Come pomodori in una cruna

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COME POMODORI IN UNA CRUNA

COME POMODORI IN UNA CRUNA

Tragicommedia in 6 quadri

Di

Paolo Mazzarella

Atto unico

Brillante

U(1) – D(1)

Per contatti: Paolo Mazzarella, vicolo Palermo n°3 81100 San Benedetto di Caserta (CE)

e-mail: mazzarella1001@yahoo.it

 

La scena è come divisa in due: la comune è al centro sul fondo; a destra una poltrona e una sedia, o comunque due sedute, simulano un soggiorno con a proscenio un televisore rivolto verso l’interno del palco; a sinistra una serie di cubi fanno da ripiano per la cucina e, più arretrato, un tavolo con due sedie.

Quadro N°1

All’apertura la donna è seduta a destra della scena guardando il televisore. L’audio, altissimo, rimanda le battute di attori di una soap opera. La donna indossa una vestaglia da casa corta e aperta sul davanti. E’ un indumento vistoso, che unito a ciabatte con tacchi, trucco e acconciatura, la rendono goffamente sexy.

Al momento dell’inizio, quando la scena sarà illuminata, sarà immersa nella visione commentando con gesti e voce la scena cui assiste.

Suonano il campanello di casa. Qualche istante di pausa e il campanello suona ancora. La donna di nuovo non sente, perciò ad un terzo squillo segue la voce di un uomo che grida.

U: C’è nessuno? Signora, è in casa? Mi apre la porta?

D: Uh! Un attimo, arrivo. Si alza di scatto e va alla comune.

L’uomo entra con una tuta da operaio e una cassetta degli attrezzi. E’ visibilmente contrariato.

D: Mi scusi tanto. Sa, stavo guardando la TV. Era una scena molto importante, così…

U: …Così si è dimenticata che io stavo fuori dalla porta.

D: Si. Cioè, no. E’ solo che, deve sapere, io sono un’appassionata: quando mi prende una cosa mi isolo, come se stessi in una scatola… in un altro mondo.

U: E devo dire la verità, mentre stavo fuori pure io la immaginavo così: all’altro mondo, dentro una scatola di legno…

D: Di legno?

U: Si, e magari di mogano. Una bella scatola lunga… da poterci stare comodi… distesi.

 

D: Ma che c’entra adesso. La mia era una metafora, la forma di un desiderio.

U: E pura la mia, signora. Pure la mia.

D: Il fatto, vede, è che io sono una romantica.

U: Ha!

D: E’ divertente?

U: No, ridevo per la scena…

D: Ma come? E’ un momento tragico: lui le sta dicendo che non l’ama più!?

U: Si vede che io, invece, non sono romantico.

D: Si vede!

U: Piuttosto, signora, vediamo di stringere?

D: Finisco di vedere qui.

U: E io non ci vedo più!

D: Come sarebbe?

U: Voglio dire che poi si fa buio e io non riesco più  a vedere dove devo mettere le mani. E abbiamo perso solo tempo.

D: Va Be’. Visto che va di fretta. Mi dica.

U: Veramente, signora, è lei che deve dire a me.

D: Mi scusi, io non la conosco nemmeno, cosa vuole che le dica?

U: Non lo so. Vogliamo cominciare con le capitali d’Europa? Oppure facciamo i fiumi del Piemonte? Se no, un argomento a piacere e non se ne parla più!

D: ma che sta dicendo? Io non capisco.

U: E di questo ce ne siamo accorti. Voglio dire, signora, mi dica dove sta il problema. Lei mi ha chiamato perché c’era un problema con il tubo.

D: Io no. Mio marito, forse.

U: suo marito ha un problema con il tubo?!

D: No, che dice? L’avrà chiamata mio marito!?

U: E va bene; mi avrà chiamato suo marito. Ma adesso suo marito in casa non c’è…

D: Ha!

U: E’ divertente.

D: Si. Mio marito non è in casa, e neanche ritorna.

U: Come non torna? E dove va? Vede che torna, torna.

D: Lo so che torna. Ma adesso, dico, ora: è impossibile che torna. Perciò abbiamo tutto il tempo per metterci all’opera e risolvere il problema.

U: Del tubo?

D: Esatto! Venga che le faccio vedere che cosa ho qui sotto. Mi segua, da questa parte. Non faccia il timido, su. Provi a sentire con le mani.

U: Beh, si sente già che umido, bagnato. Forse è meglio se do un’occhiata da vicino.

D: si accomodi, faccia pure.

U: Abbassandosi sotto il cubo che fa da cucina. Ecco qua. Si capisce subito che c’è un problema… e bello grosso pure. Ma è troppo scuro: qua non si vede un tubo. Ha ha ha.

 

D: Che nel frattempo si è girata a guardare la TV, grida. No!

U: Alzandosi di scatto e battendo la testa sotto il ripiano. Ah!

D: Uh, si è fatto male?

U: Mamma mia! Ma che è successo?

D: Lei ha battuto la testa.

U: Io? Lei , ivece, ci è nata così? Ha cacciato quell’urlo.

