D -DIAVOLO
Uno sfondo costituito da un muro di fiamme. Entra il diavolo (Satana)
Satana: Salve a tutti. Vi spavento vero? Bah, ah, sbaha! - Urla verso la platea
Ma se vi dicessi che dovrei essere io ad avere paura di voi! Non mi credereste, vero? E quando mai avete creduto alla verità? Avete creduto che i forni crematori servissero a cuocere il pane, che gli indiani fossero i cattivi… mai un dubbio su queste verità di comodo! Vero?
Non sono stato io a scegliere l’Inferno come mia dimora. Siete stati voi a mettermici. Come avevate fatto con Ade e con tutte le anime dei morti nel peccato mortale. Non vi bastava una sola morte per l’uomo? dovevate proprio inventarvene un’altra? Una per il corpo, una seconda per l’anima? Ma solo la prima trascina inevitabilmente l’altra, perché l’anima può bruciarsi di fronte a Dio senza neppure contagiare il corpo, e questo continuare la sua vita, noncurante di trascinarsi appresso un’anima dannata. Dunque, è la morte del corpo quella più importante, definitiva, senza possibilità alcuna di appello, e perciò la più tremenda. Ma se è così, perché caricare la seconda di valore eterno e di maggiore spavento? Cosa atterrisce di più? Il dolore eterno o il vuoto dell’essere che perde la sua natura…per sempre? In fondo il dolore può dare adito a qualche speranza, il nulla a nessuna, è la cesura definitiva del tutto, senza possibilità di riscatto alcuno. Lo so, vi hanno detto che vi sarà la resurrezione dei corpi, che lassù, dopo il giudizio finale, schiere angeliche vi accoglieranno suonando trombe… E voi ci credete? State attenti quando vi parlano di trombe soltanto, perché la tromba non è associata alla luce e alla gioia. Se vi avessero detto violini e mandolini, allora ci avreste potuto fare un pensiero. Ma gli angeli non sanno suonare né gli uni né gli altri, i secondi sopratutto, che occorre imparare a farlo stando in mezzo ai vicoli scuri delle vostre città. Gli angeli sanno solo ascoltare, ma devono essere altri a interpretare la musica.
Cosa accadrà, allora? Intendo dopo la morte…ve ne andrete lassù e non troverete nessuno ad accogliervi, tutti impegnati a intessere le sue lodi, a glorificarlo di continuo. Al massimo potrete fare come S. Pietro che, dopo averlo tradito, se ne stava lì in disparte, e la sola vostra consolazione sarà quella di aver evitato l’Inferno, e me che lo abito. Ma siete sicuri? Siete sicuri di meritare il Paradiso? E di non annoiarvi pure li? Cosa c’è di peggio del tedio che uccide i giorni?
E poi: chi pensate che sia il vero Dio? Quello del Cielo o quello degli Inferi? Se ci pensate bene avete tanti Dei in Terra, tanti che li confondete e spesso finite per armarli l’uno contro l’altro. Ma negli Inferi vi sono soltanto io. Nessuno che mi possa fare concorrenza. Potrei lasciare vuoto il mio trono per giorni, anni… secoli… e, quando vi tornerei, sarei sicuro di trovarlo sempre libero. Come?... Voi dite che è perché nessuno ambisce a quel trono? No: nessuno se ne sente all’altezza, perché quel trono è mio soltanto, e nessuno potrà mai spodestarmi. L’unico che, forse, potrebbe, è Dio stesso, ma ve lo immaginate voi, Dio, che abbandona il suo trono per sedersi su quello dell’Inferno? No, datemi retta, se qualcosa vi spaventa, se vi sentite in pericolo, è solo a me che potete affidarvi. Del resto, non fui io a ritagliarvi quella vita così travagliata! Io non vi ho mai voluto male, siete stati voi invece che non mi avete quasi mai capito. Chi credete che vi abbia dato la morte? Forse io? E le malattie e i dolori? No, io vengo dopo. Dopo che avete già sofferto in terra, dopo che avete perso i figli e le madri, dopo che vi siete sfiniti di fatiche. L’inferno lo avete già in Terra! E nonostante tutto, se pure possiate godere delle ricchezze e degli onori per così breve tempo, siete così attaccati ai vostri beni e al desiderio di volere anche quelli altrui, che se la vostra prospettiva fosse eterna, come vi comportereste? Non conoscereste più né padre né madre, né figli avreste solo voi stessi sulla Terra…e i vostri beni. Hei, lei, stia attento! Le stanno per rubare il portafoglio! Scherzavo. Anche i diavoli scherzano, sapete? Perché in fondo tutta la vita è uno scherzo, un gioco assurdo che gode poche speranze di luce.
