Delitto retrospettivo

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DELITTO RETROSPETTIVO

Go Back for Murder

Agatha Christie
(traduzione di Luciana Crepax)

Personaggi
(in ordine di apparizione)

Justin Fogg
Turnball
Carla
Jeff Rogers
Philip Blake
Meredith Blake
Lady Melksham
la Signorina Williams
Angela Warren
Caroline Crale
AmyasCrale

Epoca: anni Sessanta

Note dell’autore

La parte di Carla e quella di sua madre, Caroline Crale, sono interpretate dalla stessa attrice.
Nel secondo atto, Philip non ha le tempie brizzolate, è più magro e si esprime con maggiore semplicità, ma complessivamente non appare cambiato. Meredith è meno ambigue, meno indolente e non ha i capelli grigi. La signorina Williams è più o meno la stessa solo, anche lei, meno grigia. Angela dovrebbe avere le trecce o i capelli sciolti sulle spalle. Lady Malksham non è facilmente riconoscibile in Elsa, che è giovane, irrequieta, coi capelli raccolti sulla nuca. Caroline si distingue da Carla perché ha un trucco e una pettinatura ormai fuori moda. Anche la voce dev’essere diversa, più bassa e più intensa e l’atteggiamento più vivo e appassionato.
Nel primo atto, ciascuna scena riproduce lo scorcio di una stanza. Per la prima rappresentazione della commedia, la regia aveva fatto ricorso a un sistema di scena montate su ruote, ma si più semplicemente, illuminare, di volta in volta, una parte della scena o ricorrere a dei divisori.


ATTO PRIMO

Scena Prima

Lo studio dell’avvocato Justin Fogg nell’ufficio legale Fogg. Fogg, Bamfylde e Fogg. E’ l’inizio dell’autunno. Di pomeriggio. A Londra.
Lo studio è antiquato, poco spazioso. Scaffali colmi di libri alle pareti. A sinistra, verso il centro, una porta dà sul resto dell’appartamento. Davanti alla finestra, una grande scrivania con una sedia girevole. Al centro una poltrona per i clienti e, appoggiato contro il muro a sinistra, un tavolo pieno di pratiche.
Quando si alza il sipario la scena è buia, poi si accendono le luci. Justin Fogg è seduto alla scrivania e sta parlando al telefono. La finestra è aperta a metà. Justin ha circa trent’anni, un aspetto serie e riservato ma simpatico.

Justin                  - (al telefono) Capisco le sue esigenze, signora Ross, ma non si può affrettare il corso della procedura.

Turnball, un anziano impiegato, compare nel vano della porta. Ha in mano un fascicolo.

                           Dobbiamo aspettare che gli avvocati della parte avversa rispondano alla nostra lettera.

Turnball tossisce.

                           (A Turnball) Entri, Turnball. (Al telefono)Ma no, no, non è consigliabile che lei prenda iniziative personali… Sì signora, la terremo informata. (Riattacca)Aj, le donne!

Turnball mette il fascicolo sulla scrivania, davanti a Justin.

                           La signorina LeMarchant?

Turnball              E’ qui, avvocato.

Justin                  La faccia entrare, Turnball. Non voglio essere interrotto, se c’è qualcosa di urgente si rivolta al signor Grimes.

Turnball              Va bene, avvocato.

Turnball esce, Justin si alza, si avvicina al tavolo a sinistra, prende una pratica, torna alla scrivania, si siede e mette il fascicolo che gli ha dato Turnball in un cassetto. Turnball rientra e si fa da parte per lasciar passere Carla.

Una pausa. Carla guarda Justin come se non sapesse da dove incominciare.

Carla                   Lei sa chi sono?

Justin                  La signorina Carla LeMarchant, di Montreal.

Carla                   (Distoglie lo sguardo )Non mi chiamo LeMarchant.

Justin                  Sì, legalmente sì.

Carla                   Ma lei sa tutto di me?

Justin                  Siamo stati i legali di Robert LeMarchant per molti anni.

Carla                   E va bene, allora le dirò che legalmente mi chiamo LeMarchant, per diritto di adozione, per concessione speciale, per l’habeas corpus, per quello che vuole lei, ma il mio vero nome è (una breve pausa) Caroline Crale. Anche mia madre si chiamava Caroline e mio padre Amyas, AmyasCrale. Sedici anni fa mia madre è stata processata per aver avvelenato mio padre. E giudicata colpevole. (Trae un respiro profondo) Lei lo sa vero?

Justin                  Sì.

Carla                   Io l’ho saputo sei mesi fa.

Justin                  Quando è diventata maggiorenne?

Carla                   Sì. Gli zii mi avevano fatto credere che i miei genitori fossero morti in un incidente quando ero piccola, ma mia madre aveva lasciato una lettera da darmi quando compivo ventun anni e così hanno dovuto raccontarmi dutto.

Justin                  Mi dispiace.

Carla                   Perché? Secondo lei non avrei dovuto saperlo?

Justin                  No, no, non intendevo questo, ma mi dispiace per lei, perché dev’essere stato terribile…

Carla                   Sapere che mia madre aveva ucciso mio padre?

Justin                  (dopo una pausa, con delicatezza) C’erano delle circostanze attenuanti.

Carla                   (Con fermezza) A me interessano i fatti, non le circostanze attenuanti.

Justin                  I fatti! I fatti ormai li conosce e appartengono al passato. (Sorride, incoraggiante) E’ al futuro che deve pensare. (Si alza e va verso il tavolo a sinistra)

Carla                   Non posso andare avanti, se non so quello che mi sta alle spalle.

Justin si ferma, incerto, e si volta a guardare Carla.

Justin                  Ma…

Carla                   Lei parla come se tutto fosse semplice, ma niente è semplice. (Una pausa) Sto per sposarmi. O… stavo per sposarmi.

Justin prende un portasigarette dal tavolo a sinistra e offre una sigaretta a Carla.

Justin                  Il suo fidanzato ha saputo…

Carla                   Certo, gliel’ho detto io.

Justin                  E ha avuto una reazione… spiacevole?

Carla                   (in tono disincantato) Tutt’altro, è stato splendido, magnanimo. Ha detto che per lui non era cambiato niente.

Justin                  (imbarazzato) E allora?

Carla                   (lo guarda) Quello che si dice non conta.

Justin                  (dopo un momento) Forse ho capito. (le accende la sigaretta)

Carla                   L’importante è quello che si pensa.

Justin                  Può darsi che lei sia troppo sensibile.

Carla                   (con fermezza) No.

Justin                  Ma…

Carla                   Lei sposerebbe la figlia di un’assassina? (lo guarda)

Justin abbassa gli occhi.
(con calma) Lo vede, lei non la sposerebbe.

Justin                  Ma non mi ha dato il tempo di rispondere! Io non sceglierei deliberatamente di sposare la figlia di un assassino, di un alcolizzato o di un morfinomane (posa il portasigarette sulla scrivania insieme all’accendino) ma se la ragazza che amo fosse la figlia di Jack lo Sventratore la sposerei lo stesso.

Carla                   Per Jeff è diverso. (rabbrividisce)

Justin                  Ha freddo?

Carla                   Forse il riscaldamento non funziona bene qui da lei.

Justin                  Non funziona perché manca addirittura. (sorride). Non c’è. Vuole che le accenda il camino?

Carla                   No, grazie.

Justin si accorge che la finestra è aperta, si affretta a chiuderla e resta in piedi, appoggiato alla scrivania.

Justin                  Questo signor… Jeff…

Carla                   Lo vedrà, viene a prendermi. (guarda l’orologio che ha al polso) Ma non sono venuta qui per parlarle della mia vita sentimentale. (Colpita dalle proprie parole si interrompe) Almeno credo. Voglio scoprire la verità, avvocato.

Justin                  C’erano molte circostanze attenuanti, gliel’ho detto. Sua madre è stata giudicata colpevole, ma la giuria si è appellata alla clemenza della corte, la sentenza è stata commutata in ergastolo…

Carla                   E mia madre è morta in prigione tre anni dopo.

Justin                  (si siede alla scrivania) Sì.

Carla                   Nella sua lettera ha scritto che voleva che io fossi certa della sua innocenza. (rivolge a Justin uno sguardo di sfida)

Justin                  (tranquillamente) Capisco.

Carla                   Lei non crede a quell’innocenza?

Justin                  (scegliendo accuratamente le parole) Io credo che una madre cerchi sempre, in tutti i modi, di non togliere la serenità alla vita dei figli.

Carla                   No no! Mia madre era diversa.

Justin                  Come lo sa? Era una bambina di cinque anni quando…

Carla                   (con voce appassionata) Lo so: non diceva mai bugie. Una volta mi ha tolto una spina da un dito e mi ha detto che mi avrebbe fatto male. Me lo diceva anche quando mi accompagnava dal dentista. Non era di quelle che ingannano i bambini con la scusa che è per il loro bene. Era sempre sincera con me (si alza in fretta e volta la testa, commossa). E se mi ha scritto che era innocente, è perché lo era davvero. Lei non mi crede, ma è così. (Prende un fazzoletto dalla borsetta e si asciuga gli occhi).

Justin                  Io credo che sia meglio affrontare la verità.

Carla                   (si volta verso di lui) E’ questa la verità.

Justin                  (scuote la testa tranquillamente) No.

Carla                   Come può esserne sicuro? Non sbaglia mai una giuria?

Justin                  Certo, c’è sempre il beneficio del dubbio, ma nel caso di sua madre… il dubbio non c’era.

Carla                   Avvocato, lei non può saperlo, non era presente. E’ stato suo padre a seguire il processo.

Justin                  (l’interrompe) Sì, era l’avvocato della difesa.

Carla                   E pensava che mia madre fosse innocente, vero?

Justin                  (imbarazzato) Sì, certo. Ma, vede, lei non conosce…

Carla                   (con distacco) Vuol dire che era solo una questione professionale?

Justin non sa come rispondere.

                           (si sposta al centro della scena, davanti alla poltrona) Lui, personalmente, che cosa pensava?

Justin                  (con ostentato riserbo) Non lo so.

Carla                   Avvocato, lei lo sa benissimo. Pensava che fosse colpevole. (Volta la testa) E anche lei lo pensa. (Si interrompe e lo guarda) Ma coma mai si ricorda tutto così bene?

Justin                  (ricambia lo sguardo con serenità) Avevo diciotto anni, ero iscritto a Oxford, non ero ancora entrato nello studio di mio padre, ma la professione mi interessava… Andavo in tribunale tutti i giorni.

Carla                   E che cosa pensava di mia madre? Me lo dica. (si siede in poltrona; con calore) Devo sapere.

Justin                  Sua madre era una moglie innamorata che aveva dovuto sopportare una grave umiliazione perché suo marito le aveva imposto la presenza, in casa, della propria amante. Era stata profondamente provocata. I mezzi purtroppo, erano a portata di mano… bisogna cercare di capirla. E di perdonarla.

Carla                   Non ho bisogno di perdonarla, so che non è stata lei.

Justin                  Chi è stato, allora?

Carla, presa alla sprovvista, lo guarda in silenzio.

                           (Le si avvicina) Nessun altro aveva un movente. Se lei leggesse gli atti del processo…

Carla                   Li ho letti, sono stata all’archivio del tribunale, conosco le deposizioni una per una.

Justin torna a sedersi alla scrivania; sfoglia lentamente la pratica che ha davanti a sé.

Justin                  Esaminiamo i fatti. Oltra a suo padre e a sua madre, quel giorno c’erano cinque persone in casa: i fratelli Blake, Philip e Meredith, molto amici di suo padre; Angela Warren, la sorellastra di sua madre, una ragazza di quattordici anni, con la governante; la signora… non mi ricordo il nome; e poi Elsa Greer, l’amante di AmyasCrale. Non c’era motivo di sospettare di nessuno di loro, e se lei avesse visto… (S’interrompe bruscamente)

Carla                   (ansiosa) Sì, mi dica.

Justin                  (si alza e si avvicina alla finestra; con delicatezza) Se lei avesse visto sua madre sul banco dei testimoni, così coraggiosa, mite, paziente, senza un attimo di ribellione, senza una parola per tentare di salvarsi… (guarda Carla) Lei le assomiglia molto, ma c’è una differenza: lei è di quelli che lottano.

Carla                   (distoglie lo sguardo, perplessa) E mia madre no? Perché non ha cercato di difendersi?

Justin                  Montagu Depleach aveva condotto l’arringa della difesa in modo magistrale, come al solito, ma forse non era la persona adatta. Troppo teatrale. La signora Crale non lo ha assecondato.

Carla                   Perché?

Justin                  Ha risposto alle sue domande come un bambino che ripete la lezione, non gli ha dato una possibilità cui appigliarsi, e quando, alla fine le è stato chiesto se aveva ucciso suo marito, ha balbettato: “no… no… non sono stata io” in un modo così debole e incerto che non ha convinto nessuno.

Carla                   E poi, che cosa è successo?

Justin                  Poi è stata la volta di Asprey, il procuratore generale, la forza della logica dopo i fuochi di artificio di Depleach. Ha esaminato i particolari uno per uno e sua madre, signorina Crale, ne è uscita annientata. E’ stato un triste spettacolo.

Carla                   (lo guarda con attenzione) Lei si ricorda tutto molto bene.

Justin                  Sì.

Carla                   Perché?

Justin                  Ero giovane, facilmente impressionabile.

Carla                   Lei era innamorato di mia madre.

Justin sorride, un po’ forzatamente, e si siede alla scrivania.

Justin                  Forse. Era così bella, così sola, aveva tanto sofferto… Sarei morto volentieri per lei. (Sorride) Si è molto sentimentale a diciotto anni.

Carla                   Sarebbe morto per lei, ma pensava che fosse colpevole.

Justin                  Sì, pensavo che fosse colpevole.

Carla è molto turbata. China la testa, cercando di non piangere, Turnball entra e si avvicina alla scrivania.

Turnball              C’è un signore che chiede della signorina LeMarchant.(Guarda Carla) Si chiama Rogers.

Carla                   E’ Jeff. (a Turnball) Lo faccia aspettare, per piacere.

Turnball              Sì, signorina.

Turnball, per un attimo, fissa Carla con attenzione, poi esce.

Carla                   (lo segue con gli occhi) Come mi ha guardato…

Justin                  Era presente al processo. E’ con noi da quasi quarant’anni.

Carla                   Per piacere, lo faccia tornare qui un momento.

Justin si alza e va alla porta.

Justin                  (chiamando) Turnball! (torna vicino alla scrivania senza sedersi)

Turnball entra.

Turnball              Sì, avvocato.

Justin gli indica Carla. Turnball le si avvicina.

Carla                   Signor Turnball, sono Carla Crale. So che lei ha seguito il processo di mia madre.

Turnball              Sì, signorina Crale. Oggi quando lei è entrata l’ho riconosciuta subito.

Carla                   Perché assomiglio a mia madre?

Turnball              Sì, moltissimo.

Carla                   Al tempo del processo, che cosa pensa di lei, che fosse colpevole?

Turnball guarda Justin, che gli fa segno di rispondere.

Turnball              (con gentilezza) Non è giusto parlarne così. Era una signora dolce e sensibile, ma l’avevano esasperata. L’ho sempre detto, era ridotta al punto da non sapere più quello che faceva.

Carla                   (rivolta a se stessa, ironica) C’erano delle circostanze attenuanti. (Guarda Justin).

Justin siede alla scrivania.

Turnball              (dopo una pausa) Infatti. L’altra, Elsa Greer, era una donna senza scrupoli. Bella, eh, su questo non ci sono dubbi. Il signor Crale era un artista, un grande pittore, so che hanno esposto i suoi quadri alla Tate Gallery, e si sa come sono gli artisti… La Greer l’aveva stregato, fino a convincerlo a lasciare la famiglia e a sposarla. Lei deve cercare di capire sua madre, signorina Crale. Anche la donna migliore del mondo non resiste a un’offesa troppo grave.

Justin                  Grazie, Turnball.

Turnball guarda prima Carla, poi Justin e infine esce.

Carla                   Anche lui pensa che mia madre fosse colpevole.

Justin                  Una creatura gentile, sconvolta dalle circostanze.

Carla                   S’, forse è così. (Con improvvisa energia) No! Non ci credo, non voglio crederci, e lei deve aiutarmi.

Justin                  Che cosa possiamo fare?

Carla                   Ricostruiremo il passato e scopriremo la verità.

Justin                  Ma lei non vorrà credere alla verità.

Carla                   La difesa aveva sostenuto la tesi del suicidio, vero?

Justin                  Sì.

Carla                   E se non fosse così? Se mio padre non avesse retto alla situazione che lui stesso aveva creato?

Justin                  No, la difesa non poteva ricorrere ad altro, ma era un’ipotesi insostenibile. AmyasCrale era l’ultima persona al mondo che potesse desiderare la morte.

Carla                   (incerta) Non si è pensato a un incidente?

Justin                  Un veleno mortale messo in un bicchiere di birra… come si può parlare di incidente?

Carla                   Allora la spiegazione è una sola: è stato qualcun altro.

Justin sfoglia la pratica sulla scrivania; per ciascuna delle persone coinvolte nel processo dispone di un fascicolo a parte.

Justin                  Abbiamo detto che in casa c’erano cinque persone. Escludiamo Elsa Greer. Il signor Crale l’amava, voleva divorziare e sposarla. Philip Blake? Era sempre stato un buon amico, perché avrebbe dovuto trasformarsi in un assassino?

Carla                   (senza convinzione) Forse anche lui era innamorato di Elsa Greer.

Justin                  No, certamente no. Passiamo a Meredith Blake, suo fratello, l’uomo più mite e più amabile del mondo. Come attribuirgli un’azione violenta e immotivata?

Carla                   Va bene, va bene. Chi c’è ancora?

Justin                  Angela Warren, una ragazza di quattordici anni. E la sua governante, quella di cui non ricordo il nome.

Carla                   (con prontezza) E non sarà stata proprio questa governante senza nome a uccidere mio padre?

Justin                  (dopo una breve pausa) Lei pensa a una zitella nevrotica e innamorata… no, devo dirle che la signorina… (sfoglia la pratica) Williams, ecco come si chiamava, era una donna intelligente e sensata. (Chiude il fascicolo) Vada a trovarla, se ne convincerà.

Carla                   E’ quello che voglio fare.

Justin                  Dice davvero?

Carla                   (spegne la sigaretta nel portacenere sulla scrivania) Voglio vederli tutti. (Si alza) Per questo sono venuta da lei, perché li cerchi e mi procuri un appuntamento.

Justin                  E poi?

Carla                   E poi li interrogherò. Li farò ricordare.

Justin                  Che cosa potranno ricordare, dopo sedici anni?

Carla                   Forse una parola, un gesto che al momento non parevano importanti, un particolare di quelli che non emergono in una deposizione in tribunale. Sarà come riunire le tessere di un mosaico e alla fine forse sapremo la verità.

Justin                  Temo che riuscirà solo a soffrire di più.

Carla                   (in tono di sfida) Io parto dal principio che mia madre era innocente. Lei deve solo aiutarmi a provarlo.

Justin                  No. (Si alza in piedi) Non l’aiuterò in questa impresa dolorosa e assurda.

Carla e Justin si guardano. Jeff Rogers entra all’improvviso, seguito da Turnball che protesta indignato. Jeff è alto, robusto, bello, sicuro di sé e incurante di chi gli sta vicino. Ha circa trentacinque anni. Si toglie il cappello e lo butta sulla scrivania di Justin.

Jeff                     (fermandosi davanti alla scrivania) Scusi se sono entrato, ma in quell’anticamera mi stava venendo un attacco di claustrofobia. (A Carla) Il tempo non conta niente per te, eh, tesoro? (A Justin) Lei è l’avvocato Fogg? Lieto di conoscerla.

Jeff e Justin si stringono la mano.

Turnball              (sulla porta, a Justin) Mi dispiace, avvocato, non sono riuscito a… trattenere il signore.

Jeff                     (allegramente) Niente paura, amico! (Batte una mano sulla spalla di Turnball)

Turnball ha un sussulto.

Justin                  Non si preoccupi, Turnball.

Turnball esce.

Jeff                     (a voce alta) Chiedo perdono, Turnball! (A Carla) Scommetto che non hai ancora finito.

Carla                   No, ho finito. Ho chiesto qualcosa all’avvocato Fogg… (con freddezza) e lui mi ha risposto.

Justin                  Mi dispiace.

Carla                   Andiamo Jeff. (Va verso la porta)

Jeff                     Aspetta, Carla.

Carla si ferma e si volta.

                           Anch’io vorrei dire due parole all’avvocato su una questione che devo risolvere qui, in Inghilterra. Puoi aspettarmi un  momento?

Carla esita.

Carla                   Andrò a confortare il signor Turnball. L’hai scandalizzato.

Carla esce.

Jeff                     (sulla porta, a voce alta) Digli che sono un canadese rozzo e maleducato! (Ride e torna verso la scrivania. A Justin) Quel suo Turnball sembra uscito da un romanzo di Dickens.

