Curriculum vitae

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CURRICULUM VITAE

commedia di

Renato Gabrielli


Persone

Dottoressa Molteni
Signora Piera

Servitori

Un inserviente HT

Voci

Voce off del prologo
Voce off della dottoressa Molteni
Voce off di Lou Piranesi


Ogni riferimento a cose o persone realmente esistenti è fatto a caso.


Prologo

VOCE OFF - Prologo della commedia. Nel silenzio universale di tempo e spazio senza tanti complimenti appare la Commedia. Proclama: “Io sono come la Vita.”. Risatine, colpi di tosse, brusio nella grande sala. Nessuno crede alla Commedia. L’Uomo, seduto in quarta fila, già si annoia prima dell’inizio. Gli è rimasta la cena sullo stomaco. Che commedia sfacciata – pensa. “Tutta questione di soldi. – insiste la Commedia – Io, la Vita, la morte, l’amour: tutto dipende dai soldi.” E si volta con un gesto enorme e repentino, svelando all’Uomo impietrito l’insostenibile oscenità del suo didietro. L’Uomo può solo voler fuggire da quella visione orrenda. A CASA, pensa l’Uomo, A CASA, e col respiro mozzo, cautamente, si alza dalla sua poltrona, e lentamente, cautamente, guadagna il corridoio tra le file: A CASA, A CASA, il cuore gli batte forte – adesso l’Uomo corre, attraversa a ritroso la platea, il foyer, spalanca a forza il portone del teatro, ma neppure compie un solo passo fuori che è già scomparso, dilaniato dal vuoto tra le stelle.

1.

(Due donne,con un cappio in mezzo. Piera si avvicina al cappio; la dottoressa la guarda.)

DOTT. MOLTENI - Premetto una cosa, tanto per capirci. Io amo la vita, perfino quella degli altri. Io amo il mio lavoro. Con entusiasmo. Io lavoro con l’entusiasmo. Lo trasmetto, lo propago col contatto. Con-tatto. The human touch, appunto. Però, c’è un però. Malgrado la mia preparazione psicologica. Colpa forse di una colazione pesante, non so. Sono stanca, insomma, chissà. Certo che quando l’ho vista, quella donna, quando l’ho vista... Ho pensato: no. No. No. No.

PIERA - Sì. (Afferra il cappio.) Mamma.

DOTT. MOLTENI - Mai che dicano altro:...

PIERA - Mamma.

DOTT. MOLTENI - Segue dedica alla mamma.

PIERA - Questo mio gesto... Quando tu forse, anzi sicuramente, ti chiederai i motivi di questo mio gesto... Ma no, tanto non serve... Lasciamo stare. (Pausa.) Volevo solo dirti che non è colpa tua se la vita fa schifo. Non è nemmeno colpa tua se tu fai schifo. Quindi, tutto a posto e perdona questo mio gesto. (Pausa.) Ma no, tanto lo so che non mi perdoni, perché anch’io faccio schifo, ma non è colpa mia. Quindi... Ma no, lasciamo stare. Ritiro quel che ho detto. (Infila la testa nel cappio. Esita.) Be’. Be’. Be’.

DOTT. MOLTENI - Allora?

PIERA e DOTT. MOLTENI - Uno... Due... Tre.

(Piera resta immobile per qualche istante. La dottoressa Molteni si volta di scatto e si avvicina rapidamente a Piera.)

DOTT. MOLTENI - Molto lieta.

PIERA - Ma... Le sembra l’ora...

DOTT. MOLTENI - Mi scuso per il ritardo. (Pausa.) Vedo che non ha perso tempo.

PIERA - (togliendosi il cappio dal collo) Be’, sa, l’ho trovato qui... Sa com’è... Se no a cosa serve... No?

DOTT. MOLTENI - Dottoressa Molteni della Human Touch.

PIERA - Io mi chiamo Piera.

DOTT. MOLTENI - Piera! Davvero...

PIERA - Nome di merda, eh?

DOTT. MOLTENI - Ma chi l’ha detto?

PIERA - Me ne posso andare?

DOTT. MOLTENI - Signora Piera...

PIERA - Mi ci ha mandato mia madre, qui. Io non volevo venirci e perché dovrei venirci, poi? Mia madre è pazza, io invece sto molto bene e ho da fare commissioni in centro. 

DOTT. MOLTENI - Signora Piera. Lei naturalmente è libera di andarsene in qualsiasi momento. È la filosofia della Human Touch: io rispetto la tua libertà, se la rispetti anche tu. Ma mi lasci dire una cosa: ne ho viste decine, nella mia carriera, ho visto centinaia di persone sfilare in questa stanza con il cappio al collo, con il cuore a pezzi, con il fegato marcio...

PIERA - Ma io sto benissimo.

DOTT. MOLTENI - Signora Piera! Io ho visto centinaia di persone sfilarsi il cappio, ascoltare il must di Lou Piranesi e ribaltare la propria vita da così a così!

(Piera medita per qualche secondo.) 

PIERA - Sì, ma chi è ‘sto Lou Piranesi?

DOTT. MOLTENI - Conosci – te – stesso.

PIERA - Conosci te stesso?

DOTT. MOLTENI - È il must di Lou Piranesi, il fondatore della Human Touch.

PIERA - Arrivederci. (Fa per uscire.)

DOTT. MOLTENI - Un momento! Dimentica il kit! (Piera si blocca.) È gratis. (Prende da quinta una valigetta e la consegna a Piera.)

PIERA - (leggendo) Conosci te stesso in tre giorni.

DOTT. MOLTENI - Non vorrà suicidarsi senza sapere chi è. Che gusto ci trova? (Piera esce.) No, pensavo. No, questa no. È negativa, troppo. No. Non ce la faccio. Tesa. Sono tesa.

VOCE OFF DELLA DOTT. MOLTENI - Sì, sei tesa.

VOCE OFF e DOTT. MOLTENI - Troppo tesa.


2.

VOCE OFF - Troppo tesa distenditi allora. Stesa adesso respira. A fondo, affonda nel tuo respiro profondo, più in fondo, respira di più, ho detto di più. (Silenzio.) Sprofonda traspira conturba ripeti. (Silenzio.) Ripeti.

DOTT. MOLTENI - Ripeti.

VOCE OFF - Una mucca mi osserva.

DOTT. MOLTENI - Mi osserva, mi osserva.

VOCE OFF - Osservo la mucca.

DOTT. MOLTENI - La mucca...

VOCE OFF - Oh mucca quanti ricordi respira. Respira ricorda ripeti, fiato nel fiato caldo, occhio nell’occhio calmo, bovinamente, bovinando, nel ritmo vegetariano di sguardi, di fiati, ruminando l’anima sui prati, ripeti: bovinerò.

DOTT. MOLTENI - Bovinerò.

(Silenzio.)

VOCE OFF - Ma chi è?

DOTT. MOLTENI - Ma chi è? (Silenzio.) Chi mi ha toccato i capelli? Nell’aria tersa, nell’aria pura che quasi mi cancella, sui capelli una carezza lieve lieve, come vento distratto ma non è vento – chi mi sfiora se non c’è mano, e quando se non c’è tempo? Da nessun tempo qualcuno si china, mormora, accarezza, bimba, bambina, dice, bimba, bambina. Goccia di sangue su neve, bambina. Neri capelli, bambina. Piccina di lacrime e corse, cuore affannato riposa. Guarda: c’è il prato – tutto è prato di sotto e poi prato. Guarda: c’è il cielo – tutto di sopra è cielo e poi cielo. E la mucca. Muuuu...cca. Muuuu...cca. Capelli baciati dal vento. Scheggia di luce mio cuore. Lacrima tersa, memoria. Papà, rispondo, la tua mano. Sarò sul tuo palmo una cosa lieve. Piano. Respira racconta carezzami piano. Luce piccina mi culli, frammento di fiaba m’assorbi, dolce canzone tu canti: “Ehi oooooh... Ehi oooooh...” 

(Rientra Piera con le braccia cariche. Guarda la dottoressa, ancora concentrata nel suo rilassamento. Depone a terra, uno per volta e nell’ordine, una spazzola per capelli, uno specchio, un pacco di fogli fittamente scritti e un nano di terracotta.)

DOTT. MOLTENI - Ehi oh, ehi oh/Andiamo a riposar/Ehi oh, ehi oh/A casa a riposar/Trallallalà trallallallà. 

PIERA - (dopo aver deposto il nano) Ecco. (Fa per andar via. Si ferma.) Naturalmente la valigetta me la tengo. Una valigetta può sempre servire.

DOTT. MOLTENI - Trallallalà trallallallà.

PIERA - E poi me l’ha detto lei che era gratis. Giusto? È giusto?

(La dottoressa interrompe la cantilena. Silenzio. Poi riprende, su un’altra melodia.)

DOTT. MOLTENI - Con pale e con picconi ogni dì veniamo qua/È il tipo di lavoro che ci dà felicità/Ed è perché/Qui sotto c’è/Di diamanti e d’or/Una grande quantità/E così/E così/Ci trovate sempre/Qui...

PIERA - (ad alta voce, sotto il naso della dottoressa) Arrivederci. (La Molteni s’interrompe e la guarda.) Il suo nanetto se lo può tenere. Vorrei sapere a cosa serve. Che razza di scherzo. Il nanetto, ma che vuol dire? Ma io l’ho detto a mia madre che non siete seri. E lo dimostra il nano. Se eravate seri, il nano non c’era. Lo vedi, ci prendono in giro, le ho detto. Ci fai sempre prendere in giro. È perché credi a tutti. Leggi il giornale e ci credi. Guardi la tele e ci credi. Vai dal droghiere e ci credi. Vai alla messa e ci credi, pazza! Ma io per dirtelo te l’avevo detto – le ho detto. Quelli non sono seri. HT risolve, tu leggi, e ci credi! Ma risolve cosa? “Problemi di lavoro. C’è scritto qua.” E siccome c’è scritto qua, tu ci credi, ah, ah, le ho detto!... “Da’ retta alla mamma, Pippi, bisogna provarle tutte, Pippi, magari serve a qualcosa, Pippi...” e sarebbe anche ora di finirla di chiamarmi Pippi!... Ecco! (Pausa. La dottoressa Molteni è sempre immobile.) Ho perso il filo. (Pausa.) Anche la spazzola se la può tenere. Non ho certo bisogno di una spazzola. Se voglio me la compro. Non mi spazzolo mica perché me lo dite voi. E viceversa. Comunque, dottoressa, me lo lasci dire, siete strani. Anche la storia del cappio mi puzza. Non era lì per caso, ce l’avete messo apposta! Cos’era, una prova? Perché? Non ci capisco niente. Non si capisce niente. Una apre la valigetta e salta fuori un nano – che vuol dire? La gente vuole chiarezza. Sennò, non paga. È chiaro? Io magari pagavo, chissà. Io magari ero una cliente, chissà. Invece salta fuori il nano e buonanotte. Non vi pago e vi saluto, e mi spiace per lei, perché lo vedo che è una tipa in gamba, sa? Lei mi piace, sa? Ho visto subito che non è come gli altri, lei, sa? (Attende una risposta. Silenzio.) Ma va’ all’inferno!

