DICIAMOCI
LA
VERITA’
Una commedia di
Corrado Vallerotti
CONTATTI
Tel. 347.7224307
corradovallerotti@yahoo.it
http://corradovallerotti.oneminutesite.com
PERSONAGGI
CARLO
AGATA
SERGIO
LILIANA
LUIGI
VITTORIA
MARCO
La commedia è ambientata nel salone della casa di Carlo e Agata. Tre ingressi: a sinistra verso la cucina, a destra verso altre camere della casa, sul fondo verso il giardino.
E’ il giorno dell’anniversario di nozze di Carlo e Agata e i due hanno deciso di organizzare una festa nel loro giardino, invitando i loro più cari amici.
PRIMO TEMPO
(Carlo entra dalla porta di fondo con un grosso mazzo di rose in mano).
CARLO: Agata! Agata! (Entra Agata).
AGATA: Ciao, amore. Che bello, delle rose, sono per me?
CARLO: E’ quello che vorrei sapere anch’io.
AGATA: Ma che dici? Entri con un mazzo di rose, in casa ci sono soltanto io, è il
nostro anniversario di matrimonio...
CARLO: Infatti, ma si dà il caso che queste rose fossero vicino alla porta.
AGATA: Vicino alla porta? E come mai?
CARLO: Dovresti dirmelo tu visto che io non le ho comprate.
AGATA: Le hai rubate? Che bello, chi ruba un fiore per te...
CARLO: No, non le ho neanche rubate.
AGATA: Le hai prese al cimitero.
CARLO: Ma non sono mica dei crisantemi.
AGATA: Se non le hai comprate e non le hai rubate...
CARLO: Le ho semplicemente trovate.
AGATA: Dove?
CARLO: Vicino alla nostra porta te l’ho detto. Da cui deduco che le abbia comprate
qualcun altro.
AGATA: E chi vuoi che l’abbia fatto?
CARLO: Dimmelo tu.
AGATA: Ma non lo so. Non c’è un biglietto?
CARLO: Certo che c’è. Ma non è firmato.
AGATA: E che cosa c’è scritto?
CARLO: Tre parole.
AGATA: Sole, cuore, amore?
CARLO: Guarda che non sto ridendo.
AGATA: Ma ti assicuro che io non ne so niente.
CARLO: “Con tanto amore”.
AGATA: Che cosa?
CARLO: E’ quello che c’è scritto sul biglietto. “Con tanto amore”.
AGATA: E non è firmato?
CARLO: Certo che no. Probabilmente perchè chi l’ha scritto non aveva dubbi sul
fatto che tu l’avresti riconosciuto comunque.
AGATA: Ma tesoro.
CARLO: Non avvicinarti.
AGATA: Io non ne so davvero niente.
CARLO: Ah no? Se uno sconosciuto ti manda un mazzo di rose è perchè si è fatto
delle idee, e se si è fatto delle idee è perchè tu l’hai provocato.
AGATA: Ma io ti giuro...
CARLO: Cosa vuoi giurare?
AGATA: Io non ho fatto niente per attirare l’attenzione di nessuno.
CARLO: Peggio ancora. Allora lo fai involontariamente. Non ti accorgi nemmeno di
provocare gli uomini.
AGATA: Carlo, credimi, per favore.
CARLO: Smettila. Non ti voglio più sentire parlare. Me ne vado.
AGATA: Dove?
CARLO: Non lo so, probabilmente vagherò per la città senza meta.
AGATA: Non puoi cominciare a vagare da domani visto che questa sera abbiamo da
fare?
CARLO: Ma non sono cose che si fanno a comando.
AGATA: E poi perchè te ne vai?
CARLO: Perchè non posso più vivere con una donna che va in giro a provocare
involontariamente gli uomini.
AGATA: Ma Carlo, aspetta, per favore, ti scongiuro.
CARLO: Dov’è la mia valigia?
AGATA: La tua valigia? Ti prego, Carlo, non possiamo parlarne un attimo con
calma, magari quando ti sarà sbollita la rabbia?
CARLO: Non c’è niente da dire e non sono per niente arrabbiato, quindi non ho
niente da sbollire.
AGATA: Ah no? Ti stanno venendo le orecchie rosse e tu lo sai benissimo che le
tue orecchie rosse sono la spia della rabbia.
CARLO: Non ho le orecchie rosse.
AGATA: Come fai a dirlo se nemmeno puoi vedertele?
CARLO: Perchè non sono calde. Quando diventano rosse me le sento calde.
AGATA: Lo saranno ben presto, vedrai.
CARLO: E poi adesso l’oggetto del contendere non sono le mie orecchie.
AGATA: Ma proprio questa sera.
CARLO: Appunto. Nello stato in cui sono non me la sento di vedere nessuno.
AGATA: Carlo.
CARLO: Tanto più se ho le orecchie rosse. Non voglio che mi si veda con le orecchie
rosse.
AGATA: Puoi sempre mettere una cuffietta.
CARLO: Siamo in estate.
AGATA: Ma vengono tutti i nostri migliori amici per festeggiare il nostro
anniversario di matrimonio.
CARLO: Bella cosa da festeggiare. L’anniversario della tua civetteria.
AGATA: E’ tutto pronto, sarebbe dovuta essere la nostra festa.
CARLO: Agata, per favore, non insistere.
AGATA: Fallo per me, ti prego. Poi domani se proprio vorrai...
CARLO: E come pensi che possa sorridere davanti ai nostri amici? Che possa fare
finta di niente?
AGATA: Perchè no?
CARLO: Le orecchie mi tradirebbero.
AGATA: Fallo per me, ti prego.
CARLO: Mi chiedi troppo, Agata.
AGATA: Ma cosa racconterò loro?
CARLO: Dirai la verità. (Scoppia a ridere). Che ci sei cascata come un allocco.
AGATA: Ma quindi?
CARLO: Scherzavo. Ci sei cascata. Ci sei cascata.
AGATA: E quindi i fiori...
CARLO: Buon anniversario, amore. (Le dà i fiori).
AGATA: E quindi non era un ammiratore segreto?
CARLO: Sembri dispiaciuta.
AGATA: No, affatto.
CARLO: Piaciuto lo scherzo?
AGATA: Stronzo. Sei sempre il solito.
CARLO: Avresti dovuto vedere la tua faccia.
AGATA: Ma quando la smetterai di fare tutti questi scherzi stupidi?
CARLO: Quando la smetterai di cascarci.
AGATA: Sei insopportabile.
CARLO: Lo so e ne vado fiero.
AGATA: E questa volta mi hai davvero stufata. (Si volta e si allontana).
CARLO: Ma dai, scherzavo.
AGATA: E allora vai a scherzare da un’altra parte.
CARLO: Ma dai, Agata.
AGATA: Non lo capisci che io non ne posso più di vivere con un bambino che passa
tutto il suo tempo a fare scherzi?
CARLO: Ma l’ho fatto solo per farci due risate.
AGATA: E te le sei fatte le tue due risate?
CARLO: Io sì.
AGATA: Bene, io invece non ho riso per niente.
CARLO: E’ perchè come tutte le donne non hai il senso dell’umorismo.
AGATA: E tu, invece, come tutti gli uomini ne hai troppo. (Esce a sinistra).
CARLO: Agata, dai, scherzavo.
AGATA: (Da fuori). Vai a cagare.
CARLO: E dai, Agata, che fra un po’ arrivano i nostri amici.
AGATA: (Rientra). Sai cosa ti dico? Che i nostri amici te li spupazzi tu.
CARLO: Ma è il nostro anniversario di matrimonio.
AGATA: Infatti. Una festa bellissima che tu hai appena rovinato.
CARLO: Ma cosa ho fatto?
AGATA: Mi hai esasperata. Ecco quello che hai fatto.
CARLO: Ma non si può neanche più scherzare?
AGATA: Carlo, te l’ho già detto, tu passi tutta la tua vita a scherzare.
CARLO: E cos’è? Improvvisamente non ti diverti più? Hai sempre riso ai miei
scherzi.
AGATA: Ma ti ho anche sempre detto di non tirare troppo la corda.
CARLO: Io pensavo che ti riferissi a quella del cesso.
AGATA: Ecco, lo vedi? Anche quando si litiga tu la devi sempre buttare sul ridere.
Con te non si riesce neanche a litigare.
CARLO: Ed è una cosa positiva, no?
AGATA: Proprio per niente.
CARLO: Perchè?
AGATA: Perchè quando ti insulto mi darebbe più soddisfazione vedere ogni tanto
che stai un po’ male, invece più ti tratto male e più tu ridi.
CARLO: Sdrammatizzo.
AGATA: No, rompi i coglioni.
CARLO: Non è la stessa cosa?
AGATA: No, non è la stessa cosa.
CARLO: Vabbè, dai, non possiamo parlarne domani mattina?
AGATA: Assolutamente no. Forse è meglio se torno a dormire da mia madre questa
sera.
CARLO: Addirittura?
AGATA: Addirittura.
CARLO: Perchè?
AGATA: Perchè non ho voglia di vedere la tua faccia.
CARLO: Posso mettere una maschera.
AGATA: Non basta a coprire la tua faccia da culo.
CARLO: Beh, allora invece della maschera posso mettere in testa dei boxer. Faccio
solo dei buchi per gli occhi.
AGATA: Ecco, lo vedi? Lasciami andare, va.
CARLO: Dimmi perchè per le orecchie rosse andava bene se mi mettevo una
cuffietta in testa mentre per la faccia da culo non vanno bene i boxer.
AGATA: Cerca di crescere. (Esce di nuovo).
CARLO: Agata, prometto che non farò più scherzi, almeno per questa sera.
AGATA: (Rientra). Vuoi ancora saperla una cosa?
CARLO: Che cosa?
AGATA: Vuoi proprio saperla? Vuoi che ti dico cosa sei?
CARLO: Devo sedermi?
AGATA: Vuoi che ti dico cosa sei?
CARLO: Dai, dimmelo.
AGATA: (Scoppia a ridere). Sei un boccalone.
CARLO: Ma quindi...
AGATA: Chi la fa l’aspetti. Mica solo tu sei capace a fare gli scherzi.
CARLO: Che stronza.
AGATA: Pan per focaccia.
CARLO: Cacchio, questa volta ci sono proprio cascato.
AGATA: E adesso finiamola, vieni di là a darmi una mano che sono quasi le otto.
CARLO: C’è ancora qualcosa da fare?
AGATA: Scherzi? C’è tutto da fare. Voglio che tutto sia perfetto quando arriveranno.
CARLO: Ma sono soltanto i nostri amici.
AGATA: Ma questo è anche soltanto il nostro anniversario di nozze.
CARLO: Appunto. Capisco fosse la finale della Champions.
AGATA: Carlo.
CARLO: Scherzo, amore. Lo so che ci tieni tanto e vuoi che quando arriveranno le
tue amiche trovino tutto perfetto.
AGATA: Perchè? Tu non vuoi che anche per i tuoi amici sia tutto perfetto?
CARLO: Sai benissimo che perchè sia perfetto per i miei amici è sufficiente che ci
sia tanta birra e la play station.
AGATA: Come siete superficiali.
CARLO: Però ci divertiamo molto di più.
AGATA: Anche ai tuoi amici piace mangiare.
CARLO: Certo, ma le tue amiche sono fissate con il cibo vegetariano, il cibo
macrobiotico, la dieta dissociata, gli alimenti equilibrati, pochi grassi,
occhio al colesterolo, mentre per i miei amici è sufficiente che il cibo non
cammini ancora da solo.
AGATA: Bello schifo.
CARLO: Senti, mi è venuta un’idea.
AGATA: Che idea?
CARLO: Perchè non facciamo uno scherzo ai nostri amici?
AGATA: Ancora?
CARLO: Ma una cosina piccola piccola.
AGATA: Carlo.
CARLO: E dai, ti prego, giusto per farci una risatina.
AGATA: Anche questa sera?
CARLO: Certo, anche questa sera. Mi è venuta un’idea fantastica.
AGATA: Sentiamo quest’idea.
CARLO: Abbiamo invitato i nostri amici per festeggiare con loro il nostro
anniversario di matrimonio. Ebbene, noi aspetteremo che arrivino tutti e
anzichè questo, diremo loro che in realtà li abbiamo invitati perchè
abbiamo un annuncio importante da fare.
AGATA: Che annuncio?
CARLO: Diremo loro che abbiamo deciso di separarci.
AGATA: Ma sei impazzito?
CARLO: Dai, sarà bellissimo vedere le facce che faranno.
AGATA: Ma non ci crederanno mai.
CARLO: Perchè non dovrebbero crederci?
AGATA: Perchè non abbiamo mai dato loro motivo di sospettare una cosa del
genere. Non litighiamo mai.
CARLO: Appunto. Un fulmine a ciel sereno.
AGATA: Ma tu sei pazzo.
CARLO: Agata, pensa le risate che ci faremo alle loro spalle. E se poi non dovessero
crederci, pace. Ci abbiamo provato.
AGATA: E se ci chiedono il motivo?
CARLO: Secondo me è meglio stare sul vago. Facciamo credere che uno dei due ha
un’amante.
AGATA: Chi? Io o te?
CARLO: Non stiamo a precisare. Uno dei due e lasciamo che siano loro a fare tutte
le congetture del caso.
AGATA: Spero per lo meno che tu non voglia poi tirarla per tutta la sera.
CARLO: Ma no, andiamo avanti un’oretta.
AGATA: Tanto così?
CARLO: Al massimo. E poi vediamo come girano le cose. Se ci divertiamo la
tiriamo un po’ di più, altrimenti la smettiamo.
AGATA: Perchè con te non si può mai fare una festa normale?
CARLO: Vedrai quanto ci divertiremo. Allora d’accordo?