Justin                  (con freddezza) Si accomodi, signor… (cerca di leggere il nome di Jeff all’interno del cappello)

Jeff                     (senza ascoltarlo) Avvocato, devo parlarle. (Va verso il centro della scena) Carla è rimasta sconvolta da quella lettera.

Justin                  (in tono professionale) Non c’è da stupirsene.

Jeff                     Eh si, è un brutto colpo sapere di aver per madre un’assassina. Anche per me è stata una mazzata in testa.

Justin                  Oh!

Jeff                     Capirà (siede su un angolo della scrivania) stavo per sposare una bella ragazza, idolatrata da uno zio e una zia che godono di un’ottima posizione a Montreal, beneducata, ricca… che potevo desiderare di più? E a un tratto, dal nulla, salta fuori…

Justin                  Immagino ci sia rimasto piuttosto male.

Jeff                     (con calore) Malissimo.

Justin                  (tranquillo) Si accomodi, signor…

Jeff                     Eh?

Justin                  (indica la poltrona) Si accomodi.

Jeff guarda la poltrona, si alza dalla scrivania e va a sedersi.

Jeff                     Sì, lo ammetto, al primo momento stavo per tirarmi indietro… sa, ho pensato al futuro, ai figli…

Justin                  Crede nei caratteri ereditari?

Jeff                     Se leI allevasse del bestiame, come faccio io, saprebbe che ci sono delle tare che si trasmettono inevitabilmente. Però mi sono detto, “povera ragazza, non è colpa sua, bisogna rassegnarsi e tenerla com’è”.

Justin prende il portasigarette e l’accendino che ha lasciato sulla scrivania e si avvicina a Jeff.

Justin                  Come con il bestiame.

Jeff                     E così le ho detto che per me non era cambiato niente. (Si toglie di tasca un pacchetto di sigarette americane e un accendino).

Justin                  E’ la verità?

Jeff                     (Sfila una sigaretta dal pacchetto) No, ho solo cercato di non pensarci. Ma Carla ora si è messa in testa di riaprire la questione e bisogna fermarla. (Offre una sigaretta a Justin).

Justin                  Sì? (Rimette il portasigarette sul tavolo a sinistra).

Jeff                     Servirebbe solo ad agitarla di più. La scoraggi a poco a poco, se crede, ma la risposta definitiva dev’essere un “no”. Ha capito?

Jeff si accende la sigaretta. Justin, che aveva fatto scattare l’accendino, lo spegne e va a rimetterlo sul tavolo a sinistra.

Justin                  Ho capito.

Jeff                     Mi rendo conto che tutte quelle indagini le avrebbero portato un bel po’ di soldi, tra onorario, spese generali…

Justin                  Questo è uno studio legale, non un’agenzia investigativa.

Jeff                     Scusi, forse mi sono spiegato male.

Justin                  Sì.

Jeff                     Volevo dire che pagherò tutto quello che è necessario, ma lei lasci cadere a poco a poco le ricerche.

Justin                  (passa dietro la scrivania) Mi scusi, signor… ma la signorina LeMarchant è mia cliente.

Jeff                     (alzandosi) E che importa? Non può farle che male rimuovere il passato. La convinca a rinunciare. Quando saremo sposati non ci penserà più.

Justin                  E neanche lei ci penserà più, signor…?

Jeff                     Questa è una domanda pertinente e la risposta è: io avrò qualche momento di incertezza.

Justin                  Quando il caffè le sembrerà più amaro del solito?

Jeff                     Sì, pressapoco.

Justin                  Non sarà piacevole per sua moglie.

Jeff                     (allegramente) Che altro si può fare? Il passato non si cancella. Lieto di averla conosciuta, avvocato Fogg. (Gli tende la mano)

Justin guarda la mano di Jeff senza stringergliela e gli porge il cappello. Jeff esce. Justin va verso la finestra, la spalanca, poi alza il ricevitore del telefono.

Justin                  (al telefono) E’ già andata via la signorina LeMarchant?... Allora le chieda di tornare un momento qui da me. (Riattacca, si avvicina al tavolo a sinistre, prende una sigaretta, l’accende, poi torna alla scrivania ma senza sedersi).

Carla entra.

Carla                   (guarda Justin con freddezza) Mi dica.

Justin                  Ho cambiato idea.

Carla                   (stupita) Come?

Justin                  Ho cambiato idea. Le fisserò un appuntamento con Philip Blake. Le farò sapere appena possibile il giorno e l’ora.

Carla sorride.

                           Arrivederci. Non faccia aspettare il signor… Le telefonerò. (Accompagna Carla alla porta)

Carla esce.

                           (va alla scrivania. Alza il ricevitore. Al telefono) Mi chiami la Kellway, Blake e Leverstein, per favore. Voglio parlare personalmente con il signor Blake (riattacca). L’allevamento del bestiame!

Le luci si attenuano gradualmente finchè la scena resta al buio.

SCENA SECONDA

L’ufficio di Philip Blake. E’ una bella stanza, bene arredata. Una porta in fondo a destra dà sull’ufficio della segretaria. In fondo, a sinistra, un mobile bar incassato nel muro. A sinistra, più verso il proscenio, dietro un tavolo grande coperto da un damasco, una poltroncina girevole. A destra, una poltrona, simile, per i clienti. La stanza prende luce da due lumi a braccio, uno sulla parete di destra e uno su quella di sinistra. Sul tavolo, oltre al telefono, c’è l’apparecchio dell’interfono.
Quando si accendono le luci, Philip Blake è seduto al tavolo e legge il Financial Times fumando una sigaretta. Ha una cinquantina d’anni, le tempie grigie e un indizio di pinguedine. Complessivamente ha un aspetto gradevole, ma un po’ presuntuoso e palesemente irritabile. Si sente suonare l’interfono e Philip preme il tasto.

Philip                   (all’interfono) Sì?

Voce                    (all’interfono) Signor Blake? C’è la signorina LeMarchant.

Philip                   La faccia passare.

Voce                    Subito, signor Balke.

Philip, con la fronte aggrottata, piega il giornale, si alza e va alla porta. Appare leggermente a disagio. Carla entra. Ha soprabito, guanti e borsetta diversi da quelli della prima scena.

Philip                   Dio mio!

Phili e Carla si guardano per un momento, poi Carla chiude la porta e fa qualche passo avanti.

                            Ecco Carla… (si riprende e le stringe la mano) la piccola Carla! (Con cordialità un po’ forzata) Quanti anni avevi… cinque quando ci siamo visti l’ultima volta?

Carla                    Sì, avevo appena compiuto cinque anni. (lo guarda) Io non mi ricordo di lei.

Philip                   Di solito non piaccio ai bambini, non so mai che cosa dirgli. Siediti, Carla.

Carla siede sulla poltrona a destra e mette la borsetta lì vicino, per terra.

Philip                  (le offre una sigaretta, porgendole la scatola che è sul tavolo) Una sigaretta?

Carla rifiuta.

                           (rimette la scatola sul tavolo e guarda l’orologio) Purtroppo non ho molto tempo, ma… (siede alla scrivania)

Carla                   So che lei ha tanto da fare e la ringrazio per avermi ricevuta subito.

Philip                  Sei la figlio dei miei più vecchi e cari amici. Ricordi qualcosa di tuo padre?

Carla                   No, non molto.

Philip                  Peccato. Non si dovrebbe poter dimenticare AmyasCrale. (Una pausa) Ora parliamo di te. Mi ha telefonato l’avvocato Fogg… il figlio di Andrew Foss, immagino, ma non mi ha spiegato bene perchè volevi vedermi. (C’è un’ombra di sarcasmo nella sua voce durante la battuta che segue) Non si tratta solo di fare una visita ai vecchi amici dei tuoi genitori, vero?

Carla                   No.

Philip                  Mi ha detto l’avvocato che solo da poco hai saputo in quali circostanze era morto tuo padre, è così?

Carla                   Sì.

Philip                  Meglio che non l’avessi mai saputo.

Carla                   (dopo una pausa, con fermezza) Quando sono entrata, poco fa, lei ha esclamato: “Dio mio!”. Perché?

Philip                  Ma… non…

Carla                   Forse ha creduto, per un momento, di trovarsi di fronte a mia madre.

Philip                  Le assomigli molto. Mi hai quasi spaventato.

Carla                   Lei… non voleva bene a mia madre?

Philip                  (seccamente) Ha ucciso il mio migliore amico.

Carla                   (ferita) Forse mio padre si è suicidato.

Philip                  Non pensarci neppure! Tuo padre amava troppo la vita.

Carla                   Era un artista, poteva avere momenti di entusiasmo e momenti di depressione.

Philip                  No, direi che era dotato di una forma tutta speciale di serenità. Aveva le sue colpe, certo; gli piacevano le donne, ma erano avventure brevi, senza importanza… finiva sempre per tornare da Caroline.

Carla                   E lei come lo accoglieva?

Philip                  Che vuoi, lo conosceva da quando aveva dodici anni… eravamo cresciuti tutti insieme.

Carla                   So tanto poco dei miei genitori, mi racconti qualche cosa di più.

Philip                  Tua madre veniva a passare le vacanze con la famiglia Crale, ad Alderbury. Noi abitavamo nella casa grande, lì accanto. Andavamo molto d’accordo. Meredith, il mio fratello maggiore e Amyas, avevano la stessa età. Io avevo un anno o due di meno. Caroline non era ricca, lo sai; io ero il fratello minore ed ero svantaggiato in partenza, ma Meredith e Amyas rappresentavano due buoni partiti.

Carla                   Lei parla di mia madre come di una ragazza fredda e calcolatrice.

Philip                  Infatti. Poteva sembrare impulsiva, ma dietro i suoi slanci si nascondeva una lucida determinazione. Non era buona. Lo sai, vero, che cosa aveva fatto alla sua sorellastra quando era piccola?

Carla                   (ansiosa) No, mi dica.

Philip                  La madre di Caroline si era risposata e dedicata tutte le sue attenzioni alla bambina che era appena nata, Angela. Tua madre era tanto gelosa che ha cercato di ucciderla.

Carla                   No!

Philip                  L’ha ferita, credo, con un paio di forbici. La bambina è rimasta segnata per tutta la vita.

Carla                   (risentita) Vuol farmi credere che mia madre fosse un mostro.

Philip                  (si stringe nelle spalle) Era gelosa come un demonio.

Carla                   (lo osserva) Lei la odiava!

Philip                  (colpito) No, parlare di odio, mi pare eccessivo.

Carla                   Eppure…

Philip                  (spegne la sigaretta) Non voglio sembrarti cattivo, (si alza e si siede sul bordo della scrivania, più vicino a Carla) ma secondo me tu sei venuta ui con la convinzione che tua madre sia stata condannata ingiustamente. Non è così. E tu devi imparare a ricordare tuo padre, e il suo amore per la vita.

Carla                   Lo so, lo so.

Philip                  Abbi il coraggio di affrontare la verità: Caroline ha ucciso suo marito. (Una pausa) E quello che non posso dimenticare, che non dimenticherò mai, è che io avrei potuto salvarlo.

Carla                   Come?

Philip                  Mio fratello Meredith aveva una strana mania, gli piaceva trafficare con delle erbe, più o meno velenose. Caroline gli ha rubato un infuso di cicuta che aveva preparato per un esperimento.

Carla                   Ma come può sapere che è stata proprio lei?

Philip                  (con cupo accanimento) Lo so. E sono stato tanto imbecille da non avvertire subito Meredith. Ancora oggi mi rimorde la coscienza per non aver capito che Caroline non avrebbe perso tempo. Aveva sottratto il veleno con uno scopo preciso e, alla prima occasione, l’ha usato.

Carla                   Ma non si può esserne sicuri.

Philip                  Bambina mia, Caroline ha ammesso di essere stata lei a prenderlo dal laboratorio di Meredith. Per suicidarsi.

Carla                   E forse era vero.

Philip                  (caustico) Ah si? Però non si è suicidata.

Carla scuote la testa. Un silenzio.

                           (con uno sforzo, riprende un atteggiamento più equilibrato) Vuoi uno sherry? (Si avvicina al mobile bar, prende una bottiglia e la posa sul tavolo) Ho parlato con troppa sincerità?

Carla                   Devo sapere tutto.

Philip                  (le porge il bicchiere) Al processo, molti sono stati solidali con Caroline, è naturale. Amyas aveva fatto malissimo a portare quella ragazza ad Alderbury(rimette la bottiglia nell’armadio) ed Elsa era molto sfrontata nei confronti di tua madre.

Carla                   Lei, signor Blake, come la giudicava?

Philip                  (cauto) Chi, Elsa? Non mi era molto simpatica. (Prende dal mobile bar una bottiglia di whisky e un bicchiere e li mette sul tavolo) Bella, bellissima, ma non era il mio genere. Troppo aggressiva. Afferrava tutto quello che poteva. (si versa un bicchiere di whisky) Però era più adatta lei che Caroline a vivere con Amyas. (rimette via la bottiglia)

Carla                   I miei genitori non erano felici insieme?

Philip                  (ridendo) Non facevano che litigare. Amyas si rifugiava nella pittura, altrimenti la sua vita sarebbe stata un inferno. (Versa un po’ di soda nel bicchiere del whisky e si siede al tavolo)

Carla                   Dove aveva conosciuto Elsa?

Philip                  A Chelsea o da qualche altra parte. (Sorride) Era venuto a trovarmi e mi aveva parlato di una ragazza straordinaria, diversa da tutte… Gliel’avevo già sentito dire tante volta. S’innamorava, e dopo un mese non se ne ricordava più. Ma con Elsa non è stato così. (Alza il bicchiera) Salute, Carla.

Carla sorseggia il suo sherry.

Carla                   Ora si è risposata, vero?

Philip                  (ironico) Ha già avuto tre mariti. Un collaudatore di aerei che si è fracassato la testa, un esploratore che le è venuto a noia poco dopo le nozze e l’ultimo, Lord Melksham, un aristocratico sognatore che scrive versi in chiave mistica. Tra poco ne avrà abbastanza anche di lui.

Carla                   Si sarebbe stancata anche di mio padre?

Philip                  Chi lo sa?

Carla                   Devo vederla.

Philip                  Carla, perché non lasci le cose come stanno?

Carla                   (si alza e appoggia il bicchiere sul tavolo) No, ho bisogno di capire.

Philip                  (si alza) Hai un carattere deciso.

Carla                   Sì, io sono di quelli che lottano. Mia madre no.

Suona l’interfono. Carla prende la borsetta.

Philip                  Chi te l’ha detto? Caroline lottava e come! (Preme il tasto dell’interfono) Sì?

Voce                   (all’interfono) C’è il signor Foster.

Philip                  Gli dica che aspetti solo un momento. Ho finito.

Voce                   Sì, signor Blake.

Philip toglie il dito dall’interfono.

Carla                   (colpita) Davvero? Ne è sicuro? Ma… al processo no si è difesa.

Philip                  No.

Carla                   Perché?

Philip                  Era colpevole… Sapeva di non potersi difendere. (si alza)

Carla                   Non era colpevole.

Philip                  (con durezza) Lo pensi ancora! Dopo tutto quello che ti ho detto.

Carla                   E’ morta da tanti anni e lei non ha smesso di odiarla. Perché?

Philip                  Te l’ho spiegato.

Carla                   No, la ragione è un’altra.

Philip                  Non credo proprio.

Carla                   Lei la odia. Perché? Lo scoprirò. Buongiorno.

Philip                  Buongiorno.

Carla esce, lasciando la porta aperta.

                           (Assorto, la segue per un attimo con lo sguardo, poi chiude la porta e preme il tasto dell’interfono) Faccia entrare il signor Foster.

Voce                   (all’interfono)Sì, signor Blake.

Philip si appoggia allo schienale della poltroncina e prende in mano il bicchiere, mentre si spengono le luci.

SCENA TERZA

Il salotto di un appartamento in un grande alberto. Al centro un archetto immette nell’ingresso, che ha una porta a sinistra. A destra, un finestrone. A sinistra, un divano a due posti e di fronte, a destra, una poltrona. Davanti al divano, una panca imbottita. Sotto la finestra, un tavolino con un telefono interno. A destra e a sinistra dell’archetto, due lampade a braccio. Nell’ingresso, lungo la parete di destra, una consolle e una fila di attaccapanni a muro. Quando si accendono le luci, Justin, vicino alla poltrona, sta riponendo in una cartella i fascicoli di una pratica. Ha posato il soprabito sulla panca. Carla entra da sinistra, mette i guanti e la borsetta sulla consolle, si toglie il soprabito e lo appende all’attaccapanni.

Carla                    (entrando nella stanza) Oh, sono contenta che lei sia qui.

Justin                   (sorpreso e compiaciuto) Davvero? (Posa la cartella sulla poltrona) Meredith Blake arriverà alle tre.

Carla                    Bene. E Lady Melksham?

Justin                   Non ha risposto alla mia lettera.

Carla                    Forse era partita.

Justin                   No, mi sono informato.

Carla                    Allori si rifiuta di parlare con noi.

Justin                   No, verrà.

Carla                    Perché ne è tanto sicuro?

Justin                   Perché di solito le donne…

Carla                    (con un accesso di canzonatura) Ah, quando si tratta di donne, lei è un’autorità!

Justin                   (riservato) Solo dal punto di vista legale.

Carla                    E dal punto di vista legale, le donne…

Justin                   Di solito sono curiose.

Carla vede il soprabito di Justin sulla panca e lo prende.

Carla                    Grazie. Lei ha il potere di rasserenarmi (va verso l’attaccapanni.

Suona il telefono.

                            (Mette il soprabito in mano a Justin e va a rispondere al telefono) Pronto?

Justin apprende il soprabito all’attaccapanni.

                            Grazie, lo faccia salire. (Riattacca il ricevitore. Rivolta a Justin) E’ arrivato Meredith Blake. Com’è? Carico d’odio come suo fratello?

Justin                   Ha un carattere molto diverso. Perché me lo chiede, ha bisogno di sentirsi protetta?

Carla                    Sì, qualche volta. (Lo invita, con un gesto, a sedersi sulla panca)

Justin siede sulla panca.

                            Non mi ero resa conto di quello che avrei dovuto affrontare.

Justin                   Lo temevo, infatti.

Carla                    Farei ancora in tempo a rinunciare a tutto, a tornare in Canada e non pensarci più… Lei me lo consiglia?

Justin                   (in fretta) No! No… Ormai bisogna andare fino in fondo.

Carla                    (sedendosi in poltrona) La prima volta che ci siamo vista, era di un altro parere.

Justin                   Non avevamo ancora incominciato.

Carla                    Però pensa ancora che mia madre fosse colpevole.

Justin                   Non riesco a vedere altra spiegazione.

Carla                    Ma vuole che continui a indagare…

Justin                   Sì, fino a che non sarà convinta.

Bussano alla porta. Carla e Justin si alzano. Carla va ad aprire e si trae in disparte per far entrare il visitatore. Justin si avvicina alla poltrona e guarda verso l’ingresso. Meredith Blake entra dalla porta a sinistra. Ha un aspetto piacevole, un po’ ambiguo. Un ciuffo di capelli grigi. Dà l’impressione di una persona svagata e indecisa. Indossa un abito di tweed, come chi vive in campagna. Ha il cappello e la sciarpa.

Meredith              Carla! Carissima Carla! (Le tende le mani) Come passa il tempo! Posso darti un bacio? (la bacia) Sembra impossibile che la bambina che conoscevo sia ormai una donna. Cara, come assomigli a tua madre!

Carla                    (leggermente imbarazzata, indicando Justin) Conosce l’avvocato Fogg?

Meredith              Come le assomigli! (Si riprende) Chi? (A Justin) Ah sì, conoscevo suo padre. (entra nella stanza)

Carla chiude la porta e si ferma a sinistra dell’archetto.

Justin                   (si avvicina a Meredith) Lo so. (Gli stringe la mano) Vuol darmi il soprabito?

Meredith              (si slaccia il soprabito, a Carla) E ora, parlami di te. Vieni dagli Stati Uniti?

Justin prende il cappello di Meredith.

                            Grazie… ah no, dal Canada. E per quanto starai in Inghilterra?

Carla                    Non lo so ancora.

Justin guarda Carla.

Meredith              Ti vuoi stabilire in America?

Carla                    Sto per sposarmi.

Meredith              (si toglie il soprabito, a Carla) Ah sì? Con un canadese?

Carla                    Sì.

Meredith dà il soprabito e la sciarpa a Justin che va ad appenderli, insieme al cappello, nell’ingresso.

Meredith              Spero che sia un bravo ragazzo, quello che ci vuole per te.

Carla                    Sì, certo. (invita Meredith a sedersi in poltrona)

Meredith              Sono contento per te. Anche tua madre lo sarebbe stata.

Carla                    (siede all’estremità della panca, verso il proscenio) Lei sa che mia madre aveva lasciato una lettera per me nella quale mi diceva che era innocente?

Meredith              (bruscamente) Ti ha scritto che era innocente?

Carla                    Perché se ne stupisce?

Justin vede che Meredith non sa che fare della cartella e si offre di levargliela di  mano.

