Comico furto di’identità

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LI NIPUTE DE LU SINNECO

COMICO FURTO D’IDENTITA’

(RUBARE L’IDENTITA’)

Commedia brillante in tre atti (5u+6-10f)- di Pasquale Calvino (Posizione SIAE n. 180531) e di Giulia Di Nola (Posizione SIAE n. 251518)

               I luoghi possono essere variati secondo le località dove viene rappresentata la commedia.

                              Per info calvinopasquale@gmail.com   tel. 347-6622400

Personaggi

1m - Saverio Allegretti, oste

2m - Carmine Infiorato, garzone dell’osteria

3m - Pasquale Guerra, contadino

4m - Don Ciccio Di Vino, sindaco

5m - Felice Di Vino, nipote del sindaco

1f - Nannina Guerra, sorella di Pasquale

2f - Silvia Di Vino, nipote del sindaco

3f - Procopio Cicca, custode dell’Educandato di Castellammare

4f - Concetta Salice, cameriera del sindaco

5f - Angiola Tropea, direttrice dell’Educandato di Castellammare

6f - Giuseppina, Leopolda, Adelina e Virginia, educande

ATTO PRIMO

Un sito di campagna a Pozzano (Castellammare di Stabia); in fondo due muri con apertura in mezzo. A destra, grande palazzina con finestra praticabile sulla quale vi sarà scritto «OSTERIA». Fuori dell’osteria una tavola preparata, con intorno tre o quattro sedie rustiche; su una sedia un paniere pieno di fiori. A sinistra, altra palazzina con finestra praticabile; sulla facciata sarà scritto: ALBERGO DELL’ALLEGRIA.

SCENA PRIMA

Carmine prepara la tavola, disponendo le posate di stagno. Saverio entra e s’avvicina.

SAVERIO: Su, dobbiamo allestire una tavola principesca! E’ stata proprio una fortuna per me: il nuovo sindaco m’ha fatto sapere che stamattina viene in trattoria: gli farò trovare una colazione elegante! (Osservando la tavola) Carmine, togli queste posate di stagno!

CARMINE: E quali devo prendere?

SAVERIO: Quelle d’argento, stupido! (Carmine esce e torna con le posate d’argento)

CARMINE: E con questo paniere di fiori che devo fare?

SAVERIO: Devi nasconderti dietro quella finestra e aspetti che sua eccellenza arrivi. Quando, poi, dico: «Signor Sindaco, guardate il cielo che vi manda», tu lanci i fiori sulla sua testa.

CARMINE: Va bene, ho capito.

SAVERIO: Quindi, per carità, fai attenzione al mio comando e non ti distrarre.

CARMINE: Ho capito. (Esce a destra col paniere)

SAVERIO: Deve rimanere a bocca aperta. Si dice che odi le donne ed è un bene che io lo abbia saputo, così, se me lo chiede, dico che pure io la penso come lui, anche se non è vero, ma che m’importa!

SCENA SECONDA

NANNINA (Entra correndo dal fondo a destra, gridando):Ah! Mamma mia, mi ha riformata! (Piange e porta una mano al viso)

SAVERIO: Comare, che è stato?

NANNINA: Mio fratello mi sta inseguendo col matterello: vuole stendermi come si fa per la pasta fresca!

SAVERIO: A noi, le tagliatelle con un buon ragù a base di salsicce e vino, ci servono! Dai, Nannina, non avere paura. (A Pasquale che entra con fisionomia stralunata)Compare, che succede?

PASQUALE: Niente, cose da niente... (A Nannina)Andiamo a casa.

NANNINA: No, non ci voglio venire! Compare, datemi una mano voi!

PASQUALE: E non strillare, perché, o strilli o non strilli, è lo stesso!

NANNINA: Uhhhh! Compare, aiutatemi!

SAVERIO: Scusate, posso sapere cosa è successo?

PASQUALE: Niente, m’ha tolto quello che un uomo ha di più caro sulla terra. Io, Pasquale Guerra, uomo conosciuto in tutto il paese, per la sua onestà. Che diluvio universale! Domani, gli amici miei sapranno e non mi guarderanno più in faccia. Che figura! Infame, scellerata, ti voglio... (Fa per battere Nannina)

NANNINA: Ah!!!! Compare, compare e irrorate con un Barbera d’annata la testa matta di mio fratello!

PASQUALE: Dopo quello che hai fatto, la tua vita sarà inutile.

NANNINA: Don Saverio, io non ho fatto niente! Stanotte, come al solito, ero al casale e aspettavo il rientro di Pasquale. Si sono fatte le due del mattino e di lui neppure l’ombra. L’olio della lampada s’era consumato, e alle tre sono rimasta al buio, ma ero tranquilla perché so che il sabato lui rientra tardi dal lavoro. Comunque mi sono addormentata e ad un certo punto ho sentito camminare. Pensavo fosse lui, e ho detto: «Pasquale, finalmente sei rincasato; aspetta, accendo un fiammifero» e ho visto che quella persona non era mio fratello, era un birbante che m’ha afferrata e ha scambiato lucciole per cerini!

PASQUALE: Solo quello?

NANNINA: Afferrata e baciata.E mentre strillavo, Pasquale è entrato, ha acceso di nuovo un fiammifero e l’uomo è scappato. Mio fratello l’ha rincorso, ma lui è scomparso. è tornato a casa e m’ha minacciata: non tenevo più la forza di gridare.

PASQUALE: Mi sono pentito d’averti risparmiata.

SAVERIO: Compare, alla fine, non c’è stato niente di male: un innocente bacio!

PASQUALE: Purtroppo non so chi sia, ma indagherò e se scopro chi è, Nannina se la deve sposare!

SAVERIO: E non esageriamo…non vi arrabbiate, vi viene un malore! Un ictus!

PASQUALE (A Nannina):Cammina a casa, t’ho detto!

NANNINA: Compare, a casa non vado!

SAVERIO (A parte):Che guaio, che guaio! (Avvicinandosi a Pasquale)Compare, fatemi un piacere, stamattina lasciatela qua, in serata la riaccompagno io stesso.

PASQUALE: Va bene, forse è meglio…vi voglio ascoltare.

SAVERIO: Nannina, entrate e non piangete più, tutto s’aggiusta.

NANNINA: Io, ho solo detto: «Accendi un fiammifero...»

SAVERIO: E quello s’è infiammato! (Nannina entra nell’osteria, Saverio si avvicina a Pasquale)Compare?

PASQUALE: Lasciatemi stare (Agita il matterello)!

SAVERIO (A parte):è meglio che me ne vado, se la dovesse prendere pure con me? (Entra nell’osteria)

PASQUALE:Sono avvelenato. (Si mette a sinistra)Tengo il veleno qua, nel naso! (Indica le narici)

SCENA TERZA

Di dentro si odono applausi e voci che gridano: «Evviva il sindaco!».

CICCIO (Di dentro):Va bene, va bene, grazie! Salvatore, non farmi seguire da nessuno!

SALVATORE (Di dentro):Va bene, Eccellenza. (Di dentro ancora applausi e voci che gridano: «Viva il sindaco!»)

CICCIO (Entra seguito dal segretario Alfonso e la guardia municipale Salvatore):è un affare serio, non posso camminare! (Salvatore passeggia sul fondo, da guardia municipale)

ALFONSO: Illustrissimo, vuole dire che il popolo vi ama e giustamente perché un uomo come voi, qui, non s’era mai visto!

CICCIO: Vi ringrazio tanto, tanto.

ALFONSO: E’ la verità! I vostri sono nobili sentimenti; l’altro sindaco, invece, s’è fatto odiare da tutti: era superbo e per niente democratico.

CICCIO: Basta così, grazie. (A parte)Mamma mia quante chiacchiere: a me ne sono bastate poche  per essere creduto ed eletto! (Ad Alfonso)A quell’uomo, però, non sono piaciuto.

ALFONSO: Possibile! Forse non sa che voi siete il sindaco, aspettate un momento.

CICCIO: No, lasciate correre: io non ci tengo.

ALFONSO: Ma io sì! (Si avvicina a Pasquale e lo guarda) (Pasquale guarda lui con occhi stralunati; lazzi di paura, ma senza strafare)

PASQUALE: Mi volete parlare?

ALFONSO: Solo questo: quel signore laggiù è il nuovo sindaco...

PASQUALE: Il sindaco nuovo? (Si leva la coppola e si avvicina a Ciccio)Uh! Scusate, Eminenza,  ero sovrappensiero; pensavo a certi avvenimenti che pure voi, come sindaco, dovreste sapere. Ma non importa, me la sbrigo da me. Sono Pasquale Guerra, bacio la mano a vostra Eccellenza. (Esce)

CICCIO (ad Alfonso):V’avevo pregato di non stuzzicare quella persona, l’avete solo infastidita  e chissà che le passava per la mente.

ALFONSO: Affari che non ci riguardano. Dunque, divino, stamattina volete pranzare qui?

CICCIO: A me ne hanno parlato bene della vostra cucina, del vino soprattutto: degustiamolo.

ALFONSO: Oh, intanto, avevo ordinato il pranzo.

CICCIO: E avete fatto male, io non vi ho chiesto niente; poi, oggi, aspetto mio nipote Felice, viene da Milano e ho fatto preparare certe squisitezze dal cuoco mio!

ALFONSO: Ah, bravo, avete un nipote?!

CICCIO: Un nipote e una nipote che, in realtà, non conosco neppure.

ALFONSO: Oh, questa è bella! (Seggono)

CICCIO: Mio fratello Ambrogio, buon’anima, da giovinotto s’innamorò di un’ortolana; da quel giorno non lo volli più vedere e questo per sette anni. Con la nascita dei figli la situazione economica precipitò e disperato, si rivolse a me. Ci riappacificammo, ma un giorno, da casa mia, sparirono 4000 lire, tutti titoli al “datore”.

ALFONSO: Vostro fratello?

CICCIO: Mio fratello, mio fratello!! Dopo questo, con la compagna, se la svignò. Che potevo fare? Si trattava di mio fratello, capite? E anche se lo ripudiai seppi del suo ritorno a Napoli, della morte dell’ortolana prima e della sua dopo, a Milano.

ALFONSO: Ah, morì?

CICCIO: Già, tre anni fa pure lui.

ALFONSO: E i due figli dove sono morti?

CICCIO: I figli sono vivi! Vi ho detto che oggi aspetto mio nipote...

ALFONSO: Già, mi ero lasciato prendere dai defunti.  Aspettate il nipote maschio, vero?

CICCIO: Perfettamente. Lui rimase a Milano dove ha studiato con profitto e conosce tre lingue: francese, inglese e milanese. Insomma, è istruito assai.

ALFONSO: E la femmina?

CICCIO: E’ qui a Castellammare, in collegio. La “Superiora” ha saputo della nostra parentela e ogni tanto mi spedisce lettere scrivendo che è disobbediente e che vuole lasciare l’istituto. Io ho pagato sempre la retta ma non ho mai risposto, ma dovesse venire a vivere con me, subito la chiuderei in convento.

ALFONSO: Comunque una visita le farebbe piacere.

CICCIO: No segretario, ha un brutto carattere: è un’indomita come la madre. Appena arriva mio nipote Felice, faccio testamento lasciandogli tutto e diseredando lei!

ALFONSO: Se così avete deciso, che sia.

CICCIO: Chiamate l’oste per favore.

ALFONSO: Sì, ci ha visti, sta arrivando!

SCENA QUARTA

SAVERIO (Entrando in fretta):Scusate il ritardo, stavo preparando appunto per voi: oggi è un grande giorno, sono fortunato e onorato ad avervi, vostra solennità, nella mia trattoria che metto a disposizione. Siete un uomo di cuore, tutti lo sanno. Vostra grazia il cielo vi manda questo!

CICCIO: Che cosa?

SAVERIO (Guardando alla finestra):Quello che meritate, sindaci come voi non ce ne son molti! Guardate, guardate la finestra. Guardate il cielo che vi manda!

CICCIO: La manna?

SAVERIO (A parte):Quell’impiastro s’è addormentato! (A Ciccio)Noi siamo povera gente e quello che facciamo lo facciamo col cuore. Sindaco, guardate in alto! (Carmine si sveglia e getta il cestino con tutti i fiori, i quali vanno a cadere vicino alla porta dell’osteria, senza che Ciccio se ne accorga. A parte)Uh, li ha lanciati a tutt’altra parte! (A Ciccio)Giratevi, per piacere.

