Dialogo tra Dio, la vita, la morte, l’uomo

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DIALOGO TRA DIO, LA VITA, LA MORTE, L’UOMO

DIALOGO TRA DIO,

LA VITA, LA MORTE, L’UOMO

di Antonella Bertoli

“Riflessione” in TRE ATTI

Personaggi:

Dio

La Vita

La Morte

L’Uomo

Uomini e Donne

Il palcoscenico è semibuio. Sul palco ci sono cinque sedie disposte a semicerchio. Dietro c’è una parete bianca dietro la quale si muovono varie figure come ombre cinesi. Si sente il pianto di un neonato. Subito dopo si sente una sonora risata.

Quindi ancora un pianto di donna adulta.

Poi si sente un coro di voci maschili e femminili che recitano una preghiera in italiano.

Quindi ancora una nenia indiana che invoca Manitù.

Poi un’infinità di voci che parlano ognuno una lingua diversa.

Silenzio.

Il palcoscenico si illumina ed entra un’Attrice (o un Attore) vestita di bianco con una maschera dorata sul volto tenuta con un bastone così che la maschera può essere tolta o appoggiata. Sotto la maschera il volto dell’attrice è truccato con un occhio enorme sulla fronte e il resto del viso è bianco. Entra con atteggiamento fiero, allarga le braccia, cammina sul palco e si ferma al centro del palco rivolto verso il pubblico. Indossa la maschera. Parla con voce tonante:

«Mi chiamate in molti modi su questo pianeta che ho creato milioni di anni fa. Il dio dei cristiani è semplicemente Dio con la D maiuscola; quello dei mussulmani è Allah; quello dei Buddisti non è un dio vero e proprio: è la pace dello spirito e il raggiungimento del Karma; per alcuni sono il Tao; per altri Jeova; per altri ancora tutto ciò che esiste nel mondo e che è dotato di anima vivente. Sia come sia ne esiste uno solo, e sono io. Dio. Sono io. Sono maschio o femmina? Sono maschio e femmina. Che importanza ha? Io sono Io. Io sono Dio.»

Dio va a sedersi nella sedia centrale. Incrocia le braccia e allunga le gambe. Parla ancora togliendosi la maschera:

«Eccomi qui. Un momento di riposo, per carità. Non so se sono più pentita/pentito od orgogliosa/orgoglioso di aver creato questo pianeta e di averlo popolato. Mi date un bel daffare tutto il giorno! E quante lingue ho dovuto imparare dopo che con la Torre di Babele vi siete intestarditi a raggiungermi, entrando in concorrenza l’uno con l’altro! Maledetti... o no! Dio non può esprimersi in tal modo! Benedetta la volta che vi ho creato... Uomini e Donne di questo mondo, sette giorni sette ho dovuto studiare! L’aramaico, il mandarino, lo spagnolo, il sanscrito, l’afrikaner, il boiardo, l’italiano, l’inglese, il francese. E prima la lingua d’oca e poi la langue d’oil...Mai contenti! non siete mai contenti! E pensare che la domenica dovrei riposare e invece no! a studiare anche la domenica! Adesso poi che c’è tutta quella tecnologia, con i computer, c’ho San Pietro che non ne può più. Prima era facile: scriveva un elenco con la sua lunga penna d’oca e via, chi era dentro era dentro e chi era fuori, via! Sciòh! All’inferno! Adesso ho dovuto mandarlo a fare un corso di computerologia applicata sennò tutta quella fila di anime stava lì otto giorni per essere collocata al suo posto. Quello che mi fa incasinare (o pardon!) quello che mi fa fare più confusione di tutti è il Purgatorio, perché sai che tempi infiniti a fare i conti degli anni che toccano a uno e poi all’altro e all’altro ancora! E poi quando rientrano in Paradiso!.. Perché c’è qualcuno che fa il furbo, sapete. Eh si! Tenta di rientrare prima. Così San Pietro ha dovuto aprire un sacco di windows. Io gli ho detto di fare gli elenchi in ordine alfabetico, ma lui niente! Tutto in ordine di peccati! Che al giorno d’oggi quali sono i peccati veniali e quelli gravi!? Boh, non lo so più nemmeno io! È cambiato tutto.»

