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SECONDA TRACCIA

Come te

                di Mauro Eberspacher


INDICE

Scena 1:   RISVEGLIO – Casa – Un uomo si risveglia da solo nella casa................................................... 4

Scena 2:   ECCO CASA MIA! – Casa. - Danilo e Sara................................................................................ 5

Scena 3:   CHIACCHIERE – Esterno Casa - Marcello e Signora Camilla................................................... 6

Scena 4:   TOH, CHI SI VEDE! – Casa – Marcello e Danilo, poi Sara........................................................ 8

Scena 5:   DOVE POTREI… – Esterno – Marcello e Giampiero............................................................... 10

Scena 6:   A CENA – Casa – Danilo, Sara e Marcello................................................................................ 11

Scena 7:   UN SEGRETO – Casa – Danilo, Signora Camilla, poi Sara...................................................... 16

PASSI NEL BOSCO.................................................................................................................................. 19

Scena 9:   CARLA – CASA – Sara e Carla................................................................................................ 20

Scena 10: ECCOTI! – Casa – Sara, Carla e Marcello.................................................................................. 21

Scena 11: TORNA A CASA! – Casa – Carla e Marcello........................................................................... 22

Scena 12: UNA MANO DA UN’AMICA – Casa – Marcello e Sara......................................................... 25

Scena 13: CHE STATE FACENDO? – Casa – Sara, Marcello e Danilo.................................................... 28

Scena 14: COME VI CONOSCETE? – Casa – Sara e Danilo................................................................... 29

PASSI NEL BOSCO.................................................................................................................................. 31

Scena 15: RESTA, TI PREGO! – Casa – Marcello e Sara.......................................................................... 32

Scena 16: PREFERISCO LA MOKA – Casa – Marcello e Sara................................................................ 33

Scena 17: IL TEMPO DI UN CAFFÈ – Casa – Marcello e Sara............................................................... 35

PASSI NEL BOSCO.................................................................................................................................. 39

Scena 18: FESTA DI PAESE – Esterno piazza addobbata a festa – Marcello e Giampiero, poi Sara....... 40

Scena 19: IL VALZER CON TE – Esterno piazza – Marcello e Sara........................................................ 42

Scena 20: CHI BALLA CON GIAMPIERO? – Esterno piazza – Marcello, Sara, Giampiero e Carla...... 43

Scena 21: CARLA VUOLE E NON VUOLE – Esterno piazza – Marcello, Sara, Carla, Giampiero........ 46

PASSI NEL BOSCO.................................................................................................................................. 47

Scena 22: LA FORESTA DI CARO – Bosco – Marcello, poi Sara........................................................... 48

Scena 23: RISVEGLIO – Casa - Marcello si risveglia da solo nella casa................................................... 51

SIPARIO .................................................................................................................................................... 51

Personaggi.................................................................................................................................................... 52

Tempi       .................................................................................................................................................... 52

Scene       .................................................................................................................................................... 52

Avvertenze................................................................................................................................................... 52


PASSI NEL BOSCO

Nel buio si ode il rumore di un avanzare faticoso in un bosco con respiro pesante, passi nelle foglie marce e rami spezzati.


Scena 1:          RISVEGLIO – Casa – Un uomo si risveglia da solo nella casa.

Casa. Mattino. Un uomo dorme sul divano; all’accensione delle luci (luce del giorno dalla finestra) si sveglia. È vestito,indossa ancora un impermeabile consumato, ha dormito così. Si alza, lascia l’impermeabile sul divano e va in bagno. Scorrere d’acqua e sciacqui. Rientra, raccoglie l’impermeabile ed esce.


Scena 2:          ECCO CASA MIA! – Casa. - Danilo e Sara

Mattino. Tintinnare di chiavi all’esterno, poi rumore di serratura. La porta si apre lasciando entrare Danilo, quarantenne simpatico e vitale, con le mani occupate da una valigia ed un borsa vistosamente piena e pesante

DANILO:       Oh, eccoci! Vieni, entra.

Dopo di lui entra Sara, anche lei con due borse; è una donna snella, attraente, tra i trenta e i quaranta. Si guarda intorno, curiosa.

DANILO:       Beh? Che te ne sembra?

SARA:            Carino. È carino, qui.

DANILO:       Niente lussi, eh, ma si può dire “casa”! C’è tutto, eh: questa è la cucina…a proposito, porto subito dentro la macchina del caffè, scusa un minuto. …quella è la porta del bagno e quella…

Danilo esce e rientra sostenendo una pesante macchina per il caffè espresso che porta in cucina. Intanto Sara, con cautela si è affacciata nel bagno.

DANILO:       (rientrando) Quello è il bagno.

SARA:            Sì, me n’ero accorta.

DANILO:       E quella…

SARA:            …quella?

DANILO:       (l’abbraccia stretta) è la camera da letto…

SARA:            Oh, finalmente: il viaggio m’ha messo sonno…!

DANILO:       (deluso) Sonno?

SARA:            (scoppia a ridere e gli dà una spinta) Ma dài, pensi sempre a una cosa!

DANILO:       E tu no, eh? (riprende in mano valigia e borsa) Beh, mettiamo questa roba in camera, su! Vieni.

Vanno in camera. Le seguenti battute vengono dette fuori scena.

 SARA:           Ma la smetti?

DANILO:       Se non ho nemmeno cominciato!

SARA:            E questa mano, allora?

DANILO:       Che mano?

SARA:            Questa.

DANILO:       Ih! E chi ce l’ha messa? Non è neanche mia!

SARA:            No, dài. E poi ho fame!

DANILO:       Anch’io.

Rientrano.

DANILO:       C’è una trattoria a Villanova, pochi minuti di strada. Roba semplice, ma genuina. Ti piacerà, vedrai.

SARA:            Non c’è problema, mangio tutto, lo sai. Ma…le altre cose?

DANILO:       Le porteremo dentro quando torniamo. Allora? Che te ne sembra di casa mia?

SARA:            (volgendo uno sguardo intorno) Carina. Davvero.

DANILO:       Sarà un po’ impolverata, ma… Dopo pulisco; adesso andiamo, dài. (apre la porta e le dà la precedenza) Vedrai, vedrai…


Scena 3:          CHIACCHIERE – Esterno Casa - Marcello e Signora Camilla

L’uomo della prima scena entra in compagnia di una donna di paese di età avanzata.

CAMILLA:    …capito, sì, che bell’affare? E così s’è ritrovato senza vacca e senza caciotte!

UOMO:           Gli è andata male! Però se l’è cercata, mi sembra: non aveva nessun diritto di…

CAMILLA:    È tutta colpa di Quasselmo: che gli costava a lui di chiudere un occhio?!

UOMO:           Guardi che è pagato per questo; l’avete eletto voi…

CAMILLA:    Pure io l’ho votato. E se sapevo ch’era così filibustiere lo votavo? Ma manco per scherzo!

UOMO:           Rischia parecchio se lascia passare questo genere di abusi.

CAMILLA:    Eh, mo’!  A te ti pare che lo fanno cani e porci e l’unico che ci deve rimettere è il nipote mio?

UOMO:           Va bene, ho capito. Che dire? Mi dispiace per suo nipote, ma mi sa tanto che l’unica cosa da fare è dimenticarsene e pensare ad altro.

CAMILLA:    Una parola! Vabbè. A casa tutti bene?

UOMO:           Bene, grazie. Mio padre, come sa…

Suona il cellulare di Marcello che lo prende, guarda il nome del chiamante e chiude senza rispondere.

CAMILLA:    Che fai, non ci parli col telefono?

UOMO:           No, è…è solo un avviso, niente d’importante. Dicevamo: mio padre sta bene, è solo che vuole essere indipendente ad ogni costo e…

CAMILLA:    E tua sorella?

UOMO:           Virginia?

CAMILLA:    Che se n’è scappata con… con quel…

UOMO:           S’è sposata con Youssef, sì.

CAMILLA:    L’africano, no?

UOMO:           Senegalese.

CAMILLA:    Vabbè, di dov’è, è. Quello che vende i tappeti.

UOMO:           È ingegnere. Qualche mese fa ha trovato lavoro in un’industria in Costa d’avorio, si sono sposati e sono andati lì.

CAMILLA:    Sposati! Se l’è sposato?

UOMO:           Quando due si vogliono bene capita pure questo.

CAMILLA:    E dove sono andati?

UOMO:           In Costa d’avorio.

CAMILLA:    E dove rimane?

UOMO:           In Africa. Non so se ha presente…

CAMILLA:    E brava, e brava…

UOMO:           Comunque, è solo una sistemazione temporanea: appena se ne presenterà l’occasione andranno in Senegal.

CAMILLA:    Ah, ho capito. Alla casa sua, di lui?

UOMO:           Sì: padre, madre, sette fratelli…

CAMILLA:    Sette? Tutti maschi? Grossi come lui?

UOMO:           No, due maschi e cinque femmine, tutti piccoli.

CAMILLA:    E brava Virginia, brava…

UOMO:           Si vogliono molto bene, fanno davvero una bella coppia.

CAMILLA:    Virginia è sempre stata una bella ragazza, eh? Lo dicevo a Giuseppina giusto ieri. E pure lui: alto grosso, forte…Lo diceva pure Serafina che le femmine ci facevano la fila quando che c’era il mercato!

UOMO:           Eh, sì. Comunque è importante che si sappia che è amore vero, tra loro due.

CAMILLA:    Come no?

UOMO:           Senta, piuttosto, signora Camilla, saprebbe dirmi dove posso trovare Giampiero?

CAMILLA:    Eh, quello! Se non sono cantieri sono gonnelle!

UOMO:           Ho bisogno di parlarci, si tratta di un lavoro.

CAMILLA:    Che lavoro?

UOMO:           Come che lavoro. A casa, un lavoro a casa.

CAMILLA:    La casa tua?

UOMO:           Ma naturale!

CAMILLA:    E che lavoro devi fare?

UOMO:           (un tempo) Senta, è una cosa complicata. Ne devo parlare con Giampiero. Se non sa dirmi come trovarlo non fa niente.

CAMILLA:    Eh, no, no, non ti preoccupare. Mo’ mi devo vedere con Rosetta che è la madre del compare suo e lei lo sa di sicuro dove sta.

UOMO:           Ah, bene. Allora, gli può far sapere che mi trova da Peppe nel pomeriggio, diciamo verso le cinque?

CAMILLA:    Riferirò, sta’ tranquillo!

UOMO:           Grazie, signora, sapevo di poter contare su di lei. (le dà la mano) Ora devo andare…

CAMILLA:    Ma figuriamoci, stiamo qui per questo! Quando ti serve qualcosa…

UOMO:           Grazie, lo terrò presente. (allontanandosi) La saluto.

CAMILLA:    Addio! E quando senti tua sorella me la saluti tanto, eh?

UOMO:           Glielo dirò, arrivederci!


Scena 4:          TOH, CHI SI VEDE! – Casa – Marcello e Danilo, poi Sara

L’Uomo entra, accende la luce, attraversa la scena e va in camera da letto; ne riesce turbato. Riassetta il divano, sistema alcune sedie od oggetti sia pur poco fuori posto e dopo un’ultima occhiata generale spegne la luce ed esce.

Voci fuori scena.

DANILO:       Marcello! Che ci fai qui? Che bella sorpresa!

MARCELLO: Ciao, Danilo. Ehm…già, proprio una sorpresa.

DANILO:       Ma dove stai andando? Vieni dentro, dài!

MARCELLO: No, senti, devo andare…

DANILO:       Scappi?

MARCELLO: Va bene, ma solo un momento…Dai qua, t’aiuto.

Entrano. Danilo ha due grandi e pesanti buste della spesa e Marcello ne porta una terza.

DANILO:       Non me l’avevi detto che venivi qui; se l’avessi saputo…

MARCELLO: Ho deciso così, all’ultimo minuto. Portiamo in cucina?

DANILO:       (si dirige in cucina) Sì, vieni.

MARCELLO: (seguendolo) Hai preso parecchia roba.

DANILO:       Ecco, poggia qua. Pensavo di stare qualche giorno, ma adesso, visto che ci sei pure tu…

MARCELLO: (rientra seguito da Danilo) No, no, non mi contare. Sto solo fino a domani e poi vado.

DANILO:       E Carla? T’ha lasciato scappare?

MARCELLO: (dopo una lieve esitazione) Non è venuta, aveva da fare…

DANILO:       Come va a casa? È un po’ che non ci vediamo.

MARCELLO: Va…bene, come vuoi che vada?

DANILO:       I ragazzi?

MARCELLO: L’ultima volta che li ho sentiti stavano benissimo: due parole e poi via; si vede che hanno la testa piena d’altre cose…

DANILO:       Buon segno! Che vorresti, che piangessero al telefono? “Papà, ho tanta nostalgia di casa! Fammi tornare, fammi tornare!”

MARCELLO: No, per carità!

DANILO:       E Carla? Che dice?

MARCELLO: Eh?

DANILO:       Dei ragazzi… (un tempo) Le cose vanno male, eh?

MARCELLO: Di che parli?

DANILO:       Come di che parlo? Con Carla, dico: non va bene, eh?

MARCELLO: Non c’è molto da dire…

DANILO:       Io te l’avevo detto! “Prima o poi fate il botto!” Ed eccoti qua. Mi dispiace solo che… questa situazione sarebbe perfetta, potremmo starcene a chiacchierare un po’, una buona volta… Peccato che non siamo soli.

MARCELLO: Perché, chi c’è? Ah, scusa, non ho pensato subito che, naturalmente, qui non ci vieni mai da solo. Com’è, stavolta?

DANILO:       Ehm…

SARA:            (Entra portando una busta della spesa con evidente sforzo) Danilo…mi daresti una mano? Quanto pesa…!

MARCELLO: (sbalordito) Sara?

SARA:            (congelata) Mar-Marcello…

DANILO:       Non c’è bisogno di presentazioni, a quanto pare.

MARCELLO: (superando la sorpresa, si precipita a toglierle di mano la pesante busta) Dà qua. (la bacia sulle guance) Come stai? È tanto che non ci vediamo.

SARA:            (ricambiando il bacio) Già. Grazie. Madonna, pesava un quintale! (Marcello si dirige in cucina) Mi dispiace, t’aiuto.

MARCELLO: (uscendo in cucina) Lascia stare, faccio da solo.

DANILO:       Non dovevi incollartelo tu, sarei tornato subito. È solo che ho incontrato Marcello e allora…

SARA:            Non mi andava di restare in macchina ad aspettarti e così…

MARCELLO: (rientra) Beh, è il caso che vada.

DANILO:       Ma dove vai? Non resti con noi? Non sei contento di vederci?

MARCELLO: Sì, certo… (a Sara, con imbarazzo) Scusami. Non sapevo che tu… che voi due…

SARA:            (gaia) Io non immaginavo d’incontrarti e così siamo pari!

DANILO:       Ma visto che è successo, mettiamoci comodi, no? Prendo qualcosa da bere.

MARCELLO: No, no, Danilo, lascia stare. Ho da fare in paese. Sto cercando Giampiero per fargli vedere quelle crepe, fuori. E poi ci sono altre cose… Un’altra volta, eh?

DANILO:       A cena t’aspettiamo, però.

MARCELLO: Mmm…no, guarda, non ho idea di come andranno le cose, per cui…

DANILO:       Cucina Sara.

MARCELLO: Cucini tu?

SARA:            Ti fidi?

MARCELLO: Se mi fido? (un tempo) Mi fido di te. In cucina. Quando cucini tu io non ho neanche bisogno di sapere cosa prepari. Sei la cuoca più brava che abbia mai conosciuto.

DANILO:       Caspita! C’è qualcosa che non so, a quanto pare! Allora, sarai dei nostri?

MARCELLO: Senti, davvero, non credo che sia una buona idea…

SARA:            Se te lo chiedo io?

