Con loro

Stampa questo copione

CON LORO

CON LORO

Commedia in tre atti

di GUGLIELMO ZORZI

PERSONAGGI

GUSTAVO

PALMIRA

MARIO

VITTORIO

PAOLA

LUISA

CENSI

ANNA

GAE­TANO

EMILIA

TERESA

AI NOSTRI GIORNI. IL PRIMO E SECONDO ATTO A ROMA; IL TERZO IN UNA VILLA SULLE MONTAGNE D'ABRUZZO

ATTO PRIMO

La stanza di soggiorno nella casa di una famiglia agiata

(Tre porte, una a destra, due a sinistra, di cui quella verso il fondo è la comune. Una o due fine­stre nel fondo, magari con balcone. Telefono da tavolo).

Teresa                         - (la cuoca, pronta per andare alla spesa) Tosto subito le mandorle...

Anna                           - (la madre. Cinquantadue anni) Ah, no, no, per carità! Non ci pensavo: di mandorle mia cognata non vuol nemmeno sentirne parlare. (Leva da un cassetto della scrivania del danaro).

Emilia                         - (la cameriera. Cinquant’anni. Finendo di mettere m ordine) Le rovinano le note di petto...!

Teresa                         - Ma come? canta ancora?

Emilia                         - Quella? canterà fin nella tomba!

Anna                           - Emilia, ti prego, non            parlare così della sorella del padrone.

Emilia                         - Se fossi la sola a parlarne così...

Anna                           - (a Teresa) Sai cosa potremmo fare? Quel dolce di ricotta dell'altra settimana.

Teresa                         - Allora vado subito, se no la ricotta fresca non la trovo.

Anna                           - (dandole il danaro) A te.

Vittorio                       - (trentadue anni, dottore in chimica, pre­ciso, deciso; entrando da destra) Mamma?

Anna                           - Caro?

Vittorio                       - (andando al telefono e componendo un numero) E' vero che arriva la zia?

 Anna                          - Ma sì: abbiamo avuto la lettera poco fa.

Emilia                         - Mai che avverta per tempo!

Anna                           - (a Teresa che sta per avviarsi a sinistra) -r E cerca di far presto, mi raccomando.

Teresa                         - Un lampo. (Esce a sinistra).

Anna                           - (a voce più bassa a Emilia) Qui hai finito?

Emilia                         - (mettendo a posto un paio di seggiole) Finito.

Vittorio                       - (ai telefono) C'è l'ingegner Maratti? ...Il dottor Zatti.

Anna                           - (avviandosi a destra con Emilia) Per il letto direi la coperta azzurra.

Emilia                         - Non è leggera?

Anna                           - Ha sempre tanto caldo... (Esce).

Emilia                         - (uscendo dietro Anna) Gioventù!

Vittorio                       - (al telefono) Ciao, Maratti... E allora? Ann... Tu cosa ne pensi?... Entusiasti va bene: sono tre mesi che lo so; ma si decidano a ragionare…Certo darei un bel respirone... Va bene... Per le undici?..,(Dando un'occhiata all'orologio da polso) Le dieci e venti... non faccio che raccogliere le carte... meglio!, così ci accordiamo un po' prima...

Anna                           - (entra da destra con una federa di bucato e si avvicina al tavolino da lavoro per attaccarvi un bottone).

Vittorio                       - (continuando a telefonare) Allora, passi tu?... grazie... alle undici meno un quarto sarò giù al portone... va bene... Ciao... (Attacca il microfono).

Anna                           - Come? Esci?

Vittorio                       - Sì: passa Maratti a prendermi colla macchina. Sono arrivati quelli di Milano: mi aspet­tano al Plaza per le undici.

Anna                           - Le undici?! proprio quando arriva la zia. Non potevi scegliere un'altra ora?

Vittorio                       - Mamma! sono uomini d'affari: ti pare che un dottorino in chimica possa scegliere l'ora? Si sono scomodati da Milano fin qua ed è già una gran cosa.

Anna                           - Ma sai come ci tiene, ogni volta che ar­riva, che ci siamo tutti.

Vittorio                       - ...a far ala al suo passaggio! come se ritornasse dai colossali trionfi d'America di trent’anni fa!

Anna                           - Tu mi spaventi, quando parli così di tua sia. Sapete tutti il bene che vi vuole, che quello che ha, e non è poco, un giorno, il più tardi possi­bile, sarà vostro...

Vittorio                       - Ma lasciala campare, povera zietta! Ci sta così bene al mondo...

Anna                           - Caro, ho detto «il più tardi possibile», lo dico sempre; ma sono milioni; e un giorno...

Vittorio                       - Be', io, mamma, non ci penso a quel giorno, tanto più che la zia ha una salute di ferro.

Anna                           - Ah, questo sì, povera donna, che Dio gliela conservi.

Vittorio                       - (con bonaria ironia, prendendola fra le braccia e baciandola) Ecco: «che Dio gliela conservi »: anche questo lo dici sempre.

Anna                           - (con affettuoso rimprovero) Vittorio!

Vittorio                       - Pensa piuttosto che se mi riesce quest'affare, quest'impresa...

Anna                           - Dio voglia!

Vittorio                       - ...oltre fare una cosa utile a tanta gente, vi metto, te, papà, Luisa, specialmente Luisa, che poverina, ne ha bisogno più di tutti, in condi­zioni di non dover più pensare ai milioni della zia.

Anna                           - Caro, io non ci penso ai milioni della zia: per noi vecchi, di quello che ha risparmiato tuo padre ce n’è d'avanzo; ma è per voi. La zia, come tutti gli artisti, è volubile, variabile; dà sem­pre ragione all'ultimo che parla: che ci vuole a farle cambiar testamento?

Vittorio                       - Ma possibile che quella benedetta donna coi suoi quattrini debba pesarvi addosso come una cappa di piombo?

Gustavo                      - (il padre; sessantadue anni, ingegnere, entrando da destra) Cosa c'è, cosa c'è?

Anna                           - Ma Vittorio, che non può essere qua all'arrivo della zia...

Vittorio                       - Di' tu, papà, se ho ragione: si tratta di quelli di Milano. Sono arrivati, mi aspettano alle undici: posso mancare?

Gustavo                      - Beato te che hai quelli di Milano e puoi svignartela; mentre io, che non ho nessuno, né da Milano, né da Napoli, debbo con questo caldo precipitarmi alla stazione. Perché se quella non mi vede tutto affannato col facchino a ispezionare il treno, è capace di dire « chenon le voglio bene, che l'amor fraterno è morto, che è un colpo terribile al suo cuore, al suo povero cuore...! ».

Vittorio                       - (ridendo) Ah, ah...

Anna                           - Gustavo, ti prego!...

Gustavo                      - (a Vittorio) Il suo cuore! Come non sapessi la ragione che la porta giù dalla montagna in pieno luglio...

Vittorio                       - Non viene per le inalazioni?

Gustavo                      - « Inalazioni » con quella voce che passa i muri?... Viene per quel terreno.

Vittorio                       - Ancora?

Gustavo                      - Ancora? Quel terreno sarà la tragedia della mia vita! Quando le scrissi del documento trovato nell'archivio di casa, che stabiliva una volta per tutte che anticamente il confine fra i due fondi era la strada e non il fosso(caparbio) perché è la strada, non c'è niente da dire, è la strada!... sai cos'ha combinato? E' andata da Don Pio - man­cava proprio il curato - hanno rovistato in cano­nica, dove, pare, abbiano trovato non so che cosa per ribattere che il confine è il fosso e non la strada. E ora, armata della magna carta, scende dal monte... Ma se credesse di trovare in suo fra­tello uno che cede, povera illusa!

Anna                           - Io dico che stai diventando matto: che per un pezzetto di terra...

Gustavo                      - Un pezzetto?!

Vittorio                       - Son pochi metri, papà.

Gustavo                      - Più di tremilaquattrocento!

Vittorio                       - Ma in montagna dove costeranno sì e no poche lire il metro...

Gustavo                      - E la ragione? Dove la metti la ra­gione?

Anna                           - Di' piuttosto il puntiglio.

Gustavo                      - Be', anche il puntiglio.

Anna                           - Ma che per un puntiglio tu debba ro­vinare la tua famiglia, compromettere l'avvenire dei tuoi figlioli...

Gustavo                      - Ecco! (A Vittorio) La senti? Io com­prometto, io rovino!

Anna                           - Come no?

Gustavo                      - Son proprio io che rovino i miei fi­glioli! (Ad Anna) Sai bene come ogni mio pensiero sia per loro; come, a furia di sacrifici, siamo riu­sciti a metter da parte quel tanto che un giorno sarà una base discreta alla loro tranquillità... (A Vittorio) Dicevo proprio ieri a tua madre che ap­pena avrò intascato il progetto per le bonifiche, avrò raggiunto i tre milioni e settecentomila liquidi.

Vittorio                       - Li impiegherai, spero.

Gustavo                      - Certo che li impiegherò: con molta prudenza... Ho scritto anzi giorni sono all'avvocato Gabelli, che altre volte mi è stato utile... (Ad Anna) Io! Io rovino i miei figlioli!...

Anna                           - - Ammetterai tuttavia che il patrimonio di tua sorella...

Gustavo                      - Lo so! Credi che non ci pensi? Ma che poi si debba, perché ha dei milioni, cedere in tutto a quella cara... arpia...

Vittorio                       - (ridendo) Ah, ah...

Anna                           - Un bello stato d'animo, per andarle in­contro alla stazione!

Vittorio                       - Lascialo sfogare, mamma: sai com'è papà: esaurite le riserve, dopo si mette tranquillo.

Gustavo                      - Di', ragazzo, hai intenzione di pren­dermi in giro?

Vittorio                       - Papà! Ma ti pare che io mi per­metta...?

Paola                           - (la nuora. Giovane, elegantissima, moder­na. E' vestita da passeggio. Affacciandosi alla co­mune) Buongiorno! (Scambio di saluti).

Gustavo                      - (ancora corrucciato) Cara...

Paola                           - (baciando Gustavo) Ti fanno arrabbia­re, papà?

Gustavo                      - Quasi.

Anna                           - Non hai portato i bambini?

Paola                           - Li ho mandati al giardino zoologico con la « nurse ».

Anna                           - Al giardino zoologico?! Ma non ti avevo telefonato che arrivava la zia? Sai che ci vuole tutti riuniti...

Paola                           - E' una cattiva abitudine, mamma.

Gustavo                      - Ma sì! mettiti tranquilla, benedetta donna!

Anna                           - E andiamo pur avanti con la tranquil­lità!

Paola                           - (a Vittorio) Ciao, cognato.

Vittorio                       - (sempre ordinando le carte) Ciao.

Paola                           - (.stendendogli la mano) Non mi dai la zampa?

Vittorio                       - (le allunga la mano continuando a esa­minare le carte).

(Gustavo avendo osservato Paola) Scusa, cara, che...? ...la bocca, mi sembra...

Paola                           - Perché?

Gustavo                      - Sei diversa.

Paola                           - Ah, è il nuovo rosso.

Vittorio___________ - (continuando a cercare fra le carte)  Ceralacca.

Paola                           - No, terracotta.

Vittorio                       - Come le pentole.

Paola                           - (senza scomporsi) Già.

Luisa                           - (trent'anni; vestita modestamente da pas­seggio, ma con molta proprietà) Buongiorno!

Gustavo                      - (rasserenandosi) Oh, la nostra figliolona!

Luisa                           - Ciao, papà... mammetta... (Li bacia).

Anna                           - Cara...

Luisa                           - (subito a Paola) T'ho visto scendere dalla macchina; mi sono messa a correre... (Saluta il fratello).

Vittorio                       - E Piero?

Luisa                           - Ma... non è stato bene tutto ieri, tutta­via è voluto andare lo stesso all'aeroporto...

Anna                           - (tepida) Ma perché?

Paola                           - Non poteva farsi sostituire?

Luisa                           - Me l'ha promesso; ma sapete com'è fatto: quando si tratta del suo lavoro...

Anna                           - (c. s.) Santo Dio...

Gustavo                      - Sia prudente.

Luisa                           - Nel momento, di marconisti ne hanno pochissimi...

Anna                           - E i bambini?

Luisa                           - Là ho affidati alla signora Franchi...

Anna                           - Anche tu? Scusate, ma mi pare che perdiate la testa.

Luisa                           - (con dolcezza) Mamma, ho la donna in ferie; c'erano i vestitini migliori da stirare: come potevo far tutto ed essere qua per tempo?

Vittorio                       - Lei non ha la «nurse »...!

Paola                           - (tranquilla) Giusto.

Luisa                           - Se la zia avvertisse un giorno prima...

Gustavo                      - Scrive per lettera «domani alle un­dici »; e la lettera arriva alle nove e mezza...

Anna                           - Ma so io, quante scuse poi debbo inven­tare...

 Luisa                          - Non inventar niente: di' la verità.

Vittorio                       - No, no, colla zia bisogna sempre in­ventare: colpirla nell'immaginazione...

Gustavo                      - Purtroppo!

Paola                           - Io non dovrei parlare perché sono una nipote acquisita, ma non capisco come, di fronte a certe esagerazioni, non si debba reagire.

Gustavo                      - Ecco!, ecco quel che si dovrebbe fare: reagire! Non dargliele vinte, a quella bam­bina di sessantacinque anni! E' ridicolo che ogni volta - ed è sei o sette volte all'anno, mica una -tutta la famiglia debba trovarsi schierata perché l'entrata della diva sia commovente, solenne...

Vittorio                       - Mamma, perché non suoniamo la marcia dell'«Aida»?

Gustavo                      - Già! tira fuori il disco!

Anna                           - Sì, scherzate, scherzate!...

Gustavo                      - Be', scappo, se no quella non mi vede, e allora... apriti cielo!

Paola                           - Pensa al testamento, papà! (Tutti ri­dono).

Anna                           - (piccata, a Paola) Tu puoi far dello spi­rito perché, grazie a Dio, sei ricca e non hai biso­gno di nessuno...

Paola                           - Che c'entra?

Anna                           - Ma se io mi preoccupo è per loro, spe­cialmente per lei! (Indica Luisa).

Luisa                           - Be', dal momento che non mi preoc­cupo io...

Anna                           - (con intenzione) Ah, già, tu non ti pre­occupi: infatti non ti sei mai preoccupata, tu!

Luisa                           - Mamma...

Vittorio                       - (secco) Cambiamo discorso.

Anna                           - (a Vittorio) Perché, secondo te, dico delle sciocchezze?

Vittorio                       - Non dici delle sciocchezze, ma in certi momenti dici delle cose che possono sembrare cattive...

Anna                           - Cattive? Se una madre s'addolora per la sorte di sua figlia?...

Luisa                           - Andiamo, mamma!

Anna                           - (continuando, a Vittorio) L'hai sentita anche tu: ha solo una donnetta di servizio, e adesso che quella non c'è, deve far tutto lei: lavare, stirare, far la cucina, magari dar per terra... tutto...

Luisa                           - E mi lamento?

Vittorio                       - Oh, brava!

Anna                           - (a Luisa) Non ti lamenti perché, beata te, sei orgogliosa come tuo fratello; poi perché sai bene che tutto questo l'hai voluto tu...

Vittorio                       - L'ha voluto ed è felice, felicissima! E tu, scusa se te lo ripeto, dovresti una volta per tutte lasciare questi discorsi, che fanno del male e non cambiano la situazione.

Anna                           - (con voluta rassegnazione) Già, è così, è così; io ho sempre torto: sono una madre cat­tiva, io.

Vittorio                       - Oh, che esagerazioni!

Luisa                           - (andando ad abbracciarla) Mamma...

Anna                           - (riprendendo quota) Come se non la vedessi deperire... (accarezzandola) diventar pal­lida, tener a fatica gli occhi aperti.

Luisa                           - Se sto benissimo.

Vittorio                       - E poi se per qualche giorno perde il sonno si rimetterà dopo.

Anna                           - Ah, disinvolto, lui, con la salute di sua sorella!

Vittorio                       - Sicuro, disinvolto!, e sono certo che Luisa mi approva.

Luisa                           - Si, che ti approvo.

Vittorio                       - E' una donna coraggiosa, mia sorel­la; una donna come ce ne vorrebbero molte: ha sposato l'uomo che ama...

Anna                           - (rincalzando persuasa) E che è bravo, siamo d'accordo, e anche le vuol bene...

Vittorio                       - E allora, che cosa pretendi? Se ha una donna sola di servizio, quante ce ne sono che non hanno nemmeno quella!

