Con l’aiuto delle poer’anime

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Commedia in tre atti di

ANTONIO CARLO MONTONATI

Personaggi:

Dott. EDOARDO PUSTERLA - Giovane notaio

CELESTINO - Factotum di studio

SERAFINA - Dattilografa

Dott. EFREM PUSTERLA - Padre di Edoardo (ritratto di sinistra)

Rag. GUSTAVO PUSTERLA - Zio di Edoardo (ritratto di destra)

Donna LETIZIA MANGANELLI - NODOSI - Cliente dello studio

Contessina SOFIA - Figlia di Donna Letizia

Signorina ADA - Nipote di Donna Letizia

Signora GILDA GARBUGLIONI ved. SOFFOCATO - Benestante

ANACLETO - Suo figlio (studente in architettura - fuori corso)

FILOMENA - Donna delle pulizie

Dott. INNOCENTE DAGLI IMBROGLI - Notaio supplente

L'AZIONE : Si svolge nello studio notarile Pusterla - inizio anni '70

LA SCENA: Studio arredato con due scrivanie, cassaforte, scaffali con libri e registri, due classificatori metallici, quattro o cinque poltroncine e, nella parete centrale ai fianchi della porta, due ritratti al naturale dei due fratelli defunti con le cornici che toccano quasi terra. Una finestra e un orologio a pendolo a colonna. Le figure dei ritratti sono rappresentate dagli attori che devono perciò stare assolutamente fermi quando non recitano, per cui è opportuno che i ritratti li rappresentino seduti o, se in piedi, appoggiati a un mobile.

In alternativa, per evitare agli attori lunghe pause di immobilità fra le cornici, gli stessi potrebbero essere sostituiti da gigantografie da rimuovere di volta in volta con particolari accorgimenti scenici: creato un momento di buio sulla scena prima dell'operazione, una carrucola dovrebbe sollevare e calare alternativamente le cornici contenenti le gigantografie e quelle vuote.


ATTO PRIMO

SCENA PRIMA

(Celestino e Serafina)

Celestino è intento a riordinare alcune scartoffie. Dalla porta accanto ai ritratti che dà nell'appartamento di Edoardo, si ode una voce: "Celestino!...  Celestino!... "

CELESTINO: (Stizzito) Vengo! Vengo! Cosa vuole ancora quel tormento di quell'uomo: ti toglie il fiato anche quando mangia, ti toglie... faccia almeno colazione in pace, faccia...  (intanto si ode squillare un campanello)

CELESTINO: (Con voce robusta) Serafina! Vai tu a vedere chi è, vai... e fallo accomodare in salotto, fallo... il sor Edoardo ne avrà ancora per un quarto d'ora almeno,  ne avrà... ora che mangia tutto quel ben di Dio, ora che mangia... (numerando con le dita:) uova col bacon, toast, succo di pompelmo, caffè, brioches... come fa a non scoppiare, non so, è sempre lì magro come una saracca, è sempre lì... (si ode la stessa voce di prima: "Celestino! Celestino!")

CELESTINO: Vengo! Sono qui, sono...

(Entra nella camera di Edoardo passando dalla porta centrale mentre compare Serafina dalla comune.   Serafina si siede alla macchina per scrivere, introduce un foglio e fa alcune battute.   Nel frattempo rientra Celestino con un fascio di carte)

CELESTINO:   Chi era?

SERAFINA:  Donna Letizia con sua figlia.

CELESTINO:   (Con fare ironico consultando l'orologio da taschino)   A quest'ora? Anche i ricchi hanno imparato ad alzarsi presto? Le hai detto di attendere? Ora che finisce il breakfast, ora che finisce... da quando la poer'anima (si rivolge al ritratto di sinistra) l'ha mandato in America non è più lui, non è più... non si alza mai prima delle nove, non si alza... va a fare un po' di footing, va a fare, si lava, si veste, mangia... ah, per quello magnocca, per quello... e intanto il lavoro resta lì, resta... che poi da quando il dott. Dagli Imbrogli - guarda un po' che nome sono andati a dare a 'sto notaio, sono andati a dare... ha dato le consegne con la scusa che ormai il signorino si era impratichito abbastanza, si era... questo studio è diventato una baraonda, è diventato... oh, le poer'anime l'hanno fatta proprio grossa, l'hanno fatta... ad andarsene tutti e due quasi insieme... e la bella trovata di metter qui un sostituto che col nome che ha ne ha già fatti scappare abbastanza di clienti, ne ha già fatti... guarda qui, Serafina, quarda qui... queste sono pratiche che gli ho messo sotto il naso la settimana scorsa... non le ha nemmeno guardate, non le ha... e meno male che le ha almeno firmate, che le ha...

SERAFINA : Ma lei gli ha almeno chiesto...

CELESTINO:   Chiesto?   Glie l'ho detto tre volte, glie l'ho detto... di guardarle per benino, come faceva il suo povero babbo, come faceva... sai cosa mi ha risposto? Di arrangiarci da noi, di arrangiarci... che tanto siamo pratici del mestiere, che son sempre le solite storie, che sono sempre... e che noi dovremmo saperle a memoria, dovremmo... va a finire che scadono i termini in tribunale, va a finire... cara la mia Serafina, se andiamo di questo passo, presto verrà il giorno che dovremo chiudere bottega, che dovremo...

SERAFINA: (Con apprensione) Oh Celestino! Mancherebbe solo quello... di rimanere a   spasso   alla  nostra  età... ma... (sfogliando  una  delle  pratiche  testé portate  da Celestino) ... ma... perché dice che non le ha neppure guardate? non vede che ha margine compaiono tutte le correzioni?

CELESTINO: (Guarda e... meravigliato) Hai ragione, hai... Ma quando le avrà fatte? Di notte tira le tre a giocare a poker, tira... mah... (legge con cura le annotazioni e, cambiando tono di voce con fare ammirato) però!   Guarda Serafina, non gli sfugge nulla, non gli sfugge... proprio come la bonanima di suo padre, proprio... ti ricordi, Serafina, le pratiche del signoR Efrem? E... (voltandosi verso l'altro ritratto) i pareri del signor Gustavo?

SERAFINA: Eh, quello era un uomo che parlava poco, ma le sue erano tutte parole pesate...

CELESTINO: Eh, sì, sì, invece ora con quel moccioso del signorino Edoardo, sta andando tutto  a monte,  sta andando... però... quando mai le avrà scritte queste annotazioni... (guarda ancora con maggiore attenzione la pratica) è la prima volta che si degna di leggere una pratica come si deve, che si degna... e mi paiono anche fatte bene, mi paiono...

SERAFINA: (Che nel frattempo aveva osservato anche lei con attenzione alcuni fogli) E la calligrafia?   Non vede che sembra quasi quella del sor Efrem buonanima?   Mah, volete vedere che si sia deciso a mettere giudizio? Perché stupido non è stupido, sa? Sennò come faceva a superare gli esami di notaio, che tutti dicono siano così difficili... mah, vedremo...

(si ode la solita voce: "Serafina! Serafina!")

SERAFINA: Chiama, vuol dire che ha finito di far colazione. (Entra nella camera accanto passando per la porta di mezzo).

SCENA SECONDA

(Edoardo e Celestino)

Dalla stessa porta compare Edoardo che si rivolge a Celestino.

EDOARDO: Prima ho sentito squillare il campanello. Chi c'è di là?

CELESTINO: Donna Letizia con la contessina Sofia.

EDOARDO: Così di buon'ora?!

CELESTINO: (Sarcastico) Sì... sono appena le dieci e mezza!

EDOARDO: (Sbadigliando) Per me è sempre presto. Ma cosa vorranno mai... (sfoglia l'agenda posta sulla scrivania) non le vedo neppure segnate per l'appuntamento... cosa vorranno quelle due befane? Celestino, dammi un momento la loro cartella... CELESTINO: Ma sor Edoardo! non si ricorda che gliel'ha detto lei ieri per telefono di venire qui stamani, di venire qui?... è per quella pratica della donazione... le ho passato ieri tutto l'incartamento, le ho passato...

EDOARDO: (Con fare annoiato) Quali incartamenti?! Fammeli un po' vedere!

CELESTINO: Scusi sor Edoardo, ma li ha lì proprio sotto il naso, li ha lì...

EDOARDO: (Prende il fascicolo, lo apre e... ) Ah, già! La donazione! Ma cosa cribbio sta facendo qualla baldracca!  Donazione, donazione... appiano!  Voglio prima vederci chiaro, si fa in fretta a dar via e a restare poi coi pidocchi...

CELESTINO: Ma sor Edoardo! Con tutta la roba che anno, con tutta... cosa sarà mai una cascina...

EDOARDO: (Che nel frattempo ha proseguito nell'esame della pratica) E le sei pertiche di prato? E i venti milioni di Buoni del Tesoro che vuole dargli insieme?  Sai tu cosa valgono sei pertiche di prato proprio sulla provinciale? Guarda, io ti dico che tra terra, casa e titoli siamo vicini ai cento milioni!   Per darli a chi, poi? Ai cani e ai gatti randagi... cento milioni!... Ma, dico, stiamo impazzendo?

CELESTINO: Parla come se fossero suoi, parla... lei deve pensare solo alla parcella, deve pensare... in fondo... cani o gatti che siano, son sempre dati a scopo benefico, son sempre dati... lo sa bene anche lei che senza quel terreno non possono costruire le gabbie nuove sul prato che hanno ereditato dal marchese Paneposso, che hanno ereditato...

EDOARDO: Bel lascito quello! Chiamalo prato tu, quella pozzanghera... marchese Paneposso! Certo che se non fosse stato un "panposso" non avrebbe mai acquistato...

CELESTINO: Oh sor Edoardo! Per rispetto delle poer'anime!   Per rispetto... lo sa bene anche lei che sono stati loro, ai tempi a combinargli l'affare, a combinargli... e che affare! Lo sa che in virtù di quella linguetta di terra hanno acquistato il passaggio che porta al bosco dei tre allocchi, hanno acquistato...

EDOARDO: E allora? Cosa c'entrano gli allocchi?

CELESTINO: C'entrano, c'entrano... intanto il bosco vale il doppio, vale, essendo che anno accorciato la strada, essendo... ma lei è troppo giovane, è troppo... per capire certe malizie...

EDOARDO: E adesso il bosco di chi è?

CELESTINO:  È ben questa la gabola!   Il bosco, il marchese l'aveva venduto a un certo Soffocato, l'aveva... il marito della signora Garbuglioni, che sono nostri clienti, che son nostri... con l'idea di farne un roccolo, di farne... poi il Soffocato è morto, un paio d'anni fa, e la Garbuglioni è in lite con sua cognata, è in lite... che è padrona di una metà del bosco e anche di una cascina che sorge proprio dietro, che è padrona... adesso, la cognata vorrebbe vendere la sua parte di bosco e metà cascina per darla alla signora contessa Letizia, vorrebbe... fra i quali la contessa vorrebbe donarla per i cani, vorrebbe... ma la Garbuglioni non ne vuole sapere, non ne vuole...

EDOARDO: Oh che guazzabuglio! Beh, intanto fai passare donna Letizia, che vedrò di farle cambiare parere... (intanto Celestino esce dalla comune) così donna Letizia vuole comprare un pezzo di bosco per dare anche quello per i cani... altri quattrini che escono... a me questa cosa piace poco...

Intanto Celestino ha introdotto donna Letizia e la contessina Sofia.   Edoardo si alza e va loro incontro porgendo la mano a donna Letizia.

SCENA TERZA

(Letizia, Edoardo, Sofia)

LETIZIA: Oh Doardino, Doardino, permetti che ti chiami ancora così, io che ti ho tenuto a battesimo... Sofia, saluta il dottore (Sofia gli porge la mano mentre Edoardo le fa sedere) sì, il dottore, che adesso è lui il padrone della baracca... e quella specie di notaio com'è che si chiama Doardino?... Ah, dagli Imbrogli... con quel nome ve li faceva scappare tutti... dicevo dunque Doardino, adesso che... ma perché non ti fai mai vedere a casa mia? Da quanto tempo non vieni a trovarmi?

EDOARDO: Eh, donna Letizia, sarei venuto proprio volentieri a fare visita a lei e alla contessina Sofia che (calcando la voce in modo affettato) a quanto vedo si è fatta proprio una gran bella signorina... ma cosa vuole, prima gli impegni in America a studiare l'inglese, (Celestino seduto all'altra scrivania, fra sé: "e il gioco del poker!") poi gli esami di notaio, poi il corso di specializzazione, poi la montagna di lavoro che mia ha lasciato quel polentone del dott. Dagli Imbrogli... le dico che mi sono proprio trovato... imbrogliato! (Celestino, sempre tra sé: Si, a muovere le ganasce!") Però, donna Letizia ho mantenuto la promessa di scrivere almeno una cartolina al mese... e a te, poi, Sofia, qualcuna in più. È vero o no?

LETIZIA: Doardino sei sempre quello... infatti ho notato che per Sofia c'era sempre posta.

EDOARDO: E tu Sofia, hai finito l'università? Se non sbaglio frequentavi legge...

SOFIA: Sì Doardino, ma poi ho cambiato.  Mi sono laureata in Scienze Politiche, sai oggigiorno con l'emancipazione femminile... e poi sono anche impegnata nella politica attiva...

EDOARDO: Ho piacere, ho piacere... ma guarda te... chi l'avrebbe mai detto! La Sofia in politica... ma avremo modo di scambiarci le nostre opinioni, no? Suppongo che farai capo alla destra conservatrice, come del resto tuo padre...

SOFIA: Ma Doardino, cosa dici!   La destra è morta e sepolta!   Io appartengo alle nuove leve democratiche che guardano con interesse all'alternativa riformista...

EDOARDO:  Piano, piano, ragazza, a me l'alternativa riformista piace poco, mi pare tutto un bluff...

SOFIA:  Guarda Doardino che nella misura in cui noi portiamo avanti un discorso che privilegi i contenuti rispetto alle formule noi...

EDOARDO:   Ecco dove nasce la deficienza strutturale che ostacola l'osmosi delle correnti!

SOFIA:  Ma Doardino!   Tu sei ancora legato alle concezioni verticistiche che hanno ritardato il reale sviluppo della base democratica...

EDOARDO:  Non vorrai negare che il pluralismo democratico abbia condizionato la dinamica dello sviluppo, proprio intersecando negli spazi vitali...

SOFIA:    Appunto!    Ma questo fa parte della filosofia avanzata che ti porta al parallalelismo delle forze.   Vedi Doardino, le forze politiche anche se ostacolate dalle spericolate sperimentazioni di equilibri avanzati portati al limite di rottura (Celestino tra sè "Delle scatole!") vedono purtuttavia uno sbocco nelle convergenze parallele, le quali...

LETIZIA: (Rivolta ad Edoardo con fare ammirato) La senti Doardino? Parla come un libro stampato!

EDOARDO: Ah, sì, parla proprio bene, anche se non sono troppo d'accordo con le sue idee... ma avremo spesso l'occasione di riparlarne, no, Sofia? Quello che mi spiace è che con tutti gli impegni che mi dà questo studio non possa anch'io mettermi in politica... che mi piacerebbe davvero...

SOFIA:   Anche se dovresti alzare il tiro.  

(Celestino sempre tra sé: "Sì, al Golf di...!" Alza le braccia al cielo, prende un registro ed esce dalla comune).

EDOARDO: Allora, donna Letizia...

LETIZIA:  Dunque, dunque, Doardino, quella strega mi ha fatto perdere il filo... lo sai che non mi par vero di vederti seduto a quella scrivania... e sentirti parlare, poi... mi viene in mente tuo zio Gustavo (si volge verso il ritratto) che era un uomo (sospiro) ma un uomo... (altro sospiro) e il tuo povero babbo che anche lui (altro grosso sospiro) un altro uomo... mah... (declamando) destino crudele! E tu, Gustavo, (si volge prima al quadro, poi alla figlia) lo vedi quell'uomo?  Bastava che campasse che io... e pensare che ero pronta a tutto... oh Doardino, non credevo proprio di... (scoppia in singhiozzi)

EDOARDO: (Con evidente imbarazzo) Su, su, donna Letizia, si faccia coraggio... e poi... io non ne sapevo niente... come potevo immaginare che lei e lo zio Gustavo...

