D… come donna, danno, divorzio!

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D… COME DONNA, DANNO, DIVORZIO

D… COME DONNA, DANNO, DIVORZIO!

commedia in due atti tratta da “Le sorprese del divorzio” di A.Bisson e A.Mars

di

ALDO LO CASTRO



Personaggi:


ENRICO GENOVESI, scrittore
MASSIMO PRIVITERA, un amico
DIANA, moglie di Enrico
VINCENZINA CARDACI, suocera di Enrico
CARMELO BONACCORSI, zio di Enrico
GABRIELLA, seconda moglie di Enrico
GIOVANNI SANTONOCITO, padre di Gabriella
MARIA , la cameriera



L’azione si svolge in epoca attuale, in un paesino dell’hinterland catanese.



ATTO PRIMO

L’elegante salotto di una sontuosa villa. Arredamento molto ricercato e di buon gusto. Un divano, delle poltrone, tavoli e altri mobili.…
Sul fondo, una grande vetrata praticabile. Porte, a destra e a sinistra.
In scena, all’apertura del sipario, Diana. Verosimilmente, cerca qualcosa.

SCENA 1

DIANA – (rovista dappertutto) Dove cavolo ho messo le sigarette? Eppure dovevano essere qui…
(Chiama) Maria!
MARIA – (entra) Mi dica, signora.
DIANA – Hai visto, per caso, le mie sigarette, in giro?
MARIA – (dà uno rapido sguardo in giro) Sono qua, signora. (Le porge il pacchetto)
DIANA – Santa Lucia! Sono diventata orba!
MARIA – (sorride) Ma no, capita, signora. Sapesse quante volte mi succede a me! Certe volte, le
cose ce l’ho sotto il naso e non le vedo…!
DIANA – (taglia corto) Va bene, va bene. Mio marito dov’è?
MARIA – Nel suo studio. Si sta pigliando il caffè col signor Massimo.
DIANA – E mia madre?
MARIA – In camera sua. Sta riposando, penso.
(Pausa)
DIANA – E ora che vuoi?
MARIA – Io? Niente, signora.
DIANA – E allora, perché non te ne vai?
MARIA – Non ha altri comandi?
DIANA – No. Puoi andare.
MARIA – Sì, signora. (Via)

SCENA 2

DIANA – (tra sé) Com’è ‘mpiccicusa!
MASSIMO – (fa capolino dalla porta di destra) Permesso?
DIANA – Avanti.
MASSIMO – Diana! Piccioncino!
DIANA – Ma quale piccioncino! Massimo, finiscila! Dov’è Enrico?
MASSIMO – Nello studio, a scrivere. (Le si accosta) Dammi un bacetto…
DIANA - … Con mio marito di là…?! Non si può.
MASSIMO – (non demorde) Non si poteva se tuo marito era di qua… ma visto che è di là…
DIANA – Di là o di qua, io sono sempre una donna sposata.
MASSIMO – E va bene, io non sono geloso. (Tenta di abbracciarla)
DIANA – (si scosta) Ma la vuoi finire?
MASSIMO – Se tu collabori, ni spicciamu prima.
DIANA – Per favore, non scherzare!
MASSIMO – Ma cu’ è ca scherza? Sono così serio…! La verità è che sono un povero disgraziato!
Mi vado a innamorare sempre della persona sbagliata!
DIANA – (sorride con civetteria) Allora, io sarei la persona sbagliata…?
MASSIMO – No, tu sei la persona più giusta di questo mondo. Ma, contemporaneamente anche la
persona sbagliata, perché sei la moglie di Enrico. Si può sapere pirchì t’u maritasti?
DIANA – Perché me l’ha detto la mamma.
MASSIMO – E tu ti mariti i cristiani pirchì t’u dici ‘a mamma?!
DIANA – La mamma diceva che Enrico era un buon partito, che mi voleva bene… e l’ho sposato.
Tutto qui.
MASSIMO – Allora, non gli vuoi bene?
DIANA – Come?
MASSIMO – No, dico, l’hai sposato senza amore…?
DIANA – (sospira) Non ha importanza. E, poi, tu che ne sai?
MASSIMO – Come, che ne so? Si fici tutti cosi ‘a mamma! (Pausa) E chi è che vai a sposare? Il
mio migliore amico. Cose da pazzi!
DIANA – Avresti voluto che sposassi il tuo peggiore nemico? Ma, poi, scusa, quando ho incontra-
to Enrico, neppure ti conoscevo.
MASSIMO – Certo, se la mamma mi avesse conosciuto prima di Enrico, qualche speranza l’avrei
avuta. Diana, senti una cosa…
DIANA – Dimmi.
MASSIMO – Tu… non senti niente niente… per me…?
DIANA – Diciamo che non mi dispiaci. (Sospira) Però, ormai…
MASSIMO – E allura, m’ammazzu!
DIANA – Smettila! C’è Enrico…!
MASSIMO – Possibile che uno non è libero d’ammazzarisi quando vuole? Io, ora, avevo l’ispira-
zione. Poi, mi passa…!

SCENA 3

ENRICO – (entra. Legge su dei fogli) “Vigliacco! Come hai potuto fare ciò?” (Pausa) “Fare ciò”…
pari russo! A me ‘stu fare ciò non mi piace completamente. “Come hai potuto fare… questo”…
forse. Mah! Senti, Diana… (Si accorge della presenza di Massimo) Ma tu ancora qua sei? Non te
n’eri andato?
MASSIMO – E infatti, me ne stavo andando. Volevo salutare, prima, la padrona di casa, no? (A
Diana) Grazie ancora per l’ottimo pranzo…
ENRICO – Aspetta. Ormai che ci sei, rimani altri due minuti. Vediamo che ne pensi anche tu…
MASSIMO – Veramente ci ho un vagone d’arance che devo mandare in Germania… Il lavoro è
lavoro…
ENRICO – Il vagone non può aspettare due minuti? Ma come…? Ti scopro insieme a mia moglie in
dolce conversazione… Ora te ne vuoi andare di corsa…! A questo punto, potrei anche sospettare
che tu e Diana… Eh? (Diana sorride impacciata. Massimo rimane impietrito). Ma non vedi che
scherzo? (Ride e gli dà un affettuoso buffetto sulla guancia) Scimunito! Dunque, sentite se vi
piace il finale del primo atto. Il protagonista si rivolge all’amico e gli dice:”Vigliacco! Come hai
potuto fare ciò?” E’ questo “fare ciò” che non mi convince. Voi che dite?
DIANA – In effetti, suona un po’ falso. Ora chiamo la mamma. Vediamo cosa ne pensa.
ENRICO – (molto contrariato) Lassala stari ‘a mamma! Che cosa ne capisce ‘a mamma?
DIANA – Enrico, non ti alterare!
ENRICO – Mi altero perché mi sento male! Appena sento la parola “mamma”, che posso farci? Mi
viene di vomitare!
DIANA – (urla) Che cosa…?
MASSIMO – Scusate… io ci avrei un vagone d’arance…
ENRICO – E tu finiscila cù ‘st’arance!
MASSIMO – Va bene.
ENRICO – Massimo, o frati, mi devi credere: non ne posso più. ‘Sta vita non si può fare! Io debbo
lavorare. Debbo scrivere. Debbo stare calmo…! (Confuso) Che stavo dicendo?
MASSIMO – Che devi stare calmo.
ENRICO – E, invece, non è possibile.
MASSIMO – Sforzati.
DIANA – Io non capisco perché tu ce l’abbia sempre con mia madre! Ma che ti ha fatto? Che fa di
così terribile?
ENRICO – Fa la suocera! Tò matri, soggira ci nascìu! Quann’era nica ci dissiru: ”Gioia, che vuoi
fare da grande?” E idda ha risposto immediatamente:”’A soggira! Così rendo infelice qualcuno”.
(A Massimo) Tu lo sai chi è questo “qualcuno”?
MASSIMO – Tu.
ENRICO – Bravo. Mi piaci perché sei sveglio.
MASSIMO – Grazie.
DIANA – Dovresti vergognarti di parlare così di mia madre!
ENRICO – Io parlo così di mia suocera. Se, poi, è tua madre, non ci posso fare niente: ognuno si
chianci ‘i so’ disgrazii. (A Massimo) Dico bene?
MASSIMO – Certo.
DIANA – (a Massimo) Ma come si fa a sopportarlo?
MASSIMO – E Certo.
ENRICO – (a Massimo) Insomma: tu sei amico mio o amico del giaguaro?
MASSIMO – Amico degli animali.
ENRICO – Ora, io dico, almeno fosse vedova!
MASSIMO – Chi?
ENRICO – Mia suocera, no?
MASSIMO – Ma perché, tua suocera non è vedova?
DIANA – Separata, non vedova.
ENRICO – Giustamente, ddu mischinu ci pinsò in tempo: prima ca mi fa moriri, megghiu ‘a lassu a
chista! E scumparìu dalla circolazione.
MASSIMO – Allora, tu a tuo suocero non lo conosci?
ENRICO – Mai visto. Dunque, come ti stavo dicendo, se, invece, fosse stata vedova, quanto meno
avrei avuto la speranza di maritarla con un altro. Sempri ‘u truvava qualche deficiente! Te lo giu-
ro, Massimo, le avrei fatto anche la dote!
MASSIMO – E dai, non esagerare…
ENRICO – Allora, non hai capito niente! Ti avevo sopravvalutato: tu non sei sveglio. Sei cretino.
DIANA – E già. Tutti quelli che non sono d’accordo con te sono cretini!
ENRICO – Ti dico che è cretino!
DIANA – Va bene, va bene. Visto che vuoi avere sempre ragione tu, è cretino.
MASSIMO – Sì. E visto che avete trovato un’intesa, almeno sul fatto che sono cretino, me ne posso
andare? Io ho un vagone…
ENRICO - … d’arance, lo so! Tu pensi alle arance e te ne sbatti se il tuo migliore amico viene ag-
gredito da quella iena di sua suocera!
DIANA – Mia madre, una iena?!
ENRICO – Non ti piace “iena”? Una tigre, va bene? Un orango-tango… ‘Nliafanti! Comunque,
sempre animale selvaggio è. Signori miei, è inammissibile. Dico, tutto passa: i governi cascano
comu ‘i pira, i popoli si estinguono, la Russia scumparìu dalla carta geografica, i comunisti si
persiru…! Ma mia suocera è sempre presente: bella, viva e vegeta!
DIANA – Tu non l’hai mai sopportata mia madre!
ENRICO – Mai. (Ricomincia a leggere il manoscritto) “Vigliacco. Come hai potuto fare ciò”? Ma
come si può lavorare in queste condizioni?
MASSIMO – E comu ti pirdisti d’a casa cù ‘stu “fare ciò”!
DIANA – La verità è che ti manca l’estro! Ti mancano le capacità, caro il mio scrittore da strapaz-
zo! E te la prendi con me e con mia madre che, per tua fortuna, è una signora! (A Massimo)
Glielo dica che mia madre è una signora. Glielo dica.
(Esce nervosamente).

SCENA 4

MASSIMO – Dice che sua madre è una signora.
ENRICO – (inviperito) Sua madre?!
MASSIMO – Io faccio solo il portavoce.
ENRICO – Sua madre, una signora! Ma non farmi ridere!
MASSIMO – Tua moglie l’ha detto. Che c’entro io?
ENRICO – Tu c’entri. Perché tu vai d’appresso a mia moglie. Non ti vergogni?
MASSIMO – (disorientato) Io… d’appresso…? No, che dici? Sono gentile, questo sì… ma non è
che…
ENRICO – Ma fammi il piacere! Bell’amico! Ti ho scoperto, sai? Ti ho scoperto.
MASSIMO – (c.s.) Sì? E quando?
ENRICO – Ora. In questo momento. Confessalo, vigliacco!
MASSIMO – Senti, Enrico, io sono mortificato ma ti giuro che fra me e tua moglie..
ENRICO – Non solo. Anche con mia suocera…!
MASSIMO – No, cù tò soggira, mai!
ENRICO – E invece sei d’accordo anche con mia suocera! Tutti coalizzati contro di me! Mia mo-
glie, mia suocera, il mio migliore amico… Tutti! L’ho scoperto finalmente!
MASSIMO – (capisce di avere equivocato e si riprende) Senti, ora basta. Altro che commedie. Tu
sai fare solo tragedie! “L’ho scoperto… Confessa… Siete tutti contro di me…”! La vuoi finire,
ora? Ti rendi conto che io ho un vagone…
ENRICO - … d’arance.
MASSIMO - … che dovrei mandare…
ENRICO - … in Germania.
MASSIMO – E se lo sai perché mi trattieni, allora?
ENRICO – (non gli dà retta) Una signora. Sua madre, una signora! E tu ci credi?
MASSIMO – Non lo so.
ENRICO – E anch’io ci ho creduto quando l’ho conosciuta. E semu du’ bestii, tu e iù!
MASSIMO – Ma perché mi devi sempre coinvolgere? Non sei capace di fare autocritica senza
insultari i cristiani?
ENRICO – Io, però, sugnu cchiù bestia di tia. E anche un ingenuo. Sai quando l’ho scoperto? Solo
un mese fa. Hai capito? Ah, se l’avessi saputo prima di sposarmi!
(Massimo sbuffa)
Ma tu mi stai seguendo?
MASSIMO – Ovvio.
ENRICO – E allora, perché non mi chiedi che cosa ho scoperto?
MASSIMO – Enrico, che cosa hai scoperto?
ENRICO – Lo sai che mestiere faceva la “signora”, ai suoi tempi? Forza, indovina.
MASSIMO – Sì e perdiamo tempo…! Ca dimmillu e basta!
ENRICO – La signora faceva… (mima qualcosa d’indefinito) Hai capito?
MASSIMO – No.
ENRICO – Te l’ho detto: sei cretino.
MASSIMO – Senti, famminni iri perché se entro oggi non faccio partire quel vagone d’arance,
finisce a casino!
ENRICO – Ecco, bravo! Ci sei arrivato.
MASSIMO – Dove sono arrivato?
ENRICO – Le arance… il casino… Non ti suggerisce niente?
MASSIMO - E che c’entrano le arance con tua suocera?
ENRICO – Le arance, no ma il casino, sì.
MASSIMO – Come… il casino…? Aspetta, non mi dire…
ENRICO – Te lo dico.
MASSIMO – No, non ci posso credere. Perciò, la signora Cardaci faceva…
ENRICO – MASSIMO (insieme) ‘A buttana!
MASSIMO – E chi lo poteva immaginare? Ma comunque, tu ti maritasti a Diana, no’ a so matri…
Dunque, in fin dei conti…
ENRICO - … in fin dei conti, mi maritai una figlia di buttana…! La cosa grave, però, non è questa.
La cosa veramente grave è che io, in un certo senso, mi maritai macari a mè soggira! Ce l’ho a
carico! Qua, in casa mia! A camurriarimi l’esistenza dalla mattina alla sera! Non mi dà un attimo
di pace, credimi! Sono dieci giorni, per esempio, che cerco di chiudere il primo atto di questa
commedia…! E havi un giorno ca ‘mpingìi cù ‘stu “fare ciò”!