Arriva sul palco cantando e fischiettando un altro attore (o attrice) vestito di rosso con una maschera rossa. La maschera ha le stesse caratteristiche dell’altra, si può togliere ed appoggiare. Sotto la maschera il volto è dipinto a guisa di bambola, con lunghe ciglia disegnate. Si ferma al centro del palco e rivolto verso il pubblico, indossando la maschera, dice inchinandosi:

«Salve gente! Vi domanderete chi sono? Io sono la Vita, quella che vi fa nascere, vi fa crescere, vi fa maturare, e poi invecchiare. Si, io sono la Vita e conto più di tutti. Non esiste altro all’infuori di me. Io vi creo e io vi distruggo. Vi faccio gioire e vi faccio impazzire. Vi dono l’amore e ve lo tolgo. Vi faccio vibrare d’odio e vi trascino per i lunghi anni della vostra esistenza fino in fondo. Fino alla fine. Io sono la Vita e vi ho fatto nascere dai primi organismi monocellulari fino ai pesci, ai mammiferi, ai dinosauri, alle scimmie. E poi ho creato voi. Che non siete altro che scimmie un po’ più intelligenti e col cervello un po’ più sviluppato. Beh! Sviluppato per modo di dire! Certi umani ci farebbero la firma ad essere come certe scimmie!»

Da dietro si sentono dei colpi di tosse infastiditi. La Vita si volta di scatto e vede Dio con indosso la maschera. Scappa da una parte all’altra del palco e poi si ferma vicino a Dio, di profilo verso il pubblico. Si toglie la maschera e parla:

«Toh! toh! toh! Chi abbiamo qua? Un tale tutto vestito di bianco che farnetica di creazione! Vediamo un po’, chi sei tu che osi togliermi di bocca le parole! E perché tossisci per finta? Forse che non ho ragione a proclamarmi l’unica fonte a cui il mondo può abbeverarsi? Se non ci fossi io non ci sarebbe nulla! Nulla!»

Dio fa cenno alla Vita di sedersi battendo con la mano sulla sedia a fianco a lui e dice togliendosi la maschera:

«Siediti qui va’. Vita o non Vita, che ne vedremo delle belle, perché se non ci fossi stato io, sempre comunque e dovunque, col cavolo che ci saresti tu! Io sono Dio, il Dio supremo, l’Essere che è sempre stato e sempre sarà. Cosa vuoi contare tu che sei nata perché io l’ho voluto! Io ho creato il mare e gli acidi desossiribonucleici, io sono la spirale del Dna, io ho fatto in modo che tu ti sviluppassi e dessi vita alle cose del mondo!»

La Vita si alza in piedi di scatto rimettendosi la maschera. Subito Dio la tira per la manica e la fa risedere. La cosa si ripete tre volte. Dio la tiene ferma per il ginocchio. Allora la Vita, rimanendo seduta forzatamente dice:

«Ma porca la miseria! Questo si può dire, si? Davanti a Dio? Porca la miseriaccia schifa! La vuoi capire che io sono la Vita e non posso stare ferma un minuto? Devo saltare, ballare, camminare, fare le capriole. È il concetto stesso che mi tiene in Vita che mi fa essere così. La mia natura di Vita è essere Vita e la Vita non sta mai ferma un attimo. Va avanti. Va avanti. Sempre. Comunque e dovunque. E adesso come la mettiamo? Se gli stessi concetti che la gente applica a te sono validi anche per me? Forse che siamo la stessa cosa dunque, io e te? Impossibile! Tu sei trasparente, invisibile, non ti sei mai fatto vedere da nessuno. Ergo non ci sei. O ci sei solo per un atto di fede. Io invece sono reale, mi si può toccare, mi si può palpare, sentire, ascoltare. Mi si può vivere. Perché sono l’essenza stessa delle cose. Il fine ultimo del mondo. Io sono la Vita. La Vita, comprendi? Essere perfettissimo? Che se poi fossi così perfetto mica ci sarebbero tutte le brutture che ci sono su questo pianeta. Se dici di essere il bene assoluto, perché ci sono i poveri, le carestie, le malattie, le guerre, la disperazione? Se ci sei sempre stato perché non hai fatto in modo che il mondo fosse popolato di esseri felici e contenti fin dall’inizio?»