LETIZIA: (Riprendendosi e cambiando tono) Eh, sì, era una cosa segreta fra noi due... era cominciata un paio d'anni dopo la scomparsa del mio povero marito, il conte Manganelli... ma ormai è inutile disperarsi... pensiamo piuttosto agli affari ora.

EDOARDO:  Brava donna Letizia! Così mi piace!  Lei è sempre stata una donna di carattere.... allora.... sì,  sì.  penso  che  sia venuta da me per la faccenda della donazione...

LETIZIA: Giustappunto Doardino, ero giusto venuta per la faccenda della donazione... EDOARDO: (Interrompendola) Ma non le pare di esagerare, donna Letizia? La cascina, sei pertiche di terra, venti milioni di Buoni del Tesoro, e in più un pezzo di bosco che non è ancora suo... va bene i cani abbandonati... ma francamente mi pare troppo...

LETIZIA: Questa poi è bella!  Tutto il tuo povero babbo!   Guai a parlare con lui di vendere o di dar via... ma ti pare che io possa essere padrona della mia roba?

EDOARDO:  Quale roba!  Lei gode l'usufrutto, ma la roba è tutta di proprietà di sua figlia e...

LETIZIA:   Ho sempre fatto quello che ho voluto in casa mia;   anche il mio povero marito (accentuando la voce) il conte Manganelli, anche il mio povero marito mi ha sempre dato carta bianca.

EDOARDO:    Ma vede, donna Letizia, in fondo era lui che firmava, e contento lui... invece adesso è sua figlia che deve decidere, essendo lei l'erede...

SOFIA: Giustappunto mamma....

LETIZIA: (Ignorando l'intervento della figlia) Doardino, Doardino, non fare così, sai che di roba al sole ne abbiamo tanta che...

EDOARDO:   E con questo?   Dovete buttarla via?   (Declamando) Chiamato per disposizione testamentaria quale titolare di questo studio ad amministrare i vostri beni... mio dovere è quello non solo di salvaguardare, ma ancor più di incrementare il vostro patrimonio e di agire con la diligenza del buon padre di famiglia.

LETIZIA: (Con tono mellifluo) Torno a dire, Doardino, che di roba ce n'è tanta e in fondo cosa sarà mai una cascina...

EDOARDO: Ma... vedremo, intanto mi lasci il tempo per studiare bene la pratica come si deve... può darsi che a pensarci bene... cento milioni ai cani, ma si può... Piuttosto, donna Letizia, visto che è in vena di spendere, perché non costituisce una piccola dote a sua nipote Ada?  Lei sa di quella tal clausola testamentaria che... va bene che non si sono ancora verificate le condizioni, ma...

LETIZIA:   (Dura) Oh, mia nipote è abbastanza che la mantenga.  L'avevo ben detto alla mia povera sorella... se sapessimo almeno chi è suo padre ma, nossignori, lei dura, quella testona è morta senza dirlo... piuttosto, Doardino, bisognerà che quella ragazza che oltretutto fa capire di averne abbastanza di vivere in casa mia,... Doardino, anche per lei, per renderla indipendente... sì, in fondo... Doardino non potresti interessarti per trovarle un posto di lavoro? Come sai è ragioniera e...

EDOARDO: (Dopo un attimo di riflessione) Ma donna Letizia, ho appunto bisogno di un'impiegata nuova e se si contenta...

LETIZIA: Dovrà accontentarsi! Quando potrà cominciare?

EDOARDO:  Ma per me anche domani... però per i primi tempi lo stipendio non potrà essere un gran che.

LETIZIA: Lo farà bastare! Deve imparare il vivere del mondo!

SOFIA: Ma mamma, e l'università?

LETIZIA: Sofia taci, Ti prego di non intrometterti in questa storia.

EDOARDO: Ma se ci sono di mezzo gli studi...

LETIZIA:   Studi o non studi, l'ho mantenuta abbastanza... e poi sono stufa di vederla girare per casa.

SOFIA: Ma mamma, è tua nipote e potresti almeno...

LETIZIA: Sofia taci.

SOFIA: No, mamma. È mia cugina e io...

LETIZIA: Tu mi farai il piacere di tacere e di fare quello che dico io. Ricordati che qui non siamo all'università.

SOFIA: Nulla potrà trattenermi dall'esprimere liberamente la mia idea in proposito. In quanto ad Ada, Doardino, vedremo in seguito il da farsi. Intanto mi pare opportuna la sua sistemazione presso questo studio.

EDOARDO: (Con l'evidente intenzione di appianare il contrasto sorto tra madre e figlia) Sì, sì, potrà incominciare già da domani e... potrei cederle un paio di locali al primo piano... tanto questa casa è diventata grande... anzi se le fa comodo, oggi verso sera la mandi qui da me la signorina Ada, vorrei scambiare quattro parole con lei... è tanto tempo che non la vedo... e penso che forse non la riconoscerò nemmeno.

LETIZIA:  D'accordo Doardino. Te la manderò qui senz'altro e... ricordati che per la storia della donazione son proprio decisa...

EDOARDO: Calma donna Letizia, calma. Mi lasci studiare bene la pratica.

LETIZIA:   Ma non hai avuto abbastanza tempo per studiarla?   Ce l'hai da quindici giorni.

EDOARDO:   Bene, donna letizia, vedrò se in un mesetto... sempre che la contessina Sofia sia d'accordo...

LETIZIA: Un mese? Prima, prima. Quando sento un gatto miagolare provo una stretta al cuore... e in quanto a te, bellezza, cerca di non mettermi i bastoni fra le ruote, perché sennò...

SOFIA: (Mettendosi dietro le spalle della madre e facendo cenni di intesa ad Edoardo) Vedremo mamma, vedremo. Voglio anch'io studiare a fondo la faccenda.

LETIZIA:   Oh guarda che qui non siamo in politica, neh?  Qui di chiacchiere non ne voglio, capito?   (Alzandosi) Va bene Doardino.   Cerca di fare in modo che le cose siano pronte per la settimana prossima.

EDOARDO:  (Alzandosi anche lui) Farò di tutto donna Letizia, farò di tutto. Intanto la saluto e... cerchi di star bene. E saluto anche te Sofia. (Sofia ripete i cenni di intesa ed esce dopo aver dato la mano ad Edoardo).

EDOARDO:   Brutta baldracca! Ma se pensa di vincerla con me... cento milioni ai cani... cose da non credere!   Però Sofia mi ha fatto capire... la contessina! Non è una gran bellezza ma... gliela darò io la politica! Devo essere io a mietere tutto... quando l'avrò sposata... so che donna Letizia non sarebbe contraria... altro che i cani!  Bisogna che studi la mossa giusta... sarà meglio prenderla per la politica... quattro panzane messe lì bene... intanto viene qui la nipote ed è una carta in più... oltretutto, a quel che dicono, è una gran bella ragazza... Anacleto, Anacleto, mi sa che avremo da divertirci... e poi quella storia   con   lo   zio   Gustavo... (si  volge  al  ritratto   dello  zio)   ah,  zio  Gustavo, furbacchione... parlavi poco ma...

 

SCENA QUARTA

(Edoardo e Celestino)

Edoardo prende un registro e lo sfoglia. Si ode squillare un campanello e dopo qualche istante entra Celestino.

CELESTINO:   Sor Edoardo, c'è qui la signora Gilda Garbuglionu vedova Soffocato con suo figlio.

EDOARDO: Un'altra di quelle buone. Se non fosse per suo figlio...

CELESTINO: Bell'affare quello! È proprio un bell'articolo, è proprio...

EDOARDO: Perché cos'hai da dire sul suo conto? È mio amico e...


CELESTINO: E io le dico che amici come quello è meglio perderli, è meglio... vuol fare l'architetto, vuol fare!...   Ma io non mi farei disegnare neppure la cassa da morto da quello, non mi farei...

EDOARDO: Oh, ma come sei pesante Celestino! Per te non va mai bene niente. A proposito cos'erano tutte quelle smorfie che facevi mentre la contessina Sofia parlava...

CELESTINO:  Ma lei lo chiama parlare quello , lo chiama?... Non si capisce nulla di quello che dice, non si capisce... base democratica; correnti... cosa sono mai queste correnti?   a me a scuola insegnavano che c'era la corrente del Golfo, la corrente elettrica, la corrente d'aria, che c'era....

EDOARDO:   (Divertito)   Oh, come sei rimasto indietro... sei proprio un sempliciotto, lascialo   dire   a   me   che   sono   stato   in   America... non   sai   che   la   base democratica... l'importanza che ha la base democratica... se poi la tiri all'altezza del verticismo...

CELESTINO: (Piccato) Sì, base per altezza uguale area di sviluppo, uguale... ma cosa vi credete che siamo tutti minchioni, che siamo?...

EDOARDO:   Bene Celestino, finiamola, che è meglio... a proposito prepara quella scrivania in perfetto ordine perché domani prende servizio la signorina Ada.

CELESTINO:  La signorina Ada?  La nipote di donna Letizia?  Ma mi dice cosa ne facciamo di un'impiegata in più?   Cresciamo già noi, cresciamo... il lavoro continua a calare, continua...

EDOARDO: Ma cosa interessa a te? Sono io che la pago, no? Ma guarda un po', mi pare che hai preso un poco da quel barbapedanna del dott. Dagli Imbrogli... e poi, una volta per tutte, smettila di rompere con la storia delle pratiche; sbrigatele voi, visto che c'è poco da fare... io è abbastanza che ci metta la firma.

CELESTINO:   Ma sor Edoardo, le pratiche bisogna guardarle se sono in ordine, bisogna guardarle...

EDOARDO:  E voi due cosa siete lì a fare?  Dopo quarant'anni che fate sempre le solite cose....

CELESTINO: Ma sor Edoardo...

EDOARDO:    Senti Celestino, non rompere... e fai passare la signora Soffocato.

(Celestino esce allargando le braccia in segno di sconforto).

SCENA QUINTA

(Gilda, Edoardo, Anacleto).

Entra la signora Gilda soffocato col figlio Anacleto.

EDOARDO:   (Alzandosi e dando loro la mano)   Oh, sora Gilda, come sta?   E tu Anacleto?

GILDA: (Sedendosi) Noi stiamo bene, e lui?

EDOARDO: Non posso lamentarmi, ma, qual buon vento sora Gilda?

GILDA:   Oh, signor notaio... non mi pare vero di chiamarla notaio, io che l'ho visto crescere... ma, come certo saprà, il suo povero papà buonanima aveva in mano tutti i nostri interessi... il mio Anacleto è sempre troppo preso per gli studi e così ho pensato se voleva continuare lui a interessarsi delle nostre cose... tanto per non voltar via dallo studio, sa, dopo tanti anni...

EDOARDO:  Ma come no!   Ben volentieri!  Ha visto che fin'ora il notaio supplente ... ma mi pare che... ecco, mi è proprio capitato in mano ieri il suo fascicolo (rovista tra


alcune scartoffie sulla scrivania e... ) eccolo qui, gli dia un'occhiata per vedere se è tutto a posto (glielo porge e mentre lei lo sfoglia si rivolge ad Anacleto egli dice con fare di intesa:)    Anacleto, dopo fermati che ci mettiamo d'accordo per stasera... ci sono novità... e poi ho trovato un altro pollo da spennare...

GILDA: (Restituendo il fascicolo) Ma, per dircelo chiaro io qui ci capisco poco, ma ho bene in mente tutte le mie proprietà... a proposito è al corrente nevvero della causa che ho in piedi con mia cognata Palmira per il passaggio davanti alla cascina che abbiamo su alle due fontane?

EDOARDO: (Che conosce la faccenda per quel poco che ha appena appreso da Celestino, ma che non vuol darlo a vedere) Dunque... dunque... le due fontane, la cascina... allora... sì ora l'ho ben presente... ma le pare il caso di impuntarsi per così poco?

GILDA: (Scaldandosi) Per così poco? L'errore l'ha fatto il geometro...

ANACLETO: Mamma, si dice geometra.

GILDA: Ma è un uomo o una donna?

ANACLETO: È un uomo mamma, ma...

GILDA: E allora? Se è un maschio si deve dire geometro! Non so proprio cosa studi a fare!   Povera me!   Dove vanno a finirei miei quattrini!  Dicevo dunque, signor notaio, che l'errore l'aveva fatto lui, il geometro che ha preparato il strumento;  fra i quali è stato proprio il suo povero padre ad accoergersi, così non ho firmato... meno male, altrimenti stavo fresca.

ANACLETO: (Che vuole dimostrarsi magnanimo e dare man forte all'amico Edoardo ma che, a quanto pare è anche lui all'oscuro della faccenda) Ma mamma!  Cosa sono tutti questi puntigli! Adesso capisco perché la zia Palmira è un po' di tempo che è così asciutta con me.

GILDA: (Con aria di sfida) Perché, secondo te cosa dovrei fare eh?

ANACLETO: Accontentala, la zia Palmira!   Cosa importa mai a noi del passaggio davanti ad una cascina che non adoperiamo nemmeno...

GILDA:  Taci Tambarlano! Taci una volta per tutte.  (declamando) Non sai che se cilascio il passaggio acquistano il deritto perpetuo...

ANACLETO: E tu lasciala passare! Che fastidio ti dà!

GILDA: Non è questione di fastidio, bischero, se fosse per lei pazienza, ma lei la sta vendendo la sua parte... lei poi, signor notaio dovrebbe conoscerla bene la storia, no?!

EDOARDO:  (Sempre titubante e incerto)  Sì, sì ... sono al corrente... ma cosa vuole, son tutte di quelle gabole che... alla fin fine... non so se convenga impuntarsi tanto...

GILDA: Eh, caro lei! Gabole un corno! Lei sa bene che colei che vuole comprare è una serpe...

EDOARDO: Serpe??!!

GILDA:  Sì, è una serpe velenosa quella lì!  La signora contessa Manganelli Nodosi! Glielo darei io un manganello nodoso sulla testa... a quella superbiona! Come se non si sapesse chi era...

EDOARDO: (Un poco risentito) Conosco personalmente la contessa Manganelli e leassicuro che...

GILDA: Meglio se la conosce! Almeno ci potrà dire sul musone quello che penso... se si crede di essere quella superbiatta!

EDOARDO: Non so proprio di cosa stia parlando.

GILDA: Lo so ben io, lo so ben io cosa c'è sotto... la donazione ai gatti e ai cani è un pretesto. Quello che le interessa è il veterinario provinciale... e la donazione è un trucco per tenerselo buono e poi... costruendosi le gabbie nuove lei avrebbe la scusa per andar la tutti i momenti e... insomma, non vedete che le si appiccica come una cagna in calore?

ANACLETO: Mamma, guarda che a pensar male degli altri si fa peccato.

GILDA: (Con forza) Sì, ma si indovina quasi sempre! E poi non è finita... dovete sapere che il figlio del veterinario è ingegnere e è dentro nella commissione edilizia, e lei, quella serpe pensa che imbonendo il padre possa tirare dalla sua anche il figlio, in modo di ottenere il permesso di costruire dove è proibito.  Quella lì, bisogna conoscerla bene..ma con me ha sbagliato indirizzo... la contessa!   Pensare che era una morta di fame lei e quell'ubriacone di suo padre... poi ha trovato quel buonuomo del conte Manganelli... che hanno dovuto fargli la cassa su misura per farci star dentro le corna che portava... Povero conte Manganelli, non se lo meritava proprio... mah!  Così è la vita! "Il morto marcisce e la vedova fiorisce!" Per quanto ormai siano fiori passi...

ANACLETO: Mamma sei anche tu vedova...