D: E’ vero. E che stavo guardando la TV e c’era una scena importante: la protagonista stava per baciare il fratello del marito.

U: E lei grida a quel modo?

D: E che ci posso fare. Gliel’ho detto: (insieme) sono romantica! (intanto va a prendere un bicchiere d’acqua con un panno) Venga qui, su, mi faccia vedere.

U: (Proteggendosi dagli schizzi che lei gli butta in faccia) Lasci perdere, non è niente.

D: (Insistendo) Lasci fare, senta a ma; meglio mettere l’acqua fresca, altrimenti le cresce un bombolone.

U: (Togliendole il panno) Poi ci mettiamo pure una graffa e un cornetto e facciamo colazione domani mattina! Caso mai un Bubbone, signora, non un bombolone. Un bubbone!

D: E va be’: bubbone o bombolone. Certo che per essere un idraulico fa troppo il saputello. Mi sembra mio marito.

U: E questo non è buono?

D: Non ho detto questo. Ma se una donna ha davanti un uomo non si aspetta che sia lo stesso uomo che ha davanti tutti i giorni. (Lui la guarda interrogativo) Il concetto è grave. Forse è meglio che rimetta la testa sotto.

U: Forse è meglio che stavolta mi appoggio con la schiena a terra. (Si abbassa supino sotto il ripiano mentre lei ritorna a guardare la TV dandogli la schiena, con i gomiti appoggiati al tavolo) Infatti, da questo punto si riesce a vedere anche meglio. E credo proprio di avere individuato il problema: sta tutto quanto qua dietro (alzandosi e trovandosi col viso all’altezza del sedere di lei). Proverò prima a stringerlo con le mani…

D: Faccia come crede meglio.

U: Poi dovrò tirare fuori l’attrezzatura.

D: (Afferrando la cassetta degli attrezzi che lui ha lasciato sul tavolo e voltandosi di scatto) Oh, tenga. Gliela prendo io!

U: (Colpito in faccia dalla cassetta) Ah! Mamma mia!

D: Mi dispiace, mi dispiace. Non l’ho fatto apposta… volevo darle una mano.

U: Ho visto. Solo che insieme alla mano è arrivata pure tutta la cassetta.

D: Sono mortificata, perché mi ero distratta un’altra volta.

U: (Alzandosi in piedi) un’altra scena importante? Che è successo stavolta? Il marito è scappato con la cugina della moglie? O ha scoperto che madre è in realtà un uomo?

D: (Mentre va a riprendere l’acqua con il panno) Ma allora pure lei lo guarda?

U: Veramente no. Basta già mia moglie.

D: Comunque niente di tutto questo: era solo la pubblicità.

U: Speriamo di non essermi rotto il naso.

D: (Tirandogli il naso) mi lasci guardare. Nooo, niente di rotto! Basterà mettere solo un poco d’acqua fresca e tutto passa. E poi, così, siamo sicuri che non crescerà nessun bubbone.

U: (Infastidito dal panno in faccia) Un bubbone, signora? Sul naso?

D: No? Un bombolone allora? Basta mettersi d’accordo.

U: Esatto, signora. A me pare proprio che non riusciamo a metterci d’accordo in nessun modo. E’ meglio, a questo punto, che prenda la mia roba e me ne vada.

D: Ma no, perché?

U: Tanto in queste condizioni non penso che riusciremo a combinare nulla.

D: Guardi, mi dispiace di tutto quanto, perciò insisto che rimanga. E poi è venuto con la tuta e… l’attrezzatura, non se ne può mica andare senza fare niente?! (Avvicinandosi a lui) facciamo così: adesso lei si siede; io le offro qualcosa da bere, così si rilassa… e magari riesce a fare quello per cui è venuto.

La donna si avvia a prendere una bottiglia ed un bicchierino, mentre l’uomo resta seduto e guarda verso la TV.

U: Forse una cosa da bere è quello che ci vuole. Certo, però, che pure quelli che le scrivono certe cose: come si fa a pensare situazioni così assurde?!

D: (Tornando verso il tavolo) Che c’entra: è solo finzione. Certe cose non accadono nella realtà. E’ per questo che ci piacciono!

U: Tiè! Questo adesso chi è? Il nonno che rea stato rapito dagli alieni? Il fantasma di un amico d’infanzia venuto a vendicarsi?

D: Non lo so. E’ un personaggio nuovo, e bisogna capire che funzione tiene nella storia.

Restano entrambi incantati a guardare la TV, mentre lei versa nel bicchiere che lui regge il contenuto della bottiglia.

U: Ma che è?

D: Zitto, che non si è capito ancora!

U: (Scattando all’indietro) Ma che diavolo?

D: (Accorgendosi di averlo bagnato) Ma che ha combinato?

U: Io?

D: Mannaggia! Bisogna pulire.

U: Basta!

D: (Ancora con il panno) Ma così si leva tutto.

U: (Strappandole il panno di mano) Basta, hai capito? Basta!

D: Ma come?

U: “Ma come” lo dico io. Mi sono stancato: è già la terza volta. E dici che non lo fai apposta.

D: Ti giuro che non volevo.

