Dio salvi la Scozia

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DIO SALVI LA SCOZIA

DIO SALVI LA SCOZIA

di Nicola Manzari


Personaggi:

Rev. CUNNINGHAM, parroco

CINTHYA, ex prostituta

Miss FLAHERTY, zitella

JOHN, marinaio

Dott. KLYNE, pastore protestante

PIETRO, sagrestano

NICK, scaricatore di porto

SMUTS, droghiere

BROWN, postino

UN GENDARME

FILIPPO, pappagallo

ETHEL, ex prostituta

LUCY, ex prostituta

PAUL, marinaio

BILL, marinaio

UNA BIMBA


Scene:

La scena, fissa per i tre atti, rappresenta il pianterreno della sacrestia della parrocchia di S. Patrizio, nella periferia di una cittadina marittima della Scozia. Fra i mobili, impersonali e vecchiotti, spicca un piccolo armonium. Una grande vetrata dà in un cortile che immette nella strada.



ATTO PRIMO

È mattino inoltrato. Pietro, il sagrestano della parrocchia, un uomo vigoroso di mezza età, chino in terra sta lustrando il pavimento. Dalla vetrata di fondo si affaccia un uomo ancora giovane agghindato a festa con tubino e guanti. È il droghiere Smuts.

SMUTS - Vengo di lì. E anche mister Brown e gli altri parrocchiani. Ma dal treno non è sceso. (entrano Brown, il postino, un vecchietto arzillo e la signorina Flaherty, una zitella sui quarant’anni)

BROWN - (tipo di pignolo burocrate e preciso) Abbiamo aspettato ventitré minuti precisi.

FLAHERTY - (bisbetica e puntigliosa, si dà molto tono) È strano, molto strano. Per non dire altro. Anche il coro degli orfanelli ha intonato tre volte il “Benvenuto, nostro parroco”… e per tre volte ha dovuto smetterlo. Non s’è vista nemmeno l’ombra della sottana del reverendo Cunningham. (a Pietro) Che ne dite, voi?

PIETRO - Cosa volete che ne sappia? Il telegramma è ancora lì.

SMUTS - (prendendo il telegramma dalla scrivania e leggendo) “Arrivo mercoledì mattina. Benedico tutti. Cunningham.”

BROWN - Invece di benedirci poteva spiegarci con che treno sarebbe arrivato.

PIETRO - Signor Brown, vi prego di non parlar male del mio parroco.

FLAHERTY - Il vostro parroco! Si direbbe che siete stato voi a farlo nominare! Ma se non lo conoscete neanche!

PIETRO - E forse voi lo conoscete per poter sputare giudizi su di lui?

BROWN - Appunto perché non sappiamo niente di lui dobbiamo tenerci alle prime impressioni. Ed il suo mancato arrivo oggi non depone certo in suo favore.

SMUTS - Ben detto, signor Brown. Un curato che manca già il primo appuntamento con i suoi parrocchiani, dimostra per lo meno di non tenere in gran conto la loro opinione. E una tale mancanza di riguardo io la trovo francamente spiacevole.

FLAHERTY - Oh, dite pure che noi non siamo fortunati, in quanto a Parroci. Prima ci mandano un vecchio male in gambe che quasi non ce la fa a dir Messa. Poi un teologo con la testa fra le nuvole che quando predica non lo capisce nessuno. E adesso questo Cunningham che annuncia il suo arrivo e poi non si fa vivo.

BROWN - Oh, io lo dissi subito: quel nome non mi piace! Cunningham! Certamente non è scozzese.

SMUTS - Dev’essere del sud. Tutti i Cunningham sono inglesi.

FLAHERTY - (con disprezzo) Inglese! Forse che la Scozia non produce più preti, per ridurci ad accettare un inglese?

PIETRO - (che ha ascoltato con irritazione crescente) Vergogna! Ancora deve arrivare e già ne dite male! Per forza nessun curato resiste, con dei parrocchiani come voi.

FLAHERTY - Che impudenza, un sagrestano che mette bocca nei nostri discorsi.

PIETRO - (aggressivo) I vostri pettegolezzi andate a farli fuori di qui.

FLAHERTY - La casa del parroco è la casa di tutti.

BROWN - Ben detto. L’abbiamo costruita noi con le nostre offerte. (a Pietro) Ed anche il vostro salario viene pagato con il nostro obolo.

PIETRO - Non certo con il vostro. So bene quanto lasciate ogni domenica nella cassetta delle elemosine.

BROWN - (piccato) La carità non si misura dall’obolo, ma dall’intenzione.

PIETRO - Si vede che le intenzioni voi le lasciate tutte nel bar il sabato sera e non ve ne restano più per la domenica mattina.

FLAHERTY - Oh, signor Brown, perché vi abbassate a discutere con lui? Direte al parroco che vi ha insultato e noi faremo da testimoni.

PIETRO - Benissimo. Così anch’io gli racconterò come pretendete che debba piacere a voi, invece di essere voi a piacere a lui. E questo mi sembra molto più difficile.

SMUTS - (conciliante) Via, Pietro, noi non abbiamo voluto esprimere nessun giudizio preventivo. Si diceva così… per ingannare l’attesa. Vero mister Brown?

BROWN - (preoccupato) Naturalmente. Ma credo che bisognerà rinunciare ad aspettarlo, oggi. Ormai non ci sono più treni fino a domattina.

FLAHERTY - Non vorrei essere pessimista, ma non so se verrà domani. Né dopo.

SMUTS - Che intendete dire?

FLAHERTY - Nulla. Soltanto una mia impressione. (intenti a parlare, i quattro non si sono accorti che dalla comune in fondo è apparso il reverendo Cunningham. È vestito come i sacerdoti cattolici anglosassoni: pantaloni e giacchetta nera con la pettina ed il soggolo inamidato, ora coperti da una sciarpa di lana. Ha un basco con occhiali da corsa rovesciati sulla fronte. Si tira dietro una bicicletta di vecchio modello tutta inzaccherata. Il suo vestito, polveroso e frusto, e i pantaloni, agganciati alle caviglie con due mollette, completano l’impressione di desolante povertà che spira dal suo corpo, piuttosto piccolo e magro, quasi rinsecchito. Solo gli occhi, vivaci ed ilari, e i movimenti agili e nervosi, rivelano in lui l’età ancora abbastanza giovane. Ha modi semplici, cordiali, ma non confidenziali. Ma, a ben guardarlo, vi è in lui una tranquilla forza fiduciosa che forma il suo ascendente)

CUNNINGHAM - (dal fondo) Buon giorno! (i quattro si voltano e restano stupiti)

PIETRO - Il parroco non è arrivato. Ripassate.

CUNNINGHAM - (semplice) Sono io il parroco.

PIETRO - (deluso) Voi?

FLAHERTY - Il reverendo Cunningham?

CUNNINGHAM - Sì, figliola. (si toglie la sciarpa scoprendo la pettina ed il soggolo) Sono in ritardo, lo so. Ma ho bucato tre volte. Avete delle pessime strade in Scozia.

BROWN - Non me ne sono mai accorto.

CUNNINGHAM - Forse non andate in bicicletta.

PIETRO - (con slancio) Oh, Padre, accomodatevi. Sono Pietro, il sagrestano. Datemi la bicicletta.

CUNNINGHAM - No. Vi sporchereste. Faccio da me. Piuttosto, occupatevi del bagaglio. L’ho lasciato nell’ingresso.

PIETRO - Subito. (esce)

CUNNINGHAM - (va a posare la bicicletta in un angolo mentre i tre continuano a guardarlo sbalorditi) Cari amici, perché continuate a guardarmi così? Sono un semplice parroco, non il Messia.

SMUTS - È che noi… vi aspettavamo alla stazione.

CUNNINGHAM - E invece sono qui. C’è differenza?

SMUTS - Sì. Perché avevamo preparato tutto per ricevervi. La musica, il coro dei bimbi e il signor Brown doveva tenere un discorso. È una settimana che lo prepara…

BROWN - (trae di tasca dei fogli ed attacca subito a declamare) Amatissimo e reverendissimo parroco, siamo lieti di darvi il benvenuto in questo fausto giorno che…

CUNNINGHAM - Scusate, quante cartelle sono?

BROWN - (è rimasto male) Soltanto quindici…

CUNNINGHAM - Bene. Vi ringrazio, ma preferisco leggerle… le gusto di più. (gli prende i fogli)

FLAHERTY - (con un grido) Oh, i fiori.

CUNNINGHAM - Fiori?

FLAHERTY - Sì. La “corbeille” che dovevo offrirvi in nome delle Figlie di Maria. L’ho lasciata alla stazione.

CUNNINGHAM - Mi basta il pensiero.

FLAHERTY - Che peccato! Questo ritardo ha guastato tutto.

FILIPPO - (da fuori) Amen!

I TRE - (stupiti) Chi è?

CUNNINGHAM - È Filippo. Eccolo. (entra Pietro con una valigetta e con una gabbia che guarda con orrore. Dentro c’è un pappagallo)

FLAHERTY - (scandalizzata) È lui che ha detto amen?

CUNNINGHAM - Sì. Conosce soltanto due parole, “amen” e “perché”, ma le usa sempre a proposito. Al contrario di molti uomini. (prende la gabbia dalle mani di Pietro e, rivolto al pappagallo) Ecco, Filippo, i tuoi nuovi amici.

FILIPPO - Perché?

CUNNINGHAM - Perché il buon Dio ha voluto che io fossi il loro parroco ed ora dobbiamo amarli e proteggerli.

FILIPPO - Amen.

CUNNINGHAM - Sì, così sia, Filippo. E speriamo che il Signore ci aiuti.

FLAHERTY - (con disprezzo) Un pappagallo!

CUNNINGHAM - Sì, signora.

FLAHERTY - Prego, signorina.

FILIPPO - Perché?

FLAHERTY - (offesa) Oh! (gli altri scoppiano a ridere)

CUNNINGHAM - Filippo, sei un maleducato. (a Flaherty) Chiedo scusa per lui. (a Filippo) Stasera andrai a letto senza cena.

FILIPPO - Perché?

CUNNINGHAM - Per castigo.

FLAHERTY - Amen.

CUNNINGHAM - (ai quattro) Vedete? Riconosce la sua colpa. Credetemi: è una bestia, ma è un filosofo. (i quattro lo guardano come se avessero a che fare con un pazzo) Sì, in quelle due parole c’è tutta la storia del pensiero umano e il conflitto di millenni fra ragione e fede. (guardando fisso i quattro) Infatti, la risposta ai perché che continuamente gli uomini si porgono è una sola: (levando gli occhi al cielo, con semplicità ispirata) Amen. Così sia. (con tono normale) Scusate. (a Pietro) Pietro, fatemi strada. (esce a destra con la gabbia, seguito da Pietro che cammina come un automa. Smuts, Brown e Flaherty sono rimasti a bocca aperta)

SMUTS - È un pazzo.

BROWN - Temo di sì.

FLAHERTY - Che vi dicevo? Non siamo fortunati con i nostri parroci. Prima un vecchio, poi uno smemorato e adesso… ma questo li supera tutti.

SMUTS - Che si fa?

FLAHERTY - Bisogna decidere qualcosa prima che i nostri amici protestanti ridano di noi.

SMUTS - Oh sì. Ci prendono già tanto in giro! Figuratevi quando vedranno il reverendo Cunningham, loro che hanno un pastore bello e imponente come il dottor Klyne.

FLAHERTY - Non perdiamoci in chiacchiere. Io riunisco l’assemblea straordinaria delle Figlie di Maria. Voi avvertite gli uomini.

BROWN - Non sarebbe bene scrivere al vescovo?

FLAHERTY - Il vescovo? Ma se è lui che ce lo manda!

BROWN - Forse non lo conosce bene.

FLAHERTY - No. io credo che ce lo ha mandato apposta per punirci. Perché ci considera cattivi cattolici.

SMUTS - Voi credete?

FLAHERTY - Ne sono certa. Perciò ha scelto un inglese.

BROWN - Bene. In tal caso gli dimostreremo che la Scozia non è terra per gli inglesi! (si ode da fuori una musica di banda che suona una marcia festosa. Poco dopo un coro di bimbi che intona un inno mentre la musica continua in sordina)

FLAHERTY - I bambini! Bisogna farli tacere.

SMUTS - Sì, poveri innocenti. (si odono applausi ed acclamazioni)

BROWN - Ecco, corriamo a spiegare loro la disgrazia che ci è capitata. (i tre fanno per uscire insieme in fretta, ma sulla porta appare una bimbetta che stringe in mano dei fiori)

FLAHERTY - (correndo incontro alla bimba) No. Niente fiori. Il parroco non li merita. (toglie i fiori alla bimba e, prendendola per mano, esce con lei, seguita da Smuts e Brown. Subito il coro, la musica e le acclamazioni cessano. Un attimo di scena vuota)

CUNNINGHAM - (entrando) Eccomi! (ma si ferma sorpreso di non vedere nessuno) Sono andati!

PIETRO - (entra e va a guardare alla finestra-vetrata) Sì. E anche la musica. La signora Flaherty se li è portati via.

CUNNINGHAM - Non capisco.

FLAHERTY - Quella dannata zitella deve aver detto loro qualcosa contro di voi.

CUNNINGHAM - (indifferente) Davvero?

PIETRO - Beh, non è difficile immaginare. È una donna che ha una grande influenza sui parrocchiani.

CUNNINGHAM - Perché, è molto religiosa?

PIETRO - No. È ricca.

CUNNINGHAM - (stupito) Che rapporto può esserci tra fede e denaro?

PIETRO - Questa, padre, è l’unica parrocchia cattolica della città. Ed è tutta povera gente. I ricchi sono rimasti protestanti. Perciò la signorina Flaherty, che è l’unica che possiede case e negozi, è rispettata e temuta. Molti nel quartiere sono suoi inquilini.

CUNNINGHAM - (perplesso) Capisco.

PIETRO - E non è tutto. Si è convertita solo da qualche anno al cattolicesimo. E molti temono che ad usarle qualche sgarbo possa tornare fra i protestanti.

CUNNINGHAM - Beh, poco danno se non è una buona cattolica.

PIETRO - Eh no, il danno sarebbe troppo grosso. Chi darebbe ogni anno i soldi per il restauro della chiesa, per la festa del santo patrono, per l’asilo, per la scuola… e tutto il resto?

CUNNINGHAM - Insomma, qui la religione si riduce ad una partita di dare e avere?

PIETRO - Padre, siamo in Scozia, qui il denaro è tutto. E poi… c’è un altro guaio.

CUNNINGHAM - Dite, dite… ormai avete cominciato…

PIETRO - Ecco, non per offendervi, ma… voi siete inglese, vero?

CUNNINGHAM - Certo, forse gli scozzesi non lo sono?

PIETRO - Noi scozzesi diciamo di no.

CUNNINGHAM - Ma non ci sono differenze fra gli uomini, siamo tutti figli dello stesso Padre.

PIETRO - Sì, forse il Padre è lo stesso, ma i figli sono diversi.

CUNNINGHAM - Avete detto forse? Ma che razza di cattolico siete?

PIETRO - Battezzato e cresimato, ma sono scozzese.

CUNNINGHAM - Sentite Pietro, è meglio spiegarci subito. Voi fate il sagrestano che a fare il parroco ci penso io.

PIETRO - Chiedo scusa, ma ho parlato per mettervi in guardia.

CUNNINGHAM - Pretendereste dare consigli a me?

PIETRO - Dio me ne guardi! Dico solo che due parroci prima di voi hanno dovuto fare fagotto. E non vorrei che voi foste il terzo.

CUNNINGHAM - Vedrete che non sarà tanto facile mandarmi via.

PIETRO - È quello che spero. Perché ho già tanto sofferto nel vedere i vostri predecessori cedere il campo a quel ciarlatano di Klyne.

CUNNINGHAM - Klyne? E chi è?

PIETRO - Il pastore della chiesa protestante qui di fronte. Un tacchino con un cervello di faina. Per lui, noi cattolici siamo degli intrusi in Scozia. E non bada a mezzi per impedire che uno solo dei suoi maledetti protestanti si converta alla nostra fede. E per dirvene un’altra… Guardate qui… (gli fa cenno di avvicinarsi alla finestra vetrata)

CUNNINGHAM - (guardando fuori) Dove?

PIETRO - Lì, dritto al mio naso. Vedete quel cartello sulla porta della chiesa presbiteriana? Bene. È un’altra trovata di quel cialtrone di Klyne.

CUNNINGHAM - (leggendo) Venite pure con la vostra ragazza alla predica serale. Dio non ci fa caso.

PIETRO - Ecco come intende la religione quel vanesio. E non è tutto. Organizza squadre di calcio, di tennis, lotterie, gite, escursioni, spettacoli cinematografici… E così finisce che la gente trova il protestantesimo divertente ed il cattolicesimo noioso.

