Cose di donne

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Il Teatro degli Adriani

Il Teatro degli Adriani

presenta:

Cose di donne

di A.A.V.V.

da un’idea di A. Abis ed E. Tonon

Regia di Arcangelo Adriani

PROLOGHI

1. Donne: Diavoli senza i quali la vita sarebbe un inferno

 (R. Gervaso)

2. Mi domandate perché l’uomo non vuole sposare una ricca?

Perché non gli piace di essere per sua moglie una moglie.

La moglie deve essere sempre inferiore al marito.

E’, tra l’uomo e la donna, la sola uguaglianza possibile.

(Marziale)

3. Lasciamo le donne belle agli uomini senza immaginazione.

(M. Proust)

4. Avanti. Non esitare. Le donne, corteggiale tutte.

Fra tante, al massimo una ti si può rifiutare.

Conceda o rifiuti, la donna, le piace d’esser pregata.

(Ovidio)

5. Due giorni felici procura una donna,

Quando la si sposa e quando morta, la si porta via.

(Ipponatte)

6. Cloe, quella scellerata

sulla tomba di sette mariti

scrisse: “Opera mia è stata”.

Chi potrebbe parlare

con parole più chiare?

(Marziale)

(Ovidio)

LA BELLEZZA  (Plauto)

Eccomi qua, cocchi miei, a vostra completa disposizione.

Vi confesso che sarei uscita qua fuori in vostra compagnia già da un pezzo,

se non avessi dovuto pensare a farmi bella per voi.

Perché questa è la natura delle donne: anche quando una s’è fatta il bagno, s’è ben asciugata e massaggiata, s’è agghindata, s’è profumata “tutta”, è come se non avesse fatto niente. Specialmente una meretrice, se si trascura, suscita subito ripugnanza, molto più presto di quanto può durare a ispirare piacere quando è ben curata.

ADDIO, CRISTOFORO  (G. Gaber)

[Interno - tardo pomeriggio]

Che caldo! 

Mai sentito un caldo così soffocante. Strano, sembrava inverno fino a ieri…E ora, alle sette di sera, non si respira.

È finita. Questa volta è proprio finita. Lui ha deciso di andarsene. Non lo rivedrò più. Benissimo!

Tre anni, un amore folle…forse più lui di me. Era così innamorato…E io, devo dire, negli ultimi tempi non ne avevo neanche un gran bisogno. Non gliel’ho mai detto per non farlo soffrire. Ecco: mi ha lasciato lui. E bravo Cristoforo, ha fatto bene.

Che caldo!

Certo che anche lui… lasciarmi con questo caldo…In genere preferisco che mi lascino d’inverno. Comunque è un bene che lo facciano loro. Io non lascio mai…per principio; anzi  per vigliaccheria.    Ho paura. Gli uomini possono fare di tutto. Una volta ho detto a uno: “Ti lascio”. PUM! Svenuto. Tutta la gente intorno: È lei, è lei…un’assassina!” Aceto, sali…Rinviene. “Andiamo a casa, amore…per carità, come non detto.” Non sono contenti gli uomini quando non li ami più. Da allora io…zitta. E lui: “Ma tu non mi ami?!” “Si che ti amo, per dio!”

Tutti cosi gli uomini, tutti uguali. Cristoforo, no. Non sviene. S’ammazza…voglio dire…non ora…ora torna da sua moglie, tranquillo. È la prima volta che mi lasciano per la moglie. E la sensazione non è bella. Che ci farà con la moglie?!…

Che caldo!

E pensare che voleva fare un figlio…con me. E io no.

Ecco cosa ci avevo io con Cristoforo: un’attrazione fisica fortissima, mai provata. Bastava che ci si sfiorasse, e lui: TUM!…subito. Che riflessi! Ma l’amavo davvero…non è che non l’amassi. Non avevo voglia di fare progetti e basta. È per questo che mi ha lasciata.

Questo voleva Cristoforo.

  Cristo, che caldo!

Me lo poteva anche dire subito: o il figlio o niente. Ma possibile che tutti vogliano un figlio da me!.. E chi sono? Una gatta?!…È vero, è vero, la colpa è mia, lo so…E non mi prendo responsabilità…bene!.. Sono egoista…bene!.. Vivo al momento…bene!.., ho paura d’invischiarmi… bene!.. Si, si, lo so…Vigliaccheria, vigliaccheria. Ma santo Dio, lo si faceva cosi bene…che c’entrano i figli?!