U: Non volevo, non volevo. Neanche io volevo farla questa stronzata!

D: ma perché dici così? Sta andando un po’ strana ma…

U: Un po’ strana? Se io fossi stato veramente l’idraulico ti avrei già ammazzata. Come tuo marito, ti avviso, non faccio solo perché sarei il primo a essere sospettato!

D: Dai, su, non esagerare: è sempre più complicata la prima volta.

U: (Avviandosi all’uscita) E stai sicura che questa era anche l’ultima!

D: (Gridando verso l’uscita) Non puoi fare così. Lo sai che tutto questo fa bene al rapporto? (Pausa) Mi ascolti? Il 57% delle coppie sposate ritrova l’intesa sessuale perduta proprio attraverso il gioco e il travestimento. Lo sapevi? Tu che fai tanto il sapientone! (Pausa) Lo hanno detto pure a Porta a Porta.

U: (Da fuori) Vaffanculo. Tu e Porta a Porta!

La donna resta da sola in scena. Ripulisce la tavola, poi va verso il televisore e rialza il volume. Si sentono le battute di un film in cui una donna ammazza il marito. Lei guarda interessata, poi spegne la TV e, dopo aver raccolto la cassetta degli attrezzi, si avvia verso l’uscita.

D: Caro, sei di la? Mi dispiace, caro. Vengo per farmi perdonare. Non voglio più litigare con te. Mai più.

Buio.

 Quadro N°2

A buio si sente la sigla del telegiornale e, poi, la voce che annuncia un fatto di cronaca: l’omicidio di un uomo i cui sospetti sono tutti concentrati sulla moglie.

SI accende la luce blu del televisore che illumina l’uomo seduto in poltrona; gradualmente, poi, luci piazzate.

U: (Verso l’esterno) E’ cominciato il telegiornale. (Pausa) Mi senti? E’ ora di pranzo! (Pausa) Allora? Ti ho detto che è ora di pranzo; è già cominciato il telegiornale e io ho fame! (Ancora nessuna risposta) Insomma! Che ti è successo? Sei Morta? Dimmi che sei morta, perlomeno; così hai una buona scusa per non avere ancora preparato il pranzo.

D: (Entrando trafelata) Eccomi, eccomi. E’ subito pronto.

U: Non sei morta, allora?

D: No, ma che morta! Stavo di là.

U: E che c’entra. Tante volte pure se una sta di là può succedere: una scivolata nel bagno, si batte la testa… oppure l’asciugacapelli: cade nell’acqua… quello è un attimo, che ti credi? Non ci vuole mica una vita per morire.

D: Si ma in questo caso te ne saresti accorto subito, perché sarebbe saltata la corrente.

U: E meno male allora! Sai che disdetta: non solo senza pranzo, ma senza neanche il telegiornale.

D: Una vera disgrazia. Per il telegiornale, voglio dire!

U: Ma che mi illudo a fare. Tanto lo so che tu non muori.

D: Già, perché io che sono un angelo non posso morire.

U: No, non è per questo. E, a parte che tu al massimo saresti un angelo caduto, anche tu morirai. In quel senso moriamo tutti.

D: E’ chiaro: oggi a te, domani a me.

U: E’ esattamente quello che volevo dire: che tu non morirai prima di me; non prima di avermi sotterrato.

D: Volesse il cielo! Verrò a piangere sulla tua tomba tutte le domeniche, amore mio.

U: Hai già messo in pratica il tuo piano diabolico: farmi morire di fame.

D: Con te ci vorrebbe troppo tempo. Vieni a tavola che è pronto.

U: (Alzandosi per andare verso la cucina) Ma ti conviene calcolare bene le tue mosse. Sai che gli omicidi in famiglia sono sempre più frequenti? E la polizia si sta specializzando a risolverli. Proprio oggi hanno trovato un uomo ammazzato e tutti i sospetti ricadono appunto sulla moglie.

D: Si vede che non è stata abbastanza brava. Come l’ha ammazzato?

U: Una pugnalata in pieno petto.

D: Classica donna debole. Confesserà comunque.

U: E tu che ne sai?

D: Perché non ha pensato a quello che faceva. Ha agito d’impulso. Si è fatta dominare dalla rabbia che provava verso il marito. E, invece, è la rabbia che va dominata; va covata dentro finchè non diventa rancore, poi, il rancore si trasforma in odio. E l’odio è un veleno che non conosce antidoto. (Mette la pentola a tavola)

U: Come l’amore!?

D: (Versando il cibo nei piatti) Uguale. L’odio ti insegna ad aspettare, a capire che la vendetta non si consuma tutta in una volta, ma si assapora a poco a poco. Per esempio: una piccola quantità di veleno ingerita tutti i giorni non lascia tracce e non uccide, subito. Con il tempo, però, la morte arriva, puntuale e inevitabile. E, soprattutto, senza colpe.

U: (Lasciando di scatto le posate nel piatto) Mi è passato l’appettito.

D: Ma come sei suscettibile!

U: Suscettibile o no, io mi rifiuto di mangiare. A quest’ora, poi! L’orario di pranzo è passato, e così pure la mia fame.