SCENA 5

(Irrompono Diana e Vincenzina, la madre).
VINCENZINA – (a Enrico, autoritaria e aggressiva) Chi ha messo il cartello “vendesi” ‘nto
canceddu?
ENRICO – (gli occhi sul manoscritto, finge di non badarle) “Vigliacco! Come hai potuto fare ciò?”
VINCENZINA – (a Diana) Chi fa tò maritu, delira? Chi sta dicennu?
DIANA – Enrico, mia madre ti ha chiesto come mai c’è quel “vendesi” al cancello!
ENRICO – (a Massimo) Hai visto? Dunque, con santa pazienza, lasciamo il lavoro e rispondiamo
alle signore.
VINCENZINA – (sprezzante) Il “lavoro”! Avanti, spicciati!
ENRICO – Il cartello l’ho messo io. Punto e basta.
VINCENZINA – No! Punto e a capo! Con te, semu sempre a punto e a capo! Di unni, ora, quest’al-
tra pensata?
DIANA – Non dirmi che hai intenzione di vendere la casa?
ENRICO – Te lo dico.
VINCENZINA – Senza consultare la famiglia?
ENRICO – Senza.
DIANA – Bravo!
ENRICO – (continua a rileggere) “Vigliacco! Come hai potuto…”
VINCENZINA – E si può sapere perché?
ENRICO – Perché così ho deciso.
MASSIMO – Scusate… io tolgo il disturbo. (A Enrico) Come sai, avrei un vagone…
ENRICO – Se tu sei un vero amico, devi rimanere!
MASSIMO – (tra sé) Praticamente, mi ha sequestrato!
DIANA – Enrico, guarda che l’affare è serio.
ENRICO – E se tu e tua madre non mi lasciate tranquillo, “l’affare” s’ingrossa sempre di più!
VINCENZINA – Beddamatri, mi fa venire di gettare con le sue pensate!
ENRICO – (a Massimo) La senti come parla? “Mi fa venire di gettare”…!
VINCENZINA – E se è vero…!
ENRICO – E io mi vado a imparentare con gente di siffatta cultura! Io, Enrico Genovesi, di pro-
fessione scrittore!
VINCENZINA – Bonu, bonu. Semu ricchi con le tue commedie!
DIANA – Insomma, io voglio sapere perché hai intenzione di vendere questa casa!
ENRICO – Ti rispondo subito. Perché non ho soldi. Perché qua si spendono troppi soldi. Per
l’esattezza, si spende il doppio di quanto guadagno.
VINCENZINA – E se tu guadagni una miseria, la colpa di chi è?
ENRICO – Massimo, io con questa signora, non intendo più discutere!
MASSIMO – Ho capito. Che faccio, me ne vado…?
ENRICO – Ti ho detto che con lei non parlo più.
MASSIMO – E va bene, scrivici… Che cosa vuoi da me?
ENRICO – (a Massimo) Fammi il favore, di’ alla signora che se siamo ridotti in queste condizioni,
la colpa è sua e di sua figlia che spendono e spandono senza ritegno! Diglielo!
MASSIMO – Ma diccillu tu. Anzi, già ci ‘u dicisti. Signora, l’ha sentito, no?
VINCENZINA – Io non ho sentito niente.
ENRICO – (a Massimo) Diglielo!
MASSIMO – (a Vincenzina) Senta, signora, dice suo genero…
VINCENZINA – ‘U sintii.
MASSIMO – Dici che non l’aveva sentito?!
VINCENZINA – Ci ha diri all’amicu sò che se si è ridotto in bolletta, la colpa è sua, che è un
fallito.
MASSIMO – Va bene. (A Massimo) Tua suocera ribatte…
ENRICO – Ho sentito!
MASSIMO – L’hai sentito. Ma allora, perché mi avete ingaggiato?
ENRICO – Massimo, di’ alla signora Cardaci che non sono un fallito ma se si continua di questo
passo, finiamo in un ospizio, anche se fossi Pirandello! Qui, si spendono milioni e milioni al
mese per vestiti, macchine, crociere…! Senza contare le bollette del telefono e dei cellulari!
MASSIMO – Sì. Ci ‘u dicu di cursa perché altrimenti le arance… Cara signora…
VINCENZINA – E i soldi che lui butta dalla finestra non li mette nel conto!
ENRICO – Quali soldi butterei dalla finestra?
DIANA – I soldi che regali, per esempio, a quella compagnia di morti di fame per farti mettere in
scena le tue commedie! Enrico, sei tu che stai dilapidando il patrimonio di tuo nonno e di tuo
padre!
ENRICO – Mi avete rotto le scatole, tutt’e due!
VINCENZINA – La verità fa male, beddu miu!
DIANA – Ora, calmiamoci.
MASSIMO – Sante parole.
VINCENZINA – Va bene. Calmiamoci. Caro genero, sarò franca.
ENRICO – (ironico) Cara suocera, anche se lei cambia nome e si fa chiamare Franca, la mia sim-
patia nei suoi confronti non aumenta. Anzi, scema.
VINCENZINA – (a Diana) Ma chi è, mi sta ‘nsurtannu tò maritu?
DIANA – Enrico, smettila!
ENRICO – “Scema”, voce del verbo “scemare”. Ignoranti!
VINCENZINA – Senti, Enrico, scema o non scema, mettiamo le cose in chiaro. Primo: tu ‘sta casa
non la vendi perché io e mia figlia vogliamo continuare a vivere qua e non in un tugurio! Secon-
do: ai miei tempi, quello che tu guadagni cù ‘na commedia, io lo guadagnavo in due giorni di
lavoro! Terzo e ultimo: datti una mossa, altrimenti io e mia figlia ti lasciamo. Ho detto.
MASSIMO – Se la mia presenza non è indispensabile e putiti accumudari anche senza di me…
ENRICO – (a Vincenzina) Ah, sì? Anch’io voglio mettere le cose in chiaro. Primo: il mio apparta-
mento di Catania, dove andremo ad abitare, non è affatto un tugurio perché conta cinque stanze e
doppi servizi. Massimo, diglielo tu che lo conosci.
MASSIMO – Parola d’onore, signora, cinque stanze e doppi servizi. E il camerino, Enrico, ti scur-
dasti il camerino.
ENRICO – Secondo: tugurio o non tugurio, la moglie deve seguire il marito. ‘A soggira, invece, no.
La suocera non s’arrisicari a veniri d’appressu al genero! Terzo e ultimo: se io guadagno poco, si
vede che io, forse, non sono portato a fare l’autore teatrale. Mentre lei, ai suoi tempi, guadagnava
di più perché, evidentemente, era fin troppo portata a fare il lavoro che faceva. Ho detto.
VINCENZINA – E ora, ‘stu tonu che significa? Che vuoi dire quando dici “il lavoro che faceva”?
MASSIMO – E che voleva dire? Niente. Non è vero, Enrico, che non volevi dire niente?
ENRICO – Tutto e niente.
DIANA – Non ti permetto allusioni volgari su mia madre, hai capito? Mia madre faceva un lavoro
umile ma onesto!
MASSIMO – E’ logico.
VINCENZINA – Io facevo la cameriera in un Tabarin, va bene? E non me ne vergogno, anzi me ne
vanto perché con le sole mance guadagnavo un sacco di soldi!
ENRICO – Con le mance, sì…!
VINCENZINA – Matri, mi sta facendo venire di gettare un’altra volta con le sue “illusioni” volgari!
MASSIMO – Si trattenga, signora. E mentre lei si trattiene, io me ne vado.
DIANA – (a Enrico) Tu stai mancando di rispetto a mia madre. Ed io non lo tollero!
ENRICO – Io mi dovevo sposare un’orfana!
DIANA – Vigliacco!
VINCENZINA – Tu a mia figlia, non te la meriti! Scrittore di quattru soldi!
(Esce rapidamente).

SCENA 6

(Diana, Enrico e Massimo rimangono in silenzio per qualche istante).

MASSIMO – Scusate… Prima non volevo disturbare ma ora, visto che siete in pausa, se permettete,
io avrei quel famoso vagone d’arance…
DIANA – (a Enrico, quasi in lacrime) Ti dovresti vergognare. Insultare mia madre in questo modo!
Quando t’ho sposato, non sapevo che eri un mostro!
ENRICO – (a Massimo) Tu non parli, non dici niente?!
MASSIMO – “Fra moglie e marito…”
ENRICO – … ci metti ‘n vaguni d’aranci ‘nto menzu! Ma hai sentito o no? Ora, il mostro sarei io!
DIANA – Sì, tu!
ENRICO – Io non ho più pace!
DIANA – Sono io che non ho più pace!
MASSIMO – (tra sé) E iù, allura…?
ENRICO – Mi sono anche bloccato. Non riesco più a scrivere…! Io, qua, (indica il capo) ho mille
idee, un vagone…
MASSIMO - … d’arance!
ENRICO - … di idee! Ma a che servono le idee se non riesci a tirarle fuori e a fissarle sulla carta?
DIANA – Nessuno t’impedisce di lavorare.
ENRICO – Tu me lo impedisci! E tua madre me lo impedisce! Con la sua presenza soffocante!
DIANA – Basta così. Poniamo fine a questa assurda conversazione. Voglio prendere un po’ d’aria.
Massimo, le dispiacerebbe accompagnarmi in paese? Ho la macchina fuori uso…
MASSIMO – Sono a sua disposizione.
ENRICO – Ma lascialo stare Massimo, prenditi la mia macchina.
DIANA – No, grazie. La tua macchina non la voglio. (A Massimo) Andiamo?
MASSIMO – Subito.
ENRICO – E… il vagone d’arance che doveva partire per la Germania…?
MASSIMO – (pronto) E non c’è sciopero? Mi sono ricordato in questo momento che oggi le ferro-
vie sono in sciopero. Prego, signora Diana.
DIANA – Lei sì che è un gentiluomo. (Via).
MASSIMO – Ciao, Enrico. Concentrati sul lavoro, ora che puoi stare un po’ tranquillo. E mi racco-
mando, cambialo ddu “fare ciò”. Magari lo sostituisci con “farlo”. (Via, anche lui).

SCENA 7

ENRICO – (da solo. Riprende il manoscritto. Riflette) “Farlo”? Vediamo: ”Vigliacco, come hai po-
tuto farlo?” E certo. Va benissimo, così. Parola d’onore, mi dassi du’ timpulati! Un tintu com-
merciante d’arance ci arriva e io no! Come mi sono ridotto! E’ inutile, non connetto più. Divintai
un cretino. Dunque, riordiniamo le idee. (Legge) “La mia vita non ha più senso, ormai. Pensavo
d’avere un amico accanto, non una serpe. Vigliacco! Come hai potuto farlo?” Perfetto. A questo
punto, si chiude il sipario sul primo atto. Andiamo al secondo, ora…
(Dalla vetrata di fondo, entra Maria con una valigia in mano).
MARIA – Dottore, è arrivato suo zio.
ENRICO – Mio zio?
MARIA – Suo zio.
ENRICO – Ma che giorno è oggi?
MARIA – Sabato, dottore.
ENRICO – Sabato? Ma come, sabato? E nessuno si degna di ricordarmi niente, in questa casa!
MARIA – Non si arrabbi, dottore. Ci giuro che d’ora in poi, ogni mattina, ci dico che giorno è.
ENRICO – Ma che sei scema?
MARIA – Come, scema…? Non voleva sapere…
ENRICO – Dico che nessuno si è premurato a ricordarmi che oggi, sabato, sarebbe arrivato mio
zio Carmelo! Dov’è? L’hai fatto entrare?
MARIA – Sta pagando il tassista. Qua, qua, è.
ENRICO – Che bella figura…!

SCENA 8

CARMELO – (entra) Enrico!
ENRICO – Zio Carmelo! (Si abbracciano)
MARIA – Dove la metto questa valigia?
ENRICO – E dove vorresti metterla? Nella camera degli ospiti, no? Al primo piano.
MARIA – Sì. (Si avvia ad uscire) Ah, dottore…
ENRICO – Che c’è?
MARIA – Domani è domenica.
ENRICO – Ma vattene, va! Vedi di sbrigarti con quella valigia!
(Maria esce).
E allora, zio, come va? Devi scusarmi… Guarda, sono mortificato. Dovevo venire in aeroporto
… Ma perché non ti siedi? Dovevo venire ma sono sincero: me lo sono tolto dalla testa. Bevi
qualcosa?
CARMELO – No, grazie. Ah, questi artisti! Sempri c’a testa ‘nte nuvuli! (Ride) Non ti preoccupare,
non è successo niente di grave. Sono arrivato ugualmente, no? Sano e salvo.
ENRICO – Il viaggio è andato bene?
CARMELO – Tutto a posto. E allora, raccontami. Mi pare che in questi due anni ci sono state delle
novità…
ENRICO – E come no? Poi, poi ti racconto. Tu, piuttosto… Come va l’agenzia investigativa?
CARMELO – Mah! Forse è troppo presto per fare bilanci… Comunque, non mi lamento. Diciamo
che fino a quando esisterà il matrimonio, il lavoro non mi dovrebbe mancare.
ENRICO – In che senso?
CARMELO – Il matrimonio è o non è una fabbrica di corna? Dove c’è una coppia, ci su’ corna o
odore di corna. E unni ci su’ corna o odore di corna… intervengo io.
ENRICO – Ah, ecco.
CARMELO – E, con discrezione, scruto, annuso, pedino e verifico se le corna ci sono, di quale
dimensione sono, di quale peso, eccetera eccetera…
ENRICO – Ma le corna a volte ci sono e a volte non ci sono…?
CARMELO – No, ci sono. Ci sono quasi sempre. Quando un marito o una moglie viene da me,
novantanove volte su cento, sa di avere le corna. Diciamo che se ne vuole solo accertare.
ENRICO – E novantanove volte su cento…
CARMELO – Le corna ce l’ha.
ENRICO – Ma dimmi… Tu ti occupi solo di corna?
CARMELO – Praticamente, mi sono specializzato, sì. Di tanto in tanto, ricevo qualche altro tipo
d’incarico… Nel campo industriale, per esempio. Però, credimi, la soddisfazione che ti danno le
corna non te la dà niente e nessuno! Scoprire in flagrante l’adulterio di una donna è una cosa
magnifica… una sensazione straordinaria! Ti senti veramente gratificato. Ma lasciamo perdere.
A proposito di corna… cioè, a proposito di matrimonio, tu come ti trovi? Tua moglie? Che tipo
è? Sono curioso di conoscerla, questa ammaliatrice che ti ha conquistato.
ENRICO – Non è in casa ma dovrebbe rientrare a momenti. E’ uscita con Massimo e…
CARMELO – E’ uscita… con chi?
ENRICO – Con Massimo.
CARMELO – Ah!
ENRICO – No, no, zio, non ti far venire certe idee in testa…!
CARMELO – Io, in testa, non ho niente. Ma spero che anche tu possa dire la stessa cosa.
ENRICO – Con tutto il rispetto, zio Carmelo, ho l’impressione che il tuo cervello viaggi a senso
unico.
CARMELO – Può darsi.
ENRICO – Sei vittima della classica deformazione professionale e vedi corna dovunque.
CARMELO – Può darsi.
ENRICO – E non fare quella faccia. Senti, io di Massimo mi fido ciecamente. Ci conosciamo da
almeno vent’anni… Anche tu dovresti ricordarti di lui…
CARMELO – Come no? Me lo ricordo perfettamente. Massimo… Privitera, mi pare.
ENRICO – Esatto.
CARMELO – Esportatore di arance, se non mi sbaglio. No, no, mi ricordo, mi ricordo.
ENRICO – E tu vuoi che Massimo… Dai! Di mia moglie potrei anche dubitare ma di lui, no.
CARMELO – Dimmi ‘na cosa, Enrico. Non eri tu a dire sempre che voi due avevate gli stessi gusti
in fatto di donne? Che non appena tu filavi con una ragazza, iddu, immediatamente, cercava di
fregartela?
ENRICO – (ride) Sì, questo è vero ma che c’entra?
CARMELO – No, niente. Volevo solo verificare se la mia memoria funziona ancora.
ENRICO – A quei tempi eravamo due scapestrati, che vai pensando? Ora è diverso. Diana è mia
moglie e Massimo non si permetterebbe mai…
CARMELO – Comunque, nipote caro, hai fatto una gran bestialità.
ENRICO – A farla uscire con Massimo?
CARMELO – No. A prendere moglie. Nel matrimonio non sai mai di che morte muori: se di corna
o di fegato. L’unica cosa sicura è che bene non fa. E io, ringraziando il Padreterno, mi sono tenu-
to alla larga da questa malattia. (Pausa) Come si chiama?
ENRICO – La malattia?
CARMELO – Tua moglie. Come si chiama?
ENRICO – Ah, Diana.
CARMELO – Ti vuole bene, almeno?
ENRICO – Sì, ci mancherebbe. A modo suo, magari, ma mi vuole bene. Forse, non posso dire che
sia la moglie ideale… però, guarda, come amante… è insuperabile!
CARMELO – L’altro giorno, al telefono, mi hai detto che anche sua madre vive qui, con voi.
ENRICO – Per favore, non tocchiamo questo tasto.
CARMELO – Bestia, due volte! Scusami, Enrico ma, mi conosci, io dico sempre quello che penso.
Ma come, non solo ti metti un’estranea in casa, no! Per giunta, ti vai a ‘mpuniri ‘st’autra cutra!
La suocera!
ENRICO – E qui, hai ragione. Ho sbagliato. Ma che ne potevo sapere? Sembrava una persona così
perbene! E invece… Se tu sapessi quello che faceva da giovane…!
CARMELO – Che faceva?
ENRICO – No, che pensi? Faceva la cameriera in un locale notturno, un Tabarin. Certo, non c’è
niente di male, per carità… Solo che non ha cultura, non ha sensibilità… Insomma, è ‘na zaurda!
Per non parlare, poi, dei soldi che spendono…!
CARMELO – Mah! Ti ho già detto come la penso. E il tuo lavoro? Almeno quello va bene, spero?
ENRICO – Il lavoro? E come posso lavorare in questa atmosfera? Niente, mi sono arenato… Sono
mesi che tento di ultimare una commedia…
CARMELO – Insomma, va tutto a rotoli.
ENRICO – Sì, come la carta igienica. Ti racconto l’ultima…