CICCIO: Ah, fiori! Grazie tanto, ma il cielo ha perso la bussola, è ubriaco forse!?

SAVERIO: Abbiate pazienza, super visore, pensavo alla testa, alla cascata di fiori che avrebbe ricevuto, al fastidio!

CICCIO: No, che fastidio, in verità non  amo il polline, sono allergico! (Inizia a starnutire in modo indiscriminato bagnando il segretario che s’asciuga ripetutamente) Comunque grazie! (Starnutendo ancora, fazzoletto alla mano)

SAVERIO: Si trattava di fiori finti, morti e senza polline, non volevo sporcarvi. Desiderate pranzare fuori?

CICCIO: Fiori finti? Non mi pare: sto starnutendo come un forsennato. Vi ringrazio, ma non pranzo: ho un impegno. Siamo venuti solo per assaggiare il vino: hanno detto che è ottimo. Avete un tavolo riservato?

SAVERIO: Tutto quello che comandate, Eminenza; accomodatevi pure.

CICCIO: Mi avete fatto cardinale! (Chiamandolo)Salvatore, una cortesia.

SALVATORE: Ordinate. (Si mette sull’attenti con la mano al berretto)

CICCIO: Mica siamo in caserma! Ritorna al palazzo e fammi sapere se è arrivato Felice.

SALVATORE: Va bene, Generale. (Mano al berretto)

CICCIO: Ho già comandato! Quanta volte te lo devo dire...

SALVATORE: Va bene.

CICCIO: ...che devi togliere quella mano? Ti ripeto che non siamo in caserma. Adesso vai.

SALVATORE: Sissignore. (Si volta e va sul fondo parlando fra sé)

CICCIO (Ad Alfonso):Questo pover’uomo s’è giocato, per tre anni consecutivi, sempre la stessa  quaterna: mai niente. Due settimane fa la fortuna l’ha assistito, ma s’è mezzo scimunito.

ALFONSO: Perciò!! (Salvatore passeggia)

CICCIO: Ma che fa? Sembra un leone in gabbia che aspetta il pasto.

SALVATORE (Avvicinandosi e facendo il saluto):Comandate, Eccellenza.

CICCIO: E cala la mano. Racconto l’affare della quaterna...

SALVATORE: Eh, 6,16,29 e 77 …!

SAVERIO: Sta svenendo!

CICCIO: E questo fa. Io ordino e lui: «6, 16, 29 e 77!» Dunque, Salvatore, hai capito quello che t’ho detto?

SALVATORE: Sissignore. (Fa il saluto)

CICCIO (Gridando):Cala la mano, per carità o te la ghigliottino! Vai al palazzo, sbrigati.

SAVERIO: (Sarebbe lui il Sindaco democratico!?)

SALVATORE: Subito, a servirvi. (Se ne va in fondo e passeggia)

CICCIO: Segretario, vediamo se è vero quello che si dice di questo vino.

SAVERIO: E’ buono, ma nella vostra bocca migliora: pure l’acqua si converte in nettare!

CICCIO: Non faccio miracoli; io, li demando! Poi, se il vino è buono, è buono per tutti: w la democrazia! (Entra nell’osteria seguito da Alfonso)

SAVERIO (Che stava per entrare anche lui, ma è stato chiamato da Salvatore):Volete?

SALVATORE: A quest’ora, io, io non sarei guardia municipale, bensì Principe! Per tre anni me li sono giocati, per tre maledetti anni sempre gli stessi numeri.

SAVERIO: Scusate, dentro c’è il sindaco e...

SALVATORE: E che sarebbe stato il sindaco di fronte a me: un pelo e io una trave.

SAVERIO: Rassegnatevi, ora lui è la trave nell’uovo e voi il pelo nell’occhio; volevo dire il contrario, ma mi state rimbambendo del tutto, oggi.

SALVATORE: Il cielo, così ha voluto: 6, 16, 29 e 77... (Via per il fondo)

SAVERIO: Questo è pazzo! (Entra nella trattoria)

SCENA QUINTA

Entra da fondo Achille, portando in mano una valigia. Indossa un costume estivo di colore chiaro. Si guarda intorno più volte.

ACHILLE: Silvia, non avere paura, siamo soli.

SILVIA (Entra in costume da educanda):Mamma mia Achille, voglio tornare al collegio.

ACHILLE: Allora vuol dire che non mi ami e che non credi a una parola di quello che t’ho detto.

SILVIA: Certo che nutro affetto per te, non avrei fatto quello che ho fatto.

ACHILLE: Quindi coraggio, non avvilirti!

SILVIA: Fuggire dal collegio è stata una dura decisione. Le mie compagne, in giardino, leggevano, ridevano ed erano allegre. Solo io tremavo come una foglia e sudavo freddo pensando a come scappare. Zitta, zitta mi sono nascosta dietro un albero; il guardiano era tra le nuvole di tabacco, così ho colto l’occasione e sono sparita. Per strada correvo e piangevo, dopo tutto ho vissuto dodici anni in collegio: la direttrice era come una mamma e le amiche come sorelle! (Quasi piangendo)Le ho lasciate così, senza salutarle: questo dimostra quanto ti voglio bene.

ACHILLE: Hai ragione Silvia mia, ti renderò felice.

SILVIA: Bada ben, però, che tutto deve procedere come stabilito e scritto nella lettera che t’inviai.

ACHILLE: Eccola qua. (Caccia la lettera)

SILVIA: Leggi.

ACHILLE (Legge):«Verrò via con te, a patto che io riveda mio zio Ciccio, Sindaco di Pozzano, che spero possa perdonarmi. Se ciò non fosse, allora andremo a Napoli. Ricorda quanto promesso».

SILVIA: Inteso?

ACHILLE: Tutto quello che vuoi, bellezza mia.

SILVIA: Zio capirà e dopo un paio di giorni, ti presenti e ci sposiamo.

ACHILLE: Se non ne volesse sapere, ti porterò dai miei e ci sposeremo. Quanto al sindaco m’informerò meglio, ma prima cerco un albergo: voglio farti riposare e poggiare la valigia. Ah, qui ce ne è uno “Albergo dell’Allegria”. Bene, bene.! (Alla porta dell’albergo)C’è qualcuno?

SCENA SESTA

SAVERIO (Esce dalla porta dell’osteria e entra in scena):Eccomi, desiderate?

ACHILLE: Albergo e osteria insieme?

SAVERIO: E’ tutta una ditta.

ACHILLE: Voi siete il proprietario?

SAVERIO: Sissignore.

ACHILLE: Una stanza per poche ore, io e mia sorella partiamo subito.

SAVERIO: Sempre una giornata pagate.

ACHILLE: Va bene, purché ella riposi.

SAVERIO: Ah, v’è sorella... quella là!

ACHILLE: Certo… sorella…sì, quella là.

SAVERIO: (Chiama)Carmine!

CARMINE (entrando):Comandate?

SAVERIO: Accompagna i signori nella numero 3.

CARMINE: Venite, ve la mostro. (Prende le valigie e entra nell’albergo)

ACHILLE: Ti vengo a prendere tra non molto. (Fa entrare Silvia in albergo)

SAVERIO (A parte, ma in modo che Achille senta):Fratello e sorella! Questi ci vogliono raggirare, non siamo scemi...

ACHILLE: Siete proprio maligno! Un fratello e una sorella non possono viaggiare insieme?Ecco i soldi!

SAVERIO (Prende la moneta):Fratello e sorella!!

ALFONSO (Sopraggiunge in fretta):Padrone, il signore vi sta chiamando!

SAVERIO: Eccomi qua. (In fila la porta dell’osteria)

ACHILLE (Sorpreso):Caro Alfonsino!

ALFONSO: Achille mio, come mai da queste parti?

ACHILLE: Affari in corso. E tu come ti trovi qua?

ALFONSO: Mio caro, tempi goliardici quelli di Castellammare, oggi ho un posto importantissimo: sono il segretario del Sindaco. (Carmine esce dall’albergo e entra nell’osteria, mentre Silvia appare alla finestra dell’albergo)

ACHILLE: Il segretario! E di quale Sindaco?

ALFONSO: Il Sindaco di questo paese, il barone Don Ciccio Di Vino.

ACHILLE: Possibile! E tu sei il segretario?

ALFONSO: Sì, perché?

ACHILLE: Nulla, nulla. Quindi mi sai dire anche dove abita.

ALFONSO: Sicuro! Ma perché queste domande?

ACHILLE: Perché, perché.. Alfonso, ti confesso tutto, ma tu acqua in bocca.

ALFONSO: Ti pare...

ACHILLE: Sono innamorato di sua nipote, è stato un colpo di fulmine. Ti racconto: abbiamo una villa a Castellammare e tre mesi fa, dalla finestra della mia camera che affaccia sull’istituto, l’ho vista passeggiare nel giardino. Lentamente e silenziosamente, ci siamo conosciuti e scritti: tra noi, è nato un intenso sentimento. Il rigore del collegio, però, impedendo all’amore di svilupparsi, ci ha rattristati, soprattutto lei ne ha risentito parecchio ed è scappata. Oggi è qui, con me e vuole rivedere lo zio.

ALFONSO: Per carità, distoglila!

ACHILLE: Ma perché?

ALFONSO: Perché Don Ciccio non vuole sentire pronunciare nemmeno il nome, anzi ha intenzione di chiuderla in convento. (Silvia sente e si mostra addolorata)

ACHILLE: Nientemeno, questo ha detto?! Quindi è meglio non s’incontrino.

ALFONSO: Sarebbe la catastrofe! Ha pure detto che lascia il suo patrimonio interamente a suo nipote Felice che tra l’altro, stamattina arriva da Milano.

ACHILLE: Che ingiustizia!

ALFONSO: Lo so, ma che ci vuoi fare: c’è chi nasce con la camicia e chi no. Il sindaco è in trattoria, lo raggiungo.

ACHILLE: Il sindaco è qui?

ALFONSO: Sai, non voleva pranzare, poi s’è convinto: ha bevuto già un litro di vino!

ACHILLE: Forse il momento è propizio per Silvia.

ALFONSO: Allora non hai afferrato!! Se tu le vuoi bene veramente, portala via. Ti saluto, io  vado. (Infila la porta dell’osteria)

ACHILLE: Se lo dico a Silvia non ci crede.

SILVIA (Dalla finestra):Ci credo, ci credo: ho sentito tutto.

ACHILLE: Per cui, andiamo via a Napoli, o siamo rovinati: ti chiude in convento, non ti ci vedo a fare la testa di pezza!

SILVIA: Va bene, quello che vuoi.

ACHILLE: Vengo subito, esco per affittare una carrozza. (Esce dal fondo)

SILVIA: No, c’ho ripensato, prima d’andare a Napoli devo farlo un tentativo con zio Ciccio. E si potrebbe... (Si ritira dalla finestra)

SCENA SETTIMA

FELICE (Entra trafelato e stanco):Mamma mia, aiutatemi, muoio! Non ce la faccio più, cammino da ore e stanotte me la sono vista brutta! Ieri sera sono arrivato a Castellammare dopo un viaggio in treno di ventisette ore; avevo fame, sete e in una locanda, pagando, m’hanno sfamato e dissetato! Mezzo ubriaco, sembravo un pollo al curry, mi sono diretto a piedi a Pozzano, la serata era buona e avevo voglia di schiarirmi le idee. Macché, ho vagato per più di un’ora e ho cominciato ad aver paura; ho invocato l’aiuto dell’anima di papà. Ad tratto mi ritrovo di fronte un casale dalla porta socchiusa. Entro, per domandare informazioni, ma mi sono sentito afferrare da una mano morbida di donna e una vocina graziosa che m’ha detto: «Pasquale, non ci speravo più! Accendi un fiammifero». L’ho acceso e il vino ha fatto il resto: l’ho abbracciata e baciata. Lei ha urlato, è entrato il fratello gridando. Finalmente ho trovato l’uscita, sono fuggito e ho corso per l’intera nottata: tengo la gola arsa! Acqua, per piacere! (Bussa sul bicchiere)

SCENA OTTAVA

SAVERIO (Accorrendo):Buongiorno, per il vostro incendio, qui niente acqua, solo vino!

FELICE: No, a me serve un’autobotte!

SAVERIO: Questa è un’osteria, non la caserma dei pompieri. Se volete, la fontana è in piazza, dopo la grotta, a 2 Km da qui.