Riprende la parola Dio, sempre senza maschera:

«Ecco vedi, Vita, perché non puoi essere la sola cosa esistente? Perché tutto non può aver preso il via da te? Perché sei ignorante! Non capisci che il mondo è stato da me creato proprio perché avesse una scelta? È stato un atto di infinita bontà crearlo in modo tale da renderlo libero. Di crescere o di seppellirsi. Di rispettarsi o di inquinarsi. Di godere o di annientarsi. Perché ho dotato l’Uomo della ragione che lo differenzia dalle scimmie e da tutti gli altri animali? Tu sei colei che trasforma in Atto ciò che io creo in Potenza. Ma sono concetti troppo difficili per te da capire!»

Gli risponde la Vita togliendosi la maschera:

«La maggior parte degli Uomini e delle Donne crede che tu sia buono. Che tu esista come infinito Amore. Ti crede l’essenza stessa dell’amore. E invece è una falsità infinita, come te. Questo tuo creare è inutile in sé stesso perché con la ragione e con la libertà di cui dici di aver dotato il mondo hai creato anche il male e la morte.»

Si sente un lamento funebre, accompagnato dal sibilo del vento, le luci si abbassano e si rialzano. Entra un attore vestito di nero con una maschera nera che ha le stesse caratteristiche delle altre due maschere e si può togliere ed appoggiare al viso. Sotto la maschera il volto è tutto dipinto di nero. Comprese le palpebre. La Morte ha un grande mantello nero e una falce in mano appoggiata su una spalla e avanza gravemente con grandi passi lenti sul palcoscenico. Si ferma sul lato sinistro del palcoscenico ed esclama con voce lenta e grave:

«Qualcuno mi ha chiamato? Ho sentito fare il mio nome. Inutilmente a quanto vedo, perché a nessuno posso essere utile in questo momento, qui con voi due che siete la mia controparte. Cosa volete dalla Morte? Quando io appaio niente più esiste e tutto finisce. Esseri soprannaturali dite di essere? Mi fate ridere! Siete due concetti astratti e non esistereste se alla fine non ci fossi io. Pensate forse che il mondo o gli Uomini e le Donne si sarebbero inventati un Dio o vivrebbero la Vita se io non li aspettassi alla fine del cammino?»

Dio si alza e la luce si fa sfolgorante. Si avvicina alla Morte mentre la Vita si mette a saltare e ballare di qua e di là sul palco. Dio prende sottobraccio la Morte e torna a sedersi al suo posto. Quindi fa sedere la Morte accanto a sé prendendole la falce e appoggiandola per terra davanti a lui. Poi fa cenno alla Vita di tornare a sedersi nella sedia a fianco a lui, dall’altra parte dove è seduta la Morte. Le luci si riabbassano. La Vita riprende a parlare con la maschera addosso:

«Non posso restare, ora che la Morte ha fatto il suo ingresso. Io sono l’antitesi della Morte, se lei c’è io non posso esistere e se ci sono io lei non può esserci. Io sono la Vita e la Vita è il contrario della Morte. Non vedi come con lei le tenebre avanzano e il cielo si fa cupo? Non vedi come le foglie appassiscono e il mondo si fa grigio? Non senti il gelo penetrarti nelle ossa e i brividi farsi strada dentro il cuore che si stringe in una morsa? Ed ecco caro il mio Dio, se hai creato tutto, perché hai creato anche lei? Lei che tutto distrugge e nulla salva? Lei è la tua controparte, lei è il male che accomuna gli Umani. Io non credo che tu esista, Dio. Esistiamo solo io e lei. La Vita e la Morte. Non tu. Che non puoi nulla contro di noi. Perché io faccio vivere il mondo e lei lo fa morire. E tu? Che fai tu? Se intervieni annulli la Morte o la Vita! Di quale libertà vai cianciando allora? Annulla la Morte e allora si gli Umani saranno veramente liberi!»

