Dialogo per voci sole

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Dialogo per voci sole

di

Iride Luzi


Entra lei, dolcissima si vede che cammina da tempo e il suo sguardo cerca, e mentre cerca si sente un rumore, poi questo rumore diventa passi e poi arriva lui, colui che cercava e lui cerca lei con egual trasporto, si avvicinano increduli si abbracciano si baciano si toccano

- (Lei) Hai occhi pieni di polvere dove sei stato? 

- (Lui) Sono anni che non piove, come vorrei che fosse estate!


- (Lei ) Hai cercato dove vita non c’è, hai dormito dove non c’erano stelle alzando gli occhi, hai bevuto il riflesso di un’acqua che ricordavi, dove sei stato?

- (Lui) A riempire gli altri.


- (Lei) E ci sei riuscito?

- (Lui) Mai!

- (Lei) Ho giocato a rincorrerti, mi piaceva annusare l’aria per ritrovare il tuo odore, poi, un giorno di primavera, mi rapii un colore, mi rapii un suono mi sconvolse un movimento e quando il naso ti cercò, tu non c’eri più.

- (Lui) Giocai a dadi all’ultimo porto della mia giovinezza, vinsi tutto e persi me stesso. Mi rivolsi al mare e alle sue sorelle a loro chiesi aiuto, le guardavo dall’alto di quella prua e una di loro mi baciò, quella è stata l’ultima volta che il cuore è rimbalzato.


- (Lei) Avevo dolori ai polsi e forse, è stato lì, con quel dolore che camminai in piedi, c’era vento e l’aria mi percuoteva e attorcigliai i capelli alle dita e mi librai, fu quella la prima volta che il pensiero ha avuto direzione.

- (Lui) Scesi e risalii sonnecchiai e ripercorsi i lastroni di ghiaccio di una terra che credevo non mi appartenesse. Eppure le mani erano calde e il fiato scaldava le mie labbra, raccontai di creature dimenticate raccontai di gioie inaspettate, raccontai di parole scritte e di parole lette, raccontai di chi giungeva e di chi andava, raccontai di chi dimenticava e di chi si vendicava raccontai di chi odiava e di chi sopravviveva, raccontai addosso raccontai attraverso e poi aprii le braccia e una eco mi fucilò.


- (Lei) Sedetti mille vite sopra quella pietra sotto quella quercia, ogni cerchio concentrico fu la mia clessidra ed era sempre troppo veloce, abbracciai il tronco e lo arrestai, non invecchiai più e cedetti l’animo a Ermione. Silenzio e fruscio furono le parole che mi disse e io a loro feci giuramento, loro respirai e a loro mi sacrificai, provai a parlare ma avevano già sentito, il mio cuore aveva già urlato.

- (Lui) Era il contrappunto naturale ad attirarmi. Era l’irrazionalità a incatenarmi, a sospendermi. Un tempio fermo, deciso, sicuro, si innalzava davanti alla mia pelle, non volli entrarci dentro, lo guardai da lontano e cercai nella natura la spiegazione all’uomo, al senso delle cose.


- (Lei annuendo) E l’uomo era lì tra quelle pietre giganti, tra quei sussurri di arancio, tra quegli uguali e diversi spazi che tagliavano i paesaggi intorno.

- (Lui sorpeso) C’eri anche tu?


- (Lei) Sì. E, proprio sotto, allungando l’occhio là dove forse non dovrebbe andare, lessi scritto nelle rocce, la risposta a quella divinazione umana, c’era l’ombra, il negativo, la convessità di ciò che l’ellenico aveva costruito. La natura rispondeva con un abisso, uguale e contrario e io mi domandai “Da cosa sei più attratta?” e la mia irrazionalità si tuffò tra quelle pieghe ineguali di roccia, nel caos, nell’infinito sconosciuto.

- (Lui) Neanche per me era tempo di arrivare al tempio, percorsi ancora il suo perimetro e ancora di nuovo la natura stupefaceva, pini a rincorrersi, su un tappeto marrone di aghi e terra bruciata, mi addentrai nell’inconscio ed ebbi un regalo inaspettato, il tempo, stava sonnecchiando tra quei rami verdi. Le pietre bianche lanciate a caso a terra, un destino l’avevano:


- (insieme) Raccontavano

- (Lei) … e imbastivano storie ineguali e mai sentite, appoggiai il mio ventre alla terra e mi fusi in essa, da lì vedevo il cielo sopra al tempio e lo accarezzavo sicura perché la natura era dentro me, potevo contrastare l’uomo. Mi alzai, raccolsi storie per terra e le misi nella tasca le portai al naso e i tronchi di quei pini erano un nuovo contrappunto naturale loro le colonne di un tempio creato dal caos, avevano la magia di arrestare il tempo, di rallentarlo seguendo il ritmo dei miei movimenti, mi allontanavo dal tempio e il tempo si fermava mi avvicinavo e il tempo riprendeva a battere. Camminavo dentro quel teatro e nulla era più forte del desiderio di raggiungere il tempio e profanarlo, ecco il preliminare era giunto alla massima tensione, era ora che io conoscessi l’uomo.