FELICE: Grazie tante. (Fa per andare, poi si ferma)Non ce la faccio, è distante. Allora portatemi mezzo litro di vino e una pagnottella.

SAVERIO: Vi volete fare la zuppa?

FELICE: Piuttosto che niente..

SAVERIO: (Chiamando)Carmine porta una caraffa di vino, il migliore che abbiamo!

FELICE: Eh, da queste parti solo vino pregiato.

CARMINE (Entrando):Eccovi servito. (Posa tutto sul tavolo e via)

SAVERIO: Provate questo e ditemi. (Felice versa il vino nel bicchiere e fa per bere)Che vi pare?

FELICE: (Beve)Magnifico, si sente l’uva in bocca schiacciata dal torchio.

SAVERIO: è vino materno questo, come lo faceva mamma mia.

PASQUALE (Di dentro): Compare, muoio dalla contentezza! Datemi una sedia, vi racconto.

SAVERIO: Ch’è stato?

PASQUALE (A Felice):Permettete? (Siede)So chi è la carogna di stanotte! (Felice che aveva messo in bocca un pezzo di pane, resta col boccone in bocca; lazzi dei tre)

SAVERIO: Veramente?

PASQUALE: Arriva oggi da Milano, viene a trovare suo zio; e lo zio sapete chi è?

SAVERIO: Chi è?

PASQUALE: è il Sindaco in persona! (Felice fa la tarantella col coltello nel piatto; lazzi dei tre; Pasquale dice piano a Saverio) Deve essere un povero giovane, malato di nervi, nevrastenico...

SAVERIO (Piano):Ho capito, va bene. (Forte)Il Sindaco! E come fate a dirlo?

PASQUALE: è stato il cielo, compare mio! A casa, ai piedi del letto, mi sono imbattuto in questo portafoglio. (Felice, c.s., fa tarantella col coltello nel piatto; lazzi dei tre)Solo il suo poteva essere; l’ho aperto e ci ho trovato la carta d’identità “Felice D.” e due lettere del sindaco che ho lette: una dice che oggi, 25 agosto, il nipote sarà qui a Pozzano; c’erano anche pochi soldi. (Lazzi di Felice)

SAVERIO: Voi siete certo d’aver letto bene?

PASQUALE: Guardate voi stesso.

SAVERIO (Prende il biglietto e lo guarda):Non so leggere, sono astemio! (Lo restituisce a Pasquale)

PASQUALE: Signore, che c’è scritto qui? (Dà il biglietto a Felice)

FELICE (legge):Fel... Fel... Di Vino.

PASQUALE: Avete visto?

SAVERIO: E che pensate di fare?

PASQUALE: Come che penso di fare? Mi piazzo sotto al palazzo del sindaco e aspetto: o si sposa  mia sorella, o lo faccio a spezzatino. (Lazzi)

SAVERIO: E avete ragione, forse lo spezzatino al posto delle salsicce s’insaporisce e insaporisce meglio il ragù. Comunque, è vero, le ragazze oneste vanno rispettate.

PASQUALE: Che combinazione, il nipote di Don Ciccio!

SAVERIO: Il sindaco è in trattoria, ha chiamato Nannina e ha voluto spiegazioni sull’uomo...

PASQUALE: Ah, è qui?

SAVERIO: Sta pranzando tagliatelle, salsicce, e spezzatino, il tutto innaffiando col vino mio. (Meraviglia di Felice)

PASQUALE: Allora entro pure io, gli sto alle “costatelle”, alle costole volevo dire. Deve arrivare a questo Felice! Entriamo, allora.

SAVERIO: Ancora vino? (Lazzi di Felice; Saverio a parte)Uh, quest’uomo sta male!

FELICE: Quanto pago?

SAVERIO: Undici lire. (Felice caccia la moneta e fa lazzi nel piatto)Volete fare un altro giro di valzer?

FELICE: Queste sono 12 lire, una a voi.

SAVERIO: Grazie tanto. (Prende il danaro e via)

FELICE: Mamma mia, come mi presento a zio: sono in condizioni pietose! Brillo più io che un diamante! Ero un giovane serio, ora sembro una spugna di mare, un alcolista dal fiato di drago, un povero fachiro! Addio eredità, andrà tutto a mia sorella! Idea, gli scrivo un biglietto. (Scrive)«Amato zio, mi trovo a letto con una forte febbre, non posso raggiungerti. Spero, fra otto giorni, poterti abbracciare. Tuo nipote Felice»

SCENA NONA

FELICE (Vedendo Carmine uscire dall’osteria, mentre Silvia compare alla finestra):Fammi un piacere, consegna questo biglietto al sindaco.

CARMINE: Sissignore, lo manda?

FELICE: Suo nipote Felice; io, invece, sono un amico e per affari mi trovo a Rozzano, gli rendo questo servigio.

CARMINE: Va bene, una mezza lira per favore. (Se lo prende. Felice a soggetto)

FELICE: Me ne vado, ti raccomando.

SILVIA (Uscendo dall’albergo):Dove vai?

CARMINE: Faccio il commesso viaggiatore, porto questo biglietto al Sindaco.

SILVIA: Bravo! E dentro che si scrive? Potrebbe contenere insulti e offese!

CARMINE: Voi che dite?!

SILVIA: Fammi vedere. (Legge piano fra sé)Mamma mia, se leggessi! Senti, senti...(Fa gesto di botte)

CARMINE: Perché?

SILVIA: (Legge) «Signor Ciccio, voi siete una volpe, avete voluto fare il Sindaco per rubare come tutti politici». Hai capito? Muto, allora, e torna alle tue faccende!

CARMINE: Vino in bocca! (Via nell’osteria)

SILVIA: Ho avuto un’illuminazione: mio fratello arriva tra otto giorni, mio zio non sa neppure come siamo fatti. Sì, sì, sì… (Via nell’albergo) (Procopio entra dal fondo a destra; è stanco, con fisionomia pallidissima; porta un lungo soprabito con bottoni di metallo bianco e tutto abbottonato, collo con cravatta nera, coppola del medesimo colore del soprabito con lunga visiera e scritto «Custode»; calzone stretto, scuro)

PROCOPIO: Anima di mia moglie Caterina, aiutami tu! Tutto per un sigaro. Non ci fossi mai andato in tabaccheria, ma lei la teneva in testa da parecchio, la fuga! Anima di mia moglie Caterina, come faccio? La Direttrice ha detto: « Se non ritrovi la ragazza, sono guai grossi per te,  per te che l’hai assecondata: per meno di “30 denari” hai svenduto il nome dell’istituto, disonesto!». Disonesto a me che sono sempre stato un uomo tutto d’un pezzo?! Oh, Caterina mia, aiutami tu!

SALVATORE (Che si trova uscendo dal fondo con lettera):Che cos’è, vi sentite male?

PROCOPIO: No, stavo parlando con mia moglie, Caterina.

SALVATORE: E dove sta?

PROCOPIO: Dove sta, in Cielo! è morta da due anni, mi voleva tanto bene, mi compativa e mi dava coraggio nei momenti peggiori della vita.

SALVATORE: Scusate, avete avuto qualche dispiacere?

PROCOPIO: Una rovina! Dovete sapere che io sono il custode dell’Educandato di Castellammare. Stamattina, come al solito, le figliole erano in giardino nell’ora di ricreazione; sono andato a comprare un sigaro e una studentessa è scappata, si tratta della nipote del Sindaco.

SALVATORE: E non è una catastrofe!

PROCOPIO: Come non lo è?! Secondo la Preside, io le ho dato man forte.

SALVATORE: Ihhhhhh!

PROCOPIO: Perdo il posto.

SALVATORE: Ihhhhhh! Sono tutte stupidaggini, le disgrazie sono ben altre!

PROCOPIO (A parte):Questo è un altro poveraccio!

SALVATORE: A voi ne è scappata una, a me quattro!

PROCOPIO: Quattro, e l’avete passata liscia?

SALVATORE: Sono stato otto giorni senza parlare e ora dormo con un occhio chiuso e un altro aperto; una narice con uno sfiatatoio che mi fischia, l’altra pendula.

PROCOPIO (A parte):Brutto questo!

SALVATORE: Capite, mi si sono accavallati i nervi!

PROCOPIO: Al galoppo o al trotto? Avete ragione, ma quatto!

SALVATORE: Ogni settimana, per tre anni, mi privavo del pane, per loro. Non c’ho creduto più, ma il sabato, cose da pazzi, il sabato, tutt’ e quattro!

PROCOPIO: Che cosa?

SALVATORE: Che cosa? 6, 16, 29 e 77

PROCOPIO: Ah, voi parlate di quattro numeri?

SALVATORE: Sissignore!

PROCOPIO (Fa la mossa): Voi li date i numeri!! Credevo fossero quattro figliole. Qua la faccenda s’ingarbuglia e presto scatterà una denunzia, ma più che in galera, vado dritto, dritto nel fosso e ci giochiamo una cinquina: 6, 16, 29, 77 e 88!  Anima di mia moglie Catarina, aiutami tu! (Esce)

SALVATORE: Parla bene lui! A quest’ora sarei un signore, padrone di una fortuna! (Addenta la lettera che ha in mano)Uh, a proposito, questa è una lettera che va al Sindaco, l’ho trovata al palazzo, la stavo stracciando!

VOCI (Dall’osteria):Evviva il Sindaco! Viva!

SALVATORE: Viva il sindaco! (Entra nell’osteria)

SCENA DECIMA

SILVIA (Esce dall’albergo vestita da uomo):Ora vediamo se riesco: con i vestiti d’Achille sto bene e  quello che sta uscendo sarà zio Ciccio. Coraggio! (Via)

FELICE (Entra dal lato destro):Chi sa se quello scemo l’ha data la lettera e chi sa zio ci ha detto.

VOCI (Dall’osteria):Evviva il Sindaco!

FELICE: Sta uscendo la processione, “ora pro nobis”! (Entra nell’albergo, poi compare alla finestra)

CICCIO (Esce dalla porta dell’osteria, seguito da Alfonso, Pasquale, Saverio, Nannina e Salvatore):Grazie, sono stato bene. (Pasquale lo segue)

SAVERIO: Vostra Grazia m’ha onorato, la prossima troverete il locale ristrutturato.

CICCIO: Ora pure re! Comunque il tuo vino è insuperabile.

SAVERIO: Bontà vostra. (Ad Alfonso)Segretario, vorrei regalargli una cassa di vino.

ALFONSO (A parte a Saverio):Mandalo a casa mia e io gliela faccio recapitare.

SAVERIO: Va bene.

CICCIO (A Pasquale):Venite?

PASQUALE: Sì, vi voglio bene assai, siete un santo.

CICCIO: Mi manca l’”areola”. Dunque, tu sei Nannina?

NANNINA: Sì, Maestà.

SAVERIO: è la comare mia, serva di vostra Eccellenza.

CICCIO: Brava! è proprio aggraziata.

NANNINA: Grazie, vostra Grazia.

CICCIO: Caro segretario, raggiungiamo la stazione; è tardi e mio nipote ancora non si vede.

FELICE (Dalla finestra, piano):Io sto qua!

ALFONSO: Avrà avuto da fare a Napoli.

CICCIO: E andiamo a vedere. (Fa per andare)

TUTTI: Viva il Sindaco!

SILVIA (Entra vestita da uomo):Vorrei sapere il sindaco chi è.

SAVERIO: Come chi è. L’odore di santità  non lo sentite? (Mostra Ciccio)

CICCIO (A parte):Pure santo, ora?!

SILVIA: Voi!

CICCIO: Sì, io perché?

SILVIA: Signor Sindaco rispettabile! (Gli stringe la mano)Ma non vi dice niente questa stretta di mano? Buon sangue non mente.

CICCIO: Aspetta, forse tu sei...?

SILVIA: Vostro nipote, il vostro caro nipote felice. (Lazzi di Felice)

CICCIO: Ah, un abbraccio, sarai stanco! (Si abbracciano)

SILVIA: Eh, ti pare: vengo da Milano.(Pasquale vorrebbe inveire, ma lo trattengono)

CICCIO: Ma che bel giovane! Nipote mio, ti nomino erede di tutto il mio patrimonio!

ALFONSO: Che bella presenza!

FELICE (A parte):Che?

CICCIO: ...il padrone di tutta la mia roba!