Meredith              Perché non avrei mai pensato che Caroline… (Dà la cartella a Justin)

Justin mette la cartella sul tavolo.

                            Non so… (Si siede sulla poltrona) forse non voleva farti soffrire.

Carla                    (con calore) Perché non riesce neanche a supporre che mi abbia detto la verità?

Meredith              Hai ragione, era in punto di morte, non può aver mentito. (Guarda Justin come a chiedere un consenso)

Una pausa.

Carla                    Come dice male le bugie! (Si alza)

Meredith              (turbato) Carla!

Carla va nell’ingresso e prende la borsetta.

Carla                    Lei è gentile, ma la gentilezza non mi serve. Io voglio sapere tutto. (Rientra nella stanza frugando nella borsetta)

Meredith              Tu sai, vero, quello che è successo? (A Justin) Lo sa?

Justin                   Sì, lo sa.

Meredith              Ripeterlo, qui, ora tra noi, sarebbe doloroso e inutile. Tu sei giovane, bella e stai per sposarti, è questo che conta.

Justin vede che Carla cerca qualcosa nella borsetta e le offre una sigaretta. Meredith si toglie dalla tasca del panciotto una scatoletta di tabacco da fiuto.

Justin                   (a Carla) Vuole una delle mie?

Meredith              (offre a Carla la scatoletta del tabacco) Vuoi un pizzico… No, sono sicuro di no, io invece… (Offre la scatoletta a Justin) Lei?

Justin rifiuta. Carla accetta la sigaretta di Justin che a sua volta ne prende una.

Carla                    Ho parlato anche con suo fratello Philip. (Mette la borsetta sulla panca)

Justin accende la sigaretta di Carla e la propria con un accendino da tasca.

Meredith              Philip! Non avrai saputo molto da Philip, è così occupato ad accumulare denaro, che non gli resta tempo per nient’altro. Sono sicuro che ricorda poco e quel poco è sbagliato. (Annusa una presa di tabacco)

Carla                    (siede sulla panca, verso il proscenio) Allora mi racconti qualcosa lei.

Justin siede all’altra estremità della panca.

Meredith              (cauto) Prima di tutto dovresti cercare di capire tuo padre.

Carla                    (con fermezza) Aveva delle relazioni con altre donne e rendeva mia madre molto infelice.

Meredith              Sì... (annusa il tabacco) ma le sue evasioni dalla vita coniugale erano poco importanti prima dell’arrivo di Elsa.

Carla                    Le aveva fatto un ritratto?

Meredith              Sì… (annusa il tabacco) la rivedo ancora posare, seduta in terrazza. Aveva dei pantaloncini corti, neri, e una camicetta gialla. Tuo padre aveva chiamato il quadro “Ritratto di ragazza in giallo e nero”. E’ una delle sue opere migliori. (Rimette in tasca la scatoletta del tabacco)

Carla                    E ora dov’è quel quadro?

Meredith              Ce l’ho io. L’ho comprato insieme alla casa e ai mobili. La casa si chiamava Alderbury, lo sai; era vicino alla mia, non volevo che la trasformassero in un condominio. La vendita è stata fatta dagli esecutori testamentari e il ricavato è entrato a far parte del patrimonio amministrato per conto tuo. Ma anche questo lo sai.

Carla                    Sì, ma non sapevo che fosse stato lei a comprare la casa.

Meredith              Ora è diventata un “ostello per la gioventù”, ma ho conservato un’ala per me, senza cambiare niente. Il resto dei mobili l’ho venduto.

Carla                    Ma non il ritratto. Perché?

Meredith              (come se intendesse giustificarsi) Te l’ho detto, era il quadro di Amyas che mi piaceva di più. Lo regalerò allo Stato, quando morirò. (Una pausa)
Ora cercherò di dirti quello che vuoi sapere: Amyas aveva portato Elsa ad Alderbury con il pretesto del ritratto, ma lei era innamorata e voleva mettere subito le cose in chiaro con Caroline. Si sentiva in una posizione falsa, e posso capirla.

Carla                    (con freddezza) Mi sembra molto solidale con lei.

Meredith              (turbato) No, no, assolutamente. Io volevo bene a Caroline, anzi ero… sì, ero stato innamorato di lei, le avevo chiesto di sposarmi, ma lei aveva preferito Amyas. Oh, lo posso capire: lui era affascinante, piaceva alle donne, ma non le ha mai dato l’affetto che le avrei dato io. Mi sono dovuto rassegnare a restarle amico e nient’altro.

Carla                    Eppure crede che abbiamo ucciso mio padre.

Meredith              Non sapeva quello che faceva. C?era stata una scenata atroce, lei era sconvolta.

Carla                    Sì…?

Meredith              E quel pomeriggio ha preso la conina dal mio laboratorio, non per uccidere tuo padre, ma per suicidarsi. L’ha giurato lei al processo.

Carla                    Però, come ha detto suo fratello Philip, “non si è suicidata”.

Meredith              La notte porta consiglio e la mattina dopo c’erano tante cose da fare, Angela doveva partire per il collegio… Angela Warren, la sorellastra di Caroline, era una ragazzina terribile, attaccabrighe, dispettosa… lei e Amyas litigavano continuamente,  ma lui le voleva bene e Caroline l’adorava addirittura.

Carla                    (immediatamente) Anche se un giorno aveva cercato di ucciderla?

Meredith              (la guarda, con prontezza) Una montatura! L’ho sempre pensato. Tutti i bambini sono gelosi dei fratelli appena nati.

Carla                    (aspira una boccata di fumo dalla sigaretta) Mio padre è stato trovato morto dopo colazione, è vero?

Meredith              Sì, era rimasto in terrazza a dipingere; spesso non rientrava in casa per colazione. Il bicchiere di birra che gli aveva portato Caroline era lì vicino, vuoto. Credo che il veleno avesse già cominciato ad agire. Non dà sofferenza, solo una lenta paralisi. Già… Quando siamo tornati in terrazza, dopo colazione, era morto. Non riuscivamo a crederci, sembrava un incubo.

Carla                    (si alza in piedi, turbata) Un incubo.

Meredith              (si alza in piedi) Mi dispiace, cara, avrei preferito non parlarne con te. (Guarda Justin)

Carla                    Vorrei andare lì, dove è successo… E’ possibile?

Meredith              Ma certo, quando vuoi.

Carla                    (si volta a guardare Justin) Se potessimo andarci tutti…

Meredith              Tutti chi?

Carla                    Lei, suo fratello Philip, la governante, Angela Warren e… sì, anche Elsa.

Meredith              Elsa non verrà, non credo. Si è sposata.

Carla                    (secca) E più d’una volta, a quanto pare.

Meredith              Philip l’ha vista una sera a teatro, è molto cambiata.

Carla                    Tutti cambiano. Anche lei è cambiato, signor Blake, una volta amava mia madre… (spegne la sigaretta nel portacenere che è sulla panca) Tutto è diverso da come credevo. Non riesco a coordinare le idee.

Justin si alza.

                            Ma se potessi andare ad Alderbury…

Meredith              Ti aspetto, sarai la benvenuta. Ora purtroppo, devo…

Justin                   Le prendo il soprabito. (Si rende conto che Carla è molto abbattuta) La ringrazio anche a nome di Carla. (stacca dall’attaccapanni il soprabito e la sciarpa di Mereidith)

Carla                    (si riprende) Oh, si, grazie, grazie tante.

Meredith esce nell’ingresso. Justin lo aiuta a infilarsi il soprabito.

Meredith              Carla, più ci penso…

Carla                    Sì?

Meredith              (torna verso il centro della scena) …e più mi convinco che Amyas si è suicidato. Forse aveva dei rimorsi di cui non ci siamo resi conto. (Guarda Carla, ansioso)

Carla                    (non convinta) E’ un pensiero che mi dà un po’ di conforto.

Meredith              Certo. Arrivederci, cara.

Carla                    Buongiorno.

Meredith              (prende il cappello dalle mani di Justin) Buongiorno, avvocato.

Justin                   (gli apre la porta) Buongiorno.

Meredith              Buongiorno, buongiorno.

Meredith esce, Justin chiude la porta e torna al centro della scena.

Carla                    Ecco fatto.

Justin                   Siamo qua.

Carla                    Che uomo inconsistente!

Justin                   Inconsistente, ma simpatico.

Suona il telefono.

Carla                    (mentre va a rispondere al telefono) Neanche lui crede che mio padre si sia suicidato (alza il ricevitore) ma allora perchè lo dice? (Al telefono) Sì? …Sì, ho capito. (Riattacca il ricevitore. Delusa) Nonviene.

Justin                   Lady Melksham?

Carla                    Sì. Impegni improrogabili.

Justin va in anticamera e prende il soprabito.

Justin                   Non si preoccupi, troveremo una nuova strada.

Carla                    (guarda fuori dalla finestra) Ma io devo vederla! Tutto in quei giorni ruotava intorno a lei.

Justin                   (s’infila il soprabito) Perché non va a prendere un tè dalla signorina Williams?

Carla                    (calma) Sì.

Justin                   Vuole che l’accompagni?

Carla                    (distrattamente) No, non ce n’è bisogno.

Justin                   Forse domani arriverà una lettera di Angela Warren. Le telefonerò.

Carla                    (guarda ancora dalla finestra) Grazie.

Justin                   (dopo una pausa) Che pazzo è stato AmyasCrale…

Carla si volta.

                            … a non capire che tesoro aveva. Elsa Greer era volgare, aggressiva, senza sfumature, con una idolatria per la notorietà…

Carla                    Lo pensa davvero?

Justin                   Se AmyasCrale non fosse stato un pittore famoso, crede che si sarebbe innamorata di lui? Pensi ai mariti che ha avuto dopo e vedrà che la sua scelta è sempre stata guidata da considerazioni di carattere sociale. Caroline, invece, avrebbe saputo apprezzare anche in un semplice avvocato le qualità che contano.

Carla prende la cartella di Justin e lo guarda, interessata.

Carla                    Lei è ancora innamorato di mia madre. (Gli porge la cartella)

Justin                   Oh no! (Prende la cartella e sorride) Io seguo il corso del tempo.

Carla è presa alla sprovvista, ma è lusingata e sorride.

                            Arrivederci.

Justin esce. Carla lo guarda allontanarsi, colpita da quello che le ha appena detto. Suona il telefono, Carla alza il ricevitore. La luce del giorno comincia a impallidire, scende il crepuscolo.

Carla                    (al telefono) Pronto?... Sì… Ohm sei tu, Jeff? (Sposta il telefono per tutta la lunghezza del filo e va ad accoccolarsi sulla poltrona tenendoselo sulle ginocchia) D’accordo, forse è una perdita di tempo, ma il tempo è mio e se… Come^... (Contrariata) Ti sbagli, Justin è un buon amico, molto più affettuoso di te… E va bene, sono io che voglio litigare… no, non vengo fuori a cena… non voglio uscire con te.

Elsa Melksham entra da sinistra, richiude tranquillamente la porta e resta ferma sulla soglia, guardando Carla. E’ alta, bella e affascinante. Porta un soprabito di velluto rosso sopra un abito nero, cappello, borsetta e guanti.

                            Le tue azioni sono un po’ in ribasso in questo momento, Jeff. (Riattacca il ricevitore, si alza e rimette a posto il telefono)

Elsa                      Signorina LeMarchant… o devo chiamarla signorina Crale?

Carla si volta di scatto.

Carla                    Aveva detto che non sarebbe venuta.

Elsa                      Era una scusa, aspettavo solo che il suo… consulente legale se ne andasse.

Carla                    Che cos’ha contro gli avvocati?

Elsa                      Niente, ma di solito preferisco la conversazione tra donne. Accendiamo la luce? (Accende le lampade a braccio con l’interruttore a sinistre dell’archetto e rivolge a Carla uno sguardo intenso.) Lei è molto diversa dalla bambina che conoscevo.

Carla                    (con semplicità) Somiglio a mia madre.

Elsa                      (con freddezza) Sì, e questo non mi dispone in suo favore. Caroline era una delle donne più antipatiche che abbia mai conosciuto.

Carla                    (con impeto) Sono sicura che mia madre pensasse altrettanto di lei.

Elsa                      (sorridendo) Oh sì, era un sentimento reciproco. (Siede sulla panca, all’estremità verso il fondo del palcoscenico) Purtroppo Caroline non sapeva perdere.

Carla                    E perché lei si aspettava che sapesse perdere?

Elsa                      (si toglie i guanti, sorridendo) Già, chissà perché. Forse perché ero molto giovane e non capivo come potesse restare aggrappata a un uomo che non la voleva più. Ma non avrei mai pensato che, pur di non perderlo, arrivasse ad ucciderlo.

Carla                    Non l’ho ucciso.

Elsa                      (con indifferenza) Sì, l’ha avvelenato quasi davanti ai miei occhi. Gli ha messo il veleno in un bicchiere di birra. (Cambia improvvisamente tono) Pensavo che non sarei mai riuscita a dimenticare, che avrei sofferto per tutta la vita, e poi… tutto è passato, così… (fa schioccare le dita)

Carla                    (siede in poltrona) Quanti anni aveva?

Elsa                      Diciannove. Ma non ero una bambina. AmyasCrale non aveva sedotto una povera creatura innocente. L’avevo conosciuto a una festa e mi ero innamorata di lui. Pensavo che fosse l’amore della mia vita. (Sorride) E anche lui pensava lo stesso di me.

Carla                    Sì, capisco.

Elsa                      Gli ho chiesto di fare il mio ritratto, lui ha rifiutato, mi ha detto che il suo era un altro genere di pittura, e quando gli ho ricordato il ritratto di Marna Vadaz, la ballerina, mi ha risposto che quello era un caso speciale. Sapevo che aveva avuto una relazione con lei e ho esclamato: “Ma io lo voglio il ritratto!” Ha sorriso. “Lo sai quello che succederà? Succederà che faremo l’amore.” “E perché no?” “Perché sono sposato e amo mia moglie”. Ci voleva altro per fermarmi! Ho insistito per fissare il giorno in cui avrei cominciato a posare, lui mi ha preso per le spalle, mi ha voltato verso la luce mi ha guardata a lungo e infine ha detto: “Da tanto tempo pensavo di dipingere un volo di pappagalli australiani dai colori violenti sopra la cattedrale di Saint Paul. Sarà la stessa cosa dipingere la tua giovinezza sullo sfondo del paesaggio inglese”. (Tace, poi aggiunge, in fretta) Ed è andata così.

Carla                    Mio padre l’ha portata con sé ad Alderbury.

Elsa si alza, si toglie il soprabito e lo posa sulla panca.

Elsa                      Sì. Caroline era molto gentile. Sapeva esserlo. Amyas era prudente. (Sorride) Non mi diceva una parola che sua moglie non avrebbe potuto potuto ascoltare. Era freddo e cortese, ma tutti e due sapevamo, nel profondo… (S’interrompe)

Carla                    Parli, l’ascolto.

Elsa                      Dopo dieci giorni Amyas mi ha detto che dovevo tornare a Londra.

Carla                    Ah!

Elsa                      Ho protestato che il quadro non era ancora finito. “Infatti, è appena cominciato” mi ha risposto “ ma la verità è che non posso continuare”. Perché? Perché? gli ho chiesto. Lui il perché lo sapeva e per quello voleva che me ne andassi.

Carla                    E allora lei è tornata a Londra?

Elsa                      Sì. Non gli ho scritto e non ho risposto alle sue lettere. Ha resistito una settimana e poi è venuto a cercarmi. Gli ho detto che non ci si oppone al destino. “Tu non hai neppure tentato, vero Elsa?” mi ha chiesto. Aveva ragione, non avevo neppure tentato. Siamo rimasti insieme ed è stato molto bello, molto più spaventosamente bello della pura felicità. Dovevamo restare a Londra, non dovevamo tornare…

Carla                    Perché siete tornati?

Elsa                      Amyas voleva finire il ritratto, era diventata un’ossessione per lui. (Torna a sedersi sulla panca) Ma tutto era cambiato, ormai, Caroline aveva capito. Io avrei preferito essere chiara, ma Amyas diceva: “Non m’importa della chiarezza, io devo pensare al mio quadro”.

Carla ride.

                            Perché ride?

Carla                    (si alza e si volta verso la finestra) Perchè capisco benissimo che cosa provava.

Elsa                      (irritata) Non è possibile.

Carla                    (con semplicità) Forse è possibile perché sono sua figlia.

Elsa                      (pensosa) La figlia di Amyas. (guarda Carla in un modo diverso)

Carla                    Comincio io stessa, a poco a poco, a rendermene conto. Sono tornata in Inghilterra perché volevo capire che cosa era successo sedici anni fa; ora sto imparando a conoscere le persone, i loro pensieri, il loro modo di comportarsi. Tutto prende vita, lentamente.

Elsa                      Tutto prende vita… (con amarezza) Come vorrei che fosse vero.

Carla                    Mio padre… lei… Philip Blake… Meredith Blake… Ci sono altre due donne. Angela Warren…

Elsa                      Angela? Ah sì, a suo modo è diventata una celebrità, di quelle donne di ferro che viaggiano per paesi inaccessibili e tornano indietro solo per scrivere quello che hanno visto. Allora era una ragazzino noiosa e nient’altro.

Carla                    Come si è comportata quando mio padre è morto? Che reazione ha avuto?

Elsa                      (con indifferenza) Non so. Avevo l’impressione che cercassero di dirle il meno possibile. Caroline temeva che il contatto con il delitto ferisse la sua psiche adolescente. A ferirle la faccia aveva già pensato lei. Lo sapevo, avrei dovuto capire di che cosa era capace Caroline e, quando l’ho vista prendere il veleno…

Carla                    L’ha proprio vista…?

Elsa                      Sì. Meredith stava chiudendo il laboratorio. Caroline è uscita per ultima, subito dopo di me. Io ho voltato la testa e l’ho vista davanti a uno scaffale con un flaconcino in mano. Ho creduto che lo stesse solo guardando… chi poteva immaginare?

Carla                    Non ha avuto neppure un sospetto?

Elsa                      Sì, ho pensato che volesse suicidarsi.

Carla                    E non se ne è preoccupata?

Elsa                      (con calma) Mi pareva la soluzione migliore per tutti.

Carla                    (si avvicina alla finestra, in silenzio) Ah!

Elsa                      Il suo matrimonio con Amys era fallito fin dall’inizio; se lo avesse amato, come diceva, avrebbe divorziato. I soldi non le mancavano, poteva risposarsi.

Carla                    E’ facile, per lei, organizzare la vita degli altri! (Si allontana dalla finestra) Vorrei che ci riunissimo tutti ad Alderbury, Meredith Blake è d’accordo. Lei verrà?

Elsa                      (sorpresa, ma incline ad accettare) Ad Alderbury?

Carla                    Sarà come se si ripetesse tutto di nuovo.

Elsa                      Come se si ripetesse tutto di nuovo…

Carla                    (con gentilezza) Se pensa che la farà soffrire…

Elsa                      Il pericolo non è soffrire (con forza) è dimenticare. Dimenticare è come morire. (Con collera) Lei sta lì a guardarmi, giovane, innocente, e non immagina neanche che cosa vuol dire amare un uome come io amavo suo padre. (Con impeto) Era così pieno di vita, di forza, e qualcuno, Caroline, l’ha ucciso. (Si alza) L’ha ucciso per toglierlo a me. E non l’hanno neanche impiccata. (Tace, poi riprende, con più calma) Verrò, parteciperò alla replica dello spettacolo (prende il soprabito e lo tende a Carla)

Carla aiuta Elsa a infilarsi il soprabito.

                            Con Philip, Meredith e Angela Warren. Noi quattro.

Carla                    Sarete in cinque.

Elsa                      Chi è il quinto?

Carla                    La governante.

Elsa                      (prende dalla panca la borsetta e i guanti) Ah sì, la governante! Disapprovava apertamente sia me che Amyas. Voleva molto bene a Caroline.

Carla                    Se voleva bene a mia madre, avrà qualcosa da dirmi. Andrò a trovarla. (Va ad aprire la porta)

Elsa                      (uscendo) Mi faccia telefonare dal suo amico avvocato.

Elsa esce. Carla chiude la porta e va al centro della scena.

Carla                    La governante!

Le luci si affievoliscono fino a spegnersi completamente.

SCENA QUARTA

Il salotto-camera da letto della signorina Williams. E’ una mansarda con una piccola finestra a sinistra, dove il tetto è spiovente. Si presuppone che la porta sia sulla “quarta parete”, quella verso il proscenio. In fondo, al centro, c’è un camino acceso. A destra, un divano con dei cuscini. Sotto la finestra un tavolo allungabile. A destra del camino, un tavolino con una lampada. A sinistra del camino, due poltrone con lo schienale alto. Al centro una vecchia poltrona e, sotto la poltrona, uno sgabellino. Sullo zoccolo del camino, a destra, un bollitore elettrico.
La lampada è acceso, ma le tende alle finestre non sono ancora chiuse. Sul tavolo sotto la finestra c’è un vassoio preparato per il tè. Il bollitore fuma. Accanto c’è la teiera. La signorina Williams è seduta sulla vecchia poltrona al centro. Ha circa sessant’anni, è intelligente, si esprime con molta chiarezza e un accento vagamente didascalico. Indossa una gonna di tweed, una camicetta, una giacca di lana lavorata a ferri e uno scialle. Carla è seduta sul divano e sfoglia un album di fotografie. Ha un abito marrone.