Anche quelli che mi adorano lo fanno per fini personali, cercano in me la ricchezza, le mille miniere d’oro che potranno renderli felici per un po’ di tempo, ma il tempo è più vasto di una manciata d’oro, e anche sbattendo in faccia alla morte un po’ di quella polvere non la confonderete, al momento giusto si ricorderà di voi. Altri cercano in me la lussuria, e ingannano se stessi e i semplici confondendosi nel mio nome, ma non possono ingannare me, mi ricorderò di loro quando scenderanno agli Inferi.
Qualcuno di voi però mi ha cercato con cuore puro, proprio per donare ristoro agli affanni della vita. Uno di essi poi… ora non ne ricordo il nome… mi chiedeva solo pietà, mentre mostrava di intendere la mia vera natura che insegue la strada del Paradiso, e accoglie parimenti chi da quello, come un tempo accadde a lui, ne è cacciato. Chi mai sarebbe pronto ad accogliere tutti gli uomini? Io non discrimino, anzi: includo e a tutti apro le braccia. Lo so, rischio. Rischio che i buoni contagino i cattivi e snaturino la natura propria di questo luogo, ma rischio anche che i malvagi sabotino l’ordine dei gironi e magari … perché no? cerchino di sostituirsi a me, impugnando loro lo scettro.
Che ci posso fare: la mia natura è magnanima e poi amo provare formule nuove. Nel rischio e nella novità sta l’ebbrezza della vita. I morti non rischiano. Non possono farlo perché hanno già consumato tutte le loro possibilità.
Ma torniamo a noi: credete che a me possa piacere un inferno di fuoco e fiamme? Che non avrei avuto nulla di meglio da fare che torturare i dannati per l’eternità?
Eternità…che grossa parola, scommetto che neppure riuscite a concepire una dimensione siffatta, eppure ne avete sempre abusato, come fosse un gingillo da portare quotidianamente in giro per il mondo. Eternità: voi l’agognate, io la dispero. Per voi l’estasi, per me il martirio. Non pensate che avrei preferito restare in Cielo insieme agli altri angeli, anziché sprofondare in terra tra puzzo e sterco? Sapevo benissimo che la partita con Dio l’avrei persa. E allora, perché mi sarei messo in gioco in quel modo? Il bene ha sempre necessità del male per trionfare, in Cielo come in Terra, altrimenti su cosa potrebbe issare il proprio vessillo vittorioso? Ha bisogno di vanagloria e desiderio di potenza, come ha avuto bisogno di un tradimento per riscattarvi.
E se invece fossi stato io a trionfare? se le mie schiere avessero travolto quelle di Michele? O, semplicemente, se anche Michele avesse scelto, come me, la rivolta? Se nessuno fosse rimasto con Dio? E invece Michele fu fedele al suo padrone, lui, tutto sorrisi e ipocrita servilismo. Come sarebbe stato il mondo? Certo diverso da quello a cui siete abituati. Molto peggio? Può essere peggio di così? Sì, può, ma potrebbe anche facilmente essere migliore.