AGATA: D’accordo.
CARLO: Quindi diciamo che tu hai un amante.
AGATA: No, aspetta, abbiamo detto uno dei due senza precisare.
CARLO: Appunto. Tu sei uno dei due.
AGATA: E tu sei l’altro. Perchè proprio io?
CARLO: Sento una macchina, vediamo chi è? (Si affaccia alla porta). Sono Sergio
e Liliana. Allora mi raccomando, appena arrivano fai subito la seccata, fai
capire che abbiamo avuto una discussione ma senza premere troppo la
mano, giusto per fare loro intuire che abbiamo discusso.
AGATA: No, questo non lo faccio.
CARLO: E dai, un po’ di sense of humor, per favore.
AGATA: Non ti immagini quanto bisogna averne per stare con te.
CARLO: Anch’io ti amo, tesoro.
AGATA: Vagli incontro per lo meno.
CARLO: Va bene.
AGATA: Io vado in cucina a finire di preparare. (Agata esce a destra, Carlo va alla
porta ad accogliere Sergio e Liliana). Carissimi. (I due entrano).
LILIANA: Auguri, Carlo.
CARLO: Grazie Liliana, ne ho proprio bisogno.
SERGIO: Ehi, hai la faccia da anniversario di morte più che di matrimonio, che poi in
effetti non ho mai capito bene che differenza ci sia tra le due cose.
LILIANA: Sergio, non cominciare.
CARLO: No, Liliana, lascia pure che dica.
LILIANA: Dov’è Agata?
CARLO: In cucina. Se vuoi andare di là passa pure.
LILIANA: Grazie. (Esce a destra).
SERGIO: Allora?
CARLO: Cerchiamo di stare a galla.
SERGIO: Cinque anni. Mi sembra ieri che sei entrato in quella chiesa.
CARLO: Il tempo passa in fretta.
SERGIO: E’ vero. Tre quarti d’ora dopo, quando ne sei uscito, dimostravi già dieci
anni di più.
CARLO: Ma vai a cagare.
SERGIO: Sì, sì, io posso anche andare a cagare ma è la verità. E quel che è peggio è
che invece Agata quando è uscita ne dimostrava dieci di meno. Mi
sembrava di vedere il ritratto di Dorian Gray, solo che invece di un quadro
c’era un coglione. Dov’è la birra?
CARLO: In frigo.
SERGIO: E che cosa ci fa in frigo?
CARLO: Appena arrivano gli altri la tiro fuori.
SERGIO: Non mi sembra sia un reato cominciare a bere per ingannare l’attesa.
CARLO: Dai, Sergio, è questione di poco.
SERGIO: Questa è la maledizione di chi arriva puntuale. Passi la vita ad aspettare.
CARLO: Che saran mai dieci minuti.
SERGIO: A dieci al colpo si fa l’eternità.
CARLO: Sbaglio o sei particolarmente filosofo oggi?
SERGIO: Dopo un’ora con Liliana la filosofia è la sola salvezza che mi rimane.
CARLO: Esagerato. Se così fosse non stareste insieme da sei anni.
SERGIO: La necessità procura sempre strani compagni di letto, mio caro. (Rientrano
Agata e Liliana).
LILIANA: Sergio, perchè non vai in macchina a prendere il regalo?
SERGIO: Va bene.
CARLO: Aspetta, ti accompagno. (Escono).
LILIANA: Ma ti sembra possibile che siano già passati cinque anni?
AGATA: No. Sono davvero volati.
LILIANA: Quanto ti invidio.
AGATA: Liliana, ti assicuro che non è tutto oro quello che luccica.
LILIANA: Lo immagino, ma almeno con Carlo un po’ di oro ogni tanto lo vedi, con
Sergio invece...
AGATA: Sergio è fatto a modo suo, ma d’altra parte siamo tutti fatti a modo nostro.
LILIANA: Sergio di più. Carlo per lo meno è una persona seria.
AGATA: Da matti.
LILIANA: Sergio prende tutto come un gioco.
AGATA: Carlo no. E quando mai.
LILIANA: Vabbè, è un po’ burlone, però è simpatico.
AGATA: Un po’ burlone? Io credo che non riuscirà ad essere serio nemmeno il
giorno del suo funerale.
LILIANA: Sono uomini.
AGATA: E non possiamo non voler loro bene. Senza di noi sarebbero persi.
LILIANA: Già. Bambini poco cresciuti. Comunque hai fatto un sacco di roba da
mangiare, non dovevi disturbarti così tanto. (Rientrano Carlo e Sergio con
un grosso pacco).
AGATA: Ma sai, giornate come questa non capitano tutti i giorni.
CARLO: Agata!
AGATA: Sì, intendevo che oggi è un giorno molto particolare.
LILIANA: Lo immagino.
AGATA: Guarda, per quanta immaginazione tu possa avere non ne avrai mai
abbastanza.
SERGIO: Ecco il nostro regalo di anniversario.
AGATA: Accidenti, che pacco grande, cos’è?
LILIANA: Vedete, noi volevamo regalarvi qualcosa che potesse andare bene
per tutti e due, solo che non riuscivamo proprio a trovare niente.
SERGIO: Colpa vostra, siete così diversi che trovare un punto in comune sembrava
proprio impossibile, pensate che c’è anche venuto da chiederci “ma cosa
ci fanno insieme quei due?”.
LILIANA: Ecco, non proprio così.
SERGIO: Sì, tu hai detto proprio così: “quei due non c’entrano niente l’uno con
l’altra”.
LILIANA: Sergio, per favore. Scherza sempre.
AGATA: Comunque è vero, ma esiste anche l’antica legge per cui gli opposti si
attraggono.
CARLO: Agata. Attraevano.
AGATA: Già, attraevano.
SERGIO: Sì, è proprio quello che le dicevo io.
LILIANA: Sergio!
SERGIO: Sto zitto.
LILIANA: E poi abbiamo visto una cosa in una vetrina ed è stata una vera e propria
folgorazione.
AGATA: Che bello, che cos’è?
LILIANA: Diglielo tu, Sergio.
SERGIO: Una riproduzione perfetta di una katana.
AGATA: Una che?
SERGIO: Una katana, l’antica spada dei samurai.
AGATA: Fantastico. Vero Carlo?
CARLO: Proprio quello che ho sempre desiderato.
LILIANA: Ha anche il suo piedistallo, quindi la puoi mettere dove vuoi e costituisce
un oggetto di arredamento perfetto.
SERGIO: Già, che si adatta a qualsiasi situazione.
CARLO: Beh, non vi dovevate disturbare. Aspetta, che la metto di là.
LILIANA: Non apri il pacchetto?
CARLO: Bisogna anche aprirlo?
SERGIO: Se vuoi riciclare il regalo per lo meno sarebbe carino cambiarne la carta.
CARLO: Ma che dici riciclare? Questa come hai detto che si chiama? Ah sì, katana,
farà bella figura sul caminetto.
LILIANA: Ma non avete un caminetto.
CARLO: Lo costruirò apposta per poterci mettere sopra la katana.
LILIANA: Guarda che se non ti piace puoi sempre andarla a cambiare.
CARLO: Scherzi? Non lo farei mai.
AGATA: E poi in fondo in questo modo dovessimo mai litigare la potrei sempre
utilizzare.
CARLO: Cara, ormai abbiamo smesso di litigare, non ti ricordi?
AGATA: Già, è vero, ormai non litighiamo nemmeno più.
SERGIO: Carlo, le dai sempre ragione senza discutere?
LILIANA: Sergio!
SERGIO: Noi invece continuiamo a litigare, ormai non potrei stare senza di lei che
mi urla nelle orecchie. Mi fa sentire vivo.
LILIANA: Ma se non ti urlo mai nelle orecchie.
CARLO: Comunque i regali li apriamo dopo, quando saranno arrivati tutti. (Carlo
esce con il regalo).
SERGIO: Che bello il momento regali. Credo sia secondo soltanto al momento
fotografie.
AGATA: Già, le fotografie del matrimonio, Sergio, grazie per avermelo ricordato, se
volete dopo le riguardiamo.
SERGIO: Star zitto io, mai!
LILIANA: Fantastico!
SERGIO: Magari c’è anche il filmino.
AGATA: No, non ti ricordi? Non l’abbiamo fatto.
SERGIO: Che peccato. Fossi al tuo posto divorzierei e poi mi risposerei solo per
poter avere anche il filmino.
LILIANA: A che ora arrivano gli altri?
AGATA: Dovrebbero essere già qua. Anzi, se non sbaglio quello là fuori è Marco. Sì,
è proprio lui.
LILIANA: Da solo?
AGATA: Sì, non esce più con... com’è già che si chiamava l’ultima?
SERGIO: Sono anni che non tengo più il conto.
LILIANA: Io ero rimasta a Nunzia.
AGATA: No, Nunzia era addirittura prima di Pamela. (Entra Marco).
MARCO: Ciao, ragazzi.
SERGIO: Ciao, Marco. Come stai?
LILIANA: Ciao, Marco.
MARCO: Carissime.
AGATA: Da solo?
MARCO: Come si suol dire meglio soli che male accompagnati.
SERGIO: Che fine ha fatto... Com’è già che si chiamava?
MARCO: Silvana.
LILIANA: Già, Silvana. Era così simpatica. Quanto siete stati insieme?
MARCO: Tre mesi.
AGATA: Una vita.
LILIANA: E perchè vi siete lasciati?
MARCO: E’ che ad un certo punto ha cominciato a dirmi che con me stava bene, e
che le trasmettevo un senso di protezione.
SERGIO: Ahia. E’ il primo passo verso la fregatura.
LILIANA: E tu cosa le hai risposto?
MARCO: Che io più che la parte del protettore ho sempre preferito la parte del
cliente.
LILIANA: Stupido. Sei sempre uguale.
MARCO: E poi eravamo troppo diversi.
LILIANA: In che senso?
MARCO: Tutti.
AGATA: Esagerato.
MARCO: Comunque non siamo qui per parlare di me ma per festeggiare il magnifico
anniversario di Agata.
AGATA: E di Carlo.
MARCO: Beh, lui è un dettaglio poco significativo. Dov’è?
AGATA: E’ andato di là a posare il regalo di Liliana e di Sergio.
MARCO: A proposito, anch’io vi devo dare il mio regalo. Ce l’ho in macchina, vado
a prenderlo. Arrivo subito. (Esce).
LILIANA: E quindi anche Silvana ce la siamo giocata. Peccato. La trovavo carina.
AGATA: Vedremo come sarà la prossima. (Entra Carlo).
CARLO: E’ arrivato Marco?
SERGIO: E’ andato un attimo a prendere il regalo.
CARLO: Ha detto qualcosa di Silvana?
AGATA: Non stanno più insieme.
CARLO: Questo lo sapevo anch’io ma ha detto il motivo?
SERGIO: Hai presente un gatto incazzato nelle mutande?
CARLO: Capito. (Rientra Marco. Il pacco ha le stesse dimensioni di quello di
Sergio e Liliana ma la carta di un altro colore).
MARCO: Ecco qui il mio regalo.
AGATA: Che bello. Che cos’è?
MARCO: Ti dirò che non avevo proprio idea di cosa regalarvi. Sapete che io su
queste cose ho pochissima fantasia. Come per scrivere le cartoline.
SERGIO: Già, ricordo che quando da ragazzini si andava in vacanza passavi delle
ore a pensarci e poi scrivevi a tutti, anzi a tutte, la stessa cosa.
MARCO: D’altra parte quelli, anzi quelle, a cui scrivevo mica andavano in giro
portandosi dietro le cartoline e confrontandole tra loro. Comunque,
cercavo qualcosa che potesse andare bene per tutti e due, ma non riuscivo
proprio a trovare niente. Poi a un certo punto sono passato davanti ad una
vetrina e sono rimasto folgorato.
SERGIO: C’era un cavo dell’alta tensione scoperto?
MARCO: Ma no, quel negozio aveva in vetrina una magnifica katana. Sapete cos’è?
AGATA: Certo. Vuoi che non sappiamo cos’è una katana?
MARCO: Fantastico. Ed era una riproduzione perfetta, a grandezza naturale. Ed io mi
sono detto “ecco il regalo perfetto per i miei amici che festeggiano il loro
anniversario di nozze”.
CARLO: Già, magari da mettere sopra il camino.
MARCO: Non ce l’avete il camino.
CARLO: Lo possiamo sempre fare, apposta per metterci sopra la katana.
MARCO: Solo che in quel momento non avevo dietro il portafogli così ho pensato di
tornare l’indomani per prenderla e così ho fatto.
AGATA: Che abnegazione.
MARCO: E non vi immaginate il colpo che mi è venuto il giorno dopo.
CARLO: Lasciami indovinare: sei tornato al negozio e non hai più visto la katana in
vetrina.
MARCO: Proprio così. Mi è venuto un accidente. Mi sono detto “Stai a vedere che
qualche stronzo mi ha preceduto e l’ha comprata”.
AGATA: Bel rischio hai corso.
MARCO: Allora mi sono precipitato nel negozio e per fortuna il negoziante mi ha
detto che effettivamente due ore prima la katana che stava in vetrina
l’aveva venduta ma che ne aveva ancora una in magazzino.
AGATA: E non te la sei fatta scappare.
MARCO: Scherzi? Mi sono piazzato lì e non mi sono più mosso finchè non me l’ha
incartata e non me la sono portata via.
CARLO: Che culo.
LILIANA: Così adesso avete una magnifica coppia di katane.
MARCO: Come? Vuoi dire che la stronza... ehm, scusa, vuoi dire che l’altra katana
l’avevi comprata tu?
LILIANA: C’è andato Sergio, quindi lo stronzo è lui, comunque sì, l’altra katana
l’abbiamo comprata noi.