Carla                    Ora mi ricordo di lei, non credevo, invece a poco a poco tutto mi ritorna in mente.

Sig.na Williams   Avevi solo cinque anni.

Carla                    Lei si occupava anche di me?

Sig.na Williams   No, a me era stata affidata solo Angela. Ah, l’acqua bolle. (Si alza e prepara il tè) Prendi volentieri una tazza di tè?

Carla                    Sì, grazie.

Sig.na Williams   (indica una fotografia sull’album) Quella è Angela, tu eri molto piccola quando è stata fatta quella fotografia.

Carla                    Com’era Angela?

Sig.na Williams   Forse la più interessante tra tutte le mie allieve. Indisciplinata, ma molto intelligente. Ha avuto il primo premio al Somerville. Forse avrai letto il suo libro sui graffiti dell’Hazelpa?

Carla                    No, veramente…

Sig.na Williams   Ha avuto ottime recensioni. Sono molto orgogliosa di Angela. (Mette la teiera sul vassoio) Ecco, lasciamolo riposare un momento.

Carla                    (posa l’album sul divano, all’estremità più lontana dal proscenio) Signorina, lei sa perché sono venuta a trovarla?

Sig.na Williams   Più o meno sì: (Si avvicina al camino) Hai appena saputo come è morto tuo padre e vuoi che ti dica qualcosa di più. (Spegne il bollitore)

Carla                    E anche lei, come tutti, pensa che dovrei cercare di dimenticare?

Sig.na Williams   No, a me sembra giusto che tu voglia capire. Solo allora, quando avrai capito, potrai dimenticare.

Carla                    E lei mi racconterà tutto?

Sig.na Williams   Tutto quello che so. Ma dove si è ficcato il mio sgabellino? (Volta la poltrona per metterla di fronte al divano e si guarda intorno per cercare lo sgabello)

Carla                    (si alza e tira fuori lo sgabello da sotto la poltrona) Eccolo.

Sig.na Williams   Grazie, cara. (Si siede in poltrona e mette i piedi sullo sgabello) Preferisco non poggiare i piedi sul pavimento.

Carla                    Vede, signorina, io vorrei sapere soprattutto com’erano mio padre e mia madre… o almeno come lei pensava che fossero. (Torna a sedersi sul divano)

Sig.nra Williams  Tuo padre, lo sai, era un artista famoso. Io non me ne intendo, anzi ti dirò che non amo molto la pittura, mi pare sempre una rappresentazione falsa, esasperata della realtà. Inoltre non ho mai capito perché un temperamento cosiddetto artistico debba servire da giustificazione a qualsiasi stravaganza. Tua madre era costretta a sopportare di tutto…

Carla                    E ne soffriva?

Sig.na Williams   Molto. Il signor Crale non era un marito fedele, ma lei finiva sempre col perdonarlo, anche se gli diceva quel che si meritava… e con una certa vivacità.

Carla                    Ma allora si rovinavano la vita l’un l’altro!

Sig.na Williams   (tranquillamente) Ti sbagli. (Si alza e si avvicina al tavolo a sinistra) Litigavano, sì, ma tua madre non perdeva mai la sua dignità ed era tuo padre ad avere torto.

Carla                    Sempre?

Sig.na Williams   (con sicurezza) Sempre. Io volevo molto bene alla signora Crale e mi dispiaceva vederla così umiliata. Al suo posto me ne sarei andata. Una donna non dovrebbe mai lasciarsi mancare di rispetto dal proprio marito.

Carla                    A lei non piaceva mio padre, vero?

Sig.na Williams   No, non mi piaceva. Non mi piaceva affatto.

Carla                    Ma lui voleva bene alla mamma?

La signorina Williams prende una tazza di tè, la zuccheriera e si avvicina a Carla.

Sig.na Williams   Credo di sì, ma gli uomini sono tutti uguali. (tende la tazza a Carla)

Carla                    (leggermente divertita) Non ha fiducia negli uomini, signorina Williams?

Sig.na Williams   (con enfasi) Finora al mondo si sono presi la parte migliore, ma non sarà sempre così. (passa lo zucchero a Carla)

Carla                    No, senza zucchero, grazie. E poi è arrivata Elsa Greer…

La signorina Williams appoggia la zuccheriera sul tavolo e prende la sua tazza di tè:

Sig.na Williams   (con aria disgustata) Sì. Con la scusa di un ritratto che, in realtà, resta sempre allo stesso punto. (Va al centro della scena) Il signor Crale aveva un’infatuazione per quella ragazza, era chiaro, e lei non faceva niente per scoraggiarlo. (Siede sulla poltrona)

Carla                    Lei, signorina, che cosa pensa di Elsa?

Sig.na Williams   Pensavo che era bella e stupida. Non apriva mai un libro ed era incapace di dire una parola su qualsiasi argomento che avesse qualche riferimento culturale. Si occupava solo del suo aspetto fisico. E degli uomini che che le stavano intorno, naturalmente.

Carla                    Mi parli ancora di lei.

Sig.na Williams   A un certo punto era tornata a Londra e per noi era stato un gran sollievo (beve un sorso di tè) ma poi anche il signor Crale era partito e io, e anche la tua povera mamma, abbiamo capito subito che era andato a raggiungerla. Sono tornati insieme. Per finire il ritratto, hanno detto, ma si capiva bene quel che significava. Elsa diventava sempre più insolente. Un giorno è arrivata perfino a dire quel che avrebbe fatto quando fosse diventata la padrona diAlderbury.

Carla                    (turbata) Oh, no!

Sig.na Williams   Sì sì sì. (Beve un sorso di tè) Tua madre ha chiesto allora a suo marito se intendeva davvero sposare         quella ragazzo. E lui… me lo ricordo come se lo vedessi, dritto davanti a lei, un gigante che pareva uno scolaretto indisciplinato. (Si alza, va a rimettere la tazza del tè sul tavolo a sinistra, prende un piatto di biscotti e si avvicina a Carla) Mi sentivo ribollire il sangue. Sarei stata capace di ucciderlo. Vuoi un biscotto? Sono PeekFrean.

Carla                    (prende un biscotto) Grazie. Che cos’ha fatto mia madre?

Sig.na Williams   E’ uscita dalla stanza in silenzio. Io ho cercato di rivolgerle la parola, ma lei mi ha messo una mano sulle labbra e ha detto: “Comportiamoci come se non fosse successo niente” (Va a rimettere il piatto sul tavolo a sinistra) Quel pomeriggio dovevano andare tutti a prendere il tè dal signor Meredith e lei, mentre stava per uscire, è tornata indietro e mi ha dato un bacio. “E’ una consolazione averla qui con me” mi ha detto. (Le si incrina la voce)

Carla                    (con dolcezza) Credo anch’io che lei sia stata di aiuto a mia madre, signorina Williams.

Sig.na Williams   (si avvicina al camino, prende il bollitore e stacca la spina) Nessuno l’ha biasimata per quello che ha fatto, Carla. E anche tu, che sei sua figlia, devi capirla e perdonarla.

Carla                    (lentamente) Allora anche lei pensa che fosse colpevole.

Sig.na Williams   (con tristezza) So che lo era.

Carla                    Glielo ha confessato?

Sig.na Williams   (mette il bollitore sul tavolo a sinistra) No, naturalmente. (Riempie di nuovo la teiera)

Carla                    Che cosa le ha detto?

Sig.na Williams   Ha cercato di convincermi che tuo padre si era suicidato.

Carla                    E lei non le ha creduto?

Sig.na Williams   Le ho detto: “Certo, signora Crale, suo marito si è suicidato”.

Carla                    Però non ci credeva.

Sig.na Williams   (rimette a posto il bollitore, sullo zoccolo del camino) Devi capire, Carla, che io sono sempre stata solidale con tua madre, non ho mai badato a quello che diceva la polizia. (Siede sulla poltrona.)

Carla                    Ma un delitto… (S’interrompe, poi riprende) Lei l’avrebbe assolta?

Sig.na Williams   Certamente.

Carla                    In ogni caso?

Sig.na Williams   In ogni caso.

Carla                    (quasi supplichevole) Forse era davvero innocente.

Sig.na Williams   No.

Carla                    (in tono di sfida) Era innocente!

Sig.na Williams   No, Carla.

Carla                    Sì. Prima di morire mi ha scritto che potevo esserne sicura.

Si stabilisce un silenzio greve.

Sig.na Williams   (a voce bassa) Non doveva mentire in un momento così solenne. Non me lo sarei aspettato da lei. Era sempre stata seria e sincera.

Carla                    (si alza) Ma forse era la verità.

Sig.na Williams   (in tono definitivo) No.

Carla                    Non può esserne sicura!

Sig.na Williams   Tra tutti, solo io posso esserne sicura, perchè ho visto qualcosa che non ho detto alla polizia, non ho detto a nessuno. (Si alza) Ma tu devi credermi, Carla. Ancora un po’ di tè, cara? Beviamone un’altra tazza tutt’e due, vuoi? Fa freddo qualche volta in questa stanza. (Prende la tazza di Carla e va a riempirla al tavolo a sinistra)

Carla appare assorta, profondamente disorientata, mentre le luci di affievoliscono fino a spegnersi completamente.

SCENA QUINTA

Il tavolo di un ristorante in una nicchia arredata in stile orientale. Tre panche imbottite. Quando si accendono le luci, Carla è seduta a destra del tavolo e Angela Warren al centro, rivolta verso il proscenio. Stanno finendo di far colazione. Carla indossa un soprabito bordato di scimmia. Angela ha circa trent’anni, è alta, ha un aspetto aristocratico. Porta un vestito a giacca molto semplice e un cappello di foggia maschile. Sulla guancia sinistra, ha uno cicatrice molto profonda.

Angela                 (posa il bicchiere di brandy sul tavolo) Ecco, ora che abbiamo finito di far colazione sono pronta a parlare. Mi sarebbe dispiaciuto non riuscire a vederti prima che tornassi in Canada. (Porge a Carla un portasigarette di cuoio)

Carla rifiuta e prende una sigaretta americana dal pacchetto che è sul tavolo.

                            (Prende una delle sue sigarette) Scusami se non ti ho telefonato prima, ma parto domani e avevo mille cose da fare. (Accende la sigaretta di Carla e la propria con un accendino assortito al portasigarette)

Carla                    So come succede. Viaggi per mare?

Angela                 Sì, è più comodo, perché ho un bagaglio ingombrante.

Carla                    Sai che ho visto la signorina Williams?

Angela                 (sorride) Cara signorina Williams, come l’ho torturata! Mi arrampicavo sugli alberi, marinavo la scuola, facevo dispetti a tutti… Per golosia.

Carla                    (colpita) Di chi eri gelosa?

Angela                 Di Amyas. Avevo sempre occupato il primo posto nel cuore di Caroline e non sopportavo di vederla così assorbita da lui. Non lo lasciavo in pace, gli mettevo delle porcherie nella birra, perfino… come si chiama… la valeriana! Una volta gli ho nascosto un porcospino sotto le coperte! (Ride) Ero un pericolo pubblico, hanno fatto bene a mandarmi in collegio, anche se allora ero furibonda!

Carla                    Cosa riesci a ricordare con precisione?

Angela                 Vuoi dire… di quello che è successo? Ricordo poco, è strano. Avevamo appena fatto colazione. Caroline e la signorina Williams erano nella veranda e quando ci sono andata anch’io, con gli altri, ho saputo che Amyas era morto. Qualcuno, al telefono, chiamava un dottore. Elsa gridava, in terrazza… Mi pare che ci fosse Caroline con lei. Io giravo qua e là, passavo da uno all’altro, senza capire.

Carla                    Chi sa perché non ricordo niente. Dopotutto avevo cinque anni.

Angela                 Ma tu non c’eri. Ti avevano portato dalla tua madrina, la vecchia Lady Thorpe, circa una settimana prima.

Carla                    Ah!

Angela                 Poi la signorina Williams mi ha accompagnato da Caroline. Lei stava distesa sul letto, era molto pallida. Mi ha detto che non dovevo più pensare a quello che era successo, che sarei andata prima dalla sorella della Williams a Londra e poi in collegio a Zurigo, come avevamo già deciso. Io ho protestato che non volevo lasciarla e allora è intervenuta la signorina Williams, col suo tono autoritario (imita la signorina Williams) “Il modo migliore per aiutare tua sorella, Angela, è obbedire senza discutere”. (Beve un sorso di brandy)

Carla                    (sorride) Sì, mi pare di sentirla.

Angela                 La polizia mi ha fatto qualche domanda, ma io non ho neppure capito perché. Sapevo solo che Amyas aveva bevuto quel veleno per sbaglio ed era morto. Ero all’estero quando è stata arrestata Caroline e me l’hanno tenuto nascosto il più a lungo possibile. Lei non ha mai voluto che andassi a trovarla in prigione. Ha cercato di risparmiarmi turbamenti e malinconie. Aveva sempre fatto così con me, anche prima, come se avesse voluto mettere un diaframma tra me e il mondo.

Carla                    Ti voleva molto bene.

Angela                 (si tocca la cicatrice) La vera ragione era questa.

Carla                    Ma erano passati tanti anni.

Angela                 Vedo che te l’hanno detto. Sono cose che succedono: un bambino è geloso del fratello e gli tira addosso quello che ha sottomano; ma Caroline era molto sensibile e non era mai riuscita a vincere l’orrore per quello che aveva fatto. Tutta la sua vita era uno sforzo per cercare di compensarmi. Non era piacevole neanche per me, come puoi immaginare.

Carla                    Ma tu non hai mai provato il desiderio di vendicarti?

Angela                 E perché? Perché avevo perduto la bellezza? (Ride) E quale bellezza? No, non ho mai nutrito pensieri di vendetta.

Carla toglie dalla borsetta che è sulla panca, vicino a lei, una lettera e la dà ad Angela.

Carla                    Mia madre mi ha lasciato una lettera. Vorrei che la leggessi.

Una pausa, mentre Angela legge la lettera. Carla spegne la sigaretta nel portacenere.

                            Sono così confusa. Ciascuno mi ha detto di lei una cosa diversa.

Angela                 Infatti aveva un temperamento pieno di contraddizioni. (Volta una pagina e lette) “...voglio che tu sappia che non ho ucciso tuo padre”. E’ giusto che ti abbia scritto, perché avresti anche potuto dubitare di lei. (Piega il foglio e lo posa sul tavolo)

Carla                    Vuoi dire che tu non credi che sia stata lei?

Angela                 Non è stata lei. Nessuno che l’abbia conosciuta potrebbe pensarlo.

Carla                    (in preda a una forte tensione nervosa) Ma tutti lo pensano, tranne tu.

Angela                 Lo pensano perché sono stupidi. Le prove non significano niente, quel che conto è la natura di una persona.

Carla                    Ma… e la tua…

Angela                 (indica la cicatrice) E’ proprio per il rimorso di quello che mi aveva fatto che non avrebbe mai ceduto a un impulso violento. Secondo me, anzi, esorcizzava la violenza fisica con la violenza verbale. Poteva dire di chiunque l’avessa solo infastidita frasi come “Lo taglierei a pezzi e lo friggerei nell’olio bollente”; o qualche volta gridava ad Amyas: “Basta o ti ammazzo!”. Litigavano come pazzi quei due, s’insultavano, ma sono sicura che ci provavano un certo gusto.

Carla                    Davvero?

Angela                 Sì, erano fatti così. Si divertivano a litigare e a fare la pace.

Carla                    (si appoggia allo schienale della sedia) Mentre ti ascolto, tutto mi pare diverso da quello che mi ero immaginato. (Prende la lettera e la rimette nella borsetta)

Angela                 Forse è stato un male che io non abbia potuto testimoniare, ma le prove che avrei portato non sono di quelle che contano nei processi. Non pensarci più, Carla, torna in Canada e stai certa che Caroline non ha ucciso Amyas.

Carla                    (con tristezza) Ma allora chi è stato?

Angela                 E’ importante?

Carla                    Certo che è importante.

Angela                 E’ stato un incidente, accontentati di questa spiegazione.

Carla                    Non posso.

Angela                 Perché?

Carla non risponde.

                            C’è un amore di mezzo? (Beve un sorso di brandy)

Carla                    Sì.

Angela                 Sei fidanzata?

Carla, leggermente imbarazzata, prende una sigaretta dal pacchetto.

Carla                    Non so.

Angela                 Forse questo fidanzato di cui non sei certa ha fatto qualche rimostranza?

Carla                    No, diciamo che si è mostrato generoso.

Angela                 Che vergogna! Io non lo sposerei.

Carla                    Infatti non sono sicura di volerlo sposare.

Angela                 C’è qualcun altro? (Le accende la sigaretta.)

Carla                    (nervosamente) Non è detto che debba esserci necessariamente un altro.

Angela                 Di solito è così. Io, per parte mia, preferisco i graffiti.

Carla                    (all’improvviso) Domani andrò ad Alderbury. Ci saranno tutti, speravo venissi anche tu.

Angela                 Ma io domani parto.

Carla                    Voglio rivivere tutto come se fossi mia madre. (Con forza) Perché non si è difesa? Perché si è data per vinta?

Angela                 Non so.

Carla                    Non era nel suo carattere, vero?

Angela                 No, non era nel suo carattere.

Carla                    L’assassino dev’essere uno degli altri quattro.

Angela                 Hai molta forza di volontà, Carla.

Carla                    Ho troppo bisogno di sapere.

Angela                 (colpita dall’accento sincero di Carla) Forse ci riuscirai davvero. (Una pausa) Verrò ad Alderbury con te. (Prende in mano il bicchiere del brandy)

Carla                    (felice) Davvero? Ma la nave parte domani.

Angela                 Prenderò l’aeroplano. Sei sicura che non vuoi un brandy? Io, quando passa il cameriere, me ne faccio portare un altro. Eccolo. Cameriere!

Carla                    Sono contenta che vieni anche tu.

Angela                 (cupa) Davvero sei contenta? Non farti troppe illusioni, sono passati sedici anni.

Angela beve il brandy. Le luci si spengono lentamente.

Giorgio               - Ma sei pazza?

Rosa                   - Non mi aspettavi, vero? E invece eccomi qui. Ho fatto di tutto per riuscire a liberarmi. Non immagini cosa mi sono dovuta inventare. per un attimo ho persino avuto paura di non farcela... Sei contento?

Dalla camera da letto entra, rumorosamente, Filippo.

Filippo                - (notando la coppia) Ops, scusate. Credevo non ci fosse nessuno.


ATTO SECONDO

Alderbury, una casa nell’Inghilterra dell’ovest.

La scena rappresenta uno scorcio della casa: a destra la veranda e a sinistra la terrazza, che comunicano attraverso una porta-finestra. La veranda occupa un angolo del palcoscenico, la terrazza, quindi si restringe verso destra. Una porta nella veranda, sulla parete centrale e un’altra, in fondo alla terrazza, danno verso l’interno della casa. Sulla terrazza, a sinistra, c’è un pergolato di vite che all’estremità più lontana dal proscenio, ha un’uscita sul giardino. La veranda ha un’altra porta a destra accanto alla quale, verso il centro della scena, c’è una nicchia con degli scaffali che contengono piatti decorati e altri soprammobili. Sotto la nicchia, una consolle. A sinistra della porta al centro, un tavolo con un telefono e una scultura in legno che raffigura una testa. Appeso al muro sopra il tavolo, il ritratto di Elsa dipinto da Amyas. A destra della porta al centro, un divano che ha davanti un tavolino lungo e basso e due poltrone ai lati. A sinistra della poltrona di destra, un altro tavolino, leggero, trasportabile. Sulla terrazza, al cento, una panchina di pietra.

        Quando si alza il sipario, la scena è al buio, poi si accendono le luci ma la casa appare immersa nella penombra. La terrazza è illuminata dalla luna. Il tavolino lungo è sopra il divano, capovolto, ed entrambi sono coperti da un lenzuolo per ripararli dalla polvere. Anche le poltrone sono coperte allo stesso modo. Le tende alle finestre sono chiuse. Dopo poco si sentono delle voci dal fondo del palcoscenico, al centro.

Carla                    - (fuori scena) Da che parte si va?

Meredith              - (fuori scena) Di qui, attenta che c’è un gradino. (lo si sente inciampare) Non me ne ricordo mai in tempo.

Justin                   - (fuori scena; inciampa a sua volta) Ahi! Devo lasciarle aperto?