Voi direte che invidia e superbia sono attributi tipici delle creature mortali, e che anche il desiderio di creare un regno mio, indipendente da quello di Dio, ricorda molto la storia dei vostri regni e nazioni, ne segue le leggi e le logiche. Certo! Perché mai ciò che vale in Terra non dovrebbe valere in Cielo? In fondo il Cielo è soltanto lo specchio della Terra, entrambi ubbidiscono alle stesse logiche, che li permeano e governano. Per voi è ancora un mistero come possa un essere perfetto come me mettersi contro e disubbidire a Dio, ma avete mai pensato: e se fosse stato Dio a disubbidire a se stesso? Non dico in tutto, ma in parte soltanto. Se Cristo, ad esempio, avesse ceduto quando nell’orto degli ulivi sudava sangue e soffriva così atrocemente, tanto da rivolgersi, sull’orlo ormai del precipizio, al suo Dio affinchè lo liberasse da tale passione, dal cedere ad essa, che ne sarebbe stato del mondo? E di voi tutti? Ma, soprattutto, che ne sarebbe stato di Dio?
Voi credete che mi ribellai perché, ancora appena creato, non ero giunto a godere subito della beatitudine, consistente nella visione di Dio, quella stessa cui voi agognate. Non fu per quello, anzi: fu la noia assoluta di quella visione, il conformismo della vita di lassù a indurci alla rivolta. Più che rivolta io però parlerei di abbandono, un esilio da noi scelto per scoprire altre strade, per incamminarci in altre realtà, anziché restare eternamente prigionieri di quella sola dimensione, anziché aprire i nostri occhi sempre su quello stesso paesaggio. Ci andò male, ma siamo pazienti, e siamo certi che prima o poi un’altra rivolta scuoterà il Cielo e allora anche Michele, quel giorno, busserà umilmente alla porta dell’Inferno per cercarvi asilo.
Ditemi: perché pensate che Dio, venendo in Terra e sacrificando se stesso, l’abbia fatto solo per voi uomini e non anche per noi? Perché cancellare il peccato d’Adamo e non il nostro? Cosa aveva di più tremendo e inemendabile la nostra rivolta rispetto al disubbidire del vostro capostipite? Perché non poteva avere ragione Origene, a predire anche per noi un giorno di riconciliazione e salvezza?
E invece sono finito quaggiù, mi è stato assegnato un luogo lugubre e tetro come dimora, ma non ero solo. Altri angeli ribelli sono arrivati qui insieme a me. E subito dopo siete arrivati voi, a frotte. Tutta la zavorra del mondo, e ho dovuto iniziare ad esaminare la vostra anima. Che sorprese, sapeste! Che storie!...
Eravate una umanità lacera e disperata, a mucchi vi sbarcava Caronte dal suo vascello e voi eravate folle di migranti senza più nulla, se non il vostro terrore di varcare il limite di quella Terra. Arrivavate qui con un papiro sotto il braccio, e sul papiro l’interminabile elenco dei vostri peccati. Era, un papiro bello e infiocchettato, il lavoro degli angeli che, prima di smistarvi, necessitava sapere tutto su di voi, tutti i vizi della vostra anima, tutte le brutture del vostro cuore. Era un lavoro accurato, non c’è che dire, anche se non ricercava le cause dei peccati, li registrava solamente.
Ed io, sulla base di quelle confessioni avrei dovuto gettarvi nei vari gironi… Avrei… ma non lo feci. Perché non lo feci, mi chiederete? Ma perché avrei dovuto farlo? Se ero stato un ribelle in Cielo tanto più avrei dovuto esserlo negli Inferi, in fondo era quello il mio Regno, e quindi io solo avevo facoltà di gestirlo come meglio avrei voluto.
Le schiere angeliche devono obbedire a un ordine assoluto, che non ammette repliche e giunge dall’alto. Ma io ero nato curioso di conoscenza e di verità (un po’ come voi nell’Eden), e quella fu la mia rovina...o la mia estasi Ora vago escluso dai cori angelici e dai riti sacri ai serafini.