MARCELLO: (guardando prima l’una poi l’altro) Non…non è che faccia differenza, davvero! Ma…magari preferite stare da soli…

DANILO:       (sardonico) A cena?

MARCELLO: A cena non v’importa? Non fa differenza se c’è qualcun altro? (Danilo fa spallucce; poi, con malizia) Ma forse, invece, prima e dopo… (Danilo annuisce)

SARA:            (Sara gli dà una gomitata) Che stronzo! (a Marcello) Non fargli caso, ci dispiacerebbe tanto se non ci fossi.

MARCELLO: Se è così…ci sarò, grazie.

DANILO:       Oh, che bello! Sono davvero contento!

MARCELLO: A che ora…

SARA:            Per le otto e mezza ce la fai?

MARCELLO: Ce la farò.

DANILO:       Bravo. Mentre ceniamo organizziamo le cose per la notte.

MARCELLO: Mmm, poi vediamo. Ora devo scappare, scusatemi, ciao. (Marcello esce)

DANILO:       Ciao! (a Sara) Hai visto le cose, a volte…? Era parecchio che non lo vedevo, sai? (Sara, assorta, annuisce)  Diamoci da fare, adesso, su! (si dirige in cucina)

SARA:            (si riscuote e lo afferra per un braccio) Che intendi fare?

DANILO:       Come “che intendo”…dobbiamo sistemare, no?

SARA:            Non preferiresti prima sistemare in camera da letto?

DANILO:       Ma le buste…

SARA:            (lo prende per le mani e lo tira verso la camera) Dopo, le buste, dopo!

DANILO:       Ci sono i surgelati… (assecondandola) Ma sì, chi se ne frega dei surgelati!

Vanno in camera da letto.

Scena 5:          DOVE POTREI… – Esterno – Marcello e Giampiero

Esterno. Giampiero e Marcello entrano a passo lento.

GIAMPIERO:           Grazie per l’amaro.

MARCELLO: Di niente. Tornando ai lavori di casa mia, l’hai preparato il preventivo?

GIAMPIERO:           Ma, veramente, non m’aspettavo di doverlo preparare così presto.

MARCELLO: Perché, se non ti si dice niente ti servono tre mesi per farlo?

GIAMPIERO:           No, figuriamoci. La cosa è che c’ho avuto un sacco da fare, grazie a Dio, e poi anche che non avevo capito l’urgenza, hai capito?

MARCELLO: Adesso l’hai capita?

GIAMPIERO:           L’ho capita sì!

MARCELLO: Ti serve qualche altra cosa? La casa la conosci, no?

GIAMPIERO:           Ci sono passato proprio l’altro giorno per questo preventivo…

MARCELLO: Allora adesso tocca a te.

GIAMPIERO:           Non ti preoccupare; per domani è pronto.

MARCELLO: Domattina.

GIAMPIERO:           E va bene: domattina, và! Quanto ti fidi poco!

MARCELLO: Mi fido, è solo che se non ti si sta appresso…!

GIAMPIERO:           La pubblicità è l’anima del commercio! Adesso, però, devo tornare al cantiere.

MARCELLO: Va bene, ciao… Ah no, scusa, solo una cosa: sai mica dove potrei trovare da dormire per stanotte?

GIAMPIERO:           A casa tua non ci puoi stare?

MARCELLO: No, sai, è che c’è già Danilo con un amico e ne aspettano altri due per stasera; sarei di troppo e allora è meglio che m’arrangio per conto mio. Inoltre fanno un sacco di baccano e io ho bisogno di svegliarmi presto: sarebbe una rovina. Allora?

GIAMPIERO:           Ma…fammi pensare… Gaetano non c’è, sennò poteva ospitarti lui. Io, mi dispiace, lo sai, c’ho casa piccola piccola e in questi giorni c’ho pure un nipotino che dorme sul divano, perché sennò…! Sta’ a sentire: dopo cena fa’ un salto a casa mia che nel frattempo ti trovo dove andare, va bene?

MARCELLO: Ti ringrazio tanto.

GIAMPIERO:           Ma di che! E…dimmi un po’: com’è stavolta ”l’amico” di tuo fratello? Bionda, bruna…e li raggiungono due amici o due amiche?

MARCELLO: È come t’ho detto. Se dopo li raggiungono delle ragazze non lo so, roba loro. Allora, ci conto?

GIAMPIERO:           Contaci, contaci. Poi magari verso cena faccio un salto a salutarlo, eh?

MARCELLO: Mmm…non mi sembra una grande idea; secondo te è contento se vai lì con gli occhi di fuori e la bava alla bocca?

GIAMPIERO:           Ma sì, scherzavo; ma ti pare che faccio una cosa del genere? Ciao, ci vediamo.

MARCELLO: A stasera.


Scena 6:          A CENA – Casa – Danilo, Sara e Marcello

Casa. Sera. Ora di cena. Il tavolo è stato portato più avanti ed apparecchiato. Siamo al termine della cena.

SARA:            Allora?

DANILO:       (un tempo) Non lo sapevo. Ma adesso che lo so inventerò tutte le occasioni possibili per farti cucinare; chi ci va più al ristorante?

SARA:            Non ci pensare; non mi va affatto di passare la vita in cucina.

DANILO:       Peccato. E tu? Sapevi che è così brava e non m’hai detto mai niente?

MARCELLO: Che dovevo dirti?

DANILO:       Che un’amica tua era capace di cose simili! T’avrei chiesto di presentarmela, subito!

MARCELLO: L’ho fatto. Una volta sola. Poi c’hai pensato da solo…

DANILO:       Ah, magnifico! Brava davvero. Per te ha cucinato spesso?

MARCELLO: Un paio di volte, non di più…

SARA:            Tre,

MARCELLO: Tre? Ah, sì, dimenticavo…tre, tre volte. Ma sai, ci vedevamo fuori, quelle poche volte…

DANILO:       Una donna che cucina così è un peccato lasciarsela sfuggire! (con uno sguardo languido) E io non lascerò che succeda.

SARA:            Adesso che lo so, la prossima volta cucino per qualche sceicco, va!

MARCELLO: Ma lui è ricco!

DANILO:       Ricchissimo!

MARCELLO: Di talento, idee, buone intenzioni… non ti basta?

SARA:            Vabbè, domani fammici la spesa, allora, va!

Ridono

DANILO:       (melodrammatico) Non ti basta il sentimento mio?

SARA:            E vabbè, campiamo di quello!

MARCELLO: D’altronde, se non basta nella Foresta di Caro…

SARA:            Nella che?

MARCELLO: La foresta. Danilo non te ne ha parlato?

DANILO:       Non c’è stata occasione…

SARA:            No. Che mi doveva dire?

DANILO:       Raccontagliela tu, che la racconti meglio.

MARCELLO: C’è una leggenda riguardo il bosco, quello dietro casa. Venendo hai visto i cartelli che indicano la “Foresta di Caro”?

SARA:            Non c’ho fatto caso.

MARCELLO: Il bosco adesso divide questa casa dal paese, che sta dietro la collina, ma una volta era una vera foresta che copriva tutta la valle, risaliva il colle di fronte e finiva sulle rive del fiume. Sono rimasti pochi boschetti, macchie, gruppi d’alberi in mezzo ai campi e alle case, e questo bosco; un sentiero ci passa proprio in mezzo e finisce qui dietro; volendo ci si può andare in paese a piedi; attraversare il bosco con la bella stagione è molto bello.

DANILO:       In macchina ci si mette di meno.

MARCELLO: È chiaro. Una volta però le auto non c’erano. E comunque, nonostante questo la gente preferiva usare la strada, più lunga, che seguiva lo stesso tracciato di quella di oggi, piuttosto di accorciare tagliando per il bosco.

SARA:            E perché?

MARCELLO: Banditi, lupi…

DANILO:       Le solite cose: fattucchiere, gnomi… Hai visto quello del giardino? Ce ne sono altri sei e poi…

SARA:            Smettila. (a Marcello) Vai avanti, non farci caso.

MARCELLO: Sono abituato, non ti preoccupare, lo conosco da (un tempo) prima di te… Ma dov’ero rimasto?

SARA:            La leggenda, il bosco pericoloso…

MARCELLO: Ah, già. Beh, in paese c’è una leggenda che riguarda la foresta. Pare che una volta, chissà, magari nel medioevo, ci fossero due giovani innamorati. Lei era molto bella ed era la figlia di un mercante; lui era il figlio di un maniscalco…

DANILO:       Bastiano e Bastiana.

MARCELLO: Chiunque la racconti usa nomi diversi. Si amavano molto e volevano sposarsi. Ma il padre di lei aveva altri progetti: il Signore del posto, un marchese, un conte, non so, l’aveva vista in chiesa, un giorno, alla messa, e siccome era molto bella, l’aveva chiesta in moglie. Al mercante non pareva vero entrare nelle grazie e nei favori del nobile; al nobile non pareva vero far entrare nelle sue casse semivuote i soldi della dote della figlia del ricco mercante; in più era anche una bella figliola e gli avrebbe scaldato per bene il letto…

DANILO:       Dopo, è chiaro, sarebbe tornato dalle solite concubine…

SARA:            Ma dai, mi guasti l’atmosfera!

DANILO:       Ma no, guarda che quel matrimonio faceva un gran favore anche a loro, perché al duca non gli bastava mai! E tutto il giorno, e tutta la notte…!

SARA:            (tira il tovagliolo a Danilo) Stupido!

MARCELLO: Quel matrimonio faceva comodo a molti. Probabilmente anche al governo della città che all’epoca non era in buoni rapporti con il “Domino”. Tutti erano contenti tranne, ovviamente, i due giovani. Lei cercò in tutti i modi di far cambiare idea al padre, ma ottenne soltanto di vedersi rinchiudere dentro la sua stanza fino alla data del matrimonio, ormai vicina.

DANILO:       Eh, povera cara. Non poteva uscire per fare la pipì, per fare la cacca, per lavarsi…pensa un po’ che fiorellino!

SARA:            Ma te la finisci? Fammi sentire!

MARCELLO: Al ragazzo sembrava d’impazzire: tutti in paese lo tenevano d’occhio nel timore che facesse qualche pazzia e forse aveva anche dei progetti. Ma non ce ne fu il tempo. La ragazza fuggì. Era di notte, una notte nuvolosa che copriva la luna. Nel buio più fitto aveva aperto la finestra, si era calata con le lenzuola annodate ed era fuggita nella foresta. La notizia si propagò in un lampo: la foresta era davvero considerata pericolosa e tutti presero mazze, bastoni, zappe, quel che c’era e partirono con le lanterne alla ricerca della giovane disperata. Chiamarono, gridarono, girarono per ore alla sua ricerca, ma non riuscirono a trovarla. Non si può immaginare ritorno più triste di quello del padre disperato; lui avrebbe voluto continuare, ma lo convinsero a rinunciare e aspettare le prime luci dell’alba per riprendere.

DANILO:       Capirai: gli era sfumato un affaruccio di niente! (Sara brandisce un coltello e Danilo zittisce alzando le mani in segno di resa)

MARCELLO: Uno solo non s’era arreso.

SARA:            Lui.

MARCELLO: Sì, il ragazzo continuò da solo, girando senza meta, guidato solo dall’angoscia che sentiva dentro di sé. Quando già i paesani dormivano tutti, lui ancora camminava e cercava e chiamava, con la voce rauca, il fiato grosso, le gambe pesanti… Infine cadde in terra, esausto. Dopo un po’ che giaceva si sentì carezzare leggero leggero e gli parve di sentire una voce che gli diceva: “Caro. Caro.” come era solita fare lei. Alzò la testa a guardare. Le nuvole si erano aperte ed i raggi della Luna illuminavano un cespuglio di alloro accanto al quale si era lasciato andare: era bellissimo, con rami e foglie d’argento; le sue foglie lo sfioravano come se fossero spinte da un soffio di vento, ma l’aria era immobile. Una voce familiare gli parlava, la voce della sua amata.

SARA:            Il cespuglio!

MARCELLO: (annuisce) Lei gli raccontò che dopo aver corso senza meta, si era lasciata andare in quella stessa radura, abbattuta dalla disperazione e dallo sfinimento. Aveva pianto le poche lacrime che le restavano ed aveva invocato ad alta voce di farla finita. Lo spirito del bosco l’udì e le chiese cosa desiderava; lei gli aveva risposto che voleva sparire, non voleva tornare più perché l’unico suo vero desiderio non si sarebbe mai potuto avverare. Lo spirito le chiese di ripeterlo tre volte se voleva che esaudisse i suoi desideri; lei lo fece e lui fece un incantesimo che la trasformò in cespuglio di alloro, questo con cui il ragazzo stava parlando. Durante tutto l’anno sarebbe stato una normale pianta di alloro, tranne che durante la settima luna piena dell’anno, la stessa sotto cui si era trasformata, la stessa che la illuminava in quel momento; allora sotto i suoi raggi sarebbe diventata d’argento e sarebbe stata in grado di sentire con le foglie e parlare con la mente. Scusa un momento. (si riempie d’acqua un bicchiere e beve)

SARA:            Bella, questa favola!

DANILO:       Vero? Poi, ogni volta che la racconta ci mette qualcosa di diverso. La storia si presta.

SARA:            Continui? Lui che fece?

MARCELLO: Povero ragazzo, che avrebbe potuto fare?

DANILO:       Tornare a casa e fare sette figli con la sorella della fidanzata, per esempio.

SARA:            Rompere l’incantesimo, per esempio.

MARCELLO: Non era possibile, l’incantesimo era irreversibile. Non servì a niente piangere, minacciare, supplicare, la donna che amava non sarebbe tornata indietro mai più. Quando i gufi tornarono ai nidi e si annunciò l’arrivo dell’alba, cedette e pregò lo spirito della foresta di farlo restare lì con la sua amata; dovette ripeterlo tre volte, ed infine fu esaudito. Da allora in quella radura sperduta nel bosco si possono incontrare due cespugli di alloro con i rami intrecciati; quando c’è la settima luna piena che li illumina, le loro foglie si colorano d’oro e d’argento. Ma nessuno ha mai trovato quella piccola radura. Quando è epoca, e più o meno ci siamo, viene gente a cercare i due cespugli, anche da fuori, sai? Ogni tanto qualcuno dice di averli visti, ma in realtà…(fa un gesto d’inconsistenza)

Pausa.

DANILO:       Bella storia, eh?

SARA:            Non aveva avuto la forza di aspettarlo.

MARCELLO: Perché avrebbe dovuto? Probabilmente le avevano detto qualcosa per scoraggiare il suo sentimento: che l’aveva dimenticata, che aveva trovato un’altra, che parlava male di lei, chissà!

SARA:            Se l’avesse amato davvero non avrebbe mai creduto a niente del genere.

MARCELLO: …a meno che non l’avesse letto nei suoi occhi.

DANILO:       …a meno che non l’avesse letto sul giornale dei pettegolezzi con i paparazzi che lo avevano beccato nudo su una spiaggia tropicale con una famosa diva del cinema!

MARCELLO: (Marcello ride piano scuotendo la testa) Sei senza speranza.

DANILO:       Chissà in che cespuglio mi trasformerei, io.

SARA:            Saresti una pianta molto, molto prosaica!

DANILO:       Siamo passati ai complimenti! Che ne pensate di un caffè?

SARA:            Per me va bene.

MARCELLO: Anche per me.

DANILO:       Faccio in un attimo. Ho portato la macchina espresso! (esce)

Pausa.

MARCELLO: Sei…ti trovi bene,qui?

SARA:            Sì, è carina, la casa.

MARCELLO: Beh…

Pausa

SARA:            Ci capiti spesso?

MARCELLO: Quasi mai. (un tempo, poi, incerto) Mi dispiace di essere capitato proprio…

SARA:            Perché? È casa vostra. Voglio dire: non è anche tua?