SCENA 9

VINCENZINA – (irrompe improvvisamente, urlando) Senti, Enrico, o ‘a licenzi tu oppure ci ’a
dugnu iù ‘na gran bella pirata e ‘a mannu! Visto che non ti muovi, faccio io le tue “feci”!
CARMELO – (sconvolto) Chi è... ‘sta cosa?
ENRICO – (imbarazzatissimo) Zio… ti presento mia suocera.
CARMELO – (le si avvicina piuttosto perplesso) Sono onorato, signora.
VINCENZINA – (frettolosamente) E io sono Vincenzina. (A Enrico) E allura? C’hamu a fari?
ENRICO – Non vede che ho un ospite? Poi, ne riparliamo…
VINCENZINA – No. Ne parliamo subito! O la licenzi o ci scippu i cannarini!
ENRICO – (sempre più imbarazzato, allo zio) Abbiamo una cameriera un po’ tonta… ma non è
cattiva…
VINCENZINA – E’ una gran cosa fitusa! Mi ha mancato di rispetto! A me! Hai capito?
ENRICO – Ho capito, sì. Ni parramu dopu, con calma, va bene?
VINCENZINA – Dopu sarà troppo tardi! Pirchì te la faccio trovare stinnicchiata ‘nterra, menza
morta e menza viva! Ci dugnu un colpu di padedda…! (A Carmelo) Mi deve scusare, Onorato,
ma io sono fatta così: su certe cose non transigo! (Via).

SCENA 10

ENRICO – (sconsolato) Ecco qua. L’hai conosciuta.
CARMELO – (ancora scosso) Ma a quale tribù appartiene? E’ una selvaggia!
ENRICO – Hai capito con che razza di donna devo convivere?
CARMELO – Non è per infierire ma ti confesso che uno spettacolo del genere non me lo sarei mai
aspettato… Senti, dov’è che faceva la cameriera questa… signora?
ENRICO – Non lo so. In un locale… Perché?
CARMELO – No, niente. Ho l’impressione di averla già conosciuta… Chissà che locale era?
ENRICO – Un Tabarin… dice lei.
CARMELO – Un Tabarin… Mah!

SCENA 11

(Entrano Diana e subito dopo, Massimo)
DIANA – (ride divertita. Ha con sé alcuni pacchetti) Eccoci qui. (Si accorge della presenza di Car-
melo) Scommetto che è lo zio Carmelo!
ENRICO – Infatti. Questa è Diana,zio.
CARMELO – Felice di fare la tua conoscenza. (L’abbraccia con trasporto. Poi, a Enrico) Compli-
menti vivissimi: hai davvero una gran bella moglie! (A Enrico, in disparte) Mancu pari ‘a fig-
ghia di King-Kong!
MASSIMO – (appena entrato, con altri voluminosi pacchi) Ohè! Maresciallo carissimo! (Gli stringe
la mano)
CARMELO – Una volta ero maresciallo, caro Privitera, una volta! Ormai, sono in pensione!
MASSIMO – Uno che è maresciallo dell’Arma, resta maresciallo a vita, caro maresciallo!
DIANA – Finalmente ho conosciuto il famoso zio Carmelo!
CARMELO – Famoso! Addirittura?!
DIANA – Enrico ti è molto affezionato e non fa che parlare di te. Sono contenta che hai deciso di
restare con noi per un po’ di tempo.
CARMELO – Solo per qualche giorno, per potermi godere i miei nipoti! Poi, ritorno a Roma.
ENRICO – (a Diana) Vieni, andiamo a controllare se la camera degli ospiti è in ordine. (A parte)
Tua madre ha litigato per l’ennesima volta con Maria. Vediamo di risolvere questa faccenda.
(A Carmelo) Scusaci un momento, zio.
DIANA – Con permesso. (Via, insieme a Enrico).
CARMELO – Fate, fate pure.

SCENA 12

CARMELO – E allora, caro Privitera, che cosa mi racconta di bello? Come vanno le arance?
MASSIMO – C’è crisi, maresciallo, c’è crisi. Comunque, si tira avanti. E lei? Ho saputo che fa
l’investigatore privato a Roma.
CARMELO – Sì. Ho aperto un’agenzia investigativa con un altro socio.
MASSIMO – Ha visto che lei è rimasto sempre maresciallo? Ha cambiato azienda ma bazzica sem-
pre nello stesso ramo! E mi dica: di cosa si occupa esattamente?
CARMELO – Di corna.
MASSIMO – Di corna?
CARMELO – Sì. Il mio compito è quello di cercare le corna.
MASSIMO – (ride) E chissà quante ne trova, ah?
CARMELO – Un mare, caro mio, un mare.
MASSIMO – E certo, che mancano corna? In una famiglia può mancare il pane, i soldi, la salute
ma in quanto a corna… ce ne sono in esubero!
CARMELO – A proposito di famiglia, lei è ancora scapolo?
MASSIMO – Scapolissimo, caro maresciallo! Non ho nessuna intenzione d’incrementare la produ-
zione di corna!
CARMELO – Bravo. Anch’io la penso come lei. Infatti, non ho mai preso moglie.
MASSIMO – Ca quali! Schifiu! Moglie!
CARMELO – (sottovoce. Sorride con intenzione) E com’è, com’è?
MASSIMO – Com’è… chi?
CARMELO – Diana. Com’è?
MASSIMO – Ma, scusi… perché mi fa questa domanda?
CARMELO – Semplice curiosità maschile. E’ una gran bella ragazza, no? E siccome immagino che
lei e Diana… eh?
MASSIMO – Ma, mi perdoni, lei ancora deve arrivare e già immagina…? No. Immagina male.
CARMELO – (continua a sorridere) Lei dice?
MASSIMO – Non posso negare che Diana mi piace, però… si tratta della moglie di Enrico e
dunque…
CARMELO – In guerra e in amore, non si conoscono amici! Tanto è vero che lei ci esce insieme…
la corteggia… Avanti, che c’è di male? Lo sappiamo, no? L’uomo è cacciatore. E il cacciatore
che fa?
MASSIMO – Che fa il cacciatore? Ca spara.
CARMELO – E prima di sparare?
MASSIMO – Deve avere la licenza.
CARMELO – Signor Privitera, il cacciatore cerca, si apposta, individua la “passera” che gli piace
e non appena la “passera” si trova in buona posizione, punta il fucile e… spara. Lei ha sparato?
MASSIMO – Ca quali! Mi hanno anche riformato!
CARMELO – Ho capito. Lei è un gentiluomo e non ne vorrebbe parlare. Più che giusto. Però, alla
fin fine, siamo uomini…! E dunque?
MASSIMO – Maresciallo, da uomo a uomo, glielo confesso: sono innamorato di Diana.
CARMELO – Lo sapevo.
MASSIMO – Però… di sparare, non se ne parla!
CARMELO – (cambia tono e atteggiamento. Diventa duro) E meno male.
MASSIMO – Come “meno male”? Maresciallo, io devo sparare! Ho bisogno di sparare! Almeno un
colpo l’haiu a sparari!
CARMELO – E allora, se proprio ne ha bisogno, si spari!
MASSIMO – Mi sparo?! Scusi ma non la seguo…
CARMELO – (autoritario) Lei la deve smettere, ha capito? Lei non deve più vedere Diana! Anzi, la
invito a lasciare immediatamente questa casa! Ci siamo capiti?
MASSIMO – (sconcertato) Certo ca lei, maresciallo, il vizio di fari ‘u sbirru non l’ha perso!
CARMELO – Ma non si vergogna? Tradire la fiducia del suo migliore amico…!
MASSIMO – E’ inutili. Marescialli si nasce! Ma tu viri quantu fu ‘nfamiu! Comunque, ha ragione:
seguirò il suo consiglio.
CARMELO – Privitera, il mio non è un consiglio. Il mio è un ordine. Categorico! Imperativo!
Indifferibile!
MASSIMO – Lei mi è sempre piaciuto perché è un tipo democratico. Va bene. Vuol dire che…

SCENA 12

ENRICO – (entra) Tutto a posto, zio. Se vuoi andare a sciacquarti, a riposare, fai pure. Sei a casa
tua.
CARMELO – Ti ringrazio. (A Massimo) Caro signor Privitera, i miei omaggi. La lascio. E penso
che ci lascerà anche lei. Non è così?
ENRICO – (ride) Ha detto anche a te che ha un vagone d’arance in partenza per la Germania, vero?
CARMELO – Sì. In partenza.
ENRICO – Solo che oggi i treni sono in sciopero. Questo non te l’ha detto!
CARMELO – Sì, me l’ha detto ma… parte lo stesso…!
MASSIMO – Parte, parte. Se lo dice il maresciallo!
ENRICO – E come fa a partire con lo sciopero?
CARMELO – Parte, Enrico, parte. (A Massimo) Arrivederla. (Via).

SCENA 13

ENRICO – Ma che ha mio zio? Mi è parso seccato…
MASSIMO – Mah! Sai come sono questi marescialli in pensione… Sono sempre incazzati frischi.
ENRICO – E perché si è incazzato?
MASSIMO – E che ne so? Il viaggio, forse, il cambiamento di clima, il fuso orario…
ENRICO – Ma quale fuso orario? Se viene da Roma!
MASSIMO – E si vede che i marescialli hanno il fuso per conto proprio. Senti, Enrico, ti devo
parlare…
ENRICO – E che mi devi dire?
MASSIMO – Ora te lo dico.
ENRICO – E dimmelo, no?
MASSIMO – Non m’assicutari se no mi confondo! Assettiti. (I due siedono) Com’era quella battuta
della tua commedia?
ENRICO – Ah, l’ho sistemata. E ora, funziona. “Vigliacco, come hai potuto farlo?”
MASSIMO – Eh! Questa battuta, in questo momento, ci sta come ‘a ricotta salata sui maccheroni!
ENRICO – Semmai “come il cacio sui maccheroni”.
MASSIMO – A mmia mi piaci ‘a ricotta salata.
ENRICO – Massimo… chi sta’ dicennu? Il cacio, ‘a ricotta salata… Dove vuoi arrivare?
MASSIMO – Enrico… non lo so com’è successo ma è successo.
ENRICO – Che cosa è successo?
MASSIMO – Mi sono innamorato di tua moglie.
ENRICO – Mi pareva chi era! Disgraziato… mi facisti pigghiari uno spavento…!
MASSIMO – Ma come…? Non dici niente, non t’incazzi, non mi jetti manu…?
ENRICO – E perché? E’ normale, no?
MASSIMO – Come “normale”? Ma ti rendi conto…?
ENRICO – Ti sei scordato che tu, regolarmente, ti sei sempre innamorato di tutte le ragazze che
stavano con me?
MASSIMO – Ma ora, si tratta di tua moglie. Che è la stessa cosa?
ENRICO – Il che dimostra che continui ad avere i miei stessi gusti. Ora, però, dovresti smetterla,
ti pare? Non è che si può continuare in questo modo!
MASSIMO – No, non si può.
ENRICO – Tu ti devi sposare!
MASSIMO – No.
ENRICO – Te la trovo io una ragazza. Anzi, guarda… ne conosco una che è al bacio!
MASSIMO – E dove l’hai conosciuta?
ENRICO – In teatro. Fa la costumista.
MASSIMO – Non m’interessa.
ENRICO – Ti dico che è dolcissima. A me, piace e se piace a me, per forza deve piacere anche a te.
MASSIMO – Sarà… ma io non l’amo.
ENRICO – E certo che non l’ami! Se nemmeno la conosci…!
MASSIMO – Io amo Diana.
ENRICO – E io a Diana non te la posso dare.
MASSIMO – E io non te la domando.
ENRICO – Guarda, al limite, proprio perché sei un amico, ti pozzu dari a mè soggira!
MASSIMO – Mi è venuta una bella pensata. Vediamo se ti piace. A me, piace. Perché non mi lassi
scappari cù idda?
ENRICO – Cù mè soggira?
MASSIMO – Sì, cù tò soggira! Dico, con Diana. Così, salviamo le apparenze: tu non me la dai ma
sono io che me la prendo. Che te ne pare?
ENRICO – Non si può fare. Primo, perché non è una bella cosa. Secondo, perché t’avissi a purtari
macari a mè soggira e non so se ti conviene… L’unica soluzione è sposarti.
MASSIMO – E con chi? C’a custurera?
ENRICO – Costumista.
MASSIMO – Non me ne frega niente. L’unica soluzione sai, invece, qual è? (Recita) Sparire. Spari-
re da questa casa e non vederla mai più. (Cambia tono) No’ ‘a casa… mi riferisco a Diana.
(Riprende a recitare) Chissà… il tempo… la lontananza…! Ciao.
ENRICO – Ma… te ne vai veramente?
MASSIMO – E’ logico.
ENRICO – E… quando ci rivediamo?
MASSIMO – Quannui si ni va ‘u maresciallu.
ENRICO – E che c’entra mio zio?
MASSIMO – I marescialli c’entrano sempre. Ti salutu. (Via).