GILDA: Taci imbecille! E ricordati che tua madre è una donna onesta. Io non ho mai fatto parlare il mondo e non mi è mai rincresciuto piegare la schiena... non come quella... beh, è meglio che non parli.

EDOARDO: (Prendendo un tono un po' più conciliante) Calma, calma, signora Gilda, Vedremo di studiare la faccenda in modo di aggiustarla...

GILDA: Veda di studiarla bene. Però si ricordi che sul passaggio non cederò mai... e se è possibile, una cosa un po' sveltina, neh, sennò qui andiamo alle candele greche! (Si alza)

EDOARDO: Stia tranquilla, signora Garbuglioni, farò del mio meglio.  (Indi rivolto ad Anacleto) Anacleto fermati un momento. Devo mostrarti quei libri che mi avevi chiesto.

GILDA: Quali libri?

ANACLETO: Dei libri che mi servono per preparare un esame.

GILDA:   Sei sempre in ballo a preparare esami e non li dai mai.   Quando la finirai? L'anno del più e il mese del mai! Impara dal signor notaio che così giovane fa andare avanti il suo studio.  Signor notaio, allora siamo d'accordo, eh?  Mi raccomando. (esce).

ANACLETO: Doardino, accompagno la mamma e torno subito da te.

EDOARDO: Cerca di muoverti, ho delle belle novità... 

(Anacleto esce)

SCENA SESTA

(Edoardo, Celestino, Anacleto, dott. Dagli Imbrogli)

Edoardo suona il campanello e compare Celestino.

EDOARDO: Celestino, per oggi non ci sono per nessuno. Ho il capo che mi scoppia.

CELESTINO: Va bene sor Edoardo, però si ricordi che prima di mezzogiornoarriva il dott. Dagli Imbrogli, arriva...

EDOARDO: Che si imbrogli da solo, quel menagramo!  Oggi tra le chiacchiere della contessa e le scalmane della Garbuglioni... ma lo sapevi che la cognata della Garbuglioni vuol vendere un terreno alla contessa?

CELESTINO: Ma se ne abbiamo parlato prima, se ne abbiamo... e poi lei non ha letto la pratica, non ha letto...?

EDOARDO: Senti Celestino, non cominciare a menare il torrone...

CELESTINO:   C'è poco da menare, c'è poco... dobbiamo fare le visure, dobbiamo fare... e prima di metterla a repertorio bisogna sapere se è tutto in ordine, bisogna sapere...

EDOARDO: Per l'ultima volta Celestino, io di queste palle non ne voglio sapere. È più che sufficiente che metta la mia firma. Al resto pensate voi, intesi?

CELESTINO: (Che non si capacita degli appunti trovati a margine delle pratiche) Ma, e le correzioni, i rilievi...

EDOARDO: Ah, io non so nulla. Arrangiatevi voi.

CELESTINO: E al dott. Dagli Imbrogli, cosa dico!?

EDOARDO: Digli quello che vuoi. Che se la sbrighi lui. Ma ora lasciami in pace, che io di questo studio ne ho piena l'anima.  Voglio godermela io la vita. Non voglio fare come mio padre e mio zio che si sono dannati per tutta la vita col lavoro e quando era giunto il momento di riposare in santa pace godendosi un po' la vecchiaia nell'agiatezza son voltati via tutti e due.

CELESTINO: Giustappunto, per rispetto alle poer'anime che avevano l'ambizione di vederla seduta su quella poltrona, che avevano... e... invece... ma guardi che...

EDOARDO:    Cosa mi stai facendo?    La predica?    Cribbio! Guarda che io di menagrami non ne voglio intorno, ce n'era uno e l'ho mandato a quel paese... del resto, lascia che arrivino in porto i miei disegni e poi vedrai... ora vado di là a leggere il giornale. Se viene l'Anacleto chiamami. (esce dalla porta centrale).

CELESTINO:   Vai tranquillo, che con quelle belle idee ne farai molta di strada, ne farai... (guarda i due ritratti e sospira) 

Intanto si ode squillare il campanello e Serafina introduce il dott. Dagli Imbrogli, il quale è tutto vestito di nero.

CELESTINO: Oh dottore, si accomodi, il signor notaio è andato di sopra a cambiarsi, è andato... e mi ha detto di chiamarlo quando lei fosse arrivato, mi ha detto... ora salgo ad avvisarlo... intanto lei, signor dottore, se volesse dare un'occhiata a queste pratiche, se volesse... sa bene che il signor Edoardo è alle prime armi, è alle prime...

(Dagli Imbrogli prende il registro del repertorio e lo sfoglia, mentre Celestino esce dalla porta centrale borbottando tra sé: "Ora che è qui non può certo rifiutarsi di parlargli, non può certo... ". Mentre Celestino esce fa il suo ingresso Anacleto).

ANACLETO: Doardino ti ho fatto aspettare un poco... (a questo punto si accorge della presenza di Dagli Imbrogli e si interrompe. Dagli Imbrogli si alza nell'atto di presentarsi e... )

DAGLI IMBROGLI: Permette? Dagli Imbrogli.

ANACLETO: Piacere. (poi con voce più robusta) Soffocato!

DAGLI IMBROGLI: No, Innocente!

ANACLETO: (Con forza) Io sono Soffocato!

DAGLI IMBROGLI: (Con altrettanta forza) Dagli Imbrogli!

ANACLETO: No! Anacleto!

Intanto fa il suo ingresso Edoardo.

EDOARDO: Oh che pasticcio! Permette dottore che le presenti il mio amico Anacleto Soffocato. (indi rivolto ad Anacleto) E tu Anacleto... questo è il dott. Dagli Imbrogli, Innocente Dagli Imbrogli, notaio supplente di questo studio.

DAGLI IMBROGLI: Equivoco chiarito.  (Indi rivolto ad Edoardo) Vedo Edoardo, che sei molto in arretrato col lavoro... l'ultimo numero di repertorio è ancora quello che avevo messo io. Come mai? E sì che ti avevo spiegato tutto per bene...

ANACLETO: Cosa vuol mai, dottore, sono stato troppo preso in questi giorni... vede, ad esempio anche ora devo scappare subito perché questo mio amico ha uno zio in punto di morte che vuol fare testamento...

DAGLI IMBROGLI:  Fammi vedere almeno le cose più urgenti in modo da poterle passare a repertorio...

EDOARDO: (facendo l'atto di andarsene) Sono li tutte pronte e già firmate...

DAGLI IMBROGLI: Guarda Edoardo che il lavoro bisogna prenderlo quando c'è, e a me pare che tu trascuri un po' troppo lo studio... guarda figliolo, che a tirarla troppo la corda si rompe... è ora di mettere giudizio, altrimenti qui va tutto a catafascio.... e si fa un fretta a finire male...

EDOARDO: (che alle ultime parole fa gesti di scongiuro) Non si preoccupi dottore, so quel che faccio e la prossima settimana mi metterò alla pari, ma ora devo proprio scappare prima che lo zio del mio amico muoia e lasci all'asciutto il mio amico...  (dà la mano al dott. Dagli Imbrogli imitato da Anacleto ed ambedue escono)

DAGLI IMBROGLI: (chiudendo il registro) Alla malora! Si arrangi poi lui... per conto mio non mi vedrà più per un pezzo.

Intanto è rientrato Celestino.

DAGLI IMBROGLI: Senta Celestino, con quel benedetto figliolo non si può parlare. Mi pare un po' matto. Io ho fatto tutto quello che potevo, ora si arrangi da solo. Del resto, da quello che ho visto, mi pare che le cose siano state fatte bene e per conto mio può seguitare da solo.  La saluto tanto e vi farò avere la mia parcella. (dà la mano a Celestino ed esce accompagnato dallo stesso al quale non resta che allargare le braccia in modo sconsolato).

SCENA SETTIMA

(Edoardo, Ada)

EDOARDO:   (entra dalla porta centrale e guarda l'orologio) Oh, sono già quasi le sette! È per questo che se ne sono andati tutti. Che dormita mi sono fatto! Faccio in tempo a cenare poi aspetto l'Anacleto... stasera l'abbiamo il cliente buono... (prende un fascicolo dalla scrivania e legge un biglietto ad alta voce: " al signor Edoardo leggere, postillare e firmare") Ancora lavoro! Fortuna che dicono che c'é poco da fare! (apre il fascicolo ma lo rinchiude subito) Ah, no! Basta lavoro per oggi! A dar retta a loro e a quel barbagianni del Dagli Imbrogli farei la fine di quei due (guarda i ritratti) ma ho altri progetti io.   I miliardi della Sofia...

Si ode suonare il campanello. Edoardo va alla comune, esce e ricompare subito introducendo la signorina Ada.

EDOARDO: Si accomodi signorina Ada. Quasi mi stavo dimenticando di lei. (Ada si siede) Sì, sì, sua zia, donna Letizia, mi ha giusto detto che lei è in cerca di un impiego... se si contenta... sa, per i primi tempi lo stipendio non sarà un gran che ma...

ADA: Signor notaio, grazie. Grazie di cuore. Lei non sa il piacere che mi fa!

EDOARDO:   Ma non lo dica neppure per scherzo, anzi, se le fa comodo, potrei affittarle due localini su al primo piano che sono rimasti vuoti da quando le poer'anime...

ADA: Ah, quelli mi farebbero proprio comodo. Cosa vuole... ad essere sincera...

EDOARDO: Sì, sì, anche subito. I locali sono già in ordine. Quando vuole...

ADA:   Grazie. Sono le prime parole buone che sento dopo tanto tempo.  Sa, quella casa mi è venuta un po' a noia...

EDOARDO: (declamando) Eh, come sa di sale lo pane altrui e come è duro calle...

ADA: No, no, non è il pane che mi manca. Anzi... se fosse solo per quello... e poi c'è mia cugina Sofia che mi vuole bene... è fatta un po' a suo modo, con la sua fissazione della politica, ma... è mia zia che non mi sopporta... da quando è morta la mia povera mamma... ma non voglio angustiarla coi miei fastidi.

EDOARDO: Ho sentito che ha intenzione di iscriversi all'università.

ADA: Oh, per quello... non è che ne faccia una malattia...

EDOARDO: Guardi che qui non si ammazza nessuno per il lavoro e, volendo, avrebbe tutto il tempo...

ADA:  Oh, signor notaio! Lei è proprio come suo zio Gustavo. Lui sì che mi voleva bene... e pensare che mia zia si era illusa che lui venisse spesso a casa sua per lei...

EDOARDO: (tra sé)   Hai capito?? Donna Letizia... è tutta una cosa da ridere.   (poi rivolto ad Ada) E lei, signorina Ada può cominciare quando vuole, anche domani mattina, e i locali, come le ho detto, sono a sua disposizione, a patto però che non si faccia vedere con quella faccia triste, una bella ragazzacome lei, perché di musoni in casa non ne voglio, ne ho già abbastanza attorno...

ADA:  Signor notaio, un piacere più grosso non poteva farmelo.  Domattina sarò qui. Chissà che bella dormita farò stanotte! (esce)

EDOARDO: (che si era alzato per accompagnarla alla porta) Me l'avevano detto che era una gran bella ragazza... ora poi l'avrò qui sottomano... Anacleto, Anacleto, credo che avremo di che divertirci... (esce)

SCENA OTTAVA

(Efrem e Gustavo)

Luci spente. Musichetta da suspence. Qualche attimo di attesa e ritorna la luce proprio mentre il personaggio del quadro di sinistra si alza ed esce dalla cornice.

EFREM: (rivolto al fratello) Hai udito, Gustavo, hai udito?

GUSTAVO: (nel frattempo anch'egli uscito dalla cornice) Taci Efrem, taci, cose da...

EFREM: Vorrei sbattezzarmi! Un ragazzo che cresceva così bene...

GUSTAVO:   È la mala compagnia. Da quando ha incontrato quell’ Anacleto e ha cominciato a frequentarlo...

EFREM:   Studente di architettura!   Quello li è un debosciato.   Ha quasi trent'anni e quanti esami ha dato?

GUSTAVO:  Pochi, pochi.  E quei pochi col diciotto politico!  Guarda Efrem, se non fosse perché... quasi quasi...  ti direi che non mi rincresce di essere morto.

EFREM: E quella povera ragazza? A chi sta cadendo in mano... e quella gentildonna di donna Letizia?

GUSTAVO:    Non aggiungere altro.  Perché è senza padre... bisognerà vedere di accomodarla questa faccenda... o in un modo o nell'altro...

EFREM: Ma... ci sarebbe il mezzo...

GUSTAVO: Efrem, ricordati che siamo morti!  Pensare che noi sappiamo tutto e non possiamo parlare!

EFREM: E con questo? Il permesso di scrivere l'abbiamo, no?

GUSTAVO:   Mah, vedremo di accomodarla.   Ora però basta con le chiacchiere, dobbiamo metterci al lavoro in modo di finire prima che scada il permesso. (sedendosi vicino al fratello davanti ai fascicoli lasciati sulla scrivania da Edoardo e accendendo una lampada da tavolo) Eh, sì...  e mi pare che stiano diventando maledettamente avari in questi giorni. Prima di darti il permesso vogliono sapere il perché e il percome.... beh, a monte, su dunque facciamo come il solito, Efrem?

EFREM: Sì, Gustavo, tu leggi che io scrivo.

FINE PRIMO ATTO


ATTO SECONDO

La scena è la stessa del primo atto, coi due fratelli intenti a controllare le pratiche notarili dello studio. È ancora buio ed è accesa la lampada sulla scrivania di Edoardo.

SCENA PRIMA

(Gustavo, Efrem)

GUSTAVO: (Che ha in mano un fascicolo e sta leggendo. Efrem, evidentemente con in mano la copia, ogni tanto scrive qualcosa a margine) ... sì, sì, Efrem, proseguo... davanti a me notaio in Donoratico sono convenuti il signor Erich Kullstop nato ad Amburgo il 13 dicembre 1929 e la signora Pigliapochi Purissima nata a Sant'Agata de' Goti il 29 giugno 1934, residenti rispettivamente a Livorno in via Piave, 9 e a Castiglioncello in piazza della Libertà 17, entrambi cittadini italiani, persone tutte della cui identità personale e piena capacità giuridica dichiaro io notaio di avere la certezza che... trovandosi nelle condizioni di legge.... rinunciamo di comune accordo e col mio consenso all'assistenza di testimoni al presente atto... dunque dunque... sì, questo l'abbiamo visto ieri, andiamo avanti... due pagine dopo... ecco, qui... gli obblighi e condizioni portati da questo contratto, dal Codice Civile, nonché dal capitolato a stampa ecc. ecc. (calcando la voce) approvando specificatamente le parti di cui ai numeri 1, 2, 3, 4 e 5.

EFREM:   Fermati un attimo.   (scrive e legge) Lettera C, punto 2, paragrafo primo. L'ha sempre avuto la Serafina quel brutto vizio di saltare le righe! Mah, pazienza, cosa vuoi fare...  vai avanti Gustavo, il resto l'abbiamo visto. Resta solo da correggere il numero civico della via.   Dunque, dunque, dove si è cacciato... ah, eccolo qui:   via Garibaldi 53 e non 35. Ah, quella birbona di una Serafina! Le si è accorciata la vista. Allora... visto che eccetera eccetera, letto, firmato e sottoscritto da me notaio. Va bene. Anche questo è fatto.   (chiude il fascicolo e...) Quanti ne mancano adesso? (intanto

guarda l'orologio a pendolo)

GUSTAVO: (prendendo in mano due fascicoli) Mancano solo questi due, quelli di donna Letizia e della Palmira Soffocato.

EFREM: Quelli è meglio lasciarli da parte. Bisogna che ce li studiamo per bene, si fa presto a sbagliare... e quello sveglione di mio figlio non se ne accorgerebbe neppure, stai pur certo... bisogna trovare qualcosa... un inghippo qualunque, che so io, un motivo per poter buttare a monte tutto...

GUSTAVO: Oh Efrem, non sarà tanto facile, stante che tutte queste pratiche le abbiamo portate avanti noi...