MARCELLO: Sì, certo… (pausa, la guarda, poi con altro tono) Scusami.

SARA:            (abbassa gli occhi, poi piano) Non mi devi delle scuse.

MARCELLO: Non t’ho più cercata.

SARA:            L’avevi già fatto abbastanza. È normale che rinunciassi, alla fine.

MARCELLO: Avrei dovuto insistere, spiegare, dare modo anche a te di farlo…

SARA:            Lascia stare. (lo guarda) Sono io dalla parte del torto; ho alzato il muro senza dirti niente. Ho inventato mille scuse. Sono stata io a mettere la distanza, non tu e perciò…

MARCELLO: Sono rimasto fuori. Senza sapere perché.

SARA:            Io…

Danilo rientra con un piccolo vassoio con tre tazzine da caffè. Le sue prime parole sono dette fuori scena.

DANILO:       Eccomi qua! Fatto! Visto che velocità? E sentirete: meglio che al bar!

MARCELLO: Speriamo che non sia troppo forte, sennò chi dorme stanotte?

DANILO:       Eh, già! (guardando con Sara con intenzione) Chi dorme?

SARA:            Per cominciare: io.

MARCELLO: (un tempo) Comunque, a pensarci bene, meglio così. Se non sto sveglio sbaglio le carte.

DANILO:       Che carte?

MARCELLO: Giampiero! Giampiero m’ha invitato ad andare a giocare con lui.

DANILO:       E dove?

MARCELLO: Da certi amici suoi. Anzi è già tardi e così…

DANILO:       Non resti qui, stanotte?

MARCELLO: No, penso di no. Farò tardi…forse neanche dormirò, per cui…

SARA:            Davvero, rimani. Non è perché ci sono io che…?

MARCELLO: Che c’entra? Te l’ho detto…

SARA:            (a Danilo) E tu? Lo lasci andar via così? Non insisti?

DANILO:       Ma…se ha da fare…!

MARCELLO: (si alza) Ecco, appunto. Grazie, Sara, è stata una cena fantastica, (si reca a stringerle la mano)  semplice e raffinata; è raro avere…occasioni come questa. (esegue un rapido baciamano, seguito dallo sguardo intenso di Sara)

DANILO:       Ehi, ehi, piano!

SARA:            (senza girarsi a guardarlo) Tu, zitto e impara!

MARCELLO: Ognuno ha i suoi modi. Ora scusatemi se non aiuto a sparecchiare, ma…

DANILO:       (alzandosi ed accompagnandolo alla porta) Non ti preoccupare. Mi ha fatto davvero piacere averti a cena. (lo abbraccia) Mi piacerebbe che ricapitasse.

MARCELLO: Anche a me…

Squilla il cellulare di Marcello; lui guarda chi è il chiamante, poi chiude la chiamata.

SARA:            Beh, che fai, non rispondi?

DANILO:       Chi era?

MARCELLO: Nessuno. Era…Giampiero; sarà ansioso di spennarmi.(rivolto ad entrambi) Vedete? Mi aspettano. Buonanotte. (esce)

Sara si è alzata ed ha cominciato a radunare le cose. Danilo le si avvicina.

DANILO:       Ti aiuto.

SARA:            Non c’è bisogno, sono due cose. Bella la leggenda degli innamorati. Non me l’avevi raccontata!

DANILO:       L’avrei fatto, prima o poi…

SARA:            Chi lo sa, se prima o poi… (si accorge che Danilo s’è fermato a guardarla) Che c’è?

DANILO:       Mi piaci tanto, Sara, lo sai.

SARA:            Credo che tu me l’abbia dimostrato.

DANILO:       (le si avvicina) Vorrei tanto dimostrartelo ancora.

SARA:            Pazienza, caro, pazienza solo un minuto. Non posso lasciare le cose così.

DANILO:       Lo capisco. (frivolo, alza le mani uscendo) Se proprio insisti a fare i piatti senza aiuto…non mi resta che andare a guardare le stelle da solo! Mi chiami quando hai fatto, sì? (esce)

 La luce sfuma su Sara che sparecchia la tavola.


Scena 7:          UN SEGRETO – Casa – Danilo, Signora Camilla, poi Sara

Casa. Mattina. Danilo sta in piedi in vestaglia e pantofole a parlare con la Signora Camilla.

CAMILLA:    Eh, e che ci vuole fare! Quello c’ha la testa di marmo e non ci si può far niente.

DANILO:       Che peccato! Si tratta dei nipoti!

CAMILLA:    È famoso, gliel’ho detto! Mi ricordo la povera mamma che lo diceva: ”Sto figlio mio non intende ragione! Solo la sua!”. Perciò non ci si può aspettare niente di meno! La stalla è sua e nessuno ci può mettere mano, pure se crolla!

DANILO:       Insomma: finché non muore, questi ragazzi non lavorano!?

CAMILLA:    E speriamo che Dio se lo porti in gloria!

DANILO:       (ridendo tra sé) Signora! Ma è una cosa orribile quella che dice!

CAMILLA:    Manco per scherzo! Con quello che ha combinato finora c’ha l’Inferno assicurato! Per favorire ‘sti giovani gli si può fare uno sconticino sulla pena, diciamo! L’ha detto pure il parroco!

DANILO:       Pure il parroco?

CAMILLA:    E quello non gli sputa quando passa Don Ciafrocca? Perché è un sant’uomo fa finta di niente, ma se ero io…!

DANILO:       Mi sa che andava diversamente. E Serena, sua sorella, quella col figlio in Germania?

CAMILLA:    Pure quella, povera stella, ogni minuto una preoccupazione. Ma lo sa che gli è successo con la craìna?

DANILO:       E che è la “craìna”?

CAMILLA:    Ma come: la craìna, quella che gli fa le pulizie!

DANILO:       Ah: l’Ucraina, vorrà dire.

CAMILLA:    Ma ditelo come ti pare a lei, sempre quella è. Beh: lo sa che gli ha combinato? Però…deve rimanere qua, fra ‘ste quattro mura che sennò si scatena un putiferio!

DANILO:       Non si preoccupi: sarò una tromba!

CAMILLA:    Ecco, bravo… Una tomba, vuoi dire!?

DANILO:       E io che ho detto?

CAMILLA:    No, m’era sembrato…

SARA:            (proviene dalla camera da letto, in vestaglia) Non mi presenti alla signora?

DANILO:       Ma certo, cara.

CAMILLA:    Uh! E chi è ‘sta bella creatura?

DANILO:       Vero che è bellissima?

SARA:            Ma dài! Così come sono conciata…!

CAMILLA:    (osservandola da capo a piedi) …davvero, davvero…

DANILO:       Posso presentarle Sara? Sara: la signora Camilla. È una vicina, ha l’orto che confina con casa nostra, anche se lei abita in paese. (a Camilla) Siamo anche un po’ parenti, mi pare.

CAMILLA:    E come, no? Povero nonno era cognato del compare del cugino di nonno tuo!

DANILO:       Ecco.

CAMILLA:    (dà la mano a Sara) Piacere, bella.

SARA:            Piacere mio, signora.

CAMILLA:    E bravo, e bravo… Fa piacere che fai vedere questo povero paese a delle belle signorine come lei. Le  piace il paese, cara?

SARA:            Non ho ancora avuto modo di vederlo, ma oggi, forse…

CAMILLA:    E che aspetti a portarla fuori? Mica la vorrai tenere tutto il tempo chiusa dentro casa…? (improvvisamente imbarazzata) Oh, beh…dico…per le belle giornate, insomma… Un’uscita ogni tanto…

DANILO:       Signora, che c’è?

CAMILLA:    No…ecco…pensavo che… (scuotendosi) Insomma, se volete starvene tranquilli tranquilli…

DANILO:       (fingendo perplessità) Non ho proprio capito, sa?

CAMILLA:    (sbotta) Voglio dire: se volete starvene chiusi in casa a fare l’amore, siete liberi di fare come volete! Ecco!

SARA:            Ma…signora!

DANILO:       (dopo un cenno d’intesa con Sara che segue senza capire niente) Ah, ecco, adesso ho capito! Hai visto, Sara? Alla signora Camilla non si può nascondere niente! Ha il fiuto di Miss Marple, altro che! Dobbiamo ammetterlo, non si può girarci intorno. Ebbene, sì, signora, noi due siamo venuti per starcene chiusi in casa a…ha capito benissimo, insomma. Però c’è qualcosa in più che non può aver indovinato perché le mancano alcune informazioni importanti. (misterioso) Si tratta di un segreto; pensa di riuscire a tenerlo per sé?

CAMILLA:    Io? Con me puoi stare sicuro! E figuriamoci se vado a spifferare i segreti della gente, io! Macché!

DANILO:       Bene, allora stia a sentire, a guardare, anzi. Sara, amore, ti dispiacerebbe darmi un momento la mano? No, la sinistra per favore. Ecco, vede? Vede niente?

CAMILLA:    No.

DANILO:       Appunto. Perché io e Sara ci siamo sposati (moto di sorpresa di Camilla), ma di nascosto perché i suoi hanno progettato di darla in sposa ad un arabo che conoscono e che vuole farla entrare nel suo harem. Capirà: ne ha già sei, adesso vuole la settima per completare la settimana!

CAMILLA:    Oh, poverella!

DANILO:       Siccome suo padre ha una pompa di benzina…

SARA:            Che c’ha, mio padre?

DANILO:       Non m’interrompere, cara, sennò non si capisce niente. Già la storia è confusa, eh! Allora, m’ha seguito fin qui? (Camilla annuisce) Dicevo: suo padre ha una pompa di benzina e gli farebbe comodo entrare in affari con l’arabo che c’ha il petrolio! D’altronde pure all’arabo serve avere una pompa per vendere la benzina e così la povera Sara s’è ritrovata a fare da pedina di scambio!

CAMILLA:    Gesù, poverella! Se la sono giocata a carte!

SARA:            …mi ricorda qualcosa…

DANILO:       E così, una notte, l’ho fatta scappare dalla finestra e ci siamo sposati in segreto…

SARA:            Danilo!

DANILO:       … per evitare che il padre, l’arabo, i fratelli dell’arabo e i gesuiti ci trovino ed impediscano la registrazione del matrimonio! Ha capito?

CAMILLA:    Pure i gesuiti?

SARA:            Ma sei matto?

CAMILLA:    Povera figlia, non ti pigliare paura: con me il tuo segreto sta al sicuro. Se serve una mano, i nipoti miei…

SARA:            Non si preoccupi, signora, tanto molto presto ce ne andremo e toglieremo l’imbarazzo.

DANILO:       …presto?

CAMILLA:    In tempo di guerra mi ricordo che mamma mia nascondeva i prigionieri in cima alla stalla…

SARA:            Non servirà la stalla, perché in realtà le cose sono molto più tranquille. (a Danilo) Non te l’ho detto che stamattina presto ho telefonato a mio padre? M’ha detto che s’è accordato con l’arabo, quindi non ci cerca nessuno.

CAMILLA:    E gliel’hai detto che ti sei sposata?

SARA:            (con uno sguardo velenoso a Danilo) No, preferisco dargli la bella notizia quando torniamo.

CAMILLA:    (accorata) Fai bene, figlia mia, così potrai fare una festa di matrimonio come si deve. (a Danilo) Com’è bello quando una storia finisce bene, eh?

DANILO:       (inquieto per gli sguardi infuocati di Sara) Ehm, sì… Questo…questo è quanto. In ogni caso è chiaro che di tutta questa storia meno se ne sa e meglio è.

SARA:            Sì, non dica niente a nessuno. Appena sarà possibile parlarne, per prima lo diremo a lei. Va bene?

CAMILLA:    Non vi date preoccupazione. Sono contenta per voi. Finalmente una bella storia! Sono sempre brutte quelle che si raccontano…!

SARA:            Ma non prima, va bene? Aspetti che glielo diciamo noi.

CAMILLA:    Ma certo, figlia bella, ma certo! (le cade l’occhio sull’orologio) Madonna! Serafina m’aspetta con Giuseppina per il rosario. Ci sta pure Don Ciafrocca, capirai! Devo scappare. Figli belli: che bella storia, che bella storia! (esce di fretta)

Pausa durante la quale Sara, ostile, fissa Danilo che appare in evidente difficoltà.

SARA:            Beh?

DANILO:       Ehm…che c’è?

SARA:            Vai a dire una cosa del genere ad una pettegola come quella?

DANILO:       Mi…mi sono lasciato prendere la mano…Mi dispiace…

SARA:            Sei un cretino, ecco quello che sei!

DANILO:       Beh, adesso non esageriamo.

SARA:            Mi fai fare una figura schifosa! Cosa penseranno di me?

DANILO:       Ma guarda che tanto quella, appena t’ha vista, in testa già s’era fatta il raccontino da fare alle amiche: altro che mille e una notte!

SARA:            (dirigendosi furibonda al bagno) Certo! Mille e uno coglioni!

DANILO:       T’ho chiesto scusa!

SARA:            (dal bagno) Hai tanta fantasia: immagina un po’ dove te le puoi mettere le tue scuse?

DANILO:       Esageri, Sara!

SARA:            No: cerco solo di non vederti e non sentirti!

DANILO:       (seccato) E va bene. Ho sbagliato, ho chiesto scusa e tu non mi vuoi parlare. Va bene. Anch’io ho bisogno di un po’ d’aria, aria buona! Vado in paese. A comprare il giornale! E tu fa’ un po’ quello che ti pare!

Esce sbattendo la porta di casa.


PASSI NEL BOSCO

Scena 9:          CARLA – CASA – Sara e Carla

Suonano alla porta. Sara si stringe nell’accappatoio e va ad aprire.

SARA:            (aprendo) Chi è?

Sara retrocede lasciando campo all’entrata di una donna. È sui quaranta; sarebbe anche bella, ma l’ansia che la sconvolge, con i capelli pettinati sommariamente e l’assenza di trucco che lascia in evidenza le borse sotto gli occhi, le sottrae qualunque avvenenza.

CARLA:         Lei chi è? Ma…io la conosco.

SARA:            (un tempo, poi con un sorriso) Ci conosciamo, sì. Tu devi essere Carla, vero? La moglie di Marcello. (le tende la mano) Sono Sara, ti ricordi? A Pisa…

CARLA:         (fredda, l’oltrepassa senza stringerle la mano) Ah, sì. (un’occhiata in giro) Marcello?

SARA:            (perplessa) Non c’è.

CARLA:         Devo parlarci.

SARA:            (allineandosi alla freddezza dell’altra) Non so dove sia.

CARLA:         Quando torna, allora?

SARA:            Non lo so.

CARLA:         (ironica) Non sappiamo niente, qui! (accennando alla camera da letto) Dovrà pur tornare…a letto.

SARA:            Non dorme qui.

CARLA:         E chi parla di dormire.

SARA:            Cosa insinui?

CARLA:         Io? Insinuare? Insinuare dove? In mezzo a chi? (guarda in giro canticchiando “ed io tra di voi”)

SARA:            Credi che io e lui…

Carla si ferma e la osserva, senza parlare.

SARA:            Sbagli. Non sono qui con Marcello.

CARLA:         (assale Sara in un crescendo di collera) Per chi m’hai preso? Eh? Per chi! Sei pure vigliacca. Dopo aver rubato l’uomo di un’altra non hai il coraggio di ammetterlo. Menti!

SARA:            Non hai capito…

CARLA:         Con lui le moine e con me le bugie? Non m’incanti, bella! Cos’hai fatto, come? Gli hai dato quello che non gli davo io? L’hai convinto che ad una certa età si deve pretendere di più, che le avventure della giovinezza non sono mai finite? Hai un bel personale, si vede benissimo. Gli hai scodinzolato davanti, eh?

SARA:            Basta! (abbassa il tono, gelida) Non serve a niente offendermi, non sono venuta qui con Marcello, ma con Danilo! Con Danilo, sì, e stai solo sprecando fiato e fatica a prendertela con me.