CUNNINGHAM - Adesso capisco perché Monsignore il vescovo quando mi affidò questa parrocchia mi disse: “Cunningham, consideratevi un po’ come un missionario tra i pagani, se volete venirne a capo”.

PIETRO - Già, ma Sua Eccellenza il vescovo dovrebbe sapere che qui senza quattrini non si portano anime a nostro Signore! E dovrebbe allentare i cordoni della borsa.

CUNNINGHAM - Temo che Sua Eccellenza, quanto a denari, non stia molto meglio di me. (indica il proprio abito scalcinato)

PIETRO - (deluso, indagando un po’) E voi… non si può dire che nuotate nell’oro.

CUNNINGHAM - (sorridendo) No, davvero.

PIETRO - (conclusivo) Allora non c’è nulla da fare.

CUNNINGHAM - (con fede sincera) Pietro, tu porti il nome dell’apostolo, ma non hai davvero la sua fede!

PIETRO - (sicuro) I nostri santi apostoli portarono per il mondo la parola di nostro Signore andando a piedi… Ma oggi un parroco in bicicletta, perlomeno qui in Scozia, arriverà sempre dopo il pastore Klyne, con la sua automobile ed il megafono.

CUNNINGHAM - La voce di Dio non ha bisogno di megafoni per scendere nel cuore della gente.

PIETRO - (che ha dato un’occhiata alla finestra) Eccolo!

CUNNINGHAM - Chi?

PIETRO - (indicando la strada) Il pastore Klyne. Sta attraversando la strada. Vedete quant’aria muove quando cammina? Non vi sembra proprio un tacchino? (quasi con un grido) Ma viene qui… Sì… Ha saputo del vostro arrivo e viene a farvi visita.

CUNNINGHAM - Un pensiero molto gentile.

PIETRO - (staccandosi dalla finestra) No. Se viene avrà il suo scopo. Oh, padre, state in guardia, è una faina, credetemi.

CUNNINGHAM - Pietro, ho già notato che tu parli troppo. Dovresti imparare la discrezione del mio pappagallo. (un suono di campanello)

PIETRO - Va bene, taccio. Ma che devo fare? Andargli ad aprire?

CUNNINGHAM - Certo, la casa di Dio è aperta a tutti i suoi figli.

PIETRO - Per me il dottor Klyne è piuttosto figlio del diavolo. Ma voi siete il parroco ed io ubbidisco. (si avvia di mala voglia; un altro suono di campanello, più lungo)

CUNNINGHAM - Sbrigati, non è cortese far aspettare gli ospiti. (Pietro esce senza affrettarsi. Cunningham, rimasto solo, si rassetta frettolosamente i vestiti, tenta di spolverarsi le scarpe, ma vi rinuncia perché sono troppo inzaccherate)

KLYNE - (da fuori) È permesso?

CUNNINGHAM - Avanti.

KLYNE - (È un uomo grande e grosso e soddisfatto di sé. Dà un’occhiata ironica al vestito malconcio di Cunningham) Il parroco Cunningham?

CUNNINGHAM - Sì. (cordiale) Mi scuso di ricevervi così. (indica il vestito) Ma sono appena arrivato.

KLYNE - (con sufficienza) Oh, so bene che per i cattolici l’abito non fa il monaco. (e ride compiaciuto della propria battuta)

CUNNINGHAM - (pronto, dolce) Infatti, come dice San Tommaso, “è l’essenziale che conta, non l’accidentale”. La sostanza, non l’apparenza. Ed io, pur vestito così, non cesso di essere il parroco. Umilmente, s’intende. Ma prego… (indica una sedia)

KLYNE - (prima di sedere passa una mano sulla sedia a spolverarla) Certo. Forse sono stato indiscreto nel venire senza farmi annunciare.

CUNNINGHAM - Al contrario. Vi ringrazio di avermi preceduto.

KLYNE - (stupito) Sareste venuto voi da me?

CUNNINGHAM - Perché non avrei dovuto farlo, visto che siamo così vicini?

KLYNE - Già, io sto dall’altra parte della strada… e non soltanto in un senso. Ma poiché siamo tutti ministri di Dio, credo sia utile conoscerci.

CUNNINGHAM - (sorridendo) Esatto. In fondo lavoriamo tutti per uno stesso fine, anche se i mezzi sono diversi.

KLYNE - Non sono venuto per inoltrarmi in una disputa teologica. Trovo che possiamo andare d’accordo solo se ognuno terrà per sé le proprie convinzioni.

CUNNINGHAM - (umilmente) Veramente, io sono venuto per diffondere la parola di Cristo fra gli scozzesi. Di ciò voglio avvertirmi lealmente.

KLYNE - Naturale. Il vostro compito è di “fabbricare” nuovi cattolici. Il mio, d’impedirlo. Ma credo che fra gentiluomini questo piccolo dissidio non può alterare la correttezza dei rapporti di buon vicinato. In fondo, prima di essere cristiani, noi siamo inglesi. Ed il fair play, il gioco leale, è una delle migliori tradizioni britanniche.

CUNNINGHAM - Io credo che abbiate impostato la questione in termini troppo crudi di concorrenza commerciale. (sorridendo) Non siamo i rappresentanti di due marche di sapone in concorrenza, impegnati a vantare la superiorità del proprio prodotto nel lavaggio delle anime, caro pastore.

KLYNE - (ridendo) Buona questa del sapone! (traendo di tasca una matita ed un taccuino) Se permettete vi rubo la similitudine, vorrei usarla nel sermone domenicale.

CUNNINGHAM - Fate pure.

KLYNE - (scrivendo) Avete dello spirito. Non avrei mai creduto che un prete di Roma possedesse dell’humour. La vostra religione è così tetra, medioevale, formalistica e, posso dirlo, noiosa, che non avrei mai supposto che uno dei suoi preti potesse ridere.

CUNNINGHAM - (calmo) Siete in errore. Non c’è nulla di più allegro della Grazia. E chi sa di possedere la verità eterna ha il cuore colmo di felicità. Perciò i nostri santi sorridono anche nelle peggiori calamità.

KLYNE - Veramente le statue dei vostri santi sono troppo barbute per capire se sorridono o no d’aver trovato quella felicità in cui credevano in vita.

CUNNINGHAM - Non c’è barba che possa nascondere un sorriso, se esso nasce dal cuore.

KLYNE - Chiedo scusa, non avevo intenzione di offendervi. (cambiando tono) E adesso vorrei parlarvi dell’altro motivo della mia visita.

CUNNINGHAM - Ah, ce n’è dunque un altro…

KLYNE - Sì, un conflitto di giurisdizione che potremo risolvere amichevolmente… Si tratta del caso Smits.

CUNNINGHAM - (in guardia) Il caso Smits?

KLYNE - Sono due coniugi. Brave persone. Lui è protestante ed appartiene a me, lei è cattolica ed appartiene a voi…

CUNNINGHAM - (sorridendo) A me? Alla chiesa di Cristo, vorrete dire…

KLYNE - Beh, è lo stesso. Dunque, fra i due regnava un perfetto accordo finché è nato un bimbo… La donna vorrebbe battezzarlo, il marito si oppone.

CUNNINGHAM - (semplice) Perché?

KLYNE - Perché non ritiene opportuno forzare una scelta che un giorno il bimbo, diventato adulto, potrà fare liberamente. Io la trovo una decisione saggia.

CUNNINGHAM - (semplice) Ed io no.

KLYNE - Naturale che siate di parere opposto. Il fatto è che il marito è deciso ad abbandonare il tetto coniugale se la moglie battezza il bambino… Perciò dovete convincere la donna a rimandare il battesimo.

CUNNINGHAM - (alzandosi) Credo che dovrò pregarvi di porre fine al nostro colloquio.

KLYNE - (restando seduto) Non siate impaziente. Riflettete prima di decidere.

CUNNINGHAM - Ho già deciso. Andrò io stesso dalla donna a battezzare il bimbo.

KLYNE - Devo avvertirvi che in tal caso il marito si imbarcherà sulla prima nave in partenza per l’Australia. E questo significherà per la donna ed il bambino… la fame.

CUNNINGHAM - Le leggi inglesi sono abbastanza buone per raggiungere un uomo anche in Australia.

KLYNE - Forse, ma non per ricondurre l’affetto nel cuore di un marito.

CUNNINGHAM - Allora la donna potrà dirsi fortunata di aver perduto un marito indegno del suo affetto.

KLYNE - (alzandosi irritato) Quell’uomo è un buon cittadino perché difende la fede dei suoi padri.

CUNNINGHAM - Lo stesso può dirsi della donna.

KLYNE - No. La donna è una straniera. La sua fede non è nata qui.

CUNNINGHAM - Dottor Klyne, non ci sono stranieri nel Regno di Cristo. E un tempo la Scozia e la stessa Inghilterra furono cattoliche.

KLYNE - Purtroppo. Ma per nostra fortuna quel tempo è solo un ricordo storico.

CUNNINGHAM - (con forza) È una certezza. Perché un giorno l’Inghilterra guarirà dall’errore presente e tornerà alla chiesa di Roma.

KLYNE - E quando avverrà questa conversione?

CUNNINGHAM - Fra cento, mille e forse anche diecimila anni. Perciò sedetevi.

KLYNE - Fate bene a non impegnarvi per una data troppo vicina. Così né io né voi saremo qui per controllarla.

CUNNINGHAM - (indicando il cielo) Controlleremo di lassù, purché il buon Dio abbia la forza di sollevare anche voi fino a lui.

KLYNE - (in tono di sfida) Ritenete che io sia troppo pesante per le braccia del buon Dio?

CUNNINGHAM - (considerandolo) La bontà di Dio non ha limiti.

KLYNE - (scattando) Parroco Cunningham, sono venuto da voi con animo ben disposto. Cercavo un terreno d’intesa per lavorare in buon accordo per il bene delle anime. Mi rispondete con una dichiarazione di guerra. Non vi meraviglierete se passerò all’offensiva.

CUNNINGHAM - Non mi sono mai illuso sulle vostre intenzioni pacifiche.

KLYNE - E per cominciare, non permetterò che quell’innocente venga battezzato contro il volere del padre.

CUNNINGHAM - E io lo battezzerò, dovessi mettermi contro tutto l’episcopato anglicano.

KLYNE - (più forte) Ed io vi porterò via ad uno ad uno tutti i vostri fedeli.

CUNNINGHAM - Quand’anche mi rimanessero un pugno di uomini, mi ricorderò che gli apostoli furono soltanto dodici e bastarono.

KLYNE - Bene. Io vi ho avvertito.

CUNNINGHAM - Ed io ne ho preso nota.

KLYNE - (secco) Buongiorno.

CUNNINGHAM - Buongiorno.

KLYNE - (fa per uscire, ma sulla porta incontra la signorina Flaherty che sta entrando. I due si fissano senza salutarsi. Nessuno dei due vuole cedere il passo all’altro finché Klyne, autoritario, dice) Prego, lasciatemi il passo.

FLAHERTY - (non può fare a meno di scansarsi e Klyne esce in fretta; confusa e irritata grida dietro a Klyne) Botte di sego! Otre ripieno!

CUNNINGHAM - (con tono di rimprovero) Signorina!

FLAHERTY - (non badandogli, sempre rivolta alla porta da cui è uscito Klyne) Tacchino farcito!

CUNNINGHAM - (più forte) Signorina!

FLAHERTY - (risalendo la scena) Oh, mi sono sfogata.

CUNNINGHAM - Non è da cristiani abbandonarsi all’ira.

FLAHERTY - Ho semplicemente chiamato quel grassone con gli epiteti che si merita. Nessuno lo conosce meglio di me.

CUNNINGHAM - Sì, lo so, eravate protestante.

FLAHERTY - Ero la sua fidanzata.

CUNNINGHAM - Ahi!

FLAHERTY - Che c’è di strano? Lo piantai quando mi accorsi che voleva bene solo ai miei soldi.

CUNNINGHAM - Non fu una crisi di coscienza?

FLAHERTY - In un certo senso…

CUNNINGHAM - E siete sicura che non avrete un’altra crisi?

FLAHERTY - Certissima. Quell’uomo lo detesto, ormai. (altro tono) Sono venuta per incarico delle Figlie di Maria. Devo parlarvi.

CUNNINGHAM - Vi ascolto.

FLAHERTY - (restando in piedi) Grazie, si tratta di questo. Due strade più giù abita una ragazza che è di scandalo a tutti. Abbiamo deciso di farla espellere dalla città. Perciò noi, Figlie di Maria, abbiamo fatto il giro del quartiere facendo firmare una petizione da inviare al sindaco. Hanno firmato tutti, ecco qua. (trae dei fogli dalla borsetta) Manca solo la firma del parroco. E poiché il parroco siete voi…

CUNNINGHAM - (prendendo i fogli) …dovrei firmare…

FLAHERTY - Sì. Semplice formalità.

CUNNINGHAM - (esaminando i fogli) Avete ottenuto un vero plebiscito contro quella ragazza.

FLAHERTY - Per forza. La sua condotta è una vergogna pubblica. Vende il suo corpo a chiunque lo voglia.

CUNNINGHAM - (candido) Dev’essere bella.

FLAHERTY - (sorpresa) Come?

CUNNINGHAM - Dico che dev’essere bella per trovare tanti clienti.

FLAHERTY - (sdegnata) padre, ma si tratta di una sgualdrina!

CUNNINGHAM - Sì. Sì, è scritto qui.

FLAHERTY - Allora, firmate?

CUNNINGHAM - (restituendo i fogli) Naturalmente, no.

FLAHERTY - (soffocata dall’indignazione) Voi non volete che si agisca contro quella ragazza…?

CUNNINGHAM - Dovrà restare almeno qualcuno a difenderla, visto che le siete tutti nemici.

FLAHERTY - Così voi non la condannate?

CUNNINGHAM - Cristo non condannò l’adultera. Come posso farlo io che sono un semplice parroco? Vi posso però promettere una cosa: manderò a chiamare quella ragazza e le parlerò.

FLAHERTY - Non verrà. Il demonio la possiede.

CUNNINGHAM - Allora andrò io da lei.

FLAHERTY - Non potete farlo. Sarebbe un’offesa per tutte le donne oneste del quartiere.

CUNNINGHAM - Signorina Flaherty, quello che devo fare lo so benissimo da me. In quanto poi alle buone signore di sui mi parlate, mi sembra che non siano tanto buone se si accaniscono contro una ragazza sola ed indifesa.

FLAHERTY - (sostenuta) Padre, mi dispiace, ma dovrò riferire questa conversazione a Sua Eccellenza, il vescovo.

CUNNINGHAM - Oh, fatelo pure… Sue Eccellenza riceve tante lettere… una di più…

FLAHERTY - Non gli scriverò. Andrò io stessa ad esporgli i fatti.

CUNNINGHAM - Oh, dimenticavo che siete tanto ricca da potervi permettere qualunque viaggio. Giacché andate dal vescovo, potete riferirgli che non siete più la presidentessa delle Figlie di Maria?

FLAHERTY - Come…? Io non sarei più…

CUNNINGHAM - (dolce) È bene che un’associazione cattolica non sia presieduta da una donna tanto ricca… potrebbe sembrare fatto apposta.

FLAHERTY - (furente) Io non mi dimetto.

CUNNINGHAM - (sempre cordiale) Non c’è bisogno che vi dimettiate. Vi esonero. Semplicemente.

FLAHERTY - Ricorrerò al vescovo, e se occorre a Sua Eminenza il cardinale.

CUNNINGHAM - Oh, per me potete ricorrere anche a Sua Santità il Papa. Ma finché il parroco qui sono io, la giurisdizione di qualsiasi associazione di fedeli spetta a me.

FLAHERTY - (minacciosa) È quel che vedremo!

CUNNINGHAM - (ironico) A meno che non otteniate una riforma della gerarchia della chiesa. Il che potrebbe anche avvenire, ma vi avverto che ci vuole un concilio, cioè che tutti i vescovi del mondo si riuniscano per decidere. Ma io ho l’impressione che tutte quelle brave persone in questo momento siano troppo occupate per fare un lungo viaggio solo per voi…

FLAHERTY - (fuori di sé, non riesce quasi a parlare) Io… vi farò vedere chi sono…

CUNNINGHAM - Vi prego non gridate. Nessuna donna è graziosa quando urla.

FLAHERTY - (gridando ancora più forte) Ah! Mi avete insultata!

CUNNINGHAM - (stupito) Io?!

FLAHERTY - Sì! Avete detto che sono brutta. Sapevo che gli inglesi sono poco galanti, ma non sapevo che fossero addirittura maleducati! (entra Pietro in fretta, allarmato)

PIETRO - Padre, che succede? Ho sentito gridare.

CUNNINGHAM - (a Pietro) Nulla, è la signorina che prende congedo da me.

