CORTO CIRCUITO
Monologo
di ALDO NICOLAJ
PERSONAGGI
DIOMIRA
Commedia formattata da
DIOMIRA
(La scena: un terrazzino di una casa in centro, all'ultimo piano. Vasi di fiori, gerani, edera, ecc. Una poltroncina in ferro battuto è accanto a un tavolinetto, sopra il quale si vedono bicchieri, una bottiglia, una scatola di dolci, qualche rivista. Verso il proscenio, una ringhiera in ferro battuto, dipinta di bianco. Diomira è sui cinquant'anni, vestita con una vestaglietta a fiori, seduta in poltrona, sta sfogliando dei giornali. Con un piccolo scatto interrompe la lettura e si toglie gli occhiali) Basta! Non si possono più leggere i giornali. Con queste notizie, altro che mal di cuore… E poi ci si stupisce della quantità d'infarti. Per forza, una persona un poco emotiva… non regge. Basta dare uno sguardo ai titoli… (si rimette gli occhiali e legge qualche titolo) «Sgozza la madre» «Accoltella la fidanzata»… «Vegliarda arsa viva»… «Disastro aereo»… «Macchina che si ribalta»… «Cinque morti in uno scontro»… «Camion contro un treno»… (si toglie gli occhiali e posa il giornale disgustata) Cos'è diventato il mondo! Ho ragione a non uscire più di casa. Meglio, meglio starsene qui, in terrazza, a curare i fiori… La città la vedo di quassù e mi basta. Questi palazzoni moderni saranno antiestetici, ma, in quanto a comodità, non lasciano a desiderare. Vivere all'ultimo piano, è un paradiso. E la vista che si gode… Tetti, cupole, grondaie, campanili e… lontano, lontano… le montagne. Perché uscire? Non metto più il naso fuori dalla porta. Eh, ci voleva… Con tutte le emozioni che ho avuto nel corso della mia vita… Il mondo d'oggi è troppo congestionato. E, poi, io sono troppo sensibile… troppo emotiva… Basta un niente a turbarmi. Col cuore che ho devo stare attenta a ogni emozione. Ho la mia poltrona, i miei fiori, le mie comodità… Se ho voglia di fare quattro chiacchiere, invito un'amica… Quando mi va di sentire musica, accendo il transistor… E se mi annoio, vengo sul terrazzo e guardo i gatti sui tetti, le rondini nel cielo… E quando mi viene la tentazione di uscire… (si avvicina al/a ringhiera e guarda giù)… un'ansia ricaccia subito ogni tentazione… Cos'è diventato il traffico… E quelle macchinette che sembrano strani insetti, che corrono, corrono… corrono… Per forza gli incidenti sono all'ordine del giorno. Chiamale macchine! Quelle sono bare! Bare di latta! (si ferma davanti a una piantina di gerani) Questa pianta cresce bene. Quando l'ho piantata stentava a prendere… Ma l'ho curata con tanto amore ed ora guarda che bei fiori… così accesi… (ne stacca uno e lo guarda. Inavvertitamente il suo sguardo si sposta in basso. Ha un sussulto) E lei cosa fa?… Ripara i fili?… A quest'altezza?… Capisco, c'è stato un corto circuito… Ma non ha paura di cadere nel vuoto? Si è un mestiere pericoloso. Se cade, si sfracella… Basta… uno stordimento… un capogiro… e non si ha nemmeno il tempo di dire «Ah!»… Fa le corna?… Sì, sì le faccia pure, ma lavorare in queste condizioni, se lo lasci dire, è una bella imprudenza… Non ha nemmeno la cintura di sicurezza… Non ne ha bisogno?… La cintura di sicurezza, bisogna mettersela… L'impresa elettrica non dovrebbe esporre in questo modo la vita dei suoi dipendenti… No, no… mi lasci dire… Sono degli incoscienti!… Almeno è assicurato? Meno male. (con un grido) Stia attento!… Non mi faccia stare in apprensione a questo modo… Ecco, bravo… E non rida, andiamo… (fa qualche passo per il terrazzo, poi rivolgendosi ancora all'invisibile elettricista) Ha famiglia?… Scapolo? Un giovanottone come lei chissà quante donne… le stupidine si lasciano incantare da un bel ragazzo dalla parlantina facile… Con le donne lei dev'essere uno di quei mascalzoni… (si mette a ridere, poi improvvisamente seria ed apprensiva) Stia attento, non si distragga… Non faccia lo spiritoso, le pare questo il momento per accendersi una sigaretta? Fumerà dopo, quando torna giù… Come? Ne avrà per più di un'ora?