DOTT. MOLTENI - (molto lentamente) Ma che bella sorpresa. La signora Piera. Che gradita sorpresa, signora Piera, averla ancora da noi. Anche se è nervosa, oggi, la signora Piera. Io non sono nervosa, invece, signora Piera, e vuol saperne, signora, il perché?

(Silenzio.)

PIERA - No.

DOTT. MOLTENI - Perché mi sono appena rilassata con un rilassamento completo HT. Che pace. Che calma. Che danza di sorrisi nel sangue. Un giorno, quando anche lei si sarà rilassata HT, capirà il senso misterioso di queste parole: danza di sorrisi nel sangue. Capirà tante cose. Capirà di non capire capendo. L’enigma del nano, dice Lou Piranesi, è negli occhi di chi lo guarda. Un giorno anche lei capirà questa frase. (Pausa. Raccogliendo da terra lo scartafaccio) Ma che brava la signora Piera. Ha fatto i nostri test.

PIERA - Io a quella roba non ci credo. Li ho fatti per educazione. Lo so come sono, io. Sono io. Se non lo so io. Falli per educazione, mi ha detto mia madre, e io li ho fatti.

DOTT. MOLTENI - (sfogliando i test) E ha fatto bene.

PIERA - Ho perso tempo. Ma quale educazione, le ho detto, qui si perde tempo, ecco, è la solita storia, tu ci fai perdere tempo, con tutto quel che ho da fare...

DOTT. MOLTENI - Cosa, ad esempio?

(Breve silenzio.)

PIERA - Con tutto quel che ho da fare. Roba seria, insomma, ecco. Invece guarda ‘sta roba. A, b, c. Tutto a, o b, o c. Cento pagine così. Domanda 1 risposta b, domanda 2 risposta a, 3 b, 4 c, 7 b, somma le a, somma le b, somma le c, se vince a sei cosà, se vince b sei così, se vince c sei così così, non è serio, non è serio, insomma. E se invece fosse d? Dottoressa. Ci ha mai pensato? E se tutto fosse d?

DOTT. MOLTENI - Questo è un pensiero malato, signora Piera. D non esiste, e lei lo sa.

PIERA - Non siete seri.

DOTT. MOLTENI - Ah, ah.

PIERA - Che c’è?

DOTT. MOLTENI - Molto interessante.

PIERA - Cosa?

DOTT. MOLTENI - Questo disegno.

PIERA - Prendevo sette. A scuola prendevo sette. Le piace?

DOTT. MOLTENI - Interessante.

PIERA - Certo, è facile, un albero è facile, se mi davate qualcosa di più difficile lo facevo meglio, un albero è un albero, il tronco e i rami e via andare, è sempre la solita storia.

DOTT. MOLTENI - Non direi, signora Piera. Ognuno di noi disegna un albero in maniera diversa, e ci riflette quello che è.

PIERA - Davvero? E perché?

DOTT. MOLTENI - “Un uomo, un albero” ha detto Lou Piranesi, che infatti poi ha inventato questo test, il test dell’albero.

PIERA - Secondo me ‘sto Lou Piranesi non è una persona seria.

(Breve silenzio.)

DOTT. MOLTENI - Signora Piera, mi scusi. Perché ha disegnato una foglia così grande qui, in cima al ramo più alto?

PIERA - Una foglia? (La dottoressa le mostra il disegno.) Ah, ma questo è l’avvoltoio. Le piace? (Silenzio.) E questi più piccoli, sui rami secchi, li vede?

DOTT. MOLTENI - Sì.

PIERA - Corvi. C’è un’altra cosa bella. Li vede questi puntini sul tronco? Tarli. Una colonia di tarli. E rodono, rodono. E tra poco l’albero... (Soffia sul foglio.)

DOTT. MOLTENI - Indicativo, molto. Mi lasci fare due conti.

PIERA - Due conti? Ma che c’è da contare?

DOTT. MOLTENI - Lo psicopunteggio. Il suo psicopunteggio personalizzato HT. È gratis.

PIERA - No. (La dottoressa comincia a prendere appunti sui fogli dei test. Urlando) Il punteggio no! Mi dia quella roba! È mia!

DOTT. MOLTENI - Di cosa ha paura, signora Piera? (Porge a Piera lo scartafaccio.) Comunque, tenga. Tenga. Le rendo tutto. (Breve silenzio.) Che succede? Lo vuole o no?

PIERA - No. Sì. No.

DOTT. MOLTENI - (torna a prender note) Venti su venti. Una bella quota. Lei ha un’indecisione molto alta, sa? Ci ha mai fatto caso?

PIERA - Boh.

DOTT. MOLTENI - Distratta a diciotto. Su diciotto. Ahi, ahi: perplessa di tipo a.

PIERA - E cioè?

DOTT. MOLTENI - Abulica, affaticabile, afflosciata, amorfa, ansiosa, antipatica, apatica, apprensiva, asociale, assurda, astrusa, e invece poco assertiva. Anzi. Ahi, ahi: per niente assertiva. Assertiva zero su trenta.

PIERA - È grave?

DOTT. MOLTENI - Sì.

PIERA - Zero su trenta. Zero su trenta. Zero su trenta.

DOTT. MOLTENI - Mi spiace.

PIERA - Cosa vuol dire “assertiva”?

DOTT. MOLTENI - Dunque: se sottraggo all’equilibrio emozionale il logaritmo a base quattro del bioritmo fisico da settembre... Meno la media bilanciata del quadro astrale col cromotest, col cronotest, col grafotest, zero zen su zero, porto sette, ribalto l’otto, ecco. Ecco qua.

PIERA - Allora?

DOTT. MOLTENI - Lasciamo stare. (Rende i test a Piera.) 

PIERA - Allora?

DOTT. MOLTENI - Niente. Mi spiace. Niente. Nove e mezzo. Lei risulta negativa nove e mezzo. È troppo. Nemmeno un trattamento HT può aiutarla, temo.

PIERA - No?

DOTT. MOLTENI - Il novanta per cento dei negativi nove e mezzo diventano presto negativi dieci, e lei sa, vero, cosa vuol dire negativo dieci? Addio, signora Piera, e buona fortuna.

PIERA - Eh no, non finisce qui, porci schifosi, non si tratta così la gente, prima illudete la gente, poi la buttate per strada, prima tutti carini che regalate le spazzole, signora di qua, signora di là, grazie, prego, e poi ci coprite di insulti e fuori a calci in culo! Assurda a me! Ma come si permette? In galera, vi mando, ladri, in galera! Ma cosa crede, ho uno zio poliziotto, in pensione, d’accordo, ma vi spezza le gambe, vi spezzo le gambe, ladri! (Silenzio. La dottoressa si è ritirata a fondo scena, presso un microfono.) Il nanetto. Dov’è il nanetto? (Trova il nano di terracotta, lo afferra e lo solleva minacciosamente.) Io l’ammazzo, capito? L’ammazzo!...

DOTT. MOLTENI - (al microfono) Calma, mantenga la calma. Si rilassi. Respiri. Non compia gesti avventati. Lei è soltanto un po’ nervosa, signora Piera, perché non ha fatto il rilassamento HT e, mi consenta, si vede.

PIERA - È finita, maledetto gnomo!...

DOTT. MOLTENI - (al microfono) Signora Piera, abbiamo deciso di darle un’ultima chance. Adesso però respiri e posi a terra Brontolo.

PIERA - Come?

DOTT. MOLTENI - (al microfono) Anche lui ha un nome, come tutti noi. Si chiama Brontolo. Adesso, per favore, respiri profondamente e lentamente, lentamente posi a terra il nostro amico. (Piera esegue.) Signora Piera, Lou Piranesi vuole darle un’ultima chance. Vuole capire se lei è in grado di togliersi gli occhiali neri, con cui vede nero, per inforcare gli occhiali rosa, così vedrà rosa. Respiri e ripeta insieme a me: inforco gli occhiali rosa. Inforco gli occhiali rosa.

DOTT. MOLTENI e PIERA - Inforco gli occhiali rosa.

DOTT. MOLTENI - (al microfono) Bene signora, Piera. E ora, signora Piera, un piccolo esercizio: racconti a me e a tutti i nostri amici una bella giornata.



3.

