Demetrio Pianelli

Stampa questo copione

“D E M E T R I O   P I A N E L L I”

di

EMILIO DE MARCHI

        

Adattamento radiofonico in 20 puntate di

Marco Parodi


Contenuto:
Tutto immerso nella vita quotidiana di una Milano che, fra il 1880 e il 1890, da Milanin si avvia a diventare Milanon, il romanzo di Emilio De Marchi presentava a un pubblico formatosi sulle poetiche naturaliste e realiste uno spaccato di vita del nuovo ceto impiegatizio. Al dimesso e metodico Demetrio Pianelli piomba addosso la necessità di occuparsi della famiglia del fratellastro Cesarino, suicidatosi per sfuggire ai disastri di una vita dispendiosa; egli affronta con profonda onestà il gravoso compito, conducendo un'esistenza di duro sacrificio, alla quale deve adeguarsi anche Beatrice, la bella e frivola cognata. Mentre la donna acquista sempre più consapevolezza e maturità, Demetrio se ne innamora, ma non osa rivelarsi; e per amor suo subisce un punitivo trasferimento da parte di un arrogante superiore che ha insidiato Beatrice. Destinato alla sconfitta lucidamente accolta, Pianelli dovrà accettare anche il matrimonio fra la cognata e il ricco cugino Paolino: oggetto di incomprensioni e di compatimento beffardo, Demetrio oppone una calma dignità agli attacchi del mondo ostile. De Marchi si pone nella linea della moderna riflessione sulla realtà degli umili, i primi a fare le spese del malessere epocale, segnato dal trasformismo in politica, da radicali modifiche nell'economia della nuova Italia unita e dalle rivoluzioni urbanistiche, e si confronta col ciclo verghiano dei Vinti, ma soprattutto col  grande romanzo di Manzoni.


Emilio De Marchi nacque a Milano nel 1851, in una modesta e numerosa famiglia. Pur essendo rimasto orfano di padre assai giovane, riuscì tuttavia a terminare gli studi, laureandosi in Lettere nel 1874. Fino al 1890 fu insegnante di liceo, poi ottenne la libera docenza in stilistica presso l’Accademia Scientifica e Letteraria di Milano. L’ambiente

letterario milanese del secondo Ottocento era dominato dalle esperienze della Scapigliatura e De Marchi non ne fu immune; ben presto, però, la sua vena letteraria acquistò una coloritura più personale, volgendosi verso un meditato recupero della scrittura di stampo manzoniano, unito a un deciso intento naturalistico. I suoi primi romanzi, Tra gli stracci, Il signor dottorino e Due anime in uncorpo vennero pubblicati a puntate su periodici e quotidiani, tra il 1876 e il 1877: nell’ultimo dei tre, De Marchi comincia timidamente a sperimentare quel genere giallo, al quale si volgerà con maggior decisione nella sua opera successiva, Il cappello del prete (1887), vero e proprio noir di ambientazione partenopea, con sottili tratti di umorismo e un gusto assai vivace nella rappresentazione dei personaggi. Il capolavoro di De Marchi rimane comunque Demetrio Pianelli(1890), romanzo che mette in scena un protagonista mediocre, la cui esistenza, tutta costruita sulla modestia e il buon senso, non può che risolversi in una sconfitta finale, sul piano sia sociale sia personale: solo la coscienza della propria integrità potrà addolcire una vicenda diversamente molto triste ed amara. Nella trasposizione televisiva del romanzo, il personaggio di Demetrio verrà magistralmente interpretato da Paolo Stoppa, che darà il suo volto di eterno sconfitto alla figura creata da De Marchi. De Marchi scrisse altri quattro romanzi: Redivivo (1894), cui Pirandello si ispirò per la trama del Fu Mattia Pascal, Arabella(1888), Giacomo l’idealistae Col fuoco non si scherza (1900); scrisse inoltre testi teatrali e poesie. Morì a Milano, appena cinquantenne, nel 1901.


PRIMA PUNTATA

“LORD COSMETICO”


personaggi:

         CESARINO PIANELLI

         MELCHISEDECCO PARDI

         MARTINI

         BUFFOLETTI

         ADONE BIANCHI

        

*********

MILANIN MILANON

“Te scrivi rabbiôs, Carlin, dal mè stanzin depôs al campanin de San Vittor di legnamee. Chi de dree l'è trii mes che fann tonina di cà de Milan vècc: e picchen, sbatten giò camin, soree, finester, tôrr e tècc, grondaj, fasend on catanaj in mezz a on polvereri ch'el par propri sul seri la fin del mond.”


Scena 1.

CESARINO Ebbene? che notizie mi dà?
MARTINI (con un groppo alla gola che gli mozza le parole.) Bisogna che io parta immediatamente. È moribonda! L'ho sposata da poco piú di un anno e dopo un anno di tribolazioni e quasi di agonia continua, la poverina muore consunta a Nervi, dove il medico l'ha mandata a passare l'inverno.
CESARINO Vada, vada, Martini, resto io. Si faccia coraggio, vedrà. La gioventú si aiuta sempre.
MARTINI Dovrei avvertire il commendatore, ma la corsa parte alle dodici e

quarantacinque e non ho tempo. Gli scriverò appena potrò. Guardi, Pianelli, chiudo in questa cassa i valori principali e lascio a lei la chiave di quest'altra cassa. Vuole che gliene faccia la consegna? Saranno dieci o dodici mila lire in tutto.
CESARINO Se lei si fida di me, per conto mio non ho bisogno di consegna. 

MARTINI Mi fa una carità. Tenga conto del movimento di cassa e basta.
CESARINO Si fidi di me: vada, non perda tempo 

MARTINI Se c'è bisogno, mi telegrafi.
CESARINO Si faccia animo; fin che c'è vita, c'è speranza.
MARTINI Grazie. 

(Stringe la mano al Pianelli, sforzandosi di ingoiare le sue lagrime e se ne va.)
CESARINO Povero diavolo! Se c'è un galantuomo, gli càpitano tutte.
BUFFOLETTI  (cacciando la testa nel finestrino dei pagamenti) E’ il giovedí grasso.
Che fai, Lord Cosmetico? Vieni a pranzo?

CESARINO No. Per le due e mezzo  ho un appuntamento al Caffè Carini, e cerco di sbrigare in fretta le quattro faccende della giornata. E poi ho

promesso a mia moglie di condurla sul balcone del Gran Mercurio a vedere le maschere.
BUFFOLETTI Allora ci vediamo stasera? 

CESARINO Sí, ma non prima delle undici.
BUFFOLETTI Porti tua moglie?
CESARINO Sí.
BUFFOLETTI Mi ha promesso l'Argo della Ragione che verrà a fare una lunga descrizione della festa sul giornale. Dammi il nome della tua signora.
CESARINO Beatrice. Se questo signor Argo ci onora, avrò piacere di presentargliela.
BUFFOLETTI Guarda che i giornalisti sono pericolosi.
CESARINO Mi fanno un baffo, i giornalisti.

BUFFOLETTI Bada che il tuo programma sia all’altezza delle venti lire di primo ingresso e delle cinque lire mensili che ci hai spillato.

CESARINO Aspetta e vedrai.

BUFFOLETTI Viene anche il commendatore?
CESARINO Sono stato a invitarlo; è raffreddato, ma cercherà di non mancare.
BUFFOLETTI A rivederci.
CESARINO Addio, bambino.

Scena 2.

(Il Pianelli trova il Pardi, com'erano d'accordo, seduto davanti a un tavolino del Caffè Carini)

CESARINO Eccoti qua, Pardone!

PARDI Oh, Cesarino! Hai visto che tristezza? E’ un magro giovedí grasso.

Pioviggina, e tuttavia le strade formicolano lo stesso della solita gente che ha

sempre voglia di veder qualche cosa anche quando non c'è niente da vedere e

che, in mancanza di meglio, si contenta di vedere sé stessa. 

CESARINO È un pezzo che mi aspetti?
PARDI Un momento. Ho ricevuto stamattina il tuo biglietto.
CESARINO Dunque? Me le puoi dare queste duemila lire?
PARDI Signore Iddio!Come puoi avere bisogno di duemila lire?
CESARINO M'è capitata una disgrazia in un pagamento.
PARDI Di' che hai giuocato, invece, e che hai perduto e amen!
CESARINO Chi ti ha detto che ho perduto?
PARDI Palmira. E mi ha detto che hai giuocato col tenore Altamura...
CESARINO Bene, sí, ho giuocato e ho perduto. È una disgrazia anche questa che capita a chicchessia.
PARDI Se tu mi avessi detto che in questo vostro Circolo si giuoca, non avrei dato le mie venti lire di buon ingresso.
CESARINO Non è che si giuochi, anzi è proibito; ma quando passa una cert'ora, se c'è chi tenta, non si è obbligati a essere sant'Antonio.
PARDI Io non so che gusto da bestia ci trovate in queste maledette carte.

CESARINO Ognuno ha i suoi gusti, Pardi. Tu, per esempio, preferisci andare a dormire all'ora delle galline e c'è chi ama provare delle emozioni.
PARDI Tua moglie lo sa?

CESARINO Che c'entrano le donne?

PARDI  Cameriere! Una birra… Tu che prendi?

CESARINO Un assenzio. (dopo un lungo e penoso silenzio) Ebbene, che cosa mi rispondi?

PARDI Mi rincresce ve', ma questa volta non posso proprio davvero.
CESARINO (con uno di quei risolini sardonici con cui lord Cosmetico suole soffiare la sua grande superiorità di spirito, domanda) Te l'ha detto anche questo tua moglie?
PARDI Uff!

CESARINO Senti, ti faccio anche una cambiale, se vuoi.
PARDI Che cambiale! Non posso, perché non ne ho.
CESARINO Sai, son debiti d'onore!
PARDI Che onore d'Egitto! l'onore è quando si lavora e si paga il lavoro degli altri.

CESARINO C'è onore e onore, Pardi, e spiace sempre di fare una cattiva figura….Ti pago gli interessi… 
PARDI Non ne ho, e quando non ne ho è come spremere l'acqua da un sasso.

CESARINO Scusa... (coi denti stretti) Ti chiedo un prestito, non ti chiedo mica l'elemosina, per tua regola.
PARDI Non....
CESARINO Scusa, ho creduto di rivolgermi a un amico prima che a un usuraio.
PARDI Ma se....
CESARINO Scusa, ti dico. Tu hai ricevuto gli ordini e fai bene a eseguirli.

PARDI Casa Pardi non è il pozzo di san Patrizio. Né questa è la prima volta che parli di prestiti e di cambiali. Prima trecento lire, poi cinquecento, poi ottocento, adesso duemila... eh! eh! Ne devo fabbricare di nastri per far tanti denari... Cambiali!  Quando non si ha che lo stipendio di un travetto, una moglie bella, giovine, ambiziosa e tre figliuoli da mantenere, le cambiali si possono dare alla lavandaia insieme alla... alla... dei marmocchi. Se tu  vuoi fare il lord e mandare in lusso tua moglie, non è bello niente affatto che i conti li fai pagare agli amici. Son giusto i tempi di mungere un povero industriale, coi prezzi che si fanno della seta!...
CESARINO (alzandosi) Scusa il disturbo e procura di dormire i tuoi sonni tranquilli.
PARDI Che cosa vuoi dire?
(Coll'aria alta e principesca che sapeva assumere nei grandi momenti, lord Cosmetico getta i sei soldi dell'assenzio sul vassoio e esce dritto dritto in un pezzo come se avesse ingoiata una canna di fucile.)

Scena 3.

(Il Pianelli, col suo risolino sarcastico raffreddato sulle labbra fa il suo ingresso nella sede del Circolo, in alcune sale di angolo tra la piazza del Duomo e la via Carlo Alberto.)
CESARINO (tra sé) Imbecille!  Invece di obbedire alla moglie, dovrebbe proibirle di cantare dei duetti troppo teneri col tenore Altamura. La Palmira,  quella vespa tutt'ossi e spirito, con occhi tremendi, e che, a credere alle ciarle, fabbrica ancora molto bene i suoi nastri a parte.
(Le sale del Circolo sono aperte e ancora in quel disordine affaccendato che precede una festa. Adone Bianchi,  in maniche di camicia, sta aiutando i tappezzieri a collocare alcune grosse ghirlande di edera e di fiori di carta intorno alle pareti del salone da ballo.)

BIANCHI (gli va incontro, lo tira in disparte e gli dice colle sue solite declamate freddure:) Odi, fellone. C'è stato il maestro Cappelletti a dire che, se non gli paghi gli arretrati, egli non canta nei cori, cioè emigra col piano e coll'orchestrina a Porta Genova. Aspetta la risposta fino alle cinque: dopo si ritiene sciolto da ogni obbligo con noi. Questa è bella, Palamede! che si dovesse ballare senza suonatori? Vola, metti le ali ai piedi e il cimiero in testa e ferma il fellone, o si va tutti quanti sull'Uomo di Pietra. Questa è una. C'è stato poi anche il padrone del Caffè Carini a dire che ha sete.
CESARINO Cioè?

BIANCHI Ha contato cento storie. Vorrebbe almeno qualche acconto per il servizio dei mesi scorsi. Pare insomma che stasera voglia far sciopero anche lui. Io gli ho detto che non sono cassiere, né figlio di cassiere, ma che ti avrei parlato. Pazienza i suonatori! ma se mancano anche i sorbetti, numi del cielo, che fia di noi?
CESARINO Vorrei sapere chi è quell'imbecille che si diverte a organizzare queste stupide commedie. Si son dati la parola d'ordine...
BIANCHI  Guarda che si sa ch'ai giuocato e perduto: qualcuno dubita che tu abbia pagato coi denari del fondo sociale, e forse gli stessi soci mandano avanti i creditori per metterti con le spalle al muro. Se non paghi  prima di sera il Cappelletti, il Carini e gli altri; se la festa per colpa tua non dovesse avere luogo, sarebbe proprio una brutta figura, Dio santo!

CESARINO Ma questa è una congiura, una congiura di tutta Milano! Siete tutti impazziti?

(E si allontana in tutta fretta).


Scena 4.

Cesarino entra nel locale della cassaforte. Non c'è nessuno.     

CESARINO Eccole lì, le due casse di ferro. Quelle due casse sono piene di denari!
 

Muove qualche passo per la stanza, si asciuga la fronte madida di sudore, va a vedere se il portiere è ancora di là, nella corsía, oltre l'assito: non vede nessuno, accosta l'uscio, gira lentamente la chiave, e si trova solo in compagnia di quei due mostri di ferro. Poi, come se due mani non sue operassero per lui, apre uno sportello:

CESARINO Che diavolo! Non sei qui per rubare.! Ecco il mio biglietto da visita…

Prende il portafogli, leva un biglietto di visita, col suo nome stampato, vi scrive colla matita:

CESARINO Prelevate lire mille.

Mette il biglietto in una ciotola al posto di due altri biglietti di cinquecento, e chiude senza furia.

- FINE DELLA PRIMA PUNTATA -


Seconda puntata.

LO SCANDALO

Personaggi:

CESARINO PIANELLI

BEATRICE

MARTINI

COMMENDATORE

MIGLIORETTI

*********

“MILANIN MILANON”

“Dov'el va, el me Carlin, quell noster Milanin di noster temp, inscí bell e quiètt, coi contrad strett in bissoeura, dent e foeura, sul gust d'ona ragnera ? Ma sta ragnera la ciappava denter el coeur te le tegneva lí che pareva squas de morí.”


Scena 1.

Quella sera, a casa Pianelli, Beatrice, moglie di Cesarino,  non finisce mai di specchiarsi nel suo bel vestito nuovo.

BEATRICE (getta un gran grido di gioia, butta le braccia al collo del suo Cesarino, ed è a un pelo di perdere i sensi per la contentezza) Che meraviglia! E’ un color perla magnifico! Ma come hai fatto, Cesarino?

CESARINO Madame Josephine aveva preparato questo gran vestito per una contessa Castiglioni: ma aveva dovuto ripigliarlo per un improvviso lutto di famiglia. Stava per mandarlo a Roma a un'attrice che doveva recitare al Valle nella stagione di quaresima, quando mi è capitato di vederlo nelle mani dell'Elisa, la giovine maggiore della sarta, e me ne sono innamorato.

BEATRICE Ma deve costare un patrimonio.

CESARINO Certo non è un capo alla portata della mia borsa, ma  mi son si fatto cedere per le due sere del giovedí e del sabato grasso il vestito mediante un compenso serale. Ma è di misura?   

BEATRICE Oh,  con quattro tagli la Elisa può adattarmi il giro della vita e orlarmi il corpo e la sottana d'un pizzo doré, d'un bellissimo effetto provinciale, come usano adesso!
CESARINO Hai fatto preparare qualcosa per la cena?

BEATRICE Oh,  i ragazzi, per levarmeli di torno, li ho mandati  dai vicini di casa. Così  in cucina non si è  acceso il fuoco; io mi sono contentata

d'inghiottire in fretta un uovo sbattuto nel vino con qualche biscotto bagnato dentro, e di rosicchiare in piedi dei pezzi di cioccolata col pane. Tu, se vuoi, puoi cenare al caffè.

CESARINO   Non c’è piú posto nella stanza da letto, tutta seminata e ingombra di pizzi,  di guanti, di stivaletti e di scatole aperte sul letto, sulle sedie, sul pavimento; dove posso far toeletta?  

BEATRICE Ma vai nel tuo studio! Guarda qui. Come mi sta?
CESARINO Sei splendida come una principessa,

BEATRICE Le spalle non saranno troppo nude?

CESARINO Ma no, fino al punto in cui la decenza si accorda colla bellezza.

BEATRICE E al collo, che mi metto?

CESARINO  Un semplice vezzo di perle. Sei stupenda! Sembri veramente una di quelle  bambole grandi che vengono dalla Germania. Ora capisco perché i nostri amici ti chiamano la bella pigotta!

BEATRICE Belli, i tuoi amici!

CESARINO  Aspetta… gira un po’ su te stessa… così… ferma, che ti aggiusto i capelli… e la vita, qua, non è abbastanza attillata…

BEATRICE Caro te, stento quasi a respirare!…
 

Scena 2.

Cesarino sta tornando in ufficio, quando vede sul portone della Posta il Martini. Vederlo e trasalire è una cosa sola. Ha appena il tempo di ricomporsi, e di prendere un’aria di premurosa compassione.

CESARINO Signor Martini! Come mai? Non è partito?

Il Martini stende la mano all’amico, da una languida stretta, volta via la faccia e si porta due volte il fazzoletto agli occhi.

CESARINO È morta?!

MARTINI Stamattina alle quattro…Son tornato per chiedere al commendatore tre giorni di licenza e aspettavo anche lei per regolare la consegna. Voglio portarla a Milano….La trovo in ufficio verso le tre?
CESARINO Sí, ci sono. Ecco il commendatore.»

Vedendo venire il direttore, il Martini gli va incontro, mentre il Pianelli, correndo via, cerca di sfuggire a quel penoso dialogo.

Scena 3.

Entra in ufficio con passo confuso e legato. Getta il cappello su una sedia, il bastone sul tavolo, e si frega la fronte colle mani, tre o quattro volte, come se togliesse delle ragnatele dagli occhi.

CESARINO (Tra sé) E’ mezzogiorno. Il Martini torna alle tre. In tre ore non posso inventarle le mille lire. Per Dio!. Per Dio! Se mi lasciassero ventiquattro ore di tempo!  Potrei tornare ancora in cerca del Pardi; ma dove trovarlo? E poi, no, da quell’asino che si lascia guidare dalla moglie… (Comincia a rovistare nella cassa.) Vediamo, qui in cassaforte ci sono molti conti correnti e molti mandati di pagamento già firmati dal Martini col visto del Commendatore…

ecco qua,  questo è a favore del capomastro Inganni, in conto di alcune riparazioni, per la somma complessiva di duemila lire precisa. La formola del mandato l’ho scritta io… Non si tratta di  falsificare un documento, né di rubare un quattrino a nessuno; ma solamente di guadagnare tempo… Siamo al quindici del mese. La verifica dei mandati non si farà prima della fine del mese e lo scandaglio di cassa. Basta che mi  lascino il tempo necessario per rimettere il denaro e per rifare il mandato… Basta modificare il 2 in 3… così, e l’onestà di quarant’anni di vita non la si distrugge mica in ventiquattro ore, con due sgorbietti di penna.   (Intinge la penna nella boccetta, passa leggermente colla punta di metallo sulla coda del numero fatale, aggiusta coll’inchiostro il numero e la lettera.) Dio, Dio!…Il mio biglietto da visita, così, nel cestino!…(straccia il suo biglietto di visita in cento pezzetti).

Scena 4.

Nell’ufficio del Commendatore.

COMMENDATORE Ma per carità, Martini, si prenda pure una settimana di licenza.

MARTINI La ringrazio, Commendatore. Ho lasciato all’alba il letto della mia povera Emilia,  dopo una notte passata in ginocchio ad assistere agli strazi di una lunga e dolorosa agonia. Non voleva morire a venticinque anni! Sono notti spaventose che ti portano via la vita: un pezzo di noi se ne va con chi muore. Sono ripartito subito stamattina stessa, lasciandola in mano ad alcuni parenti. 

COMMENDATORE  (sottovoce) Però ha fatto regolare consegna al Pianelli?
MARTINI Ieri non ho avuto tempo. Son tornato anche per questo.
COMMENDATORE Male! Non vorrei che avesse dei dispiaceri. Ho sentito delle voci… Basta, non perda tempo, e non si esponga a certi pericoli… Se vuole che mandi il Miglioretti….»
MARTINI Grazie, vedrò….

Il Martini esce dall’ufficio del commendatore col cuore un po’ inquieto.

Scena 5.

In ufficio. Cesarino Pianelli vede rientrare il Martini con passo frettoloso. Gli va incontro di nuovo con aria di compassione dicendo:

CESARINO O bravo….già di ritorno. Ma non aveva detto alle tre?

L’amico, pallido come un morto, non sa nascondere una forte agitazione che imbarazza il suo contegno e i suoi movimenti. Il Pianelli va a sedersi al suo posto, prende la penna e si pone a copiare una tabella. Il Martini apre la cassa grande, di cui aveva lasciato la chiave, e chiuso in un freddo silenzio, che si può interpretare come lo stato d’animo d’un uomo che ha il cuore irrigidito, muove e rimuove molte carte e molti valori.Poi passa alla cassa piccola, che aveva lasciato nelle mani dell’aggiunto.
Il Pianelli si muove, quasi per uno scatto interno, e dice:

CESARINO Veda se tutto è in ordine.
MARTINI (balbetta freddamente) Non c’è dubbio… (e seguita a rovistare, a muovere carte, a riscontrare, sempre chiuso nel suo cupo, insopportabile silenzio. Finalmente il Martini, con una voce velata che si sentiva preparata con suprema fatica, domanda)  
:
MARTINI Si ricorda, Pianelli, quanto abbiamo pagato al capomastro Inganni?
CESARINO (con una premurosa sollecitudine )  Io credo tremila…
MARTINI Mi risulterebbero meno…

CESARINO C’è il mandato, veda…
MARTINI (con un filo di voce) Lo vedo…
CESARINO Perché? 

MARTINI Nulla, scusi…, avrò sbagliato io.
CESARINO Vedremo alla fine del mese….
MARTINI Scusi… 
CESARINO Non le pare? 

Il Martini getta la penna con un movimento disperato, Riprende il mandato, lo agita tra le dita, e fatta una mezza girata per la stanza, curvo nelle spalle sotto il peso della disgrazia e del tradimento, si ferma al tavolo del Pianelli, lascia cadere il mandato, vi pone un dito, vi picchia sopra tre volte coll’unghia, senza poter parlare, collo spavento dipinto nel suo viso d’uomo morente. Cesarino finge di non capire.