FELICE (A parte):Mamma mia, mamma mia...

CICCIO: Adesso ce ne andiamo a casa; per te un magnifico pranzetto.

SAVERIO: Viva il nipote del sindaco!

TUTTI: Evviva!

SALVATORE (Avvicinandosi a Ciccio):Vostra Eminenza, al palazzo ho trovata questa lettera, ecco leggete. (Felice dà un colpo di bastone sul cappello di Alfonso)

CICCIO: (Apre la lettera e legge)«Onorevole signore, vostra nipote Silvia è fuggita e non abbiamo ancora notizie, aiutateci a rintracciarla. La Direttrice». L’ha detto, l’ha fatto! Meglio così, non sarò più importunato; io, ho un solo nipote: Felice. (Straccia la lettera)

SILVIA: Io sarei il disonore della famiglia!

CICCIO: Vieni, nipote mio vieni! (Via)

TUTTI: Viva il Sindaco, viva il nipote del Sindaco!

FELICE (Uscendo dall’albergo con gli abiti di educanda di Silvia sopra al braccio):Ho trovato questa divisa, è di mia sorella. Ah, se potessi, benissimo! (Va in fondo)Eh, cara sorella, ti concio io per le feste! (Via nell’albergo)

(Cala la tela)

Fine dell’atto primo

ATTO SECONDO

Salotto con porta in fondo e quattro laterali. Due mensole dorate con orologi e candelabri. Sulla mensola di sinistra una bottiglia di marsala e due bicchierini, campanello e scatola di cerini. Due poltroncine e due sedie dorate.

SCENA PRIMA

CONCETTA (Dal fondo):Quanto è simpatico e educato il nipote del Sindaco, una delizia! Voce aggraziata e buone maniere che non si crede! Poi si dice le femmine! Certi giovanotti ci fanno perdere la testa, le gambe, tutto ! Ah, eccoli qua!

SCENA SECONDA

CICCIO (Entra, in veste da camera, seguito da Silvia):Ti senti meglio con lo stomaco pieno?

SILVIA: Pranzo proprio squisito, grazie!

ALFONSO (Che è entrato dietro agli altri due):Avete un cuoco coi fiocchi, signor Sindaco.

CICCIO: Sediamoci, per favore.

SILVIA: Sì, ho mangiato a sazietà e poi sono contento di averti conosciuto: sei buono, così tanto affezionato. E’ stato emozionante abbracciarti, ma non ho pianto perché sono un uomo e mi vergognavo.

CICCIO: Davvero mi lusinghi!

SILVIA: A Milano vivo solo coi miei pensieri, i miei dolori, la mia tristezza tutta intera; tu m’hai accolto con amore; un’ospitalità indimenticabile!

CICCIO: I tuoi dolori?!

SILVIA: La dipartita di mia madre m’ha depresso (Fra sé: Che fiato infernale!)!

CICCIO (Ad Alfonso):La cafona ortolana!

SILVIA: Poi quella di papà ed eccomi orfano, senza un aiuto, senza un conforto. Così alle giornate di melanconia s’alternavano quelle della miseria, del digiuno forzato: neanche un tozzo di pane da mettere sotto i denti! (Piange)

CICCIO (Piangendo):Posso immaginare!

CONCETTA:(Piangendo) Mamma mia, dov’è il muro, il muro del pianto?

CICCIO: E tu taci perché non sai!

ALFONSO: State al vostro posto, voi!

CICCIO: Io non ti permetto tutta questa confidenza.

CONCETTA: Devo sfogarmi!

CICCIO: Vai fuori ! Nipote mio, le tue pene sono finite: inizia la vita da signore! Su, su, fumiamoci una sigaretta. (Tira fuori un portasigarette, dà una sigaretta ad Alfonso, una a Silvia, ne prende una per sé; rivolto ad Alfonso)Avete fiammiferi?

ALFONSO: No.

CICCIO: Voi non avete mai niente! Concetta, i fiammiferi: tu dovresti averli.

CONCETTA: E perché?

CICCIO: Insomma, vogliamo accendere?!

CONCETTA: Ah, scusate, ero sovrappensiero. (Prende la scatola di cerini sulla mensola e la porge a Silvia)Eccovi servito.

CICCIO: (Toglie di mano a Silvia la scatola e accendono le sigarette)Parliamo un poco di Milano.

SILVIA (A parte):Oh, sono nei pasticci!

CICCIO: Mi dicono sia enorme.

ALFONSO: Ci sono stato due volte.

CICCIO: Felice, tu dove abitavi?

SILVIA: Avevamo una bella casa in una strada signorile, ma non ricordo il nome. Era lunga lunga e ricca di botteghe.

ALFONSO (A Silvia):Al Corso?

SILVIA: Già al Corso! Ah, là stavamo bene.

ALFONSO: Vedevate il Duomo?

SILVIA: Sì, il Duomo stava in fondo.

CICCIO: Dice che il Duomo è assai imponente?

SILVIA: Non c’è male.

ALFONSO: Voi che dite, Don Felice, non c’è male? Quella è un’opera sorprendente, un’opera colossale.

SILVIA: Non lo nego, ma a me non piace.

ALFONSO: Non vi piace?

CICCIO: Non gli piace, che volete, questione di gusti. A me, per esempio, la frittata con le cipolle non mi piace. (A Silvia)E la galleria, come ti pare?

SILVIA: La galleria? (Ad Alfonso)Scusate, quale sarebbe la galleria?

ALFONSO: La galleria di Milano, dove c’è il caffè Biffi.

SILVIA: Ah, il “caffettuccio”!

ALFONSO: Caffettuccio! Quello è un enorme caffè, a quattro entrate!

SILVIA: Ma che volete, mi sono dedicato allo studio e non ho mai avuto un’ora di libertà, di svago.

ALFONSO: Non avete visto nemmeno la Scala?

SILVIA: Oh, di scale sì, ne ho viste tante!

ALFONSO: Io dico la Scala, il Teatro Massimo!

SILVIA: E no, il Teatro di Don Massimo non l’ho visto.

ALFONSO (A parte):Ma questo ha vissuto a Milano o no?!

SILVIA: Caro zio, fammi visitare il giardino, me lo hai sempre descritto come il tuo Eden!

CICCIO: Sì, al centro ci ho fatto costruire una sorta di pagoda, è tutta roba tua. Alfonso andate pure, voglio organizzare un incontro col Notaio.

SILVIA: Zio, ho bisogno di parlarvi, dobbiamo stare soli.

CICCIO: Segretario, aspettateci in giardino, anche tu Concetta, vai, vai col segretario.

ALFONSO: Vado subito. (Via)

CONCETTA: Va bene. (Dà un sospiro guardando Silvia)Ah! (Via)

SILVIA (Parte):Ma quella mammalucca che vuole da me!

CICCIO: Dunque, dimmi tutto.

SILVIA: Anzitutto ringraziarti; ma, in questa vita, la ricchezza non fa la felicità: a me basta la metà dei vostri beni.

CICCIO: La metà? E dell’altra metà che ne faccio? A chi la do?

SILVIA: La darete a Silvia: “Silvia rimembri ancor...”

CICCIO: No, questo no! M’hanno scritto sempre che era insopportabile, disubbidiente, capricciosa... Insomma Felice, non posso e non la voglio riconoscere come nipote

SILVIA: Dunque a lei proprio nulla!

CICCIO: Manco un centesimo!

SILVIA: Allora rinunzio a tutto. Sei ingiusto, caro zio; avrei accettato con piacere e sarei stato  contento se, anche a mia sorella, al sangue mio, non le fosse mancato il necessario. Quello che è certo è che è fuggita dall’istituto, non sappiamo le ragioni di questa scelta, ma ora è sola e senza appoggi, né riferimenti. No, non me la sento di rubarle quello che le spetta di diritto; no, non è da me! Meglio povero che ladro! (Via)

CICCIO (Piangendo):Che cuore nobile! Che sentimenti altruistici! Com’è compassionevole ‘sto nipote mio! Meriti un bacio! Ho un nodo alla gola. (A parte) Scommetto che Silvia, tutto questo, per il fratello, non l’avrebbe fatto.

SCENA TERZA

CONCETTA (Entrando):Vostra Sovranità, fuori c’è una figliola, vi vuole parlare.

CICCIO: E chi è?

CONCETTA: Non me l’ha voluto dire e sta piangendo.

CICCIO (A parte):Sospetto sia... E se fosse…? (A Concetta)Falla entrare. (Siede)

CONCETTA (Che è uscita e rientra ora con Felice vestito da educanda come Silvia):Signorina, il sindaco. (Felice si getta ai piedi di Ciccio piangendo)

CICCIO: (A Concetta)Esci, per piacere! (Concetta via)Voi alzatevi.

FELICE: No, onorevole zio, mi alzerò quando mi avrai perdonato..ta.

CICCIO: Mai, non ti perdonerò mai! (La spinge) Con quale ardire ti presenti qui, dopo quello che hai fatto!

FELICE: L’ho fatto, ma non ero convinta e me ne sono pentita amaramente.

CICCIO: Ora che cerchi da me?

FELICE: O, clemente, non desidero altro che essere perdonata e abbracciare mio fratello.

CICCIO: Non credo voglia abbracciarti.

FELICE: Oh, non dubitate, lo farà eccome!

CICCIO: Perché siete fuggita dall’educandato? Voglio le ragioni, perché?

FELICE: Mille, mille le motivazioni! Non ce la facevo più, avevo tutte contro e quella sadica della Direttrice m’ha ridotta in schiavitù! Avevo una mano delicata e sottile come un fuso, ora è tutta bitorzoluta e sgraziata: tutti i lavori da sguattera, tutti destinati a me. So persino cosa significa digiunare!! Mi ribellavo e venivo castigata: ginocchia sui fagioli e ceci! (Piange)

CICCIO: (Guarda la mano) A me non sembra! Cilicio! Di quel collegio tutti ne parlano bene! Bah! (A Felice)Mi meraviglio!

FELICE: Non è vero, zio mio, non è vero! Mangiavamo sempre ceci, aringhe e rape...

CICCIO: Come fossero carcerate!

FELICE: E la biancheria dei lettini ce la cambiavano ogni due mesi.

CICCIO (A parte):Mamma mia, povere figliole! (A Felice)In ogni modo, avete fatto male a fuggire: una figliola onesta questo non lo fa!

FELICE: Perdonatami!

CICCIO: Per ora non posso dirti niente. Non so tuo fratello cosa intende fare, ma io gli ho donato tutto!

FELICE: A chi?

CICCIO: A Felice.

FELICE: Ah! E alla sorella… volevo dire a me?

CICCIO: Niente!

FELICE: Veramente? (Piano)Oh, che piacere!

CICCIO: Hai detto? Ne hai piacere?

FELICE: Si capisce, questo volevo. Oh, se avessi lasciato a me il tuo patrimonio, la metà l’avrei ceduta a lui; zio, sono una donna sola, incapace d’amministrare il lascito, ma sono sicura che Felice non m’abbandonerà! (Piange)

CICCIO (A parte):Questi fratelli sono due angeli!

FELICE: Ma dov’è mio fratello?

CICCIO: In soggiorno.

FELICE: Grazie, zio mio, grazie! Ho fame, ho sete!

CICCIO: Hai chiesto, ti sarà dato! (Felice via)Che bravi ragazzi, l’uno per l’altra. Un bacio pure a te, tieni! (Manda un bacio)

SCENA QUARTA

SILVIA (Entra):Ebbene  zio, non mi raggiungi?

CICCIO: Sì, quello che ti dirò ti farà piacere.

SILVIA: Che cosa?

CICCIO: (Con precauzione) Indovina chi c’è? Silvia, tua sorella.

SILVIA: Mia sorella, possibile!?

CICCIO: Sì, coi suoi commoventi racconti mi ha fatto vibrare le corde vocali del cuore: m’ha commosso implorando il mio perdono! E’ scappata dall’Educandato perché vilipesa, frustata e digiuna!

SILVIA: Ah, perciò!? (A parte)E questa tizia chi è?

CICCIO: Ti vuole vedere, ti vuole bene! E’ certa che tu penserai anche a lei!

SILVIA: Ah, questo vi ha detto?

CICCIO: Mi pare che sia una bella azione, te la chiamo. Tu rimproverala, ma senza esagerare, anch’io mi sono contenuto!   (Va a destra, porta della stanza dov’è Felice)

SILVIA: Va bene. (A parte)Devo capire chi è ‘sta figliola e dove vuole approdare.