Che caldo!

Dunque: tre mesi fa stavo per lasciarlo io…per l’australiano. E lui: un dolore!.. Il Leopardi sembrava…Esagerato!

Ora è lui che mi lascia. E diciamo la verità: un po’ mi dispiace. Si, un po’. È un dolorino. Un piccolo fastidio…un dolorino…Certo che se l’avessi lasciato io ai tempi dell’australiano..!

No, il fatto è che mi lascia cosi…improvvisamente…dopo tre anni…alla stazione…due parole: addio. Non è possibile che non mi pensi. Perché non mi chiama?.. Ma si, cosa ci vuole…una telefonata…Che scema! Non ci sono mica i telefoni in treno…Eppure sono sicura che se lui volesse…certo…si potrebbe fermare a Genova…cambiare treno, tornare indietro…Noleggiare cavalli, aeroplani, biciclette…Raggiungermi…Vederlo arrivare qui col cuore in gola…Per amore si fa questo e altro. Io lo farei. Io quando voglio bene, mi arrampico sui vetri…faccio di tutto, io!

Sto esagerando. È una storia finita e basta. Non è la prima. E poi non è mica una tragedia. Dopo un po’ passa. Non è mica morto nessuno…Lui mi lascia…e io mi ammazzo!

No, perché una magari pensa. Lo riconquisto. Fai un sacco di discorsi, di quelli che fanno colpo…Ma cosa parlo a fare, cretina!.. Tanto non si rimonta…non si rimonta mai con le parole. Col suicidio…ecco, col suicidio si rimonta: tie’! beccati questa. Così impari. Non lo sapevi tu chi ero io? Ecco, ora lo sai: un cadavere.

Ma guarda se questo mi doveva ridurre così! Non si sta mai tranquilli. Avevo appena finito di pagare la casa. Mi lascia…E poi chi è quella deficiente che dice che è un dolorino?!.. Ma quale dolorino…Soffro come una bestia. Ma lui lo saprà cos’è il mio dolore? No, perché magari non lo sa. Allora: PUM! Perché il mio è più grosso del tuo. Io ti butto addosso tanto di quel dolore che il Leopardi diventa un allegrone. Glielo ridicolizzo il poeta!! Ma poi chi se ne frega dei poeti…Torna dalla moglie, lui…E magari fanno anche l’amore, questi viziosi…

con quel suo corpo da maschio, da animale…le sue mani sul mio corpo…Cristoforo…amore mio…

Via, via…Basta!.. É finita! È finita!

Ma cosa vuoi che me ne importi di quello schifoso che va perfino a letto con sua moglie!

Che caldo!!….

UOMO UOMINI (C. Cederna)

Un vero uomo

Un pezzo d’uomo

E’ un uomo che sa il fatto suo

Uomo fatto

homo sapiens

homo faber

homo homini lupus

Mica per niente è un uomo

Un uomo con la U maiuscola

Uomo di casa

E’ un uomo completo

Uomo per modo di dire

E’ un uomo di pezza

Articoli per uomini

E’ lei l’uomo di casa

Un uomo come si deve

Uomo di fatica

Uomo di tutto riposo

Cosa vuol farci? Evidentemente è il suo uomo

I signori uomini sono pregati di aspettare il loro turno

Su comportati da uomo

Gli uomini, credi a me, vogliono tutti una cosa sola

Dai, queste cose potresti farle tu! Non sono cose da uomo

Gli uomini, lasciamo perdere!

L’uomo è cacciatore

Gli uomini, che mascalzoni!

Gli uomini, stringi stringi, son dei gran ragazzoni.

Quando un uomo è pettegolo è peggio della più pettegola delle donne

Credi a me che gli uomini li conosco

Lei, quell’uomo lo ha rovinato

Non mi dirai che un uomo deve uscire così

Ma cosa sei un uomo o cosa?