MARTINI Pianelli, per carità, anche lei è padre di famiglia….
CESARINO Che cosa? 

MARTINI Abbia pietà, Pianelli. Sono un povero uomo anch’io….
CESARINO Che cosa?
MARTINI Perdoni …So bene che io sono il solo mallevadore della cassa: ma speravo di avere in lei un amico….


CESARINO Martini, per carità… Per carità…, per i miei figliuoli…, per la sua bambina…, per la sua povera Emilia, non mi tradisca. È vero, fu il bisogno, l’insidiade’ miei nemici. Fra due ore avrà il denaro…
MARTINI Aspetto fino a stasera. Il commendatore mi ha già rimproverato d’aver abbandonato la cassa senza una regolare consegna. Ho promesso per questa sera di rendergli i conti.
CESARINO Fino a stasera almeno.
MARTINI Se il commendatore non vorrà, non insisterò….
CESARINO Stasera prima delle otto…
MARTINI A casa mia?
CESARINO Dove crede… vado subito a Melegnano in cerca di mio suocero. Non mi comprometta.
MARTINI Non sono io che la comprometto, per amor di Dio….
CESARINO Ho dei nemici che mi vogliono male. Abbia pazienza… non mi faccia fare una cattiva figura.
MARTINI Vede che io soffro non meno di lei. Vengo da un letto di morte e mi fa trovare un tradimento….
CESARINO Lei ha ragione; sono un miserabile… Ma non mi tradisca. Se non trovo il denaro per questa sera, le rilascerò una dichiarazione… e mi ammazzerò.
MARTINI Cerchi di salvare il suo onore… (Ed esce rapidamente dall’ufficio.)

Scena 6.

Suono di campanello. Un uscio viene aperto.

MIGLIORETTI  Lei? In che posso servirla? Venga avanti. 
CESARINO Due parole, grazie. Sento da mia moglie che questa sera va anche la signora Lucia alla festa….
MIGLIORETTI Sí, mia sorella mi ha tanto pregato….
CESARINO Volevo pregarla di accompagnare anche mia moglie. Un affare pressante non mi permetterà di tornare prima delle undici.

MIGLIORETTI S’immagini, volentieri: sarò lieto di essere il suo cavaliere.

Il Pianelli sta un momento sopra pensiero, come se agitasse in testa un’altra questione spinosa, poi soggiunge:

CESARINO Scusi tanto… ci rivedremo. (e fugge via come davanti a un pericolo).

- fine della seconda puntata –


Terza puntata
LA MORTE DI LORD COSMETICO

Personaggi:

        

         CESARINO PIANELLI

         BEATRICE

         MIGLIORETTI

         BUFFOLETTI

         ADONE BIANCHI

********

“MILANIN MILANON”

“Dov'el va sto car Milan di Milanes, minga quell di Viscont, disi el noster, Carlin, che dai Figin girand adree al Cappell el tornava bell bell dal Rebecchin, da Pescheria sú in di Mercant d'or, al Malcanton, con tanti bei stazion d'osteria de vin bon e bôna compagnia che faseva legría el penser de la brasera?”

 


Scena 1.

Al Circolo il formicolío della gente già verso le undici è grande.

MIGLIORETTI  Hai visto? C’è  il cavaliere Balzelotti, del Demanio, 

BUFFOLETTI  Poveraccio, gli è toccata la disgrazia e la fortuna di sposare una moglie brutta, sempre malata, ricca, che passa due terzi dell’anno in campagna; ed è naturale che cerchi qualche compenso nel vedere a ballare e nel pagare qualche sorbetto alle altre.
MIGLIORETTI Guarda, guarda, c’è anche la Pardina col suo Pardone, che sta in piedi per combattere il sonno tremendo che gli offusca gli occhi, ma non vede l’ora d’esser sotto le coltri. Lei è  a braccetto del celebre tenore Altamura,

BUFFOLETTI E chi è?

MIGLIORETTI Un romano di Roma, che ha cantato al Dal Verme, nella stagione, il Trovatore con grande successo.

BUFFOLETTI Ho visto che hai già fatto il tuo giro di valzer con la Pianelli. Bella pigotta, no?

MIGLIORETTI Bella sí, ma di ghisa, e per di piú balla fuori di tempo.
BUFFOLETTI E dire che si sta tanto bene seduti.
MIGLIORETTI È suo marito che vuole che balli, è lui che le insegna. Hai visto i leoni marini di mister Pike? Suo marito le insegna anche a parlare milanese, e ci riesce, povera foca. Ma di tanto in tanto le scappa di bocca ancora qualche “propri de bôn” di Melegnano, che guasta il meccanismo della bambola.»
BUFFOLETTI Jesus, che lingua! Bevi, avrai sete… (e gli versa da bere). Oh, Bianchi, chi stai cercando?

BIANCHI Avete visto il Cesarino Pianelli?

MIGLIORETTI Io l’ho visto
BIANCHI Quando?
MIGLIORETTI In prima sera.
BIANCHI Che cosa ha detto?
MIGLIORETTI Niente. Mi ha chiesto se potevo accompagnare sua moglie al ballo.
BIANCHI C’è in aria un guaio serio.  Molto serio. (Fatto quindi un piccolo segno colla mano, li trae nel vano di una finestra. )

BUFFOLETTI Un guaio serio?
BIANCHI Ho trovato il Martini tutto disperato.
MIGLIORETTI Gli è morta la moglie….»
BIANCHI Pazienza la moglie! Mi ha detto che contro il Pianelli è spiccato un mandato di arresto.»
MIGLIORETTI / BUFFOLETTI (Insieme) Via, via!

BIANCHI Io l’ho detto che quel figliuolo doveva finire cosí… Si tratta di sottrazione con falso in scrittura.
MIGLIORETTI Diavolo! 

BIANCHI Io non credo il Pianelli un ragazzo capace di una cattiva azione, ma sono le necessità che spingono l’uomo ad approfittare delle circostanze. Il Pianelli ha perduto questi denari al giuoco e, siccome è già pieno di debiti fin sopra i capelli, pagò il debito di giuoco coi nostri denari. Visto che si cominciava a dubitare di lui, comprò la nostra fiducia coi denari dell’ufficio, e tutto ciò sempre nella speranza di guadagnar tempo e di trovare un santo protettore. Ma buco via buco fa buco – dice l’abbaco – e a furia di scavare la terra per turarli i buchi, la terra ti manca sotto i piedi… Povero diavolo, ha moglie e figliuoli….
BUFFOLETTI E non c’è nessun mezzo d’aiutarlo?
BIANCHI Aveva promesso di portare il denaro per stasera, ma ormai è la mezzanotte e non si vede comparire. Il Martini a buon conto ha riferito tutto al capo d’ufficio e il documento è adesso in mano al procuratore del re.
MIGLIORETTI Ma come ha fatto?
BIANCHI Eh, come ha fatto Si fa presto a dirlo… Quando si vuol fare il lord senza averne, mandare in lusso la moglie, pigliarsi tutti i capricci, darsi le BIANCHI arie di principe, non ascoltar pareri da nessuno, fare il passo piú lungo della gamba….
BUFFOLETTI Zitto…. Sta arrivando….

CESARINO (da lontano) Signor Miglioretti, posso dirle una parola?….

Miglioretti si avvicina a Cesarino Pianelli, che è pallido come uno spettro, nel suo elegante vestito nero.

MIGLIORETTI Ma certo, signor Pianelli. 

CESARINO Scusi, ho ancora bisogno d'un favore.
MIGLIORETTI Oh, signor Pianelli, in ciò che posso...

CESARINO Ricevo adesso una lettera, in cui mi si dice che un mio commilitone è in fin di vita alla Casa di Salute. Il poveretto è solo, senza parenti, e siccome mia moglie desidera rimanere, cosí se non le rincresce di accompagnarla ancora a casa dopo la festa....
MIGLIORETTI Si figuri, fin che resta mia sorella sono a sua disposizione.
BEATRICE (sopraggiungendo in quel punto tutta lieta e scalmanata) Vai proprio,

Cesarino? 

CESARINO (con una freddezza spaventosa) Il signore è tanto gentile… Può essere ch’io rimanga alla Casa di Salute tutto il giorno di domani. A buon conto tu non aspettarmi. Tornerò forse a mezzodí.
BEATRICE Addio, non strapazzarti troppo.

Alte grida chiedono il galoppo finale e l’orchestrina  attacca subito “Fra tuoni e lampi”…E’ una scintilla in una polveriera. Alle prime battute dieci coppie si urtano nel mezzo della sala, come barchette sbattute da un improvviso uragano nelle strette dighe del porto.


Scena 2.

Cesarino ha disceso in furia le scale, in furia traversa i portici e la piazza semibuia della Corte, verso piazza Fontana, senza quasi sentire la pioggia che viene giú fitta e gelata.

CESARINO (tra sé) Ho pregato e supplicato fin troppo. La gente vuole  la mia morte. Non si uccide un uomo soltanto col ficcargli un coltello nel cuore, ma anche col metterlo nella necessità di perdere l'onor suo. Una volta che il Commendatore ha nelle mani la prova della mia colpa è come mandare un uomo in galera. Un Pianelli in galera per la miseria di un migliaio di lire? Questo poi no, perdio!

Si sentono dei gruppi di gente, che tornano rasente ai muri dalle feste sotto gli ombrelli lucidi e grondanti. Qualche Pierrot ubbriaco proclama in mezzo alla strada la révolution! sorreggendosi a fatica nell'aria coi larghi gesti. Vengono, dai crocicchi bui, risa e strilli di mascherine che scivolano innanzi, tuffando le belle scarpette di seta nelle pozze e nei ruscelli.

CESARINO  Chissà se avrei il coraggio di annegarmi nel Naviglio. Ho sofferto già abbastanza la mortificazione del pitoccare l'elemosina per sentirmi ancora la forza di affrontare lo scandalo di un processo per truffa e falso. Sono stracco, annoiato, nauseato della vita e della gente.

Si accosta al parapetto, fissa l'occhio nel biancheggiamento turbolento dell'acqua, che rimbalza e scaturisce dalla chiavica e manda tra le due portaccie del sostegno l'ululato d'una bestia feroce. A questo rumore si mescola il friggío dell'acqua, che trabocca dalle grondaie e ribolle sul lastrico.
 

CESARINO Lo vedi, Cesarino? Tu e l'acqua  siete già una cosa sola. Non ho piú un filo asciutto indosso, il cappello è una spugna. Mi sento gonfia d'acqua la testa e l'anima.…E i miei poveri figliuoli? E la mia cara Arabella? Sono uscito per andare a una festa da ballo senza quasi guardarli in faccia quei CESARINO figliuoli e non posso morire senza vederli ancora una volta. Non posso morire cosí come un gatto senza provvedere in qualche maniera, non al mio onore (questo è perduto per sempre), ma all'onore, alla protezione di quei poveri figliuoli. La mia morte deve almeno esser utile a qualcuno.

Quattro ore sonano nel fitto dell'oscurità, ore gravi, cupe, solenni come quattro parole piene di minaccia. Col passo frettoloso di chi ha paura di perdere un treno, si dirige verso casa.

Scena 3.

Appena giunto, trae dal taschino la chiavetta inglese, apre il portello, entra nell'andito della sua casa, rintraccia nel buio la solita strada, la solita scala, che prende a salire energicamente. Giunto al suo pianerottolo, introduce dolcemente la chiave nella toppa e sospinge il battente. Giovedí, un brutto cane volpino  si muove nel suo giaciglio, posto in un angolo dell'anticamera, manda un guaito; ma, riconosciuto il padrone, si accoccola di nuovo a dormire. Camminando sulla punta dei piedi, entra nello stanzino che serve da studio. Accende una candela, butta in terra il gibus pesante d'acqua e si strappa di dosso il soprabito e l'abito nero a falde. Suonano le quattro e tre quarti a una graziosa pendolina di nichel posta sul caminetto. Allora va alla scrivania e scrive di seguito:

CESARINO “Illustrissimo signor commendatore, il sottoscritto, dopo quasi venti anni di onorati servigi resi alla patria, si trova nella dolorosa circostanza di non poter restituire entro ventiquattro ore la somma di lire mille. Poiché non si è creduto necessario di concedergli un lasso maggiore di tempo, provvede egli stesso al suo castigo. Valga questa mia dichiarazione quale giustificazione pel signor ragionier Martini e valga il mio sacrificio a espiare un delitto che non era nelle mie intenzioni di commettere. Spero che non si farà processo ad un morto e si vorrà almeno salvare l'onore de' miei figli.
In quanto ai danni ho incaricato mio fratello Demetrio di regolare la partita collo stesso signor ragionier Martini. Si procuri che i miei figli non sappiano mai come morí il padre loro."Con osservanza CESARE PIANELLI.

- fine della terza puntata -

QUARTA PUNTATA
“ DEMETRIO ”

personaggi:

         DEMETRIO PIANELLI

         ARABELLA, figlia di Cesarino

         MIGLIORETTI

         FERRUCCIO

******

MILANIN MILANON

“E on poo foeura de man, duu pass a bass di pont, pareva subet on alter paes, con quî sces tiraa tra i mur, con denter quî campagn de ortaj con quî giarditt inscí fresch, ombros, vestii de fior, de foeuj de maggiorana, con quîi sces de fambrôs e quî toppiet de ribes e d'uga moscadèlla.”

Scena 3.

Demetrio Pianelli sta andando a sentire la messa alla vicina chiesa di Sant'Antonio, quando, giunto all'angolo di San Clemente, si incontra in Ferruccio, che correndo e ansando gli domanda con lo spavento negli occhi e nella voce:

FERRUCCIO È lei il fratello del sor Cesarino?
DEMETRIO Eh? 

FERRUCCIO Venga, il sor Cesarino s'è ammazzato.
DEMETRIO Chi, chi? chi sei?

FERRUCCIO Mi manda mio padre.
DEMETRIO Chi, chi? chi è tuo padre?
FERRUCCIO Il portinaio del Carrobio, il Berretta. L'hanno trovato morto stamattina sul solaio.
DEMETRIO Come ammazzato? da quando si è ammazzato? perché si è ammazzato? Chi? Cesarino? Oh, povero me..., o Signore, o Madonna Santissima.  (E si mette a correre verso il Carrobio.)

Scena 4.

La voce era corsa in Carrobio e già comincia a radunarsi un po' di gente.

VOCI Che cosa c'è?
Si è impiccato!
Chi?
El Poncin del Carrobi!

Ehi reverissi!
 S'è impiccato il padrone di casa, perché non sapeva dove mettere i denari.
Lord Cosmetico!

S’è ammazzato un inglese?

Dove?
All'albergo della Gran Brettagna.

Cara Madonna! Signor, che scènna! Ehi, sora Rachèlla!...


FERRUCCIO (che precede Demetrio) È qui. Il sor Demetrio, il fratello….

Miglioretti, svegliato al bisbiglio e al rumore dei passi su e giú per la scala, è sceso in corte a vedere. 

MIGLIORETTI Ma come è stato?

FERRUCCIO Il guattero dell'osteria, salito tra le cinque e le sei a prendere un cesto di carbone, aveva dato del capo in due gambe. E’ corso giú senza anima, senza una goccia di sangue, ha contato la cosa al Berretta che  ha mandato a chiamare le guardie. Il macellaio, che è forte come un toro, ha preso in braccio Giovedí, il cane del signor Cesarino che seguitava ad abbaiare contro l'uscio,  e se  l’è portato via. La povera bestia si dibatteva come un'anguilla.
MIGLIORETTI Lei deve essere  il signor Demetrio, il fratello del povero Cesarino.

DEMETRIO Dov'è? 

MIGLIORETTI Importa che in casa non sappiano nulla, se si può. Povera gente! Venga, venga da questa parte. Sono quattro passi. Eccolo là, su quella stuoia…

Ma un rumoroso battere di pantofolette  richiama l’attenzione. Arabella, coi capelli sciolti, uscita sul terrazzino verso corte, batte nell'aria le scarpette da ballo della mamma, canticchiando. E rientra canticchiando.

MIGLIORETTI L’ha vista? E la povera Arabella, la figlia. Ancora non sa niente. Che cosa si può fare per ingannare la famiglia?  Siccome Cesarino ieri sera, al Circolo, ha lasciato detto che non sarebbe tornato per tutto il giorno,  c’è tutto il tempo di preparare una pietosa bugia. Poi si farà credere a' suoi che un male improvviso, una congestione, un gran freddo, l'hanno portato via.
DEMETRIO Si farà cosi. E intanto la moglie e i figli si potrebbero mandare alle Cascine.

MIGLIORETTI Guardi, stanno arrivando i portantini dell'Ospedale, lo portano all’Ospedale.

DEMETRIO Mi vengono in mente i lunghi guai che mi hanno diviso da mio

fratello. Che poi sarebbe il mio fratellastro. Io sono nato dalla prima moglie di mio padre, Vincenzo. Poi, morta mia mamma, pà Vincenzo ha fatto la

sciocchezza di sposare un'altra donna, piú giovane di lui una ventina d'anni, e così, addio buon senso, addio economia!  Dopo nove mesi di quel nuovo matrimonio, nacque Cesarino, e  io sono caduto, come si dice, dallo scanno. Tutte le carezze furono per Cesarino. Io invece son cresciuto come si può crescere tra le vacche e i cavalli. E’ stato un miracolo se  ho imparato a leggere e a scrivere. Lui è stato mandato a Milano, in collegio, io in cascina a sopraintendere alla stalla delle vacche e alla "casera" del formaggio. Solamente nelle vacanze Cesarino passava qualche dí a casa. Tutto lindo e ripicchiato nella sua divisa di panno nero coi bottoni d'argento e coi ricami d'oro, io colle gambe nude fino al ginocchio, i piedi in grossi zoccoli di legno, con in mano una forcona,  pregno di quel grasso odore  di stalla. Era un miracolo se, incontrandosi, ci dicevamo un "ciao" a mezza bocca. Stavamo a guardarci un istante,  e poi ci voltavamo le spalle. Per fortuna alla cascina Cesarino si fermava poco, perché il resto delle vacanze andava a passarlo colla mammina sul lago di Como, che però, dopo otto anni di matrimonio, presa dalla malaria, curata male, morí in preda a una terribile febbre d'infezione. Pà Vincenzo rimase indietro piú stupido e piú rovinato di prima. Cominciarono i sequestri: l'Ospedale diede la disdetta d'affitto, e da padroni  noi Pianelli diventammo servitori.  Poi scoppiò la guerra del '66 e addio casa! Il peso dei debiti, dei protesti, dei sequestri, del padre vecchio, malato, rimbambito, cadde di nuovo sulle mie spalle. Ho dovuto vendere tutto e coi quattro stracci rimasti mi sono ridotto qui a Milano, dove un mio zio prete, don Giosuè Pianelli, canonico in Duomo,  mi ha procurato un posto provvisorio di scrivano nella cancelleria DEMETRIO della Curia arcivescovile. C’è appena di non morir di fame. Eppure, Cesarino, che si trovava in quel tempo a Palermo, ha avuto il coraggio di chiedermi i conti ed i residui della sua parte patrimoniale. Io gli ho dovuto rispondere che nostro padre era stato sepolto con le cinquantasette lire prestate dallo zio prete; che di roba non c’era piú l’ombra; che le spese di malattia le avevo pagate io; e che era ridicolo parlar di conti e di residui. E di venire a vedere che cos’era rimasto di casa Pianelli. Ma ora devo sforzarmi di perdonare sinceramente a quel poverino. La morte paga tutti i debiti: cioè non tutti… pur troppo…

- fine della quarta puntata -


QUINTA PUNTATA
“QUEL BRAV’UOMO DEL PIANELLI”

personaggi:

         DEMETRIO PIANELLI

            BEATRICE

         ARABELLA, figlia di Cesarino

         IL RAGIONATT

         IL BERETTA

******

“MILANIN MILANON”

“Se trovava la bella compagnia coi tosann, con la frotta di parent e se giugava ai bocc sotta a la toppia - el pestonin a mooeuj - infin che in mezz ai bocc se vedeva ballin.”


Scena prima.

Demetrio Pianelli sta per recarsi in casa della cognata, Beatrice, quando viene richiamato da Beretta, il portinaio.

BERETTA Ehi! Ehi …L'è lui il fratello del defunto?
DEMETRIO Perché?

BERETTA Dimando se l'è lui..

DEMETRIO Sí, sono io....

BERETTA Allora le presento el sor ragionatt. In pratica, il padrone di casa.
RAGIONATT Me ne congratulo tanto. Quel caro suo fratello non poteva farmi un servizio piú bello. Proprio un bel servizio. Non bastava non pagare l'affitto e tirare in lungo con delle scuse: no: bisognava anche dare uno scandalo, fare parlare le gazzette e deprezzare lo stabile. Qualcuno me li deve pagare i danni, non c'è santi, e io guardo lui....L'è inutile che adesso mi faccia gli occhi... Io guardo lui. Sono tre semestri in arretrato che devono essere pagati subito, o metto il sequestro sulla mobilia, io. Roba da ridere! non posso farmi pagare dai morti, e guardo i vivi. Come se a Milano mancassero i fossi per annegarsi. Bisognava proprio impiccarsi in casa mia, far parlare la gente, deprezzare lo stabile. Sí, con quelle poche tasse...
DEMETRIO Ma capisce che io....
RAGIONATT È un pezzo che mi si mena per le belle sale, caro mio signor riverito! E io, se non pago le tasse, l'esattore non s'impicca, no, lui! Sono tre semestri che si tira avanti, ora con una scusa, ora con un'altra e titup e titep...  Roba da ridere! Son cinquecento lire per semestre, e di parole ne ho piene le... i... Ci vuol altro che rompere la testa tutti i momenti colle riparazioni, e non essere mai contenti, e il suolo, e la tappezzeria, e la stufa, e il caminetto, e l'inglese e la francese. L'è finita adesso. Son mille e cinquecento lire che mi vengono e, se per Pasqua non vedo i rispettivi, metto il sequestro e chiamo lui responsabile.

DEMETRIO Anch'io devo vedere come stanno le cose... 

RAGIONATT Le cose stanno come dico io. Pasqua è qui, corpo di un cane! e quando non si ha da fare il signore si lascia stare, si paga prima, e soprattutto non si deprezzano gli stabili... Uomo avvisato.
DEMETRIO Io vedrò.
RAGIONATT Uomo avvisato! (Fa quattro passi fino in fondo al portico, si volta e grida ancora:) Uomo avvisato!

Scena 2.

Demetrio suona alla porta della casa di Cesarino. Viene ad aprirgli Arabella.

DEMETRIO C'è la mamma? 

ARABELLA È ancora a letto.
DEMETRIO Quando siete tornati?
ARABELLA Ieri.
DEMETRIO Chi vi ha accompagnati?
ARABELLA Il sor Paolino.
DEMETRIO Va a dire alla mamma che son qui.
ARABELLA Resti servita in sala. (E corre a svegliare la mamma).

Rimasto solo, Demetrio, si guarda intorno.

DEMETRIO Che lusso!…Tanto di tappeto in terra, candelabri di bronzo dorato sul camino, poltrone di velluto, specchiere, stipetti di vetro... Ah, c’è anche un pianoforte  … Chissà chi lo usa… Facciamo un po’ di conti, vediamo quel che si può ricavare a vendere tutta questa roba…   dato e concesso che sia già pagata…
In quel momento l'uscio si apre e compare madama, in una grande vestaglia bianca di flanella. Demetrio si agita, si alza un poco, torna a sedere, china gli occhi sul tappeto e balbetta un "riverisco" quasi inintelligibile.