CICCIO:  (Entra Felice)Abbracciatevi, su, su.

FELICE: Ah fratello, fratello mio! (Abbraccia Silvia)Stringiamoci, baciamoci! Ne è passato di tempo!

SILVIA (A parte):Continuo a non capire.

FELICE: Sei diventato un giovane aitante e fascinoso! Ci hanno separati che eravamo ancora in fasce, ricordi? (A Ciccio) Adesso sei un uomo. A me, invece, come mi trovi?

SILVIA: Oh, anche tu stai bene.

FELICE: Non essere in collera con me per la mia fuga. Lo so, una buona figliola, una ragazza onesta, la nipote del sindaco nessuno si sarebbe aspettata una simile alzata di penne, ma la disumanità con cui mi trattavano mi ha spinto a questo. Ora sono sulla bocca di tutti e i compaesani dello zio non gli porteranno più rispetto. (A Ciccio)Non è vero?

CICCIO: Si capisce!

SILVIA: Ma quando si saprà che la nipote, dal collegio è andata da suo zio e questi l’ha perdonata, nessuno potrà pettegolare.

FELICE: Ma bisogna vedere se lo zio è disposto!

SILVIA: Oh, la perdonerà.

FELICE: Oh, questo lo vedremo!

CICCIO: Ma tu vuoi essere perdonata o no?

FELICE: Tanto da te quanto da Felice.

CICCIO (A Silvia): Noi ti perdoniamo, hai sofferto le pene dell’inferno, ti pare Felicetto mio?

SILVIA: Perfettamente.

CICCIO: Felice avrà cura di te e del tuo avvenire. Sarò irremovibile, quindi, tutto dipenderà da lui.

FELICE: Sono d’accordo.

SILVIA: Ma no, meglio dividere in parti eguali.

FELICE: No, non aspiro a niente, dai tutto a Felice.

SILVIA: Ma no, a me  basta la metà.

FELICE: Direi, o tutto o niente.

SILVIA: Allora a lei.

FELICE: Oh, troppa grazia!

SILVIA: Ma perché non vuoi accettare la metà?

FELICE: Perché non voglio niente.

SILVIA: E io nemmeno!

CICCIO: Insomma, la mia eredità a chi la do? Facciamo così...

SCENA QUINTA

CONCETTA (Entrando):Signor Sindaco, fuori c’è un uomo che vi vuole parlare: un certo Procopio, guardiano del collegio di Castellammare .

SILVIA (A parte):Oddio!

CICCIO: Il guardiano dell’Educandato?

FELICE (A parte):Le dolenti note!

CICCIO: Benissimo! Ho piacere di fare la sua conoscenza!

FELICE: Zio, scusa, non me la sento.

CICCIO: Sì, dici bene. (A Silvia)Felice, fai una passeggiata in giardino con Silvia.

SILVIA: Andiamo sorella.

FELICE: Andiamo fratello.

SILVIA (Piano):Tu, in giardino, svelerai la tua identità.

FELICE (Piano):Io, in giardino, ti prendo a schiaffi ! (Escono)

CICCIO: Concetta, fai entrare.

CONCETTA: Subito. (Via)

CICCIO: Gliene dirò quattro, a nome di mia nipote e di quello che ha subito!

CONCETTA (Entra seguita da Procopio):Favorite, il Sindaco!

PROCOPIO: Grazie, santità!

CICCIO: Accomodatevi. Concetta, date una sedia al signore. (Concetta dà la sedia)

PROCOPIO: Troppo buono, grazie. (Siede)

CICCIO: Prego esponete.

PROCOPIO: (A parte)Quanta eleganza! (A Ciccio)Procopio Cicca, ai vostri pregiati comandi. Sono il custode dell’Educandato di Castellammare.

CICCIO: Concetta, date un bicchiere di marsala al signore.

CONCETTA: Subito.

PROCOPIO: (Beve)

CICCIO: Concetta, potete andare. (Concetta via)Dunque, dovete dirmi?

PROCOPIO: Ecco, signore, mi manda la Direttrice che è addolorata per la fuga di vostra nipote e preoccupata, vi ha fatto recapitare una missiva. Io, poi, domando un vostro intervento con Ella che ha ritenuto giusto licenziarmi, Ma, in questa vicenda, non c’entro niente: mi sono allontanato per comperare un sigaro e la signorina ha approfittato. Fondo sulla vostra clemenza, salvatemi o Redentore!

CICCIO: Questo è tutto? La Direttrice è addolorata!?

PROCOPIO: La Madonna dei dolori.

CICCIO: Chi vuole questo e chi altro!!

PROCOPIO: Sissignore, o Giudice Supremo!

CICCIO: Alzatevi e camminate! Riferite, alla Direttrice dei miei stivali, che non m’importunasse più con lettere e piccioni viaggiatori. Io il sindaco lo so fare, lei sa fare la Direttrice?

PROCOPIO: Signore!

CICCIO: Tacete, so tutto. Quella povera figliola non ne poteva più tra misere zuppe di rape, digiuni e percosse.

PROCOPIO: Rape, percosse?

CICCIO: Farò una pubblicità negativa sul collegio che nulla più: da giornale! Se n’è scappata. Si capisce, che doveva aspettare, di morire martire? La biancheria ai letti si cambia ogni mese! E tu, la cambi ogni anno? Ma dove si è visto mai!

PROCOPIO: Eccellentissima...

CICCIO: Zitto che t’innaffio!

PROCOPIO (A parte): E questo sarebbe il signore! Quello con l’unghia spaccata, però!

CICCIO: Andatevene all’inferno, quello da dove siete venuto e dite alla dittatrice che mia nipote è qui nel mio eden, capito?

PROCOPIO: Sì, Onnipotente Bon Signore!

CICCIO: Sloggiate!

PROCOPIO: Ecco, volevo ancora dire...

CICCIO: Esci dal paradiso, tra tutte le bestie sarai quella da me maledetta! (Procopio scappa)Ah! Mi sono sfogato!! (Via)

SCENA SESTA

ALFONSO (Entra sconcertato): Non ho capito se quelli sono fratello e sorella o cane e gatto. Con la scusa del passeggiare, se ne sono andati a sceriffare. Chi sa perché…?

CONCETTA (Entra seguita da una donna in nero):Favorite, favorite, accomodatevi,

ACHILLE: (Mascherato da donna con velo nero sulla faccia guanti e ventaglio):Grazie.

CONCETTA: Segretario, la Direttrice dell’Educandato. Avvisate voi Don Ciccio.

ALFONSO: Va bene, vattene.

CONCETTA  (Ad Achille):Il segretario del sindaco, parlate con lui. (Via)

ALFONSO: Attendete, signora, il sindaco è occupato.

ACHILLE: Che signora! Alfonso, sono io! (Si toglie il velo dalla faccia)

ALFONSO Achille! Oh, questa è bella, vestito da femmina! Perché?

ACHILLE: Per vedere Silvia. Ma, Alfonsì, per carità...

ALFONSO: Oh, ti pare... (Ride)No, ma stai bene, sai!

ACHILLE: Stamattina avevamo deciso di andare a Napoli; l’ho lasciata in albergo per una carrozza. Quando sono tornato lei non c’era, che ansia! Ho pensato fosse tornata a Castellammare, allora mi sono informato, ma niente, neppure lì. Ho capito che poteva essere da suo zio, che scusa trovo per entrare? Come mi presento? Così mi sono travestito da donna, gli abiti me li ha prestati una comare; ed eccomi qua.

ALFONSO: Una pensata magnifica. E quando vedi il Sindaco che gli dici?

ACHILLE: Non ti preoccupare, invento, la fantasia non i manca. Ma lei dove sta? Fammela vedere, fammela abbracciare, fammela tocc...

ALFONSO: Frena ‘sta salivazione, è in giardino. (Va a guardare in fondo a sinistra)Ah, eccola qua!

FELICE (Entrando):Ma lo zio dov’è?

ALFONSO: Forse nel suo studio, c’è una signora che vi deve parlare.

FELICE: A me? (La guarda, poi a parte)E chi è quella, la levatrice?

ACHILLE (Piano):Aspetta, questa non è lei!

ALFONSO (Piano):Non è lei?

ACHILLE (Piano):No!

ALFONSO (Piano):Come no? Tu ami la nipote del Sindaco?

ACHILLE (Piano):Sì, ma non è questa.

ALFONSO (Piano):E chi è?

ACHILLE (Piano):è un’altra.

ALFONSO (Piano):Voi vedete la combinazione!

FELICE: Dunque, chi è che mi deve parlare?

ALFONSO (Piano ad Achille):Silvia conosce la Direttrice e capisce. Voltati, ho avuto un’illuminazione. (A Felice)Questa signora è la sorella della vostra Direttrice, è venuta qui per vedervi.

FELICE (A parte):Mi riconoscerà!

ACHILLE (ad Alfonso): Che hai fatto?

ALFONSO (Piano):Non credo, che diavolo! (Ad alta voce)Dunque, confrontatevi, io vado dal sindaco, ha bisogno di me. (Piano ad Achille)Ricordati, che se Don Ciccio ti vede, tu gli devi dire che sei la sorella della Direttrice!

ACHILLE: E si capisce.

ALFONSO: Permettete? (Via)

FELICE (A parte):Che affronto!

ACHILLE (A parte):Vorrei sapere lei chi è!

FELICE: Accomodatevi, vi prego. (Gli dà una sedia e seggono con le facce voltate)Vostra sorella la Direttrice, come sta?

ACHILLE: Eh, non c’è male. E voi?

FELICE: Ih, così, così.

ACHILLE: Voi siete la nipote del sindaco?

FELICE: Sissignore, per servirla.

ACHILLE: Che volete, tra tante ragazze, non ricordo; però non vi ho vista mai.

FELICE: Non so.

ACHILLE: Credo proprio di no.

FELICE: Io no. E voi nemmeno.

ACHILLE: Neppure.

FELICE: Ah, va bene! (Si volta)

ACHILLE: Bravissimo! (Si volta)E qui, in casa di vostro zio, vi trovate bene?

FELICE: Ah, benissimo! Figuratevi, quello non è uno zio, è una perla di zio!

ACHILLE: Ma voi perché siete fuggita dall’Educandato?

FELICE: Non ce la facevo più, cara signora. La Direttrice è terribile, un mostro.

ACHILLE: Vostro zio lo conoscete?

FELICE: No, mai visto prima.

ACHILLE: Come vi chiamate voi?

FELICE: Silvia.

ACHILLE: Silvia, questo è un inganno! (A Felice)Voi non siete Silvia, non siete la nipote del sindaco!

FELICE (A parte): la faccenda s’ingarbuglia! (Ad Achille)E perché?

ACHILLE: Perché conosco Silvia! E adesso dirò tutto al sindaco.

SCENA SETTIMA

SILVIA (Entrando):Che succede?

FELICE (Piano):Questa è la sorella della Direttrice, vuole dire a zio che io non sono la nipote. Vedi che puoi fare!

ACHILLE (A parte):Silvia, con i vestiti miei addosso!

SILVIA: Voi siete la sorella della Direttrice?

ACHILLE: Sissignore.

SILVIA: La Direttrice è figlia unica!

FELICE: La Direttrice non tiene sorelle!

SILVIA: Chiamate il segretario del Sindaco.

FELICE: Subito. (Via)

SILVIA: Adesso sapremo subito chi siete.

ACHILLE (Togliendosi il velo):Silvia, sono io!

SILVIA: Achille!

ACHILLE: Tu che hai fatto e perché sei venuta qua? Perché ti sei vestita da uomo?

SILVIA: Non posso parlare, poi ti racconto tutto. Ma tu, perché ti sei vestito da femmina?

ACHILLE: Per vederti!

SILVIA: Shhhh, non fiatare.

FELICE (Entrando con Alfonso):Ecco qua il segretario.

ALFONSO: Che cos’è?

SILVIA: Niente, la sorella della Direttrice voleva conoscermi.

ACHILLE: Sicuro.

FELICE: Ma tu hai detto che la Direttrice di sorelle non ne ha.

SILVIA: Così credevo.

ALFONSO: Scusate, e Don Felice che ne sapeva?

SILVIA: Attendete in questa stanza, che fra poco vi farò parlare con mio zio.

