DA
LONTANO VI UCCIDONO COLL’ONDA
di
Giampaolo Spinato
a C.T., Paolo, Nessuno e tutti gli altri che, inascoltati, ci vivono accanto
PERSONE
Un barbone, i suoi cani e il carretto con le sue cianfrusaglie.
- Da lontanooooooooo…
- … Vi uccidonooooo…
- … Coll’ondaaaaa!
- Da lontanooooooo……
- Buono, Astor, lì, buono!
- … Vi uccidonoooooooooo………..
- Vieni, Muto, dai, andiamo…
- … Coll’ondaaaaaaaaaa……………
- Allora, hai finito? Dai, muccala, Astor! Via, Muto!
- Da lontanooooo… - Tò, tiè, qua, dai, mangiate…
- Vi uccidonooooo… - Pensa tè, ma cos’è?
- Guarda qua… Eheheh… Va’ che roba…
- Coll’ondaaaaa…
- Hai capito, ci puoi fare un mantello… Con il collo di pelo… Eheh,
l’ermellino…
- Da lontanooo…
- Va’, qui giù l’han strappato, mapperò sembra vero…
- Vi uccidonooo…
- Io non so, pensa tè … ma cos’è?!
- Coll’ondaaaaa!
- Orca, guarda, anche i guanti… che belli, va’, bianchi…
- Ma cos’è, Carnevale, stasera? Guarda qua ‘sto bastone, che cos’è,
spinterogeno, un’asse, una sbarra di cosa, che c’ha su incastonati…
- Cosa sono… bulloni, brillanti diamanti, figurati, finti…
- Va’ che fan la sua bella figura, tutti bei luccidàtti… Fa’ provare, mi entra
anche in testa… Va’ Astor, tè, Muto! Eheh, casso, oh, l’ermellino, lo scettro…
Se ci metto vicino ‘sta bella corona di tolla… Va’ che roba, ostia, guarda…
- Sembro il re della merda!
- Da lontanoooooooooooooo!
- L’avrà mica buttata in discarica un quaiv’un del teater alla Scala…
- Vi uccidonoooooooooooooo………….
- Bela l’è bela, va là, che l’è bela, la corona del Re de la merda…
- Coll’ondaaaaaaaaaaaaaa!
- Mi sta bene… Ehehe… Vero, Astor, neh, Muto?
- … Ghe sarà minga in gira un quaiv’un ch’el voeur famm fà ‘na figura da pirla…
- Uè, tè, stronzo merdoso, se ci sei batti un colpo!
- Vèn chì no a rump i ball ‘desso che son coronato! Vade retro! Che questo è il
mio regno!
- Va là, valà, Astor, stagh’atent al tò oss… Vade retro!
- Cosa vuoi, cosa ringhi, dai, Muto, non mi vedi chi sono… Eh-eh, Marc’Antonio
che parla dal pulpito al popolo… Ehehehe… Cittadini! Romani!
- Anzi, no: milanesi!
- Io vi parlo davanti al cadavere morto defunto di Bruto!
- Cosa dico… di Cassio!
- Valaù, va’, ‘sto casso…
- Senti me, ‘scolta qua, va’, Milano, ti parlo, guardando dall’alto lontano le
rocce, le guglie che in fondo al Sempione ci fissano e stanno…
- Qui davanti al cadavere caldo di Cesare, ‘sassinato per mano del figlio!
- Eheheheheh… Mi sentite?!
- Con davanti il cadavere smunto, marcito, della grande Milano!
- Hai eletto il tuo sindaco, tu, cittadino?!
- No, dico, l’hai eletto, voluto, hai votato?!, l’ha vinciù?!, chi ha
vinciuto?!
- Ehehehehe.
- Famm bèv un quai cos, sarà mej, se stasera ho da fare il discorso…..
- L’hai eletto votato, eh, cittadino?! Hai visto chi ha vinto?
- Mmmm, tira su… sarà mej, che stavolta ci dico davvero quello che penso…
- Sum vidè, fa vidè, telli lì che mi guardano in fondo…
- Vanno e vengono… Ostentano seri le loro paturnie, fan finta di niente… Mi
guardano… oooh, come se io fossi il scemo…
- Ehehehehe… Mmm, buono, buono, altroché. Sì, ma casso la prossima volta gh’el
disi…
- … di non metterci dentro quell’acqua piovana che allunga la broda…
- Cittadini!
- Da lontano vi vedo, vi guardo… ascoltate la voce del vostro sovrano!
- Sì, lo so, ‘desso cosa vi state chiedendo. Chi è che è questo, quel pirla che
parla, che urla là sopra, dal pulpito marcio di merda da noi smerdazzata …
- Cittadino!