- (Lui) Rosso in volto, lo feci, mi avvicinai affannato ed entrai, mi travolse il tempo e il suo passare in fretta, venni annientato in mezzo a quello spazio, un fremito pervase il mio corpo mentre tra le colonne pezzi di paesaggi mi raccontavano ciò che ero stato

- (Lei)… e ciò che non ero stata. Fui svegliata…da una mano che mi indicò l’infinito di un cielo che sembrava chiuso in quel rettangolo ma mi accorsi che l’unica a non esser libera ero io. 


- (Lui) Che sciocco era la mia mano ad indicare, e tu…

- (Lei) sciocca io, non riconobbi le dita, anzi, non le guardai…e dimmi, poi, dove riposasti?
- (Lui) Non riposai, non c’era tempo, tornai tra i vivi e sorrisi, ma loro non lo fecero. Alzai le braccia, ma loro non risposero, appoggiai uno sguardo sulle mani e tremavano. Una donna mi camminava affianco, la strattonai, le dedicai sospiri, la ringiovanii e poi la accompagnai tra i percorsi di pagine odorose. Lei sorrideva e dietro agli occhi non c’era nulla, un nulla che io avrei riempito e la misi a sedere e le chiesi di recitare, le chiesi di respirare le chiesi di nutrirmi, ma lei chiudeva occhi e libro e avvicinava labbra, non la riempii, non la svuotai. E io?

- (Lei) E tu, questo domandai all’ultimo carnefice. E tu… come vivrai? Ma poi non era questa la domanda, non era questa la vita non era questo che volevo, simulavo sofferenza, simulavo tormento, ma il vero fuoco l’ho camminato nel silenzio attonito e impercorribile della mia infanzia, della mia adolescenza, della mia giovinezza della mia…(esita)


- (Lui) …della tua?

- (Lei) E’ una domanda, e tu chiedi, ma questi punti interrogativi sono tuoi?, senza neanche volerlo, inaspettatamente, li trovi chiusi tra i denti e sul palato e pronto li lanci al mondo… ma poi implodono tra le pieghe delle insondabili sequenze della vita vissuta e vivente. Domandiamo come ossessi, in silenzio senza dolore: perché viviamo?, questo ci domandiamo, incuranti e tormentanti e spesso la risposta è idiozia, è autocompiacimento è crudeltà della risposta che mai arriva.


- (Lui finta gioia) …Finalmente, il cielo si fa grigio, ha il colore che ha dentro di noi, e la domanda diventa sinistra, lugubre e non riusciamo a trovare guardando oltre, guardando dentro LA RISPOSTA, l’unica è l’annullamento, il senso delle cose non esiste e il divenire ci è ostile. Ma siamo, siamo, siamo, siamo!!! con tutti i nostri serafici abbandoni, siamo siamo siamo con tutte le nostre contrastate voluttà, siamo siamo siamo siamo siamo e con gocce di sudore e non di occhi, cerchiamo la libertà di un gesto nel gesto, il pensiero da rendere materia e la vita da abbracciare e poi ingoiare e poi sputare…

- (Lei) Sì, sì, vissi, fui, mi stupii, mi tormentai, mi ottenebrai e poi, come d’incanto, ogni notte morii e rinacqui a ogni alba. Il fuoco divampò, e come un improbabile duetto, ridonai vita a frammenti di me che credevo persi.


- (Lui) Si rinasce ogni giorno, e ogni giorno rinacqui anch’io, e ogni giorno fu un preludio a ciò che nel giorno sarei stato, ogni giorno fu un tormentato riporre i piedi su sconfinati sentieri, che forse portarono a radure o che forse portarono a laghi abbandonati, che forse portarono a intricate foreste che forse portarono a deserti invivibili, ma la vittoria la raggiunsi e la baciai, quando riconquistai fettine di noi

- (Lei)…di noi? 


