più forte) Ma che sete sordo? (forte) Pronto? (spazien­tita al massimo) Io me lo magnerei ! ... Ci hanno tempo da perde. (riattacca la cornetta e si avvia per uscire di scena; passando davanti al televisore preme il pulsante e resta in attesa. Dopo poco l’apparecchio comincia a trasmettere un ballabile; Elide, attratta dal motivo, si mette a ballare)

Ober. Silla          (entra dalla porta a destra. Indossa una maglietta ca­ nottiera ed un paio di vecchi pantaloni, ha un libro. E’  il figlio minore di Ferdinando e Rosa Ruoppolo. I suoi modi sono sgarbati) Di’? Tu er televisore mica
lo devi tocca.


Elide          (interrompendo il ballo e chiudendo l’apparecchio) Vo­ levo solo vede si era finita la ti-vu dei ragazzi...

Ober. Silla        Sì?  E poi se se guasta l’apparecchio, lo fai riparà te?


Elide               Ma chi ‘o tocca? (fa per uscire di scena)

Ober. Silla      Chi era?


Elide               Nisuno.


Ober. Silla        Come nisuno? Er telefono sona pe’ conto suo?


Elide            E che ne so? Ha sonato, ho risposto, e ‘nc’era nisuno, ‘mbè? Non è mica la prima vorta che succede.


Ober. Silla             Quante vorte ha sonato er campanello?


Elide             Perché, una adesso bisogna puro che sta attenta pe senti si er telefono sona due, tre o quattro vorte?


Ober. Silla           Se capisce! Una cameriera come se deve ce sta’ at­ tenta.


Elide             Ma chi jel’ha detto a lei che io me considero la came­ riera de ‘sta casa?


Ober. Silla          Perché chi te credi d’esse?


Elide               Una che deve lavorà pe’ portà li sordi a casa e fino a che me conviene ce sto, quanno che me sarò stufata me ne vado.


Ober. Silla        Ma visto e considerato che lo fai nun è mejo che te l’impari ‘sto mestiere?


Elide             Ma me faccia er piacere! (si avvia per uscire di scena)


Ober. Silla       (le grida alle spalle) Portami un pezzo de pane con quarche cosa, ‘sciamannata!


Elide            Dico: ma lei un po’ de maniera nunceIl’ha?


Ober. Silla           (le si avvicina e quasi ridendo cerca di palparle il se­ dere) Senti na cosa...


Elide            (risentita e scostandosi) Le mani a posto!


Ober. Silla         Si faccio fortuna penso pure a te. Te sistemo.

Elide                  Me sistema? E come?


Ober. Silla         Te metto ner letto a panza sotto.


Elide               (offesissima) Ce metta su sorella! Me ce facevo mette proprio da lui a panza sotto.


Ober. Silla          E da chi?


Elide                  So’ fatti mia.


Ober. Silla           Ma perché te sposi? Er matrimonio in Italia è ‘na ca­ tena. ‘Na catena che spesso tié legati due infelici che un giorno, pe’ interesse o per amore, se so creduti di poté esse felici e invece.., ce vo’ er divorzio! Quella
si che è ‘na legge civile. Nun ce credemo più, bene! Spartimose. Ognuno se faccia li fatti sua senza rim­ pianti e, quello che è bello, senza odio da nessuna par­ te. (cerca di attirare a sé Elide, ma questa si libera)


Elide               Ma nun dica frescacce! E se stia fermo con le mani, ha capito signorino Oberdan Silla? (si libera da Oberdan  che cerca ancora di  abbracciarla e poi dice ridendo) Oberdan Silla! A me ‘sto nome me fa tanto ride. Me pare er nome de ‘no shampoo. <Capelli lucenti e mor­ bidi? Usate ‘Oberdan Silla’> ! Ma perché j’hanno appioppato ‘sto nome?


Oberdan.Silla          Ma che te ne importa? (poi fa per avvicinarsi di nuovo alla ragazza) Vié qua, te’o spiego... Nun fa la scema! Annamo...


Elide              (sempre sfuggendogli) Le mani a posto. Si no je ‘o dico a su’ padre.


Oberdan.Silla              E chi se ne frega? Capirai! Sai che paura?


Elide                 E che nun ce lo so? Tanto pe’ quello che conta, po­ veraccio, dentro ‘sta casa.


Ober. Silla          Beh, ma de che te impicci tu?


Elide             Lassamo perde. So cose che nun me riguardeno, però a lei sì. A lei je dovrebbero d’ariguardà! (esce di scena)


O ber. Silla           (gridando) Portami er pane!


Elide            (di dentro con sgarbo) Se lo venga a pijà lei!


Ober. Silla          (forte verso la porta dove è uscita Elide) ‘A sgallet­ tata!

(musica, vocio e rumori stradali in sotto fondo provenienti dalla strada)


Elide             (ritornando furiosa) Sgallettata sarà ... (si tappa la bocca)
È mejo che me sto zitta. (minacciando) Ma n’antra vor­ ta che...


Ober. Silla               (gridando) E vattene!


Elide               (esce borbottando) Te faccio vede io, te faccio vede. (esce)


O ber. Silla       (va all’apparecchio telefonico, forma un numero e poi
parla sottovoce) Pronto   sono io... Oberdan Silla... (scandendo perché l’altro non capisce) O-b-e-r~d-a-n S-i-I­- 1-a !... Ruoppolo, insomma! Dottò è lei? Mi avete te­ lefonato, stavo a dormì e la cameriera mi ha chiamato solo adesso.., è urgente?  …e’ quanno ?…Io conosco bene tutte le entrate der palazzo... ma la prova l’ab­ biamo fatta... Sì, assieme a Bellicapelli.. Ieri sera co ‘a millecento. Non ve preoccupate, ce riesco. V’assicuro che ce riesco... fidateve de me... È ‘na cosa che me preme assai ! ... A che ora ?... Alle dieci ? Va bene... No, a casa nun c’è nessuno, so’ solo.., la cameriera è ‘na mezza deficiente... A stasera ...

D’accordo ! ... (riattacca)

Zi’ Vincenz.    (entira dalla sinistra. Cerca qualcuno e farfugliando chiama) ... dinà ... dinà... (non ha la parola facile, si esprime con difficoltà: è un ometto piccolo e  maci lento, quasi calvo, i capelli che gli restano sono bianchi e tagliati a spazzola. Pallido e con gli occhi incavati. Non ha né baffi né barba. Calza un vecchio paio di pantofole nere e indossa un vestito di tela grigia leg­-
gera composto di pantaloni e giacca con bavero a pi­ stagnina dalla quale spunta fuori una logora camicia chiara di fustagnina. Entra camminando a stento, len­ tamente, appoggiandosi ad una piccola sedia come fosse un bastone. Mostra il suo lato sinistro paralizzato)


Ober. Silla          (gli grida all’orecchio) Zio... papà nun è ancora tor­ nato!


Zi’ Vincenz.       (c. s.) ... dinà!... dinà !... (esce sul balcone e siede)   dinà...

Ober. Silla         Sì... te saluto! (esce)


Rosa         (entra seguita da Maria. Accende il lampadario cen­ trale. E’ una donna ancora piacente e veste con ricer catezza. Ha in mano alcuni pacchetti) Ferdinando non è ancora tornato. (depone i pacchetti sul tavolo, poi li
svolge e mostra alcuni oggetti da toilette e una borsa nuova, ammirandola) Pensi che starà bene sul tailleur marroncino? Del resto lo hai visto no? C’era anche  sul modello pubblicato su « Bella moda » : taierino marrone e scarpe nere ! A papà, ricordati, gli dirò di averla comprata con i buoni premio del concorso dei detersivi, come abbiamo detto per il cappotto di Gra­ ziella. Se no, giustamente, chissà che va a pensare. Le idee sue, lo sapete, sono quelle che sono. Stiamo a Roma da 25 anni, da 25 anni abbiamo lasciato Napoli e quello tiene ancora a certi pregiudizi di marca me­ ridionale. In fondo, poi, finisce sempre per convin cersi. È tanto buono.


Mairia         Io gliel’ ho detto, sai?


Rosa             A tuo padre?


Maria           No, a Ruggero. « Bada, se non mi sposi ti ammazzo ».


Rosa           Figlia mia, non te la prendere. Adesso, il padre, l’egre gio onorevole, il consenso lo deve dare per forza se non vuole vedere il figlio in galera: in galera

Maria          Mammà, quando parli cosi mi fai venire un nervoso !...

Se noi abbiamo fatto quello che abbiamo fatto è stato perché ci vogliamo bene, se no...


Rosa             E chi lo mette in dubbio? Solo che adesso, l’onorevole, non può più fare la voce grossa. Se lui è milanese io sono napoletana. Suo figlio è un galantuomo? Allora ha il dovere di sposarti. Se lui è ricco e tu no, perché
sei la figlia di un onesto pensionato, in compenso, sei giovane, bella e  minorenne: minorenne! Io non di­ scuto se Ruggero sia un bravo ragazzo o un mascal­ zone, però adesso deve sposarti e tu devi diventare la signora De Gerardo. Suo padre sarà un pezzo grosso ma bisogna che si rassegni a diventare nostro stretto parente. (accende una sigaretta)

Maria            Sarà come dici tu, ma io ho paura lo stesso. Una scusa oggi, un pretesto domani e... ti saluto matrimonio! (ac­ cende una sigaretta)

Rosa             Tu poi, benedetta figlia, non ci hai pensato due volte, dico: due volte, per andarci a letto? Che testa sven­ tata! Questo sei: ‘na capa sventata!

Zi’Vincenz.         (a questo punto si sarà avvicinato a Rosa e a gesti le

vuole dire che cerca suo fratello) ... dinà? dinà!


Rosa           (a Zi’ Vicenzino con tono forte come chi parla ad uno che non ode) Ferdinando nun èancora tornato... Adesso andate sul balcone. Jate a vedé ‘a gente che passa.., tengo che ffa!  Jate, ja! (Zi’ Vincenzino si rivolge a Maria)

Maria           (parlandogli come gli ha parlato Rosa) Più tardi, zio, più tardi!(Zi’ Vincenzino ritorna sul balcone lenta­ mente, piagnucolando e di mala voglia siede)


Rosa            (va al mobile-bar, si serve un bitter e lo sorseggia mentre dice) Per chiarire, io ho detto soltanto: sic­ come il partito è ottimo sarebbe stupido, un peccato perderlo. Così, se invece di una carezza, un bacetto... vuole qualche cosa di più, e va bene.., non ti rifiutare: incoraggialo! A volte l’uomo è timido. Ma non mi sono mai, mai sognata di dire che ci dovevi andare a letto insieme. Comunque, non ti preoccupare, fa quello che ti dico io, se sei sicura che ti vuoI bene, inten­ diamoci!


Maria           Questo sì... ma è papà che è così noioso! Vuol sapere sempre tutto!


Rosa               Ci penso io. Poi mi ringrazierà quando gli racconterò come è andata la faccenda. Lascia fare a me!


Maria           Però non mi sembra giusto che uno si sposi solo per la paura di andare in galera.

 Rosa              Ma non hai detto che ti vuole bene? Che vi volete bene? Gué, nenné, tempo da perdere non ce n’è. Tra otto mesi, a marzo, il bambino nascerà, tra un paio di mesi cominceremo a vederti la pancia ... e che succede
allora? Se ti sposi nel mese prossimo si potrà sempre dire che il bambino è nato settimino. Maria, tu tiene vent anni, devi sposarti. E bene. E ti sposerai, te lo dice tua madre! Anche tua sorella Graziella si sposerà co­me Dio comanda, alla faccia di tutti!Riccardo è un ragazzo in gamba. Un traffichino. Si vede subito il tipo sveglio. L’uomo di cinema, di rottura.

Maria          (ironica) Sì, rottura! Quello fa il capo-comparse a Cinecittà.

Rosa           Capogruppo! Capogruppo, cretina! Tu non capisci niente. Quanti hanno cominciato così e poi sono di­ventati produttori, attori, grandi stelle del cinema, ma­nager. Riccardo ci ha l’occhio esercitato, sa cogliere il particolare, la finezza, quel non so che » che ti fa diventare una diva. Lui appena vide Graziella a Cine­ città rimase come folgorato. Me lo disse lui stesso: « A
Graziella la lancio io, però voglio l’esclusiva! »


Maria            E si vede che ce l’ha l’esclusiva. Stanno sempre as­ sieme, tra poco non la riporta neanche più a casa!

Rosa             Naturale! Se la deve lanciare è necessario che la faccia vedere, che la presenti a gente importante, no?

Maria           Ieri, io e Ruggero, siamo andati con la sua macchina verso Grottaferrata. Gli ho voluto far vedere una chie­setta che mi piace tanto e che sta da quelle parti. Lui, davanti all’altare, mi ha giurato che il mese prossimo sa­remo marito e moglie. Ha detto: « Ora più che mai è mio dovere sposarti. Abbiamo mancato e devo ripa­rare. Mio padre si convincerà. Senza di te non vivo più! »

Rosa             E allora? Non farti scrupoli inutili. L’anno prossimo, di questi tempi, sarai la signora De Gerardo e noi i signori parenti della famiglia dell’onorevole De Ge­ rardo. Vai, porta questa roba di là


Ober. Silla             (entra mentre Maria esce di scena) Papà ancora non è
rientrato? Io alle otto e mezzo debbo uscire.


Rosa            E dove vai? Lo sai che tuo padre non vuole sapere che stai in giro di notte. Poi se la prende con me.


Ober. Silla        Allora pe’ nun fa sta in pensiero paparino che faccio?
Me ne resto bono, bono in casa? A fare che?

Rosa                A studiare mettendoci buona volontà. La scuola costa,
lo sai o no? Se quel santo uomo di tuo padre viene a sapere che sei stato bocciato un’altra volta, che asino eri e asino sei rimasto, gli viene un colpo. Proprio per questo non gli ho ancora detto niente, perché in que­ sta casa, chi pensa e provvede a tutto, sono sempre io!


Ober. Silla          Ma che faccio de male? Già è abbastanza quello che sopporto. Da anni, capisci?

Rosa                  Per esempio?


Ober. Silla             Er nome! (ripete caricando il tono) « Er nome » (imi­-
tando) ‘o nomme... ‘o nomme... come dice papà!


Rosa           ‘Onomme! Embè? Che tiene ‘a di’?


Ober. Silla         Come che ci ho da di’? Ma dico io, come se fa a chiamà ‘n ragazzino « Oberdan Silla » ? Come se fa? Come se fa?


Rosa          E’un nome come un altro, no?


Ober. Silla           Ma statte zitta! È roba che quanno me chiamano per la strada manco me rivorto perché me vergogno!


Rosa                   Overo!


Ober. Silla            Nome e religione, stamme a sentì, ce li dovremmo sce­ glie noi figli nun appena raggiunto l’uso de ragione! Sto nome? Nun me piace! Me vojo chiamà così e così. Sta religione? Nun me convince! Vojo esse buddista,
ateo, maomettano. Pe’ convinzione, capisci? Mica pe’ convenienza uno dovrebbe accettà certe cose. Quando il signor Ruoppolo ebbe a Roma nella capitale dell’Im­pero il sospiratissimo figlio maschio, patriottico, nazio­ nalista come è, lo rovinò affibbiandogli il nome di due personaggi, legati alle sue fissazioni: Oberdan e Silla.


Rosa               Animale! «Oberdan » è il nome della strada a Napoli dove io e tuo padre ci demmo il primo appuntamento d’amore. « Silla », il nome della strada dove c’era la nostra prima casa qui a Roma, e dove tu sei nato. Hai
capito?


Ober. Silla         ... e allora è venuto fuori «Oberdan Silla” ! E meno male che quanno so nato non abitavate in via della scrofa! Oberdan Silla! Me pare er nome d’uno shampoo.