- Sono io, sono il re Pantegano, dinastia degli Orrori, ti ricordi quei barbari
antichi che han rassiato l’Europa e ficcavano tutti i ministri dentro la
botola, là in alto, in Polonia, siamo scesi in Itaglia, io il barbone Barbuto,
el tò incubo urendo, sono io che comando l’esercito abnorme di topi che,
senziente e incosciente, ti assedia fin dentro gli anfratti, nei muri dei tuoi appartamenti,
Milano, all’inizio del secolo nuovo…
- Sono io, cittadino!
- Sono il matto giullare bastardo di somma importanza, il merdoso, spulciato,
pulcioso, eh eh, l’eletto, eh-eh, il risorto, fatto segno del vostro disprezzo!
- Ecco, bravo, hai capito?, sono io che ti rumino dentro!
- Ehehe… casso, è vero, ce l’ho ancora la verve, come quand sèri giuin, come un
tempo.
- Cittadini! ‘Scoltate! Dervìte le orecchie! Guardatemi, udite! Io l’ho vista
com’era Milano, l’ho vista, vissuta, è passata una vita! La Milano di quando, è
passato del tempo, quando tutte le genti, teroni di tutte le latitudini,
venivano qua per sfamarsi …..
- Ehehehehe…
- Quando fermi ai passaggi a livelli, coi motorini e le bici, in Bovisa,
‘spettavano tutti che passavano i treni… Tutti in blu, con la tuta, il
baschetto, la giacca! Uperàri! Traversavano insieme i binari! Siciliani, di
Napoli, veneti, calabresi, pugliesi, teroni del Nord e del Sud dell’Itaglia,
che vegnevan fin qui, a Milano, a cercare il lavoro…
-
Neh, Astor, neh, Muto?
- Che
quei ricchi ci han sempre taciuto del culo, del lercio malefico olezzo, dello
schifo nel sangue, del piombo inalato in reparto... E noi tutti, fratelli,
sorelle, cognati, parenti, chi a Sesto, in Briansa o in Bicocca… A contar
quante volte dovevi sentire suonar la sirena, la mattina e la sera, all’entrata
e all’uscita di fabbrica, prima di averne abbastanza di lira per comprarti
anche il frigor, la macchina nuoeuva, una cinque-seicento, che quando riuscivi
a comprarla quell’altro che ce l’aveva da prima s’era fatto di già la sua bella
ford escort, casso, che sfiga!
- Noi, fratelli, sorelle, e poi generi nuore cognati, siamo tutti parenti,
incrociati sangue e di lingua, ormai imbastarditi, lo dico per quelli più
giovani… Parenti e serpenti, sicuro, che cosa credete? Tutta gente che quando è
venuta disposta era a fare di tutto, sempre meglio che fare la fame, comm quei
alter, quei nèggher, marocchini, teroni stracomunitari, quelli offesi umiliati,
i poveri odierni di oggi!
- Va’ che ho letto, ho studiatto, uè tè, cosa credi?, mi informo, li vedo i
giornali dentro i cestini, so leggere i titoli e quello che scrivono dentro gli
articoli, va’ che anch’io, come tutti, operai della Breda, dell’Alfa, della
Montecatini, schiavi negri del boom economico nelle catene di Sesto, officine,
sui torni… Ho studiatto alle scuole dei sindacatti!
- Ven chì, Astor, stai buono neh, Muto!
- Cosa c’era, chi c’era a quei tempi per quelli che niente diploma, ma che
casso di scuola, che venivano qui da immigrati, già figli di padri sfigatti,
anche stronzi furbetti già pronti a far guerre di poveri dentro i cortili… A
mazzarsi, picchiarsi, spararsi ficcarsi i coltelli fin dentro le reni per
donne, per soldi. Litigare, vusàre: Mia, tua la ringhiera dei panni… Ma dov’è che
li stendi, dove metti a sciugare i calzini bucati, le lenzuola mutande
smarronate di fedite mute scurenge impestate e poi candeggiate!
- Terone!, disevan quei alter: Uè, terone, vai via che l’è mia la ringhèra!
Capito, cos’è che dicevano, gniurant, quei somari, intubati nel loro glo glo di
piccioni, quel dialetto di rutti, bauscia…
- Pensa te che si vantano ancora di esser qui già da prima, di esservi anzi già
nati, loro sì, i milanesi… gli indigeni veri, gli autoctoni!
- Seee…
- Miiilaneeesi...
- Ma li senti quando che parlano: uè, mì, tì, va’ che mì…
- Oooh, cosa fai, i gargarismi?!
- Col casso che i tempi sono cambiati.
- Voglio dire, voeuri dì, cittadini, ‘scoltate...