Tra uomini

Io con gli uomini mi trovo meglio

Il primo uomo lo conobbi a quindici anni

Un uomo non fa mica tante storie

Gli uomini vanno subito al sodo

Tutto un gran parlare d’uomini

Le donne si vestono, cosa credi tu? Per gli uomini

E sai di cosa parlano le donne tra di loro? Ma di uomini naturalmente

E’ un uomo impresentabile

Di D’Annunzio preferisci l’uomo o il poeta?

Ha incontrato l’uomo dei suoi sogni

Non era l’uomo per lei

Io di mio figlio voglio fare un uomo

Un uomo con i piedi per terra

Va a capire cosa hanno in testa gli uomini

Gli uomini sono come libri aperti

E’ il mio uomo di fiducia

Era già uomo a dieci anni

Per uomini soli

Sai cos’è? E’ un uomo che ci sa fare

Un uomo tutto attenzioni

Un bell’uomo brizzolato

Un gran bell’uomo, certe spalle

Non è un uomo, è una statua greca!

Non è l’uomo per te

L’uomo invecchia più tardi della donna

Gli uomini non bisogna star lì a pregarli

E’ un uomo che per lui due e due fan quattro

L’uomo deriva dalla scimmia

Un uomo i paglia

Homo longus rare sapiens

Homme à femmes

Uomo di governo

Uomo di lettere

L’uomo della strada

Tu uccidi un uomo morto

L’uomo propone, Dio dispone

Da uomo a uomo

L’uomo del momento

Uomini siate e non pecore pazze

Un grand’uomo

Uomini fummo e or siam fatti sterpi

La moda uomo

C’è un uomo in casa.

PAOLO E FRANCESCA

(Dante, Inferno, canto V, vv. 97 - 142)

“Siede la terra dove nata fui

Su la marina dove ‘l Po discende

Per aver pace co’ seguaci sui.

Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende,

Prese costui della bella persona

Che mi fu tolta; e ‘l modo ancor m’offende.

Amor ch’a nullo amato amar perdona,

Mi prese del costui piacer si forte,

Che, come vedi, ancor non m’abbandona.

Amor condusse noi ad una morte:

Caina attende chi a vita ci spense.”

Queste parole da lor ci fur porte.

Quand’io intesi quell’anime offense,

China’ il viso, e tanto il tenni basso,

Fin che ‘l poeta mi disse: “Che pense?”

Quando rispuosi, cominciai: “Oh lasso,

Quanti dolci pensier, quanto disio

Menò costoro al doloroso passo!”

Poi mi rivolsi a loro e parla’ io,

E cominciai: “Francesca, i tuoi martiri

A lacrimar mi fanno tristo e pio.

Ma dimmi: al tempo de’ dolci sospiri,

A che e come concedette amore

Che conosceste i dubbiosi disiri?”

E quella a me: “Nessun maggior dolore

Che ricordarsi del tempo felice

Nella miseria; e ciò sa ‘l tuo dottore.

Ma s’a conoscer la prima radice

Del nostro amor tu hai cotanto affetto,

Dirò come colui che piange e dice.

Noi leggiavamo un giorno per diletto

Di Lancialotto come amor lo strinse:

Soli eravamo e senza alcun sospetto.

Per più fiato li occhi ci sospinse

Quella lettura, e scolorocci il viso;

Ma solo un punto fu quel che ci vinse.

Quando leggemmo il disiato riso

Esser baciato da cotanto amante,

Questi, che mai da me non fia diviso,

La bocca mi baciò tutto tremante.

Galeotto fu il libro e chi lo scrisse:

Quel giorno più non vi leggemmo avante.”

Mentre che l’uno spirto questo disse,

L’altro piangea, si che di pietade

Io venni men così com’io morisse;

E caddi come corpo morto cade.

[S’i’ fosse foco...]  (C. Angioleri)

S’i’fosse foco, ardere’ il mondo;

s’i’ fosse vento, lo tempestarei;

s’i’ fosse acqua, i’ l’annegherei;

s’i’ fosse Dio, mandereil’ en profondo;

S’i’ fosse papa, sarei allor giocondo,

ché tutti cristiani embrigarei;

s’i’ fosse ‘mperator, sa’ che farei?

a tutti mozzarei lo capo a tondo.

S’i’ fosse morte, andarei da mio padre;

s’i’ fosse vita, fuggirei da lui:

similemente faria da mi’ madre.