Rosa                Gué? Shampoo o non shampoo, Silla o non Silla, a me non mi piace che te la fai con certa gente.


Ober. Silla        Quale gente?


Rosa              Mi hanno detto che te la fai con persone pericolose. Ti ha visto il tabaccaio.


Ober. Silla           E capirai, er tabaccaro! Si capisce, quello è un capita lista fetente, che poteva dire? Ma vedrai che un gior­ no o l’altro gliela bruciamo la bottega a quel verme, e jela brucio io!


Rosa               Ma che sei pazzo? Non metterti nei pasticci. Ricor­ dati che tuo padre sarà quello che sarà.., ma è un ga­ lantuomo...


Ober. Silla .               .. un pensionato onesto e dignitoso. Ma che ha fatto,
in vita sua? Gnente! Ha avuto sempre paura di com­ promettere l’onore della sua famiglia. E che ci ha gua­ dagnato, lui? E che ci avemo guadagnato, noi? « Que­ sto non sta bene, quest’altro non si fa! L’onore, la stima, la rettitudine...! » Lasciamo perde, va... mm me fate di’ cose che nun vojo di’ e che tu stessa pensi! Se fosse per me in questo quartiere farei veni’ ‘a rivo­ luzione! Lo volete capire o no che qui se deve cambià tutto. Er monno se deve rivortà come un pedalino. Tutto da capo! Tutto da capo! (calmo alla madre) Hai tre­ mila lire! ? (azione di Rosa) Mi servono per l’affitto d’a motoretta

Rosa                Ieri ti ho dato duemila lire. Io non sono la banca di Italia! Dove vuoi che li prenda? Se tuo padre viene a sapere che ti do sempre dei soldi, che penserà?


Ober. Silla             Mi padre, mi padre: ma che ne sa lui dei guai miei?


Rosa                      Quali guai?


Ober. Silla            Guai, guai! Tutti i miei compagni marciano come si deve.

Chi si è comprato lo scooter, chi la Cinquecento, chi la barca a motore...


Rosa                     ... e il canotto di gomma che ti ho comprato?


Ober. Silla             Non è la barca a motore! La domenica tutti se ne vanno in gita a Fregene, a Ostia, in campagna e io rimango qua a guardamme zi’ Vincenzino sordo, muto e paralizzato. Sai che bel divertimento! Ma deve finì. Hai sentito ieri sera quello che hanno detto in tele­visione? Ammazzalo, come parla bene quello! Quello si che è n’omo! Ha detto che er popolo è stanco e che se rivorterà contro er potere temporale.

Rosa                 Tu stai a sentire solo quello che fa comodo a te. Senti, invece, come parla bene Padre Marziano...

Ober. Silla          Bono quello: bono! La famiglia qua, la famiglia là, il padreterno, la Madonna, gli angeli custodi co’ le ali: ce ne avemo vicino uno pe’ persona de angeli custodi che ci assiste e ci protegge. In Italia ce ne avemo cin­quanta mijoni. A ciascuno er suo volatile E Ma pare ‘n gallinaro, sta nazione! Nelle chiese, poi, nun ne par­liamo quanti ce ne sono. Da quelli in miniatura a quelli più grandi, belli, paffutelli. Hai visto mai un bambino affamato dalla miseria tanto da non reggesse in piedi dalla debolezza, dietro chi ci ha? Ci ha n’angelo che sbotta de salute, che se Io guarda e se lo protegge. E meno male che il bambino affamato nun lo vede, perché l’angelo nun se fa vedé se no quello, co’ la fame che se ritrova, se lo magnerebbe.

Rosa           Finiscila e vergognati! Come puoi parlare cosi! Con una zia suora di santa Zita. Lo sai o non lo sai che hai una zia, la sorella di tuo padre, che si è fatta suora a sedici anni?


Ober. Silla          Te la raccomando quella li. L’ho vista ‘na sola vorta e voleva che me facessi prete. Ma che m’avete fatto castrà da ragazzino?


Rosa            Scomunicato! Scomunicato! Scomunicato! (dalla strada, in sottofondo, rumori stradali)


Zi’ Vmcenz.       (scoppia a piangere come un bambino e grida) ... dinà?
dinaà... dinaà! (cerca suo fratello che non vede tornare a casa)


Rosa             Che c’è?


Zi’ Vincenz.            (a gesti fa capire anche che vorrebbe andare a letto)

Rosa            (cercando di rabbonirlo)  È presto, Ferdinando non è ancora tornato. È presto...


Zi’ Vincenz.             (indicando le reni fa capire che la parte gli duole)


Rosa               È il solito dolore. Adesso Elide non vi può mettere a letto, tene che ffa! Andate sul balcone a vedere la gente che passa. Andate... (Zi’ Vincenzino brontolando si allon­ tana ed esce sul balcone, poi rientra e  se ne va per la porta di sinistra)


Ober. Silla              Insomma quei sordi me li dai o no?


Rosa                Se almeno avessi voglia di lavorare. Non era buono il posto alla Rinascente che tiera capitato?


Ober. Sill a            Sì, a rompermi la schiena a pulire per terra dalla mat­ tina alla sera per una miseria. (arrabbiandosi) Se almeno avessi avuto un po’ di voce.., neanche quella! Un po’ di voce! A quest’ora starei al Cantagiro. Invece...


Rosa                 (dandogli il denaro) Te’...


Graziella                (entra dal fondo, giovane e attraente) Buonasera. Che
corsa! Sono tutta sudata. Quando si passa per il centro ce ne vuole per tornare a casa. Macchine, gente, autobus. Riccardo ha telefonato?


Rosa               Non credo. Io sono rientrata da poco. (Oberdan Silla esce di scena)


Graziella         Buone notizie, mammà! Quasi certamente Riccardo m’ha
combinato il contratto per un fumetto e forse, forse an­ che per dei « Caroselli ». Oggi mi hanno fatto due ser­ vizi fotografici  anche in due pezzi, siamo andati ad Ostia, sai? Io mi vergognavo un po’, ma Riccardo ha detto che sono venuta benissimo e che la prossima volta, il « servizio » me lo vuole fare lui! Così ha detto!

Rosa                 E quello te lo fa: te lo fa!


Graziella           Ha detto che lui solo sa come mi deve sfruttare. Ab­ biamo anche mangiato al ristorante sul mare. È stato bellissimo.


Rosa                Ti tratta bene, eh?


Graziella        E’sempre tanto carino. Il conto l’ho pagato io perché lui era rimasto a secco. Ha tante spese per questo lancio mio. Lui ci crede!

Rosa                 E  tu no?


Graziella            Certo. Gobba non sono. Riescono tante in cinema che
sono meno belle di me! Ho visto un vestito da sposa, mammà, che è una meraviglia! Semplice, moderno. Un tailleur primaverile con giacchino a double face lillà chiaro, chiaro. A Riccardo è piaciuto molto.

Rosa                 Senza velo da sposa. Peccato!


Graziella          E chi lo usa più il velo? Mamma! Ti avverto che sta­ sera devo uscire con Riccardo. Dobbiamo vedere un produttore. Sta preparando un western. Forse è la volta buona, mammà!


Rosa              Uffà con questa storia, papà non vuole che uscite la sera, Graziè!


Graziella        Uffà! Lo volete capire che sono una attrice e come tale devo andare al Festival di Cannes o di Venezia o a Punta dell’Est. Che faccio? Ci vado di nascosto?


Rosa               E va bene, se si deve andare a Punta dell’Est ci andiamo. Che bisogno c’è d’arrabbiarsi tanto?


Graziella         Ma papà quando ritorna? Ci farà cenare tardi e finirà
che dal produttore non ci posso andare più! (esce di scena)


Elide            (entra) Signò, io me ne vado. Ho fatto la cucina e la cena èpronta. A Zio Vincenzino j’ho dato da magnà perché ci aveva fame. Poco fa m’è toccato da daje n’antra vorta ‘na pulita. Se l’è fatta addosso. A me sta cosa me
fa senso, si je lo devo di .


Rosa            Bella mia, a te ti fa senso tutto. Ormai è come se fosse un ragazzino.


Elide           Ma che ragazzino? Quello ci ha cent’anni. Lì se tratta de pulillo due o tre vorte ar giorno. Ma che davero, davero? Anzi giacché stiamo dentro a ‘sto discorso, je dico subito che a me ‘sta cosa mica me conviene. Ce
potrebbero pure penzà le figlie sue, lei stessa, er fra­ tello... Io qua mica so venuta a fà l’infermiera o la balia ar centenario. (avviandosi)


Rosa           Come?


Elide          Sarebbe a di che vostro cognato lo potreste pure mette all’ospedale. Fa ‘na pena, poveraccio, a vedello girà pe’ casa tutta la santa giornata senza che nessuno je dà retta, a comincià proprio dar fratello.


Rosa           Queste sono cose che non ti riguardano. Hai capito? Se lo teniamo in casa è perché ci piace così. Ci man cherebbe anche la spesa dell’ospedale, come se ci fosse speranza di guarigione. Va, va sbrigati! E se qua non
ci stai bene, vattene. Nessuno ti trattiene. Tanto di gua­ dagnato. Con tante necessità che abbiamo.


Elide          Sì? E  che è corpa mia si ci avete le necessità? Accon­ tentateve de meno e tante necessità nun ce l’avrete più. Magnate bene, bevete bene, amici nun ve ne mancano... nun lo so io!...


Rosa          Ah mangiamo bene, beviamo bene, amici non ce man­ cano. Che vorresti dire, sul fatto che amici non ce ne mancano? Quali sono questi amici?

Elide            Ma lassamo perde... è mejo!


Rosa            Invece non lasciamo perdere niente. Intanto vattene e domani puoi anche fare a meno di venire!


Elide           Lei me dia quello che me spetta e me ne vado: tredi­ cesima, anzianità, ferie e marchette.


Rosa            Anzianità? Ma se sei con noi da appena un mese !…


Elide                Queste so’ le leggi de adesso. Grazie a Dio so’ finiti li soprusi. Mo’ semo tutelati. Che ci avete da di quarche cosa?


Rosa           Voglio dire che prima di mettervi a fare le cameriere dovreste imparare come si serve in casa di una signora.


Elide          Io er mestiere mio lo conosco, lei si impari er suo. E nun se faccia chiacchierà tanto dalla gente.


Rosa            E che dice la gente? Questa è una casa onesta. (irrita­ tissima) Vattene, sai? Vattene! (a Elide che è uscita borbottando) E non ti permettere più di rispondermi, io non sono mica una tua pari. Sono la signora Ruop­-
polo!


Elide             (di dentro) E io so’ Garibaldi!


Graziella          (in vestaglietta, seguita da Maria) Ma che succede?

Rosa              A quella maleducata non la voglio più vedere.

Graziella        E che vorresti manda.rla via?

 Maria            E qui i mestieri chi li fa?

Rosa Li fate voi. Sarebbe tempo. Qua non possiamo tenere la corte di Spagna.

Zi’ Vincenz.        (entra gridando) ... Dinà... Dinà?.. Dinà... (e mentre le tre donne escono di scena gridando va a sedersi sul balcone chiamando) Dinà ?... Dinà... Dinà ?...

Ferdinando                (entra dal fondo seguito da Augusto. Ha in mano un fazzoletto con dentro qualche cosa di umido. Porta con sé anche una canna da pesca. E’ un uomo oltre i sessanta, modestamente vestito, ma con ordine) Accomodatevi, sor Augusto, e facciamo quattro chiacchiere. Me fa male a capa. Un cerchio qua. (indica con la mano dove gli duole il capo) Tre ore sotto il sole, sulla sponda del Te­vere. Voi mi direte: ma perché ci vai? Non ho una occupazione e allora ho bisogno di fare qualche cosa. Se resto in casa, mia moglie dice che do impiccio e al­lora... Una volta, quando stavo al Ministero, uscivo alla mattina e mi ritiravo alle sette di sera

Zi’ Vicenz.            (avvicinandosi) Dinà ?... Dinà ?... Dmà!

Augusto              (saluta zio Vincenzino) Buonasera ... (forte) Come state?

Ferdinando           Nun ‘o date retta. Non vi capisce.

Augusto                Sta sempre peggio?

Ferdinando          Pover’uomo. (Zi’ Vincenzino gli si avvicina, farfuglia qualche cosa come per far capire che ha sonno) È presto, non è l’ora! (ad Augusto) Se ne vuole andare a letto. Non è possibile. Se lo mandiamo a letto troppo presto non ci fa dormire più a tutti quanti. Vuole la ca­ramella; vuole bere; si vuole prendere la medicina; vuole fare pipì, poi uno lo deve pulire; rimettere a letto... e che facciamo? Non si riposa più ?... (a zi’ Vincenzino) Stasera alla televisione ci sta Padre Marziano! (ripete) Padre Marziano! (Zi’ Vincenzino ha capito e mostra di essere contento, ridendo) Va, va, vattene fuori al balcone a guardà la gente che passa! Va... va

(Zi’ Vicenz. esce sul balcone e siede)

Ferdinando             Gli piace la televisione. Non sente perché è diventato
più sordo di una campana rotta. Ma gli piace di vedere le figure che si muovono. Padre Marziano, poi lo di­ verte assai. Forse perché lo vede col cappuccio, la barba. Questo, Padre Marziano, dice veramente delle belle cose.
Voi seguite la televisione?


Augusto              No. Io io televisori li vendo, ma la televisione non la vedo mai. Giusto quando c’è qualche Festival di canzoni...


Ferdinando         Parla sui doveri dei genitori, su quelli dei figli,  della famiglia in genere. Interessante, istruttivo.


Augusto            Caro don Ferdinando, ma vi sembrano questi i tempi di
parlare ancora dei doveri della famiglia, dei doveri dei figli? Qua non ci si capisce più niente.


Ferdinando          Sor’Agù... mi dispiace di contraddirvi, non ci capiranno
più nulla gli altri, ma io ci capisco. Certo, con tutti questi scandali: furti, rapine, assassini, lasciano un’ama­ rezza nel cuore e un avvilimento.., ma non a me, perché, vedete, in casa mia tutto fila diritto, tutto scorre come l’olio. Senza troppe storie, ognuno fa il suo dovere.


Augusto              (alludendo al fazzoletto che Ferdinando ha ancora in mano) E oggi come è andata la pesca?


Ferdinando          Poca roba. Razza sconosciuta e piena di spine. C’è ca­ pitato in mezzo anche un ranocchio. (mostra ogni cosa) Me lo sono tenuto, tanto per portare a casa qualche cosa.


Augusto              Dove andate a pescare?


Ferdinando          Sull’Olimpica. Un fazzoletto ‘di terra che si spinge verso

il centro del fiume. Per arrivarci è un poco complicato, ma dopo, come suggestionato dal rumore dell’acqua, da qualche barca che passa, quasi mi pare di stare a Mer­ gellina, nel cuore della mia bella Napoli. Ma adesso devo
cambiare posto perché è troppo tempo che ci vado e i pesci, quei pochi che passano di là, mi conoscono. Ap­ pena mi vedono: « ‘o vi eccolo,‘o vi... » (verso la porta di sinistra, chiamando forte) Rosa? Rosa?


Rosa               (di dentro) Sì?


Ferdinando       Io sto qua. I ragazzi sono tornati?


Rosa                 (d. d.) Sì.. sono tornati.

Ferdinando       (ad Augusto) Avete sentito? All’ora precisa, dopo il quotidiano lavoro, come dentro a una caserma, ognuno a casa. Chi per fare una cosa, chi per farne un’altra e la giornata finisce in grazia di Dio. Mi credete, sor’Agù?
Certe volte, tornando a casa, guardandomi attorno, dico: ma me la merito io questa felicità?

Augusto            Il fatto è che ce sapete fa: ce sapete fa!