                          

Meredith            - (fuori scena) Niente è così triste come una casa disabitata. Scusatemi. (Meredith entra dalla porta al centro e accende le luci. Indossa un soprabito e un vecchio cappello di tela bianca tirato fin sulle orecchie. Dietro di lui entra Carla, con un soprabito dalla linea sciolta e un fazzoletto di seta in testa. Justin entra per ultimo, ha un cappello a bombetta). Questa è la veranda. Gelida come una stanza mortuaria. Ne ha tutta l’apparenza, vero? (ride e si strofina le mani una contro l’altra) Non che ne abbia mais viste, ma … togliamo almeno questi lenzuoli bianchi. (toglie il lenzuolo dal divano).

Justin                  - Lasci che l’aiuti. (prende dalle mani di Meredith il lenzuolo).

Carla si avvicina alla poltrona a sinistra, toglie l’altro lenzuolo e lo dà a Justin.

Meredith            - Questa parte della casa è rimasta chiusa fin da quando … (indica il tavolino sopra il divano) Oh, ecco un vecchio amico. (prende il tavolino) Un momento, mi pare che il suo posto fosse qui. (mette il tavolino davanti al divano) Che tristezza, era così allegra una volta questa stanza e ora fa pensare solo alla morte.

Carla                   - (si siede sul bracciolo della poltrona, a sinistra del divano, e guarda il ritratto) È il ritratto di Elsa?

Meredith            - Come? Ah sì, “Ritratto di ragazza in giallo e nero”.

Carla                   - Come mais l’ha lasciato lì?

Meredith            - Mah… non riuscivo a guardarlo… mi ricordava troppe cose… (si riprende, si avvicina alla porta-finestra e apre le tende).

Carla                   - Com’è cambiata Elsa!

Meredith            - (si volta) L’hai vista?

Carla                   - Sì.

Meredith            - (toglie il lenzuolo dalla poltrona di destra) io non la vedo da anni.

           

Carla                   - È ancora molto bella, ma qui è diversa: è forte, giovane, trionfante. Che bel ritratto!

Meredith            - Si, è un bel ritratto. (indica la terrazza) È stato dipinto lì. Ora vado a mettere i lenzuoli (toglie i lenzuoli di mano a Justin) nella stanza qui accanto.

Meredith esce da destra. Carla si alza, apre la porta-finestra ed esce in terrazza. Justin la guarda e poi la segue fin sulla soglia.

Carla                   - Justin, le sembra un’idea insensata la mia? Jeff mi giudica una pazza.

Justin                  - (fa qualche passo verso il pergolato; guarda il giardino) Non lo ascolti.

Meredith entra da destra e si avvicina alla porta-finestra.

Carla                   - (siede sulla panchina di pietra) Infatti, non lo ascolto.

Meredith            - Vado incontro agli altri (esce dal centro).

Carla                   - Lei ha capito, vero, che cosa voglio fare?

Justin                  - Sì, lei vuole ricreare, con l’aiuto di chi era presente, gli avvenimenti di sedici anni fa. Ci saranno parole superflue, particolari inutili, (le si avvicina) e soprattutto ricordi discordanti, come avviene sempre quando c’è più di un testimone.

Carla                   - Faremo una scelta.

Justin                  - (incerto) Non sarà facile.

Carla                   - Tutto avverrà di nuovo sotto i miei occhi, vedrò mio padre e mia madre… (s’interrompe) Doveva essere un uomo affascinante, mio padre.

Justin                  - È probabile.

Carla                   - Mi sarebbe piaciuto molto.

Justin                  - (si volta verso il giardino) Piaceva molto alle donne, infatti.

Carla                   - È strano, provo un senso di pietà per Elsa. In quel ritratto sembra così piena di vita e ora, invece, è come morta, come se fosse morta insieme a mio padre.

           

Justin                  - (Si siede vicino a lei sulla panchina di pietra)  Le attribuisce il ruolo di una Giulietta di Shakespeare.

Carla                   - Lei non la vede così?

Justin                  - (sorride) No, io sono dalla parte di Caroline.

Carla                   - Le è fedele. Forse troppo fedele.

Justin                  - (guarda Carla e dopo una pausa) Ho perso il filo del discorso.

Carla                   - (si alza in piedi) Allora torniamo alla realtà: lei dovrà, in ogni testimonianza, cogliere le contraddizioni e le lacune, come si conviene a un acuto e competente uomo di legge.

Justin                  - D’accordo, farò del mio meglio (dalla porta al centro arrivano, fuori scena, le voci degli altri e quella di Meredith che è uscito a riceverli) (si alza) Eccoli.

Carla                   - Gli vado incontro.

Carla rientra dalla terrazza ed esce dalla porta al centro. Le luci si affievoliscono gradatamente e la scena resta al buio. Justin si sposta a sinistra, verso il proscenio. Un riflettore gli illumina la faccia, mentre svolge il suo ruolo di coordinatore.

Justin                  - Tutti pronti? Vi ricordo che siamo qui per ricostruire, nei limiti del possibile, quel che è avvenuto sedici anni fa. Chiederemo a ciascuno, di volta in volta, di raccontare quello che ha fatto, sentito o visto, in modo da ottenere un susseguirsi di immagini quasi ininterrotte. Cominceremo con la conversazione che ha avuto luogo nella veranda tra Caroline Crale e Meredith Blake il pomeriggio del sedici agosto, un giorno prima della tragedia. Sulla terrazza, intanto, Elsa Greer posava per AmyasCrale che le stava facendo il ritratto. Ci sarà quindi il racconto di Elsa Greer, poi l’arrivo di Philip Blake, e così via. Ascoltiamo ora Meredith Blake.

La luce del riflettore si spegne. Si sente, nel buio, la voce di Meredith.

Meredith            - Il pomeriggio del sedici agosto… Sì… volevamo prendere il tè a casa mia e mi ero fermato ad Alderbury, mentre andavo a Framley Abbott, per sentire se dovevo dare un passaggio a qualcuno, al ritorno. Caroline aveva raccolto delle rose e quando ho aperto la porta della veranda…

Si accendono le luci. È una calda e luminosa giornata d’estate. Caroline Crale è in piedi, sulla soglia della porta-finestra, rivolta verso la terrazza. Porta dei guanti da giardino e, infilato su un braccio, un cesto pieno di rose. Sulla terrazza, Elsa, seduta sulla panchina di pietra, posa per il ritratto. Indossa una camicetta gialla e dei pantaloni corti neri. AmyasCrale è seduto su uno sgabello al centro, rivolto verso sinistra, di fronte al cavalletto. Accanto al cavalletto, in terra, c’è la cassetta dei colori. Amyas è un bell’uomo, indossa una vecchia camicia ampia, pantaloni comodi, macchiati di pittura. Sulla terrazza, a sinistra, c’è un carrello con bottiglie e bicchieri. Una bottiglia di birra è in un cestello col ghiaccio. Nella veranda, dove ora è il ritratto, è appeso un paesaggio. Meredith entra dal centro.

Meredith              -  Caroline!

Caroline             - (si volta_ Oh, Merry! (Appoggia il cesto sul tavolino davanti al divano, si toglie i guanti da giardino e li mette nel cesto).

Meredith              - (richiude la porta) come va il ritratto? (Si avvicina alla porta-finestra e guarda verso la terrazza) La posa è molto bella. (Va a prendere una rosa dal cesto) Che cosa abbiamo qui, una EnaHarkness? (Aspira il profumo della rosa) Che meraviglia!

Caroline               - Meredith, credi che Elsa sia molto importante per Amyas?

Meredith              - No, tu lo conosci meglio di me, quel che gli preme è il ritratto.

Caroline               - (va a sedersi sulla poltrona a destra del divano) Stavolta ho paura Merry. Siamo sposati da sei anni, io ne ho quasi trenta e fisicamente non valgo neanche la metà di Elsa.

Meredith              - (rimette la rosa nel cesto e si avvicina a Caroline) Non dire assurdità Caroline! Amyas ti vuole bene e te ne vorrà sempre.

Caroline             - Non si sa mai!

Meredith            - (chinandosi su di lei) Anch’io ti voglio molto bene, Caroline.

Caroline              - (affettuosamente) Caro Merry! (gli accarezza una guancia) Come sei buono! (Una pausa) Le spaccherei la testa a quella ragazza! Non sopporto l’insolenza con cui si è appropriata di mio marito.

Meredith            - Forse non sa neppure quello che fa. Ha una grande ammirazione per Amyas e non capisce altro.

Caroline              - Oh Meredith, è proprio vero che esistono gli ingenui!

Meredith            - Perché dici così?

Caroline              - (si alza) Tu vivi in un mondo celestiale, Merry, dove tutti somigliano a te. (Guarda le rose. Allegramente) La mia Christo Galli quest’anno è più bella del solito. (esce in terrazza). (Meredith segue Caroline in terrazza) Vieni a vederla prima di andare a Framley Abbott. (va fino in fondo al pergolato).

Meredith            - Perché non sai che cos’è la mia Grandiflora. (la segue) Uno splendore! (Caroline, con un dito sulle labbra, gli raccomanda di parlare più sottovoce) Che cosa c’è? (si volta a guardare di sotto il pergolato Elsa e Amyas) Oh, non disturbiamo chi lavora.

Caroline e Meredith escono in giardino.

Elsa                    (stiracchiandosi) Ho bisogno di un intervallo.

Amyas                No, aspetta… devo ancora… E va bene, se proprio non ce la fai…(Elsa di alza) (prende una sigaretta da un pacchetto che tiene nella cassetta dei colori) Possibile che non resisti più di cinte minuti?

Elsa                    - Cinque minuti? Mezz’ora! E poi devo andare a cambiarmi.

Amyas                - A cambiarti? Perché?

Elsa                    - Prendiamo il tè da Meredith. Non ti ricordi?

Amyas                - Che noia! Bisogna sempre andare da qualche parte.

Elsa                    - (si chiude su di lui e gli mette le braccia intorno al collo) Come sei socievole!

Amyas                - (la guarda) Mi piace la vita semplice (come se citasse una frase nota a entrambi) un tubetto di colore e un pennello, accanto a te… che ti rifiuti di star ferma cinque secondi.

Ridono tutti e due. Elsa prende la sigaretta di Amyas.

Elsa                    (aspira una boccata di fumo) Hai pensato a quello che ti ho detto?

Amyas                - Che cosa mi hai detto? Non me lo ricordo!

Elsa                    - Ti ho detto di parlare di noi a Caroline.

Amyas                - (con leggerezza) Oh, io se fossi in te non me ne preoccuperei, per il momento.

Elsa                    - Ma, Amyas…

Caroline entra dal giardino.

Caroline              - Merry è andato a Framley Abbott, ma torna tra poco. (Passa davanti alla panchina di pietra e si avvia verso la porta-finestra) Vado a cambiarmi.

Amyas                - (senza guardarla) Ma stai già bene così.

Caroline              - Devo rendere presentabili le mie mani. Ho lavorato in giardino e sono troppo malridotte. Forse anche Elsa andrà a cambiarsi, vero Elsa?

Elsa restituisce la sigaretta ad Amyas.

Elsa                    - (con accento insolente) Eh già. (va verso la porta-finestra)

Philip entra dal centro.

Caroline              - (gli va incontro) Philip! Una volta tanto il treno è arrivato in orario! (Elsa entra nella veranda). Questo è il fratello di Meredith, Philip… La Sig.na Greer.

Elsa                    - Buongiorno. Vado a cambiarmi. (esce dal centro)

Caroline              - Hai fatto buon viaggio, Philip? (gli dà un bacio).

Philip                  - Sì, grazie, e voi come state?

Caroline              - Oh, bene. (indica la terrazza) Amyas è fuori, io devo andare a ripulirmi un po’. Scusami, sono appena rientrata dal giardino. Andiamo a prendere il tè da Merry.

Caroline sorride ed esce dal centro. Philip chiude la porta, poi esce in terrazza e si ferma di fronte alla panchina.

Amyas                - (alza gli occhi e sorride) Come va, Phil? Sono contento di vederti. Che giornate, eh? Erano anni che non avevamo un’estate così.

Philip                  - (si avvicina) Posso guardare?

Amyas                - Sì, sto dando l’ultimo ritocco.

Philip                  - (osserva il quadro) Bello, bellissimo.

Amyas                - (spegne la sigaretta) Ti piace? Ma tu non sei un buon giudice, vecchio filisteo!

Philip                  - Anch’io, quando mi capita, compro qualche quadro.

Amyas                - Sì, ma per una questione di prestigio, perché ti dicano: “Che bel quadro, signor Blake, lei è un vero intenditore!” Comunque questo no è in vendita.

Philip                  - Peccato, è bello ed è bella anche la ragazza!

Amyas                - (guarda il ritratto) Sì, Elsa è molto bella. (improvvisamente serio) Forse sarebbe stato meglio non averla mais conosciuta.

Philip                  - (prende una sigaretta dal pacchetto che ha in tasca)  Ti ricordi che cosa mi hai detto quando hai cominciato a  farle il ritratto? “Non è  lei che mi interessa. “E io ti ho risposto (ride) “Raccontalo a qualcun altro!”.

Amyas                - Già, “raccontalo a qualcun altro”, non avevi torto, gatto di marmo. (si alza sì avvicina al carrello, prende la bottiglia della birra e la apre) Perché non ti innamori mai? (versa la birra in un bicchiere).

Philip                  - Perché non ho tempo. (accende una sigaretta) Ma tu Amyas, ti innamori troppo.

Amyas                - Non riesco a farne a meno. (ride all’improvviso).

Philip                  - E Caroline come l’ha presa, stavolta?

Amyas                - Tu che ne pensi? (prende il bicchiere e si siede sulla panchina) Meno male che sei venuto,  Phil. Vivere qui con quattro donne è un manicomio.

Philip                  - Perché quattro?

Amyas                - C’è Caroline che detesta Elsa e lo nasconde con buona educazione; Elsa che la detesta senza nasconderlo (Philip siede sullo sgabello davanti al cavalletto) Angela che mi odia da quando ho convinto Caroline a mandarla in collegio. È una decisione che dovevamo prendere già qualche anno fa. Angela è una ragazzetta intelligente e simpatica, ma Caroline la vizia e lei ne approfitta. La settimana scorsa mi ha messo un porcospino nel letto. (Philip ride). Ridi, ridi, ma dovresti provare che vuol dire infilare i piedi in un groviglio di aculei. Ultima, ma forse dovrei metterla per prima, viene la governante, che mi guarda come fossi un serpente. Sta seduta a tavola, con le labbra strette, stilando disapprovazione da tutti i pori.

Sig.na Williams  - (fuori scena; in giardino) Corri a cambiarti Angela!

Angela                - (fuori scena) No, vado così!

Philip                  - Caro Amyas, sei in minoranza!

Sig.na Williams  - Non puoi presentarti a prender il tè dal signor Blake in blue jeans.

Amyas                - (Mai disperare. (beve).

Angela entra dal giardino.

Angela                - (entrando) A Merry non interessa come sono vestita. (si avvicina a Philip, lo tira per le braccia e lo fa alzare in piedi) Bene arrivato!

La Sig.na Williams entra dal giardino, passa davanti alla panchina e va verso la porta-finestra.

Sig.na Williams  - Buongiorno, Sig.re Blake, ha fatto buon viaggio?

Philip                  - Sì, grazie!

La Sig.na Williams entra nella veranda, vede il cesto sul tavolino, lo prende, torna in terrazza ed esce in giardino.

Angela                - (ad Amyas) Ti sei pitturato anche un orecchio.

Amyas                - (si strofina l’altro orecchio con la mano sporca di colore) Eh?

Angela                - (felice) Adesso te li sei sporcati tutti e due. Che ne dici, Philip, non può andare a prendere il tè da Meredith ridotto come un pagliaccio!

Amyas                - Invece ci andrò, proprio come un pagliaccio.

Angela                - (standogli alle spalle, gli mette le braccia intorno al collo, canzonandolo) Amyas il pagliaccio, Amyas il pagliaccio!

Amyas                - (cantando) Amyas il pagliaccio, il pagliaccio Amyas!

La Sig.na Williams entra dal giardino e va verso la porta-finestra.

Sig.na Williams – Andiamo Angela!

Angela                - (scavalca la panchina e corre verso il cavalletto) Che quadro cretino! (in tono vendicativo) Adesso ci scrivo in rosso, così, per traverso, “Amyas il pagliaccio”, (prende un pennello e lo passa sulla tavolozza).

Amyas si alza in fretta, posa il bicchiere sulla panchina, verso il proscenio, e afferra Angela per un braccio prima che abbia il tempo di rovinare il quadro.

Amyas                - Tocca un mio quadro, Angela (in tono serio) e t’ammazzo. Ricordatelo. (pulisce il pennello con uno straccio).

Angela                - Sei identico a Caroline. Anche lei dice sempre a tutti: “T’ammazzo!” e non ammazza mai nessuno, neanche una vespa. (imbronciata) Non vedo l’ora che finisci quel ritratto così quella se ne va.

Philip                  - Non ti è simpatica Elsa?

Angela                - Simpatica? È insopportabile. Non riesco a capire perché Amyas l’ha fatta venire qui. (Philip e Amyas si scambiano uno sguardo. Amyas si avvicina ad Angela). Speriamo almeno che te lo paghi un bel po’di soldi quel ritratto, eh Amyas?

Amyas                - (mette un braccio intorno alle spalle di Angela e la guida verso la porta-finestra). Vai a far le valigie, Angela. Il treno parte domani alle quattro e mezzo. Buon viaggio. (scherzosamente le dà uno spintone).

Angela colpisce Amyas alla schiena mentre sta tornando in terrazza. Amyas cade a sedere sulla panchina. Angela gli tira una scarica di pugni sul petto.

Angela                - Ti odio, ti odio! Sei tu che hai detto a Caroline di mandarmi in collegio!

Philip                  - Attenta che rovesci la birra! (si alza, prende il bicchiere e lo rimette sul carrello).

Angela                - Mi vuoi cacciare via, ma io te la farò pagare, vedrai!

Sig.na Williams  - (con autorità) Angela! Angela, vieni subito!

Angela                - (con lacrime agli occhi) Vengo, Vengo! (corre nella veranda)

La Sig.na Williams la segue. Else entra dal centro. Si è messa un vestito elegante e sta particolarmente bene. Angela le rivolge uno sguardo duro ed esce di corsa dal centro. La Sig.na Williams esce dietro di lei e chiude la porta.

Amyas                - Philip, perché non mi hai difeso? È stata una lotta impari, non ce la faccio più, vedo tutto nero!

Philip                  - (appoggiato al davanzale del pergolato, verso il proscenio) Nero? Ma se hai addosso tutti i colori dell’arcobaleno! (Elsa entra in terrazza e si avvicina al cavalletto.) Ti sei sporcato di colore fino… (si interrompe vedendo Elsa).

Amyas                - Elsa, che bel vestito!  Vuoi annientare il povero Merry.

Philip                  - (seccamente) Ho ammirato il suo ritratto. (si avvicina al cavalletto e guarda il quadro).

Elsa                    - Non vedo l’ora che sia finito. Odio star ferma con Amyas che brontola, sbuffa e mordicchia i pennelli senza neanche ascoltare quel che gli dico.

Amyas                - (allegramente) Bisognerebbe tagliare la lingua alle modelle. (Elsa va a sedersi accanto ad Amyas sulla panchina) (La guarda con ammirazione) Non puoi attraversare i prati per andare a casa di Merry con quelle scarpette.

Elsa                    - (agita un piede con aria innocente) Non devo attraversare i prati, Merry passa a prendermi in automobile.

Amyas                - Vedo che ti vengono concessi trattamenti di favore. Che strega! Hai scosso perfino la pigrizia di Meredith! Dimmi subito come hai fatto!

Elsa                    - Ti giuro che non lo so.

Amyas ed Elsa si guardano sorridendo. Philip va verso la porta-finestra.

Philip                  - Vado a rimettermi in ordine prima di questo famoso tè.

Amyas                - (non lo ascolta. A Elsa) Lo sai benissimo! (Sta per baciare Elsa su un orecchio, si accorge che Philip non è uscito e si volta) Come?

Philip                  - (tranquillo) Vado a lavarmi le mani.

Philip entra nella veranda ed esce dal centro, chiudendosi la porta alle spalle.

Amyas                - (ridendo) È sempre simpatico Philip.

Elsa                    - (si alza e si avvicina al cavalletto) Gli vuoi bene vero?

Amyas                - Lo conosco da quando eravamo bambini.

Elsa                    - (guarda il ritratto) non mi assomiglia neanche un po’.

Amyas                - Rinuncia alla critica d’arte Elsa, hai altre qualità.

Elsa                    - (compiaciuta) Come sei maleducato. Vieni al tè di Meredith con tutta la faccia sporca di pittura?

Amyas prende uno straccio dalla cassetta dei colori e si avvicina a lei.

Amyas                - Ecco, puliscimi un po’. (Elsa prende lo straccio e gli strofina il viso) Non mettermi l’acqua ragia negli occhi.

Elsa                    - Allora sta’ fermo. (Gli stringe le braccia intorno alla vita) Chi ami più di tutti al mondo?

Amyas                - (senza muoversi, tranquillamente) Guarda che le finestre della camera di Caroline sono da questa parte e anche quelle di Angela.