PIERA - Amici, adesso vi racconto una bella giornata. Diciamo che dormo. Questo è bello. Tu dormi nel tuo letto e non c’è nessuno nel tuo letto e non c’è nessuno nel tuo sonno e tutto è nero e bello. Dormire mi viene bene, ci sono tagliata, fin da bambina è stato un successo, ma prima o poi ciò che è bello finisce, così magari comincia qualcosa di meglio, o di peggio, chissà, comunque. Per fortuna mia madre mi sveglia, se no dormirei sempre e non sarei qui a raccontarvi questa bella giornata. Un colpo di tosse, due, ciabatte e scroscio di qualcosa nel cesso, raschiare, sputare, ansimare di un vecchio corpo che amiamo: tutti noi sappiamo cosa vuol dire “mamma”. Sorrido se penso a mia mamma, sorrido mentre frugo nel suo borsellino in cerca d’avanzi di pensione e non trovo nulla, più nulla per i miei piccoli vizi. Cannoli. Meringhe. Vizietti. Peccatucci. Non sono una ladra, amici, è che è dura col mio diploma, non si lavora, non si lavora, è così da cinque anni, sì, la baby-sitter l’ho fatta, finché il bambino non cresce è bello, sì, la neve l’ho spalata, finché l’inverno regge è bello, sì, le schede le scruto, ma non si può votare sempre, sì, sono io quella che dall’altro capo del telefono vi chiede perché non fate uso del detersivo Ultra e finché non buttate giù la cornetta è bello, sì, molto. E cammino anch’io, come voi, in questa città che pulsa, che freme, che vibra, tra voi che siete questa città, neri, bianchi, gialli, uomini e donne, voi sangue felice di questa città. E penso: che ci faccio qui senza una lira, perché cammino senza una lira, perché sorrido senza una lira, perché da mezz’ora sono ferma senza una lira davanti a questo negozio, La Boutique del Cannolo, ed è chiaro che i cannoli non sono per me, Nonsolomeringa, e so bene che altri leccheranno quella panna? No, Piera, no, penso. Datti una mossa, decido, e mi muovo, occhiali rosa, occhiali rosa, penso. Fermata rosa. Anche l’autobus è rosa. Gente rosa, molta gente rosa. Sim-pa-ti-ci, penso. Vi amo tutti e ciascuno, neri, bianchi, gialli, uomini e donne, giovani e vecchi, invalidi, ah sì voi soprattutto invalidi e donne incinte, farvi sedere è rosa, e voi sfortunati della società che dovete rinunciare anche al sapone, di rosa, di rosa è il vostro odore, e vorrei portarvi con me, tutti quanti, allo sportello lavoro del Comune, a parlare con Gustavo. Perché Gustavo è bravo. Lo sportello è bello. Bello sportello, bravo Gustavo, bello sportello, bravo Gustavo, ripeto tra me e me, mentre lui allarga le braccia e allarga perfino la faccia da tant’è buono. E bravo. Gustavo. Bello. Allo sportello e sospira eh, Piera. Eh, ancora niente, Piera. Eh, che vuoi farci, Piera. Eh, col tuo diploma. Col tuo diploma, Piera, non si trova, no, no, no. E più s’allarga più gli dispiace, e più gli dispiace più sospira. E a me spiace che gli spiace, e sospiro se sospira e stiamo lì tutti aperti con le facce buone e ci capiamo e c’è una bella atmosfera, così bella che dico: Ehi, Gustavo, me le presti, cinquemila? (Pausa.) Lo sai per cosa. (Pausa.) Ma dai. (Pausa.) Tu non sai cos’è il mio bene. Io so cos’è il mio bene e mangio quel che mi pare, se mangio. Che poi la meringa piace anche a te, faccia buona, va’. (Pausa.) Ah, no? (Pausa.) Be’, certo, son più buone le scarpe, per te. Di chi hai leccato le scarpe, per avere il posto, eh? Di chi hai leccato la piscia del cane? Dell’assessore? Chi ti ha presentato all’assessore? Tua madre? Tua zia? Cos’ha fatto tua madre con l’assessore, eh? (Pausa.) Amici, non capisco perché Gustavo si offende. È così che funziona, si sa. Rapporti. Contatti. Spintarelle. Aiutini. Si sa che un diploma non basta. Non basta un pezzo di carta. Bisogna saperci fare. Lui ci sa fare e infatti lavora, io no e infatti no. Ma per me e per lui è una bella giornata, comunque. C’è una luce rosa. Adesso cammino in centro e ho davvero fame, ma intorno tutto mi sembra pulito e ricco. Pulito e ricco, penso, pulito e ricco, e così mi sazio. Ed è bello guardarvi, amici che fate la spesa in centro, riflessi su terse vetrine, confusi come in sogno con quel cappellino appeso a destra e balocchi e profumi e salumi chic, ah, siete belli, io bella con voi, penso. Ed è qui che lo vedo. Ha la testa giù di lato, la bocca aperta, la faccia magra, scura e da straniero, sta seduto schiena al muro, culo a terra, non si capisce da dov’è che perde sangue. Infatti gli cola da dietro la schiena e io ci ho messo i piedi, c’è una pozza di sangue a tre metri dal tizio e s’ingrossa. Io coi piedi nel sangue, sola, ed è chiaro che quello da un pezzo perde sangue e la gente non fa nulla. Io non faccio nulla. La gente a rispettosa distanza dal tizio mi guarda che lo guardo e penso, pensiamo: be’, tanto arriva l’ambulanza. Io mi scuoto il sangue via dalle suole, sangue straniero e malato, malato, straniero. E mentre quello si sgonfia come un sacco con la faccia da negro, penso, pensiamo: a casa. Dovevi startene a casa. Lì ti avremmo aiutato. E quando torno a casa strofino le scarpe sullo zerbino, ancora ed ancora, finché non resta più traccia, perché nulla deve macchiare il ricordo di questa bella giornata.

DOTT. MOLTENI - Orrore.

PIERA - Poi ho saputo che è morto.

DOTT. MOLTENI - Orrore. Cattivo gusto. Volgarità. Razzismo.

PIERA - Com’è andata?

DOTT. MOLTENI - Fuori dai piedi.

PIERA - Perché?

DOTT. MOLTENI - Non c’è posto, qui, per l’egoismo. Non c’è posto, qui, per il cinismo. Non c’è posto, qui, per i razzisti. Cagna razzista, va’ a crepare altrove.

(Piera si allontana.)


4.

DOTT. MOLTENI - Cosa matura qui dentro, nella mia testa qualcosa, col nome di nulla cresce in cassetti di cui si è persa la chiave, dietro porte serrate di case d’altri fredda matura, nella mia testa, nella mia testa. Corridoi e stanze dove la cerco, vuoti e percorsi a passo sospeso a piccole prese di fiato, rapido e freddo il cuore – che mi succede, penso, cosa significa questo? Ricami d’orrore deposti, riposti in armadi, ma dove? Capovolto il bicchiere io sono la mosca, il mio cranio è una parete di vetro. Non so come dire, ma è come doglie partorendo nulla. Non so che pensare, ogni pensiero s’è fatto disgusto puro. C’è una preghiera senz’eco a me stessa, di’ qualcosa, prego, pensa a qualcosa, presto, prima che il ghiaccio del cuore si frantumi.

(Suoneria di telefono.)

SEGRETERIA TELEFONICA - (voce off della dottoressa) Dottoressa Molteni. Sorridete dopo il segnale acustico.

(Segnale acustico.)

PIERA - (al microfono) Lo so che sei lì, rispondi! (Pausa.) Sono io. Piera. Rispondi. (Pausa.) Non sono offesa, sai, per quelle cose che hai detto, assurda e il resto, cosa vuoi che m’importi, va’ là. (Pausa.) Potremmo diventare amiche, no? (Pausa.) Allora se la mette così veniamo subito al sodo, cara la mia dottoressa, so tutto, mi sono informata, e voglio proporvi un affare...

(Segnale acustico di fine messaggio. Breve pausa. Di nuovo suoneria del telefono.) 

SEGRETERIA TELEFONICA - Dottoressa Molteni. Sorridete dopo il segnale acustico.

(Segnale acustico.)

PIERA - Sono Piera, seconda parte. Ma dove sei? Cosa fai? Con chi? Eh? (Pausa.) Con tuo marito? E com’è? (Pausa.) Alto. Chissà perché, me l’immagino alto. Spalle larghe e peli sul petto, né pochi né troppi, soffice e forte. Mi piace. Soffice e forte. Un uomo come non ce n’è. (Pausa.) È lì? Che fa? Ti guarda? Sorride? Come ti bacia?...

(Segnale acustico di fine messaggio. Subito suoneria del telefono. Parte di nuovo la segreteria telefonica, ma Piera le si sovrappone a voce alta.)

SEGRETERIA TELEFONICA - Dottoressa Molteni. Sorridete dopo il segnale acustico.

PIERA - Adesso basta! Vi devo parlare di soldi, di soldi, capito? Di affari! Ho da proporvi un affare, per guadagnare un sacco di soldi – affari, soldi, affari, soldi!...

DOTTORESSA MOLTENI - Sentiamo.

(Piera si avvicina alla dottoressa. La scruta.)

PIERA - E lui dov’è?

DOTTORESSA MOLTENI - La proposta.

PIERA - Sì. Allora. Mia madre è pazza. Ha lavorato tutta la vita per avere una pensione e adesso vuole che lavori anch’io, ma che senso ha? E c’è una cosa ancora più pazzesca: sa cosa fa con la pensione, quella? (Pausa.) Ri-spar-mi! Dà tutto alla banca! E a me, che mi ha fatto a fare? È per te, dice, tutto per te, quando sarò morta. (Pausa.) Sì, ma quando? Mistero. E se si ammala, bruciamo i soldi in cure. È tremendo, no? È così doloroso. Ma a voi non importa, lo so. Voi siete dei ladri. Anch’io. L’affare è questo. Mi sono informata su di voi, sulle vostre tariffe, complimenti. Trecentomila all’ora, avete una bella faccia. Ma lei pagherà. Per la sua Pippi, perché lavori. Senza fiatare. Crede a tutti, quella. Trattamento di dieci ore. Voi non fate nulla, incassate e basta, poi si divide a metà. Vi mettete in tasca un milione e mezzo, io pure, e la vecchia è contenta. Affare fatto? (Silenzio. La dottoressa Molteni va al microfono.) Che c’è che non va? D’accordo, due per voi, uno per me, perché sono buona. (Silenzio.) È l’ultima offerta, chiaro? A meno, non ci sto. Per chi mi avete preso? Io non truffo mia madre per quattro soldi.

DOTTORESSA MOLTENI - (voce stanca, anziana, dolcissima al microfono) Pippi. Pippi che sei tutto per la tua mamma che sono io. Sono io la tua mamma che ti chiamo da una foto che terrai sul comodino quando già sarò morta e penserai chi mi ama come la mamma chi mi accetta come la mamma chi mi aspetta fino a tardi e ha sempre in caldo una minestra come la minestra della mamma che sa d’amore e ricordi? Oh Pippi infinito bebè, la tua mamma sta male, ha mal di tutto, ha mal di te. La tua mamma pensa ma cos’ha la mia Pippi, perché sta male, magari è colpa mia – così sto male anch’io, ma non è colpa tua, povera Pippi, povera me. Se soffri lo sento prima di te, sono tue le lacrime che nascondo, ho freddo di te nel seno, sei tu quel pugno che mi stringe qui, dentro la pancia, e coltelli sottili dentro le ossa, brividi e non dormire. Che sarà di te, perduta e sola? Senza amore. Senza lavoro. Senza nient’altro che il ricordo della tua povera mamma e pochi risparmi e dopo soltanto la fame e la strada, Pippi tesoro. Perdona se ti chiamo Pippi. Perdona se ti amo troppo. È sempre troppo oppure poco, troppo oppure poco, e si sbaglia tutto. Ti ho sognata che eri felice stanotte, scarpe alte e quel vestito azzurro, più bella di come ti ho fatto. Ma cos’ho fatto di bello, sognavo. E tu ballavi forse, forse ti eri sposata, e con che sorriso mi vieni incontro nel sogno e dici “Mamma. Mamma, lo sai quanto guadagno? Quattro milioni.” e scompari. Quattro milioni, quattro milioni, penso. E non so più se sto sognando, se vivo o sono morta, quattro milioni, e brava Pippi! – grido – poi mi vergogno e mi nascondo in quella vecchia foto, io zitta e felice, immobile e felice che tu mi scordi.

(Piera via a cambiarsi d’abito. La dottoressa lascia il microfono e avanza a proscenio.)

5.

(La dottoressa Molteni ha in mano un bicchiere colmo di champagne. Sorseggia lentamente mentre aspetta Piera. Sorride. Dopo un minuto rientra Piera, vestita con eleganza inappuntabile e sobria; cammina timidamente e con impaccio verso la dottoressa. La dottoressa si volta, l’osserva. C’è un’ispezione a distanza: con piccoli cenni, la Molteni indica correzioni da apportare alla messa a punto di abito e pettinatura. Piera esegue rapidamente, poi continua a rassettarsi anche in assenza di ordini. La dottoressa le fa cenno di fermarsi.)

PIERA - Ciao, Lidia.

DOTT. MOLTENI - Ciao, Piera. Come ti senti, oggi?

PIERA - Dinamica e tranquilla, Lidia, e tu?

DOTT. MOLTENI - Com’è andata la tua prima settimana HT?