EFREM: Ma a guardar bene si trova sempre qualcosa... una planimetria sbagliata, una discordanza col Catasto... (Intanto sfoglia la pratica e scopre nel fascicolo un'ingiunzione del Comune per una tassa non pagata: la SOCOF. Evidentemente è un balzello entrato in vigore dopo la morte dei due, perché Efrem sventolando sotto il naso di Gustavo il foglietto della notifica...) Guarda guarda! Un'ingiunzione per una tassa non pagata! È proprio   quello  che  cercavamo  Gustavo... SOCOV... tu,   Gustavo,   cosa  significa SOCOF?

GUSTAVO: Mai sentita nominare! Sarà qualche nuova diavoleria che hanno inventato. SOCOF, SOCOF... cosa vorrà mai dire? Dunque... SO potrebbe significare sovrattassa, CO potrebbe essere comunale e la F? Che voglia dire fiato? Non saranno mica arrivati a misurare... no, no, mi par troppo grossa!  Del resto Efrem, è subito fatto. Noi siamo morti da tre anni.  Questa, stando a quello che sta scritto andava pagata tre mesi fa, e c'erano trenta giorni di tempo... diamo un'occhiata alle Gazzette e dovremmo trovarla subito.

EFREM:  L'ho sempre detto che eri un cervello... (prende da uno scaffale un faldone con    la    raccolta    delle    Gazzette    ufficiali    delle    Repubblica    e... )    dunque, dunque... aprile... marzo... febbraio..dovrebbe essere qui.     Infatti eccola.     SOCOF significa Sovrimposta Comunale Fondiaria dovuta "una tantum".

GUSTAVO: E pensare che così d'acchito... certo che sarebbe stato il colmo quello di mettere una tassa anche sul fiato...

EFREM:  Taci Gustavo, Taci..meno male che non ci sente nessuno... guai a mettere in testa alla gente certe idee... coi tempi che corrono fanno in fretta a...

GUSTAVO: Ma, in fondo noi non respiriamo più. Allora quella SOCOF è una tassa "una tantum"... pensa Gustavo. Sono già passati tre anni e non l'hanno ancora fatta diventare perpetua!   Però, tornando a bomba, mi pare che qui siano in mora e forse potremmo...

EFREM:  È quello che ci vuole!  Con una pendenza col Comune possiamo avere lascusa per non accettare o perlomeno per ritardare il passaggio di proprietà... ma comesarà mai arrivata qui... a meno che in Comune si ricordino ancora di noi... eh, sì. L'ingiunzione non l'hanno mandata a lei, ma a noi, perché figurava il nostro indirizzo... e quel cacagnocchi di mio figlio scommetto che non l'ha nemmeno letta... la diamo noi a donna Letizia la donazione per i cani... ma la Garbuglioni sapeva già tutta la gabola.

GUSTAVO:  Quella li!  Non manca nulla anche a lei!  Le brucia ancora di non aver potuto realizzare il complesso edilizio del Ronchetto...

EFREM:  Eh, si, è per quello che ce l'ha a morte con donna Letizia.  E tutto per via della villa del conte Manganelli che è monumento nazionale... caro mio, l'una vale l'altra...

GUSTAVO:   Sai cosa facciamo?   Ci pensiamo sopra bene e domani vedremo di aggiustarla come si deve.   Intanto metti lì una bella rigaccia rossa e scrivigli sotto: "sospendere il passaggio di proprietà in attesa di definire la pendenza col Comune". (Efrem esegue) Adesso però smettiamola anche se è presto.  Certo che il lavoro sta calando maledettamente e se tuo figlio non si decide a mettere giudizio...

EFREM: Te lo torno a dire: è la mala compagnia, è quell’Anacleto lì che... e poi, del resto, se fosse stato in gamba a quest'ora avrebbe già dovuto essere architetto e partorire un progetto un po' migliore di quello del Ronchetto, no?

GUSTAVO:   A meno che la Ada che inizia a lavorare qui, non riesca a cambiargli la testa...

EFREM: Io ho paura invece che abbia altre attenzioni... non hai sentito cosa ha detto al suo amico Anacleto...

GUSTAVO: Stai tranquillo Efrem, Ada ha la testa sulle spalle e si accorgeranno subitoche non è pane per i loro denti... del resto troveremo il modo di fare qualcosa anche noi, no? Cosa dicevi prima... il permesso di scrivere l'abbiamo e io...

EFREM: Bisognerebbe poter parlare, bisognerebbe, ma quel permesso non c'è mezzo di ottenerlo...

GUSTAVO:  Taci Efrem. È ancora tanto se ci hanno accordato questo di permesso per il fatto che eravamo già qui sui quadri, ma... secondo te, Efrem, perché sono diventati così restii a concedere i permessi?

EFREM: Ma, mi pare che è da quando hanno tirato in ballo la storia dei pentiti... è una confidenza che mi ha fatto uno bene informato...

GUSTAVO: Quale confidenza!?

EFREM: Ma si, giù ai piani inferiori dev'essere andato per aria un can can... gli ultimi arrivati mi hanno raccontato che   sulla Terra, a quanto pare, uno può farne peggio di Ravetta... poi quando lo acchiappano basta che si dichiari pentito e gli scontano la pena ma di molto... così, a quanto pare, qui ai piani inferiori, si vede che la storia è arrivata anche lì, hanno mandato avanti qualcuno dotato di buona parlantina per vedere se c'era il mezzo di avere qualche vantaggio per i pentiti...

GUSTAVO: Questa poi! E... cosa gli hanno risposto?

EFREM: Picche, gli hanno risposto! Perché - gli hanno detto - lì di pentimento non se ne può parlare per nessuna ragione, e che chi intendeva pentirsi doveva farlo a tempo e ora e che ormai è troppo tardi e di sconti non ce ne saranno per nessuno. E quelli che hanno sollevato la questione ne hanno prese tante da farli pentire di aver fatto baccano. Solo che la storia è arrivata fino ai piani superiori e pare che lì non siano stati tanto contenti... è  subito partito  l'ordine  di  stringere  i freni... ma,  si vede che  anche qui... comunque come primo provvedimento hanno cambiato le guardie. Ora sono tutti tedeschi, con la svastica sui forconi e la SS sulle corna. E con quelli, caro Gustavo, non puoi impattarla. Picchiano maledettamente forte, peggio di quando erano vivi, essendo arrabbiati che li facciano lavorare anche lì.   altro che sconto!   Se ne accorgeranno! Cosa si credevano! di trovare tutti i minchioni che hanno lasciato sulla Terra!...

GUSTAVO: Sicché, dunque sulla Terra ora uno può fare ciò che vuole e poi quando lo prendono.... ma lo sai che noi siamo stati dei fessi a lavorare come cani per tutta la vita... potevamo appropriarci di qualche miliardo e poi spenderli in una di quelle isolette che vanno tanto di moda oggi...

EFREM: Piano, piano, Gustavo. Non è così dolce dappertutto. È solo qui in Italia che, avendo le galere troppo piene, per poterle vuotare in parte, hanno inventato lastoria dei pentiti...

GUSTAVO: Ma guarda che io scherzavo... non non siamo fatti di quella pasta...

EFREM: Per quello, Gustavo, non credere che anche a fare il nostro dovere avremmo le nostre grane...

GUSTAVO: Quali grane!   Quando si lavora...

EFREM: Ne ho sentita un'altra di quelle... ho saputo, sempre da uno degli ultimi arrivati, che quando fanno il processo a quei balordi, c'è sempre qualche avvocato che tira in ballo la storia che la colpa non è imputabile a loro, nossignori, la colpa è della società... come dire che è colpa mia, colpa tua, colpa del pizzicagnolo che aveva bottega dì fronte al nostro studio...

GUSTAVO: (con convinzione) Meno male che siamo morti Efrem, sennò vedi quante colpe ci saremmo tirati addosso a lavorare... così allora, a conto di questa storia siamo andati di mezzo anche noi.

EFREM: Nel senso che ora vogliono essere informati di tutto, e so anche che a qualcuno hanno detto di no. Avevano cominciato anche qui a mollare un po' i freni... ma si sono accorti del trucco e... zàccate! Per noi intanto chiudono un occhio, ma se quello scostumato di un Doardino non mette la testa a posto... anche noi... con che faccia possiamo andare a chiedere i permessi... mah, andiamo che è ora, metti tutto h ordine prima che venga tardi e non voglio avere rogne per domani.

GUSTAVO: (riordinando le scartoffie e riponendo la raccolta delle Gazzette) Ci mancherebbe solo quello, Efrem! Con tutta la carne che abbiamo al fuoco!

(Intanto si sta facendo chiaro e i due riprendono il loro posto nelle cornici).

SCENA SECONDA

(Celestino, Ada, Anacleto)

CELESTINO:   (introducendo Ada nello studio)  Ecco, signorina Ada, quello è il suo posto... la scrivania del povero sor Gustavo, la scrivania...

ADA:    Oh signor Celestino (commuovendosi) se sapesse cosa provo in questo momento... (guarda il ritratto di Gustavo) sedermi su questa poltrona... zio Gustavo, sei lì che mi guardi. Cercherò di fare del mio meglio per non sfigurare.

CELESTINO: (pure lui commosso) Ma cosa dice mai, signorina Ada, lei farà un figurone, farà..del resto qui di cose difficili da fare non ce ne sono, basta metterci un po' di attenzione, basta metterci... e poi a lei signorina Ada insegnerò io tutto per bene, insegnerò...

ADA:   Grazie signor Celestino, sapevo che lei era uan brava persona, me lo diceva sempre lo zio Gustavo... ma mi chiami pure Ada...

CELESTINO: Va bene, va bene, ma anche lei mi chiami Celestino... intesi?

ADA: Ed ora, Celestino, se vuol cominciare a farmi vedere qualcosa...

CELESTINO: Oh! Ma che premura! Per primo le mostrerò lo studio, le mostrerò... lei lavorerà su questa scrivania, quell'altra è del sor Edoardo (calcando la voce) quando c'è... io e la Serafina lavoriamo di là, lavoriamo... che è l'ufficio vero e proprio, tranne quando la Serafina deve battere a macchina qualcosa per il sor Edoardo, deve battere... ma lei sa scrivere a macchina?

ADA: Sì, insomma... mi arrangio...

CELESTINO: Allora siamo a posto. Ora le faccio vedere lo studio privato del signor notaio, le faccio... (la fa guardare da una porta di sinistra) ma ora questo studio non lo apriamo neanche più, non lo apriamo...

ADA: E... come mai?

CELESTINO:  Cara Ada non è più come prima, non è più... il lavoro sta calando e il sor Edoardo non è che faccia troppo per cercarlo, non è che faccia... beh, questo non è il momento, non è... dunque dicevo, questo è il registro del repertorio. A tutte le pratiche bisogna dare un numero, bisogna dare... questo è l'archivio dei clienti, questa è la raccolta delle Gazzette delle Repubblica, questa è la cassaforte con dentro il sigillo del notaio, con dentro... questi (mostrando i volumi) è la raccolta delle leggi delle Repubblica degli ultimi vent'anni, degli ultimi... questo... eh no, per oggi basta così. Ora lei si prende una bella pratica, si prende... e la legge per bene, la legge... tanto per farsi una prima idea del lavoro, tanto per farsi... poi prima di mezzogiorno la porterò in Tribunale, la porterò... domani andremo al Catasto e poi in banca tanto per farla conoscere, tanto per farla...

ADA: (guardando l'orologio) E il sor notaio, quando arriva?

CELESTINO:    Oh   quello    dovremo    aspettarlo   per   un   pezzo,    dovremo... è andato... (prende   alcune   pratiche   dalla   scrivania   di   Edoardo,   le   sfoglia   e... ) ma... ma... roba da non credere, roba...

ADA: Cosa c'è da non credere?

CELESTINO: Ma non è possibile, non è... quand'è che le avrà fatte!?

ADA: Ma cosa, Celestino!

CELESTINO:   Tutte le correzioni e le annotazioni a margine delle pratiche.  Deve sapere che il notaio prima di firmare fa passare tutte le pratiche, fa passare... per controllare se è tutto in ordine, per controllare... e quando trova qualcosa che non va mette le annotazioni a margine, mette...

ADA: E allora?

CELESTINO: Allora, allora! Per fare questo mestiere come si deve ci vuole tempo, ci vuole... e queste pratiche gliele ho messe qui ieri sera, gliele ho messe...

ADA: Vuol dire che avrà lavorato stanotte.

CELESTINO:  Stanotte? Ma se l'ho sentito rincasare che erano quasi le quattro, che erano quasi... ed è andato a letto subito, è andato... a meno che...

ADA: A meno che?

CELESTINO:  (sempre sfogliando le cartelle) Per fare un lavoro simile avrà impiegato almeno tre ore, avrà impiegato...

ADA: Sfido io che dorme ancora. Chissà com'è stanco!

CELESTINO: Mah, non posso credere, non posso... che si sia messo a fare giudizio, che si sia... (si ode la solita voce: "Celestino! Celestino!". Celestino guarda l'orologio da taschino e...) Quasi le dieci! Quasi... stamani è mattiniero il signorino. Adesso, Ada, si metta a fare quello che le ho detto, si metta... le mando qui la Serafina che la aiuterà a sistemare la scrivania, a sistemare... io intanto vado di là a vedere cosa vuole il sor notaio...

Ada si siede e si mette a leggere qualcosa mentre Celestino, udito il suono del campanello esce dalla comune per ricomparire subito introducendo Anacleto.

CELESTINO: Il sor notaio è ancora di là, mi ha appena chiamato, mi ha appena... sa, ha fatto tardi stanotte col lavoro, ha fatto tardi... intanto che vado di là gli devo dire qualcosa?  Ah, questa è la signorina Ada Nodosi, nuova impiegata di questo studio.

Mentre Ada ed Anacleto  si  danno  la mano  si risente chiamare.  "Celestino! Celestino!".

CELESTINO: Vengo! Vengo subito! (indi rivolto ad Anacleto) Mi scusi sor Anacleto ma devo correre di là. (Esce dalla porta che immette nella camera di Edoardo).

ANACLETO: Allora lei, signorina Ada è la nipote della sora contessa Manganelli.

ADA: Si, sono la figlia di sua sorella Armida, morta quattro anni fa.

ANACLETO: Ha avuto una buona idea Doardino a chiamarla nel suo studio.

ADA: Sono contenta anch'io, visto che ha tanto lavoro...

ANACLETO: (ironico) Ma davvero?

ADA:  Oh, sì. Pensi che è rimasto alzato quasi tutta la notte a lavorare... stante che è rincasato tardi...

ANACLETO: (sempre con lo stesso tono) Eh, sì. come lavoratore non c'è l'eguale, anche se a guardarlo non sembrerebbe...

CELESTINO: (rientrando in quel momento) Sor Anacleto si accomodi che il sor notaio ha bisogno di lei, ha bisogno... (lo fa accomodare, poi rivolto ad Ada) lei no stia troppo a dare retta a quel tipo, non stia...

ADA: Perché? Mi pare una persona a modo.

CELESTINO:     Sì,   sì,  fin  troppo... comunque  se  ne  accorgerà da  sé,   se  ne accorgerà… quell’antipatico, che se non fosse per lui, se non fosse... il sor notaio... beh, ora vado a chiamarle la Serafina.   (riprende in mano le pratiche e...  tra sé:) Mi pare quasi impossibile, mi pare... (Esce)   

Ada intanto prende una pratica e comincia a sfogliarla. In quel mentre entra Serafina.

SCENA TERZA

(Serafina, Ada, Edoardo, Anacleto)

SERAFINA: Oh signorina Ada che piacere vederla qui! È venuta a portare un soffio di gioventù in questo studio che cominciava a puzzare di muffa. Sa, noi abbiamo i nostri anni e...