Elsa                    - Voglio parlarti di Caroline.

Amyas                - (prende lo straccio e si siede sulla panchina) Ora no, non sono nello stato d’animo adatto.

Elsa                    - È inutile rimandare, dovrà pure saperlo un giorno o l’altro.

Amyas                - (con mezzo sorriso) Perché non ricorriamo al vecchio sistema vittoriano della lettera sul puntaspilli?

Elsa                    - (si mette tra Amyas e il cavalletto) Lo so che ti piacerebbe, invece dobbiamo essere chiari e dirle tutto.

Amyas                - Dall’A alla Zeta.

Elsa                    - Non scherzare!

Amyas                - Ti prego Elsa, non sopporto la confusione, i pianti e le scenate. Scusa, spostati un momento (con gentilezza la spinge a lato del cavalletto).

Elsa                    -(si sposta) Quali scenate? Quali pianti? Caroline avrà pure un po’ d’orgoglio. (fa una mezza giravolta su se stessa).

Amyas                - (guarda il ritratto, assorto) Non la conosci.

Elsa                    - Quando un matrimonio è fallito non resta che guardare in faccia con fermezza alla realtà.

Amyas                - Brava, sembri un giornaletto per signore. Caroline mi ama e farà scoppiare un pandemonio.

Elsa                    - Se ti amasse davvero vorrebbe vederti felice.

Amyas                - (ridendo) Felice con un’altra? No, ti avvelenerà e mi metterà un coltello nella schiena!

Elsa                    - Che ridere!

Amyas                - (si pulisce le mani con lo straccio, guardando di nuovo il ritratto) E va bene, però aspettiamo domani mattina. (butta in terra lo straccio, si alza, si avvicina a Elsa e le prende la faccia tra le mani) Quante sciocchezze dici, Elsa (la bacia).

Angela entra nella veranda dalla porta di centro, corre in terrazza ed esce in fondo a sinistra. Elsa e Amyas si sciolgono bruscamente dall’abbraccio. La Sig.na Williams entra nella veranda dal centro, esce in terrazza e si affaccia in giardino dal fondo, a sinistra.

Sig.na Williams  - (chiamando) Angela!

Amyas                - (avvicinandosi) È andata da quella parte. Vuole che vada a prenderla?

Sig.na Williams  - Non importa, tornerà da sola quando vedrà che nessuno si occupa di lei.

Elsa entra nella veranda, prende una rivista dal divano e si siede sulla poltrona a destra.

Amyas                - Anche questo non mi pare giusto.

Sig.na Williams  - È l’età. Si fa fatica a crescere e Angela sta attraversando un periodo spinoso.

Amyas                - Non mi parli di spine, mi ricordano quella bestiolina che ho trovato nel mio letto.

Sig.na Williams  - Lo so, Angela ha fatto malissimo.

Amyas                - (si avvicina alla porta-finestra) A volte mi chiedo che cosa si potrebbe fare per insegnarle a comportarsi come si deve.

Sig.na Williams  - (lo guarda) Io vedo le cose in prospettiva. Angela diventerà una donna intelligente, colta e anche molto beneducata.

Amyas                - Sì, ma Caroline la vizia troppo. (entra nella veranda).

La Sig.na Williams si avvicina alla porta-finestra e si ferma ad ascoltare.

Elsa                    - (in un bisbiglio) Ci ha visti?

Amyas                - Chi sa? Ho paura di avere in faccia anche un po’ di rossetto oltre alla pittura. (dà un’occhiata a sinistra ed esce rapidamente dal centro. La Sig.na Williams entra nella veranda e si avvicina al divano incerta di andarsene o no, infine decide di restare.

Sig.na Williams  - (a Elsa) Lei non è mai stata a casa del signor Blake?

Elsa                    - (con indifferenza) No.

Sig.na Williams  - Ci si può arrivare sia lungo la riva del mare che attraverso il bosco. È sempre una bella passeggiata.

Caroline e Philip entrano dal centro. Caroline si guarda attorno, poi si affaccia alla porta-finestra. Philip chiude la porta e guarda la scultura di legno sul tavolo, a sinistra della porta.

Caroline              - Siamo tutti pronti, Amyas è andato a lavarsi, era tutto sporco di pittura.

Elsa                    - Non ce n’era bisogno, un artista può fare tutto quello che vuole.

Caroline              - (mostra di aver sentito e si avvicina alla poltrona a sinistra; a Philip) Hai già visto lo stagno delle ninfee, nel giardino di Meredith?

Philip                  - Non ancora.

Elsa                    - In campagna non si parla d’altro che di giardini.

Una pausa. Caroline prende gli occhiali dalla borsetta e se li mette. Philip guarda Elsa e poi di nuovo la scultura di legno.

Caroline              - (alla sig.na Williams) Ha telefonato al veterinario per Toby?

Sig.na Williams  - Sì signora. Verrà domani mattina presto.

Caroline              - (a Philip) Ti piace quella testa, Philip? L’ha comprata Amyas un mese fa.

Philip                  - Sì, è molto bella.

Caroline              - (cerca una sigaretta nella borsa) È di uno scultore norvegese. Amyas dice che è bravissimo. Forse l’anno prossimo andremo in Norvegia a conoscerlo.

Elsa                    - Non mi sembra probabile.

Caroline              - Davvero, Elsa? Perché?

Elsa                    - Il perché è chiaro.

Caroline              - Mah… mistero. Sig.na Williams, le dispiaci darmi il mio portasigarette… è su quel tavolino.(la Sig.na Williams si avvicina al tavolo che è a sinistra della porta di centro, prende il portasigarette, lo apre e lo porge a Caroline. Philip intanto si è tolto di tasca un pacchetto di sigarette per offrirlo a Caroline) (Caroline prende una delle sue sigarette che le offre la Sig.na Williams) Grazie, Phillip, preferisco queste.

La Sig.na Williams rimette il portasigarette sul tavolo. Philip accende la sigaretta di Caroline e poi ne accende una per sé, delle proprie.

Elsa                    - (si alza) Questa stanza sarebbe bella se fosse bene arredata, senza tanto vecchiume in giro.

Una pausa, Philip guarda Elsa.

Caroline              - A noi piace così, piena di ricordi.

Elsa                    - (a voce alta in tono aggressivo) Quando ci vivrò io butterò via tutto. (Philip si avvicina a Elsa e le offre una sigaretta) No, grazie! Tende colo fiamma e tappezzeria francese. (A Philip) Non sarebbe fantastico?

Caroline              - (con calma) Ha intenzione di compra questa casa Elsa?

Elsa                    - Non avrò bisogno di comprarla.

Caroline              - Non capisco.

Elsa                    - Perché continuare a fingere? Caroline, lei sa perfettamente che cosa voglio dire.

Caroline              - No, non lo so, glielo assicuro.

Elsa                    - (in tono aggressivo) Ma non si rende conto che sua presenza qui è un controsenso?  (getta la rivista sulla poltrona e fa qualche passo verso destra) Io e Amyas ci amiamo e la casa è sua. (Angela arriva di corsa dal giardino e si firma ad ascoltare sulla soglia della porta-finestra. Philip e la Sig.na Williams tacciono, imbarazzati) Quando saremo sposati, vivrò qui, insieme a lui.

Caroline              - Lei dev’essere impazzita.

Elsa                    - Oh no, non sono pazza. (si mette a sedere sul divano) Guardiamoci in faccia onestamente e sarà tutto più semplice. A lei resta una sola cosa da fare, lasciar libero suo marito.

Caroline              - Che assurdità!

Elsa                    - Non c’è niente di assurdo. Lo chieda a lui.

Amyas entra dal centro. Angela, non vista, torna in giardino.

Caroline              - Glielo chiedo subito: Amyas, Elsa dice che la vuoi sposare, è vero?

Amyas                - (dopo una breve pausa: a Elsa) Non sei riuscita a tener la bocca chiusa.

Caroline              - Rispondimi.

Amyas                - (Amyas lascia la porta aperta, toglie la rivista dalla poltrona a destra del divano e si siede) Non è necessario parlarne adesso. (sfoglia la rivista).

Caroline              - Invece sì!

Elsa                    - Caroline ha il diritto di sapere la verità.

Caroline              - (gelida) Lasci pur stare i miei diritti (si alza e si avvicina ad Amyas) Amyas, è vero?

Amyas                - (Amyas, come se si sentisse accerchiato, guarda ora Elsa ora Caroline) (a Philip) Ah, le donne!

Caroline              - (esasperata) È vero?

Amyas                - (in tono di sfida) E va bene, è più o meno vero. (Elsa si alza in piedi trionfante) Ma adesso non ne voglio più parlare.

Elsa                    - Hai visto? A che serve quell’aria da cane bastonato? Sono cose che capitano, bisogna rassegnarsi. Io spero che lei resterà sempre una buona amica per Amyas.

Caroline              - (si volta; sulla soglia) Significa che lo ucciderò prima di lasciarglielo.

Caroline esce dal centro. Si stabilisce un silenzio gelido. La Sig.na Williams vede la borsetta di Caroline sulla poltrona a sinistra, la prende ed esce frettolosamente dal centro.

Amyas                - (si alza e si avvicina alla porta-finestra) Sei contenta adesso? Avremo scenate    , schiamazzi e Dio sa che altro.

Elsa                    - (alzandosi) Bisognava pur dirglielo, una volta o l’altra.

Amyas                - (este in terrazza) Ma si poteva aspettare che avessi finito il quadro. (Elsa si avvicina alla porta-finestra) (Amyas in piedi dietro la panchina) Non posso dipingere con uno sciame di donne che mi ronzano intorno come vespe.

Elsa                      - Per te l’importante è solo dipingere.

Amyas                - (gridando) Sì, non chiedo altro!

Elsa                    - Prima la verità, e poi il resto (incollerita esce dal centro)

Amyas                - (rientra nella veranda) Dammi una sigaretta Phil! (Philip gli offre il portasigarette) Le donne sono tutte uguali, si divertono a far scenate. Anche Elsa, non poteva tacere? Devo finire quel quadro, Phil, è forse il mio lavoro migliore e due donne ammattite me lo stanno facendo a pezzi. (si accende la sigaretta).

Philip                  - E se Caroline non volesse divorziare?

Amyas                - (distrattamente) Come, scusa?

Philip                  - Se Caroline puntasse i piedi e non ti lasciasse sposare Elsa?

Amyas                - Ma no, Caroline è troppo intelligente, (getta il fiammifero spento in terrazza) tu non la conosci.

Philip                  - Dovete anche pensare alla bambina.

Amyas                - Smettila di brontolare Philip. Tu parli per affetto, e va bene, ma io so badare a me stesso. Vedrai che alla fine tutto si risolverà nel migliore dei modi.

Philip                  - Sei ottimista.

Meredith            - (entra dal centro e si chiude la porta alle spalle) (allegramene) Ben arrivato Phil! Come si stava a Londra? (Ad Amyas) Ti ricordi del tè a casa mia? Sono passato di qui perché forse con questo caldo, Elsa e Caroline preferiscono venire in automobile.

Amyas                - (si alza in piedi) O Elsa, o Caroline, se Caroline verrà in automobile Elsa andrà a piedi e viceversa. A te la scelta. (esce in terrazza, si siede sullo sgabello e riprende a dipingere).

Meredith            - (sbalordito) Che cosa gli succede?

Philip                  - È scoppiata la bufera.

Meredith            - Quale bufera?

Philip                  - Elsa ha detto a Caroline che lei e Amyas vogliono sposarsi. (con un tono di voce vagamente ipocrita) Povera Caroline!

Meredith            - No! Stai scherzando! (Philip si stringe nelle spalle, si avvicina alla poltrona a destra del divano, prende la rivista, si siede e si mette a leggere) (Philip esce in terrazza) Amyas, tu e… no, non può essere vero.

Amyas                - Che cosa non può essere vero?

Meredith            - Che tu e Elsa… Che Caroline….

Amyas                - (pulisce il pennello) Oh, anche tu, adesso…!

Meredith            - Amyas, non puoi per un’infatuazione passeggera rovinare il tuo matrimonio. Elsa è bella, bellissima, lo so anch’io…

Amyas                (ridendo)Te ne sei accorto, eh?

Meredith            - (molto preoccupato, si avvicina ad Amyas) Non scherzare. Capisco che per una ragazza come Elsa si possa perdere la testa, ma pensa anche a lei: è molto giovane e un giorno potrebbe pentirsi di una decisione così grave. Cerca di ragionare. Hai una bambina! Interrompi questa relazione subito, oggi, senza aspettare domani, e torna da tua moglie. (Amyas lo guarda pensosamente) (Meredith si avvicina alla panchina, poi si volta) Credimi, non c’è altro da fare!

Amyas                - (dopo una pausa, tranquillamente) Sei molto buono Merry, ma troppo sentimentale.

Meredith            - Hai messo Caroline in una posizione molto ingrata, portando qui quella ragazza.

Amyas                - Volevo farle il ritratto.

Meredith            - (nervosamente) Accidenti anche al ritratto.

Amyas                - Un mio ritratto conta più dei capricci di tutte le donne del mondo.

Meredith            - (siede sulla panchina) Sei sempre stato ingiusto con Caroline. L’hai resa infelice.

Amyas                - Lo so, lo so, io le ho reso la vita impossibile e lei è stata una santa. (si alza) Ma lo sapeva bene a che cosa andava incontro. Gliel’ho detto fin dal principio che ero egocentrico e senza morale. Stavolta, però, tutto sembra più difficile.

Meredith            - Stavolta le hai imposta la presenza di un’altra donna.

Amyas                - (si avvicina al carrello) Quello che non capisci, Meredith, è che a me interessano solo i miei quadri e non due donnette gelose che si divertono a litigare. (si volta verso il carrello e prende il bicchiere della birra). (Angela entra in terrazza dalla porta a sinistra e si avvicina lentamente al cavalletto. Ha un vestitino di cotone, è pulita e in ordine). Non preoccuparti, Merry, tutto andrà bene vedrai. (beve un sorso di birra) Ma è calda! (si volta e vede Angela) Oh, Angela ti sei tutta ripulita!

Angela                - (distrattamente) Sì. (si avvicina ad Amyas) Amyas, perché Elsa dice che ti vuole sposare? Non può, se no diventi bigamo. (con aria complice) Sta’ attento che si va in prigione.

Amyas                - (guarda Meredith, posa il bicchiere sul carrello, mette un braccio intorno alle spalle di Angela e si allontana con lei verso destra) Angela, dove hai sentito questa storia?

Angela                - Ero qua fuori, vicino alla finestra.

Amyas                - (siede sullo sgabello di fronte al cavalletto) Allora vuol dire che devi perdere l’abitudine di origliare.

Elsa entra dal centro e mette i guanti e la borsetta sul tavolo a sinistra della porta.

Angela                - (offesa) Io non ho origliato, ero lì e non potevo fare a meno di sentire. Perché Elsa ha detto così?

Amyas                - Non pensarci, Angela, era una specie di scherzo.

Caroline              - (Caroline entra dalla porta a sinistra) Chi vuole andare a piedi è meglio che s’incammini.

Meredith            - (si alza) Ti accompagno in automobile.

Caroline              - Grazie, Merry, preferisco fare due passi. (Elsa esce in terrazza dalla porta-finestra) Porta Elsa con te. (si avvicina ad Amyas).

Elsa                    - (Ad Angela) Così va meglio. Anche in collegio non potrai stare sempre in pantaloni.

Angela                - In collegio! Perché non cambi idea, Caroline?

Meredith            - (a Elsa) Ho un piccolo laboratorio dove preparo squisite e benefiche pozioni.

Elsa                    - Che meraviglia! Me lo fa vedere?

Caroline da un’occhiata a Elsa mentre raddrizza la coda di cavallo di Angela.

Meredith            - Stia attenta che non le faccia una conferenza: è pericoloso incoraggiarmi a parlare di questo argomento.

Elsa                    - È vero che ci sono erbe che vanno raccolte al chiarore della luna?

Caroline              - (ad Angela) Vedrai che ti piacerà il collegio.

Meredith            - (a Elsa) È una vecchia superstizione.

Elsa                    - Lei non ci crede?

Meredith            - No.

Elsa                    - Le erbe che coltiva lei sono velenose?

Meredith            - Alcune sì.

Caroline              - (voltandosi) Una morte fulminea contenuta in un flaconcino. Belladonna, cicuta…

Angela corre accanto a Elsa e Meredith e mette le braccia attorno alla vita di Meredith.

Angela                - Una volta ci hai letto come è morto Socrate vero?

Meredith            - Sì, con la conina, il principio attivo della cicuta.

Angela                - Fantastico! Mi hai fatto venir voglia di studiare il greco.

Tutti ridono. Amyas si alza e prende la cassetta dei colori.

Amyas                - Abbiamo chiacchierato abbastanza. È ora di andare. (va verso la porta a sinistra). Dov’è Phil? (guarda verso la porta-finestra e chiama) Phil!

Philip                  - Arrivo!

Amyas esce dalla porta a sinistra. Phil si alza e mette la rivista sul tavolino davanti al divano. Elsa va in salotto a prendere la borsetta e i guanti.

Angela                - ( si avvicina a Caroline) Caroline… (in un ansioso bisbiglio) Elsa non potrebbe in nessun caso sposare Amyas?

Caroline              - (risponde con calma. Solo Meredith la sente). Lo sposerà solo quando io sarò morta.

Angela                - Allora era proprio uno scherzo.

Angela si allontana correndo.

Meredith            - (si avvicina a Caroline) Caroline, io non so come dirti…

Caroline              - Non dirmi niente. È la fine di tutto … Per me è la fine di tutto.

Philip                  - (esce in terrazza) Elsa ti aspetta Meredith.

Meredith            (leggermente imbarazzato) Oh!

Meredith esce con Elsa dal centro. La Sig.na Williams entra dal centro e si volta a guardare Elsa e Meredith. Resta ferma in piedi, incerta, poi si avvicina alla porta-finestra e ascolta le ultime battute della conversazione tra Philip e Caroline.

Caroline              - (a Philip, con vivacità) Prendiamo il sentiero nel bosco, vuoi?

Philip                   - (si avvicina a Caroline) Caroline… posso dirti che mi dispiace?

Caroline              - No, non puoi!

Philip                  - Forse ora ti sarai resa conto che hai fatto uno sbaglio.

Caroline              - Quando l’ho sposato?

Philip                  - Sì.

Caroline              - (guarda Philip negli occhi) Qualunque cosa succeda, non ho fatto uno sbaglio. (riprende un atteggiamento meno grave) Adesso andiamo, Phil!

Caroline esce da sinistra. Philip la segue. La Sig.na Williams esce in terrazza.

Sig.na Williams  - (chiamando) Signora Crale! (si avvicina alla panchina) Signora Crale!

Caroline              - (rientra dalla sinistra) Sì Signorina!

Sig.na Williams  - Vado in paese, vuole che imbuchi le lettere che sono sulla scrivania?

Caroline              - Sì, grazie. Dobbiamo comportarci come se non fosse successo niente, signorina. Tutto deve andare avanti come il solito.

Sig.na Williams  - (con calore) Lei è molto brava.

Caroline              - Oh no, non sono brava, cara Sig.na Williams, ma è una consolazione averla qui con me.

Caroline esce in fretta, da sinistra, la Sig.na Williams la segue con gli occhi, poi vede il bicchiere e la bottiglia della birra, vuoti, sul carrello. Prende la bottiglia, la guarda e guarda la porta dalla quale è uscita Caroline. Mette la bottiglia nel cestello del ghiaccio, prende il cestello e il bicchiere e si avvia verso la porta-finestra mentre, a poco a poco, si spengono le luci. Un riflettore illumina Justin, a sinistra, verso il proscenio.

Justin                  - È la mattina dopo. La mattina del diciassette. Sig.na Williams?

Il riflettore si spegne e, nel buio, se sente la voce della Sig.na Williams.

Sig.na Williams  - Stavo controllando con la signora Crale l’elenco di quello che Angela doveva portare in collegio. La signora aveva un aspetto sofferente, ma cercava di controllarsi. È suonato il telefono, e io sono andata nella veranda a rispondere. (Si accendono le luci. Sul carrello c’è un bicchiere pulito e una bottiglia di birra ancora piena che però non è nel cestello del ghiaccio. Philip, seduto sulla panchina in terrazza, legge un giornale della domenica. Suona il telefono. La Sig.na Williams entra dal centro e va a rispondere. Ha in mano il foglietto con l’elenco di quello che Angela deve portare in collegio. Caroline la segue, con gli occhiali in mano. Guarda verso il telefono poi, affaticata, va a sedersi sulla poltrona a destra del divano.) (al telefono) Sì…? Oh, buongiorno signor Blake… Sì, è qui. (guarda Philip attraverso la porta-finestra e lo chiama) Signor Blake, suo fratello vorrebbe parlarle.

Philip                  - (si alza, ripiega il giornale, se lo mette sotto il braccio, entra nella veranda e prende il ricevitore) (al telefono) Sì Meredith, sono io.