Anna                           - Ma un uomo che non ha che il suo la­voro, e che razza di lavoro!

Vittorio                       - Ebbe?

Anna                           - (con orrore) Volare!

Vittorio                       - Bellissimo, volare.

Anna                           - Ah, bellissimo! Modernone, lui! Almeno fosse, pilota: metterebbe da parte qualche cosa; ma così... marconista... E quando si pensa che ci sono tre bambini e non si ha niente da parte; e da un momento all'altro...

Gustavo                      - Anna.,.?

Vittorio                       - Ma non t'accorgi, mamma, non t'ac­corgi che diventi cattiva, crudele? Tu!

Anna                           - (riprendendosi) Avete ragione, avete ra­gione, sono un stupida, scusatemi... (Si avvia a destra per uscire, con un nodo dì pianto) Ma cat­tiva no, ecco; cattiva no!...

Vittorio                       - (andando subito a lei e abbraccian­dola) Ma vieni qua, mamma...

Anna                           - Lasciami andare...

Vittorio                       - Perdonami, andiamo mammina... (L'accarezza).

Paola                           - (sorridendo a Luisa) Mi dispiace d'esser stata io la causa...

Gustavo                      - (a Paola e Luisa) Be', mie care, non si può nemmeno darle tutti i torti, a vostra madre...

Luisa                           - Oh, papà, non cominciare tu, ora!

Gustavo                      - Dio me ne guardi; ma ammetterai anche tu che, data l'occupazione di tuo marito, vi stia sempre addosso... come una spada di Damocle; e noi vecchi si viva sempre in continua agitazione...

Luisa                           - Ma dal momento che tant'io che lui siamo tranquilli...

Gustavo                      - Lo so; e v'invidio; e vorremmo avere anche noi il segreto di questa vostra tranquillità; ma finora non ci siamo riusciti...

Vittorio                       - (richiamando ali altri) Ecco!, la mamma è calma: le ho fatto due carezzine ed è calma! Vero, mamma?

Anna                           - (sorridendo fra le lacrime) Che scioc­cone!

Gustavo                      - Be', adesso che rancidente è chiuso, posso parlare?

Vittorio                       - (comicamente) Ma già! il genitore non ha ancora parlato! Che cosa vorrà succedere?

Gustavo                      - (lo guarda sospettoso e severo).

Anna                           - (dopo un breve silenzio) Be', parla, caro, poi vai alla stazione.

Gustavo                      - (sovvenendosi) Ah, già. Dunque, vo­levo dirvi che vostra madre, anche se in certi mo­menti può sembrare inopportuna, magari offen­siva...

Anna                           - Io offensiva? Gustavo...

Gustavo                      - Lasciami dire... ha tuttavia una sua logica e specialmente quando si tratta della zia.

Vittorio                       - Dei milioni della zia.

Gustavo                      - (piccato) Anche, mio caro, perché dovrai persuaderti, e l'esperienza purtroppo ci pen­serà lei a persuadertene, che i milioni meritano molto, ma molto rispetto.

Anna                           - Ah, meno male!

Vittorio                       - (al padre) Ma lo dici anche tu che la zia è un peso.

Gustavo                      - Lo so: mia sorella Palmira è molto, molto sciocca, spesso inopportuna: insopportabile sempre.

Paola                           - La zia è servita.

Gustavo                      - Ma, ragazzi miei, bisogna anche pen­sare che per la nostra famiglia, per voi special­mente, quella donna rappresenta... come dire?... il capitale...

Anna                           - Oh, bravo!

Gustavo                      - ...e di fronte a lei bisogna che noi veniamo a tutte quelle transazioni... penose, ne convengo, cui gli uomini sono abituati di fronte al danaro.

Anna                           - Non è quel che predico sempre?...

Gustavo                      - E badate che non è poi tanto difficile: basterebbe nei momenti in cui si sta per perdere le staffe, pensare: «Alt! fermo lì! nervi a posto! ».

Vittorio                       - (comicamente, sottovoce) «I mi­lioni! ».

Anna                           - (a Gustavo, che è rimasto di nuovo so­speso a guardare suo figlio) H treno, che sta per arrivare!

Gustavo                      - Oh, perbacco! hai ragione! Scappo. (Bacia la moglie ed esce).

Emilia                         - (da destra) Signora?

Anna                           - Vengo subito.

Emilia                         - Degli accappatoi nel bagno debbo met­ter quello con le rose o quello coi lillà?

Anna                           - (avviandosi) I lillà, cara, lei vuol sem­pre i lillà, lo sai!

Emilia                         - Se lo so!

Anna                           - (uscendo) E allora perché me lo do­mandi? (Via con Emilia).

Paola                           - (sovvenendoci, a Vittorio) Oh, Vittorio, dimenticavo: Mario è passato in banca, ma sarà qui fra poco.

Vittorio                       - (sempre ordinando le carte) Purché faccia presto: debbo uscire. (A Luisa) Sai? Sono arrivati i milanesi.

Luisa                           - Ah, sì? Bene!

Paola                           - Avete combinato?

Vittorio                       - Combinato... sono più di tre mesi che lotto per combinare: speriamo sia la buona. Mi aspettano al Plaza: passa Moratti a prendermi.

Luisa                           - (a Paola) Scusa... che cos'è quel rosso che ti sei data alle labbra?

Paola                           - Domandalo a tuo fratello.

Vittorio                       - (sempre cercando fra le carte e sorri­dendo) Rosso pignatta.

Luisa                           - (a Vittorio) Ma andiamo!...

Vittorio                       - Lei ha detto terracotta, io dico pi­gnatta.

Paola                           - (a Vittorio) E non hai ancora visto le unghie: guarda.

Vittorio                       - (sempre occupato) Quelle non le guardo.

Paola                           - Ti fanno orrore?

Vittorio                       - Quasi.

Luisa                           - (per moderarlo) Vittorio?...

Paola                           - Che anima sensibile ha mio cognato!

Vittorio                       - Del resto è inutile tu mi tiri a ci­mento su certe cose: mollo diretto io.

Paola                           - E io, come vedi, incasso.

Luisa                           - Ma possibile che voi due stiate sempre a punzecchiarvi?

Anna                           - (affacciandosi da destra) Paola?

Paola                           - Mamma?

Anna                           - Tu che te ne intendi, vuoi venire a mettere le rose in camera della zia?

Paola                           - Subito. (Uscendo a Vittorio) Hai senti­to? Almeno sono buona a mettere le rose nei vasi!

Vittorio                       - Attenta alle unghiette: che le spine non le sciupino!

Paola                           - Grazie del consiglio! (Esce a destra).

Luisa                           - Perché la tratti a quel modo?

Vittorio                       - Se andiamo tanto d'accordo.

Luisa                           - Perché lei è buona e non se ne prende; ma le dai certe puntate...

Vittorio                       - Vai, che qualche toccatina se la me­rita! Sarò un primitivo, non nego, ma non posso vedere tutto quel falso, quell'impiastricciamento. Donne che pare ci tengano a far sapere che non fanno un bel niente in tutto il giorno; quando ve ne sono tante, tu compresa, che sfaticano dalla mattina alla sera. La casa? ci sono i domestici...

Luisa                           - E' tanto ricca...

Vittorio                       - (continuando) ...i bambini? C’è la «nurse». Ci sta mai Paola coi suoi figli? Li vede un momento la mattina per sbaciucchiarli, poi qualche attimo durante il giorno per mostrarli alle amiche e sentirsi dire che sono belli... Io penso: se fossero brutti: poveri loro!

Luisa                           - Andiamo! Sei assurdo e in certi mo­menti anche cattivo.

Vittorio                       - Può darsi (Breve silenzio) Tu... Una mattina ti guardavo coi ginocchi a terra a fare il bagno ai tuoi piccoli: vedevo le tue mani sa­ponate passare e ripassare su quei corpicini... e pen­savo: «Ecco: quei figlioli se la ricorderanno così la loro mammina». Ma Paola, che ne sa dei suoi figli? E loro che ne sanno della mamma?

Luisa                           - Finiscila, andiamo: Paola è una buona creatura, affettuosa con tutti noi, rispettosa di papà e mamma...; come condotta è irreprensibile... e poi innamorata di suo marito fin sopra i capelli...

Vittorio                       - Bello sforzo! mio fratello è un aman­te, mica un marito.

Luisa                           - Ma se è così bello, veder due che si vogliono bene!

Anna                           - (entrando da destra) Cosa c'è?

Luisa                           - Niente, niente; stavo dicendo qua a Vittorio di esser un po' più tollerante con sua co­gnata.

Anna                           - Tollerante?

Luisa                           - Ma sì: Paola, secondo lui, ha qualche difettuccio, qualche debolezza...

Anna                           - Oh, le solite! (A Vittorio) Possibile che tu debba sempre notar tutto, criticare ogni cosa? Ma lasciala vivere, povera figliuola!

Vittorio                       - (per tagliar corto) Hai ragione, avete ragione: non parlo più.

Anna                           - Tanto più che bisogna anche pensare che se tua cognata si permette qualche piccola originalità, che non approvi, ma, mio caro, con la dote che ha portato.»

Vittorio                       - (con divertita e affettuosa ironia, ab­bracciando la madre) Ah, questa mammina cara!

Anna                           - (senza capire) Cosa c'è?

Vittorio                       - Niente: c'è che ti voglio bene. (La sbaciucchia) Vedi, mamma, io ti voglio e ti vorrò sempre bene lo stesso.

Anna                           - Come « lo stesso »?

Vittorio                       - Do stesso, comunque, in tutti i modi.

Anna                           - (a Luisa) Io non riesco mai a capirlo, questo ragazzo.

Luisa                           - (sorridendo) Hai ragione.

Vittorio                       - (cingendola con entrambe le braccia) E poi pensate che stamattina forse sto per es­sere felice. E sarebbe ora! Se combino quest'im­presa, vi garantisco che dentro l'anno s'apre la prima fabbrica dell'alluminio Zatti, dove lavore­rà almeno un migliaio d'operai. Bella soddisfa­zione, no? E poi via! succursali un po' dappertut­to, lavoro, lavoro... e un prodotto che sfrutta final­mente una ricchezza della nostra terra. Che ne dici, eh, mammina?

Anna                           - (con l'affettuosa incomprensione dei geni­tori) Speriamo, caro...

Emilia                         - (entrando, a Vittorio) Signor dottore, ha telefonato il portiere che giù...

Vittorio                       - Ah, Maratti... (Raccoglie in fretta le carte e si avvia) Baciate per me la zia e ditele che non svenga se un nipote manca al raduno. (Esce dalla comune).

Anna                           - Dio l'aiuti!

Luisa                           - L'aiuterà, mamma, sono sicura: Vitto­rio è un uomo che sa volere, sa lottare.

Anna                           - Be', vado a dare un'occhiata... (Si avvia a destra. Suona il telefono) Pronto... Oh, buongior­no, Piero. Stai meglio? Dio sia ringraziato... E' qui, te la dò subito... E fatti vedere... si capisce, quando hai tempo... (Dando il microfono a Luisa) A te. (Esce a destra).

Luisa                           - (al telefono) Caro... (Con improvviso sconforto) Ma come?... Ti senti proprio bene?... Non m'inganni?... M'avevi detto che ti facevi sosti­tuire... pensaci... No, no, sono tranquilla, tranquil­lissima, figurati.'... ma vorrei esser sicura che stai bene... Proprio?... eva be'... E parti subito?... Oh, Dio mio!... (Ride) Niente, niente: combina con l'arrivo della zia; e non so come farò a pensare a te, con la confusione che ci sarà... No, no, scher­zo: ci penserò a te, stai tranquillo!... Ma nooo! è una tua idea! Non c'è niente nella mia voce, pro­prio niente: sono calmissima... Addio... (Dà dei piccoli baci al microfono, poi depone il comunica­tore e resta lì presso, ferma, la faccia preoccupata).

Mario                          - (il fratello maggiore. Trentaquattro anni. Avvocato. Entrando dulia comune) Luisa?...

Luisa                           - (riscuotendosi) Caro... (Si baciano).

Mario                          - (subito) Dove sono?

Luisa                           - Papà è alla stazione; Vittorio è andato al Plaza...

Mario                          - Sì, l'ho visto qua sotto.

Luisa                           - La mamma...

Mario                          - (interrompendola) Paola?

Luisa                           - E’ di là, in camera della zia: mette dei fiori...

Mario                          - (senza lasciarle il tempo di finire) Scusa...

Luisa                           - Che fretta!

Mario                          - L'ho appena vista stamattina... (Esce subito a destra).

Anna                           - (entrando subito da sinistra, prima porta) E' qua, è qua! S'è fermata la macchina...

Luisa                           - Ma come? Così presto? Se papà è uscito ora?

Anna                           - (uscendo a destra) Paola; Paola? E' qua!

Paola                           - (di fuori) Così presto? (Voci di Anna e Paola e Mario di fuori a destra, che si avvicinano rapidamente. Entrano Anna, Paola, Mario, traver­sano in fretta la scena verso la comune).

Anna                           - Andiamole incontro sulle scale, presto!... Luisa? (Tutti escono).

Emilia                         - (entra da sinistra, prima porta, con tre asciugamani e si dirige tutta affannata a destra) Avanti, signori! Aida, Trovatore! (Esce. Voci in anticamera che si avvicinano. Anna, Gustavo, i figli, tranne Vittorio, entrano circondando sia Palmira).

Anna                           - (con rimprovero) Ah, Gustavo!...

Gustavo                      - (scusandosi confuso) E' stato un minuto...

Palmira                        - (sessantacinque anni. Bel portamento; capélli grigi; vestita con serietà e distinzione. Già stélla di primissima grandezza nell'arte lirica. Tra­duce in parole tutto ciò che le passa per la testa) Uh minuto? Un'ora ho aspettato!

Anna                           - Santo Dio...

Gustavo                      - Non esagerare.

Palmira                        - Mezz'ora certo. (Agli altri) Non vi dico lo spavento: temevo una disgrazia, uno scon­tro di macchine... Poi, non vedendo nessuno, ho preso un tassi...

Anna                           - (a Gustavo) Ti sei perduto qua...

Palmira                        - Per fortuna che l'ho visto all'imbocco del Traforo Mi son messa a urlare «Ferma! ferma!!! »...

Gustavo                      - Te l'ho detto: scusami.

Palmira                        - Ah, sì, ti perdono, Gustavo, perché è stata la prima volta. (Agli altri) « Ma come, di­cevo, un fratello! »...

Anna                           - Vuoi levarti il cappello?

Palmira                        - Sì, cara... (A un tratto allarmata) E i bambini? Dove sono i bambini?

Anna                           - (in cerca dì una scusa) Ti dirò...

Palmira                        - Oh, Dio! Stanno male!

Anna                           - Noo! affatto!

Palmira                        - (una mano sul cuore) H mio cuore...

Paola                           - Devi scusare, zia, ma i miei li ho man­dati...

Gustavo                      - (subito intervenendo) ... li ha man­dati... a una premiazione.

Palmira                        - Premiazione?

Gustavo                      - Sì...: un loro piccolo collega ha com­piuto un atto eroico...

Palmira                        - Oh, caro!

Gustavo                      - ... ha salvato un compagno che stava per annegare nel Tevere...

Palmira                        - (le mani in alto) Ah, che orrore!

Gustavo                      - E così il Sindaco oggi in Campi­doglio...

Palmira                        - In Campidoglio? Magnifico! (A Lui­sa) E i tuoi?

Gustavo                      - Eh, sono andati coi cuginetti a ve­dere il compagno.

Palmira                        - Ho capito. E va bene, pazienza: man­ca il loro sorriso. Che volete, per me l'innocenza... Durante il viaggio non facevo che vedermeli da­vanti. Ma oggi me li porterete, spero.

Luisa                           - Certo, zia.

Paola                           - Senz'altro.

Anna                           - Vedrai come sono cresciuti!

Palmira                        - E Vittorio? (Con terrore) Oh, Dio! non c'è Vittorio!

Gustavo                      - (fra la perplessità degli altri con ac­cento grave) Eh... quello...

Palmira                        - Malato?

Anna                           - Noo!

Gustavo                      - Sta benissimo!

Palmira                        - (premendo la mano sul cuore) Ma che colpi!

Gustavo                      - Se sta bene!

Palmira                        - E allora?

Gustavo                      - (annaspando) Ti dirò... E' dovuto andare... E' arrivata...