ACHILLE: è stato uno sbaglio, lui immaginava... Addio, carina. (Via)

FELICE: Addio carogna!

ALFONSO (A parte):Non trovo il bandolo della matassa! (Ad alta voce)Adesso vado a farle io compagnia. Permettete? (Entra appresso ad Achille)

FELICE: Poco hai detto che non era la sorella, poi, ti sei cambiata.. Che razza di mistero è questo?

SILVIA: Felice, fratello mio, ti dico tutto: lui è il mio fidanzato. Per vedermi è venuto sin qui e vestito da donna...

FELICE: Il tuo fidanzato? Bravissimo! Dirò tutto a zio Ciccio e gli altarini si scopriranno...

SILVIA: No, per carità, non lo fare! In giardino, m’hai detto che mi volevi bene. Perché, ora, mi vuoi fare del male?

FELICE: Non mi compenetro! Piaciuto il pranzetto preparato per me e ingozzato da te, mentre io, pover’uomo, morivo di fame!? Piaciuto presentarti allo zio tentando d’accaparrarti la metà delle sue ricchezze?!

SILVIA: Ma io sono tua sorella: metà spetterebbe a me.

FELICE: Non certo imbrogliando! Quindi, o dici a zio che lasciasse per intero a te, cioè a Felice suo nipote, o spiffero tutto!

SILVIA: Questo mai, non m’assoggetterò a nessuno, neppure a mio fratello e neppure per tutto l’oro del mondo! Fai quello che vuoi e dì quello che vuoi, poi vedremo, l’Imperatore, come si regola.

FELICE: E vedremo... (Chiamando)Zio... zio...

SCENA OTTAVA

PASQUALE (Di dentro, gridando):T’ho detto che voglio parlare col nipote del sindaco e non me ne vado se non mi si dà questa possibilità!

FELICE (A parte):Mamma mia, il fratello della ragazza!

CONCETTA (Entrando, a Silvia):Signorina, fuori c’è un uomo con una figliola, chiede di voi.

SILVIA: Me?

FELICE: Eh, tu sei il nipote del sindaco!

SILVIA: Va bene, che entri.

CONCETTA (Alla porta):Prego!

SILVIA: Che cos’è, perché gridate in quel modo?

PASQUALE: Chiedo scusa, ho strillato perché urgeva parlarvi, ma volevano impedirlo: si tratta di un fatto molto delicato, importante. Scusate per i toni.

SILVIA: Dunque pronunciatevi. Concetta lasciaci soli, per favore.

PASQUALE: Questa ragazza chi è?

SILVIA: Mia sorella.

PASQUALE: E’ zitella?

SILVIA: Che rozzo!

PASQUALE: Se è zitella non può sentire.

SILVIA: Cara, motivi tecnici, allontanati.

FELICE: E’ vero sono zitella. (Esce e fa capolino)

SILVIA: Quindi?

PASQUALE: Lei, lei è mia sorella.

SILVIA: Bravo e allora?

PASQUALE: Vi piace?

SILVIA: Sicuro!

PASQUALE: E a te, Nannina?

NANNINA: Assai, molto, super assai, troppo!

PASQUALE: Appurato ciò, ve la dovete prendere in moglie.

FELICE (A parte):E fai quest’affare!

SILVIA: A me? (Ride)Ah, ah, ah! Questa è bella!

PASQUALE: Ridete? E ride bene chi ride ultimo.

SILVIA: Curiosa ‘sta vicenda.

NANNINA: Pasquale, lui non sa chi siamo, inoltre, stanotte, eravamo al buio.

FELICE (A parte):Senti, senti!

PASQUALE: Già, Nannina è quella del Minerva, capito?

SILVIA (Con lo stesso tono):Che è il Minerva?

PASQUALE: Quella dei fuochi pirotecnici.

SILVIA: Che andate blaterando!?

PASQUALE: Ah, non sapete o non volete? ( Solito matterello)

NANNINA (Lo trattiene):Pasquale, fermo!

PASQUALE: Zitta tu; noi dobbiamo chiarire!

SILVIA: Ma insomma...

PASQUALE: Se voi siete il nipote del sindaco, io sono Pasquale Guerra, rispettabile giovine dalla testa ai piedi!

FELICE (A parte): “Guerra” e si vede!

PASQUALE: Il buon nome della casa mia non ammette affronti!!

SILVIA: Voi date i numeri, non so a che vi riferite. (Un poco intimorita)

PASQUALE: Come, più chiaro di così!?

NANNINA (Piano):Pasquale, Don Felice sta tirando l’ala, non spaventarlo. (A Silvia) Stanotte, ho avuto un abbaglio e vi ho confuso con mio fratello, non c’era luce e vi ho chiesto d’accendere un fiammifero»...

FELICE: Ma questo fiammifero non si consuma mai?!

NANNINA: M’avete afferrata, abbracciata e baciata.

FELICE: (A parte) E ho fatto benissimo, siete una bontà!

NANNINA: Poi è venuto Pasquale, ha sbraitato e siete scappato. Non potevate essere che voi: questo portafoglio lo abbiamo trovato a terra, vicino al letto. Vi appartiene, la carta d’identità lo dimostra e pure le due lettere di Don Ciccio. Dunque non barate.

FELICE (A parte):E le quindici lire?

NANNINA: Pasquale ha dato la colpa a me, ma io, di colpe, non ne ho nessuna. (Piange, e piange anche Pasquale asciugandosi gli occhi con la manica della giacca)

FELICE (A parte):Ha cacciato il fazzoletto di batista!

PASQUALE: Vi siete persuaso?

SILVIA: Sì, tornate domani. Parlerò con mio zio.

PASQUALE: Ci parlate adesso e noi torniamo stasera.

SILVIA: Tornate stasera, aggiusteremo tutto.

PASQUALE (Sullo stesso tono):Non ci vuole niente ad acconciare: vi sposate mia sorella e basta! A stasera, andiamo. (Fa per andarsene, poi torna)Nel portafoglio ho trovato 15 lire...

FELICE (A parte):Ah, ecco!

PASQUALE: Con le 15 lire ho comprato un amico. (Mostra il coltello)

FELICE (A parte):S’è comprato l’agnellino Pasquale.(Nannina guarda Silvia con passione)

SILVIA (a Felice che esce dalla destra):E Come la mettiamo?

FELICE: Sorella, sorella mia!

SILVIA: Ah, alla fine la memoria non l’hai persa!? Perciò, voglio la metà delle ricchezze di zio Ciccio o gli dico tutto.

FELICE: No, per carità!

SILVIA: Nessuna pietà!

FELICE: Facciamo tre quarti a me e un quarto a te.

SILVIA: La metà! Ah, ecco lo zio, deciso?

FELICE: Vada per la metà!

SCENA NONA

CICCIO (Con carta):Felice, questo è il testamento, manca solo la firma del notaio: ti ho lasciato tutto; per Silvia, fai come meglio credi.

SILVIA: Voglio darle la metà, la sua storia mi ha turbato e io sono una persona sensibile: rifai il testamento.

CICCIO: Va bene. (Esce)

FELICE: Contenta?

SILVIA: Contentissima, in estasi. (Via appresso a Ciccio)

FELICE: Per colpa di quel cialtrone di Pasquale Guerra, ho perso il patrimonio intero!

ALFONSO (Entra, eccitato):Ma siamo a carnevale? Il nipote del sindaco è una donna travestita da uomo, Achille m’ha detto tutto. Lei chi è? (Fa precauzione, lazzi)Signorina, chi siete?

FELICE: Una povera infelice, una povera disgraziata: colpa del vino, della donna tentatrice e della mal nottata!Non posso parlare. In quello studio si sta decidendo del mio avvenire, ma per metà (Concetta entra dal fondo)

ALFONSO: Con me potete confessarvi, non abbiate paura. (L’ abbraccia)

FELICE:  Assolvetemi, “Atto di dolore: mio Dio…”  In serata saprete tutto.

ALFONSO: Va bene, se avete bisogno di me, comandatemi pure!

FELICE: Grazie, grazie, amico mio! (L’abbraccia e lo bacia, lasciando Concetta scandalizzata)

ALFONSO (A parte):Uh, m’ha baciato!

FELICE (A parte):Che distratto, l’ho baciato!

ALFONSO: Dunque, stasera sapremo.

FELICE: Sissignore, stasera.

ALFONSO: Datemi un altro bacio.

FELICE: Sì, tenete. (Lo bacia molte volte) (Concetta fa segni con la mano che dirà tutto allo zio poi esce)

ALFONSO: Basta, basta! (Cade sopra una sedia)

FELICE: Eh, bell’affare!

(Cala la tela)

Fine dell’atto secondo

ATTO TERZO

SCENA PRIMA

SILVIA (Entra e chiama):Achille, Achille! Don Alfonso, voi uscite.

ALFONSO (Entra con Achille):Eccoci qua.

ACHILLE: Insomma, che devo fare? Questi vestiti cominciano a scocciarmi: vado a casa, me ne libero, torno, mi presento al sindaco e gli chiederò la tua mano.

SILVIA: Impossibile, Achille mio. Zio Ciccio andrà domani dal notaio: devo stare attenta o perdo tutto quello che ho conquistato.

ALFONSO: Già, dici bene.

SILVIA: Io direi, torna domani pomeriggio, la carta sarà legalizzata, vieni ci parli e convoleremo a nozze. Mio fratello non può dire “A”: ha un cataplasma sul groppone.

ALFONSO: Vostro fratello? Aspettate, chi è vostro fratello?

SILVIA: Come chi è? Non l’avete capito ancora? È vestito da femmina ed è anche quello che ha detto allo zio d’essere me, ma io sono lui. Insomma non so neppure chi io sia !

ALFONSO: Possibile? Quello è uomo?

SILVIA: Sissignore, è mio fratello.

ALFONSO: Uh, mamma mia! E io mi sono fatto baciare da un uomo!

ACHILLE: Vi siete fatto baciare? (Ride)Ah, ah, ah!

ALFONSO: Che ne sapevo, pareva proprio una femmina. E dove sta?

SILVIA: In terrazza con zio. Achille, ci vediamo domani.

ACHILLE: Buonanotte mia adorata. (Fa per andarsene)

SILVIA: Aspetta, sento rumore... Chi è?

CONCETTA (Con candelabro acceso):Signorina, felice sera!

SILVIA: Santa notte.

CONCETTA (Vedendo Achille):Voi ancora qua?

ALFONSO: Adesso se ne va, tornerà domani perché il sindaco è occupato.

ACHILLE: Sì, tornerò domani.

CONCETTA: Ecco sua santità, ormai è qui, trattenetevi.

ALFONSO (A parte):Statevi bene!

SCENA SECONDA

CICCIO (Entra a braccetto con Felice):Stasera ceneremo in terrazza. Hai visto che bella luna?

FELICE: Zio, perché la luna quando spunta è rossa e poi bianca?

CICCIO (A parte):Non lo so. (A Felice)Forsequando compare è beata e allegra; poi, vedendo le nostre miserie,  impallidisce.

FELICE: Ah, ho capito... (A parte)Vede i guai miei e sbianca!

CICCIO: Felice, tu stai qua e questa signora chi è?

SILVIA: La sorella della Direttrice dell’Educandato; voleva conoscerti e assicurarsi che Silvia stesse bene.

CICCIO: Ah, la sorella della Direttrice! Piacere sorella!!

ACHILLE: Piacere mio.

CONCETTA: Scusate, la signora ha detto d’essere la Direttrice in persona.

ALFONSO: Avete inteso male: è la sorella della Direttrice.

ACHILLE: Sissignore, ho detto “sorella”.

CICCIO: Voi dunque dovete parlarmi e pure io ho da dirvi. Signori vi prego, ritiratevi. (Silvia e Alfonso s’inchinano e escono a sinistra; Alfonso va via guardando Felice; Concetta via dal fondo; Felice fa per andare)Voi rimanete. (Ad Achille)Accomodatevi, signora. (Seggono)Parlate prima voi.

ACHILLE (A parte):E ora che m’invento? (A Ciccio)Signor sindaco esigo delle spiegazioni dalla discente circa la fuga. Mia sorella, la “Badessa”, è sempre stata molto disponibile e materna con le collegiali. (A Felice)Ditelo voi stessa.

FELICE (A parte):Questo è più impostore di noi! (Agli altri)Sì, mi voleva bene, ma a modo suo.