L’uomo si alza e la donna, mortificata, comincia a sparecchiare.

U: Questo è il ringraziamento. Un povero cristo suda, fatica, tira la carretta per portare il pane a casa e quello stesso pane non gli deve neanche essere servito come merita. Ogni uomo ha il suo proprio metabolismo che è come un orologio; e se a quell’orologio si spostano le lancette sai che succede?

D: Che mette l’ora legale?

U: Che mette l’ora legale. No. Succede che l’orologio si sballa: comincia ad andare avanti, e poi va indietro, fino a che non si ferma e addio. E se invece di imbottirti il cervello con le stronzate che vedi alla TV, ogni tanto guardassi un programma istruttivo, culturale, lo sapresti anche tu.

D: Secondo me la stronzata la stai dicendo tu. Ci sono quelli che il tuo benetto orologio lo mettono in continuazione avanti e indietro; quelli che viaggiano sempre… i piloti d’aereo, per esempio.

U: E infatti quella è tutta gente strana, gente che non sta bene.

D: Io, invece, li trovo molto romantici. Come Andy Garcia in quel film dove faceva il pilota di linea e, tra un volo e l’altro, cerca di salvare la moglie dall’alcoolismo.

U: E non ti sei mai chiesta perché lei si alcoolizzava?

D: Non c’è niente da fare, sei sempre lo stesso.

U: Io vorrei che mi spiegassi una buona volta cosa vuol dire: “sei sempre lo stesso”.

D: Come? Stai dicendo che c’è qualcosa che tu non capisci?

U: No. Per capire lo capisco, ma mi pare un’idiozia grossa quanto una casa; un’affermazione che può fare solo un fesso o un bambino di tre anni. E’ come dire che il Sole è caldo o che l’acqua è bagnata. E’ chiaro che io sono sempre lo stesso!

D: E se non avessi le mani impegnate, a questo punto scatterebbe l’applauso per l’acutezza e la profondità del tuo pensiero.

U: Sta a vedere che devo farmi sfottere da una che passa la sua vita davanti alla tv, credendo che tutto quello che vede sia reale. Una che non capisce che pure quegli attori che vede tutti i giorni fare personaggi diversi sono persone che quando tornano a casa sono sempre le stesse, uguali, tutti i giorni della loro vita.

D: Come al solito tu mi fai più scema di quello che sono. Io non parlo della televisione, parlo della vita, dove uno può cambiare, crescere, pensare di avere sbagliato e tornare indietro. Provare a essere diverso, assaporare cose nuove. E poi lo dice pure quel libro che hai tu: ognuno può essere o nessuno o un milione di altri.

U: A parte il fatto che è “Uno, nessuno e centomila”, ti sei confusa ancora una volta.

D: E va be’, mi sono confusa con uno zero in più.

U: No, hai confuso ancora la realtà; perché se invece di leggere solo la copertina, male tra l’altro, avessi letto anche il libro, ti saresti accorta che è un romanzo.

D: E allora?

U: E allora è ancora una volta un’invenzione, una storia di fantasia, proprio come il cinema, la televisione, il teatro. Una cosa creata per il divertimento di chi scrive e, quando va bene, di chi legge o guarda. Non ci sono persone vere, sono solo personaggi che esistono tra l’inizio e la fine. Mettitelo in testa: non è la vita. La vita è un’altra cosa. La vita è questa; è un uomo che torna a casa dopo il lavoro e trova il suo bel telegiornale, e l’unica avventura è sapere se la moglie avrà preparato il suo meritatissimo pranzo oppure no.

D: E adesso dove vai?

U: Esco. Torno per cena, se sarà pronta!

Quadro N°3

La donna è sola in scena. All’apertura della scena si trova seduta davanti al televisore, che però è spento. Dopo aver reclinato la testa all’indietro comincia a mugolare un motivetto (la sigla di Love Boat), poi ride e, alzandosi, canta e si dirige verso il tavolo. La sua camminata è incerta, infatti sul tavolo c’è una bottiglia con un bicchiere; lo riempie e beve tutto d’un sorso. E’ ubriaca o cerca di ubriacarsi, ma con difficoltà visto che non è abituata a bere.

                                                                                                            