Ferdinando        Questo è vero. Vedete sor’Agù? Ci vuole onestà di co­scienza e severità. Dare, innanzitutto, il buon esempio. Una famiglia, noi, la possiamo paragonare a una piccola, minuscola nazione. Quando il capo-famiglia si comporta bene, tutto va bene, quando si comporta male.., tutto va a scatafascio. Io, poi, sono stato indirizzato bene. (indicà le foto dei suoi genitori, in cornice singola, appese alla parete di fondo ognuna ai lati del balcone) Eccoli là. Al­tra gente sor’Agù. Altra generazione. (chiama verso la porta di sinistra) Rosa?

Rosa                   (dall’interno risponde) Mo’ vengo Ferdinà ... mo vengo.

Asugusto           Non la scomodate.

Ferdinando        Per carità, sarebbe una mancanza di riguardo. Abitiamo nello stesso palazzo, sullo stesso ballatoio, porta a porta... piuttosto mi date il permesso? Mi vado a lavare le ma­ni... mi puzzano di pesce. (esce per la porta di destra)

Rosa               (entra dalla sinistra. E’ in vestaglia semplice da casa e dice) Ferdinà? (lo cerca senza avvedersi della presenza  di Augusto) Ferdinà? (sta per uscire sul balcone)


Augusto            (con tono galante la chiama) Buonasera, donna Rosa!


Rosa              (si volta e nel vedere Augusto resta seriamente tur­ bata e quasi mormora) Buonasera ! ... 

(dalla sinistra en­ trano Grazi ella e Maria per apparecchiare la tavola per la cena. Si incrociano con Zi’ Vincenzino che borbot­ tando, come al solito, trascinandosi e appoggiandosi sem­ pre alla sua piccola sedia, esce di scena. Graziella e Maria nello scorgere Augusto lo salutano, l’amico ri sponde) -

Maria             (apparecchiando la tavola aiutata da Graziella) Bada mammà, che io non ceno. Non ho appetito, poi ho un poco di mal di testa.


Graziella           Neanche io ceno, mammà. Quel produttore di cui tiho parlato mi ha invitata a cena con altri amici, at­ trici, attori, registi e non posso proprio mancare. Sa­ rebbe una sconvenienza. Quello è un pezzo grosso del cinema e perderei una occasione che valla a trovare un’al­ tra volta!...


Rosa              Allora non cena nessuno? Io sapete che vostro pa­ dre vuole vederci tutti a tavola ed ha ragione, no?


Graziella       Beh, faremo compagnia a te e a papà. Vi guardiamo. Ma che è? Dobbiamo mangiare per forza?


Rosa             Non è che dovete pranzare per forza; ma il mangiare costa e sciuparlo è un peccato. Per come costa la vita oggigiorno.


Graziella             Figuniamoci se qui si butta via qualche cosa.


Rosa               Va bene, ma che direte a papà?


Graziella         Che non abbiamo appetito. Perché, non può succe­ dere?


Maria             Si capisce che succede... (escono)


Rosa               Spegni il fuoco sotto la padella!


Elide              (entra in modestissimo abito da strada e con una va­ ligetta) Ve saluto! (esce a passo svelto per la destra)


Rosa             (gridandole alle spalle) Schiatta!


Elide            (di dentro) Crepa!


Rosa           Maleducata! Finalmente non la vedo più...


Augusto       Se ne va?

Rosa         (dopo breve pausa dice con tono basso) Dico: ma scherziamo?

Insomma mi volete proprio compromet­ tere?


Augusto       Ho incontrato vostro marito per le scale.., e lui...

Rosa            Non avreste dovuto entrare. Potevate trovare una scu­ sa. Qualcuno ci ha visto insieme due domeniche fa quando ci incontrammo per la strada per combinazione e voi insisteste per accompagnarmi con la vostra mac china fino all’angolo.

Augusto           (spavaldo, con slancio) Rosa, io saprei darvi tutto quello che desiderate. (azione di Rosa) Nun ve capisco... pri­ma me stuzzicate, e poi? Nun se fa così! Nun se fa!

Rosa              Vi avevo pregato di non venire. Siete troppo focoso. Non sapete stare al vostro posto. Che c’è stato fra noi? Niente? Vi ho dato sì, un po’ di confidenza, ma adesso sinceramente me ne pento.


Augusto          Come potete parlà cosi, Rosa? Io non potrei mai scordà  quel giorno.


Rosa               Quale giorno? Via! Smettetela!


Augusto         Nun ve capisco. Giuro che nun ve capisco. Se io fossi sposato, bene. Ma so’ scapolo! Non devo rende conto a nessuno!


Rosa              Io invece sì. Tengo un marito e tre figli: tre figli! E certe cose, arrivati a un certo punto, è meglio che fini­ scano.


Augusto        Ma io non vi dico di lasciare vostro marito! Per l’amor di Dio! Chi ce pensa? Ce mancherebbe ! ... Rosa, quello che volete, ve do!


Rosa              Io non voglio niente. (sistema i posti in tavola)


Augusto       Siete tanti in famiglia. la vita costa e voi sapete bene che non è il denaro che mi manca. Modestamente sono proprietario del più avviato negozio di elettrodome­ stici del quartiere. Rosa? Vi ho messo da parte un man giadischi giapponese che mi è arrivato l’altro giorno,  un vero gioiello. L’ho corredato con un centinaio di dischi di successo. Ne ho messo da parte uno anche per Maria. Ve li mando?


Rosa             Non vi incomodate.


Augusto      Vi mando un mangiadischi anche per Graziella. Di colore differente?


Rosa             Lasciate stare. (sbuffa) Uffà!


Augusto       (sempre più incalzante) Un transistor per il ragazzo?

Un frigidaire da 25 litri per vostro marito? Un frul­ latore? Che volete di più! ?

Rosa          Ih, come siete scocciante, come si dice al mio paese, a quella Napoli benedetta!

Augusto        Una donna come voi dovrebbe andare in giro coperta di brillanti. Ma non vi accorgete che ogni giorno che nasce ci mette sotto agli occhi nuovi desideri, nuove voglie, nuove tentazioni, che ci chiamano, ci lusingano. Rosa decidiamoci: un milione. Abitiamo di fronte, sullo stesso ballatoio, porta a porta. Basta che voi bus­siate... io vi apro. Vi aspetto?

Rosa           Ma come vi permettete? Sto’ curiuso! E’ così che ri­ cambiate l’amicizia di mio marito?


Augusto        Non capisco più gnente: amicizia, rispetto, considera­ zione, gnente! Vi voglio! E poi giacché lo volete sa­ pere, io sono geloso di don Ferdinando.., ecco!


Rosa              Ma con chi credete di parlare? Con una donna da quattro soldi?


Augusto          Non è l’uomo che ce vo’ per voi.


Rosa               (offesa) Lasciate stare mio marito.


Augusto            Vostro marito? Rosa, non è per fare un ricatto, ma solo perché non mi piace fare la parte del fesso. Io so, per carità, lo so solo io eh ?... so di un certo di­ rettore della fabbrica di frigoriferi che sta a Colleferro dove era impiegata vostra figlia Graziella prima che si mettesse a fare la stella del cinema. Allora? Perché con me no? (accende una sigaretta)

Rosa            Cose da pazzi. Come è cattivo il mondo! ? Quello è un amico di famiglia, un conoscente stimato! Una per­ sona tanto distinta... Gesù... Gesù... che gente! Che quartiere! Poi dicono che a Napoli so’ intriganti!


Augusto         Calmatevi, Rosa. Si tratta di una cosa finita, O sarà stata una calunnia. Anzi, dato che me lo assicurate voi stessa, ci credo: è stata senz’altro una calunnia. Ma con me? lo sono un uomo discreto e franco, lo sanno tutti. Quello che ho qua (indica il cuore) ho qua. (indica la bocca) Franchezza per franchezza: per una volta sola...


Rosa               (ridendo) Per una sola volta? E mi dareste un milione?


Augusto          E ce metto sopra n’antre centomila lire!

Rosa               Badate che potrei costarvi cara e ci sono donne e donne.

Augusto          Stasera. Alle dieci in punto a casa mia! Ricordatevi: un milione!

Ferdinando        (entra con giacca da casa, pantofole e una rivista) Ame

mi servirebbe questo milione.

Rosa             (spaventata che Ferdinando abbia udito il suo colloquio

con Augusto) Come?

Augusto        (sconcertato) Ah, sì? E allora

Ferdinando      Ho letto su questa rivista che con un milione si può partecipare ad una battuta di pesca nelle Bahamas, sapete? Quelle isole da miliardari, vicino all’America. Con un milione mettono a disposizione l’imbarca­zione a motore, il marinaio, l’attrezzatura della pesca e pure il pesce che si fa pescare. Certi pescecani così! (fa un gesto esagerato con le mani) Per un appassio­nato della pesca come me sarebbe una pacchia! Rò, tiho portato un fritto misto che non si trova neanche a Napoli da Giuseppone a Mare! (ride) Ma quando si mangia? Sono le otto.

Rosa             E’ tutto pronto.


Ferdinando            Intanto vogliamo offrire qualche cosa al sor’Augusto?

(a Rosa) Che ci abbiamo in casa? Aspè... sor’Augù! Giusto stamattina me so’ comprato ‘na macchinetta nuova per il caffè, per due tazze, per me e Rosa, quelle di tipo napoletano col becco lungo. Sono speciali. La volete inaugurare voi? Mi sentirei onorato!


Augusto            Allora va bene.

Ferdinando         Rò, ‘ma bella tazzulella ‘e cafè per sor’Augusto, va.
(Rosa esce per la sinistra)


Augusto              (ridendo come a volere imitare la frase napoletana di
Ferdinando) ‘Na tazzulella ‘e cafè!


Ferdinando       Vedete, sor’Augu’, io sono un abitudinario, sono venti­-
cinque anni che ho lasciato la mia Napoli e mi sono trasferito qui. Mi ci trovo bene, è una bella città, an­ tica, ariosa, bei monumenti, un popolo simpatico e
ospitale, bene, dopo tanti anni avrei dovuto acquisire qualche abitudine del nuovo ambiente? Niente! Io sono rimasto quello che ero, anzi, direi: più napole­tano di prima. I miei figli, invece, essendo nati qui, ne hanno assorbito tutte le abitudini, persino il linguaggio. Io: niente. Sono rimasto con le mie idee. Vedete, adesso mi siedo qui come tutte le sere.

Augusto             Di fronte al televisore!

Ferdinando        Beh, se non fosse che uno è incuriosito a vedere iper­sonaggi, il programma lo potrei seguire anche seduto al fresco fuori al balcone. Gli apparecchi televisivi in questa strada, sono tanti e tanti, che si sentono da tutte le parti. E li fanno funzionare così forte che uno li può sentire a un chilometro di distanza. A volte diventa una ossessione. Io mi metto a gridare: “ volu­me” ,  “volume”; ma quelli, invece di diminuire, au­mentano. Non so se lo fanno per dispetto o per cre­tinaggine.

Augusto         Il progresso! 

(entrano Graziella e Maria portando da mangiare, deponendo ogni cosa sul tavolo cen:rale. Le segue Oberdan. Entra zi’ Vincenzino)


Ferdinando          (a zi’ Vincenzino con tono forte) Viciè? Si mangia: si mangia!

(tutti seggono)

Graziella             Ha già mangiato, papà. (Zi’ Vincenzino lentamente va
a sedersi sui balcone)


Ferdinando       Sor’Augù, mi credete? Io benedico chi ha inventato la

televisione. (entra Rosa con un piccolo vassoio con il caffè, Graziella prende il tutto, lo offre ad Augusto, poi va a sedere e anche Rosa siede e mangia mentre
le due ragazze fingono di sbocconcellare qualche cosa) E’  un passatempo. Tutte quelle canzoni, quelle sce­ nette, saranno stupide, banali, vecchie, comunque ti fanno passare il tempo. I pensieri ci sono e come! Io, quando mi metto a tavola, ringrazio il Padreterno. Se non tenessi a Rosa e tre figli, uno meglio dell’altro ubbidienti, rispettosi, senza la sfrontatezza e la catti­ veria della gioventù di oggigiorno che fa veramente paura.


Augusto          Il merito principale è della signora Rosa. È giudiziosa, economa

Ferdinando       Grazie!      Rò? Ringrazia a sor’Augusto! Ti ha compli mentata. (poi rivolgendosi a Graziella) Graziè, bella di papà, cogli un poco di insalata fuori al balcone, vi­ cino alle alici fritte ci sta bene.

(Graziella esce sul bal­ cone in fondo e coglie l’insalata)

Rosa          In cucina c’è un bel mazzo di lattuga fresca. (a Maria) Prendila e condiscila, va.


Ferdinando            (a Maria che sta per alzarsi) No, no... lascia stare, pre­ ferisco la mia, quella coltivata da me.


Augusto           Ma davvero? Coltivate l’insalata fuori dal balcone?


Ferdinando        Andate a vedere. In ogni cassetta c’è un piccolo orti­cello.


Graziella           (rientrando dal balcone) Papà la vado a sciacquare in cucina (esce)

Augusto         (che era uscito sul balcone, rientra ridendo) Siete pro­ prio un bell’originale.


Ferdinando           Una mia vecchia passione! La verdura mi piace colti­ varmela io stesso. Poi c’è anche una questione senti­ mentale: quando mi affaccio al balcone voglio sentire i profumi del mio paese. Lì ci sta: la menta, il prezze­- molo, il basilico, rosmarino e tutte le qualità di insa­ late. La cosa particolare, poi, sta nel fatto che, a se­ conda della posizione del sole, fuori a ogni balcone,
ci sta una qualità di verdura. 

(Graziella rientra con il piatto dell’insalata e siede)

Ober. Silla             (distaccato, quasi con ironia) Come no? Sul balcone
della camera mia ci stanno le zucchine. Stamattina ne è spuntata un’altra. Adesso ce ne avemo due.


Augusto           Siete proprio di casa. Ordine, previdenza, È una cosa che commuove. (ride) Commove veramente

Ferdinando         (dopo breve pausa dice ad Augusto) Sor’Augù? Mi
state sfottendo?


Augusto             Che dite mai?


Ferdinando        Beh, tra di noi, amichevolmente può succedere. È stato
uno sfottò?


Augusto           Ma non lo pensate neanche!


Ferdinando     E’  stato un apprezzamento?

Augusto          Se capisce

Ferdinando           Grazie. Il fatto è che ho preso tutto dalla buon’anima

dimio padre.


Ober. Silla           Proprio! Come er nonno. Papà ce lo dice sempre. (in­ dica la foto appesa alla parete) Eccolo là er nonno. E li c’è  nonna. (indica l’altra foto) Er nonno era ca­ pitano de Sanità. Quanno nun era de servizio veniva a
casa, se levava la sciabola, e cortivava la verdura in casa: pommodori...


Maria               ... peperoni...


Graziella          ... fagiolini


Ober. Silla          Sopra ar terrazzo, in un vaso bello grosso, aveva messo
perfino li cocomeri.


Ferdinando           Belli, belli Quelli “ capuanielli”. È una qualità di mel Ioni che si coltiva nella provincia di Capua. Ci hanno la scorza verde quando sono acerbi e gialla quando si maturano. È il frutto invernale del meridione. Sor’Augù, papà era stato capace di selezionare talmente la qua­ lità, che quando si maturavano non erano più melloni, ma « babà », “sfogliatelle” ,  “monachine “ ... nel quar­ tiere dove abitavamo non c’era un conoscente che non ne volesse tenere uno in casa. E non li chiamavano più “ capuanielli”, ma « ruoppoli » : questa è storia

Ober. Silla            Storia d’Italia!