Dio allarga le braccia come per zittire Vita e Morte e per affermare la sua potenza. Parla con voce suadente sempre senza maschera:

«Vita e Morte siete le due facce della stessa medaglia. Io ho voluto che conviveste entrambe in mezzo agli Umani. Perché il fine ultimo dell’Uomo è morire, così come muoiono tutte le altre creature del mondo, per poi rinascere sotto altra forma, sia essa terra, humus, cenere. Io ho dato all’Uomo la ragione perché potesse scegliere di vivere o di morire. Io, Dio o Materia o Essere primordiale, che differenza fa? All’Uomo non è dato di sapere ciò che solo Io so. Cosa c’era all’inizio di tutto? Solo Dio. Solo Io. Siete due sciocche se pensate di esistere all’infuori di me o del mondo. Voi siete perché io sono e perché l’Uomo è. Null’altro.»

Interviene la Morte con la maschera addosso:

«Eh no caro mio! Io sono anche senza di te. Come diceva qui la mia collega-alter-ego, tu non puoi intervenire quando la mia falce si abbatte sulle teste degli umani. Ed è altrettanto risaputo che non puoi intervenire quando una Umana partorisce il figlio delle sue carni: da solo non puoi nulla! Perché per far nascere hai bisogno della Vita e per far morire hai bisogno della Morte. Così non ci sei solo tu come essere supremo. Noi facciamo parte di te. Anzi, oserei dire che noi esistiamo anche senza di te. Tu sei solo un parto della fantasia degli Umani che hanno bisogno di credere che esista qualcuno di perfetto, visto che loro sono imperfetti.»

Cala il sipario. Buio.

Fine PRIMO ATTO

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SECONDO ATTO

Buio sul palco. Entra un altro personaggio, vestito normalmente, jeans e camicia. È l’Uomo che sta fermo al centro del palco. Si riaccendono le luci. Dio, la Morte e la Vita si guardano in faccia stupiti, senza maschera. Si chiedono l’un l’altro a voce alta. Dio parla per primo:

«Ma chi l’ha chiamato? Sei di sicuro stata tu Vita. O tu Morte?»

Gli risponde la Morte:

«Di sicuro è stata la Vita. Io no di certo, a meno che non possa portarmelo via.»

Interviene la Vita:

«Io non l’ho chiamato di certo! Io li faccio più piccoli, non così grandi! Comunque adesso c’è e dovremo farlo partecipare alla discussione. Sono proprio curiosa di sapere come la pensa! Venga venga buon Uomo, si segga qui con noi. Non si vergogni e non abbia soggezione. Lo so che non capita tanto spesso di parlare con la Vita e con la Morte. Con Dio forse si perché quasi ogni umano ha un rapporto diretto con un dio o con qualcosa che crede superiore a lui. Ma dica, lo ha mai visto Dio? Beh! Si sieda qui e lo vedrà. Mi dica che sono curiosa: lo vede? È lì seduto. Qui in mezzo a me che sono la Vita e a quella là che è la Morte. Venga, venga. Suvvia, non abbia timore.»

L’Uomo si avvicina lentamente ai tre che si sono rimessi la maschera, poi titubante si siede vicino alla Vita e dice:

«Me ne stavo a riposare, a casa mia. Quando improvvisamente ho sentito delle voci. Qualcuno che insistentemente parlava di me. Ho aperto gli occhi e mi sono ritrovato qui in piedi con voi tre dietro di me. Chi siete? Cosa volete da me? Siete stati voi a farmi arrivare qui? E dove sono? Io sono solo un Uomo, uno dei tanti. Uomo o donna. Uomo e donna. Come tanti uomini e tante donne.»

Parla Dio che si toglie la maschera lentamente:

«Dove vuoi essere? Siamo in uno spazio-tempo infinito. Nella tua mente forse. Uno spazio-tempo che si dilata enormemente fino a raggiungere l’altro estremo di sé stesso. Capisci cosa intendo? Sei qui e sei dappertutto. Comunque e dovunque. Dentro di te e fuori di te. Ti rendi conto della tua importanza? Tu rappresenti il mondo, tutti gli umani e ogni cosa che esiste e si può toccare. Tu sei tutto e allo stesso tempo sei niente, perché qui ognuno di noi tre ti può far vivere o morire. Parla dunque. Cosa vuoi? Cosa credi? Cosa chiedi?»