D: (cantando) Mare, profumo di mare, con l’amore io voglio giocare. E’ colpa del mare, del cielo e del mare, sento che sto lasciandomi andare. Questo sole che cosa può fare…(beve schifata un lungo sorso dal bicchiere)…(parlando ad un interlocutore assente) Dice che una donna che si è addormentata al sole per otto ore, quando si è svegliata, si è ritrovata gravida…di due gemelli! (facendo il verso) “perché se il sole può fare nascere i vermi dalla carogna di un cane…Signore, avete una figlia voi? No esponetela troppo al sole! Attento, signore, attento… (scatta sull’attenti in posa militare) Sissignore! Obbedisco, signore! (ride) Certo, signore, i panni sono tutti lavati…e stirati, anche! La cena è pronta, signore e sarà servita alle 19 e 00 in punto! (beve) (si sposta verso il televisore e si rivolge allo schermo spento) E tu? Che fai, eh? Non dici niente? Signor giudice, sia messo a verbale che il testimone non risponde perché le sue dichiarazioni potrebbero incriminarlo. ( Si accascia sulla poltrona) Attento, signore, attento: concepire è un bene, ma nel caso di vostra figlia… (pausa) - Gli uomini sono tutti furfanti! Non ti fidare mai degli uomini -. Me lo diceva sempre mio padre. - Non ti pare un controsenso? Anche tu sei un uomo - gli dicevo io. E lui lo sai come rispondeva? – Appunto -. Mi rispondeva. Diceva: - Guarda me, ti sembro onesto… eppure potrei dire di averne fatte tante che sarebbe stato meglio non fossi mai nato -. Ma a me mi pareva un controsenso. Comunque, gli ho dato ragione; ho fatto come mi diceva: non mi sono fidata… di lui, voglio dire! (pensa. beve) Bevo. Come Meg Ryan nel film. (si alza e va verso il tavolo) E aspetto. Lui, poi, entrerà dalla porta, con la divisa blu e le ali attaccate sul petto. Bello, con la cravatta un po’ slacciata, mi verrà vicino e mi toglierà il bicchiere dalla mano. Poi, guardandomi negli occhi, mi dirà che mi ama ed io… riderò… io… piangerò anche… forse… io… io (di scatto verso la TV) che c’entro io? Che cosa posso fare) Gli uomini non si cambiano, e tu lo sai! Quante volte lo hai detto proprio tu? Si fa prima a cambiare uomo che a cambiare un uomo! (pausa) Come? No, no non cambiare discorso… Hai parlato?! Si! Eh, si che hai parlato! Ti ho sentito, sai? E’ inutile che adesso fai finta di niente… uno deve imparare a prendersi le proprie responsabilità! Tu lo hai detto!… e a me mi pare un buon consiglio: “Devo andarmene da questa casa! Devo!” (Pausa perplessa) E tu dici che funziona?… Deve funzionare! Peggio di così… E io mi fido… mi voglio fidare! Tanto… che sei uomo tu? No, appunto! E allora lo faccio… e pace pure all’anima di mio padre.(esce):

Buio.

Quadro n°4

All’apertura della scena il palco è vuoto. L’uomo entra dalla comune al centro; viene da fuori: è vestito ed ha il cappello. Da sotto il cappello si intravede una vistosa fasciatura intorno alla testa. Poco stabile sulle gambe si avvia verso la poltrona davanti alla TV e si siede. Accende la TV e comincia a fare zapping, ma il suo sguardo è rivolto a terra. Dopo poco la donna entra da destra, vestita e con le volige in mano; appena vede l’uomo si ferma, alle sua spalle, e posa le valige a terra.

U: Sei tu?

D: No, è la regina d’Inghilterra! Certo che sono io; chi volevi che fosse?!

U: Volevo dire: stai qua?

D: Più o meno.

U: Che significa “più o meno”? o ci stai o non ci stai. E se mi rispondi vuol dire che ci stai!

D: Per il momento…

U: Stai uscendo?

D: Qualcosa del genere.

U: Insomma, vai di fretta? Torni presto?

D: Ma perché tutte ‘ste domande?

U: E che ne so? Tu fai tutta la misteriosa. Tutte ‘ste domande e ancora non ho capito niente.

D: Perché non c’è niente da capire. Solo non mi aspettavo che fossi già tornato. Tu sei sempre così preciso con i tuoi orari…

U: Ma tu dici sempre che uno deve cambiare, così ho voluto farti una sorpresa.

D: Che carino!

U: Sei contenta?

D: Più che altro mi hai colto alla sprovvista.

U: Comunque se stavi uscendo non fa niente. Ti aspetto.

D: E perché? Se mi devi dire qualche cosa dimmela adesso; dopo… chi lo sa?

U: Che cosa?

D: No, dico, dopo chi sa se non te la dimentichi?

U: Veramente c’è qualcosa. E’ qualcosa che ho in testa da un po’…

D: Il cappello?

U: No, che c’entra? Il cappello, si , ce l’ho in testa, ma questa è una cosa che tengo dentro la testa.

D: Passando sopra a quello che, secondo me, tieni dentro al testa, dicevo: il cappello, com’è che non lo hai tolto?

U: Mi mantiene la testa.

D: Perché? Hai paura che se scappi?

U: ma lascia perdere il cappello! Perché ti interessa così tanto?

D: E’ che non sono abituata a tutte queste novità, tutte insieme poi! La prossima volta avvisami: mi potrebbe venire uno shock!

U: Ha ha ha…

D: Guarda che la mia non era una battuta.

U: Mica rido per la tua battuta; mi hai fatto venire in mente una cosa.

D: Un’altra?

U: ti ho mai parlato del mio amico Annibale?

D: Il chiattone con i capelli rossi…

U: Aveva questo mare di ricci rossi…

D: …ma mica un rosso normale?

U: Noo, erano rosso acceso…(insieme) parevano di fuoco! E poi questa faccia rotonda come un pallone. Se solo lo vedevi ti crepavi dalle risate: sembrava un porcospino in fiamme.