- No, dico, guardatevi intorno, guarda bene le facce che c’hai lì vicino, le
vedi?
- Eh, sì, propi, quel lì che ti sfiora la giacca, la manica… Tè, là, bela figa,
sto parlando con te, bella gnocca… No, dico, l’hai visto quel lì che ti viene
vicino… che ti annusa l’ascella odorosa… Che tu sbuffi e magari ti viene anche
voglia di sputargli in un occhio, t’è capì, mi hai capito, l’hai visto quel lì
che ti sfiora, quel lì colla barba, eh, mano morta, naziskin, rasta, neggher
che sia… Che ti sposti, fai finta di niente, neh, bela bionda, come noi, come
tutti, si sa mai, se ti tocca… Se quel lì, non importa se è bianco se è nero,
vicino di casa, terone o parente, ‘tenta, veh, che magari ti sporca contagia,
la merda…
- Hai capito l’antifona? Anche tu! Tutti voi, dai, provate a pensarci!
Rispondetemi a questa domanda, però, non star lì a tirar fuori cassate,
concèntrati, dai, cosa pensi, eh, cos’è che ti chiedi, quando lo vedi? Senza
gnanche saperlo, non lo sai ma lo pensi, dentro in fondo ti dici: QUESTO QUI MA
CHI E’ COSA VUOLE, SARA’ MICA DI QUELLI…
- QUESTO QUI, FA’ PENSARE, ‘SPETTA UN PO’, SI’, MAGARI MI PIACE, MA IL
PROBLEMA, SIA BELLO SIA BRUTTO O BASTARDO TERONE, IO MI CHIEDO, COMUNQUE, SIA
DONNA O SIA UOMO, FA NIENTE, LA DOMANDA E’ LA STESSA PER TUTTA LA GENTE: MA
QUANT’E’ CHE MI COSTA AVERCI A CHE FARE?
- Quanti anni, e poi soldi, energie che si sprecano a stargli vicino…
- Dimmi che non è vero… Non è questo che pensi, anche dietro il tuo bel
sorrisino?
- Veh, che palle, che casso, oh, proprio a me, proprio adesso…
- Te lo chiedi di quello e non solo, di me che ti parlo, di tutti, del terone,
del marochino, del bagai che ti lava anche i vetri al semaforo, Albània… Facci
caso, in un modo o nell’altro, è un discorso che vale per tutti… le persone… le
cose… E’ un mercato: che cos’è che mi costa averci a che fare, col terone, il malato
di malattia terminale… tuo padre, tua madre, gli amici, giù giù fino a quelli,
gli stracomunitari, quei magutt, sporchi negri, ma va’ a lavorare!, dì che è
falso, che non calcoli i pressi, la spesa, con tutti, la moglie e anche i
figli… Fratelli, sorelle, coi capi, i colleghi…
- PERCHE’ CASSO MI TOCCA ANCHE STARLI A ‘SCOLTARE, COSA MI VIENE A ME IN TASCA,
FACCIAMO UNA PROVA, MEGLIO ANDARE A PUTTANE, ANZI, GUARDA, A TRAVESTA AL
MONUMENTALE, IN SEMPIONE, ALMENO LI’ E’ CHIARA LA COSA…
- … A SINQUENTA ANCHE TRANTA QUARENTA SUL MIO FUORISTRADA!
- Quanto costa, guardarlo negli occhi quello lì che ti viene vicino, che
incontri per caso?!
- Sarà mej vardà avanti, andar dritto per la propria strada, pensa fisso alla
tua busta paga…
- Dì di no, che non pensi, che palle, sta male, c’avrà i suoi problemi…
- Che ti dici ognuno c’hai i suoi… che tiri giù gli occhi…
- Va’ che io ti capisco, io la so questa cosa… Non è mica campata per aria.
Casso, va’ che la vita l’è dura, per tutti l’è dura, sono mica qui a farti la
predica… Oooh, cosa credi, che sono venuto qui a dire com’era bello una volta?
- Hai sbagliato indirizzo, non sono di quelli…
- Io non sono di quelli che dicono: Eh, i tempi sono cambiati…
- Che poi, me lo spieghi…
- Voeuri dì, voglio dire, non dico che prima era tutta una pacchia… L’ho
mollata che avevo vent’anni quella vita di merda. Tè sei matto… Ma dovevo
davvero andar lì a farmi il culo, inspirare veleni da una macchina vecchia che
saldava quei cellophan intorno ai cartoni coi jeans ripiegati? Mi dovevo
mandare anche il braccio in cancrena scaricando cassoni ripieni di croste
gelate al mercato del pesce o avvitare bulloni?