Uomo:

«Parli bene, tu che dici di essere Dio. Come un cattedratico che si erge dall’alto del suo sapere a dispensare le sue verità a noi poveri sventurati che non avemmo la fortuna di nascere e crescere con certezze. Tu poi, che dici di essere Dio, lo sai che tanta parte dei miei simili neanche ti considera? E che un’altra buona parte invece parla di te come il Bene supremo? E che un’altra ancora dice che sei un Dio guerriero che ha affidato ai fedeli il compito di combattere la guerra santa? E che esiste anche un’altra parte di umanità che considera divini gli alberi, la terra, i sassi, il cielo ed il sole? E tutto ciò che è animale è, secondo loro, parte dell’essere divino? Come puoi definirti dunque il Dio Assoluto? Non esisti se non ci fossimo noi Umani ad inventarti! Tu che sai tutto, dimmi, è vero o non è vero che solo perché gli Umani popolano il pianeta possono concepire l’esistenza di una perfezione che a loro non è dato di avere?»

Scatta la Morte che si alza e fa svolazzare il suo mantello nero, prende la falce e la agita sopra la testa dell’Uomo dicendo, mentre si toglie la maschera:

«Piano, piano brav’uomo! Ecchè ci siamo già montati la testa? Ti ammettiamo al cospetto di noi tre, esseri superiori a cui gli Umani devono soggezione, e già ti permetti di alzare la voce e farti così arrogante? Abbassa la cresta, e stai al tuo posto. Chè imperfetto sei e imperfetto resterai. E poi, guarda un po’ cosa hai combinato laggiù sul pianeta! Mari inquinati, oceani pieni di petrolio, balene che soffocano, uccelli impantanati e pieni di virus, vacche e buoi con la BSE, bambini che muoiono di fame, donne e vecchi malnutriti, piegati dalla guerra alle sofferenze più atroci. Centrali nucleari che scoppiano e contaminano il mondo di radioattività. Gente che muore povera senza un soldo e altri ricconi che muoiono di infarto per il troppo grasso con cui si circondano il cuore. E di chi è la colpa? Mia? Nostra forse? Noi qui ti abbiamo dato la Vita e sei tu che fai arrivare la Morte. Oh sai, non credere che io non sia ben felice di accontentarti! Io vado ovunque mi chiami, arrivo col mio mantello nero e con la nera falce abbatto, taglio, porto via. Un mucchio di cadaveri o una montagna di cemento, per me fa lo stesso. Tanto sei tu che lo vuoi. Che l’hai scelto. Sei tu che mi chiami.»

La Morte torna a sedersi. L’Uomo resta in silenzio schernendosi. Si alza la Vita senza maschera che gli balla intorno dicendo:

«Scegli me, Uomo. Scegli la Vita, ora che ne hai ancora la possibilità. Scaccia la Morte dai tuoi pensieri e dai tuoi gesti. Puoi ancora abbandonare l’ansia di potere che ti divora le viscere e ti manda in guerra ad uccidere tanti innocenti. Scegli la Vita. Guardami: ho una veste rosso fuoco perché significo passione, voglia di gridare, cantare, ballare. Puoi ancora pulire il mondo. Lasciare che i tuoi fratelli e le tue sorelle di altri colori che non hanno un posto dove stare e non sanno cosa mangiare vengano nel tuo paese; dà loro una casa dignitosa e un lavoro decente, non trattarli male, non picchiarli. Non mandare in casa di riposo il tuo vecchio genitore che ormai non ha più nulla se non i suoi ricordi e te da amare. Non farlo morire anzitempo. Non vendere mine e fucili e mitragliatori e bombe per denaro. Non farlo. Ricordati l’esempio dei tanti traditori e della fine che hanno fatto. Perfino i tuoi film mettono in scena la crudele morte di chi tradisce e di chi vende l’anima al diavolo. Scorda il potere o distribuiscilo tra tutti. Fa leggi giuste, dove ognuno possa dire la sua ed essere ascoltato. Scegli la Vita, Uomo, non le tenebre. Scegli la conoscenza! Leggi, studia, allarga la tua mente. Solo lì sta la tua salvezza. Non in Dio, non nella Religione, qualunque essa sia, non nel Potere, non nel Denaro. Scegli la Vita, scegli cioè i tuoi simili. Stai con gli Umani e insieme pensate il bene di tutti che sarà il bene di ognuno.»