MARCO: Accidenti, allora vi abbiamo fatto un regalo doppio.
AGATA: Non fa niente, anzi, ancora meglio. Dovessimo mai fare un duello almeno
ne abbiamo una a testa, altrimenti con una sola sarebbe stato un casino.
MARCO: E’ vero, non ci avevo pensato.
CARLO: L’importante è che non mi chiediate di fare due camini per potercele
appendere tutte e due.
MARCO: Non credo sia il caso. Una katana può star bene con qualsiasi arredamento.
CARLO: Magari allora vado a metterla di là insieme all’altra.
MARCO: Non aprite il pacco?
AGATA: Preferiamo farlo dopo, quando saranno arrivati anche Luigi e Vittoria.
CARLO: Già. In modo che anche loro possano apprezzare appieno le due katane
spacchettate contemporaneamente. (Esce con il pacco).
AGATA: Ho preparato il tavolo fuori, visto che è una così bella giornata ho pensato
che si potrebbe mangiare lì.
LILIANA: Almeno evitiamo anche di farti tanti disastri in casa.
AGATA: Non è quello, è solo che c’è un così bel sole.
MARCO: Ottima idea.
AGATA: Allora magari comincio a portare fuori qualcosa.
LILIANA: Ti serve una mano?
AGATA: Grazie. (Entra Luigi).
LUIGI: Sappiate che io voglio la Juventus.
AGATA: Ciao, Luigi.
LUIGI: Sergio, mi spieghi perchè non ti vedo ancora con un joystick in mano e la
play station già calda?
SERGIO: Perchè sono appena arrivato anch’io.
LUIGI: Non mi sembra un buon motivo.
LILIANA: Ciao, Luigi, non so se te ne sei accorto ma ci siamo anche noi.
LUIGI: Non si può avere tutto dalla vita. Scherzo. Ciao, ragazze.
LILIANA: Dov’è Vittoria?
LUIGI: Sta parcheggiando la macchina.
LILIANA: Hai fatto guidare lei?
LUIGI: Oggi penso che mi ubriacherò e quindi è bene che guidi lei.
AGATA: Al ritorno. Ma la fai già guidare anche all’andata?
LUIGI: Meglio prevenire che curare. (Si affaccia alla porta). Non potevi entrare in
retromarcia?
VITTORIA: (Da fuori). Lo sai che non sono capace.
LUIGI: Potevi almeno evitare di sfondare la portiera a quel carcassone rosso.
SERGIO: Ma quella rossa è la mia macchina.
LUIGI: Scherzavo.
SERGIO: Non farmi spaventare. Devo ancora finire di pagarla.
LUIGI: Quanta pazienza ci vuole con lei.
AGATA: Immagino.
LUIGI: Ricordati anche di prendere il regalo quando vieni in qua.
VITTORIA: (Da fuori). Ma pesa.
LUIGI: A metà strada c’è quel tavolo, lo appoggi un attimo lì sopra, prendi fiato e
poi arrivi. Devo sempre dirti tutto? (Entra Carlo).
CARLO: Ciao, Luigi.
LUIGI: Mi spieghi perchè non vedo ancora le tue dita consumate dal joystick?
CARLO: Aspettavamo te per cominciare.
LUIGI: Io l’ho poi detto appena sono arrivato, Voglio la Juventus. (Si affaccia di
nuovo alla porta). Vittoria, pensi di metterci tutto il giorno con quel regalo?
SERGIO: Liliana, magari vai ad aiutarla.
LILIANA: Io? Viva la cavalleria.
LUIGI: E’ che in effetti il regalo è un po’ ingombrante. Sai, cercavamo qualcosa
che potesse andare bene per tutti e due ma non ci veniva proprio in mente
niente. A dire il vero a me una cosa era venuta in mente: l’ultima versione del
videogame sul calcio della playstation ha anche i campionati femminili, ma
secondo Vittoria non andava bene comunque.
AGATA: E poi magari passeggiando avete visto una cosa in una vetrina...
LUIGI: Proprio così. Sai, è stata una folgorazione.
AGATA: Non è che per caso era una katana?
LUIGI: Una katana? E che diavolo è una katana?
AGATA: Sia ringraziato il cielo.
LUIGI: No, niente di tutto questo. La cosa che mi ha folgorato è stata la riproduzione
di una magnifica spada a grandezza naturale.
CARLO: Magari un po’ ricurva? Che starebbe benissimo su un camino?
LUIGI: L’avevi vista anche tu?
CARLO: No.
LUIGI: Solo che prima di comprarla volevo farla vedere anche a Vittoria, sai, per
rispetto.
LILIANA: Giusto. Se manca il rispetto è finita.
LUIGI: Così siamo tornati il giorno dopo ma l’avevano venduta. Ho chiesto al
negoziante e mi ha detto che ne aveva una seconda in magazzino ma che
quella mattina incredibilmente aveva venduto anche quella.
SERGIO: Perchè incredibilmente?
LUIGI: Perchè mi ha detto che erano due anni che le aveva lì esposte e nessuno gli
aveva mai chiesto neanche il prezzo.
AGATA: Ogni tanto bisognerebbe chiedersi il perchè delle cose.
LUIGI: Sta di fatto che ci è toccato cambiare totalmente genere. (Entra Vittoria con
un grosso pacco. Si capisce dalla forma che è un quadro).
VITTORIA: Eccomi.
LUIGI: Così abbiamo deciso di prendere un quadro.
AGATA: Già meglio. Ciao Vittoria, aspetta che ti aiuto.
LUIGI: Completo di cornice.
VITTORIA: E’ quella che pesa.
LUIGI: Aprite il pacco.
CARLO: Va bene. Cosa raffigura il quadro?
LUIGI: L’immagine di due samurai che combattono con in mano quelle strane spade
che non siamo riusciti a comprare.
CARLO: Vittoria, dammi il quadro che lo porto di là. Il pacchetto lo apriremo più
tardi.
VITTORIA: Grazie, Carlo.
CARLO: Accidenti, è davvero pesantissimo.
VITTORIA: Non mi sento più le braccia.
LILIANA: Ciao, Vittoria, come stai?
VITTORIA: Appena mi si sarà ristabilita la circolazione del sangue nelle braccia
sicuramente meglio.
MARCO: Allora siete contenti dei nostri magnifici regali? Vogliamo un commento a
caldo.
AGATA: Beh, così su due piedi non so cosa dire.
CARLO: Siamo ancora molto emozionati.
SERGIO: Ma che sarà mai. Allora?
CARLO: Sicuramente siete riusciti a regalarci delle cose alle quali noi non avremmo
mai pensato. Vero Agata?
AGATA: Nella maniera più assoluta. E anche se ci avessimo pensato, con tutte le
spese che ci sono oggi non avremmo certamente mai potuto permetterci due
katane e un quadro con le istruzioni per l’uso.
LILIANA: Eravamo sicuri che avreste apprezzato.
CARLO: Potevate avere dei dubbi?
LILIANA: E comunque... Era uno scherzo, stupidi!
AGATA: Uno scherzo?
MARCO: Già, peccato non avervi ripreso con una telecamera perchè dovevate
vedere le vostre facce quando vi abbiamo dato i regali.
AGATA: Ma volete dire che...
LUIGI: Ma certo. Diciamoci la verità, davvero pensavate che vi avremmo potuto
regalare due katane e un quadro coi samurai?
CARLO: Conoscendovi c’è da aspettarsi di tutto.
SERGIO: Carlo, non hai l’esclusiva degli scherzi.
CARLO: Che stronzi.
MARCO: Il regalo vero, che abbiamo fatto tutti insieme, ce l’ho io in macchina,
ma ve lo daremo solo più tardi.
CARLO: Andate a cagare. Che spavento mi avete fatto prendere. E io che stavo
già cercando una scusa plausibile per giustificare la sparizione delle vostre
katane di merda.
VITTORIA: Un furto?
CARLO: Ma chi vuoi che si rubi quella robaccia? Porto il quadro di là. (Lo porta
via).
LUIGI: Allora, questa play station?
AGATA: Se non ti dispiace prima si potrebbe mangiare qualcosa.
SERGIO: Ricorda a Carlo di prendere la birra.
AGATA: E tu pensi che se ne potrebbe dimenticare?
SERGIO: Non si sa mai. Metti che non abbia ancora superato lo shock katana.
AGATA: Accomodatevi fuori in giardino. Vado a prendere gli aperitivi e gli
stuzzichini.
MARCO: Forza, ragazzi, tutti in giardino.
LUIGI: Non c’è una prolunga per attaccarci la play station?
MARCO: Ci giochiamo dopo. (Escono tutti, Marco, Sergio e Luigi verso il giardino,
Agata, Vittoria e Liliana verso la cucina. Entra Carlo).
CARLO: Arrivano le birre. (Esce verso il giardino. Rientra Agata).
AGATA: Carlo!
CARLO: Cosa vuoi?
AGATA: Sempre deciso a dirgli quello?
CARLO: Certo. Vorrai mica tirarti indietro adesso? (Rientra Vittoria con dei
vassoi).
VITTORIA: Dire cosa?
AGATA: Niente.
CARLO: C’è Agata che vi deve dare una notizia.
VITTORIA: Una notizia? Io l’avevo capito.
CARLO: Cosa avevi capito?
VITTORIA: Che c’era una sorpresa.
AGATA: E da cosa l’avevi capito?
VITTORIA: Basta guardarvi in faccia, io sono una fine psicologa e non mi sbaglio
mai.
AGATA: E che cosa avresti letto sulle nostre facce? (Entra Sergio).
SERGIO: Sulla tua che sei sempre il solito stronzo. Allora, queste birre?
CARLO: Eccole. Portale fuori. Io arrivo subito.
SERGIO: Certo che le porto fuori. Senza birra e play station Luigi mi sta facendo
impazzire. (Le prende ed esce).
CARLO: Dunque?
VITTORIA: Beh, in realtà si vede di più sulla faccia di Agata.
CARLO: Senti, fine psicologa, se per dirci cosa vedi aspetti che ti paghiamo la
parcella sei caduta male.
VITTORIA: Liliana! Liliana! (Entra Liliana con un altro vassoio).
LILIANA: Che cosa vuoi?
VITTORIA: Agata è incinta. (Entra Marco).
MARCO: Sei incinta? Congratulazioni. E si sa già chi è il padre?
CARLO: Vai a cagare, Marco.
AGATA: Ma cosa dici? Io non sono incinta.
CARLO: Vittoria, la prossima volta la laurea in psicologia cerca di non prenderla
per corrispondenza.
VITTORIA: E allora che cosa è che ci dovete dire?
LILIANA: C’è un segreto? Io adoro i segreti. Aspettate a parlare. Vado solo a posare
il vassoio e torno. Non dite niente nel frattempo, mi raccomando. (Esce
dal fondo).
MARCO: Sergio! Luigi! Venite dentro che c’è il momento carramba che sorpresa.
AGATA: Ma no, io non ho niente da dirvi. Piuttosto è Carlo che vi deve dire una
cosa.
MARCO: Per lo meno non corriamo il rischio che ci dica che è incinto lui.
LILIANA: Allora? (Rientrando con Sergio e Luigi).
SERGIO: Si può sapere che cosa succede?
VITTORIA: C’è una notizia importante.
SERGIO: Più importante del fatto che le nostre birre sono fuori che si stanno
riscaldando?
LILIANA: I nostri amici devono confessarci una cosa.
LUIGI: Se si è rotta la play station ditemelo con molta cautela. Non so se potrei
reggere. Devo sedermi?
CARLO: Forse sarebbe meglio vi sedeste tutti.
LILIANA: Addirittura?
MARCO: Dunque?
AGATA: Avanti, Carlo, parla. Visto che è stata una tua idea questa giornata.
MARCO: Ma si può sapere che cosa sta succedendo?
CARLO: Ecco... Innanzitutto volevo dire che la play station funziona.
LUIGI: Grazie al cielo. Adesso sono pronto a digerire qualsiasi altra notizia.
CARLO: Birra ce n’è in abbondanza.
SERGIO: Bene.
AGATA: Avanti, Carlo, non possiamo starci tutto il giorno.
CARLO: E’ vero. Allora dillo tu.
AGATA: Ma neanche per sogno.
MARCO: Sentite, ragazzi, come hanno detto cinque anni fa: parlate adesso o tacete
per sempre.
CARLO: Vabbé, tanto prima o poi lo dovrete sapere. Ecco... voi conoscete il motivo
del ritrovo di oggi.
LUIGI: Il torneo alla play station.
VITTORIA: Stai zitto, Luigi, altrimenti... ti espello.
LUIGI: Ma se non sono ancora neanche stato ammonito.
VITTORIA Ti dò un rosso diretto per proteste.
SERGIO: Accidenti, Vittoria, stai diventando una esperta di calcio.
VITTORIA: Vivendo con Luigi è impossibile non diventarlo. Pensa che ormai
conosco anche la regola del fuorigioco.
CARLO: Noi vi avevamo detto che volevamo festeggiare il nostro quinto
anniversario di matrimonio.
SERGIO: Una prece.
MARCO: Non ditemi che in realtà è già il sesto. Dio, come passa il tempo.
LILIANA: Ma perchè gli uomini non sono capaci di tenere il becco chiuso per trenta
secondi? E almeno dicessero cose intelligenti, ma invece dalla bocca gli
escono solo cazzate.
CARLO: No, no. In effetti oggi è il nostro quinto anniversario di nozze ma è anche
un giorno speciale per un altro motivo. Vittoria, smettila di fissarci, tanto la
tua fine psicologia non potrà mai capire quello che sto per dire.
VITTORIA: Io ci provo, solo per tenermi allenata, mica per altro.
SERGIO: Dalle una vostra fotografia.