- O magari là in casa la sera a vedere la televisione, in quegli anni, uè, ti
ricordi, i Sessanta, anche prima, quando ancora le diecimila eran grandi come
lenzuoli… Sai quegli anni che tutti facevano, eh, la raccolta dei punti… che i
bambini giocavano ancora ai pirati, che la vita, che tutto era come in un
sogno, sì, però in bianco-e-nero, quando il bum economico andava via dritto,
dorato, senza tanti pensieri se non un futuro migliore per te, i tuoi figli,
dopo il Concilio, il Papa Buono, gli elettrodomestici e i Kennedy mazzati uno
per uno… Quando, finiti i Cinquanta, con la guerra lontana, ormai si pensava
alla Luna, tutti lì con la testa per aria a cantare dài fatti mandare dalla
mamma, e i collegamenti via satellite con Cape Canaveral, l’Urbi et Orbi, con
Paolo VI da San Pietro, facendo il segno della croce per scaramanzia, con in
mano il biglietto della lotteria… quando che con le diecimila là giganti ci
compravi la Mucca Carolina, Ava come lava e tutte le altre cose luccicanti
dentro i Caroselli, dei Bidibodibù, dei Calimeri, degli ippopotami che
dimagrivano con l’olio Sasso dentro i sogni…
- Io non ho mica nostalgia, ti dico, di quegli anni…
- Tanto, senza Moplen e Plasmon c’è sempre il Grattaevinci…
- Ma dico io, che casso di vita mi rappresentava e rappresenta? Casso di
famiglia, figli… No, io l'ho perduto fin dai tempi, come si dice… il senno che
‘desso, oh, io sono onesto, non invidio a miei coetanei, a quei coi Bot i Cct
gli indici di Borsa che fanno su e giù fin dentro nei pantaloni… Hai visto
quando che è venuto giù l’Oriente che l’Occidente s’è cagato sotto, ma mica una
due tre volte, no no, t’el dìsi mi, l’è un tre per due, dissenteria, diarrea
davèra, quella lì sì che l’è ‘na gran follia no la mia, eh, paisà, compaesani,
eheheh, amici, cittadini! Milanesi!
- Ma lo sai che nessuno di quelli che lavorano dentro la Borsa sa come funziona
perché non ce n'è uno di loro che lavora… Altro che fondi, azzioni… Ma li hai
visti, tutti in giacca e cravatta, coi telefonini… Lo sai cos’è che fanno
quelli lì con i tuoi soldi? Lo sai o non lo sai? Eh? Van dai maghi a chiedergli
gli oroscopi sui titoli giusti, tè, lo sapevi?
- Eh-eh, dama trà, apri gli occhi, oh, bevi giommi…
- Ehehehe, cittadini! Il re Polacco, il re Nessuno vi ama tutti!
- Vi amo, sì, anche se mi guardate lì come dei pesci lessi mentre che da questo
pulpito di fogna lercio marcio io vi addito il cadavere di Cassio! Anzi, di
Cesare, nostro perenne eterno condottiero e imperatore! Della nostra grande
Urbi et Orbi, la metropoli, quel verminaio di aghi fili sarti e di tangenti che
hanno capito tutti, di quell’idea, Milano, che amiamo odiamo, indùe e da dove tutti
noi veniamo e andiamo…
- Eh, Milano… Qui, proprio qui da dove, quando guardiamo appena un poco più
lontano, oltre più oltre, di là dai grattacieli, in fondo a certi viali,
vediamo quelle cime, il mondo intero che ci viene incontro dietro quell’orlo di
montagne alte, ecco, sì, ecco, dove c’è la neve, quello è il confine della
Lombardia che è stata ed è così da sempre…
- Come un’idea che… sale, sale… da tutte le pianure… Che va su dritta non si sa
mica fino a dove – tè, va’: come un’idea che ascende verticaaale!