Augusto              (ridendo malizioso) Veramente una cosa particolare. Che
uomo! (ride come sopra) Che fenomeno! (ride)


Ferdinando          (ingenuamente insospettito) Sor’Augù? È uno sfottò ?


Augusto              Ma scherzate sor Ferdinà ? Non mi permetterei mai.


Ferdinando         È una domanda sincera la mia per sapermi regolare.


Augusto             Ma ve posso assicura., ho detto così ? Sinceramente

Ferdinando        Bene! (riferendosi al discorso di prima) Era un uomo geniale.


Augusto           Voi avete ereditato la stessa genialità.


Ferdinando        E’un risparmio, sapete? È vero, Rosa?


Rosa               Se si trattasse solo di quello.


Ferdinando              Sono poche decine di lire? Pure alla fine del mese,

quelle poche decine di lire, uno se le trova. (rivolgen­ dosi a Maria) Mari, tu non mangi?


Maria            Sto in cura, papà.


Ferdinando              (scherzoso) Si capisce. Si prepara per il matrimonio.

Sor’Augù, un ottimo partito.


Rosa            Ingegnere. Figlio di buona famiglia. Il padre è un de­ putato milanese. Si conobbero a una festa dell’Alitalia dove Maria è impiegata, perché lei conosce anche il francese, se lo è imparato dalle monache quando era
bambina.


Ferdinando          (a Maria) Mari, fai sentire qualche cosa in francese al
sor’Augusto!


Ober. Silla             Sì, fagli sentire la Marsigliese.


Maria                   Papà, che devo fare l’esame?


Ferdinando         Una frase. Una cazone... (ad Augusto) Non ho mai il piacere di sentirla parlare francese. E a me è una lingua che mi piace tanto. Fagli sentire qualche cosa.


Maria                  Papà, a che serve?


Ferdinando         Speriamo che con tuo marito sarai più accondiscendente.


Augusto              Certo, questo matrimonio vi comporterà qualche spesa.

Ma che fa? Anche in questa occasione la signora Rosa saprà bene come regolarsi!


Ferdinando             Beh, io già so a che cosa si va incontro. Si ricorre a un Istituto di credito... Rosa sa dove dirigersi.., si paga un poco di interesse...


Maria           (seccata che questi discorsi si facciano presente un estra­ neo) Ma papà, scusa, tisembra il momento?


Ferdinando             Che male c’è? Quando i soldi non ci stanno.


Graziella (di tanto in tanto si interessa di cambiare i piatti e va e viene dalla cucina)

Augusto              Anche Graziella si sposa? Così si dice.


Ferdinando         E si dice la verità. Infatti, anche lei si sposa. È un bra­ vo giovane. È uno di Cinecittà. Un simpatico roma­ naccio, alto, robusto, intelligente. Ne sentirete parlare di Graziella. Ha scelto bene anche lei. È uno che si interessa di trovare i “ volti nuovi”, per il cinema. (indicando Graziella) Lei tiene il « volto nuovo ». (azio­ne di Augusto) Sì, sì... ! (a Graziella) Graziella, fai vedere il volto nuovo a sor’Augusto.

Graziella            Ma papà !…..

Ferdinando           ... su fai un’espressione cinematografica, fai vedere...

Graziella           Ma papà tipare il momento?

Ferdinando            (ad Augusto) Insomma è un ottimo partito, come si

dice oggi nell’ambiente del cinema, è il suo « boy­scaut »

Graziella         (correggendolo) Talent-scaut papà!

Augusto              Insomma avete una famiglia esemplare...

Ferdinando          Vedete, sor’Augù, oggi ci stanno famiglie che vanno a scatafascio perché vogliono più di quello che possono avere. In casa mia, senza fare lussi inutili, grazie alla economia, con la mia pensione, con quello che por­tano le ragazze, quello che porta il ragazzo quando lavora, adesso, purtroppo sta disoccupato, con qualche lavoro extra di mia moglie, lavoro di ricamo, lavoro a maglia.., non manca niente. Certo non ci pos­siamo permettere il lusso di fare due pasti al giorno, questo no. Noi ne facciamo uno abbondante e lo di­vidiamo in due tempi: uno alla mattina e uno alla sera. Oggi è venerdi, stamat tina ci siamo mangiato pasta e cavoli, stasera le alici fritte. Più tardi se qual­cuno di noi tiene ancora appetito... va in cucina e se mangia ‘na frutta. Non’ è piacevole ma viviamo con dignità. Siamo sei persone e non possiamo fare il passo più lungo della gamba. Sapeste quante volte io e mia moglie ci riuniamo e ci diciamo: qui ci vor­rebbe una comodità per la casa, che so? Una lava­trice elettrica, che oggi è di uso comune, un aspira­polvere.., l’abito nuovo per le ragazze... per il ragazzo, per lei stessa. (indica Rosa) È giovane e qualche desi­derio è giusto che lo tenga anche le i. Bene sor’Augù? Lo dico presente lei: a suo onore e merito, è proprio lei che mi dice: « Non è il   momento.., aspettiamo ancora un po’... ancora qualche sacrificio...» Sor’Augù?

Succede che una economia qui, un’altra lì... La como­dità arriva. Cosi è arrivata la lavatrice e così è arri­vato il frigorifero. A proposito, Rò? Come funziona?

Rosa               Bene. Ieri è venuto l’elettricista e lo ha riparato. (si alza e assieme a Graziella e a Maria sparecchia la ta vola poi va a sedere in fondo, accanto al balcone e consulta un quaderno)


Augusto                   Avete comprato il frigorifero?


Rosa           Sì. un paio di mesi fa... di’ seconda mano. Fu un’oc­ casione.


Ferdinando         A Rosa, quando le capita la buona occasione, non se la

fa mancare. E così  Graziella si è fatta la 500: a rate. Con le cambialette. È vero, Rosa?


Rosa          Quanto chiacchieri, Ferdinà. Quanto parli! Che vuoi che gliene importi alla gente?


Ferdinando            Chiacchiere ? Sono fatti.


Rosa                      E sono fatti tuoi.


Ferdinando          Ma si tratta di fatti onesti, tu non ne vuoi parlare, e va bene.


Augusto                E che fate adesso? Vi vedete la televisione?


Ferdinando          Io e mio fratello. Gli altri se ne vanno tutti a letto.

Ober.Silla             E io faccio proprio questo. M’è venuto sonno. Bona
notte, papà. (fa per uscire di scena)


Ferdinando           Oberdan? Aspetta. (Oberdan si ferma) Mi fa piacere
che ci stanno presenti sor Augusto, tua madre e le tue sorelle, così possono sentire quello che tidico: (fissandolo brevemente) ma a che gioco giochiamo?
È un po’ di tempo che ti sto osservando: tu non mi piaci. (Oberdan Silla lo  guarda preoccupato ab­ bassando poi lo sguardo) Hai un atteggiamento che
mi preoccupa. Una faccia bianca che insospettisce. (lo fissa negli occhi e, dopo breve pausa, dice) Tu studi troppo. (breve pausa) Ti applichi troppo. Ma che ti
vuoi ammalare? Poi, che facciamo? Quelle poche economie che abbiamo se ne vanno in medici e medi­ cine? (rivolgendosi alla moglie) Rosa, insomma? Que­sto si deve distrarre. Cominciamo da stasera. Oberdan, tido il permesso: resta con papà e tivedi un poco di televisione. Ti vuoi vedere “ La Voce e lo Spirito “ con Padre Marziano?


Ober. Silla            (lo fissa. Vorrebbe rispondergli a suo modo, ma tace;

poi esclama deciso) Buonanotte, papà. (agli altri) Buo­nanotte. (esce)

Ferdinando           Che bravo ragazzo, sor’Augù: e un angelo, un premio

che Dio ci ha messo in casa.

Graziella                Anch’io me ne vado a letto, papà...

Ferdinando            Pure tu ? E non ci facciamo la solita partita? Stasera ti faccio vincere. (a sor’Augusto) Sor’Augù? Non sa giocare e perde, ma stasera la faccio vincere. (a Rosa) Rò? Piglia ‘o mazz’ ‘e carte... Sor Augù? Voi fate da moderatore. (a Graziella ) jammo... assettate...

Graziella              . ..no papà me ne vado a letto. Domattina mi debbo svegliare presto. Lavoro domani... a Cinecittà!

Ferdinando            Domani lavori? Bene, mi fa piacere e uno di questi giorni, quando lavorerai a Cinecittà ci voglio venire,

Graziella               Certo, papà ... buonanotte...

Ferdinando             Buonanotte ... mi raccomando: sappiti riguardare. Tu

non hai bisogno di buoni consigli...

Graziella               ... grazie papà! (lo bacia) Buonanotte! (avviandosi dice

a sor’Au gusto) Noi attrici, Sor’Augù, quando andiamo a lavorare dobbiamo avere il volto riposato, altrimenti, per i primi piani.. è un disastro! Buonanotte. (esce)

Ferdinando           Sor’Augù (alludendo a Graziella) Quella è una vera professionista. Vedete, qui ci potevano stare il Padre­temo e la Madonna, sempre siano lodati, quella se ne sa­rebbe andata lo stesso: il lavoro innanzitutto!

Augusto               È ammirevole, veramente! E... donna Rosa?

Ferdinando           Eccola là la signora Rosa! (Rosa è seduta in fondo come sopra detto) La mia ragioniera. La mia ammini­stratice! Eh... se non avessi lei, di certe cose, io poco me ne intendo. E mica è finita qui. Adesso, lei, con-

tinua a letto fino a tarda ora, per questo dormiamo in camere separate. (azione di Augusto) E l’ho trovato giusto. Ognuno ha diritto alla sua libertà personale. A me piace di addormentarmi subito, a Rosa, invece, piace leggere: racconti spaziali, romanzi d’amore... adesso sta leggendo Maria Antonietta. Poi c’è anche un’altra ragione: (ride tra sé_) io russo. È vero, Rosa?

Rosa                 Già. Mi dà un poco fastidio.

Augusto          (con intenzione) Bene! Io no... non russo!

Rosa                 E... a noi che ce ne importa?

Augudto          Dicevo... così.

Ferdinando      Che ha detto? Non ho sentito...

Rosa               Ha detto che lui non russa

Ferdinando Ah? (ad Augusto) Non russate?

Augusto           (con tono) No: non russo!

Ferdinando        Bene... bene... ma a noi che ce ne importa? (ridendo)

Mica ci dobbiamo coricate assieme tutti e tre. (va a mettere in funzione l’apparecchio televisivo e questo, dopo poco, s’illuminerà)

Augusto              Che dice mai sor Ferdinà? (ride) Beh... io... vi lascio.

Sono le nove e mezzo... (con intenzione) vero signora Rosa?

Rosa                 Credo.

Augusto         (sempre con intenzione fissando Rosa) Stasera resterò a casa. Ho un appuntamento con il ragioniere. Si tratta della contabilità del negozio, poi resto solo.., e... aspetto! Aspetto che mi venga sonno.

Ferdinando          Vi dovreste sposare, ormai, scusate, avete una certa età.

Augusto                Quarantanove. Questo è tutto. Caro don Ferdinando sto nella seconda giovinezza.

Ferdinando             Soldi non ve ne mancano.

Augusto                  Di quelli ne ho anche troppi! (ridendo) Me danno fa­stidio.

Ferdinando             Beato voi. Dio ve li benedica. (il televisore comincia

a trasmettere il motivo: « Intervallo »)

Augusto               Allora buonanotte. (saluti a soggetto e Augusto esce
 per la porta di destra)


Maria               Buonanotte papà. (si avvia per uscire di scena ma Fer­ dinando la chiama con un certo tono piuttosto severo)


Ferdinando       Marì? (Maria si ferma sospettosa in attesa di cono­ scere il motivo per cui il padre l’ha chiamata e anche Rosa palesemente dubbiosa, sospettosa anch’ essa che Ferdinando abbia saputo qualcosa circa i rapporti di
Maria con il fidanzato. Durante la pausa tra il richiamo di Ferdinando e l’attesa di Maria e Rosa si sentirà il motivo « Intervallo , che la televisione sta trasmettendo) Ma tu hai fatto chiacchiere con il tuo fidanzato?


Maria              (timida) No!


Ferdinando         E perché non si fa più vedere?


Maria          È venuto a trovarmi in ufficio... è stato un’oretta e... poi se n’è andato.


Ferdinando         (a Rosa dopo breve pausa) E’così?


Rosa              Certo. (riprende a consultare il suo quaderno)


Ferdinando     Beh.., vedi Rosa.., in questo onorevole milanese ho notato una certa freddezza, una certa mancanza di ca­ lore nei nostri rapporti. Avrei desiderato conoscerci personalmente, tanto per dirci: «... questa è mia figlia »,
lui mi avrebbe detto: « questo è mio figlio... ci fa piacere che si sposino “   . Che diavolo? Tra poco si debbono sposare... non ti pare Rosa?


Rosa             Sai.., adesso, l’onorevole, si trova all’estero per un giro di conferenze...


Ferdinando           Ah? Sta all’estero... non me l’avevate detto.


Maria            Torna alla fine del mese. Ma domani ne parlo a Rug­ gero. Verrà papà, verrà. Anzi mi ha detto di dirtelo. Ti ha mandato una bella scatola di sigari. L’ho messa sul cassettone in camera tua. La vuoi vedere?


Ferdinando               Io voglio vedere lui, non i sigari.


Rosa                           E lui verrà, verrà. L’ha detto anche a me.


Maria                      Sì. L’ha detto anche alla mamma.


Ferdinando              Però lo deve dire anche a me che sono suo padre.

Maria                     Giusto. Buonanotte. (lo bacia ed esce per la porta di sinistra)

Ferdinando            Buonanotte. (a Rosa che si è seduta vicino al tavolo
centrale continuando a controllare alcuni conti nel qua derno) Come si sono comportati i ragazzi, Rosa?

Rosa                    Niente di nuovo. Maria è tornata dall’ufficio alla solita ora, sempre un poco stanca dal lavoro; Graziella pure, dopo d’essere stata con Riccardo da un produttore per parlare di un certo film che dovrebbe fare; Oberdan è stato sempre in casa, io sono uscita per certe spesucce... la solita giornata.

Ferdinando          Tutto bene, insomma.

Rosa                 Tutto bene. Ho avuto solo una discussione con quella maleducata della cameriera. Se n’è andata, sai? Dice che non ci vuole stare più a causa di Vincenzino. Dice che le fa senso a dover stare sempre lì a pulirlo. (si alza e va a riordinare il mobile-bar) Ma non ti preoc­cupare, si rimedia. Ne tengo già un’altra sotto mano. Questi sono pensieri che tu non devi avere.

Ferdinando        Sono una piaga queste cameriere. Vanno e vengono come

Il sole nel mese di marzo. Troppi grilli per la testa e nessuna volontà di lavorare seriamente. Almeno fossero qualificate. Hanno solo pretese. Solo diritti e nessun dovere!

Rosa               Proprio. (pausa. Rosa sta finendo di riordinare il ma­bile-bar. La televisione sta trasmettendo il motivo del­l’ Intervallo ». Ferdinando insegue, fumando un sigaro, un suo pensiero)

Ferdinando         Rosa?

Rosa                   Dimmi.

Ferdinando           (dopo aver ancora riflettuto un attimo) Questo Ric­cardo, a proposito di Graziella... pure lui si fa vedere così raramente. Venne qua... “mi sposo... chiòcchiò... paparacchiò “ ... tante chiacchiere e poi non si vede mai.

Rosa                  (riordinando la scena) E’ venuto tante volte quando tu

non c’eri. Quasi tutti i pomeriggi.

Ferdinando           Già, ma a quell’ora io sono sempre a pesca. Dovrebbe
venire di mattina.


Rosa                 Di mattina, lo sai, quello lavora a Cinecittà.