Dio si alza di scatto. La luce esplode e poi si riabbassa. Parla con voce tonante e con la maschera addosso:

«Basta! La mia superiorità non è in discussione. Non vi ho evocato qui perché sia messa in dubbio la mia esistenza. Basta o vi faccio scomparire all’istante!»

Morte e Vita insieme con fare provocatorio e la maschera addosso:

«Provaci! E dai, provaci! Se ne sei capace!»

Riprende Dio togliendosi la maschera:

«Non lo faccio perché la discussione è interessante e poi dovrò pur divertirmi in qualche modo! Sempre solo con San Pietro è una tale rottura!... sempre a spulciare gli elenchi delle anime da salvare  e da buttare. Per fortuna che da un  po’ di tempo in qua ho dei Sanpietrini che lo aiutano... Però mi hanno detto che laggiù i Sampietrini non si comportavano mica tanto bene... Boh! Comunque sono degli assi col computer. E già, anche il computer, non l’ho mica inventato io! sei stato tu Uomo a inventartelo e a costruirlo: Bravo. Bravo. Non c’è che dire. Sei stato bravo... Però se io non ti avessi dato la Ragione, mica ci saresti riuscito! Sempre bravo a me, dunque. Quello bravo sono sempre io. E basta! Qui di bravo ce n’è uno solo. Io! Dio!»

Luce sfolgorante e poi buio.

Fine SECONDO ATTO

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TERZO ATTO

La scena è illuminata. L’Uomo si alza in piedi e si rivolge ai tre che indossano la maschera e stanno confabulando tra di loro, ridacchiando e indicandolo ogni tanto:

«Davvero sono in trappola. Mi sembrate tre Super Eroi della Marvel e io sono il povero tapino che ne fa le spese. Da quando mi hai messo su questo pianeta, caro Dio, me ne hai fatte passare di tutti i colori! All’inizio dei tempi mi facevi camminare a quattro zampe e non sapevo se ero scimmia animale o essere umano. Un ibrido probabilmente. I miei amici di Neanderthal li hai fatti fuori dopo qualche centinaia di anni. Per non parlare della mia amica Lucy e degli Australopitechi. Mi hai lasciato in Africa a popolare quella terra lussureggiante e da lì mi hai mandato per il mondo a inventarmi nuovi modi di vivere e di parlare. Le montagne, i mari, i laghi e gli oceani si sono frapposti fra me e i miei simili e abbiamo adottato linguaggi diversi tanto da non riuscire a capirci più. Quando mi hai fatto camminare a due gambe mi hai fatto vedere le belve in agguato ed ho imparato a difendermi inventando le armi. E perché non avrei dovuto usarle contro altre tribù che volevano portarmi via la donna o la carne che mi ero conquistato? E sei davvero stato tu a farmi diventare Uomo? O non è stata la necessità di sopravvivere in un mondo ostile a forgiarmi per quello che sono? Se sei stato davvero tu a darmi la ragione, mi hai anche dato la libertà di uccidere. Dunque non sei buono. Dunque in te c’è sia il male che il bene. A meno che tu ci abbia creato (che parolona!) per tuo diletto. Non un Super Eroe, caro Dio, ma Polifemo mi sembri, che col suo occhio accecato cercava di abbrancare Ulisse e i suoi compagni all’uscita della grotta. Anche se non tutti noi Umani possiamo paragonarci ad Ulisse, quanto ad astuzia e capacità.»

L’Uomo si risiede sulla sedia accanto alla Morte. Questa parla mettendogli un braccio intorno alle spalle e togliendosi la maschera di dosso:

«E bravo il mio bell’ometto! Hai voluto dargli il libero arbitrio e zac! Ecco che lui ti piazza un bel discorsetto dove dice che niente di ciò che succede nel mondo è colpa sua. Tutta colpa tua, caro il mio Dio. Ma già che c’eri, non potevi mica farli meglio sti’ umani?! Oddio, per me è tutta carne che cola... come si suol dire. Peggio sono e meglio vado io. Però insomma!.. Certo che di cose da dire ne ha! Ha quasi messo in crisi anche me. Sei rimasto senza parole eh, Dio!? Che errore! Che errore! Che errore hai compiuto quando gli hai dato la ragione. Robespierre sì che l’aveva capito! Lui aveva innalzato altari alla Ragione. È lei la vera dea, la Ragione è il supremo essere che fa vivere o morire. Lei è Dio. La Ragione è Dio. Vedrai, vedrai, quando questi Umani finiranno di studiare il cervello, scopriranno la sede della Ragione. Che non è il cuore o l’anima o lo spirito. La Ragione è. Questa è l’unica verità.»