DEMETRIO Come sta Paolino?
BEATRICE Sta bene e mi ha detto di salutarvi.
DEMETRIO Sta bene anche la Carolina?
BEATRICE Sí, sta bene anche lei.
DEMETRIO Mi avete fatto chiamare?
BEATRICE Son tornata ieri e non ho nessuno a Milano, in questo momento. Non è nemmeno venuta la Cherubina, stamattina. Volevo far avvisare l'Elisa sarta che siamo tornate e ordinare i vestiti di lutto. Nella confusione non ho avuto tempo di pensare a nulla, e ho dovuto farmi prestare qualche fazzoletto nero dalla Carolina.
DEMETRIO I vestiti di lutto li avete già ordinati?
BEATRICE Non ancora, sicuro. Non potrei mettere il piede fuori dell'uscio.
DEMETRIO Scu... scusate …e questi vestiti sono proprio ne... nec...essari?
Dico questo perché è una spesa... e se si potesse risparmiare qualche spesa.
BEATRICE Come, risparmiare? che cosa direbbe la gente?
DEMETRIO Certo fu una disgrazia, e voi avete il dovere di piangere quel povero uomo; ma di spese ce ne son già troppe....
BEATRICE Prendete un caffè, Demetrio?

DEMETRIO Grazie, non ne piglio mai! Mi sono spaventato, cara voi.
BEATRICE Di che cosa?
DEMETRIO Dello stato delle cose. Non c'è piú stipendio, non c'è diritto a pensione, e ci saranno a quest'ora quasi seimila lire di debiti.
BEATRICE Non è possibile...Non è possibile !

DEMETRIO Voi non siete obbligata forse a sa... sapere e siete da compatire. Ma qui c'è un fascio di conti... Cesarino aveva le idee troppo grandi.
BEATRICE Bisognava vivere con decoro, si sa.
DEMETRIO Lasciamo il decoro, per carità!
BEATRICE Si sa, un regio impiegato... Non tutti possono rassegnarsi a vivere di pane di segale o di polenta....

DEMETRIO No, no... che segale e che polenta! Adesso è morto e noi dobbiamo pregare per l'anima sua, ma vi confesso che sono spaventato. Aspettate; perché non diciate che invento tutto per il gusto d'inventare, ho portato con me tutte le pezze giustificative. Quando hanno saputo che Cesarino era morto e che io, suo fratello, m'incarico un poco delle faccende, i creditori si son mossi tutti come le mosche, se la pigliano con me, pretendono che io abbia a pagare... Io? con che cosa pagare? e che c'entro io?

Demetrio, tratto il suo fascio di cartacce, scioglie lo spago che le lega insieme, e comincia a spiegarle sulle ginocchia.


BEATRICE Arabella! 

ARABELLA Che cosa vuoi, mamma? 

BEATRICE Portami il caffè.
DEMETRIO Ecco, Angelo Boffi, orefice e bigiottiere. Per braccialetto d'oro con zaffiro, lire 150....

BEATRICE È un braccialetto che Cesarino ha voluto regalarmi fin dal Natale dell'anno passato.
DEMETRIO Fu pagato?
BEATRICE Io credo di sí.
DEMETRIO Il signor Boffi dice di no....

Il povero cane fa sentire un altro guaito. Beatrice  rompe in un singhiozzo, stende le braccia alla bestia, che le salta in grembo, e si rannicchia a piangere anche lui.

BEATRICE Dove sei stato fin adesso? o povero Jeudi, o Jeudi... dov'è il tuo padrone? (Giovedí risponde alla sua maniera, mugolando.)

Demetrio china il capo, lascia cadere la mano sul ginocchio e aspetta che la padrona e il cane finiscano di piangere.

DEMETRIO Non fu pagato questo, come non furono pagati gli altri. BEATRICE Scusate, Demetrio io non so nulla di questi conti che dite voi....
DEMETRIO Non volete dire con ciò che me li invento io....
BEATRICE Non sono in grado di dire se questi conti siano o non siano stati pagati. Lasciateli qui che li farò vedere a mio padre....
DEMETRIO Non cerco di meglio... Ma non vorrei che questi poveri figliuoli andassero di mezzo. Pensiamoci, per carità. Tiriamo i remi in barca... Che cosa può fare il signor Chiesa, vostro padre, per voi e per la vostra famiglia?
BEATRICE C'è ancora tutta la mia dote. Son quarantamila lire, non un quattrino. Vostro fratello non ha sposato una contessa, ma nemmeno la figlia della serva.
DEMETRIO Può il signor Isidoro mantenere oggi le sue promesse?

BEATRICE Adesso subito forse no, perché è in causa coll'Ospedale, ma fra sei mesi, fra un anno?
DEMETRIO Da quanti anni dura questa causa, lo sapete? quante volte fu già perduta? quante migliaia di lire furono sprecate in questa benedetta questione?
BEATRICE Mio padre è un uomo di buona fede e trovò sempre degli avvocati di poca coscienza.
DEMETRIO Lo so, ma non facciamoci illusioni....
BEATRICE Che cosa volete dire? che debbo forse mandare i miei figliuoli a fare il ciabattino?
DEMETRIO (cercando di dominarsi, e raccogliendo le carte)Se io volevo dare qualche consiglio, prego mia cognata a credere che non lo facevo per mio interesse.

BEATRICE E che cosa bisognerebbe fare? Sentiamo. 

DEMETRIO Non è il caso di mandare questi figliuoli a fare il ciabattino; ma certo saremmo tutti matti, se pensassimo di farne fuori degli avvocati. Via via, qui c'è della roba, voi avete portato della roba....
BEATRICE Ah chiedo scusa! della roba mia la padrona sono io....
DEMETRIOScusate, questi debiti io non posso pagarli....»
BEATRICE Lo so, non è la prima volta che non potete pagare i vostri debiti....

DEMETRIO Ah, le cose stanno così?! Questo è ciò che vi ha messo in testa il vostro signor padre? Allora….(Esce dalla saletta senza una parola).

- fine della quinta puntata -


 SESTA PUNTATA

“QUEL BRAV’UOMO DEL PIANELLI”

Personaggi:

DEMETRIO PIANELLI

ISIDORO CHIESA

CARAMELLA, usciere del Demanio

******

MILANIN MILANON

“Là giò in Quadronn - te se regordet ? - sott on porteghett se faseva el teater. Mi seri Aristodèmm e ti ‑ Gonip; e sela stava ben la Carolina! in quella sôa vestina tajada giò a la greca e a la romana che lassava vedè qui so brascitt, pien de boeucc e boggitt. Ah, car Carlin, che temp!”


Scena 1.

Nell’ufficio del Demanio, dove lavora Demetrio Pianelli.

Demetrio giunge in ufficio con qualche minuto di ritardo. Il vecchio portiere Caramella, che sonnecchiava le dodici ore al giorno in anticamera, lo accoglie con un:
 

CARAMELLA Buon giorno, Signor Pianelli…come mai oggi è in ritardo? DEMETRIO Solo di qualche minuto, Caramella…

CARAMELLA Ah, guardi che c'è un signore, un vecchio, che vuol parlarle.
DEMETRIO Chi è?

CARAMELLA È un vecchio, un uomo....»
DEMETRIO Gli avete detto che non ricevo in ufficio? sta per venire il cavaliere....
CARAMELLA Dice che ha bisogno... Pare un mezzo matto....
DEMETRIO Sarà uno dei soliti creditori.  Questo lo mando a Melegnano dal sor Isidoro.  Non voglio impiccarmi per... (a voce alta) Fatelo entrare un momento..

ISIDORO Per questo son già bello ed entrato.

Fa tre passi avanti, cadendo tre volte sulla gamba destra che ha piú corta della sinistra e, senza levarsi il cappello di testa, fissando in faccia a Demetrio i grandi vetri dei suoi occhiali, dice con voce sguaiata:

ISIDORO È lei quello che chiamano il Demetrio?
DEMETRIO Sissignore. 

ISIDORO Allora mi siedo, perché sono stanco come un asino.
DEMETRIO Si accomodi, ma faccia presto.
ISIDORO Son già seduto, grazie, obbligato. Non guardi se ci ho un vetro rotto nel mezzo. È una memoria che conservo, una grazia ricevuta dalla madonna. È stata una cavalla che aveva mangiata della cattiva stoppia,

ISIDORO sprrang... mi regalò un calcio qui nell'occhio. Si è rotto il vetro, ma la testa, oh, sí!.. testa di bronzo, corpo del diavolo!
DEMETRIO Ho l'onore? faccia presto....

ISIDORO Ecco, l'onore veramente è una parola troppo di lusso per un uomo che non ha avuto nemmeno il tempo stamattina di farsi lustrare gli stivali. Son venuto a piedi da San Donato a Milano, e c'era un fango alto cosí....
DEMETRIO Senta, si sbrighi....
ISIDORO Stia comodo, caro il mio carissimo sor Demetrio, che in un pater, ave e gloria la minestra è cotta. So bene che i regi impiegati non hanno mai troppo tempo da perdere coi signori contribuenti. So da un pezzo quel che significhi un regio impiegato. Non mi levo il cappello perché sono sudato e poi noi siamo americani. Sono stato a casa sua a cercarlo, e non ho trovato che un vecchio sordo come una campana. La portinaia mi ha detto: "È già andato all'ufficio." Allora io ho pensato: "Poiché siamo in piazza Fontana, approfittiamo della circostanza e facciamo colazione" e sono andato al Biscione, dove una volta ho mangiato una eccellente busecca alla milanese. Una volta c'era anche del vin buono - parlo di trent'anni fa, quando il Biscione non era diventato ancora un grand hôtel. Ci andavo tutte le settimane, fin da quando viveva mio padre, jesus per lui, anzi ho passato al Biscione la mia prima notte di matrimonio. C'è da farne un quadretto. La mia povera Marianna non era mai stata al Biscione... ah! ah! sicché, s'immagini che paura!.. Basti dire che è scappata su per la ringhiera in camicia....
DEMETRIO Scusi chi è lei? che cosa vuole? non ho tempo di stare a sentire le sue fanfaluche.
ISIDORO Ecco un parlar chiaro, corpo del diavolo! Se si tratta dunque di farle quell'onore che dice, io sono il Chiesa di Melegnano.
DEMETRIO Il sor Isidoro?

ISIDORO Sí, Isidoro Chiesa, uomo libero per la grazia di Dio e che non mangia il pane di nessuno.
DEMETRIO Se avessi saputo... non ci siamo mai incontrati.
ISIDORO Non abbiamo mai avuto quest'onore... Son venuto a Milano per discorrere di quella faccenda; anzi per far piú presto ho portato con me tutto l'incartamento talis et qualis come me l'ha consegnato ieri l'avvocato Ferriani... Conosce l'avvocato Ferriani? un bravo giovane, svelto come un uccellino, un poco storto di gambe, ma diritto di cervello. Questi nanis quanis alle volte hanno un talento! Anche la vite è storta, e fa buon vino. Transeat! Da questo incartamento ella potrà farsi un'idea precisa delle cose, come le ho raccontate al povero Cesarino. Io sono uno che ama le cose chiare, sebbene ne abbia ricevute di quelle che non le ha sofferte nostro Signore sulla croce. Ma un Chiesa non si umilia né per cento, né per duecento, né per mille marenghi. Un Chiesa non si vende.
DEMETRIO Io non so nulla...

ISIDORO Si tratta di un capitale di ottanta mila lire che l'Ospedale mi deve sacrosanto, come è vero che ho ricevuto il battesimo. Lei saprà benissimo la storia di quel capitaletto: c'è da farne una tragedia. Io sono salito sul fondo di Melegnano l'anno mille e ottocento cinquantasei, l'anno del colèra, ai tanti di novembre.
DEMETRIO Senta....
ISIDORO L'avvocato Ferriani, che non è un'oca, dice e sostiene che ho tutte le ragioni. Negli articoli del capitolato c'era una clausola che contemplava appunto la restituzione di quel precario, per cui io ho diritto a un risarcimento, sí o no? Si tratta di ottanta mila lire, non un quattrino, e in queste c'è la dote di mia figlia, che vuol dire il pane de' suoi figli, sangue del mio sangue. Pazienza ancora se i denari andassero a sollievo dei poveri; ma lei sa meglio di me che in queste pie amministrazioni è un rubamento e un mangiamento generale. Mangia l'ingegnere, mangia il ragioniere, mangia l'economo, mangia l'avvocato che fa le cause, mangia il giudice che fa le sentenze, mangia la Corte d'Appello che le rivede e su su, ladro via ladro fa ladro, è tutta una consorteria birbona.
DEMETRIO Scusi....
ISIDORO E io, bestia, mi son sempre fidato. Ma dice bene quel nanis quanis del mio avvocato: la pazienza dei popoli è la mangiatoia dei tiranni, e sento anch'io che un po' di catastrofe universale di tanto intanto ci vuole.... 

DEMETRIO Ma senta....
ISIDORO Se io esagero, se io esagero, mi possa cadere un fulmine sul collo, e restar qui, in nomine patris, filii et spiritus. È tutta una lega di moderati birboni....Tutta gente che vende la pancia al Governo. Rubano i ministri, rubano i segretari generali, rubano i capi divisione, e giú giú fino all'ultimo guattero del regno d'Italia, con Depretis alla testa, è una ladreria di mutuo soccorso....

A queste parole Demetrio scatta come un razzo, alzando la voce anche lui con una furia caina (perché ogni pazienza ha il suo limite): 

DEMETRIO Senta, signor Isidoro!…Non è alle persone di buon senso che si fanno certi discorsi, e  un pubblico ufficio non è un'osteria. Il mio tempo è  prezioso, e se non ha nulla di piú bello di queste fanfaluche, vada  a contarle al suo avvocato!
ISIDORO Lei, lei parla cosí, perché anche lei mangia alla greppia. Ma

lasciamola lí. Non sono venuto per cercare la carità a nessuno, ma soltanto per far valere dei diritti.
DEMETRIO Che diritti?
ISIDORO Suo fratello prima di morire mi aveva promesso settecento lire per vedere di finire questa causa.
DEMETRIO E cosí?
ISIDORO Ci ho qui ancora la lettera, nella quale Cesarino mi diceva di andare avanti, di fare i primi passi coll'avvocato, di battere il ferro mentr'era caldo; che in quanto ai denari li avrebbe trovati lui, anzi mandò lui stesso un acconto di duecento lire all'avvocato Ferriani. Io sono andato avanti, ho battuto il ferro, e per Dio, non si lascia neanche un malfattore impiccato a ISIDORO mezzo sulla forca. L'avvocato ha sulla garanzia di Cesarino e nell'interesse dei minorenni smosso della polvere, versato dell'inchiostro, ha unto le mani a qualche cancelliere per far correre la cosa, ha fatto spese in scritturazioni e carta bollata; ma se non ha le settecento lire promesse, è come aver messo le pezze e l'unguento su una gamba di legno.

DEMETRIO E viene a contarle a me queste cose?

ISIDORO Non è lei il fratello di suo fratello?
DEMETRIO Io non ho promesso niente a nessuno.
ISIDORO Lei è il tutore dei minorenni.
DEMETRIO Io sono il tutore di nessuno....
ISIDORO C'è un'obbligazione, corpo del diavolo! e a un Chiesa di Melegnano non si dànno ad intendere delle ciarle.
DEMETRIO A un Chiesa di Melegnano io dico che non lo conosco.
ISIDORO Dunque il signor Demetrio non crede alle mie parole...

DEMETRIO Io credo che lei è un gran buon uomo.
ISIDORO Ah! io sono un gran buon uomo?!
DEMETRIO Vada da mio fratello a farsele dare le sett...tecento lire. Io non vivo di grassazione per sua regola!

ISIDORO Ah! io sono un gran buon uomo… Ah! io sono....
DEMETRIO E se l'avvocato ha speso duecento lire in bolli, si faccia bollare anche lui per quattrocento... e vada fuori dei piedi che ho già la testa come un cavagno. (E lo spinge verso l’uscita)
ISIDORO Ah! io sono....

Giunto sulla soglia si drizza tutto, brandisce il pomo del bastone colle due mani e picchiando forte in terra grida compiendo la frase con un gesto di sfida:

ISIDORO Ci rivedremo, Filippo!

- fine della sesta puntata -


SETTIMA PUNTATA

“IL CAVALIER BALZELOTTI”

Personaggi:

         DEMETRIO PIANELLI

         CAVALIER BALZELOTTI

         GIOVANN DELL’ORGHEN

        

******

“MILANIN MILANON”

“E quî giornad del tredesin de Marz? Gh'era la fera, longa longhera, giò fina al dazi, coi banchitt de vioeur, de girani, coi primm roeus, e tra el guardà, l'usmà, el toccà, se vegneva via col coeur come on giardin, pensand al bell faccin de Carolina che sotto al cappellin a la Pamela e col rosin sul sen la pareva anca lee la primavera.”


Scena 1.

Demetrio, appena il vecchio matto se n’è andato, si volge tutto mortificato verso il cavalier Balzalotti, che ha assistito all’ultima parte della scena.

DEMETRIO Oh, Cavalier Balzelotti, buon giorno… lei ha sentito?…

BALZELOTTI È troppo buono, Pianelli, glielo dico sempre: e sa che cosa significa a Milano essere troppo buono? È troppo ingenuo lei, troppo poco pratico del mondo. Non tocca a me dare dei pareri, perché il proverbio dice: metà pareri e metà denari; ma se mi avesse dimandato in principio, gli avrei detto: Se ne lavi le mani. Che diavolo! non conosceva anche prima come stavano le cose?
DEMETRIO Sa, ci si trova implicati... Una povera famiglia....
BALZELOTTI Segno di buon cuore, ma il buon cuore in certi casi non basta. Ci vuole il bastone in certi casi. A me non me ne viene in tasca niente, figuriamoci, ma mi rincresce vedere un galantuomo nell'acqua fino alla gola. Lei si mangerà il fegato, butterà via quei pochi risparmi messi in disparte per la febbre e infine si farà odiare e maledire. È il solito, creda a me.
DEMETRIO Comincio bene ad accorgermi.
BALZELOTTI Altro che! La gente riceve piú volentieri una bastonata che un beneficio, e poi che gente! È un pezzo che conosco i coniugi Pianelli e saprei dire cento storie di lord Cosmetico e della bella pigotta.
DEMETRIO Di, di?
BALZELOTTI Come? non sa che mezza Milano li chiama cosí? bisogna proprio cader da un abbaino, caro Pianelli, per pigliare a occhi chiusi certe matasse da dipanare. Non dico che suo fratello non fosse un giovinotto allegro e simpatico: tutt'altro. Non per nulla uno si fa chiamare lord Cosmetico. Non dico nemmeno che sua cognata non sia una bella donna; posso anche giurare che poche contesse hanno due spalle e due braccia piú ben fatte. Suo fratello, da buon farfallone, si abbruciò le ali a questa candela. Lei lo sa meglio di me. Il lusso non era mai abbastanza: casa Litta addirittura. BALZELOTTI E quando un impiegato non ha che il suo magro ventisette del mese, creda a me, cioè, lo sa benissimo che è, dirò cosí, come la botte delle Danaidi. Feste, teatri, scampagnate, perle, vestito di raso, diamanti. Ohè! Ci si rovinano i principi, specialmente quando si vuole star sull'orgoglio e non far parlare la gente. Con tutto ciò la gente non ci crede lo stesso, e quando non trova la somma in una maniera, rifà i conti in un'altra, in partita doppia d'entrata ed uscita....Il buon cuore è una bella cosa, ma alle volte il cuore è buono per i merli. È una settimana che io vedo venire innanzi e indietro gente d'ogni colore e d'ogni faccia. Che cosa ha speso a quest'ora? e quanto gli resta ancora da pagare? e quando avrà pagato tutti i debiti vecchi, chi pagherà i

nuovi? perché, non si lusinghi che sua cognata possa rassegnarsi a una vita di sacrifizio e di lavoro. Non so nemmeno se sappia cucire insieme un paio di calze... Dietro di lei c'è questo vecchio gufo, come credo aver capito, che è capace di minacciare un processo, a lei  la spoglieranno della camicia, diranno che ha tradita la vedova e gli orfani derelitti e in fine si farà canzonare dalla gente. Canzonare è una parola, per non dir peggio. Perché perché, se non si offende, mi capisce, la gente è cattiva, si sa, e potrebbe supporre che lei pensa alle spese chi sa con quali intenzioni, o che - che so io? - che lei ci abbia quasi il suo interesse....
DEMETRIO Il mio interesse?… Ma io penso a quei poveri figliuoli!
BALZELOTTI Ecco, ai figliuoli forse è il caso di pensarci un poco; ma è inutile ingannare con false carità dei poveretti, a cui non si ha da poter lasciare che gli occhi per piangere. I figliuoletti vorrei metterli in qualche orfanotrofio, in qualche istituto di beneficenza. Non è questo che manca a Milano, e io stesso per quanto posso esser utile, se crede... conosco il presidente degli  orfanotrofi e luoghi pii annessi.
DEMETRIO Lei, lei è troppo...

BALZELOTTI In quanto poi alla bella vedovina - scusi, Pianelli, se mi permetto di parlarle col cuore in mano, - in quanto a lei, vorrei   lavarmene a tempo le mani, in due acque, se non basta una, e lasciarla, dirò cosí, al suo BALZELOTTI angelo custode..., le parlo da amico, e, se crede, anche da suo superiore....
DEMETRIO Compatisca, cavaliere, ma io non posso a rifiutarmi di pagare qualche grosso debito d'onore, per salvare, se non altro, il nome di quei poveri figliuoli, che infine si chiamavano Pianelli... Le assicuro che farò  tesoro dei preziosi consigli: e, se mi permette  di approfittare qualche volta della generosa protezione, verrò forse  di nuovo ad importunarlo...
BALZELOTTI Ma venga quando vuole: se posso levare una spina da un piede, non sto a farmi pregare... per bacco!»

Scena 2.

Nella soffitta in cui abita Demetrio Pianelli. Sonano le sei, quando entra Giovann dell'Orghen.

GIOVANN Buongiorno, sor Demetrio. Ecco qua il solito pentolino del latte e il pane fresco della colazione.
DEMETRIO (a voce alta, perché Giovann è sordo) Oh, bravo, Giovann! A che ora c'è la messa a Sant'Antonio?
GIOVANN Alle dieci e mezzo. Viene a dirla un vescovo missionario chinese colla coda, che è a Milano per la liberazione dei moretti. Oggi non tiro i mantici, perché sto sul campanile a suonare le campane a festa. Sentirà tra poco che concerto. Altro che Verdi! Vado subito perché il prete m'ha promesso anche la cioccolata.
DEMETRIO Addio, uomo felice! (Tra sé) Che gli manca per essere felice? Se avesse una camicia di piú, forse gli nascerebbero in cuore dei pensieri d'ambizione. Se anche gli manca un paio di scarpe, non ha rispetti umani lui: va in ciabatte... Chi si contenta è beato, ricco, è tutto quello che vuole. In fondo è il mio sistema: e non c'è mestiere piú stupido che il pretendere di raddrizzare le gambe ai cani. Dice bene il cavalier Balzellotti: a lavar la testa agli asini si butta via ranno e sapone. Che! che! Ho giusto voglia di mangiarmi DEMETRIO il fegato, perderci salute e denari, compromettere la mia dignità e il  mio onore per gli occhi di uno... di una bella pigotta! Bel nome se si vuole; bisogna proprio dire che c'è della gente che ha nulla da fare a questo mondo, se passa il tempo a inventare questi titoli! No, no, non voglio più saperne  di partita doppia... Grazie tante, sor Demetrio riverito, una bella figura!  (Si avvicina alle tre gabbie di canarini e fa qualche verso di richiamo)  Le bestie almeno capiscono la ragione, e, fin che possono, ti si mostrano riconoscenti. Ma le donne... Alla larga! Non  ho tempo di giuocar alla bambola io! (Accende un fornellino a spirito, vi colloca un ramino con un'oncia di burro, leva da un armadietto un paio d'uova, e  le mette a friggere.)