Sig.na Williams  - (a Caroline) Mi pare di aver scritto tutto. Le dispiace dare ancora un’occhiata?

Caroline              - (prende l’elenco) Vediamo. (si mette gli occhiali e legge l’elenco)

Philip                  - (al telefono) Come? Che cosa dici? … Dio mio, sei sicuro? … (guarda Caroline e la Sig.na Williams) Ora non posso parlare… Sì, aspetta… no, ti vengo incontro e vedremo insieme che cosa si può fare.

Caroline              - (alla Sig.na Williams) E questi?

Sig.na Williams  - Erano facoltativi.

Philip                  - (al telefono) No, ora non posso… è difficile… Sei sicuro? Sì, ma tu sei distratto. Forse l’avevi messa da qualche altra parte … Va bene, se sei proprio sicuro… Sì, subito! (riattacca il ricevitore: guarda preoccupato Caroline e la Sig.na Williams, esce in terrazza e cammina avanti e indietro).

Caroline               - (dà l’elenco alla Sig.na Williams) Spero di non aver preso una decisione sbagliata per Angela. (si toglie gli occhiali)

Sig.na Williams - No, signora, può star tranquilla.

Caroline              - Vorrei che avesse sempre il meglio che si può desiderare. È inutile che le spieghi il perché.

Sig.na Williams - Signora, lei non ha niente da rimproverarsi.

Caroline              - (scuote la testa) Per colpa mia avrà sempre quella cicatrice sul viso.

Philip, dal pergolato, guardo verso sinistra.

Sig.na Williams - Non si può cambiare il passato.

Philip, dal pergolato, esce in giardino.

Caroline              - No, ma il passato ci insegna a conoscere noi stessi. A me ha insegnato che sono cattiva e devo diffidare della mia natura. Ma qualche volta temo di essere stata troppo debole con Angela, di averla viziata.

Sig.na Williams - Il collegio le farà bene. Ha bisogno di cambiare ambiente, di stare con delle ragazze della sua età. (si alza) Lei, signora, ha preso la decisione giusta, ne sono sicura. (in tono più pratico) Vado ad aiutarla a fare la valigia; non so se vuole portare con sé anche i suoi libri preferiti.

La Sig.na Williams esce dal centro e si richiude la porta alle spalle. Caroline, stanca, si lascia sprofondare nella poltrona. Philip entra dal giardino e si ferma in terrazza. Amyas entra dalla porta a sinistra. Ha in mano la cassetta dei colori.

Amyas                - (a Philip; nervosamente) Dov’è Elsa? Perché non si decide mai ad alzarsi? (Philip guarda verso il giardino e non risponde) (Amyas si siede sullo sgabello davanti al cavalletto, posa a terra la cassetta dei colori e si prepara a dipingere) Tu non l’hai vista Phil? Ma che cosa fai, lì? Non ti hanno dato niente per colazione?

Philip                  - (voltandosi) Eh? Ah sì, certo! Sto aspettando Merry. (guarda l’orologio) Non so da che parte arrivi, se dal bosco o dalla spiaggia. Mi sono dimenticato di chiederglielo. Volevo andargli incontro.

Amyas                - Dalla spiaggia si fa più presto. (si alza ed entra nella veranda) Ma dov’è andata quella benedetta ragazza? (a Caroline) Hai visto Elsa? (va verso la porta al centro)

Caroline              - Non si è ancora alzata, almeno credo (Amyas sta per aprire la porta) vieni qui, voglio parlarti.

Amyas                - (apre la porta) Non adesso.

Caroline              - (con fermezza) Sì, adesso!

Amyas, a malincuore, richiude la porta. Philip si avvicina alla panchina di pietra. Elsa entra da sinistra in pantaloni corti e camicetta.

Philip                   - (a Elsa) È in ritardo stamattina, ma sembra padrona del mondo.

Elsa                    - (raggiante) È così che mi sento, infatti!

Philip esce di nuovo in giardino. Elsa si siede sulla panchina di pietra e, rivolta verso la pergola, prende il sole.

Amyas                - Caroline, avrei preferito non parlarne, ma Elsa non è riuscita a star zitta, anche se glielo avevo raccomandato.

Caroline              - Vuoi evitare le scenate prima di aver finito il quadro, vero?

Amyas                - Grazie a Dio tu le cose le capisci.

Caroline              - Io ti conosco!

Elsa si volta in modo da guardare verso la veranda. Dopo un momento se sente che le voci si alzano e va ad ascoltare, vicino alla porta-finestra.

Amyas                - Lo so. (si china su Caroline e le dà un bacio)

Caroline si ritrae, si alza e si allontana di qualche passo.

Caroline              - Sì, io le cose le capisco, ma non pensare che le accetti. Vuoi davvero sposare Elsa?

Amyas                - (si avvicina) Cara,  io sono molto legato a te e alla bambina. Lo sarò sempre. (in tono quasi brutale) Ma sposerò Elsa e nessuno potrà impedirmelo.

Caroline              - Vedremo!

Amyas                - Se non vorrai divorziare andrò a vivere con lei e le farò dare legalmente il mio nome.

Philip entra dal giardino, vede Elsa che sta ascoltando accanto alla porta- finestra e senza farsi notare, si ferma vicino a un pilastro della pergola.

Caroline              - (tremando) Fai come vuoi. Ti ho avvertito.

Amyas                - (si volta) Che significa?

Caroline              - Significa che tu appartieni a me e non ti lascerò mai! Se te ne andrai con lei, ti…

Amyas                - Caroline, non dire pazzie.

Caroline              - (sta per piangere) Maledetti tu e le tue donne! Non meritate di stare al mondo!

Amyas                - (cerca di abbracciarla) Caroline…

Caroline              - (lo respinge) Credi che non lo pensi davvero? Non toccarmi! (va verso la porta a destra, piangendo) Sei troppo crudele, troppo!

Amyas                - Caroline! (con un gesto sconsolato, Amyas guarda Caroline uscire da destra e va verso la porta-finestra. Elsa si allontana subito, vede Philip e si affretta ad assumere un’aria noncurante, Amyas esce in terrazza). Oh eccoti qui, finalmente! (va a sedersi davanti al cavalletto) Mi hai fatto buttar via mezza mattinata. Su, cominciamo.

Elsa                    - (guarda Amyas al disopra del cavalletto) C’è un po’ di vento, salgo a prende un pullover.

Amyas                - No, cambierebbe la tonalità della pelle!

Elsa                    - Ce ne ho uno giallo come la camicetta e poi hai detto che stamattina volevi dipingere le mani.

                          

Elsa, imbronciata, corre in casa passando dalla porta a sinistra, in fondo alla terrazza.

Amyas                - (le grida alle spalle) Che cosa ne sai tu di quello che voglio dipingere? Solo io lo so! (Spreme il colore da un tubetto e lo mescola sulla tavolozza).

Philip                  - Hai avuto una discussione con Caroline?

Amyas                - (alza gli occhi a guardarlo) Ci hai sentiti? (Philip si avvicina ad Amyas) Elsa non è riuscita a tenere la bocca chiusa e Caroline non sembra disposta a ragionare.

Philip                  - (con una traccia di soddisfazione nella voce) Povera Caroline!

Amyas                - (rivolve a Philip uno sguardo pungente) Caroline sta benissimo, non ha bisogno di essere commiserata.

Philip                  - (seguitando a camminare avanti e indietro) Amyas, sei insopportabile. Se Caroline ti strangolasse non saprei darle torno.

Amyas                - (irritato) Sta’ un momento fermo Phil, mi fai girare la testa. Non dovevi andare incontro a Merry?

Philip                  - (va verso l’uscita sul giardino) Sì, ma non vorrei che arrivasse dall’altra parte.

Amyas                - Che fretta c’è? Non vi siete visti ieri?

Philip                  - (bruscamente) Visto che ti do fastidio, me ne vado.

Philip esce in giardino. Elsa entra da sinistra con un pullover giallo sul braccio.

Amyas                 - Finalmente! Ti dispiace versarmi un po’ di birra? Ho sete. Come puoi aver freddo in una giornata come questa? Io sto morendo dal caldo e tu per poco non ti metti un paio di stivali da neve. (Elsa lascia il pullover sulla panchina, si avvicina al carrello e versa la birra in un bicchiere. (Si alza, fa qualche passo e si volta a guardare il quadro) È il mio lavoro migliore. (si avvicina al cavalletto e vi si appoggia con una mano) Secondo te, Leonardo aveva capito che la Gioconda era un capolavoro?

Elsa                    - (Elsa gli porge il bicchiere) La chi?

Amyas                 - (prende il bicchiere) La Gioconda… Monna Lisa… Come sei ignorante Elsa! Ma non importa. (beve) È calda! Non c’è il ghiaccio?

Elsa                      - (siede sulla panchina) No. (si mette in posa).

Amyas                 - Si dimenticano sempre di tutto. (va ad affacciarsi sul giardino) Odio la birra calda. (chiama) Ehi, Angela!

Angela entra nel giardino.

Angela                 - Perché proprio io?

Amyas                - Per gentilezza. (torna verso lo sgabello) Elsa, sposta la mano sinistra un po’più avanti. (Elsa sposta la mano sinistra) - Così va meglio (beve un sorso di birra)

La Sig.na Williams entra dal centro e va in terrazza.

Sig.na Williams – (ad Amyas) Ha visto Angela, signor Crale?

Amyas                - È appena andata a prendermi una birra (dipinge).

La Sig.na Williams sembra sorpresa. Si volta ed esce rapidamente da sinistra. Amyas fischietta mentre lavora.

Elsa                    - Non puoi fare a meno di fischiare?

Amyas                - Perché?

Elsa                    - Almeno cambia motivo.

Amyas                - (senza capire) che cos’ha questo che non va? (Canta) “Quando un dì ti sposerò, ti sposerò, ti sposerò, cosa credi che farò… “ (ride) Già, può sembrare indelicato.

Caroline entra da sinistra con una bottiglia di birra.

Caroline              - (con molta freddezza) Ecco la birra. Mi dispiace che abbiamo dimenticato il ghiaccio.

Amyas                - Oh grazie Caroline! Me la apri per piacere? (le tende il bicchiere).

Caroline prende il bicchiere, si avvicina al carrello e, di spalle al pubblico, apre la bottiglia e versa la birra. Amyas ricomincia a fischiare lo stesso motivo, se ne accorge e smette. Caroline porta la bottiglia e il bicchiere ad Amyas.

Caroline              - Ecco Amyas!

Amyas                - (prende il bicchiere) Grazie, anche se speri che mi vada per traverso. (ride) Lo speri eh? (beve) È perfino più cattiva dell’altra. Eppure è fredda.

Caroline mette la bottiglia vicino alla cassetta dei colori, va nella veranda ed esce dal centro. Amyas riprende a dipingere. Meredith entra, affannato, dal giardino.

Meredith            - Hai visto Phil?

Amyas                - Ti è venuto incontro.

Meredith            - Che strada ha fatto?

Amyas                - È passato dalla spiaggia.

Meredith            - Io sono venuto dal bosco.

Amyas                - Non potete continuare a rincorrervi, ti conviene aspettarlo qui.

Meredith            - (si togli di tasca il fazzoletto e si asciuga la fronte) Che caldo! Entro in casa, si sta meglio. (va verso la porta-finestra)

Amyas                - Fatti portare da bere qualcosa di fresco.

Meredith entra nella veranda. Esita, non sa che fare.

Amyas                - (guarda Elsa) Elsa, hai degli occhi stupendi. (una pausa) Smetto di dipingere le mani e mi concentro sullo sguardo.

Meredith si avvicina alla porta-finestra e dà un’occhiata in terrazza.

Amyas                - Muovi pure le mani come vuoi, ma per l’amore di Dio sta’ ferma con tuto il resto e non parlare.

Meredith ritorna nella veranda.

Elsa                    - Non ho neanche voglia di parlare.

Amyas                - Questa è novità.

Angela entra dal centro con una brocca di limonata e due bicchieri su un vassoio che appoggia sul tavolo a destra.

Angela                - Ecco serviti i rinfreschi!

Meredith            - Oh, grazie Angela! (Sì versa un bicchiere di limonata)

Angela                - (si avvicina alla porta-finestra) Noi donne siamo nate per compiacere chi ci sta intorno. (esce in terrazza ad Amyas) Era buona la birra?

Amyas                - Buonissima. Sei una brava ragazza Angela!

Angela                - (ridendo) Bra e gentile, vero? Ah ah! Aspetta e vedrai.

Angela torna nella veranda, esce di corsa dal centro e si richiude la porta alle spalle. Meredith sorseggia la limonata.

Amyas                - (sospettoso) Angela ne sta combinando una delle sue. (si passa una mano sulla spalla sinistra) È strano.

Elsa                    - Che succede?

Amyas                - Mi sento tutto irrigidito stamattina. Forse è un reumatismo

Elsa                    - Povero vecchietto, con le ossa che scricchiolano.

Philip entra dal giardino

Amyas                - (ridendo) Mi sento vecchio davvero. Ehi, Phil, Merry è in casa che ti aspetta.

Philip                  - Grazie. (entra nella veranda)

Meredith mette il bicchiere sul vassoio e va incontro a Philip. Amyas riprende a dipingere.

Meredith            - Sei arrivato, finalmente! Non sapevo che fare.

Philip                  - Spiegati meglio, non potevo chiederti niente al telefono perché con me c’erano Caroline e la governante.

Meredith            - (a bassa voce) Manca un flaconcino dal mio laboratorio.

Philip                  - Me l’hai detto. Dento che cosa c’era?

Meredith            - Conina.

Philip                  - Cicuta?

Meredith            - Sì, la conina è un alcaloide della cicuta.

Philip                  - Quindi è velenosa.

Meredith            - Velenosissima.

Philip                  - E non sai chi l’ha presa?

Meredith            -No, la porta del laboratorio è sempre chiusa.

Philip                  - Anche ieri?

Meredith            -Sì, mi hai visto mentre la chiudevo, non ti ricordi?

Philip                  -Sei sicuro di non aver spostato il flaconcino o di non averlo vuotato da qualche parte?

Meredith            - L’ho preso in mano ieri, quando siete venuti da me, per farvelo vedere e poi l’ho rimesso a posto sullo scaffale.

Philip                  - Chi è uscito per l’ultimo?

Meredith            - (controvoglia) Caroline… mi sono fermato ad aspettarla.

Philip                  - Ma non hai visto che casa faceva?

Meredith            - No.

Philip                  - (con sicurezza) Allora l’ha presa Caroline.

Meredith            - Lo pensi davvero?

Philip                  - Anche tu lo pensi, altrimenti non saresti preoccupato.

Meredith            - Questo significavano ieri quelle parole: “per me è la fine di tutto… “ Vuole suicidarsi (si accascia sulla poltrona).

Philip                  - Coraggio, non è ancora morta.

Meredith            - L’hai vista stamattina? Sta bene?

Philip                  - Mi è parso di sì. Era come tutti gli altri giorni.

Meredith            - Che cosa facciamo?

Philip                  - Devi parlarle francamente.

Meredith            - Non so da dove cominciare.

Philip                  - Dille soltanto: “Lo so che ieri hai preso un veleno dal mio laboratorio. Ridammelo”

Meredith            - Solo così?

Philip                  - Che altro vorresti dirle?

Meredith            - Non lo so. (improvvisamente sollevato) Ma in ogni caso lo prenderà stasera prima di dormire, abbiamo tempo…

Philip                  - (seccamente) Non credo. Ammesso che voglia avvelenarsi davvero.

Meredith            - Altrimenti?

Philip                  - Altrimenti potrebbe limitarsi a fare una scenata ad Amyas, mostrandogli il veleno e minacciando di berlo se lui non lascia la ragazza.

Meredith            - No, Caroline non farebbe mai una cosa simile.

Philip                  - Può darsi. Tu la conosci meglio di me.

Meredith            - Sei sempre severo con lei, eppure una volta ti piaceva molto, ti ricordi? (Si alza).

Philip                  - (irritato) Pensiamo piuttosto a quello che c’è da fare adesso.

Meredith            - Hai ragione.

Caroline entra dal centro.

Caroline              - Oh Merry, resti con noi a colazione? È quasi pronto. (sì avvicina alla porta-finestra)

Meredith            - Sì, grazie!

Caroline esce in terrazza, si ferma vicino al cavalletto e guarda Amyas.

Elsa                    - (ad Amyas, mentre Caroline si allontana) Facciamo un intervallo.

Amyas                - (quasi indistintamente) Sta’ ferma dove sei.

Meredith            - (a Philip) Dopo colazione inviterò Caroline a fare una passeggiata in giardino e le parlerò. Va bene?

Philip annuisce, chiude la porta al centro e si avvicina alla porta-finestra. Elsa si alza in piedi con un gesto pigro, come se fosse un po’intorpidita. Meredith va a riprendere il bicchiere dove c’è ancora un po’ di limonata.

Caroline               - (con un tono di voce insistente) Amyas…

Philip                   - (esce in terrazza) Mi sembri molto inquieta stamattina, Caroline.

Caroline               - (a Philip, voltando appena la testa) Io? Ah sì, ho molto da fare per la partenza di Angela. (Ad Amyas, con molta insistenza) Devi farlo, Amyas. Oggi pomeriggio.

Philip si avvicina alla panchina. Amyas si passa una mano sulla fronte. Sta perdendo il controllo della parola.

Amyas                 - Va bene… l’aiuterò … a … far le valigie.

Caroline               - (voltandosi verso la porta-finestra) Vogliamo che la partenza di Angela avvenga senza complicazioni. (Entra nella veranda)

Philip si avvicina alla porta-finestra. Elsa siede sulla panchina. Amyas scuote la testa come se si sentisse poco a poco offuscare la mente.

Philip                   - (a Caroline) Tu la vizi quella bambina.

Caroline               - (sprimaccia i cuscini del divano) Sentiremo molto la sua mancanza.

Philip                   - (entra nella veranda) Dov’è la piccola Carla?

Meredith siede sulla poltrona a destra del divano col bicchiere in mano.

Caroline               - È andata dalla nonna per una settimana. Tornerà dopodomani.

Meredith              - Che cosa farà la Sig.na Williams quando Angela se ne sarà andata?

Caroline               - Ha già un impiego all’ambasciata belga. Mi dispiace molto perderla. (Si sente il suono del gong dal corridoio) Ecco, è pronta la colazione

Angela irrompe dal centro.

Angela                 - (entrando) Che fame! (Corre in terrazza. A Elsa e Amyas) Ehi, voi due, è pronto! (La Sig.na Williams compare sulla porta al centro. Caroline si avvicina al tavolo a destra e prende il suo portasigarette.)

Elsa                      - (Angela rientra nella veranda) (si alza e prende il pullover) Veniamo. (ad Amyas) Non vuoi far colazione?

Amyas                 - Ah... si...

Sig.na Williams   - Sforzati di non alzare la voce, Angela, non è necessario.

Angela                 - Io non ho alzato la voce.

Angela esce dal centro. La Sig.na Williams la segue.

Caroline               - (va verso la porta al centro; a Meredith) Vieni, Meredith, portati il bicchiere, se vuoi. (Meredith si alza)

Philip                   - (guardando Meredith) Che cos'è... limonata? (a Philip) Per te ho una bella bottiglia di... Château NeufduPape? Buono! Amyas non l'ha ancora bevuto tutto?

Caroline               - (a Meredith) Che bella sorpresa mi hai fatto!

Meredith              - Veramente ero venuto a cercare Philip, ma sono sempre felice dì accettare un tuo invito a colazione. (Caroline e Philip escono dal centro) (Elsa entra dalla terrazza) (a Elsa) E Amyas?

Elsa                      - (andando verso la porta al centro) Preferisce continuare a dipingere.

Elsa esce dal centro. Meredith la segue.

Angela                 - (fuori scena) Non gli piace interrompersi per venire a colazione.

Dalle mani di Amyas cade il pennello. La luce diminuisce gradualmente fino a spegnersi. Un riflettore illumina Justin a sinistra, verso il proscenio.

Justin                   - Tutti vanno a far colazione e lasciano Amyas a dipingere in terrazza. Dopo  colazione la Sig.na Williams e la signora Crale entrano con il caffè. Sig.na Williams?

Il riflettore si spegne. Nel buio si sente la voce della Sig.na Williams. 

Sig.na Williams   -Il signor Crale spesso non faceva Colazione per continuare a dipingere. Prendeva solo una tazza di caffè. Anche quel giorno gliel'ho preparata e ho accompagnato la signora Crale che andava a portargliela. Al processo ho detto quello che abbiamo trovato, ma ho taciuto un particolare. Non ne ho mai parla-to con nessuno, forse è giusto che lo riveli adesso.

Si accendono le luci. Amyas è disteso a terra accanto al cavalletto. Caroline e la signora Williams sono nella veranda accanto al tavoli-no sul quale è posato il vassoio del caffè. La Sig.na Williams versa il caffè in una tazza e la dà a Caroline. Caroline la porta in terrazza.