Palmira                        - (subito con gioia) E' fidanzato?

Gustavo                      - No, no: si tratta di tutt'altro: è ar­rivata... la salma.

Palmira                        - La salma?

Gustavo                      - sì... di un suo amico morto a Sciangai...

Palmira                        - Ah!.,. Oh, che tristezza, morire a Sciangai!... (Subito allegra) Oh, voglio dirvi quel che m'è capitato in treno...

Anna                           - Vuoi levarti il cappello?

Palmira                        - Sì, cara. Figuratevi che davanti a me c'era un vecchio signore, direi un bel signore... Mi guardava, mi guardava... A un tratto: a Ah, volevo ben dirlo! La Zatti-Speri! Palmira Zatti-Speri, la grande! ». Ho chinato il capo col più mo­desto dei sorrisi... E' stato un momento di grande emozione. (Tutti facendo eco: «.Lo credo. Che combinazione». « Bella soddisfazione») Mi aveva sentito, a Vienna, nel Tanhàuser, del dodici, con Borgatti, caro! e con quell'emporio d'arte e di voce di Titta Ruffo, che Dio lo benedica! Un'esecuzione...! (Ad Anna) Be', andiamo a levarci il cappello. (Av­viandosi a destra) Mi ricordo l'ambasciatore nel suo palchetto col binocolo... Venere era la Gabbi: gran voce: perle, perle, cascate di perle che an­davano giù in orchestra; ma, quanto a sentimento, zero, zero... (E' uscita da destra con Anna).

Mario                          - Adesso, coi ricordi artistici, povera mamma!

Luisa                           - C'è abituata.

Gustavo                      - E poi vostra madre è la più adatta a sopportarla.

Mario                          - La mamma pensa al testamento.

Gustavo                      - Ecco.

Paola                           - Si fermerà molto?

Gustavo                      - (gli occhi al cielo) Speriamo di no. (A Luisa e a Paola) Oh, badate, quando rientra sarà bene che voi due ve ne andiate.

Luisa                           - C'è da fare di là in stanza da pranzo...

Gustavo                      - Sarete qui a colazione, spero.

Luisa                           - Sì, sì.

Paola                           - Grazie, papà.

Gustavo                      - (a Mario) Tu invece, che sei avvo­cato, resti con me.

Mario                          - Ma lei mi vorrà?

Gustavo                      - Ti vorrà? Ma ti voglio io! sta a ve­dere...! E poi lascia fare: appena entra glielo dico.

Palmira                        - (entrando da destra, col cappellino in mano, seguita da Anna) Ah, quelle rose, quelle rose! (A Paola) So che le hai messe tu con le tue care mani!... Grazie, tesoro!... (La bacia).

Paola                           - Prego, zia.

Palmira                        - (subito a Luisa) E tuo marito?

Luisa                           - Parte fra poco per Barcellona.

Palmira                        - Per aria?

Luisa                           - Eh, sì, per aria.

Palmira                        - E tu qui, calma, sorridente... Che temperamento felice! Io a quest'ora morta sarei, morta!...

Anna                           - Vuoi prendere qualche cosa? un'aran­ciata...

Palmira ...................... - Per carità! Lo sapete: fuori delle ore... Ho sempre fatto una vita così regolata... (So­ spirando) Vita di sacrificio, povera Palmira!  Quando penso! quarantaquattro sere di Pedora a Madrid col povero Caruso, in quel teatro dove tutti fumavano... e io là, fra tutto quel fumo, con la mia voce fresca, sempre fresca!... Ma nei giorni di re­cita una minestrina, un po' di prosciutto magro... e per tutta la giornata silenzio: non una parola; la bocca sigillata.

Gustavo                      - (fra sé, sottovoce) Che fortuna!

Palmira                        - Eh? Hai detto?...

Gustavo                      - Che sacrificio!

 Palmira                       - Oh, grande! Quando penso a quel po' di danaro...

Anna                           - Poco?

Palmira                        - ... e tutto, badate, con la mia gola, « avec ma pauvre gorge», come diceva la mia amica, la grande Tessier... l'unica cosa che mi consola è sapere che un giorno sarà tutta roba vostra (com­movendosi) dei miei cari nipoti!

Mario                          - (come se recitasse una lezione) Grazie, zia.

Luisa                           - (come Mario) Grazie.

Paola                           - (come Luisa) Grazie.

Anna                           - Il più tardi possibile, Palmira...

Palmira                        - Accetto l'augurio; ma se sapeste come mi sento vecchia!

Gustavo                      - Coraggio, cara.

Palmira                        - Ah, sì, coraggio! (Guardandoli uno a uno teneramente) Ora, grazie a Dio, sono qui, con la mia cara famiglia, mio fratello... Dio, Gu­stavo, non averti visto alla stazione, che momento!

Gustavo                      - Non pensarci.

Palmira                        - Hai ragione: scomparso. Un bacio. (Gli prende la testa fra le mani e con gesto sacro lo bacia in fronte).

Gustavo                      - (intanto fa cenno di nascosto a Luisa, Paola e Anna di uscire).

Luisa                           - (prendendo per mano Paola) Se per­metti, zia, andiamo un momento di là per un la­voretto.

Palmira                        - Ma sì, andate, care, non fate com­plimenti.

Luisa                           - Mamma, vieni anche tu?

Anna                           - (avviandosi) Scusa, sai, Palmira.

Palmira                        - Ma ti pare? Vai, vai, fa il comodo tuo. (Anna esce con Luisa e Paola).

Gustavo                      - Siedi, cara.

Palmira                        - Grazie...

Mario                          - Questa poltrona, zia...

Palmira                        - Sì, tesoro... (Sedendosi) Ah... se sa­peste!... trovarsi qua... Che bagno di... di... affetti...

Gustavo                      - Anche noi sentivamo proprio la ne­cessità di abbracciarti.

Palmira                        - Lo so, cari, lo so che mi volete bene.

Mario                          - E come è andato il viaggio, zietta?

Palmira                        - Benissimo! niente stanca, affatto.

Gustavo                      - (leva, non visto, gli occhi al cielo come dire «.Che resistenza!-»).

Palmira                        - Anzi, Gustavo, perché non parliamo subito di quella nostra faccenda?

Gustavo                      - Credi?

Palmira                        - Certo, caro! Così dopo, sgombrati gli ostacoli, lasciamo parlare i cuori, se Dio vuole!

Gustavo                      - Allora posso trattenere Mario?

Palmira                        - Perbacco! Mario è il maggiore dei nipoti: ha diritto. (A Mario) E poi, lo sapete, un giorno sarà tutta roba vostra, quindi...

Mario                          - Grazie, zia.

Gustavo                      - Tu m'hai scritto...

Palmira                        - (ormai fredda) Sì, t’ho scritto, caro, t'ho scritto perché mettere i punti sugli i non è mai male. Dunque... (fruga nella borsetta) ecco qua. (Ne leva una carta) Tu m'hai detto di quel documento trovato nell'archivio di famiglia...

Gustavo                      - (con autorità) Del millesettecentono-vantasei. .

Palmira                        - Un secolo e mezzo fa, lo so.

Gustavo                      - Chiarissimo.

Palmira                        - (a modo di concessione) Sì, sì!... chia­rissimo! Ma, vedi, in canonica, con l'aiuto di quel sant'uomo di Don Pio, ho trovato questa altra carta (gli occhi al cielo, commossa) scritta dalla povera zia Carolina... (Dandogliela) Questa è una copia che mi sembra metta proprio a punto le cose. Leg­gila, caro.

Gustavo                      - (leggendo) Anno del Signore mille ottocentosettantacinque...

Palmira                        - Milleottocentosettantacinque: quasi un secolo dopo la tua.

Gustavo                      - (cercando gli occhiali) Ma la mia è un atto notarile.

Palmira                        - Ma leggi, caro, abbi pazienza. Anzi dà qua: leggo io che facciamo più presto. (Per leg­gere) Non è notarile, ma è originale, di tutto pugno della povera zia. (Commossa) Come me la ricordo, povera zietta! col suo scialletto, il suo crochet!

Gustavo                      - Be', vai avanti.

Palmira                        - Hai ragione: il mio povero cuore ga­loppa, galoppa... Dunque, scrive la zia: «Dispongo che, per anni dieci dalla data, il colono del fondo «La Rocchetta », che è il mio...

Gustavo                      - Va be', avanti.

Palmira                        - (continuando) ... consegni alla par­rocchia di Rio Verde, a beneficio del somaro del Curato...». (Commossa) Povera zia! come amava le bestie!

Gustavo                      - Dai, dai.

Palmira                        - (riprende a leggere) « ... il fieno del taglio di settembre che si raccoglie sul terreno sito fra la strada dei Crociali e il rio Verde », che è poi il fosso, e tu lo sai.

Gustavo                      - Ebbe'?

Palmira                        - Come « ebbe' » ? E' chiarissimo: se la consegna del fieno doveva farla il contadino della Rocchetta, cioè il mio contadino, è segno che il terreno è sempre appartenuto al fondo la Bocchetta, quindi è mio e me lo tengo.

Gustavo                      - E' qui, cara, che non c'intendiamo. Tu dici « è sempre! appartenuto», mentre dalla mia carta risulta che nel millesettecento...

Palmira                        - (ironica) ...novantasei, lo so!...

Gustavo                      - ...il terreno apparteneva alla Ca­setta...

Palmira                        - Ma poi il confine è stato modificato.

Gustavo                      - Ma dalla zia stessa: la famiglia co­lonica della Rocchetta era cresciuto di numero; e bisognava darle altro terreno: la povera zia allora, con suo rincrescimento - e lo diceva sempre, se ri­cordi - distrasse dal fondo la Casetta, dal mio fondo, la porzione fra la strada e il fosso e l'attaccò al fondo la Rocchetta...

Palmira                        - « L'attaccò », benissimo! hai detto proprio la parola giusta: l'attaccò. E l'attaccò così bene, vedi, che c'è rimasta attaccata fino alla sua morte, che Dio l'abbia nella sua santa pace.

Gustavo                      - (accalorandosi) Va bene! Ma fu una misura passeggera: se la zia vivesse ancora, sono sicuro che rimetterebbe le cose a posto; e il confine sarebbe la strada e non il fosso.

Palmira                        - Questo lo dici tu, caro: lei ora è nel santo Paradiso; e t'assicuro che ha ben altro da pensare che alla strada e al fosso.

Gustavo                      - Ma io m'appello qui a Mario che è avvocato...

Palmira                        - Oh, ecco! bravo! sentiamo l'avvocato, benissimo!

Gustavo                      - Di', tu, Mario.

Mario                          - Ecco... veramente, papà... se debbo par­lare nel senso legale... a me sembra che abbia ra­gione la zia.

Palmira                        - (alzandosi trionfante e passeggiando in su e in giù) Ah! lo vedi? fin tuo figlio, il tuo sangue, ti dà torto!

Gustavo                      - (a Mario) Ah, be', se tu le dai ra­gione...

Mario                          - Papà, per forza...

Palmira                        - Perché sembra, « sembra »ì che io non capisca! Ma quando si tratta d'affari...: nelle mie scritture un gendarme ero, un gendarme!

Gustavo                      - (perdendo la pazienza) E va bene! Ammetto che tu legalmente abbia ragione; ma dal momento - e te l'ho detto e ripetuto tante volte -che son disposto a pagartelo quel terreno...

Palmira                        - Ma io non ho bisogno del tuo denaro!

Gustavo                      - Lo so che non ne hai bisogno! Anzi ti prego di non sbattermelo sempre in faccia ad ogni minuto...

Palmira                        - Io sbatto in faccia? (A Mario) Lo senti? «sbatto in faccia».

Gustavo                      - ...ma è un piacere che ti domando, un piacere da sorella a fratello...

Palmira                        - Ah, no! adesso non tirarmi fuori l'a­mor fraterno; è una viltà.

Gustavo                      - (a Mario) La senti, la senti?

Mario                          - Ma, andiamo, cercate...

Palmira                        - E poi non mi piego! perché so, « so » la ragione per cui vorresti quel terreno.

Gustavo                      - Semplicissima: ci farei una vigna.

Palmira                        - Ecco! la vigna! Ed è proprio per questo che non te lo dò: per la vigna!

Gustavo                      - E ti par bello lasciarlo così, incolto a quel modo?

Palmira                        - Bellissimo! Quel terreno è pieno di ricordi della mia gioventù, ricordi che mi com­muovono. (A Mario) Quando, giovinetta, studiavo il «Faust » - ci ho debuttato a Parma: un successo!... su quel fosso sfogliavo le margherite e cantavo «m'ama sì, m'ama no»; e sotto l'albero, vicino alla siepe, provavo la morte di Selika nell'Africana, sotto il Manzanillo...

Gustavo                      - Ma se è un sambuco!

Palmira                        - Niente! per me era il Manzanillo, e lo è ancora: lo chiamo sempre così. L'Africana, il mio cavallo di battaglia! trenta sere al Colon col povero De Lucia...

Gustavo                      - Be', adesso ti prego di non cominciare coi tuoi ricordi artistici, che usciamo di se­minato.

Palmira                        - Sì! disprezzala, disprezzala la mia arte! Ma intanto debbo a lei e a questa gola, a questa mia povera gola...

Gustavo                      - (calcando) ...«ma pauvre gorge»!, come diceva la Teissier, lo sappiamo!...

Palmira                        - ... se ho messo da parte qualche co-setta che, sì, non faccio per dire, ma un giorno « farà comodo a qualcuno ».

Gustavo                      - (scattando) E smettila di sventolarmi sotto il naso l'eredità!

Palmira                        - (a Mario) Lo senti come parla? io « sventolo ».

Gustavo                      - Tanto non 'avrò mai!

Palmira                        - Se non l'avrai tu, l'avranno i tuoi figli.

Gustavo                      - Ma nemmeno loro, perché con la sa­lute che hai...

Mario                          - Ma, papàà...

Palmira                        - (una mano sul cuore) Oh Dio, oh Dio... (A Mario) Vorrebbe che morissi.

Mario                          - Ma noo, voleva dire che con la salute che hai...

Gustavo                      - ...ci seppellisci tutti quanti siamo!

Mario                          - Papàà!!!

Gustavo                      - ...fratello, cognata, nipoti!

Palmira                        - Ah! il mio cuore... Io vi seppellisco!

Anna                           - (entrando da destra, seguita da Luisa e da Paola) Che succede? cosa c'è?

Palmira                        - Io vi seppellisco!

Gustavo                      - Le statistiche parlano: i cantanti campano gli anni di Matusalemme!

Anna                           - Ma impazzisci!!?

Luisa                           - Papààà...

Tutti                            - (cercano calmare Gustavo e confortare Palmira).

Palmira                        - (continua a dire fra sé parole sconnesse e sensazionali) Un fratello! il mio sangue! il mio cuore! Oh, me!

Gustavo                      - (continuando) ... polmoni e cuore di acciaio i cantanti! cuore d'acciaio! E quello l'hai, ve', duro! così! (Batte colle nocche sulla tavola).

Anna                           - Ma io mi domando...!

Palmira                        - E mi si spezza il cuore!

Gustavo                      - Ma vai! che non si spezza niente! Egoista che non sei altro!

Palmira                        - E tu, e tu che mi farai morire!

Anna                           - Tutta la mia vita, tutta la mia vita ho cercato che non si arrivasse a questo!

Mario                          - (vedendo la zia sull'orlo dello svenimento) Presto! Paola, Luisa... (Paola e Luisa accor­rono a sostenere la zia).

Anna                           - (a Gustavo) La vedi? la vedi? Sei con­tento?

Paola                           - In camera sua... (Con l'aiuto di Luisa porta Palmira a destra).

Anna                           - (continuando a Gustavo) Hai visto a che cosa l'hai ridotta? E tutto per una sciocchezza, un pezzetto di terra...

Gustavo                      - Vuoi finirla? vuoi lasciarmi in pace? (Esce a gran passi a sinistra).

 Anna                          - (avviandosi a destra, a Mario) Non ci pensa lui! non capisce quel che può succedere! Una donna che può cambiar testamento.... (Esce da destra e traversa rapida la scema) Emilia? Emilia?

Emilia                         - (affacciandosi) Signora?

Luisa                           - I sali, la sua valigetta piccola...

Emilia                         - (uscendo a sinistra, prima porta) E' qua, l'ho lasciata...

Luisa                           - Presto! (Esce dietro Emilia).

Mario                          - (ha un gesto come per dire «.E’ fatta! »).