PIERA - Ah, Lidia, mi sento cresciuta, cambiata dentro, grazie a Lou, e dire che non ci credevo, che ho detto cose tremende su Lou!...

DOTT. MOLTENI - Non importa, Piera, non conoscevi ancora il trattamento HT. Cos’hai imparato in questa settimana?

PIERA - Le tre “zione” di Lou Piranesi.

DOTT. MOLTENI - Così presto? Tutte?

PIERA - Sì.

DOTT. MOLTENI - Vediamo.

PIERA - Adesso?

DOTT. MOLTENI - Sì.

PIERA - Le tre “zione” di Lou Piranesi. Prima “zione”: motivazione. Tutti abbiamo bisogno di motivazione. Il motivo è questo: se non hai un motivo, perché lo fai? E se non ce l’hai, è meglio che te lo dai. Questa si chiama auto-motivazione e dà risultati pazzeschi. Per esempio: io cercavo lavoro, no? Così, non importa quale, giusto per fare, no? Tanto chi se ne frega, no? Eh, no! Così non funziona. Adesso io cerco quel lavoro, quello che piace a me, ed il motivo è che è giusto per me e c’ho dentro questa automotivazione così pazzesca che certamente io il lavoro lo trovo, sì, io ce la faccio, sì.

DOTT. MOLTENI - Brava, Piera. Di che lavoro si tratta? (Silenzio.) Piera. (Piera fa alcuni vocalizzi.) Piera! (Piera tossisce, si schiarisce la voce.) Non farmi perdere tempo!

PIERA - (cantando, con grande imbarazzo, sull’aria di “Con pale e con picconi”) Tra i mestieri umani che ci capita di far/ alcuni sono buoni altri sono da evitar./ Ed è così che dico sì/ a un lavoro che sia pieno di/ virtù/ gioventù/ proprio come piace a Lou!

(Silenzio.)

DOTT. MOLTENI - Che c’è? Va benissimo. Forza.

PIERA - Né boia né becchina no, non voglio diventar/ né ladra né assassina o giornalista teatral. (Pausa.) Mi vergogno. La canzone è così bella e io non so cantare.

DOTT. MOLTENI - Quel che conta è l’intenzione...

DOTT. MOLTENI e PIERA - ... Dice Lou.

PIERA - Se uno legge troppo faccia pure il professor/ se è bello e anche sciocco un attore sia allor. È così profondo. Il testo, dico. C’è da fermarsi a pensarci su. Posso?

DOTT. MOLTENI - No. Vai avanti.

PIERA - Ma pensa e ripensa io mi son convinta che/ tra tutti i mestieri uno solo fa per me./ Con simpatia ed onestà,/ parlantina e civiltà,/ a tanta gente vo’ donar/ la gioia di comprar./ Ehi-ooh! Ehi-ooh! A vendere mi dò./ Trallallalà, trallallalà.

(La dottoressa applaude. Piera estrae un foglio da una tasca e lo dispiega con molta cura.)


6.

(La dottoressa Molteni impugna un cronometro. Dà un segnale d’avvio a Piera.)

PIERA - Le tre “zione” di Lou Piranesi. Seconda “zione”: compilazione. Curriculum vitae di Benozzi Piera.

DOTT. MOLTENI - No.

PIERA - Benozzi Piera, curriculum vitae.

DOTT. MOLTENI - No.

PIERA - Curriculum vitae di Piera Benozzi.

DOTT. MOLTENI - Premessa.

PIERA - Ah, sì. Le tre “zione” di Lou Piranesi. Seconda “zione”: compilazione. Premessa. Io nel cestino non ci finisco, io non sono come gli altri, come i dilettanti che non sanno scrivere i loro curriculum e finiscono accartocciati nei cestini delle aziende, strappati in mille pezzi nei cestini delle società di selezione, bruciati vivi in grandi inceneritori alle porte della città. Il mio CV è parte di me, io sono il mio CV più qualcosa che non serve, se qualcuno strappa il mio CV è me che strappa, se lo spiegazza spiegazza me, se ci sputa sopra son io che mi asciugo. Strizzo la mia vita anno per anno, goccia a goccia un succo nero e preciso, armonia compatta di ciò che era troppo nel colpo d’occhio su un foglio solo, paragrafi, date, neretti, corsivi, riflesso d’inchiostro che mi trattiene, nessuno lo strappa, mi può strappare, perché ho imparato com’è che si scrive e adesso lo leggo, grazie. 

DOTT. MOLTENI - Contenuto incompleto. Forma confusa. Stile prolisso. Rifare premessa.

PIERA - Sì. Seconda “zione”: compilazione. Premessa. Adesso che ho scelto che lavoro fare e ho una motivazione pazzesca per farlo e dunque lo farò, è chiaro che comunque bisogna cercarlo in modo sistematico e già questo è un lavoro di per sé, e così con entusiasmo mi do da fare leggendo ad esempio gli annunci sui giornali o contattando ad esempio le aziende del settore e siccome ti chiedono sempre di mandare il curriculum vitae, mi sembra evidente che è importante che questo CV uno lo scriva secondo regole che...

DOTT. MOLTENI - Frasi brevi.

PIERA - Sì. Premessa. Il curriculum vitae è molto importante. È come un biglietto da visita. È come un pezzo di noi, quello che vedono gli altri. E gli altri hanno poco tempo. Il pezzo dev’essere breve. In una pagina, tutto. Frasi brevi. Il contenuto, sintetico e completo. La forma, chiara. Paragrafi pochi e ben ordinati, neretti, corsivi, date in evidenza. Se no, finisce nel cestino. In un colpo d’occhio, il meglio di te senza menzogne. Se no, finisci nel cestino. Io non finirò nel cestino. In questa settimana, ho compilato il mio nuovo CV, che adesso leggo. (Pausa.) Curriculum vitae di Piera Benozzi. Nome: Piera. Cognome: Benozzi. Luogo e data di nascita: Cinisello Balsamo, MI, 10 giugno 1964. Stato civile: nubile. Nazionalità: italiana. Residente a Milano, Viale Testi 144, telefono 02-4177417. Studi compiuti: sì. Hobby parecchi, ad esempio...

DOTT. MOLTENI - Che vuol dire: sì?

PIERA - Sì, ho studiato. A scuola, ero brava.

DOTT. MOLTENI - Quali scuole? Quando? Con quali voti?

PIERA - Ecco, io questo l’ho anche scritto, però non è giusto, insomma, perché uno legge i voti e pensa che magari non studiavo, invece è tutta colpa di Cancrini ma questo non si può dire.

DOTT. MOLTENI - Nel paragrafo “studi compiuti” ci metti le scuole in cui hai studiato, quando ti sei diplomata e con che voti.

PIERA - Sì, ma quello mi ha rovinato.

DOTT. MOLTENI - Chi?

PIERA - Il profe.

DOTT. MOLTENI - Lascia stare il profe, andiamo avanti.

PIERA - Sì. Studi compiuti. Alle medie... Posso aprire una parentesi?

DOTT. MOLTENI - No.

PIERA - Cancrini Giuseppe. Profe di scienze. Ricordi Benozzi? Io sono Benozzi, quella all’inizio dell’appello, che quando leggevi il mio nome facevi un sospiro e mi guardavi con occhio di schifo. Che studiavo tutta la notte e poi tremavo davanti a te, tremavo e mi davi quattro e una volta hai detto – ricordi? – una volta hai detto “anche la natura sbaglia: guardate Benozzi” e tutti hanno riso, infame!

DOTT. MOLTENI - Ora basta.

PIERA - Sì, basta, io ti perdono! Grazie a Lou Piranesi, ho capito che sei cattivo perché negativo. Represso. Frustrato. Aggobbito sulla noia del tuo solito lavoro da quattro soldi. Rannicchiato nel tuo letto d’abitudini e corna, rassegnato alla morte che giorno per giorno metti in banca e quando la riscuoterai non sarà diversa dal nulla della tua vita. Io, invece – guarda qua! Io, la Benozzi, quella che le hai fatto dare sufficiente alla licenza media, sufficiente a me!... Guarda le mie scarpe, le calze, il mio sorriso. Calze e scarpe fiere dei miei piedi, sorriso di chi pregusta l’aroma del successo...

DOTT. MOLTENI - Dacci un taglio.

PIERA - Non ho tempo per te, lo vedi? Ho altro da fare, triste, squallido profe.

DOTT. MOLTENI - Andiamo avanti.

PIERA - Devo andare avanti col mio CV. (Pausa.) Hobby parecchi, per esempio il turismo gastronomico...

DOTT. MOLTENI - Studi compiuti.

PIERA - ...La raccolta di dispense di manuali di cucina sui dolci...

DOTT. MOLTENI - Studi compiuti.

PIERA - ... La crema pasticcera in generale.

DOTT. MOLTENI - Studi compiuti. Studi compiuti. Studi compiuti.

PIERA - Ma li ho già detti!

DOTT. MOLTENI - Reticente. Inaffidabile. Sfuggente.

PIERA - No, no, Lidia, è che io... Vedi, io, non è colpa mia, mi hanno bocciato due volte...

DOTT. MOLTENI - E allora?

PIERA - Lo scrivo?

DOTT. MOLTENI - Certo. Ogni esperienza negativa è un’opportunità di crescita.

PIERA - Anche questa è una frase di?...

DOTT. MOLTENI - Sì.

PIERA - Ah, be’, allora... (Pausa.) Studi compiuti...

DOTT. MOLTENI - Dall’inizio. (Silenzio.) Dall’inizio. (Silenzio.) Che c’è? Stanchezza? Sfiducia? Scoramento?

PIERA - Curriculum vitae di Piera Benozzi. Nome: Piera...

DOTT. MOLTENI - Non ti piace il tuo nome?

PIERA - Sì.

DOTT. MOLTENI - Sì che ti piace o sì che no?

PIERA - Sì che sì.

DOTT. MOLTENI - E allora perché questo tono? Piera! Sei già caduta preda delle tre esse?

PIERA - No, le tre esse no!

DOTT. MOLTENI - Allora forza!

PIERA - Curriculum vitae di Piera Benozzi. Nome: Piera. Cognome: Benozzi. Luogo e data di nascita: Cinisello Balsamo, MI, 10 giugno 1964. Nazionalità: italiana.

DOTT. MOLTENI - Stato civile.

PIERA - Nubile.

DOTT. MOLTENI - Va prima della nazionalità, dopo la data. Ripeti.

PIERA - Stato civile...

DOTT. MOLTENI - Dall’inizio.

PIERA - Curriculum vitae di Benozzi Piera...

DOTT. MOLTENI - Piera Benozzi.

PIERA - (strappando in mille pezzi il foglio del CV) Piera Benozzi. Piera Benozzi. Piera Benozzi. (togliendosi e scagliando a terra le scarpe) Piera Benozzi. Piera Benozzi. (gettando a terra la giacca, che poi calpesta con saltelli isterici) Benozzi! Benozzi! Benozzi! Benozzi!