ADA: Ma quale muffa, Serafina! Lei è li ancora fresca come una rosa. A proposito, niente signorina Ada, neh, io sono Ada per tutti qua dentro... ma mi dica un po'... è vero che c'è poco lavoro in questo studio?

SERAFINA:   Eh, cara lei, una volta quanto erano vive le poer'anime non si faceva quasi in tempo a fiatare... ora invece...

ADA: Ma come mai! Cos'è successo!?

SERAFINA:   Ma, cosa vuole, prima di tutto tanti se la sono filata perché nutrivano poca fiducia nel sostituto e, per dirla chiara, non avevano neanche tutti i torti... sempre vestito di nero come un corvacccio, e poi, il nome che ha... ma lo dica lei: è possibile chiamarsi Dagli Imbrogli e fare il notaio?

ADA:  Sì, ma ora c'è lui, il sor Edoardo che non mi pare uno stupido... gli esami per diventare notaio non sono una cosa da ridere... e poi con l'esperienza che avrà fatto in America... sa queste sono cose che sentivo dire in casa di mia zia...

SERAFINA:   Oh no, per quello stupido non è di certo... ma... non so... a me pare, per dirla inter nos, che non abbia troppa voglia di lavorare... Celestino si lamenta che non gli guarda le pratiche, che va sempre a dormire tardi la notte... sa... gli piace il gioco del poker, lui e quel fannullone di Anacleto...

ADA:  Ma se abbiamo appena visto le pratiche complete di correzioni che, a quanto pare, deve averle fatte passare stanotte perché Celestino gliele aveva messe lì da guardare ieri sera... anche questa che ho in mano... guardi Serafina, cosa significa questa riga rossa...

SERAFINA: (prende la pratica, la sfoglia e... ) E poi Celestino afferma che non gli guarda bene le pratiche! Altro che se le guarda! Mi rincresce per sua zia ma credo che ci vorrà del tempo prima che possa fare la donazione per i cani... sarà contento il sor notaio... però! E la calligrafia! Somiglia tutta a quella di suo padre buonanima!

In quel mentre entrano Edoardo ed Anacleto.

EDOARDO: Buongiorno signorina Ada. Ma sta già lavorando!

ADA: Sor notaio buongiorno. Stavamo appunto parlando di lei con Serafina.

EDOARDO: (ridendo rivolto a Serafina) Di me?? Chissà che belle parole avrà detto quella linguaccia...

ADA: Ma no, sor notaio, guardavamo l'annotazione che c'è sulla pratica Soffocato.

EDOARDO: Quale annotazione!

ADA: Quella che ha fatto stanotte riguardo la tassa che non è stata pagata...

EDOARDO:  Ma guardi che stanotte io ho fatto proprio un bel niente.  Ho picchiato una russata... quella sì... (intanto prende distrattamente la pratica e la guarda)

SERAFINA: Eh, sor Edoardo! La sa lunga lei! Intanto s'è accorto che c'è in sospeso la SOCOF che non è stata pagata... e la pratica rimane ferma.   Sarà contenta la sora Garbuglioni, ma vorrò sentire quello che dirà la contessa!

ANACLETO: (come se si destasse da un sogno)   SOCOF?..SOCOF?... oh poverome! Adesso si che l'ho fatta grossa!

EDOARDO: Cos'hai combinato!?

ANACLETO:    Mia zia Palmira mi aveva dato dei denari per pagare una tassa, giust'appunto la SOCOF!

EDOARDO: E allora?

ANACLETO: Allora... allora... rammenti la partitella che abbiamo fatto un paio di mesi fa su a... (abbassa la voce) sì, insomma dove abbiamo preso la pettinata...

EDOARDO: (con tono imbarazzato per la dabbenaggine di Anacleto che mette in piazza le loro malefatte)   Ah, sì, mi pare di ricordare qualcosa... sì, sì, ora ricordo bene... ma erano poi poche palanche...

ANACLETO:  Poche palanche per te, non per me che ho adoprato il denaro che mi aveva dato la zia Palmira per pagarle quella tassa.  I soldi li ho spesi e poi ho dimenticato di pagare! Ho bene da sentirla la cara zia Palmira!

EDOARDO: (che nel frattempo comincia a realizzare qualcosa) Bene, sarà contenta tua madre.   In quanto alla contessa (guardando Ada) eh, sì ho proprio idea che non sarà troppo contenta sua zia.   Quello che mi piacerebbe sapere è chi l'ha fatta questaannotazione... (posa la pratica sulla scrivania di Ada e...) bene, Anacleto,  oggi pomeriggio, anzi domani che è meglio, ci studierò sopra, ora andiamo a prenderci un aperitivo che sento la gola asciutta.

ANACLETO: Ma adesso, cosa dico a mia zia Palmira!?

EDOARDO:   Non preoccuparti, qualche scusa la troveremo.   Intanto fatti dare il denaro da tua madre che stavolta... te lo darà volentieri..domani mattina va in Posta a pagare (intanto gli consegna il bollettino di versamento in c/c postale allegato all'ingiunzione di pagamento) e prima che arrivi la ricevuta regolare ne passerà abbastanza  di  tempo... in  quanto  a  tua  zia penserò  io  a  raccontarle  qualche storiella... Serafina!   telefoni a donna Letizia e le dica che la firma del contratto è sospesa... insomma si arrangi lei ad imbonirla... in quanto alla sora Garbuglioni penserà bene suo figlio ad informarla.

ANACLETO: Meno male che ci sei tu. Altrimenti... guarda in che razza di pasticcio mi sono messo!

EDOARDO: Allegro, allegro, Anacleto! A cosa servono gli amici? Adesso andiamo altrimenti l'aperitivo si scalda.   (rivolto a Serafina) Ci vediamo fra un quarto d'ora.

Anacleto accenna un saluto ad Ada ed esce con Edoardo.

SCENA QUARTA

(Serafina, Ada, Celestino, Sofia)

SERAFINA:  Ha sentito?  Cosa le dicevo io?  Si, si, è stato in America, ma cos'ha imparato? A giocare a poker e al golf... una partitella eh?  E lo sa che è così quasi tutte le notti? Lui e quel morto in piedi di Anacleto...

ADA: Eppure trova anche il tempo per lavorare...

SERAFINA: E...  a sentir lui eh? Ma non so più cosa pensare. Sarà meglio che vada di la a fare quella telefonata...

CELESTINO: (che entra in quel momento introducendo Sofia) Si accomodi, contessina Sofia. La signorina Ada ha già iniziato il servizio.

ADA: Oh, ciao Sofia. Ah Serafina è inutile che telefoni alla sora contessa. Riferisco io a Sofia.

SERAFINA: Grazie, grazie. Per me è un bel fastidio in meno. (esce con Celestino).

SOFIA: Cos'hai da riferirmi Ada?

ADA: Ecco, dovresti fare un'ambasciata a zia Letizia da parte del notaio.

SOFIA: Volentieri. Di cosa si tratta?

ADA: Si tratta della donazione. Per intanto non se ne fa nulla.

SOFIA: Oh, povera mamma! Ma cos'è successo?

ADA: Un piccolo disguido. La proprietà Soffocato non può essere ceduta essendo in corso una pendenza col Comune per imposte non pagate. Come sai, in questo studiosono assai pignoli e...

SOFIA:   Guarda guarda!   Il nostro Doardino è pignolino come suo padre!   Non si direbbe, a guardarlo. Ma... tu sei già al lavoro!

ADA: Beh, sai come son fatta. E poi qui sono stata accolta molto bene per cui... E tu, come mai da queste parti?

SOFIA: Devo passare al partito e sono entrata per vedere come ti eri sistemata oltre che per avvisarti che domani Eugenio provvederà al trasporto dei tuoi effetti personali.

ADA: Sempre presa con la politica, eh?

SOFIA: Cosa vuoi, è un male di famiglia. Anche mio padre, del resto, anche se dalla parte sbagliata...

ADA: Come puoi dire che stesse dalla parte sbagliata?

SOFIA: Era su posizioni superate dal progresso. Del resto vedi anche tu. Il vecchio edificio sta crollando e se non si provvede ad una congrua flessibilità delle strutture e non si portano avanti nuovi modelli di sviluppo che riconducano a sintesi la puntuale corrispondenza fra obiettivi e risorse il tutto - bada bene - con criteri non dirigistici, non si perverrà all'appianamento delle discrepanze e delle discrasie esistenti...

ADA: Ma...  esistono pur sempre bisogni primari...

SOFIA: Appunto Ada, appunto. Ma per soddisfarli è indispensabile un salto di qualità che,   con   il   metodo   partecipativo   si   propone,   attraverso   i   meccanismi   della programmazione e al di sopra di interessi e pressioni di parte, la ricognizione del bisogno emergente della domanda non soddisfatta.

ADA: Sapevo che tu fossi impegnata in politica anche se in casa non toccavi mai questi argomenti, ma non fino a questo punto!

SOFIA:   In casa?   Per carità!   Chi mi capirebbe?   Con la mentalità della mamma poi... Comunque Ada, sono lieta che il posto ti piaccia. Hai fatto bene ad accettare... per tante cose.  Ti faccio i migliori auguri e se avessi bisogno di qualcosa... lo sai no?  Io sono sempre Sofia.

ADA:  Lo so, lo so... e ti ringrazio.  Ma penso di cavarmela da sola.  Salutami la zia e... auguri per la tua carriera politica.   Ho sentito che ti presenterai candidata alle prossime elezioni.   In bocca al lupo... ricordati della commissione.   Chissà come la prenderà la zia...

SOFIA: Non temere Ada. Appianerò io tutto. Ciao, ciao. (esce)

SCENA QUINTA

(Edoardo, Ada)

EDOARDO: (entrando dalla comune) Ancora al lavoro, signorina Ada? Ma lo sa che è mezzogiorno passato?

ADA:   Oh, a parlare con Sofia... non mi sono accorta di aver fatto tardi.  È appena andata via. Lei e la sua politica...

EDOARDO: Ou! E? dentro fino al collo!

ADA: Ma lei, sor notaio, capisce qualcosa di quello che dice? Perché io, in verità...

EDOARDO: Ah, se per quello, non capisco niente pure io, stia tranquilla!

ADA: Ma allora...

EDOARDO: Eh, è la moda del giorno d'oggi. Per far politica bisogna saper parlare... e poi gonfiano le parole... dove ce ne vuole una, ne mettono due. Guardi ad esempio: gli infermieri   li   hanno   fatti   diventare   personale   paramedico... gli   spazzini   operatori ecologici... e via di questo passo... e più sono grosse le parole... e poi meglio ancora se la gente   non   le   capisce... tutti   credono   di   avere   a   che   fare   con   dei   grandi sapientoni... mah... vorrei bene buttarmi anch'io in politica...

ADA: No, no, sor notaio.  Un uomo come lei non lo vedo proprio in politica.  Lei va bene qui nel suo studio. Preciso com'è...

EDOARDO: Come fa a dire che sono preciso...

ADA:  Basta vedere come fa passare le pratiche.  Lo diceva prima Celestino: e che colpo d'occhio! Chissà come ha fatto! E in così poco tempo!

EDOARDO: Signorina Ada, non incominci anche lei a rompere con le pratiche...

ADA:   C'è poco da rompere!   Ci vuole proprio un bell'occhio per accorgersi della tassa non pagata... così al volo... alle quattro di mattina... eh, sor notaio, mi sa che lei sia un bel furbacchione.

EDOARDO: Le garantisco che io non ho proprio fatto un bel nulla. Anzi voglio mettere bene in chiaro questa storia..

ADA: (guardando i ritratti) E chi vuole che l'abbia fatto! Le poer'anime?

EDOARDO: (guardando l'orologio) Bene, bene, ne parleremo dopo.  Intanto vado a fare colazione. (fa per uscire e si ferma voltandosi) anzi... perché non viene insieme a farmi   compagnia... intanto   potremmo   fare   quattro   chiacchiere... sì,   insomma,   per conoscerci meglio...

ADA: Ma, sor notaio, cosa dice mai!

EDOARDO: Macché sor notaio d'Egitto!   Ada!   Sente come la chiamo?   Io sono Edoardo, Doardino per gli intimi e lei mi farà il piacere di chiamarmi col mio nome.

ADA: Va bene sor Edoardo, va bene.

EDOARDO: Ed ora, per favore, pianti li tutto e venga fuori con me a fare colazione.

ADA: Ma io, veramente avrei pensato che...

EDOARDO:   Non voglio sapere quello che pensa. Qui comando io e lei mi farà il piacere di darmi retta.

ADA: (che cerca di opporre ancora qualche resistenza) Ma dopo faremo tardi e...

EDOARDO: Macché tardi e non tardi!   Oggi è San Lorenzo e lo studio è chiuso ilpomeriggio. (La prende per mano e la fa uscire).

SCENA SESTA

(Gustavo, Efrem)

Solito intervallo, un momento di buio, musichetta da suspence... i due fratelli escono dalle cornici.

GUSTAVO: Hai visto Efrem? È bastato che Ada prendesse in mano una pratica che subito, di primo acchito le è saltato all'occhio la riga rossa e la faccenda della SOCOF. Ah, l'ho sempre detto io che è una ragazza in gamba... e se Doardino avesse solo un poco di giudizio... e poi ha visto quando si è seduta sulla poltrona come era commossa...

EFREM: (anche lui commosso) Sì, sì, peggio che se fosse stata davvero nostra nipote di sangue... mah, bisognerà vedere di fare qualcosa per mettere in chiaro la storia di suopadre... ho visto Armida e batte sempre quel chiodo. ci terrebbe maledettamente che sua figlia sapesse tutto... però anche lei, sta benedetta donna, tenersi dentro un segreto simile... almeno con noi avrebbe potuto sfogarsi, no? E invece... nossignori, siamo venuti a sapere tutto dopo morti, quando non possiamo fare più nulla...

GUSTAVO: Torno a dire, Efrem, che il permesso di parlare non l'abbiamo, ma però possiamo scrivere...

EFREM: E con questo? Siamo sempre li, al campo delle sette pertiche...

GUSTAVO: Con questo... scriviamo la storia tale e quale è e la inseriamo in mezzo a qualche pratica. La mettiamo sulla sua scrivania e quando la legge...

EFREM:  Penserebbe subito che sia stato Doardino a scriverla e potrebbe anche non credergli... anzi...

GUSTAVO:  Hai ragione.  Non può immaginarsi che siamo noi che scriviamo... e poi abbiamo l'impegno di non lasciar traccia di quello che facciamo...

EFREM: Ci sarebbe il mezzo: la lettera che è in cassaforte per Doardino il giorno che si sposa.

GUSTAVO: Eh, campa cavallo che l'erba cresce!  Quello non ha certo intenzione di prender moglie.

EFREM:   Ma da quello che abbiamo udito... hai capito, il dritto, mira al malloppolui... certo che ne troverebbe un bel mucchietto...

GUSTAVO:   No, no, Efrem.   non li vedo quei due sposati.   Col carattere di Sofia poi... in quanto a denaro mi pare che gliene abbiamo lasciato abbastanza...

EFREM: Senza contare quello che troverà leggendo la lettera...

GUSTAVO: E pensare che ci sarebbe un'altra lettera che potrebbe chiarire le cose...

EFREM:   Sì, sì, quella che ti ha scritto Armida prima di morire che è andata a mischiarsi fra le carte di casa Manganelli... certo che se potessimo farlo aprire quel cassetto...

GUSTAVO:   Non sarà tanto facile.   Se Sofia invece di perdersi con la politica si decidesse, come aveva detto, a scrivere la storia della sua famiglia, allora... salterebbe fuori quella lettera, quella busta giallina a me indirizzata e, precisa com'è Sofia... o solo magari la curiosità...

EFREM: È difficile Gustavo, è difficile...

GUSTAVO:  E se noi cercassimo di farglielo aprire quel cassetto?  Ti ricordi Efrem, quando il conte Manganelli ha avuto quella questione col marchese Paneposso per i termini che segnavano il confine del bosco dei tre allocchi, noi gli avevamo dato le planimetrie... poi lui è morto e donna Letizia non ce le ha mai restituite... poi siamo morti noi, poi è morto il marchese Paneposso...