CARLO: Comunque, quello che vi stavo dicendo è che oggi in realtà vi abbiamo
fatto venire qui anche per un altro motivo, un pochino meno allegro.
LILIANA: No, non voglio sentire brutte notizie, altrimenti mi metto a piangere.
LUIGI: Non è detto che tutte le brutte notizie facciamo piangere, Liliana.
LILIANA: Ah no? Fammi un esempio.
LUIGI: A quest’ora della giornata io pensavo di essere già almeno ai quarti di finale,
ma non sto affatto piangendo, mia cara.
CARLO: Comunque, c’è una frase che dice “la vita è tutto quello che ti succede
mentre sei impegnato nei tuoi progetti”. Ed è vero. Io e Agata ad un certo
punto ci siamo guardati negli occhi ed abbiamo capito che dovevamo
separarci.
LUIGI: Lei in cucina a preparare il pranzo e tu con noi a giocare.
CARLO: No, Luigi.
LUIGI: Non dirmi che vuoi cucinare tu e far venire a giocare lei. Una donna alla play
station è una aberrazione.
LILIANA: Ma Luigi, non sei in grado di pensare a qualcosa che non sia il calcio?
LUIGI: Perchè, esiste qualcos altro?
CARLO: Abbiamo deciso di divorziare.
SERGIO: In che senso?
CARLO: Nel senso di divorzio. Quanti sensi vuoi che esistano?
LILIANA: Ma no, è uno scherzo.
CARLO: Non è uno scherzo.
LILIANA: Come se non ti conoscessimo, Carlo.
CARLO: Chiedi ad Agata.
AGATA: Ecco...
MARCO: E’ vero, Agata?
AGATA: Ma io... Ma io non ne so niente, ha deciso tutto lui.
MARCO: Carlo, hai deciso di lasciare tua moglie?
CARLO: Non l’ho deciso io.
MARCO: Ma lei ha appena detto quello.
CARLO: E’ una decisione che abbiamo preso di comune accordo.
VITTORIA: Eppure nei vostri sguardi non era quello che si leggeva.
AGATA: Finiscila, Vittoria.
VITTORIA: Davvero. Secondo me il problema non è quello.
SERGIO: E quindi avreste organizzato questa festa per dirci che vi volete
separare?
CARLO: Sì.
SERGIO: Ma è un controsenso, sarebbe come se al vostro matrimonio, anzichè un
addio al celibato avessi organizzato una veglia funebre. Che poi forse tra le
due sarebbe anche stata la più azzeccata.
CARLO: E’ che non sapevamo come dirvelo.
MARCO: Bastava un telefono. I numeri credo tu li abbia tutti.
LILIANA: Ma si può sapere almeno il motivo per cui avete deciso di separarvi?
AGATA: Io... non lo so.
LILIANA: E quindi è tutta colpa tua, Carlo?
CARLO: Ma no, sapete come vanno queste cose, ad un certo punto ti accorgi che le
cose non funzionano più come prima e che quindi è assurdo cercare di
portare avanti un discorso che non ha più le parole che funzionano al punto
giusto, non so se mi spiego.
SERGIO: No.
CARLO: Insomma, è saltata fuori una terza persona.
LILIANA: Da dove è saltata fuori?
CARLO: Senti, Liliana, è difficile da spiegare.
LILIANA: Agata?
AGATA: Ma cosa vuoi da me?
LILIANA: Voglio una spiegazione. E’ così difficile? Ci avete fatti venire tutti qua
con la scusa della festa di anniversario, mentre invece in realtà il vostro
scopo era semplicemente quello di stupirci con questo annuncio che
nessuno di noi si aspettava. Insomma, ci avete sconvolto la giornata e
adesso non ritenete necessario darci una spiegazione?
AGATA: Hai ragione, Liliana, però...
LILIANA: Però un cazzo. Scusa, ma quando ci vuole ci vuole. Non potete lasciarci
così, senza una spiegazione. Guarda le facce che abbiamo. Sono
addirittura trenta secondi che Luigi non rompe le palle con la play station.
LUIGI: Mi sento come quando mandarono la Juventus in serie b.
CARLO: A volte ci sono cose che succedono così, in modo naturale e inevitabile, e
non è detto che ci sia una spiegazione chiara. Succedono e basta.
LILIANA: Balle.
AGATA: Chiedete a Carlo, tanto lui sa tutto. (Scappa in cucina).
SERGIO: Allora?
CARLO: Ho scoperto che... Agata ha un altro.
LILIANA: Un altro... uomo?
CARLO: Certo, un uomo. Cosa dovrebbe avere?
MARCO: E come l’hai saputo?
CARLO: Me l’ha detto lei. L’ho fatta confessare.
MARCO: E sai anche chi è?
CARLO: Il nome non me l’ha detto, però credo di averlo capito.
LILIANA: Chi è?
CARLO: Per adesso preferisco non dirvi niente. Almeno finchè non ne avrò la
certezza.
LILIANA: E’ tutta colpa tua.
CARLO: Colpa mia?
LILIANA: Certo. Se una donna tradisce è sempre colpa del marito.
CARLO: Ma che ho fatto io?
LILIANA: La trascuri. Tra il calcetto, le serate alla play station con quegli storditi
dei tuoi amici...
LUIGI: Non toccatemi la play station.
LILIANA: E stai zitto, tu. Che ce n’è anche per te. Se Vittoria é diventata così
svampita non è certo un caso.
VITTORIA: Cosa c’entro io?
LILIANA: Niente, continua a dormire.
LUIGI: Ma cosa dici, Liliana?
LILIANA: Hai solo il calcio per la testa. La domenica se non hai le tue partite di
merda non sei contento.
SERGIO: Vado a prendermi una birra. (Esce dal fondo).
LILIANA: Un altro buono. E’ scappato prima di sentirsi anche lui le sue.
CARLO: Liliana, credo tu stia esagerando. Spero proprio che tu non pensi davvero le
cose che stai dicendo.
LILIANA: Le penso sì. E le pensa anche Agata, se è solo per quello.
CARLO: Cosa pensa Agata?
LILIANA: Ma tu credi di essere così perfetto? Non ti passa ogni tanto per
l’anticamera del cervello che in realtà tu lo possa essere molto meno di
quello che pensi?
CARLO: Senti, Liliana.
LILIANA: Sei uno stronzo. E non credere. Anche Agata lo pensa solo che poverina
spesso non ha il coraggio di dirtelo.
CARLO: Agata pensa che sono uno stronzo?
LILIANA: Guarda, mi aveva fatto promettere di non dire niente, ma ormai visto a
che punto siamo arrivati lo posso anche dire.
CARLO: Ma che cosa?
LILIANA: Dai, Carlo, diciamoci la verità, il vostro matrimonio è un po’ che non
funziona.
CARLO: Il nostro matrimonio funziona benissimo.
LILIANA: Questo lo pensi tu. Non certo Agata. Solo che fino ad oggi non aveva mai
avuto il coraggio di provare a darci un taglio.
CARLO: Tu non capisci nulla.
LILIANA: Mi spiace Carlo, ma sei tu quello che non capisce nulla, quello che non
riesce a vedere ad un centimetro dal suo naso e che dà tutto per scontato.
CARLO: Io non dò tutto per scontato.
LILIANA: Se così fosse mi daresti ragione, o forse ti conviene non vedere le cose,
forse è una forma di difesa far finta che sia tutto a posto. Ma se tu sentissi
Agata quando viene a sfogarsi con me...
CARLO: E quando verrebbe a sfogarsi con te?
LILIANA: Quando la esasperi. E succede molto più spesso di quanto tu credi.
CARLO: E viene a sfogarsi con te? Non l’ho mai saputo.
LILIANA: Certo. Non è che devi sempre sapere tutto quello che succede.
CARLO: Mi fai parlare un attimo?
LILIANA: E’ inutile che cerchi scuse adesso.
CARLO: Non sto cercando scuse. E’ tutto uno scherzo. Stavo solo scherzando.
LILIANA: Tipico tuo buttare tutto sullo scherzo. Ma non puoi pensare di cavartela
sempre in quel modo. Una separazione non è uno scherzo.
CARLO: Ma no, è uno scherzo il litigio.
LILIANA: Ma smettila. Sei un bambino, immaturo e inaffidabile.
CARLO: E’ questo che pensi di me?
LILIANA: Certo, e non sono soltanto io a pensarlo. Lo pensano anche i tuoi amici se
è solo per quello. (Esce verso la cucina).
MARCO: Ragazzi, non l’ho mai vista così incazzata.
VITTORIA: Perchè è scappata fuori?
MARCO: Perchè non vai a chiederglielo direttamente?
VITTORIA: Mi sembra una buona idea. (Esce).
MARCO: L’ha presa malino. Mi sembra stia più male lei di Agata.
CARLO: Certo. Agata è un pochino più intelligente.
LUIGI: E poi ha già trovato di che consolarsi.
CARLO: Ma che cosa dici?
LUIGI: L’hai detto tu.
CARLO: Ma è tutto uno scherzo.
LUIGI: Per te forse. Ma sicuramente non lo è per noi.
CARLO: Ma se il tuo più grosso problema è solo sempre stato quello di decidere con
quale squadra giocare alla play station, e adesso vieni a farmi la morale?
LUIGI: Ti sbagli. Io uso sempre la Juventus.
CARLO: Sì, vabbé, dai. Comunque vorrei sapere se è vero quello che ha detto
Liliana. Anche voi pensate che io sia immaturo e inaffidabile?
LUIGI: Beh, proprio tanto tanto maturo non si può dire che tu lo sia.
CARLO: Fantastico. Bella considerazione che hanno di me i miei amici.
LUIGI: Anche se immaturo e inaffidabile non è proprio giusto, più che altro noi
pensiamo che sei parecchio stronzo, ma in senso affettuoso ovviamente.
CARLO: Ah, esiste anche un senso affettuoso?
LUIGI: Certo.
CARLO: Quindi quando parlate di me con qualcuno gli dite che sono uno stronzo,
immaturo e inaffidabile.
LUIGI: E’ un po’ come quando ti chiedono se la tua donna è bella e tu gli rispondi
che “più che bella è molto simpatica”.
CARLO: Grazie. Vi ringrazio di cuore. I miei migliori amici, quelli per i quali io mi
butterei nel fuoco, pensano che “più che bello sono simpatico”.
LUIGI: Ma è solo per via del tuo modo di fare.
CARLO: Andate a cagare tutti quanti.
LUIGI: Ragazzi, che ne dite se ci beviamo una bella birra, ci rilassiamo e poi ne
riparliamo con calma?
MARCO: Ottima idea.
LUIGI: Dai, andiamo.
CARLO: E’ la prima cosa sensata che dici di oggi. Comunque sappiate che con Agata
è stato tutto uno scherzo.
MARCO: Smettila di proteggerti buttando sempre tutto sullo scherzo.
CARLO: Ma se è la verità. Mi sono inventato tutto.
MARCO: Carlo, smettila di prenderci per il culo. Neanche il tuo cervello malato
avrebbe potuto avere il coraggio di inventarsi una cosa del genere. Non ci
posso credere.
CARLO: E invece è proprio così.
MARCO: Vuoi dire che hai il cervello malato?
CARLO: Voglio dire che ho il cervello malato.
LUIGI: Su, andiamo.
CARLO: Andiamo.
MARCO: Aspetta, Carlo. Solo un attimo.
CARLO: Cosa c’è?
MARCO: Mi sono ricordato che devo parlarti di una cosa. Luigi, ti raggiungiamo
subito.
LUIGI: Ok. (Luigi esce dal fondo).
CARLO: Cosa c’è?
MARCO: Bella festa.
CARLO: Mi hai chiamato solo per dirmi questo?
MARCO: No, in realtà volevo parlarti di Agata.
CARLO: Marco, ti assicuro che non c’è niente da dire. E’ tutto un equivoco, te l’ho
detto.
MARCO: Non è un equivoco, Carlo.
CARLO: Possibile che non l’abbiate capito? L’ho detto per farmi due risate ma non
c’è niente di vero.
MARCO: Due risate? Hai visto qualcuno ridere?
CARLO: Lo so, mi sono sbagliato. Credevo che la cosa avrebbe preso una piega
diversa.
MARCO: Carlo, da quanto ci conosciamo?
CARLO: Vent’anni.
MARCO: Proprio per questo io e te ne possiamo parlare da persone adulte.
CARLO: Non c’è niente da dire.
MARCO: Non nasconderti dietro ad un dito. Diciamoci la verità, si vede lontano un
chilometro che stai male.
CARLO: Ti consiglio un buon ottico.
MARCO: E a me questo dispiace molto. Non pensavo che questa bomba potesse
scoppiare proprio oggi.
CARLO: Play station?
MARCO: Non rendere le cose più difficili di quanto in realtà siano già.
CARLO: Io non rendo difficile un bel niente.
MARCO: Ok. Carlo, se ti dico che Agata non ha nessun amante, mi credi?
CARLO: Certo che ti credo.
MARCO: Dimmelo guardandomi negli occhi che mi credi.
CARLO: Va bene, ti guardo negli occhi come se fossimo due amanti.
MARCO: Sii serio un attimo. Te lo ripeto. Puoi stare tranquillo. Agata non ha nessun
amante.
CARLO: Va bene. Me l’hai detto. Sei contento adesso?
MARCO: Aspetta. Al diavolo, tanto prima o poi...
CARLO: Prima o poi cosa?
MARCO: Ok. E’ da Natale che è finita, ma ti assicuro che è durato poco.
CARLO: Che stai dicendo?
MARCO: Visto che ormai sai, ho pensato che era meglio dirti tutto prima che lo
venissi a sapere da qualcun altro. Siamo amici.
CARLO: Sapere cosa?