S’i’ fosse Cecco, com’i’ sono e fui,

torrei le donne giovani e leggiadre:

le vecchie e laide lasserei altrui.

[Nuda in piedi,le mani dietro il dorso...]  (U. Saba)

Nuda in piedi, le mani dietro il dorso,

come se in lacci strette

tu gliele avessi. Erette

le mammelle, che ben possono al morso

come ai baci allettar. Salda fanciulla

cui fascia l’amorosa

zona selvetta ombrosa,

vago pudore di natura. Nulla,

altro ha nulla. Due ancora tondeggianti

poma con grazia unite

pare chiamino il mite

castigo della fanciullezza. Oh, quanti

vorrebbero per sé ai miei occhi il lampo

del piacere promesso,

che paradiso è spesso,

e più spesso è l’inferno senza scampo!

LE GOLOSE  (G. Gozzano)

Io sono innamorato di tutte le signore

che mangiano le paste nelle confetterie.

Signore e signorine -

le dita senza guanto -

scelgon la pasta. Quanto

ritornano bambine!

Perché niun le veda,

volgon le spalle, in fretta,

sollevan la veletta,

divorano la preda.

C’è quella che s’informa

pensosa della scelta;

quella che toglie svelta,

né cura tinta o forma.

L’una, pur mentre inghiotte,

già pensa al dopo, al poi;

e domina i vassoi

con le pupille ghiotte.

Un’altra - il dolce crebbe -

muove le disperate

bianchissime al giulebbe

dita confetturate!

Un’altra, con bell’arte,

sugge la punta estrema:

invano! ché la crema

esce dall’altra parte!

L’una, senz’abbadare

a giovine che adocchi,

divora in pace. Gli occhi

altra solleva, e pare

sugga, in supremo annunzio,

non crema e cioccolatte,

ma superliquefatte

parole del D’Annunzio.

Fra quegli aromi acuti,

strani, commisti troppo

di cedro, di sciroppo,

di creme, di velluti,

di essenze parigine,

di mammole, di chiome:

oh! le signore come

ritornano bambine!

Perché non m’è concesso -

o legge inopportuna! -

il farmivi da presso,

baciarvi ad una ad una,

o belle bocche intatte

di giovani signore,

baciarvi nel sapore

di crema e cioccolatte?

Io sono innamorato di tutte le signore

che mangiano le paste nelle confetterie.

[Se ora tu bussassi...]  (P. Cavalli)

Se ora tu bussassi alla mia porta

e ti togliessi gli occhiali

e io togliessi i miei che sono uguali

e poi tu entrassi dentro la mia bocca

senza temere baci disuguali

e mi dicessi “Amore mio”

- Ma che è successo? -

Sarebbe un pezzo

di teatro di successo.

IL MESTIERE

(Plauto "Truculento")

ASTAFIO I

Oh, finalmente! Sono sola: ora posso esprimere in tutta tranquillità quello che mi pare.

Se vuoi fare la prostituta, come me, devi rassomigliare ad un cespuglio spinoso: appena tocchi un uomo infatti, devi pungerlo e procurargli una ferita…(si avvicina Astafio II)

ASTAFIO II

Se un uomo non dà niente, rispediscilo subito a casa come un disertore dal servizio militare, perché un vero amante è sempre nemico del suo patrimonio…

ASTAFIO I

Se lui ha in tasca qualcosa, lo spenda pure per fare l'amore; ma se ha finito i soldi…

ASTAFIO II

…si cerchi pure un'altra occupazione.

ASTAFIO I

In poche parole, se non hai più niente, devi avere la compiacenza di lasciare il posto a chi ne ha...

ASTAFIO II

…e se uno che ha già dato non ritorna per dare, beh allora…

ASTAFIO I

..è un uomo che non ha capito niente dell'amore.

SCEGLIERE UNA MOGLIE

Giovenale  "Satire" (6, 161 sgg.)

Fra queste mandrie di donne te ne pare degna qualcuna?

Sia pure bella, educata, ricca, feconda,

sia pure più intatta di qualunque Sabina…

una così perfetta, chi la sopporta per moglie?