Ferdinando         Allora dovremmo combinare un appuntamento, soprat tutto per frequentarlo un poco. M’è simpatico.


Rosa               E’  proprio un bravo ragazzo. Svelto...


Ferdinando            ... intelligente, volitivo. Ne ho avuto veramente un’otti­ ma impressione e per Graziella sarebbe una fortuna sfondare nel cinema. Là si guadagnano milioni su milioni e anche per noi sarebbe un piccolo terno al
lotto. Ne avremmo bisogno. Tu... avresti necessità di tante cose... tante cose che non ho potuto darti...

Rosa            Che vaje penzanno? Io nun desidero niente. Sto bene accussi. (gli si è accostata)


Ferdinando           (osservandola con affetto e ammirazione) Si stata addò
parrucchiere? (con una mano le sfiora i capelli ben pettinati)


Rosa              (annuendo) Te piace?


Ferdinando      Assaje. (ammirandola) Tu po’... staje sempe in ordine...

a posto... sempre curata... (Rosa gli si avvicina di più, è compiaciuta) E’. è un piacere tenerti vicina.


Rosa               ‘O ffaccio pe’ tte.


Ferdinando              (l’abbraccia e la tira a sé affettuosamente) Rosa mia bella... (la stringe di più a sé e Rosa gli si abbandona su di una spalla mentre  Ferdinando continua indicando un grande quadro, oleografico, che sta sulla parete di sinistra, sul mobile-bar, e che rappresenta il clas­sjico panorama del golfo di Napoli) Rò! Guarda quanto è bello chillo paese nuosto. (Rosa lo ammira e annuisce) ‘A Riviera.., via Caracciolo... San Martino... ‘o Vòmmero... te ricuorde quanta vote sotto a chillo cielo ‘nce simmo ditto: te voglio bbene ? Te ri­ cuorde?


Rosa                (con tono dolce) Perché? Ma nun ce ne vulimmo?


Ferdinando         Certo... ma... dormiamo separati... Rò! Pure stasera avimma durmì  separate?

Rosa           Pure stasera Ferdinà... pure stasera.., tu pò ‘o ssaje... doppo  mangiato te famale.

Ferdinando           (non convinto) Veramente a me mi farebbe bene. Que­sta è una fissazione tua che te la devi levare, se no che mi faccio? Fratello di San Francesco? E tu? Sorella di Santa Rita?

Rosa               (sorridendo) Saje ched’è Ferdinà? Ogge aggio tenuto ‘na giornata più faticosa, del solito e... non mi sento in forma ... me fa male a capa. Me voglio arrepusa ..… scusame.


Ferdinando               (con tono affettuoso) Allora basta. Vatte a cuccà e ce

vedimmo dimane cu ll’aiuto ‘e Ddio.

Rosa            Ce vedimmo dimane...

Ferdinando         però... te voglio di ‘na cosa: (breve pausa, durante la quale Ferdinando fissa i suoi occhi fedeli in quelli di Rosa) ... io so tanto, tanto felice d’averti sposata!

Rosa            (quasi commuovendosi, nascondendo un certo pensiero) Ferdinà... io pure.


Ferdinando        Buonanotte!


Rosa                 Buonanotte. (si baciano affettuosamente)

Ferdinando      (alludendo a Vincenzino che sta sul terrazzino e dorme)
Guè? Chillo s’è addurmuto... Vicenzì? (lo scuote) (chiama fette il fratello) Viciè? Vincenzi? Vincenzi’? (Zi’ Vincenzino ha sentito e lo guarda) Vieni, che mo
comincia. Padre Marziano. (Vincenzino ride e gli si avvicina e si siede felice accanto a lui sulla piccola sedia)


Rosa             (a Ferdinando) Tie’, ‘o sigaro, ‘e fiammifere... (gli mette una seggiola davanti, così che Ferdinando possa tenere le gambe sollevate comodamente. Accende la lucetta sul televisore e spegne l’interruttore centrale) Ferdinà? Io chiudo il gas e la porta del terrazzo. Non mi chiamare.
Voglio riposare. Dopo vai a dor mire anche tu... Buonanotte. (si baciano e Rosa esce mentre il motivo  Intervallo, cessa. Si ode subito la voce dell’annun­- ciatrice)

Annunc. t.v.  Buonasera. Tra pochi istanti andrà in onda “ La Voce dello Spirito” a cura di Padre Marziano. Seguirà “O che divertimento”, quiz musicale presentato da Fer­ruccio Selvaggio. (l’apparecchio trasmette una breve in­troduzione musicale su motivo sacro che va diminuendo fino a cessare)

(Zi Vincenzi’ scoppia a ridere divertito. Ha visto l’immagine di Padre Marziano. Ferdinando lo invita a tacere)

Voce t.v       . Bene, pace e salute. Eccomi di nuovo a voi, cari telespettatori, per riprendere il nostro incontro settima­nale. Ho ricevuto molte lettere. In una mi si chiede:

« ... bisogna essere severi con i propri figli? Si deve concedere loro molta libertà?” Giuseppina di Recchia, Meligno, provincia di Benevento. Signora Giuseppina. i figli si prendono quella libertà che viene loro dalla educazione ad essi impartita dai genitori. Dal buon esempio che danno il babbo e la mamma ne consegue il loro avvenire. (Graziella e Maria, alle spalle di Fer­dinando e di zio Vincenzino, attraversano la scena si­lenziosamente ed escono) La severità, insomma, è nella buona morale della famiglia. « Famiglia” che signi­fica l’insieme di quelle persone unite dallo stesso vin­colo di sangue: padre, madre, figli! Oggi, si capisce, i tempi sono mutati, sono quel che sono, ma i nostri buoni sentimenti sono rimasti sempre gli stessi e sono questi, soltanto questi, che debbono prevalere se si vuole che l’umanità sopravviva. (Oberdan Silla attra­versa la scena ed esce silenziosamente) E soprattutto non ci manchi l’assistenza e la protezione di Dio no­stro divino Signore.

Ferdinando Giusto! (Zi’ Vincenzino ride) Statte zitto, Vicié... (Zi’ Vincenzino applaude) Statte zitto! Famme sentì!

Voce t.v.         E’  sul padre che ricade quasi l’intera responsabilità del­l’onore della sua famiglia, dei suoi figli, e della sua stessa sposa e madre delle sue creature. E saranno l’onestà dei suoi sentimenti, (Rosa, silenziosamente, alle spalle dei due, inosservata, con altro vestito indosso, attra­versa guardinga la scena) la sua dignità di uomo e di marito a vigilare su colei che è la compagna della sua vita e a guidarne i passi. (Rosa esce di scena ed è a questo punto — mentre continua la battuta di Padre Marziano che segue — che il sipario lentamente comincia a chiudersi completando la sua chiusura al termine della detta battuta) E’ su questo tipo di fa­miglia che Dio, nostro Signore, pone la sua prote­zione. Quando il ~ pater familias ~ chiude, alle sue spalle, l’uscio di casa, gli appare dinanzi il piccolo mondo della sua famiglia ed è allora che il miracolo della famiglia cristiana si compie!

Fine della prima parte

Parte seconda

La scena è la stessa della prima parte. É tardo pomeriggio. Al levarsi del sipario Federico è sul . balcone. In sottofondo, dal balcone, provengono rumori stradali e motivi musicali. Federico avanza in scena, si accende una sigaretta e siede. Vi è un po’ di disordine in giro. Poco dopo entra Rosa in vestaglia.

smunta in viso, dimessa, poco curata nella persona e con espressione di tri­stezza sul volto. Porta del caffè in tazza e lo offre a Federico. Lentamente i rumori e i motivi musicali provenienti dalla strada vanno smorzandosi. E il dialogo dei due personaggi in scena inizia.

Rosa          (con tono sommesso) Ecco il caffè.

Federico      Grazie. (dopo breve pausa) Vostro cognato?

Rosa            Si è rimesso. Si è alzato.

Federico        E’ stato una quindicina di giorni a letto, mi pare? Am­ malato?


Rosa          Ammalato? Vincenzino, ammalato, lo è sempre stato. Si è sentito peggio. Con quello che è successo qui, chi ha pensato più a lui? E’ stato un po’ trascurato, po­ veretto e allora …..

Federico       (guarda l’orologio) Le otto. Quando ritorna?


Rosa              Di solito a quest’ora.


Federico        Gli parlo io. So che mi stima e mi vuoi bene. Siamo amici da tanto tempo. (con tono di rimprovero) Be­ nedetta Rosa! Non tanto per quello che è successo ai ragazzi...


Rosa             I guai si presentano tutti assieme.


Federico         ... ma per quello che gli hanno detto di voi. E’ stato un colpo troppo forte per lui.


Rosa               Voi non mi crederete perché nessuno mi crede, ma vi assicuro: sono state più le calunnie che i fatti. La gente è cattiva, lo sapete. Col  sor’Augusto... è stato per necessità!


Federico         Per necessità? Non capisco, scusate. Avrei capito per un sentimento d’amore... e va bene; ma per necessità...! E fosse stato un uomo serio, ma ve siete annata a perde con un chiacchierone vanitoso e che è successo? È andato in giro a vantarsi a destra e a sinistra e vo­ stro marito è venuto a sapé tutto. E ci ha sofferto, credete. Ve Lo dico io, io che L’ho visto piagne come un ragazzino. Ci ha sofferto tanto che non so capire quale è stata la ragione che l’ha fatto rimanére den­ tro ‘sta casa.


Rosa             Si è rassegnato.


Federico      No, vi sbagliate. Ferdinando non è tipo da rasse­ gnarsi a ‘na situazione del genere. Sembra. Ma chi sa che pensa veramente. Che cosa gli passa per la testa? Un uomo che vi aveva dato tutta la fiducia e da un momento all’altro... Rassegnato? No, credetemi, Rosa, qualche cosa resta nel cuore, una spina, qualche cosa che lacera, ferisce, che non si può sopportà.

Rosa            Ma con questo sor’Augusto, che pozza sculà addò sta mo’, è finito tutto da un pezzo. Quando mai c’è stato qualche cosa di serio. Mi corteggiava, mi stava sem­pre dietro. E poi? Vorrei vedere: mandate avanti una famiglia con quattro soldi. Vesti, fa mangiare tre figli e cura un malato che ti si è piazzato in casa. Con quello che costa la vita. Oggi una ragazza os­serva e comprende meglio di quando ero giovane io. E ha bisogno di questo e di quest’altro. Non sono mai, mai contente! Più  dai e più pretendono. Ma­gari, senza capricci, senza parlare; ma gli occhi che parlano e desiderano. E se voi a una figlia la private ora di questo, ora di quest’altro, quando è ragazza, che le rimane? La messa la domenica mattina, con la speranza che trovi qualche poveraccio come lei che se la sposa, oppure la finestra di casa per affacciarsi? Gli uomini, oggi, non badano più alla ragazza one­sta, timorosa. Vogliono un tipo sveglio che salta, che balla, canta ... e per saltare, ballare e cantare... questa ragazza si deve anche muovere. Deve uscire, farsi ve­dere, e per farsi vedere deve vestirsi decentemente e vestirsi costa caro. E io stessa, io stessa non dovevo provare proprio nessun desiderio alla mia età? Che sono storta, scartellata? Ho cercato, come ho potuto, secondo la mia mentalità di non far mai mancare il necessario in casa. (piange) Allora: bugie, falsità, in­ganni... e si tira avanti finché il Padreterno ti aiuta. Ma Dio lo sa se quello che ho fatto l’ho fatto per vizio o no. M’adda perdonà e so’ sicura ca me per­dona. (quasi singhiozzando) Me perdona. Federi: me perdona. lo non sono quella che si può credere. Quello che ho fatto non l’ho fatto per fare un torto a mio marito, ve lo giuro sul bene che voglio ai figli miei.

L’ho fatto per... per... (le si confondono le idee, non trova l’argomento valido e disperandosi esclama) nun ‘o ssaccio nemmeno io pecché ll’aggio fatto; ma non sono quella che la gente crede. Vi assicuro che ce ne sta in questo quartiere di gente che non merita quello che ha. (cambiando tono di voce) <Mio marito m’ha comprato la lavatrice elettrica ... che comodità ... non abbiamo più bisogno della cameriera  ...>, < Abbiamo il frigorifero nuovo...>, <mi sono comprata la pelliccia... tutto a rate.> (con voce normale) Sì. a rate! Vai a sapere la verità. Abitate qui vicino e certe cose le sa­pete. Sono strade, queste, dove si vive quasi l’uno sul­l’altro. Ci guardiamo dai balconi e possiamo contarci i capelli che abbiamo in testa. Tutto si vede e si cri­tica: tutto. È nu cinematografo stu quarto piano! Tutti gli occhi guardano qui! (cambiando tono di voce) <Mio marito mi ha comprato la ‘Bianchina ‘... domenica sia­mo andati al mare..> (con voce normale) E io? Noi? Perché noi no? Non ne avessimo avuto l’occasione e va bene, ma fino a quando una tiene un poco di cer­vello, sangue giovane nelle vene e iniziativa.., deve darsi da fare, così la penso io.

Federico               La verità, donna Rò, è che ognuno se dovrebbe ac­ contentà di quello che ha e Ferdinando se sarebbe ac­ contentato.


Rosa                  Non è vero! (sempre più incalzante perché vuole dare una ragione a ciò che ha commesso, quale che sia ma  dargliela) Non è vero! Non è vero! (ora un “ricordo” le fa nodo alla gola) Avreste dovuto vedere come era
contento quando mi vedeva con un vestito nuovo, con le mani, la persona un poco più curata. (con commo­ zione) « Quanto si’ bella — mi diceva. — Perché,
pecché nun so’ cchiù giovanè comme a te?» Si sa­ rebbe accontentato di vedere i suoi figli andare in giro come tanti poveracci? Nun credo. In questo caso,
forse, qualche sventatezza l’avrebbe commessa lui...!


Federico           Rosa, parliamo due lingue diverse. Non possiamo ca­ pirci. Le vostre saranno belle ragioni, ma i risultati? I fatti? Le ragazze da maritare? Ma quale marito, scusate? L’ingegnere, il figlio dell’onorevole, se l’è squa­ gliata e Maria è rimasta incinta. Quell’altro, il grande produttore cinematografico, il tipo in gamba, lo sco­ pritore di talenti... è scappato con Graziella e nun se
sa più che fine hanno fatto. In quanto a Oberdan Silla comme è annata a fini?

Rosa                (disperandosi) Delinquente, mascalzone, stupido! Che
figlio ‘e bbona mamma ca songo io stessa. La colpa è stata dei cattivi compagni. ‘A cattiva compagnia e tan­ te altre cose che io non capisco. Dice che il mondo deve cambiare... che c’è tutto da rifare.., che ne capi­ sco io?...

Federico           Già! Un mondo nuovo! Mah! Quando saranno riu­ sciti a farlo, diventerà vecchio pure quello e si rico­ mincerà da capo! Tutt’è come uno lo guarda questo mondo, con quale animo, e con quale spirito. Se uno lo guarda con occhio ottimista tutto diventa, se non bello, logicamente sopportabile. Se uno lo guarda e lo studia con occhio cattivo, donna Rò?! Tutto è  brutto! … brutto assai!


Ferdinando           (entra) Buonasera! (a Federico) Come è che sei ve­ nuto?

Federico             Una visitina, stavo parlando con donna Rosa.

Rosa                   Buonasera. (Ferdinando risponde freddamente col gesto
della mano) Vuoi cenare?


Ferdinando        No. Non ho appetito. Fammi ‘na tazza ‘e caf è! (Rosa esce)


Federico            (con falso tono disinvolto) Non ci vediamo più da sei
o sette giorni. Come va, eh?


Ferdinando           (a stento dominandosi) Non c’è male. (poi scoppiando
in lacrime) Federì... Federì...