SCENA 14

ENRICO – (da solo) Quant’è strampalato! Innamorato di Diana…! Quasi quasi gliela darei vera-
mente…! Bah! Visto che c’è un po’ di pace, mi chiudo nel mio studio, a lavorare. (Via).
(Entrano Diana e Carmelo).
DIANA – (tiene un braccialetto fra le mani) Enrico, guarda che cosa mi ha portato lo zio…! Non
c’è. Sarà andato nel suo studio.
CARMELO – Ti piace?
DIANA – Mi piace?! Ma se è bellissimo! Grazie, zio! (Lo abbraccia con slancio) Ma non dovevi.
Chissà quanto hai speso!
CARMELO – Io? Niente. L’ho comprato coi soldi di un marito particolarmente cornuto.
DIANA – (ride) Che dici? Non capisco.
CARMELO – Non farci caso. Fa parte del mio lavoro avere a che fare con mariti cornuti. Ma per-
ché non lo metti?
DIANA – Sì, certo. (Esegue) Che bello! (Lo bacia)
CARMELO – (l’abbraccia, a sua volta) Tu meriti più di un braccialetto, Diana! Sei una ragazza
meravigliosa! Quando t’ho vista… hai risvegliato dentro di me… strane sensazioni…!
DIANA – (lo rimprovera con civetteria) Zio Carmelo!
CARMELO – Chiamami “Melo”. E’ più ecologico e fai prima.
DIANA – (c.s.) Sbaglio o stai tentando di sedurre tua nipote?
CARMELO – Non sbagli. Io… io sarei disposto a fare qualsiasi pazzia per te!
DIANA – Sono lusingata… ma ora, basta. Se qualcuno ci scoprisse… Ti prego, zio.
CARMELO – (la corregge) “Melo”!
DIANA – (si ritrae ridendo) Va bene: Melo. (Esce rapidamente).
CARMELO – Diana! (La segue ed esce)

SCENA 15

MARIA – (entra, seguita da Giovanni e Gabriella) Prego, accomodatevi. Ora, vado a chiamare il
dottore. (Via)
GIOVANNI – (si guarda attorno) Una bella casa veramente! Ma ‘sa’ quantu ni voli! Com’è che si
chiama il proprietario? Ah, Genovesi.
GABRIELLA – Genovesi. Questo cognome non mi è nuovo…
ENRICO – (entra) Buon giorno.
GIOVANNI – (si alza) Oh, buon giorno.
GABRIELLA – (sta per alzarsi) Stia, stia comoda, signorina. Ma… noi ci conosciamo, mi pare…
GABRIELLA – Infatti. Sono Gabriella Santonocito, la costumista. Non sapevo fosse lei il pro-
prietario della villa. Le presento mio padre.
ENRICO – Molto lieto.
GIOVANNI – Altrettanto io. Dunque, dottor Genovesi, noi l’abbiamo disturbata
ENRICO – Nessun disturbo, la prego.
GIOVANNI – So che lei ha intenzione di vendere questa villa…
GABRIELLA – Papà vorrebbe acquistare una casa e intestarla a me. Sa come sono i padri…!
GIOVANNI – Dopo la morte di mia moglie, pace all’anima sua, non mi è rimasta che Gabriella.
Io lavoro solo per lei, mi deve credere. Faccio il salumiere. Non è ca haiu i miliardi…! Però
quello che ho mi basta e coi risparmi vorrei dare un tetto a mia figlia. Sbaglio?
ENRICO – Assolutamente no, anzi, le fa onore. (A Gabriella) Che strana coincidenza. Lo sa, signo-
rina, che poco fa, parlavo di lei?
GABRIELLA – (arrossisce) Di me?
ENRICO – Sì. Ad un amico. Gli dicevo, appunto, che conoscevo una splendida ragazza…
GABRIELLA – (c.s.) La ringrazio… ma non capisco…
ENRICO – (la guarda sorridendo) Perdoni la mia sfacciataggine: lei è fidanzata?
GABRIELLA – No. Perché me lo chiede?
ENRICO – Perché, vede… questo mio amico… Beh, ne riparliamo un’altra volta… col permesso
di papà, naturalmente! (A Giovanni) E allora, lei vorrebbe acquistare questa casa? E’ davvero
un’occasione, mi creda. E poi, visto che si tratta di Gabriella, le garantisco che ci metteremo
subito d’accordo.
GIOVANNI – Ne sono convinto. Ma si mi dici ‘u prezzu, è megghiu. Lei capisce: ognuno si deve
fare i conti con le proprie tasche, prima di fare un passo, non le pare?
ENRICO – Più che giusto. Ma, per ora, non parliamo di prezzi: Veda tutta la casa, prima e poi, con
comodo, ne riparliamo. Dunque, il giardino l’ha già visto entrando…

SCENA 16

(La conversazione viene interrotta bruscamente da Maria che entra particolarmente agitata).
MARIA – Dottore…!
ENRICO – Maria! Ma non vedi che sono occupato?
MARIA – Mi deve scusare, dottore ma, di là, sua suocera… (Fa chiari cenni che la persona in que-
stione è andata in escandescenze) Insomma… se viene lei, è meglio.
ENRICO – In questo momento, non posso.
GABRIELLA – (visibilmente delusa) Ma, allora… lei è sposato?
ENRICO – Sì… purtroppo!
GIOVANNI – Quanto mi dispiace!
MARIA – (insiste) Dottore, per cortesia…!
GIOVANNI – Forse è meglio che noi togliamo il disturbo. Magari un altro giorno facciamo tutto
con calma…
GABRIELLA – Sì, il dottore ha da fare. Ci scusi, dottor Genovesi, se l’abbiamo importunata…
ENRICO – Ma che dice? Sono io che devo scusarmi. Sono davvero mortificato… (A Maria) Tu
vattene… Arrivo subito. (Maria, via) Il guaio è che, spesso, mia suocera ha degli attacchi e se
non si provvede subito, c’è il rischio che la cosa possa degenerare…!
GIOVANNI – Vada, vada e speriamo che non sia nulla di grave. Arrivederla.
GABRIELLA – Arrivederci…
ENRICO – A presto, allora. Vi accompagno.
GIOVANNI – Non occorre, grazie. Conosciamo la strada.
(Enrico fa strada ai due che escono.
Sopraggiunge Vincenzina urlando)

SCENA 17

VINCENZINA – (inveisce contro Maria che la segue) E tu lassami stari, cretina! Dove stanno que-
ste persone? Unni sunu ca ci parru iù! Vediamo se la casa è in vendita oppure no!
ENRICO – Le proibisco di alzare la voce in casa mia, ha capito?
VINCENZINA – (a Maria) Tu, fila! ché ci devo fare un bel discorsetto a mio genero. Ancora ccà,
si’? Avanti, marciamu!
(Maria esce)
Chiariamo una cosa importante. Vedi che se questa casa è tua è pure casa di mè figghia e per
logica conseguenza, anche casa mia!
ENRICO – E invece, si sbaglia. Questa casa è di mia proprietà.
VINCENZINA – Mia figlia ci ha gli stessi diritti che ci hai tu perché è tua moglie.
ENRICO – Morali. Diritti morali.
VINCENZINA – O morali o immorali, è macari ‘a so casa! E unni sta mè figghia, ci sto anch’io,
caro Enrico!
ENRICO – Questo è da vedersi.
VINCENZINA – Si nesciu iù, nesci Diana, Chistu ‘u sai, vero?
ENRICO – Anche questo è da vedere!
VINCENZINA – Bih, quanti cosi ci su’ di vidiri!
ENRICO – Sì. Lo vedremo!
VINCENZINA – Iù vidu sulu ca si’ scunchiurutu!
ENRICO – Come si permette, vecchia scimunita?!
VINCENZINA – Iù sugnu scimunita?!
ENRICO – Sissignora! C’è altro?
VINCENZINA – Ti garantisco ca ‘sta casa non te la faccio vendere!
ENRICO – Io, questa casa, l’ho già praticamente venduta, sulla parola. E lei, lo ribadisco, vecchia
scimunita, non me lo può impedire!
VINCENZINA – Matri, mi dissi ‘n’autra vota vecchia scimunita…! Vergogna! Grandissima cosa
fitusa!

SCENA 18

(Accorrono Diana e Carmelo).
DIANA – Ma… che sta succedendo?
VINCENZINA – Diana, ti comunico che in questa casa io non ci vogghiu cchiù stari.
ENRICO – Oh, finalmente!
DIANA – No! Tu di qui non ti muovi. E se è successo qualcosa, Enrico ti chiederà scusa.
ENRICO – Io, chiedere scusa?! Ma che siamo impazziti?!
CARMELO – Calma. A tutto c’è rimedio. Ma bisogna mantenere la calma.
VINCENZINA – (indica Carmelo) Ma cu’ è chistu? Sempri ammenzu ‘e peri è! Chi è ca voli?
ENRICO – Se permette, “chistu” è un mio parente. La stessa cosa non posso dire di lei!
DIANA – Mamma, è lo zio Carmelo.
VINCENZINA – Comu, Carmelo? Dici ca si chiama Onorato… Comunque, non m’interessa.
DIANA – Enrico, posso sapere cosa è successo?
ENRICO – Chiedilo a tua madre.
DIANA – Mamma…
VINCENZINA – Questo sconclusionato dice che ha venduto la villa... sulla parola!
DIANA – (a Enrico) E’ vero?
ENRICO – Sì.
VINCENZINA – Hai capito? E siccome ho cercato di farici capiri che sta facendo una cosa sbaglia-
ta, per tutta risposta, ‘stu puddicinedda mi dissi ca sugnu vecchia e sciamunita!
DIANA – Ma… è inaudito…! Enrico, come hai potuto…?
ENRICO – Diana, tua madre deve scomparire definitivamente dalla mia vista.
VINCENZINA – Io sono in casa di mia figlia, disonesto!
ENRICO – Lei se ne deve andare! E subito!
VINCENZINA – (in tono di sfida) E iù non mi ni vaiu. Chi mi fai?
ENRICO – (fuori di sé) Se non se ne va, parola d’onore…!
VINCENZINA – Bih! Sugnu tutta scantata! Sto tremando come una foglia! No’ vidi comu tremu
tutta…? Pezzu di cretinu!
ENRICO – (la spinge per le spalle) Signora Cardaci, non mi faccia fare uno sproposito!
VINCENZINA – Signor Genovesi! “Spropositi” pure! Fallito! Come uomo e come scribacchino!
ENRICO – Lo ripeta, se ha il coraggio!
VINCENZINA – E chi ci voli: sei una nullità! Sì, sì e sì! E non mi tuccari, ‘u senti? Non mi tuccari!
ENRICO –(continua a spingerla) Se ne vada, lavannara!
DIANA – Enrico!
CARMELO – Signori, calma…!
VINCENZINA – Facchino, disgraziatu e ammuccalapuni! (Gli dà un sonoro schiaffo)
ENRICO – (annichilito) Ma chi mi desi ‘na timpulata, ‘st’animali di catina?! (A sua volta, alza la
mano su Vincenzina)
DIANA – (che corre a coprire la madre e riceve lo schiaffo) Ahi! Sei una carogna! Una carogna!
ENRICO – Diana… scusami… Io non volevo…!
CARMELO – Ordine, signori, ordine!
VINCENZINA – (a Carmelo) Ca si livassi, lei! Anzi, no! Lei è testimone! Onorato, lei è testimone
oculato che questo selvaggio ci isò i manu a mè figghia e a mia m’addubbò a maliparoli! (A
Enrico) Ora ‘u vidi comu ti finisci, baccalaru!
ENRICO – Ma Diana… se ti sto giurando…
VINCENZINA – Vogliamo il divorzio!
DIANA – Voglio divorziare.
VINCENZINA – Non ti preoccupari, ‘a mamma, già ci ‘u dissi iù.
ENRICO – E va bene! Vuoi il divorzio? Anch’io voglio il divorzio! Facciamola finita! Perché io
sono stanco! Non ne posso più! Stai tranquilla: avrai il divorzio!
VINCENZINA – Diana, gioia, andiamo dall’avvocato, di tutta cursa! Amuninni! Lassamulu perdiri
a chistu! Un maritu comu a iddu megghiu pirdillu ca truvarlu! Amuninni!
DIANA – Sì, andiamo!
(Vincenzina e Diana, via)
CARMELO – Diana! Diana! (Corre dietro alle due)
ENRICO – (stupito dalla reazione dello zio) Ma… zio?!

SIPARIO



ATTO SECONDO

Stessa scena del primo atto.

SCENA 1

(Enrico, palesemente rilassato e soddisfatto, abbandonato su una poltrona, legge un giornale ad
alta voce).
ENRICO – (legge) “… quindi il successo dello spettacolo ci sembra del tutto meritato. Gli spetta-
tori hanno più volte chiamato alla ribalta gli interpreti che hanno dato vita a quest’ultima apprez-
zabile fatica di Enrico Genovesi”. Ottima recensione. (Chiama) Amore!
GABRIELLA – (entra) Dimmi.
ENRICO – Leggi. A quanto pare, la mia commedia è piaciuta a tutti, perfino ai critici. (Le mostra
il giornale).
GABRIELLA – (scorre le righe) Sono orgogliosa di te.
ENRICO – Ed io di te. (Riprende il giornale) Guarda: “Belli e originali i costumi firmati da Gabriel-
la Santonocito”. (La bacia) Sono felice di averti sposata.
GABRIELLA – (sorride) E’ appena passato un mese. Dirai così anche fra un anno o fra dieci anni?
ENRICO – Lo dirò anche fra mille anni! Con te ho ritrovato la gioia di vivere, la serenità e la voglia
di lavorare. Adesso, tutto mi riesce più facile.
GABRIELLA – E pensare che hai amato un’altra donna, prima di me. Una donna che viveva accan-
to a te, come me, ora. E che ti faceva felice quanto me, probabilmente.
ENRICO – Qua, ti sbagli.
GABRIELLA – L’hai più rivista?
ENRICO – Dopo il divorzio, no. Non so neppure dove e con chi sia.
GABRIELLA – Perché vi siete separati? Non me l’hai mai detto.
ENRICO – A causa della madre, soprattutto.
GABRIELLA – Era carina?
ENRICO – Macché! Una vecchia grassa e volgare.
GABRIELLA – Non mi riferivo a sua madre, stupido.
ENRICO – E dai, Gabriella, che senso hanno tutte queste domande?
GABRIELLA – Io non ci trovo nulla di male…
ENRICO – E allora, dovrei raccontarti di tutte le altre avventure che ho avuto da ragazzo!
GABRIELLA – Dunque, per te, il tuo primo matrimonio è stato un’avventura…?
ENRICO – No. Una disavventura. E ora, basta, per favore. Il passato è passato. Che senso ha rivan-
gare? La sola cosa del passato che mi piace ricordare è il momento in cui ti ho incontrata… qui,
in questo stesso posto. Chi l’avrebbe mai detto? E pensare che volevo combinare il matrimonio
fra te e Massimo! Se fosse qui, ora, il primo a riderne sarebbe lui!
GABRIELLA – Mi parli sempre di questo Massimo. Dovete essere molto amici.
ENRICO – Fraterno. Un amico fraterno. Il quale, fra l’altro, si era innamorato della mia ex moglie!
GABRIELLA – Questo non me l’avevi raccontato.
ENRICO – Sì. Innamorato pazzo. Al punto che volle sparire per dimenticarla. E da quella volta, da
quando me lo confessò, non l’ho più rivisto.
GABRIELLA – Beh, cercalo tu, allora.
ENRICO – E non l’ho fatto? L’ho cercato un centinaio di volte ma è introvabile. Pare che sia anda-
to in Bulgaria o in Romania, non ricordo bene, a curare i suoi affari… La sua azienda di arance
si sarà allargata, evidentemente.
GABRIELLA – Allora, non sa nulla di noi?
ENRICO – E come potrebbe? Te l’ho detto: ci siamo persi di vista.
(Si sente suonare il campanello d’ingresso).
GABRIELLA – Aspetti qualcuno?
ENRICO – No. Non mi pare.

SCENA 2

MARIA – (entra dalla vetrata di fondo) Domando scusa, dottore, è arrivato suo zio Carmelo.
ENRICO – (sorpreso) Lo zio Carmelo?
MARIA – Gli ho aperto il cancello e sta salendo le scale.
CARMELO – (entra con una valigia in mano. E’ nervoso) Ciao, Enrico. Scusa l’intrusione. (Saluta
distrattamente Gabriella) Buon giorno.
GABRIELLA – Buon giorno.
ENRICO – Zio! Ma che buon giorno! Lei è Gabriella!
CARMELO – (non realizza) Gabriella?
ENRICO – Mia moglie!
CARMELO – Tua moglie? Ah, tua moglie! Scusa ma ho la testa… (Abbraccia Gabriella in modo
rapido e formale) Felicissimo di conoscerti, Gabriella.
MARIA – (che per tutto il tempo ha tentato inutilmente di prendere la valigia di Carmelo) Che fa,
questa valigia me la vuole dare o no?
CARMELO – La valigia? E perché?
ENRICO – Dagliela a Maria che te la porta in camera, no?
CARMELO – (esegue senza convinzione) Sì.
(Maria esce con la valigia).
ENRICO – Lo sai che dovrei essere offeso con te?
CARMELO – Offeso?
ENRICO – Ti avevo invitato al mio matrimonio. E Mi avevi anche assicurato che saresti venuto.
CARMELO – Hai ragione. Mi dispiace, credimi. Ma… se tu sapessi…!
GABRIELLA – Vi lascio soli.
ENRICO – Ma no! E perché? Io e lo zio non abbiamo argomenti che tu non possa ascoltare. (A
Carmelo) Dico bene?
CARMELO – Eh? Ah, certo.
GABRIELLA – Va bene ma vi lascio soli ugualmente. E poi, io ho da lavorare. Devo completare
un paio di disegni. Con permesso, zio. (Via).
CARMELO – (a Gabriella che è già uscita) Sì, sì… prego.