EFREM:   Gustavo, Gustavo, ho capito!! Tira fuori la pratica.   La lasciamo lì sulla scrivania di Ada, mettiamo dentro un richiamo per le planimetrie e aggiungiamo sotto: "farle cercare da Sofia". Quando Ada la legge, telefona a Sofia la quale, per cercarle, dovrà bene aprirlo qual cassetto.

GUSTAVO: Ma siamo certi che troverà la lettera?

EFREM: Però è possibile. Tira fuori la pratica, Gustavo, che io scrivo un bel biglietto grande... e speriamo in bene.

GUSTAVO: (mentre Efrem scrive) Speriamo Efrem, speriamo! Però cerca di fare infretta che è quasi ora.

SCENA SETTIMA

(Ada, Filomena)

Efrem e Gustavo col solito trucco sono rientrati nelle cornici  Sono in scena Filomenache pulisce e Ada che, seduta alla macchina per scrivere, fa alcune battute su un foglietto. Lo mette in una busta e si rivolge a Filomena.

ADA: Filomena, me lo farebbe un piacere?

FILOMENA: Due, se posso.

ADA: Lei per rincasare passa davanti a casa Manganelli?

FILOMENA: Si, proprio davanti.

ADA: Le spiace lasciare questa busta in portineria? È inutile che cerchi di telefonare alla contessina Sofia, è sempre occupato.

FILOMENA: Cara lei! Siamo prossimi alle elezioni e ci sarà la linea diretta con Roma.

ADA: Si, si, ora che è candidata per il Partito Democratico Progressista avrà il suo da fare.

FILOMENA:  Non sta ferma un minuto.  Ora poi è in agitazione perché sabato viene qui il segretario del suo partito...

ADA: A sì? E come si chiama?

FILOMENA: Andrè Sette, si chiama.

ADA: Andrè cosa?

FILOMENA: Andrè Sette, ci voleva anche lui dato che l'ottavo l'abbiamo già... E tutte le sere è presa per comizi e conferenze, e ha mobilitato tanta gente per distribuire montagne di manifesti e di  stampati di propaganda, quelli che noi chiamiamo santini... anche i miei figli sono impegnati a metter dentro roba nelle cassette delle lettere... tutti soldi sprecati.... ormai la gente è smaliziata... chi vuole che perda tempo a leggere  quelle  panzane?     Meno  male  che paga bene... mah!     Quando  hanno quell'ambizione non guardano a spendere... certo che alla fine ne avrà spesi una barca di milioni...

ADA: Filomena, in fondo spende dei suoi...

FILOMENA:   Per carità, signorina Ada, non volevo dire che... solo che per noi che dobbiamo spaccare il quattrino in quattro vedere buttar via tanto denaro piange il cuore... che poi a quanto dicono pare che abbiano intenzione di varare una legge che gli rimborsi le spese... si sa, la vacca da mungere è grossa!

ADA: Eh sì, Filomena. È grossa e lunga... la testa è qui a Donoratico...

FILOMENA: Si, ma le tette le mungono a Roma! E che mungitura fanno!

ADA: Su, su, Filomena. Ci vogliono anche loro.

FILOMENA:    Sono persuasa.    Comunque ci vuole una bella faccia a fare quel mestiere!

ADA: Ma Filomena: è un mestiere come un altro.

FILOMENA: Per me è un mestiere puttana! E poi ha provato a leggere quei foglietti? Compaiono di quelle parole... che bisognerebbe essere professori per capirle...

ADA: (divertita) Ma Filomena!  Tutti vogliono dire la loro, e qualcuno per mettersi in vetrina mette dentro qualche parolona che faccia effetto...

FILOMENA: Bisognerebbe che provassero loro l'effetto che fa piegare la schiena, o che andassero sul mercato qualche volta a fare la spesa... altro che le parolone... invece quelli che trottano sono sempre gli stessi... come lei, che alle sette e mezza di mattina è già qui a lavorare.

ADA: Ma a me piace alzarmi presto, Filomena. Se poi venendo qui a quest'ora le do fastidio...

FILOMENA: Fastidio a me? Oh benedetta ragazza! Fossero tutti come lei! Ma lo sa che da quando è qui lei questo studio ha cambiato faccia? Beh, ora ho finito. Mi dia quella lettera che tempo mezz'ora è a segno.

ADA: (che nel frattempo sta riponendo alcune pratiche, vede spuntare da una di queste un foglietto. Lo legge e...)  Filomena, aspetti un attimo, che c'è un'altra busta per la contessina. (Prende il foglietto, lo mette in una busta, la chiude e la porge a Filomena). Grazie di tutto Filomena.   (intanto borbotta tra sé:) Come ha fatto Celestino a non ricordarsi... ma sono quasi passati venti giorni... con quel telefono che non risponde mai... speriamo che non mi mandi al diavolo... farle cercare le planimetrie con tutto quello che ha per la testa in questi giorni... d'altronde è tutto tempo guadagnato per il sor Edoardo.

SCENA OTTAVA

(Celestino, Ada)

CELESTINO:   (che è entrato in scena al momento)   Benedetta ragazza!   Sta già lavorando, sta già… non sono ancora le otto, non sono ancora...

ADA: Mi piace l'aria fresca del mattino. Rischiara le idee.

CELESTINO:   C'è qualcun altro che avrebbe bisogno di aria fresca, che avrebbe bisogno...

ADA: Ha fatto tardi ancora, stanotte?

CELESTINO: Tardi? Presto, vorrà dire. lui e quel perdigiorno d'un Anacleto.

ADA: Eppure stamani ho visto le ultime pratiche revisionate...

CELESTINO: Davvero? Ma a che ora è scesa lei stamani!?

ADA: Saranno state le sette. Mi sono svegliata presto e...

CELESTINO:   Ma dove andrà a prenderlo il tempo per lavorare, dove andrà..mah, dovrò sorvegliarlo, dovrò...

ADA:   Bene Celestino, l'importante è che lo faccia, poi uno è padrone della sua vita... ha cercato di portar fuore anche me qualche sera, ma io gli ho detto che mi piace andare a letto presto. Del resto, come dicevo, uno è padrone della sua vita...

CELESTINO: Sì, sì, per quello non posso dire di no, non posso dire...

ADA: A proposito Celestino, ho dato a Filomena quel biglietto scritto dal sor Edoardo per Sofia... sa, quelle planimetrie...

CELESTINO: Oh, già! Avrò telefonato trenta volte, avrò... ma quel benedetto telefono è sempre occupato, è sempre... chi sa se sono loro che pagano la bolletta.

ADA: No, son sempre quelli di Roma che chiamano. La pagheranno loro.

CELESTINO:   Che è come dire che la paghiamo noi, che la paghiamo... ora, se per caso dovesse vincere le elezioni, dovesse... chissà la contessa, non la terrà più nessuno, non la terrà...

ADA: Oh, per quello che interessa a lei...

CELESTINO:   Sì, proprio lei... e lei poi,  Ada,  dovrebbe conoscerla bene, meglio ancora di me, meglio ancora... si, insomma...  come quella cosa che... quando la monta in scranno... o la puzza o la fa danno, o la fa...

ADA:   Ma no, Celestino, mia zia pare così a sentirla, sì si darà qualche aria, ma in fondo non è come pensa lei.

CELESTINO: Lei è troppo buona, lei è troppo... con tutto quello che le ha fatto, con tutto... (si ode squillare il campanello) è meglio che vada a vedere chi è così buon'ora, èmeglio che vada...

SCENA NONA

(Ada, Anacleto, Celestino, Sofia)

CELESTINO (introducendo Anacleto) Cosa fa qui lei così di buon'ora, non vorrà fare nevicare, non vorrà fare... il sor notaio sarà ancora al primo sonno, sarà...

ANACLETO: Stamattina mia madre mi ha buttato giù dal letto... e passando di qui mi sono ricordato che avevo in tasca quella tale ricevuta della SOCOF che è già qualche giorno che l'ho pagata, e siccome temevo di perderla... sono tanti soldi... (mentre Anacleto parla, Celestino è seduto alla scrivania di Edoardo e Ada lavora alla sua scrivania.   Anacleto porge la ricevuta ad Ada che la ripone nella pratica.   Intanto Anacleto si rivolge ad Ada) E lei signorina Ada, come sta?

ADA: Io sto benone, grazie. E lei?

ANACLETO: È sempre troppo presa col lavoro... e... cosa fa di bello alla sera?

ADA: Niente di particolare. Mi preparo un poco di cena, guardo un po' di televisione e poi prendo un libro e vado a letto a leggere.

ANACLETO:  Beato quel libro!  Ma..dico... non le viene mai in mente... dico qualche volta di fare un balletto, di andare a teatro, perché, ad essere sincero, io... insomma mi sento morire al pensiero che una bella ragazza come lei stia sempre chiusa in casa...

ADA: Oh, cerchi di non morire. (asciutta) Non c'è nessuno che mi obbliga. E poi a me piace così.

ANACLETO:   Peccato.   Perché mi piacerebbe, se lei permettesse, portarla fuori qualche sera a cena e poi, magari andare a fare quattro salti...

CELESTINO: Sor Anacleto, non vede che la signorina Ada è presa col lavoro?... non vede...

ANACLETO: Chiedo scusa, ma volevo solo portarla...

CELESTINO: (stizzito) Le ho detto di lasciarla in pace, le ho detto... 

Intanto suona il campanello. Celestino si alza e introduce Sofia.

SOFIA:  Ciao Ada. Sono di corsa. Ti ho portato le piantine chieste da Doardino e inoltre... indovina un po' cos'ho trovato insieme ai documenti di famiglia: una lettera indirizzata al rag. Gustavo Pusterla, sì, lo zio Gustavo.  Chi sa come sarà mai finita in casa mia.  La darai a Doardino.   (Glela porge)   Adesso scappo al partito.

            Intanto rientra Celestino.

ADA: Permetti che ti presenti il sig. Anacleto Soffocato. È un tuo estimatore.

SOFIA: Davvero?

ANACLETO: Che piacere ho di conoscerla di persona!  Sì, sì, leggo tutte le sue pubblicazioni e mi trovo d'accordo con lei quasi al cento per cento.

SOFIA: (divertita) Perché solo quasi?

ANACLETO: Sì, insomma, quasi tutto. Ho qualche riserva solo circa la sua posizione sulla "valenza epidemiologica".

SOFIA:    Ma perché?    Mi sembra tutto così   chiaro!     I suoi valori intrinsechi rispecchiano, nel bipolarismo, il riorientamento delle linee di tendenza in atto...

ANACLETO:  È proprio questo che non condivido.  Mi pare che faccia a pugni col "modulo di interdipendenza orizzontale"... (con enfasi) vogliamo o non vogliamo farechiarezza? Una volta per tutte dico, vogliamo parlar chiaro? Dobbiamo pervenire, nel rispetto della normativa vigente, alla demedicalizzazione del linguaggio, fattualizzando e concretizzando,   nel   contesto   di   un   sistema   integrato,   l'annullamento   di   ogni ghettizzazione.

SOFIA: (alquanto più convinta)  Mi piace... in fondo ha ragione.  Ma come pensa dipervenire al ribaltamento della logica assistenziale preesistente...

ANACLETO:    (con forza)   Ma se lo dice sempre lei!    È chiaro come il sole! Attraverso la trasparenza di ogni atto decisionale!

SOFIA:  Senta giovanotto. Le sue idee mi piacciono. Ha mai pensato di entrare nel mio partito?

ANACLETO: L'idea mi era già passata per la testa...

SOFIA: E allora? Qual momento migliore? Intanto perché non si impegna con me nella campagna elettorale? Vedo che è molto preparato. Dove si è fatta tutta questa cultura?

ANACLETO:   Sui banchi dell'università.  Eh, sì, la facoltà di architettura è una vera fucina di cervelli"!

SOFIA: Sì, sì devo ammettere che... e poi in lei si sente l'impeto e l'afflato sociale...

ANACLETO: Guardi che non lo faccio per interesse. Sto bene di casa e di roba ne ho tanta, come del resto lei... mi pare... ma... è inutile, quando sento parlare di utenza potenziale e di bisogno emergente..sento qualcosa nel sangue...

SOFIA:  La capisco, la capisco.  Anch'io del resto avverto gli stessi stimoli... ma... lei non ha risposto alla mia domanda.

ANACLETO: Accetto. Accetto di cuore. Possiamo cominciare anche subito.

SOFIA:  Allora caro amico anzi, caro Anacleto - ormai possiamo darci del tu - puoi accompagnarmi al partito? Strada facendo metteremo a punto un piccolo programma.

ANACLETO: Volentieri Sofia. Vengo con te. (rivolto ai presenti che avevano seguito incantati il colloquio facendosi segni eloquenti) buon giorno a tutti e salutatemi tanto il Doardino. (Escono).

SCENA DECIMA

(Celestino, Ada)

CELESTINO: Ma l'ha sentito, Ada, l'ha sentito?

ADA: (ridendo) Mi paiono accoppiati bene.

CELESTINO:   Sì, come il gatto e la volpe, come il gatto... Ma sì, almeno che se la intendessero davvero, che se la intendessero... almeno quel buono a nulla la smetterebbe di fare il cascamorto con lei, la smetterebbe...

ADA: Ah, per quello che fa a me quel giovanotto! Non lo vedo neppure. Ah, ce n'è stato qualche altro... ma gli ho dato il benservito prima di cominciare.

CELESTINO: Si vede che lei ha la testa sulle spalle, invece quei due... invece...

ADA:   Ma se paiono fatti l'uno per l'altra! (ridendo) dovrebbero bene accoppiarsi. Vuol mettere! Due patrimoni così ! Credo che anche zia Letizia sarebbe... così lei e la Soffocato la smetterebbero di litigare. (ride di gusto).

CELESTINO: Oh per quello ne metterebbero insieme abbastanza, ne metterebbero...

ADA:  (maliziosa) Bisognerà che tasti il polso a Sofia... l'idea non mi pare da buttare... (poi tornando seria) Bene, Celestino ora io esco per fare delle commissioni. Tra una storia e l'altra abbiamo fatto tardi. Ci vediamo dopo pranzo. Ah, dia questa busta al sor Edoardo.  L'ha trovata Sofia tra le carte di casa.  Era indirizzata allo zio Gustavo... certo che è arrivata un po' tardi... mah, la leggerà suo nipote. (si alza).

CELESTINO: Vada pure Ada, ci penso io . (Ada esce. Celestino prende in mano la busta poi tra sé soppesandola:) Certo che se era una cosa urgente,   se era... (si ode suonare il campanello e la solita voce: "Celestino! Celestino")  Vengo! Vengo! Caspita! si è svegliato il signorino! (esce dalla comune).

FINE ATTO SECONDO


ATTO TERZO

(Efrem, Gustavo, Edoardo)

Edoardo con in mano la lettera scritta da Armida allo zio Gustavo, dorme.

EFREM: Gustavo, dorme. Cosa facciamo?

GUSTAVO: Non so neppure io cosa dirti...

EFREM: È l'ultimo permesso che abbiamo...

GUSTAVO: Però stavolta possiamo parlare!

EFREM: Sì, ma non consumiamo tutto il tempo. Teniamoci almeno due o tre minuti di scorta. Caso mai ne avessimo bisogno in extremis...

GUSTAVO:  Ci conviene rimanere dentro le cornici.  Non possiamo rischiare.   Se si sveglia all'improvviso va a monte tutto.

EFREM: Hai visto Gustavo che faccia ha fatto quando ha letto la lettera?

GUSTAVO: E ora, cosa pensi che dica?

EFREM:  Poco poco dovrà farla leggere alla contessa... hai capito?  Marchesa! Ed è tutto depositato presso lo studio del notaio Premazzi di Cecina.   Chissà come resterà nell’apprendere che Ada è più di lei.