FLAHERTY - (esplodendo) Ah, questo è troppo. Vi pentirete di avermi offesa. E dovrete chiedermi scusa prima di quanto pensiate. (esce in fretta, furente)

PIETRO - Padre, cominciamo male. Non è nemmeno un’ora che siete arrivato e già vi siete fatti nemici il pastore e la zitella. Come camperemo più in pace, adesso?

CUNNINGHAM - Chi ti ha detto che io voglio vivere in pace? Un sacerdote di Cristo è sempre in guerra contro il peccato. E finché ci sono peccati nel mondo noi siamo sempre in battaglia. Ogni minuto. Ovunque. Costi quel che costi. Perciò, va’ a prendere la stola e la cotta. Abbiamo da fare.

PIETRO - (perplesso) La stola? E perché?

CUNNINGHAM - Andiamo a battezzare il figlio dei coniugi Smits.

PIETRO - (spaventato) Padre, chiedetemi qualunque altra cosa, ma questa no.

CUNNINGHAM - Sei o non sei il sagrestano? Dunque, ubbidiscimi.

PIETRO - (risoluto) Non vengo, padre. Gli Smits abitano in un quartiere di marinai. E i marinai sono svelti di mano. Noi cattolici, poi, non ci possono vedere.

CUNNINGHAM - (squadrandolo) Dunque, hai paura.

PIETRO - Voi non conoscete il signor Smits. È un uomo il doppio di voi. E per nulla va in collera. Figuratevi quando scopre che battezziamo il bambino di nascosto.

CUNNINGHAM - Chi ti dice che io voglia battezzarlo di nascosto?

PIETRO - Come? Volete affrontare il signor Smits? Non ci vengo.

CUNNINGHAM - Bene. Ci andrò da solo. Ma ti avverto che di un sagrestano pusillanime non so che farmene.

PIETRO - (querulo) Io ho moglie e figli, padre. E da sei mesi qui non prendo un soldo. Non vi pare abbastanza che io rinunzi al mio stipendio per la gloria di Dio, senza dovermi far pestare le ossa per un piccino che può aspettare qualche giorno a prendere l’acqua santa?

CUNNINGHAM - Hai ragione. Tu puoi aspettare. Ma il piccino non può aspettare. Dammi la stola.

PIETRO - Come volete. Io vi ho avvertito. (si avvia, ma si ferma sorpreso perché vede entrare Cinthya, una bella ragazza sui venticinque anni, vestita in modo sfacciato e violentemente truccata. Cinthya viene avanti decisa, con atteggiamento spavaldo, ma poi si ferma confusa perché vede che il prete la fissa sorridendo. Pietro torna subito indietro, irritato) Che volete voi, qui? Uscite, svergognata.

CUNNINGHAM - (duro) Pietro, son parole da rivolgere ad una ragazza?

PIETRO - (scoppiando in una risata) Ragazza, quella lì? Ma voi, padre, non sapete chi è! Figuratevi che tutti la chiamano “taxi” perché chiunque la vuole… può…

CINTHYA - (a Pietro a mezza voce) Carogna!

PIETRO - La sentite? (a Cinthya) Fuori di qui!

CUNNINGHAM - (duro) Pietro, gli ordini qui li do io, tu non sei che il sagrestano. Perciò va’ a prendermi la stola e la cotta.

PIETRO - Ma io volevo avvertirvi…

CUNNINGHAM - (interrompendolo) La stola e la cotta, ho detto.

PIETRO - Vado, vado. Ma cosa mi tocca di vedere. (esce brontolando)

CUNNINGHAM - Figliola, posso esservi utile in qualche cosa?

CINTHYA - (scoppiando in una sonora risata volgare) Voi a me? Ma fatemi il piacere! Sono io che sono venuta per aiutarvi.

CUNNINGHAM - Voi? Benissimo. Ma che genere di aiuto volete darmi?

CINTHYA - Un semplice avvertimento. Il mio amico mi manda a dirvi che, se mettete la vostra firma sotto la petizione delle Figlie di Maria per farmi cacciare dalla città, egli verrà qui a rompervi la faccia.

CUNNINGHAM - (tranquillo) Interessante. Ha detto proprio così?

CINTHYA - (un po’ smontata) Testuale.

CUNNINGHAM - Grazie del consiglio.

CINTHYA - (fiera) È stato campione di lotta libera per due anni consecutivi.

CUNNINGHAM - Campione nazionale?

CINTHYA - No. Della città…

CUNNINGHAM - (deluso) Allora non posso incontrarlo.

CINTHYA - Vi fa paura, eh!

CUNNINGHAM - No. Temerei di fargli male.

CINTHYA - (ridendo forte) Ah, questa sì che è bella! Voi a lui?

CUNNINGHAM - (semplice) Sì, perché lui è soltanto un campioncino, mentre io ho vinto il campionato di lotta giapponese quando ero nelle missioni di Hong Kong.

CINTHYA - Volete prendermi in giro?

CUNNINGHAM - Affatto. Devo avere da qualche parte il diploma. Comunque, questa è la medaglia che mi dettero. Guardate. (tira fuori una catenina d’argento con medaglietta che porta al collo)

CINTHYA - (osservando incuriosita la medaglia) Ma che lingua è?

CUNNINGHAM - Cinese. Dice: “Al reverendo Cunningham, maestro di ju-tsu… (assume svelto un atteggiamento di lottatore) …gli ammiratori sconfitti di Hong Kong”. (ricomponendosi) Capite, sconfitti! Questa sì che è lealtà sportiva!

CINTHYA - (considerando con interesse Cunningham) Siete uno strano tipo di prete.

CUNNINGHAM - Me l’hanno già detto. Forse dipende dal fatto che sono stato ventidue anni missionario in Cina.

CINTHYA - Sì, dev’essere così. Non avete la mutria dei vostri colleghi.

CUNNINGHAM - Beh, complimento per complimento, posso dirvi che siete una bella figliola?

CINTHYA - (lusingata) Davvero?

CUNNINGHAM - Sì. E lo sareste ancora di più se non vi impiastricciaste la faccia con tutti quei colori.

CINTHYA - Nemmeno a me piace andare in giro truccata come una bambola… ma devo farlo perché… (confusa) …forse non avete capito bene chi sono.

CUNNINGHAM - Per me siete una sorella di Cristo.

CINTHYA - Una sorella? Mi chiamano tutti “taxi”, non avete sentito?

CUNNINGHAM - Il nome è solo quello che riceviamo col battesimo. Siete cattolica, vero?

CINTHYA - Cattolica? Non lo so più. Ma battezzata lo sono di sicuro. Altrimenti quelle vecchie scimmie delle Figlie di Maria non mi odierebbero tanto. Figuratevi che mi hanno perfino proibito di entrare in chiesa. Non che io tenga a venirci, intendiamoci. Ma sapete… quando una cosa è proibita è proprio allora che si desidera farla.

CUNNINGHAM - Adesso ci sono io… e se vi salta il ticchio, passando, di entrarci non fate complimenti. (sulla porta appare Pietro con la cotta e la stola; si ferma stupito ad ascoltare)

CINTHYA - Grazie, ma ne faccio a meno. Il sagrestano mi ha cacciato, una volta.

CUNNINGHAM - (minaccioso) Vorrei vedere che lo facesse ancora. (Pietro scompare)

CINTHYA - ehi, non vi metterete in mente di redimermi… si dice così?

CUNNINGHAM - Perché? Mi sembrate abbastanza soddisfatta della vostra… professione. Deve rendervi molto.

CINTHYA - Molto? Oh, no, c’è troppa concorrenza dopo la guerra. Adesso ci si sono messe anche le signore per bene che lo fanno gratis.

CUNNINGHAM - (serio) Capisco.

CINTHYA - (grave) Eh sì, è un mestiere faticoso… ma non ne conosco altri.

CUNNINGHAM - Quanto ne cavate fuori per settimana?

CINTHYA - (tono d’affari) In media… quattro o cinque sterline. (fiera) Ma quando arriva la flotta posso mettere insieme fino a dieci sterline.

CUNNINGHAM - Se trovaste da guadagnare la stessa somma senza… strapazzarvi tanto, accettereste di cambiare lavoro?

CINTHYA - (ridendo) Siete pazzo? Chi credete che offra del lavoro a me?

CUNNINGHAM - (semplice) Io.

CINTHYA - Voi? Volete prendermi in giro?

CUNNINGHAM - Vi offro un impiego stabile con lo stipendio settimanale di dieci sterline, proprio come se lavoraste per la flotta.

CINTHYA - (diffidente) Di che lavoro si tratta? Una cosa pulita, immagino.

CUNNINGHAM - Oh sì. La presidenza dell’associazione delle Figlie di Maria.

CINTHYA - (in collera) Sentite, ringraziate il cielo che siete un prete, altrimenti io…

CUNNINGHAM - Rifiutate?

CINTHYA - Non mi piace la gente che si burla di me. Qualcuno che l’ha fatto se n’è pentito.

CUNNINGHAM - La mia offerta è serissima. Se accettate, domani annuncio la vostra nomina sul bollettino parrocchiale. Pensateci. Si tratta di dieci sterline. E adesso scusatemi, ma ho da fare. (si avvia)

CINTHYA - Ehi, un momento. Avete detto dieci sterline?

CUNNINGHAM - Anticipate. Ecco qua. (tira fuori stentatamente dalla tasca una banconota)

CINTHYA - (avvicinandosi ad osservarla) Sembra vera.

CUNNINGHAM - (con un sospiro) Mia cara, vorrei averne un bel mucchio di queste qui.

CINTHYA - (allegra) Mettereste proprio me al posto della signorina Flaherty?

CUNNINGHAM - Certo. Sono o non sono il parroco?

CINTHYA - (confidenziale) Dite la verità, siete un po’ picchiatello?

CUNNINGHAM - (stesso tono) In confidenza, temo di sì. Ma forse non si può servire ciecamente il buon Dio senza un pizzico di follia. Allora, vi va la mia offerta?

CINTHYA - Mi piacerebbe vedere la faccia di quelle scimmie quando si trovassero a dipendere da me. Oh, le farei rigar dritto, potete star certo! Perché, anche se vengono in chiesa a battersi il petto, non crediate che siano specchi di virtù, oh no!

CUNNINGHAM - (fingendosi interessato) Davvero?

CINTHYA - Ma sicuro! So tante cose sul loro conto, io, raccontatemi dai loro mariti quando vengono a trovarmi, che se comincio a parlare…

CUNNINGHAM - (in fretta, impressionato) Beh, queste rivelazioni sarà meglio lasciarle lì.

CINTHYA - (battagliera) Perché, se mi stuzzicano…

CUNNINGHAM - No. Come presidentessa avete l’obbligo di essere di esempio alle altre… almeno per dimostrare che non siete da meno di loro.

CINTHYA - (piccata) Credete che se mi metto a fare la donna onesta io non ci riesca? Ci vuol così poco… La virtù non è faticosa quando si ha di che vivere… Ma provassero un po’ quelle vecchie bacucche a ricevere ogni giorni dieci marinai ubriachi ed esigenti!

CUNNINGHAM - (ridendo) Beh, questo consiglio sarà meglio non darglielo. Non si sa mai…

CINTHYA - (ridendo) Ne ho conosciuti dei mattacchioni, ma un tipo come voi non l’avevo ancora incontrato. (dà un colpetto sulle spalle di Cunningham)

CUNNINGHAM - (ritirandosi) Contegno! Io non sono la flotta…

CINTHYA - Scusate… l’abitudine…

CUNNINGHAM - Certe abitudini adesso dovreste dimenticarle. (si ode un fischio lacerante dalla strada)

CINTHYA - (turbata) Oh, il mio amico. Non ci pensavo più.

CUNNINGHAM - Vi chiama come se foste un cane.

CINTHYA - Oh, sapeste come lo odio, a volte!

CUNNINGHAM - E perché ci andate insieme?

CINTHYA - perché nel mestiere abbiamo bisogno di qualcuno che ci protegga. Fra tanti tipi che riceviamo capitano spesso dei prepotenti… e una donna sola, come se la caverebbe?

CUNNINGHAM - Non vorrete condurre il vostro amico alle adunanze delle Figlie di Maria… Non credo che avrebbe successo!

CINTHYA - (ridendo) Non ho ancora accettato e voglio pensarci su.

CUNNINGHAM - Avete ventiquattro ore per pensarci. Domani devo annunciare la nuova presidentessa.

CINTHYA - (avviandosi) Chissà come rimarrà il mio amico se gli do il benservito. (fermandosi) Ah, dimenticavo. Le dieci sterline.

CUNNINGHAM - Eh no. Lo stipendio viene pagato solo con l’assunzione in servizio.

CINTHYA - Ma quelle sterline sarebbero l’unico argomento per convincere il mio amico.

CUNNINGHAM - (perplesso) Davvero?

CINTHYA - Sì, non c’è che il danaro per impressionarlo.

CUNNINGHAM - (con un sospiro) In tal caso… (le dà la banconota)

CINTHYA - (prendendola) Oh, se tutti i preti fossero come voi. Avete un modo di dire le cose… che ci si sente… (si ferma)

CUNNINGHAM - Siete turbata? Buon segno. Vedete… (prende un campanello sul tavolo e lo suona) … la presenza di Dio è come un campanellino che continua a suonare dentro di noi. Ma gli uomini sono troppo occupati ad ascoltare i rumori del mondo per badare a quel tintinnio garrulo e discreto. Ma prima o poi viene il giorno in cui sentiamo dentro… din-din… din-din… (suona ancora) Da quel momento tutto sembra più allegro, più bello… din-din… din-din… (una pausa; Cinthya non sa che fare; appare Pietro, stupito)

PIETRO - Mi avete chiamato, padre?

CINTHYA - (d’improvviso) È meglio che me ne vada. La faccia di quell’uomo mi indispone. (esce)

PIETRO - (continua a guardare perplesso Cunningham, il quale si rovescia malinconicamente la tasca da cui ha tratto la banconota che ha dato a Cinthya. La fodera rivela che la tasca è vuota) Le avete dato tutto il denaro che avevate?

CUNNINGHAM - (sospirando) I risparmi di due anni.

PIETRO - Che sciocchezza! Andrà a berseli con il suo…

CUNNINGHAM - Ma allora tu hai ascoltato tutto?

PIETRO - (confuso) Non l’ho fatto apposta.

CUNNINGHAM - (sorridendo) Ah, Pietro, Pietro… non so se potrò fidarmi di te…

PIETRO - (facendosi forza) Sono io che non so se potrò fidarmi di un parroco come voi!

CUNNINGHAM - Cosa?

PIETRO - Sì. Non ho ancora capito se siete un… (fa il gesto di chi è pazzo) …o un santo!

CUNNINGHAM - Dammi la cotta.

PIETRO - (gli passa la cotta aiutandolo ad infilarsela) Eh sì… il pappagallo, il campanello, le dieci sterline. E poi la nomina di “taxi” a presidentessa.

CUNNINGHAM - Non approvi la scelta?

PIETRO - No.

CUNNINGHAM - È al buon Dio che deve piacere, non a te.

PIETRO - Ed infine, quella storia dello ju-tsu. (fa il segno della lotta) Un parroco campione di lotta giapponese!

CUNNINGHAM - (tirando fuori la medaglia dal petto) Qui è scritto: “Al reverendo Cunningham, in ricordo dei suoi anni di missione ad Hong Kong”.

PIETRO - (stupefatto) Ma allora… avete mentito!

CUNNINGHAM - Sì, Pietro. Ma a fin di bene. Spero che Dio mi perdonerà. E adesso ti saluto, vado a battezzare quel piccino.

PIETRO - (sempre brontolando) Vi faranno la pelle. Io vi ho avvertito.

CUNNINGHAM - Che importa? Tanto tu non mi accompagni. (si è infilata la cotta e la stola) Addio, Pietro. (allegro) Fra poco su un bimbo scenderà la grazia di Dio. Un cattolico in più in Scozia, piaccia o no al pastore Klyne. (si avvia)

PIETRO - (rincorrendolo) Ehi, aspettate.

CUNNINGHAM - (fermandosi) Che c’è?

PIETRO - Vengo anch’io. Quando si tratta di fare un dispetto al pastore Klyne, io ci sto sempre. (si ode la voce rauca di Filippo che grida)

FILIPPO - Amen!

CUNNINGHAM - Senti? Non ti ho detto che Filippo parla sempre a proposito? Oh, se gli uomini facessero altrettanto! (i due escono)

ATTO SECONDO

QUADRO PRIMO

Stessa scena del primo atto, una settimana dopo. Pomeriggio inoltrato. Alla fine del quadro farà sera. A sipario chiuso si ode un coro festoso di bambini che continuerà anche quando l’atto avrà inizio, fino all’ingresso di Cunningham. Levatosi il sipario, per un momento scienza vuota, dominata dal coro che si ode più forte. Vicino alla finestra è appesa la gabbia con Filippo. Entra un gendarme con un foglio tra le mani. Si guarda intorno e, non vedendo nessuno, chiama.