- (Lui) Sì di noi, brandelli di noi persi e li lustrai come argenti nei saloni delle feste, ogni giorno mi preparai al ricevimento dato in nostro onore dai nostri sensi…ma tu non fosti mai pronta neanche sulle scale ti affacciasti

- (Lei)…ma… Ecco, cosa accadde oggi, oggi come ieri come domani come sempre i tuoi sensi ripresero colori perduti, riacquistarono un tempo sconfitto e il silenzio assunse le tonalità dei colori della primavera. Io sono così giovane, mi dicevo, guardando le mie rughe… e non immaginavo ma me lo dicevo che ognuno di noi lo è ma solo se conosce il mistero della propria esistenza…rinascere ad ogni sospiro. Io rinascevo e tu mi attendevi…

- (Lui) E cosa immaginavi che io facessi?"
- (Lei) Non immagino, lo farai…

- (Lui) Come fai a leggere il mio passato, se non ti dedico il presente, come fai a dire di immaginare, se ciò che è: è… e basta…

- (Lei) Non lo leggo…ora basta?

- (Lui ilare) No, lo sai che non mi basta

- (Lei sensuale) Posso convincerti…ti basterà…(lui si allontana)

- (Lui) Proviamo

- (Lei) "Ho dato tutto... tutta me… fosse bastato…allora ho cosparso di erba e rose profumate il tuo percorso… solo fosse bastato... ho detto milioni di parole dando loro grande significato ... solo fosse bastato.... è bastato tacere. Ho annusato i tuoi occhi, le tue ciglia, i tuoi denti, il tuo intimo odore e mi è piaciuto, ho assaporato il gusto della tua pelle e attraverso le labbra ho capito chi sei, ho guardato ogni tuo piccolo gesto: il gesto stonato di chi finge di non guardare l'altro che lo guarda, il gesto virile che è capace di farmi sentire donna, il gesto soffice e delicato di chi è capace di farmi sentire fragile, il gesto terreno di chi vuol farmi sentire desiderata, il gesto crudele di chi non vuole che raggiunga l'estasi...ma che in fondo lo fa per farmelo desiderare sempre di più, il gesto affettuoso di chi vuole tenermi tra le braccia e regalarmi tutte le stelle... perché io mi senta unica, il gesto scomposto di chi si passa una mano tra i capelli, e ancora il gesto incompiuto di chi divora pagine di libri e accompagna il suo gustare ad un'eterna smorfia di abisso conoscitivo negli occhi, il tuo gesto di bimbo felice che gioca a nascondersi con la sua cuginetta, il gesto grandioso di chi sa quando è ora di alzarsi.... perché il tè si è raffreddato, il gesto di chi cammina e incede con passo elegante e consapevole di sé.

- (Lui) E cosa hai fatto, ancora?

- (Lei) "Ti ho ascoltato .... come se la tua voce fosse l'unica nota rimastami come se la mia pelle di tamburo ricevesse e procurasse suoni solo se battuta dalle tue mani, ti ho ascoltato come se dalle tue labbra non potessero uscire altro che nenie e indimenticabili poesie, ti ho ascoltato come se fosse per me l'ultima volta, ti ho ascoltato per sentire un nodo... che non banalmente si fermasse in gola, ma mi inturgidisse i capezzoli e mi buttasse in uno stato di eterno delirio, ti ho ascoltato perché dalle tue labbra non uscisse altro che verità, la verità che è il dubbio eterno che tu ed io solo solleviamo.

- (Lui) Avevi ragione…me lo fai bastare.

- (Lei) Ti ho letto.... sì ti ho letto... come se fossi una pagina di un autore che tutti vorrebbero capire ma che solo io comprendo, come se fossi e lo sei, l'ultimo dei dorici .... il migliore, come se fossi uno scultore di tantimila anni fa che rinato a nuova vita si sdipana e mi colloca nel più alto dei suoi pensieri, ti ho letto Giovanni.... e non.... mi basta
- (Lui) Ora basta, non amo il compiacimento

- (Lei) Lo so, ma a me basta?

- (Lui) Cosa vorresti?

- (Lei) Amare ed essere riamata…

- (Lui) Non basta…lo sai!

- (Lei) Cosa devo fare allora? (tormentata)

- (Lui) Io ho polvere tra le ciglia, chiuso in un baule ho cercato chi mi somigliasse, tra ragnatele e ricordi ho vissuto ma tu, con quel liquido sotto gli occhi, perché hai smesso di rincorrermi per trovarti?


- (Lei) Non lo farò mai più.

Iride Luzi