SCENA 3

CARMELO – (disperato) Enrico! Enrico mio!
ENRICO – Oh, zio… ma che ti è successo? Mi pari pigghiatu d’a bumma!
CARMELO – Enrico, ho fatto una fesseria grossa quanto una casa! E per giunta, senza farti sapere
niente!
ENRICO – (lo rassicura) E va be’, non è che uno, prima di fare una fesseria, deve chiedere l’auto-
rizzazione alla parentela…!
CARMELO – In questo caso, sì. Era necessario. Enrico, ho perso la testa per Diana. Ecco.
ENRICO – Tu?! Per Diana? (Ride) Questa, proprio non me l’aspettavo. Tu stai con Diana?
CARMELO – No. Io “sono stato” con Diana. Ormai, è finita. Acqua passata.
ENRICO – L’hai mollata? Hai fatto bene.
CARMELO – Veramente, m’ha lasciato lei. E pensare che, per amor suo, sarei stato capace di sop-
portare anche sua madre!
ENRICO – Complimenti! Devi avere uno stomaco di ferro!
CARMELO – Avrei sopportato qualsiasi cosa, pur di averla vicina!
ENRICO – Cose da pazzi! Mio zio Carmelo, lo scapolo per eccellenza, il maresciallo tutto d’un
pezzo e… d’una certa età, innamorato come uno sprovveduto diciottenne…!
CARMELO – Ma quale tutto d’un pezzo! Sugnu pezzi pezzi… Sono fuori uso!
ENRICO – Mi vuoi raccontare com’è andata ‘sta storia?
CARMELO – E’ andata che… Quella sera, quando avete litigato, quando ti lasciò… io le proposi
di vivere con me, a Roma…
ENRICO – Ah! E con la madre al seguito, naturalmente.
CARMELO – Naturalmente.
ENRICO – E Diana?
CARMELO – Accettò subito, senza pensarci un minuto. E io ero pazzo di gioia, credimi!
ENRICO – Tu eri pazzo… e basta!
CARMELO – All’inizio tutto filava liscio… Diana sembrava veramente innamorata di me, nono-
stante l’età… Si parlava perfino di matrimonio…!
ENRICO – Addirittura! E tutta la tua filosofia sul matrimonio… sulla “fabbrica di corna”?
CARMELO – Se ti dico che ero impazzito! Non ragionavo, non ragionavo più. E anche se quella
vecchia scimunita mi rendeva la vita impossibile, io, per amore di Diana, facevo buon viso a
cattivo gioco. Fino a quando, un brutto giorno…
ENRICO – Continua… Un brutto giorno…?
CARMELO – Ricevo una telefonata da Fiuggi.
ENRICO – Da Fiuggi?
CARMELO – Sì. Diana e la megera si trovavano lì per riposare… a spese mie, ovviamente. Tutto
a spese mie, caro Enrico…! Un mare di soldi ho speso per lei!
ENRICO – Chi mi dici a mmia…! Ne so qualcosa!
CARMELO – Per farla breve, quel giorno mi comunicò tranquillamente che aveva deciso di la-
sciarmi. Così, senza una ragione, senza uno straccio di pretesto! E… non l’ho più vista.
ENRICO – Beh, tutto questo è nello stile di Diana e dell’Orango-tango! Comunque, questa batosta
te la sei voluta tu! Lasciatelo dire.
CARMELO – Lo so. La colpa è mia.
ENRICO – Ora, però, dovresti essere felice! Ma come, ti sei liberato di due selvagge e mi fai dda
facci scunsulata…?!
CARMELO – Il guaio è che sono ancora innamorato… Non riesco a fare niente… Penso sempre
a lei…!
ENRICO – Ti passerà.
CARMELO – Ma chi è ca passa! Alla mia età, non passa facilmente.
ENRICO – Non passa facilmente ma passa ‘u stissu. Tutto passa, nella vita.
CARMELO – E a mmia non mi passa.
ENRICO – Caro maresciallo, non ti riconosco più! Vieni, t’accompagno in camera tua… così, ti
riposi un po’…
CARMELO – Ma cu’ si voli ripusari? Io ho bisogno di parlare, Enrico, di sfogarmi…!
(Via, insieme. Per un istante, la scena è vuota. Suona il campanello d’ingresso. Quindi, dalla
vetrata di fondo, entrano Maria e Massimo).

SCENA 4

MARIA – Si accomodi, signor Privitera. E’ da un bel pezzo che non si fa vedere. Il dottor Enrico
sarà contento. Si accomodi ché ce lo chiamo subito. (Via)
MASSIMO – Grazie, Maria. (da solo) Ah, Diana, Diana! E’ tutto inutile…! Il tempo passa…passa-
no i giorni, passano i mesi, passano gli anni… ma l’amore mio per te non passa. E’ misu ‘nto
freezer. Sono un uomo infelice. E cretino! Comu mi potti fissari con la moglie del mio amico
più intimo?! Ci vuole coraggio! Ma se sono ancora innamorato, chi ci pozzu fari? Si vidi ca su-
gnu curaggiusu!

SCENA 5

(Dalla vetrata di fondo, entra, particolarmente guardingo, Giovanni. Fa cenno a Massimo di
stare zitto).
GIOVANNI – (sottovoce) Buon giorno. Lei chi è?
MASSIMO – (sottovoce) Buon giorno. Sono Massimo.
GIOVANNI – (c.s.) Piacere.
MASSIMO – (c.s.) Il piacere è mio.
GIOVANNI – (c.s.) Io sono il suocero di Enrico. Gli voglio fare una sorpresa.
MASSIMO – (c.s.) Io sono un amico di Enrico. Anch’io gli sto facendo una sorpresa. Ma… mi
scusi… io non l’ho sentita suonare. Comu trasìu?
GIOVANNI – Ho le chiavi, no? Se suonavo, fineva ‘a sorpresa… le pare?
MASSIMO – Giustu. (Tra sé) E chistu comu ci l’havi i chiavi se non si sono mai visti? Mah!
GIOVANNI – Che dice?
MASSIMO – No, niente. E… come sta, come sta la signora?
GIOVANNI – La signora? Quale signora?
MASSIMO – Sua moglie. Come sta? Sempre pimpante e battagliera, ah?
GIOVANNI – Ma quale pimpante… Magari!
MASSIMO – Non è più pimpante?
GIOVANNI – No. “Non è più” e basta.
MASSIMO - … Non è più?
GIOVANNI – (sospira) Purtroppo, il Signore ce l’ha tolta. E’ passata a miglior vita…
MASSIMO – (colpito) Morsi? Ma chi mi sta dicennu? Ma se pareva il ritratto della salute! E com’è
successo?
GIOVANNI – Improvvisamente. Il cuore.
MASSIMO – Cose dell’altro mondo! Mi creda, mi sta dando una notizia terribile! E chi se lo
aspettava? Le faccio le mie condoglianze.
GIOVANNI – La ringrazio. Lei, perciò, conosceva mia moglie?
MASSIMO – E certo che la conoscevo. Una gran brava donna, veramente!
GIOVANNI – (commosso, si lascia andare ai ricordi) Che donna! E quanto ha lavorato nella sua
vita!
MASSIMO – Sì, vero? Assai… ha lavorato?
GIOVANNI – Pensi. Cominciò a diciott’anni. Non le dico altro.
MASSIMO – Nel fiore degli anni, proprio! (Tra sé) Non persi tempu! Ma, allura, chistu, ci abba-
gnava ‘u pani!
GIOVANNI – Casa e lavoro, lavoro e casa. E sempre allegra, sempre disponibile. Per esempio:
entrava, chi sacciu, un cliente malinconico? Lei era capace, mentre si dava da fare col salame,
di raccontargli una barzelletta!
MASSIMO – E chiddu… risati!
GIOVANNI – Ah, entusiasti! I clienti erano entusiasti e affezionati!
MASSIMO – N’aveva assai clienti?
GIOVANNI – Tutti i santi giorni, una folla che non le dico! E idda non s’abbarruava, mai! Uno
alla volta, serviva tutti. E nessuno rimaneva scontento perché, parrannu cù lei, mia moglie aveva
una passione per il suo lavoro. Roba di prima qualità e servizio inappuntabile. Questo era il suo
motto. Certo, io ci davo ‘na manu…
MASSIMO – (non capisce) Ah, sì?
GIOVANNI – E pì forza. C’a fudda ca c’era! Alla cassa ci stavo io ma, a onor del vero, tutti cosi
idda faceva!
MASSIMO – Logico. (Tra sé) E si vanta, sparti, ‘stu magnacciu!
GIOVANNI – Ma chi ci dicu a fari ‘sti cosi? Se era nostro cliente…!
MASSIMO – Cui, iù?!
GIOVANNI - Mia moglie era un’artista nel suo campo!
MASSIMO – La Wanda Osiris del salame!
GIOVANNI – Bravo. L’ha detto.
MASSIMO – Si voli, ci ‘u ripetu.
GIOVANNI – Santa donna. Santa donna. Mah! Così è la vita!
MASSIMO – Santa donna! Tuttu Paradisu n’aviri! (Pausa) Ma chi mi lassò ccà, Enrico?

SCENA 6

GABRIELLA – (Entra. Sorpresa della presenza di Giovanni, gli butta le braccia al collo) Papà!
GIOVANNI – Come stai, piccola?
GABRIELLA – Finalmente! Dovresti vergognarti! E’ da un secolo che non ti fai vivo!
MASSIMO – (tra sé, in disparte) Papà?! No’ sapeva che Diana ci aveva ‘na soru! E che bella
ragazza! Quasi quasi…
GABRIELLA – (a Giovanni indicando Massimo) Ma chi è? Un tuo amico?
GIOVANNI – No. E’ un amico di Enrico.
MASSIMO – (sempre in disparte) Mi sta guardando… Ho fatto colpo! Ci staiu piacennu…!
GABRIELLA – (si avvicina a Massimo sorridendo) Buon giorno.
MASSIMO – Buon giorno.
GABRIELLA – Enrico sa della sua presenza?
MASSIMO – Spero di sì. La cameriera gliel’avrà detto. Lei si chiama Gabriella?
GABRIELLA – Sì. E lei?
MASSIMO – Io no. Io mi chiamo Massimo.
GABRIELLA – Ah, è lei, dunque, il famoso Massimo!
MASSIMO – Davvero? Sono famoso? No’ sapeva.
GABRIELLA – Enrico parla sempre di lei.
MASSIMO – A me, invece, ddu birbanti non mi ha mai parlato di lei!
GABRIELLA – E per forza! Lei è scomparso dalla circolazione…!
GIOVANNI – Gabriella! Dov’è Enrico? Devo raccontargli una bella novità!
GABRIELLA – Una novità? Che novità?
GIOVANNI – Chiama Enrico. Cose grosse!
GABRIELLA – Non farmi stare sulle spine. Vieni, finisco il lavoro e, nel frattempo, mi racconti
tutto. (A Massimo) Ci scusi. Le mando subito Enrico. Sarà felicissimo di rivederla.
(Via, assieme a Giovanni).

SCENA 7

MASSIMO – (da solo) Bella ragazza pì daveru! Ora ci ni parru a Enrico. Vediamo che si può fare.
ENRICO – (entra) Massimo!
MASSIMO – Ciao, Enrico!
(I due si abbracciano).
ENRICO – Si può sapere che hai fatto tutto questo tempo? Dove sei stato?
MASSIMO – Poi, poi ti spiego. Piuttosto, dimmi di te. Ho saputo le novità…
ENRICO – Ah, sai già tutto?
MASSIMO – E certo. Ho conosciuto tuo suocero, mentre t’aspettavo. A proposito, vi siete incon-
trati? ‘U sakutasti?
ENRICO – Sì, l’ho appena visto.
MASSIMO – E ho conosciuto anche… Gabriella.
ENRICO – Insomma, non sei nemmeno arrivato e già conosci tutti!
MASSIMO – Lo sai che Gabriella mi piace?
ENRICO – Sono contento. E hai saputo che…
MASSIMO – Un paio di minuti fa. Mi è dispiaciuto per tua suocera, puviredda…
ENRICO – Ti è dispiaciuto?! Ma comu, io sono stato miracolato e tu dici di essere dispiaciuto?!
MASSIMO – Va be’, miracolato! Lo so: non era uno stinco di santo ma sempre tua suocera era…
ENRICO – Era! Hai detto bene: era! Perché, finalmente, me ne sono liberato, con la grazia di Dio!
E ora, sono felice. Felice come non lo sono mai stato!
MASSIMO – Sei felice. (Tra sé) Mi pare leggermente esaurito. (A Enrico) Comunque, hai perso
una suocera e ci varagnasti un suocero.
ENRICO – Tutta un’altra cosa. Una perla d’uomo, m’ha’ cridiri.
MASSIMO – Ma… scusa… se l’hai appena conosciuto, come fai a dire che è una perla d’uomo?
ENRICO – Lo conosco da poco però il buon giorno si vede dal mattino. So quello che dico.
MASSIMO – E se lo dici tu! E Diana come sta?
ENRICO – E chi se ne frega di Diana?
MASSIMO – (alquanto stupito della reazione) No, dico… come l’ha presa la disgrazia?
ENRICO – L’ha presa benissimo. La “disgrazia”, come la chiami tu, non ci fici né caudu né friddu.
MASSIMO – Daveru? Sembrava così affezionata…
ENRICO – Quella non s’affeziona a nuddu. Tant’è vero che si è consolata subito.
MASSIMO – (perplesso) Ma tu… ci vai d’accordo?
ENRICO – Con chi?
MASSIMO - Con tua moglie, no?
ENRICO – D’accordo? D’accordissimo! Siamo innamoratissimi. Tubiamo come due colombi!
MASSIMO – (tra sé) E’ completamente dissociato. Non c’è chi pigghiari.
ENRICO – Ma… lasciamo perdere la mia vita sentimentale. E allora, dove sei stato in questi mesi?
MASSIMO – In Romania. Ho aperto un’agenzia di esportazione… Però, la verità tu sai qual è. Mi
sono allontanato per dimenticare Diana.
ENRICO – E l’hai dimenticata?
MASSIMO – Ca quali! Un chiodo fisso! Sempre presente, in ogni momento della mia giornata!
ENRICO – Tu sei un caso patologico.
MASSIMO – Ahu, e che ci posso fare?
ENRICO – Ma non ti rendi conto ca chidda non ti merita? E’ una donna insensibile oltre che
inaffidabile!
MASSIMO – Stiamo parlando sempre di Diana?
ENRICO – E di cui, allura?
MASSIMO – E chi ni sacciu? Ma… senti, non è per insistere… Non mi hai detto che siete innamo-
ratissimi… che tubate…? Enrico, fammi capire: tubi o non tubi?
ENRICO – Tubo, tubo e sono contento di tubare!
MASSIMO – Ma allora, pirchì dici ca è ‘na fimmina tinta e inaffidabile…?
ENRICO – Ma di chi stai parlando?
MASSIMO – Ca di Diana, no?
ENRICO – E certo che è inaffidabile. Quante volte te lo devo ripetere? Tu ti fissasti…!
MASSIMO – Ah, iù mi fissai…? Enrico, mi compiaccio. Ti trovo bene, sai?
ENRICO – Te ne sei accorto che sono cambiato, vero?
MASSIMO – A occhio nudo. Anche a distanza, uno se ne accorge.

SCENA 8.