GUSTAVO: E con quel po' po' di patrimonio poi.

EFREM: Finirà che la vorrà ancora in casa sua.

GUSTAVO: A meno che Sofia... ma per ciò che Ada ha detto per scherzo...

EFREM: Vorresti dire che Sofia e quel panposso d'un Anacleto...

GUSTAVO: Quando c'è di mezzo la politica tutto è possibile!

EFREM: (accennando ad Edoardo) Mi pare che si stia svegliando.

GUSTAVO: Sì, sì è meglio che non usciamo dalle cornici: crederà di sognare.

EFREM: (forte) Certo, perché il signorino, visto che fa mattina a giocare a poker, che è poi tutto quello che ha imparato in America... Poi alle otto di sera ha sonno il signorino. Invece di lavorare... bisognerebbe accarezzargli la schiena con una verga di salice...

EDOARDO: (alzando il capo e guardandosi intorno) M'è parso di sentir parlare.

EFREM: Sì, bel tomo, l'avevamo proprio con te.

EDOARDO: (mezzo stordito) Ma... io non capisco...

GUSTAVO: Quando comincerai a capire qualcosa, deficiente?…

EDOARDO: (guardandosi in giro) Mi parrebbe quasi che siano le poer'anime...

EFREM: E chi vuoi che siano: i frati di...?

EDOARDO:  (stropicciandosi gli occhi) Povero me! Ma com'è mai possibile...

GUSTAVO: È possibile, stanne certo. E intanto che ci siamo ne avrei quattro da dirti, ma è meglio che lasci parlare il tuo babbo. (rivolto al fratello) Prosegui tu, Efrem.

EFREM:  Sicuro, caro il mio cretinetti. Ringrazia Dio che siamo morti, sennò avrei un altro sistema... altro che mandarti in America… Cos'hai fatto di bello in America, eh? Come hai impiegato il tempo?

EDOARDO: Senti babbo, io...

EFREM:   Sentimi tu, piuttosto.   Con tutto quello che abbiamo fatto per darti una posizione nella vita! E tu stai mandando tutto in malora! Già, perché al signorino piace il gioco del poker, il gioco del golf, e pratica lo sport di correre appresso le gonnelle! E quello è uno sport... e anche di quella povera ragazza, sì, sì la Ada, tanto per intenderci, sì, quella della lettera che hai in mano... eh, cosa mi dici? Tu e il tuo amico Anacleto (facendo il verso) Oh, Anacleto avremo di che divertirci!   Questo avevi mente... tutto fuorché il lavoro.

EDOARDO: Ma io...

GUSTAVO: Oh lo sappiamo!  Sappiamo tutto. Perché il signorino mira ai quattrini di Sofia, gli piacerebbe fare il mantenuto.   Vergognati!   Che se non eravamo noi amandare avanti di notte il lavoro, se fosse dipeso da te a quest'ora questo studio sarebbe chiuso da un pezzo.

EDOARDO: Sicché ... allora... siete voi che controllate le pratiche. Ma, ma... non siete morti!?

EFREM:    Sì, sì, non aver paura,    siamo morti, perché se fossimo ancora vivi cambierebbe la musica per te.

EDOARDO: Ma com'è mai passibile... non posso credere..non posso credere...

GUSTAVO: Invece di star li come un povero pirla pensa bene di cambiare marcia, perché guarda che per noi i permessi sono finiti e d'ora innanzi dovrai arrangiarti da solo.

EDOARDO: Ma io credevo...

EFREM: E cosa credevi? Possibile che non ti sia mai chiesto chi ti faceva il lavoro? Cerca di mettere giudizio perché la strada che hai imboccato non porta troppo lontano... e in quanto a Sofia non farne troppo conto... mi sa che ti saluterà presto. Caro il mio giovanotto, sei grande ed è ora di mettere giudizio.   Rimboccati le maniche e comincia a darti da fare, e non continuare la vita del lazzarone . Dovresti vergognarti. Sei il disonore della famiglia.  Anche la tua povera mamma... ha un dispiacere... anche qui, dove dovremmo essere tutti contenti...

EDOARDO: Oh babbo... hai ragione. Comincio solo adesso a vedere un po' chiaro.

GUSTAVO: Sì, sì, cerca di aguzzare la vista.

EFREM:  (diminuendo gradatamente il tono di voce)   Pensa bene a quello che ti abbiamo detto, figlio mio, e metti giudizio.   Ormai noi non possiamo fare più nulla. Cerca di approfittare della fortuna che hai avuto... perché non a tutti... sono pochi coloro che possono godere di simili privilegi...

GUSTAVO: (con voce sempre più fievole) Ti raccomando la Ada. Telefona subito al notaio...

I due finiscono di gesticolare e riprendono l'usuale immobilità nei ritratti. Edoardo si stropiccia ancora gli occhi, si alza, si stira e poi torna a sedersi col capo fra le mani. Dopo qualche istante rialza il capo. Si guarda attorno. Dà un'altra occhiata ai ritratti e...

EDOARDO: Si vede che la salsiccia che ho mangiato oggi non l'ho digerita... però che bel sogno ho fatto! Ma.. è poi stato un sogno? E le pratiche, chi me le guardava... mah... è per quello che Celestino... adesso comincio a capire... possibile che siano state loro, le poer'anime... e sanno tutto. Sanno che miro ai denari della Sofia, e la Ada, la lettera... mah... quasi quasi non vado a dormire..voglio vedere se per caso compaiono ancora. Accidenti! Che spavento! Devo andare a farmi benedire. E la lettera dell'Armida? Vedrò domattina. Oh povero me. Non so più cosa pensare! (Posa il capo sulla scrivania e si addormenta. Solita musichetta e cambio di luci. È l'alba).

SCENA SECONDA

(Edoardo, Filomena, Ada)

Edoardo si è svegliato. Si guarda attorno, dà un'occchiata ai ritratti e...

EDOARDO:  Niente.  Non si muovono.   (prende un fascicolo dalla scrivania, lo apre e...) e questa pratica non è stata guardata. Mah! Che sia vero che lo facevano loro, le poer'anime e che gli è scaduto il permesso? Bene sarà meglio che mi accinga io a farlo 'sto lavoro. (Prende la penna e comincia a scrivere qualcosa. Intanto fa il suo ingresso Filomena).

FILOMENA:  (consulta l'orologio da polso e poi la pendola) Ma possibile! Cosa fa qui lei sor notaio così di buon'ora! Credevo di essere arrivata tardi!

EDOARDO:   Ah, buongiorno Filomena.  Eh, le capiterà sovente d'ora innanzi di trovarmi qui presto.  Ho tanto lavoro arretrato e... (intanto è entrata Ada) buon giorno Ada, sempre mattiniera eh?

ADA: Buon giorno sor. Edoardo. Che bella sorpresa!

EDOARDO: Mi faccia fare una telefonata e l'avrò io per lei una bella sorpresa!

ADA:  Ma che faccia tirata ha!  Non è andato a letto lei stanotte.  Ma perché non lavora durante il giorno che ci si vede meglio... mah... Oh, neh! non mi guardi con quegli occhi... sembrerebbe che avesse fatto un brutto sogno... su, su sor Edoardo, salgo un momento a prepararle un buon caffè.

EDOARDO:   Me lo faccia doppio, grazie.   Ne ho proprio bisogno.   (Ada esce ed Edoardo si rivolge a Filomena) Vado di la a fare una telefonata.   Quando arriva la signorina Ada col caffè mi chiami. (esce).

SCENA TERZA

(Filomena, Celestino, Serafina Ada, Edoardo, Gilda, Letizia)

Entrano Serafina e Celestino.

FILOMENA:   Buon giorno Serafina, ma ha visto!   Stamane il sor notaio ha fatto un uovo fuori dal cesto. Quando sono arrivata l'ho trovato già qui con la signorina Ada... bene, io ho finito. (esce)

SERAFINA: Alle sette era già qui???

CELESTINO: (prendendo alcuni fascicoli) Oellà! Si è proprio messo di puntiglio, si è messo... a furia di battere il chiodo, a furia di battere... Bene.   Queste sono pronte da registrare... possiamo metterle a repertorio, possiamo metterle... Serafina prepara tutto che quando sono pronte le portiamo in Tribunale, le portiamo... non credevo che riuscisse a fare in tempo, non credevo... (vede la lettera lasciata sul tavolo da Edoardo e non rammentandosi di averla già vista la sera prima...)  cosa fa in giro questa lettera, cosa fa... ordine! Ordine! Serafina dopo archivia per bene questa lettera, archivia...

In quel mentre entra Ada col vassoio.

ADA:  No, no Celestino.  L'aveva in mano prima il sor notaio.  La lasci lì e... mi fa il favore di chiamarlo e di dirgli che è pronto il caffè? Ma, forse sarà meglio che glielo porti io. (fa per uscire quando compare Edoardo)

EDOARDO: Grazie Ada. Lo bevo di qua il caffè. Intanto voi due (rivolto a Celestino e a Serafina) andate di là un momento perché devo parlare in privato con la signorina Ada.

(I due escono)

ADA: Cosa sono tutti questi misteri!

EDOARDO: (sorbendo il caffè)   Signorina Ada ho   appena terminato di fare una telefonata che... intanto si sieda, per favore.

ADA: Ma, si può sapere cos'è successo?

EDOARDO: Piano... piano... son cose che...

ADA: Ma quali cose?!

EDOARDO: (prendendo in mano la lettera) Ecco. vede questa lettera? L'aveva scritta la sua povera mamma a mio zio Gustavo.   Però la poer'anima non ha mai potuto leggerla, perché era andata persa... l'ha rinvenuta per caso, e adesso comincio a credere che non sia affatto stato un caso, sua cugina Sofia mischiata fra le carte di casa Manganelli.  E sa che cosa c'è scritto su questa lettera?  C'è scritto il nome del suo babbo, signorina Ada!

ADA: Il nome... oh Signore mio! (fa per alzarsi ma si risiede di colpo)

EDOARDO: (porgendole la lettera) Ecco legga lei stessa cosa c'è scritto.

ADA:    (man mano che legge fra esclamazioni diverse, si commuove e scoppia in singhiozzi) Oh mamma, mamma mia!

EDOARDO:  (prendendola per le spalle e cercando di rianimarla) Su, su, Ada... anzi marchesina Bentivoglio  dei marchesi Bentivoglio  del Poggetto... ho  avuto  ora la conferma del notaio Premazzi di Cecina.

ADA: (ancora attonita) Non posso credere...

EDOARDO: (guardando il ritratto dello zio Gustavo)  Oh zio Gustavo!   Ora sarai in pace finalmente!   (rivolto ad Ada) Era il suo cruccio... e dire che noi, vedendo che si prendeva tanto a cuore la sua vicenda, avevamo quasi pensato che... sì ... insomma che fosse lui il suo papà e non capivamo perché non volesse dirlo.

ADA: Oh zio Gustavo! lo diceva sempre la mia mamma che era un uomo...

Intanto fa capolino Celestino.

CELESTINO:   Sor Edoardo mi scusi se la disturbo,   mi scusi... ma cos’è successo! Cos'ha da piangere la signorina Ada!?

EDOARDO: Nulla, nulla di brutto. Poi vi spiegherà tutto lei.

CELESTINO: Dicevo che sono di là donna Letizia e la sora Garbuglioni, dicevo... le ho fatte accomodare in due salotti differenti, le ho fatte... sennò...

EDOARDO: (dopo un attimo di riflessione) Falle attendere un momento, poi introduci la sora Garbuglioni e, quando suono il campanello fai entrare anche donna Letizia. Bisogna venirne ad una con quelle due... (Celestino esce) e lei, Ada stia calma e tranquilla e si asciughi bene gli occhi. Sì, sì, le resteranno un po' rossi... ma diremo che ha sbucciato una cipolla. Ora vada di là a riassettarsi e aspetti che la chiami io. 

Ada esce e subito dopo Celestino introduce la Garbuglioni.

EDOARDO: Cara sora Garbuglioni (le dà la mano) Si accomodi. Cosa mi racconta di bello?

GILDA: Ho qui una notizia fresca fresca... vedrà che la contessa finirà di tormentarla con la storia della donazione.

EDOARDO: A sì? E come fa lei a dirlo?

GILDA: So quel che dico. Deve sapere che il veterinario provinciale se l'è squagliata con una spagnola. Sono finiti a casa di lei... una vedova piena di grana, dicono, e pare che si siano già sposati. Lui ha piantato casa e figli - tanto sono grandi ormai – perché ha anche lui i suoi anni neh... di modo che alla sora contessa spero che passerà la voglia di far costruire le gabbie per i cani... ormai il merlo è scappato e via lui non può più nemmeno tirare dalla sua il figlio...

EDOARDO:   Ma, ora sentiremo.   Per combinazione la sora contessa è di là che aspetta. Per quanto le cose sarebbero lo stesso andate per le lunghe per via della tassa non pagata. Ora che arriva la ricevuta del Comune...

GILDA:   Taccia sor notaio, che una volta tanto il mio Anacleto ne ha azzeccatauna giusta. E lei, subito, ha preso la pignatta per il manico... sì sì, ve la intendete bene, voi due...

EDOARDO:    Cosa vuole, siamo amici... ma è un po' che suo figlio non si fa vedere... ora è tutto preso per la politica... sa, fra quindici giorni ci sono le elezioni...

GILDA:   Ma sì, mi hanno ben detto che è sempre attorno a reggere la coda alla contessina Sofia.

EDOARDO: Sa, quando si scaldano per la politica...

GILDA:   E gli studi?  Adesso che, come dice lui, se Dio vuole è quasi arrivato non vorrei che piantasse tutto!

EDOARDO: Ma no! Passate le elezioni vedrà che si impegnerà nella volata finale.

GILDA:   Speriamo,   speriamo,   sarebbe   quasi   ora!  Buttar   via   tutto   quel tempo... speriamo almeno che lo paghi bene...

EDOARDO:  Ma sora Gilda!  Quelli sono servizi che non si pagano! Poi Anacleto è quasi architetto e mi parrebbe poco dignitoso...

GILDA: Cosa? Non lavorerà solo per prender caldo, quel minchione. Sa cosa diceva il mio povero marito buonanima?    Che piuttosto che lavorare per prender caldo preferiva morire di freddo!

EDOARDO: (ridendo per la battuta) Piuttosto sora Gilda intanto che è qui dovrei farle firmare un documento... (rovista fra alcune scartoffie) dov'è andato a finire... ah eccolo. Ma necessita anche il certificato di residenza... dopo manderò Celestino a farselo compilare.

GILDA:   No, no, sto appunto andando in Comune.   Lo faccio fare io e poi glielo porto, così mi dirà che faccia ha fatto la contessa...

Edoardo l'accompagna alla porta e lui stesso introduce donna Letizia.

EDOARDO: Donna Letizia si accomodi,. come sta?

LETIZIA: Doardino, passavo da queste parti e sono venuta ad informarmi come va mia nipote.

EDOARDO: La signorina Ada va benone. Anzi, c'è una grossa novità.

LETIZIA: E cioè?

EDOARDO:   (avvicinandosi col capo a Letizia e parlando a mezza voce)  È saltato fuori il nome di suo padre.

LETIZIA: (Interdetta)  Cosa... cosa... (poi cambiando tono) E si può sapere chi è quel galantuomo che dopo vent'anni... dopo aver piantato nelle grane mia sorella si fa vivo? Ma con che faccia, con che faccia, domando....

EDOARDO: Eh... è una storia lunga e l'abbiamo saputo per caso. Deve sapere che la sua povera sorella nel 1950, approfittando del ribasso dei treni per  l'Anno Santo, è andata a farsi un viaggetto a Roma. Bene , al concorso ippico di Piazza di Siena, ha conosciuto un tenentino di cavalleria che si trovava lì per gareggiare e... insomma è stato un amore travolgente.  Quando lei,dopo un paio di mesi si è accorta di aspettare una creatura, lui era in missione a Bruxelles e non ha potuto avvertirlo subito.   Intanto ha saputo che per poter sposare un ufficiale dell'esercito bisognava avere la dote, e lei non aveva un quattrino... d'altra parte lei sapeva che lui teneva troppo al suo avvenire di ufficiale... e ha preferito tacere sperando che le cose cambiassero... poi quando hanno abolito l'obbligo della dote ormai sua nipote Ada era grandina e lui si era sposato...