DOTT. MOLTENI - Uh, la rivolta. Che paura. Mi fai paura. Ci fai paura. Il mercato globale se la fa sotto per la tua rivolta.

PIERA - (molto rapidamente, con tono aggressivo contro la Molteni) Curriculum vitae di Piera Benozzi. Nome: Piera.

DOTT. MOLTENI - A capo.

PIERA - Cognome: Benozzi.

DOTT. MOLTENI - A capo.

PIERA - Luogo e data di nascita: Cinisello Balsamo, MI, 10 giugno 1964.

DOTT. MOLTENI - A capo.

PIERA - Stato civile: nubile.

DOTT. MOLTENI - A capo.

PIERA - Nazionalità: italiana.

DOTT. MOLTENI - A capo.

PIERA - Residente a Milano, Viale Testi 144, telefono 02-4177417.

DOTT. MOLTENI - A capo. Stampatello e neretto.

PIERA - Studi compiuti.

DOTT. MOLTENI - A capo, data in corsivo.
PIERA - 1980: licenza di scuola media inferiore conseguita presso la Scuola Media Statale “...” di Milano. Votazione: sufficiente.

DOTT. MOLTENI - A capo, data in corsivo.

PIERA - 1987: diploma di ragioneria conseguito presso l’istituto “...” di Milano. Votazione: 39/60.

DOTT. MOLTENI - A capo, stampatello e neretto.

PIERA - Conoscenze linguistiche. A capo. Inglese scolastico letto, parlato e scritto. A capo, stampatello e neretto. Hobby.

DOTT. MOLTENI - A capo.

PIERA - Pasticceria due punti preparazione virgola contemplazione virgola consumo punto.

DOTT. MOLTENI - A capo.

DOTT. MOLTENI e PIERA - Stampatello e neretto.

PIERA - Esperienze lavorative a capo data in corsivo 1988 educatrice domestica in casa Biraghi con finalità di sviluppo armonioso del piccolo Pietro nelle ore di assenza dei genitori a capo data in corsivo 1991 coadiuvante alla vendita di fumetti usati presso la fiera degli “Oh bej oh bej” di Milano e prestigiose altre a capo data in corsivo 1993 sondaggista telefonica per la ditta Introdata srl di Segrate conduco indagini sui prodotti Dentesmac Frullallero PCnet Intimando tra gli altri a capo neretto stampatello obiettivi professionali a capo desidero mettere a frutto la mia straordinaria capacità di ascolto e comunicazione umana entrando a far parte della forza vendita di un’azienda leader del settore virgola per esempio la vostra virgola poiché due punti neretto corsivo evidenziato giallo io trovo emozionante la prospettiva di lavorare con le aziende per aumentare l’efficienza dei loro insediamenti punto.

DOTT. MOLTENI - A capo e firmato.

PIERA - Benozzi Piera.

DOTT. MOLTENI - No.

PIERA - Piera Benozzi.

DOTT. MOLTENI - Sì. Terza “zione”.

PIERA - No.

DOTT. MOLTENI - Vestizione.

PIERA - Pausa!...

DOTT. MOLTENI - Ottima idea. Io farò una pausa. (Si allontana per fumare una sigaretta.)


7.

PIERA - Io le guardo e penso: ecco le mie scarpe. E i miei piedi così giusti per loro. Lo slancio che mi danno ma non troppo. Quel nero sobrio che ti calza e rassicura, quel morbido plantare, quel mezzo tacco dove sta la virtù. Piedi e scarpe, la base di tutto. Io li amo tutti e quattro e voglio che si amino tra loro. Il brivido calmo dell’essere a mio agio parte dalla punta delle dita dei piedi inguainate giuste e si diffonde verticalmente, si sofferma nelle vibrazioni minute del filo di perle intorno alla nuca, si condensa e placa nell’onda lucida dei capelli così brillanti e così miei. Armonia prestabilita di polpaccio e calza e in ogni momento della giornata sento di poter dire: io non sono una di quelle che sbagliano collant. Scalata di toni follemente giusti da scarpa a gonna a foulard e lì quel tocco di colore acceso che è così personale ma non troppo. Io femminile ma non troppo nella mia gonna, professionale ma non troppo nella mia giacca, segretamente fresca e asciutta nel mio intimo di buon gusto, io so che un accessorio può rovinare tutto. Io rifuggo dalle borsette volgari, pacchiane, vistose, a forma d’oca, d’orsetto, di cane, di scimmia; io detesto il clangore dei braccialetti larghi, il fosco bagliore d’anelli a matassa, l’orrore dei mezzi guanti, l’imbarazzo di un cappello fuori luogo. Ogni dettaglio che indosso sono io con perfetto controllo e disinvolta. Stirata a puntino la seta bianca della camiciola sul mio seno calmo. Sul volto quel velo di trucco che s’armonizza a meraviglia col naturale del sorriso, dello sguardo lucente; è tutto. (Pausa.) È tutto? (Pausa.) No. Le unghie. Niente smalto senza manicure, manicure perfetta, smalto eventuale, meglio se rosso, bianco no ché fa mano di morta, mano di morta giammai, è tutto. È tutto? No. (Pausa.) L’odore. De-o-do-ra-ta, è così che mi sento, via l’odore del corpo dai punti animali del corpo. (Pausa. Esplorazione mentale dei punti animali del corpo.) Sorriso: perso? Sorriso: c’è. E il passo leggero ma serio. Leggero ma serio. (Prova del passo.) In entrata e in uscita. Uscire da una stanza con passo leggero ma serio, mostrare la schiena eretta e snodata, la schiena di chi esce parla più della faccia di chi entra, provare la schiena. (Passi con schiena al pubblico.) Unghie curate comunque, un soffio di Chanel numero quello, armonia tra polpaccio e calza, com’è la scarpa? Nera. Sorriso? Sì. Luce? (Pausa.) Più luce nello sguardo. (Si concentra.) Di più. (Pausa.) Di più. Niente. Passo. (Prova del passo.) Schiena. (Prova della schiena.) Oddio, la calza. Non è che per caso... Smagliata? Strappata? Improvvisamente gialla? No. Tutto a posto. Non è che... Colletto sporco? No. Tranquilla. Sorriso, passo, schiena. (Pausa.) Bianco colletto e collo bianco, troppo, di morta, me lo sento stretto, appeso al foulard così rosso appeso a una sbarra, non ci pensare, penso. Controllo dei denti perfetto, eppure carie, avanza la carie in tutti i denti e ad ogni sorriso più marcia la bocca, sorridi, penso, non ce la faccio. Ripasso il passo e inciampo e ogni cosa crolla, a pezzi la testa, un pensiero alla volta cade e si sporca, e più mi lavo più puzzo di morta, ascelle, cosce, occhi bianchi da morta, aiuto, di chi è la mia voce che grida aiuto così bianca dove nessuno l’ascolta, aiuto e nessuno mi ascolta, aiuto, aiuto, aiuto.


8.

(La dottoressa Molteni avanza dal fondo reggendo due bicchieri colmi di un cocktail di bizzarra colorazione.)

DOTT. MOLTENI - Hai chiesto un drink? (Silenzio.) Be’, te l’ho portato. (Silenzio.) Salute! (Silenzio.) Guarda che io non sono un appendidrink. Ah, ah. (Silenzio.) Io personalmente apprezzo la papaya, ma non è la papaya il segreto di questo drink. So quel che provi. (Silenzio.) Abbandono. Quando non sei più qualcuno e non ancora un’altra. E, in mezzo, l’abbandono e farsi paura allo specchio, eh sì. Il rum è del Venezuela, ma neppure qui sta il segreto del drink. Sei sola – meno che sola, perché ti manchi un bel po’. Con la testa tra le mani seduta sul bordo di un letto che era matrimoniale, orrore dei tuoi capelli, ripudio del tuo profumo, noia delle tue lacrime; ovviamente c’è anche la tequila, ma neppure qui sta... Non ti sposare.

PIERA - È lui che ti ha lasciato?

DOTT. MOLTENI - Spruzzo segreto. (Consegna un bicchiere a Piera.) Bel nome, no?

PIERA - Perché?

DOTT. MOLTENI - C’è un ingrediente segreto che gli dona quel suo gusto inconfondibile.

PIERA - Racconta!

DOTT. MOLTENI - Vomitare le sue cose attorno. È questo che vorresti. Tu, sua cosa, buttarti in un angolo qualunque lontano dal tuo stesso sguardo. Ma dappertutto ti raggiunge l’infezione dei ricordi, la tua casa è una gabbia maledetta dai ricordi, be’, mi infilo le scarpe, pensi. Sporche, certo, ma cosa importa, né ti importa del disordine del trucco, né di uscire senza calze in tinta, spettinata con passo d’automa verso dove non importa. Non ti accorgi che piove e ti bagni, non ti accorgi del caldo e sudi, nessuno si accorge di te perché sei disperata. Un’ora è uguale a un minuto, non sai da quanto cammini, non sai di essere stanca, c'è un pugno di dolore giù nella pancia e intorno scorrono facce, luci, chiacchiere e urla, il teatrino di cartapesta della tua città – che s’incendi, speri, che mi bruci via con sé. Poi com’è ovvio non brucia un bel niente e finisci al bar. Così sono entrata in quel bar: avevo freddo, forse sete, o dovevo asciugarmi o pisciare - c’è sempre qualche motivo, tutte le strade portano a un bar. Ma non ho visto l’insegna, è chiaro, se no lì non ci entravo, colta com’ero, psicologa e fine, “Vibrazione Giusta” non era il bar per me, con quella musica alta e gli specchi e dappertutto laccato blu. “Vibrazione Giusta”! Piera, non hai mai pensato che solo ciò che è idiota, ma veramente idiota, ci può salvare?

PIERA - No.

DOTT. MOLTENI - Be’, non ci crederai, ma quando sono arrivata al banco non mi ricordavo più cosa volevo chiedere, se un tè o le chiavi del bagno o fare una telefonata o chissà. E pensavo adesso esco, ma restavo lì fissando una cartolina appesa al muro, baci da Pantelleria, pensavo, adesso esco, baci, esco, baci. “Allora, il solito?” - e mentre mi domando se sta parlando con me, che ho messo piede lì per la prima volta, la mia voce risponde al barista "Sì."; osservo le sue mani muoversi secondo certezze assolute: il taglio micidiale e disinvolto della scorza di limone, la presa felpata su ogni bottiglia, il dosaggio incomprensibile e sapiente, le scosse furiose dello shaker, maremoto a fin di bene - finché interminabilmente il liquido viola precipita nell’incavo elegante di cristallo e in un istante eterno il mio sguardo si solleva e ferma sul volto di lui così normale. Così banale. Così convinto di essere un volto. E d’improvviso nel modo più idiota un tepore m’invade, il peggio è passato, penso, nessuno mi farà del male, mai più.

PIERA - E lui cosa dice?

DOTT. MOLTENI - Niente, le solite cose, ma in un modo così solito, solito da sempre, che mi vien da piangere.

PIERA - Cosa?