CARLA:         (canzonatoria) Con Danilo, eh? Da un fratello all’altro! Il padre è ancora vivo, non te l’hanno detto?

SARA:            Che c’entra?

CARLA:         Stai facendo il giro turistico della famiglia, non è vero? Non pensare di atterrare sui miei figli, non te lo permetterò.

SARA:            Sei completamente fuori di testa.

CARLA:         Tu lo sei, se credi che ti permetterò di portarmelo via!

SARA:            T’ho detto che Danilo…

CARLA:         Inventane un’altra!


Scena 10: ECCOTI! – Casa – Sara, Carla e Marcello

Suonano alla porta. Sara, scossa, va ad aprire. La porta si apre ed entra Marcello.

SARA:            (invoca) Danilo! (Una volta aperta la porta si ritrae, delusa) Oh!

MARCELLO: No, sono io. (non distingue chi sia dentro casa) Ma hai visite, forse disturbo…

SARA:            No, vieni, vieni. C’è…

CARLA:         Non è Danilo, a quanto pare.

MARCELLO: Ma…chi c’è?

CARLA:         Non riconosce neanche più la mia voce.

MARCELLO: Carla?

SARA:            Sì.

MARCELLO: Ah.

Pausa.

CARLA:         Avanti! Almeno buongiorno potresti dirmelo.

MARCELLO: …buongiorno...

CARLA:         Un bacio, un abbraccio a tua moglie?

MARCELLO: Che ci fai qui?

CARLA:         Allora è vero, sono di troppo!

SARA:            È convinta che siamo venuti qui insieme.

MARCELLO: Non è così. Gliel’hai detto?

SARA:            Non ci crede.

CARLA:         (applaude) Bravi. Bravissimi! E non ho nemmeno dovuto pagare il biglietto!

MARCELLO: Perché sei venuta?

CARLA:         Figurati se sono contenta di farmi tre ore di macchina! Bastava che rispondessi al cellulare e m’avresti fatto risparmiare un sacco di benzina!

MARCELLO: La batteria era scarica e…

CARLA:         Dillo a lei, magari fa finta di crederci!

MARCELLO: Non c’entra niente, lasciala fuori.

CARLA:         Già, ma… (calcando sulla parola) sta qui!

SARA:            Scusate, sono di troppo.

MARCELLO: Dove vai? Non devi sentirti obbligata ad andartene, siamo noi che…

SARA:            Nessun obbligo, fate pure. (esce)


Scena 11: TORNA A CASA! – Casa – Carla e Marcello

Un silenzio.

CARLA:         Spiega!

MARCELLO: Te l’ho detto che me ne andavo.

CARLA:         Di punto in bianco!

MARCELLO: L’ho detto quando ho potuto.

CARLA:         L’hai fatto appena l’hai detto, piuttosto! Non mi hai detto niente prima, chissà da quanto tempo ti preparavi, un piano perfetto per sparire…

MARCELLO: Se fosse stato così, sarei andato via senza parlartene. Non l’ho fatto.

CARLA:         Ti sei vergognato, tutto qui!

MARCELLO: Ma quale vergogna!

CARLA:         Verso di lei, non verso di me; ha preteso che mettessi tutto in chiaro, magari all’ultimo momento prima di partire, così nessuno poteva accusarla di agire del tutto di nascosto. C’era il suo amor proprio da proteggere!

MARCELLO: Sara non c’entra niente, fattene una ragione.

CARLA:         Eh già! Perché un tranquillo padre di famiglia all’improvviso impazzisce e va a vivere sotto i ponti insieme ad una sua “amica” tutta curve incontrata per caso! Non sono mica nata ieri!

MARCELLO: Non vivo sotto un ponte.

CARLA:         Scusa, c’hai la garconnière.

MARCELLO: (un sospiro) E non sono impazzito all’improvviso.

CARLA:         E come, no? Hai messo fuori prima un piede…il giorno dopo una mano…poi un orecchio…un pezzo alla volta, insomma! Te ne sei andato via senza un preavviso, senza darmi il tempo di ragionare, discutere…

MARCELLO: Non c’era niente da discutere.

CARLA:         E chi sei tu per decidere che strada debba prendere la vita degli altri, la mia vita, quella dei tuoi figli! A loro non hai pensato, al loro futuro, all’impatto che questo avrà sulla loro vita?

MARCELLO: Non c’entrano.

CARLA:         Non c’entra quella, non c’entrano loro…e allora prova a spiegarmi chi è che c’entra oltre te!

MARCELLO: Tu, c’entri. C’entriamo io e te. Nessun altro. Non è vero che non ne abbiamo parlato. O meglio: che io non te n’abbia mai parlato. Quante volte ti ho detto che non andava bene questo o quello, che non ero d’accordo su una scelta che avevi fatto a nome di entrambi…quante volte? Non mi hai ascoltato mai. Hai fatto finta di niente. Hai sempre mostrato disprezzo verso le idee di uno scemo accampato a casa tua.

CARLA:         Se avevi qualcosa da dire bastava che parlassi.

MARCELLO: Che ho detto adesso? Adesso! Lo vedi che non ascolti? Come fa a non venirti il dubbio di aver sbagliato…

CARLA:         Vuoi dire che te ne sei andato perché ho deciso di mettere delle tende che ho scelto da sola?

MARCELLO: No. Me ne sono andato perché credi che i nostri problemi siano tutti qui.

CARLA:         (esibendo sopportazione) E allora dimmelo tu quali sono.

MARCELLO: Carla. Ti ricordi niente di quando ci siamo sposati? Cosa ti aspettavi da me? Cosa eri disposta a fare per me?

CARLA:         La prendi alla lontana…

MARCELLO: Puoi immaginare come ci si sente quando verifichi, un’occasione dopo l’altra, un giorno dopo l’altro, quanto sei assente dalla testa dell’altro? Non sono le tende, ma tante tende, una dopo l’altra, senza eccezione.

CARLA:         Che vigliacco! Dovevo prendere da sola tutte le decisioni, non hai mai aperto bocca, era come se tu non esistessi, questa è la verità! E adesso la rigiri per sostenerti, ma non hai niente a cui appigliarti!

MARCELLO: Le arringhe lasciale agli avvocati, quando sarà il turno loro. Non m’illudo, quel tempo verrà. T’ho già spiegato troppe volte che non alzo la voce come fai tu e che questo lo scambi per una mera opinione, un’idea di massima… Verità, hai detto. Vuoi sapere la mia, di verità?

CARLA:         (sprezzante) Verità!

MARCELLO: Non ti amo più, Carla. (un tempo) Non sei nei miei pensieri, non sono preoccupato per te. Non ti desidero più.

CARLA:         È questo. È il sesso che cerchi!

MARCELLO: A quello ho rinunciato da tanto tempo. Mi hai abituato a rinunciarci.

CARLA:         È questo, è questo!

MARCELLO: Naturale che sia anche questo, ma solo come una parte del tutto. Non ho la tua compagnia, non ho il tuo desiderio di avermi accanto…

CARLA:         Tutti stanno così, ed anche peggio, ma tirano avanti lo stesso!

MARCELLO: Non voglio tirare avanti. Sono arrivato quasi al punto di rassegnarmi ad una tranquilla disperazione quotidiana, come tanti. Ma me ne sono accorto in tempo. E sono andato via. Voglio di più.

CARLA:         Secondo te non avrei il diritto di pretendere lo stesso?

MARCELLO: Certo, ma non l’hai voluto con me, e me n’hai dato tante prove.

CARLA:         Ti ho dovuto sopportare anch’io, cosa credi? È la vita insieme che è fatta di queste cose: ci si sopporta, ed è la più grande dimostrazione di affetto che esista!

MARCELLO: Ho sempre cercato di evitare di farti del male. A te non è mai importato di farmene.

CARLA:         Quale male? Il fatto è che sei un egoista e te lo dimostro subito: ad Andrea, a Daniele non hai pensato? A quello che diranno, che proveranno quando lo verranno a sapere?

MARCELLO: Andrea è contentissimo di stare ad Oxford e non sa nemmeno quando sia il mio compleanno e Daniele da Pisa non torna, non telefona per mesi; gli basta avere il suo mensile che poi, con le borse di studio che ottiene, neanche gli serve.

CARLA:         Lo sapranno, si sentiranno morire!

MARCELLO: Lo sanno.

CARLA:         Gliel’hai detto?

MARCELLO: No, l’hanno detto loro a me: “Papà, ma perché te e mamma non fate vite separate? Tanto è già così! Almeno non siete costretti a mangiarvi il fegato un giorno dopo l’altro!”

CARLA:         Non ci credo!

MARCELLO: A quante cose non credi…

CARLA:         Non t’importa di come mi sento? Sono stata abbandonata! Sono sola!

MARCELLO: E qual è la novità? “Era come se io non esistessi”! Ti sei costruita un’immagine di me e adesso ti spaventi perché la vedi diventare reale? Abituati. Per il resto…non m’illudevo che questa mia scelta non t’avrebbe fatto del male e…

CARLA:         …e…?

MARCELLO: Mi dispiace per te. Alla fine dei conti forse abbiamo tirato avanti troppo a lungo e abbiamo bruciato anni preziosi per la vita di ciascuno dei due.

Una pausa.

CARLA:         Non ci ripensi?

MARCELLO: No.

CARLA:         Ti leverò la pelle. Ti scatenerò contro tutto quello che posso. Ti distruggerò. Bada! Hai ancora tempo fino a stasera: se non sarai a casa entro mezzanotte, cambierò la serratura!

MARCELLO: La casa è a nome di entrambi e finché non ci sarà una sentenza tu non puoi agire in modo di escludermi da casa mia.

CARLA:         Allora torni!

MARCELLO: Non ci penso neanche.

Silenzio teso, poi Carla recupera le cose che aveva poggiato in giro e si avvia per uscire. Prima di varcare la soglia si gira.

CARLA:         Ricorda: entro mezzanotte! (esce)

Marcello rimane ritto in mezzo alla scena, guardandosi intorno.


Scena 12: UNA MANO DA UN’AMICA – Casa – Marcello e Sara

Rientra Sara. Non vuole disturbare Marcello, chiuso nei suoi turbamenti. Si avvia in cucina, ma non vi entra; si ferma sulla soglia.

SARA:            Vuoi…un bicchiere d’acqua?

MARCELLO: (sommesso) No, grazie.

SARA:            Non ho potuto fare a meno di sentire le ultime cose che… Cos’è che devi fare entro mezzanotte?

MARCELLO: Tornare a casa.

SARA:            Altrimenti?

MARCELLO: Le suole delle scarpe diventeranno di corteccia…

SARA:            …al posto dell’automobile ti ritroverai un somarello?

MARCELLO: E una foglia al posto delle mutande.

SARA:            Di fico?

MARCELLO: Di rosmarino.

SARA:            (un tempo, poi, divertita) Mi chiami, se succede?

MARCELLO: T’interessa?

SARA:            No. Però…non posso fare a meno di essere curiosa!

Marcello ha un sorriso amaro e poi tace.

SARA:            Vuoi un caffè?

MARCELLO: Non disturbarti, grazie.

SARA:            Nessun disturbo, lo devo fare per me.

MARCELLO: E poi…non mi piace quello della macchina espresso, questa è la verità. Danilo ne è così contento che non oso dirglielo.

SARA:            Mi faccio la moka. Allora? Lo vuoi?

MARCELLO: Sì, grazie.

SARA:            Faccio in un attimo.

Sara va in cucina e Marcello si siede sul divano con un lungo sospiro abbandonando indietro la testa e chiudendo gli occhi.

SARA:            (rientra) Eccomi! Hai visto che rapidità? L’avevo preparata ieri e basta accendere il gas…(si accorge della posa di Marcello; si ferma e gli si avvicina cautamente; a mezza voce) Dormi?

MARCELLO: (senza muoversi, a voce normale) Sì.

SARA:            (c.s.) Allora non ti dispiace se sto cinque minuti seduta vicino a te? Tanto, dormi!

MARCELLO: (c.s.) Tra 45 secondi comincerò a russare. Quarantaquattro, quarantatré…

SARA:            No, per favore, il conto alla rovescia no!

MARCELLO: (c.s.) Perché?

SARA:            Mi fa addormentare…

MARCELLO: E allora?

SARA:            Il caffè rimane sul fuoco.

MARCELLO: (un tempo) Il caffè evapora…

SARA:            …la caffettiera s’infuoca…

MARCELLO: …la guarnizione si brucia…

SARA:            …si butta tutto.

MARCELLO: Niente più caffettiera?

SARA:            Niente più caffè.

Pausa

MARCELLO: (si tira su a sedere con la schiena dritta e gli occhi spalancati) Sono sveglio.

SARA:            Basta poco!

MARCELLO: Il caffè mi sta a cuore.

SARA:            Lui sì, eh? (un sospiro) Lo sapevo che avrebbe funzionato.

MARCELLO: (la guarda, poi) Te lo sei inventata. Niente caffè, eh?

SARA:            No. Lo volevi? Se vuoi vado a farlo; davvero la caffettiera…

MARCELLO: Non fa niente, non serve. Basti tu, la tua compagnia.

SARA:            (un tempo) Come stai?

MARCELLO: …così…

SARA:            Ti ha…turbato.

MARCELLO: (annuisce) Parecchio. Non…non riesco a parlare di queste cose con lei…non riesco ad affrontarla senza… Dopo sto a pezzi, è sempre così.

SARA:            Forse anche lei, non credi?

MARCELLO: Forse. Sì.

SARA:            Ti senti abbattuto per i nervi o per la situazione?

MARCELLO: Un po’ tutt’e due.

SARA:            Hai lasciato casa, eh? Non andava? Litigavate?

MARCELLO: Neanche tanto.

SARA:            E allora, perché…?

MARCELLO: Non c’ero più, non so come altro dirlo. Vivevamo come prima, ma mi sentivo diverso, distaccato; non sentivo più nessuna emozione. Mi domando se ho mai provato davvero qualcosa; forse prima non me ne accorgevo. Ma è mai possibile? Trovarsi a vivere senza significato e non accorgersene? Anzi, proprio come dice lei, magari credere che quella sia la chiave della felicità, restare chiuso in un bozzolo caldo, confortevole di disperazione, centellinandola una goccia alla volta, “tre volte al giorno, dopo i pasti”?

SARA:            Ne hai preso coscienza, così, all’improvviso?

MARCELLO: Non…non so se sia stato d’un tratto, per qualcosa che m’ha svegliato, oppure se avessi maturato il punto di rottura un po’ alla volta fino al suo culmine naturale… Certo, potrei raccontarti qualche episodio in cui, dopo essermi sentito deluso, umiliato, a differenza di prima non ho accettato tutto con la solita pazienza, come se fossero solo le intemperanze di una donna un po’ capricciosa, ma che in fondo in fondo…No: ho sentito offesa la mia dignità, il mio onore…

SARA:            Addirittura!

MARCELLO: Parole grosse, lo so, fuori moda, ma quando provi qualcosa devi avere il coraggio di chiamarlo col suo nome, anche se intorno a te viene sentito un po’ sconveniente. Ci sarebbe da parlare a lungo di questo, di quanto sia giusto un ambiente che schiaccia la natura degli uomini sotto la disapprovazione disgustata dei vicini.

SARA:            E la sua, di dignità?

MARCELLO: L’ha sempre messa al primo posto, l’ha esibita continuamente come una bandiera candida, abbagliante, che il mio disaccordo avrebbe macchiato condannandomi a qualche orribile penitenza in qualche orribile inferno!

SARA:            Non dicevi niente tu, magari per paura dell’inferno?