Federico                No, non cosL. Che fai...? Mi sembri un ragazzo. Certo,

io  pure tengo moglie e figli, conosco che significa ama­ re la propria famiglia e... naturalmente immagino quello che deve provare un uomo che tutt’a un tratto se la vede rivortata. Ti capisco, ma fatti coraggio: se ‘n’omo e nun te devi avvilì.


Ferdinando            (ricomponendosi) Ho vergogna di camminare in questa
maledetta strada. Mi pare che tutti mi ridano alle spalle. E’   un mese che non campo più. Mi sembra di vivere come in un incubo. Come in un brutto sogno. A volte dico a me stesso: ma quando finisce, quando mi sveglio? E’  possibile che tutto questo stia succedendo a me? E invece è possibile; è proprio così: sta succedendo a me! E’   successo a me! A mia moglie, le ho perdonato. Che potevo fare? Il sacro vincolo del matrimonio. Vincolo indissolubile. Tu capisci? Una schifezza di matrimonio come il mio è indissolubile. Pure è così. In coscienza è così. Una coscienza mia, naturalmente, cioè: una co­ scienza che crede in Dio: nella sua infallibilità e in quella buona e cattiva sorte che lui ti ha destinata. E’ prima di sposarsi che bisogna bene calcolare il rischio.
Studiare bene chi ti sposi, perché ti sposi, se ne vale la pena. Questa donna sarà degna di te? E tu sarai de­ gno di lei? Si tratta di dover stare insieme tutta una vita, Federì, tutta unavita! D’altra parte come si fa a prevedere che sotto l’aspetto di una colomba si na­ sconde l’anima di una vipera? Sono certe istituzioni che debbono cambiare. Il mondo non può andare più avanti così.
Stamattina ho incontrato sotto il palazzo quel traditore... avessi visto con che aria spavalda m’ha guar­dato.., fossi stato più giovane l’avrei ammazzato! Mi faceva l’amico. Ma come? Io li sorpresi che si abbrac­ciavano e baciavano davanti alla porta di casa mia...! Federì è troppo! E non solo questo ho saputo (entra Rosa con caffè e resta in ascolto) Maria.., prima di spo­sarsi se ne va a letto con quel mascalzone vizioso. E quello proprio questo voleva: ‘o sfizio! Come si dice al mio paese. Ma non finisce cosi. Io faccio succedere il  quarant’otto. Il nome della famiglia De Gerardo lo faccio finire sui giornali o in televisione, se non si spo­sa mia figlia. (a Rosa) Io ti ammazzerei: ti ammazzerei.

Rosa                 Ma non lo vedi come sono ridotta? Tutte per te, le ragioni, per me nessuna!


Ferdinando      Nessuna! Per te: nessuna. Tu eri la madre e io, i figli miei, mentre pensavo al loro sostentamento, li avevo affidati alla tua onestà. E adesso? Due figlie: una di­ sonorata e l’altra se n’è scappata con l’amante e non
si sa dove siano andati a finire tutti e due. E Ober­ dan? (con una forte pena nel cuore) Oberdan! Gli occhi della mia fronte, Federì... il premio della mia
casa ... Federì, faceva il dinamitardo. Era uno spara­ tore. Un bandito. (porta le mani al volto) Che vergo­ gna! Se mio padre fosse vivo mi coprirebbe di sputi.
E mia madre, quella santa donna, mi rinnegherebbe come figlio!

Federico           Ma tu, Ferdinà, di che colpa ti vuoi macchiare? Non ne sapevi niente?!


Ferdinando        Ed è proprio questa la mia colpa. Io dovevo sapere. Non dovevo fidarmi troppo. Toccare con mano dovevo, come San Tommaso. Sarei ricorso ai ripari; ma lei (indica Rosa) sapeva e come, dico io? non mi dici
niente? Non mi metti in guardia?

Rosa               Ma che cosa dovevo farti sapere? Che mi chiedeva sempre soldi? Che desiderava sempre qualche cosa? Che minacciava, bestemmiava, che lo vedevo agitato, irrequieto, scontento? E a che scopo dirtelo? Per sen­ tirmi rispondere da te: « Niente soldi. Il necessario non gli manca. Deve pensare a studiare!

Ferdinando          E che cosa avrei dovuto rispodere? Io sono il padre.

Che dovevo dire? “ Sì... dagli quello che vuole! “ E io? Io? Da dove lo pigliavo?

Rosa                   E io? Io, da dove avrei dovuto prenderlo io?

Ferdinando        (la fissa lungamente con uno sguardo accorato, doloroso,
poi dice) Già, da dove dovevi prenderlo? Non l’hai capito. Per questo, Rosa, ci troviamo in questa sporca situazione. Da dove dovevi prenderlo? Dall’onestà della tua coscienza, perché sarebbe stato denaro morale, non materiale. Tu non l’hai capito. Peccato. (alludendo ai figlio) Adesso sta in galera e chi ce li ha i soldi per mantenergli un avvocato? Io nun tengo ‘na lira pe’ «a carità nu cecato!

Rosa                (scattando) Ma tu ti sei mai domandato come poteva andare avanti questa casa con quello che mi davi tu? E con quei quattro soldi che portavano i ragazzi? Pensi, che, se ti ho tradito, èstato perché forse mi sono innamorata di un altro? Ti sbagli, io ho voluto sempre bene a te. Quello che ho fatto, l’ho fatto... (comincia a commuoversi) ... per non darti preoccu­pazioni. (ad un gesto di insofferenza di Ferdinando Rosa insiste) Sì, è la verità, per questo. Poi un po’ l’età... diciamolo pure questo, Ferdinà, diciamolo per­ché è necessario. Non tanto per me quanto per te. Così sentendomi guardata, ammirata, desiderata e con tante belle cose che si vedono in giro quasi a portata di mano; desiderio di prenderle ti viene e se una giustificazione la trovi nella tua coscienza ci caschi! Ho fatto male, mi sono comportata come una pazza tenendoti sempre tutto nascosto e facendoti credere che facevo davvero miracoli per mandare avanti la famiglia come pensavi tu. Ma come era possibile? Certe volte non riuscivo a capire se tu eri in buona fede o no... (azione di Ferdinando, come per dire: “ Potevo io immaginare che tu mi tradivi?”) Si, èproprio questo che ho pensato. Tu adesso me lo neghi e io ti credo, ma allora tu credevi davvero che io potessi fare miracoli. Capisco. Forse pensavi che in casa ci fosse la buona fata che di notte veniva con la bacchetta magica e sotto al cuscino mi lasciava pacchi di biglietti da mille. Da qualche parte doveva pur uscire il denaro per mangiare e vestire bene tutti.

Ferdinando           Ma chi te l’aveva mai chiesta tanta abbondanza? Che mi vieni a dire? Che mi vieni a insinuare? Io cre­devo nella tua onestà, come potevo pensare a certe cose? Federì giudica tu: se tra due persone che debbono vivere in amore e d’accordo tu ci togli il rispetto, la fiducia e la stima reciproca che stanno as­sieme a fare? Per prendersi in giro. Mi parla del­l’età! (a Rosa) Ma tu m’avresti tradito pure se io avessi avuto vent’anni di meno perché non era l’amore che ti mancava, ma quel rispetto che ogni donna deve avere verso la sua dignità di moglie e di madre. Ba­sta, basta Rosa. Non ne parliamo più di questa sporca faccenda. Mi fa male seriamente: mi addolora pro­fondamente e finirei per offenderti e con parole grosse e non mi conviene. Offenderei, prima di tutti, me stes­so per averti un giorno scelta come mia sposa. La­sciamo stare. Tu hai ragione... chissà chi èche ha torto qui! Federi’, fammi il piacere, passa per lo studio dell’avvocato Cacione e digli che l’aspetto. Non mi ha fatto sapere più nulla di mio figlio e di altre cose.

Federico           Ci vado subito. (campanello di ingresso) Apro io. (esce)

Rosa                 Stamattina sono andata a trovare Oberdan Silla. Senti, se è necessario, venderemo tutto e prenderemo un buon avvocato per farlo uscire prima che vada in corso il processo.

Ferdinando        Vincenzino ha mangiato?

Rosa                  Adesso vado a preparargli qualche cosa. (Rosa esce per la porta di sinistra. Rientra Federico seguito dal­l’avvocato Cacione e dal dottor Morsetti; saluti, poi Federico saluta ed esce)

Cacione            Signor Ferdinando, le presento il dottor Morsetti.

Morsetti Fortunato. (ha l’aspetto dell’uomo politico di subdola fede clericale)

Ferdinando        Piacere. Che vuole il signore?

Cacione             Ecco... sediamo? (seggono) Innanzi tutto, mi lasci esor­dire affermando che lei sa bene quanto le sono amico; più che suo legale, mi creda, io mi sento suo fratello e più che vicino, vicinissimo ai suoi problemi, e giuro che saprò far valere i suoi sacrosanti diritti! La ra­gione, come ho già detto altre volte, è dalla sua parte, caro Ruoppolo, e su questo non si discute!

Ferdinando        Lo credo bene!

Cacione            Pur tuttavia c’è un ‘ma~. Lei ha nelle mani non solo la sua ineccepibile ragione, ma anche l’onore e la di­gnità della famiglia De Gerardo. Ecco... Dio mio come è difficile far comprendere certe cose in momenti deli­cati, dunque: l’onorevole, uomo di grande probità, ri­conosce che suo figlio Ruggero ha commesso un atto indegno...

Morsetti               Indegno, per conto mio confermo e ribadisco. Riprove­ vole

sotto ogni punto di vista. Un altro uomo che non fosse stato lei, uomo riflessivo e timorato di Dio, avreb­ be ucciso quel mascalzone!


Cacione            (al dottore) Permette? (poi a Ferdinando) Continuo.

Il dottor Morsetti, uomo di fiducia dell’illustre onore­ vole De Gerardo, giovane dirigente, uomo di punta del Partito vorrebbe sottoporle una soluzione che sotto molti aspetti non sarebbe irragionevole prendere in serio esame.


Morsetti          L’onorevole De Gerardo, egregio signor Ruoppolo, chie­de la sua comprensione e vorrebbe, in poche parole, perché mi sembra inutile prenderla tanto alla larga, vorrebbe sapere che cosa desidera che egli faccia per lei purché sia lasciato in pace il figliolo Ruggero.

Ferdinando      Non capisco.

Morsetti           L’onorevole, insomma, le assicurerebbe la sua protezione

completa, assoluta.

Ferdinando      (a Cacione) Avvocato, ma voi?

Morsetti            Io ho avuto incarico di incontrarmi con il suo legale, gli ho telefonato ieri e...

Cacione             ... siamo qui, per cercare di sistemare questa brutta fac­cenda.

Ma in che modo?

Morsetti           Ecco...

Cacione            (interrompendolo) Permette? Caro signor Ruoppolo, il diritto è del più forte. La giustizia, purtroppo, non è di questo mondo. Per questo non sarei alieno dal con­sigliarle una certa mitigazione...

Ferdinando       Ma quale mitigazione! Avocato, insomma vi siete fatto convincere dalla parte che ha torto? Forse, scusate la chiarezza, l’onorevole vi ha promesso qualche cosa?

Cacione              Ah, no! signor Ruoppolo, io non le permetto certe  insinuazioni. Per chi mi ha preso? Io ho accettato la parte dell’intermediario, solo per carità cristiana. Perché, se da una parte c’è un padre offeso e addolorato, lei, dall’altra ve n’è un altro altrettanto angustiato.

Morsetti            Signor Ruoppolo, io le voglio parlare più chiaramente perché ho l’impressione che qui si disserti un po’ troppo. Se lei lo ignora, sappia che l’onorevole De Gerardo, politicamente, è una potenza. E’ forte. Molto forte. Può molto. Perciò è temuto e rispettato. Egli desidera ve­nirle incontro. Sua figlia avrebbe tutta l’assistenza di cui necessita.

Ferdinando         E il figlio che deve nascere?

Morsetti             Beh, quello è suo...

Ferdinando         …..e se lo tiene, è vero?

Cacione             Caro Ruoppolo, quando certe cose risultano difficili a realizzarsi in un certo senso, bisogna cercare di ren­derle possibili in un altro. In fondo, non sarebbe poi complicato per sua figlia, bella e giovane com’è, tro­vare una brava persona disposta a sposarla. La signo­rina Maria avrebbe la possibilità di ricevere dall’ono­revole una somma cospicua, credo una decina di mi­lioni e poi ci sarebbero altri tre milioni per lei. La somma destinata alla signorina la si potrebbe vincolare in banca a suo nome oppure a quello del pic­cino che nascerà. (è gia entrata Rosa che resta in di­sparte ad ascoltare) Inoltre io ho messo al corrente il dottor Morsetti qui presente, della triste situazione nella quale, purtroppo, a torto a o ragione, è stato coinvolto Oberdan Silla. Ne ho fatto una condizione. Bene, carissimo Ruoppolo, ho il piacere di comunicarle che l’onorevole si impegnerebbe ad interporre i suoi buoni uffici affinché il ragazzo possa tornare subito un libero cittadino senza che ci sia neanche il bisogno di fargli affrontare il giudizio. Adesso si

trova in stato di fermo, in attesa, e sapete... (si ac­ corge di Rosa) Oh, mi scusi, signora ... (poi a Mor­ setti) La moglie del signor Ruoppolo,..


Morsetti             Piacere, signora. (Rosa risponde con un lieve sorriso)


Cacione             Siamo qui, signora, per cercare di convincere suo ma­ rito a guardare con occhio un poco più benevolo la si­ tuazione della famiglia De Gerardo.


Rosa                 Sì, sì... ho sentito.


Ferdinando      Io non ci vedo chiaro.


Cacione          Ma se è tanto chiaro invece. Lei mette a tacere ogni cosa...


Ferdinando     ... e l’onorevole dà dieci milioni a Maria e tre a me. E se accettassi? Voi non credete che mi dovrei sentire morire dalla vergogna di fronte a mia figlia e alla mia stessa coscienza di padre, di uomo...? Vedete, cari si­ gnori, qui non si tratta di milioni, ma di un caso di coscienza. Voi più mi parlate di milioni e io più mi sento stringere il cuore. Sì... forse, effettivamente, io sono fuori dai tempi che corrono. Forse, veramente, ho una mentalità vecchia.., e finisco per non capirci più niente.., per confondermi...! Una sola cosa, però, l’ho capita bene: molto bene. Ho capito perché si tengono

i denari: per diventare “onorevoli”e poi perdere l’onore. (breve pausa) Vedete, avvocato, se l’onorevole fosse stato un uomo di vera probità come voi avete detto, avrebbe dovuto prendere suo figlio Ruggero per il bavero della giacca e portarlo qui, in casa mia, in ginocchio davanti ai miei piedi per cercarmi scusa e chiedermi il consenso di sposare mia figlia. Invece che fa l’onorevole? Mi fa il ricatto. Io minaccio di fare uno scandalo e lui lo soffoca perché è potente. E’ te­muto. E’ un uomo politico che si può permettere qual­siasi atto senza coscienza.

Morsetti            Egregio amico, qui le è stata fatta una semplice pro­posta. Se lei crede di rifiutarla, lo faccia e poi ciascuno si regolerà come meglio crede.

Cacione           (sottovoce a Ferdinando) Caro Ruoppolo non faccia sciocchezze. Rifletta! Quello è una potenza. Noi ci per­deremo il tempo. Tempo e denaro. E denaro, lei, ne ha? Io, francamente, non me la sento di mettermici contro. E in tutta schiettezza le dico di cercarsi un altro legale. (a Morsetti) Il signor Ruoppolo, dottore, vor­rebbe pensarci un po’ su...