- Ehehehehe… Bestia, quès chì sì che si chiama poetare…
- Vado bene, neh Astor, eh, Muto, va’, mi ascoltano…
- Che poi quando, non si sa neanche più quando che è stato, è successo che
tutti si eran precipitati qui come gli ebrei là in Terra Santa, a cercar la
manna, a far l’uperari, e han finitto per morire tutti, e pace amen, insemma ai
stabilimenti, morti sepolti, son finiti chi dentro un ospizi, chi in pensione,
tè capì, hai capito, sì va’ bè, con le marchette già pagate per farsi la pensione…
Operai! Uperari! Morti defunti! Terza, quarta quinta età, quando va bene,
ammucchiati come tanti barattolini vuoti al circolino Arci…
- Hai capito, tè, vèn chì, va’, Astor… vieni, Muto…
- … Desso poi c’è la tennologia, la informaticazione, come si dice… Tutto un
formicaio di spinotti, fili, altoparlanti e moscerini, ragni, formigoni, eh…
eh… lo conoscono tutti, va’ qua, va’, tastiere, elettrodi, compiuter, casso,
ragassi, ma cos’è successo? Son passati, no, dico, saranno neanche venti,
trenta anni… Sai cosa ti dico, io lo so cosa, non ce lo dicon mica, ma per me
c’hanno clonati… Va’ che l’è vera, ci han messo dentro, sai, la cellula, come
si dice… della Dolly, quella pecora che han fatto in fotocopia… Stan facendo
gli sperimenti… Non li vedi anche quei che metton lì per comandarci? Oh, ma ti
sembrano wurstel di quei genuini? Chi è che sono, in che cascina son stati
allevati, tè li conosci? Perché non ci mettono vita morte miracoli scritti su
sui cartellini come fanno coi salami e coi prosciutti per quei maiali, io non
voglio mica avvelenarmi… Che per me… Li han trà su dai levamenti intensivi
quelli lì, come ai conigli, sai, i tacchini… Li han strafogati di farine
animali, quei suini. Quei lì sì che ìn foeura di testa, altro che la mucca
pazza, è una professoressa lei, la vacca, in paragone a quella marmaglia, quei
signori che si riempiono la bocca dentro alla politica…
- Famm mandà giò un quai cos che la gula l’è già mò riarsa… Mmmm… Mamma mia,
che fatiga…
- La sinistra, la destra… Gira e rigira…
- La sappiamo già ‘sta storia: non sappia mai questa qui cusa che l’è dree a fa
quel’altra… Capito l’antifona? No, dico… Ma ti ricordi o no com’è che è andata
col Pio Abergo, la Baggina… Che a quello l’han beccato con i soldi e da ‘na
bustarella pareva che doveva venir giù il mondo, un cataclisma? Son spariti,
sì, i partiti, han cambià nomi, i stemmi, i furbi. Ti ricordi la storia
dell’ospizi, che c’entrava la Chiesa…
- Cos’hai capito, va’, valà, ma di cognome, dico, la Chiesa, là, il mariuolo…
La religione cosa c’entra. Non stiam mica parlando… cioè, voglio dire… Anche
quella lì è una fede, tutta gente impegnata a far opere buone, a dar da
lavorare, eheh… Come si dice? Ditte, Imprese, Compagnie di Opere e Omissioni,
ora et labora, seee, pro nobis, per mia colpa, mia colpa, mia grandissima
colpa…
- Giù seduto, Astor, lì buono. Vieni qui anche tu, siediti, Muto!
- Una volta ho pensato… Io non so, non so niente io di preciso… Però ne ho
conosciuti io di ladri assassini là a San Vittore… C’era il Norvegese, che aveva
‘mazzato sua madre… tu non ci credi, oh, va’ che è strano, non ci crede mai
nessuno, una pasta di uomo, finché non venivi a sapere per cosa era dentro non
te lo saresti mai pensato … casso, guarda che è vero, va’ che lui m’ha difeso
quando qualcuno m’ha chiesto di battezzarmi su per il santuario… E il Biondino?
Undic’anni per rapine ed estorsioni… Il Gulasch, l’Avana, l’Acido, il Rocco -
va’ che il sottoscritto c’ha fatto persino la barba al Vallanzasca, là, in
galera …
- Io non dico che quelli son stinchi di santi… No, han fà i purcà, han fa di
rob che se po’ minga gnanca… Non te l’immagini nemmeno… Hai capito, capisci
l’italiano? Non ci sono parole per dirlo. Non si può raccontarlo. E’ successo,
succede, quando sbagli e vai su per la circonvallazione sbagliata. Ma io ti
dico anche un’altra cosa…
- Il male c’è e basta, neanche il demonio lercio più bavoso, quello che ti
caghi sotto solo a guardarlo, ci può fare il callo, te lo dico…
- Tè pensa che un giorno, mentre uscivo dalla prigione insieme a uno di questi,
non so cosa gli centrifugava dentro quella testa, era uno di quei sfarinati,
non so mica per che cosa era finito dentro, meglio… - ‘Nsomma, oh, è stato un
attimo… Eravamo ancora sul cancello, con la guardia lì di fianco e
all’improvviso questo qui mi prende sottobraccio, e fa: Quasi quasi faccio un
suicidio... Signore, ci ho detto: Le propongo di no… Ed è nato un dialogo.