GENDARME - C’è nessuno? (non avendo risposta, gira per la scena, si affaccia alla porta, infine scorge il campanello sul tavolo e lo scuote vigorosamente finché non appare Pietro)

PIETRO - Ehi, posate quel campanello, serve per le funzioni.

GENDARME - (eseguendo) Credevo stesse qui per i visitatori.

PIETRO - Quando si va in cassa d’altri ci si informa sugli usi del padrone di casa. (sprezzante) Ma già… voi siete protestante.

GENDARME - Cerco il reverendo Cunningham.

PIETRO - È in chiesa, non sentite? Sta istruendo il coro dei bimbi.

GENDARME - Devo appunto consegnarli qualcosa. (indica il foglio)

PIETRO - Potete lasciarlo a me.

GENDARME - No. È roba personale. Aspetterò. (passeggia)

PIETRO - Ehi, non potete aspettare da fermo? Ho appena dato la cera al pavimento.

GENDARME - (fermandosi) Un po’ di rispetto. Io rappresento il re!

PIETRO - Qui regna un re che è al di sopra di tutti i re. Perciò siete voi che mi dovete rispetto.

GENDARME - (ridendo) Rispetto ad uno spegnimoccoli?

PIETRO - Nell’esercizio delle mie funzioni sono un pubblico ufficiale come voi.

GENDARME - (ironico) Così dovrei chiamarvi collega.

PIETRO - No. Mi offenderei. (appare Cunningham in cotta e stola)

CUNNINGHAM - Pietro, perché gridi? Oh, buon giorno, signor gendarme. Volete confessarvi?

GENDARME - (con sdegno) Eh?! Io non sono cattolico.

CUNNINGHAM - Potreste diventarlo.

GENDARME - Mai. (gli dà il foglio) Tenete.

CUNNINGHAM - Cos’è?

GENDARME - Una citazione. Dovrete comparire domattina dinanzi alla Corte Penale del Distretto.

CUNNINGHAM - Di che cosa sono imputato?

GENDARME - Lesa maestà. (leggendo) Sembra che abbiate cambiato le parole dell’inno nazionale “Dio salvi il re” in “Dio salvi la Scozia” e abbiate indotto i bambini a cantarlo.

CUNNINGHAM - Tutto qui?

GENDARME - Potete buscarvi fino a dieci sterline di ammenda.

CUNNINGHAM - Dieci sterline per quattro parole? Più di due sterline a parola? Costa molto meno al telegrafo.

GENDARME - (traendo un altro foglio) C’è anche un’ingiunzione di pagamento. Pare che questa chiesa sia costruita su terreno della signorina Flaherty e da tre anni nessuno le paghi l’affitto.

CUNNINGHAM - Io sono qui solo da una settimana.

GENDARME - L’ingiunzione è contro la parrocchia. E poiché ora il parroco siete voi, tocca a voi pagare.

CUNNINGHAM - (cauto) Quant’è il debito?

GENDARME - Cinquantadue sterline, sei scellini e otto pence.

CUNNINGHAM - Credo di avere gli otto pence. Non bastano, vero?

GENDARME - No. Avete tre giorni di tempo, altrimenti sarete sfrattato.

CUNNINGHAM - Sfrattare la chiesa di Dio!

GENDARME - È la legge.

FILIPPO - (dalla gabbia) Perché?

GENDARME - Perché il creditore ha diritto a… (fermandosi) Chi ha parlato?

CUNNINGHAM - Filippo. (Indica il pappagallo)

GENDARME - (scandalizzato) Un pappagallo che mette bocca nei discorsi seri!

CUNNINGHAM - Scusate, ma io tengo all’opinione di Filippo. È difficile che sbagli.

FILIPPO - Amen!

CUNNINGHAM - (a Filippo) Così sia.

GENDARME - (indietreggia impressionato) E voi… voi gli rispondete anche.

CUNNINGHAM - Perché non dovrei? Sono venticinque anni che parlo con Filippo, anche se lui dice solo due parole.

GENDARME - Sì… sì… me l’avevano detto che eravate un po’ strano. (esce in fretta inciampando)

PIETRO - (abbattuto) E adesso che facciamo?

CUNNINGHAM - Non ci resta che mettere tutto nelle mani di Dio.

PIETRO - Anche il debito verso la signorina Flaherty?

CUNNINGHAM - Anche quello.

PIETRO - Temo che neanche l’onnipotente possa in questo paese trovare cinquantadue sterline in tre giorni.

CUNNINGHAM - In tal caso andremo a costruire altrove la nostra chiesa.

PIETRO - E dove? Tutti i nostri parrocchiani sono talmente poveri che spesso non posseggono nemmeno la terra per seppellire le loro ossa.

CUNNINGHAM - Quand’ero missionario, più di una volta i selvaggi bruciarono la mia chiesa. Riuscii sempre a ricostruirla più grande e più bella.

PIETRO - Padre, quelli erano soltanto dei selvaggi. Questi sono scozzesi. (dalla strada si ode un rumore di auto che si ferma e subito il suono fortissimo di un altoparlante. È una musica allegra, quasi di jazz. Pietro va alla finestra) È l’auto del pastore. Viene apposta con l’altoparlante sotto le nostre finestre.

CUNNINGHAM - (va a sedere alla scrivania) Pietro, la strada è di tutti.

PIETRO - Ecco. Viene a parlare a quei quattro sfaccendati.

CUNNINGHAM - (scrivendo) Chiudi la vetrata. (Pietro esegue, la musica cessa. Nel silenzio si sente fortissima la voce del pastore)

KLYNE - (fuori) Scozzesi, è il vostro beneamato pastore che viene fino a voi per portarvi la buona novella. Ascoltatelo.

CUNNINGHAM - (smettendo di scrivere) È inutile. Ha una voce da giudizio universale. Riapri la vetrata. (Pietro riapre la finestra. Cunningham sta in ascolto)

KLYNE - Amici, chiunque di voi interverrà questa sera al mio sermone avrà diritto ad un biglietto gratuito della lotteria di Natale.

FILIPPO - Buffone! (subito un gran silenzio nella strada)

CUNNINGHAM - (alzandosi impressionato) Oh Dio! Filippo ha parlato!

PIETRO - Ma non conosceva solo due parole?

CUNNINGHAM - Infatti! Chi può avergli insegnato la terza? (fissa Pietro)

PIETRO - io non ho mai parlato con Filippo, ve lo giuro. (dalla strada voci concitate sempre più forti) Attenzione. Il pastore viene qui. Sembra scatenato.

CUNNINGHAM - Oh Dio! Ci mancava anche questa! Presto, porta via Filippo! (Pietro prende la gabbia ed esce. Quasi subito entra Klyne, è furente)

KLYNE - (parandosi minaccioso davanti a Cunningham) Ah, sapevo di trovarvi qui. Dunque per voi sarei un buffone?

CUNNINGHAM - È solo un opinione di Filippo.

KLYNE - Finiamola. Un pappagallo non è un essere raziocinante. Dunque, non ha opinioni. Siete stato voi ad istigare quell’ignobile pennuto ad insultarmi. A proposito, dov’è?

CUNNINGHAM - È uscito un momentino.

KLYNE - Non ho intenzione di lasciare quell’insulto impunito. Presenterò querela per vilipendio ad un ministro del culto.

CUNNINGHAM - Vi chiedo scusa a nome di Filippo.

KLYNE - Non le accetto. Sono stato offeso pubblicamente ed esigo che il tribunale stabilisca se il volatile ha agito di sua iniziativa o se ha ripetuto parole vostre. A meno che non gli tiriate il collo ora, dinanzi a tutti.

CUNNINGHAM - Non posso. Gli voglio bene. Stiamo insieme da venticinque anni.

KLYNE - Allora andrete in prigione. Così finirete di gettare discredito sulla mia chiesa.

CUNNINGHAM - Non capisco a cosa alludete.

KLYNE - A quel cartello che avete messo sulla porta della vostra parrocchia.: “Entrate. Dio vi attende qui e non nella chiesa di fronte”.

CUNNINGHAM - È la verità.

KLYNE - E voi, allora, perché ci venite nella mia chiesa? Ieri vi ho visto entrare.

CUNNINGHAM - Sono venuto a pregare.

KLYNE - In una chiesa presbiteriana? E non avete la vostra?

CUNNINGHAM - Ieri era la festa di Sant’Agostino.

KLYNE - E con questo?

CUNNINGHAM - Molti secoli fa, la vostra chiesa era cattolica ed intitolata appunto a Sant’Agostino. Ieri mi è parso giusto venire a pregare il Santo di riprendersela.

KLYNE - E me lo dite in faccia.

CUNNINGHAM - Perché ve ne preoccupate, visto che voi protestanti non credete ai santi?

KLYNE - È comunque un’intrusione sleale. io non vengo a pregare nella vostra chiesa.

CUNNINGHAM - Potete venirci. L’ingresso è libero a tutti.

KLYNE - Insomma, sembra che lo facciate apposta ad attraversarmi la strada.

CUNNINGHAM - Dottor Klyne, siete voi che tentate di mettervi sulla strada di Dio.

KLYNE - (ambiguo) La strada di Dio conduce forse fino al porto?

CUNNINGHAM - Non capisco.

KLYNE - Davvero? Non vi risulta che la presidentessa delle Figlie di Maria la notte bazzichi la zona del porto?

CUNNINGHAM - (colpito) Cinthya?

KLYNE - Già. Cinthya. Ex “taxi”.

CUNNINGHAM - Non vi credo. Cinthya è diventata una ragazza per bene.

KLYNE - Mi dispiace deludervi… ma ho le prove che tre dei miei fedeli sono stati avvicinati e… adescati dalla vostra Cinthya fra le banchine del porto.

CUNNINGHAM - Non vi credo.

KLYNE - Ho i testimoni.

CUNNINGHAM - Che? Pensate forse di diffondere la notizia?

KLYNE - Naturalmente. Sarà un formidabile argomento di propaganda contro di voi. La pecorella smarrita torna a fuggire dall’ovile. (ridendo) Ah, ah! Una bella lezione di umiltà per la vostra presunzione di catechizzare tutto il mondo.

CUNNINGHAM - Non lo farete. È un’azione indegna di voi.

KLYNE - Vi avevo avvertito di non mettervi contro di me. Adesso sono io che segno un punto al mio attivo.

CUNNINGHAM - Vi prego. Vorrei restar solo.

KLYNE - Con piacere. (si avvia) La presidentessa delle Figlie di Maria che passa le notti con i marinai! Un vero infortunio spirituale per voi, reverendo. (esce. Cunningham resta abbattuto sulla scrivania)

PIETRO - (fa capolino a spiare, poi, accortosi che Klyne è uscito, rientra. Ha la gabbia con Filippo che va ad appendere alla finestra) La voce del pastore rende nervoso Filippo. Chissà perché! (accorgendosi dell’umore di Cunningham) Che avete padre? Non state bene?

CUNNINGHAM - Niente, niente. Un po’ di stanchezza.

PIETRO - Dovreste prendervi un po’ di riposo. Dacché siete qui non vi siete fermato un attimo. Le prediche, il catechismo, il coro, le confessioni, i vespri, le riunioni… È una girandola, io non ce la faccio più a tenervi dietro!

CUNNINGHAM - Tu puoi riposare, se vuoi. Io no. (si alza. Entrano Smuts, il droghiere e Brown, il postino. Sugli abiti abituali indossano le cotte bianche dei chierici, simbolo della loro autorità di congregati)

BROWN - Padre, tutti i consociati sono già riuniti per la predica, attendiamo voi.

CUNNINGHAM - Io ritardo un po’, stasera. Intanto voi… pregate.

SMUTS - (stupito) Ancora?

CUNNINGHAM - Di preghiere non ce n’è mai troppe.

SMUTS - Come volete. (esce)

BROWN - I ragazzi li mando via o devono cantare ancora?

CUNNINGHAM - No. Mandali via.

BROWN - Va bene. (si avvia)

CUNNINGHAM - Cinthya è in chiesa?

BROWN - (fermandosi) No, non s’è vista. Si è affacciata due volte la signorina Flaherty. Aveva un foglio in mano. Credo che stia raccogliendo firme contro di voi.

CUNNINGHAM - Quella ha la mania degli autografi. Ma è innocua. Vai pure.

BROWN - Sì, padre. (esce)

CUNNINGHAM - (a Pietro) E tu cercami Cinthya.

PIETRO - (borioso) È per lei che siete inquieto, vero?

CUNNINGHAM - Fai quello che ti ho detto.

PIETRO - Sì, reverendo. Toh, eccola. (sulla porta appare Cinthya. Veste in modo irreprensibile, non è più così truccata, ma è ugualmente molto carina, anzi forse lo è di più)

CINTHYA - Buona sera, padre.

CUNNINGHAM - Capiti a proposito. Vieni, devo parlarti.

CINTHYA - (avanzando) Sì, padre.

CUNNINGHAM - (a Pietro) Tu va’ in chiesa. Lucida i candelieri, ne hanno bisogno.

PIETRO - (rassegnato) Come volete. (esce sbirciando Cinthya)

CUNNINGHAM - (attende che sia uscito Pietro, poi) Siediti.

CINTHYA - (esegue) Ecco.

CUNNINGHAM - Guardami. Negli occhi.

CINTHYA - Sì.

CUNNINGHAM - non hai nulla da dirmi?

CINTHYA - No. Io no.

CUNNINGHAM - Pensa bene prima di rispondermi.

CINTHYA - (una pausa) Ho pensato. Niente.

CUNNINGHAM - (addolorato) Allora è molto grave.

CINTHYA - Cosa?

CUNNINGHAM - Se fossi stata tu a parlarmene per prima, avrei potuto anche essere più indulgente. Ma così… tu mi hai tolto l’ultima possibilità. (solenne) Cinthya!

CINTHYA - Padre!

CUNNINGHAM - Io ti ho accolta a braccia aperte nella chiesa perché ho avuto fiducia in te.

CINTHYA - (allegra) Cos’è? Una predica?

CUNNINGHAM - (smontato) Eh?!

CINTHYA - Sì. È tanto che speravo che mi facesse una predica tutta per me sola. Parlate così bene e sapete commuovere, voi. Ma quando sono in chiesa non posso mai stare molto attenta perché devo sorvegliare tutte le Figlie di Maria che non si distraggano; e poi, perché lo scranno della presidentessa è così alto e scomodo che vi prego di cambiarmi il posto o di darmi un cuscino.

CUNNINGHAM - Proprio del tuo posto di presidentessa, si tratta. Dovrai lasciarlo.

CINTHYA - (equivocando) Benissimo, mi seggo più in là. Non mi piace di stare più in alto delle altre Figlie di Maria. E poi voi mi avete insegnato che dinanzi al buon Dio non c’è primo né secondo.

CUNNINGHAM - Temo che non potrai più essere una Figlia di Maria.

CINTHYA - Volete mandarmi via? E perché?

CUNNINGHAM - Per la flotta.

CINTHYA - Come? Lo sapete?

CUNNINGHAM - Sì.

CINTHYA - E che ve l’ha detto?

CUNNINGHAM - Questo non ti riguarda.

CINTHYA - Peccato. Volevo farvi una sorpresa.

CUNNINGHAM - Ah sì? Bella sorpresa!

CINTHYA - Beh, se lo sapete… Tenete. (gli dà del denaro)

CUNNINGHAM - Cos’è?

CINTHYA - I soldi dei marinai. Tre sterline e due pence.

CUNNINGHAM - (respingendoli) Che?! Dovrei prendere quel sudicio denaro? Ma non ti vergogni?

CINTHYA - Lo so, non è molto. Ma è tutto quello che avevano. Neanche un centesimo di più. Ho svuotato tutte le loro tasche, stia tranquillo.

CUNNINGHAM - (alzandosi) Cinthya, questo sorpassa ogni limite.

CINTHYA - Padre, non rimproveratemi. Stanotte sceglierò meglio. Ma quei tre marinai mi parevano proprio pieni di soldi. Erano appena sbarcati. E dovevano aver preso la paga da poco, per quel che ne so. Li ho acchiappati al volo prima che entrassero nella bottega del “Topo grigio” dove Nina la rossa ed il suo uomo li avrebbero ripuliti subito.

CUNNINGHAM - Ah sì? Il topo rosso? Nina la grigia? E non sei nemmeno pentita?

CINTHYA - Pentita? E di che? Certo, tre sterline non bastano per pagare il debito della parrocchia, ma qualcosa sono. E stanotte spero di fare di più.

CUNNINGHAM - Ah! E speri anche di fare di più?

CINTHYA - Sì, se non piove.

CUNNINGHAM - Se non piove?