Luisa                           - (riattraversa la scena di corsa con la va­ligetta) Presto.

Emilia                         - (seguendola) La solita storia...

Vittorio                       - (entrando da sinistra, comune) Oh, Mario, ti trovo...

Mario                          - Capiti proprio a punto!

Vittorio                       - Che succede? m'è parso, entrando...

Mario                          - Il papà e la zia che si sono attaccati per quel benedetto terreno...

Vittorio                       - Subito, appena visti?

Mario                          - Papà ha voluto parlar subito: tu sai come son fatti...

Vittorio                       - (sorridendo) Be', sciocchezze! (Pren­dendo raggiante il fratello per le braccia) Fratellone, guardami.

Mario                          - (leggendogli negli occhi) Combinato?

Vittorio                       - Tutto! magnifico!

Mario                          - Oh... meno male!

Vittorio                       - E si sono decisi a lasciare il brevetto nelle mie mani.

Mario                          - Ah, bene!!

Vittorio                       - E poi ho avuto il coraggio, e in que­sto Maratti mi ha aiutato, di dir chiaro che le direttive le voglio io.

Mario                          - Le direttive?

Vittorio                       - Sicuro: è un processo delicato che, specie al principio, ha bisogno della mia sorve­glianza diretta...

Mario                          - E allora?

Vittorio                       - Hanno accettato. Naturalmente han­no voluto le loro garanzie: capisci, gente che met­te fuori tanto denaro...

Mario                          - Garanzie?

Vittorio                       - (sorridendo) Adesso non cader per terra.

Mario                          - Di'.

Vittorio                       - Tre milioni.

Mario                          - Come?

Vittorio                       - Ci metto tre milioni.

Mario                          - Tu? ma scusa, dove li trovi?

Vittorio                       - Dove li trovo? Papà conosce l'impre­sa; la zia per fortuna è qua...

Mario                          - Eh??

Vittorio                       - ... uno lo domando a papà, due me li dà la zia.

Mario                          - Il papà, la zia?! Oh, povero Vittorio! Ma che cosa hai fatto, che cosa...?

Vittorio                       - Perché? Se l'impresa è sicura...

Mario                          - Oh, che ingenuo! Sicura per te, per noi, non per loro! Non hanno mica la mentalità adatta a capire certe cose. Li avessi visti poco fa: per un pezzetto di terra si mettevano quasi le mani addosso. Tu sei troppo ottimista, mio caro!

Vittorio                       - (dopo un attimo di perplessità) Sen­ti... tu, sinceramente, ma «sinceramente » sei con me o con loro?

Mario                          - Con te, si capisce! come puoi dubitarne?

Vittorio                       - Allora, niente paura. Il contratto si farà dopodomani: oggi lasciamo che gli animi si calmino; domattina sferriamo l'attacco. Tu vieni qua... e t'assicuro che i tre milioni, o per amore o per forza me li danno, oh! se me li danno!

Palmira                        - (entrando lagrimosa da destra, le brac­cia tese) E' qua, è qua il mio tesoro!...

Vittorio                       - Zia? (Le va incontro).

Palmira                        - Ho sentito la tua dolce, cara voce: tanto bisogno ne avevo!

Vittorio                       - (per abbracciarla) Zietta!...

Palmira                        - (di colpo scostandolo stupefatta e senza pianto) Ma come? con quella cravatta sei an­dato incontro alla salma?!

Vittorio                       - (non capisce) La salma?

Mario                          - (dominandolo) Ma sììì! la salma del tuo amico che è venuta da Sciangai!

Vittorio                       - (comprendendo vagamente) Ah!...

Palmira                        - E com'è arrivata, caro?

Vittorio                       - (ormai rassicurato) Oh, benissimo, zia... (Baciandola su una gota) è arrivata... (Ba­ciandola sull'altra gota)... benissimo.

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

La stessascena del primo atto

(Mario, seduto alla scrivania, tiene fra le mani la bozza del contratto della nuova Società e legge quasi mentalmente con quel caratteristico mugolio interrotto da qualche frase, proprio di chi legge. Vittorio, chino presso di lui, segue con gli occhi la lettura. Censì, di faccia, attende).

Mario                          - ... sotto la ragione sociale «Zattial»... un anno prima del decennio di ciascun... (A un tratto) Come? come? «le azioni commerciabili»? Semplicemente ?

Censi                           - (avvocato, procuratore della società mila­nese) Non è così?

Mario                          - Si convenne, se ricorda, « col consenso dei soci ».

Censi                           - Non l'ho messo? (Scorre il contratto) Strano.

Vittorio                       - E' essenziale, avvocato.

Censi                           - Appunto per questo non comprendo la omissione. Aspettate... aggiungo subito. (Così dicen­do ha preso una matita sulla scrivania) Ecco qua... «Commerciabili... col consenso degli altri...».

Mario                          - Dicemmo «della totalità».

Censi                           - Come volete. Allora... « della totalità dei soci». (Ha scritto) Va bene?

Mario ---------------- - Benissimo. (Riprendendo il contratto) Andiamo avanti. Dunque... «...mutare la forma e il  suo oggetto... l'unanimità... ». Va bene: per me non ci trovo altro. (.A Vittorio) Tu hai letto?

Vittorio                       - Sì, sì, ho seguito.

Censi                           - Non ho fatto che trascrivere i rispettivi apporti di capitale come ieri fu convenuto; così basterà che domani, alla firma, loro portino le garanzie nella forma che crederanno migliore...

Vittorio                       - Sì, sì, ora parlo...

Mario                          - (togliendogli la parola) Abbiamo già di-sposto.

Censi                           - (a Vittorio, accomiatandosi) Allora non; c'è altro da dire. Dottore...

Vittorio                       - L'accompagno. (Si avviano alla co­mune).

Censi                           - Io sono convinto che faremo grandi cose!j grandi cose!

Vittorio                       - Speriamo.

Censi                           - E' una scoperta tale per l'economia ge­nerale...

Mario                          - Eh, sì, veramente.

Censi                           - Bisogna vedere l'entusiasmo del commendator Silveri.

Vittorio                       - Davvero?

Censi                           - Vedrà, vedrà, dottore, quel che ne sarà fra un paio d'anni della sua scoperta! che fervore di lavoro ci porterà e quanto utile nel campo eco­nomico nostro...

Mario                          - (attraverso la porta socchiusa ha visto Paola) Entra, entra. (Presentando) L'avvocato Censi, mia moglie.

Censi                           - Onorato... (A Vittorio e a Mario) Allora ci vediamo domani alle quindici nell'atrio del Plaza.

Vittorio                       - Va bene.

Censi                           - (a Paola) Signora...

Mario                          - (accennando a Paola) Permette, avvo­cato? L'accompagna mio fratello.

Censi                           - Prego!

Vittorio                       - Passi, avvocato.

Censi                           - Grazie. (Esce seguito da Vittorio).

Paola                           - Chi è?

Mario                          - Il procuratore della società milanese, che ha portato le bozze del contratto.

Paola                           - Tutto bene?

Mario                          - Sì, sì, tutto: la firma a domani.

Paola                           - E' arrivata Luisa?

Mario                          - Credo sia di là dalla zia. (A Vittorio che rientra) Eh? t'ha servito bene tuo fratello?

Vittorio                       - Egregiamente. Però che tipi: con l'aria di essersi dimenticato ometteva delle cose...

Mario                          - Be', si sa, sono uomini d'affari...

Paola                           - E come va la zia?

Vittorio                       - La zia? benone! è allegrissima.

Paola                           - Hanno fatto pace?

Vittorio                       - Che! Lei vuol la scena del perdono con gli abbracci e le lagrime; papà non gliela vuol fare; ma mamma tutti i minuti ripete: «Gustavo, falle la scena!... ».

Mario                          - Un bell'incaglio.

Vittorio                       - Lo dici a me? Se non me li trovo davanti tutti e due pacificati, come faccio ad ab­bordarli? Stamane sono andato a darle il buon­giorno; dice «che non ha chiuso occhio in tutta la notte, che c'è chi la farà morire!»; poi, senza por tempo in mezzo, mi ha cantato la cavatina della « Semiramide » ; le ho detto che potrebbe ancora calcare le scene: mi ha regalato mille lire.

Paola                           - Be', questo è un buon segno.

Vittorio                       - Buon segno?

Mario                          - Potrebbe essere un'azione dimostrativa contro papà, che lei accusa di tircheria.

Vittorio                       - Ecco. E in mezzo a questa farsa io debbo mandare avanti una faccenda seria e che è tutto per me. Come farò non lo so, non lo so dav­vero.

Mario                          - Eppure bisogna.

Paola                           - (a Vittorio) Saresti scoraggiato tu, di solito così coraggioso?

Vittorio                       - Cosa volete? man mano che si avvi­cina il momento... Mi consolo tuttavia pensando che anche Enrico IV tremava all'avvicinarsi della bat­taglia.

Paola                           - Be', un fondo di buonumore l'hai sempre.

Vittorio                       - Per fortuna.

Mario                          - Ma che si debba vedere due fratelli che, per un pezzetto di terra... Di', Vittorio, noialtri sa­remmo capaci di tanto?

Vittorio                       - Chi lo sa? quando tu avrai la Roc­chetta e io la Casetta...

Mario                          - Ah, ah, scusa, la Casetta la vorrei io.

Vittorio                       - E perché la vorresti tu?

Mario                          - Eh, abbi pazienza, è la casa di mio padre.

Vittorio                       - Ma papà è anche mio padre.

Mario                          - Ma io sono il primogenito!

Vittorio                       - Primogenito? Cosa vuol dire «primo­genito » ? Roba da medioevo.

Paola                           - Cominciate già?

Mario e Vittorio          - (ridono).

Anna                           - (entrando da destra) Ragazzi, ragazzi!...

Luisa                           - (che segue la madre) Mettetevi in gi­nocchio e ringraziate vostra sorella.

Vittorio                       - Che succede?

Anna                           - Brava è stata!

Mario                          - Ebbe'?

Luisa                           - Sono andata da papà, gli ho fatto la predica, l'ho strapazzato... insomma non gli ho dato requie fin che non l'ho portato dalla zia.

Vittorio                       - Pace?

Luisa                           - Non vi dico! (Con le braccia aperte imi­tando il padre) « Palmira »! (Imitando la zia) « Gu­stavo»! (Vittorio, Mario e Paola ridono).

Anna                           - (andando a guardare fuori della porta di destra) Per carità, Luisa.

Luisa                           - E lì baci, abbracci, lagrime: tutto se­condo il protocollo.

Mario                          - Oh, meno male!

Vittorio                       - Respiro.

Anna                           - M'ha levato un gran peso!

Vittorio                       - (stringendo a sé la sorella) Grazie, cara.

Luisa                           - Proprio per te l'ho fatto.

Anna                           - Badate che papà vi vuol tutti, a colazione.

Mario                          - Benissimo!

Anna                           - Anche i bambini.

Paola                           - I bambini?

Palmira                        - (entrando sulle ultime parole a braccio di Gustavo) Sii! quei tesori! tutti qua!

Gustavo                      - Tutti intorno a zia Palmira!

Palmira                        - La gioia della mia vita!

Mario                          - Buongiorno, zia, papà...

Palmira                        - Caro... (Abbracci, baci: la solita sce­netta di famiglia).

Paola                           - Brava, zia...

Vittorio                       - Siamo felici, zia, tanto!

Palmira                        - Tu hai un cuore: sei un angelo!

Luisa                           - E come facciamo per i bambini? I miei li ho lasciati alla signora Franchi...

Gustavo                      - Mandiamo a prenderli, è vero, Anna?

Anna                           - Ma sì, va Emilia.

Mario                          - Può andare con la nostra macchina.

Anna                           - Meglio allora. L'avverto subito. (S'avvia a sinistra) E dò anche gli ordini a Teresa...

Luisa                           - Per la tavola, mamma, ti aiuto io.

Paola                           - Anch'io.

Anna                           - Grazie, care, venite... (Esce a sinistra se­conda porta con Paola e Luisa).

Palmira                        - (estasiata) Ah, che giorno, Gustavo mio, che giorno! Il più bel giorno della mia vita, il più bello.

Gustavo                      - Sì; anch'io sono contento.

Palmira                        - Qua: ancora un abbraccio alla tua vecchia sorella...

Gustavo                      - (abbracciandola) Palmira cara...

Palmira                        - (prendendogli la testa e baciandolo in fronte) Testone! Testone adorato!

Mario                          - (a parte, a Vittorio) E' il momento: afferralo.

Vittorio                       - (perplesso) Non ti sembrano troppo allegri?

Mario                          - (alzando senza volere la voce) Ma, santo Dio, cosa vuoi?

Palmira                        - Eh? cos'avete?

Mario                          - Niente, niente... c'è qui Vittorio... che vorrebbe...

Gustavo                      - Oh Mario, prima che mi dimentichi: ho ricevuto da Gibelli la risposta a quella mia lettera.

Mario                          - Ah, che dice?

Palmira                        - Gibelli? l'avvocato?

Gustavo                      - Sì. M'ero rivolto a lui per; un impiego utile di danaro che, come sai, ho liquido...

Palmira                        - Stai attento cogli impieghi di capi­tale...

Gustavo                      - (a Mario) In case non mi consiglia...

Palmira                        - Ha ragione; gli inquilini, una peste!

Gustavo                      - La terra nemmeno: è carissima.

Mario                          - E allora?

Gustavo                      - Mi proporrebbe un impiego al quale non avevo pensato...

Palmira                        - E sarebbe?

Gustavo                      - Un'ipoteca su una tenuta di tre­cento ettari nelle Marche.

Palmira                        - Ipoteca prima.

Gustavo                      - S'indente. (A Mario) ...impiego garantitissimo, all'otto per cento.

Palmira                        - E ricchezza mobile a loro carico!

Gustavo                      - Si capisce. (Ai figlioli) Voi, cosa ne dite? Naturalmente mi riserverei di visitare questa tenuta... Io direi d'accettare. (A Mario) Tu cosa ne pensi?

Mario                          - (impressionato., per guadagnar tempo) Ma... ecco... se permetti, papà, una risposta, così subito, non la darei.

Gustavo                      - Pare abbiano fretta.

Mario                          - Va be', ma ventiquattr'ore possono sem­pre aspettarle. L'ipoteca, vedi, è un impiego sicuro, ma...

Palmira                        - Oh, sicurissimo! Vi posso dire che parte del mio danaro l'ho impiegato in ipoteche e mi trovo benissimo. Cari miei! il suo bel frutto lì, ogni sei mesi... e guai a loro se non pagano! C'è poco da scherzare: gli si porta via il terreno... Vivi tranquillo, senza pensieri...

Gustavo                      - Questo è vero.

Mario                          - Sì, zia, ma, vedi, è sempre un impiego rigido, non elastico...

Palmira                        - Elastico? Cosa vuoi dire con «l'ela­stico » ?

Mario                          - Voglio dire che se papà avesse, non so... per un buon affare che si presentasse, bisogno del suo danaro, non potrebbe realizzarlo che a termini a lunga scadenza... Metti si presenti un affare im­portante, proficuo...

Palmira                        - Ma quale, caro, quale affare proficuo al giorno d'oggi? Per l'amor di Dio!... Io già per gli affari... Ne feci uno vent'anni fa, ma t'assicuro che ne ebbi abbastanza.

Gustavo                      - Le Marmifere?

Palmira                        - Proprio quelle! le Marmifere! Fatta la società nessuno voleva più marmi nelle case: «tut­to» cemento. Cinquantamila lire ci ho rimesso!

Gustavo                      - Ricordo.

Palmira                        - Da quel giorno, lo credi, Gustavo? quando vedo del marmo rabbrividisco. E poi il da­naro, quando puoi realizzarlo facilmente, è sempre un pericolo, una tentazione: un amico, un parente... sono tutti in agguato quando si tratta di quattrini. E i miei so come li ho guadagnati, con che vita sacrificata: quarantaquattro sere di Federa a Ma­drid che tutti fumavano... No, no: fin che avrò vita, la roba è mia e me la tengo.

Gustavo                      - Pai benissimo.

Vittorio                       - (ormai senza speranza) Addio.

Palmira                        - Eh? hai detto?

Vittorio                       - (riprendendosi) Io?

Palmira                        - Hai detto « addio »...

Vittorio                       - Noo! Ho detto «Ah, Dio! » pensando alla tua vita, così sacrificata...