ACHILLE (A parte):Ma che imbroglione!

CICCIO: Ad onor del vero, sono venuto a conoscenza di episodi assai sconvenevoli e scabrosi.

FELICE: Oh, questo è certo!

ACHILLE: Sindaco, non siate superficiale, non vi fermate alla apparenze. Insomma, senza appurare, voi credete a tutto quanto vi viene raccontato?! Fatti, non parole; prove, non dicerie: aprite gli occhi!

CICCIO: Aprite gli occhi!? Signora Anna, io sono e faccio il sindaco di Rozzano, non Sherlock Holmes e qui, nel mio paese, c’è un detto: “voce di popolo, voce di Dio”. Io, il Sindaco lo so fare; vostra sorella, la Direttrice la sa fare?

FELICE: Scusate Signora, il vostro nome?

ACHILLE: Anna.

FELICE: Donna Anna, io sono sincera oppure devo pensare che siete qui per ragioni a noi ignote? Aprite le orecchie!

ACHILLE: E perché dovevo venire?

FELICE: E io perché dovevo fuggire?

CICCIO: E io perché non debbo capire? (Si alzano)Basta, ad ogni modo, la ragazza, ora, è con me. Quando potrò, chiederò un incontro direttamente con la Direttrice.

SCENA TERZA

SAVERIO (Di dentro):èpermesso?

CICCIO: Chi è? Avanti.

SALVATORE (Con biglietto da visita):Divino, giù al palazzo c’è una carrozza con parecchia gente dentro. Una signora m’ha dato questo biglietto da visita, vorrebbe parlarvi. (Consegna il biglietto)

CICCIO (Leggendo):«Angiola Maria Tropea, Direttrice dell’Educandato in Castellammare». La signora Tropea! (Ad Achille)Vostra sorella. 

ACHILLE (A parte):E lei ci mancava!

CICCIO: Falla salire, ricevetela nello studio.

SALVATORE: Subito. (Via)

ACHILLE: Sindaco, vi chiedo un gran favore: non mi vorrei incontrare con mia sorella, abbiamo dei contrasti in corso.

FELICE: Giusta occasione per riappacificarvi.

ACHILLE: No, no, non voglio fare pace.

CICCIO: E come si fa?

ACHILLE: Me ne vado, ci vedremo un altro giorno. (Fa per andarsene)

CICCIO: Ma scusate, sta salendo! Comunque, entrate in questa camera e ve ne andrete dopo di lei.

ACHILLE: Ah, sicuro, grazie. (A parte)A forza devo stare qua. (A Ciccio)Ma non dite che io sono venuta...

CICCIO: Non dubitate. (Achille entra)

FELICE: Zio, io nemmeno mi voglio far vedere dalla Direttrice...

CICCIO: Va bene, tu aspetti in terrazza. Vieni. (Via a sinistra, seguito da Felice)

SALVATORE (Entra dal fondo):Favorite, favorite, da questa parte. (Entra Angiola infuriata, con un ventaglio; la seguono Virginia, Adelina, Leopolda e Giuseppina, vestite da educande tutte uguali, con paglia; in ultimo entra Procopio anche lui infuriato e segue tutti i movimenti di Angiola; porta un cassettino con bottigline di odori e un soffietto; in tasca ha un biscotto nero)

ANGIOLA: Grazie infinite!

PROCOPIO: Grazie infinite!

SALVATORE: Il signor sindaco ha detto di attendere.

ANGIOLA: Va bene, aspetteremo. Dobbiamo chiarire, questione anche d’amor proprio! (Passeggia)

PROCOPIO: Perfettamente: amor proprio! (Passeggia)

ANGIOLA: Silenzio!

PROCOPIO: Shhh…!

SALVATORE (Mette le sedie dietro alle quattro educande):Sedete pure, sedete.

ANGIOLA: Grazie, devo crescere! (Alle quattro)Voi potete accomodarvi. (Le quattro seggono tutte insieme con un sol movimento, e restano come statue)

SALVATORE (A parte):Uh, quanto sono belle queste pulzelle: ho rimato! (Ride e via)

PROCOPIO: Signora, vi dovete far sentire, le parole del Sindaco sono state a dir poco offensive!

ANGIOLA: Ma mi ha chiamata proprio “Direttrice dei suoi stivali”?

PROCOPIO: Sissignora, tutto quello che v’ho detto è vero.

ANGIOLA: Vedremo se sono la “Direttrice dei suoi stivali”! Mi sento un nervo per capello (capelli sconvolti e dritti). Alcol, prego.

PROCOPIO (Prende una bottiglia e la dà):Eccovi servita. (La donna odora e la restituisce)Un poco di vento. (Esegue)

ANGIOLA: Sono cose che fanno dispiacere: vorrei piangere.

PROCOPIO: Ma si capisce, sono parole che segnano, specialmente una donna come voi con venti anni di servizio!

ANGIOLA: E in vent’anni, niente di simile! Digiuni, punizioni, cilicio, etc… Tribunale inquisitorio!

PROCOPIO: No, io lo so.

ANGIOLA: Tu che c’entri. Ragazze, avete mai subito tanto?

LE QUATTRO: Oh, mai, Mai! Mai! Pasti sani e amore!

ANGIOLA: Che tipo di frutta mangiate a pranzo e a cena?

LEOPOLDA: Mele...

ADELINA: Pere...

VIRGINIA: Arance...

GIUSEPPINA (Forte):Ciliegie...

PROCOPIO (A parte):Prugne, mandaranci: signori svendite, siamo al mercato!

ANGIOLA: E poi ha avuto il coraggio di dire che svolgeva faccende domestiche! Se arriva agli orecchi del Governatore, come farò? Che figura ci faccio, anche se mi conosce?

PROCOPIO: Dimenticavo: ha detto che la biancheria ai lettini la fate cambiate ogni mese e a me ogni anno!

ANGIOLA: Ogni mese, ogni anno: è troppo! E tu non hai risposto niente?

PROCOPIO: Che dovevo rispondere!

ANGIOLA: Benissimo!

PROCOPIO: No, malissimo!

ANGIOLA: Vedremo se questo signor sindaco ha coraggio! Procopio, a me l’acqua di Melissa.

PROCOPIO: Subito. (Esegue)Una benedizione ci vuole sempre. (Esegue)

ANGIOLA: Calunnie su calunnie a me, a me che voglio bene alle ragazze come fossero figlie! Certo qualcuna s’è ritirata, ma io ho pianto tutto il giorno! Ditelo voi stesse.

LEOPOLDA: Non me la togliete...

ADELINA: Non ve la prendete...

VIRGINIA: Non ve la portate...

GIUSEPPINA (Forte):Lasciatela qui!

ANGIOLA: E adesso mi debbo sentire queste infamie! Fortunatamente questo biglietto, trovato nel comodino di Silvia, smentirà ogni accusa e l’illustrissimo signor sindaco saprà la vera ragione, perché la tortorella è volata via!

PROCOPIO: Eccolo qua!

SCENA QUARTA

CICCIO (Entra, e le quattro ragazze si alzano):Sedete, prego. Accomodatevi, per piacere! (A parte) Sono sorde? (A un cenno di Angiola le quattro seggono)Ah, sono ammaestrate! (Ripetere il cenno di Angiola; ad Angiola)Signora, prego. (Procopio dà le sedie; lazzi; lui siede in mezzo)Rispettabilissima, avevo stabilito di venire domani a Castellammare, ma va bene così.

ANGIOLA: Quindi, io sarei la direttrice dei vostri stivali!

CICCIO (Alzandosi):Confermo.

ANGIOLA (Alzandosi): Vi prego di non gridare, ricordate che sono una signora! (Siede abbattuta)

PROCOPIO: Signora, signora!

ANGIOLA: Dammi l’aceto aromatico.

PROCOPIO: Subito. (Esegue)Volete un poco di vento?

ANGIOLA: No!

PROCOPIO: Sempre buono è. (Esegue)

CICCIO: Mi permetto eccome!

ANGIOLA: Mai successo niente di simile!

PROCOPIO: Sindaco e che maniere!

CICCIO (Lazzo):La ragazza è venuta da me piangendo e raccontandomi dei vostri soprusi, dei digiuni, dei lavori pesanti cui era costretta, dello sprezzo per la sua persona: spazzare, lavare, etc

ANGIOLA: (Ridendo)Ragazze, ma voi sentite? Ma come, non ridete? (Le quattro ridono forte ad un cenno di Angiola)Basta! (Le quattro smettono di ridere) E basta pure a voi, sindaco! Ascoltate.

PROCOPIO: Volete odorare qualche cosa?

ANGIOLA: No! Vostra nipote ha mentito ed è fuggita per ben altro.

CICCIO: Ovvero?

ANGIOLA: Leopoldina, vieni qua. (Leopoldina si presenta)Di’ al sindaco come venite trattate.

LEOPOLDA: Coi guanti bianchi, non abbiamo di che lagnarci.

ANGIOLA: Grazie. (Prende un dolcetto o caramelle dalla borsa e lo dà a Leopoldina, che se lo mette in bocca e va a sedere mangiando)

CICCIO (A parte):Il contentino!

ANGIOLA: Adelina, ora tu. (Adelina si presenta) Come sono i vostri lettini?

ADELINA: Lindi e pinti, lo diceva anche Silvia.

ANGIOLA: Grazie. (Dà un dolcetto)

CICCIO (A parte):La scimmietta ha avuto la banana!

ANGIOLA: Virginia: (Virginia si presenta)Faccio svolgere faccende domestiche a voi studentesse?

VIRGINIA: Mai, c’è il personale addetto! Noi studiamo, ricamiamo e passeggiamo.

ANGIOLA: Grazie. (Altro dolcetto)Giuseppina: quante volte al giorno mangiate?

GIUSEPPINA: Quattro volte! La mattina alle sette: zuppa. A mezzogiorno: carne e patate. Alle sei: riso, uova e frutta. Alle dieci e mezza: tisana di carote e dolcetti, caramelle, cioccolatini….

PROCOPIO: A mezzanotte, prosciutto e mozzarella!

CICCIO: A mezzanotte...!

GIUSEPPINA: Oh, non sappiamo che sia il digiuno!

ANGIOLA: Basta grazie. (Per prendere altro dolcetto)

PROCOPIO: Lasciate stare, a lei ci penso io. (Caccia di tasca un biscotto nero e lo dà a Giuseppina che lo mette in bocca e mangiando va a sedere)

CICCIO: E allora perché sarebbe fuggita?

ANGIOLA (Alzandosi):Procopio, conducete le ragazze altrove.

PROCOPIO: Subito.

CICCIO: Perché scusate?

ANGIOLA: Perché non possono e non devono sentire.

CICCIO: Allora fatele trattenere nella sala da pranzo.

PROCOPIO: Va bene, Eccellenza. Ragazze, avanti marsh! (Le quattro si alzano in un solo movimento tutte insieme)Fianco sinist, sinist! (Le quattro eseguono)In avanti marsh! (Le quattro camminano a passo di soldato ed escono)

CICCIO (A parte):La caserma?

PROCOPIO: Rimango?

ANGIOLA: Sicuro!

PROCOPIO: Volevo fare compagnia alle ragazze.

ANGIOLA: No, con me!

PROCOPIO: Va bene.

CICCIO: Dunque?

ANGIOLA: Quest’oggi, nel cassettino di vostra nipote si è trovato questo biglietto. (Glielo dà)Leggete.

CICCIO (Legge):«Amata Silvia, cieco è l’amor mio per te... » (A Procopio)Cieco...!

PROCOPIO (A parte):Tu e la Direttrice!

CICCIO: «Domani, alle 9.00, ti aspetto lungo la strada nuova. Prima di andare a Napoli ti porterò da tuo zio. Il tuo eterno A». (A Procopio)Il tuo eterno “A”!

PROCOPIO (a parte):Ah!

CICCIO: E chi è questo “A”?

PROCOPIO: La prima lettera dell’alfabeto.

ANGIOLA: Chi sia questa “A” non lo so. Convinto adesso delle bugie di Silvia? Sono ancora la “Direttrice dei vostri stivali”?

PROCOPIO: E io il custode dei vostri scarponi?

CICCIO: Avete ragione e vi domando scusa.

PROCOPIO: Ma un’altra volta riflettete bene, siete impulsivo!