CARMELO – (entra) Enrico, senti… (vede Massimo) Ah, signor Privitera.
MASSIMO – (preso alla sprovvista) Oh, maresciallo… i miei omaggi. Io ero di passaggio e pinsai
di fare una visitina a Enrico… Sì ma ora me ne vado…
CARMELO – (per nulla interessato) Enrico, senti…
ENRICO – Arrivo, zio. (A Massimo) Perché vuoi andare via subito? Non sei nemmeno arrivato!
MASSIMO – (in disparte, a Enrico) Tò ziu, da allora, è rimasto qua? Non si ni turnau a Roma?
ENRICO – Ma se è arrivato adesso, da Roma!
MASSIMO – Ah, ecco. Io e tuo zio arriviamo sempre insieme e ni damu appuntamentu ccà. (A
Carmelo) Maresciallo, la saluto, io vado.
CARMELO – (indifferente) Arrivederla, arrivederla.
ENRICO – Va bene. Ti lascio andare. Ma, stasera devi rimanere a cena con noi. Chiaro?
MASSIMO – Senti, Enrico…
ENRICO – Niente scuse!
MASSIMO – Maresciallo, che faccio, torno stasera? Enrico sta insistendo…!
ENRICO – (ride) Ma che fai, chiedi il permesso a mio zio?
MASSIMO – Sai com’è… sempre maresciallo è! In pensione ma maresciallo.
ENRICO – E che c’entra, cretino?
MASSIMO – Niente, lo so io. Va bene, a stasera. Maresciallo, a stasera!
CARMELO – (sbuffa) Sì, sì…
ENRICO – Mi raccomando, eh?
MASSIMO – Tranquillo. L’uomo dell’Arma ha detto sì. (Via)

SCENA 9

CARMELO – (mostra un anello a Enrico) Lo vedi questo?
ENRICO – Lo vedo. E’ un anello.
CARMELO – Me l’ha regalato lei… coi miei soldi.
ENRICO – E allora?
CARMELO – Io lo butto. Non lo voglio più.
ENRICO – Ma non fare il bambino, zio! Alla tua età! E poi, visto ch’ò roba tua, conservalo.
CARMELO – Non lo voglio più vedere!
ENRICO – Senti, fa’ come vuoi.
CARMELO – Lo vado a buttare! (Via)

SCENA 10

ENRICO – Ma varda come si è ridotto! Cose da pazzi!
GIOVANNI – (entra assieme a Gabriella) E allora, vuoi starmi a sentire un secondo o t’haiu assi-
cutari pì tutta ‘a casa?
ENRICO – Sono qui. Dimmi tutto. Che c’è di così importante?
GIOVANNI – (sorride compiaciuto) Eh, caro mio…
GABRIELLA – (sorride) Io so già.
ENRICO – Che cosa?
GIOVANNI – Dunque, caro genero, tu lo sai che io sono vedovo…
ENRICO – Certo che lo so.
GIOVANNI – E sai anche che ho una salumeria.
ENRICO – Sì. So pure questo ma…
GIOVANNI – Vengo e mi spiego. E’ cambiato tutto. La mia vita è cambiata.
ENRICO – In che senso, scusa?
GIOVANNI – In tutti i sensi. Ho venduto la salumeria e ho cambiato il mio stato civile.
ENRICO – Avrai cambiato attività, no’ stato civile!
GIOVANNI – No, no. Io l’attività l’ho venduta, non l’ho cambiata.
ENRICO – Non ti seguo.
GIOVANNI – Mi hanno offerto una buona cifra e io ho venduto.
ENRICO – Questo l’ho capito. Ma che c’entra lo stato civile?
GIOVANNI – Chidda era ‘na cosa e chista è ‘n’autra.
ENRICO – Cioè?
GIOVANNI – Io ero vedovo?
ENRICO – Tu “sei” vedovo.
GIOVANNI – No, ero. Perché ora, sono sposato.
ENRICO – (sorpreso) Sposato? E con chi?
GIOVANNI – Cù un pumperi!
GABRIELLA – Con chi vuoi che ci si sposi? Con una donna, no?
ENRICO – E già. E con chi, se no?
GIOVANNI – E che donna! Un fiore! Una creatura meravigliosa!
GABRIELLA – D’altronde, papà era solo. Dopo la morte della povera mamma, sgobbava in botte-
ga dalla mattina alla sera. Ha pure il diritto, adesso, di rifarsi una nuova vita. Non è poi, così
decrepito.
ENRICO – E chi dice che è decrepito? Io non dico questo…
GIOVANNI – E allora, pirchì fai dda facci? Non sei contento?
ENRICO – A dire la verità…
GIOVANNI – Io mi sono detto: ho ancora cinquantasei anni. Economicamente, sto bene. Fisica-
mente sto benissimo. A mia figlia ho dato questo tetto e un buon marito… I miei doveri li ho
fatti, mi sono detto. Ora, mi pare giusto che ricominci a vivere. Che c’è di male?
ENRICO – Il male c’è e come!
GABRIELLA – Ma… Enrico, perché te la prendi tanto?
ENRICO – Perché, perché! Fino a un momento fa, ero felice di avere un suocero vedovo. E, ora,
mi ritrovo, ancora una volta, con una suocera! E io, per le suocere, ho l’allergia! Mi fanno venire
l’orticaria! Comunque, siccome non ti posso impedire di prendere moglie… fai pure. Ma non
chiedetemi di esserne contento! Caro papà, mi hai profondamente deluso. Scusa la mia franchez-
za… ma ho le mie buone ragioni.
GABRIELLA – Guarda che non tutte le suocere sono uguali, così come le mogli, del resto.
GIOVANNI – Sono sicuro che ti piacerà. Te la voglio fare conoscere subito!
ENRICO – E perché questa premura? Alla prima occasione, poi…
GIOVANNI – Vado a prenderla! Doveva fare delle commissioni in città…
ENRICO – D’ora in poi, avrai una vita d’inferno, te lo dico io!
GIOVANNI – Ma quando mai! Ti assicuro che starò benissimo con lei. Anzi, staremo tutti benis-
simo, insieme!
ENRICO – Tutti… insieme?! Hai intenzione di stabilirti qui… con la sposina?
GABRIELLA – E perché no? La casa è abbastanza grande… A me fa piacere…
ENRICO – E a me, no!
GABRIELLA – Enrico?!
GIOVANNI – Scusa, Enrico, non per essere materialisti ma ti vorrei ricordare che questa casa l’ho
comprata io… un regalo per Gabriella, lo sai… prima ancora che vi sposaste…
ENRICO – Se la metti su questo piano, allora, andiamo via noi!
GIOVANNI – Non fare l’offeso, ora! Lo sai che ti voglio bene. Senti, ti chiedo solo un favore. Pri-
ma di prendere qualsiasi decisione, vorrei che tu la conoscessi. Che ne dici? Se poi, non ti piace,
se ci stai male… In quel caso, sarò io ad andarmene. D’accordo?
ENRICO – E va bene. Cosa volete che vi dica? Speriamo bene.
GIOVANNI – (lo abbraccia con calore) Vedrai che ti farà subito una gran simpatia! Me ne scappo!
Vado e torno… con lei! (Via rapidamente)

SCENA 11

ENRICO – Ma guarda tu come si è ringalluzzito, tuo padre!
GABRIELLA – E’ ringiovanito di vent’anni! L’amore fa miracoli! Io credo che anche la mamma,
da lassù, sarà contenta…
ENRICO – Tu non sai cosa significa avere una suocera in casa! Te ne accorgerai!
GABRIELLA – (lo abbraccia) E invece, sono convintissima che tutto andrà benissimo. Lo sento.
E sono curiosa di conoscere la sposina!
ENRICO – Io, no.
GABRIELLA – E smettila, brontolone!

SCENA 12

CARMELO – (entra. E’ palesemente irrequieto) Scusate se vi importuno…
GABRIELLA – Ma che importunare, zio!
CARMELO – Il guaio è che non riesco a stare da solo. Sto male. E se rimango solo, commetto
una sciocchezza…!
Gabriella interroga il marito con lo sguardo).
ENRICO – (a Gabriella, in disparte) Un innamoramento andato a male. Perché, vedi, oltre ai mira-
coli, l’amore fa dei brutti scherzi! (A Carmelo) Vieni nel mio studio, zio…Ma la vuoi finire di
pensare sempre alla stessa cosa?
CARMELO – Per non pensarci più, mi devo ammazzare. Che dici, m’ammazzo?
GABRIELLA – Caro zio, secondo me, niente e nessuno deve farci perdere il gusto di vivere! La
vita è bella! Basta solo guardarsi attorno e ce se ne accorge subito!
CARMELO – No. La vita fa schifo! E se mi guardo attorno… mi viene di vomitare!
ENRICO – Ma smettila…! Su con la vita, maresciallo! (Lo prende sottobraccio) Vieni anche tu,
Gabriella, mostra allo zio i tuoi ultimi lavori…
GABRIELLA – Con piacere. Ma, forse, non gliene importa niente…
CARMELO – Mi farà distrarre… E io ho bisogno di distrazione perché, ragazzi, sto male. Sto male.
(Via tutti e tre).

SCENA 13

(Entrano Vincenzina, Diana. Poco dopo, Giovanni).
VINCENZINA – (si guarda attorno) E cu’ l’hava a diri che saremmo tornati qua?
DIANA – Evidentemente, Enrico l’ha poi venduta davvero. E il caso ha voluto che la comprasse
proprio Giovanni. Le strane coincidenze della vita!
VINCENZINA – Allura! Il destino l’ha punito! Abbiamo ripreso possesso della nostra villa!
DIANA – Quando si dice la fortuna!
GIOVANNI – (entra) Cara Signora Vincenzina, come le stavo dicendo, noi eravamo d’accordo,
mi pare…
VINCENZINA – (lo interrompe energicamente) Egregio genero, forse io quando mi esprimo sono
infelice…
GIOVANNI – No, forse sono stato io poco chiaro.
VINCENZINA – E allora, tanto per essere chiari, ci’ ‘u dicu un’altra volta: io vado dove va mia
figlia. Punto e basta.
GIOVANNI – Posso… parlare?
VINCENZINA – Abbasta ca ni spirciamu.
GIOVANNI – Dunque. Io mi sono sposato quindici giorni fa. E’ vero?
VINCENZINA – Verissimo. C’era macari iù.
GIOVANNI – Poi ho fatto il viaggio di nozze… Si ricorda pure questo?
VINCENZINA – Perfettamente. Perché ero presente anche in quell’occasione.
GIOVANNI – Appunto. Ora, non le pare sia arrivato il momento che io e Diana stiamo da soli?
VINCENZINA – Manco a parlarne!
GIOVANNI – Ma… ‘u sapi ca lei è curiusa?
VINCENZINA – No, ‘u curiusu è lei che non vuole capire! Le sto dicendo – e con le buone – che
io sto cù mè figghia. Ci mettu ‘n’autru puntu e speriamo ca basta!
DIANA – Giovanni, che sono questi discorsi? Tu che sei così buono, tu saresti capace di scacciare
mia madre? La mamma è la mamma, Giovanni!
GIOVANNI – Ma io non scaccio nessuno, tesoro mio! Tua madre sarà sempre nostra gradita ospi-
te, tutte le volte che vuole…!
VINCENZINA – Ma ci livassi ‘a farsa… ospite! Io non sono un’ospite! E mancu gradita!
GIOVANNI – (a Diana) Le prendo un bell’appartamentino…
DIANA – Giovanni! Mia madre resta qui.
GIOVANNI – Ma, almeno tu, cerca di capire…
VINCENZINA – Discorso chiuso.
GIOVANNI – Col suo permesso, il discorso rimane aperto!
DIANA – Basta! Non voglio sentire una parola di più.
GIOVANNI – Non t’arrabbiare… Senti, amore mio, ragiona un poco… (La conduce verso la porta
di sinistra. Via entrambi).

SCENA 14

VINCENZINA – (da sola) A me, in un appartamentino…! E chi è scemu? Io, invece, in nome mio e
di mia figlia ripiglio possesso di questa casa. Ho detto. (posa sul tavolo la borsetta).
GABRIELLA – (entra) Buon giorno, signora.
VINCENZINA – (la squadra da capo a piedi) Buon giorno a lei.
GABRIELLA – Cercavo mio padre. L’ho sentito arrivare… (Tra sé, sgradevolmente sorpresa) O
Dio, la sposina. Sarebbe questa la “creatura meravigliosa”?!
VINCENZINA – (tra sé) Chissa mi pari c’a nasca additta! ‘A fazzu filari iù! (A Gabriella) Suo
padre è di là. Immagino che lei sia Gabriella.
GABRIELLA – Infatti. Felicissima di fare la sua conoscenza.
VINCENZINA – (taglia corto) Anch’io, anch’io. Ti posso dare del tu? Tanto, se dobbiamo convi-
vere nella stessa casa… è meglio fraternizzare subito. Dico bene?
GABRIELLA – Ma certo, signora.
VINCENZINA – Brava. Con permesso. (Via, dalla porta di sinistra).
GABRIELLA – (da sola) Quando si dice che l’amore è cieco! (Via, da destra).

SCENA 15

(Dalla comune di fondo, entrano Maria e Massimo).
MARIA – Si accomodi, signor Massimo.
MASSIMO – Senti, Maria, dimmi ‘na cosa: tu, il signor Enrico, lo vedi normale?
MARIA – (ride) Come, “normale”? Lei sempre che scherza…!
MASSIMO – Vidi ca non staiu schirzannu. Dico, tu che lo vedi sempre, ti dovresti accorgere se
sta bene.
MARIA – Secondo me, sta benissimo.
MASSIMO – Non ti pare un poco esaurito, vero?
MARIA – Esaurito?! Ma che sta dicendo?
MASSIMO – Mah! Sarà impressione mia, allura. E con la signora, come va?
MARIA – Con sua moglie? A meraviglia, signor Massimo. Guardi, non ho mai visto una coppia
così innamorata e affiatata!
MASSIMO – Tubano, vero? Tubano che è un piacere.
MARIA – Che dice?
MASSIMO – No, niente, niente…
MARIA – Con permesso. (Via).

SCENA 16

MASSIMO – Chisti tubano, sono innamorati, affiatati… e cù mmia ‘a ‘nsurta? Donna inaffidabile,
una cosa fitusa, meglio perderla che trovarla…! E cu’ ci capisci cosa?
DIANA – (entra. Cerca qualcosa. Non si accorge di Massimo) Dove ho messo la borsetta?
MASSIMO – Diana!
DIANA – Massimo! Tu… qui?
MASSIMO – Sì. Sono tornato.
DIANA – Ti trovo bene.
MASSIMO – Ma quali bene! Per tutto questo tempo non ho fatto che pensare a te. Laggiù, in terra
straniera, in Romania, mi sono tormentato l’esistenza…! Speravo di dimenticare… ma niente,
non ci sono riuscito.
DIANA – Sei stato in Romania? E non ti sei consolato con qualche bella romena? Non ti credo.
MASSIMO - Ma quale romena! Cu’ ‘i capeva?
DIANA – Avrai saputo, credo… Sono accadute delle cose… spiacevoli…
MASSIMO – Sì, ho saputo. Tua madre, mischina…
DIANA – Povera mamma! Non ne poteva più! Enrico la tormentava, la esasperava…! Non poteva
più sopportare quella vita e, giustamente, ha pensato bene di farla finita. Dove ho messo la
borsetta? (Continua a cercare).
MASSIMO – (tra sé) S’ammazzò?! Ma dici che aveva avuto un colpo al cuore? Invece, la verità
è che Enrico l’ha spinta al suicidio! Insomma, questa casa è stata testimone di tragedie vere e
proprie! Ora capisco perché Enrico divintò scemu!
DIANA – (trova la borsa) Eccola qui! Comunque, nonostante tutto, la vita continua. Ti pare?
MASSIMO – Naturale. La vita continua. Per fortuna, hai ritrovato un altro affetto…
DIANA – Insomma, sai tutto.
MASSIMO – Un papà.
DIANA – Ma… che dici? Se ti sentisse che lo chiami in questo modo!