Palmira                        - (a Gustavo indicando Vittorio) Ha un cuore, sai, quel ragazzo: mi comprende. (A Mario) E tu non avertene a male, ma tuo fratello è il mio nipote prediletto.

Mario                          - Be', visto che Vittorio è il tuo nipote prediletto, e che io non me n'ho a male, ora ti pregherei di ascoltarlo in qualche cosa che ha da dirvi.

Palmira                        - (a Vittorio) Tu hai da dire?...

Gustavo-------------- - (subito un po' inquieto) Cosa c'è?

Mario                          - E' da ieri che Vittorio vorrebbe, anzi dovrebbe parlarvi, di una cosa molto importante.

Palmira                        - A noi?

Gustavo                      - Cosa grave?

Mario                          - Affatto! Niente grave: si tratta anzi di una cosa molto bella.

Palmira                        - Ti sposi!

Vittorio                       - (sorridendo) Nooo.., zia, è una cosa anche più bella.

Palmira                        - Ma, caro, qual cosa più bella del matrimonio?

Mario                          - (interrompendola) Be', zia, lascia stare per un momento il matrimonio e ascolta tuo nipote. (A Vittorio) Andiamo, su, Vittorio, coraggio.

Palmira                        - Parla, caro...

Vittorio                       - Il papà veramente sa già di che si! tratta.

Gustavo                      - (con un senso dì liberazione) Ah!J la tua invenzione! E' questo?

Vittorio                       - Sì.

Palmira                        - Invenzione?

Mario                          - Sì, zia.

Gustavo                      - M'ero spaventato. (A Palmira) Una scoperta bellissima ha fatto tuo nipote! (A Vitto­rio) E' vero, hai visto quelli di Milano... Non te ne avevo chiesto ieri, perché l'incidente qui, con que­sta... (accenna a Palmira),

Palmira                        - (subito inalberandosi) . Gustavo?

Gustavo                      - (subito) Chiuso, cara, chiuso; non ri­cominciamo. (A Vittorio) Ma mi aveva distratto. E com'è andata?

Vittorio                       - Benissimo, papà.

Mario                          - Sono entusiasti: la società si costituisce.

Palmira                        - La società?

Gustavo                      - Oh, bravo! bravo, ragazzo mio! (Io prende soddisfatto per le braccia, orgoglioso di lui).

Palmira                        - Ma, insomma, posso sapere?

Mario                          - Certo, zia. (Richiamandolo) Vittorio, spiega alla zia di che si tratta.

Vittorio                       - Ecco, zia: tempo fa - veramente sono quattro anni che ci studio - ho trovato il modo di dare all'alluminio, per mezzo di procedi­menti chimici, termici e anche elettrici, viarie pro­prietà, che fino ad ora erano proprie del ferro e dell'acciaio, che, unite alla sua leggerezza, ne fanno uno dei metalli più importanti...: insomma tutta una nuova metallurgia dell'alluminio.

Palmira                        - (a Mario) Metallurgia?

Mario                          - La zia non può capire. (A Palmira) Ecco, zia, fa conto d'avere un oggetto d'alluminio... non so... un oggetto qualunque...

Palmira                        - Un tegamino? (Si ride).

Mario                          - Ma sì, anche un tegamino. Tu lo dai a Vittorio, che gli fa subire tutti i processi cui ac­cennava, e il tegamino diventa... non so... per esem­pio... un coltello che taglia magnificamente.

Palmira                        - Perbacco!

Vittorio                       - Oppure quando nella tua automobile tutto quanto il ferro e l'acciaio saranno del mio alluminio, la macchina peserà molto meno e con­sumerà meno benzina.

Palmira                        - Ah! Una bellezza! Una cosa magnifica!

Gustavo                      - Ah, sì, magnifica, veramente!

Palmira                        - E fate una società?

Mario                          - Sì, zia, la società del «Zattial».

Palmira                        - Zattial!? Il tuo nome!

Mario                          - Dove Vittorio sarà il direttore.

Gustavo                      - Ah, questo non lo sapevo: anche di­rettore?

Palmira                        - Direttore?!

Vittorio                       - (a Gustavo) E' stato ieri che...

Gustavo                      - (abbracciandolo) Sono molto, molto contento, figliolo mio!

Vittorio                       - Grazie, papà.

Palmira                        - Direttore! Pensa, Gustavo, quasi un bambino!

Gustavo                      - Un nipote, che fa onore alla famiglia.

Palmira                        - (alzandosi e baciandolo) Qua, caro...

Vittorio                       - Zia...

Palmira                        - E tutto con questa testa, questa te­stina! Che cosa grande! Già, fin da ragazzo, io l'avevo capito, sapete, che questo figliolo aveva una gran testa versatile, ecco, versatile. Mi ricordo, era piccolo coi calzoncini corti... sulla mia scrivania s'era spento il lume. Non si sapeva come fare; le cameriere erano sossopra... Be', arriva lui, mette la mano sulla lampadina... fa appena così... (atto di girarla) e la luce paff! Un ingegno!...

Mario                          - E poi, zia, una scoperta questa di Vit­torio, che, oltre dargli grandi soddisfazioni morali...

Palmira                        - Anche materiali spero.

Gustavo                      - Certo!

Palmira                        - (facendo una carezza a Vittorio) Che bella cosa!

Mario                          - (continuando) ... sarà molto utile a tutti.

Palmira                        - Ah, già! non ci pensavo! (A Gustavo) Diventa benemerito, benemerito della patria!

Mario                          - Dell'umanità, zia.

Palmira                        - Ma già! Bravo, tesoro mio! Eh Gu­stavo? Che consolazione hai da questi tuoi figlioli! Perché anche lui (indica Mario) è bravo, un avvo­cato bravissimo...

Gustavo                      - Sì, sono contento: sono stato for­tunato.

Palmira                        - E hai visto, caro? Ieri stavamo per metterci le mani addosso e oggi eccoci qua, tutti e due soddisfatti, felici; e per merito di chi? di questi ragazzi, di questi cari... cari... (Li bacia uno dopo l'altro).

Gustavo                      - Proprio così.

Palmira                        - La quiete, la quiete dopo la tempesta. Dio sia ringraziato! Ora sì, lo sento, si inaugura un bel periodo di pace, d'amore, d'amore familiare, fraterno... si apre... (subito a Vittorio) Giusto: la fabbrica quando si apre?

Vittorio                       - Presto: vorremmo entro l'anno.

Paola                           - (entra da sinistra, seconda porta).

Palmira                        - Cara, lo sai della scoperta di tuo co­gnato?

Paola                           - Bella, vero?

Palmira                        - Una cosa grande! Dell'alluminio col suo nome! (A Vittorio) M'inviterai, spero, all'inau­gurazione?

Vittorio                       - Certo, zia.

Mario                          - Tanto più, è vero, Vittorio?... perché ora Vittorio deve venire... come dire... al concreto.

Palmira                        - Concreto?

Mario                          - Sì, insomma, alla cosa più importante.

Palmira                        - Più importante... ma più importante di questa?...

Mario                          - Eh, ce n'è un'altra.

Palmira                        - Quale?

Mario                          - Quale? ma è facile capirlo, zia... il ca­pitale.

Palmira                        - (subito raffreddata) Capitale?

Mario                          - ... per costituire la società.

Palmira                        - Ma non l'avete già fatta?

Gustavo                      - (interrompendo Palmira) Un mo­mento. (A Vittorio) Quelli di Milano non hanno ac­cettato?

Vittorio                       - Sì, papà, hanno accettato e con entu­siasmo, ma...

Gustavo                      - E allora?

Vittorio                       - ... siccome ho detto chiaro che non voglio mettere la cosa completamente nelle loro mani...

Mario                          - Figurati, papà, che volevano comprare il brevetto.

Gustavo                      - (a Vittorio) Ebbe?

Vittorio                       - E' un processo, come sai, delicato, che ha bisogno, specie in principio, della mia sor­veglianza diretta, continua...

Gustavo                      - Scusa, non t'hanno fatto direttore?

Palmira                        - Eh, mi pare! (Continuando mentre gli altri parlano) Come un direttore d'orchestra.

Vittorio                       - (a Gustavo) Sì: ma esserlo di nome...

Gustavo                      - (incalzando) Come di nome? Hai uno stipendio: immagino che il tuo dovere lo farai con scrupolo.

Vittorio                       - Sì, papà, ma, vedi, non si tratta di questo...

Gustavo                      - (breve, un po' freddo) E allora, scusa, dì che si tratta? Perché...

Vittorio                       - Appunto perché, come dici, ho uno stipendio, domani, alle prime difficoltà... ai primi ostacoli... ad esempio, dispareri fra me e gli azio­nisti, loro possono dirmi: « andatevene » ; e io debbo far fagotto. Ed è questo che non dev'essere; e non dev'essere per la riuscita dell'impresa, che - me l'hai detto anche tu - è utile alla nostra produ­zione e dà lavoro a tanta gente. Io, vedi, debbo trovarmi in condizione di poter dire ad ogni mi­nuto a chi se ne intende meno di me: «no, signori, si deve far questo, questo e anche questo ».

Gustavo                      - Ho capito, ho capito...

Vittorio                       - E bada, papà, non ho pensato solo al mio interesse personale, ma anche...

Gustavo                      - (con lieve ironia) ... all'utile di tutti, al progresso! Lodevolissimo. Ora però concludi.

Vittorio -------------- - Concludere... te l'ho detto: per avere questa autorità non c'era che una via, una sola: che diventassi anch'io socio...

Gustavo                      - Ebbe?

Vittorio                       - Insomma.,, mettessi dei capitali.

Palmira                        - (allarmata) Capitali?

Gustavo                      - (nel silenzio) Ah... E i capitali?

Vittorio                       - I capitali... (Resta perplesso).

Mario                          - Eccoci al punto, papà: è per questo che Vittorio si rivolge a voi.

Palmira                        - (come se si sentisse soffocare) A noi? ma come? tu vorresti...

Gustavo                      - (facendola tacere) "Un momento scusa, Palmira. (A Vittorio) Una domanda sola, figliolo; capitali è una parola generica: dimmi pri­ma quanto, e poi si potrà parlare.

Palmira                        - Adagio « parlare »!

Gustavo                      - Dunque?

Vittorio                       - «Quanto...».

Mario                          - (perorando) Papà, si tratta di azioni garantite dalla riuscita dell'impresa, che è certa, matematica...

Gustavo                      - Be', «certa, matematica»... andiamo adagio, ragazzi; ammetto che le probabilità di riu­scita siano molte...

Mario                          - Il novantanove per cento, papà.

Vittorio                       - Mettiamo anche il novanta.

Gustavo                      - Ecco! Colgo subito un uno, secondo te e, secondo lui che, immagino ne sappia più di te, un dieci contrario...

Vittorio                       - Papà...

Mario                          - Ma si capisce, papà...

Gustavo                      - Lasciatemi dire... un « uno » e un « dieci » che potrebbero diventare all'atto pratico un «tre», un «quattro» oppure un «trenta», un «quaranta».

Mario                          - Che esagerazioni!

Vittorio                       - Ma in tutti gli affari, papà, le proba­bilità contrarie- vanno calcolate: se gli affari si facessero sulla certezza assoluta, tutti li farebbero.

Gustavo                      - Oh, meno male che anche tu am­metti che non tutti siano disposti a far degli af­fari!

Palmira                        - Gli affari, per carità!

Vittorio                       - Ma nel caso che ti prospetto la sicu­rezza è tale... La cosa, lo sai, l'ho studiata per anni; le esperienze hanno sempre dato risultati inoppu­gnabili...

Palmira                        - Ma l'esperienza di tuo padre!...

Gustavo                      - Prima difficoltà - te la prospetto subito - il mercato. Anche se all'atto pratico tutto va bene, credi tu che il mercato accetti così il vo­stro prodotto e creda ciecamente, perché glielo dite voi, che esso può sostituire gli altri metalli dall'espe­rienza collaudati?

Palmira                        - (che non ha capito niente) Giusto! Giustissimo!

Vittorio                       - Ma, papà, è un'obiezione che ci siamo già fatta: cosa ci prendi per degli imbecilli?

Anna                           - (entrando, seguita da Luisa) Cosa c'è?

Luisa                           - (le fa cenno di tacere).

Vittorio                       - (continuando) ...ogni nuovo prodotto, si sa, per conquistare il mercato, ha bisogno del suo periodo di lanciamento...

Palmira                        - Il lanciamento, ecco! So io le lotte per essere lanciata!

Mario                          - (a Palmira) Ma dopo i milioni li hai fatti.

Gustavo                      - (a Palmira e a Mario) Be', non perdiamoci in chiacchiere. (A Vittorio) Scusa, io prima ti avevo fatta una domanda, alla quale non hai ancora risposto: dimmi « quanto » e poi si parlerà. Dunque... quant'è che ti occorre?... Su.

Anna                           - (a Luisa) Ma come? Suo padre dovrebbe?...

Luisa                           - (la prega di tacere e d'attendere).

Vittorio                       - (ormai scoraggiato) Mah... « quanto..,»!

Mario                          - Dillo: non è una cifra indifferente, ma...

Gustavo                      - (a Vittorio) Ebbe?

Vittorio                       - (dopo un momento di esitazione, a voce bassa) Tre milioni.

Palmira                        - (sussultando) Cos'hai detto? Tre milioni?!!

Anna                           - (a Luisa) Vorrebbe?!

Luisa                           - Sta tranquilla...

Gustavo                      - (nel silenzio che segue, freddo) Ah... In complesso quel che costa la «Casetta».

Mario                          - Be', papà, a te ne chiederebbe solo uno: due li chiederebbe alla zia.

Palmira                        - (trasalendo) A me due milioni?! Ma, dite, ragazzi, diventate matti?

Anna                           - Oh Dio, Dio, figlioli...

Mario                          - (facendo nervosamente atto alla madre e alla sia di tacere) Papà,..

Gustavo                      - (nel silenzio che segue, a voce bassa e calma) Sono certo che vi sembrerò un padre snaturato, ma... non accetto.

Palmira                        - (respirando) Ma naturale, natura­lissimo!

Vittorio                       - Papà?...

Anna                           - Ma come? ragazzi...

Mario                          - (togliendo col gesto a tutti la parola) Un momento... Papà, hai ben riflettuto?

Gustavo                      - E me lo domandi? Si tratta di mio figlio e t'assicuro che non mi diverto a rispon­dergli così: ma è proprio il caso di dire «chi ha giudizio l'adoperi ».

Palmira                        - Vangelo!

Vittorio                       - Ma se sono certo, papà, che l'im­presa è sicura, darà risultati...

Palmira                        - Oh « certo »!

Gustavo                      - Ma non sono certo io, ragazzo mio.

Anna                           - (a Luisa) Santo Dio...

Gustavo                      - (continuando) Del resto, siamo sin­ceri: in te esiste proprio questa certezza assoluta, bada, « assoluta » ?

Vittorio                       - Come non esiste?

Gustavo                      - Mah!

Vittorio                       - (offeso) Papà?

Gustavo                      - Ti guardo, t'ascolto e... che vuoi, ho l'idea che la fiducia completa non ci sia. E sì che parli a chi ti vuol bene.

Vittorio                       - Vorresti dire che ho intenzione di raggirarvi?

Gustavo                      - E chi dice questo? Non travisiamo. Dico semplicemente che nemmeno tu, davanti al primo atto pratico dell'impresa, hai quella sicurezza che prima avevi quando i calcoli li facevi sulla carta.

Palmira                        - (con autorità) Cari, « la carta canta...»

Vittorio                       - No, papà, non è questo; è che sa­pevo d'affrontare della gente che mi sarebbe stata ostile...

Palmira                        - Noi « della gente » ?

Vittorio                       - (continuando) ... con una mentalità opposta alla mia... (indica i fratelli) alla nostra. Io sono giovane, papà...

Palmira                        - Oh, molto, molto!

Vittorio                       - (continuando) ... ma non sono poi tanto ragazzo come tu credi. E' una lotta che sa­pevo d'affrontare, una lotta, dura e anche dolorosa: ecco perché, come dici tu, ero timido e, ammettia­molo, anche agitato. (Dopo un breve silenzio, con calma) Adesso però non lo sono più: non ho più, né incertezza, né timori. Ora puoi guardarmi: sono calmo, deciso...

Gustavo                      - E che cosa vuoi concludere?

Vittorio                       - (a voce bassa e ferma) Voglio con­cludere, papà, che ieri mi sono impegnato.

Gustavo                      - Male.