- Ne ho conosciuta io di gente marcia, che ha mazzato, che ha sparato, di capi,
di falliti, di banditi da calibro dieci, tatuati, catenine, croci,
braccialetti… Oh, un teatro… Ma, ti dico, gente che prima andava anche alla
Scala, con lo smoking, la mutanda con la firma, sai, dello stilista, in prima
fila nel Grande Teatro, la Grande Milano, hai capito…
- Però una cosa però non ho mai digerito… Che in mezzo a le sanguisughe, i
banditi, quei veri, però, i criminali… Nei posti puliti, sai i salotti di
stucchi, di rasi, coi busti di marmo e i nasi, le tette rifatti… Fin dentro i
palazzi, quei… Moribondi… Impettiti… Magari son stati anche eletti… Che
allungano solo le mani… Tè lo sai perché in dove comandano, dentro il potere,
non c’è niente da fare, la gente va sempre a finire che vuole rubare?
- Non son mica farneticassioni, è statistica, c’è scritto fin dentro nei libri…
Sai perché sono lì che sfrucugliano ingrassano sudano dentro i palazzi, si
arrotolano come quei vermi che salgono su dalla terra quando che piove…
- Lo sai o non lo sai? Neh, Astor, neh, Muto? E non farmi quel muso da scemo…
- C’ha, te lo dico… Perché quelli… Non sono cattivi, all’inizio son come noi
tutti, comuni mortali… Ha ragione chi è che non vuole mandarli per sempre in
galera, ha ragione la misericordia, la Chiesa, i santi gli arcangeli tutti, l’è
vera…
- Non sono cattivi quei ladri bastardi sassini senza avere mai usato le armi…
- Son come noi, come tutti, comuni mortali…
- Poi diventano come i drogati, solo però più distinti… ma non per la droga,
hai capito, per tutti quei soldi… il prestigio, il potere che c’han per le
mani… Tutte cose che, se ci pensi, ti fan mettere via la paura, ti fan credere
quasi che la tua vita l’è eterna, non deve finire…
- E le cose non tanto per bene le cominciano a fare per una illusione…
- Tè prendine uno… all’inizio, t’ho detto, è come me, come te, un comune
mortale…
- E qual è quella cosa che più fa paura a noi tutti mortali, indovina…
- Ce l’hai lì, ce l’hai sempre vicina.
- E’… non so mica perché fa paura… Anca mì, anche io ne ho soverchia …
- Non ha faccia, non parla, ma sta sempre lì, gelida fredda, lì pronta… Qualche
volta la vedi negli occhi di chi ci rinuncia… L’hai già vista nel sonno, nel
sogno di ieri, quando hai avuto un pensiero, uno vero, nel freddo, da solo, che
ti sei sentito lontano… lontano, e sei andato, un po’ prima del tempo, vicino a
quel che saremo… Che hai toccato con mano, col cuore… quel nero… Quando, dai,
non mi dire, che anche solo un istante, un momento, non hai mica pensato alla
fine di questo casso di film in tennicolor… Alla bocca del verme quando ti
ingoia, alla polvere che, insieme a me, insieme a tutti, sì, sì, fai le corna,
tocca lì, se ce gli hai tu i maroni, saremo… ridi, ridi, tanto è quello che,
ridi, ridi, ridi-venteremo…
- E sai cosa? E’ per questo motivo, hai capito, che uno si industria, uno ruba,
uno uccide, fa su anche una strage, per quel topo che ha dentro la testa, il
pensiero di poter essere un giorno, un momento, un istante, tutto quello che
non può essere gnanche se si vendesse anima e corpo al demonio.
- E’ così che comincia… uno ruba, delinque, si dice, si industria a far cose
nefande, perfino mazzare la gente per una illusione… perché vuole essere, eh…
immortale…
- Hai capito… è per quello che uno è tentato…
- Tant’è vero che quando lo beccano … gli viene l’infarto, vien giù tutto il
teatro… sbarella anche il mondo…
- Ma come, ero quasi immortale, ero eterno, intoccabile, unto e bisunto da Dio…
- Non è vero, no, non può essere che tutto finisce, si dice, e d’un tratto, da
uomo potente, sovrano, da Crasso che era, là in alto, con tutti i Crassini
all’intorno, sicuro di non rotolare, di aver chiuso ermeticamente la fossa già
pronta per la sua carcassa, bello placido e tanto desmetego di quel che
l’aspetta, lui che credeva, che diceva parlava, pontificava… dimagrisce, si
smunge, s’ammala…
- Pensa te quanta pena…
- Che dolore, neh, Muto, neh, Astor…
- Che commedia da ridere anche… Immortale…