D: Scusa, ma che c’è da ridere in un povero animale che brucia?

U: Perché non ne hai mai visto uno!

D: Perché tu si?

U: Giochi di bambini…

D: E come giocavate? Con la scatola del piccolo serial killer?

U: Comunque, Annibale era uno spasso. Una volta, avremo avuto undici anni…

D: Sei sicuro? Non è che fossero tredici?

U: Hai ragione, avevamo proprio tredici anni.

D: Hai visto?!

U: Portammo Annibale a casa di una vecchia…

D:…che viveva sola…

U:…tutta sola in mezzo alla campagna.

D: ma stava proprio sola ‘sta vecchia?

U: Noo, aveva quattro cani…

D: E basta?

U: e pure dieci gatti.

D: Ah, ecco!

U: Il bello è che vivevano tutti insieme in una sola stanza…

D: Sai che puzza?

U: Una puzza! (insieme) non si poteva respirare! Facemmo entrare solo Annibale…

D: E lui che faccia fece?

U: Fece una faccia… ma te l’ho già raccontato?

D: Noo, è solo che stavo andando…

U: E vabbè, se devi andare… vai.

D: Grazie. Vado prima di là a prendere una cosa. (esce)

U: vai, vai. Io sto qua. (togliendosi il cappello) e chi si muove di qua. Mamma mia.

D: (rientrando e notando la fasciatura) Che hai combinato?

U: Io? Niente. Non mi sono proprio mosso!

D: Alla testa dico. Che cosa hai fatto alla testa?

U: Ah! Niente, un incidente.

D: (avvicinandosi a lui) Come un incidente? Che è successo?

U: Sai che sono uscito e volevo andare al bar? Bene, ho fatto la strada che faccio di solito –io faccio sempre la stessa strada-

D: Non avevo dubbi.

U: Oggi, però, sul marciapiede ho trovato un’impalcatura…

D: Un’impalcatura?

U: Si, quella dei muratori.

D: E là ti è caduto qualcosa in testa?

U: Ma che?! Io proprio per evitare sono andato all’altro marciapiede, quello di fronte.

D: Hai fatto bene.

U: Si, ma pure là… un’altra scena! Sono capitato in mezzo a una rissa.

D: Una rissa?

U: Due tizi che si stavano prendendo a mazzate.

U: E tu ti sei messo in mezzo per dividere e hai avuto una botta in testa!?

U: E mica sono scemo!? Mi sono accostato a uno che stava là per chiedere che cosa succedeva. Mi ha detto che uno dei due era un ladro che aveva scippato la collana a una signora, e l’altro era il marito.

D: Il marito del ladro?

U: Il marito della signora, che aveva acchiappato il ladro.

D: Meno male.

U: Ma il bello è che in mezzo a tutte quelle mazzate la collana non si trovava più.

D: Che peccato.

U: Già, l’ho pensato anch’io: un vero peccato. Infatti, me ne sono andato guardando sempre a terra, per vedere se c’era la collana della signora. Cammina e guarda, guarda e cammina, sono arrivato all’incrocio e non ho visto che il semaforo era rosso.

D: Allora ti hanno investito?

U: Quasi. Mi hanno fatto una suonata di clacson e mi sono fermato giusto in tempo. Però sono arrivato al bar, credimi, ancora tutto sconvolto, così ho pensato di tornarmene a casa.

D: Ma, allora, scusa, come ti sei fatto male?

U: Sono scivolato. Qua, sotto al palazzo: la portiera aveva appena lavato a terra…

D: Ma tu guarda un po’!

U: IL dottore mi ha detto che è una bella botta; che devo stare a riposo; che ho bisogno di cure.

D: (premurosa) E non ti preoccupare. C’è qui la tua mogliettina che si prende cura di te. Facciamo così: io adesso vado di là a mettere a posto un po’ di cose e tu, intanto, ti fai un riposino. Quando torno ti preparo la cena, e alla fine ce ne stiamo tutti e due qui a guardare la televisione. Ti piace così?

U: Si, si mi piace.

D: Adesso riposati però. (esce)

Quadro n°5

L’uomo resta da solo in scena, illuminato soltanto dalla luce blu del televisore. Farfuglia frasi sconnesse mentre la donna esce e si addormenta. Partono suoni indistinti, misti a voci, come a creare un’atmosfera di sogno. Silenzio. Buio. L’uomo ora si trova al centro della scena, in piedi, illuminato da una luce rossa che viene dal basso (probabilmente da dietro la poltrona). Si guarda intorno; è chiaramente confuso.