… Per un corto circuito?… Più di un'ora aggrappato al cornicione?… Ma possibile che non ci sia un altro sistema per riparare i fili della luce? E non rida, per favore. Mi fa stare con un patema d'animo… Cerchi di sbrigarsi, piuttosto. (torna a sedere sulla poltroncina e si fa aria col ventaglio. Brontolando) La solita strafottenza dei maschi. Come provassero chissà che gusto a sfidare il pericolo. Si sentono eroi. Tutti uguali! (sceglie con cura un dolce e se lo porta alla bocca, senza però mai perdere d'occhio l'elettricista. Rivolgendosi a lui) A me queste cose mettono un'ansia… Sono un'emotiva, capisce? Penso sempre che possa succedere una disgrazia. (sceglie un altro dolce e assaporandolo golosa) Come mai, lei, con tanti mestieri che ci sono al mondo si è scelto questo? Perché è un incosciente, uno spericolato… Ma col tempo se ne accorgerà, posto che le vada sempre bene. Perché, se Dio non volesse, precipitasse… (prende un altro dolce) Dica un po', ha scelto questo mestiere per far colpo sulle donne?… Racconta che se ne sta tutto il giorno sospeso nel vuoto, come un uccello… (sorride, ma subito impressionata) Possibile che un corto circuito abbia procurato tutto quel guaio?… Un guasto serio, se per ripararlo ci vuole un'ora… Ecco che mi riprende l'ansia… Ho un bel mangiare dolci energetici, come mi consiglia il medico… (all'elettricista, con una certa violenza)… finché lei se ne sta lì, l'ansia non mi passa. Su… su giovanotto, non perda tempo, si sbrighi… E la smetta di ridere… Un po' di tatto, per chi sta in pena per lei. (continua a farsi vento col ventaglio sempre più nervosamente) Maschi! Come se a voi tutto fosse permesso. Come il mio povero Umberto… Morto, morto… sono vedova… Anche lui faceva tutto di testa sua, i miei consigli, non li sentiva. Egoista, come tutti gli uomini. Io gli dicevo: piantala, cerca di star tranquillo… Parlare al vento. Tanto ha fatto che, alla sua età s'è preso il brevetto di volo e tutti i giorni… a scorrazzare per il cielo… (con un urlo) Attento a quelle pinze. Se le cadono di mano possono ammazzare qualcuno che passa… Non sia, permaloso… lo dicevo per il suo bene… A mia cognata, è successo. Un vaso di gerani.… Stava togliendo le foglie secche, quando ad un tratto… patapum! Sulla testa di una signora che andava a far la spesa. Morta sul colpo… Bisogna stare attenti. Lei ha i nervi saldi?… Perché quando si fa un mestiere come il suo… A che punto siamo?… Come? Mio marito?… Domandavo a lei a che punto sta. (ride) Fortunato lei che è sempre allegro… A me il buon umore è passato da un pezzo… Sono stata troppo in pena per mio marito… Io a casa sempre col cuore in ansia… a tremare ogni volta che suonava il telefono, con l'incubo che fosse successo quello che temevo… Umberto se ne infischiava. «Mi sento come un giovanotto -diceva - Libero!». Io, invece, avevo come un presentimento… Non vivevo più… Lo vedevo tutte le mattine uscirsene di casa, fischiettando, felice di andare a volare… Voleva portare anche me sull'apparecchio. E insisteva. Un aeroplanino, con un solo motore… Non ho mai voluto… Preferivo starmene a casa a macerarmi… Il giorno in cui l'apparecchio è precipitato, ho provato un sincero dolore per la morte del mio povero Umberto, ma mi sono anche sentita sollevata. Le mie ansie erano terminate, grazie a Dio, riprendevo a vivere. E siccome il mio povero Umberto m'ha lasciato benino, mi sono comprata questo attico e mi sono sistemata qui, dove vivo serena, senza scosse. Doveva proprio capitare lei a scombussolarmi tutta, oggi… (fa un giretto per il terrazzo, poi) Allora?… Se la prende calma, eh?… Di dov'è lei?