MARCO: L’amante di Agata ero io, ma ti assicuro che è tutto finito.
CARLO: Che cazzo stai dicendo?
MARCO: Ti sto dicendo che è tutto finito. E’ durato qualche mese, inutile
nascondertelo visto che a quanto pare sai tutto, ma non c’è più niente.
CARLO: Tu e Agata?
MARCO: Ti chiedo scusa Carlo.
CARLO: Ma era uno scherzo.
MARCO: Sì, hai ragione, è nato tutto come uno scherzo, solo che poi la cosa ci è
un po’ scappata di mano. Sai come succede, da cosa nasce cosa. E poi in
quel periodo, diciamoci la verità, le cose tra voi non andavano così bene.
Io ho aiutato Agata a superare quel momento di sconforto. Forse in fondo è
stato anche terapeutico. Sono stato il vostro medico. Ed ho guarito il vostro
rapporto.
CARLO: No, ma il mio era uno scherzo.
MARCO: Lo so. Uno scherzo. Ma sono convinto che riuscirai a ricostruire il rapporto
con lei. Agata è una gran donna, te lo posso assicurare. Ma non ho bisogno
di dirtelo perchè la conosci meglio di me.
CARLO: Non ne sono così sicuro. (Entra Sergio).
SERGIO: Ragazzi, io sono già alla seconda.
MARCO: Veniamo. Dai, Carlo.
CARLO: Non ho molta sete.
SERGIO: Guarda che per bere birra non serve aver sete, e poi è il tuo anniversario di
matrimonio, bisogna far festa.
CARLO: Ma vai a cagare. (Carlo esce dal fondo).
SERGIO: Boh. Tensione prepartita?
MARCO: Probabile.
SERGIO: Vado un attimo in bagno e arrivo. Le birre stanno cominciano ad entrare in
circolo. (Esce a destra. Entra Agata, inseguita da Liliana e Vittoria).
LILIANA: A me lo puoi dire.
AGATA: Non ho niente da dire. A parte il fatto che è tutto un equivoco.
LILIANA: Marco, non hai nient altro da fare che stare qui ad ascoltare i nostri
discorsi?
MARCO: Ma io ero qui già da prima. Siete voi che siete venute in qua.
LILIANA: Dove sono gli altri?
MARCO: Sono usciti a farsi una birra.
LILIANA: E tu? Niente birra?
MARCO: Non ti sfiora il dubbio che potrei non avere sete?
LILIANA: Ma da quando in qua hai ritenuto necessario aver sete per farti una birra?
MARCO: Ho capito. Vado. (Marco esce dal fondo).
LILIANA: Vittoria, chiudi la porta a chiave.
VITTORIA: Va bene. (Chiude la porta di fondo).
LILIANA: Adesso almeno possiamo parlare liberamente senza correre il rischio che i
ragazzi ci sentano. Allora, lo conosciamo?
AGATA: Ma chi?
LILIANA: Lui.
AGATA: Non esiste nessun lui.
VITTORIA: Io non ci capisco più niente. Se non esiste nessun lui si può sapere con
chi hai tradito Carlo?
AGATA: Con nessuno.
LILIANA: Dicevi così anche a Natale poi abbiamo scoperto che quel nessuno aveva
carne ed ossa e lo conoscevamo anche benissimo.
AGATA: Zitta. Te lo giuro.
LILIANA: Quindi anche tu hai l’amico immaginario?
AGATA: Ma per favore, perchè non mi volete credere?
LILIANA: Bella amica. Grazie.
AGATA: Ma grazie cosa?
LILIANA: Io ti ho sempre raccontato tutto.
AGATA: Anch’io ti ho sempre raccontato tutto ma questa volta non c’è proprio nulla
da raccontare.
VITTORIA: Eppure dalla tua faccia si capisce benissimo che c’è qualcosa sotto.
LILIANA: Agata, ti stai separando.
AGATA: Ma è tutto un malinteso. Carlo voleva movimentare un pochino la
giornata ed allora si è inventato la notizia della nostra presunta separazione
solo per vedere che faccia avreste fatto venendo a conoscenza di questa
notizia.
LILIANA: Sei sicura, Agata, che non ci stai mentendo?
AGATA: Sicurissima. E tu smettila di fissarmi, non ce la faccio più.
VITTORIA: Sto solo cercando di capire.
AGATA: Non c’è niente da capire.
LILIANA: Uno scherzo?
AGATA: Giuro che è stato tutto uno scherzo.
LILIANA: Che non fa assolutamente ridere.
AGATA: Lo so anch’io che non fa ridere, ed infatti avevo pregato Carlo di lasciare
perdere ma lo sapete come è fatto. Quando si mette in testa una cosa poi è
impossibile fargli cambiare idea. E purtroppo più le cose sono stupide e
meno hai possibilità di farlo ragionare.
VITTORIA: Come fai a sopportarlo?
AGATA: Ormai ci sono abituata.
LILIANA: Dunque non c’è nessun amante?
AGATA: Nessuno.
LILIANA: E non avete intenzione di separarvi.
AGATA: Nella maniera più assoluta.
VITTORIA: Io non ne sono così convinta.
AGATA: Perchè?
VITTORIA: La tua faccia.
AGATA: Ma insomma, la vuoi finire con questa cagata delle facce?
LILIANA: Tutta questa storia mi sembra davvero così inverosimile che non so più
cosa pensare.
AGATA: Non devi pensare a niente, se non a mangiare gli stuzzichini che abbiamo
appena portato fuori.
LILIANA: Comunque ti prego, se c’è qualche problema vieni a confidarti con me
come hai sempre fatto, siamo amiche. Se non ci aiutiamo tra di noi.
AGATA: Ma non c’è nulla. (Entra Sergio non visto).
LILIANA: Anche ci fosse un terzo, non è la fine del mondo. Può capitare di tradire il
proprio uomo e questo non significa non volergli bene.
AGATA: Stai tranquilla.
LILIANA: Diciamoci la verità, è capitato anche a me di tradire Sergio, più di una
volta.
SERGIO: Quando?
LILIANA: Sergio?
AGATA: Ci beviamo una birra?
LILIANA: Scherzavo.
FINE PRIMO TEMPO
SECONDO TEMPO
(La scena riprende da dove si era interrotta).
LILIANA: Diciamoci la verità, è capitato anche a me di tradire Sergio, più di una
volta.
SERGIO: Quando?
LILIANA: Sergio?
AGATA: Ci beviamo una birra?
LILIANA: Scherzavo.
SERGIO: Che cosa hai detto?
LILIANA: Quando?
SERGIO: Adesso. Mi sembra di avere capito che hai detto che ti è capitato di
tradirmi più di una volta.
LILIANA: Io avrei detto questo? Ti assicuro che ti sbagli.
AGATA: Non stavamo parlando di te.
SERGIO: Conoscete altri Sergio?
LILIANA: Il fruttivendolo. Quello che ha il negozio all’angolo.
VITTORIA: Ma Chi? Giuseppe?
AGATA: Sì.
LILIANA: Ma no, ma che Giuseppe, se si chiamasse Giuseppe come farebbe a
chiamarsi Sergio. L’altro angolo, non te lo ricordi? Tra l’altro ha di nuovo
aumentato tantissimo il prezzo della frutta.
AGATA: Oh sì, è sempre più cara.
SERGIO: Non me ne frega niente del prezzo della frutta. Voglio una spiegazione.
LILIANA: Sull’aumento dei prezzi?
SERGIO: No, sul discorso tradimenti.
LILIANA: Tradimenti?
VITTORIA: Sì, parlavi dei tuoi tradimenti.
AGATA: Vittoria, che bel vestito che hai oggi. Dove l’hai comprato?
VITTORIA: Ma è vecchissimo.
AGATA: Sì, però ogni volta che lo metti sembra sempre nuovo.
SERGIO: Allora? Sto aspettando.
LILIANA: Sergio, si parlava di cose vecchie, successe tanti anni fa.
SERGIO: Stiamo insieme da sei anni, quindi se dici di avermi tradito, non sono
successe poi così tanti anni fa come dici.
LILIANA: Ma dai, sono sciocchezze.
SERGIO: Fa niente. Parlamene. (Bussano).
LILIANA: Bussano alla porta.
LUIGI: (Da fuori). Ragazze, aprite.
LILIANA: Chiamano. Vado ad aprire. (Apre la porta).
SERGIO: Torna indietro. (Entra Luigi).
LILIANA: Ciao, Luigi, tutto bene?
LUIGI: Guarda che ci siamo già visti prima.
LILIANA: E’ vero, che sbadata.
LUIGI: Ragazzi, toglietele l’alcool, e comunque non va bene per niente. Carlo e
Marco stanno litigando e non per la play station, quindi apparentemente
potrebbe anche non essere una cosa seria ma temo non sia così. Ho provato
ad intervenire per dividerli e mi hanno anche mandato a cagare. Ed io ho
risposto obbedisco.
LILIANA: Vado a vedere. (Esce).
SERGIO: Torna indietro. (Sergio la insegue).
AGATA: Luigi, fai qualcosa.
LUIGI: Visto che non ho voglia di cagare e che poi al limite decido io quando
andarci, stavo andando a prendere della birra.
AGATA: Ma cosa me ne frega della birra. Fai qualcosa.
LUIGI: Dimmi cosa devo fare, non lo so.
AGATA: Cerca di fermare Sergio, non vedi che sta rincorrendo Liliana?
LUIGI: E quindi non si tratta di una improvvisa eccitazione?
AGATA: Ma no, è che io e Liliana stavamo parlando e Sergio entrando ha sentito
solo una parte del discorso e... ha frainteso.
LUIGI: Che cosa ha frainteso?
VITTORIA: Liliana lo ha tradito.
LUIGI: Sergio?
AGATA: Ma in passato. Non è una cosa recente.
LUIGI: E perchè parlavate dei tradimenti di Liliana?
AGATA: Ma non si parlava di Liliana, si parlava di me.
LUIGI: Di te?
AGATA: Ma sì.
LUIGI: Dei tuoi tradimenti? Al plurale? Quindi siamo già a più di uno?
AGATA: Senti, non ti riguarda, vai a recuperarli.
LUIGI: Io già devo tenere a bada Carlo e Marco, non posso fare tutto.
AGATA: Senti, qua dentro la situazione si sta facendo seria.
LUIGI: Anche fuori. Litigano per te.
AGATA: Per me?
LUIGI: Marco gli ha detto tutto.
AGATA: Detto cosa?
LUIGI: Di voi due. Di Natale.
AGATA: Cosa ha fatto?
LUIGI: Ma sì, lui pensava che Carlo ormai sapesse tutto di voi due e allora ha
preferito spiegargli ogni cosa per evitare altri casini.
AGATA: Oh, mio Dio. E Carlo? Ci ha creduto?
LUIGI: Beh sì, d’altra parte non state divorziando proprio per quello?
AGATA: Ma stai scherzando?
LUIGI: Ah, quindi non è lui il motivo?
AGATA: Assolutamente no.
LUIGI: Capisco. Anzi no, non capisco più niente.
AGATA: Non si può proprio mai contare sugli uomini. Vado a recuperarli io.
LUIGI: Chi?
AGATA: Liliana e Sergio. E poi forse è meglio se per un po’ non mi faccio vedere.
Vittoria, vieni con me. (Vanno verso la porta ma vede Carlo e Marco che
stanno venendo verso la casa). Anzi, facciamo una cosa, vai tu, Vittoria, io
aspetto qua. Anzi, di là. (Esce a destra).
VITTORIA: E come faccio?
LUIGI: Azioni le gambette, cara.
VITTORIA: Vieni con me?
LUIGI: Non posso. Devo andare a prendere della birra, ne ho bisogno.
VITTORIA: Sei sempre il solito. (Vittoria esce dal fondo, Luigi a sinistra. Entra
Marco inseguito da Carlo).
CARLO: Dove scappi?
MARCO: Non sto scappando. Non voglio solo dare spettacolo a tutto il vicinato.
Erano tutti fuori dalle finestre a guardare cosa stesse succedendo.
CARLO: E con questo?
MARCO: Prima sentivano Luigi urlare per la partita, se non la smettiamo tra poco
qualcuno uscirà con le bandiere perchè è convinto che abbiamo vinto il
mondiale.
CARLO: Tu l’hai vinto di sicuro il mondiale. E di certo hai fatto anche molti gol.
MARCO: Senti, ti chiedo scusa. E’ successo. Non lo posso negare. Ma tu non ti
immagini quanto la cosa mi abbia fatto star male.
CARLO: Vuoi anche che ti chieda scusa per il dolore che involontariamente ti ho
provocato?
MARCO: Beh no, non è il caso.
CARLO: Per fortuna.
MARCO: E poi io sono soltanto un tramite. Se lei era predisposta a tradirti l’avrebbe
fatto comunque, magari con qualcun altro ma l’avrebbe fatto comunque.
CARLO: Però io l’avrei preferito.
MARCO: Che cosa?
CARLO: Che mi avesse tradito con qualcun altro.
MARCO: Scherzi? Magari avrebbe trovato qualcuno che si sarebbe innamorato di
lei. Invece con me non hai corso rischi.
CARLO: Guarda che è peggio. Per te è stato solo un gioco.
MARCO: Ma lo è sempre stato anche per te. Quante volte ti sei trovato nella mia
stessa situazione? Non ti ricordi più?
CARLO: E’ diverso.
MARCO: Che cosa è diverso? Va bene, la prospettiva dalla quale guardi la faccenda
è del tutto invertita ma cambia solo quello.
CARLO: Noi siamo amici.
MARCO: Tu non ti sei mai comportato male con me?
CARLO: No.
MARCO: Sei sicuro?
CARLO: Sicurissimo.