LETIZIA:   Ma per il bene della bimba, per darle il nome, mi pare che mia sorella doveva... in quanto alla dote... santo Dio... bastava dirlo che io....

EDOARDO: Non ha voluto rovinare una famiglia..  Solo quando ha saputo di essere malata e di aver poco da vivere, allora... gli ha scritto. Ma lui era in America e quando è ritornato, sua nipote Ada era in Inghilterra per gli studi.

LETIZIA: Sì, sì, rammento. Ma dopo?

EDOARDO: Loro due si sono visti e lui, non avendo figli, ha fatto subito le pratiche per il riconoscimento della paternità e per l'eredità, solo che...

LETIZIA: Cosa c'è ancora!

EDOARDO: C'è... c'è   che è morto anche lui..era con la moglie su un battello che è stato trovato vuoto alla deriva vicino alla Corsica, dopo una tremenda burrasca.

LETIZIA:   (convinta di pronunciare una frase ad effetto) Oh! Quanti morti! Ma è un'ecatacombe!

EDOARDO: Sì, sì, peggio di una tragedia greca.

LETIZIA: Sicché dunque... la ragazzanon ha potuto vedere suo padre... ma mia sorella poteva almeno dirmi qualcosa.

EDOARDO: Ha messo tutto per iscritto prima di morire. Ricorda che si è aggravata improvvisamente, tanto che la Ada ha dovuto tornare immediatamente dall'Inghilterra se voleva vederla ancora viva... e la povera Armida, ah quel male che aveva in gola!... non poteva più nemmeno parlare.

LETIZIA: E la lettera?

EDOARDO: La lettera è andata a finire non si sa come fra le carte di casa Manganelli, e sua figlia Sofia l'ha trovata per caso ieri mentre stava cercando altre cose... e, essendo la busta indirizzata a mio zio Gstavo, l'ha consegnata a me.

LETIZIA: E... si può sapere di chi è figlia mia nipote?

EDOARDO: È figlia del marchese Costantino Bentivoglio, dei marchesi Bentivoglio del Poggetto.

LETIZIA: (con meraviglia) Marchese?

EDOARDO:  Sì, sì e ne ho avuta conferma poco fa, telefonando al notaio Premazzi di Cecina. C'è tutto in regola. Riconoscimento di paternità, disposizioni testamentarie per l'eredità...

LETIZIA: (mostrando un interesse insolito per la nipote) Sicché, allora... oh benedetta ragazza! Bisognerà che la faccia tornare in casa mia... la marchesina!

EDOARDO:    Beh, questo dovrà deciderlo lei.   A proposito donna letizia, per la donazione...

LETIZIA:  Oh, dopo quello che ho saputo, Doardino, quelle cose passano in seconda linea.

EDOARDO: C'è la sora Garbuglioni che è sempre il lite con sua cognata e non vuole cedere la sua parte. Poi c'è la storia della tassa non pagata... insomma le cose andranno un po' per le lunghe.

LETIZIA: Pazienza Doardino, pazienza. Vuol dire che faranno a meno della porzione di bosco, tanto... guarda, per il riguardo che hanno... figurati che non sono stata neanche invitata all'assemblea dell'Associazione Amici degli Animali... sì, sì, Doardino, mi è quasi passata  la  voglia  di... e  poi  quel  villano   di  un  veterinario...    un   altro  che  ti raccomando... ma, sai Doardino che la storia di mia nipote mi ha messo addosso un'agitazione che...

In quel mentre entra Ada.

ADA: Ciao zia, hai saputo?

LETIZIA: Ciao bellezza! (la abbraccia) Finalmente! Oh se ci fosse qui la tua poveramamma! Ma adesso ti farò io da mamma, adesso tu torni a vivere con me in una casa che si convenga al tuo rango...

ADA: Grazie zia, ma preferisco stare da sola. Poi qui mi trovo così bene che...

Entra Celestino.

CELESTINO: C'è di là la signora Garbuglioni.

EDOARDO: Falla entrare.

Celestino introduce Gilda.

GILDA: Le ho portato il certificato.

EDOARDO: Grazie sora Gilda. Ah, sora Gilda, permette che le presenti la contessa Manganelli? Donna Letizia, questa è la signora Gilda Garbuglioni vedova Soffocato.

GILDA: (squadrando da capo a piedi donna Letizia che si è alzata per salutarla e le viene incontro) Finalmente posso vederla da vicino la signora contessa.

LETIZIA: Cos'ha da guardarmi? Ha qualcosa da dire sul mio incedere?

GILDA: Ah no.  Non cederò mai. Stia pur certa signora contessa, che sulla questione della cascina di mia cognata con cederò mai!

LETIZIA: (con sussiego) Oh cara lei! Per quello che importa a me, se la tenga pure!

Intanto entrano Anacleto e Sofia.

GILDA:   Eh si, com'era quella storia dei fichi?   Visto che non arrivavano a coglierli dicevano che erano acerbi...

ANACLETO: Veramente mamma, non erano fichi, era uva!

GILDA: Beh, si può sapere cosa fai qui?

ANACLETO: Mamma, ti presento la contessina Sofia Manganelli, presto deputato di questo distretto.

GILDA: Invece di perder tempo con la politica, quand'è che ti decidi a laurearti?

ANACLETO:    Dà tempo al tempo, mamma.   Per intanto ti annuncio che io e la Sofia... sì, sì, insomma... abbiamo deciso di sposarci.

GILDA E LETIZIA: (all'unisono) Cos'è che avete deciso voi due?

ANACLETO:   (rivolto a donna Letizia) Approfitto della combinazione di trovarla qui, signora contessa, per chiederle la mano di sua figlia, la contessina Sofia.

LETIZIA:    (interdetta)    Ma lei giovanotto, è in possesso dei titoli necessari per presentare una tale richiesta?

SOFIA: Non temere mamma. Dopo aver attentamente vagliato i sentimenti e le qualità di Anacleto, sulla base di un corretto rapporto, e non dando nulla per scontato, ma in una visione organica che ne prefigura i tratti caratteriali e il comportamento non dilatorio ma pragmatico del soggetto, sono certa che egli sarà per me il marito ideale

LETIZIA:    Si, ma in quanto a sostanze... sarà poi in grado di mantenerti come si conviene alla tua posizione sociale?

GILDA:  Oh, ma lei ci ha presi per dei morti di fame? Guardi che di roba al sole ne abbiamo forse anche di più di lei... per non parlare del concorrente in banca...

ANACLETO: Sia tranquilla signora contessa. Ad elezioni ultimate provvederò tosto al conseguimento della laurea in architettura, obiettivo primario da raggiungere in tempi brevi, anzi brevissimi, onde ricuperare, ovvero rivalutare in un'ottica polivalente che non assuma mai come implicita, al di là delle difficoltà iniziali, la condizione specifica dell'oggetto che si estrinseca nella duplice funzione matrimoniale e professionale.

GILDA: (rivolta a Letizia) Lo sente? Parla come un avvocato!

EDOARDO: Ma bravi!  Oggi è il giorno delle sorprese! La signorina Ada ha saputo chi era suo padre. Anzi d'ora in poi la chiamerete marchesina Bentivoglio, dei marchesi Bentivoglio del Poggetto.

SOFIA:    (abbracciando commossa la cugina)   Bene, Benissimo!   Ma che notizia fantastica! Non so come esprimerti la mia soddisfazione. Posso solo estrinsecarla in un caloroso abbraccio che racchiude in sé tutta l'eloquenza e la spontaneità dei miei sentimenti, nonché la gioia interiore per il superamento dei condizionamenti psicologici e delle frustrazioni immanenti che solo il tuo carattere forte ed estroverso riusciva a mascherare.   Poi mi raccontare i i particolari della vicenda.   Ora però... se la signora Gilda è d'accordo su quanto ha detto Anacleto...

GILDA: E come faccio a non essere d'accordo! Dopo il discorso che ha fatto...

SOFIA: Bene, i particolari li discuteremo poi. Il consenso di mia madre verrà, non ne dubiti. Ed ora, cari amici, il partito mi chiama. A presto. (prende Anacleto per mano ed escono).

LETIZIA:   Ma sì, andate... lasciatemi almeno il tempo per chiarirmi un poco le idee. Che giornata!   Una sorpresa dopo l'altra...

GILDA: Ma cosa vuole chiarire! Per me... se si vogliono bene... piuttosto, sora Letizia - permetta che la chiami così ora che stiamo per diventare parenti - per la questione della cascina... in fondo... cosa vuol mai, sono cose... le pare? Non vale la pena di prendersela tanto. Sarei quasi del parere di accettare la sua offerta.

LETIZIA: (attonita) Ma, ma, ci penserò sopra. Per intanto vi saluto tutti. (bacia Ada, dà la mano ad Edoardo ed esce dando un'occhiata ai ritratti dicendo:)  Oh, se fossero qui le poer'anime!"

GILDA:   Oh, che superbiatta!  Non mi ha neanche salutata.  Ma penserò io a farle calare le arie. Per intanto vi saluto tutti. Per oggi ne ho viste abbastanza. (Dà la mano ad Ada ed Edoardo ed esce. Intanto entra in scena Celestino).

SCENA QUARTA

(Celestino, Ada, Edoardo)

CELESTINO:   Ma è proprio vero quello che ho udito, è proprio...? E lei Ada, anzi marchesina...

ADA: Per carità, Celestino, le cose restano come prima anche se sono tanto, ma tanto contenta...

EDOARDO: Eh, no. Le cose non potranno restare come prima. Lei andrà a prendere possesso del suo titolo e delle sue proprietà... il mio amico Anacleto ha fatto il compromesso storico e mi lascia anche lui ed io... (guarda i quadri) le poer'anime mi hanno rischiarato le idee...  sì, sì, sono state loro, le poer'anime...  (si rivolge a Celestino) erano loro, le poer'anime che sbrigavano il lavoro di notte mentre io dormivo... loro, le poer'anime... avevano il permesso... so ben io, so ben io... ho capito che mi ero messo su una brutta strada... (declamando)   solo adesso ho la percezione del baratro nel quale stavo precipitando. Ma sono ancora in tempo a rimediare. Sì, sì, ho deciso di purgare tutti i miei peccati e, onde risalire dall'abisso , ho deciso... sì, ho deciso di liquidare lo studio... no, no, Celestino, non temere che per te e la Serafina provvederò come si deve... ho deciso... dicevo... di prendere il saio e di farmi frate. Sì ! Frate trappista.

ADA: Frate lei? Ma mi faccia il piacere!

CELESTINO: Ma sor Edoardo, non avrà la febbre, non avrà...

EDOARDO: No, sto benone. So quel che dico e state certi che manterrò l'impegno. Parola di Edoardo Pusterla, Doardino per gli intimi!

ADA: (melliflua) Per gli intimi eh? (ammiccando a Celestino) Oh che bel tiepidino si sente oggi! Si vede che è scoppiata la primavera! Mi sento il sangue ribollire. Quasi quasi esco a prendere una boccata d'aria... non mi accompagnerebbe a fare due passi.... sì dico... facciamo due passi insieme... ne abbiamo di cose da dire... farsi frate? C'è tempo... bisogna riflettere bene... e poi, quante cose... nella vita non si sa mai! Intanto usciamo... chiacchieriamo un poco, ci fermiamo a prendere un aperitivo che... oggi, mi serve doppio...  cosa ne dice eh... Doardino? (lo prende per mano ed escono)

SCENA QUINTA

(Celestino, Efrem, Gustavo)

CELESTINO: (fregandosi le mani e guardando i ritratti) Hai capito, la Ada? Altro che frate! Però son prorio contento, son proprio... e tutto con l'aiuto delle poer'anime, dice... povero Doardino!  Si vede che va a letto tardi,  si vede... e con tutto il lavoro che fa di notte, che fa... meno male che ha trovato la Ada che lo farà guarire, lo farà..ora vado a raccontare tutto alla Serafina, vado... (esce)

Intanto i due fratelli defunti approfittano del poco margine di tempo a loro disposizione  per scambiarsi le loro impressioni.

EFREM: Hai visto Gustavo? Meglio di così non poteva andare..

GUSTAVO: (che nel frattempo è uscito dalla cornice imitato dal fratello) Guarda, una soddisfazione così ... e son contento anche per quello sfaticato di Anacleto... gli è venuta di colpo la voglia di lavorare...

EFREM: Ohi, si sono proprio accoppiati bene, loro e le loro chiacchiere...

GUSTAVO: Eh, per avere successo in politica bisogna avere la lingua sciolta.

EFREM: Mi pare che siano andati a posto tutti..

GUSTAVO: Ci sarebbe Celestino da sistemare...

EFREM: Ma non ti pare un po' vecchiotto?

GUSTAVO: Ma ci sarebbe anche la Serafina e...

EFREM: Tu, Gustavo, e se così per scherzo... se provassimo?

GUSTAVO:    Mi piacerebbe proprio... ma faremo in tempo? Quanto manca alla scadenza del permesso?

EFREM: Abbiamo un paio di minuti. Se tornasse indietro... potremmo cercare di fargli capire...

GUSTAVO: E in che modo?

EFREM: Ah, trovala tu la maniera! Non ti mancheranno certo le idee... ma, sento dei passi. È meglio che torniamo nei quadri.

In quel mentre compare Celestino e i due fanno appena in tempo a rientrare nelle cornici, ma nella fretta si scambiano i posti.

CELESTINO: Sarà meglio che metta tutto in ordine, sarà meglio... tanto per oggi qui non tornerà più nessuno, non tornerà... certo che ora son qui da solo come uno stupido alla mia età, alla mia... eh, sì, le poer'anime non hanno pensato a me, non hanno... (si volge verso i quadri e resta interdetto, notando il cambio di posto e vedendo i due fratelli che alla sua ultima affermazione fanno cenni negativi) Sarà meglio che esca anch'io, sarà meglio... (si stropiccia gli occhi) Ci vedo doppio, ci vedo... (poi rivolto ai quadri) Eh sì, dovrò mettere anch'io gli occhiali, dovrò mettere... ma mi pare quasi che le poer'anime ce l'abbiano con me, mi par quasi... e chi avrà cambiato di posto ai quadri poi, non lo so... (i gesti dei due continuano) Pare proprio che ce l'abbiano con me, pare proprio... sì, dicevo, resto qui solo come un tapino, resto qui... eh, sì alla mia età non è facile trovare da sistemarsi, non è facile... (i due fanno cenni verso la comune) Cosa vorranno mai dire... ma cosa mi succede oggi?... continuano a fare cenno da quella parte, continuano... cosa?... sì. Di là c'è la Serafina... ma ormai son troppo vecchio, son troppo... (i due continuano a fare cenni di diniego) Volete dire per caso che dovrei provare, che dovrei...? (i due fanno cenni di assenso) A 57 anni suonati? Sì, è proprio lì che mi aspetta, è proprio... (altri cenni di assenso poi i due riprendono la consueta immobilità) Mah, se è per far contente le poer'anime... (si specchia nel vetro della pendola) Però! Non sono nemmeno da buttar via, non sono... (si dà una pettinata, si aggiusta il nodo della cravatta e...) Dicevo...  se è per farli contenti, se è per farli... potrei anche rischiare, potrei... (torna a specchiarsi nel vetro e...) anche se sono cose da non credere, anche se sono... ma in fondo, cosa mi costa? (si volge ai quadri dove i due fratelli sono sempre immobili) Lo dicevo io che era tutta un'illusione ottica, che era tutta... ma... in fondo... se provassi davvero, se provassi...? (e con voce robusta) SERAFINA!!!

F I N E

Cala la tela.