Vittorio                       - Forse. Ma ormai questo danaro mi occorre.

Palmira                        - (senza fiato) Adagio, adagio...

Anna                           - Ma...

Gustavo                      - (nel silenzio) Ah... E io te lo devo dare.

Vittorio                       - Papà... (come dire « sì »).

Gustavo                      - La mia risposta la sai; ma te la ripeto più precisa: «non ti dò niente». Ecco la mia ri­sposta. Peggio per te se ti sei impegnato con ciò che non è tuo.

Mario                          - No, papà, ascolta: lo sai anche tu, l'hai detto mille volte - tutti ci sono testimoni - che l'impresa...

Gustavo                      - (scattando a voce alta) Ma non par­liamone dell'impresa! lasciamo stare l'impresa! par­liamo del denaro che è « mio » e sul quale luì, in nome di una concezione che non qualifico, vuol mettere le mani!

Palmira                        - Un figlio!

Gustavo                      - (continuando) Quel denaro che ho guadagnato col mio lavoro, sudando giorno per giorno...

Palmira                        - E io? Con questa mia povera... (porta la mano alla gola).

Gustavo                      - (continuando) ... mettendolo da parte soldo a soldo a furia di sacrifici!

Palmira                        - (a mezza voce, ad Anna) Quaranta­quattro sere che tutti fumavano!

Gustavo                      - (continuando) E per voi! Pensando a voi, sempre! Domandalo a tua madre! Di' tu, Anna, di' tu la nostra vita! Vostra madre che si faceva un vestito quando proprio non poteva farne a meno...

Anna                           - E vostro padre con le scarpe con la rimonta, che non fumava più di quel sigaro dopo pranzo e cena, che non entrava mai in un bar a prendere un caffè...

Gustavo                      - E sempre un pensiero; voi, voi, voi!

Vittorio                       - (vibrato) Male! Avete fatto male!

Gustavo                      - Ah! «male»? Questa è la ricono­scenza? Mentre noi non abbiamo pensato ad altro che a mettere insieme quel tanto che un giorno fosse una base alla nostra e alla vostra tranquillità?...

Vittorio                       - (quasi fra sé, ironico) «Un giorno! »

Gustavo                      - (continuando) ...voi ci ricompensate così? Lo senti, Anna, lo senti?

Vittorio                       - Prima di tutto noi non sappiamo che cosa farcene della tranquillità.

Gustavo                      - Padronissimi!

Vittorio                       - Non siamo nati per la tranquillità: roba sorpassata.

Gustavo                      - Ah, ecco la parola! La parola ma­gica, colla quale credete d'aver risolto tutti i pro­blemi della vita e d'averci chiusa la bocca! «Sorpassato », parola fatta per tirar via e non di­scutere...

Vittorio                       - Come vuoi, papà, come vuoi; ma non potrai disapprovarci se non vogliamo pensare a « un giorno», a trovar la pappa fatta «un giorno»: la pappa vogliam farcela da noi e subito, fin che siam giovani.

Gustavo                      - E allora, i miei gradassi, fatevela la pappa! Non ve l'ho dato il modo? Il modo ve l'ho dato: v'ho dato una laurea...

Vittorio                       - Altra concezione...

Gustavo                      - « Sorpassata », dillo, sorpassata an­che questa.

Vittorio                       - Quando avete dato una laurea a un figlio, credete d'aver fatto tutto...

Gustavo                      - Vuoi dire che il mio dovere non l’hofatto?

Vittorio                       - L'hai fatto, papà, nessuno te lo nega; e ti siamo riconoscenti; ma l'hai fatto, perdonami, secondo un concetto sbagliato, che è in tutti i ge­nitori, purtroppo...

Gustavo                      - (ironico ad Anna) Gli facciamo com­passione, lo senti?

Vittorio                       - Ci mandate a scuola, ci pagate le tasse, i libri, le mance ai bidelli...

Gustavo                      - Pai, fai dello spirito!

Vittorio                       - ...e il giorno della laurea vi sedete su una poltrona: «Ah, il mio dovere l'ho fatto! ».

Anna                           - A tuo padre!

Vittorio                       - Noo! La laurea è come prendere un bambino d'un anno e metterlo in piedi, attaccato a una seggiola! Ci sono i primi passi dopo, i primi passi che hanno bisogno della mano che sostenga! E i primi passi son duri a fare, anche per chi come me è certo di poterli fare!

Gustavo                      - E allora si dice a suo padre: « Va per terra tu che voglio camminare io! ».

Vittorio -------------- - (molto commosso, marcato) Noo! Si dice: «Papà, dammi la mano, che andiamo avanti insieme», questo si dice!

Gustavo                      - Così la pappa, il mio presuntuoso, ammetterai che continua a fartela tuo padre.

Vittorio                       - Papà, non mi capisci...

Gustavo                      - Oh, se ti capisco! Se ti capisco!

Vittorio                       - Voglio dire che il danaro che tu hai risparmiato con tanti sacrifìci, ha un valore sì, ma in quanto è utile al momento opportuno e soprat­tutto quando occorre per una causa giusta, degna come la mia: insomma quando viene incontro al mio lavoro, a quello degli altri...

Gustavo                      - E il rischio? Dove lo metti il rischio?

Vittorio                       - (con un senso di riprovazione) Oh, papà! Quando si bratta del bene di tanta gente, vai ancora a pensare al tuo rischio? Ma basta guardarsi attorno, avere un po' di umanità, di... di senso cristiano...

Gustavo                      - Oh, ecco, bravo! Hai detto proprio la parola giusta, ragazzo mio! «Senso cristiano»! Sta poi a vedere se tu, quando tuo padre, per correr dietro alle tue fantasie, sacrificato tutto il suo, ormai stanco, finito, non sapesse più dove bat­ter la testa, tu, il figlio, avessi il « senso cristiano » di dividere il pane con lui.

Mario                          - Papà...

Vittorio                       - A questa domanda, papà, non si ri­sponde che con dei fatti. Ma posso garantirti che è sempre meglio per un figlio abituarsi all'idea di dividere il pane con suo padre che aspettarne la eredità.

Palmira                        - ...che ha la sua importanza, credi a tua zia!

Vittorio                       - (quasi calmato) Ma possibile che non vi siate ancora persuasi che noi giovani ormai non ci pensiamo più alle eredità?

Gustavo                      - Ma sì! Dite addirittura che ve ne infischiate.

Vittorio                       - Pressapoco.

Palmira                        - (ad Anna) Dò tutto in beneficenza.

Anna                           - (spaventata) No, Palmira!, non sa quello che dice!

Gustavo                      - (sorridendo ironico) Padronissimo! Infischiatene, fa il comodo tuo. Niente da criticare. Per me, figurati... (Un silenzio. Come per sottrarsi, guarda l'orologio al polso) Oh, già le undici... (si avvia a sinistra per uscire).

Vittorio                       - Papà?

Gustavo                      - (si volge).

Vittorio                       - Aspetto sempre la tua risposta.

Gustavo                      - (ben preciso, quasi scandito) La mia risposta l'hai avuta: il mio danaro resta dov'è... per la mia « pappa » e anche per la vostra, se mai un giorno ne aveste bisogno.

Vittorio                       - Così? (Resta fermo, calmo a guar­dare suo padre).

Gustavo                      - (dopo un attimo) Così. (Fa per uscire).

Vittorio                       - (freddo, livido, a bassa voce, ferma) E' l'ultima parola?

Gustavo                      - L'ultima.

Vittorio                       - Sei sicuro? (Guarda il padre, che ì rimasto fermo a osservarlo. Un riso freddo, cattivo, gli nasce fra le labbra).

Paola                           - (nel frattempo mormora due parole all'orecchio di suo marito).

Gustavo                      - (dopo aver atteso, come per sfidarlo) E poi?

Anna                           - (nel silenzio che segue, con voce di pianto e di paura) Vittorio... Vittorio... non così... noli Pensa alla tua mamma... Vittorio! ... sei sempre stato buono, figliolo mio...!

Gustavo                      - (senza staccare gii occhi dal figlio, come ossessionato, ad Anna) Ma guardalo! Guardalo! Ride!... GÌ Vittorio) Sai cosa ti manca? Un coltello fra le mani!... Un assassino da strada, un gras­satore!...

Vittorio                       - (con voce altissima, tagliente) Sì, papà, per quel danaro che, dal momento che è inu­tile, non ha ragione di star nelle tue mani!

Mario                          - Basta, Vittorio, basta! Qui si precipita in qualche cosa di irreparabile!

Gustavo                      - (ansando, a voce bassa) Hai ragione, irreparabile: l'ho messo al mondo perché dica... questo.

Paola                           - (nel silenzio ripete all'orecchio del marito le parole dette prima).

Mario                          - (dopo un breve silenzio) Vittorio... Paola qua mi dice... che è pronta a mettere il suo danaro a disposizione per la tua società.

Vittorio                       - (leva gli occhi stupiti verso Paola).

Anna                           - (a Paola) Ma come? Tu vorresti, voi vorreste...? Ma avete dei bambini, due bambini: volete che vadano alla miseria, alla carità?

Mario                          - (senza guardare la madre, fermo, vibrato, non buono) Mamma! Non verranno mai da voi i nostri figli a chiedere la carità!

Gustavo                      - (che fino allora aveva guardato stupito ora l'uno ora l'altro dei figli, a voce bassa ribel­landosi) Ah, basta, basta!... Anna, Palmira, con me, con me... (Traendo per mano la moglie e se­guito dalla sorella, esce rapido dalla porta in fondo a sinistra).

Palmira                        - (uscendo) Siete spaventosi!

Mario                          - (comprendendo la gravità delle sue parole, seguendoli) Papà... mamma... no...

Luisa                           - (accompagnando Mario) Papà... (Escono in fondo a sinistra).

Vittorio                       - Paola... che cosa debbo dirti?

Paola                           - (calmissima, quasi sorridente) Niente: quello che fai è bene... mio marito mi dà il per­messo...; non c'è niente da dire.

Vittorio                       - (quasi ricordasse dentro di sé le pun­tate ironiche alla cognata, con voce umile) Io… ti ringrazio...

Paola                           - (lo guarda, sorride... osserva appena le unghie, poi, avviandosi) Però, bada, Vittorio, che il rosso alle unghie continuo a darmelo lo stesso. (Esce a sinistra).

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

Sala terrena di soggiorno nella villa di Gustavo, la « Casetta ».

Porta vetrata, aperta nel fondo, con veduta di monti e boschi. Alla parete di sinistra un arco che mette alle altre stanze. Nella parete destra, sopra il camino, un orologio. Sempre a destra, sul davanti, sopra un piano, sostenuto da due cavalletti, un plastico, ricoperto da una tela grezza. Presso il plastico una tavola da ingegnere con carte, proget­ti ecc. Su un tavolino a sinistra un servizio per caffè e latte. Mobili, disposti con gusto, danno un senso di comodità all'ambiente, che tuttavia con­serva la modestia della maggior parte delle case di campagna.

 (All'alzarsi della tela, mentre Emilia sta finendo le pulizie del mattino, Anna dà a Teresa gli ordini per la colazione).

Teresa                         - Non son troppe, signora, tre anatre?

Anna                           - Certo che, se non arrivano, sono trop­pe. Tu però preparale: vorrà dire che potremo all'ultimo momento tenerne indietro una.

Teresa                         - Va bene.

Emilia                         - Io non ci credo che vengano.

Anna                           - Be', adesso non star a dire «ci credo, non ci credo ». (A tutte e due) E, badate, non una parola col padrone.

Teresa                         - Per me...

Luisa                           - (s'affaccia) Buongiorno, mamma.

Anna                           - Cara... il tuo latte è pronto.

Luisa                           - Grazie. (Si mette a prendere il suo caffè e latte).

Anna                           - E come va Piero?

Luisa                           - Dorme.

Anna                           - Perché stanotte l'ho udito lamentarsi.

Luisa                           - Era molto agitato, sì; ho dovuto fargli un'iniezione... Dopo resta sempre un po' assopito.

Anna                           - Io, cosa vuoi, figliola, ho molta fiducia.

Luisa                           - (rassegnata) Speriamo.

Anna                           - Papà, anche stamane ha mandato alla stazione a vedere se era arrivata la poltrona a ruote...

Luisa                           - Povero papà.

Anna                           - Così almeno potrà uscire, prender aria...

Luisa                           - Già: si distrarrebbe.

Anna                           - Be', tu cosa dici? che arrivino? perché stavo ordinando la colazione...

Luisa                           - Io li aspetto: è domenica, gli uffici sono chiusi... poi Mario, prima che noi partissimo, lo disse: «Chissà che domenica non ci vediamo?».

Emilia                         - (sempre riordinando) Loro non ci pensano a quel che può succedere qua con l'in­gegnere.

Anna                           - Senti, Emilia, smettila! Lo sai anche tu quanto mi angusti quest'incontro!

Emilia                         - E a me no? Quando mi viene in mente quel giorno a Roma...

Luisa                           - Io, tuttavia, penso che se ci vedessero...

Anna                           - Dio volesse! Certo che se si fossero in­contrati a Orbetello, al letto di Piero, il giorno della disgrazia...

Luisa                           - (sorridendo triste) Mi ricordo, mamma, che tu dicevi: «Quando arriva il treno da Roma, quando arriva? ».

Anna                           - Lui invece, «via, via»...

Emilia                         - Ma non lo vedono anche adesso com'è il padrone? Mai che li nomini nei suoi discorsi! come se non esistessero.

Anna                           - (a Luisa) Con te ha detto niente?

Luisa                           - Niente.

Teresa                         - Allora, io vado, signora.

Anna                           - Sì, e cerca di preparar tutto per tempo, perché, se arrivano, si possa anticipare anche di mezz'ora; chissà che fame avranno, dopo tanti chilometri! (Teresa è uscita. Ritornando a Luisa) A che ora credi che potrebbero esser qua?

Luisa                           - Non saprei. A venir su che ci vuole? due ore e mezza, tre, poco più. Mettiamo siano par­titi alle sei e mezza, sette... possono esser qua alle dieci... non so...

Anna                           - Ma allora manca poco! Oh, Dio, Dio...

Luisa                           - Non agitiamoci, mamma. Papà dov'è?

Anna                           - E' andato con Gaetano a prendere delle misure in campagna: avevano con loro gli stru­menti...

Luisa                           - (accennando al plastico) Per quel la­voro?

Anna                           - Credo: alle sette era già in piedi.

Luisa                           - Certo sarebbe meglio che non si incon­trassero subito. Se fossi sicura che arrivano, par­lerei io a papà e lo preparerei.

Emilia                         - (che dalla porta di fondo ha veduto) Signora, è qui.

Anna                           - Oh, Dio! e se intanto arrivano?

Luisa                           - Sta tranquilla; se mai, cercherò io dì allontanarlo...

Gustavo                      - (è sulla porta a vetri. Vestito da cam­pagna con stivaloni).

Luisa                           - (andandogli incontro) Buongiorno, papà...

Gustavo                      - (baciandola) Buongiorno, cara... Come va Piero? Questa notte m'è parso...

Luisa                           - Mi dispiace l'abbiate udito lamentarsi.

Gustavo                      - (mettendo sulla tavola alcuni foglietti che aveva levati di tasca e trascrivendo alcune ci­fre) Cara, dispiace più a noi che soffra... (Scopre il plastico).

Anna                           - Di', non vorrai anche oggi sporcarmi di gesso la casa.

Gustavo                      - Stai tranquilla, non sporcherò niente. (A Luisa) Ho mandato anche stamane a vedere se quella poltrona benedetta era arrivata: ancora niente.

Luisa                           - Grazie, papà...

Anna                           - Almeno potesse uscire fin che il tempo è bello...

Gustavo ------------- - Già; perché se in ottobre comincia a piovere...

Luisa                           - Mi dispiace che vi mettiate tanti pen­sieri per noi.

Anna                           - Ma, Luisa?...

Gustavo                      - (.sempre scrivendo) Ci tratti male, ve'.' Tratti papà e mamma come due signori gentili coi quali si debbano far complimenti.

Anna                           - Ecco, bravo.

Luisa                           - Penso alla confusione che siamo venuti a mettervi quassù.

Gustavo                      - Confusione?

Anna                           - Non venivate anche gli altri anni?

Luisa                           - Ma allora Piero stava bene: io potevo occuparmi dei bambini e non lasciarli quasi tutto il giorno a te...

Anna                           - Se mi diverte.