MARCO: Forse perchè non ne hai mai avuto l’occasione. Ma se ti fosse capitata?
CARLO: Per me l’amicizia è importante.
MARCO: Certo, come no.
CARLO: Che cosa intendi dire?
MARCO: Intendo dire che siamo tutti uguali, tu, io, gli altri, abbiamo tutti le stesse
debolezze. Solo che poi qualcuno ha qualche occasione in più, qualcun
altro ne ha qualcuna in meno, tutto qua.
CARLO: C’è anche chi davanti ad un’occasione riesce a dire di no.
MARCO: Certo. Ma solo perchè magari non ne valeva la pena. Abbiamo tutti un
prezzo, Carlo, non ti mettere a fare il moralista con me.
CARLO: Io non mi metto a fare il moralista.
MARCO: E allora stai zitto, ti conviene.
CARLO: Perchè altrimenti cosa fai?
MARCO: Niente. Non faccio niente, non preoccuparti. Io sono una persona onesta.
CARLO: Complimenti.
MARCO: Ti ho detto tutto, ti ho fatto la mia confessione, ho liberato la mia
coscienza, io questa sera finalmente vado a dormire sereno. Io.
CARLO: Perchè io no?
MARCO: Visto che questa serata ha preso la piega che ha preso e visto che magari da
domani fra di noi ci sarà un po’ più di sincerità, sempre che domani
si abbia ancora voglia di vederci, perchè non parli un po’ con Luigi?
CARLO: Perchè in questo momento non ho voglia di parlare di calcio.
MARCO: Potreste parlare di qualcos altro.
CARLO: Con Luigi?
MARCO: Sì.
CARLO: E di cosa potremmo parlare secondo te? Di politica economica? O magari
di astronomia.
MARCO: Potreste sempre parlare di Vittoria.
CARLO: In senso di vittoria contrario di sconfitta?
MARCO: No, in senso di Vittoria.
CARLO: La svampita?
MARCO: Proprio lei. E magari potreste parlare della festa in maschera di tre anni fa.
Te la ricordi? Agata non era venuta, non so per quale motivo, Luigi alle
feste non ci vai mai perchè le odia, e tu ci eri andato con Vittoria.
C’eravamo anche io, Sergio e Liliana, però siamo andati via presto. Tu e
Vittoria invece vi siete fermati di più e poi tu l’hai accompagnata a casa. Ti
ricordi?
CARLO: Certo.
MARCO: E quando l’hai portata a casa cosa è successo?
CARLO: Cosa vuoi che sia successo? L’ho lasciata davanti a casa e me ne sono
andato.
MARCO: Subito?
CARLO: Mi spieghi dove vuoi arrivare?
MARCO: Non prendermi per deficiente. Lo sai benissimo anche tu dove voglio
arrivare.
CARLO: Guarda che quella sera non è successo niente.
MARCO: Ne sei sicuro? Vittoria mi ha raccontato una storia diversa.
CARLO: E tu dai retta a quella stordita?
MARCO: Sarà anche stordita ma è molto più sincera di te.
CARLO: Ma smettila.
MARCO: Carlo, siamo tutti uguali, e visto che la serata si presta potrebbe essere
l’occasione buona per dirsi tutto.
CARLO: Io a Luigi non ho niente da dire.
MARCO: Lui comunque sa tutto. Faresti solo bella figura. (Entra Luigi).
LUIGI: Vittoria mi aveva detto tutto.
CARLO: Non è successo niente, Luigi.
MARCO: Hai sentito tutto?
LUIGI: Diciamo che visto il volume delle vostre voci non mi era così difficile sentire
tutto quello che dicevate.
CARLO: E’ tutto un equivoco.
LUIGI: Lo so, è sempre tutto un equivoco. Tutte le volte che facciamo qualcosa in
realtà volevamo fare qualcos altro ma siamo stati fraintesi oppure le nostre
azioni hanno preso una direzione che non ci aspettavamo. E’ come un calcio
di punizione tirato ad effetto. Ti sembra che prenda una direzione precisa ma
poi improvvisamente la palla gira. A volte va dentro, a volte no.
MARCO: Vedi che siamo tutti uguali?
LUIGI: No, Marco, non siamo tutti uguali. Le bandiere esistono ancora. Poche ma
qualcuna esiste ancora. Io non lascerei mai la mia squadra per andare a
giocare con una maglia diversa.
CARLO: E va bene. Io l’ho fatto ma non era una partita di campionato. Era per così
dire un’amichevole estiva, sai quelle partite stupide che non hanno in palio
i tre punti.
MARCO: Era comunque sempre una partita.
CARLO: E poi dai, Luigi, a te di Vittoria non ne è mai fregato niente.
MARCO: Non è questo il punto, Carlo.
CARLO: E invece è proprio questo. Io e Agata siamo sposati mentre Luigi e Vittoria
stanno insieme per grazia ricevuta.
MARCO: Che stronzo. E’ tutta lì la differenza?
CARLO: Sì.
LUIGI: Qualcuno ha voglia di farsi una partita?
MARCO: Non adesso, Luigi. Non è il momento di giocare. Questo è il momento per
capire esattamente che razza di teste abbiamo. Pazzesco. Ci conosciamo da
una vita e solo adesso ci rendiamo conto di cosa siamo davvero.
LUIGI: E’ che quando eravamo solo tra di noi, voglio dire, quando nessuno di noi era
sposato o fidanzato, era tutto molto più facile. Poi sono arrivate le donne e si
sa che loro sono bravissime nel complicare tutto. Vittoria si arrabbia sempre
quando vede il casino che c’è in casa mia e mette a posto la roba, ma quando
lei mette a posto io poi non riesco a trovare più niente. Lei mi dice “ma come
fai a vivere in mezzo a tutto quel casino” e non capisce che in realtà tutto
quel casino è il mio mondo. E lei pretende di cambiarmelo per farmi vivere in
un mondo migliore. Ma io non voglio vivere in un mondo migliore. Io voglio
vivere nel mio mondo che sarà anche di merda ma a me piace. Perchè tutti ti
vogliono cambiare?
MARCO: E’ più facile cambiare gli altri che cambiare sé stessi. In quel modo non
devi guardarti troppo dentro e magari trovarci cose che non vanno o che ti fai piacere per forza.
LUIGI: Per esempio se adesso ci fosse qua Vittoria ed io dicessi che ho voglia di
farmi una partita lei mi chiederebbe “ma come puoi pensare di farti una
partita in un momento come questo”. Io vorrei farmela perchè mi fa stare
bene ma lei non lo capirebbe.
MARCO: Beh, in effetti.
LUIGI: Comunque è vero, tra me e Vittoria le cose non funzionano. Non so
nemmeno per quale motivo stiamo ancora insieme.
MARCO: Come mai?
LUIGI: Non lo so. Forse è semplicemente il naturale estinguersi delle cose.
MARCO: Ti dispiace?
LUIGI: In certi momenti sì. In altri penso che in fondo sia giusto così. Non c’è niente
di eterno e forse non ha nemmeno senso rimanere lì a cercare di tenere accesa
una fiamma che non riscalda neanche più.
MARCO: Questo sì che è un fulmine a ciel sereno. Ragazzi, ma che cosa avete
mangiato oggi? Ogni volta che uno apre bocca è una bomba che esplode.
CARLO: Che giornata del cazzo, e tutto per colpa mia. Ma cosa mi è venuto in mente
questa mattina? Volevo farmi due risate alle vostre spalle e guarda che
casino è successo.
MARCO: Tocca a te Luigi.
LUIGI: A fare cosa?
MARCO: A tirare una bomba, no? Adesso sappiamo che io ho avuto una storia con
Agata, Carlo ha avuto una storia con Vittoria, e tu?
LUIGI: Io niente. Siamo mica tutti obbligati ad essere stronzi.
MARCO: Dai, non vorrai dirmi che la tua vita è tutta play station, Juventus e
Vittoria. Tanto più che lei qualche diversivo ce l’ha.
CARLO: Smettila, Marco.
MARCO: E’ solo per parlare. Oggi è il giorno giusto, no?
CARLO: Adesso stai esagerando.
MARCO: Hai cominciato tu.
CARLO: E qui la finiamo.
MARCO: Perchè? Perchè lo dici tu?
LUIGI: Ragazzi, smettetela, stiamo insieme da una vita e non abbiamo mai litigato,
dobbiamo iniziare proprio questa sera?
MARCO: Non è questione di litigare. Ci stiamo solo aprendo.
LUIGI: Ma se continuiamo così tra poco ci apriremo le pance a coltellate.
MARCO: Ho sete.
LUIGI: (Gli porge la birra che aveva in mano). Tieni. L’ho appena presa in frigo.
MARCO: Grazie.
CARLO: Io devo parlare con Agata. Vado a cercarla. (Si avvia verso destra).
Ragazzi, posso dirvi una cosa?
MARCO: Che cosa?
CARLO: E’ tutto una merda. E ci siamo dentro fino al collo.
LUIGI: Speriamo che nessuno faccia l’onda.
CARLO: Ma vai a cagare, Luigi. (Esce).
LUIGI: E adesso?
MARCO: Adesso cosa?
LUIGI: No, dico, che si fa? Ormai credo che di festeggiare non se ne parli più. Di
torneo alla play station meno ancora.
MARCO: Luigi, siamo in mezzo alla catastrofe, smettila con la play station.
LUIGI: Sai, dicono che nella vita preoccuparsi per i problemi che si hanno non serva
a niente, tanto se si possono risolvere è superfluo preoccuparsi, e se non
hanno soluzione è inutile farlo.
MARCO: A dirsi è molto facile.
LUIGI: Tu hai mai paura?
MARCO: Di cosa?
LUIGI: Non lo so. Paura. Io qualche volta la sera ce l’ho. Sento che mi si stringe la
pancia, si accelera il respiro, e il più delle volte non riesco nemmeno a capire
per quale motivo mi succeda. Forse è il tempo che passa, forse siamo noi che
ci illudiamo di essere ancora quelli di tanti anni fa, forse non ci rassegnamo.
Ma a cosa non lo sappiamo dire. Sappiamo solo che tutto passa ma ci
illudiamo che non sia così, ci illudiamo di avere una bacchetta magica con
la quale fermare il tempo, le persone, come in una fotografia. E invece le
persone se ne vanno lo stesso.
MARCO: Ti riferisci a Vittoria?
LUIGI: No, a Del Piero. Mai avrei immaginato di vedere il giorno che avrebbe
lasciato la Juventus e invece è successo.
MARCO: Sono cose che ti segnano.
LUIGI: Eppure ugualmente abbiamo vinto. Anche senza di lui.
MARCO: Sai che ti dico? Che a sentirti filosofare in quel modo mi è venuta fame.
LUIGI: Anche a me. E fuori c’è un sacco di roba che rischia di andare sprecata.
MARCO: Non sia mai. Andiamo. (Escono in fondo. Dopo qualche istante entra
Agata da destra, si avvia guardinga verso la porta di fondo. Quando l’ha
quasi raggiunta entro Carlo ).
CARLO: Ah, sei qua.
AGATA: Carlo.
CARLO: Come cazzo hai potuto?
AGATA: Non lo so. E’ successo. Quella sera avevamo litigato, non mi ricordo più
per cosa, sicuramente ne avevi combinata una delle tue.
CARLO: Cominciamo bene.
AGATA: Perchè?
CARLO: In tre secondi hai già cominciato a scaricare la colpa su di me. Come
sempre.
AGATA: Non sto scaricando la colpa su di te.
CARLO: Ma se hai appena detto che forse te ne avevo combinata una delle mie.
AGATA: Non mi ricordo, ma di solito è così.
CARLO: Ok. Vai avanti.
AGATA: E niente, in quel momento mi sentivo fragile e forse Marco mi ha dato
quelle sicurezze, illusorie finchè vuoi, ma era quello che mi serviva in quel
periodo.
CARLO: Perchè io non te ne dò sicurezze?
AGATA: Ma che sicurezze vuoi dare tu?
CARLO: Cioè, vuoi dire che con me ti senti abbandonata?
AGATA: Ma no, abbandonata non è il termine giusto.
CARLO: E qual è il termine giusto?
AGATA: Sola.
CARLO: Con me ti senti sola?
AGATA: Ho cercato di fartelo capire in tanti modi, Carlo, ma tu non vedi al di là del
tuo naso.
CARLO: Tu invece vedi lungo.
AGATA: Molto più lungo di te.
CARLO: E poi lo sai benissimo che agli uomini non serve a niente cercare di far loro
capire le cose. Gliele devi dire in faccia, altimenti non capiscono.
AGATA: Ti sembra facile?
CARLO: Facile no. Però è l’unico modo.
AGATA: Possibile che non possiate essere un po’ perspicaci?
CARLO: E poi perchè Marco? Con tutti gli uomini che ci sono al mondo perchè
proprio un mio amico?
AGATA: E’ stato un caso, te l’ho detto.
CARLO: No, Agata, le cose non succedono mai per caso.
AGATA: E poi sapevo che Marco non si sarebbe mai innamorato di me.
CARLO: Cosa vuol dire?
AGATA: Io non volevo dare a nessun altro uomo il mio cuore.
CARLO: Avrei preferito non gli avessi dato anche qualcos altro.
AGATA: Non essere volgare.
CARLO: Io non dovrei essere volgare? Ma cosa pretendi? Che ti ringrazi? Che ti dia
anche una medaglia? Sei andata con un altro però pensavi a me.
AGATA: Sarebbe peggio andassi con te pensando a un altro.
CARLO: Non sto scherzando, Agata. Forse per la prima volta nella mia vita non mi
viene fuori nessuna battuta.
AGATA: Scusa.
CARLO: Non serve scusarsi. Non me l’aspettavo. E poi vorrei sapere cos’è questa
storia che tu vai da Liliana a sfogarti.