Morsetti               Beh, se si tratta di pensarci... prendendo in seria considerazione la nostra proposta... Lei signora che ne dice?

Rosa                   Cosa vuole che dica? Cosa può dire una madre? Che non sarebbe umano far sposare nostra figlia con uno che non la vuole. Sarebbe come mettere insieme l’ac­qua col fuoco. Senza pensare, poi, alle conseguenze disastrose di una unione così forzata.

Cacione           Parole sante! Ed è quello che sostiene anche l’onore­vole. Come posso, ha detto, imporre a mio figlio di sposare una ragazza che non ama? Con quale coscienza potrei permettere una simile unione? Meglio, dunque, che quel piccino trovi un padre che sappia comunque amarlo e guidarlo attraverso questa nostra esistenza irta di difficoltà quotidiane.

Ferdinando       Avete detto tre milioni a noi e dieci per Maria?

Morsetti           Vincolati o no, per la sua figliola, come meglio le sem­brerà opportuno. Inoltre suo figlio, a quanto mi ha detto l’avvocato qui presente, si è reso responsabile verso la Giustizia di un grave reato. Signor Ruoppolo, suo figlio l’ha fatta grossa. Ha lanciato una bomba in una chiesa! Articolo 404 codice penale: vilipendio di cose destinate al culto, pena prevista da un minimo di un anno ad un massimo di tre anni di reclusione, tur­ bamento di funzione religiosa, articolo 405 codice pe­ nale, pena prevista da un minimo di un anno ad un massimo di tre anni di reclusione. E secondo quanto
normalmente accade, tra questo reato e quello, la pena complessiva si aggirerebbe intorno ai 13 anni di re­ clusione, con risarcimento dei danni provocati, perché ne ha provocati, da accertarsi in sede civile.

Ferdinando           Ma santo Dio, una difesa ci potrebbe essere...

Cacione              Ne abbiamo parlato: l’imputato potrebbe sostenere, ad esempio, di aver trovato l’oggetto per la strada e non immaginando che fosse una bomba, di averlo por­ tato con sé in chiesa dove si era recato per prendere
la benedizione serale, dimenticandolo poi sul banco. Ma l’Oberdan Silla, io gli ho parlato, non è di questo avviso. Vorrebbe sostenere che tutto quello che ha fatto l’ha fatto premeditatamente e con convinzione di “ pro­ testa”. Ruoppolo ci pensi bene! Si prenda questi mi­ lioni e sistemi ogni cosa come desidera l’onorevole De Gerardo. Mi dia mandato per parlare con suo figlio. A me basta una telefonata per farlo mettere in libertà. Poi, io, ho una buona conoscenza nel partito comuni­ sta, gli passiamo la notizia sotto sotto, e lei prende
altri soldi da quell’altra parte. Facciamo cosi. Non per­ da l’affare! Noi adesso ce ne andiamo e con calma, con riflessione lei si faccia tutti i suoi conti per be­-
nino, poi mi telefona o le telefono io questa sera stessa, domani, e si prende una decisione. Restiamo così allora? (a Morsetti) Caro dottore, sono d’accordo
con il signor Ruoppolo.


Morsetti               Bene, mi auguro che tutto si risolva per il meglio. Se­-
rebbe un non senso agire sconsideratamente seguendo un impulso e senza valutare le conseguenze di un gesto avventato. Arrivederci. (saluti a soggetto e Morsetti esce)


Cacione               (uscendo) Non perda l’affare! (esce)

Ferdinando         (tra sé) Una vergogna che diventa un affare! (a Rosa alludendo alla proposta dei due che sono usciti) Tu che ne dici?


Rosa                Non lo so. Certo, in un modo o nell’altro, è un guaio che bisogna risolvere.


Maria            (entrando da destra) Buonasera. Ho incontrato l’avvo­cato Cacione con un signore. Mi ha detto poche parole di fretta. Non so, che è venuto a fare una proposta; quale proposta? .

Rosa                Infatti. L’onorevole ci ha fatto sapere che se tuo padre non farà scandali, ci dà tre milioni e per te apre un conto corrente di dieci milioni in banca ... in più farà mettere in libertà tuo fratello.

Maria            E papà che ha risposto?

Rosa              Ha detto che ci vuole pensare.

Maria           Pensare? E che c’è da pensare? In quanto a me, voi credete che, dopo quello che m’ha fatto e come s’è comportato quel traditore bugiardo, io me lo voglia ancora sposare? Con quale coscienza dovrei accettare una cosa che non sento di fare? Come se il matri­monio fosse una sciocchezza  qualunque.

Rosa                Ma il bambino?

Maria            Perché, il bambino deve nascere per forza? Ci sono tanti modi• per non farlo nascere. E  se c’è modo di non farlo, io sono disposta. Voglio tornare libera come una volta. I soldi non mi dispiacciono se c’è qualcuno che me li vuoi dare. Un marito lo voglio come dico io. Per ora mi prendo i soldi, anzi cerchiamo di puntare i piedi e di ottenere di più, sia per me che per voi.

Ferdinando       (irato) Ma tu sei pazza! pazza: pazza! Ma che idee ti vengono per la testa? Ma dove? Dove sei stata educata? In quale postribolo? Non in casa mia, dove ti ho sempre insegnato l’amore e il rispetto per la buona morale. Adesso non lo vuoi più, questo bambino. Prima lo hai voluto, adesso lo metti in un canto come se fosse uno straccio. Ma questi sono peccati. Peccati grossi, che non si fanno. E ti consideri una creatura di Dio, tu? No, tu sei degna solo di disprezzo.

Maria                  Bada come parli, papà! Io, forse, in questa casa sono quella che la pensa più onestamente: una figlia che non si vuole sposare con il capestro alla gola ma che vuole trovare un marito che le voglia, innanzitutto, bene sen­za badare ad altro.

Ferdinando         Sta zitta, disgraziata, sta zitta!

Maria                 (al colmo dell’ira) Non dire così, papà, finiscila!

Rosa                    (redarguendo la figlia) Maria?!

Maria                 Tu sta zitta, mammà, tu sei quella che meno deve par­lare tra noi tutti. Io non voglio essere trattata come una sgualdrina.

Ferdinando         Proprio quella che sei diventata con la complicità di tua madre.

Rosa                  Non gridate, tutt’e due! Non si sopprime un bambino che deve nascere e che può essere la tua felicità. Chi ti dice: “ Oggi succede questo “, “oggi succede quest’altro “?

Maria              Te lo dico io che succede: con un marmocchietto in braccio, un marito, un responsabile, di questi tempi non lo troverei facilmente. Ti resterei ancora sulle spalle a mangiarmi buona parte di quei pochi soldi della tua pensione. E il giorno che non ci sei più, perché questo giorno purtroppo, prima o poi, dovrà arrivare.., che mi lasci in eredità? Questi mobili di
cinquant’anni fa che nessuno vorrà accettare, anche se regalati? La tua onestà? Ma l’onestà, caro papà, è un’astrazione: non si vede. E non mi venite a rac­ contare, tutti e due, storie vecchie che oggi fanno ri­ dere perfino i polli. (esce di scena decisa, e dall’in­ terno prosegue ad alta voce) Carini, tutti e due! Adesso vorrebbero fare i nonni. E a me, a me, chi ci pensa? Chi?


Rosa                  (avvicinandosi a Ferdinando rimasto sconvolto) Adesso

non stare più così. Facciamoci coraggio e pensiamo seriamente a noi.

Ferdinando         Già. Adesso dobbiamo pensare come fare abortire Maria. Aspettare che si sposi e prenderci i soldi dell’onorevole. Dobbiamo pensare a tirare fuori dai guai Gra­ziella, Oberdan Silla, così la vita riprende tranquilla e normale. Ma lo capisci che noi non siamo più quelli di una volta! E così come siamo facciamo vergogna. Capisci che attorno a noi è cambiato tutto? E’ ri­masto solo il ricordo antico di quella che era la fa­miglia di Ferdinando Ruoppolo.

Maria              (di dentro) Mamma? Vieni un momento. Presto, ti prego!

Rosa                 Vengo! (esce)

Ferdinando      Io ho sbagliato tutto nella mia vita: tutto. E continuo a sbagliare.

Clementina      (dall’interno) Ferdinà? Ferdinà? (Ferdinando mostra sorpresa. Clementina, sempre dall’interno, replica) Fer­dinà? Ferdinà? (appare sotto l’uscio. Indossa un abito da suora, nero. Ha in mano una piccola vecchia valigia) Ferdinà? (depone la valigia in terra e abbraccia a lungo il fratello che le è andato incontro) Ma che è successo? Ho ricevuto una lettera da Graziella.

Ferdinando         Graziella ti ha scritto?

Clementina         Sì. Ma è possibile che siano successe tutte queste brutte cose? Quanti peccati ! E’ entrato il diavolo in questa casa! (siede asciugandosi il sudore)

Ferdinando         Dove sta Graziella?

Clementina         A Palermo, assieme al fidanzato. (come cercando qual­cosa) Addò aggio miso ‘a lettera? (ricordando) Ah... dint’ ‘a valiggia. (si alza, va ad aprire la valigia che ha portata con sé, mentre esclama) Mamma mia che stanchezza: ‘o treno, l’autobus, ‘e macchine, ‘a folla! Che confusione per Roma! (ha trovato la lettera e la consegna al fratello mentre dice, andando a sedersi stanca) Come fa? Come fa quel Santo Padre? (in­tanto, Ferdinando, sta leggendo mentalmente la let­tera) Dice che sta per partire per l’estero, che deve fare un film, che sta bene, che dovevo venire subito a trovarti e sono venuta! Non sono venuta prima perché era capitata la settimana di ritiro spirituale per Santa Zita, ma appena mi sono sbrigata, eccomi qua.

La ragazza è stata molto chiara, mi ha spiegato tutto per filo e per segno. A Rosa le hai perdonato, e hai fatto bene. «Va e non peccare più» disse Gesù. Per­-
donare: perdonare! (entra zi’ Vincenzino) Vincenzi? Fratello mio. Come stai? (si avvicina a zi’ Vincen­ zino ma questi rimane indifferente, mostrando di non
riconoscere la sorella e lentamente va a sedersi sul balcone) Non mi riconosci? (rivolgendosi a Ferdi­ nando che sta continuando a leggere) D’altra parte,
l’ultima volta che ci siamo visti, è stato una decina d’anni fa. (osservando zi’ Vincenzino) Sempre lo stesso, Dio ti benedica, fratello mio.


Ferdinando           (alludendo alla lettera che ha tra le mani e deponen­-
dola sul tavolo) Ha scritto a te.


Clementina            Ma almeno, adesso, sai dove si trova. Ha fatto male
a scappare con un uomo. Il cinema, il successo, la ce­ lebrità ... tutte sciocchezze! Tutte bugie! Se ne accor­ gerà! Adesso sta in peccato mortale; ma Dio non ab­ bandona nessuno e un giorno o l’altro si farà viva e... tornerà a casa.


Ferdinando           A me sì, Clemenìi. A me Dio mi ha abbandonato. E se dico che non mi ha mai pensato, né mai calcolato, dico meglio.


Clementina         Non parlare così. Fino a poco tempo fa che cosa ti mancava?


Ferdinando         Fino a poco tempo fa niente. Credevo di possedere tutto. Tutte quelle cose nelle quali avevo ostinata­ mente sempre creduto. E pensavo che Dio m’avesse dato più di quanto meritavo. Poi da un momento al­ l’altro mi sono accorto che non m’aveva dato niente.


Clementina           Ferdinando non bestemmiare.


Ferdinando           Clementì, io mi sono ricreduto! Ricreduto! Ricre­ duto! Non mi parlare più di questo Dio, che non si riesce a stabilire se è buono o cattivo, se è miseri­ cordioso o vendicativo. A chi ho fatto male, io? So’ sempre stato n’ommo onesto. E Dio che fa? Come premio mi distrugge la vita!

Clementina         Ferdinando mio, comprendere la grandezza di Dio è

difficile. Cosa dice la Sacra Scrittura? Egli è spirito e le cose spirituali sono incomprensibili. Mettiti nelle mani del Signore, abbi fiducia nella Sua infinita bontà e non dimenticarti mai che noi possiamo avere solo quello che ci meritiamo.

Ferdinando           Sicché questo destino me lo sono meritato io? Ma che mi vieni a dire? Che ti hanno messo in testa? Che puoi sapere tu di tutto quello che passa un povero disgraziato per campare? Tu, a sedici anni, mentre la famiglia nostra, Dio sa come tirava a campare, la­sciasti tuo padre, tua madre, i tuoi fratelli, ti viene la vocazione e cocciuta, testarda ti rifugiasti nelle braccia di Gesù. “Mi sposo Gesù” dicesti: « Mi faccio san­ta. Le pene, le ansie della mia famiglia saranno lenite dalle mie preghiere che invierò al Signore da un posto sereno, tranquillo mangiando un pezzo di pane sicu­ro». (indicando Vincenzino) Guardalo, Clementi! Quel­lo è tuo fratello. E’ sangue tuo! Sta così da quando aveva sette anni, non ha mai provato una gioia, mai una felicità, chiuso in un dolore eterno! Tu lo sapevi che tenevi un fratello che aveva bisogno di cure, di affetto, di premure e che fai? Ti vai a sposare a Gesù al quale spose non gliene sono mai mancate? (indicando Vincenzino) A lui ti dovevi sposare! A lui ti dovevi dedicare, interamente, sapendo che tu sola più di me, gli potevi portare aiuto e conforto. No, tu ti ri­tirasti in convento mentre io, rimasto solo, morti papà e mammà mi sono arrabattato una vita intera per non fargli mancare una medicina, un pezzo di pane, un po­co di compagnia! Clementi? Pur’io mi sono sposato a Gesù: ma un Gesù vivo, che si vede! (indica Vin­cenzino) Guardalo sta là! Sta là! Quello è il mio Gesù Cristo! li tuo dove sta? Dove sta?