DOTT. MOLTENI - Niente, lui dice... Il mio nome è Luciano, ma... Niente. Le solite cose.

PIERA - Ma gli amici mi chiamano...

DOTT. MOLTENI - Lou.

PIERA - Il mio nome è Luciano, ma gli amici mi chiamano Lou.

DOTT. MOLTENI - Chi se ne frega, penso, eppure tento un sorriso, e...

PIERA - Sei tesa.

DOTT. MOLTENI - Mi fa: sei tesa. Io?

PIERA - Tu.

DOTT. MOLTENI - E come se fosse la cosa più naturale del mondo mi accompagna a un tavolo e si siede di fronte a me, lui col suo bicchiere, io col mio bicchiere, e tutto intorno laccato blu e a cento decibel gli Spandau Ballet. Non è che puoi abbassare la musica? (Pausa.) Grazie. (Beve.) Strano.

PIERA - Ti aspettavo. (Pausa.) Ti aspetto da sempre. (Silenzio. La dottoressa beve.) C’è un ingrediente segreto.

DOTT. MOLTENI - E qual è? (Silenzio.) Oh, che sciocca!

PIERA - Per te non ho segreti. È...

DOTT. MOLTENI - No! Non voglio saperlo!... 

(Silenzio. Entrambe bevono.)

PIERA - Che emozione. Che incontro. Eh, Lidia?

DOTT. MOLTENI - Il mio primo incontro con Lou. E ancora non sapevo che era Lou. Cioè: lui mi aveva detto di chiamarsi Lou, ma io ancora non sapevo che era Lou nel senso di Lou, Piera, capisci?

PIERA - Ma c’era qualcosa nell’aria.

DOTT. MOLTENI - Sì, era come se... Un senso di...

PIERA - Sì.

DOTT. MOLTENI - Confidenza infinita e improvvisa calma. E qualcosa che stava dentro di me, in un’era passata di me, si è sciolto. Respiro – tutto si scioglie nel mio respiro e sento il tiepido flusso del sangue in piccole onde tornare alle mani, alla faccia...

PIERA - Bella.

DOTT. MOLTENI - Che?

PIERA - Sei bella. (Pausa.) Le tue mani.

DOTT. MOLTENI - Ferme accanto al bicchiere, e Lou nemmeno le sfiora.

PIERA - Ma le guarda.

DOTT. MOLTENI - Sì.

PIERA - Ti guarda.

DOTT. MOLTENI - Sì.

PIERA - E dice: le tue mani. Ho sognato le tue mani prima di vederle. Mi hanno parlato in una lingua strana che capisco soltanto io. So da sempre come respiri o cammini. Quando batti le palpebre, è mio quel pensiero che ti attraversa. Se chiudi gli occhi, ogni paesaggio che ti appare è nostro. I nostri cuori pulsano uniti sull’orizzonte inverso dei piedi.

DOTT. MOLTENI - Sull’orizzonte inverso dei piedi...

PIERA - Ripeti, e pensi:...

DOTT. MOLTENI - Ma che vuol dire? (Silenzio.) Niente.

PIERA - È chiaro:...

DOTT. MOLTENI - Niente.

PIERA - E proprio per questo...

DOTT. MOLTENI - Sorrido.

PIERA - Sorridi e non pensi...

DOTT. MOLTENI - A niente. Ma una carezza mi basta.

PIERA - Ti basta...

DOTT. MOLTENI - Sentire che...

PIERA - Sì. Sentirmi.

DOTT. MOLTENI - Vicino. Qui.


9.

VOCE OFF- Questa è la voce off di Lou Piranesi. Mentre le due attrici si concedono un meritato break, io, Lou Piranesi, leggerò per voi il riassunto della commedia Curriculum Vitae. Questo è il riassunto della commedia. Atto primo, scena prima. Freddo cane e buio pesto intorno al castello – è l’una di notte. Raffiche di vento, ululato di animali imprecisati, scricchiolìo delle assi del palco; entra un tizio vestito di nero che chiaramente ha dei problemi. Il tizio ha un’espressione così intensa che gli si accende una luce in faccia, cosicché tutti possiamo vedere quanto soffre. Naturalmente non ce ne importa molto, ma lui tiene duro a soffrire col proiettore puntato negli occhi per cinque minuti buoni, finché anche quelli entrati in ritardo hanno capito che soffre e finisce la prima scena. Tutto è molto noioso fino alla quarta, quando finalmente arrivano gli effetti speciali: trambusto pazzesco dalle botole, tuoni, lampi e macchina del fumo – dal fumo appare un vecchio veramente autorevole che nessuno di noi riconosce tranne il tizio in nero, che grida: “Papà!”. Allora tutto diventa chiaro: ecco il famoso fantasma del padre. “Ma non eri morto?” Dalla domanda capiamo che il protagonista non è molto sveglio. Il morto giustamente non risponde, ma si gonfia, si scuote, cambia colore, schizza scintille dalle narici. “Perdente!” tuona il padre – e la sola parola provoca cataclismi indescrivibili: crolli di muri, frane, risveglio di critici da un torpore secolare, suicidi di massa, invasione di amebe giganti venusiane. “La calzamaglia nera è out!”. Intervallo. Durante tutto l’intervallo, il protagonista medita sul significato arcano delle parole del fantasma. Atto secondo. Il sipario si riapre su un interno borghese. Fiammelle di candele borghesi rendono soft l’atmosfera, violini borghesi si suonano da sé nell’aria. Il giovane Amleto, finalmente in un pregevole blazer di taglio sportivo, si sta lucidando le scarpe vero cuoio con quella sua aria perplessa che ben conosciamo e che ormai ci ha seccato. Il fantasma è diventato un pensiero di Amleto. Lo riconosciamo perché è trasparente. Sussurra: “Hai letto gli annunci sul Corriere?”. Con un memorabile colpo di teatro, Amleto cambia nome e alla fine dell’atto si chiama Fabrizio. Un enorme blocco di cemento armato precipita dalla graticcia e frantuma l’interno borghese. Entra a proscenio un ballerino d’avanguardia, molto nudo, che si strappa strisce di pelle e sprizza sangue sul pubblico pensoso. Seduto in mezzo al pubblico, Fabrizio si spella le mani nel trionfo dell’applauso finale. Dai resoconti del giorno dopo veniamo a sapere che è stato assunto in un’azienda leader nel settore delle armi batteriologiche. Si è sposato, è felice e ci manda i suoi saluti. Questa era la voce off di Lou Piranesi. Fine del riassunto.

10.

(Durante il comunicato di Lou, la dottoressa Molteni si è riposata in un’apposita amaca, mentre la signora Piera ha consumato voracemente due merendine confezionate e mezza, sfogliando le pagine di annunci del “Corriere della Sera”. Verso la fine del comunicato, Piera si blocca, lascia cadere mezza merendina e si precipita verso l’amaca brandendo il giornale.)

PIERA - Guarda qua. Lidia. Guarda qua.

DOTT. MOLTENI - Un giornale.

PIERA - Qua! (Pausa.) E dire che l’ho aperto a caso! Ma non è un caso, Lidia, sento che non è un caso, sembra un caso, ma c’è qualcosa sotto, c’è qualcosa sopra, più sopra che sotto, una specie di... piano. Sì, un piano che noi non possiamo capire, capisci?

DOTT. MOLTENI - Un piano di sopra?

PIERA - Leggi!

DOTT. MOLTENI - Something new is happening in the Sky...

PIERA - Ma no!

DOTT. MOLTENI - Vuoi diventare key account?

PIERA - Ma sai leggere o no? Guarda qua!

(Silenzio.)

DOTT. MOLTENI - Ascolta, Piera...

PIERA - Sì, Lidia.

DOTT. MOLTENI - Ci ho pensato molto...

PIERA - Sì, Lidia.

DOTT. MOLTENI - Credimi, è una scelta tormentata, non so se faccio bene o male, ma credo di far bene...

PIERA - Sì, Lidia.

DOTT. MOLTENI - Io con te voglio essere sincera.

PIERA - Ma tu sei sincera, Lidia.

DOTT. MOLTENI - No.

PIERA - Lidia, tu sei la mia unica amica, e anche la migliore. Ti voglio bene.

DOTT. MOLTENI - Piera...

PIERA - Non ti sembra scritto apposta per me? (Silenzio.) L’annuncio!

DOTT. MOLTENI - Sì...

PIERA - È da anni che lo aspettavo, e non sapevo di aspettarlo! Ma dimmi una cosa, Lidia, sinceramente, secondo te, io ho la capacità di pormi obiettivi sfidanti?

DOTT. MOLTENI - Sì, certo, Piera, ma io volevo dirti...

PIERA - Obiettivi sfidanti. Obiettivi sfidanti.

DOTT. MOLTENI - Non è questo il punto.

PIERA - Non mi trovi orientata alla soddisfazione del cliente?

DOTT. MOLTENI - Decisamente.

PIERA - È da sempre che aspettavo quest’annuncio. Dal tempo delle gite in campagna con mamma e papà. E mi ricordo benissimo che volevo sempre entrare nei giardini delle casette. E sognavo di avere un giardino tutto per me. E mi immaginavo com’era la fontana e com’erano messe tutte le statue di quel giardino, un giardino pieno zeppo di statue belle. E ancora non sapevo che tutto questo si chiama arredo d’esterni. E poi sono cresciuta e a un certo punto ho pensato: “La mia vita non ha senso.” – ma mi ero scordata della mia passione, l’arredo d’esterni, e ora la mia vita e l’arredo d’esterni si incontrano in quest’annuncio. L’annuncio della mia vita.

DOTT. MOLTENI - Piera, lascia che ti spieghi. Non tutto quello che hai sentito qui dentro, non tutto quello che ti ho raccontato è vero. Anzi, poco. Molto poco di tutto ciò è vero. Io ti ho raccontato come ho conosciuto Lou...

PIERA - Commovente, Lidia, davvero.

DOTT. MOLTENI - Di com’è nata la Human Touch...

PIERA - Sì!

DOTT. MOLTENI - Be’, non è andata proprio così.

PIERA - E com’è andata, allora?

(Silenzio.)

DOTT. MOLTENI - Chissà. Non so. Non ricordo. Non voglio ricordare. Vedi, Piera, è l’allenamento. Se smetto una menzogna, me ne viene in mente un’altra. Così, dopo un po’, la verità si riduce a un disturbo di memoria, o a quel che ti resta quando hai smesso di crederci. Ti prego, non credere a quel che ti ho detto, ma nemmeno a quel che dirò.

PIERA - A cosa, allora? (Silenzio.) Ma ci pensi, Lidia? Mia madre! La sua faccia, quando lo saprà! Sarà lì come al solito in cucina a sistemare i piatti fondi e i bicchieri sul tavolo ai soliti posti, ed ecco la Piera che entra con un mazzo di fiori in mano - mai donato fiori in vita mia ma adesso sì - e la mamma spalanca gli occhi e dico: “Dwarf-seller!”. E lei spalanca pure la bocca, perché non capisce, e io ripeto: “Dwarf-seller, ma’, io sono una dwarf-seller!” – così restiamo lì felici con i fiori nel mezzo.