Caroline               - (esce in terrazza) Amyas! (Vede Amyas disteso in terra) Amyas! (Resta ferma per un attimo, posa il vassoio sulla panchina, corre verso Amyas, gli si inginocchia vicino e gli prende una mano.) (La Sig.na Williams esce rapidamente in terrazza e si avvicina a Caroline.) Sembra morto... (É sconvolta) Presto, telefoni a un dottore... chiami qualcuno!

La Sig.na Williams rientra subito nella veranda. Caroline, nel momento in cui la vede oltrepassare la soglia della porta-finestra, si guarda attorno furtivamente, si toglie di tasca un fazzoletto, prende la bottiglia della birra, la strofina e vi stringe attorno le dita di Amyas. Meredith entra dal centro.

Sig.na Williams   - (a Meredith) Bisogna chiamare subito il dottor Fawcett. Il signor Crale si è sentito male.

Meredith guarda la Sig.na Williams per un attimo, poi va al telefono e alza il ricevitore. La Sig.na Williams esce in terrazza in tempo per vedere Caroline che preme le dita di Amyas intorno alla bottiglia. La Sig.na Williams si irrigidisce.  Caroline si alza, rimette in fretta la bottiglia sul carrello ed entra in salotto.

Meredith              - (al telefono) Quattro... due... Grazie. Dottor Fawcett? Chiamo da Alderbury... Può venire subito? Il signor Crale sta molto male.

Sig.na Williams   - È…

Meredith              - (alla Sig.na Williams) Come? (Al telefono) Un momento. (Alla Sig.na Williams) Che cos'ha detto?

Elsa e Philip entrano dal centro, ridendo.

Sig.na Williams   -(con voce chiara) Ho detto che è morto.

Meredith riattacca il ricevitore.

Elsa                      - (guarda la Sig.na Williams) à morto? Amyas? Amyas è morto? (Corre in terrazza) Amyas! (Si ferma per un attimo, trattenendo il respiro, poi si avvicina ad Amyas, gli si inginocchia vicino e gli tocca la fronte.)

Caroline si volta. Gli altri sono immobili.

Elsa                      - (Sottovoce) Amyas! (Una pausa. Philip corre in terrazza e si ferma vicino alla panchina.) (Guarda Caroline) È stata lei! L'aveva detto che voleva ucciderlo! Piuttosto che lasciarlo a me l'ha ucciso. (Si slancia su Caroline.) Philip, in fretta, la blocca e la sospinge verso la Sig.na Williams. Elsa grida e singhiozza. Angela entra dal centro e si ferma vicino al divano.

Sig.na Williams   - (a Elsa) Stia calma, cerchi di dominarsi.

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Elsa                      - (gridando) L'ha :ucciso! È stata lei! L'ha ucciso! 

Philip                   - Portatela in casa. Fate in modo che si calmi.

Meredith porta Elsa nella veranda.

Caroline               - Sig.na Williams, non faccia entrare 'Angela in terrazza, non voglio che veda Amyas. 

Meredith esce con Elsa dal centro. La Sig.na Williams guarda Caroline per un attimo, stringe le labbra e va nella veranda. Philip si inginocchia vicino ad Amyas e gli tasta il polso.

Angela                 - (alla Sig.na Williams) Che cos'è successo?

Sig.na Williams   - Andiamo in camera tua, Angela. Amyas si sentito male.

La Sig.na Williams e 'Angela escono dal centro.

Philip                   - (alza gli occhi a guardare Caroline) È stato ucciso

Caroline               - (fa qualche passo indietro; improvvisamente incerta) No. No... si è suicidato.

Philip                   - (con calma) Potrai dare questa versione alla polizia.

Le luci si affievoliscono fino a spegnersi, completamente. Un riflettore illumina Justin, a sinistra verso il `proscenio.

Justin                   - A tempo debito arriva la polizia. Trova il flaconcino di conina, vuoto, in camera di Caroline che ammette di averlo preso ma giura di non sapere perché è vuoto. Le impronte sono solo sue e dì Meredith. Sulla terrazza è stato trovata un contagocce che qualcuno ha schiacciato sotto il piede. Tracce di conina, nel contagocce, provano che è servito a introdurre il veleno nella birra. Angela Warren spiega di aver tolto dal frigorifero una bottiglia di birra che la Sig.na Williams ha aperto e ha dato a Caroline. Caroline, come abbiamo visto, l'ha portata ad Amyas. Né Meredith né Philip Blake l'hanno toccata. Una settimana dopo, Caro-line Crale viene accusata di omicidio e arrestata.

Il riflettore si spegne. Dopo poco si accendono le luci. La scena appare come all'inizio dell'atto. Caffè, limonata, carrello, cavalletto, sono stati portati via. Appeso al muro c'è di nuovo il ritratto di Elsa. Philip è in piedi, vicino al divano. Meredith è seduto a un'estremità del divano, Angela sul bracciolo. Elsa è davanti alla porta di centro, in piedi. La signorina Warren è seduta all'altra estremità del divano e Carla sulla' poltrona a destra. Justin, con un taccuino in mano, è in piedi vicino alla porta-finestra. Tutti indossano soprabito e cappello, come se stessero per uscire. Elsa ha una pelliccia di visone, sembra molto eccitata. Meredith è triste e abbattuto. Philip ha un atteggiamento aggressivo. La Sig.na Williams siede rigida e con le labbra strette. Angela è molto partecipe, attenta e pensierosa.

Philip                   - Ecco, lo spettacolo è finito e per qualcuno di noi dev'essere stato particolarmente penoso. A che è servito? Che cosa possiamo dedurne che non sapessimo già? (Guarda Justin.) (Justin sorride). Philip esce in terrazza, si ferma vicino alla panchina e accende una sigaretta. La Sig.na Williams si alza e fa qualche passo verso destra.

Justin                   - (assorto) Non sono di questo parere.

Meredith              - È come se tutto fosse successo ieri ed è ancora più doloroso.

Elsa                      - (va a sedersi sul divano, vicino a Meredith) Sì. Quanti ricordi! E come se Amyas fosse di nuovo qui.

Angela                 - (a Justin) Che cosa ha capito che prima non sapeva?

Justin                   - Ora ne parleremo.

Philip rientra dalla terrazza.

Philip                   - Vorrei farvi osservare qualcosa che nessuno pare aver notato. Il contributo che ciascuno di noi ha portato a questa ricostruzione fa parte dei ricordi, e i ricordi possono essere molto imprecisi.

Justin                   - È vero.

Philip                   - Non sono prove, ma immagini sbiadite di avvenimenti ormai trascorsi da molto tempo.

Justin                   - Anche se non valgono come prove sono comunque importanti.

Philip                   - Perché?

Justin                   - Perché hanno dimostrato quello che ciascuno preferiva ricordare o dimenticare.

Philip                   - Ipotesi capziosa.

Angela                 - (a Philip) Io non sono d'accordo, se...

Philip                   - (interrompendola) Se 'è cosi, non si tratta di voler ricordare o meno, ma di mentire deliberatamente.

Justin                   - Certo.

Angela                 - Questo è l'aspetto essenziale della nostra riunione. (Si alza e fa qualche passo verso il centro della scena). O sbaglio?

Justin                   - No, signorina Warren, lei non sbaglia.

Philip                   - (nervosamente) Allora se qualcuno mente, è perché...

Angela                 - (siede sulla poltrona a sinistra del divano) Appunto.

Philip                   - (a Justin, seccamente) Vuoi dire che lei ci ha fatti venire qui con l'idea... idea assurda, che uno di noi potrebbe essere l'assassino?

Angela                 - L'hai capito solo adesso?

 Philip                  - È un'azione stupida e offensiva.

 Angela                - Se Amyas non si è suicidato e sua moglie non l'ha ucciso, l'assassino dev'essere per forza uno di noi.

Philip                   - Ma è già apparso chiaro, attraverso tutto quello che abbiamo sentito, che solo Caroline può averlo ucciso!

Justin                   - Non ne sarei tanto sicuro.

Philip                   - Oh Dio mio!

Justin                   - C'è la questione che lei stesso ha sollevato: qualcuno può aver mentito. (Una pausa. Philip è voltato con la schiena verso il pubblico). Quando una deposizione è confermata da un'altra (si sposta al centro della scena) si può considerare attendibile, ma di molti particolari che abbiamo sentito oggi, spesso era garante una sola persona. All'inizio, per esempio, abbiamo dovuto basarci esclusivamente sul signor Meredith Blake per sapere che cosa si erano detti lui e Caroline Crale.

Meredith              - (indignato) La prego...

Justin                   - (in fretta) Non discuto l'attendibilità di quello che lei ha detto, voglio solo far notare che quella conversazione avrebbe potuto anche essere tutta diversa.

Meredith              - (alzandosi) Io l'ho riferita esattamente come la ricordavo, ma sono passati sedici anni...

Justin                   -  (si avvicinaalla porta-finestra) Non dobbiamo dimenticare che faceva caldo e le finestre erano aperte. Questo significa che quel che veniva detto, anche in una conversazione a due, poteva essere ascoltato sia dalla terrazza sia dalla veranda. (Entra nella veranda e si ferma a pochi passi dalla porta-finestra) Ma forse non tutto si poteva ascoltare, o non tutto perfettamente.

Meredith              - Ce l'ha con me?

Una pausa. Justin consulta il suo libretto di appunti.

Justin                   - Non in particolare. Mi sono riferito a lei solo perché è stata la sua conversazione con Caroline a dare il via alla ricostruzione del delitto.

Sig.na Williams   - (alzandosi) Personalmente tengo a confermare subito quello che ho detto. Non ho testimoni, ma giuro solennemente che ho visto Caroline Crale cancellare le impronte da quella bottiglia. (Si volta verso Carla) Mi dispiace per Carla, ma so che è coraggiosa e saprà affrontare la verità.

Carla                    - È per sapere la verità che sono qui.

Justin                   - Ed è la verità che le viene incontro. (Si avvicina alla Sig.na Williams) La testimonianza della Sig.na Williams ci aiuterà a provare l'innocenza di Caroline Crale.

Ci sono varie esclamazioni di sorpresa da parte dei presenti. Philip fa qualche passo verso Justin.

Sig.na Williams   - Non capisco.

Justin                   - Lei dice di aver visto Caroline Crale pulire con un fazzoletto la bottiglia della birra e poi stringervi attorno le dita di suo marito.

Sig.na Williams   - Sì, è così.

Justin                   - (dopo una pausa; con calma) La bottiglia della birra, vero?

Sig.na Williams   - La bottiglia, certo.

Justin                   - Ma le tracce del veleno, Sig.na Williams, erano nel bicchiere, non nella bottiglia.

Altre esclamazioni si levano dai presenti.

Angela                 - Dunque…

Justin                   - Dunque, Caroline credeva che il veleno fosse nella bottiglia, per questo ha cancellato le impronte. Ma se fosse stata lei ad avvelenare Amyas avrebbe saputo che era nel bicchiere. (Si volta verso Carla.)

Carla                    - (in un soffio) È vero.

Una pausa.

Justin                   - (si avvicina a Carla) Noi ci siamo riuniti qui, oggi, per dare alla figlia di AmyasCrale una risposta cui aveva diritto. Carla, è soddisfacente per lei questa risposta?

Una pausa. Carla' si alza in piedi e fa qualche passo verso il centro della scena. Justin si siede sulla poltrona a destra del divano.

Carla                    - Ora so molte cose.

Philip                   - Quali?

Carla                    - So che lei, Philip Blake, amava mia madre e non le ha mai perdonato di aver sposato un altro. (A Meredith) Lei, invece, credeva di amare mia madre, ma era Elsa la sua vera passione. (Meredith guarda Elsa che sorride, compiaciuta.) Tutto questo non ha più importanza. Quello che conta per me è che ora so perché mia madre non si era difesa al processo. (La Sig.na Williams si siede sul divano) . So che cosa cercava di nascondere e (si avvicina a Justin) perché ha tolto le impronte dalla bottiglia. Anche lei lo sa, Justin?

Justin                   - Non ne sono sicuro.

Carla                    - C'è una sola persona che mia madre avrebbe cercato ad ogni costo di proteggere: Angela.

Angela                 - Io?

Carla                    - Sì. È tutto così chiaro. Tu tormentavi Amyas con i tuoi scherzi, volevi vendicarti perché ti aveva mandato in collegio.

Angela                 - Aveva fatto benissimo a mandarmi in collegio.

Carla                    - Ma allora non lo sapevi ed eri piena di rancore per lui. Sei andata tu a prendere la birra, anche se è stata mia madre a portargliela. Già un'altra volta avevi alterato la birra per fargli dispetto. Certamente Caroline se n'è ricordata quando l'ha trovato morto con la bottiglia e il bicchiere vicino.

Angela                 - E ha pensato che l'avessi ucciso io?

Carla                    - Si, ma per sbaglio; come se uno dei soliti dispetti, per un errore di dose, si fosse trasformato in una tragedia. Amyas era morto e lei doveva salvarti. I conti tornano, non te ne accorgi? Pensa alla fretta con cui ti ha mandata in Svizzera, perché fossi lontana al momento del processo...

Angela                 - Era impazzita!

Carla                    - Soffriva per quello che ti aveva fatto da bambina e, a suo modo, ha pagato il debito.

Elsa                      - (si alza e va vicinissima ad Angela) Ecco l'assassina!

Angela                 - Ma non diciamo assurdità! Non penserete che sia vero!

Carla                    - Caroline l'ha pensato.

Justin                   - Sì, Caroline l'ha pensato e questo spiega molte cose.

Angela                 - (si alza e si avvicina a Carla) E tu, Carla? Lo pensi anche tu?

Carla                    - (dopo una pausa) No.

Angela                 - Ah! (Va a sedersi sul divano.)

Carla                    - Ma allora... non c'è altra soluzione.

Elsa si siede sulla poltrona a sinistra.

Justin                   - Io credo che ci sia, invece. Signorina Williams, le sembra logico che AmyasCrale dovesse aiutare Angela a fare le valigie?

Sig.na Williams   - Assolutamente no, non si sarebbe mai sognato di fare una cosa simile.

Justin                   - Eppure lei, signor Philip Blake, lo ha sentito dire: "L'aiuterò a fare le valigie". È sicuro di non essersi sbagliato?

Philip                   -       Caro Fogg, vorrebbe insinuare che ho mentito?

Le luci si spengono gradatamente. La scena resta al buio.

Justin                   - Io non insinuo niente, ma le ricordo che la vicenda che noi ora abbiamo davanti è ricostruita sulla base della memoria. (Il riflettore illumina Justin, a sinistra verso il proscenio) La memoria è il filo sottile cui sono sospese le immagini. Io vorrei suggerirvi che una delle conversazioni che abbiamo ascoltato, potrebbe essersi svolta in un altro modo. Per esempio così:

Il riflettore si spegne. Dopo poco si accendono le luci. La scena rappresenta la veranda e la terrazza com'erano sedici anni prima. Caroline è seduta sulla poltrona a destra del divano e Amyas, che è accanto alla porta al centro e sta per uscire, si volta verso di lei.

Amyas                 - Ti ho già detto che preferisco non Orlarne.

Caroline               - Vuoi evitare le scenate prima di aver finito il quadro, vero? (Amyas si avvicina a Caroline) Io ti conosco! (Amyas fa per darle un bacio) (Si alza in fretta e si allontana di qualche passo) Ti stai comportando molto male. Quella ragazza farà la fine delle altre, non sei più innamorato di lei, la tieni qui solo perché vuoi finire il quadro.

Amyas                 - (sorridendo) E l'unica cosa che mi importa.

Caroline               - Dovrebbe importarti anche di lei.

Amyas                 - Le passerà.

Caroline               - Devi dirglielo subito. Oggi. Non puoi continuare così, sei crudele.

Amyas                 - (le si avvicina di nuovo) D'accordo, la inviterò a fare le valigie. Ma il ritratto...

Caroline               - Maledetto ritratto! Maledetti tu e le tue don-ne! Non meritate di stare al mondo.

Amyas                 - (cerca di abbracciarla) Caroline...

Caroline               - Credi che non lo pensi davvero? (Lo respinge) Non toccarmi! (Va verso la porta a destra, piangendo) Sei troppo crudele, troppo!

Amyas                 - Caroline!

Caroline esce da destra. Le luci si spengono gradualmente. La scena torna buia. Il riflettore illumina Justin a sinistra verso il proscenio.

Justin                   - Ecco che cosa si sono detti, quel giorno, Amyas e Caroline. Lei ha chiesto pietà, ma non per se stessa. Amyas non ha detto l'aiuterò a far le valigie", come se si trattasse di Angela, ma le parole che Philip Blake gli ha sentito pronunciare con la voce già alterata dall'effetto paralizzante del veleno, erano: l'inviterò a far le valigie". (Il riflettore si spegne. Si riaccendono le luci. Tutti sono di nuovo nella stessa posizione in cui si trovavano prima clic la scena restasse buia.)Una frase che certamente aveva già pronunciato per altre, ma questa volta si trattava di lei, (rivolto a Elsa) Lady Melksham, e la sua reazione è stata terribile. Aveva visto il giorno prima Caroline che sottraeva il flaconcino di canina dal laboratorio e, nel salire a prendere il pullover, non le è stato difficile trovarlo. Ha versato la canina in un conta-gocce, è tornata in terrazza e, quando Amyas le ha chiesto la birra, gliel'ha messa nel bicchiere. In posa per il ritratto, lo ha guardato bere. L'ha visto provare le prime fitte, l'irrigidimento degli arti, la lenta paralisi del linguaggio. Seduta 1ì, di fronte a lui, ha assistito alla sua morte. (indica il ritratto) Quello è il ritratto di una donna che guarda morire l'uomo che amava. (Elsa si alza e si avvicina al ritratto). Chi l'ha dipinto non sapeva quanto la morte gli era vicina, ma la morte era 11, in quegli occhi.

Elsa                      - (con voce dura) Meritava di morire. (guarda Justin) Lei è molto intelligente, avvocato. (Va verso la porta al centro e la apre) Ma non può farmi niente lo stesso.

Elsa esce dal centro. Tutti restano per un attimo in silenzio, quasi storditi, poi a poco a poco cominciano a scambiarsi qualche parola.

Philip                   - Eppure, in qualche' modo si deve intervenire!

Meredith              - Io non riesco ancora a caderci.

Angela                 - (alzandosi) Era così chiaro... Siamo stati ciechi.

Philip                   - Che cosa si può fare? Avvocato, lo dica lei.

Justin                   - In sede legale, niente!

Philip                   - Niente? Che cosa vuol dire "niente"? (Va verso la porta al centro) Quando una persona ammette... io non credo che non si possa far "niente".

Philip esce dal centro.

Angela                 - (avviandosi verso la porta al centro) È assurdo, ma è così. (Angela esce dalla porta al centro).

Sig.na Williams   - Non riesco a convincermi. (Va verso la porta al centro) Non ci riesco.

La Sig.na Williams esce dal centro. Philip rientra dal centro.

Philip                   - (a Justin) Non sono sicuro che lei abbia ragione. Telefonerò al mio avvocato. (Philip esce dal centro).

Meredith              - (va verso la porta al centro) Elsa! Chi l'avrebbe detto? Caroline è morta, Amyas è morto, testimoni non ce ne sono... (si volta, sulla soglia) Non ce ne sono, vero?

Meredith scuote la testa ed esce dal centro. La confusione diminuisce. Carla va a sedersi sulla panchina di pietra. Justin la guarda per un attimo dalla porta-finestra ed esce in terrazza.

Justin                   - Che cosa sarebbe giusto fare, Carla?

Carla                    - (tranquillamente) Niente. Ha già la sua condanna.

Justin                   - Si.

Carla                    - È condannata a vita, dentro di sé. (Lo guarda) Grazie, Justin.

Justin                   - (imbarazzato) Ora lei tornerà in Canada e si sposerà. Non ci sono prove legali, ma il suo Jeff potrà ritenersi soddisfatto.

Carla                    - Non me ne importa, non lo sposo più Gliel’ho già detto.

Justin                   - Ma... perché?

Carla                    - (pensosa) Be'... perché non m'importa più niente di lui. Non tornerò in Canada, ii mio paese è questo.

Justin                   - C'è il pericolo della solitudine.

Carla                    - (con un sorriso malizioso) Potrei sposare un inglese (seria) un avvocato che è qui con me, in questo momento, ma non so se riuscirò a convincerlo.

Justin                   - A convincermi? E perché avrei fatto tutto questo, altrimenti?

Carla                    - Perché somiglio a mia madre. Ma io sono anche la figlia di Amyas, c'è anche la sua inquietudine in me. Voglio essere amata per quello che sono.

Justin                   - Niente paura. (Sorride, le si avvicina e l’abbraccia).

Carla                    - (ridendo) Non ho paura.

Si baciano. Meredith entra dal centro.

Meredith              - (entrando) Posso invitarvi a casa mia per un… (si accorge che la stanza è vuota, si avvicina alla porta-finestra e sorride) Ma guarda un po’!

Meredith esce dal centro. Le luci si affievoliscono, la scena torna al buio, mentre cala il

SIPARIO