Gustavo                      - E poi la nonna che ci starebbe a fare?

Anna                           - Poi ti dirò, Gustavo, che col crescere fanno tante cose da soli: anche il piccolo sa spo­gliarsi, vestirsi... Tu vedessi con che cura la sera ripone le sue robe: i calzoncini, la carnicina... i sandali ai piedi della seggiola, uno accanto all'altro...

Luisa                           - (sorridendo) E' vero: è il più piccolo, ma è ordinatissimo...

Anna                           - Come il nostro Vittorio: ti ricordi? Era il più piccolo, ma in quanto a ordine... Fin sotto gli esami, quando aveva tanto da studiare, ti ri­cordi, Gustavo? Era... (sente che non deve proseguire).

Gustavo                      - (nel silenzio, fischiando sommessamente, va al plastico e col doppio decimetro confronta certe misure, che riporta sul foglio).

Anna                           - (dopo un silenzio, guardando l'orologio sul camino) Le nove e mezzo,: come passa il tempo!

Luisa                           - (comprendendo, dopo un breve silenzio) Non vorrei che i bambini lassù...

Gustavo                      - I bambini?

Luisa                           - Sì... sono andati con Giovannino a rac­cogliere more nel bosco di Vanelli...

Gustavo                      - Ebbe?

Luisa                           - Non vorrei mi pericolassero.

Gustavo                      - Pericolare?

Luisa                           - Ci sono delle fratte in quel bosco.

Anna                           - Hai ragione: specie per il piccolo.

Luisa                           - Se non avessi Piero che può svegliarsi da un momento all'altro...

Gustavo                      - Posso andar io.

Luisa                           - Oh, grazie, papà, mi faresti un favore!

Gustavo                      - Figurati! Appena finito qua...

Anna                           - Be', vado a vedere se l'Assunta ha rac­colto le cotogne... (Si avvia a destra).

Luisa                           - L'ho vista andare verso il frutteto con la scala e il paniere.

Anna                           - Ce n'è un'infinità: i rami si piegano, tanto son carichi. (Esce).

Luisa                           - (mentre il padre continua a lavorare, si avvicina alla scrivania, sfoglia una rivista. Un si­lenzio) Sai, papà?, è passata zia Palatura: andava a messa. Ha chiesto di te. Mi sembrava avesse bisogno: ha detto che ripasserà al ritorno...

Gustavo                      - (che continuerà durante tutta la scena che segue a lavorare) Ben venga la sorella!

Luisa                           - Mi sembra che vi sia una ripresa di sviscerato amore da parte della zia.

Gustavo                      - Ma sì, poveretta.

Luisa                           - Un ritorno di fiamma dell'amor fraterno.

Gustavo                      - Ebbe... in mancanza d'altro...

Luisa                           - (breve silenzio) E' vero, papà, che quel terreno te lo vuol regalare?

Gustavo                      - Sì, ma non lo voglio.

Luisa                           - Come?

Gustavo                      - Non sai che fra tuo padre e tua zia è una continua gara di rinunzie?

Luisa                           - (sorridendo) Meno male.

Gustavo                      - (un breve silenzio) Oh, guarda che ho scritto all'avvocato Gibelli di aprire un conto a tuo nome alla Banca Commerciale.

Luisa                           - Oh, papà, ma perché?

Gustavo                      - E' un momento critico per voi: e se tuo padre fa quel che può...

Luisa                           - (accarezzandolo) Ti ringrazio; ma non importava...

Gustavo                      - Cosa preferivi? Che tuo padre pro­nunziasse la famosa frase di zia Palmira «sarà tutto vostro un giorno » ?

Luisa                           - Papà?.,.

Gustavo                      - ...frase oggi destinata, sembra, a se­minare il disprezzo, l'odio fra le generazioni.

Luisa                           - Lo credi davvero, papà?

Gustavo                      - Mah! Sembra. (Un silenzio) Sarà meglio tuttavia di quel che t'ho detto per il mo­mento non parlare a Piero.

Luisa                           - Sì... almeno per ora. (Breve pausa) Ma voglio dirti, papà, che anche i fratelli, vedi, fanno quel che possono per me.

Gustavo                      - (con superficialità, sempre occupandosi del lavoro) Ah, sì? Mi fa piacere... tanto più che non dev'esser facile per loro, aver del danaro disponibile... data la crisi che attraversano.

Luisa                           - Lo sai anche tu che attraversano una crisi?

Gustavo                      - (con indifferenza) Sì... so qualche cosa...: un azionista che ha tagliato la corda... le Merano che negano la materia prima...

Luisa                           - (meravigliata) Papà?..,

Gustavo                      - (continuando) ...le case fornitrici dei macchinario, che non ammettono dilazioni...

Luisa                           - Come sai tutte queste cose, papà?

Gustavo                      - Sentito dire.

Luisa                           - Fin quassù? (Come il padre non ri­sponde) Strano. Attraversano infatti un momento brusco, poveri fratelli. Ma vorrei tu li vedessi. Sanno lottare, tener testa a tutti gli ostacoli con una calma, una forza... E, poverini, riescono a pen­sare anche a me, in mezzo a tante angustie.

Gustavo                      - Non gliele ho certo procurate io.

Luisa                           - Chi pensa a questo, papà? (Un silenzio) Ora tuttavia sembra che abbiano inoltrata una domanda a una di quelle banche che aiutano le industrie... l'Istituto... aspetta...

Gustavo                      - (sempre lavorando) ..dei beni mobili.

Luisa                           - Ecco, sì, l'Istituto dei beni mobili. So anzi che la pratica è già sulla tavola del Direttore.

Gustavo                      - No, no, la pratica è andata più in là, la pratica.

Luisa                           - Ah, sì?

Gustavo                      - E' già sulla tavola della Commissione Delegata con le altre che saranno prese quanto prima in esame... quanto prima. Poi la Commis­sione Delegata nominerà i tecnici... i tecnici, quando sarà il momento, perché di domande ce n'è un mucchio, prenderanno anche la loro in esame... in serio esame, come si dice. Dopo qualche mese il parere dei tecnici, con quello della Commissione, andrà sulla tavola del Consiglio Superiore... Oh... tutte queste tavole sono piene d'ospitalità: le pra­tiche vi si accumulano e vi stanno dei mesi! Fi­nalmente il Consiglio Superiore, dopo aver ben ponderato altri mesi, in base alle possibilità dell'Istituto, allora « forse » provvederà.

Luisa                           - (scoraggiata) Ma così ci vorranno de­gli anni!

Gustavo                      - Degli anni no, ma un buon annetto, un annetto che, secondo lo stato degli animi, può diventare un anno, un anno di trecentosessanta-cinque giorni, giorni di ventiquattro ore.

Luisa                           - (con rancore) E pensare che è tutt'opera di quelle canaglie dei loro soci, che vogliono co­stringerli a cedere il brevetto! Tutta, tutta una camorra!

Gustavo                      - Be', era da prevedere.

Luisa                           - Oh, per questo, Vittorio lo dice sempre che tu avevi ragione: «L'esperienza dei vecchi» dice...

Gustavo                      - Per carità! Non diciamo sciocchezze! Lasciamola là l'esperienza dei vecchi!... Roba fuori uso... roba... roba... sorpassata, l'esperienza dei vec­chi! Colpita anch'essa dalla tremenda parola: « sor­passato ».

Luisa                           - Non è vero, papà. E i fatti lo dimostrano: l'impresa dei ragazzi va male e tu lo prevedevi; Piero è in quelle condizioni e mamma, poverina, lo temeva sempre...

Gustavo                      - Be', si capisce, in tua madre parlava l'affetto.

Luisa                           - Ma anche in te, papà, nessuno ne dubita. Ma, vedi, una cosa, non avevate preveduto: sai quali spalle venivano ad abbattersi le disgrazie: spalle robuste, papà, di gente che sa affrontare, ma anche sopportare. Del resto è il difetto di noi ge­nitori... io, ad esempio, non ho sempre paura che i bambini cadano, si facciano del male? Poi avrò paura che sbaglino; e questa paura l'avrò sempre, anche quando saranno uomini. E' il nostro modo di voler bene. (Un silenzio breve) Vorrei tu vedessi Paola com'è cambiata: niente più «nurse», una sola donnetta di servizio come me... e sembra più contenta. (Come il padre non risponde, dopo un momento di esitazione) ...Papà...?

Gustavo                      - (sempre lavorando) Di'.

Luisa                           - Vorrei dirti... Sai?... Oggi possono ar­rivare.

Gustavo                      - (senza scomporsi, continuando ad occu­parsi del suo lavoro) Ah!... (Un breve silenzio) Mamma lo sa?

Luisa                           - Sì... ma non osava dirtelo.

Gustavo                      - E perché?

Luisa                           - Sai... all'idea che, vedendovi... E' agi­tata, povera mamma.

Gustavo                      - Da parte mia di' pure a tua madre che stia tranquilla: i nostri figlioli vengono quas­sù... bontà loro: io li vedrò volentieri.

Luisa                           - Grazie, papà.

Gustavo                      - Ma, intendiamoci: che a nessuno venga l'idea di andar a tirare in ballo, rivangare quel che è stato: non se ne parli più...

Luisa                           - Hanno detto che vengono a trovar Piero.

Gustavo                      - Benissimo: vengono a trovar Piero...

Luisa                           - Anche voi, s'intende.

Gustavo                      - Ma sì, certo, anche noi, nessuno ne dubita. Ma, ripeto, si lasci stare... non si tocchino certi tasti... perché allora no: allora non potrei garantire. Credo d'essermi spiegato.

Luisa                           - Sì, papà, ma... o capisci anche tu, basta una parola, non so...

Gustavo                      - (come per sfuggire) Oh, perbacco, dimenticavo i bambini! (Ricoprendo il plastico) Nel bosco dei Vanelli, hai detto?

Luisa                           - Sì.

Gustavo                      - Ma guarda quei briganti dove sono andati a cacciarsi! (Nel silenzio che segue, esce a sinistra).

Luisa                           - (con un moto di sfiducia s'avvia a destra).

Gaetano                      - (un contadino di mezz'età, affacciandosi sulla vetrata di fondo) Signora?

Luisa                           - Gaetano?

Gaetano                      - Il signor padrone?... Volevo fargli vedere...

Luisa                           - (andando verso Gaetano) E' uscito: è andato dai bambini. (Sulla soglia, accennando) E' là, lo vedi?

Gaetano                      - Scusi, lo raggiungo... (Così dicendo s'avvia a sinistra).

Luisa                           - (intanto, richiamata da un canto, guarda fuori verso destra).

Palmira                        - (di fuori, cantando a mezza voce) « Di qui si vede il mar... profondo... sconfinato... ah!... come il mio dolor!». (Entra sulla nota ultima e subito) Tesoro!...

Luisa                           - Finita la messa, zietta?

Palmira                        - (entrando) Sì, finita, finita; ma quel don Pio diventa sempre più eterno: ogni anno che passa, dieci minuti di più ci mette!... Dov'è tuo padre?

Luisa                           - (indicando a sinistra) Là, lo vedi?

Palmira                        - E dove va quel benedett’uomo?

Luisa                           - Dai bambini: sono andati a more nel bosco dei Vanelli...

Palmira                        - E va a more anche lui?

Luisa                           - Noo... ma siccome ci sono dei pericoli; e potrebbero cadere...

Palmira                        - E credi di poterti fidare di tuo padre?

Luisa                           - Perché?

Palmira                        - Nello stato in cui è? Non gli affiderei nemmeno una mosca. Ma non lo vedi com'è ridotto?

Luisa                           - E' un po' triste, è vero.

Palmira                        - Triste? Di' pure sconnesso, scompa­ginato.

Luisa                           - (sorridendo) Ma no, andiamo!

Palmira                        - Cara, è inutile nasconderlo: da quel giorno a Roma quel pover'uomo non è più lui... (a un gesto di Luisa) più lui! Pensare! Dei figli! Dei figli dir delle cose simili! E la sua povera testa di padre, si capisce, ha ricevuto un colpo... non so... (trova la parola) uno choc, ecco, uno choc.

Luisa                           - Ma no! Tue idee.

Palmira                        - Mie idee? Conosco la vita, mia cara! E poi senti, senti: l'altro giorno, causa la piena, il torrente aveva fatto dei danni: sono andata giù con vostro padre a vedere. Mi fa: « Li vedi quei tronchi, quei rifiuti buttati sulla riva? Stanno là fermi a marcire, a guardare la corrente che passa­la vita che passa! ». Vuoi dirmi cosa c'entra la corrente con la vita? Ti dico: roba da...

Luisa                           - (riflettendo) Diceva questo?

Palmira                        - Fosse solo questo! Per esempio, non ti sei accorta di una cosa? Non ti sei accorta, lui così educato, che fischia? Fischia e stona. L'altro giorno gliel'ho detto: «Senti, Gustavo, che tu fi­schi, be', pazienza: siamo in campagna; ma che tu anche stoni...». S'è arrabbiato: «Ma non sai che i vecchi stonano? Stonano sempre i vecchi, sempre stonano! ». (Sorridendo di compatimento) Venirlo a dire a me! che, nonostante i miei sessantasei anni, conservo la mia voce così perfetta, intonata...!

Luisa                           - (riflette e sorride).

Anna                           - (tutta affannata, entrando da sinistra, a Luisa) Sono qua, sono qua! Ho visto dalla fi­nestra la macchina che sale...

Luisa                           - (correndo verso il fondo) Fortuna che papà non c'è... (Esce a sinistra).

Palmira                        - Che macchina?

Anna                           - Oh, Palmira mia, Palmira mia...!

Palmira                        - Ma che succede?

Anna                           - I ragazzi...!

Palmira                        - I ragazzi?

Anna                           - Vengono a trovar Piero: sono qua!

Palmira                        - Qua?! Gran Dio!

Anna                           - Appena arrivata quassù, Luisa mi aveva avvertita, ma non era sicura. Ecco perché non t'avevo detto niente. Ora sono qua... Come facciamo? Io non voglio pensare al momento in cui s'in­contreranno con papà. (Siede, quasi non reggesse).

Palmira                        - (quasi solenne ad Anna che non l'ascol­ta) Senti, Anna, quel che ti dice una donna d'esperienza: niente paura; anzi forse... forse è la mano di Dio. Tu sai lo stato del povero Gustavo: dopo quella terribile scena di Roma la sua povera testa ha ricevuto come una scossa... un trauma. Be', cosa succede ora? La scena si ripete: il per­dono, l'abbraccio. (Cercando nella memoria) Ma dov'è... dov'è che ho visto...?

Anna                           - (senz'ascoltarla, s'avvia alla porta in fondo per guardar fuori).

Palmira                        - (sovvenendosi) Ah! la Mignon! L'ho cantata cento volte! La Mignon! Quando quella poverina...

Anna                           - (ritornando) Eccoli! Salgono... (Poi, quasi supplice) Ma tu, Palmira...?

Palmira                        - Io che cosa?

Anna                           - Serbi rancore?

Palmira                        - Io rancore? Ma affatto, cara, nem­meno per sogno! Sono una donna equilibrata, se Dio vuole!

Anna                           - (riconoscente) Oh, Palmira...!

Palmira                        - Ma coraggio, coraggio, valli a incon­trare: tu sei la madre.

Mario                          - (seguito da Paola, da Vittorio e da Luisa, si affaccia) Mamma...?

Anna                           - Figlioli... Paola... (Li abbraccia).

Paola                           - Mamma...

Anna                           - (a Paola) Come ti trovo diversa! Ha ragione Luisa. Dio ti 'benedica! Come vanno i bambini?

Paola                           - Bene; volevo portar su Guido, ma poi lasciar l'altro solo...

Vittorio                       - (che ha atteso) Manimetta...

Anna                           - (stringendo a sé Vittorio, quasi senza voce) Caro...

Palmira                        - (con voce di pianto) E questa vec­chia zia?

Mario                          - (andando con Paola verso Palmira e ab­bracciandola) Zia?

Paola                           - Zia cara...

Vittorio                       - Zietta?

Palmira                        - (tutta in lacrime, passando dall'uno all'altro) Dio! che momento, ragazzi! Che mo­mento!...

Mario                          - Calmati, zia...

Paola                           - (sorridendo) Su, su...

Vittorio                       - (ad Anna) Luisa ha detto che papà è andato...

Anna                           - Sì, a cercare i bambini: non è lontano.

Mario                          - Com'è papà?

Anna                           - Non so...; io non ho osato dirgli che voi oggi...