PRIMA COLAZIONE  

(J. Prevert)

Lui ha messo

Il caffè nella tazza

Lui ha messo

Il latte nel caffè

Lui ha messo

Lo zucchero nel caffellatte

Ha girato

Il cucchiaino

Ha bevuto il caffellatte

Ha posato la tazza

Senza parlarmi

S’è acceso

Una sigaretta

Ha fatto

Dei cerchi di fumo

Ha messo la cenere

Nel portacenere

Senza parlarmi

Senza guardami

S’è alzato

S’è messo

Sulla testa il cappello

S’è messo

L’impermeabile

Perché pioveva

E se n’è andato

Sotto la pioggia

Senza parlare

Senza guardarmi

E io ho preso

La mia testa fra le mani

E ho pianto.

L’AMANTE IDEALE 

(Ausonio)

Vorrei avere un’amica facile ai litigi, anche senza motivo,  e che non parli come se fosse casta; bella, procace, lesta di mano, che pigli busse e le restituisca e, percossa, si rifugi nei baci.

Se non avesse questo carattere, infatti, se fosse casta, modesta, pudica, sarebbe - lo dico con orrore - una moglie. 

ANNA

(Cinque atti unici per sola donna) Arnold Wesker

Ma cosa ci sarà mai in te?

Che cosa ci trova in te? Il busto non è quello che va con le gambe. Meglio tornare al negozio e fargli correggere l'errore, hanno fatto un gran pasticcio.

Ma cosa ci sarà mai in te, Anna? Non può essere il tuo corpo perché è … beh, è un po' strano, vero? Non può essere il tuo reggicalze rosso perché non l'ha ancora visto! (Pausa.)

Ma cosa ci sarà mai in te, Anna? Credi che questa sia una faccia? Il culmine, il compendio della bellezza femminile? Ma guardati il naso! Preso a prestito all'ultimo momento da un greco della mitologia.

Clitemnasuta!!  E la bocca!  È così piena di denti che le labbra sono quasi sparite. Ma guarda che denti! Bè, non c'è altro da guardare qui? E quel mento! Quale mento? Io non vedo nessun mento. (Rivolta la sua immagine riflessa nello specchio) Tu lo vedi un mento? Vedo un collo, vedo una faccia, ma è tutta la stessa cosa. E quegli occhi! Quegli occhi eternamente imploranti! Non so proprio di niente, ma forse non saper di niente può anche andar bene, vero? E tuttavia (guardandosi di profilo) c'è qui una specie di bellezza inventata casualmente. Una sorta di splendore d'azzardo. Un tipo di piacevolezza mostruosa. (Breve pausa.) E poi, non c'è niente che un po' di matita nera non possa aggiustare.

Incomincia a truccarsi. Stiamo assistendo ad una stupefacente trasformazione.

Dice che non può sopportare le donne che si truccano. (Breve pausa.)  'Ffà 'n culo. Anna, sei volgare. E sei perversa. Se ti avesse detto che gli piacevano le donne truccate, ci saresti andata senza trucco, non è vero? (Imitandolo) ''Voglio dire che non ho niente contro la quantità di trucco che hai su ora, ma è l'eccesso…."

(Breve pausa) E non ero truccata per niente quel giorno. Anna, Anna, Anna!  Le donne anziane non possono indossare le gonne troppo corte e quelle istruite non si devono vestire da marciapiede. (Pausa.)

Si concentra sul trucco e questo non è uno spettacolo degno di essere osservato. Dopo un po'…

Ecco che ne dici.…  che ne diresti di fare una bella lista di tutte le cose che non ti piacciono in lui? Così quando lo incontri sarà una piacevole sorpresa.

1.Parla a voce troppo alta. Come se gli interessasse di più fare una buona impressione sulla gente intorno piuttosto che sulla donna formidabile che è davanti a lui; e questo lo trovo estremamente offensivo e anche imbarazzante. (Pausa.)

2.Le frasi le costruisce come in un brutto romanzo gotico. Troppo lunghe! Sono convinta che fa delle citazioni da libri chwe non ha mai letto o che non esistono nemmeno.