CINTHYA - Sì, perché se piove non si fanno abbordare. Preferiscono berseli in rhum che riscalda di più. Ma il buon Dio non farà piovere.

CUNNINGHAM - (scoppiando) Non coinvolgere Dio in queste faccende.

CINTHYA - Il buon Dio deve darmi una mano, visto che i soldi li raccolgo per Lui.

CUNNINGHAM - Cinthya. Il buon Dio ti fulminerà. Ecco tutto.

CINTHYA - Perché? Non capisco.

CUNNINGHAM - Non capisci, disgraziata? Non ti rendi conto che hai commesso il peggiore dei peccati?

CINTHYA - Quale peccato?

CUNNINGHAM - (soffocato) Hai passato la notte con dei marinai.

CINTHYA - È vero.

CUNNINGHAM - Sei tornata alla vita di prima. Tu, la presidentessa…

CINTHYA - (interrompendolo) Padre… (scoppia a piangere)

CUNNINGHAM - Piangi, piangi. Se speri di commuovermi è inutile.

CINTHYA - (fra le lacrime) Ma io non ho fatto nulla di male. Come avete potuto credere… Oh, è questa la stima che avete di me? Ed io che speravo mi diceste brava!

CUNNINGHAM - Ah, dovrei anche dirti brava! Ebbene sì, brava! Di avermi saputo ingannare così bene.

CINTHYA - Insomma, cosa posso fare perché mi crediate? Quegli uomini non mi hanno toccato nemmeno con un dito, se è questo che vi interessa.

CUNNINGHAM - Risparmiami i particolari, ti prego.

CINTHYA - Invece dovete conoscerli, visto che avete dubitato di me.

CUNNINGHAM - Insomma, io non ho pratica di queste cose, ma non mi dirai che i marinai ti hanno dato del denaro per niente!

CINTHYA - Oh, per niente no.

CUNNINGHAM - Vedi? Non vorrai dirmi che si sono trattenuti la notte a casa tua per recitare il rosario.

CINTHYA - Sapete anche questo?

CUNNINGHAM - Cosa?

CINTHYA - Del rosario.

CUNNINGHAM - Eh?!

CINTHYA - Ve l’hanno detto loro?

CUNNINGHAM - Anima di Dio, ma di che stai parlando?

CINTHYA - Del rosario che abbiamo recitato insieme.

CUNNINGHAM - (sbalordito) Tu e i marinai?

CINTHYA - sì.

CUNNINGHAM - Ma è un sacrilegio!

CINTHYA - Perché? Se l’avete detto voi stesso domenica sera alla funzione: “Andate, Figlie di Maria, e diffondete ovunque la devozione del Santo Rosario”.

CUNNINGHAM - Ma io non ho detto di andare ad adescare i marinai del porto!

CINTHYA - Perché, non sono figli di Dio anche loro?

CUNNINGHAM - Certo, ma sono protestanti.

CINTHYA - Ragione di più per avvicinarli.

CUNNINGHAM - Suscitando lo scandalo.

CINTHYA - Voi dite sempre che non dobbiamo curarci dell’opinione della gente. Ma è il giudizio di Dio che conta.

CUNNINGHAM - (disarmato) Non ripetere sempre le mie parole per giustificarti.

CINTHYA - (triste) Non credevo di fare del male. Volevo solo impedire che quei marinai sciupassero la loro paga fornicando.

CUNNINGHAM - Eh?! Cosa hai detto?

CINTHYA - Insomma, violando il sesto comandamento. Si dice così?

CUNNINGHAM - Va’ avanti.

CINTHYA - Dunque… quando ho saputo che eravate nei guai per i soldi della parrocchia mi so detta: “Come posso aiutare il parroco?”. Allora mi è venuta l’idea di scendere al porto. Come fanno ogni sera Ethel e Lucy.

CUNNINGHAM - Chi sono Ethel e Lucy?

CINTHYA - Due mie ex colleghe. Sono le più svelte a prendersi i posti migliori, quelli vicino alla passerella di sbarco di dove i marinai ti vedono subito. Litigavamo sempre per questo. Ma ieri ho pensato: “Se arrivo prima io, stanotte un paio di ragazzi li pesco, come una volta”. Invece ho dovuto rimorchiarmene tre.

CUNNINGHAM - Rimorchiare?

CINTHYA - (confusa) Oh, è il gergo. Scusate. Volevo dire… beh, non so come si può spiegare…

CUNNINGHAM - Non importa, va’ avanti.

CINTHYA - Così mi metto alla passerella e, appena vedo scendere tre tipi in gamba, faccio: “Salve, ragazzi”. “Salve”, mi fanno quelli. Io dico: “E allora, lo bevete un goccino con Cinthya?”. E loro: “Certo che lo beviamo. Dove si va, bella? Al Topo grigio?”. “No, c’è di meglio. Andiamo a casa mia”. Quelli si guardano e si danno di gomito: “Ma siamo in tre!”. Rispondo: “Beh, se non mi spavento io…”, e così siamo andati a casa.

CUNNINGHAM - (conclusivo) Dove avete passato la notte. Basta così.

CINTHYA - (ridendo) Aspettate. non è come vi hanno riferito.

CUNNINGHAM - Non vedo cosa ci sai da ridere.

CINTHYA - Penso a quei tre che mi hanno seguito sperando in chissà quali cose, e poi…

CUNNINGHAM - (con ansia) Ebbene?

CINTHYA - Da principio facevano i gradassi. Tanto che m’ero un po’ spaventata, a dir la verità. Ma appena li ho fatti bere, son diventati tre agnellini… allora ho ripreso coraggio e ho tirato fuori la chitarra.

CUNNINGHAM - La chitarra?

CINTHYA - È la mia arma segreta. Infatti, dopo la prima canzone, quei tre si erano già dimenticati perché erano venuti da me. Da quel momento tutto è diventato più facile. Tanto che poi non volevano più smettere di cantare in coro.

CUNNINGHAM - E il denaro, perché te l’hanno dato?

CINTHYA - Oh, se avessi voluto mi avrebbero dato anche gli orologi, gli anelli, tutto… Erano diventati dei bambini… potevo farne quello che volevo. È stato allora che mi hanno chiesto di sposarmi.

CUNNINGHAM - Tutti e tre?

CINTHYA - (ridendo) Tutti e tre.

CUNNINGHAM - E tu?

CINTHYA - Io… ho risposto che non era possibile perché loro erano protestanti ed io cattolica. Allora hanno voluto sapere che differenza c’era. Così siamo venuti a parlare di religione. Ed io ho attaccato a raccontare la storia dei santi, i miracoli, il significato della Messa e tutte le altre belle cose che mi avete insegnato. Se li avesse visti! Erano lì tutti a bocca aperta e mi gridavano di continuare perché era più bello che al cinematografo. E così è finita che io, stamattina alle quattro, recitavo il rosario e i tre marinai, seri seri, mi rispondevano.

CUNNINGHAM - (smarrito) Il rosario…

CINTHYA - Sì. E quando se ne sono andati, mi hanno detto che una notte così divertente non l’avevano passata nemmeno alle Hawaii. E non capivano perché gli scozzesi avessero abbandonato il cattolicesimo. Ma che ci volevano pensare su, perché la nostra è una religione molto più adatta per dei marinai, perché fa lavorare la fantasia con tutte le storie dei santi, martiri, vergini…

CUNNINGHAM - (si alza e passeggia brontolando) La fantasia…

CINTHYA - (scrutandolo) Siete in collera con me, vero? Ma io ho creduto di fare un buon lavoro.

CUNNINGHAM - (guardandola) Fantasia, la verità della Fede!

CINTHYA - Forse ho sbagliato… Ma io credo che per portare nuove anime al buon Dio non bisogna starsene con le braccia conserte ad aspettarle in chiesa. Ma dobbiamo andarle a trovare dove nessuno le cerca. Voi siete andato fino in Cina a fare il missionario tanti anni… Ma perché andare così lontano? Basta scendere qui, al porto, e anime da salvare ne trovate finché ne volete. Una parola buona, un po’ di tenerezza… la gente non aspetta altro. Prendete me, per esempio: se il caso non mi avesse portato da voi, cosa sarei adesso?

FILIPPO - Amen!

CINTHYA - (semplice) Ciao, Filippo.

CUNNINGHAM - (a Filippo) Fai presto, tu Filippo, a risolvere tutto con una parola. Ma la mia posizione è diversa. Ed io non posso passare sul modo in cui si è comportata Cinthya.

FILIPPO - Perché?

CUNNINGHAM - (riflettendo) Già, perché poi? È il fine che conta. (come vedesse finalmente chiaro) Grazie Filippo, d’avermi aiutato a vedere giusto ancora una volta.

CINTHYA - (che ha seguito il colloquio) Allora, padre, non siete più in collera con me?

CUNNINGHAM - Cinthya, da un punto di vista strettamente morale, la tua condotta è riprovevole… ma la tua innocenza ti riscatta. E poi… poi io credo che tu abbia ragione. Sì, i nuovi pagani sono qui, attorno a noi. Ed è di essi che dobbiamo occuparci. A che serve predicare il Vangelo soltanto a chi viene in chiesa per ascoltarlo? Bisogna predicarlo anche a chi non vuol sentire: agli industriali nei loro uffici, agli operai nelle fabbriche, agli sfaccendati nei caffè, sugli angoli delle vie, ai mercati…

CINTHYA - Al porto.

CUNNINGHAM - Sì, anche al porto.

CINTHYA - Oh, c’è tanto da fare, laggiù. Io lo so perché ci sono cresciuta. Ma nessun pastore ci viene mai, perché trovano che ormai tanto è inutile… E anche pericoloso, specie di notte. Ma è proprio la notte che si ha bisogno maggiormente della parola di Dio, non trovate?

CUNNINGHAM - Proprio così, Cinthya, è di notte che il diavolo tesse la sua tela. E non ho mai capito perché noi sacerdoti proprio di notte dobbiamo starcene inattivi. (deciso) Bene. Questa notte verrò anch’io al porto.

CINTHYA - (battendo le mani allegra come una bimba) Oh, sì padre. Io vi guiderò.

CUNNINGHAM - È deciso, Cinthya. E che Dio ci protegga. (si ode dalla strada un suono di chitarra e il canto di alcune voci maschili. È una canzone gitana)

CINTHYA - (con un grido) Oh!

CUNNINGHAM - Che c’è?

CINTHYA - La mia canzone.

CUNNINGHAM - Non dirmi che arriva la flotta…

CINTHYA - Temo proprio di sì.

CUNNINGHAM - (fissandola) Come mai?

CINTHYA - Non ne ho idea, vi giuro. Forse è meglio che non mi vedano. (guardandosi intorno) Dove posso nascondermi?

CUNNINGHAM - Troppo tardi. Eccoli. (infatti, sulla porta appaiono tre marinai giovani un po’ brilli. Indossano l’uniforme della marina mercantile, maglioni blu e berretti a visiera. Smettono subito di suonare e cantare. Soltanto uno dei tre marinai, John, parlerà; gli altri due, Paul e Bill si limiteranno a dei brontolii, tranne quando canteranno)

JOHN - Ellò, Cinthya.

CINTHYA - Salve, ragazzi.

JOHN - È tutta la mattina che ti cerchiamo. Dove ti sei cacciata?

CINTHYA - Io… ero qui, da padre Cunningham.

JOHN - (accorgendosi solo adesso di padre Cunningham) Salve, reverendo.

CUNNINGHAM - Buon giorno, ragazzi.

JOHN - Siamo amici di Cinthya.

CUNNINGHAM - Cinthya me l’ha detto.

JOHN - Una ragazza in gamba. Mai incontrato un tipo simile. Vero Paul?

PAUL - Uhm, uhm.

JOHN - Vero Bill?

BILL - Uhm, uhm.

CUNNINGHAM - Beh, se volete entrare non fate complimenti.

JOHN - Grazie, no. Volevamo stare con Cinthya per fare un po’ di musica ed ascoltare le sue storie.

CINTHYA - (un po’ sulle spine) Un’altra volta, John. Adesso, vedi, sono occupata con padre Cunningham.

JOHN - (deluso) non hai proprio tempo?

CINTHYA - No, mi dispiace.

CUNNINGHAM - Cinthya, i tuoi amici sono venuti apposta per te e non è gentile rimandarli.

JOHN - (allegro) Ben detto.

CUNNINGHAM - E se volete fare un po’ di chiasso, non sarò certo io ad oppormi.

JOHN - (avanzando) Questo sì che è parlare chiaro. Vero Paul?

PAUL - Uhm, uhm.

JOHN - Vero Bill

BILL - Uhm, uhm.

CUNNINGHAM - (sottovoce) Cos’hanno i tuoi amici? Sono muti?

JOHN - No, sono timidi. (forte ai due) Entrate, ragazzi, il reverendo ci dà il permesso. (Paul e Bill entrano)

CUNNINGHAM - Allora, chi è di voi che suona la chitarra?

JOHN - (indicando) Bill. Io canto. La conoscete la canzone “Nella terra delle Hawaii”?

CUNNINGHAM - Com’è il motivo?

JOHN - Così. (incomincia ad accennare il motivo; gli altri lo seguono abbandonandosi al ritmo della canzone. Sulla porta appare la signorina Flaherty con un foglio in mano. Si ferma scandalizzata dalla scena)

FLAHERTY - Padre Cunningham!

CUNNINGHAM - Mi dispiace signorina, ma sono occupato.

FLAHERTY - Oh! (esce in fretta inorridita)

JOHN - (a Cunningham sempre suonando) Chi è?

CUNNINGHAM - Una donna senza importanza. (il canto e la musica continuano più forti mentre in scena si fa buio ad indicare la fine del quadro. La musica e la canzone continuano per un po’, poi si trasformano, sempre a scena buia, in un inno religioso di letizia, per esempio l’Alleluia, cantato solo da voci maschili accompagnato dall’armonium)

QUADRO SECONDO

Cunningham, seduto all’armonium, accompagna il coro dei tre marinai che, in piedi, cantano seri e composti l’inno religioso. John, Paul e Bill indossano, sui vestiti da marinai, le cotte bianche ricamate dei chierichetti che li rendono molto buffi. Bill ha una mano fasciata e John un cerotto sulla fronte. Cinthya non è più in scena. Siamo alle ultime note dell’inno che, infatti, poco dopo finisce. È il mattino dell’indomani.

CUNNINGHAM - Bravi ragazzi, avete cantato proprio bene. Se continuate così, domenica mattina vi faccio debuttare in chiesa alla Messa di mezzogiorno.

JOHN - (allegro) Davvero, padre?

CUNNINGHAM - Sì, con l’organo a cento canne e tutta la gente che vi guarda.

JOHN - Magnifico, vero Paul?

PAUL - Uhm, uhm.

JOHN - Vero Bill?

BILL - Uhm, uhm.

CUNNINGHAM - E adesso che i tuoi amici sono d’accordo, potete togliervi le cotte. (i tre marinai appaiono delusi)

JOHN - (con rammarico) Di già?

CUNNINGHAM - Le rimetterete stasera alla funzione dei vespri.

JOHN - (subito sorridendo) Sì, padre. (i tre di nuovo allegri, si tolgono le cotte che ripiegano accuratamente. Si affaccia Pietro che scuote la testa in segno di disapprovazione)

CUNNINGHAM - Qualcosa non va, Pietro?

PIETRO - Le cotte. Le piegano male.

CUNNINGHAM - Impareranno. Sono giovani.

PIETRO - Date qua. (prende le cotte ed esce)

CUNNINGHAM - È un carattere difficile, ma è un brav’uomo.

JOHN - Si vede.

CUNNINGHAM - Bill, ti duole ancora la mano?

BILL - (con un gesto della mano come per dire “così così”) Uhm, uhm.

CUNNINGHAM - E a te l’occhio, John?

JOHN - Padre, non preoccupatevi, quegli altri stanno senz’altro peggio di noi. Io un paio devo averli mandati all’ospedale. Ed anche Paul e Bill devono aver fatto un buon lavoro.

CUNNINGHAM - Non sta bene picchiare gli avversari. Le idee non si diffondono con la violenza. E se qualcuno ti schiaffeggia tu devi porgere l’altra guancia.

JOHN - E se invece di uno schiaffo mi danno un pugno?

CUNNINGHAM - È lo stesso, l’altra guancia.

JOHN - Va bene, padre. Fino al secondo ci sto. Ma al terzo tiro anch’io.

CUNNINGHAM - Vuoi essere o no un buon cristiano?

JOHN - (ostinato) Sì. Ma tre sono troppi. E poi stanotte non si trattava di me, ma di voi. Stavate per annegare.

CUNNINGHAM - So nuotare, John.

JOHN - Ho visto, ma quelli parevano decisi a farvi la pelle.

CUNNINGHAM - Ho la pelle dura. Nemmeno i selvaggi sono riusciti a togliermi di mezzo.