- fine della settima puntata -
OTTAVA PUNTATA

“DEMETRIO ALZA LA VOCE”

Personaggi:

         DEMETRIO PIANELLI

         BEATRICE

         ARABELLA

         ELISA, sarta

********

“MILANIN MILANON”

“Adess, longa longhera, el mè Carlin! El temp el ne trà a tocch quî quatter dent, el ne rovina el tècc e la cantina, el porta via i amîs, el desfa el nost Milan, el cambia el nomm di strad e, quell ch'è brutt, el cambia el visual de sti tosann che a desdott ann ghe veden pú per tì.”

        


Scena 1.

Si sente un passetto sulla scala, quindi l'uscio si apre e compare Arabella.

DEMETRIO Arabella! Sei tu? 

ARABELLA (con un filo di voce, tremando di vergogna e di soggezione.) Sono io.
DEMETRIO Che cosa vuoi? chi ti ha accompagnata?
ARABELLA Ferruccio.
DEMETRIO Siedi.
ARABELLA Zio è proprio in collera con noi?
DEMETRIO Sono in collera con nessuno, ma sto a casa mia.

ARABELLA Se abbiamo sbagliato, zio, ci perdoni per questa volta. La mamma non fa che piangere.
DEMETRIO (con una esagerata ruvidezza) È lei che ti manda qui?

ARABELLA No, non sa che sono venuta. Ho detto che andavo a messa con Ferruccio, che aspetta qui sulla scala. È venuto anche Giovedí.("Beb!" soggiunge il cane a sentire il suo nome). Povera mamma, ha quasi la febbre. Va compatita se non è pratica. È il nonno che le ha detto di far cosí, ma adesso si accorge anche lei che aveva ragione....
DEMETRIO Chi aveva ragione?

ARABELLA  Lei, zio....
DEMETRIO Ah! lo so bene. Grazie tante.
ARABELLA Non abbiamo piú nulla da mangiare. I bottegai non ci dànno piú nulla. Ieri e ieri l'altro ho provveduto alla meglio, facendo vendere da Ferruccio la medaglia de' miei esami, ma non si può andare avanti cosí, zio, non si può. I ragazzi fanno compassione.Per amore del nostro povero papà, zio, non ci tolga la sua benevolenza....
DEMETRIO Già, sono io che vi faccio patire la fame!  Si dirà anche questa. Io sono il ladro, il pedante, il tiranno, e se vi dò un buon parere è per fare il mio interesse, si sa. Io ho le olle in cantina piene di marenghi... Vieni avanti, DEMETRIO mangia!

Demetrio versa, colla mano convulsa, il latte nella scodella, che spinge colla mano fino all'orlo del tavolo, mettendo vicino un pane.

ARABELLA E lei?
DEMETRIO Mangia, non far smorfie.

ARABELLA Ah, zio, zio!..

DEMETRIO Cosa?
ARABELLA So tutto....
DEMETRIO Cosa sai?
ARABELLA Mi dica che non è vero.
DEMETRIO Che cosa ti hanno detto?...
ARABELLA Che il povero papà s'è ammazzato....
DEMETRIO Chi?
ARABELLA Una sera sul pianerottolo, mentre andavo a prender acqua, ho sentito sulla scala di sopra Ferruccio, che indicando l'uscione del solaio, raccontava a un altro ragazzo che il sor Cesarino si era impiccato lassú. Ho creduto di morir di spavento; ma ho capito subito che la mamma non ne sapeva nulla e che la gente cercava di nascondere la verità. Non sono morta ancora, perché la Madonna Addolorata m’aiuta..., O Madonna, Madonna!
DEMETRIO Arabella, povera figliuola mia!…(fa sedere la fanciulla, ne asciuga il viso grondante, l'appoggia alla tavola, corre a un armadio a prendere dell'aceto) Ecco… con l’aceto, così… la fronte e i polsi … e adesso prendi un granello di zucchero tuffato nel rhum… povera tosetta!… Ti senti meglio?

ARABELLA Sì, grazie, zio… Ma per pietà, andiamo dalla mamma…

DEMETRIO Sì, andiamo,  ne parleremo con comodo. Non dir nulla per ora. Fu una disgrazia per tutti... L'aria ti farà bene... Vuoi appoggiarti? Asciuga gli occhi. (Ed escono)
 


Scena 2.

In casa di Beatrice.

DEMETRIO  Cara cognata, se ho deciso di rimettere piede in casa vostra non è per voi ma per i figliuoli! Perciò voglio assolutamente patti chiari e rimedi pronti! I conti sono presto fatti. Cesarino non ha lasciato dietro di sé che una piccola pensione militare, un'ottantina di lire all'anno. La vostra dote è    ancora in aria, mentre il buon babbo Isidoro non ha piú credito per un quattrino. Tra debiti grossi e minuti ci sono  cinque mila lire da pagare al momento, oltre quello verso il Martini, e non ci sono  tutti; poi bisogna vivere e vestirsi in cinque persone. A questi bisogni io non posso far fronte che con qualche  piccolo risparmio messo in disparte e col mio stipendio...Perciò bisogna cominciare subito a vendere, a vendere, senza misericordia tutto ciò che non è strettamente necessario; ho placato il padrone di casa con una prima anticipazione, e ho rilasciato qualche cambialetta ai bottegai. Ma sono goccie nel mare. Per far fronte al grosso dei debiti e specialmente a quello segreto verso il signor Martini, ho scritto a  mio cugino delle Cascine Boazze, uomo di gran cuore e ben provveduto, che mi ha messo a disposizione un libretto della Banca Popolare, accompagnato da questa lettera: (legge)
"Caro cugino,
L'opera che fai per i Figli di tuo fratello è santa e sarà Benedetta in cielo. Io ricordo sempre i benefici che ho ricevuti dalla Tua buona mamma, dunque metti che in questa circostanza i miei denari siano Tuoi e me li restituirai quando Potrai e non stare a Ringraziarmi. Salutami la signora tua cognata anche a nome di Carolina.
Tuo aff.mo cugino
BOTTA PAOLINO."
Anche il pianoforte prenderà la via della scala….

BEATRICE E le lezioni di Arabella?


DEMETRIO Dovrà farne a meno. Conto di produrne un trecento lire, colle quali si potrà ristabilire il credito del fornaio. La musica è una bella cosa, ma dopo pranzo. Altre cinquanta lire le ho raccolte, vendendo ad un orefice la pendolina e qualche candelabro di bronzo. Venderemo anche questa gran pipa di schiuma, con delle donnine nude, che, oltre allo scandalo, non servono a niente. Prendo i denari con una mano e li spendo coll'altra, ma riempio dei buchi. !

BEATRICE Si farà come volete!

DEMETRIO Ricordatevi che mi avete chiamato voi.  O comando io, o comandate voi. Se non vi piace, piglio il mio cappello e me ne vado....
 (Entra Arabella.)

ARABELLA Mammà, c’è l’Elisa. Ha portato i vestiti di lutto.

ELISA Buon giorno, signora Beatrice!

DEMETRIO Che roba è? chi l'ha comandata? (Fruga nelle scatole)

ELISA Cosa gh'è? Semm al dazi?
DEMETRIO Son ciarle inutili. Io non ho ordinato nulla: dunque porti indietro questa roba.
ELISA Come porti indietro?
DEMETRIO Sí, indietro... Non ho comandato nulla....
ELISA Ma io non so nemmeno chi sia lei.
DEMETRIO Se non lo sa, se lo faccia dire. Io non pago se non ciò che ordino.
BEATRICE Ma si tratta di un modesto vestito di lutto, che ho ordinato io!

DEMETRIO O pago io, o pagate voi: o comando io, o comandate voi. Questa roba io non la ricevo: la porti indietro e faccia presto.
BEATRICE (scappa via, esclamando) È troppo! non ne posso piú.
DEMETRIO Non pago niente... non ho ordinato niente...
ELISA Chi?

DEMETRIO Io!

ELISA Lei?

DEMETRIO Sí!

ELISA Via? 

DEMETRIO Sì, proprio via, sora pettegola!

ELISA Ma guarda te questo moccolo, questo cero pasquale,  cartapecora di messale stracciato,  cavastivali,  sedia sgangherata!

DEMETRIO Non siete una donna, ma una trombetta.
 

Si sente che le scale e i pianerottoli  si riempiono di gente mentre dalle finestre del cortile escono teste e cuffie. Allora Demetrio, non volendo prolungare lo scandalo, con uno spintone piú forte degli altri caccia fuori la ragazza, chiude l'uscio, gira la chiave, e, mentre l'Elisa fa su per le scale la casa del diavolo, suscitando la curiosità e i commenti dei vicini egli torna in cerca di Beatrice, e, agitando nell'aria le due dita del suo eterno dilemma, grida ancora una volta con voce racusa e scassinata:

DEMETRIO Avete inteso, signora Beatrice? O comando io, o comandate voi: o pago io, o pagate voi: o mi volete, o non mi volete..., o resto, o vado via....

- fine dell’ottava puntata -

NONA PUNTATA
“ PALMIRA PARDI, DETTA PARDINA”

Personaggi:

         DEMETRIO PIANELLI

         BEATRICE

         ARABELLA

PALMIRA PARDI

         CAVALIER BALZELOTTI

         MARTINI

UNA VECCHINA

        

        

******

“MILANIN MILANON”

“Sto Milan Milanon el sarà bell, no disi. Gh'è di piazz, di teater, di cà, di contrad, di palazz, di bottegh, di istituzion che ai noster temp no gh'eren che a Paris; gh'è gent che va, che cor, che tas, che boffa, sú e giò per i tranvaj, sú e giò per i vapor, de dí, de nott, che no se troeuva on can che faga el quart.”

Scena 1.

Nella casa casa del povero Cesarino. Beatrice si fa consolare dalla Pardina.

BEATRICE Capisci, Palmira, oltre a non volere che io porti il lutto per mio marito, pretende che mangi quello che non mi va giú. Se c'è un pesce marcio o del formaggio che cammina da sé, pur di risparmiare un quattrino, lui ce lo porta a casa. Non vuole nemmeno che tenga una donna di servizio. Devo fare da Marta e da Maria e guai se non avessi Arabella! ma vedessi com'è ridotta a quest'ora la povera ragazza! una candela.
PALMIRA Tuo padre permette? non dice niente?

BEATRICE Mio padre scrive continuamente di trovargli un capitale per finire una lunga causa contro l'Ospedale. Demetrio, non è vero?, potrebbe aiutarlo, ma non vuole. Quando fosse finita questa causa, io potrei ritirare la mia dote che è di quarantamila lire e ricuperare la mia indipendenza....
PALMIRA E ci vuole una somma grossa?
BEATRICE Ma no, trecento o quattrocento lire.
PALMIRA Vuoi che ne parli a mio marito?
BEATRICE Ma guai se Demetrio lo sapesse!
PALMIRA Non gli faremo saper nulla. Vorrei esser io ne' tuoi panni, guarda! tu sei troppo buona. Io non ho figli, ma se ne avessi, sento che sarei una iena, una tigre.... (La magra e nervosa Pardina fa tintinnare co' suoi fremiti tutti i braccialetti e tutte le catenelle d'argento e di ferro, di cui ha cariche le braccia.)
 

Scena 2.

Nell’ufficio del cavalier Balzelotti.

PALMIRA Ora che le ho esposto il caso, cosa ne dice, cavaliere?

CAVALIERE Mia cara signora Palmira, so di che cosa si tratta... Guarda un po', povera signora...Sicuro che è il caso di continuare, di fare qualche sacrificio, molto piú che non si tratta di una gran somma. Se non ci fosse di CAVALIERE mezzo quest'altro, potrei trovare anch'io il mezzo... Se si potessero fare le cose in gran segretezza. Capisce, mia cara, io sono il capo, egli un subalterno, e le convenienze d'ufficio....
PALMIRA Beatrice ha tutto l'interesse a tener segreta questa congiura.
CAVALIERE Bene, m'informerò prima, parlerò coll'avvocato: e vedrò se è possibile far del bene a quella poverina... Spiace sempre di vedere una bella donna a piangere.

Scena 3.

Qualche giorno dopo, in casa di Beatrice.

PALMIRA Ecco qua, Beatrice, queste sono le prime lire cento da parte di una persona influente, una vera capacità amministrativa, della quale ti dico il nome in un orecchio. (Bisbiglia qualcosa)

BEATRICE Sono contenta di sentire che un uomo di tanta autorità trovi che mio padre abbia ragione, e lo incoraggi a continuare nella sua causa per rivendicare i suoi vecchi diritti: questi denari li mando subito a Melegnano. Ma mi raccomando, Pardina, che Demetrio non si accorga di nulla.

PALMIRA Non c’è neanche bisogno di dirlo….

Scena 4.

Nell’ufficio del cavalier Balzelotti.

CAVALIERE Senta, Pianelli: c'è un mio amico di Novara che deve passare a Milano tre o quattro mesi pei lavori del Censo e mi scrive di trovargli una stanzetta o due, in una posizione centrale, dove ci sia un letto, un cassettone, un tavolo, quattro sedie; non ama dormire negli alberghi, e sarebbe disposto a pagare venticinque o trenta lire al mese. M'è venuto in mente che forse si può combinare in casa di sua cognata.


DEMETRIO Altro che! Altro che! anzi la ringrazio infinitamente, signor cavaliere, d'aver pensato a noi. C'è modo di fare un ingresso separato, e le stanzette non potrebbero essere piú allegre.
CAVALIERE Benissimo, io scriverò subito al mio buon amico di Novara. Se devo anticipare qualche cosa....
DEMETRIO Che, che, che... mi canzona....
CAVALIERE Va bene. È lei che mi aveva raccomandato un ragazzo per l'Orfanotrofio?...
DEMETRIO Cioè, sarei ben contento se ci fosse un posto.
CAVALIERE Faccia la dimanda. Diavolo, se c'è un caso degno di

considerazione è il suo. Faccia la dimanda e l'appoggeremo. Sono anch'io del Consiglio.
DEMETRIO Davvero? questa è una carità, un segno della Provvidenza. Certo che per riuscire nelle cose bisogna muoversi e non aspettare che il bene venga a trovarti a casa. La superbia è il cavallo dei ricchi: la povera gente è fin troppo onore quando va a piedi.

Scena 5.

Sul pianerottolo della casa del Martini. Suono di campanello: la porta si apre.

DEMETRIO C'è il signor Martini?

VECCHINA Che cosa desidera?

DEMETRIO Avrei del denaro da consegnargli

VECCHINA Vengano avanti. Vado ad avvertirlo.
 (Rimasti un momento soli in anticamera, Demetrio dice ad Arabella:)
DEMETRIO Lasciami andar innanzi solo. Tu, Arabella, aspettami qui....

Demetrio segue la vecchina in salotto.

VECCHINA Povero figlio mio, ora il governo lo manda lontano, fino in Sardegna. E’ un trasloco senza promozione, senza miglioramento di stipendio, per colpa d'un birbone che l'ha tradito, sotto la maschera dell'amicizia...Ne ha VECCHINA passate quel povero martire in questi quattro mesi! ne ha patite piú che Gesú in croce. Il governo ha riconosciuto la sua buona fede, la sua innocenza, sta bene; ma ci vuole un esempio, e il meno che possono fare è di mandarlo via per qualche tempo collo stesso soldo. Ma i denari perduti ha dovuto rimetterli: e ora non può condurre una vecchia e una bambina fino in alto mare. Dovrà fare due case; lasciar me colla piccina e colla balia, andarsene solo colle sue malinconie... Questo si guadagna a fare il galantuomo.

MARTINI (Entrando) Ho il piacere...?

DEMETRIO Io sono..., io sono il fratello di Cesarino Pianelli, vengo a pagarle un debito che....(E per finire la frase trae il portafogli, ne leva due biglietti da cinquecento, che colloca sopra alcuni libri della scrivania.)

MARTINI La cosa... veramente... Io non so se devo...

DEMETRIO Non possiamo pagare il danno morale, questo no: ma se lei può perdonare a quel poveretto, anche per la pace de' suoi figliuoli, fa un'opera di carità.

MARTINI  So che anche il signor Cesarino ha lasciata la famiglia in gravi imbarazzi ed esito ad accettare…

DEMETRIO  Non dica di no, non tanto per la cosa in sé, quanto per la pace dei vivi e dei morti. C'è qui una sua figliuola che vuol essere quasi perdonata per il riposo di una pover'anima. Se permette.... Arabella!
Va all'uscio, fa un segno ad Arabella, che subito corre, quasi vola incontro a quel signore pallido vestito di nero, gli getta le braccia al collo con affettuoso abbandono, si attacca a lui con tutta la forza, rovesciando indietro la testa, socchiudendo gli occhi, sospirando:

ARABELLA Ci perdoni....

- fine della nona puntata -


DECIMA PUNTATA

“ PAOLINO BOTTA CERCA MOGLIE”

Personaggi:

         DEMETRIO PIANELLI

         PAOLINO BOTTA

         CAROLINA, sua sorella

         UN CAMERIERE

********

MILANIN MILANON

“Tutt se dîs, tutt se stampa, tutt se cred e se bev a l'ingross, ma quell vinett salaa, nostran, che se beveva a la Nôs, a la Pattonna, in del tazzin, con quî duu amarett, traona carezza al can e un'oggiada a la padrona, Carlin, el gh'è pú, Carlin.”


Scena 1.

Nell’orto delle Cascine Boazze, dei cugini di Demetrio.

CAROLINA Tu hai qualche dispiacere, Paolino.

PAOLINO Io no.

CAROLINA Sí, tu hai qualche dispiacere che non vuoi dire.

PAOLINO Ti dico di no.

CAROLINA C'è qualcuno che ha detto male di te o che ti invidia?

PAOLINO Chi vuoi, cara te?

CAROLINA  Hai venduto male le bestie?

PAOLINO Tutt'altro.

CAROLINA Ti fan male le scarpe?

PAOLINO Mi vanno benissimo.

CAROLINA Allora è segno,… è segno che vuoi prender moglie.

PAOLINO Nel caso, non sarei io il primo.

CAROLINA Avresti dovuto già farlo. Hai fissato l'occhio su qualcheduna?

PAOLINO Ma no….

CAROLINA È la Teresina dei Bareggi?

PAOLINO Nooo…

CAROLINA Allora è la figlia del fattore di casa Prinetti.

PAOLINO Perché dev'esser quella?

CAROLINA Perché viene tutte le domeniche a messa.

PAOLINO La voglio bella o niente.

CAROLINA Che cosa vuol dire bella? Non è il manico d'oro o d'argento che fa bella una scopa.

PAOLINO Ah brava! tu paragoni una moglie a una scopa.

CAROLINA No, faccio per dire che non bisogna guardare agli accessori, quando ci sia il principale, cioè salute, religione e voglia di lavorare. Queste signore della giornata, che escono dalle monache, che mettono le mani sotto il grembiale tutte le volte che hanno bisogno di traversare la corte, che svengono se vedono uccidere un cappone, che non sanno spennacchiare una CAROLINA gallina, sono buone per i signori milanesi, per i signori impiegati. Tu hai bisogno di legno forte e stagionato….È di Lodi questa tua bellezza?

PAOLINO No.

CAROLINA Di Melegnano?

PAOLINO No, cioè no e sí.

CAROLINA Di San Donato?

PAOLINO Oibò.

CAROLINA Di Milano?

PAOLINO Sí, cioè....

CAROLINA La conosco io?

PAOLINO Diavolo!...

CAROLINA Uhm!

PAOLINO Se non indovini, è segno ch'io son matto da legare. Non parliamone piú.

Lí in terra c'è  un pezzo di mattone. Paolino lo raccoglie, lo palleggia un momento nelle mani e con un'energia vera da matto disperato lo tira in una siepe di mortella, facendo correre e cantare tutte le galline che pascolano nell'insalata nuova.

 

Scena 2.

Si sentono le campane del giorno di Pasqua. Demetrio esce di casa.

DEMETRIO (Fra sé) Ah, Signore Iddio! ci vuol proprio una gran fede per resistere! Aveva ragione il cavaliere: io mi mangerò il fegato, mi ridurrò in camicia e mi farò maledire. Se non fosse per quei poveri ragazzi, che non hanno colpa, a quest'ora sarei già scappato in America.

Immerso in questi pensieri, si sente a un tratto arrestare da due braccia, che cadono dure e rigide sulle sue spalle come due timoni di carrozza.

DEMETRIO Sei tu, a Milano, oggi, Paolino?

PAOLINO (ridendo) Sono venuto a confessarmi in Duomo

DEMETRIO Segno che hai dei peccati grossi.

PAOLINO Hai fatto colazione?

DEMETRIO Non ancora.

PAOLINO Allora vieni con me al Numero Cinque in piazza Fontana e la faremo insieme.

DEMETRIO Ti sei già messo in abito d'estate e ti sei fatto radere come uno sposino.

PAOLINO (canterellando) Primavera innanzi viene...Sono stato a casa tua e mi hanno detto che eri appena uscito... Che cosa mangiamo? s'intende, paga Paolino.

Scena 3.

Entrano nella trattoria. Un cameriere, che non ha ancora finito di preparare i tavoli, li fa passare in una salettina appartata, stende in fretta una tovaglia, e, mentre va collocando i piatti e le posate, prende a recitare la litania, che comincia:

CAMERIERE Osso buco, milanese, paillard, bollito misto, scaloppini coi funghi…

PAOLINO Tu comincerai a portare un bel piatto di salame misto scelto; intanto dirai al cuoco che faccia andare un risottino coi funghi, ma…ho detto tutt, no?…Poi potremo discorrere di scaloppini, se piacciono a questo signore... Che te ne pare?

DEMETRIO Me ne intendo cosí poco

PAOLINO Scaloppini dunque e una frittatina rognosa doré? E vino. Mi garantisci il Valpolicella?

CAMERIERE Valpolicella vecchio, Barolo, Caneto...

PAOLINO Ma forse è meglio il bianco la mattina... C'è del Montevecchia? porta quello.... (Il cameriere esce).

PAOLINO Caro il mio caro Demetrio! Avevo paura di non trovarti.

DEMETRIO Ti ringrazio ancora di quel libretto della Banca che hai messo a mia disposizione.

PAOLINO Senti, Demetrio, se fai di questi discorsi a tavola, me ne vado.

DEMETRIO Se non vuoi essere ringraziato, amen. La carità resta....

PAOLINO Io sono in collera con te. Tu navighi in un mare di difficoltà, e non hai confidenza nell'unico nipote di tua madre.

DEMETRIO Vedi se non ho avuto confidenza....

PAOLINO Io ti ho portato un altro libretto della Banca Popolare e mi devi giurare che lo adoprerai come se fosse tuo....

DEMETRIO Caro te, non posso accettare....

PAOLINO Stia quieto, signor Pianelli, che non intendo di regalare il mio denaro a nessuno. Servizio per servizio, aspetta un poco, che metterò fuori il mio conto.... ma di questo discorreremo dopo il salame.

Paolino riempie il bicchiere del cugino e il suo d'un vinetto trasparente color dell'ambra.

PAOLINO Alla tua salute, Demetrio....

DEMETRIO Alla tua.

PAOLINO Che cosa direbbe mio cugino Demetrio se gli dicessi che ho voglia di prender moglie?

DEMETRIO Bravo! Ben fatto! e perché hai aspettato tanto? ne' tuoi panni, co' tuoi denari....