MARCELLO: Non capivo, credevo che non dicesse sul serio, che fosse un momento di nervosismo – ne aveva in continuazione -, ma che poi, una volta che si fosse ripresa, che si fosse accorta di quello che aveva detto, mi avrebbe chiesto scusa, Vedi, credevo che fosse una persona ragionevole, con i suoi momenti brutti, va bene, ma con un senso di giustizia che non valesse solo nei suoi confronti, a senso unico, ma che le permettesse di dare il giusto peso alla mia compagnia, alla mia presenza, ai miei silenzi…

SARA:            Quindi era il silenzio, la tua risposta? Non pensi da avere una bella responsabilità per aver lasciato che le cose peggiorassero per la tua incapacità di dirgliele, le cose?

MARCELLO: Sì, lo so, questa è una mia colpa.

SARA:            È solo per questo che era così arrabbiata? Non sarà che a suo modo ci teneva a te? A volte ci si vergogna a mostrare i propri sentimenti, sembra di disarmarsi e si finisce per sembrare burberi, spinosi…

MARCELLO: “Bisbetici”, si potrebbe dire?

SARA:            Penso di sì.

MARCELLO: Beh, io questa bisbetica non ho più nessuna voglia di domarla.

SARA:            Devi darle un’occasione.

MARCELLO: Gliele ho già date: cosa credi, che sia la prima volta? Ho dormito in macchina già due volte. Anzi, potrei consigliarti un bel posto: quando ti svegli ti ritrovi davanti un panorama bellissimo.

SARA:            No, grazie.

MARCELLO: Di niente, non si sa mai.

SARA:            Non succederà.

MARCELLO: A me è successo. Posso dirti anche che la mia automobile è tanto comoda a starci seduti, quanto è scomoda a dormirci dentro.

SARA:            Poi sei tornato…

MARCELLO: Sono tornato. Ma è stato inutile. In primo luogo mi ha trattato come un appestato, poi è stata peggio di prima. Tutt’e due le volte. Sempre peggio. Dovevo risarcirla, dovevo pentirmi. Non ho mai sentito dire “colpa” così tante volte da una persona sola.

SARA:            In fondo non aveva tutti i torti…

MARCELLO: Ma che dici?

SARA:            Tu hai la colpa di averle lasciato prendere il comando.

MARCELLO: Ma da che parte stai?

SARA:            Da nessuna. Ti sono amica e voglio che tu sia del tutto cosciente di quello che è successo. Non m’importa che tu sia colpevole o innocente. O meglio: non devo deciderlo io; sei tu che devi saperlo dentro di te, senza fingere.

MARCELLO: Altrimenti?

SARA:            (un tempo) Potrei non volerti più come amico.

Pausa

MARCELLO: È un prezzo alto. (un tempo) Colpevole. D’ingenuità, di stupidità, di non aver davvero voluto una donna come lei. Di non essere stato abbastanza sincero con me stesso prima che con lei, per orgoglio, per la vergogna di riconoscere un errore così grande. Di essermi preoccupato del suo dolore, le rare volte che ho avuto la pallida idea di ribellarmi, del dolore e delle preoccupazioni dei miei, degli amici che ci vedevano come una coppia modello. Di non aver amato abbastanza…(un tempo) me stesso. (tace)

Pausa

SARA:            È questo?

MARCELLO: (si volge a lei) Ho pagato il prezzo? È abbastanza?

SARA:            (guardandolo fisso negli occhi, gli prende una mano tra le sue) Per me…sì.


Scena 13: CHE STATE FACENDO? – Casa – Sara, Marcello e Danilo

La porta di casa si spalanca ed entra Danilo, di schiena, per far passare con cautela un enorme mazzo di fiori di campo.

DANILO:       (ad alta voce, sorridendo) Sara! Sara, vieni a vedere…

Gira lo sguardo e vede i due, che , inchiodati dalla sorpresa, sono rimasti seduti vicini sul divano, mano nella mano. Cambia immediatamente umore.

DANILO:       (secco) Che state facendo?

MARCELLO: In che senso?

DANILO:       Tu e Sara. Che cosa?

MARCELLO: Ma di che parli?

Sara capisce la situazione: si alza dal divano e va incontro a Danilo

SARA:            (preoccupata) Non è come pensi.

DANILO:       Ah no, eh? Trovo la mia ragazza mano nella mano con un altro sul divano…

MARCELLO: Non sono uno qualsiasi.

DANILO:       Saresti mio fratello. Per lei, per me, sei “un altro”.

SARA:            Danilo, Carla è stata qui.

DANILO:       Con questo?

SARA:            C’è stata una scenata; ne stavamo parlando…

DANILO:       Mano nella mano. Eh già: se arrivavo più tardi chissà dove le trovavo, quelle mani!

MARCELLO: Sono andato via da casa. Carla mi ha trovato qui e… Non so come abbia fatto a scovarmi…

DANILO:       Gliel’ho detto io.

MARCELLO: Tu?

DANILO:       Mi ha telefonato ieri pomeriggio; m’ha chiesto se sapevo dov’eri e…

MARCELLO: Perché a cena non me l’hai detto?

DANILO:       Me ne sono scordato, non credevo che fosse importante.

MARCELLO: Era importante. Avresti dovuto dirmelo, me ne sarei andato…

DANILO:       Hai fatto male a non dirmi come stavano le cose. E…a quanto pare (rivolto a Sara) non sei l’unico a non aver detto tutto.

SARA:            A che ti riferisci?

DANILO:       (un tempo) Niente, niente. Devo mettere questi fiori nell’acqua. (va in cucina)

SARA:            (correndogli dietro) Aspetta! Danilo!

Sulla soglia della cucina si volta. Intanto Marcello si è avviato all’uscita.

SARA:            Mi dispiace, scusa.

MARCELLO: Dispiace a me. È meglio che vada. Ciao. Stai bene.

SARA:            Sta’ bene tu.

Marcello esce.


Scena 14: COME VI CONOSCETE? – Casa – Sara e Danilo

Dopo un attimo, Sara si volge alla cucina

SARA:            Danilo, ti prego, non fare così.

Rumore di acqua che scorre, stoviglie.

SARA:            Lascia, avevamo detto che li avrei lavati io. (un tempo mentre i rumori continuano) Dài, rispondimi.

Il rumore dalla cucina continua. Dopo essere rimasta sulla soglia senza dire niente, Sara prende un libro a caso da uno scaffale e siede sul divano cercando di concentrarsi sulla lettura.

Danilo rientra.

DANILO:       (con indifferenza) Dicevi?

SARA:            Che non era il caso di fare così.

DANILO:       Non fare, cosa?

SARA:            Perché non vuoi crederci? Non stavamo facendo niente!

DANILO:       Ah, ma io ci credo!

SARA:            E allora, cos’è quella faccia?

DANILO:       Marcello ha fatto male a non dirmelo.

SARA:            È vero.

DANILO:       Non avrei fatto quell’errore.

SARA:            Nessuno può darti la colpa…

DANILO:       Poi… (un tempo) …non avrei dovuto dubitare di mio fratello…

SARA:            Di me sì, invece?

DANILO:       No, scusa, dài. Non è la stessa cosa, è chiaro. Devo spiegarti io perché?

SARA:            (un tempo) Forse, a questo punto, varrebbe la pena.

DANILO:       Qualunque cosa ci leghi…Ci vogliamo bene da poco tempo e durerà per molto o per poco, non lo sa nessuno. Con lui, invece…

SARA:            Se ti voglio bene da due giorni o da vent’anni può fare differenza? Ti aspetteresti un tradimento più facilmente se stessimo insieme da due ore?

DANILO:       Non è che me lo aspetto, ma ammetterai che una cosa simile da un fratello te l’aspetti meno che da chiunque altro. O no?

SARA:            Ma sì.

Pausa durante la quale Sara sembra sprofondata nella lettura e Danilo manifesta disagio.

DANILO:       Scusa…

SARA:            (senza togliere gli occhi dal libro) Ce l’hai con me?

DANILO:       Mi dispiace di aver reagito a quel modo.

SARA:            Perché, se mi trovavi che stavo facendo la scema con l’idraulico avresti reagito diversamente?

DANILO:       No, ma che c’entra…?

SARA:            Ti dispiace di aver usato quei modi, hai detto. Del fatto di non avermi creduto, invece…

Danilo le si avvicina alle spalle e l’abbraccia.

DANILO:       Nessun perdono?

SARA:            Adesso non fare anche il cretino.

Lui tenta di darle un bacio su una guancia, ma lei si sottrae.

SARA:            Smettila, dài, che sto leggendo.

DANILO:       Va bene, non ti disturbo più. (un tempo) È interessante?

SARA:            Sì, molto.

DANILO:       Caspita! “Manuale di elettronica”. In tedesco. Al rovescio, pure! Mi sorprendi, devo ammetterlo.

Sara si sente in difficoltà. Danilo le si avvicina e tende la mano. Lei, seccata, chiude il libro e glielo consegna.

DANILO:       (mentre ripone il libro, con esagerata disinvoltura) Cara, sarebbe il momento giusto per andare di là a fare l’amore, non credi?

SARA:            (sorride e si porta una mano alla tempia) No, guarda, non me la sento; m’è scoppiato un mal di testa pazzesco. Avrei fame, invece.

DANILO:       (dopo un sospiro esagerato) Ogni tuo desiderio…! Da “Giovanni” o dal “Pescatore”?

SARA:            Con tutta la roba che abbiamo…!

DANILO:       Cerchiamo di star bene; cambiamo aria,  è meglio, su.

SARA:            Ma sì.

Sara si alza stancamente dal divano, si porta davanti a Danilo che l’abbraccia; si guardano, sorridono. Con un braccio sulla spalla lui la guida verso la porta. Escono


PASSI NEL BOSCO

Scena 15: RESTA, TI PREGO! – Casa – Marcello e Sara

Casa. Pomeriggio. Rumore di chiavi alla porta di casa, entra Marcello; si guarda intorno

MARCELLO: (ad alta voce) Ehi! C’è nessuno?

SARA:            (dal bagno) No!

MARCELLO: Allora ripasso quando ci siete!

SARA:            (c.s.) Adesso non posso, sto in bagno!

MARCELLO: (riflette un attimo, poi) Quattro civette rosso di sera, ma la barca va, finché non more il giorno!

SARA:            (c.s.) Sei un tesoro! Io preferirei un caffè! La caffettiera…

MARCELLO: Ma sì, ma sì…

Marcello va in cucina. Dopo un minuto, durante il quale si sentono rumori di cucina, si apre la porta del bagno. Sara e Marcello rientrano contemporaneamente. Sara è in accappatoio e capelli raccolti in una cuffia di plastica.

SARA:            Hai visto la caffettiera…

MARCELLO: Grazie, buongiorno anche a te.

SARA:            Stupido!

Si baciano sulle guance.

MARCELLO: Sei uno splendore.

SARA:            Tu invece sembri uno spaventapasseri, che hai combinato?

MARCELLO: L’idea di tornare così presto in questa casa… Dov’è Danilo?

SARA:            In città. È dovuto andare di corsa a fare qualcosa per vostro padre…ha a che fare con il videoregistratore, non ho capito bene…

MARCELLO: (in difficoltà) Non…non c’è? Il…il videoregistratore, hai detto?(Sara annuisce) Allora vado via subito, non voglio dare il motivo di altre scenate. (si avvia all’uscita)

SARA:            Ah, beh, grazie della considerazione!

MARCELLO: …che vuoi…!

SARA:            So tutto, certo. È tutto chiarissimo. Inoltre ho una stima altissima della tua correttezza, che è perfino esagerata. Questo non toglie che lanciare una battuta galante alla ragazza in deshabillé di tuo fratello sarebbe un gesto apprezzato. Anche se stai fuggendo.

MARCELLO: (imbarazzato) Sì, va bene… (incerto) Che dovrei dire?

SARA:            Ma lascia stare. (va in camera da letto; da fuori) Vai, se devi andare, ma prima mi spegni il fuoco sotto al caffè? Me lo prenderò dopo, da sola. Ciao.

MARCELLO: (riluttante) Va bene, resto per il caffè, ma poi vado via subito. (va in cucina; da fuori) Quando m’hai chiesto di venire, lo sapevi già che Danilo non c’era?

SARA:            (da fuori) Certo che lo sapevo.

MARCELLO: Non ti capisco. Non sei un’incosciente. E non sei neppure una donna…spregiudicata…

SARA:            (c.s.) Forse non sono come credi.

MARCELLO: (affacciandosi) Ma che stai dicendo?

SARA:            (vestita, tornando dentro finendo di sistemarsi il vestito) Fesserie. Lo sai che mi piace scherzare.

MARCELLO: Su questo, però…

SARA:            Su tutto e su tutti. Nessuno può dirmi quello che devo fare. L’ultimo…

MARCELLO: …ha fatto la fine che sappiamo, tra avvocati, giudici e alimenti. Oh, il caffè! (sparisce in cucina; da fuori) Quanto zucchero?

SARA:            Uno!

Sara porta uno sgabello davanti al divano e ci si siede in attesa.


Scena 16: PREFERISCO LA MOKA – Casa – Marcello e Sara

Marcello entra con un piccolo vassoio su cui sono due tazzine di caffè.

MARCELLO: Scusa, ma, sai, non abbiamo un tavolino per appoggiare… (vede lo sgabello) Oh! Hai trovato la maniera. Brava, non c’aveva pensato nessuno!

SARA:            Non è che ci volesse molto.

Marcello poggia il vassoio sullo sgabello, porge una tazzina a Sara, poi prende l’altra per sé e si siede.

MARCELLO: Questo è il tuo. Salute!

SARA:            Grazie. (rimane un tempo) Come ti senti?

MARCELLO: Meravigliosamente, grazie. Ad un passo dal suicidio, ma…meglio di così…! Ah, piuttosto: volevo domandartelo già ierisera, ma prima m’era sembrato indelicato e poi…me ne sono scordato e basta. Maria Sole?

SARA:            Sta bene, grazie. L’ho lasciata in campagna, dai miei, per qualche giorno.

MARCELLO: Non le manchi?

SARA:            Immagino di sì, poverina, ma c’è anche la cuginetta. Sono molto legate…

MARCELLO: Lo so, la figlia di primo matrimonio di tuo fratello; me l’avevi raccontato.

SARA:            (un tempo) T’ho raccontato molte cose.

MARCELLO: Molte. Di te, di lei, dei tuoi problemi. Tua madre ha risolto i problemi di pressione?

SARA:            Grazie, sì, almeno per ora. Hai una buona memoria.

MARCELLO: A volte.

SARA:            Ma l’argomento era un altro.

MARCELLO: C’era un argomento?

SARA:            T’ho chiesto di venire perché devo farti una domanda.

MARCELLO: Spara.

SARA:            (un tempo, poi, con voce sommessa) Carla era convinta che l’avessi lasciata per causa mia.

MARCELLO: Che domanda è? Ci siamo incontrati per caso!

SARA:            Non era questo che volevo domandarti, ma…perché ne era così convinta?

MARCELLO: (incerto) Lei è sempre convinta di tutto ciò che dice. Qualunque cosa dica. Non capisco perché me lo domandi. Mi dispiace profondamente che ti sia dovuta beccare…

SARA:            No.

MARCELLO: Cosa?

SARA:            (guardando altrove) Voglio dire…è vero? L’hai lasciata per causa mia?

Marcello rimane un momento a guardarla, reprimendo una risposta immediata.

MARCELLO: In parte sì. È stato il tuo coraggio nell’affrontare i problemi del divorzio, la forza con cui hai saputo reagire, la semplicità nel riconoscere i tuoi veri sentimenti… Tutto quello che sentivo nella tua esperienza di vita mi ha aiutato a… a… riconoscermi. Mi sono ritrovato ed ho sentito l’ingiustizia di ciò che vivevo, grazie a te.

SARA:            Quindi, raccontarti la storia del mio divorzio ha causato, in fin dei conti, la tua fuga da casa…

MARCELLO: Non è stata una fuga, Sara, perché ero già lontano, prima di andarmene, prima ancora di prenderne coscienza. Quindi, vedi, non devi sentirti colpevole di nulla. Di nulla, credimi… Guardami, Sara: mi credi?