SCENA 17

GIOVANNI – (entra) Diana!
DIANA – Sì?
GIOVANNI – Guarda che io non ne posso più! E’ necessaria la tua presenza. Vieni!
DIANA – (a Massimo) Mi scusi. (Via, con Giovanni),

SCENA 18

MASSIMO – (da solo) Chista divintò ‘na famigghia di scumminati…! Enrico, leso, un papà che
non vuole essere chiamato papà…! Mi sto cominciando a preoccupare…
CARMELO – (fa capolino dall’uscio di destra. Sottovoce a Massimo) Signor Privitera!
MASSIMO – Ah, maresciallo, dice a me?
CARMELO – (contrariato) Qua ci siamo io e lei. Lei non si chiama Privitera?
MASSIMO – Privitera, giusto. Che c’è?
CARMELO – Venga con me. Le devo parlare. Da uomo a uomo.
MASSIMO – Maresciallo, senta… Lei può anche non credermi ma ci giuro che da allora io, in
questa casa non ci haiu misu cchiù peri!
CARMELO – Venga con me!
MASSIMO – E, detto fra noi, era megghiu ca continuava a non mittirici peri!
CARMELO – (perentorio) Venga! (Se lo trascina dietro)
MASSIMO – Non s’incazzi. Vengo… Ma… dove mi sta portando…?
SCENA 19

VINCENZINA – (entra da sinistra) ‘Stu scimunitu mi sta piacendo meno di chiddu, del marescial-
lo e ancora meno del mio primo genero! Ora mi siddiu bona bona e mi fazzu canusciri come si
deve! Ma chi havi ‘nta testa, i bummi?
ENRICO – (entra. Viene quasi colto da malore) Mia suocera?! E’ un’allucinazione. Ora, esco,
chiudo la porta, rientro e tutto torna alla normalità. (Esegue e rientra) Ancora ccà, è!
VINCENZINA – (sorpresa) Enrico?!
ENRICO – (tra sé) Parra. E si parra, vuol dire che è vera. (A Vincenzina) Signora?!
VINCENZINA – (si riprende rapidamente dalla sorpresa) Che ci fai in questa casa?
ENRICO – (intontito) Veramente sono in casa mia. Lei, piuttosto, che cosa è venuta a fare?
VINCENZINA – Chi non muore, si rivede, gioia mia.
ENRICO – E, siccome io continuo a vederla, ne deduco, con grande rammarico, che lei non è anco-
ra morta.
VINCENZINA – Bih, vardati, divintò cchiù spiritusu di prima!
ENRICO – E allora, che ci fa qui? E’ tornata sul luogo del delitto?
VINCENZINA – Sono tornata e basta. Invece, perché non mi spieghi chi schifiu ci fai tu in casa di
Giovanni?
ENRICO – In casa di… Per caso, lei è… lei è la moglie di mio suocero?
VINCENZINA – E cu’ è tò soggiru?
ENRICO – Giovanni è mio suocero!
VINCENZINA – Ah! Ti maritasti cù so figghia? (Ride) Ma ‘u sai ca chista è bella pì daveru?!
ENRICO – No! Chistu è un incubo! M’u dicissi, per carità: lei è la moglie di Giovanni?
VINCENZINA – Ma quale moglie di Giovanni, scimunitu!
ENRICO – Ah, meno male… mi stava venendo una sincope… Ma, allura, lei chi cavulu ci fa ccà?
VINCENZINA – Aspetta, aspetta… Se tuo suocero è Giovanni Santonocito, mia figlia è…
ENRICO – Sua figlia è… continui!
VINCENZINA – (ride fino alle lacrime) Tua suocera! Diana è tua suocera!
ENRICO – (sotto choc) Diana…?
VINCENZINA – (c.s.) E pì forza… se ha sposato tuo suocero…!
ENRICO – Diana ha sposato mio suocero?… Diana è qua?!
VINCENZINA – Naturale. Con suo marito, no?
ENRICO – Cerchiamo di stare calmi. Cerchiamo di ragionare.
VINCENZINA – (c.s.) Anche se stai calmo e cerchi di ragionare, Diana resta sempri tò soggira!
ENRICO – (in stato confusionale) E… perciò io, attualmente, dovrei vivere sotto lo stesso tetto con
una moglie, due suocere di cui una è la mia ex moglie, e con un suocero disgraziato e disonesto!
E pensare che ho divorziato perché avevo una suocera…! Una! (Ride istericamente)
VINCENZINA – (impressionata) Matri…! Divintò scemu…!
ENRICO – (gli occhi da folle) Mi dica. Lei ca è una sperta, mi dica, qual è la soluzione? Il suicidio
o due o tre omicidi?
VINCENZINA – (c.s.) Diana! Chissu ‘mpazzìu! (Corre verso la porta di sinistra. Via)

SCENA 20

MASSIMO – (entra, particolarmente scosso. Corre verso Enrico che appare del tutto inebetito) O’
maresciallu ci vinniru l’arterii! M’ha cuntatu cosi senza testa e senza peri! Una confusione ter-
ribile! Dici ca è innamorato di Diana la quale ti lassò e si ni vinni a Roma cù iddu…! Poi, a
Fiuggi, Diana lassa a iddu e… e non mi ricordo cchiù nenti! Hai capito? Viri ca tò ziu scattiò!
Enrico. Enrico! Enrico, che hai? Si senti male?
ENRICO – Sì.
MASSIMO – Chiamo qualcuno? Chiamo Diana?
ENRICO – (urla) No!
MASSIMO – Enricuccio, non mi fari scantari…
ENRICO – (piange improvvisamente) Massimo…! Massimo! Ho rivisto mia suocera!
MASSIMO – Niente, non ti preoccupare…succede.
ENRICO – Era dda! Che mi rideva in faccia! Mi rideva! Un incubo, Massimo, un incubo!
MASSIMO – Non fare così… Ora ti passa… Hai avuto una semplice allucinazione…
ENRICO – Quale allucinazione, cretino?!
MASSIMO – Ma perché t’incazzi? Ti dico che sono cose che succedono. Per esempio, mio cugino
Ernesto – te lo ricordi a mio cugino Ernesto, no? – Dici ca ogni notti videva il fantasma di suo
nonno che, a cavallo, traseva ‘nta stanza di pranzu…!
ENRICO – Ma pirchì mi sta’ parrannu di fantasmi? Che c’entra ‘stu discursu?
MASSIMO – (continua il suo racconto) A un certo punto, però, queste visioni finirono. si viri ca ‘u
cavaddu s’hava stancatu di curriri casa casa. E fatti ‘na risata, no? Era ‘na battuta.
ENRICO – Ti sto dicendo che ho visto qua mia suocera, in carne e ossa, bestia!
MASSIMO – E pirchì, mè cucinu Ernesto non trovava perfino escrementi equini supra o’ divanu?!
ENRICO – Massimo, finiscila!
MASSIMO – Va bene, basta che stai calmo.
ENRICO – Io non ho più una suocera.
MASSIMO – Bravo. Hai visto che ricominci a essere lucido?
ENRICO – Ne ho due.
MASSIMO – (tra sé) O Madonna d’o Carminu! Ci nisceru i sensi!
ENRICO – (gli occhi fissi nel vuoto) Diana… è la mia nuova suocera.
MASSIMO – Logico.
ENRICO – Promettimi di non dire niente a nessuno. Nessuno deve sapere! E meno che mai, mia
moglie! Giuralo!
MASSIMO – Lo giuro. E poi, a cu’ ci l’avissi a cuntari ‘sti cosi? (Tra sé) Mi doli ‘a testa!

SCENA 21

GABRIELLA – (entra) Enrico.
(Enrico, lo sguardo nel vuoto, non risponde)
MASSIMO – Enrico, c’è tua cognata.
ENRICO – (stordito) Non è mia cognata. E’ mia moglie.
MASSIMO – Come dici tu.
GABRIELLA – Enrico, ti senti male? Sei pallido come un lenzuolo… Che hai?
MASSIMO – No, niente. Un piccolo malore… Si sta riprendendo.
ENRICO – Sì, sto meglio. Ho avuto delle improvvise vertigini… Ero qua che parlavo con Massimo
… Vero, Massimo?
MASSIMO – (fa cenno a Gabriella che non è affatto vero ma che sta al gioco per non contraddire
Enrico. Gabriella, naturalmente, non capisce) Sì. Parlava con me. Di tuo suocero, mi pare…
GABRIELLA – Parlavate di papà e ti sei alterato. Lo immaginavo. Vieni, vieni in cucina… Ti do
qualcosa per rimetterti su.
ENRICO – Ce ne dobbiamo andare da questa casa, Gabriella. E subito.
GABRIELLA – Ho capito: hai conosciuto la… sposina. Vieni, ora ne parliamo… Ci scusi un mo-
mento, Massimo… (Via, con Enrico).

SCENA 22

MASSIMO – (da solo) Era megghiu ca mi ni stava in Romania! Qua stanno succedendo cose…!
‘U maresciallu ca duna i nummira, Enrico ca vidi i spirdi… Diana ca mi pari ‘npocu strana
magari idda! L’unica ca si salva è Gabriella. Mi piace ‘sta carusa. Com’era premurosa con suo
cognato! Mancu ‘na muggheri! Io, un pensierino ce lo farei…
CARMELO – (entra) Dunque, come le stavo dicendo…
MASSIMO – Maresciallo, pì opira di carità, mi ha raccontato già uno di tutto!
CARMELO – (autoritario) Privitera!
MASSIMO – Comandi.
CARMELO – Privitera, io ho bisogno di parlare con qualcuno. Io sto male, ha capito?
MASSIMO – Sì, che io sto bene.
CARMELO – E se resto solo, finisco per fare qualche sciocchezza!
MASSIMO – Facciamo così: ne riparliamo dopo cena. Ci prendiamo un bel caffè e, nel frattempo,
lei…
CARMELO – No. Niente caffè. Il caffè mi eccita. Mi vuole ascoltare, sì o no?
MASSIMO – Mi deve credere, maresciallo, io in Romania, stavo benissimo.
CARMELO – Non mi meritava! No! Io le volevo bene più della mia vita…!
GIOVANNI – (entra. Sembra stanco e nervoso) Adesso, basta! Il troppo è troppo!
MASSIMO – Quello che dico anch’io.
(Giovanni siede, affranto, sullo stesso divano in cui sono già seduti Massimo e Carmelo.
Massimo staà al centro fra i due che parlano incuranti l’uno della presenza dell’altro).
GIOVANNI – (frastornato, parla da solo. Di tanto in tanto, sbircia Massimo che sembra pietri-
ficato) Così non può continuare! Bisogna prendere una decisione!
CARMELO – (guarda nel vuoto, davanti a sé) La mia vita è un inferno!
GIOVANNI – Se ne approfittano perché sono innamorato!
CARMELO – Chi ci campu a fari?
GIOVANNI – Ma cu’ mi ci purtò a mia a Fiuggi?
CARMELO – Mi sento veramente una merda!
GIOVANNI – (a Massimo) Dov’ero arrivato?
MASSIMO – A Fiuggi.
CARMELO – (a Massimo) Dov’ero arrivato?
MASSIMO – Alla merda.
GIOVANNI – A Fiuggi. Tutto è cominciato a Fiuggi. Anche la mia rovina è cominciata a Fiuggi.
MASSIMO – Ma dici ca l’acqua di Fiuggi fa bene?
CARMELO – Che donna! Che donna! Bella e cinica!
GIOVANNI – E io che pensavo d’avere trovato la felicità! E, invece, mi sono ridotto a una merda!
CARMELO - … e mi arriva quella fatale telefonata da Fiuggi…
GIOVANNI – (a Massimo) Dov’ero arrivato?
CARMELO – (a Massimo) Dov’ero arrivato?
MASSIMO – Stavolta, al contrario. Lei alla merda… e lei a Fiuggi.
GIOVANNI – (s’accorge improvvisamente della presenza di Carmelo) Scusi, lei chi è?
CARMELO – Sono lo zio di Enrico.
GIOVANNI – Io sono il suocero di Enrico.
GIOVANNI – CARMELO – (insieme stringendosi la mano) Piacere.
MASSIMO – Io sono di passaggio, da Enrico. (Stringe la mano a entrambi incrociando le braccia)
E ora che vi siete conosciuti, vi lascio in reciproca compagnia. Continuate. (Si alza, va verso la
porta di destra. Tono implorante) Enrico! Enrico, magari torno un’altra volta, che dici? Enrico,
dove sei? Enrico… Permesso? (Via)
(Giovanni e Carmelo rimangono seduti sul divano. Sono alquanto imbarazzati).
GIOVANNI – CARMELO – (insieme) – Mah!
(Si alzano e puntano verso le rispettive uscite: Giovanni, via, a sinistra. Carmelo, via a destra).

SCENA 23

(Enrico e Massimo entrano insieme).
ENRICO – Se sei un vero amico, mi devi aiutare.
MASSIMO – E che devo fare?
ENRICO – Tu sei ancora innamorato di Diana. Hai detto che non sei riuscito a dimenticarla.
Giusto?
MASSIMO – Va bene… cose che si dicono…
ENRICO – Che significa “cose che si dicono”? Ti rimangi tutto?
MASSIMO – No, siccome tu mi hai detto che devo dimenticarla, che non mi merita…
ENRICO – L’ho detto senza riflettere.
MASSIMO – Ma perché, ora, stai riflettendo?
ENRICO – Insomma, tu vuoi bene a Diana, sì o no?
MASSIMO – Non dico di no… ma doppu tuttu chiddu ca mi dicisti…
ENRICO – Tu ti n’ha’ futtiri di mia! Hai capito? Sei un uomo innamorato, no? E un uomo innamo-
rato deve insistere! Un uomo innamorato che fa, ascolta i consigli degli amici?
MASSIMO – No?
ENRICO – Ma quando mai!
MASSIMO – Tu ti senti bene, vero?
ENRICO – Non mi sento affatto bene ed è per questo che mi devi aiutare!
MASSIMO – Sì ma ancora non ho capito che dovrei fare…
ENRICO – Mi vuoi bene?
MASSIMO – Io voglio bene a tutti. A te, a Diana…
ENRICO – Vuoi vedermi felice?
MASSIMO – Ti voglio vedere felice e, soprattutto, calmo.
ENRICO – E allora, devi fare la corte a Diana. Ma, sapemuni sentiri, una corte serrata! E’ chiaro?
MASSIMO – (allibito) Una corte serrata?
ENRICO – Sì. Serrata e… alla luce del sole. Così, mio suocero vi scopre, fa casino, lei è costretta
a divorziare e tu la sposi.
MASSIMO – (stordito) E tu sei felice.
ENRICO – Vedi com’è semplice?
MASSIMO – Veru è. (Tra sé) Minchiuni! Peggiora di minuto in minuto!
ENRICO – Che stai farfugliando? Che dici?
MASSIMO – No… dico… Va bene.
ENRICO – Allora, siamo d’accordo? Guarda che se non mi fai ‘stu favuri, mi offendo.
MASSIMO – No, no… Io faccio tutto quello che vuoi.
ENRICO – Grazie.
MASSIMO – Prego.
ENRICO – Tu mi dirai: e con la vecchia, come la mettiamo?
MASSIMO – Quale vecchia?
ENRICO – Mia suocera.
MASSIMO – Ah, il fantasma.
ENRICO – Che fantasma?
MASSIMO – Quello di tua suocera.
ENRICO – Massimo, ma chi si’ scemu? Va be’ che mi cumparìu come un fantasma ma non è che
è morta! Magari Diu!
MASSIMO – Ho capito. (Tra sé) Persi semu! Si scudau ca morsi!
ENRICO – Dunque, stavo dicendo, alla vecchia non ci dari cuntu.
MASSIMO – Non ci ni dugnu cuntu e mancu cunfidenza.
ENRICO – Bravo. Se ti dà fastidio – tu sei un uomo energico! – la cacci di casa. Due pedate e via.
MASSIMO – Non c’è problema: du’ piratuni e via…!
ENRICO – Massimuccio, liberami di Diana e di sua madre e te ne sarò grato per tutta la vita!
MASSIMO – Vediamo che si può fare.
ENRICO – Ora, fammi la cortesia, vai nel mio studio e aspettami. Devo parlare alla vecchia. Non
vorrei che sconvolgesse il nostro piano.
MASSIMO – Devi parlare con tua suocera?
ENRICO – Sì, è meglio.
MASSIMO – E chi fai, ‘na seduta spiritica?
ENRICO – (preso dai suoi pensieri, non lo ha sentito) Sì, sì, vai.
(Massimo, via, da destra).
(chiama con tono autoritario) Signora! Signora Cardaci!