PAOLINO (con uno scoppio d'ilarità ) Colla mia bellezza….

DEMETRIO Chi è? chi è? La conosco anch'io?...

PAOLINO Per fare gli gnocchi ci vuole la farina, si sa; ma bisognerebbe sapere prima se lei è contenta di sposare uno scarafaggio simile.

DEMETRIO È una contessa?

PAOLINO Cosa mi vai contessando....

DEMETRIO Perché non devi essere sicuro?

PAOLINO È ciò che vado dicendo anch'io; ma ho paura....

DEMETRIO Segno dunque che sei in... innamorato.

PAOLINO (picchiando un gran pugno sul tavolo) Corpo del diavolo! ho fin vergogna a dirlo. È vero. E dire che non ho mai creduto che si potesse PAOLINO perdere la testa per una sottana. Va là, farfallone, brucia anche tu le ali dorate, birbonaccio!

DEMETRIO Difatti sei diventato magro.

PAOLINO Chi me l'avrebbe detto in principio di quaresima quando tu me l'hai condotta alle Cascine? Lo so che sono uno scarafaggio in suo confronto, e voglio che tu glielo dica. Se è no, addio! mi sarò strappato il dente. Ma se le buone intenzioni di un galantuomo valgono ancora qualche cosa, tu potrai dimostrarle che Paolino Botta non ha mai ingannato nessuno, e che se promette di dare un padre ai poveri figli di Cesarino, è come se giurasse sul calice della messa. Dille pure che venendo alle Cascine non dovrà fare la massaia: grazie a Dio ho di che far fare la signora a mia moglie e mandarla in PAOLINO carrozza. In quanto ai suoi figliuoli saranno miei e hai una prova in questa lettera di Arabella che tengo sempre nel portafogli e che avrò baciato cento volte a quest'ora. Se anche stentasse a rassegnarsi a vivere in una cascina, l'anno venturo scade il mio affitto e io posso andare a vivere dove voglio... Io non so che cosa non son pronto a fare per quella... per quella celeste.

DEMETRIO Tu vuoi parlare di Be... Beatrice…

PAOLINO Eh!...

DEMETRIO O santa pace! tè, tè....

PAOLINO Son matto?

DEMETRIO No, no, tutt'altro, anzi... ma guarda, tè, tè....

PAOLINO Non è possibile?

DEMETRIO Io non avrei mai pensato; oh, giusto! Una vedova con tre figliuoli....

PAOLINO Ma se ti dico....

DEMETRIO Sí, sí, magari, e sia lodato Dio! non sai che farei cantare una messa a San Celso coi rivestiti?

PAOLINO Ah tu trovi?

DEMETRIO Che c'è una Provvidenza... tè, tè. Ma tu conosci bene Beatrice? Capisco che nelle tue condizioni scompariscono certi difetti. Magari, Jesus!

PAOLINO Tu mi dài qualche speranza?

DEMETRIO Dammi la mano, Paolino.

PAOLINO Tutte e due, Demetrio.

DEMETRIO Se tu non sei l'angelo mandato dal cielo, io non so che cosa sono gli angeli....

- fine della decima puntata -


UNDICESIMA PUNTATA

“IL CAVALIER BALZELOTTI FA UN’OPERA DI CARITÀ”

Personaggi:

         BEATRICE

         MELCHISEDECCO PARDI

         PALMIRA

         CAVALIER BALZELOTTI

        

********

MILANIN MILANON

“Sto Milan Milanon l'è un cittadon, no disi. De nott ghe se ved come del dí (te pîas a tí ? ), se va in carrozza con duu sold, e fina mort te porten in carrozza.”


Scena 1.

Beatrice vede entrare in casa Palmira tutta spaventata.

BEATRICE Che cosa c'è?

PALMIRA (Ansando e porgendo l’orecchio all’uscio) Taci, lasciami sentire.

Quando è sicura che nessuno l'insegue, trae un sospiro.

PALMIRA Jesus, che corsa! quel bestione è capace di farmi una figura in istrada.

BEATRICE Chi?

PALMIRA Mio marito, Secco. Mi fa la guardia. Vengo dalla Posta dove ho ritirata una lettera. Eccola qui, non ho avuto tempo di leggerla.

BEATRICE È sempre Altamura?

PALMIRA Già, mi scrive da Barcellona. Fa furore anche là... Stavo per aprire la lettera, quando vidi sbucare Secco dal portone della Corte. Era là in sentinella. Ci deve essere della gente che gli soffia nelle orecchie. Non mi sono fermata ad aspettarlo, naturalmente: ma giú per la via del Pesce, su per i Visconti, giú per San Satiro, volta per l'Unione. Il pancione non può correre tanto e io sfido un cervo. Ma è capace d'aver presa una carrozza. Taci, senti: non si è fermata una carrozza davanti la tua porta? Scusa, va a vedere.

(Beatrice va alla finestra)

BEATRICE Non c’è nessuno!

PALMIRA Mi rincrescerebbe anche per te, perché Secco se si monta la testa non ragiona piú. Ma la deve pagare, lo stupidone. Oggi gli faccio una scena da far correre le guardie.

BEATRICE Scusa, Palmira, se però ti trovasse la lettera di Altamura? non ti parte che avrebbe ragione?

PALMIRA È per questo che son corsa. Ma non voglio scene in istrada, non ne voglio. Non mi lascio imporre, veh! Se non dimanda scusa, faccio fagotto e me ne vado.

BEATRICE Dove vuoi andare, cara te?

PALMIRA In nessun sito, si sa. Quando mi vede fuori dei gangheri, abbassa subito le arie, diventa un agnello. Bisogna fare cosí cogli uomini. Non mostrare mai d'aver paura. È perché noi donne non andiamo d'accordo; ma, se ci mettessimo, non sai che in ventiquattro ore cambiamo la legge del PALMIRA mondo? (agita nell'aria il foglio e se lo porta alla bocca.) Scrive che, finita la stagione di quaresima, tornerà in Italia... Oh, bravo!...

BEATRICE Sí, sí, va bene, ma tu sei troppo...

PALMIRA Troppo che cosa? Cara la mia innocentina! non tutte hanno l'arte di spennacchiare la gallina viva senza farla gridare. O che tu sei diversa dalle altre?

BEATRICE (arrossendo) Che cosa credi?

PALMIRA Io non voglio saper niente, non sono il tuo confessore. Lasciami vedere se non è giú ancora a far la guardia.

Palmira va a spiare dietro le gelosie socchiuse e guarda a destra e a sinistra. Quando è

certa che Melchisedecco non c'è, straccia in cento pezzetti la lettera, che semina per la stanza, e soggiunge:

PALMIRA Vado intanto che ho la furia addosso. Son passata di qui anche per dirti una cosa che ti riguarda. Ieri ho trovato il cavaliere, che mi ha detto di dirti che ha visto l'avvocato, che la causa è a buon punto, che tuo padre ha cento ragioni, che ha bisogno di parlarti.

BEATRICE Davvero? Questa è una bella notizia.

PALMIRA Verrebbe egli da te, ma ha paura di trovare qui quel tuo, come si chiama?.. quel del redingotto. Che cosa fa quella tua bellezza?

BEATRICE Dove posso trovarlo?

PALMIRA A casa sua, forse... Sai dove sta? in via Velasca, nella porta dei bagni. Se ci vai domenica, lo trovi certo. Ci sarà anche l'avvocato....

Palmira era già a mezzo della scala, ricacciata dalla furia che l'aveva condotta.

Scena 2.

Sul tram per Porta Genova.

PALMIRA (salendo trafelata) E’ il tram per Porta Genova?

A risponderle non è il bigliettaio, ma il buon Melchisedecco Pardi.

PARDI Sì, Palmira, è il tram per Porta Genova!

Palmira capisce che il temporale è grosso.

PALMIRA (sottovoce ma aggressiva) Son qui, ammazzami, ma dimmi prima che cosa ti ho fatto. Ammazzami qui, ma non voglio che tu mi faccia delle figure in istrada. Se non vuoi che io esca di casa, legami alla gamba del letto, chiudimi dentro a chiave, ma non rendermi ridicola in faccia alla gente. Sono stufa, stufa, stufa; e se dura un pezzo ancora questa vita, mi butto nel Naviglio. Non sono una stupida per non capire che tu mi vieni dietro ad ogni passo... Ebbene, parla... chi è il mio amante?

PARDI Quella lettera...? Ti ho visto, alla Posta.

PALMIRA Vedi, come sei stupido? è tutto qui? eccola la famosa lettera. To', leggila, c'è ancora il bollo fresco. È arrivata ieri, guarda... Modena... Leggi e guarda come sei imbecille colla tua gelosia.

Il buon Melchisedecco volta  e rivolta la letterina, che Palmira trae dalla tasca.  

PALMIRA E’ una lettera di Eloisa, mia  cugina, maritata a un tenente di guarnigione a Modena.

PARDI Se anche sono un poco geloso, non ti faccio torto. Se mi volessi bene....

PALMIRA E non te ne voglio forse? senti, adesso... cose da far piangere di rabbia. E non sono sempre in casa con te come un cagnolino, a fare i conti dei PALMIRA rocchetti e delle matasse? e quando mi lamento io di questa vita? e non dico sempre che il Signore mi ha voluto bene e che sono stata fortunata? e non conservo forse sempre per memoria l'ultimo paio di zoccoli che ho lasciato ai piedi della scala quella notte che tu mi hai detto che mi volevi bene? Ti ricordi? tua madre non voleva che tu mi sposassi, e noi ci siamo sposati lo stesso... ti ricordi? quella notte, in quella stessa stanza... Oh no! non meriti nemmeno che io te ne parli. Allora sí mi volevi bene; ora perché sono diventata vecchia, sono la vespa, la biscia, l'ingrata, l'infame... Oh, è troppo! io morirò di crepacuore....(E la povera Palmira piange davvero un fiume torrenziale di lagrime)

PARDI Mi sarò ingannato ma corrispondenze non ne voglio. Non ne voglio io delle....

Scena 3.

In casa del cavalier Balzelotti. Suonano alla porta:si sente un passo misurato accompagnato dallo scricchiolío delle scarpe e l'uscio si apre.

BALZELOTTI Oh chi vedo! la mia cara e buona signora Beatrice. Brava, arrivata a proposito. Avevo giusto detto alla signora Pardi di avvertirla. Venga avanti. Come sta? oh poverina, la trovo pallidina pallidina... Ma! Forse a venir dalla strada troverà un po' oscuro qua dentro... Per di qua, aspetti, chiudo l'uscio con un giretto di chiave, perché sono in casa solo e stando di là non si sente chi entra. Sicuro, io vivo sempre solo come un giovinotto, en garçon, con una vecchia Perpetua, che alla festa ha dieci messe da sentire e non so quante indulgenze da acquistare.

BEATRICE Scuserà, cavaliere, se ho fatto la sfacciata.

BALZELOTTI Giusto, brava! si accomodi... Si accomodi, signora Beatrice, si segga sopra questo canapé. Ed ecco questo sgabellino per i suoi piedini.

BEATRICE Io devo ringraziarla, cavaliere, di molte cose.

BALZELOTTI Di nulla mi deve ringraziare. Sarei venuto io stesso a casa sua, cara la mia signora, se non sapessi che Demetrio è contrario a questa causa. La Palmira - un bel tomo se ce n'è - mi ha contate le prodezze di questo signor Demetrio. Povera Beatrice! è stata una gran disgrazia.

BEATRICE Ella ha avuta la bontà di parlare col signor avvocato.

BALZELOTTI Dovevo trovarmi ieri, ma c'è stato un contrattempo. Però prima di partire lo vedrò senza fallo. Sono chiamato a Roma dal Ministro per affari di ufficio e può essere che di là possa aiutare ancor meglio la faccenda. Conosco dei deputati....

- fine della undicesima puntata -
DODICESIMA PUNTATA

“ IL BRACCIALETTO“

Personaggi:

         DEMETRIO PIANELLI

         BEATRICE

         ARABELLA

         CAVALIER BALZELOTTI

         LA SIGNORA GRISSINI

L’USCIERE CARAMELLA

********

           

MILANIN MILANON

ma quî bei contradèi in drizz, in sbièss, cald d'inverno e frècc el mes d'agost, quî streccioeur cont in aria el lampedin che fava ombria, quî presèpi de cà, de spazzacà, coi ringheritt tutt a fior, quî scalett…”

Scena 1.

BEATRICE Lei fa una grande opera di carità, cavaliere, ai miei figliuoli e al mio povero papà...

BALZELOTTI E non a lei? oh guarda che cattiva!.. e io che ci tenevo tanto alla sua riconoscenza....Demetrio le avrà parlato di quel mio buon amico di Novara.

BEATRICE Difatti.

BALZELOTTI Gli scriverò domani che l'ho servito da principe. Cospettina, non càpita a tutti di poter dormire uscio a uscio con una bella padrona, come la mia cara signora Beatrice.

BEATRICE Lei vuol scherzare.

BALZELOTTI Mi farò pagare profumatamente la mediazione. Per me... confesso... che non potrei chiudere occhio.

BEATRICE Caro lei....

BALZELOTTI Non crede che ne perderei il sonno? sarei costretto a dir rosari tutta la notte... Non è la prima volta che la mia cara signora Beatrice non mi lascia dormire.

BEATRICE Oh... no

BALZELOTTI Davvero, sa…Naturalmente ho sempre saputo rispettare le convenienze. Una donna maritata, si sa, impone dei doveri, specialmente quando ha un marito vivo, geloso, che non dorme. Ma se avessi potuto parlare, come possiamo parlare adesso, qui, in camera caritatis senza far torto ai morti, ho avuto anch'io il mio poema. Si ricorda questo carnevale? Tornavo a casa qualche volta da quelle benedette feste che parevo un uomo matto. Lei ride... capisco che son ridicolo: ma di chi è la colpa? di chi sono certi occhioni, eh? Pensi l'effetto che mi ha fatto l'altro giorno a sentire dalla Pardi che la povera mia signora Beatrice era caduta in tante angustie, che non aveva quasi piú pane per i suoi figliuoli e che si disperava sotto la sferza di un villanzone...: tanto, non è qui a sentire e possiamo chiamarlo col suo nome. Povera martire, BALZELOTTI povera pecorella! io non so di che cosa sarei capace per toglierla da questo letto di spine. Oh, non mi crede niente?

BEATRICE (quasi stupidamente , come se non avesse ascoltato nulla.) Che cosa? 

BALZELOTTIO crede che tutti gli uomini siano egoisti a un modo? cosí giovane, cosí bella...  Io vorrei essere un re per dare a questa bellezza il trono che merita. (Cambiando tono di colpo) Senti... Non sei tu libera e padrona di te? non posso io fare del gran bene a te ed a' tuoi figliuoli?...

BEATRICE Ma… cosa dice?…

BALZELOTTI No, forse?

Beatrice si alza, con un gesto duro del braccio respinge l'insistenza di quel bravo signore. La bocca si contrae a un tremito di sdegno e di sarcasmo. Poi, come vinta alla sua volta dall'eccesso nervoso della sua energia si pone a piangere dirottamente come una bambina battuta.

BALZELOTTI Ma che bambina! ho detto cosí per... Che diamine! capisco che ho torto. Metta che abbia voluto confessarle un peccato, ecco. Andiamo, asciughi questi occhioni, mi dia la manina e mi assolva. Che cosa c'è da piangere? lei è in casa di un gentiluomo e conosco troppo bene gli obblighi di ospitalità per... Che diavolo! Là, via, non mi dia questo rimorso d'averla fatta piangere cosí. E che lagrimoni! Discorriamo dei nostri affari. Che cosa si diceva? ah, della causa e dell'avvocato. L'ho visto e mi ha detto che oramai non c'è piú nulla a sperare. È una barca scassinata che fa acqua da tutte le parti.... Ma vediamo se posso rimediare… (Si alza e va verso uno stipetto) Guardi qua, che ne dice di questo braccialetto?…Ecco qua, lasci che gliel’allacci… Ma le sta benissimo!…

Beatrice fa il tentativo di togliersi dal polso quel segno, quell'anello massiccio; non può.


BALZELOTTI La prego, la supplico, non mi faccia il torto di rifiutare un segno innocente della mia amicizia. Non parleremo mai più di queste cose. Non mi rifiuti questa consolazione: non mi voglia male: mi conceda il piacere di esserle utile. Per me è un bisogno del cuore!

Beatrice dice una volta di sí, senza capir bene a che cosa dice di sí.

BEATRICE Mi scusi, ma ho bisogno d'aria, mi sento soffocare...

E come volando si ritrova fuori dall’uscio.

Scena 2.

A casa di Beatrice.

ARABELLA La mamma è in letto.

DEMETRIO Si sente male?

ARABELLA Son già tre giorni.

DEMETRIO Perché non mi avete avvisato?

ARABELLA Non ha voluto. Credo che abbia la febbre. Ieri e ieri l'altro s'è tenuta in piedi, ma oggi l'ha presa un tal mal di capo, che non può quasi tener gli occhi aperti.

DEMETRIO Oh diavolo! È venuto il dottore?

ARABELLA Non l'ha voluto.

DEMETRIO Chi c'è di là?

ARABELLA C'è la signora Grissini.

L'uscio della stanza si apre e viene fuori col suo passino senza rumore la buona signora, tutta grazia e tutta ossi, che, agitando i due bei trucioletti di capelli infilzati nella lattuga della cuffia, dice:

GRISSINI Sicuro, è malata: pare una piccola reumatichettina....

DEMETRIO Guarda!

GRISSINI Ma non credo che sia cosa seria. Le ho fatto prendere un mezzo citratino... Signore! io credo che la poveretta abbia bisogno di un vitto piú nutriente e specialmente di avere il cuore in pace. Ne ha patite tante quest'anno, caro Iddio!

DEMETRIO Se... se potessi...."

GRISSINI In confidenza, in questi giorni sono andata avanti io... Spese ce ne furono, e quella poverina era senza denari. Non volle ad ogni costo che io mandassi a chiamar lei. Io lo faccio volentieri, ma devo naturalmente dir niente a mio marito, che dice sempre che non ragiono.

Demetrio trae il portafogli, vi pesca dentro, e tira fuori un biglietto di cinquanta lire che consegna alla signora Grissini.

DEMETRIO Ecco qua… Queste sono cinquanta lire. Le dica che stia di buon animo. Ero venuto per parlarle di un progetto che forse le farà piacere. Tornerò dimani.

GRISSINI Io credo che la poverina sia malata di patema d'animo.

DEMETRIO Crede?

GRISSINI Non fa che piangere....

DEMETRIO Lei intanto si paghi delle sue spese. Verrò dimani.

GRISSINI Oh giusto, non ho detto per questo.

DEMETRIO No, no, che diamine! ho caro che sia curata da una brava persona. Se Naldo volesse venire con me, ho posto di metterlo a dormire.

GRISSINI È una buona idea, per alleggerire la barca.

Scena 3.

Negli uffici del Demanio. Caramella, il portiere, corre premurosamente ad aprire la porta a Demetrio.

CARAMELLA Buon giorno, signor Pianelli.

DEMETRIO (stupito da tanta cortesia) Buon giorno, Caramella.

CARAMELLA E’ vero che il Cavaliere Balzelotti deve andare a Roma per la discussione del nuovo organico?

DEMETRIO Così si dice.

CARAMELLA Ecco, vede, signor Pianelli… se potesse metterci una buona parola…

DEMETRIO Ma che dice?

CARAMELLA Eh, signor Pianelli…  quando si hanno cinque figliuoli da mantenere e la donna che allatta, va compatito anche un povero padre di famiglia se si raccomanda. E lei ha col Cavaliere, diciamo cosí, una entratura per la quale...

DEMETRIO Che entratura? Capisco i bisogni: ma che entratura? Il mio mestiere è di copiare e basta.

CARAMELLA Almeno vorrebbe farmi la gentilezza di ricordargli una certa istanza che gli ho presentata? sa, senza farsi scorgere, dica cosí: l’usciere Caramella chiede se ella ha ricevuto quella tal carta... Mi fa un gran favore. DEMETRIO ( tra sé) Bella questa! Si accorge ora ch'io sono al mondo, e pare che m'abbia tenuto a battesimo.

fine della dodicesima puntata -
TREDICESIMA PUNTATA

“ LA MALATTIA DI BEATRICE “

Personaggi:

         DEMETRIO PIANELLI

         BEATRICE

         ARABELLA

********

MILANIN MILANON

“quî cortitt, quî loggett, miss sú come i niâd fina al terz pian, quî tècc vècc che sponta erbos coi grond pensos, veduu sul scur, col ciar de luna che giuga in mezz ai mur, gh'aveven el sò bell, vera Carlin ?”


Scena 1.

Arabella corre ad aprire la porta allo zio Demetrio.

ARABELLA Oh, zio, buon giorno!

DEMETRIO Come sta la mamma? ha dormito?

ARABELLA Meglio, sí. Mi ha detto quando veniva lo zio Demetrio di avvertirla.

DEMETRIO Non ho molto tempo.

ARABELLA Venga, zio…

Demetrio si muove e e chiede:

DEMETRIO Si può?

BEATRICE Avanti pure.

Demetrio entra timidamente in camera da letto.

DEMETRIO Come va?

BEATRICE Sto meglio, è un po' di febbre.

DEMETRIO Guarda, forse il tem... forse il tempo. Piove come se non fosse mai pio... piovuto.

Segue un istante di silenzio, dopo il quale Beatrice prende a dire:

BEATRICE Avete avuta la pazienza di condurre Naldo con voi....

DEMETRIO Pover patanèll!...Pensavo che si potrebbe mandare Mario alle Cascine. La Carolina è meglio di una mamma... Anzi ci ho qui una lettera di Paolino.

E slacciati i bottoni dell'abito, Demetrio caccia la mano nella tasca di sotto, chinandosi giú giú, come se pescasse in un pozzo.

BEATRICE Sedetevi.

DEMETRIO Comodissimo.

BEATRICE Devo parlarvi di una cosa...Se sapeste Demetrio che cosa mi è capitato!

DEMETRIO Che cosa?...

BEATRICE Ah Signore, che spavento! sono ben malata per questo.

DEMETRIO O di... diavolo!...Che cosa vi è capitato?

BEATRICE Come posso dirlo?... Mi pare che andrei piú volentieri incontro alla morte.

DEMETRIO Alla... alla morte?

Beatrice comincia a singhiozzare e a bagnare il cuscino di lagrime.

DEMETRIO Ma io non capisco, cara voi....

BEATRICE Se non promettete prima di perdonarmi....

DEMETRIO Io perdonarvi?

BEATRICE Vi giuro che non l'ho fatto con cattiva intenzione.

DEMETRIO Che cosa non avete....

BEATRICE Fu per compassione di mio padre che insisteva tanto. Ho fatto male a non parlarvene prima, ma sapevo che eravate contrario a dar denaro a quel povero uomo. Mi sono fidata della Pardi... oh povera me!

DEMETRIO Cioè... volete dire che avete dato del denaro a vostro padre....

BEATRICE Sí.

DEMETRIO E che l'avete tolto a prestito da qualcuno....

BEATRICE No, no.

DEMETRIO Avete forse firmata qualche carta?

BEATRICE No, no, è un tradimento, un infame tradimento... (prorompe con un grido soffocato la povera donna.)

DEMETRIO Un...?

BEATRICE Quando penso alla figura che m'hanno fatto fare, non so come sia ancora viva…Mi hanno mancato di rispetto....

DEMETRIO Vi hanno....Chi... chi vi ha mancato di rispetto?

BEATRICE Ah, sapeste! mi hanno creduta una donna di quelle... Ah, povera me! poveri i miei figli!

DEMETRIO Chi?!