U: E’ permesso?… Scusate, c’è nessuno? (tra se) ma che posto è questo?… (si sente come un piccolo tuono) Chi è?… Oh!?… Dite a me? No, è che pensavo non ci fosse nessuno. Io? Non lo so. Io, veramente, ero a casa mia… mi ero messo sulla poltrona e… ma, scusi, lei chi è? Ah già! Io mi chiamo… e lei come fa a sapere…vabbè, allora vale la pena che ci presentiamo: con chi ho il piacere di parlare?… (ride) Esagerato!… No, non mi fraintenda, non è per mancanza di rispetto ma… è che mi sembra un po’ troppo, ecco! (ride ancora) Penso a mia moglie, sa? Questa la dovrebbe sentire con le sue orecchie; dice sempre che io sono presuntuoso, che mi credo di essere chi sa chi… però io a questi livelli non ci sono mai arrivato. (ride, poi si sente come un tuono forte) E vabbè, non c’è bisogno di arrabbiarsi. Tra l’altro uno non se lo aspetta che all’improvviso si trova davanti a… no, no quale delusione? E’ solo che abbiamo sempre immaginato…, noi esseri umani voglio dire, con tutta quella solennità: la luce bianca abbagliante, le campane, i cori angelici e poi il vecchio dai lunghi capelli bianchi, e la barba ancora più lunga… così uno fa un po’ più fatica a… un momento! Ma, allora, se le cose stanno così vuol dire che io… che sono… No? Quindi questo non è il… il limbo?! Mh… strano, però! Assomiglia tanto al soggiorno di casa mia. Avevo sempre pensato che questa casa fosse un inferno, ma non credevo di esserci andato così vicino! Allora scusate Maestà… cioè no… Santità… neanche… è la prima volta: uno non sa come deve… Ci diamo del tu? Bene. Democratico! Allora, dicevo, se non sono morto, e questo non è il Paradiso, che ci faccio io qui? Dante? Come no! Chi non lo conosce?! “Nel mezzo del cammin di nostra vita…” (tuono) Ho capito: la sai pure tu. (tra se) Democratico, ma incazzoso! No, niente: riflettevo su Dante. Nel Limbo mi pare ce ci fossero i bambini morti senza il battesimo… quelli che non avevano fatto niente né di bene né di male, ma sempre morti erano, e poi mi pare che ci fosse… si, il giudizio delle anime! Grazie. Avevo sette in italiano… Aspetta! Io che c’entro? Non hai detto che sono ancora vivo? Allora quale giudizio? Come? Una seconda possibilità? Ancora con questa storia! No, non ce l’ho con te; c’è già mia moglie che tutti i giorni mi assilla: dice che devo cambiare, devo essere diverso; ogni giorno una novità, una sorpresa. Pensa tu che mi accusa di essere sempre lo stesso! Capisci? Ascolta: non faccio per contraddirti –figuriamoci, non mi permetterei mai!- ma io davvero non so perché dovrei cambiare; mi sento bene, sono soddisfatto della mia vita così com’è. Certo ogni tanto… qualcosa non va, ma penso che sia normale… no? E poi, per lo più, è sempre colpa di mia moglie; lei e tutte quelle sue manie sulla televisione, la vita come fosse un telenovela...! … si, si bravo… Andy Garcia e tutte quelle altre stron… scusa: cretinate, già…. Aspetta. Tu come fai a sapere…? Te l’ha raccontato lei? No, no dimmi: è stata lei che ti ha detto che io ho bisogno di cambiare!? Perché io la vedo, sai? Quando si mette lì a pregare, nascosta senza farsi sentire. E’ questo quello che fa! Mi accusa, punta il dito! Chissà quante ne racconta su di me!?… non ti preoccupare, questo è un problema mio! Tu non c’entri… con rispetto parlando… la cosa me la sistemo io! … ma quale errore? Anzi, hai fatto bene a dirmelo!… ora capisco tutto. A questo punto vale la pena che parlo pure io… si. Aspetta… a me non mi vuoi ascoltare? Vabbè, non ho seguito la procedura ma… visto che ci siamo… ascoltami…(tuono fortissimo e buio)

Quadro n°6

L’uomo è abbattuto sulla poltrona illuminato solo dalla luce blu del televisore. Dopo poco la luce piazzata accompagna la voce fuori campo della donna.

D: Caro… spero tu stia riposando bene. Tra poco la tua mogliettina verrà a prendersi cura dite, amore! (pausa. Entra da destra) eccomi qua! Ora, mentre tu continui a rilassarti, io ti preparo una bella cenetta: faccio la carne in scatola con tante verdurine… tagliate sottili sottili sottili, e, visto che hai bisogno di energie, ti preparo anche il primo. Che ne dici? Ho comprato quei piatti pronti che fanno vedere in televisione. Hum… (avvicinandosi a lui)… possiamo farli con i funghi, col prosciutto, con le vongole, con gli asparagi… (vedendo che non risponde) Hops! Stai dormendo? Vabbè, faccio io allora. (prende il telecomando e fa per spegnere il televisore).

U: (afferrandole la mano) Ferma!

D: Oh, scusa! Credevo che stessi dormendo…

U: No. Ma seppure fosse stato ormai…

D: Continua a vedere la TV, allora. Io, intanto, mi metto ai fornelli.

U: Ai fornelli? Per preparare quella roba?

D: Guarda che la pasta bisogna saltarla in padella, mica la puoi mangiare così?!

U: Ah, adesso capisco! Saltata deve essere una vera squisitezza! Avevo pensato che la mangiavamo direttamente dalla busta.