SCENA 24

VINCENZINA – Enrico, cerca di stare calmo e non fari vuci!
DIANA – Enrico!
ENRICO – Ciao, Diana.
DIANA – La mamma mi ha detto… Ti giuro: sono rimasta trasecolata!
ENRICO – Io, invece, dopo avere trasecolato sono entrato nella fase della pazzia!
DIANA – Ti capisco. E’ tutto così assurdo…!
VINCENZINA – Certu ca c’è di moriri: mio genero è il suocero di mio genero!
ENRICO – Ex genero!
DIANA – E io sono la suocera… di mio marito!
ENRICO – Ex marito!
VINCENZINA – Comunque, c’è di moriri ‘u stissu! (Ride)
DIANA – Beh, in effetti… (contagiata dalla madre, ride anche lei)
ENRICO – Almeno, fatemi un favore: non dite niente a mia moglie. Gabriella non deve sapere
niente di tutto questo casino!
DIANA – Puoi stare tranquillo. Fingerò di non conoscerti.
GIOVANNI – (entra) Ah, avete già fatto conoscenza? Mi fa piacere..
ENRICO – E a me, no?
GIOVANNI – Diana, tesoro mio, puoi venire di là? Dovrei parlarti.
DIANA – Ancora con quella storia?! Giovanni, ti prego!
GIOVANNI – Solo qualche minuto.
DIANA – Uffa! (Via con Giovanni)

SCENA 25

VINCENZINA – La vuoi sapere una cosa? Io a mio genero… a tuo suocero… insomma a ‘stu
Giovanni, ci l’hai ccà, ‘nta vuccalarma!
ENRICO – Ho l’impressione che lei non è felicissima di questo nuovo matrimonio…
VINCENZINA – E ti sei “impressionato” giusto.
ENRICO – Certo, avrà qualche difetto e… non è più un ragazzino…
VINCENZINA – Allura! I dintuzzi di latti ci cascaru! Ma la cosa più grave è che è un tistuni!
Ed è troppo presuntuoso per il mio carattere!
ENRICO – Ma, allora, perché gliel’ha fatto sposare?
VINCENZINA – Pirchì prima mi piaceva.
ENRICO – E ora?
VINCENZINA – E ora non mi piaci cchiù!
ENRICO – (rincara la dose) Con quello, con Giovanni, avrà una vita difficile, cara mia! Chiddu è
un uomo duro, autoritario, pieno di fissazioni… un poco strampalato… Se n’è accorta, no?
VINCENZINA – ‘U bbessu iù, tu chi n’ha fari!
ENRICO – (sospira) Io lo so chi sarebbe stato la persona giusta per Diana!
VINCENZINA – Cui, tu, per caso?
ENRICO – No, io sono fuori causa. No, mi riferisco a Massimo. Quello sì che è un uomo sensibi-
le, affettuoso… I soldi, poi, non gli mancano… sfurna aranci a tinchitè… Senza contare che è
sempre stato innamorato di Diana.
VINCENZINA – Daveru?
ENRICO – Sì. Lui stesso me l’ha confessato. Innamoratissimo.
VINCENZINA – A sapirlu prima… Veramente, Massimo non mi sarebbe dispiaciuto ma ormai…
ENRICO – Perché dice “ormai”? I matrimoni si fanno, si sfanno… Lei ne sa qualche cosa, no?
VINCENZINA – Chistu è veru. (Riflette) Si potrebbe chiedere l’annullamento, per esempio…
ENRICO – Questo mi pare difficile. Se hanno già consumato…
VINCENZINA – Enrico, l’unica cosa ca Giuvanni ha consumato è ‘na fedda di torta durante il
“trattenimento”…!
ENRICO – E lei come fa a esserne così sicura?
VINCENZINA – Ma chi è, ti scurdasti chi è Vincenzina Cardaci? Io so tutto. Tutto quello che ri-
guarda mia figlia, riguarda me.
ENRICO – (raggiante e affascinato) Straordinario!
VINCENZINA – Non li ho lasciati mai suli, mancu per un secondo!
ENRICO – Ovviamente. Sì, però, lui mi sembra fin troppo innamorato e, prima o poi, consumerà.
VINCENZINA – Ci penso io a non farlo consumare. Caro mio ex genero, una volta tanto ci trovia-
mo d’accordo, ha’ vistu?. L’idea di Massimo non mi dispiace affatto. Anzi.
ENRICO – E io, una volta tanto, sono felice che ci sia lei qua…
VINCENZINA – Sì ma non ti fari pigghiari dall’entusiasmo! Tuttu chiddu ca fazzu io lo faccio per
mia figlia, ricordatelo.
ENRICO – Giustissimo.
VINCENZINA – E ora, all’opera. Tinemu d’occhiu ‘u furmaggiaru!
ENRICO – Brava!
(Vincenzina, via, a sinistra).

SCENA 26

ENRICO – (da solo) Mi sentu megghiu. Con una complice come Vincenzina Cardaci, posso stare
tranquillo! Chi l’avrebbe mai detto? Le vie del Signore sono veramente misteriose e infinite!
GIOVANNI – (entra da sinistra, visibilmente stremato) Ah, Enrico, sei qua?
ENRICO – Che c’è, papà? Qualche preoccupazione?
GIOVANNI – (sospira) Purtroppo, sì.
ENRICO – Qualcosa non va con la sposina?
GIOVANNI – Che dici? Diana è una ragazza eccezionale, un angelo! Il problema è ca ‘nsemi al-
l’angilu c’è ‘u diavulu! Dda vecchia megera non ci vuole lasciare in pace, non vuole andarsene.
E io non so che debbo fare, m’ha’ cridiri.
ENRICO – (anche in questo caso, rincara la dose) Detto fra noi, mi pare un tipo da prendere con
le pinze… Ti aspettano giorni duri!
GIOVANNI – No, niente… se ne deve andare! Io ho tutto il diritto di stare da solocon mia moglie!
ENRICO – Ci mancherebbe! Bravo, non cedere! Non ti fare pigliare in giro da quella vecchia!
GIOVANNI – Ancora deve nascere chi mi può pigliare in giro! Chista a mmia non mi canusci!
ENRICO – Fatti valere, mi raccomando. A casa tua, comandi tu! Energia, ci vuole!
GIOVANNI – Energia! La vecchia deve scomparire dalla mia vista!
ENRICO – E la moglie deve ubbidire al marito!
GIOVANNI – Mi livasti i paroli d’a vucca! Ora, ci vaiu e chiarisco definitivamente la questione!
ENRICO – Energico! Deciso! Sei forte, papà!
(Giovanni, via, a sinistra).

SCENA 27

CARMELO – (entra, da destra) Enrico, perché m’avete lasciato solo? Io sto male e se rimango solo,
faccio qualche fesseria! Quanti voti ti l’haiu a diri?! Io debbo parlare con qualcuno…!
ENRICO – Hai ragione, zio ma ho dei problemi… Un paio di cose da sistemare…
CARMELO – E allora, cerco Massimo. Dov’è?
MASSIMO – (entra) Enrico, gioia, ma chi mi lassasti ddà?
CARMELO – Privitera! A lei cercavo!
MASSIMO – Maresciallo, pietà! Mi sta dulennu ‘a testa!
ENRICO – (a Massimo) Il piano sta funzionando. Tieniti pronto per entrare in azione.
MASSIMO – Prontissimo sono. Non si viri?
CARMELO – Di che piano state parlando?
MASSIMO – Suo nipote ha una testa…! Una testa vulcanica! Fici un piano che è una bomba!
ENRICO – Ma statti mutu!
CARMELO – Dire, dire. Le strategie sono pane per i miei denti!
MASSIMO – E allora. Lei ha presente Diana?
CARMELO – Perché ha pronunciato quel nome, perché? Ma come, io sto facendo di tutto per scor-
darmela e lei gira il coltello nella piaga?!
MASSIMO – Ho sbagliato. Diana non c’entra.
ENRICO – Ma la vuoi finire?! Che t’avevo detto, io, di cuntarlu a tutti?
CARMELO – Mi volete spiegare, per favore…?
ENRICO – E va bene. Tanto, fra poco, lo verrai a sapere ugualmente. Diana è qui, con sua madre.
CARMELO – Diana… qui?
MASSIMO – Sì, Diana c’è. Sua madre… non lo so.
ENRICO – E io ho il dovere di mandare all’aria questo matrimonio!
CARMELO – Mi scoppia ‘u ciriveddu! Non staiu capennu cchiù nenti!
MASSIMO – Lei. Iù ci l’haiu ‘ntasatu, ‘u ciriveddu…!
CARMELO – Enrico, di quale matrimonio parli?
ENRICO – Poi, poi te lo spiego.
MASSIMO – Glielo spiego io, maresciallo. (Fa cenni eloquenti che ciò che dirà è solo finzione, per
fare star buono Enrico) Dunque. Suo nipote, per essere felice, ha chiesto il mio aiuto. Fin qui ci
siamo? Mi segue?
CARMELO – (molto attento) Sì. Ma… in cosa consiste questo aiuto a Enrico?
MASSIMO – Devo fare la corte a Diana.
CARMELO – Ma… siamo impazziti?!
MASSIMO – Ma no’ una corte normale, no. Una corte serrata. Vero, Enrico?
ENRICO – (soprappensiero) Sì, sì.
MASSIMO – Allora, che succede? Che mentre io faccio questa corte serrata a Diana, veniamo sor-
presi in flagrante. Lei questa parola, “flagrante”, la capisce perché è maresciallo… E, a quel pun-
to, idda divorzia, si marita cù mmia ed Enrico vive felice. Dico bene, Enrico?
ENRICO – Benissimo.
CARMELO – Non ho capito.
MASSIMO – Neanch’io.
CARMELO – E perché lei dovrebbe fare la corte a Diana?
MASSIMO – Ma come, non gliel’ho spiegato?
CARMELO – Lei non fa la corte a nessuno, ci siamo capiti? In caso contrario, le sparo un colpo
di rivoltella in testa!
MASSIMO – A me?
CARMELO – A lei!
MASSIMO – Enrico, penso che dobbiamo fare qualche cambiamento al tuo piano…

SCENA 28

VINCENZINA – (entra, soddisfatta) Enrico, fra poco putemu sunari ‘a marcia trionfali dell’Aida!
(Si avvede di Carmelo) Oh, buon giorno.
CARMELO – Buon giorno a lei.
MASSIMO – (gli occhi sbarrati) Enrico, il fantasma di tò soggira!
(Enrico guarda Massimo, senza capire)
VINCENZINA – Oh, carissimo signor Massimo.
MASSIMO – Lei è… viva?
VINCENZINA – Perché, scusi, ci paru morta?
MASSIMO – (a Enrico) Ma… chi schifìu m’hata cuntatu, allura?
ENRICO – Ma chi schifìu ha’ caputu tu…?!
GIOVANNI – (entra con Diana) Per stanotte, tua madre può dormire qua ma domani, trasloca!
DIANA – Non puoi trattare così mia madre! (Si accorge di Carmelo) Anche tu, qui?
CARMELO – Diana!
GIOVANNI –(meravigliato) Conosci questo signore?
DIANA – Certo. E’ lo zio di tuo genero… di Enrico.
CARMELO – (a Diana) Perché mi hai lasciato? Che t’avevo fatto?
GIOVANNI – (a Diana) Che è ‘sta storia? Chi sta dicennu ‘stu signori?
GABRIELLA – (entra) Enrico, la cena è pronta.
ENRICO – Oh, Gabriella, ti presento la moglie di papà.
GABRIELLA – (disorientata, guarda dapprima Vincenzina, poi, Diana) Ma, allora… (A Diana)
Molto lieta.
MASSIMO – (che era rimasto, intontito, in disparte, salta, improvvisamente, su una sedia) Alt!
Fermi tutti!
ENRICO – (colto di sorpresa, come tutti, del resto) Massimo!
MASSIMO – (a Enrico) Ti dispiace se fai le presentazioni macari a mmia? Col relativo grado di
parentela, naturalmente!
(Una musichetta da “film muto” accompagnerà una curiosa pantomima durante la quale ciascuno
“rivelerà” la propria identità).
Ci vuleva tantu? (Scende giù dalla sedia)
GABRIELLA – (a Enrico) La tua ex moglie è diventata la… mia matrigna?!
ENRICO – Sì. Di conseguenza, è diventata anche mia suocera.
GABRIELLA – A questo punto, credo che tu abbia ragione: è meglio cambiare casa.
GIOVANNI – (a Diana) Non ti preoccupare, tesoro mio. E’ più giusto che ce ne andiamo noi.
CARMELO – No! Sono io che me ne vado, e subito!
MASSIMO – Se permettete, ‘u primu di tutti, mi ni vaiu iù!
ENRICO – (a Massimo) Tu non “puoi” andare via!
MASSIMO – E invece, sì. Mi sono ricordato che ci ho un altro vagone d’arance….
ENRICO – (a Massimo) Finiscila cù ‘st’arance!
GIOVANNI – Bene. E allora, Diana, prepara le tue cose e andiamo.
VINCENZINA – E unn’è c’avissimu a ghiri?
GIOVANNI – Lei po’ ghiri unni ci piaci! Diana viene con me!
VINCENZINA – No! Lei a mè figghia non s’a porta!
GIOVANNI – Sua figlia è mia moglie e una moglie deve seguire il marito!
VINCENZINA – Mia figlia non abbandonerà mai sua madre! Ho detto.
GIOVANNI – E ora ‘u videmu!
VINCENZINA – Ora ‘u videmu!
DIANA – Per favore, basta! Giovanni, mia madre viene con me.
VINCENZINA – L’ha capito o no? Io vado unni va mè figghia!
GIOVANNI – (fuori di sé, a Diana) Io ti porto con me! E senza tua madre!
DIANA – Non insistere!
VINCENZINA – Ma chi ci pari ca mè figghia è ‘na provola, ‘na fedda di murtadella?! “Io ti porto”!
Chi è ca porta, lei?!
GIOVANNI – Si stassi muta! Non mi faccia fare qualche fesseria, signora!
VINCENZINA – Io parlo, ha capito? Con il suo permesso o senza il suo permesso, parlo! E chi è,
scemu pì daveru?!
GIOVANNI – (esasperato) Io, scemo?! Vecchia deficiente e maladucata!
VINCENZINA – Matri… mi dissi vecchia a mmia?! Ora ci abballu ‘nta panza a chistu!
GIOVANNI – A cu’ ci abballi ‘nta panza, grandissima cosa fitusa?!
VINCENZINA – A ttia! Bestia, cretino e animale! Bonu sulu pì vinniri uova e furmaggiu!
GIOVANNI – Ah, sì? (Alza il braccio per colpire Vincenzina e, come in un film già visto, Diana
per difendere la madre, riceve lo schiaffo)
ENRICO – (in disparte) Ah! Finalmente!
VINCENZINA – Ha schiaffeggiato a mè figghia. Siete tutti testimoni.
GIOVANNI – Diana, perdonami… io non volevo…
DIANA – Non ti avvicinare, mostro!
VINCENZINA – Sevizie gravissime. La legge è chiara. Carta canta! Conosco la procedura!
ENRICO – (tra sé) Ormai, è pratica!
VINCENZINA – Domani, chiederemo il divorzio. Ho detto.
GIOVANNI – Il divorzio?!
DIANA – Sì. Il divorzio!
GIOVANNI – Ti giuro che io non avevo nessuna intenzione…
DIANA – Ho detto che voglio il divorzio!
VINCENZINA – Già ci ‘u dissi iù, a mammuzza.
GIOVANNI – (disfatto) Vuoi il divorzio? E va bene. Lo voglio anch’io. Accussì ‘a finemu cù
‘sta buffonata!
DIANA – Mamma, andiamo.
VINCENZINA – (con intenzione) Ci accompagna Massimo. Vero, Massimo?
MASSIMO – (ancora scosso per tutto l’accaduto) Che cosa?
ENRICO – E certo che vi accompagna Massimo.
DIANA – Ne sono felice.
VINCENZINA – Benissimo.
MASSIMO – No, no, quali benissimo, signora Cardaci. Non è possibile. In un altro momento,
macari, cù tuttu ‘u cori ma, giusto ora, vede, mi sta partendo l’ultimo vagone d’arance per la
Romania e si perdu chistu…
VINCENZINA – E allura, spicciamini, Diana! Chi vulemu perdiri ‘stu bellu vaguni d’aranci?!
DIANA – Nemmeno per sogno, mamma!
(Vincenzina e Diana prendono sottobraccio Massimo e, insieme, escono dal fondo).

SCENA 29

ENRICO – (un sospiro di sollievo) Signuri, ti ringraziu!
(Carmelo e Giovanni si accasciano, distrutti, sul divano).
GIOVANNI – Avrei dato la mia vita per lei…!
CARMELO – E io, no…?
MASSIMO – (fa capolino, dalla vetrata) Scusami, Enrico, in tutta questa confusione non ho capito
una cosa: Gabriella è tò cugnata o no?

S I P A R I O