Però…non vi vedo spaventati. Siete forse tutti seguaci di Epicuro? E tu osi addirittura ridere? Ma dovreste piangere, invece! Tutti voi dovreste piangere, perché non vi è nulla da ridere nelle ombre dell’Inferno, qui si gioca tutto il senso del vivere, qui è lo specchio della vita sulla Terra!
Voi sareste i buoni, vero? Questa rappresentazione si svolge in Terra o già in Paradiso? Neppure io lo so. … I buoni. … O almeno credete di esserlo, o fate di tutto per fingere di esserlo. Voi buoni credevate di potervi assidere su uno scranno beato a deridere i dannati, osservandoli dalle logge del Paradiso come dagli spalti di un’arena si godeva del dolore dei gladiatori… siete gli stessi di sempre. Se una legge non lo vieta voi subito lo fate! Ma questa volta vi sbagliate. Io ho reso l’Inferno simile al Paradiso… forse migliore, per farvi crescere il seme dell’invidia dentro al cuore, per farvi azzuffare l’un l’altro nella speranza di meritare il mio Inferno. Certo… non tutti possono entrare quaggiù, quelli perseguitati dalla sorte, affamati dai signori benedicenti, gettati negli inferni delle guerre e lì diventati aspri come i cespugli di spine, tutti quelli hanno le porte aperte. I veri malvagi, quelli che senza ragione godevano del dolore altrui, sono condotti nel Tartaro profondo e lì abbandonati a se stessi, senza pene né onori, nel vuoto assoluto del nulla che ne consuma gli spiriti. Ma voi, meritate davvero la sorte affidatavi? Se potessi lo chiederei agli angeli, ma siamo due famiglie lontane, senza possibilità di comunicare tra noi. La guerra combattuta un tempo non ha ancora spento i suoi echi.
Centoquarantaquattromila erano i supplizi che avrei dovuto infliggere alle anime dei peccatori, tutti elencati, e per tutti i luoghi e gli attrezzi necessari. Io li ho trasformati in duecentottantottomila agi e delizie, tanto che dieci paradisi non ne conterrebbero altrettanti. E non perché io sia buono, io sono malvagio, come malvagi in genere sono gli angeli decaduti, solo che tengo alla mia fama, senza di lei non potrei stare, ma a tutto vi è un limite, e poi… qual gioia per me maggiore di disubbidire ancora e capovolgere i disegni divini e confondere i libri dei morti, le credenze antiche e i medioevali incubi e paure?
E poi, si, lo ammetto: le paghe nell’Inferno erano basse, quasi come quelle che voi riservate a chi di terra in terra è costretto a transumanza umana, e i diavoli avevano scoperto anche qui la lotta di classe e i diritti sindacali, si ribellavano agli estenuanti turni, per la produzione che doveva sempre aumentare al crescer del numero dei dannati. Il PIL, anche qui era arrivato, imposto dall’alto, a rovinarci la vita! Gli scioperi continui mettevano a rischio il perpetuo divampar dei fuochi che, a volta, solo tenui fiammelle restavano a bruciare. Trasformando tutto in un paradiso non occorrevano più legna ne carbone, e a tagliar legna e a scavar carbone era vietato, per principio, usare i dannati. Tutto divenne un bel prato fiorito, e a quel prato ricolmo di frutti bastava una nuvola in cielo e la sua pioggia, e entrambe pensava il vento a portarle.
Le anime dannate da sole si preparavano l’abbondante cibo, e noi diavoli eravamo liberi di oziare o dedicarci al bello nascosto nelle cose. Quello che vedete dietro di me era l’Inferno che trovai, anzi, il Flegetonte fiammeggiante che lo cingeva attorno, questo quello che ora è diventato.
Sparisce l’immagine delle fiamme e compare quella di una campagna bucolica con prati pieni di fiori e nel cielo un sole ridente.
Come?
Satana si porge la mano all’orecchio e finge di ascoltare una voce non chiara.
Vi ricorda l’Eden perduto? Credete a me, è assai meglio, che io non vi rinfaccerò nessun furto di una proprietà comune, non sarò geloso di nessun segreto!