CICCIO: Stai zitto, se tu non t’allontanavi per il sigaro, lei non scappava. Signora, mi dovete fare un gran favore: entrare in quella stanza e quando vi chiamerò, uscite.

ANGIOLA: Ma...

CICCIO: Voglio sapere che mi dice di questa lettera.

ANGIOLA: Procopio!!! (Esce)

SCENA QUINTA

CONCETTA: (Entra):Comandate.

CICCIO: Chiamate Silvia, per cortesia.

CONCETTA: Devo proprio?

CICCIO: Sì, devi!

CONCETTA: Vostra nipote?

CICCIO: Sì, mia nipote, perché che c’è?

CONCETTA: Vi devo raccontare un fatto!

CICCIO: Di che si tratta?

CONCETTA: Di Silvia, per l’appuntato.

CICCIO: Cioè?

CONCETTA (Con precauzione):L’ho trovata che baciava lui!

CICCIO: Lui chi?

CONCETTA: Il segretario vostro!

CICCIO: Possibile, Don Alfonsino? Che abbracciava a Silvietta?

CONCETTA: Sissignore.

CICCIO: Spiegata la “A”!! Questo, poi, non me lo sarei aspettato da lui. Bravissimo! (A Concetta)Hai fatto bene che me l’hai detto. Fai venire subito Silvia.

FELICE: Zio, se n’è andata la Direttrice?

CICCIO: Sì, ma avrei da dire qualcosa. (A Concetta)Andate a chiamare Don Alfonsino. (Concetta s’inchina, poi esce)

FELICE: Zio, che succede?

CICCIO: Che cos’è? (Chiude la porta) Mi hai ingannato con le tue fanfaluche, tu sei scappata per amore! Ignobile tu e lui.

FELICE: Non è vero!

CICCIO: Ah, non è vero? Ebbene, che significa questa lettera?

FELICE (La prende e la scorre con gli occhi):Non so che sia, non so chi l’abbia scritta.

CICCIO: Ah, non lo sapete? Ve lo dico io: l’ha scritta Don Alfonsino, il mio segretario!

FELICE: Don Alfonsino? (A parte)Quel finocchio non mi vuole lasciare in pace!

CICCIO: Poco fa l’avete abbracciato e baciato, in questa stanza! Lo negate? (Felice abbassa la testa)Vergogna, disonore della mia casa!

FELICE: Oh, zio mio!

CICCIO: Vai, vai! (Lo spinge)

SCENA SESTA

SILVIA (Entrando seguita da Alfonso e Concetta):Che cosa c’è?

ALFONSO: Ch’è successo?

SILVIA: Sorella mia...

CICCIO: Non la chiamare più sorella, non lo merita!  Concetta, portala nella stanza da letto.

CONCETTA (A parte):Poverella, mi fa compassione. (A Felice)Signorina, seguitemi.

FELICE (Guarda Concetta): Vengo, vengo! (Via con Concetta) (Alfonso e Silvia ridono)

CICCIO: Che c’entra questa risata? Voi, Don Alfonso, uscite da casa mia e non entrateci più.

ALFONSO: E perché?

CICCIO: Avete il coraggio di domandarmelo?

ALFONSO: Ma se non ho fatto niente, scusate.

CICCIO: Ah, credete che non sia niente abbracciare e baciare mia nipote?

ALFONSO: Ah, ho capito! (Ride)

CICCIO: E ride! Ma queste sono cose da matti! Siete stato voi che l’avete fatta fuggire dal collegio scrivendole questo biglietto.

ALFONSO (Prende il biglietto, lo guarda; Silvia guarda anche lei):Ah!

SILVIA: Il biglietto d’Achille!

CICCIO: Chi è quest’Achille?

SILVIA: Chi è Achille?

CICCIO: Hai detto Achille.

SILVIA: Ma no, nessun Achille!

CICCIO (Gridando):Hai detto Achille, santa pazienza!!

ALFONSO: Basta, non vi arrabbiate, questo è un imbroglio che si chiarirà domani.

CICCIO: Che domani! Voglio sapere tutto e ora; poi, uscite e non v’accostate più al palazzo.

ALFONSO: Ma signor sindaco, dovete sapere... (Silvia gli tira il soprabito per fargli capire che non deve rivelare niente)

CICCIO: Non voglio sapere niente! Uscite!

ALFONSO: Io mi trovo... (Silvia come sopra)

CICCIO: Vi ho detto uscite!

ALFONSO: (Silvia come sopra)Oh, basta, basta e basta! Fino ad ora non ho detto niente, la vicenda non era così imbrogliata fino a questo punto. E qui si tratta del pane e col pane non si scherza, cara!

CICCIO: Cara?

ALFONSO: Sissignore, “cara”, perché dovete sapere che questo non è un uomo, è vostra nipote Silvia.

CICCIO: Come?

ALFONSO: L’altra, quella che dite io abbia abbracciata, è invece Felice, vostro nipote.

CICCIO: Che è questa pacchianata?

SILVIA: Zio, mi sono finta Felice perché volevo incontrarti e farmi perdonare per la mia scelleratezza.

CICCIO: E la lettera chi te l’ha scritta?

ACHILLE (Che già faceva capolino si presenta alzandosi il velo):Gliel’ho scritta io, Reverendo!

CICCIO: Voi! La sorella della Direttrice con i mostacci... Che confusione, che disastro! Voi dunque chi siete?

ACHILLE: Achille Fardini, ai vostri comandi. Amo vostra nipote immensamente e me la voglio sposare.

CICCIO: Achille Fardini? Siete parente al Giudice Fardini?

ACHILLE: Parente? è mio padre?

CICCIO: è vostro padre! Ah, benissimo, è tanto amico mio! (Gli stringe la mano)Ma scusate, perché vi siete combinato così?

ACHILLE: Per Silvia.

CICCIO: Ah! Per questo quando è venuta la Direttrice non avete voluto farvi vedere!? Capisco.

SILVIA: Zio mio, mi perdoni?

CICCIO: Va bene, è stato uno scherzo riuscito a meraviglia. Ma Felice perché s’è vestito da donna?

SILVIA: Poveretto, a causa di un guaio che ha fatto stanotte.

CICCIO: E che guaio?

SILVIA: Nell’oscurità ha baciato e abbracciato una figliola, poi, scappando, ha perduto il portafoglio con due lettere tue e i biglietti da visita suoi. Il fratello della figliola li ha trovati...

CICCIO: Basta, ho capito tutto, complimenti a tutti e tre! (I tre ridono)Gli farò vomitare il sacco; tocca a me.

ALFONSO: E che volete fare?

CICCIO (A Silvia e Alfonso):Chiamatelo, ma non rivelate niente.

ALFONSO: Va bene, ho capito. (Via con Silvia ridendo)

CICCIO (Ad Achille):Tu, non ti muovere e continua con questa finzione.

ACHILLE: Va bene!

CICCIO (Alla porta, e chiama Angiola):Veneranda, venite con le studentesse.

SCENA SETTIMA

ANGIOLA (Procopio e le quattro educande la seguono):Eccoci!

CICCIO: Signora, assecondate: devo fare uno scherzo.

ANGIOLA: Come?!

CICCIO: Sì, devo ripagare con la stessa moneta: ho scoperto tutto, nascondetevi e quando vi chiamo presentatevi con le ragazze e dite che la rivolete con voi all’Educandato.

ANGIOLA: Va bene, ho capito.

CICCIO: Voi ragazze avete capito?

LE QUATTRO: Sissignore. (Ridendo)

CICCIO (Ad Achille): Poiuscite voi, e nel vedere la Direttrice direte: «Oh sorella, sorella mia!».

ACHILLE: Va bene.

ANGIOLA: E questo signore chi è?

CICCIO: Un conoscente.

ANGIOLA (Ride):Ah, ah, ah! Ma che è martedì grasso?

CICCIO: Zitti, stanno venendo, andate andate... (Tutti escono da dove sono entrati)

ALFONSO (Entra):Signor Sindaco, eccola.

SILVIA (Entra portando per mano Felice):Caro zio, s’è convinta, ma temeva qualche rimprovero (Concetta, che è con loro, esce dal fondo)

CICCIO: Paura? E perché questa paura? Vieni Silvietta mia, tu non hai nessuna colpa. Don Alfonsino non doveva fare quello che ha fatto.

ALFONSO: Ma...

CICCIO: Basta! Vi siete approfittato della debolezza di questa povera ragazza! Perché quando ti ha abbracciata non l’hai detto a me?

FELICE: Mi vergognavo.

CICCIO: Va bene, ingiustamente t’ho aggredita; così ho deciso di cambiare il testamento lasciandoti tutto!

SILVIA: Bravissimo!

FELICE (A parte):Ma che bravissimo...

CICCIO: Però voglio assolutamente che tu baci la mano alla Direttrice, le chiedi perdono e ritorni in collegio.

FELICE (A parte):Fossi matto!

CICCIO: Ah, venite signora Direttrice!

SCENA ULTIMA

ANGIOLA (Entrando):Eccomi. (Procopio e le quattro educande la seguono)

CICCIO: Donna Angiola, ecco mia nipote Silvietta, erede universale. Ella vi domanda perdono  e si dice pronta a ritornare in collegio.

ANGIOLA: Oh, bravissima! (Si accosta a Felice)Adesso, bambina mia ti voglio più bene di prima. Il pentimento è una gran bella cosa. (Alle educande)Ragazze, state allegre: la vostra compagna affezionata ritorna.

LEOPOLDA (avvicinandosi a Felice):Brava, brava Silvietta! Tutte compiaciute.

ADELINA: Senza di te si era perduto il brio!

VIRGINIA: Non si scherzava più.

GIUSEPPINA: Ti volevo bene più d’una sorella!

FELICE (A parte):O queste sono pazze o io sono brillo!

ACHILLE (Entrando):Sorella, sorella mia! (Abbraccia Angiola)

ANGIOLA: Cara sorella!

FELICE (A parte):Che devo fare, sorella! (Alla Direttrice)Come, questa vi è sorella?

ANGIOLA: Sicuro!

FELICE (A parte):Ho capito tutto.

PROCOPIO: Basta, la carrozza di sotto ci attende, vogliamo andare?

CICCIO: Ma si capisce.

ANGIOLA: Stasera dormirai con noi. Vieni Silvietta, vieni.

FELICE: Eccomi, vengo. Addio, caro zio. (Sorpresa generale)

CICCIO: Addio nipote diletta, chi sa se ci vedremo più.

FELICE: E chi lo sa veramente! (Si avvia abbracciando le educande)

ANGIOLA (A Ciccio piano):E ora che si fa.?

CICCIO: E’ tremendo! (A Felice)Ma dove ti avvii?

FELICE: Con le compagne, in collegio.

CICCIO (Prendendolo per l’orecchio):Che ne dici dell’ospedale?! (Lo porta avanti)Lestofante, so tutto, m’hanno riferito tutto! Una bella messa in scena! Volevate tutti raggirarmi?

FELICE: E in ultima analisi, voi me!

TUTTI (Ridono):Ah, ah, ah!

ANGIOLA: Ma vostra nipote perché è vestita da uomo?

CICCIO: Per venire da me.

ANGIOLA: Ma adesso ritorna al collegio, però?

CICCIO: No, perché sposa questo giovine. (Indica Achille)

SILVIA: Oh, che piacere!

FELICE (Alla Direttrice):Si sposa vostra sorella...

TUTTI: Ah, ah, ah! (Ridono. Intanto entra Concetta, seguita da Pasquale e Nannina)

CONCETTA: Entrate, ecco il Sindaco!

PASQUALE: Servo vostro, Eccellenza.

SILVIA (Piano allo zio):Zio, lei è la figliola che Felice ha baciato stanotte...

CICCIO (Piano):Ah, la comare dell’oste.

NANNINA: Bacio la mano.

PASQUALE: Signore...

CICCIO: So tutto, mio nipote Felice sposerà tua sorella.

PASQUALE: Grazie, Eccellenza!

FELICE: Zio, ma la donazione veramente l’hai cambiata?

CICCIO: No, metà per uno!

FELICE: Ah, sono “felice”! Noi siamo fratello e sorella: tutto a metà.

SILVIA: Qualunque cosa?

FELICE: Qualunque cosa...

SILVIA: Pure se si tratta di un applauso?

CICCIO: No, con l’applauso dobbiamo fare un pò per uno.

(Cala la tela)

Fine dell’atto terzo.

FINE DELLA COMMEDIA