- Anche se, se ci pensi, ti fanno rabbiare… Tè capì, mi hai capito, ma chi era,
chi è, non lo so, come dire, un arcangelo, un diavolo, un Cristo, anzi, no,
senti qua… io lo so chi si crede di essere… un cavaliere…
- Sai di quelli con l’elmo, il cavallo e magari un due tre canali, le onde,
ripetitori … L’era un niente, un Brambilla qualunque, che si è dato da fare…
Che qualcuno ci ha dato dei soldi, ma tanti… seee, i mafiosi… eheheh, siete
tutti invidiosi… ma magari quei là della droga, tè pensa, davera, quelli lì
dentro i giri più grossi, che di soldi ne fanno a quintali, e c’han detto, noi
ti diamo ‘sto siero in contante, tè devi farci soltanto una flebo alle banche,
nell’alta finansa, in un conto corrente… ehehe, lui ci pensa, gli viene
un’idea… Senti un po’, cosa c’è dentro l’aria… quando metti un’antenna e
trasmetti che cosa si muove, invisibile, dentro nel vuoto che respiriamo… Le
onde… e perché non si possono vendere, dice, hai capito, ‘ste onde. Capito, il
furbone – dimmi te se non è un genialone. E alla fine finisce che è lui che si
elegge, da solo, non c’è bisogno che tu sei d’accordo, uèlla, tello lì che
cos’è diventato, va là, il Casiraghi, il Brambilla, t’el lì, Il Cavaliere della
Mancia a destra e a manca, della Tavola Pubblicitaria, quello che ha Villa
Mausolata, con la tomba bella già intarsiata e il sarcofago degli avi, no,
dico, un bel posto per davvero per un cimitero con la lapide già pronta per i
figli e i nipotini appena usciti dalla culla…
- Hai capito, dov’era, dov’è, cara mia, la tua gran borghesia luminata…
- Dove è andata a finire, Milano, la filantropia dei signori che un tempo
facevano anche gli asili, le mense, le scuole vicino alle fabbriche per i figli
degli uperari… Eh? Quelle belle famiglie di un tempo, ce n’erano tante,
fai-da-te, intelligenti, campioni, i Pirelli, i Marelli, i Brambilla padani,
tutti re dei Campari, dei tessuti, dei fumi, degli amari cordiali e di quei
copertoni che adesso si scambiano in cavi, in ‘ste fibre di luci…
- Ma com’è che eran tutti concreti e che desso son dentro il circuito magnetico
elettrico a vendere fare produrre scambiare, a farci i miliardi, tutti lì,
senza più ciminiere, rumori, telai, marchingegni… ssssssssst, tutti lì che
bisbigliano ascoltano dentro i microfoni…
- Tutti a dire, spiegare, illustrare, gli illustri, che non ci son più veleni!
Che siccome tu non li vedi, son spariti quei piombi, le scaglie, le scorie
pesanti che, senza pagare, andavano dritti in crociera per tutta una vita nel
sangue degli altri, sdraiati sui globuli rossi. I veleni che ti mangiavano i
bianchi come panini. C’è più niente, signori! Spariti, finiti! Desso qui si
producono solo le cose invisbili, i soldi, i servissi!
- E l’urannnio?! L’Azotto! Lascia stare l’anidride carbonica, no, dico: le
antenne, il fruscio che han ‘ventato, ideato, la scabbia, il vaiolo, il colera
che hanno messo nell’aria?! Ma non vedi che hanno stortato, deviato, mutato,
come han fatto col vino anche, uà, questa qua… uà… uà… uà… che respiri, tanto
chi è che li vede i veleni?! Respira! Dentro il naso, su di qua, per i buci,
fin dentro nei pori, ti entra, sulla lingua ti raspa!
- Ahahaha…
- Tutti lì che ti ronzano, seri, a parlarsi, con chi, con che cosa, davanti agli
schermi, cont i telefoniniii… Dove sono, eh, dove siete Brambilla?! Eh,
Cavalieri?! Luminati borghesi di luminarie lombarde illuminatissime fin dietro
nei tempi! Che genti importanti, che menti, che avete mandato anche i figli a
studiare in collegio negli Stati Uniti, quei là americani, e vi sono tornati
suicidi! Dove siete Lombardi, famiglie potenti!
- Neh, Astor, neh, Muto, dove casso sono finiti?
- O mi sbaglio?
- O che forse il cadavere di Cesare Bruto, la merda qui dove che sono seduto è
soltanto un mio sogno?
- O che il vero motivo per cui sono al mondo è quello che questa follia mi ha
insufflato fin drento l’orecchio giorno per giorno…
- Fammi bere… Voglio bere, fegato marcio, ispirato, rovìnati, ho avuto anche io
quello che mi son meritato…
- Eh, cos’è stato?
- Io non sono Nessuno…
- …
- Cosa c’è, cos’è stato, neh, Astor, neh, Muto?