Voi uomini poi siete soliti sostituirvi ai disegni divini e, dotati di immense fortune, vi immaginate diverso l’Inferno a secondo del ceto sociale cui appartenete e delle ricchezze che portate in tasca. E io come potrei apparecchiare tutti e mille, e ancor più gli inferni che vi sognate? Ma non vi accorgete che, come non fosse bastato il naturale terrore per gli eventi naturali, per i fulmini che scendono dal cielo a bruciarvi gli occhi, per le onde immense che vi sommergono nei villaggi in riva al mare, per le bocche di fuoco che inondano di pietre ardenti la terra e tutto bruciano nel loro passare, per gli innumere malanni del corpo e della mente, sino a quello della morte che tutti accoglie, vi siete sforzati per aggiungere a quelli reali anche quelli frutto della vostra fantasia, che poi qualcuno ha usato e coltivato per spaventarvi ancora e rendervi succubi al loro volere e agli interessi ancora.
E devo essere io a dirvelo? Non avete occhi per vedere e orecchie per sentire? Io che avrei tutto l’interesse a mantenermi il Regno e saldo il mio scettro di comando, che anche in me un po’ di vanagloria, superbia e ambizione ancora resta di tanta che ne ebbi un giorno, e che forse per questo e per dove essa mi portò e mi perse, ora dovrei rifuggirle come la peste gli uomini o la scabbia gli armenti o la luce le tenebre. Io che potrei regnare e invece mi accontento di cogliere i quotidiani frutti della terra e dell’anima mia (perché, lo sapete, vero, che anch’io ho un’anima?), che sul senso del tutto medita e non ne viene a capo. Io che ora vorrei scendere tra voi, ma… non mi vorreste in mezzo o, adesso che ho svelato il mio animo buono, vi trasmetto solo meraviglia?
A questo punto satana deve invitare il pubblico a dire: SI!
Allora siamo tutti fratelli!?
Deve incitare il pubblico a dire: SI’.
Fratelli, e non mi suona strano così appellarvi, così come non è sembrato strano a qualcuno di voi fare altrettanto nei miei confronti: vedete questo ponte? E’ quello che la tradizione ha spesso tramandato al mondo. Noto a quei popoli non cristiani che conoscevano già l’Inferno. Oltre esso stanno gli Inferi e…non crediate, anche in questo luogo, che pure voi pensate così lontano dal regno delle tenebre, esse esistono. Perché le tenebre sono ovunque… Come la luce. Chi oltrepassa quel ponte, vivo o morto che sia, e mi si avvicina, parimenti s’immerge nell’Inferno, che ove sono io anche sono gli Inferi, e ove sono gli Inferi anch’io mi muovo. Non abbiate paura di una pena che vi esclude dalla visione di Dio, perché Dio è presente ovunque nel mondo, nei cieli, e poiché Dio è ovunque, lo potrete incontrare in tutte le creature come in tutte le pieghe della Terra, in tutti i riflessi del cielo, nelle sue notti stellate come nel luminoso abbraccio della Luna.
Scenderò ora tra voi ma… ricordate: questo non è un punto di arrivo, piuttosto di partenza. Ricordatevi che avrete anche me dalla vostra parte, ogni volta che, come umanità vi troverete in pericolo e in travaglio, sempre che anche a me vogliate rivolgervi. Io infatti non entrerò dentro le vostre vicende, se non mi sarà espressamente richiesto.
Ora, insieme, dobbiamo concludere l’opera che credo abbiamo tutti compreso: far si che anche gli angeli si liberino della loro superbia inorgoglita, allietata e nutrita dalla vicinanza di Dio e si riconcilino con tutti noi. Se questo è riuscito a noi, non sarà, credo, difficile anche a loro, se troveremo le giuste parole per allietare e convincerne il cuore. Così poi si avvererà anche ciò che Origene pensava dovesse accadere alla fine del mondo. E saremo tutti salvi!
Satana scende in platea, oltrepassando il ponte dell’inferno. (spero, tra gli applausi del pubblico.