Luisa                           - Ho accennato io.

Anna                           - Ah, sì?

Palmira                        - Ma vedrete, vedrete, lo dice vostra zia che non sbaglia, tutto andrà a finir bene: una bella scena e poi...

Vittorio                       - Una scena? Ah, no, speriamo bene!

Palmira                        - Ma, caro, dopo quel che è successo, una scena è il meno che...

Vittorio                       - E che c'entra la scena? Quel che è stato è stato e non se ne parla più.

Mario                          - Credo anch'io.

Palmira                        - Ma, miei cari...

Vittorio                       - Eppoi, zietta, oggi vogliam stare di buonumore, allegri!

Palmira                        - Allegri, va bene, ragazzo mio, ma ca­pirai che tuo padre è sempre un padre...

Vittorio                       - Ebbe? E io sono un figlio; e ho la testa a posto e so dominarmi; e spero che saprà dominarsi anche lui.

Palmira                        - Ma, tesoro mio...

Anna                           - (per farla tacere) Palmira...

Palmira                        - ...come si fa senza uno sfogo...

Vittorio                       - Che c'è da sfogare? Ci si vede, ci si abbraccia anche, si parla come niente fosse...

Palmira                        - (ribellandosi) Ah, senti, come niente fosse dopo quel po' po'...

Vittorio                       - Ma sì, come niente fosse. Le scene, zietta, le facevi tu quando cantavi l'Africana, la Tosca...

Mario                          - La Lucrezia Borgia... (esce per l'arco a riporre il suo pastrano).

Palmira                        - Su! Disprezzatela l'arte di vostra zia!

Vittorio                       - Nonfraintendermi. Dico semplice­mente che dobbiamo cercare d'evitare tutto ciò che sarebbe antipatico. Di' tu, Luisa.

Luisa                           - Ma sì. (Prende il mantello di Vittorio ed esce per l'arco. Paola la segue).

Vittorio                       - E poi via, via le malinconie! Siamo Qui nella nostra casa, nella nostra bella casa... (Nel guardare attorno incontra gli occhi di sua madre) Su, mamma! Non farci anche tu quella faccia da tragedia.

Anna                           - Hai ragione, ma sono così agitata...

Vittorio                       - Ma cosa volete che succeda? Per parte mia niente, ve lo prometto.

Anna                           - Ma non vorrei che papà...

Palmira                        - Ecco!

Mario                          - (rientra e osserva Qua e là).

Vittorio                       - Farebbe male, lo ripeto; tanto più che resteremmo dello stesso parere. Andiamo, an­diamo, non parliamo più di malinconie. Lasciatemi guardare: ne avevo tanta voglia! Lasciatemi godere in pace. (Incontra lo sguardo spaurito della zia) Su, zietta, allegra! (La prende per le braccia).

Palmira                        - (sospirando) Oh, allegrissima!

Luisa                           - (rientra e si avvicina a Mario).

Mario                          - (alludendo al plastico e sollevandone la tela) Questo che cos'è?

Anna                           - Oh, state buoni, un lavoro di vostro padre. (Andando verso il fondo per vedere se arriva Gustavo) Mi sta sporcando di gesso tutta la casa...

Vittorio                       - (s'è avvicinato a Mario e a Luisa, per guardare il plastico).

Luisa                           - (ai fratelli) A me non ha voluto dire che cosa fa.

Palmira                        - A me invece l'ha detto. Dice che è la nostra vallata e che quel quadratino giallo è la mia casa... e che tutto andrà sott'acqua. Questa mettila con le altre, Luisa: sott'acqua che siamo in montagna. (Andando verso Paola, che in quel momento rientra dall'arco) A meno, dico io, di un altro diluvio universale.

Paola                           - Che c'è?

Palmira                        - (continua a parlare con Paola,).

Mario                          - (alludendo al plastico) Vittorio...?

Vittorio                       - Già.

Luisa                           - Che cosa credete che sia? Mamma ha detto che ci lavora da mesi. Ogni tanto va in cam­pagna a prendere delle misure... ha scavato giù nel torrente... Che sia una bonifica? Voi ci capite?

Anna                           - (dalla porta di fondo) E' qua, è qua... (Ritorna per darsi un contegno).

Palmira                        - Oh, Dio!...

Luisa                           - (ai fratelli) Coprite, presto!

Palmira                        - (che si è avvicinata ad Anna e a Paola) Poveri noi, che momento!

Paola                           - Calma, zia.

Anna                           - Mi raccomando, figlioli...!

Palmira                        - Vittorio!

Mario                          - (passando a sinistra dove sono Anna, Paola e Palmira) Tranquilla, mamma...

Luisa                           - (trattenendo Vittorio) Con me.

Palmira                        - Avrà udito l'automobile...

Gustavo                      - (s'affaccia in fondo; un brevissimo si­lenzio) Ragazzi...

Mario                          - (andandogli subito incontro, sottovoce) Papà... ,

Gustavo                      - (lo stringe appena a sé, sorridendo per nascondere la sua emozione) Come va?... Oh, Paola...

Paola                           - Papà...

Gustavo                      - (l'ha presa per le braccia, poi per le mani affettuosamente. La sente diversa, ne è com­mosso) Ma sei gelata! Senti, Anna, che mani ha questa figliola.

Paola                           - La macchina scoperta... (Nasconde la commozione).

Anna                           - Poi troppo leggera s'è messa: siamo in montagna.

Gustavo                      - E i bambini?

Paola                           - Bene, papà. Volevo portar su Guido, ma..,

Gustavo                      - (evitando lo sguardo di Vittorio, a Lui­sa) I tuoi lì ho lasciati a Caterina, che li sor­vegli... (Poi, non potendo fare a meno di guardare suo figlio) Addio, Vittorio...

Vittorio                       - Papà... (Gli si avvicina).

Palmira                        - (sottovoce, gli occhi al cielo) Oh, Dio!

Gustavo                      - (cacciando in gola la commozione, lo prende per le braccia, gli batte una mano su una spalla; dopo un breve silenzio, agli altri) Sarete digiuni, immagino.

Mario                          - No, papà...

Gustavo                      - (senza ascoltarlo) Anna, un caffelatte, presto; chissà che appetito dopo tanti chilometri!

Anna                           - (alla porta di sinistra) Emilia?

Paola                           - No, lascia, mamma: abbiamo preso un latte a Spoleto.

Anna                           - Ma perché?

Gustavo                      - Potevate aspettare.

Mario                          - Dovevamo far benzina; e siccome l'ap­petito c'era...

Gustavo                      - Vi avremmo preparato qua,.. (Come sentisse che non c'era più niente da dire) E... i bambini?

Paola                           - (sorridendo) Stanno bene, te l'ho detto.

Gustavo                      - (sovvenendosi) Ah, già, scusa... (Su­bito) Quelli di Luisa stanno diventando dei veri diavoletti: li vedrete. Ora sono...

Mario                          - Belli, eh, papà?

Gustavo                      - Sì, belli, belli.

Palmira                        - (in un soffio, col pianto in gola) Bel­lissimi.

Gustavo                      - (dopo una breve pausa, a Palmira) A proposito: m'ha detto Luisa che mi cercavi.

Palmira                        - Sì, caro: era per quel benedett'uomo di don Pio che... Tu sai che ho dato l'organo alla chiesa: duecentomila lire. Poi, sai cosa m'ha combi­nato? Ci ha messo una targa: « Dono munifico dell'esimia artista...». Bene per il munifico, ma quel­la esimia » non mi va giù.

Anna                           - Perché?

Palmira                        - Ma, cara, « esimio » si dice a quei di­sgraziati che pigliano le stecche tutte le sere e il pubblico li becca; ma «esimia» a me?

Paola                           - E come doveva dire?

Palmira                        - Ma, tesoro, c'è una parola che mi son sentita dire milioni di volte, una parola piccola, piccola: «grande». Non ti sembra, Gustavo?

Gustavo                      - (sopra pensiero) Già, già...

Palmira                        - (si volge ad Anna con un gesto, come dire « La sua povera testa! »).

Gustavo                      - (a Mario) E com'è andato il viaggio?

Mario                          - Bene, papà.

Paola                           - (a Gustavo) Ha guidato Vittorio.

Gustavo                      - Be', di Vittorio c'è da fidarsi: ha sem­pre guidato bene.

Paola                           - (accennando a Mario) Più di lui, che si distrae.

Gustavo                      - E' vero: Mario è meno attento. (A Vittorio, cercando sempre argomenti di discorso) Quando siete partiti?

Vittorio                       - Poco dopo le sette.

Gustavo                      - Avete fatto presto. Strada buona?

Vittorio                       - Buonissima; solo l'ultimo tratto...

Gustavo                      - Già, per quei lavori al Borghetto: hanno buttato all'aria ogni cosa...

Vittorio                       - Un paio di chilometri. L'ho messa in seconda...

Gustavo                      - Eh, già, la strada è tutta... (Non sa più che dire).

Palmira                        - (nella pausa che segue, sottovoce fra sé) Pover'uomo!...

Gustavo                      - E Piero, l'avete visto Piero?

Luisa                           - Non ancora: appena si sveglia...

Gustavo                      - Lo troverete più animato...

Palmira                        - (sempre sull'orlo del pianto) Anima­tissimo!

Mario                          - Anche a Orbetello si mostrò così pieno di spirito... (A Luisa) A proposito, Luisa, ho visto il professor Viti l'altro giorno...

Palmira                        - Il celebre?

Luisa                           - Che dice?

Mario                          - Che fra un paio di mesi si potrà far l'operazione.

Luisa                           - Sì?

Anna                           - Che bella cosa!

Palmira                        - Dio volesse!

Gustavo                      - Ma sì, tutto andrà bene, sono certo. E poi la gioventù ha delle grandi risorse. (Un breve silenzio, un vuoto. Per vincerlo, a Paola) E Guido? che fa Guido?

Palmira                        - Quel tesoro!

Paola                           - Va in bicicletta...

Gustavo                      - Bene, bene: un buon esercizio per un ragazzo.

Mario                          - Figurati, papà, che per lasciarlo a casa abbiamo dovuto dirgli che in macchina per luì non c'era posto: be', non s'era messo in testa di venir su colla bicicletta a trovare i nonni?

Gustavo                      - Oh, povero piccolo! centosessanta chilometri!

Mario                          - « Voglio andare dal nonno, strillava, dal mio nonnino! ».

Gustavo                      - (cerca nascondere la commozione).

Palmira                        - (ormai in lacrime) Dio, Dio!... (Va a piangere in disparte, ma bene in vista).

Paola                           - (commossa) Domenica prossima, se è bei tempo ve li portiamo.

Anna                           - (con le lacrime) E poi presto scende­remo anche noi, vero, Gustavo?

Gustavo                      - Sì, sì, scenderemo anche noi.

Mario                          - (dopo un silenzio penoso) E la cam­pagna, papà?.

Gustavo                      - Bene, abbastanza: c'è stato un buon raccolto d'uva è...

Mario                          - (dopo un altro silenzio) E caccia? Ce n'è di caccia?

Gustavo                      - Qualche starna; ma io ormai... Eh, gli anni si fanno sentire!

Mario                          - Oh, non dirlo, papà!

Vittorio                       - (che è presso il plastico, sollevando discretamente il lembo della tela) E questo, papà, che cos'è?

Palmira                        - (ha un sussulto e, più col gesto che colle parole) Dio!...

Gustavo                      - (con indifferenza) Ah, quello? mi diverto, così, per passare il tempo...

Vittorio                       - La nostra valle.

Gustavo                      - Sì...

Vittorio                       - Una diga.

Gustavo                      - Già, una diga: non sapevo cosa fare e... (Si avvicina a Vittorio. Gli altri, a poco a poco, si raccolgono un po' in disparte non per­dendo nessuna delle parole fra Gustavo e U fi­gliolo).

Vittorio                       - Ma acqua ce n'è?

Palmika                       - (ha un gesto come per dire fra sé: « Ecco la pazzia! ». Poi, durante le parole che se­guono si fa attenta).

Gustavo                      - Ce n'è, ce n'è: è stata la mia sor­presa. Perché la conca apparente non è vasta; ma lo strato sotterraneo impermeabile è di qualche centinaio di chilometri: dalla catena dei Lepini fino a quella dei Simbruni. E le sorgenti sono molte e si raccolgono tutte qua. Ho fatto i miei rilievi.

Vittorio                       - Non avrei creduto.

Gustavo                      - Ne affiora poca perché scorre quasi tutta fra la coltre del fondo. A valle lo strato si assottiglia: l'ho tagliato con una traversa e sono rimasto sorpreso anch'io: quasi un metro cubo al secondo ne affiora,

Vittorio                       - Tanta?

Gustavo                      - E questo nel periodo di magra. Qua, vedi, c'è quel famoso passo, dove la valle si restringe fino a ottanta metri... nel fondo dieci...

Vittorio                       - Già... e qua la diga.

Gustavo                      - La roccia è compatta, ottima: al­berese...

Vittorio                       - Un bel serbatoio.,.

Gustavo                      - Circa un trenta milioni di metri cubi; quarantacinque di salto. Ho qui (accenna alla tavola lì presso) tutti i calcoli. La centrale si farebbe in caverna: quattro Pelton da 15.000 kilowatt... Ci sarebbe da riempir di fabbriche tutta la vallata.

Vittorio                       - E la nostra casa?

Gustavo                      - Eh, be', se si facesse... sommersa: quaranta metri sotto.

Palmira                        - (sussultando) Anche la mia?

Gustavo                      - La tua, starebbe meglio: a trenta solamente.

Palmira                        - Ah, povera me!

Vittorio                       - (dopo un breve silenzio) La casa dove giocavamo da bambini...

Gustavo                      - Anche la mia, da ragazzo.

Vittorio                       - Un bel sacrificio.

Gustavo                      - Be',... quando si trattasse di dar lavoro a tanta gente...

Vittorio                       - (sempre guardando il plastico) Già.

Palmira                        - (fra sé) ...si va sott'acqua.

Gustavo                      - Ma fin che è soltanto un progetto...

Vittorio                       - E' una cosa molto interessante, papà.

Gustavo                      - Sì, abbastanza... e poi anche per sentirsi... si è così soli quassù... (Breve silenzio) A valle poi ci sarebbe da irrigare un bel po' di terreno e... (Pare non abbia altro da dire).

Vittorio                       - (dopo un silenzio, sempre guardando il plastico) Io... se fossi in te... ne farei una re­lazione al Ministero dei lavori pubblici.

Gustavo                      - Per carità! Non è che un sogno.

Vittorio                       - E hai lavorato tanto per un sogno? Sei giovane, papà.

Gustavo                      - Credi?... Credi proprio che papà sia giovane?

Vittorio                       - Sognare così...

Gustavo                      - Già... Ma, vedi, è anche... un alibi.

Vittorio                       - Un alibi?

Gustavo                      - Eh, già, un alibi. A poco a poco ci si domanda: «Che fai? che fai? Gli altri cammi­nano, e tu? ». E allora così, con l'immaginazione... E poi ci sono delle parole... delle parole... che ci dissero un giorno... e che si sono piantate qua... ("batte la fronte)... parole... (Come le dicesse qualcuno ormai lontano) « Tu sei ieri, noi siamo oggi: dacci la mano che andiamo avanti insieme! Dacci la mano!... ». Non si volle e si è rimasti qui... si è rimasti soli. E si dice: «Perché? perché non l'hai fatto? Perché non sei andato con loro? ». E si vorrebbe, ma è tardi. E allora si sporca di gesso la casa... la mamma grida... Ci si illude... ci si il­lude... di camminare. E, intanto, la voce sempre più lontana: « Papà, dacci la mano, che andiamo avanti insieme! ...Papà?...». Si vorrebbe, si vor­rebbe... ma pare ci si vergogni... si vorrebbe dire: «Figlioli... figlioli... Vittorio?... la vuoi ancora la mia mano? ». (Tende la mano timidamente al fi­gliolo).

Vittorio                       - (profondamente commosso gliela af­ferra) Papà!...

Gustavo                      - (stringendolo a sé) Tutto quello che vuoi, ragazzo mio! (Gli altri insieme avanzando mormorano parole di sollievo, di riconoscenza, affetto: «Papà... papà... »).

Anna                           - Gustavo...

Palmira                        - (nello stesso tempo andando verso i due a braccia aperte) E da questa vecchia zia non volete niente?

Gustavo                      - (fra il contento di tutti) Ma già! anche dalla zia!

FINE