BEATRICE Demetrio, se vi conto tutto, è perché sento che soltanto voi potete aiutarmi in questo momento: ma non voglio che per colpa mia voi BEATRICE dobbiate avere poi dei dispiaceri. Il danno materiale è poca cosa: lo compenserò, lavorerò, guadagnerò, dovessi vendere anche il letto....

DEMETRIO Chi... chi vi ha mancato di rispetto?

BEATRICE Abbiate pazienza, lo sbaglio fu tutto mio. Capisco che avrei dovuto essere piú prudente, credere meno alla gente. Ma ci sono andata in casa come si va nella casa di un benefattore; voi stesso mi avete parlato sempre di lui con una grande opinione. Chi doveva immaginare che quel signore, alla sua età... Insomma fui ingannata, ma la colpa è mia. Avrei dovuto credere ai vostri consigli. Quando sono uscita da quella casa mi pareva che la gente dovesse leggermi in viso la mia vergogna e mi pareva di sentire la voce di Cesarino che diceva: "Brava, begli esempi che dài alla tua figliuola!" Ah che notti ho passato mai ieri e ieri l'altro! Che cosa non ho pensato anche di voi, Demetrio! Dicevo: egli mi ha sempre parlato del cavaliere come di una persona molto rispettabile; gli ha raccomandato Mario per l'Orfanotrofio: gli ha subaffittato due stanze... Ma, Signore! che anche Demetrio aiuti a tradirmi? dove sono? in mano di chi sono? Capisco, forse sono una donna viziata dalla buona fortuna, una donna poco pratica, poco avveduta, ma quando ho dato prova, Gesú mio, di non essere una donna onesta? Se venisse qui il mio povero Cesarino, guardate, Demetrio, se egli potesse uscire dalla sua fossa, vi giurerebbe sul capo de' miei figliuoli che io non ho mai tradito, nemmeno col pensiero, i miei doveri di buona moglie, e dal dí che egli è morto voi sapete che non ho fatto che piangere e pregare. Ditelo, ditelo a quel signore... ditelo alla gente... non aiutate anche voi a tradire una povera donna... Fatelo almeno per compassione de' miei figliuoli....

DEMETRIO ( irrigidito nei muscoli, ritto in piedi come un pilastro, mormora tra sé) Ecco spiegate le riverenze del Ramella, le raccomandazioni degli altri colleghi!…Dio, che vergogna, che abbiezione, che mortificazione alla nostra superbia! che avvilimento, che castigo!…(e scoppia a piangere col singhiozzo addolorato e rauco dell'uomo che non piange da un pezzo.)

BEATRICE Perché piangete, voi?.. Non ne avete colpa, lo so. Anche voi avrete agito in buona fede... Io non vi accuso di questo, Demetrio. Abbiate pazienza.

DEMETRIO Sentite, è detto che io sono un povero imbecille …no, no, no: è vero, lo sono, lo sono. Se non lo dice nessuno, lo dico io: io sono un imbecille, un bestione, un mammalucco, sono. No, abbiate pazienza, lasciatemi dire. Io sono anche un imbecille presuntuoso, che dò pareri agli altri e non ne tengo per me. È giusto che porti la pena della mia asinità; ma sentite, Beatrice, com'è vero che stamattina ho fatto la santa Pasqua, io sarei il piú vergognoso degli uomini, se questa ingiuria che vi hanno fatta non la ricacciassi in gola....

BEATRICE Sentite....

DEMETRIO In gola, in gola…in gola a quell'impostore....

BEATRICE Per carità, caro Demetrio…

DEMETRIO Ad uno ad uno gli farò ringoiare i buoni consigli che mi ha dato. Ah io sono un uomo ingenuo, io mi mangerò il fegato, mi farò maledire!?.. Glielo farò mangiar io il fegato a quel....

BEATRICE Sentite una volta, Demetrio. Ora mi fate pentire d'aver avuto confidenza in voi. Abbiate pazienza, venite qua, sedetevi un momento, per l'amor di Dio. Non voglio che voi crediate il male piú grande che non sia.

Io per me, me ne rido di quel vecchio sciocco e galante, del quale non ho mai cercata la protezione: ma voi potreste avere dei dispiaceri grossi. Egli è potente, è vostro superiore, e, non potendo vendicarsi su di me, avrebbe gusto di vendicarsi su di voi.

DEMETRIO Si vendichi... Se vuole anche il mio sangue, se lo pigli...E adesso, deve andare….

BEATRICE Ma tornate presto?

DEMETRIO Certo, molto presto…. (Ed esce)

- fine della tredicesima puntata -

QUATTORDICESIMA PUNTATA

“ E’ FINITA L’ENTRATURA  “

Personaggi:

         DEMETRIO PIANELLI

         PAOLINO BOTTA

         CAROLINA

         CARAMELLA

********

        

MILANIN MILANON

“Per mí son vècc e moriroo in del mè strecciooeu. Ma dí, Carlin, quî casonn ínscí bianch, tutt drizz, tutt mur, che paren caponer coi beviroeu, qui strad tutt polver e sô, con quell sú e giò de brúmm, de tramm, de câr, de gent, de sabet grass, hin nanca bèi de vedè e de andà a spass.”


Scena 1.

Nell’ufficio del Demanio. L’usciere, ancora una volta, corre a spalancare la porta a Demetrio.

CARAMELLA Ben arrivato, signor Pianelli!

DEMETRIO Stia comodo, adesso è finita l'entratura!

CARAMELLA Cosa? (Non ha capito)

DEMETRIO (a sé stesso) Non c'è piú da fidarsi di nessuno... Cara anche quella signora Palmira co' suoi buoni consigli, co' suoi segreti protettori. Bel regalo che ha fatto all'amica del suo cuore! e adesso bisogna trovare subito cento lire da restituire al buon benefattore, e bisogna farlo subito, per telegrafo se occorre, perché certi denari bruciano le mani. Dove trovarle cento lire? non le  chiederò certamente a Paolino questa volta... A proposito. Non doveva consegnare una sua lettera a Beatrice? Oh Dio!…  la lettera non c'è piú, né qui, né là, né in fondo alle tasche. Che l'abbia perduta?  Ora c’ho ben altro da pensare che alle scalmane del signor Paolino. E perché non viene lui a proteggere l'onore della sua fiamma, ma se ne sta comodamente alle Cascine ad aspettare la manna dal cielo? oltre al resto deve toccare anche a  me la parte del mediatore, per farmi odiare forse anche dal cugino? perché questa è la regola: piú un uomo si strugge per fare del bene e piú diventa antipatico e odioso. È meglio guardare a sé, pensare a sé, fare il proprio interesse, pigliarsi i propri comodi, soddisfare i propri appetiti. Egoisti, egoisti, viva la vostra faccia!

Scena 2.

Nella cascina di Paolino. Carolina picchia all’uscio della camera di Paolino.

CAROLINA Ti senti male, Paolino?

PAOLINO Lasciatemi stare; sí, mi sento male.

CAROLINA Devo far venire il dottor Fiore?

PAOLINO Fa venire il diavolo. Che non si possa star quieti una mezz'ora?

CAROLINA Son già le dieci, caro mio: e se ti senti male....

PAOLINO Allora sto benissimo.

CAROLINA Non far cosí, non sta proprio bene. È quasi un tentare la provvidenza.

PAOLINO Bella provvidenza!

CAROLINA Non ti ha scritto Demetrio che essa era malata e che si sentiva poco bene anche lui?

PAOLINO Tre righe in quindici giorni.

CAROLINA Roma non fu fatta in un giorno e non si può dire ad una donna: Son qui, la mi pigli, come se si trattasse di un bicchierino di rosolio. Si sa, anche lei deve fare i suoi conti.

PAOLINO Doveva dirmi almeno se ha consegnata la mia lettera.

CAROLINA Gliel'avrà data, cari angeli custodi!.. Stanotte ho fatto un sogno....

PAOLINO Brava, contami i tuoi sogni adesso!

CAROLINA Tu sei padrone di non credere a' miei sogni, quantunque io pensi che, se Dio li manda, avrà il suo scopo. Anche Giacobbe....

PAOLINO Oh cara, anche la storia sacra!

CAROLINA Ti ricordi la povera Marietta dell'Acquabella? una notte sognò che il suo figliuolo soldato in Sicilia era malato di vaiolo: la mattina non giunse il telegramma ch'era morto?

PAOLINO Storie del medio evo!

CAROLINA Saranno idee vecchie, ma alle volte le idee vecchie fanno correre le nuove.

PAOLINO Ebbene, che cosa ti sei sognata? Sentiamo anche questa.

CAROLINA Mi pareva dunque che Beatrice fosse ancora qui alle Cascine coi suoi figliuoli, nella stanza qui sotto, che era la sua, va bene? La pettinavo come solevo far tutte le mattine, pigliando in mano quella bella massa di capelli, che pare un bandolo di lino, un profluvio, che vanno fino in terra quando è CAROLINA seduta. La stavo pettinando, quando mi rimase in mano una ciocchetta di quei capelli. E proprio in quella mi svegliai.

PAOLINO O che bel sogno! o che bel sogno!

CAROLINA Aspetta un poco, che sentirai. Mi sveglio, va bene? e mi viene in mente di entrare nella stanza qui sotto, dove non sono mai entrata dopo la partenza di Beatrice e di Arabella. Apro per caso il cassettino della tavoletta, e guarda che cosa trovo.... un filzolino di capelli biondi, proprio di quel biondo come non ce n'è un altro al mondo. Ti paiono i suoi?

PAOLINO Ma no… che suoi?

CAROLINA Ai sogni si può credere e non credere, perché non sono articoli di fede. Ma io dico che il Signore ha tante strade per andare a Roma e che alle volte bisogna lasciarsi guidare dai piccoli segnali. A furia di piccoli grani i frati di Chiaravalle facevano seicento moggia di frumento. Un parere te l'ho dato ieri mattina.

PAOLINO Quale?

CAROLINA Che tu andassi a Milano in cerca di Demetrio.

PAOLINO No, mai: per farmi dire la brutta verità sulla faccia?

CAROLINA E allora non resta che tentare un'altra strada. Tu dirai che sono anche queste cose del medio evo: ma pazienza, parlo con buona intenzione. Sta per cominciare la stagione dei grossi lavori, e se ti ammali, io non posso arrivare dappertutto. Sento già le mie gambe che gridano vendetta in cielo. Tu hai tutti i diritti d'avere la tua famiglia: è naturale, non sei un uomo per niente. Il mio ideale - te l'ho detto - sarebbe stato che tu sposassi una buona e brava ragazza delle nostre, anche un pochino piú alla mano: ma, al cuore, tu dici, non si comanda, e non so che cosa dire. Il peggio che tu possa fare adesso è di rimanere in questo stato d'incertezza....

PAOLINO E dunque? Vuoi che faccia una divozione alla Madonna di Caravaggio?

CAROLINA Anche una divozione non sarebbe fuori di luogo, perché la Madonna ha patito anche lei e sa compatire. Ma non è di questo che parlo CAROLINA adesso. Ti ricordi quella volta che ho perduto il mio anello di diamante? Chi diceva che me l'avevano rubato; chi diceva che lo avevo perduto per via; chi questo, chi quello; e per una settimana ho voluto impazzire inutilmente. Allora mi venne in mente di far interrogare madama Anita, che sta a Milano in contrada di San Raffaello, quasi sotto il Duomo; e come se la cara creatura lo vedesse in uno specchio, mi fece rispondere: "Cerchi l'anello e l'hai nella mano! Guarda nel guanto". Sono andata a vedere e c'era proprio come essa aveva detto.

PAOLINO Mi ricordo. E cosí?

CAROLINA Io dico: come madama Anita ha potuto indovinare allora, potrebbe, coll'aiuto di questi capelli, trovati per miracolo, indovinare ancora. Molte mie compagne di scuola hanno saputo con questo sistema quando dovevano maritarsi e chi dovevano sposare. Sarà, non sarà magnetismo, io non voglio decidere, ma tentare non nocet e se ne sentono di quelle che fanno restare incantati. Anche il dottor Fiore, che non è una donnetta - anzi stenta a credere anche le cose necessarie - dice che la scienza non sa definire, ma che qualche cosa c'è. Se fossero proprio cose del medio evo, non si vedrebbero annunciate fin sulla quarta pagina della Perseveranza, che tu dici un giornale serio. Va bene? Madama Anita è una buona creatura, bella come una madonna, che soffre come un'anima del purgatorio quando la fanno parlare; ma se può far del bene non si rifiuta. Sento che fa anche un monte di carità. È discreta e una volta sveglia non si ricorda piú. Tu potresti andare a Milano sabato per la piazza, e quando hai sbrigate le tue faccende, se non hai proprio il coraggio di vedere Demetrio, provi a sentire madama Anita. Bòtte non te ne dà. Le metti questi capelli in mano e stai a sentire ciò che ella ti dirà - va bene?

-fine della quattordicesima puntata -
QUINDICESIMA PUNTATA

“ PAOLINO VA DALLA MAGA“

Personaggi:

         DEMETRIO PIANELLI

         BEATRICE

         ARABELLA

         PAOLINO BOTTA

         MADAMA ANITA

         IL MAGO 

********

MILANIN MILANON

“E poeu, te par, Carlin ‑ sia ditt sott vôs ‑ che sto noster Milan el sia tutt noster ?  Sèmm italian, l'è vera; el mè l'è tò, el tò l'è minga mè; ma s'ciao.”


Scena 1.

A Milano, davanti al Carcano: Paolino suona un campanello. Sente una voce maschia e profonda che dice: "I miei coturni, smorfia."

Di lí a un poco l'uscio si apre e compare un uomo- che chiameremo “il Mago” - dalla  voce di basso profondo, che s'inchina gravemente e dice:

MAGO Servitor suo….È per malattie, per cose perdute, per sintomi o segreti di cuore?

PAOLINO Vorrei sapere… vorrei sapere di una malata, sí, cioè, d'una donna.

MAGO Sua moglie?

PAOLINO Nossignore.

MAGO Una parente?

PAOLINO No, o almeno un poco.

MAGO Un'intima relazione .Lei non ha bisogno di tradire i segreti del cuore. La chiaroveggenza degli spiriti immaterializzati basta a sé stessa. Si accomodi.

Il mago, senza far rumore, come se camminasse sull'aria, scompare per un usciolino segreto che cigola dolorosamente dietro di lui. Paolino sente di nuovo la sua voce, divenuta piú cavernosa, che parla ancora di coturni e un'altra intrecciata alla sua, che pare quella di una donna piangente. Improvvisamente:

MAGO Se il signore vuol passare…

Paolino, scosso da quella voce, va dietro alla guida.

Scena 2.

Nella sala dei consulti della Maga.

MAGO Si accomodi.  Ha con sé lettere o anelli o capelli dell'inferma? 

PAOLINO Ho dei capelli.

MAGO Me li favorisca.

Paolino trae dal taschino il prezioso cartoccietto e glielo consegna con una certa esitanza, come se avesse paura di perderlo per sempre.

MAGO È la prima volta che interroga sulla paziente?

PAOLINO La prima, sissignore.

MAGO Ammonisco che il medium soffre e si adira ove si accorge di essere ingannato e condotto a spasso. Chi non dimanda brevemente e sinceramente arrischia di buttar via i suoi denari.

Fa il suo ingresso  madama Anita. Si lascia andare sopra una poltrona e dice:

ANITA Fa pure, Marco.

Le mani del mago prendono a tremolare col battito leggero e mutabile dei pipistrelli e a sonare nell'aria delle variazioni. La povera madama Anita intanto sospira, si contorce. Sono tali gli stiramenti del suo povero corpo, e i gemiti piagnucolosi che le escono di bocca, che Paolino incomincia a intenerirsi e a soffrire con lei.

MAGO Ci vedi?

ANITA (con un sospiro che esce di sotterra) Poco. 

MAGO Che cosa vedi?

ANITA Un muro.

MAGO Essa vede un muro. Metta pure i capelli del soggetto tra le dita della paziente e faccia con piena confidenza d'animo quelle domande che crede.

E sparisce , lasciando solo Paolino con quella donna addormentata.

ANITA (con un vocino tenero, amoroso, tutto affetto e compatimento) Te vuoi sapere?

PAOLINO Se mi vuol bene...

ANITA Vedo bene che tu l'adori come le viscere del cor. Forse che ti pare freda?  Ma non aver paura, non passerà la bela luna d'agosto e tu sarai felice ANITA appien. Dammi la mane. (Paolino stende la mano alla donna, che la stringe fra le sue e l'appoggia sul suo petto alto, tenero e caldo.) Tu sei un ragazzo timido, pien de passion, ma in amor ce vuole pazienza, o no se fa niente. C'è chi le fa la corte.

PAOLINO Chi?

ANITA Uno che le sta molto vicin. Ma la bela luna di agosto sarà favorevole a te, perché chi piú ama de cor ha sempre rason. Io leggo nel bianco libro del vostro destin, che sta a me davanti, la vostra bela felicità vostra di voi, quando divenuti insieme amanti e sposi, riposerete nell'angolo del domestico fogolar. Oh la soave gioia! Questi capeli mi dicono una dona freda in apparenza, ma ardente carattere nella confidenza d'amor. Beato l'uomo che poserà la testa sul suo sen.

MAGO (improvvisamente la voce del professore). Sei stanca?

ANITA Vedo ancora un muro.

MAGO Segno che il medium non ha piú la visione o che un invidioso spirito s'interpone a che la signoria vostra pigli la conoscenza della verità. C'è forse della gente che invidia la felicità di questo bravo signore?….Parla!

ANITA Ahi! Ahi! 

MAGO Abbiamo anche dei mezzi coercitivi che costringono le forze superiori. Non ha che a guardare la tariffa.

PAOLINO No, può bastare…

ANITA Signor, Madonna, che affanno!

MAGO Parla... 

PAOLINO La lasci stare. 

MAGO Alle volte basta un passaggio.

 ANITA No, Marco, no, Marco...

PAOLINO No, Marco...

Il dottore corre sopra la paziente, soffia due volte sul suo viso e la sveglia.

ANITA  Grazie, poverin..

PAOLINO (avviandosi verso l'uscio) Quanto devo?

MAGO Vediamo la clessidra. … Tre lire, salva la sua buona grazia.

Scena 3.

Nella soffitta di Demetrio, che sta dormendo. Arabella lo sveglia delicatamente.

ARABELLA Zio!…

DEMETRIO (svegliandosi di soprassalto) Arabella, sei proprio tu?

ARABELLA Sí, son io

DEMETRIO Credevo di sognare.

ARABELLA Come si sente, zio?

DEMETRIO Mi pare di star meglio. È un pezzo che sei qui?

ARABELLA Un paio d'ore. Dormiva cosí quieto, che non ho osato farmi sentire.

DEMETRIO Che giorno è?

ARABELLA È sabato.

DEMETRIO Diggià? Mi pare di aver fatto un gran sogno. Come stanno a casa?

ARABELLA Bene. Alla mamma pesa che lei resti qui solo, la notte.

DEMETRIO C'è quel buon uomo di Giovann de l’Orghen che mi cura.

ARABELLA Se potessi star qui con lei....

DEMETRIO Adesso credo che il piú grosso sia passato. Non fu qui anche un dottore?

ARABELLA Sí, tre volte. L'ho fatto chiamare io.

DEMETRIO Tu sei una cara....È guarita la mamma?

ARABELLA È guarita. Mi ha detto che verrà a trovarlo….

DEMETRIO Dille che non s'incomodi.

ARABELLA Ha bisogno, credo, di parlarle.

DEMETRIO Di che cosa? 

ARABELLA Non so....Ma credo che sia già qui… (Due colpetti all'uscio).

DEMETRIO Avanti...

BEATRICE (entrando) Dove siete venuto a nascondervi, caro voi? Io avrei paura a stare qui di notte. Come state? Mi ha detto Arabella che state meglio, è vero? Sarei venuta prima a trovarvi, ma mi sentivo fiacca anch'io... e poi ci sono state tante cose...

DEMETRIO Sedetevi...

BEATRICE Che bella poltrona! è vostra? sembra quella dell'arcivescovo. E come ci si sta bene...Dovreste regalarmela.

DEMETRIO Pigliatela.

BEATRICE Dico per celia... No, no, son venuta invece per parlarvi di una cosa seria, che voi sapete già. Eravate forse già venuto apposta per parlarmene, ma io vi ho confusa la testa colle mie storie.

DEMETRIO Oggi a me domani a te.

BEATRICE Avrete già capito di che cosa si tratta.

DEMETRIO Di che cosa?

BEATRICE Non avevate una certa lettera da consegnarmi?

DEMETRIO Ah! è vero... l'ho persa.

BEATRICE E io l'ho trovata.

DEMETRIO Do... dove l'avete trovata?

BEATRICE Indovinate.

DEMETRIO Ma, non saprei....

BEATRICE Tra la sponda e la coperta del letto.

DEMETRIO To'...

BEATRICE Trattandosi di uno sposo, è quasi un augurio....

DEMETRIO E... avete... letto?

BEATRICE Naturale.

DEMETRIO Meglio, già, la lettera era per voi. E avete anche pensato?

BEATRICE Non vi so dire, caro voi. Mi pare una cosa cosí strana!

DEMETRIO Che cosa?

BEATRICE L'idea che io possa rimaritarmi.

DEMETRIO Ebbene?

BEATRICE Ho voluto prender tempo a riflettere e per questo non sono venuta a trovarvi prima, perché temevo che me ne parlaste....

DEMETRIO E adesso avete deciso?

BEATRICE Adesso non so. Se devo rimaritarmi non lo faccio per me, ma per i miei figliuoli. Non posso fare un matrimonio di slancio come si dice, né di poesia, si sa, è naturale; ma devo riflettere a molte cose, dico bene? L'offerta del signor Paolino fa onore al suo buon cuore. È un galantuomo, un uomo di gran cuore e penso che se il povero Cesarino legge nelle mie intenzioni, non può che approvarmi. Anche la sua posizione è buona. Dicono che sia molto ricco. È buono... Mi ha fatto già un mucchio di regali.

DEMETRIO Sí, sí... non guarda a spendere...E che cosa ha detto Paolino?

BEATRICE Ha detto che il matrimonio si può fare in campagna, e preferisco anch'io cosí. Ma per questo bisogna che la sposa scelga il suo domicilio legale in campagna, tre mesi prima del matrimonio, nel Comune dove vuol maritarsi. Paolino mi ha detto di chiedere a voi che passi si possono fare.

DEMETRIO Io non saprei che passi...

BEATRICE Nel qual caso si sceglierebbe il Comune di Chiaravalle, che è a quattro passi dalle Cascine.

DEMETRIO Benissimo.

BEATRICE Cosí si possono fare le cose quiete.

DEMETRIO Giusto.

BEATRICE E ora pensate a guarire. (Fa qualche passo per uscire. Ma si ricorda di essere venuta anche per un altro motivo importante.) A Paolino, naturalmente, non ho detto nulla di quell'altra storia.

DEMETRIO Quale?

BEATRICE Quella del braccialetto e del cavaliere. È una storia noiosa e stupida che è meglio lasciar cadere, anche per voi, non vi pare? Solamente fatemi il piacere, con vostro comodo, quando sarete guarito, di consegnare al portinaio di quel signore il suo regalo, che io non voglio assolutamente tenere (Beatrice leva da una tasca del vestito l'involtino e lo colloca sul tavolino) e se non vi disturba, di unire anche le cento lire. Queste ve le restituirò alla prima occasione, risparmiando qualche spesa inutile: ma a Paolino non dite nulla, come se non fosse capitato nulla; e nemmeno a quel signore non dite nulla: capirà da sé.