Clementina               Ferdinando, stai prendendo l’aspetto di un diavolo, non

gridare così! (entrano Rosa e Maria e restano in ascol­ to un po’ mortificate. Clementina non so ne accorge tanto è sconvolta dalle parole del fratello)

Ferdinando            Sì,quando si dicono certe verità si diventa diavolo! E’ la mia coscienza che grida così. Io non ti ho mai con­siderata come una sorella e quando a sedici anni te ne sei andata da casa, papà e mammà non si misero a piangere perché ti eri sposata a Gesù, ma perché sapevano di avere perduta una « figlia» un af­fetto» : un affetto di famiglia! Sai che significa que­sta parola, Clementì? No! Tu non sai, perché non l’hai mai tenuta una « famiglia» o meglio l’hai avuta ma l’hai ripudiata per un sentimento di  egoismo. Basta, Clementì, non mi fare più parlare, se no ti faccio piangere non solo per i miei peccati ma anche per i peccati tuoi! (Rosa e  Maria escono silenziosamente)

Clementina         I miei peccati? E quali? Povero fratello mio, il do­lore ti ha fatto perdere la ragione e l’amore in Dio. Ho sposato Gesù per mettere ai suoi piedi il fardello delle colpe di tutti noi, buoni e cattivi. Tu ti lamenti delle tue sofferenze? Ma noi non siamo venuti al mon­do per essere felici, che pretese sono le tue? Dio ci ha dato la vita, e ognuno di noi la vive come può e come vuole, dandone conto e ragione, poi, il giorno del giudizio universale. Passati la mano sulla coscienza e sentirai chiara, limpida, giusta, la voce della ragione che è quella di Gesù. Sarà questo il tuo conforto. (piange) Ecco mi fai piangere. Ero venuta qua per dirti delle parole di incoraggiamento e mi tratti come una appestata (indicando Vincenzino) Vincenzino non sta così perché Dio si è dimenticato di lui, ma per­ché l’ha scelto per portarlo in paradiso. Nostro fratello è stato inviato sulla terra come esempio, a significare che la vita è bella sì, ma può essere anche tanto triste senza il conforto della salute che ci ha dato Dio. Se Vincenzino sta accussì è perché l’ha voluto Dio. E non sarebbero servite a salvarlo né le cure mie né le tue. Ma lui se ne andrà diritto diritto in paradiso e godrà una felicità eterna. (zi’ Vincenzino lentamente, assolutamente indifferente si allontana dalla scena ed esce) Ferdinà, io te capisco, ma nun te pozzo dà ragione. Guardate attuorno. Ce sta chi sta peggio. Jammo, viene vicino a mme... nun me fa chiagnere cchiù... viene vi­cino a me. Se non vuoi rispettare il sacro abito che indosso.., rispetta, almeno, il nostro vincolo di sangue. Io ho sempre amata la mia famiglia pur standole lon­tano. Il mio pensiero è stato sempre con voi. Se vi sono accadute tante e tante contrarietà ... che colpa è la mia? Ferdinà ?... (Ferdinando le rivolge lo sguardo) Viene vicino ‘a sòra toja: viene...! (Ferdinando lenta­mente le si avvicina, le si ferma davanti, la guarda aflettuosamente poi le tende tutte e due le mani; Cle­mentina gli porge le sue e Ferdinando le bacia quasi in segno di perdono. Restano a guardarsi amorevol­mente per un po’ poi Clementina gli dice con tono di voce dolcissimo) Addenocchiate! (Ferdinando la fissa negli occhi e Clementina ripete) Inginocchiati! (Ferdinando, prendendo posizione dì fronte ai pubblico si inginocchia e Clementina ponendogli il Crocefisso sulle labbra gli sussurra) Bacia ‘o crocefisso...! (Ferdi­nando rifiuta girando la testa e Clementina ripete) Jammo... bacia ‘o crocefisso...! (Ferdinando esita ancora poi bacia il Crocefisso) Adesso di’ appresso a me: Gesù mio... (Ferdinando ripete) ... dispensatore delle divine grazie... (Ferdinando ripete) ... mi rivolgo a te per avere aiuto, perdono e conforto... (Ferdinando ripete) ... ansio­samente aspetto questo celeste favore... (Ferdinando ri­pete) ... io so che non sono degno di te... (Ferdinando le volge lo sguardo con muta protesta e resta a fissarla negli occhi, ma Clementina insiste dolcemente) ... io so che non sono degno di te... (Ferdinando ripete) ... ma sento una grande fiducia nella tua intercessione... (Fer­dinando ripete) ... Padre, Figliolo e Spirito Santo... (si segna e Ferdinando la imita mentre si alza in piedi)

Ferdinando              (riprendendosi) Si vede che così doveva andare. Cam­bierò casa. Ma tu, Clementi, capisci che significa per me cambiare casa? Qua sono nati i miei figli... ci ho passata una vita sana. Come si possono dimenticare

tante cose? E perché si debbono dimenticare?

Clementina         Il Signore ti farà trovare un’altra casa dove con tua moglie starai sereno e tranquillo. Graziella ha scritto che ti verrà a trovare presto. Lascia fare alla Provvidenza. Però anche tu ti devi aiutare. Devi farti forza e perdonare.( entrano Rosa e Maria. Clementina vede le due donne) Rosa, Rò? Ch’è cumbinato?( si abbracciano) Mariettè…Capuzzella pazza…(l’abbraccia)

Rosa                   Quanto rimani? (sono tutte e tre commosse)

Clementina       Un paio di giorni. Ma forse se resto un po’ di più faccio bene.(guarda con intenzione Ferdinando)

Rosa                    Ti puoi sistemare nella camera di Oberdan Silla. Va’, Maria, prepara il letto. Cambia le lenzuola.

Clementina        No, non vi incomodate. Il posto ce l’ho già alla casa di “Riposo del Buon Pastore”. Mi trovo meglio là. Domani vado a trovare Oberdan Silla. Gli voglio portare un rosario miracoloso di Santa Zita. (Si fa il segno della Croce e invita poi  Rosa e Maria a segnarsi) Gué? Picceré?Faciteve ‘a croce.(Rosa e Maria si segnano) Me vulesse lavà nu poco ‘e mmane.

Rosa                  Sì. Marì, preparale ‘o bagno, va.

Clementina       E ‘na tazzulella ‘e cafè, Ro?   Senza zucchero ca m’è venuto nu poco ‘e diabete….e che vuò fa? ‘a vecchiaia….(insieme a Rosa e Maria esce per la porta di sinistra)

Cacione          ( entra seguito da Oberdan Silla) Permesso? Caro Ruoppolo, guardi chi le porto. (indica Oberdan Silla che avanza torvo e accigliato)Se lo aspettava? Non credo così presto. Il ragazzo sa tutto, l’ho messo al corrente di ogni cosa.(Ferdinando resta muto) Si meraviglia? Si capisce: lei è sempre cos’ pessimista! La soluzione del caso, così, senza alcuna contropartita, significa che l’onorevole De Gerardo ha voluto darle prova della sua bontà per raggiungere al più presto con lei un accordo sulla questione dibattuta. Ora sta a lei rispondere con altrettanta serietà e comprensione. Ora la lascio. Le telefonerò più tardi. Buonasera, e tanti, tanti riguardi alla signora e alla signorina. (esce)

Ferdinando             (a Oberdan) Beh?

Oberdan Silla            (fissandolo) Beh? (si avvia per uscire di scena)

Ferdinando            (fermandolo) Aspetta ...! (Oberdan si ferma) Voglio dir­ti qualche cosa... vedi.., quando tu sei arrivato in casa mia, intendo dire quando tu sei nato... io l’ho bene­detto quel giorno! Comprenderai: una moglie ideale, due figlie una più bella  dell’altra.. e’ mi arriva un ma­schio in casa ... mi pareva, credimi, d’aver raggiunta la felicità perfetta e per accoglierti degnamente nelle mie braccia io... andai prima a confessarmi e a comuni­carmi per non contaminare la tua purezza augurandomi di poterti far crescere, per quanto possibile, sano di salute e di sentimenti. Non pensavo di fare di te un santo... no... ma solo un uomo onesto come, malgrado tutto, penso lo sia stato io, mio padre, tuo nonno e... tu promettevi bene, poi... è successo quello che è suc­cesso. Forse io e te non ci siamo capiti o meglio io non ho saputo capire te ed eccoci qua! L’uno di fronte all’altro come due nemici e siamo padre e figlio! Chissà di chi è la colpa: mia, tua, dei tempi che corrono... io non sono più in grado di spiegarmelo. Comunque... tu sei giovane e puoi rifarti una vita ... ma io? Figlio mio... io ho un’età e dopo tante delusioni... non ho più desideri.., ne avrei uno: sapere da te perché hai fatto quello che hai fatto. Tu sapevi quello che era successo alle tue sorelle, a tua madre... e pure tu ti vai a met­tere nei guai? Pure tu non hai pensato a me? Tu puoi immaginare cosa voglia significare, in questo mo­mento, per la nostra famiglia, la tua uscita di galera: la vergogna totale! Ma lasciamo andare il passato e pensiamo al presente che, almeno per noi due, potrebbe migliorare, se ci aiuteremo a vicenda: io per te, tu per me. Cambia strada... cerca di convincerti che in galera non ci si deve andare... è sempre una cosa vergognosa quindi: disonorevole... sei d’accordo con me?

Oberdan Silla          (lo fissa poi dice con tono freddo) E già... io adesso te dovrei ringrazià, perché accordandoti. con quell’im­becille, farabutto dell’onorevole... m’hai fatto uscì. Io, invece, te dico che me vergogno e me faccio schifo. Adesso faccio parte anch’io di quel gregge di pecore
che è l’umanità. Bella figura faccio con gli amici! Ma come? Io faccio tanto p’annà in galera e tu me fai uscì? Bella figura che fai pure tu. Bella, proprio bella!


Ferdinando Io        Io? E che figura faccio, io?

Ober. Silla            Papà, lassamo perde. Te dico ‘na cosa sola: la mia idea non cambia. Da oggi in poi farò peggio di quello che ho fatto fino adesso. (fa per andare poi ritorna) Io i conti me li sono fatti bene. Ho calcolato tutto e tutti:

mi madre, le mi sorelle, tu... povero papà. la gente come te, quella che la pensa come te, non ha il di­ritto di vivere perché è la rovina di se stessa e degli altri. Hai lavorato? e che hai lavorato a fare? Per settantamila lire al mese di pensione? Bel risultato. E io, secondo te, adesso devo fare la stessa fine? Cor­nuto e bastonato? Nun te sei saputo ribellà manco quanno tu moje t’ha tradito! Tra te e l’indignazione della gente hai messo er comodo scudo del sacro vin­colo del matrimonio. Che è indissolubile. Ma quale vin­colo? Qua esiste solo l’orgoglio, la libertà di fare quel­lo che mejo ce fa comodo. Tu sei stato solo ‘na spugna papà, hai assorbito tutto; umiliazioni, delusioni, confor­mismo, abitudini, tradizioni sbajate. Hai detto: “ aiu­tiamoci”, ma come t’aiuto ‘a papà? Chi te le toglie più le idee che ci hai ficcate nel cervello? Vedi, se invece di fare l’onesto impiegato e il padre severo, il marito fiducioso e ingenuo, tu avessi fatto er ladro: er ladro, papà... sarebbe stato mejo per te e per noi. Hai letto di quell’impiegato di banca? Stava sui giornali l’altro ieri. Si è fregato seicento milioni e poi è scappato. (si ode, in sottofondo, una musica prove­nire dalla strada) Lo hanno arrestato. I milioni che ha rubato chissà dove li ha nascosti. Adesso si fa cin­que o sei anni di carcere poi esce e se gode la vita! Questi so’ ommini, papà: questi! Tu mi hai fatto usci’ de galera, ma ce ritornerò! (fa per andare)

Ferdinando          (fermandolo) Oberdan? Vieni qua. (Oberdan gli si av­ vicina e Ferdinando lo fissa minaccioso e quasi sta per schiaffeggiarlo, ma ferma il gesto, rimanendo più che mai addolorato, portando una mano sulla fronte e

re­ sta così quasi a volere e a non poter sbottare in un mare di lacrime)


Oberdan. Silla           Beh? Che fai mo’? Me vorresti pure menà? Io t’ho

detto la verItà e se pure me vuoi menà nun cambia niente.., quello che eri sei e quello che sei resterai.
                     
Ferdinando               (con un filo di voce) Vattenhe... vattenne... Vattenne!
Io non ti posso più guardare in faccia! Lasciami in pace! (Oberdan esce per la porta di sinistra) Avrei dovuto mettermi a rapinare, a rubare, truffare? pro­-
stituire la mia famiglia? Ma è possibile che solo la gente disonesta è rispettata e riverita? Che mondo è questo? un mondo di lotterie, premi... di continui fe­-
stini. Si suona, si suona, si suona... si canta, si strilla e spesso dovremmo piangere e invitare a piangere chi non sa piangere. Invece si predica il contrario, si scrive il contrario, si esalta il contrario. E si caricano questi poveri ragazzi di dischi, collane e altre cianfrusaglie, di targhe e coppe d’oro, perfino di bombe a mano. E un povero uomo come me dopo quarant’anni di fatiche oneste, se ne va zitto zitto in pensione cu quatte cen­tesime dint’a sacca, solamente carico di vergogna e pentimenti e quello che è peggio, deriso, disprezzato dai propri figli. E’ tremendo! E’ la distruzione di tutto. Come? Come si può sopravvivere? (siede con la te­sta tra le mani. Contemporaneamente, come in lonta­nanza, dal balcone, penetra la voce di Padre Marziano che sta parlando alla T.V.)

Voce t.v          . Mai come adesso la vita ha centuplicato le sue lusin­ghe e le sue tentazioni; ecco perché la famiglia di oggi ha estremo bisogno della guida saggia e cristiana dei genitori. Sì, è molto difficile portare avanti una fami­glia cristiana se ad essa non sappiamo dedicare tutte le nostre cure, tutto il nostro amore, tutta la nostra considerazione. (a questo punto Ferdinando va a met­tere in funzione il suo apparecchio televisivo e resta in ascolto mentre la voce , lentamente dall’esterno si trasferisce all’interno continuando) Il padre,

il «pater familias» ne è il vero responsabile. Sono insomma, igenitori che debbono formare il carattere dei loro fi­glioli. (a questo punto la voce è netta e chiara) Sono essi i responsabili diretti dei loro errori, quali essi siano. Sì, figlioli, perché l’educazione morale e intellet­tuale è il bene più prezioso che un padre, una madre possano lasciare in eredità ai loro figli. In tempi di peccati come oggi, il padre, soprattutto il padre, livella, misura e distribuisce il buon esempio verso la sua donna e i propri figli. Dio lo aiuterà, lo assisterà, lo premierà. (da quando la Voce avrà detto:” In tem­pi di peccato” Ferdinando s’è cominciato ad incam­minare lentamente verso l’uscita dell’ambiente, la prima porta a destra, con profonda espressione di tristezza sul volto, uscendo di scena alla battuta della Voce : « Dio lo aiuterà, lo assisterà, lo premierà. La «Voce» continuerà a parlare a scena vuota) I rapporti morali tra marito e moglie sono il cardine di questo problema. I figli non vogliono sapere le angustie che travagliano l’animo dei loro genitori. Perché il loro carattere si formi in una sana concezione della vita essi debbono vedere sempre sereni e sorridenti i loro genitori. (dal­l’interno si udrà un grido acuto di donna, proveniente dalla strada, e seguito da un gran vocio che, in sottofondo, continuerà sulla Voce t.v. che segue) In questa atmosfera di lieta esistenza potranno, sì, assa­porare il calore della famiglia nel rispetto di Dio. Il

male e il bene dei figli stanno nelle mani dei loro ge­ nitori. Ogni alba può essere pericolosa, cosi’ come ogni tramonto.


Maria               (dall’interno grida) Mamma? Mamma?! (poi irrom­ pe nella scena, dalla prima porta a destra sempre gri­ dando) Mamma?


 Rosa                 (entrando sconvolta seguita da Clementina) Che c’è Ma­-
ria? Che è successo? Parla!


Maria             (agitata, non riesce a parlare, tanto è commossa) Papà, papà, non c’è più. Non c’è  più!

Rosa                    Come non c’è più?

Maria                 (sempre sconvolta) Si è buttato dal balcone della came­ra da letto: è morto. Mio Dio!

Federico            (dalla porta di destra entra agitato) Venite... presto. (Ma­ria, Rosa, Clementina escono in fretta per la porta di destra)

Oberdan Silla         (dalla porta di sinistra) Che succede? 

Federico             Presto... tuo... padre... s’è buttato dal balcone.. (escono tutti e due rapidamente per la torta di destra)

Zi’ Vicenz.         (entra dalla sinistra chiamando al alta voce) ... Dinà... Dinà ... (fa per dirigersi come al solito, verso il balcone, ma scorgendo l’apparecchio televisivo in funzione, fa­cendo presumere d’aver scorto sul piccolo schermo l’im­magine di Padre Marziano che sta parlando, in fretta va a sedersi davanti al televisore puntando l’indice e dice ridendo sguaiatamente) ... Dinà.. Dinà... Dinàaaa! (su tale azione scenica si chiude lentamente il sipario, men­tre dall’interno, misto ad un grande vocio proveniente dalla strada, si udrà il prolungato suono della sirena della Croce Rossa, suono che si concluderà con la completa chiusura del sipario sulle ultime parole di Padre Mar­ziano e cioè: “ Pace, bene e salute a tutti voi fratelli miei: buonasera! “

Fine