Si rialza la Vita e corre in braccio all’Uomo togliendosi la maschera. Lo sbaciucchia dappertutto dicendogli:

«Si, si si, siiiiiii! Così ti voglio, combattivo e fiero. Tener testa a chi tenta di sopraffarti. Chi sei tu Dio per permetterti di dirgli cosa fare e come comportarsi e cosa pensare, dopo che gli hai dato la libertà? Se libertà gli hai dato, che libertà sia. Anche di negarti. Anche di non credere nella tua esistenza. Anche di dire che sei il bene e sei il male. Ma l’uno è la negazione dell’altro. E dunque rispondi a ciò che ti ha chiesto l’Uomo: chi, cosa, dove sei? Tu Dio, cosa sei?»

Dio si alza in piedi e toglie la Vita dalle ginocchia dell’Uomo. Accenna un giro di valzer e poi la riporta a sedere. Quindi dice avvicinandosi all’Uomo e sventolandogli in faccia il dito indice, con la maschera sulla faccia:

«Troppa confidenza, caro mio! Hai capito questi Umani! Gli dai un dito e si prendono il braccio! Un atto d’amore fu il mio. Io ti creai, si! Umile animale che poi si evolse. Anzi, nemmeno. Io creai ciò che sta all’inizio dell’inizio dell’inizio. Che poi è la fine. E così all’infinito. Ma la tua mente limitata non può comprendere ciò che è all’inizio. Così come non puoi comprendere ciò che è nel tempo sempre stato e sempre sarà. Perché per te non esiste il concetto di tempo infinito, perché per te c’è la Morte che lo rende finito. Temporale. Di questo mondo. Con un limite. Tu sei limitato, Uomo. Io ti ho voluto così, altrimenti saresti me. Posso creare un altro me stesso? E cosa, chi, dove sono io mi chiedi tu Vita? Io sono niente e sono tutto. Io sono Dio!»

L’Uomo si alza in piedi e si avvicina al centro del palco. Con un gesto perentorio fa cenno a Dio di sedersi. Un rullo di tamburi fa da preludio al suo discorso:

«Dio? Dio? Dici di essere Dio? Quale Dio ci sarebbe se io non esistessi? Quale Vita ci sarebbe se io non nascessi? E quale Morte vivrebbe se io non morissi? Dimmi Dio, se io non ci fossi scorrerebbero gli anni, i millenni, le ore? Se io non fossi in questo mondo imperfetto, cosa saresti tu, che ti dici perfetto, se io non ti creassi e non avessi in me il concetto della perfezione? Io ti ho inventato. Io con la mia esistenza imperfetta, concepisco un essere perfetto che non capisco, ma proprio perché io lo credo, tu esisti. Solo perché io credo in te, tu esisti. Quindi andate, Vita, Morte e Dio, perché io, Uomo, piccolo essere soggetto al vento, alle intemperie e alle vicende di questo mondo vi creo e vi distruggo. L’unica certezza è la non certezza. L’unica esistenza è la mia esistenza. L’unica esistenza delle cose è la mia coscienza che mi fa toccare e credere che le cose esistono. Nulla all’infuori di me esiste se io non credo che esista. Io, Uomo. Sono l’unico essere certo. Io e la mia caducità.»

Una luce accecante accende il palcoscenico. Poi si fa il buio più profondo, quindi una luce piccola illumina l’Uomo mentre Morte, Vita e Dio sono spariti dal palco. Dietro le spalle appare la diapositiva del pianeta Terra , poi quelle di tanti altri uomini e donne. Dal fondo del palco entrano correndo uomini e donne che ballano, saltano, si abbracciano, si spintonano, cadono e si rialzano. Suona la musica Sinfonia dal Nuovo Mondo di Dvorak. Le luci si riabbassano piano mentre la musica sfuma.

FINE