SARA:            (ne osserva lo sguardo per un attimo, poi riabbassa subito gli occhi) Ti credo, sì.

MARCELLO: Hai pensato che sia successo per quello che ti ho detto, a suo tempo?

SARA:            Che ci sarebbe di strano?

MARCELLO: E tu…tu hai passato queste ore ad arrovellarti nei sensi di colpa convinta che avessi lasciato Carla perché sono stato innamorato di te?

SARA:            Eri stato tu a dirmelo. Ti sembra strano che mi venga un dubbio simile?

MARCELLO: Se fosse stato così mi sarei presentato allora, a caldo, con una valigia in una mano e il mio cuore nell’altra!

SARA:            (un tempo) Che schifo, scusa!

MARCELLO: (sogghigna) Già, hai ragione. Forse sarebbe stata meglio la milza…

SARA:            A Batuffola piace di più il polmone.

MARCELLO: Spiacente: presentarsi col polmone in mano non è elegante.

SARA:            Perché con una spugnetta sanguinolenta invece…!

Ridono entrambi; lui scherza fingendo di strizzarle addosso qualcosa e lei si ritrae strillando inorridita. Vengono interrotti dal suono del cellulare di Marcello. Gli sguardi di entrambi vanno al telefono. Squilli.

Marcello legge il display poi si volge a guardare Sara.

Sara si alza e prende il vassoio con le tazzine.

SARA:            Rispondi. (Marcello esita) Rispondi, dài, non puoi lasciare in sospeso le cose tra di voi, è troppo importante. Avrà bisogno anche lei di sentirsi confortata.

Marcello prende il cellulare. I loro sguardi rimangono incatenati mentre Sara si dirige in cucina.

Sara esce.

Marcello, incerto, osserva il cellulare poi, con un gesto secco, preme un tasto e lo rimette giù.


Scena 17: IL TEMPO DI UN CAFFÈ – Casa – Marcello e Sara

Sara rientra ed osserva Marcello che è rimasto con lo sguardo fisso sul cellulare.

SARA:            Che fai? Pensavo che parlaste…

MARCELLO: Non abbiamo parlato.

SARA:            (corrucciata) Come sarebbe a dire?

MARCELLO: (scrolla le spalle) Ho anch’io una domanda. Ce l’ho da ieri.

SARA:            (cauta) Per me?

MARCELLO: Naturalmente. (un tempo) Sei disposta a darmi una risposta?

SARA:            (esitante, si appoggia ad una sedia) Dipende…

MARCELLO: Che concessione! Certo, più di questo…! (un tempo) A dire il vero, in qualche modo, è una cosa che voglio chiederti da tanto.

SARA:            (si siede sulla sedia, in pizzo, distante da lui) Sentiamo.

MARCELLO: Ad un certo punto hai tagliato i ponti con me… è stato perché t’eri messa con Danilo?

SARA:            (a voce bassa, ma ferma) Stiamo insieme da poco.

MARCELLO: Un altro? Eri…presa da un altro?

SARA:            Che te ne importa? Tra noi non c’era…

MARCELLO: No. Lo so, lo so, non c’era niente, sei sempre stata liberissima da questo punto di vista. Ti chiedo solo se c’è stata una coincidenza, se hai sentito il bisogno di concentrarti su una passione un po’ esclusiva, se volevi sentirti più libera, se…

SARA:            Dev’esserci per forza un motivo? Perché t’importa? Eravamo solo amici.

MARCELLO: All’improvviso sei sparita, ecco perché. (un tempo) Non mi cercavi più. Quando ti chiamavo avevi motivi sempre diversi per non vedermi. D’un tratto le comunicazioni si sono interrotte. Questo senza che ne sapessi niente, senza avvertimenti!

SARA:            Dovevo mettere un annuncio sul giornale?

MARCELLO: Per carità, fatti tuoi, ma… Purtroppo è successo nel momento peggiore, durante la crisi più grave con Carla. Avevo un bisogno disperato di parlare, ragionare. Avevo bisogno di vederti, ma tu non c’eri più.

SARA:            Per forza con me dovevi parlare?

MARCELLO: Non avevo nessun altro così vicino, così…dentro di me. Ho capito il significato letterale di alcune espressioni come “brancolare nel buio” .(gesticola) Hai presente quando uno cade e muove le braccia tentando di acchiappare qualcosa che lo salvi dal vuoto? Sai di che parlo?

SARA:            Sì.

MARCELLO: Quello. È quello, che ho passato io. E tu non c’eri. Così, d’un tratto. Eri sparita. Non sapevo che fare…

SARA:            Mi dispiace.

MARCELLO: Mi sono sentito immensamente solo, abbandonato come un bambino. Lo vuoi sapere? Fino a quel momento non avevo capito che fossi diventata tanto importante per me. Non voglio dire che sono stato male per causa tua, ma…come dire… Prima c’eri. Eri una voce bella, importante. Ti stimavo tanto, sentivo crescere in me qualcosa di positivo, frequentandoti. Poi, è successo tutto insieme: il disastro con Carla, mi giro e tu non ci sei più!

Un silenzio.

SARA:            Questa tua dipendenza…non era un po’ troppo? Un po’ morbosa? Non credo di averti mai dato modo di…

MARCELLO: Lo so, me l’hai detto tante volte, anche prima di quella volta, quando t’ho confessato che  per me era stato molto di più. (un moto di Sara) Va bene, lo so da me! Se volevo ammazzarmi ai tuoi occhi non potevo trovare un modo migliore, ma ormai era già successo, t’eri già allontanata!

SARA:            Bel modo di recuperare.

MARCELLO: Chi ci pensava? Ero convinto che da recuperare non ci fosse proprio niente. Mi sono domandato tante volte il perché del tuo comportamento. Ad un certo punto devo aver detto o fatto qualcosa di sbagliato. O forse ho travisato la nostra conoscenza, fin dal principio…

SARA:            Ecco.

MARCELLO: Non ci credo. (la guarda negli occhi) Sara, perché ti sei tirata indietro? Non sono cieco: sarò stupido, poco sensibile, sarò tutto quello che vuoi, ma sono sicuro che tu provavi qualcosa per me. Magari solo un affetto da amica, un voler bene generico, forse anche qualcosa di più, ma c’era. C’era, Sara, ne sono sicuro!

SARA:            Mi dispiace tanto di non averti aiutato…

MARCELLO: Tutto può finire, non credere, non mi sono mai illuso. Conoscerti è stato tanto bello che non mi sono mai permesso di sperare in qualcosa di più di quel che c’era in quel momento,  quel preciso istante, vivendolo come se fosse insieme presente, futuro e passato. Quando mi sono accorto di quanto fosse importante, di come si chiamava davvero…

SARA:            Le cose davvero importanti non vanno dette due volte.

MARCELLO: Ho cercato di continuare ad esserti amico, solo un grande amico. Mi veniva il mal di testa ogni volta che ti ero vicino, ma mi ostinavo a cacciare indietro l’uomo che annullava la distanza con le braccia protese. Per abbracciarti. Per tenerti con sé. (un tempo) Sono stato molto bravo.

SARA:            Non abbastanza. Non abbastanza.

Un silenzio.

SARA:            Sono mortificata per non esserci stata quando avevi bisogno di me, ma…a volte le cose vanno così, non c’è spiegazione. Non ho capito che il mio appoggio, in quel momento, fosse tanto importante sennò… Chi lo sa, forse mi sarei comportata nello stesso modo. (un tempo) “Bravo”, hai detto? Lo sei stato, ma non abbastanza. Qualcosa avevo intuito, non funzionava come prima. E poi mi sentivo troppo vicina a te, sempre a parlare con te, a passeggiare con te, mi sembrava di riuscire a respirare solo insieme a… Insomma, lo capisci, no? Dovevo prendere le distanze proprio perché la tua compagnia m’era diventata così importante e io non potevo. Avevo già sofferto tanto, Marcello, che non potevo permettermi…

Tace. Marcello si schiarisce la gola, vorrebbe dire qualcosa, ma Sara lo previene.

SARA:            No! Ti prego, fallo per me.

Marcello tace.

SARA:            Com’è andata la telefonata?

MARCELLO: Quale telefonata? Ah, sì. Non c’ho parlato.

SARA:            Come? E perché?

MARCELLO: Non m’andava.

SARA:            Che è successo, hai avuto paura?

MARCELLO: Non avevo voglia di affrontare un’altra volta la sua voce, le sue accuse…lei, insomma.

SARA:            Ma non è giusto! Devi farle sentire che esisti, che hai il coraggio di mostrarti per quello che sei. E ti meravigli che ti abbia sempre trattato come t’ha trattato? Davvero, senti, l’uomo che ammiravo in te non si sarebbe mai comportato in modo così vile!

MARCELLO: Ma perché te la prendi tanto?

SARA:            Perché…perché…non puoi essere così insensibile! Ma non capisci? Dài per scontato che le cose vadano come dici tu e invece se non glielo fai capire continuerà a vederti come t’ha sempre visto e…e…invece no! No!

MARCELLO: Invece sì. (Sara si ferma a guardarlo). È giusto che continui a credermi quello che m’ha sempre creduto; deve continuare a seguire la sua strada. Non voglio darle l’opportunità di cambiare, solo per confondermi, poi. È un’opportunità che le ho già dato. Non l’ha sfruttata. Meglio così.

SARA:            Vuoi che ti creda un vigliacco?

MARCELLO: Tu risponderesti, vero? Parola per parola, insulto per insulto!

SARA:            È chiaro che lo farei!

MARCELLO: E magari vorresti che lo facessi anch’io, che fossi come te! (scandisce) Come te. (Sara tace, colpita) Niente di strano: anch’io vorrei che fossi un po’ più simile a me; probabilmente Carla ha sempre sperato la stessa cosa da parte mia. E invece! Siamo diversi, io e te, lo vedi? Il mio matrimonio, la mia vita, tutto, lo vivo diversamente da te. È uno dei tanti modi per toccare con mano la nostra differenza. Non vedi quanto sono lontani i miei problemi dalla nostra amicizia, da te? Non puoi farmi del male, non temere, non attraverso gli altri. Non tu.

SARA:            Tu, invece?

MARCELLO: (si alza) Io… In cima a tutto ho posto la miglior vita possibile per te e proprio per questo me ne vado e ti prometto che cercherò di non incontrarti ancora. Per quanto dipenderà da me, almeno.

SARA:            Ma…ma dove vai?

MARCELLO: Via, dove sennò?

SARA:            Ma dài, non essere melodrammatico!

MARCELLO: Non hai paura che Danilo torni e ci trovi insieme?

SARA:            Non c’è mica niente di male!

Marcello la fissa un momento, poi si volge per uscire.

SARA:            Aspetta! Non possiamo dimenticare gli equivoci, gli sbagli, tutto quanto?

MARCELLO: Sei arrivata a dire bugie. Forse non sei sincera neanche con te stessa, come vuoi che…

SARA:            Non puoi pretendere così tanto! Io pure ho tanto bisogno di parlare, ma non vuol dire mettersi a nudo, fare a meno di un po’ di pudore!

MARCELLO: Per parlare hai Danilo, tua sorella, chissà quante amiche. Non ti servo. Adesso scusa ma devo andare. (si volge per andare)

SARA:            No!

Sara si slancia e lo abbraccia alle spalle mormorando “No, no, No…”. Lui, lentamente, si gira e scioglie il suo abbraccio.

MARCELLO: (reggendole le mani) Non posso. Volendoti bene, come te ne voglio, ti farei del male, ne sono sicuro. Se non direttamente, attraverso Maria Sole. Perché per me ormai non sarebbe una scappata nella casetta di campagna. Non potrei fermarmi a questo, sarebbe una vita insieme, per sempre. (Sara sta per protestare, ma lui la previene) Lo so, lo so, dici che per te non è così, ma non puoi impedirmi di crederci, non puoi. Quello che sentivo era così forte che t’avrebbe travolta e trascinata con sé; avrebbe spostato tutto dai suoi cardini. Oggi non è più così, ma come possiamo crederlo veramente? E allora? Subito, tutte le persone che hai intorno e che ti vogliono male ne approfitterebbero per saltarti al collo; “chissà da quanto tempo quei due…dev’essere per questo che lei ha fatto così e cosà…”; direbbero cose brutte a tua figlia e farebbero soffrire lei per colpire te. Questo è uno dei motivi per cui non ti dissi niente allora. Adesso, poi, c’è anche Danilo; hai visto, no, come s’è scansato appena ha sentito che tra noi…

SARA:            Che dici? Torna a momenti. È solo questione di…

MARCELLO: (un sospiro) Papà non ha mai avuto un videoregistratore, ha sempre odiato queste cose. Tra di noi è un modo per dire: “Mi tolgo dalla circolazione”.

SARA:            Ma allora…

MARCELLO: Allora già sta male e non voglio fargliene altro.

SARA:            Resta. Glielo spiegherò, capirà…

MARCELLO: Carla si convincerà che è tutta colpa tua…

SARA:            …che siamo solo amici…

MARCELLO: …e te ne convincerai anche tu…

SARA:            …non c’è niente fra noi…

MARCELLO: …Maria Sole sentirà cose terribili su di te…

SARA:            …e non c’è mai stato niente…

MARCELLO: …finirai con l’odiarmi.

Pausa

SARA:            Come potrei?

Marcello sta per rispondere, ma è interrotto dal suono del campanello di casa. Si gira ed apre la porta.

CAMILLA:    Uh, che sorpresa! State qui pure voi?

MARCELLO: Buonasera, signora. Sì, perché?

CAMILLA:    Mi credevo di trovarci Danilo e…(scorge Sara) Ah, ci sta pure la signora!

SARA:            Buonasera.

MARCELLO: Vi conoscete già. Benissimo. Mi trova per caso, stavo uscendo, ma… Posso tornarle utile in qualche modo?

CAMILLA:    No, c’era una cosa che volevo sapere, però… Forse che lo trovo più tardi?

MARCELLO: Può darsi, ma non credo.

CAMILLA:    V’ha già lasciato sola, signora? E voi gliela fate compagnia, sì? Poveretta non conosce nessuno, qua. Oltre che voi, beninteso, mo’.

SARA:            Danilo tornerà presto e…se le occorre qualcosa posso telefonargli di comprarla, tornando.

CAMILLA:    Quanto siete gentile! No, no, non mi serve niente, vi ringrazio. Passavo solo per ricordarvi della festa, al paese. Ci sta la processione, la spaghettata, la musica! Magari le faceva piacere di venirci con Danilo…o con Marcello, come preferite voi!

MARCELLO: Sì, vedi, Sara, dimenticavo di dirti quest’ultima faccenda, la festa. Danilo a queste cose non ci pensa ed ero sicuro che non te l’avrebbe detto. Se vuoi…

SARA:            Non sapevo niente. Vediamo. Se Danilo non sarà troppo stanco…

CAMILLA:    Eh, povero ragazzo, si strapazza tanto! E finisce per lasciare sola una bella sposetta come voi! Mica si fa così! (a Marcello) Per fortuna che ci state voi che venite a farle compagnia…

MARCELLO: Già. Sì. (a Sara) “Sposetta”?

SARA:            Ti spiegherò.

MARCELLO: (a Camilla) Beh…a proposito, se le serve un passaggio sto tornando in paese.

CAMILLA:    Non ci serve. Mo’ viene mio nipote che mi riporta la zappa e poi vengo su con lui.

MARCELLO: V’accompagno fino a casa, allora.

CAMILLA:    Non vi pigliate disturbo. Stavate tanto comodo a fare compagnia alla signora…!

SARA:            Grazie, ma davvero tra poco dovrebbe essere qui Danilo e così…

CAMILLA:    È che mi dispiace di portarvelo via!