DOTT. MOLTENI - Lou non c’è.

PIERA - Devi aiutarmi con l’inglese. Qui c’è scritto: inglese fluente.

DOTT. MOLTENI - Ma mi ascolti?

PIERA - Fluidificare l’inglese. Fluidificare l’inglese.

DOTT. MOLTENI - Non esiste nessun idiota che porti quel nome.

PIERA - Excuse me. May I introduce myself? My name is Benozzi Piera.

DOTT. MOLTENI - Piantala!

PIERA - What?

DOTT. MOLTENI - Dammi quel giornale!

PIERA - You know, I mean... My dream is to make people happier, so I would like to sell beautiful dwarves for gardens... What kind of dwarf?... Well, you know, funny coloured dwarves for casual gardens, serious black and white dwarves for classic gardens...

DOTT. MOLTENI - Quest’annuncio non è serio.

PIERA - Che?

DOTT. MOLTENI - “Il nostro cliente è una blasonata società multinazionale da anni leader nel settore dell’arredo d’esterni. Per lei cerchiamo ambiziosi e motivati DWARF-SELLERS da inserire nelle reti di vendita delle province di Brescia e Milano. Il loro motto sarà: Nessun giardino senza il suo nano. Ti senti un giovane venditore ambosesso con buone capacità di comunicazione, dinamismo, flessibilità, coinvolgimento e autonomia operativa? Sei orientato alla soddisfazione del cliente? Sei in grado di porti obiettivi sfidanti? È il tuo inglese fluente? Ami anche tu i classici di Walt Disney e sei motivato a diffonderne i valori? Se ti riconosci in questo profilo, vogliamo conoscerti. Invia al più presto il tuo curriculum vitae a: CTB, contrada delle Bassiche 32, 25122 Brescia.” Ma questo ti sembra un annuncio serio? È una sfilza di cazzate.

PIERA - Cosa? Cos’hai detto?

DOTT. MOLTENI - C’è dietro qualcos’altro. Qualcosa di strano.

PIERA - E tu i classici di Walt Disney li chiami con quella parola lì? E il prestigioso Corriere, dici che non è serio?

DOTT. MOLTENI - Anche il prestigioso Corriere può pubblicare una cazzata!

PIERA - Basta con le parolacce! Sei negativa!

DOTT. MOLTENI - E tu apri gli occhi, non vedi che quest’annuncio...

PIERA - Mezza parolaccia, doppia figuraccia! Mezza parolaccia, doppia figuraccia! Chi ha inventato questa frase? Eh?

DOTT. MOLTENI - Me ne frego!

PIERA - L’ha detta Lou! E tu devi più rispetto a Lou, tu che a Lou devi tutto! (Pausa.) Credevi che ci cascassi, eh? Mi hai messo, alla prova, eh?

DOTT. MOLTENI - Eh, già.

PIERA - “Lou non c’è”! Ah, ah, ah!

DOTT. MOLTENI - Sai, molta gente ci casca. Molta gente fa finta di inforcare gli occhiali rosa, ma non li inforca davvero. E non crede davvero a Lou.

PIERA - Pazzesco.

DOTT. MOLTENI - Eppure è così.

PIERA - Allora, sono pronta per l’ultimo test?

DOTT. MOLTENI - Come ti senti?

PIERA - Okay.

DOTT. MOLTENI - Calze?

PIERA - A posto. Rilassata? Sì. CV? Ripassato, sì. Colletto, calze, sorriso a posto, rilassata sì, pronta, sì, sono pronta per l’ultimo test.


11.

(L’inserviente HT porta a proscenio due sedie da ufficio; le dispone una di fronte all’altra. La dottoressa Molteni si accomoda subito. Dopo qualche esitazione, anche Piera si siede.)

PIERA - Sì. Ecco. Mi scusi, sono un po’ emozionata. Come c’è scritto nel curriculum vitae che vi ho mandato, io trovo emozionante la prospettiva di lavorare con le aziende per aumentare l’efficienza dei loro insediamenti. Quando ho letto il vostro annuncio, ho fatto un salto sulla sedia. Ehi, ho pensato, ma questo profilo è proprio il mio! Be’, le confesso che, quando mi avete chiamato al telefono per convocarmi qui, ero lì lì per gridare “Wow!”, ma poi non l’ho fatto, perché prima di tutto sono una professionista. Ed eccomi qua, aperta, disponibile, sorridente, molto orientata alla vostra soddisfazione e pronta a rispondere a qualsiasi domanda. (Pausa.) No, eh? Non va?

DOTT. MOLTENI - I saluti.

PIERA - Ah, scusa, Lidia, scusa, i saluti, ma come ho fatto a scordarlo, non si entra senza essere chiamati, appena si entra dire buongiorno, la prima impressione è l’ottanta per cento, l’ottanta per cento, dice Lou, l’ottanta per cento! Scusa, rifaccio.

DOTT. MOLTENI - Signora Benozzi, avanti!

PIERA - Buongiorno. (Va direttamente a sedersi, mentre la dottoressa si alza e le tende la mano.) Sì. Ecco. Mi scusi, sono un po’ emozionata. Come c’è scritto... (Si rende conto che la dottoressa è rimasta in piedi, con la mano tesa.) Oh, scusa! (Si rialza. La dottoressa si risiede. Ricomincia l’esercizio.)

DOTT. MOLTENI - Signora Benozzi, avanti!

PIERA - Buongiorno.

DOTT. MOLTENI - (alzandosi) Buongiorno.

(Si stringono la mano. La dottoressa prolunga la stretta.)
PIERA - Sì. Ecco. Mi scusi...

DOTT. MOLTENI - (lasciando la mano di Piera) Molle.

PIERA - Oddio! Molle! Non dà fiducia, eh?

DOTT. MOLTENI - Sudaticcia.

PIERA - (soffiando sulle palme delle mani) Scusa. Scusa. Ottanta per cento! Sudaticcia! Scusa.

(La dottoressa si risiede. Ricomincia l’esercizio.)

DOTT. MOLTENI - Signora Benozzi, avanti!

PIERA - Buongiorno.

DOTT. MOLTENI - (alzandosi) Buongiorno. (Si stringono la mano.) Ahi!...

PIERA - Scusa!

(Silenzio. La dottoressa si risiede. Ricomincia l’esercizio.)

DOTT. MOLTENI - Signora Benozzi, avanti!

PIERA - Buongiorno.

DOTT. MOLTENI - (alzandosi) Buongiorno. (Si stringono la mano.) Prego. (Si siedono.) Mi parli un po’ di lei.

PIERA - Sì. Una persona che cambia se stessa è in grado di cambiare il mondo. Io sono cambiata, eppure in fondo sono sempre me stessa. Io porto qui l’entusiasmo e il dinamismo che ho dentro fin da bambina. Alcuni eccessi di quell’entusiasmo mi hanno condotta talvolta a scelte avventate, a conflitti sbagliati con l’autorità, e perfino a gravi errori, che però mi sono serviti a crescere e maturare, a capire per esempio che non devo dondolare sul bordo della sedia come adesso, no, la posizione corretta è questa, schiena ben appoggiata, sguardo diritto, così. (Silenzio.) Che c’è? (Silenzio.) Le gambe? Scusa. (Mette in parallelo le gambe, che erano accavallate.) Forse per via delle gambe accavallate lei penserà che sono un tipo chiuso, ma era solo un istante di riservatezza, io sono aperta, e si vede, no? Che c’è? (Silenzio.) Oddio, le braccia, scusa. (Scioglie le braccia, che erano conserte. Accavalla le gambe.) Oh, no. (Scioglie le gambe, incrocia le braccia.) Scusa.

DOTTORESSA MOLTENI - Tutto questo è molto curioso, signora Benozzi, ma quel che ci interessa è il suo profilo professionale. Dal suo curriculum, si direbbe che lei non ha alle spalle una vera e propria esperienza di vendita.

PIERA - Sì, in effetti può sembrare così, forse è così, ma in tutte le cose che ho fatto sono andata d’accordo con tipi di persone diversi, perché sono brava a parlare ma ancor più ad ascoltare – e lei m’insegna che queste sono le basi del buon venditore.

DOTTORESSA MOLTENI - Sì, ma l’esperienza...

PIERA - Dottoressa, mi lasci dire che una donna cresciuta nell’amore per film come Cenerentola, La carica dei 101, Gli aristogatti, ha dentro di sé valori che possono compensare una piccola mancanza d’esperienza. La mia voglia di imparare è grande, è come benzina pronta per bruciare nel motore della vostra dinamica azienda. A proposito: ho letto su una rivista specializzata che c’è un trend negativo nelle vendite di Pisolo. Risponde al vero? (Silenzio.) Be’, mi piacerebbe affiancare il vostro dwarf-designer per studiare insieme una strategia di rilancio.

DOTTORESSA MOLTENI - Signora Benozzi, perché finora non ha mai avuto un lavoro fisso?

PIERA - Perché non l’ho cercato.

DOTTORESSA MOLTENI - E perché lo cerca ora?

PIERA - Perché sento che è l’occasione giusta. Che questo è il lavoro della mia vita.

DOTTORESSA MOLTENI - Lei ha sempre la risposta pronta, signora Benozzi. Lei è molto determinata.

PIERA - Sì. Va bene, no?

DOTTORESSA MOLTENI - Forse. Ma lei sa che per promuovere i prodotti dell’azienda nostra cliente è necessario anche un buon livello di istruzione.

PIERA - Certo!

(Silenzio.)

DOTTORESSA MOLTENI - Allora, vuole dirmi qualcosa sulle sue esperienze scolastiche?

PIERA - Sì...

(Silenzio.)

DOTTORESSA MOLTENI - Qui per esempio vedo due anni ripetuti e una votazione di maturità piuttosto bassa.

PIERA - Sì. Certo. Avevo molti interessi fuori dalla scuola. Culturali. Sociali. Gastronomia! Voglio dire, dottoressa, lei sarà d’accordo con me, non è che a scuola si impara tanto, cioè, l’istruzione vera, quella della vita, con la scuola non c’entra, no?, io comunque i libri li ho letti, no?, e la musica la ascolto, no?, e alla TV guardo i documentari, quelli sugli animali, che per esempio a scuola nell’ora di scienze non se ne parla, no?...

DOTTORESSA MOLTENI - Sì, ma perché lei sta...

PIERA - ... Gesticolando? Io? Nient’affatto. (Pausa. Gesticola a vuoto.) Nient’affatto.

DOTTORESSA MOLTENI - Com’erano i suoi rapporti con gli insegnanti?

PIERA - Perché? Perché me lo chiede, eh? Che ne sa dei miei rapporti con gli insegnanti, lei, eh?

DOTTORESSA MOLTENI - Niente, per questo glie lo chiedo. Vede, capita spesso che i rapporti con gli insegnanti ci dicono molto sulla personalità di un candidato.