D: Che stupido! Direttamente dalla busta?

U: E invece no…

D: No, assolutamente. Bisogne riscaldarla.

U: Così diventa commestibile!? Certi miracoli fa la scienza!

D: Sono contenta: vedo che non hai perso il tuo spirito. Adesso, però, lasciami andare che altrimenti si fa tardi.

U: No, no, aspetta un poco. Devo chiederti una cosa.

D: A me?… dimmi, che cosa?

U: Prima, quando sono tornato, dove stavi andando?

D: Da nessuna parte. Perché?

U: E tu per andare da nessuna parte andavi così di fretta?

D: E’ che volevo fare una passeggiata… e tornare in tempo per preparare la cena. Ecco tutto.

U: E che? Avevi paura di perdere troppo tempo per aprire la scatoletta?

D: Non capisco perché fai così: se faccio tardi fai scenate; se mi preoccupo di essere pronta in tempo ti metti a fare tutte ‘ste domande…

U: Che c’entra? E’ giusto per sapere. Non capisco perché ti agiti.

D: Non mi sto agitando! Ora posso andare?

U: Aspetta. Un’altra cosa: e prima che facevi?

D: Prima di che?

U: Prima che io tornassi, voglio dire, che cosa hai fatto?

D: (accorgendosi di avere lasciato la bottiglia sul tavolo) Niente. Che vuoi che abbia fatto? Sono stata a casa, come solito… ho guardato la televisione… (si avvia a togliere la bottiglia senza farsi notare)

U: Hmm… e non hai parlato con nessuno?

D: Che?

U: (alzandosi) Dico: hai parlato con qualcuno?

D: E con chi dovevo parlare?

U: Non lo so. Dimmelo tu.

D: Sono stata qui tutto il tempo da sola. Te l’ho detto: a casa, come sempre.

U: Pensaci bene. Magari hai fatto una telefonata, hai scambiato quattro chiacchiere…

D: Vuoi che non mi ricordi se ho parlato con qualcuno?

U: No. E’ proprio il contrario: io voglio che ti ricordi, invece.

D: Si, ma come posso ricordare quello che non ho fatto? Secondo me la botta in testa ti ha fatto proprio male. Stai delirando; è meglio se ti rimetti a sedere.

U: Invece sto benissimo. Non sono mai stato meglio in vita mia. Ora finalmente vedo tutto chiaro. Ora so chi sei e che cosa pensi di me.

D: E quando mai non sei convinto di sapere sempre tutto!?

U: La sfortuna è di avere a che fare con un’ignorante come te, che non capisce niente.

D: Su questo hai ragione; perché se avessi capito qualche cosa ora non starei qui!

U: Staresti a fare la sguattera rimbambita da qualche parte.

D: Perché, qui che faccio? la principessa?

U: E ci mancherebbe! Non hai la classe, ti manca l’eleganza e la cultura.

D: E con te mi manca pure la speranza di averle.

U: Con me ci hai solo acquistato: io ti ho sollevata.

D: No, tu mi hai affossata! Mi hai chiusa in una casa a fare la serva per te; mi hai tolto tutto: l’allegria, la spensieratezza… mi hai tolto l’amore…

U: L’amore? E come vuoi che a un uomo venga la voglia di fare l’amore con una che sta sempre con la testa fra le nuvole, a vivere nel mondo dei sogni e non si nemmeno più di avere un uomo accanto?

D: La tua è soltanto una scusa perché sei impotente.

U: (alzando la mano per darle uno schiaffo) Non ti permettere!…

D: (anticipandolo e schiaffeggiandolo) Vuoi sapere dove stavo andando prima? Via da qua. Ti stavo lasciando.

U: Ha ha ha…

D: (dandogli un altro schiaffo) E vuoi sapere con chi parlavo? Da sola! Anzi no, con il televisore; perché è diventato l’unico modo per fuggire da questa vita di merda!

U: (dopo una pausa) Mi hai fatto male.

D: Pure tu!

U: (ritrovando la calma) Ma che è successo?

D: Non lo so. Ci siamo persi… forse ci siamo troppo abituati… (Pausa)

U: Io, però, non sono impotente!

D: … ma non c’è più desiderio…

U: … e il desiderio è importante…?

D: Ho letto che molte coppie hanno lo stesso problema.

U: E’ per questo che aumentano i divorzi!

D: Si, ma molte lo risolvono.

U: E come?

D: Con il travestimento, per esempio.

U: Travestimento?

D: Si. Si inventano dei personaggi, delle situazioni… si da vita a delle fantasie.

U: E non ti pare che siamo un po’ troppo vecchi per giocare al dottore?

D: Perché, dov’è il problema?

U: Il problema è che stai di nuovo con le fantasie in testa. Adesso ti vorresti pure mettere  a recitare…

D: E che c’è di male? Se la vita non è più stimolante perché non inventarsene un’altra?

U: Non mi pare una buona idea.

D: E invece si. (uscendo entrambi verso destra) Per esempio: potremmo fare che tu sei l’idraulico che viene ad aggiustare il tubo e io, che sto sola in casa, invece…

Buio.