SARA:            Per carità. C’eravamo già salutati. (a Marcello, baciandolo sulle guance) Ciao, allora.

MARCELLO: A presto. (alla signora Camilla) Andiamo?

CAMILLA:    Buonasera!

Sara risponde con un cenno. Marcello e Camilla escono dopo un ultimo sguardo di lui.

CAMILLA:    (Da fuori) Vi conoscete bene, allora!

MARCELLO: Mah, caso ha voluto…!

CAMILLA:    Ah sì? Mo’ che ci penso! Devo dire due cosette di corsa a Giuseppina. Ci vediamo stasera, eh? Ciao!

PASSI NEL BOSCO

Scena 18: FESTA DI PAESE – Esterno piazza addobbata a festa – Marcello e Giampiero, poi Sara

Marcello e Giampiero entrano ridendo. Hanno bevuto, ma mentre Giampiero è evidentemente tanto euforico da trovarsi ai limiti della sbronza, Marcello conserva intatta la sua lucidità.

MARCELLO: (ride) Mica male!

GIAMPIERO:           (ride) Hai capito? (facendo un gesto di collegamento fra le cose) La moglie…! La vacca…!

MARCELLO: Troppo forte! Bisognerebbe inventare un premio Nobel per le barzellette! C’è gente che non solo ha la fantasia, ma è così geniale da costruire la storiella in modo tale che tutto il contenuto comico esca fuori, irresistibile!

GIAMPIERO:           Ch’hai detto? A me fa ridere e mi basta!

MARCELLO: Va bene, ma pensa se succedesse davvero! (ride)

GIAMPIERO:           Ah sì? Perché te mica lo sai di Quasselmo e della figlia di Gennaro!

MARCELLO: Cosa?

Giampiero si guarda intorno e poi bisbiglia qualcosa all’orecchio di Marcello.

MARCELLO: E poi? Beh, non vedo cosa… Ma va’! Sul serio?

Marcello guarda interrogativamente Giampiero che annuisce con gravità. Marcello scoppia a ridere.

MARCELLO: Ma è incredibile! Sembra inventata!

GIAMPIERO:           È quello che Quasselmo ha detto alla moglie.

MARCELLO: L’aveva saputo?

GIAMPIERO:           Per forza, lo sapevano pure a Cittanova!

MARCELLO: E lei?

GIAMPIERO:           C’ha dovuto credere.

MARCELLO: Come, “dovuto” !

GIAMPIERO:           Eh, perché lei mica se n’era rimasta a fare la calzetta mentre lui…Ci siamo capiti?

MARCELLO: No!

GIAMPIERO:           Sì!

MARCELLO: Ma questo paese è incredibile, si sa tutto di tutti!

GIAMPIERO:           Tutto di tutti!

MARCELLO: Tutto quello che combinano mogli e mariti…

GIAMPIERO:           …cugini e cugine…

MARCELLO: …generi e nuore…

Dal fondo, alle spalle di Marcello e senza vederli subito, entra Sara che si guardando intorno con curiosità; indossa un vestito vaporoso e romantico.

GIAMPIERO:           (che l’ha scorta, con intenzione) …fratelli e cognate…

MARCELLO: Ma dài, addirittura tra fratelli…!

Sara li ha visti e si avvicina con un sorriso.

SARA:            Ciao!

MARCELLO: Sara! Sei venuta, alla fine!

GIAMPIERO:           ‘Sta bella ragazza è amica tua?

SARA:            (prevenendo le presentazioni di Marcello dà la mano a Giampiero) Ciao, sono Sara.

GIAMPIERO:           (dandole la mano e non lasciandola) Sara sei? E io Giampiero mi chiamo! Se non sei troppo amica sua, che ne dici di fare un giro con me al banco dei vini e conoscerci al chiaro di questa bella luna? È la settima luna, mica una qualunque!

SARA:            Molto romantico, grazie. Ci penserò.

MARCELLO: (interviene a staccare le mani, a Sara) Non farci caso, scusalo, ha la sbronza provolona.

GIAMPIERO:           Ma sincera, però!

SARA:            (ride) C’è un complimento, dentro! Ti ringrazio, ma devo discutere alcune cose con Marcello…

GIAMPIERO:           Io sto sempre qui attorno. Se poi mi cerchi…!

SARA:            Se, poi, forse!

GIAMPIERO:           Vabbè, io vado a farmi un altro giro. Tanto piacere, ero giusto curioso di conoscerti. Statemi bene! (si allontana)

MARCELLO: (a Sara) Scusami!

Con due passi Marcello raggiunge Giampiero e lo trattiene per un braccio.

MARCELLO: Che intendevi dire di fratelli e cognate?

GIAMPIERO:           Io? Che intendevo dire? Quello che dicono un po’ tutti, no?

MARCELLO: Che si dice in giro?

GIAMPIERO:           Marcè, ma non c’è niente di strano, no? Se poi ti vergogni mi ci dedico io a tua cognata! (ride)

MARCELLO: (minaccioso) Lasciala stare, hai capito? Se c’hai i bollori fatti una doccia gelata!

GIAMPIERO:           Eh, mamma mia! E che sarà mai! Ma poi che me ne frega a me! Facci quello che ti pare, a me le femmine non mancano di sicuro! Ecco, guarda là! Scusa se non t’affronto a duello proprio adesso, ma laggiù c’è una bella puledrina che aspetta solo me. Ti saluto!

Giampiero si svincola ed esce.

SARA:            (lo raggiunge preoccupata) Che succede?

MARCELLO: (sforzandosi di sorridere) Niente, niente.

SARA:            Avete discusso!

MARCELLO: Ma no, un dettaglio dei lavori della casa… Ti stai divertendo?

SARA:            Sì.

MARCELLO: Ti piace il paese?

SARA:            Carino! Dev’essere piacevole viverci!

MARCELLO: Se non senti nostalgia per la vita di città…! Ma come sei venuta? (guardando in giro) T’ha portata Danilo?

SARA:            No. Sta riparando il videoregistratore di vostro padre, immagino.

MARCELLO: Vuoi dire che…?

SARA:            Fa un po’ il buffone, ma è un uomo intelligente. Tra noi non è una cosa seria. Non ancora, almeno. Tornerà quando lo chiamerò.

MARCELLO: Ah. (un tempo) E allora? Ti sei fatta dare un passaggio da qualcuno?

SARA:            Sono venuta a piedi, dal sentiero del bosco.

MARCELLO: Davvero? Poteva essere pericoloso!

SARA:            Come, no? Mi mangiavano i lupi…!

MARCELLO: Ti stupravano i briganti!

SARA:            Almeno qualcuno si sarebbe interessato a me.

MARCELLO: Sei ingiusta.

SARA:            Perché? T’è venuta per caso l’idea di venirmi a prendere?

MARCELLO: Credevo che avresti detto di no.

SARA:            Sono stata due ore ad aspettare che venissi a chiedermelo. Per potertelo dire, di no.

MARCELLO: (un tempo, poi, confuso) Non ci capisco niente.

SARA:            Me ne sono accorta.


Scena 19: IL VALZER CON TE – Esterno piazza – Marcello e Sara

L’orchestrina comincia a suonare un famoso valzer.

MARCELLO: Un valzer! Senti?

SARA:            Lo sento.

MARCELLO: Ricordi?

SARA:            Cosa?

MARCELLO: Una volta ti promisi che t’avrei insegnato a ballare il valzer.

SARA:            Tanto tanto tempo fa!

MARCELLO: Potremmo provare adesso.

SARA:            Non sono capace.

MARCELLO: T’insegno io!

SARA:            Sono scoordinata, ti acciaccherei i piedi!

MARCELLO: Ti farò volare, vedrai!

SARA:            Ti farò strillare, vedrai!

MARCELLO: Almeno strillerò a tempo! (si mette in posizione di partenza) Dammi la mano.

SARA:            No, sul serio, che intenzioni hai?

MARCELLO: Le più serie, madamigella. O le più indecenti, se preferisce. La mano.

SARA:            Non te la do.

MARCELLO: Non si può ballare senza! Perché no?

SARA:            A te, la mia mano, non la darò mai.

MARCELLO: Te la restituisco, te lo prometto.

SARA:            (un tempo, guardandolo intensamente) Prometti?

MARCELLO: (con pari intensità) A malincuore. Parola mia.

SARA:            (pone la mano in quella di Marcello) La mia mano, allora, sulla tua parola.

Marcello, con serietà, le poggia l’altra mano sul fianco.

SARA:            Ehi, buono con le mani!

MARCELLO: Stai tranquilla, non succede niente. Devo fare così e tu devi mettermi la mano sulla spalla.

SARA:            Devo proprio?

MARCELLO: Non c’è alternativa.

SARA:            Va bene. Ma tu (minacciosa) non provarti a stringere, capito?

MARCELLO: Per carità, ci tengo alle capacità riproduttive!

SARA:            (burbera, posando la mano sulla spalla di Marcello) Guai a te…

Cominciano a dondolarsi a tempo, con cautela di Marcello e incertezza di Sara. Ad un certo punto Marcello fa una smorfia di dolore. Sara si stacca.

SARA:            Ecco, vedi? Non sono capace, ti riempio solo di calci!

MARCELLO: (massaggiandosi uno stinco) Non è niente…

SARA:            È inutile che insisti, posso solo farti male!

MARCELLO: Più di così non puoi.

Entrambi si fermano fissandosi.

MARCELLO: E poi… (riprende posizione e protende la mano) …ho promesso!

Sara esita un ultimo istante, poi rientra nella posizione di partenza.

Ricominciano a ballare. All’inizio sono duri, maldestri; poi cominciano a sciogliersi, a seguire la musica in maniera più armoniosa, ad eseguire dei movimenti più completi, mentre anche la musica cambia ed il valzer passa dal complessino di paese ad un’autentica orchestra. La coppia, in silhouette contro lo sfondo luminoso, volteggia con eleganza richiamando immagini ottocentesche.

Scena 20: CHI BALLA CON GIAMPIERO? – Esterno piazza – Marcello, Sara, Giampiero e Carla

Le risate sguaiate di un uomo e di una donna evidentemente ubriachi riportano il ballo alla dimensione di paese. A Sara e Marcello si aggiunge una coppia maldestra che ride ad ogni sbaglio, più presi a darsi spinte e a stringersi che a ballare. All’inizio questa coppia si muove mantenendo sempre la donna di spalle. I nuovi arrivati, nel corso di un nuovo movimento scoordinato, urtano Sara e Marcello.

MARCELLO: E state un po’ attenti!

SARA:            Ma…non è quel tuo amico?

MARCELLO: Chi? Ma sì, è Giampiero! E l’altra chi…?

SARA:            Oh!

La nuova coppia si gira e la donna si rivela Carla.

GIAMPIERO:           (ridendo) Oh! Scusami tanto, sai?

MARCELLO: Carla!

CARLA:         Cielo, mio marito! (scoppia a ridere insieme a Giampiero)

GIAMPIERO:           Cielo, (riferendosi a Carla) mia cugina! (ridono più forte)

MARCELLO: Che ci fai qui?

CARLA:         È il paese mio, questo. C’ho i parenti! (ride insieme a Giampiero)

MARCELLO: Sei ubriaca.

GIAMPIERO:           Che “ubriaca”! È “sposata”! (c.s.)

CARLA:         (a Giampiero) Ti sei sbagliato, lo vedi che sei sbronzo? Sono “cugina”, mica “sposata”!  E a chi poi? (c.s.)

MARCELLO: Smettila, farai parlare di te tutto il paese!

CARLA:         E che: solo di te devono parlare? (a Giampiero) Andiamo, bello, facciamoci un altro giro!

Ridendo Carla e Giampiero escono abbracciati. Sara e Marcello restano un momento a guardarli.

SARA:            Si conoscono?

MARCELLO: Sono cugini. Carla è originaria di qui; la conobbi durante la villeggiatura; noi avevamo già la casa che hai visto e lei, come sempre, passava l’estate dai parenti.

SARA:            Ma che combina?

MARCELLO: Che vuoi che combini? Prima di me aveva avuto una storia con Giampiero; ho sempre avuto l’impressione che parte dei nostri problemi derivassero da questo. Ero sempre sotto esame, sempre bocciato.

SARA:            Sospetti che…

MARCELLO: Non me ne frega niente.

SARA:            Vieni, andiamo via, andiamo a fare due passi, è meglio.

MARCELLO: Grazie, sei gentile. Avresti tanti motivi per non farlo. In fondo non t’ho trattata tanto bene.

SARA:            Esistono perfino persone peggiori, non lo sai? Di me, intendo.

MARCELLO: È vero. Andiamo.

Stanno uscendo, ma vengono intercettati dalla signora Camilla con una brocca di plastica in una mano ed una pila di bicchieri di plastica nell’altra.

CAMILLA:    Ah, allora ci siete venuti, alla fine!

SARA:            Buonasera signora.

MARCELLO: ‘Sera.

CAMILLA:    Vi siete decisi, mi fa piacere! Hai fatto bene a portarcela. Ma Danilo? Non è venuto, eh?

SARA:            Non ha fatto in tempo.

CAMILLA:    Ma per fortuna c’avete il cavalier serpente! (gesto di fastidio di Marcello) Ma che sono ‘sti musi lunghi? C’è stata una discussione, per caso?

MARCELLO: Nessuna discussione.

CAMILLA:    (a Sara) No, perché non ti devi vergognare di dirle le cose, con me, sai? ‘Sti maschiacci non capiscono niente, invece tra donne…!

SARA:            Terrò presente.

CAMILLA:    (porgendo la brocca) Tiratevi su, bevete un goccio, và!

SARA:            Cos’è?

CAMILLA:    La Sanguinella di San Cristofaro, che dovrebbe essere sennò!?

SARA:            La che?

MARCELLO: È un vino rosso della zona, un po’ forte…

CAMILLA:    È speciale! Lo fa il nipote di Serenella, quello che c’ha il figlio strano. Che poi, a voi lo posso dire, l’altro giorno gliene ha combinata un’altra! Gliel’aveva detto: sta attento al negozio, che c’hanno la cantina dove vendono il vino loro, no? Quello, invece, se ne viene in casa proprio mentre il padre stava…diciamo…ad aiutare la ragazza delle pulizie a…diciamo…ad aggiustarsi la veste, hai capito? Ma dico io: lo sai che c’hai il figlio scemo…!

SARA:            (ridendo) Dev’essere stato un momento un po’ difficile!

CAMILLA:    Eh no? Voi, piuttosto, ragazzi miei? Fate una bella coppia, però, lo sapete? Per carità, pure con Danilo, però vi ci vedo bene vicini vicini, a voi. (ammiccante) Non è che…?

MARCELLO: Signora, ma che dice? Si rende conto…?

SARA:            (sovrapponendosi a Marcello) Grazie, ma non bevo vino, sono astemia. Dev’essere buonissimo e mi dispiace tanto, mi perdo di sicuro qualcosa di buono, ma non posso proprio.

MARCELLO: Ecco, sì, se prosegue il giro da quella parte mi sembra che non vedano l’ora.

CAMILLA:    C’hai ragione, guarda che faccette sbattute! Capirai: quelli sono Gaetano e Pasquale, due cervi di prima qualità! Mo’ li tiro su con un bel goccetto, povere stelle. Con permesso!

MARCELLO: Prego, prego.

La signora Camilla va via strillando “Sanguinella! Sanguinella!”.

Marcello la osserva imbronciato, mentre Sara comincia sommessamente a ridere.

SARA:            Che tipa!

MARCELLO: Impicciona.

SARA:            Ti rendi conto? (imitando grottescamente Camilla) “Vi ci vedo bene vicini vicini. Non è che per caso…?” (ride)

MARCELLO: Molto divertente.