AGATA: Ma chi ti ha detto questa cosa?
CARLO: Liliana. Mi ha detto che tu saresti andata a dirgli che con me le cose vanno
male, che io sono uno stronzo e che tu non ne puoi più.
AGATA: Ma che pettegola.
CARLO: E quindi è vero?
AGATA: Ma sono cose che si dicono quando magari una e un po’ stressata ed ha
voglia di sfogarsi con un’amica. D’altra parte lei fa lo stesso con me
quando litiga con Sergio.
CARLO: Non me ne frega niente di quando Liliana litiga con Sergio. Voglio solo
sapere se tu sei andata a dirle che il nostro matrimonio sta andando a
catafascio.
AGATA: Ma non è forse vero? Siamo sempre più lontani.
CARLO: No.
CARLO: Carlo, non cercare di nasconderti la realtà.
CARLO: E anche se fosse non mi pare necessario andarlo a dire a Liliana.
AGATA: Liliana è una mia amica.
CARLO: E chi se ne frega.
AGATA: Non possiamo tenerci tutto dentro.
CARLO: Lo so. E tu hai tirato tutto fuori. Con Liliana tutta la nostra storia e i nostri
presunti problemi, e con Marco hai tirato fuori qualcos altro.
AGATA: Perchè tu non l’hai mai fatto?
CARLO: Che cosa?
AGATA: Non mi hai mia tradita?
CARLO: Ma che cosa stai dicendo?
AGATA: Hai capito bene. Non mi hai mai tradita?
CARLO: Ma che domanda...
AGATA: Rispondimi.
CARLO: Ma certo che no, non ti ho mai tradita.
AGATA: Ne sei sicuro?
CARLO: Assolutamente. Ma cosa vai a pensare?
AGATA: Guardami negli occhi e ripetimelo.
CARLO: Ma dai, non essere sciocca.
AGATA: Ti prego, fallo.
CARLO: E va bene. Non ti ho mai tradita. Va bene così?
AGATA: Mi fai sentire così male. Potrai mai perdonarmi?
CARLO: Che giornata. Ne sono successe più oggi che in cinque anni di matrimonio.
AGATA: Non mi hai risposto.
CARLO: Non è così facile, Agata. Sono cose che devono essere metabolizzate. Non
posso riuscirci in mezz’ora.
AGATA: Hai ragione. Beh, allora, prenditi il tempo che vuoi. Io ti aspetterò.
CARLO: Dove?
AGATA: Dove vuoi.
CARLO: Allora aspettami qua. Non ci metterò molto a tornare.
AGATA: Va bene. (Carlo va verso la porta di fondo). Carlo.
CARLO: Cosa vuoi?
AGATA: Dove stai andando?
CARLO: A cercare i nostri amici.
AGATA: Pensavo andassi a metabolizzare da qualche parte.
CARLO: C’è una giornata da far finire nel miglior modo possibile. In fondo abbiamo
anche dei doveri nei confronti dei nostri amici.
AGATA: Giusto. Quando sei incazzato ragioni meglio.
CARLO: Lo devo prendere come un complimento?
AGATA: Come vuoi. Carlo.
CARLO: Cosa vuoi ancora?
AGATA: Ti stanno venendo le orecchie rosse.
CARLO: Ecco perchè cominciavo a sentire caldo alla testa.
AGAT: Vuoi del ghiaccio?
CARLO: No. Vado a cercare i nostri amici.
AGATA: Magari comincia da Liliana e Sergio, sono quelli più a rischio.
CARLO: Va bene. (Torna ad avviarsi).
AGATA: Carlo!
CARLO: Sì?
AGATA: Promettimi che non mi tradirai mai.
CARLO: Ma Agata.
AGATA: Per favore, promettilo.
CARLO: Non credo che in questo momento tu sia nella posizione più adatta per
fare una richiesta di questo genere.
AGATA: Lo so, ma vorrei che tu me lo promettessi lo stesso.
CARLO: E va bene. Ti prometto che non ti tradirò mai.
AGATA: Quindi vuol dire che mi perdoni?
CARLO: In realtà dovevo prima andare a metabolizzare ma solo dopo essere andato a
recuperare i nostri amici.
AGATA: Dimmelo.
CARLO: Non lo so. Dammi tempo. Comunque io non ti ho mai tradita e ti prometto
che non ti tradirò mai.
AGATA: Grazie, amore. (Entra Sergio).
SERGIO: Proprio te cercavo.
CARLO: Io anche stavo venendo a cercarti. Liliana?
SERGIO: Si è chiusa in macchina e non vuole più uscire.
CARLO: Hai provato a convincerla?
SERGIO: Ho bisogno di un crick.
CARLO: Per fare cosa?
SERGIO: Ma è ovvio, no? Devo spaccare un finestrino.
CARLO: Ma sei impazzito? La feriresti con le schegge di vetro.
SERGIO: E chi se ne frega. Tanto poi l’ammazzo.
AGATA: Possibile che voi uomini non siate in grado di risolvere un problema se non
con la violenza?
SERGIOA: Perchè? Ci sono altri modi?
AGATA: Vittoria è fuori con voi?
SERGIO: Sta girando attorno alla macchina cercando di leggere negli occhi di
Liliana.
CARLO: Oh Dio.
SERGIO: Già, lei continua ad essere convinta di essere in grado di leggere negli
occhi.
AGATA: Vado a vedere. (Esce).
SERGIO: Tieni gli occhi chiusi altrimenti non se ne esce più.
CARLO: Da dove vuoi uscire oggi?
SERGIO: Carlo.
CARLO: Sì?
SERGIO: Liliana mi ha tradito.
CARLO: Lo so.
SERGIO: Lo sapevate tutti tranne il sottoscritto.
CARLO: Lo so.
SERGIO: Siete degli stronzi. Ma che amici siete? Potevate dirmelo.
CARLO: Credi sia facile?
SERGIO: Facile o no, dovevate dirmelo.
CARLO: Anche Agata mi ha tradito.
SERGIO: Lo so.
CARLO: E quindi sei uno stronzo anche tu. Potevi dirmelo.
SERGIO: Hai ragione. Non posso fare altro che darti ragione. Però lo capisci anche
tu che la situazione era differente.
CARLO: Differente o no dovevate dirmelo.
SERGIO: Non era facile decidere cosa fare. In ogni caso avremmo tradito un amico.
O te o lui.
CARLO: Lo so, però...
SERGIO: Io sono amico tuo come sono amico suo, e quindi capisci che sono tra il
martello e l’incudine. Sia che io parli sia che io stia zitto, in ogni caso
faccio male e tradisco qualcuno.
CARLO: Porca miseria, che situazione.
SERGIO: E poi non ne avevo nemmeno la certezza, anzi, non ce l’ho ancora
nemmeno adesso.
CARLO: Ce l’ho io. Ha confessato prima.
SERGIO: Ti ha raccontato tutto?
CARLO: Per fortuna non è andato nei dettagli ma mi ha raccontato tutto.
SERGIO: Se non ricordo male era stata l’ultima volta che abbiamo fatto la festa per
Halloween, due o tre anni fa.
CARLO: No, non è stato ad Halloween, è stato a Natale.
SERGIO: Sicuro? Mi sembrava di ricordare Halloween.
CARLO: Per lo meno lui mi ha detto Natale.
SERGIO: Se te l’ha detto lui...
CARLO: E poi in fondo Halloween o Natale fa poca differenza.
SERGIO: Già.
CARLO: Inverti gli addendi ma il risultato è sempre quello.
SERGIO: Comunque lui era l’ultima persona al mondo dalla quale mi sarei aspettato
una cosa del genere.
CARLO: Io no.
SERGIO: Dici che te l’aspettavi?
CARLO: E dai, basta vedere come si comporta con le donne.
SERGIO: Sì, è vero, ma è proprio perchè ha quest’aria di disinteresse nei loro
confronti che mi ha sorpreso.
CARLO: Chiamalo disinteresse.
SERGIO: Infatti quando venne a dirmelo non ci potei credere.
CARLO: Venne lui?
SERGIO: Sì, venne una sera a casa mia. Mi disse che erano andati a cena insieme.
Però mi assicurò anche che tra loro non era successo niente.
CARLO: A me ha confessato tutto. E l’ha fatto anche Agata.
SERGIO: Strano. Mi spergiurò il contrario.
CARLO: Beh, non è mai stato una persona molto sincera.
SERGIO: Questo non lo puoi dire.
CARLO: Lo posso dire, invece.
SERGIO: E poi non sembrava mentire quella sera.
CARLO: E’ sempre stato un buon giocatore di pocker.
SERGIO: Ma da quando in qua Luigi gioca a pocker?
CARLO: Luigi?
SERGIO: Chi?
CARLO: Hai detto Luigi?
SERGIO: No, io non ho detto niente.
CARLO: Ma Agata mi ha tradito con Marco.
SERGIO: Scusa, ho detto Luigi? Mi sono confuso, volevo dire Marco.
CARLO: No, tu volevi dire Luigi.
SERGIO: Figurati. E’ che siamo sempre insieme ed è facile confondere i nomi.
CARLO: Dei nostri amici?
SERGIO: Sì, se non sono nostri amici non li conosciamo nemmeno i nomi e quindi
come potremmo confonderli?
CARLO: Ecco perchè hai confuso anche Natale con Halloween.
SERGIO: Se confondo i nomi figurati le date.
CARLO: E quello stronzo che mi veniva a fare la morale sulle bandiere.
SERGIO: Bandiere?
CARLO: Ma sì, nel calcio.
SERGIO: Comunque... Oh Dio, che casino.
CARLO: Vammelo a chiamare.
SERGIO: No, senti, calmati.
CARLO: Ti ho detto di andarmelo a chiamare o altrimenti vado io.
SERGIO: Te lo chiamo, te lo chiamo. (Va verso la porta). Senti, oggi siamo tutti un
po’ su di giri, magari se ne parliamo domani dopo una bella dormita...
CARLO: Sergio.
SERGIO: Va bene. Luigi! Puoi venire un attimo? Come stai?
CARLO: Benissimo. (Entra Luigi).
LUIGI: Questa giornata mi ricorda l’Heysel.
SERGIO: Io vado a prendermi una birra.
CARLO: No, rimani. (Entra Marco).
MARCO: Tutto a posto, ragazzi?
CARLO: Come no. Mai stato meglio.
LUIGI: Volevate qualcosa?
CARLO: Brutto stronzo. (Gli si scaglia contro, Sergio e Marco cercano di
trattenerlo, Luigi riesce a scappare).
LUIGI: Ma che cosa ti è preso?
CARLO: E me lo chiedi anche?
MARCO: Stai calmo, Carlo.
CARLO: Lasciatemi andare. Lo voglio ammazzare.
LUIGI: Ma che cosa ti ho fatto?
CARLO: E me lo chiedi anche?
SERGIO: Carlo, per favore stai buono.
CARLO: Lasciatemi. Maledetti anche voi.
MARCO: Ma che cosa gli avete fatto?
LUIGI: Io niente. Sono stato fuori fino adesso.
SERGIO: E’ colpa mia. Gli ho detto una cosa che non dovevo dirgli.
CARLO: Lasciatemi.
MARCO: Che cosa gli hai detto?
SERGIO: Mi è scappato di halloween, Luigi.
LUIGI: Di halloween?
CARLO: Sì, proprio di halloween. Pezzo di merda.
LUIGI: Piano con gli insulti.
CARLO: Devo farti i complimenti?
SERGIO: Mi è scappato di raccontargli di quella volta che eri venuto a casa mia a
raccontarmi di tu e Agata.
LUIGI: Di me e Agata? Ma cosa stai dicendo?
CARLO: Comodo fare finta di non ricordarsi delle cose.
LUIGI: Ma io non riesco davvero a capire cosa state dicendo.
CARLO: Ma non negare l’evidenza.
SERGIO: Quella sera che mi avevi raccontato che tu ed Agata eravate andati a cena
insieme.
LUIGI: Quale sera? Ah sì. E’ vero siamo andati a cena.
CARLO: E dopo cena che cosa avete fatto?
LUIGI: Siamo andati a casa mia.
CARLO: Lo ammetti anche così spudoratamente? Non cerchi nemmeno di mentire?
LUIGI: Perchè dovrei mentire?
CARLO: Brutto stronzo, fatti prendere, sii uomo.
LUIGI: Calmati.
CARLO: Calmarmi? Sei andato a cena con mia moglie, poi te la sei portata a casa e
io dovrei calmarmi?
LUIGI: Carlo, sei un uomo che non vale niente, lasciatelo dire in faccia.
CARLO: Hai anche il coraggio di insultarmi?
LUIGI: Non ti meriti altro. Io sono stato zitto per tanto tempo forse perchè in fondo
sono un coniglio o perchè sono più stronzo di te.
CARLO: Per fortuna lo riconosci.
LUIGI: Halloween di tre anni fa. Al pomeriggio tu mi telefoni, ovviamente dopo che
avevi già telefonato sia a Marco che a Sergio per chiedermi un piacere. Non
ti ricordi? Mi hai detto che la sera dovevi andare ad una festa in maschera,
per Halloween, tu sai benissimo che io odio le foste e che non ci sarei mai
andato, e che ci volevi portare una tua amica. Ma avevi bisogno che qualcuno
tenesse occupata Agata. E mi hai chiesto questo favore.
CARLO: Sì, ma non ti ho chiesto di portarla fuori a cena e poi a casa tua.
LUIGI: Siamo andati a casa mia perchè quella sera c’era la champions e io non
volevo perdermela. E tu invece volevi portare alla festa Vittoria.
CARLO: Non è vero.