- Sarà l’onda… la sento…
- Anche io son scappato di casa una volta che ero bambino e mio padre mi aveva
picchiato perché non volevo il formaggio…
- Lascia stare, dai, Astor, ho capito, ho capito, li sento…
- Ma son mica finito a mazzare e rubare per questo come ha fatto qualcuno …
- Non son mica venuto qui a dire che ho avuto un’infanzia infelice, me le
prendo io le mie colpe…
- Stai giù lì, anche tu, vieni, Muto!
- Sono mica finito a sparare alle gambe o anche in bocca a quel giudice in nome
di cosa…
- Tutti quanti da giovani, almeno una volta, han sognato di cambiare il mondo,
la vita …
- Ma non basta, non spiega…
- Ho sentito, ho sentito, dai, buoni, che è ora… Cosa fa se ti abbaia… Sta là,
a casa sua…
- Come quello che mazza la madre o suo padre… Quel bambino col suo coltellino…
la sua morosina per terra… Quei là che van lì, mentre a quella ghe van denter
in trì e la violenta e il più bel pensierino che c’hanno è di urlargli:
puttana!
- La follia, l’ignoranza… Dice: sono dei mostri, per mettersi a posto con la
coscienza…
- Ma per forza… Come si fa… Chi ha il coraggio di dire che ci somiglia alla
belva?
- Una volta ho ‘ncontrato un ragasso… Diciotto, non trenta, quaranta…
- Di quelli che tutti gli dicono guarda non c’hanno la testa, non han mica
valori, più niente, c’è più religione…
- Cosa casso mi dite!?
- Cosa casso vi state lì a raccontare… I valori, la fede…
- Ma basta, finitela… stolti, insipienti…
- Siete voi che gli avete insegnato a fare la spesa…
- Siete voi che gl’avete inculcato la comunione dell’Esselunga del Trony degli
ipermercati.
- E non sono valori anche questi?
- Basta, Astor, dai, Muto, sono solo dei cani!
- E sai cosa m’ha detto alla fine il “bambino” di diciotto anni?
- Dice: di qui c’è il pensiero, di lì c’è l’azzione e ogni tanto mettiamo il
pilota automatico.
- Ecco…
- Hai capito…
- Tella lì la corona del giullare-sovrano…
- Mi hai sdrenato…
- Non ti voglio, ci hai ucciso, ci hai morso, distrutto!
- Tu hai paura, Milano…
- Hai paura di un re Pantegano… Di una merda di uomo che ogni giorno ti scava
nel culo di questo tuo grosso merdaio… Hai paura di me che non sono nessuno,
dimmi che non è vero…
- Però a te ti conosco. Io t’ho visto e rivisto…
- Mi ricordo, io, della piazza Fontana, dei tuoi morti ‘mazzati, fatti fuori
coi mitra, pistole, fucili o la penna di certi banchieri…
- Signor giudice, certo, mi pare, le bombe le han messe i fascisti, e la Cia ci
mandava dei soldi, ma i morti, per cosa, per caso son morti?!?!?
- Bastardi!
- Non dobbiamo avere paura di chi ci può togliere solo la vita, diceva
Andreotti col Moro già dentro nell’Audi…
- Sì, sì, ecco chi sono…
- Sono io la farneticcazzione?! Sono io o sono loro?
- Oppure no, tutt’e due… Siamo il seme che deve morire, marcire per potere
rinascere…
- Io che posso parlare, cantare senza che gli altri mi possano neanche far
niente perché non ha senso quello che dice, perché è pazzo, uno stolto, quel
deficiente, un giullare, non sa quel che dice…
- Neh, Astor, neh, Muto, cosa c’hanno, ho sentito che latrano in coro, dai,
andiamo…
- E’ con questo pensiero, ma vero, che te la devi vedere, Milano… morire per
resuscitare…
- Dentro questo corto circuito magnetico… questo ronzio silenzioso…
- Un latrare lontano…
- Ho capito, ho capito, li sento…
- Hai capito chi sono?
- Nessuno…
- ‘Ndiamo, Astor, dai, Muto…
- Hai sentito, non senti anche tu come abbaiano?
- ‘Scolta bene… li senti? Sono dentro nell’aria… Invisibili, dentro le onde…
- Sta arrivando, non senti, concentrati bene…
- E’ un fischiare abbaiare…
- Ecco viene ci avvolge ci penetra dentro la pelle…
- Ecco desso ti entrano dentro nel sangue…
- ‘Ndiamo, Astor, su, Muto!
- Da lontaaaaaaaaanoooooooooooooo…….…
- Vi uccidonoooooooooooooo………………
- Coll’ondaaaaaaaaaaaaaaaa………………….
- Da lontanooooooooooo……………………
- Vi uccidonoooooooooooo…………………
- Coll’ondaaaaaaaaaaaaaaaaa…………………
- Da lontanooooooooo………………………!