JOHN - Ma se noi non ci fossimo trovati a passare di lì, come ve la sareste cavata?

CUNNINGHAM - Il buon Dio ci avrebbe pensato.

JOHN - E il buon Dio vi avrebbe tratto dall’acqua così, con tutto il vestito?

CUNNINGHAM - Il buon Dio ha mandato voi tre. Come vedi, le vie del Signore sono infinite.

JOHN - (perplesso) Sarà… Ma che idee, andare a passeggiare proprio al porto… e di notte!

CUNNINGHAM - io non sono andato a passeggiare, John. Ma a pescare.

JOHN - pescare? E che cosa?

CUNNINGHAM - Anime, John. È una pesca chi si addice al mio abito. (entra Pietro affannato e sconvolto)

PIETRO - Padre, padre.

CUNNINGHAM - Che cosa c’è, Pietro?

PIETRO - (scandalizzato) C’è… ci sono due donne che dormono nella vostra stanza!

CUNNINGHAM - (tranquillo) Lo so, lo so.

PIETRO - Lo sapete? Lo sa! Due donne, che scandalo!

CUNNINGHAM - Non gridare così. Altrimenti le svegli.

PIETRO - Ma… ma che cosa devo farne?

CUNNINGHAM - Niente! Lasciale dormire. Poverette, erano così stanche, vero John?

JOHN - Oh sì, spaventate, anche. Ce n’è voluta per portarle via a quegli energumeni.

PIETRO - (impressionato) le avete rapite?

CUNNINGHAM - press’a poco, vero John?

JOHN - Già. (i tre marinai ridono. Entra Cinthya con un portavivande)

CINTHYA - Buon giorno, padre.

CUNNINGHAM - Buon giorno, Cinthya.

CINTHYA - Salve, ragazzi.

JOHN - Salve, Cinthya.

CINTHYA - Si sono svegliate?

CUNNINGHAM - Non ancora.

CINTHYA - Ho preparato un po’ di colazione per Ethel e Lucy.

CUNNINGHAM - Hai fatto bene.

CINTHYA - Ho pensato che avessero bisogno di tutte le loro forze per affrontare le emozioni cui andranno incontro oggi.

CUNNINGHAM - Che intendi dire?

CINTHYA - Vengo dal porto.

CUNNINGHAM - (con ansia) Ebbene?

CINTHYA - Pare che la nostra spedizione abbia urtato un po’ la gente di laggiù… (allusiva) E temo che oggi qui farà un po’ caldo.

PIETRO - (spaventato) Padre, in che altro guaio siete andato a cacciarvi?

CUNNINGHAM - Pietro, nessuno ti ha interpellato.

PIETRO - Possibile che non si possa vivere cinque minuti tranquilli?

CUNNINGHAM - Se vuoi vivere tranquillo non hai che da dimetterti da sagrestano. Cercherò qualcuno disposto a sostituirti, vero John?

JOHN - Oh sì. (i tre marinai attaccano a cantare l’Alleluia)

CUNNINGHAM - Ragazzi no. Canterete quando ve lo dirò io. (i tre subito smettono)

CINTHYA - Permesso, padre. Vado da Ethel e da Lucy. Vorrei essere lì quando si svegliano. Penso che rivedere un’ex collega appena aprono gli occhi le farà sentire meno a disagio.

CUNNINGHAM - Stavo per chiedertelo. E dì loro che possono restare qui finché vogliono. Ci arrangeremo. Io andrò a dormire dietro l’armonium, come stanotte.

CINTHYA - Glielo dirò, padre. (esce)

PIETRO - Avete dormito per terra! Un ministro di Dio!

CUNNINGHAM - Sul tappeto, Pietro. Dovresti farlo anche tu. Saresti meno pigro. (entra Nick. Indossa il camiciotto degli scaricatori, ma in testa ha il tubino. Sui sessant’anni, ma ancora vigoroso. Una bella testa bianca ed un po’ brillo)

NICK - Padre Cunningham?

CUNNINGHAM - Sono io.

NICK - Dovrei parlarvi.

CUNNINGHAM - Vi ascolto.

NICK - A quattr’occhi.

CUNNINGHAM - Come volete. (ai presenti) Per favore, lasciateci soli.

JOHN - Sì, padre. (tutti escono. I marinai guardano minacciosi Nick; si capisce che di là si terranno pronti ad intervenire)

CUNNINGHAM - Sedetevi, amico. E toglietevi il cappello.

NICK - (intimidito, ubbidisce) sono qui per le due ragazze.

CUNNINGHAM - L’avevo capito.

NICK - (aggressivo) Voi non avete il diritto di tenerle.

CUNNINGHAM - Questo è da vedere. Voi, piuttosto, che diritto avete su di loro?

NICK - (pausa) Sono… il padre di Ethel e Lucy.

CUNNINGHAM - (colpito) Ah!

NICK - Le due ragazze sono ancora minorenni.

CUNNINGHAM - E non vi vergognate?

NICK - Sono troppo povero per vergognarmi.

CUNNINGHAM - Allora voi ci vivete sopra?

NICK - Oh no. A me spetta solo una percentuale. Il grosso va ad Arthur e Fritz.

CUNNINGHAM - E chi sono?

NICK - I loro protettori. Io sono troppo vecchio per difenderle.

CUNNINGHAM - E voi non avete lavoro?

NICK - Non me ne danno più.

CUNNINGHAM - Come mai? Sembrate ancora valido.

NICK - Infatti, ma un giorno ho organizzato uno sciopero degli scaricatori di porto. Ecco la mia colpa.

CUNNINGHAM - Siete un agitatore?

NICK - Sono un uomo libero che non sopporta più i metodi di sfruttamento della Compagnia Marittima. (mostrando le mani) Guardate queste mani. Guardate i calli… (apre il camiciotto sulla spalla) Per venticinque anni ho scaricato sacchi di carbone e di cemento dalle navi in arrivo. Un giorno mi sono ribellato. Ed ora eccomi qua, ridotto a campare sulle mie due figlie. Per fortuna non sono brutte, altrimenti creperei di fame. E voi mi venite a parlare di Dio! (alzandosi) Chiamate le ragazze.

CUNNINGHAM - Un momento, la vostra storia mi interessa. La vita del porto non è regolata da una legge?

NICK - Teoricamente sì. Ma la vera legge la fanno i padroni. Anzi, il padrone, perché anche i due o tre armatori indipendenti ubbidiscono ad uno solo: Lord Havely.

CUNNINGHAM - L’ho sentito nominare.

NICK - Quasi tuta la flotta che attracca alle banchine è sua. E nei pochi battelli che non gli appartengono possiede forti carature.

CUNNINGHAM - Come vi chiamate?

NICK - Nick.

CUNNINGHAM - Bene, Nick. Mi avete messo in corpo una gran voglia di lavorare al porto.

NICK - (stupito) Voi?

CUNNINGHAM - Sì. Come scaricatore. È possibile?

NICK - Se non fate questione di paga e ce la fate a portare un quintale in spalla non c’è problema. Ma certo voi scherzate.

CUNNINGHAM - Per anni, quando ero in missione, ho portato a spalla i mattoni per costruire le chiese.

NICK - (diffidente) Perché lo fareste?

CUNNINGHAM - Per capire la miseria non c’è che un mezzo: viverla.

NICK - Ma voi siete un prete.

CUNNINGHAM - Ragione di più per venire al porto a dare una mano ai vostri colleghi.

NICK - Volete mettervi contro Lord Havely? Vi schiaccerà prima che muoviate un dito.

CUNNINGHAM - Non mi sottovalutate, amico.

NICK - Sentite. Io non so se voi parlate con senno, ma chiunque è contro Lord Havely è mio amico.

CUNNINGHAM - A che ora devo essere al porto per l’ingaggio domattina?

NICK - Alle cinque precise.

CUNNINGHAM - Ci sarò.

NICK - A domani.(esce; Cinthya si affaccia a spiare)

CINTHYA - (sottovoce) Padre!

CUNNINGHAM - Entra Cinthya.

CINTHYA - È andato via?

CUNNINGHAM - Sì.

CINTHYA - Allora posso far entrare le ragazze. (esce; si sente la sua voce da fuori. poi entra con Ethel e Lucy, molto giovani e graziose)

CUNNINGHAM - Ragazze, consideratevi come a casa vostra. Andate, venite, fate quello che volete, l’importante è che non vi annoiate.

CINTHYA - (con tono di complicità) Padre, ho pensato che intanto Ethel e Lucy potrebbero entrare a far parte del coro, hanno una bella voce.

CUNNINGHAM - Ottima idea. Le proviamo subito. (va all’armonium e si accinge a suonare) Con che cosa cominciamo?

CINTHYA - (conducendo Ethel e Lucy vicino all’armonium) Che cosa volete cantare? (Ethel si china all’orecchio di Cinthya e le mormora qualcosa. Cinthya scandalizzata) Oh no, quella no! (Lucy, stessa scena) Ma no, nemmeno quella! Siamo in una sacrestia, ragazze!

CUNNINGHAM - (bonario) Allora, riuscite a mettervi d’accordo?

CINTHYA - Il fatto è, padre, che il loro repertorio non è molto esteso e per di più è… poco edificante.

CUNNINGHAM - Allora scegli tu. Oppure fai emettere le note senza le parole.

CINTHYA - (dopo un breve conciliabolo muto con Ethel e Lucy) padre, abbiamo trovato. Una canzone di marinai. Ma… pulita. (cantano mentre Cunningham le accompagna con l’armonium; sulla porta si affacciano John, Paul e Bill che si uniscono al coro. Il canto continua ancora un po’ finché sulla porta appare il pastore Klyne. Dapprima nessuno lo nota, poi Ethel e Lucy lo scorgono e danno un grido. Tutti si voltano ed il canto cessa)

CUNNINGHAM - (fra sé) Capita sempre a proposito!

KLYNE - Reverendo Cunningham, non vorrei interrompere un’orgia, ma ho notizie gravi per voi.

CUNNINGHAM - Lo vedo dalla vostra faccia. Beh, ragazzi, andate. Riprenderemo più tardi. (i sei escono)

KLYNE - Non credo che ne avrete più voglia. (sventolando un giornale) Non avete letto il giornale di stamattina? (legge) “La chiesa cattolica alla conquista del porto”.

CUNNINGHAM - (subito allarmato) Fate vedere! (prende il giornale e legge) “Giusta reazione dei nostri baldi marinai all’intrusione del parroco di San Patrizio che tenta di spingere l’influenza della chiesa di Roma sulla zona dei docks, fino a ieri dominio incontrastato della chiesa presbiteriana… Sei marinai feriti e molti contusi… A queste vittime innocenti del fanatismo religioso va tutta la solidarietà di noi scozzesi, protestanti, cittadini…” (smettendo di leggere) non è vero. Ci hanno aggrediti.

KLYNE - (minaccioso) A quest’ora tutti i nostri concittadini avranno letto il giornale. È questo vi proponevate, reverendo Cunningham? Una guerra di religione in pieno ventesimo secolo? Benissimo. Probabilmente l’avrete. Ma ricordate che la Scozia non è terra di conquiste per i cattolici. ed ora, buon divertimento, reverendo. Io me ne lavo le mani. (esce. Quasi subito entrano di corsa Smuts e Brown, agitatissimi)

BROWN e SMUTS - Padre, avete sentito? Tutto il porto è in fermento. Ce l’hanno con voi. Dicono che vogliono farvi la pelle.

CUNNINGHAM - Bene. Li aspetterò.

BROWN - (tremando) Ma noi, noi che facciamo?

CUNNINGHAM - Siete uomini liberi, regolatevi secondo coscienza.

SMUTS - (pavido) Noi resteremmo, ma il fatto è che abbiamo paura.

CUNNINGHAM - Lo vedo. (comincia a sentirsi un rumore lontano come di gente in cammino. Smuts e Brown si guardano sgomenti, poi cautamente si avviano per uscire, ma ne sono impediti dall’ingresso di Cinthya. Da questo momento il ritmo della scena fino al finale si fa sempre più frenetico ed esagitato)

CINTHYA - Padre, i marinai dei docks marciano sulla parrocchia.

CUNNINGHAM - Se ne stava discorrendo, figliola.

FLAHERTY - (entra di corsa; è stranamente eccitata, quasi allegra) Padre, giù per il corso avanza una fiumana di gente. Hanno bastoni e cartelli. Sono eccitatissimi. Gridano che vogliono liberare la Scozia fino all’ultimo cattolico. E vogliono buttarci tutti in mare. Che bello! Forse ci ammazzeranno tutti. Credete che sia giunta l’ora del martirio? Io sono pronta.

CUNNINGHAM - Calmatevi. non morrà nessuno. E non ci sarà nessun martirio.

FLAHERTY - (esaltandosi) Se aveste visto le loro facce non parlereste così. Sembrano dei bruti. Violenti, feroci, terribili. (lirica) Oh, non ci risparmieranno, state certo. Li sentite? Vengono. (di scatto si avvicina a Cinthya e la bacia) Cara, in questo momento supremo non dobbiamo serbare rancori. Unite ed impavide, pronte a morire per la nostra fede. (appaiono Pietro, John, Paul, e Bill. I quattro indossano le cotte bianche e hanno in pugno, ognuno, una candela accesa. Avanzano uno dietro l’altro come in processione)

CUNNINGHAM - (irritato) Che significa questo?

PIETRO - (sempre avanzando con tono ispirato) L’ora è suonata, padre. Usciamo a fermarli. E se non bastano queste… (indica le candele) …teniamo pronti questi. (di sotto la cotta cava un randello, imitato dai tre marinai)

JOHN - Padre, ricordo tutto. Al primo colpo non reagire, al secondo nemmeno, al terzo, giù, tiro anch’io.

PIETRO - Padre, qui ci scateniamo ogni quattro o cinque secoli. Ma quando ci muoviamo non ci tiene più nessuno.

FLAHERTY - Sì! (come un grido di guerra) Dio salvi la Scozia! (ai marinai) Sotto ragazzi! (la Flaherty attacca a cantare l’inno. Subito si uniscono al canto i tre marinai, Smuts e Brown. Tutti sono ormai eccitatissimi. Il gruppo, compatto, avanza cantando come in una santa crociata verso l’uscita. Tutti escono tranne Cinthya che fa un passo verso Cunningham, come combattuta, poi finisce per uscire anch’essa. Il tumulto della folla si è fatto assordante)

CUNNINGHAM - (con sincero dolore) Eccoli, gli uomini, Filippo.

FILIPPO - Amen!

CUNNINGHAM - Sì. Così sia. (si alza, deciso, ed esce in fretta anche lui)

ATTO TERZO

QUADRO PRIMO

La stessa scena degli atti precedenti. Due giorni dopo. mattino inoltrato. È in scena Pietro che pulisce i candelieri. Entrano Smuts e Brown.

BROWN - È tornato?

PIETRO - No.

SMUTS - Volete dire che non è rientrato nemmeno stanotte?

PIETRO - Proprio così.

BROWN - Incredibile. Va proprio in cerca di guai.

PIETRO - Il parroco sa quel che fa. Avete visto come ha domato la rivolta?

BROWN - Ah, l’idea di montare sull’auto del pastore e di usare il megafono per arringare la folla è stata proprio un’idea formidabile.

SMUTS - (ripetendo le parole di Cunningham) “Scozzesi, io sono sceso al porto solo per aiutarvi contro chi sfrutta il vostro lavoro. Se togliete di mezzo me, commettete un errore storico”.

BROWN - E così è riuscito a toccare il cuore della folla. (entra Flaherty. È allegra, eccitata, indossa un vestito vistoso)

FLAHERTY - Salve amici. Bella giornata, vero? (i tre la guardano interdetti)

BROWN - Notizie del parroco?

FLAHERTY - (come dicesse la cosa più ovvia) L’ho lasciato al porto. Lavora.

I TRE - (insieme, stupiti) Lavora?

FLAHERTY - Sì, scarica balle di cotone alte così. (ammirata) Uno spettacolo, tutti si fermano.

BROWN - Lo crede bene, un prete scaricatore!

SMUTS - Per me, il posto di un parroco è in chiesa, con i paramenti ricamati e le pianete d’oro, non fra i marinai.

FLAHERTY - (piccata) Perché? Cos’avete contro i marinai? (lirica) Oh, i marinai! Uomini rudi, forse brutali, ma semplici e generosi come il mare. (altro tono) E non intriganti e pettegoli come voi.

BROWN - Preferisco non rispondervi.

SMUTS - Anch’io. (i due si avviano)

BROWN - (prima di uscire) Poveri marinai.

SMUTS - (rinforzativo) Già, poveri marinai. (escono)

FLAHERTY - (è rimasta male) Che hanno voluto dire?

PIETRO - (rapido) Nulla, signorina. Si sentono trascurati dal parroco e diventano acidi.