- fine della quindicesima puntata -


SEDICESIMA PUNTATA

“ IL MITE DEMETRIO SI RIBELLA“

Personaggi:

         DEMETRIO PIANELLI

         CAVALIER BALZELOTTI

         IL BIANCONI

         IL QUINTINA  

********

MILANIN MILANON

“quell Milanin de Carlambroeus, grand o piscinin, el stava intorna al Domm come ona famiglia che se scalda al camin... E se parlava milanes, quell car linguagg sincer e de bon pes, che adess el se vergogna de parlà, el tas, el se scruscia in d'on canton come se Milan el fuss Turchia.”

Scena 1.

Nell’ufficio del Demanio. Un impiegato, il Bianconi, ferma Demetrio per dargli alcune notizie.

BIANCONI Oh, Pianelli, come stai? Ti sei ripreso?

DEMETRIO Bene, Bianconi. Grazie per l’interessamento.

BIANCONI In tua assenza sono stati fatti dei cambiamenti. Il cavalier Balzelotti, avendo inteso che eri malato, ha chiamato me al tuo posto di segretario particolare. A te il nuovo organico assegna una piccola promozione con qualche vantaggio di stipendio, una quarantina di lire all'anno, poca cosa per un milionario, ma che per te rappresentano circa undici centesimi al giorno, giusto il prezzo del sigaro e della scatola dei zolfanelli. Io non ho toccato niente delle tue carte: anzi, bisogna che tu mi dia qualche istruzione e la chiave dei cassetti. Spero che tu sia contento.

DEMETRIO Oh, per me, sedermi qua o là adesso è cosa indifferente. BIANCONI E intanto, eccoti la solita mesata, lire 122 e centesimi. Dovresti firmare qua. (Gli consegna una busta. Intanto si avvicina un altro impiegato, il Quintina)

QUINTINA Oh! ecco il signor Pianelli! Lei non può mancare nella nostra lista.

DEMETRIO Che lista?

QUINTINA Si tratta di offrire un modesto pranzo al nostro cavalier Balzelotti, che è stato in questi giorni insignito d'una distinzione che si può dire guadagnata col sudore della fronte. Dobbiamo a lui l'approvazione del nuovo organico, dico poco? se adesso andremo in carrozza, è merito suo. Ma, scherzi a parte, ho già raccolto undici belle firme, vede? aggiunga anche la sua e faremo cosí la cena degli apostoli. Il Giuda sarò io.

DEMETRIO Io non firmo niente.

QUINTINA Che, che… lei non farà questo torto a un commendatore della Corona d'Italia.

DEMETRIO Io non firmo niente.

BIANCONI Perché non vuoi firmare se ci stanno gli altri? Ho firmato anch'io...Sono solo sette lire a testa.

DEMETRIO Perché... perché io son diverso dagli altri.

QUINTINA Questa sí che è bella!

BIANCONI Se non puoi pagare adesso, metti almeno la firma, tanto che si possa dire che ci siamo tutti...

DEMETRIO Non è per non pagare... Che diavolo! io sono ricco... Ho appena riscossa la mesata...

QUINTINA Sappiamo che ella è ricco...

DEMETRIO Sí... caro il mio signor...A lei, che ride e che canta, guardi: posso regalare al signor cavaliere....

QUINTINA …commendatore, commendatore...

DEMETRIO Posso regalare al signor commendatore cento lire... guardi! Ed anche qualche cosa ancora gli posso regalare (cavando di tasca un involtino, ripiegato in una carta e legato con un nastrino rosso)  Ma su quella lista il mio nome non lo metto

QUINTINA Senta, sor Pianelli, i miei non si sono ancora appiccati ai travicelli dei solai, e io, firmando qui le mie sette lire, non ho paura di far mangiare a un benefattore i suoi denari.

DEMETRIO Ah! aspetta... brutto assassino....

Demetrio stende la mano, afferra un grosso calamaio di peltro e fa l'atto di buttarlo in viso al mostro maldicente; ma il Bianconi gli ferma con una mano il braccio, ponendogli l'altra sullo stomaco, intanto che il Quintina ride sugli acuti d'un riso fatuo e insolente, facendo il verso d'una gallina che canta.

In quella entra il commendator Balzalotti e tutti ammutoliscono.

BALZELOTTI Che cosa c'è?"

QUINTINA Politica, della brutta politica, commendatore.

BIANCONI Come impiegato anziano ho l'onore, commendatore, di far parte di un comitato d'onore incaricato d'invitarla a un modesto banchetto in onore della... del....

QUINTINA Della ben meritata onorificenza di cui sua Eccellenza il Ministro volle onorare la signoria vostra.

BALZELOTTI Oh! oh! che cosa vien loro in mente? un banchetto a me? non sono un ministro.

QUINTINA A questo penseremo in seguito. Intanto è un vivo bisogno del nostro cuore di manifestarle la compiacenza della quale siamo compresi tutti quanti per una delle poche distinzioni, che si possono dire veramente meritate.

BIANCONI Questo sí, è vero, proprio...

Demetrio, dopo aver soffiato nella chiavetta per liberarla dai fondi di carta, è tornato a rosicchiare intorno alla serratura, curvo, quasi nascosto dietro la scrivania.

BALZELOTTI Loro hanno una grande bontà e una grande indulgenza per me. Ammettiamo dunque che il ministro abbia voluto ricompensare non i meriti reali, ma la buona volontà e la devozione a quelle idee liberali di ordine e di progresso, che hanno sempre informata la mia vita.

TUTTI Benissimo...

Ridono o tutti piú forte del bisogno, quasi per fare il coro finale. Demetrio, mentre gli altri se ne vanno, riesce  con un energico ma...ledet...tissimo! ad aprire il cassetto indurito dove  ha chiuse le sue manichette, la fodera del cappello, un boccaletto di vetro, un bicchiere, qualche altra cosuccia sua, e si prepara a far fagotto.

Il commendatore, attaccato il cilindro al chiodo, sta tirando la punta ai guanti, mentre da, in piedi, una prima occhiata superficiale alle soprascritte delle lettere e al fascio degli affari. L'occhio va naturalmente a cadere anche sul biglietto da cento e sull'involtino.

BALZELOTTI E questo cos’è?… Per me?…

Non capisce a tutta prima, prende in mano il misterioso peso, straccia coll'unghia un lembo della carta, vede un che di lucido, rompe ancora di piú l'involucro, capisce:

BALZELOTTI Neh, Pianelli senta una parola…È lei che mi ha raccomandato un ragazzo per l'orfanotrofio?

DEMETRIO Difatti, una volta...

BALZELOTTI È figlio di un suo fratello, eh?

DEMETRIO  Sì.

BALZELOTTI La ringrazio tanto: mi ha fatto fare una bella figura nel Consiglio. Di che male è morto il padre di questo ragazzo?

DEMETRIO Perché?

BALZELOTTI Dimando a lei di che male è morto il padre di questo ragazzo, perché doveva informarmi: era dover suo, e non permettere che una persona rispettabile andasse a raccomandare a persone rispettabili il figlio di uno che si è impiccato per debiti. Che cosa crede? che gli orfanotrofi siano fatti pei figli dei ladri e dei falsari?

DEMETRIO Scusi, lei sapeva benissimo, anzi meglio e prima di me com'erano andate queste cose, e, se si ricorda, mi ha dato in questo preciso posto anche dei preziosi consigli. Se c'è qualcuno che deve lamentarsi, scusi, cavaliere, dovrei essere io, nel caso, perché... perché... chi ha fatta la piú brutta figura in questa faccenda, chi è stato il piú minchione sono io....

BALZELOTTI Che mi sta a contare...

DEMETRIO No, scusi, lei si lamenta che le ho mancato di riguardo, e io mi permetto di chiedere a lei e al suo buon amico di Novara chi si è fatto piú giuoco della semplicità, della debolezza... e dei bisogni di una povera gente che, appunto perché povera e debole, poteva meritare del... della compassione.

BALZELOTTI Guardi come parla...Mi vada fuori dei piedi.

DEMETRIO Andavo bene: è lei che mi ha chiamato indietro per il gusto d'insultare un povero orfanello. Siccome non ha potuto oltraggiare l'onore di una donna onesta, crede di vendicarsene....

BALZELOTTI Esca, dico...

DEMETRIO Crede di vendicarsene col gettare l'infamia sul capo de' suoi figliuoli.

BALZELOTTI Per Dio...(cambiando tono) Faccia il piacere, se ha delle ragioni, non è questo il luogo.

DEMETRIO  L'offesa ch'ella ha fatto a quella donna è cosí vile...

BALZELOTTI Di che cosa mi parla? Che provocazione è questa? esca, le torno a dire. Che mi viene a contare a me, di quella sua pettegola?

DEMETRIO Badi a non offenderla di piú, per il suo bene....

BALZELOTTI Che, che, che... è una minaccia?

DEMETRIO Badi, io non ho mai date lezioni sull'arte di saper vivere, ma posso insegnare a lei e a qualcuno piú bravo di lei come si rispetta una povera donna.

BALZELOTTI Ehi, di là..., Bianconi; bravo, venga qui.

Il Bianconi, che stava dietro l'uscio ad ascoltare con un gran dolore ai ginocchi, quando capisce  che il Pianelli perdeva la testa del tutto, entra, lo prende sotto il braccio, lo tira indietro:

BIANCONI Andiamo, non dir piú asinerie... Tu ti senti male....

DEMETRIO C'è della gente che dice che io faccio dei guadagni, che ho dei segreti protettori. Questi sono i miei guadagni. Ma dovessi anche mangiare i chiodi delle scarpe, avrò sempre il diritto di insegnare a lei, e a chiunque piú bravo di lei, il rispetto che si deve a una donna onesta.

BALZELOTTI Lo meni fuori a respirare dell'aria, Bianconi. È matto; ha bevuto.

BIANCONI Taci dunque... finiscila!

DEMETRIO A lei e a chiunque piú bravo di lei!

BIANCONI Che ti salta in mente? sei matto? la ti gira? che diavoleria... A un capo d'ufficio, a chi ti dà il pane... E che te ne importa a te delle donne? BIANCONI lasciale nel loro brodo le donne... Hai torto, hai fatto male: già, si vede che non sei guarito: dovevi stare a letto ancora qualche giorno... Va a casa, Pianelli, lascia passare la scalmana, rifletti:

Il commendatore, vedendo che la cosa minaccia di propalarsi nei corridoi e negli uffici (dove c'è sempre il bell'umore che ha gusto di ridere alle spalle dei superiori) si rivolge ad alcuni impiegati accorsi a vedere, e ridendo come meglio poteva al disopra della sua rabbia e della sua paura, dice loro:

BALZELOTTI È niente, grazie, vadano pure. Ha creduto che gli si volesse fare un torto, perché ho chiamato il Bianconi al suo posto: è un originale, un misantropo, ha la mania della persecuzione. Che asino! Aveva anche bevuto. Scusi, Caravaggio, apra un poco la finestra. C'è un puzzo d'acquavite, non sentono? Tu, Caramella, portami una tazza d'acqua. E io piú asino di lui a dargli ascolto. Se gli passa coll'aria fresca, bene, se no... se no..."

QUINTINA Mi sono accorto anch'io poco fa che non era compos sui.

BALZELOTTI Altro che compos sui! Non poteva quasi stare in piedi. Se torna, non lo si lasci entrare: non ne voglio di ubbriachi in ufficio. Farò un buon rapporto... Tornino al lavoro: grazie, vadano pure... Chi sa che anche questo non aiuti ad aguzzare l'appetito per sabato...

-fine della sedicesima puntata –

DICIASSETTESIMA PUNTATA

“ MISTERI DEL CUORE UMANO  “

Personaggi:

         DEMETRIO PIANELLI

         BEATRICE

         PAOLINO BOTTA

         ISIDORO CHIESA

         GIOVANN DE L’ORGHEN

         CARAMELLA, USCIERE

********

MILANIN MILANON

“El Porta, pover omm, l'è là lú , su la sciattèra, e sul corso no sent che gniff e gnaff... che nol par vera nanca el quarantott.”

Scena 1.

In casa di Beatrice Si sente un passo, la chiave gira nella toppa, ed entra Demetrio.

PAOLINO O Demetrio!

DEMETRIO Beato chi ti può vedere, Paolino!

PAOLINO Vuoi dire che merito d'essere bastonato? Hai ragione. Tu sei stato molto malato e non mi son lasciato mai vedere. Ma se sapessi quante cose in questa testa....

DEMETRIO Sappiamo tutto. C'è Beatrice?

PAOLINO È di là. È venuta in questo momento la sua sarta.

DEMETRIO E i ragazzi?

PAOLINO Son presso la signora Grissini. Aspettano Ferruccio che oggi s'è vestito da prete.

DEMETRIO Son venuto a disturbarvi?

PAOLINO Birbante, tu fai delle maligne supposizioni. Vieni con me, in salotto….(Paolino prende il buon cugino sotto il braccio) Abbiamo appena finito di pranzare.  Sono scappato a Milano per combinare la faccenda del domicilio legale. È necessario che Beatrice, per non perder tempo, si stabilisca subito in campagna. Abbiamo scelto Chiaravalle.

DEMETRIO (con un tono di recitativo d'opera) Lei dunque ci ruba la signora Beatrice.

PAOLINO Tu mi dimandi se io sono contento..., capisco: è un rimprovero.

DEMETRIO Che rimprovero!

PAOLINO È un rimprovero giusto e meritato, perché io avrei dovuto darti subito questa notizia, scriverti una parola, farmi vivo una volta. Ma se ti dicessi che ho perduto la testa?

DEMETRIO Ah! ah! ah!

PAOLINO Bevi, Demetrio....

DEMETRIO No, caro...

PAOLINO La Carolina anche in questa faccenda mi aiutò come si aiuta un bambino da latte. Parlò sempre la Carolina, che ha tutte le chiavi delle PAOLINO guardarobe e anche quella del mio cuore. Per me, se mi facevano un salasso, giuro che non mi veniva una goccia di sangue. A poco a poco la lingua si snodò. Due giorni dopo venne lei alle Cascine....

DEMETRIO Ah sí?

PAOLINO A casa mia sono piú a posto. L'ho condotta a vedere gli asparagi, i meloni novelli, il molino, il torchio dell'olio e cosí ho potuto salvare l'onore delle armi. Un'altra volta son venuto solo a Milano - tu cominciavi a star meglio - e a furia di mescolare le carte il gioco s'impara. Ah, Demetrio!.. quando verrà quel giorno, tu vedrai Paolino volare come una farfalla. Giugno, luglio, agosto: s'è fissato per il matrimonio il 24, giorno di san Bartolomeo.

L'uscio della stanza si apre ed entra  Beatrice.

BEATRICE Chiedo scusa alla bella compagnia, ma son venuta a prendere le forbici! (E scompare come una visione)

PAOLINO Hai visto? ho ragione di perdere la testa?…

Entra Giovann dell’Orghen con qualcosa in testa, una specie di catafalco.

PAOLINO Ma chi è? Che roba c’ha in testa?

DEMETRIO È Giovann dell'Orghen.

PAOLINO Guarda... che diavoleria...!

Beatrice entra per vedere cosa sta succedendo:

BEATRICE  Ma che succede? Che cos’è quella roba?

DEMETRIO L'altro giorno mi avete manifestato il desiderio che questa poltrona fosse vostra: l'ho fatta aggiustare alla meglio, e non potendo regalarvi altro per la circostanza....

GIOVANN Và che bela!… (E scarica la poltrona) L’è una poltrona da arcivescovo!

BEATRICE Ma a voi non serve più?

DEMETRIO No, sono stato trasferito a Grosseto.

BEATRICE A Grosseto?!

DEMETRIO Ho ricevuto un telegramma del Ministero. Devo obbedire, dunque andremo a Grosseto!Grosseto, Maremma toscana: sarà aria buona... DEMETRIO Bisognerà mettere nel baule anche una buona dose di chinino. Impareremo cosí anche il bel linguaggio toscano.

BEATRICE E quando dovete partire?

DEMETRIO Eh, c’è tempo, in agosto…

Scena 2.

Nei prati delle cascine Boazze. Isidoro Chiesa passeggia con il prevosto.

ISIDORO Caro sor prevosto, un Chiesa di Melegnano è un  uomo libero, che non si vende né per trenta, né per quaranta. Sono stato  l'ultimo a sapere la notizia del matrimonio, perché so di essere temuto anche alle Cascine come lo spauracchio. Ma, le assicuro, che è come se l'avessi saputo cent'anni prima di venire al mondo. Nessuno potrà togliere dalla testa a un Chiesa di Melegnano che quel matrimonio l'ha pensato e combinato lui fin dal principio, ed è giusto che lei cominci a sonare la tromba nelle orecchie della gente. Un Chiesa non si perde nella polvere. Io non sono soltanto il padre di mia figlia - la piú bella donna, sans dire, della provincia di Milano - ma posso dire che anche Paolino quasi l’ho fatto io. E se Paolino ha due bellissimi puledri, chi glieli ha fatti comperare? Se ha potuto guadagnare cinque lire e mezzo per fascio sul fieno, chi gli ha dato un consiglio a tempo? Isidoro Chiesa, uomo libero... Ora sí che mi sentiranno i signori della procura generale, i signori della greppia! Molti hanno dubitato di un Chiesa, molti hanno detto ch'ero uno spiantato o un mezzo matto: molti  hanno creduto che un Isidoro Chiesa si lasci menar via Isidoro dal Lambro. Vive a Milano qualcuno, il quale ha osato dire una volta che il signor Isidoro Chiesa di Melegnano era un gran buon uomo... Ecco venuto il giorno di vedere chi è un Chiesa di Melegnano!

Scena 3.

Nell’ufficio del Demanio. Paolino è venuto a cercare Demetrio.

PAOLINO Vorrei vedere il signor Pianelli.

CARAMELLA El non c'è piú

PAOLINO Dov'è?

CARAMELLA So io dove l'è? qui non c'è piú, dunque....

PAOLINO Perché non c'è piú?

CARAMELLA Perché l'è stato sospeso dall'impiego.

PAOLINO Sospeso? quando?

CARAMELLA Ch'el me lasci passare.

PAOLINO (facendogli scivolare nella mano un biglietto da due lire, gli chiede sottovoce:)

Ecco, queste sono per voi…Ho bisogno di sapere com'è stata questa faccenda.

CARAMELLA Caro lei, c'è stato del ciar e scur, un benedetto omm.

PAOLINO Con chi?

CARAMELLA L'è sempre la storia che el pesce grosso el mangia el piscinin. Il signor qui... il mio capo... sa... il cavaliere... il commendatore l'è una brava persona, ma el g'ha il suo lato debole, ghe piacciono un poco le donnette... Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra. Pare che tra lui e il Pianelli ci fosse un qui pro quo, mi capisce? a proposito di una sua cognata, alla quale il qui... (e indica l'uscio) el ghe faceva, pare, gli occhi del gatto. Io poi non so, la contano in mille maniere, ci sarebbe stato di mezzo anche un braccialetto, per conseguenza; ma chi le sa queste cose?.. il... qui intendeva di pagare il conto, il Pianelli non ne voleva sapere, e, tira molla, se ne son dette un sacco in ufficio, che non ci sta nemmeno per la dignità del funzionario. Il Pianelli gridava come un disperato, avrà avuto le sue ragioni: l'altro, naturale, si è o non si è superiori, e detto fatto el me ciappa la penna, el te me scrive al Ministero, e in quattro e quattr'otto te me lo confezionano a Grossetto nel napoletano. Conosco da un pezzo il Pianelli e, dininguardi! so come la pensa: è un po' ostinato anche lui nelle sue idee, ti e mur, ma metterei la mano nel fuoco, figurarsi! Ma intanto chi ha avuto ha avuto. Questa l'è la favola, caro el mio signore.

PAOLINO Questa cognata, è forse....

CARAMELLA Dev'essere una donna del buon tempo. Prima ha fatto ammazzare il marito, adesso fa perdere l'impiego al cognato. Ci dicono la bella pigotta....

PAOLINO La bella....

CARAMELLA L'è sempre la storia del cherchè la fam. Questi uomini hanno passata l'età del giudizio e devono aver cambiati anche i primi denti: ma ha cominciato Adamo a sbagliare il primo bottone (e sí che non era vestito) e sarà sempre cosí.

- fine della diciassettesima puntata -

                                        


DICIOTTESIMA PUNTATA

“  LA MALATTIA DI DEMETRIO  “

Personaggi:

              DEMETRIO PIANELLI

              BEATRICE

                   PAOLINO BOTTA

                   CAROLINA

********

MILANIN MILANON

“S'ciao destin !  Ma a nun del taccoin vecc, che gh'èmm i noster vècc a Sant Gregari, sto progress che boffa e sgonfia che sconquassa i noster cà, e che no lassa requijà, a nun mett el magon.”
Scena 1.

Paolino irrompe in casa sua, alle Cascine, come una furia.

PAOLINO Carolina, Carolina! Carolina….

CAROLINA Che cosa c'è? che cosa è accaduto?

PAOLINO Vieni di sopra.... (Si avvia per le scale)

CAROLINA Vengo, santa Maria! ma che cosa è accaduto?

PAOLINOTaci, non far scene. Chiudi l'uscio.

CAROLINA Ti senti male? parla, in nome di quella benedetta Madonna. PAOLINO Sono stato a Milano…

CAROLINA E allora?….

PAOLINO E lo sai cosa ho sentito?

Abbassa la voce e racconta tutto alla sorella, ma a voce troppo bassa. Quando finisce il racconto:

CAROLINA È tutto qui? Credevo che ti avessero rubato il portafogli. Si vede che sei cresciuto sempre in mezzo alle oche. Che caso! Si sa, una bella donna dà sempre da parlare alla gente. Potrebbe essere anche Sant Orsola e ci sarà sempre la lingua che si diverte a mettere male. Che importa a te se a Milano la chiamano come la chiamano? è tutt'invidia che parla.

PAOLINO E il braccialetto?

CAROLINA Il braccialetto sarà un regaluccio di un adoratore. L'ha forse accettato? Caro mio, se non volevi questi fastidi dovevi contentarti di sposare una donna come le altre....

PAOLINO Sei qui colle tue sciocchezze

CAROLINA Vuoi la donna bella? e allora non bisogna pretendere che la gente si strappi gli occhi dal capo per farti piacere. Il mio povero parere te l'avevo dato....

PAOLINO Vuoi finire di fare la Perpetua?

CAROLINA Quando mai qualcuno in quarant'anni mi ha chiamata Perpetua?. E dovevi essere proprio tu, Paolino, il mio cuore, il mio cucco, a chiamarmi Perpetua! Paolino, tu non sei  piú il buon ragazzo di una volta: CAROLINA quella donna ti ha stregato e cambiato di bianco in nero. Ecco il pagamento d'essermi occupata tanto di te. Non parlo piú

PAOLINO Ma se....

CAROLINA Non parlo piú, sta sicuro, anima mia.

PAOLINO Tu vuoi sempre....

CAROLINA Amen, non mi intrigherò piú.

Scena 2.

Nell’abbaino di Demetrio Pianelli. L’uscio si apre; entra Beatrice.

DEMETRIO Che... che miracolo? Siete a Milano?

BEATRICE Sí, per questa notte... Son venuta a prendere Arabella che fa gli esami dimani. Ma devo prima parlarvi….Che cosa è accaduto?

DEMETRIO Che cosa?

BEATRICE Sono venuta apposta anche per questo, e non voglio partire senza conoscere la verità.

DEMETRIO Quale verità? sedetevi.

BEATRICE Paolino aveva bisogno di parlarvi, è venuto a Milano, andò a cercarvi all'ufficio e ha sentito...

DEMETRIO Che cosa?

BEATRICE Ha sentito che avete avuta una brutta scena col cavaliere in seguito alla quale siete stato licenziato. È vero?