3.Mangia troppo in fretta. E in modo rumoroso. E senza apprezzare veramente niente. E insiste su ogni piatto: ''Potrei suggerirti un poussin à la grecque, che è un  piatto poco conosciuto; insisto che tu lo assaggi, e ti garantisco che sarà una cosa che le tue papille gustative non si sarebbero mai sognate….. quelle papille che dopo questo piatto si riterranno offese nella loro sensibilità da qualunque altro cibo grossolano. Un poussin à la grecque, cameriere, che la signorina vorrebbe accompagnato da spinaci alla crema e patate sautées… fidati di me! ''  C'étatit déguelasse! I greci se ne fregano dei poussins de merde. Ristoranti come quello sono fatti a posta per i merli come lui. (Pausa).

4.E poi balla come un manico di scopa.

5.E non gli piace Barbra Streisand.

6.E Cristo santo, non mi fa mai ridere!

Perché mi sto preparando per questo appuntamento? (Con un tono sempre più trionfante). Perché questo è il tuo primo appuntamento da quando ti sei laureata, la tua cultura risplende come un diamante, e sei riuscita a spezzare la stretta mortale di quei geni ereditari, vecchi di secoli, che ti costringevano a un inettitudine radicata e a un tono di voce supplichevole. Perché hai dei muscoli sconosciuti che rimangono ancora da flettere, ed un mucchio di umiliazioni di cui intendi vendicarti e perché, per diventare più affilati, i tuoi denti hanno proprio bisogno di una bella taglia e della sua consistenza.

(Afferra il vestito e lo tiene davanti a sé mentre ne studio l'effetto allo specchio.) Di lui hanno proprio i tuoi denti! Di lui hanno bisogno! Di lui!

Se ne sta danti allo specchio. È bellissima.

Ma cosa ci sarà mai in te, Anna?

ORFEO ed EURIDÌCE

(Virgilio, Georgiche IV, vv. 485-527)

Egià Orfeo tornava, vinto ogni pericolo,

ed Euridice veniva verso la luce del cielo

seguendolo alle spalle (così impose Proserpina),

quando una follia improvvisa lo travolse,

da perdonare, certo, se i Mani sapessero perdonare.

Orfeo già presso la luce, vinto d'amore,

la sua Euridice si voltò a guardare.

Così fu rotta la legge del duro tiranno,

e tre volte un fragore s'udì per le paludi d'Averno.

''Quale follia'' ella disse, ''rovinò me infelice,

e te, Orfeo? Il fato avverso mi richiama indietro,

e il sonno della morte mi chiude gli occhi confusi.

E ora, addio: sono trascinata dentro profonda notte,

e non più tua, tendo a te le mani inerti''.

Disse; e d'improvviso svanì come fumo nell'aria

Leggera, e non vide più lui che molte cose

Voleva dirle e che invano abbracciava le ombre;

ma chi traghetta le acque dell'Orco

non gli permise più di passare di là della palude.

Che poteva egli fare? Dove andare ora che la sposa

Gli veniva tolta ancora con violenza? Con quale

Pianto impietosire i Mani, con quale canto i numi?

Ormai fredda, navigava nella barca dello Stige.

Dicono che Orfeo pianse, per sette mesi, senza quiete,

sotto un'alta rupe in riva al deserto Strimòne,

e che narrò le sue pene dentro gelidi antri,

facendo mansuete le tigri,

e traendosi dietro le querce col canto.

Così dolente usignolo tra le foglie di un pioppo

lamenta i figli perduti, che crudele aratore

tolse dal nido, ancora senza piume; e piange

più la notte, e ripete da un ramo il canto desolato,

e le valli riempie di melanconici richiami.

Nessun amore, nessuna lusinga di nozze,

persuase l'animo di Orfeo. E andò per i ghiacci borelai,

per il Tànai nevoso e le terre dei Rifei

sempre coperte di gelo, lamentando Euridice

e l'inutile dono di Dite. E le donne dei Ciconi,

sdegnate per l'amore respinto,

nelle orge notturne, durante i riti di Bacco,

dispersero per i campi le sue membra dilaniate.

Anche quandi il capo staccato dal candido collo,

l'Ebro Eagrio portava travolgendolo nei gorghi,

la voce e la lingua ormai gelida: ''Euridice'',

chiamava mentre l'anima fuggiva: ''O misera Euridice'',

''Euridice'', ripetevano le rive lungo il fiume''.

(trad. di S. Quasimodo)