LUIGI: Smettila, Carlo. Sei patetico a voler continuare a mentire. E voi due,
lasciatelo. Se mi vuole menare che faccia pure. (Sergio e Marco lasciano
andare Carlo che timane fermo). Allora? Non hai più niente da dire?
CARLO: Sono uno stronzo.
MARCO: Finalmente te ne sei reso conto.
CARLO: Tu sapevi e non mi hai mai detto niente?
LUIGI: Vittoria me l’avevo detto. Ci sono rimasto male, ovvio, e mi sono anche
chiesto se magari non era colpa mia.
CARLO: Smettila di farmi sentire merda.
LUIGI: Però paradossalmente questa cosa ha un pochino rinsaldato i rapporti tra me
e Vittoria. Forse ci ha aiutati a vincere tante piccole battaglie che nel tempo si
sono presentate a chiedere il conto alla nostra storia. Chissà. Può darsi che
altrimenti ci saremmo già lasciati.
CARLO: E adesso?
LUIGI: Adesso vado a recuperare Vittoria, sempre se nel frattempo avrà finito di
girare attorno alla macchina di Sergio e ce ne andiamo. (Entra Vittoria).
VITTORIA: Ragazzi, Liliana è uscita dalla macchina. Ce l’ho fatta. (Silenzio). Non
siete contenti?
LUIGI: Certo, Vittoria.
VITTORIA: Ha detto che viene in casa ma solo se Sergio le promette che la lascerà
parlare senza incazzarsi.
MARCO: Sergio?
SERGIO: Dille che va bene. Mi sento talmente distrutto dopo questa giornata che
non ho nemmeno più la forza di parlare. Figuriamoci quella di incazzarmi.
VITTORIA: Benissimo, allora vado a chiamarla. (Esce).
MARCO: Sicuro di essere in grado di parlarle da persona civile?
SERGIO: Sicuro.
MARCO: Vuoi che ce ne andiamo?
SERGIO: Fate come volete. (Entrano Liliana, Agata e Vittoria).
LILIANA: Ciao.
SERGIO: Ciao.
MARCO: Eccoci qua. Che bel quadro.
LUIGI: Un quadro al quale io non ho più voglia di appartenere. Se non vi dispiace
me ne vado.
VITTORIA: Così presto?
LUIGI: Ti assicuro che è meglio così, Vittoria. Tu forse non sei riuscita a cogliere
in pieno tutto quello che è successo quest’oggi in questa casa. Meglio per te.
VITTORIA: Certo che l’ho colto. Abbiamo festeggiato l’anniversario di matrimonio
di Agata e Carlo.
MARCO: Brava.
LUIGI: Carlo, Agata, grazie di tutto.
AGATA: Ma perchè ve ne andate già?
LUIGI: Ti assicuro che è meglio così.
VITTORIA: Ciao a tutti. (Si scambiano i saluti).
SERGIO: Luigi, sabato prossimo fare qualcosa?
LUIGI: Se non succede niente.
SERGIO: E cosa vuoi che possa succedere? Non succede mai niente.
LUIGI: Hai ragione. (Escono Luigi e Vittoria).
LILIANA: Sergio.
MARCO: Io credo che andrò a prendermi una birra. Vieni con me Carlo?
CARLO: Va bene. (Escono dal fondo).
AGATA: Io devo andare un attimo a sistemare due cosette in cucina. (Esce a
sinistra).
LILIANA: E tu? Niente birra?
SERGIO: Credo di avere bevuto già un po’ troppo oggi.
LILIANA: Al limite poi guido io per andarcene. Sempre che tu non preferisca
tornare a casa da solo.
SERGIO: In questo momento non so assolutamente cosa preferisco. Forse preferirei
che il tempo si fosse fermato a questa mattina e che il resto non fosse mai
successo. Che questa festa di merda non ci fosse mai stata. Chissà, magari
ce ne saremmo andati al mare o in montagna o in un cazzo di centro
commerciale a passare la giornata. Forse sarebbe stato meglio perfino un
pranzo a casa dei tuoi.
LILIANA: Ma dai, lo sai che i miei cercano sempre di cucinarti le cose che ti
piacciono.
SERGIO: Lo conosco?
LILIANA: Farebbe differenza?
SERGIO: Fino a questa mattina forse no ma adesso la fa maledettamente la
differenza.
LILIANA: No, non lo conosci.
SERGIO: “Lo o “li”.
LILIANA: Che cosa?
SERGIO: Non lo conosci o non li conosci? Voglio dire, quante volte è successo?
LILIANA: Sarebbe diverso?
SERGIO: E’ solo per sapere.
LILIANA: E’ successo due volte.
SERGIO: Recenti?
LILIANA: Più o meno nel periodo in cui tu avevi avuto la storia con quella tua
studentessa.
SERGIO: Ma cosa dici?
LILIANA: Ero venuta a saperlo.
SERGIO: Ti assicuro che io...
LILIANA: Sergio, non cercare di arrampicarti sui vetri. Non hai mai avuto i riflessi
particolarmente pronti e non riuscirai mai a trovare al volo una balla che
regga.
SERGIO: Ma cosa dici?
LILIANA: Smettila, per favore. Io so, tu sai, siamo pari, no?
SERGIO: Non è questione di essere pari.
LILIANA: Sergio, oggi è la notte dei lunghi coltelli.
SERGIO: E’ pomeriggio.
LILIANA: E allora è il pomeriggio dei lunghi coltelli. E’ l’occasione giusta per
tirare fuori tutto.
SERGIO: Non so proprio cosa rimanga ancora da tirare fuori.
LILIANA: Allora forse è il momento di ripartire. Sempre che entrambi ne siamo
convinti, e sempre che pensiamo ancora che ne valga la pena.
SERGIO: Tu cosa dici?
LILIANA: Stiamo insieme da sei anni. Ne abbiamo già passate così tante.
SERGIO: Certo che è incredibile di come la vita ti possa cambiare tutte le carte che
hai in mano da un istante all’altro. Questa mattina avevo una fidanzata,
degli amici che a loro volta avevano mogli e fidanzate, escluso Marco
ovviamente, e in due ore abbiamo rischiato di perdere tutto. Come quando
arriva il terremoto che in un istante ti butta giù la casa che hai costruito
in una vita e che magari non avevi ancora nemmeno finito di pagare. Il
tempo di renderti conto di cosa sta succedendo e attorno hai soltanto più
un sacco di macerie.
LILIANA: Però tra quelle macerie ti puoi mettere a scavare e magari trovi la cosa
più importante che pensavi di aver perso per sempre. Una foto di quando
eri un ragazzino pieno di brufoli e avevi tutta la vita davanti.
SERGIO: E magari vicino a te in quella foto c’è la ragazza di cui eri pazzescamente
innamorato, e che non hai mai avuto il coraggio di dirglielo. La ragazza
che ti toglieva il fiato, il sonno, l’appetito, alla quale dedicavi tutte le
poesie che scrivevi, e che oggi rivedi in quella foto e non ti ricordi
nemmeno come si chiama.
LILIANA: Vestita con le ballerine, la calzamaglia di lana e la dolcevita che le
nascondeva anche l’ultimo accenno di femminilità.
SERGIO: Già.
LILIANA: E tu cosa pensi di trovare sotto quelle macerie?
SERGIO: Non lo so. Magari però potresti darmi una mano a cercare.
LILIANA: Va bene. Intanto però vado a cercare Agata.
SERGIO: Ok. (Liliana esce a sinistra. Sergio va verso la porta di fondo). Ragazzi,
me la portate una birra? (Poco dopo entrano Carlo e Marco).
MARCO: Ecco la birra. Allora?
SERGIO: Allora niente. Abbiamo parlato.
CARLO: Solo parlato?
SERGIO: Solo parlato.
CARLO: E di cosa?
SERGIO: Di una vecchia foto di quando ero adolescente.
MARCO: Ma se allora eri sfigato come la morte.
CARLO: Non che adesso sia tanto meglio.
SERGIO: Però in fondo allora era tutto più facile.
MARCO: Mica tanto. Non si batteva chiodo.
SERGIO: Appunto. Sai quanti problemi in meno?
CARLO: E quindi rimanete insieme?
SERGIO: Penso di sì. Sarebbe stupido buttare tutto alle ortiche per un capriccio.
CARLO: E’ quello che dico anch’io. E mi piacerebbe che di questo se ne convincesse
anche Luigi.
MARCO: Dagli un po’ di tempo.
SERGIO: Ci ha messo un anno a somatizzare l’addio di Del Piero, dieci mesi quello
di Trezeguet, non so se abbia già digerito il ritiro di Nevdev, vuoi non
dargli almeno quindici giorni per somatizzare la tua storia con Vittoria?
CARLO: Tanto così?
MARCO: Ha un cuore anche lui.
CARLO: Il problema è che ha la forma di un pallone.
MARCO: Ed è per questo che hai pensato bene di prenderlo a calci?
CARLO: Questo è un colpo basso, Marco.
SERGIO: Ragazzi, io credo proprio che me ne andrò a casa. Siete tanto simpatici ma
io sono stanco.
MARCO: Sì, me ne andrò anch’io.
SERGIO: Stanco anche tu?
MARCO: No, questa sera devo uscire con una tipa.
CARLO: La conosciamo?
MARCO: Non te l’ha detto Agata che questa sera deve andare da sua madre?
CARLO: Tu prova solo ad avvicinarti.
MARCO: No, tranquilli. Non la conoscete.
CARLO: Per fortuna.
SERGIO: Vado a recuperare Liliana. (Esce a Sinistra).
MARCO: Che dici? Continuerà la nostra amicizia?
CARLO: Domanda difficile.
MARCO: E la risposta? E’ altrettanto difficile?
CARLO: Solo il tempo la conosce la risposta.
MARCO: In fondo tutti noi abbiamo qualcosa in un armadio. E non è un vestito.
CARLO: Già. Però gli armadi finchè non li apri e non vedi cosa c’è dentro va bene.
Quando li apri poi richiuderli di nuovo diventa difficile soprattutto quando
sai che lì dentro c’è roba che puzza.
MARCO: Appunto. Noi la roba che puzza oggi l’abbiamo tirata fuori e l’abbiamo
messa sul balcone perchè prendesse un po’ d’aria.
CARLO: Non sempre basta fargli prendere un po’ d’aria perchè la puzza se ne vada.
MARCO: Però un po’ diminuisce. (Rientrano Agata, Liliana e Sergio).
AGATA: Ve ne andate già allora?
MARCO: Sì, si è fatto tardi.
LILIANA: Vuoi che ti aiutiamo a mettere un po’ a posto?
AGATA: Ma no. figuratevi, non c’è problema.
MARCO: Accidenti, ci siamo dimenticati di darvi il regalo.
SERGIO: E’ vero, il regalo.
MARCO: Andiamo a prenderlo. (Escono Sergio, Carlo e Marco).
LILIANA: Carlo l’ho visto tranquillo.
AGATA: Ci siamo chiariti.
LILIANA: Sono contenta.
AGATA: E’ stato comprensivo. Ha capito che in fondo io amo solo lui, e se c’è
stato un piccolo sbandamento appartiene al passato e ad un momento in
cui le cose non andavano come oggi.
LILIANA: Che bello.
AGATA: Sai, lui ha molti difetti, però in fondo un pregio ce l’ha e l’ho scoperto
solo oggi.
LILIANA: Davvero? E quale?
AGATA: E’ una persona molto onesta e sincera.
LILIANA: Mi fa piacere sentirtelo dire.
AGATA: Prchè, tu non lo pensi?
LILIANA: Beh, diciamoci la verità, sono uomini.
AGATA: Forse sì però lui con me oggi è stato sincero, molto più di quanto lo sono
stata io con lui.
LILIANA: Sono contenta.
AGATA: Non sa mentire.
LILIANA: Oh Dio, non sa mentire. Quando andava con Vittoria sapeva mentire sì.
AGATA: Scusa?
LILIANA: Ho detto... E tardi, sarà meglio che vada.
AGATA: Quando andava con Vittoria? La stordita?
LILIANA: Scusa, quando mi hai detto che era stato sincero con te pensavo ti avesse
detto tutto.
AGATA: Quando sarebbe andato con Vittoria?
LILIANA: Mi sono sbagliata.
AGATA: Scusami un attimo (Esce a sinistra. Poco dopo entrano Marco, Carlo e
Sergio con un pacco).
SERGIO: Eccoci qua con il regalo.
LILIANA: Sergio, dobbiamo andare a casa.
SERGIO: Ma devono aprire il pacco.
LILIANA: Lo faranno più tardi. Da soli.
SERGIO: Ma...
LILIANA: In intimità. Credimi, è meglio se ce ne andiamo.
CARLO: E’ successo qualcosa?
LILIANA: Ancora no, ma potrebbe succedere.
SERGIO: Io non ti capisco. Fammi almeno andare a salutare Agata.
LILIANA: Le telefoniamo domani. Andiamo.
SERGIO: E va bene. Andiamo. Ciao, Carlo, ci vediamo, salutami Agata.
CARLO: Va bene.
LILIANA: Vieni anche tu, Marco.
MARCO: Non lo so.
LILIANA: Non era una domanda. Era un ordine. Vieni anche tu Marco.
MARCO: Va bene, vengo anch’io. Ciao Carlo.
CARLO: Ciao, e grazie della bella... oddio, grazie della giornata. (Escono Sergio,
Marco e Liliana). Amore. Vieni che dobbiamo aprire il regalo dei nostri
amici. (Entra Agata con una katana).
AGATA: Brutto stronzo.
CARLO: E’ successo qualcosa? Diciamoci la verità, mi sembri un po’ nervosa.
AGATA: Te lo do io il nervoso. (Lo insegue. Carlo scappa).
CARLO: Non apriamo il regalo?
AGATA: Ahhhhhhhhhhhh!!!!!!!