PIERA - (tra i denti) Bastardo!...

DOTTORESSA MOLTENI - Che?

PIERA - No, è che, ecco, stavo giusto pensando a un mio professore di scienze delle medie... Quell’infame... Una persona con cui ho avuto, insomma, delle divergenze, un cornuto bastardo... Eppure adesso capisco che sono stata ingiusta con quel... professore. Sì, penso che era meglio dialogare, invece di coltivare un continuo desiderio di spaccargli la testa, di immergere le mani nel suo sangue caldo... Ecco, se incontrassi adesso quel signore, sono convinta che sorriderei, come adesso, sì. Schiena dritta, ben appoggiata, gesti calmi, occhi negli occhi, gli direi: profe, io so quel che ci vuole per il suo giardino. Non è degno del suo giardino un nano presuntuoso come Dotto. E sono certa che non si attaglia alla sua personalità l’atteggiamento superficiale di Gongolo. Io sono lieta... E si vede che sono lieta, no? Io sono lieta. Sorridi, Piera. Lieta di presentarle a un prezzo eccezionale di lancio... Schiena dritta, sì. Il nostro modello Pisolo-maxi, ah, ah! No, non sono allegra. Si vede, si vede che non sono allegra. Questo modello unisce... Lidia. Questo modello unisce al tradizionale effetto rilassante del solito Pisolo... Lidia. Lidia. Io mi ammazzo, se non mi danno questo lavoro mi ammazzo, Lidia!... Il nuovo taglio del cappuccio... Del vestitino... Sexy e sbarazzino...

DOTTORESSA MOLTENI - Piera.

PIERA - Sì.

DOTTORESSA MOLTENI - Stai calma, Piera, d’accordo?

PIERA - Sì.

DOTTORESSA MOLTENI - Adesso rifacciamo tutto, Piera, sì? Assieme, però. Tu guarda me.

PIERA - Io guardo te.

DOTTORESSA MOLTENI - E fai come me, d’accordo?

PIERA - Come te. Ogni gesto...

DOTTORESSA MOLTENI - Ogni gesto. Ogni parola.

PIERA - Ogni parola.

DOTTORESSA MOLTENI e PIERA - D’accordo.


12.

(Sedie in parallelo, rivolte al pubblico. Contemporaneamente, o con slittamenti di pochi attimi, Piera e la dottoressa compiono le seguenti azioni: respirazione profonda; controllo delle pieghe del vestito e della tenuta delle calze; controllo della pettinatura; soffio prolungato sulle palme delle mani.)

DOTTORESSA MOLTENI e PIERA - Signora Benozzi, avanti! (Pausa. Due passi verso le sedie.) Buongiorno. (Stringono la mano a un interlocutore immaginario. Dopo un lieve cenno di ringraziamento, si accomodano sulle rispettive sedie. Complesso assestamento contro lo schienale finché non raggiungono la posizione ottimale. Sorridono.) Sì. (Accavallano le gambe. Con molto imbarazzo, le rimettono in parallelo. Improvviso grattarsi un orecchio, improvvisa interruzione del gesto. Sospirano.) Mi scusi, ma vorrei precisare una cosa. Io...

DOTTORESSA MOLTENI - ... Non sono la signora Benozzi. (Pausa. Cambio di posizione: volge la sedia in direzione di Piera.) Capisco il suo stupore. Lei vorrà sapere chi sono, allora. Non ha molta importanza. Però... Mi guardi bene in faccia. (Pausa. Anche Piera gira la sedia di profilo rispetto al pubblico e guarda l’interlocutrice.) Niente? Eppure ho l’impressione che ci siamo già visti. (Pausa.) Io la sua faccia la ricordo bene. O meglio, non tutta la faccia. Qualcosa di... Non saprei...

PIERA - Cosa?

DOTTORESSA MOLTENI - Qualcosa di opaco nello sguardo.

PIERA - Ascolti, signora...

DOTTORESSA MOLTENI - Dottoressa.

PIERA - Ascolti, dottoressa, non ho molto tempo, perché sto conducendo una selezione di personale molto importante per conto di un’azienda leader nell’arredo d’esterni...

DOTTORESSA MOLTENI - Sì, sì, lo so.

PIERA - Dunque anche lei si presenta per la posizione di...

DOTTORESSA MOLTENI - ... Dwarf-seller? Caro dottore, già un anno e mezzo fa ho inviato alla direzione generale una lettera in cui esprimevo la mia contrarietà a questi trucchi.

PIERA - Ma di che sta parlando?

DOTTORESSA MOLTENI - Dei falsi colloqui HT!

PIERA - Non capisco una parola.

DOTTORESSA MOLTENI - Per forza, lei è pagato per non capire. Tutti prendiamo soldi per non capire, e meno capiamo, più ne prendiamo. Ma all’inizio non era così. Ricorda? (Pausa.) Quando sono entrata alla Human Touch, io lo credevo davvero, di aiutare la gente. Mi sembra. Lo credevo davvero? (Pausa.) Ma poi, più crescevano gli affari, più tutto diventava strano... E vuoto. Si accorciavano gli orari, si aumentavano i prezzi, non riuscivamo a preparare davvero gli allievi... Per i colloqui seri, per il lavoro vero. E così...

PIERA - ... Lou Piranesi.

DOTTORESSA MOLTENI - E i nanetti. E tutte le sciocchezze con cui riempiamo la testa alla gente. E alla fine di un corso finto, un colloquio finto. E se un poveraccio dimostra di essere abbastanza fanatico e convinto, lo assumiamo per indottrinare idioti nuovi.

PIERA - E allora?

DOTTORESSA MOLTENI - Come – e allora? È una truffa!

PIERA - Cara collega. Lei mi sembra molto stanca. Posso capirla. Qui alla Human Touch il lavoro può essere stressante. Sa cosa le dico? Dovrebbe prendersi una bella vacanza. In cambio, le assicuro che non riferirò in direzione generale di questo suo momento di debolezza - di certe sue parole, diciamo, inopportune. La prego intanto di uscire dal mio studio, perché, come può immaginare, ho un’agenda fitta di appuntamenti. (Pausa. Prima lentamente, poi furiosamente, la dottoressa Molteni si spettina.) Dottoressa Molteni!... Che fa? È impazzita? Ma si rende conto che lei... Che lei è...

DOTTORESSA MOLTENI - Spettinata?

(La dottoressa avvicina un dito a un orecchio con gesto ostentato e plastico.)

PIERA - No! Nell’orecchio, no! (La dottoressa rigira con voluttà il dito nell’orecchio. Spalanca la bocca, estrae la lingua in tutta la sua lunghezza. Si gratta il ventre. Emette versi.) Ora basta! Basta! Cosa vuole da me? Perché è venuta qui? Cosa vuole?

DOTTORESSA MOLTENI - La signora Benozzi. Lasciatela andare.

PIERA - E perché? Cos’ha che non va?

DOTTORESSA MOLTENI - Niente! Proprio per questo, lasciatela andare! Lei non è come gli altri. Lei è una persona, in fondo, sincera, una persona, in fondo, onesta.

PIERA - Tutti siamo onesti, in fondo. Vedrà che la signora Benozzi si troverà benissimo a lavorare nella nostra squadra. E se no, cosa potrebbe fare? Eh?

DOTTORESSA MOLTENI - Piera...

PIERA - Impiccarsi? Glie lo dica lei, cosa potrebbe fare!

DOTT. MOLTENI - Non so, Piera. Non so cos’è meglio. Fa’ quel che ti pare. Ma scorda questa faccia che ho addosso. Io la svesto nel modo più assoluto. Mi dimetto dal mio vestito. Mi giro e già ho scordato la tua faccia. Mi licenzio dall’abitudine di salutarti, di salutare chiunque. Mi allontano e a ogni passo brucia una foto d’istanti infiniti di menzogna. Con un solo respiro mi ammazzo dentro la voce, il pensiero che dice, che sempre ripete “obbedisco”. Mentre cammino scaglio di lato, in un fosso, l’imballaggio vuoto della memoria. È finita, è finita, penso, mi sento nessuno fuggito dovunque. In testa musica soltanto, pulizia radicale del sangue, libertà, come se fossi morta, meglio che morta, libertà. Qui, se piangi, piangere è tutto. Sei tu l’urlo quando spalanchi la gola. Vuoi ballare? Chi t’accompagna è il sole. Il sorriso pieno del sole ovunque ti porti la danza. Se hai mai sognato un volto, è quello che ti viene incontro. Tendi la mano, porgi le labbra, non sarà più lontano. Tendi la mano, porgi le labbra, non sarà più lontano.


13.

(La dottoressa balla un lento con l’inserviente HT. Piera recupera Brontolo e lo conduce a proscenio. Dottoressa e inserviente escono di scena.)


Epilogo

PIERA - The epilogue of the play is spoken in English to meet the requirements of our international customers.

DOTTORESSA MOLTENI - (voce off) L’epilogo della commedia è recitato in inglese per venire incontro alle esigenze della nostra clientela internazionale.

PIERA - (indicando il nano) This is the author of the play.

DOTTORESSA MOLTENI - (voce off) Questo è l’autore della commedia.

PIERA - The author of this play is guaranteed for a period of two years. In case of breakdown, it will be replaced with an equivalent author.

DOTTORESSA MOLTENI - (voce off) L’autore di questa commedia ha due anni di garanzia. In caso di guasto, viene immediatamente sostituito con un autore equivalente.

PIERA - Insert the batteries in the battery compartment.

DOTTORESSA MOLTENI - (voce off) Introdurre le batterie nell’apposito vano.

PIERA - Travel version available from September. Keep it out of the reach of children. Don’t put it in the washing-machine. Don’t ingest it. Author for external use only.

DOTTORESSA MOLTENI - (rientrando in scena) Versione da viaggio disponibile da settembre. Tenerlo fuori dalla portata dei bambini. No lavatrice. Non ingerire. Autore solo per uso esterno. Ricordate di inserire le batterie nel retro.

PIERA - Please dispose of it carefully.

DOTTORESSA MOLTENI - Non disperderlo nell’ambiente. Caratteristiche tecniche:...

PIERA - Unlimited voltage, no weight, variable dimensions. You can unscrew its head. Five spare necks. It jumps thirty-five centimetres high if batteries are charged. Under water resistance: thirty seconds.

DOTTORESSA MOLTENI - Voltaggio illimitato, peso inesistente, dimensioni a seconda del modello. Testa svitabile, cinque colli di ricambio. Fa salti di trentacinque centimetri a batteria carica. Resistenza in apnea: trenta secondi.

PIERA - Optional handle.

DOTTORESSA MOLTENI - Manico opzionale. Garanzia di azzeramento assoluto del rumore di fondo dell’anima. Per ulteriori informazioni...

PIERA - For further information...

DOTTORESSA MOLTENI - Non esitate a contattare il nostro ufficio commerciale.

PIERA - (simultaneamente all’ultima battuta della dottoressa) Don’t hesitate to contact our sales department.