DEMETRIO Non licenziato

BEATRICE O vi hanno traslocato in un paese lontano: è vero? Perché non avete seguíto il mio consiglio? Avete forse voluto difendermi troppo... e v'è capitato male.

DEMETRIO Troppo? non si difende mai troppo una povera donna insidiata, calunniata. Voi non ne avete nessuna colpa.

BEATRICE Povera me, come sono disgraziata! Paolino è tornato a casa tutto fuori di sé, ha fatto una scena colla Carolina, vuole che io gli spieghi BEATRICE questo mistero del braccialetto, suppone non so quali tradimenti... Che gli devo dire, per amor di Dio? Questo matrimonio si doveva fare in agosto e invece s'è scoperto che non si potrà fare prima dell'inverno: anche questa circostanza aiuta a rendere Paolino inquieto e di malumore. Scrivetegli voi, per carità, o lasciatevi vedere una volta. Voi solo potrete dimostrargli che io non ho avuta nessuna colpa in tutta questa scena dolorosa, dissiperete tutti i suoi sospetti, distruggerete le calunnie della gente cattiva.

DEMETRIO Io? Io scriverò al signor Paolino, non solo per difendere la vostra innocenza e per risolvere tutti gli equivoci che possono essere nati, in mezzo a tante ciarle; ma gli dirò anche quanto si faccia torto e quanto divenga indegno di voi con delle diffidenze, che ingiuriano una donna onesta non meno delle insidie di chi la tenta coi piccoli regali. Gli dirò che non vi merita, perché non ha avuto fede precisamente in ciò che voi avete di piú prezioso e di piú nobile, la vostra onestà. Questo sentimento, questa preziosa eredità, voi, anche povera, la lascerete in dote alla vostra Arabella e il signor Paolino non ci ha creduto. Anch'io, è vero, ho diffidato una volta, anch'io ho accolto leggermente le voci della malizia, ma erano diverse circostanze, e non vi amavo... allora... come dice di amarvi quest'uomo che vi manca di rispetto....

Gli scriverò gli scriverò dimani da Genova... Addio, state bene... Aggiusterò tutto: addio!.. siate felice....

Beatrice, quasi sollevata da lui, s'alza lentamente.

BEATRICE Voi partite dimani? È proprio vero? È per causa mia che vi tocca di partire?

DEMETRIO  Non per causa vostra... È il destino cosí. È forse meglio per me....

BEATRICE Che cosa avete, povero Demetrio?

DEMETRIO Andate via... per carità...Perdonatemi, Beatrice, sono malato, non so piú quello che mi dico e quello che mi faccio. Sono quattro mesi che soffro cosí, senza parlare mai con nessuno: e sarei partito cosí, senza piú vedervi, se voi non venivate quassú a cogliermi in un momento di malinconia.

DEMETRIO Per amore dei vostri figliuoli, che ho amato come se fossero miei, non fate nessun conto delle mie parole, non dite niente, dimenticatevi anche voi... Non ricordate se non quel po' di bene che ho voluto ai figli di Cesarino... Andate ….

BEATRICE Io non potrò mai dimenticare quello che avete fatto per me... Avete detto bene: è il destino... Abbiate pazienza, Demetrio.

DEMETRIO Sí, sí, sí! Sono uno sciocco... lo so: addio, non vogliatemi male.

BEATRICE Abbiate pazienza..." (avviandosi verso l'uscio, tremando)

Beatrice, appoggiata colla mano all'uscio, si volge ancora una volta e con una voce ancora piú commossa esclama:

BEATRICE Mi perdonate, Demetrio? vi ricorderete ancora dei miei figliuoli? volete che vi mandi Arabella? Il Signore compenserà le vostre buone intenzioni..., fatevi coraggio: non datemi questo rimorso di sapere che, mentre io sono felice, voi soffrite tanto. Scrivete qualche volta e se possiamo fare qualche cosa per voi....

- fine della diciottesima puntata -


DICIANNOVESIMA PUNTATA

“ PARDONE SCOPRE CHE PALMIRA E’ TRADITORA “

Personaggi:

                   BEATRICE

                   MELCHISEDECCO PARDI

                   PALMIRA, sua moglie

CHERUBINA, domestica

BERETTA, portinaio

********

MILANIN MILANON

“E se torna volentera al Milanin faa sul gust d'ona ragnera, al Tredesin, longa longhera, ai ringher, a Carolina che la dorma, poverina, al Gentilin.”


Scena 1.

In casa di Melchisedecco Pardi: i coniugi Pardi stanno facendo colazione.

PARDI C’è una lettera per te arrivata or ora dalla Posta.

PALMIRA Leggi tu.

PARDI Che bisogno?

PALMIRA No, leggi. Dici sempre che io sono la donna dei misteri....

PARDI Che cosa ho detto?

PALMIRA Non è necessario parlare. Apri, guarda dunque.

PARDI Se è per capriccio tuo....

Il buon Pardone apre la lettera, che viene  da Milano, mentre cogli occhi buoni carezza quella sua cara traditora.

PARDI È la signora Pianelli che ti scrive.

PALMIRA Oh! Che cosa vuole la signora delle Cascine?

PARDI T'invita al suo matrimonio per giovedí mattina.

PALMIRA Che onore!

PARDI Se accetti, dice che manderà la carrozza a prenderti mercoledí sera, perché tu possa assistere alle presentazioni e a un piccolo trattenimento....

PALMIRA Anche la carrozza! vuol proprio farmi morire d'invidia! Conosci tu il suo Paolino?

PARDI Non ho questo bene.

PALMIRA Una pertica con in cima un gran pomo d'Adamo.

PALMIRA Per sposare di questi lampioni non vale la spesa di andare fuori del dazio. Di lampioni è pieno Milano.

PARDI (Secco ride anche lui di gusto.) Non basta che una donna sia bella e prosperosa come una gallina. La bellezza va e viene e, in quanto a peso, vale di piú un cannone. Ciò che dà vita e illuminazione a una donna è lo spirito. Una donna senza spirito è come un caffè buono, ma freddo.

PALMIRA Che ne dici, dunque? debbo accettare?

PARDI Direi di sí. Se t'invita è segno che ha gusto d'avere anche te.

PALMIRA Non ne ho nessuna voglia

PARDI Se non c'è motivo, non bisogna mai disgustare la gente.

PALMIRA Non ho nemmeno un vestito adatto.

PARDI Per questo siamo in un Milano....

PALMIRA Beh, vado a vestirmi. (Ed esce).

Secco continua a scorrere il resto della corrispondenza.

PARDI Queste sono le solite fatture… toh, e questa cos’è?

(si ferma a contemplare una piccola busta, attratto dalla scrittura. La apre.) “Cavalier

Lanzotti. Dimani scade la nostra cambiale; non si potrebbe rinnovarla? Gli affari sono stagnanti, e m'è mancato anche il baritono. Potrei intanto offrirle un palco per tutta la stagione. Per sua norma, Altamura è a Milano già da una settimana. L'ho saputo soltanto ieri.” (Torna a leggere da capo) Dimani scade la nostra cambiale, ecc..Per sua norma, Altamura....” (Tra sé) Un cantante che fa la stagione a Madrid non passa da Milano per andare in America, caro signor cavaliere dalle cambiali insolvibili. Sarà per un'altra volta. Io ti posso regalare anche tre cambiali, ma non voglio che tu mi creda cosí gambero da bevere... da ritenere che il signor Altamura è a Milano già da una settimana....Non era il caso di credere che prima di andare alle Cascine, Palmira avesse a incontrarsi con... qualcuno. Impossibile. Come poteva sapere questo qualcuno che il matrimonio della signora Pianelli era fissato pel giovedí mattina, e che il signor Paolino avrebbe mandata la carrozza a prendere Palmira il mercoledí?

Cerca e ritrova nel cassetto segreto della scrivania un giornale che vi tiene conservato:

PARDI Ecco qua… la Gazzetta dei Teatri… (legge) "Il celebre Altamura accettò per l'agosto un lauto impegno al teatro dell'Opera di Montevideo, dove l'esimio artista ha lasciato indimenticabili impressioni nell'intelligente colonia dei nostri connazionali. Auguriamo al nostro illustre amico larga messe di allori e di pesetas." Ecco la prova stampata della bugia che farò scontare al cento per cento al signor Lanzetti.


Scena 2.

Davanti alla casa di Beatrice.

PARDI Pianelli?

BERETTA Abitavano. Però c'è la signora Beatrice. In quanto al signor Cesarino, saprà bene che....

PARDI La signora è in campagna?

BERETTA Oggi è a Milano. È arrivata ieri a prendere la figliuola che deve fare gli esami.

PARDI Ieri, va bene: ed è partita.

BERETTA No, no, è a Milano. Ha qui ancora quasi tutta la roba.

PARDI Che c'entra? deve sposarsi stamattina.

BERETTA Ah... io non so.

PARDI Insomma, c'è o non c'è?

BERETTA Chi?

PARDI Avete detto che la signora Pianelli è a Milano.

BERETTA Sí, diavolo! le ho portata ieri sera l'acqua per lavarsi la faccia.

PARDI Fate il piacere di andar su e ditele... (pescando nel taschino del panciotto quei cinque soldi che occorrono per far correre un uomo)…ditele che c'è un signore che desidera parlar con lei subito subito.

 BERETTA Vado in un momento.

Scena 3.

In casa di Beatrice: si sente una forte scampanellata.

BEATRICE Chi è?

BERETTA Sono io, il Berretta...

BEATRICE (aprendo la porta) Che cosa c'è? M'avete fatto un tal spavento!

BERETTA C'è abbasso un signore che desidera parlare a lei, sora Beatrice.

BEATRICE Un signore? non vi ha detto il suo nome?

BERETTA No, o forse non ho capito.

BEATRICE Non lo conoscete?

BERETTA Non mi è faccia nuova: pare un po' esaltato. Gli deve essere accaduta una disgrazia...

BEATRICE Ditegli di salire….

BERETTA (affacciandosi al pianerottolo) Che salga pure!…

Si sente il passo pesante di Melchisedecco Pardi.

BEATRICE È lei, Pardi?!…Se mi avesse detto il nome... Mi rincresce di averla fatta aspettare.

PARDI Scusi: Palmira....

BEATRICE Che cosa?

PARDI Non è qui?

BEATRICE No.

PARDI Non è oggi il giorno che lei deve sposarsi?

BEATRICE No

PARDI Ma allora....

BEATRICE Difatti il matrimonio si doveva fare in agosto, e se era possibile anche in fin di luglio. Ma non fu possibile, perché c'è un articolo di legge che lo impedisce.

PARDI Ah! un articolo di legge...Scusi..., lei non ha scritto la settimana scorsa a Palmira una lettera?

BEATRICE No.

PARDI Ma sí! Non si ricorda piú.

BEATRICE Che lettera?

PARDI L'ho vista, l'ho letta io... una lettera....Una lettera con cui lei invitava Palmira alle Cascine ad assistere al suo matrimonio per stamattina.

BEATRICE Non è possibile, caro lei.

PARDI Ah! non è possibile?…Però, però ella ha mandato una carrozza a prenderla....

BEATRICE Quando?

PARDI Ieri, ieri sera. Oh, per Dio, l'ho vista io....

BEATRICE Scusi, io non so proprio niente....

PARDI Mi perdoni... Mi perdoni... Mi scusi tanto....

Scena 5.

In casa Pardi. Melchisedecco, rientrando, chiede a Cherubina, la donna di servizio:

PARDI È tornata lei?

CHERUBINA  Non ancora.

PARDI Non ti ha detto quando sarebbe tornata?

CHERUBINA  No. Ma non l'aspetto prima di sera. Tornerà probabilmente in compagnia degli sposi.

Pardi manda dalla gola un respiro rauco, che potrebbe essere un ruggito umano.

PARDI Bene. Io vado in camera da letto. (E si allontana)

Poco dopo Palmira entra in casa colla furia di una gazzella inseguita.

PALMIRA Cherubina….non c'è lui?   .

CHERUBINA E’ in camera da letto. L’aspettava.

PALMIRA Mi aspettava stamattina?

CHERUBINA Gli ho detto che probabilmente sarebbe tornata stasera.

PALMIRA Non v'è stato nessuno?

CHERUBINA Nessuno.

PALMIRA Ieri sera è uscito?

CHERUBINAFino alle undici stette fuori.

PALMIRA Era di buon umore? non ti ha parlato di... di un fallimento?

CHERUBINA Non ha detto nulla. (E torna alle sue faccende)

Palmira trova sul tavolino alcune lettere, dei manifesti e la famosa lettera di Beatrice.

PALMIRA E questa? E’ la lettera di Beatrice. L’avevo chiusa nel cassettone. Come si trova ancora intorno? (Nel cassetto non trova la chiave). E la chiave? Dov’è la chiave? (Chiama)Cherubina?!… (La cerca lí vicino, sotto il mobile, e chiama PALMIRA di nuovo la Cherubina.Ma la donna non sente) Non sente, come al solito, quella cretina… (Allora colla punta delle forbici prova a movere il cassetto, facendo leva nella serratura e trova i fazzoletti, i pizzi, le gioie in gran disordine) Ma qui dentro è tutto in disordine…. Oh Dio! (Corre di là a spogliarsi)

Dalla camera da letto rientra Melchisedecco.

PARDI Cherubina!

CHERUBINA (accorrendo) Comandi!

PARDI Mi rincresce mandarti fuori a quest'ora, ma avrei bisogno che tu recapitassi subito questa lettera all'avvocato Piazza, che sta fino in via della Stella. Sai dov'è?

CHERUBINA Sì. Farò una passeggiata. Si sente male, signor padrone?

PARDI Perché?

CHERUBINA Ha una certa faccia.

PARDI Ho mangiato male, al solito... Dov'è la signora?

CHERUBINA S'è ritirata nella sua stanza. Aveva una forte emicrania anche lei. Avrà preso del sole.

PARDI Già, è la stagione. To', va e torna.

-fine della diciannovesima puntata -
VENTESIMA PUNTATA

“ ADDIO MILANO!  “

Personaggi:

                   DEMETRIO PIANELLI

                   BEATRICE

                   ARABELLA

                   MELCHISEDECCO PARDI

                   PALMIRA,  sua moglie

                   ISIDORO CHIESA

CAROLINA

GIOVANN DE L’ORGHEN

ELISA, sarta

                  

Strilloni, passanti, invitati.

********

MILANIN MILANON

“Dov'el va, el me Carlin, quell noster Milanin di noster temp, inscí bell e quiètt, e quî ciaccer faa dintorna al fogoraa, col gottin in del tazzin, col coeur che sentiva un profumin squâs de vioeur. Dov'el va sto car Milan di Milanes…”

Scena 1.

Palmira è nella stanza da letto, e chiama:

PALMIRA Sei tu, Secco?

Secco non risponde. Nel momento che segue, il piú gran rumore lo fa il pendolo dell'orologio a sveglia posto sul caminetto.

PALMIRA Vengo subito. (La sentiamo cantare, con finta disinvoltura)

PALMIRA (entrando) Ebbene, come va, il mio vecchio?

PARDI Tu hai dormito alle Cascine?

PALMIRA Sí. Sí, perché?

PARDI In compagnia della signora Pianelli?

PALMIRA No, perché era a Milano. Fu un pasticcio, ti dico.

PARDI Difatti l'ho trovata in istrada.

PALMIRA Chi?

PARDI  La Pianelli....

PALMIRA  Ah, sí?

PARDI Mi ha parlato di questo articolo di legge....

PALMIRA Ne capitano di belle alle Cascine, veh!

PARDI E mi ha detto anche che ella non ti ha mai scritto.

PALMIRA Che cosa non mi ha scritto?

PARDI Che non ha mai mandato carrozze a prenderti.

PALMIRA La bugiarda!.. Non è vero che tu l'hai trovata.

PARDI È vero, Palmira, è vero com'è vero che questo ritratto è di mia madre.

PALMIRA Beatrice ha voluto ingannarti per non dirti che aveva fatto una meschina figura. E veramente c'è da scrivere una farsetta tutta da ridere con Meneghino sindaco senza sapere il codice. Perché, signor mio? avrebbe forse dei dubbi che io sia andata alle Cascine? siamo alle solite?

PARDI Palmira, per carità, lasciami parlare. Tu sei partita stamattina dalle Cascine?

PALMIRA Sí, perché?

PARDI Sola?

PALMIRA Sola, in carrozza, s'intende, col carrozziere... coi cavalli....

PARDI Sei entrata sola in Milano?

PALMIRA Sola....

PARDI Bene, sei una bugiarda!...

PALMIRA Secco, perché?.. ti giuro....

PARDI Non giurare!.. Un uomo era con te.

PALMIRA Non è vero!

PARDI L'ho visto io a Porta Genova. Tu hai passata la notte con lui....

PALMIRA No, no, Secco... Gesú e Maria! Cherubina!

PARDI Grida, chiama i vivi e i morti. È finita: pagherai in una sola volta il conto delle tue sporche bugie.

PALMIRA Pardi, Pardi..., perdonami per questa volta. Ti dirò tutto... No, no..., ti hanno ingannato....Pardi, Pardi... che cosa fai? per la tua mamma....

Pardi, tu vuoi ammazzarmi! Ohimé l'anima mia! Aiuto... Gente! ah brutto assassino!

Prende una seggioletta di paglia ch'era lí e la getta nelle gambe del suo assalitore.

Pardi scavalca l'ostacolo e riduce la donna tra il letto e il muro. Soffoca le strida, buttando la donna bocconi sul letto, premendola alla nuca colle dita e colle unghie dentro la bella massa di capelli neri, come farebbe un leopardo pien di fame sopra un agnello, e colla destra che trae di tasca comincia a menar colpi su quel gracile corpo, al fianco, alla testa, cieco, col sangue negli occhi, finché quel povero corpo si sfascia quasi sotto la sua mano, scivola dalla sponda e con un tonfo di roba morta va a piombare per terra.


Scena 2.

Sul marciapiede della Stazione Centrale di Milano. Arabella è venuta a salutare lo zio, accompagnata da Giovann de l’Orghen.

ARABELLA Buon giorno, zio! Son venuta a salutarvi. Mi ha accompagnato Giovann de l’Orghen.

GIOVANN Buon giorno, sor Demetrio!

DEMETRIO Come hai saputo che partivo stasera?

ARABELLA La mamma, quando son tornata dagli esami, mi ha detto: "Sai? lo zio Demetrio va via." "Dove va?" "È stato traslocato in un altro ufficio dal governo." "E non mi ha detto niente? Non ti credo. A me l'avrebbe detto, in un orecchio, ma l'avrebbe detto. È proprio vero? Lei va via, cosí senza dir nulla?...

DEMETRIO Che ti può fare adesso lo zio Demetrio? lascialo andar via

ARABELLA Lo so bene, lo so bene..., basta! Non avrei creduto che dovesse finire cosí. Povero papà!

DEMETRIO La mamma lo fa per il vostro bene… Lo sai, Arabella, che non mi sei mai parsa così somigliante al povero Cesarino come adesso. Povero Giovedí!.. non voleva distaccarsi dal suo padrone.

ARABELLA Stamane la mamma mi ha dimandato se io sapevo com'era morto il mio povero papà. Essa non sa ancora tutta la verità....

DEMETRIO Risparmiatele questo dolore... E in quanto a te, Arabella, abbi pazienza. Vedrai che ti troverai bene alle Cascine. Paolino è buono e sarà per DEMETRIO voi un secondo padre. Ci sono delle necessità, figliuola mia, ci sono delle necessità, credi a me, innanzi alle quali è religione chinare la testa.

ARABELLA Lo so, povero zio!

ARABELLA (nel consegnare allo zio una busta che pare una lettera) La mamma la prega d'accettarlo per sua memoria. È il suo ritratto.

DEMETRIO Ringraziala.

La stazione  è andata man mano popolandosi di gente che si aggira frettolosa in mezzo al sordo rotolío delle carriole che menano i bauli e alle voci sonore e imperiose che annunciano le partenze. I treni in arrivo fischiano e  rumoreggiano sotto la tettoia. Si sente il picchiar dei ferri, il suono delle catene, il bisbiglio, lo scalpiccío di tante persone.

DEMETRIO Devo salire in carrozza. Qua, dammi un bacio, Arabella!

ARABELLA Arrivederci, zio!

DEMETRIO No, dividiamoci così, senza lacrime…

ARABELLA Va bene, zio…

Sportello che si richiude. Fischio del capostazione. Il treno si muove.

Scena 3.

Si sentono gli strilloni per le strade di Milano.

STRILLONI La sanguinosa tragedia del Ponte dei Fabbri!… Industriale della seta uccide la moglie che lo tradisce! ….La vittima aveva una relazione col celebre tenore Altamura!…

Si sentono anche i commenti fra i lettori:

VOCI – Ha fatto bene! / Ma chi? / Ma lù, il marito!…/ Sono d’accordo: è stata una pazzia necessaria./ Ma il Pardone l’è ‘n bon omm! Vedrai che l’assolvono e lo mandano a casa! / Ma che assolto: gli daranno almeno vent’anni! / Scommettiamo? / Quanto?…/ Date retta a me: in queste faccende tutto dipende, pur troppo, dal modo col quale il processo viene ordito, dall'umore dei giurati e fors'anche da quello delle loro mogli./

Scena 4.

Le Cascine sono in festa. Le belle campane della badia annunciano ai popoli il lieto avvenimento. Cominciano ad arrivare le carrozze dei parenti e degli amici in mezzo a un rumoroso tintinnare di campanelli, tra gli evviva dei ragazzi e gli spari dei fucili da caccia..

ISIDORO S'era detto di fare una cosa modesta, senza rumore, tra parenti intimi; ma un Chiesa di Melegnano non può buttare la figlia ai cani, perciò ho trascinato alla festa mezza provincia di Lodi. Ed ho pagato il campanaro per   rompere i timpani alla gente.

CAROLINA Ferma, Beatrice! Fammi dare l’ultimo tocco ai capelli!

BEATRICE Guarda se sono a posto le pieghe del vestito!

CAROLINA A quelle ci pensa l’Elisa; l’abbiamo fatta venire apposta da Milano! Hai visto? Dalle Cascine sono corse tutte le ragazze curiose che hanno potuto scappar via, c’è una siepe di gente davanti casa.

BEATRICE Mi vien da piangere.

CAROLINA E’ la felicità.

BEATRICE  A cosa pensi, Arabella?

ARABELLA Penso ai morti… allo zio Demetrio…

CAROLINA Non è questo il momento!…

BEATRICE (Si china a bisbigliare all’orecchio della bambina) Ci penso anch’io, sai? Ogni momento mi pare di vedere il mio Cesarino spuntare in cima alla scala, bello, elegante, nell'abito fresco, col cravattino bianco...

Si sentono delle grida: "Viva la sposa!" E ancora:  "Gesus, se l'è bèla!"

Le carrozze partono tutte insieme verso la chiesa.

Scena 5.

Demetrio è solo nello scompartimento del treno. Mentre il treno lo porta via sbattacchiandolo, una canzone ancora in fondo al cuore sussurra in tono quasi di canzonatura:

DEMETRIO T-o-to... finito. Dunque, addio tegole, addio abbaini, addio campanile delle Ore, addio vecchio duomo di Milano, che piú si guarda e piú diventa bello, piú diventa grande, come se ognuno vi aggiungesse per frangia i suoi pensieri migliori. Addio, Milano, città piú buona che cattiva, che dà volentieri da mangiare a chi lavora, ma dove, come in ogni altro paese del mondo, chi non sa fingere non sa regnare. Andiamo avanti con confidenza e verrà giorno che i buoni torneranno ancora buoni a qualche cosa.

- F I N E –