FLAHERTY - (smontata) No, alludevano a me. (di colpo) Pietro, anche voi mi trovate… poco graziosa?

PIETRO - (per guadagnare tempo) Io? Oh, signorina…

FLAHERTY - Non è una risposta. Siate preciso. (avanza come per sedurlo) Che impressione vi faccio?

PIETRO - Signorina, ho moglie e figli. (fugge via abbandonando i candelieri)

FLAHERTY - È fuggito.

CINTHYA - (entra dalla porta interna, ha una sporta della spesa) Buon giorno, signorina. Che avete, siete preoccupata?

FLAHERTY - (come se non la vedesse) “Ho moglie e figli”. Che significa?

CINTHYA - Lo domandate a me?

FLAHERTY - (scuotendosi) Cinthya, non vorrei sembrarti indiscreta, ma debbo rivolgerti una domanda. (pausa) Tra gli uomini che una volta venivano a trovarti… ce n’erano anche di ammogliati con figli?

CINTHYA - Oh, signorina, quel tempo per me, grazie a Dio, è morto. E poi c’è il segreto professionale. Non faccio la spia.

FLAHERTY - Ma no. Ti chiedo solo di illuminarmi, tu lo puoi.

CINTHYA - (stupita) Io?

FLAHERTY - Sì. Non ti offendere… ma tu hai una competenza specifica. perciò vorrei che tu mi aiutassi a capire perché certe donne piacciono a tutti. E certe altre a nessuno. Insomma, perché c’è tanta sperequazione nella distribuzione dei maschi?

CINTHYA - Dio, come parla difficile, signorina. Si spieghi meglio!

FLAHERTY - Le statistiche parlano chiaro. Per ogni donna inglese c’è un maschio disponibile. Anzi, tre quarti di maschio, perché le femmine sono in leggera maggioranza nel Regno Unito. Ebbene, dei tre quarti di maschio che mi spettano, non solo non ho mai visto tutti i tre quarti, ma nemmeno la metà, né un quarto della metà e nemmeno un centesimo o un millesimo di un quarto, dato che, contro ogni apparenza, io purtroppo sono ancora illibata.

CINTHYA - (non sa se ridere o indignarsi) Signorina, lei mi preoccupa.

FLAHERTY - Ti prego, non fraintendermi. Non ti chiedo di iniziarmi ai misteri del concubinaggio. Vorrei solo che tu mi indicassi la via migliore per rovesciare addosso a qualcuno di quei tre quarti di maschio la tenerezza, l’amore e la passione che mi bruciano in petto. (con forza selvaggia) Oh, se avessi per le mani un tre quarti qualsiasi! T’assicuro che non sarei inferiore a nessun’altra!

CINTHYA - Ma lei così li spaventa. Sembra una leonessa. Gli uomini non si sbranano. Si accarezzano. Bisogna conquistarli con la dolcezza.

FLAHERTY - Credi?

CINTHYA - Certo. Se fate così il vostro tre quarti scappa subito. E non vi basta la ricchezza. I soldi, a volte, fanno paura. Mi sono spiegata?

FLAHERTY - Perfettamente. Lo dicevo io che c’era qualche ingranaggio nel sistema che non funzionava. La statistica è una scienza esatta. Ce l’insegnano a scuola. dunque, in qualche posto ci dev’essere il tre quarti che mi spetta. (di nuovo battagliera) Tutto sta a stanarlo.

CINTHYA - Non con quella grinta. Un bel sorriso fresco, luminoso. (Flaherty esegue, Cinthya indicando) Così. Le manine raccolte sul grembo. La testina un po’ reclinata sulla spalla, lo sguardo furbetto, di tre quarti. Così. Va bene?

FLAHERTY - Sì, Cinthya.

CINTHYA - E parlate poco. Cercate di esprimere tutto con gli occhi. Al massimo potete sospirare. Gli uomini sono romantici.

FLAHERTY - (soffia come un mantice) Sì, Cinthya.

CINTHYA - Un sospiro, non un ciclone. Quando l’uomo è quasi cotto, allora l’occhiata risolutiva. Questo è il momento di parlare. Un sospiro e una parola. Una parola ed un sospiro. Uno, due. uno, due. “Caro!”, sospiro. “Mi piaci!”, sospiro. “Andiamo a passeggiare?”, un bel sospirone lungo lungo. mi pare che basti. Auguri. Spero che il pastore Klyne apprezzi il mio metodo.

FLAHERTY - Che c’entra il pastore Klyne?

CINTHYA - I sospiri non sono per Klyne?

FLAHERTY - Ti pare che mi darei tanta pena per quel tipo?

CINTHYA - In tal caso, mi dimetto, signorina. (esce)

FLAHERTY - Troppo tardi. Ormai “so”. (sospira forte) Ah, no. (sospira lieve) Ecco. (sospira ritmicamente) Uno, due. Uno, due. (assume atteggiamenti romantici come se ascoltasse un immaginario interlocutore e ogni tanto abbassa la testa esclamando in tono pudico) Oh… oh… (entrano in fila indiana Cunningham, John, Bill e Paul. I marinai sono in divisa, Cunningham indossa una tuta da scaricatore. È un mesto corteo, sembrano reduci da una sconfitta. Cunningham siede subito, stanco. Flaherty accorre) Siete stanco, vero?

CUNNINGHAM - Non sono stanco, ma avvilito. Mi hanno licenziato. (pausa) Vorrei restare solo con John.

FLAHERTY - Bene. (a Bill e Paul) Andiamo ragazzi. Volete essere la mia guardia del corpo? (Paul e Bill ridono confusi mentre escono con Flaherty)

CUNNINGHAM - John, chiudi la porta. Devo parlarti.

JOHN - (esegue) Agli ordini.

CUNNINGHAM - Ti piacerebbe diventare nostromo?

JOHN - Nostromo io? (ride) E perché no, ammiraglio?

CUNNINGHAM - Siedi. Lavorando al porto mi è venuta un’idea. Sui docks ho saputo che c’è una banchina d’attracco che non è di proprietà di Lord Havely perché è in porto franco, vero?

JOHN - Sì.

CUNNINGHAM - Quindi, lì potrebbe attraccare qualsiasi nave e noi potremmo chiamare i nostri amici del porto a scaricarla. Così il monopolio di Lord Havely sarebbe intaccato. Una volta scosso il suo prestigio, il resto verrà da sé. Dovrà scendere a patti. Che te ne pare?

JOHN - Dimenticate un particolare. Non abbiamo la nave. E per comprarla ci vogliono migliaia e migliaia di sterline. Chi ce le dà?

CUNNINGHAM - La signorina Flaherty. Può comprarne dieci di navi, se vuole.

JOHN - E voi sperate di convincerla?

CUNNINGHAM - Io no, ma tu sì.

JOHN - Io? E che volete che le dica?

CUNNINGHAM - Niente. Invitala con un pretesto ad una passeggiata. Poi, come per caso, conducila davanti ad un negozio di divise da marinaio. Qui fingi un capriccio improvviso e dille che, prima di morire, almeno una volta ti piacerebbe vederti vestito da nostromo. Appena sei nel negozio, scegli la più bella divisa e poi torna a mostrarti alla Flaherty con i galloni sulla manica, il berretto dai fregi d’oro e il fischietto al collo.

JOHN - E poi?

CUNNINGHAM - E poi niente. Soltanto, quando ti togli la divisa, fatti vedere sconvolto. Lei ti domanderà cos’hai e tu risponderai: “Niente!” con un grosso sospiro. E se ti riesce spremi una lacrimuccia. Credo che basterà.

JOHN - (perplesso) Un sospiro?

CUNNINGHAM - Fa’ come ti ho detto. E se dopo questo la Flaherty non sarà disposta a comprare, non dico il “Mauritania”, ma l’intera flotta di Lord Havely, io non sono più psicologo.

JOHN - (illuminandosi) Ci sono. (ride) Padre, voi credete che quella zitella…

CUNNINGHAM - Sì, lo credo, John.

JOHN - (abbandonandosi al riso) Una volta alle Antille, la regina di una tribù negra voleva farmi re. Era antropofaga.

CUNNINGHAM - Forse faccio male ad approfittare del sentimento della signorina Flaherty, ma non ho altra via se voglio salvare tutta quella gente del porto.

JOHN - (deciso) Padre, lo farò. Costi quel che costi.

CUNNINGHAM - (allusivo) No. Questo è il punto. (sottolineando) Non voglio che ti costi nulla. Nulla. Lo prometti?

JOHN - Volentieri, è talmente stagionata.

CUNNINGHAM - Attento, eccola. in bocca al lupo.

JOHN - (sottovoce) L’avete detto. L’agnello ed il lupo.

FLAHERTY - (entrando) Reverendo mi è venuta un’idea.

CUNNINGHAM - (in fretta) Anche a me. Perciò esco. (si avvia)

FLAHERTY - (interdetta) Uscite?

CUNNINGHAM - Scendo in chiesa. parlatene con John, poi lui mi riferirà. (esce rapido)

FLAHERTY - Beneddett’uomo, ha sempre così fretta in questi giorni. (pausa) Parlarne a voi. Che idea!

JOHN - (avvicinandosi) Di che si tratta?

FLAHERTY - Questioni parrocchiali. Efficienza. Organizzazione. non è roba per marinai. (John d’improvviso sospira forte; Flaherty è perplessa) Cos’avete?

JOHN - (triste) Niente. (Flaherty sospira a sua volta) Cos’avete?

FLAHERTY - Niente. (e continua a sospirare secondo il metodo di Cinthya mentre lancia occhiate assassine a John; una pausa in cui i due si spiano di sottecchi, non sapendo come attaccare. Flaherty d’improvviso) Io credo di avere il complesso della schiava.

JOHN - (ottuso) Schiava?

FLAHERTY - (tono da fumetti) Sì, quelle donne che voi marinai comprate con le pietruzze colorate e di cui potete fare tutto quello che volete.

JOHN - (tecnico) In Africa la schiavitù è abolita.

FLAHERTY - (allegra) Davvero? Vuol dire che d’ora innanzi dovete cercarle qui le vostre schiave.

JOHN - (attaccando) Oh, un semplice marinaio non ha molte possibilità, qui in Scozia. Se fossi almeno nostromo! Nostromo! (sospira forte con intenzione) Allora sì… (sulla porta si affaccia Cinthya con la sporta della spesa colma di provviste. I due non la vedono. Cinthya si ritrae e resta a spiare facendo capolino ogni tanto)

FLAHERTY - Nostromo! Eppure il fisico da nostromo ce l’avete.

JOHN - Il fisico non basta. Ci vuole la paga ed il comando di una nave. (altro tono) Vi va una passeggiata? Fino al porto?

FLAHERTY - (pronta) Al porto? Oh sì, il mare mi eccita. Qui si soffoca.

JOHN - (porgendole il braccio, galante) Se non temete di compromettervi…

FLAHERTY - (prendendo il braccio) Sono troppo ricca per badare all’opinione della gente. (lo guarda) Nostromo! (escono)

CINTHYA - (entra subito. È furente. Resta un attimo incerta poi va alla scrivania e scrive in fretta qualcosa. Poi, con il foglio, si affaccia sulla porta interna e grida) Padre Cunningham, padre Cunningham!

CUNNINGHAM (appare)- Perché gridi? Va a fuoco la sagrestia?

CINTHYA - Pressappoco. (gli porge il foglio) Tenete.

CUNNINGHAM - (senza prenderlo) È urgente?

CINTHYA - Urgentissimo.

CUNNINGHAM - Tasse?

CINTHYA - No.

CUNNINGHAM - Citazione?

CINTHYA - No.

CUNNINGHAM - Allora, se non si tratta di soldi, posso prenderlo. (prende il foglio, ha un sussulto) Un decreto di espulsione?

CINTHYA - Sì. Contro la signorina Flaherty.

CUNNINGHAM - Vuoi cacciarla dalle Figlie di Maria?

CINTHYA - Sono o non sono la presidentessa? (tono burocratico) Perciò vi notifico che ho deciso di espellerla.

CUNNINGHAM - Come tuo superiore gerarchico posso almeno sapere il motivo?

CINTHYA - È scritto lì.

CUNNINGHAM - Sì, lo vedo. “Condotta immorale”. Ma è un po’ vago. Vorrei qualche particolare.

CINTHYA - (con uno sforzo) Poco fa l’ho sorpresa mentre tentava di sedurre un marinaio.

CUNNINGHAM - Quale marinaio, ce ne sono tanti.

CINTHYA - …John.

CUNNINGHAM - (subito allegro) Davvero? Li hai visti proprio con i tuoi occhi? E dimmi, dimmi: che facevano?

CINTHYA - (scandalizzata) Padre, avete tutta l’aria di non disapprovarli!

CUNNINGHAM - (riprendendosi) Certo che li disapprovo. (di nuovo interessato) Ma se tu volessi descrivermi il loro contegno, io potrei valutare meglio le colpe della Flaherty.

CINTHYA - Quella vecchia gallina spennacchiata era tutta languori e svenevolezze mentre si strofinava a John e scodinzolava senza pudore. E sospirava. e lui…

CUNNINGHAM - (con ansia) E lui?

CINTHYA - Invece di respingerla sembrava prender gusto a tutte quelle smancerie. Porco! Scusatemi, mi è sfuggito.

CUNNINGHAM - Capisco la tua collera, Cinthya. Come presidentessa, beninteso.

CINTHYA - E mi fa ancora più rabbia perché sono stata io ad insegnarle…

CUNNINGHAM - Insegnarle cosa?

CINTHYA - (riprendendosi) Niente. Quale parroco, spetta a voi controfirmare l’espulsione. (va alla scrivania) Ecco la penna. (gliela porge)

CUNNINGHAM - (non la prende) Già, dovrei firmare…

CINTHYA - Semplice formalità.

CUNNINGHAM - “Semplice formalità”. Sono le stesse parole che mi disse la Flaherty quel giorno che venne a chiedere la mia firma per farti cacciare dalla città. Come vedi, tutto ritorna.

CINTHYA - (con puntiglio infantile) Non volete firmare?

CUNNINGHAM - Vedi, Cinthya, per quanto io rifletta, non trovo la Flaherty così colpevole come sostieni tu. In fondo, che faceva di male? Lei è nubile, lui è scapolo. Potrebbero anche sposarsi.

CINTHYA - (con un grido) No!

CUNNINGHAM - No? Perché no? Chi potrebbe opporsi, tu forse?

CINTHYA - Sì. Non voglio.

CUNNINGHAM - E perché? Se c’è un motivo valido dillo. La chiesa tiene conto degli impedimenti legittimi. Allora, perché non vuoi?

CINTHYA - (sempre più incerta) Perché… perché…

CUNNINGHAM - Perché lei è così ricca e lui così povero? (Cinthya fa cenno di no) E allora? Ti ascolto. (Cinthya scoppia in lacrime. È un pianto stizzoso di bimba. Batte i piedi. Cunningham, commosso) Anima di Dio, cosa ti succede?

CINTHYA - (piange più forte come una bimba che faccia le bizze) Non voglio, non voglio, non voglio!

CUNNINGHAM - Va bene. Questo l’ho capito. Adesso, calmati. E poi, se vuoi, mi racconti. Intanto vado a prenderti un bicchiere d’acqua. CUNNINGHAM - (Cinthya lo trattiene per un braccio mentre fa cenno di no. Cunningham paziente) Va bene, non me ne vado. Ecco, seggo qui vicino a te. (esegue) Tieni, asciugati gli occhi. (le dà un fazzoletto; Cinthya si asciuga gli occhi, poi si soffia rumorosamente il naso e ridà il fazzoletto a Cunningham che rimane un po’ male) Ti senti meglio? (Cinthya fa cenno di sì) Sia ringraziato Dio. (pausa) Cinthya, se tu piangi dev’essere qualcosa di grave, vero? (Cinthya non risponde) Vuoi che te lo dica io per primo? Tu ami John, vero? (Cinthya abbassa la testa confusa. Cunningham sollevandole il volto) Non devi vergognarti, Cinthya. L’amore è una cosa meravigliosa quando è benedetto da Dio. Solo, io non immaginavo che tu e John… Cosa vuoi, non me ne intendo. Se l’avessi soltanto sospettato non avrei… (si ferma accorgendosi di aver detto troppo)

CINTHYA - (subito ansiosa) Non avreste… che cosa?

CUNNINGHAM - (alzandosi agitato) Oh, Cinthya, temo di aver combinato un pasticcio.

CINTHYA - Voi?

CUNNINGHAM - Io, sì. Ma è stato per aiutare quei poveracci del porto… E adesso? (la prende per un braccio) Vieni, presto.

CINTHYA - Dove?

CUNNINGHAM - In chiesa. A pregare per John. (epico) Che l’Onnipotente gli dia la forza di resistere a quella furia scatenata della Flaherty!

CINTHYA - Non ci vengo.