SARA:            Ma dai, è una sagoma! S’è mai vista una ficcanaso più scoperta? Con una del genere in circolazione le riviste di pettegolezzo non le compra nessuno, è molto più divertente lei! E dài, non prenderla così!

MARCELLO: È facile per te! Non è a te che ha detto che sto tradendo mio fratello!

SARA:            Ma che t’importa! Io, allora? M’ha dato della donna di facili costumi! È solo un piccolo paese pettegolo!

MARCELLO: Con cui avrò ancora parecchio a che fare.

SARA:            Sai bene che sono tutte invenzioni, non te ne devi preoccupare!

MARCELLO: Invenzioni?

SARA:            (di colpo seria) Certo. Nient’altro.

MARCELLO: Non c’è mai stato altro per te, è così?

SARA:            Lo sai. Te l’ho già detto.

MARCELLO: Troppe volte hai sentito il bisogno di dirmelo.

SARA:            Non t’entra in testa!

MARCELLO: Dillo ancora!

SARA:            No!

MARCELLO: Dillo!

SARA:            Non voglio!

MARCELLO: Dillo!

SARA:            Basta! Basta, ti prego!

MARCELLO: (la prende per un braccio mentre lei si copre le orecchie con le mani) Non posso più restare così, in sospeso. Dimmelo, una volta sola, adesso!

SARA:            Basta! Lasciami! Per favore, basta!


Scena 21: CARLA VUOLE E NON VUOLE – Esterno piazza – Marcello, Sara, Carla, Giampiero

Alla voce di Sara si sovrappone quella di un’altra donna che grida “Lasciami, lasciami!”. Entra Carla alla disperata, seguita da presso da Giampiero; entrambi sono ubriachi. Nel corso delle prime battute, mentre Marcello è preso a seguire l’andamento delle cose con Carla e Giampiero, Sara silenziosamente va via dal fondo.

CARLA:         Lasciami, non mi va!

GIAMPIERO:           Ma dài, che c’hai più voglia di me!

CARLA:         (si aggrappa a Marcello) Diglielo tu che quando non mi va…

GIAMPIERO:           (cercando di strapparla da Marcello) Molla lu marito e accetta quest’invito!

MARCELLO: Smettetela.

CARLA:         (a Giampiero, capricciosa, senza lasciare Marcello) Adesso non mi va!

GIAMPIERO:           Femmina ritrosa tutta notte non riposa!

MARCELLO: Toglile le mani di dosso!

CARLA:         Uè! Come ti permetti d’impedire all’amante mio di fare il suo mestiere?

GIAMPIERO:           E vieni, e vieni!

CARLA:         E smettila! Quando dico che non mi va… (si gira e gli dà un bacio appassionato, poi si stacca) …vuol dire che non mi va, hai capito?

GIAMPIERO:           (abbracciandola, toccandola) A baciatte lu sangue mio ribbolle; viè a ssentì che materasso a molle!

MARCELLO: (cercando di toglierle le mani di dosso) Falla finita, Giampiero! È pur sempre mia moglie!

CARLA:         (ridendo sgangheratamente) E tu, quando lo sei stato mai, mio marito?

GIAMPIERO:           Non c’è cosa più divina de scopasse la cuggina; si è sposata poi co’n tizio ce se mette n’antro sfizio!

MARCELLO: (fa un sospiro di esasperazione, poi) Non lo fo per piacer mio, ma il marito qua so’ io; so’ costretto un po’ dal caso a guardà che c’hai sul naso!

GIAMPIERO:           Perché, che c’ho?

MARCELLO: Questo!

Marcello sferra un pugno in faccia a Giampiero che fa un giro su sé stesso; prima che cada a terra, Marcello stesso lo afferra per le ascelle e lo sostiene.

CARLA:         Sei un porco! Usi i cazzotti perché a letto non vali niente!

GIAMPIERO:           (confuso) Mamma mia! Che è successo?

MARCELLO: Chiedilo a lei, che sa tutto!

Marcello lancia Giampiero tra le braccia di Carla. I due escono faticosamente aggrappati l’uno all’altra.

CAMILLA:    Oh, madonna! Figlio bello, ch’è successo?

MARCELLO: Gira gira le due metà d’una mela si ritrovano.

CAMILLA:    Che vuol dire?

MARCELLO: Domani glielo racconterà tutto il paese.

CAMILLA:    Scherzi, vero? Dimmi, figlio mio, dimmi, che hai fatto che quella povera ragazza è scappata via che piangeva?

MARCELLO: Dalle risate, piangeva, insieme con uno fatto come lei.

CAMILLA:    Veramente a me era sembrata sola e che piangeva, pure forte!

MARCELLO: Ma chi? (accorgendosi solo ora dell’assenza di Sara) Sara! Ma dov’è?

CAMILLA:    E te l’ho detto: se n’è scappata da quella parte!

MARCELLO: Ma…è la parte del bosco!

CAMILLA:    Ma che vai dicendo, mica sarà tanto incosciente da…

MARCELLO: Sara. Sara, dove sei? Sara! (esce di corsa dal fondo gridando) Sara!


PASSI NEL BOSCO

Luce bassa; la scena rappresenta una radura all’interno di un bosco. Marcello, affaticato, sbuca nella radura; si appoggia ad un tronco per cercare di riprendere il respiro; qualche “Sara!” roco e sfiatato, poi le gambe gli cedono e cade in terra esausto.


Scena 22: LA FORESTA DI CARO – Bosco – Marcello, poi Sara

Si ode una voce, molto bassa al principio, che dice: “Caro, caro…”. La luce si alza su Marcello abbandonato a terra, ai piedi di un cespuglio argenteo di alloro; i rami più bassi gli sfiorano la testa, mossi da un impalpabile refolo di vento.

VOCE:            Caro. Caro. Caro.

MARCELLO: Cosa… Chi è, che c’è?

VOCE:            Caro. Caro. Caro.

MARCELLO: Cos’è che mi tocca…Sara… (chiama) Sara! Sara!

VOCE:            Caro. Caro. Caro.

MARCELLO: Questa voce…chi sei?

Marcello si alza a sedere di fronte al cespuglio.

MARCELLO: Il cespuglio d’argento. La leggenda. La leggenda di Caro!

VOCE:            Caro. Caro. Caro.

MARCELLO: La voce… la tua voce… è la voce di Sara. Sara!

VOCE:            Marcello.

MARCELLO: Sara, sei tu!

SARA:            Caro Marcello, caro.

MARCELLO: Ma…che è successo? Cos’è questa storia? È uno scherzo, eh? Sara, ti prego, smettila, che divertimento ci trovi?

SARA:            Caro. Marcello. Caro.

MARCELLO: No. Devo essere io. Sto male, non c’è altra spiegazione; il cespuglio d’argento è solo una storia, che non esiste. Non esiste!

Silenzio

MARCELLO: Ecco. Ecco. Non si sente più. Sono io che sono talmente stanco da immaginare le cose più strane… Sara, Sara, dove sei? Dove sei fuggita? È colpa mia, come sempre, come quando t’ho detto che mi ero innamorato di te: perché? Che bisogno c’era? T’eri allontanata, ci sentivamo raramente, ormai. Cos’era quel bisogno spasmodico così, all’improvviso, di confessarti tutto, di raccontartelo proprio in quel momento; a che serviva? A bilanciare il tuo silenzio? A dimostrarti che il sacrificio che m’imponevi era niente in confronto a quello che avevo già fatto rinunciando a te? Cosa ho fatto, cosa ho fatto…

Marcello rimane a capo chino. Il cespuglio ha un brivido.

SARA:            Caro. Marcello.

MARCELLO: (senza cambiare posizione) Sara.

SARA:            Non dolerti per me.

MARCELLO: Come potrei evitarlo?

SARA:            È andata come doveva andare.

MARCELLO: Perdonami, se puoi.

SARA:            È una colpa innamorarsi? Avevi scelta, forse?

MARCELLO: Ho scelto di restare con Carla per paura di farti del male e così…

SARA:            Avevi scelta?

MARCELLO: Te l’ho detto, ho…

SARA:            Avevi scelta?

MARCELLO: (un tempo) Ho preso una strada, ma in ogni momento sapevo quale fosse quella giusta. Ho vissuto con la testa girata. Verso di te.

SARA:            E allora perché non sei venuto da me, a dirmelo?

MARCELLO: Avevi detto che non mi volevi, che ero solo un amico, che non avevi mai pensato a me in un altro modo.

SARA:            Cosa ti diceva il mio sguardo in quel momento?

MARCELLO: Non…non mi guardavi, tenevi gli occhi a terra.

SARA:            (un tempo) Avevi scelta?

MARCELLO: Ho fatto quel che potevo fare; senza di te, alla fine , ho vissuto..

SARA:            Hai vissuto?

MARCELLO: È stata una lunga serie di notti e di giorni. Sono polvere, non sono mai esistiti.

SARA:            Vorrei che dicessi qualcosa di più bello.

MARCELLO: A proposito di che?

SARA:            Del tempo passato senza di me.

MARCELLO: Quando t’incontrai, al bar sotto l’ufficio, ricordi? Quando ti raccontai la vera storia della mia passione e tu stavi a sentirmi. Quando ti feci di persona gli auguri di Natale.

SARA:            E il resto?

MARCELLO: Non ci sono mai stato. È andato tutto da sé: stare con Carla, lasciarla… Ma cosa potevo fare? L’avevi detto di non volermi.

SARA:            L’avevo solo detto.

MARCELLO: Sarebbe bastato uno sguardo, un cenno, un contatto, un semplice contatto delle tua dita sulle mie!

SARA:            Credi che non lo sapessi?

MARCELLO: Quante volte ho desiderato abbracciarti, baciarti, far l’amore con tutta te…

SARA:            Credi che non sapessi cosa sarebbe accaduto?

MARCELLO: Le tue gambe, Sara. Le tue spalle, la prima bellezza di te che mi ha colpito!

SARA:            Dicevi che ero bella.

MARCELLO: Lo pensavo anche quando non te lo dicevo.

SARA:            Avevi promesso che m’avresti aiutata a trovarmi un altro uomo.

MARCELLO: Ti proponevo sempre me.

SARA:            Accettavo sempre te.

MARCELLO: Ricordi quell’ape in quel giardino? Dissi che ti ronzava intorno.

SARA:            Ricordo, sì: ti risposi che non lo faceva nessun altro.

MARCELLO: “Sicura?”, aggiunsi sorridendo. Mi guardasti sorridendo anche tu. (un tempo) Non sono stato un buon amico.

SARA:            Molto di più: sei stato innamorato di me e m’hai sostenuta quando rischiavo di cedere e lasciar andare tutto. M’hai spinta avanti. Quanto eri importante per me!

MARCELLO: Tu lo eri per me, al di là di qualsiasi sacrificio. E guarda cosa ho ottenuto stasera con la mia impazienza, con la mia violenza!

SARA:            Non sei tu che sei violento.

MARCELLO: No?

SARA:            È l’amore che è una forma di violenza, non lo capisci? Entrare nella testa e nella pelle di un altro non è una forma di gentilezza, di riserbo. È un contatto elementare con un’altra persona che vive senza bisogno di te; chi ti dà il diritto di sconvolgerle la vita con la minaccia delle tue buone intenzioni?

MARCELLO: T’ho minacciata, è questo che vuoi dire? Scusa, non lo meritavi. T’ho fatta scappare.

SARA:            Per non dirtelo.

MARCELLO: Non dovevo insistere…

SARA:            …a non volertelo dire.

MARCELLO: Cosa?

SARA:            Caro, caro Marcello. Ogni volta che ti vedevo gridavo senza dirtelo che volevo essere tua e prenderti con me. Ma di vite rovinate mi bastavano la mia e quella di Maria Sole. Non volevo causare anche la rovina della tua famiglia; ho imparato a mie spese quanto è importante…non volevo farti questo. Se avessi saputo come stavano davvero le cose fra te e lei… Non ho avuto il coraggio. M’è mancato allora e non l’ho avuto adesso.

MARCELLO: Non me l’hai detto!

SARA:            E sono fuggita. Ho pregato di non dover fuggire più. Ho pregato di non mentire più.

MARCELLO: E sei diventata un cespuglio…

SARA:            …d’argento, sì!

MARCELLO: Ti dona questo colore, sai? Eri sempre meravigliosamente bella con i gioielli d’argento.

SARA:            Almeno questa l’ho azzeccata!

MARCELLO: Non hai sbagliato mai, anche quando sbagliavi.

SARA:            Caro, l’amore distorce la vista.

MARCELLO: Non ha senso vedere in un altro modo. Non ha senso udire, odorare, toccare senza questa distorsione. Voglio restare qui.

SARA:            Come diceva quella donna? “Vicini vicini”?

Marcello si avvicina al cespuglio, intrecciando le mani e le braccia ai suoi rami.

MARCELLO: Io resto qui. Voglio essere come te.

SARA:            Amore mio. Vedi? Ora posso dirtelo, anch’io. (un tempo) Ho paura.

MARCELLO: Ci sono io.

SARA:            Per te, caro.

MARCELLO: L’unica paura sarebbe restarti lontano.

SARA:            Vorrei poterti abbracciare.

MARCELLO: Ci penso io.

SARA:            Caro. Stretto stretto?

MARCELLO: Non ti lascerò mai.

SARA:            Mai.

MARCELLO: Mai.

Sullo sfondo luminoso rimane la silhouette di due cespugli d’alloro, uno d’argento ed uno d’oro, con i rami inestricabilmente intrecciati.


Scena 23:        RISVEGLIO – Casa - Marcello si risveglia da solo nella casa

Come nella prima scena, Marcello si risveglia dentro la casa; ha dormito sul divano, vestito. È mattino. Si solleva confuso, intontito. Si guarda intorno faticando a capire dove si trova. Si mette seduto, con la testa fra le mani. Si alza, osserva l’arredamento, passa un dito sui mobili, soffia via la polvere dai polpastrelli e si pulisce la mano sull’impermeabile. S’immobilizza perché in tasca ha sentito qualcosa. Ne trae un mucchietto di foglie che fa piovere in terra: sono foglie d’alloro d’oro e d’argento.

Buio.

SIPARIO

Appendice

Personaggi

Marcello          quaranta anni

Sara                 amica di Marcello, compagna di Danilo, quasi quaranta anni

Camilla           donna di paese, circa sessant’anni

Danilo             fratello di Marcello, quasi quarant’anni

Giampiero       muratore/imprenditore edile del paese, trenta/quaranta anni

Carla               moglie di Marcello, trenta/quaranta anni

Tempi

La vicenda si svolge in due giornate ed un mattino.

Scene

Fondamentalmente gli ambienti in cui s’articola sono:

CASA:            sala centrale di una casa rustica con un divano in mezzo, salvo in occasione della cena, quando tavolo e sedie vengono portati avanti. Davanti sulla sinistra, lievemente occultata, si apre la porta d’ingresso; dietro di essa c’è la porta del bagno. Sulla parete di fondo, a destra, si apre l’accesso alla cucina. A sinistra si apre la porta della camera da letto. Sulle parti di parete restanti si trovano una finestra, un camino, scaffali con libri, brocche, antiche lampade e quanto serve a caratterizzare l’ambiente.

FESTA DI PAESE:   parte di piazza illuminata con file di lampadine colorate

BOSCO:         piccola radura circondata da tronchi e cespugli.

ESTERNO:     ambiente generico all’aria aperta

Avvertenze

La Signora Camilla e Giampiero sono personaggi di paese ed una pronuncia in massima parte dialettale sarebbe in sintonia con l’ambientazione. Analogamente Carla potrebbe rivelare una cadenza dialettale sempre più marcata nel progredire della vicenda.

Il costume di Marcello prescrive un impermeabile, ma può trattarsi di qualunque altro indumento adatto alla settima Luna piena, quindi più o meno nel mese di Giugno, purché sia compatibile con le esigenze sceniche che chi ha letto, a questo punto ben conosce.