… Ah, capisco… Ma mi faccia il piacere, quel guasto si sarebbe potuto riparare in quattro e quattr'otto… Siete voi, operai, che fate sempre le cose difficili… Su, su lavori, invece di chiacchierare… Non vedo l'ora che se ne vada… Come, come? Ho solo da non guardarla?… So che è lì, sospeso nel vuoto e l'abbandono al suo destino?… Che vuole che le dica, sono fatta così.… Troppo buon cuore. (riprende a guardare i suoi vasi) Cosa ne dice di mettere dei rampicanti? Ma guardi un po': ci sono le formiche. Da dove spuntano? Bestiacce! Domani metto dell'insetticida dappertutto. Non voglio mica che mi rovinino le piante… Ci mancherebbe. (torna a guardare in su) Giovanotto… Giovanotto… Scusi, quanti metri saranno di lì alla strada?… No, così, ad occhio… Trentacinque? Una bella altezza. E lei si sente così tranquillo?… Già, m'ha detto che ha i nervi a posto. (ad un tratto non lo vede più e spaventata comincia a urlare) Giovanotto… Giovanotto… dove si è cacciato?… (finalmente lo scorge e più tranquilla) Non mi faccia scherzi. Sono ammalata di cuore. S'è nascosto dietro il cornicione per spaventarmi… Nossignore, queste cose non mi divertono affatto. Mi sono presa uno spavento… Credevo che fosse precipitato. E la smetta di ridere. Non vede in che stato sono? Tremo tutta. Sia buono, non faccia imprudenze. Una vertigine fa presto a venire… A una signora, che abitava vicino a noi, nell'altra casa, un giorno scappò il cagnolino sui tetti. Il fratello della signora, un giovanotto grande e grosso, come lei, è corso per riprenderlo. Camminava piano piano, lungo un cornicione… Il cagnolino era lì, quasi a portata di mano, sul tetto del terrazzino. Lui camminava sicuro, quando ad un tratto… Mamma mia, me lo vedo ancora davanti agli occhi… è diventato bianco come un morto… Come?… No, l'abbiamo salvato per miracolo. Diceva che vedeva tutto girare, che si sentiva venir meno e che… Come dice?… Di lasciarla in pace?… E chi le dice niente?… Lavori, lavori.… Ma faccia svelto… Sto zitta, non c'è bisogno di arrabbiarsi. Però non mi venga a dire che ha i nervi a posto, se le dà fastidio anche la mia conversazione. (sta un attimo in silenzio, offesa, poi guarda timidamente in giù e caccia un urlo) Cosa fa con quel piede?… Lo fa per farmi morire di spavento?… Finirà per cadere… Si appoggi bene, con i piedi.… Mamma mia, se le viene una vertigine… Lo so, nemmeno io ne soffro, ma ci sono dei momenti… per esempio, adesso… vedo tutto girare… Guardo in giù e mi manca il fiato… la strada balla, guardi… come balla… Non è una mia impressione, balla davvero… La ringhiera si muove… tutto il palazzo sta oscillando… (sta aggrappata alla ringhiera sconvolta. Guarda dove si immagina sia ora l'elettricista) Si tenga saldo… si tenga saldo… Guardi la strada come sale… come si gonfia… Mamma mia, come si gonfia… E anche il palazzo di fronte oscilla… Guardi giù che spavento quelle macchine… la strada… la strada… (lancia un urlo e segue con lo sguardo la caduta dell'elettricista) Imbecille! S'è messo a guardare la strada proprio in questo momento. Povero ragazzo, che fine doveva fare. (va al tavolinetto e si versa qualcosa da bere) Ma se non hanno il fisico adatto, perché fare questo lavoro? Ho le gambe che mi tremano… Sono tutta sudata. (si avvicina alla ringhiera e guarda giù) Meglio non guardare. (si sentono avvicinarsi le sirene dell'autoambulanza. Guarda in giù) E ha lasciato il lavoro a metà. Così domani manderanno un altro e mi toccherà ancora stare in ansia… Che mondo! Non si finisce più. (le sirene sono ormai vicinissime. Si avvicina alla ringhiera) No, meglio non guardare. Mi fa troppa impressione… (va a sedere sulla poltroncina e continua a farsi vento nervosa) E quando gli dicevo di stare attento… rideva. Maschi! Per fortuna, era assicurato. (prende un altro dolce e se lo porta al/a bocca, mentre cala la tela)
FINE