CUNNINGHAM - Non vuoi che John si salvi?

CINTHYA - Non con le mie preghiere. Se è abbastanza forte, che si difenda da solo!

CUNNINGHAM - nessun uomo è abbastanza forte, Cinthya. E la Flaherty… è la Flaherty!

CINTHYA - In tal caso… tanto peggio per John. (riprende la sporta e si avvia) Vado da Ethel e Lucy. (esce dalla porta interna, ma ritorna quasi subito agitatissima) Padre, Ethel e Lucy sono fuggite!

CUNNINGHAM - Fuggite! E come?

CINTHYA - Dalla finestra. Hanno lasciato questo biglietto: “Ci annoiamo troppo. Preferiamo il peccato”. Vado a riprenderle. (esce in fretta e sulla porta quasi urta Klyne che sta entrando) Scusate. (via)

KLYNE - (che ha sentito) Ethel e Lucy! A quel che sento c’è un bel traffico di ubriaconi e donnacce da queste parti, reverendo.

CUNNINGHAM - Forse preferite i fedeli con i conti in banca e l’abito da sera?

KLYNE - Parlate come un agitatore e lo siete. Basta vedere la vostra tuta.

CUNNINGHAM - Ho indossato questa tuta per lavorare fra i miserabili del molo. Ho voluto rendermi conto personalmente della loro miseria. Perché non mi imitate? Ci sono tute anche della vostra taglia.

KLYNE - Un sacerdote non può lasciarsi contaminare dal contatto con prostitute e fornicatori.

CUNNINGHAM - Frequentando banchieri, nobildonne e consiglieri d’amministrazione non temete di insudiciarvi di più.

KLYNE - Ecco il tipico linguaggio dei demagoghi.

CUNNINGHAM - Può darsi. Ma io sono persuaso che i peccati degli umili tocchino solo le loro anime. Ma i ricchi sono molto più colpevoli perché i loro peccati, tramati al rinchiuso degli uffici e al riparo delle leggi, finiscono col coinvolgere anche degli innocenti.

KLYNE - (sostenuto) Se ci fosse un mezzo per aiutare la gente del porto, già da tempo sarei intervenuto. Ma Lord Havely è il più forte, purtroppo. E il mondo è quello che è. Non potremo riformarlo né io né voi.

FILIPPO - Perché?

KLYNE - (stordito) Come avete detto?

CUNNINGHAM - È stato Filippo a rispondervi. Filippo ha ragione. Perché dovremmo starcene in disparte proprio noi, i testimoni di Cristo, e lasciare che i nostri fratelli siano oppressi, sfruttati, vilipesi? No, dobbiamo opporci e difenderli. Ecco il destino terrestre della chiesa. E se per ritrovare e salvare un uomo è necessaria una tuta, ben venga una tuta.

FILIPPO - Amen!

KLYNE - Ancora quel pettegolo d’un pennuto.

CUNNINGHAM - È una creatura di Dio, libera di esprimere il suo pensiero.

KLYNE - Mi ha mandato Lord Havely. Vorrebbe trovare una base d’accordo con voi. Si rende conto della situazione e penso che gli interesserebbe un compromesso.

CUNNINGHAM - L’avevo capito. Rifiuto.

KLYNE - Ah, siete cocciuto. Fate male, perché Lord Havely è troppo forte per un pretino di Roma. E non so se troverete qualcuno come me disposto ad elargirvi dei sani consigli protestanti. (pausa) Perciò non vorrei che il mio gesto, dopo, vi sembri ispirato dalla pietà per i vinti. (gli dà la mano)

CUNNINGHAM - (stringendogliela) L’accetto in segno di solidarietà, anche se voi restate dall’altra parte della barricata.

KLYNE - Non è una barricata a dividerci, ma due concezioni diverse dell’economia. Io sono un realista. Voi, un possibilista. Per me, due e due fanno sempre quattro, mentre voi sperate che prima o poi diventino cinque.

CUNNINGHAM - Ogni calcolo umano è sempre inadeguato ai disegni di Dio. Perciò io spero che un giorno o l’altro due e due facciano cinque.

KLYNE - Vi auguro di riuscire, ma non ci credo. Addio, reverendo.

CUNNINGHAM - No, no. Arrivederci, pastore. (in scena si fa buio per la fine del quadro. Si odono le note di una marcia nuziale suonata dall’armonium)

QUADRO SECONDO

La stessa scena degli atti precedenti. Qualche mese dopo. Mattino di sole. In un angolo, all’armonium, siede Pietro che suona la marcia nuziale. Pietro è vestito per la prima volta da scaccino e veste una cotta nuovissima, come per una funzione solenne. Si dà molto tono. La Flaherty, vestita da gran gala, con un enorme cappello di piume bianche, dà il braccio a John, elegantissimo nella sua divisa da nostromo carica di galloni d’oro. I due avanzano sul ritmo della musica strisciando i piedi col tipico passo da parata dei matrimoni)

FLAHERTY - No, non così, John, più sciolto. Non partecipiamo ad un’esecuzione capitale.

JOHN - Mi fa impressione lo stesso.

FLAHERTY - Non pensarci. Ci si sposa una volta sola.

JOHN - Appunto per questo.

FLAHERTY - Dunque, ricominciamo. (mugolando il ritmo della marcia nuziale) Du-dum du-duuuu. Du-dum du-duuuu. Ecco, il passo strisciato. Uno, due. Uno, due. (John sbaglia) No, prima il piede destro. Ecco. No, niente dondolio. Non siamo sulla tolda di una nave. Ecco. Ci siamo. Uno, due. Uno, due. Bravissimo. Basta, Pietro. (sulla porta appare Cunningham. È per la prima volta in sottana, una sottana nuova fiammante in cui si muove un po’ impacciato. Nessuno si accorge della sua presenza finché egli batte le mani applaudendo)

CUNNINGHAM - Bravissimi. E soprattutto brava alla signorina Flaherty, perfetta maestra di cerimonie.

FLAHERTY - Visto che non posso esserne la protagonista, mi accontento di organizzare le nozze. Non è questo il ruolo delle vecchie zitelle?

CUNNINGHAM - (galante) Voi non sarete mai né vecchia né zitella. Specie oggi, così elegante.

FLAHERTY - (lusingata) Anche voi siete molto chic.

CUNNINGHAM - Grazie. E di Pietro, non dite nulla?

FLAHERTY - Sembra un vescovo.

CUNNINGHAM - No. Finalmente sembra un sagrestano. (entra Nick con una grande corbeille di fiori avvolta in un nastro azzurro con dicitura in oro “I portuali al loro parroco”. Tutti ammirano la corbeille. Cunningham, scuotendosi) Manca poco alle dieci. John, va’ a prendere la tua sposa.

JOHN - Sì, padre. Volo. Andiamo, Pietro. (John e Pietro escono)

FLAHERTY - Certo che se qualcuno, sei mesi fa, mi avesse detto che sarei stata madrina alle nozze di Cinthya gli avrei dato del pazzo.

CUNNINGHAM - I disegni di Dio sono sempre misteriosi. Anch’io sei mesi fa, venendo qui, pensavo solo di fare il parroco.

NICK - (ripetendo le proprie parole) “Ma voi siete un prete!”. Ricordate? Non avrei mai creduto che avreste messo nel sacco Lord Havely. L’avete vinto sul terreno dell’astuzia. Una grande vittoria, padre. Non lo potremo mai dimenticare. Il grande Lord Havely sconfitto da…

CUNNINGHAM - …un piccolo prete, puoi dirlo, Nick. A proposito di Lord Havely. Mi ha scritto. Mi offre di saldare tutti i debiti della parrocchia più diecimila sterline se vi convinco a vendergli le vostre navi.

NICK - (subito) No, signorina, per carità non vendete niente. Neppure una barchetta. Se no tutto ritorna come prima.

CUNNINGHAM - No. Stai tranquillo. (straccia la lettera) Non venderà niente. Anche se dovessi vedere questa chiesa andare all’asta.

FLAHERTY - (pausa) La chiesa non andrà all’asta.

CUNNINGHAM - No? E come farò a pagare tutti i fitti che vi devo?

FLAHERTY - Da oggi la chiesa è vostra. Ecco l’atto di donazione. (porge un foglio)

CUNNINGHAM - (commosso legge) Io, Patrizia Flaherty, dono alla parrocchia di San Patrizio il terreno su cui sorge la chiesa omonima…”

NICK - Brava, signorina. È un gesto… sublime, ecco.

FLAHERTY - Non c’è niente di sublime. Sono una donna d’affari e ho calcolato che, se mi faceste causa chiedendomi la percentuale sugli utili che da sei mesi mi rendono le navi, dovrei pagarvi molto di più. In quanto alla donazione, l’idea è partita da Cinthya.

CUNNINGHAM - Cinthya?

FLAHERTY - Sì. Le ho chiesto che regalo volesse per le nozze e lei mi ha suggerito di donare il terreno alla parrocchia.

CUNNINGHAM - (sempre più commosso) oh, Cinthya, Cinthya. Mi sembra ieri quando la vidi entrare per la prima volta da quella porta, spavalda e aggressiva: “Mi chiamano taxi!”.

FLAHERTY - Se non avesse incontrato voi, oggi quel taxi continuerebbe a correre.

CUNNINGHAM - (semplice) Oh, io non ho nessun merito. Sono soltanto l’occasione di cui Dio si è servito per i suoi scopi.

NICK - Già. E i portuali non vi devono nulla? (indica la corbeille) Hanno fatto la colletta per ringraziarvi.

CUNNINGHAM - Non me. Ma la signorina Flaherty.

FLAHERTY - No, reverendo Cunningham. Voi potete farvi piccino finché volete, ma tutta la città ormai sa chi siete e che cosa valete. Cattolici e protestanti! Una volta tanto siamo d’accordo.

CUNNINGHAM - Per carità, mi adulate. (Nick intanto esce)

FLAHERTY - No, lo dicono tutti. Dieci parroci come voi e la Scozia torna cattolica. Io credo che vi faranno per lo meno Monsignore.

CUNNINGHAM - Monsignore? E perché non Cardinale? (sulla vetrata si staglia la mole del pastore Klyne. Cunningham, che gli volta le spalle, non si è accorto di lui)

FLAHERTY - (sottovoce a Cunningham) Guardatevi le spalle.

CUNNINGHAM - (voltandosi) Oh, pastore Klyne, finalmente. Cominciavo a pensare che non veniste più. (gli va incontro cordialmente) Prego, entrate; sono mesi che non ci vediamo.

KLYNE - (più cordiale del solito) Infatti.

CUNNINGHAM - Sono subito da voi, signorina, vi dispiace?

FLAHERTY - Prego. (allusiva) Qui si soffoca. (sulla soglia) Vae victis. (esce)

KLYNE - Il vinto sarei io?

CUNNINGHAM - In confidenza, credo che non riesca a dimenticarvi.

KLYNE - (illuminandosi) Credete? (resta a guardare la porta da cui è uscita la Flaherty)

CUNNINGHAM - Allora, pastore, se volete sedere… (chiamandolo) Pastore!

KLYNE - (scuotendosi) Oh, scusatemi. Ho ricevuto il vostro biglietto. È vero quello che mi avete scritto?

CUNNINGHAM - Sì. (sottovoce) Lascio la parrocchia, mi mandano in Africa. Ma qui non lo sa nessuno e desidero che non si sappia, per ora.

KLYNE - (scosso) Volete dire che non tornerete mai più?

CUNNINGHAM - Mai più. (pausa)

KLYNE - (sincero) Mi dispiace.

CUNNINGHAM - Anche a me. (pausa; i due si guardano con simpatia)

KLYNE - Non dovrei essere io a dirlo, ma mi sembra che i vostri superiori non agiscano bene. Se fossi stato io a pacificare il porto, mi avrebbero nominato Vescovo e mi avrebbero proposto al governo per il titolo di baronetto. (ironico) Ma già, voi dipendete da Roma.

CUNNINGHAM - Roma non può fare altrimenti. Immaginate se tutti gli altri preti dovessero fare altrettanto.

KLYNE - Avete agito a fin di bene.

CUNNINGHAM - Sia pure. Ma i fatti restano. Ho frequentato prostitute, sono uscito di notte, ho bazzicato il porto.

KLYNE - Avete avuto coraggio. E forse è di questo che la chiesa, tutte le chiese, oggi hanno bisogno.

CUNNINGHAM - Infatti. È quello che mi ha detto ieri Sua Eccellenza il Vescovo: “Figlio mio, a quattr’occhi io posso anche essere d’accordo con te. Ma come Vescovo devo rimandarti fra i selvaggi. Qui sei troppo pericoloso”. E mentre mi benediva, piangeva come un bambino.

KLYNE - Dunque, non ci vedremo più.

CUNNINGHAM - Un giorno ci vedremo. (indica il cielo) E di lassù ci divertiremo a contare i nuovi cattolici di Scozia.

KLYNE - (cordiale) Vi divertirete voi. A me, ne è passata la voglia. Comunque, perché mi avete chiamato? Posso esservi utile in qualche cosa?

CUNNINGHAM - Sì. Vorrei che spiegaste al mio successore i motivi che mi inducono ad andarmene senza aspettarlo.

KLYNE - (colpito) E perché volete affidare a me tale incarico? Non credo di essere il più adatto per farlo.

CUNNINGHAM - Al contrario. Voi avete tatto, autorità e sapete parlare. Con voi non potrà offendersi. Inoltre, sarà così colpito dal vedersi ricevere da un ministro protestante che non avrà tempo di scandalizzarsi della mia fuga.

KLYNE - (ride) immagino che il vostro comportamento non sia troppo ortodosso.

CUNNINGHAM - Esatto. Inoltre detesto i discorsi. E temo che dovrei farne uno troppo forbito per accogliere il mio successore che, mi dicono, sia un po’ pignolo e burocrate. E poi c’è un altro motivo.

KLYNE - Posso conoscerlo?

CUNNINGHAM - Gli addii mi commuovono. E qui mi ero affezionato ai miei parrocchiani, alla gente del porto, alla cittadina e, perché no, anche a voi, con cui era un vero piacere litigare.

KLYNE - (ormai commosso) Non so se i nostri superiori considererebbero troppo impegnativo un abbraccio fra di noi. Ma, per quel che mi riguarda, me ne infischio. (apre le braccia)

CUNNINGHAM - (aprendo le braccia a sua volta) Siamo tutti fratelli in Cristo. (i due si abbracciano)

FILIPPO - (trionfante) Amen!

KLYNE - (con un sussulto) Ah, il pappagallo.

CUNNINGHAM - Non temete, mi segue in Africa.

KLYNE - Meno male. (si odono grida di “viva gli sposi”, applausi e voci che si avvicinano)

FLAHERTY - (entrando eccitata) Ecco gli sposi!

CUNNINGHAM - Vado loro incontro. (esce)

KLYNE - (galante, alla Flaherty) Vedo che neppure voi potete sottrarvi alla suggestione dell’atmosfera nuziale.

FLAHERTY - Da quando in qua siete romantico?

KLYNE - Da quando voi avete cessato di esserlo. (dà un profondo sospiro che fa sussultare la Flaherty) un vostro sì mi farebbe l’uomo più felice di Scozia.

FLAHERTY - Sono troppo ricca ormai per dirvi di sì.

KLYNE - Io non bado al danaro.

FLAHERTY - Io, invece, sì. (irrompono in scena Paul, Bill, Brown, Smuts e una folla anonima di portuali, marinai e donne che si intravedono al di là della vetrata. Tutti fanno ala per lasciar passare John e Cinthya. Cinthya è bellissima nell’abito bianco. Sembra una visione. La bimba del primo atto le regge lo strascico) Che meraviglia! Sembri una bambina il giorno della prima comunione, vero padre Cunningham?

CUNNINGHAM - Beh, diciamo il giorno della cresima. (John trae da dietro la schiena una gabbia che porge a Cunningham. Cunningham arretrando) Che cos’è?

JOHN - Padre, vi preghiamo di accettare un piccolo dono. Una compagna per Filippo: Cocorita. (Filippo dà in un grido rauco indistinto)

CUNNINGHAM - Figlio mio, hai sentito? No, Filippo ed io ringraziamo, ma apprezziamo troppo i vantaggi del celibato per rinunciarvi alla nostra età. (entra Pietro che va a prendere il campanello dalla scrivania)

PIETRO - (solenne) L’altare è pronto.

FLAHERTY - Possiamo avviarci padre?

CUNNINGHAM - Sì. Nel nome del signore. (Flaherty dispone tutti i presenti a coppie fino a formare un corteo dietro Cinthya e John. Solo Klyne resta in disparte. Pietro va a porsi alla testa del corteo che si snoda mentre l’organo, giù nella chiesa, intona la marcia nuziale. D’improvviso si ode la canzone di Ethel e Lucy del secondo atto. Tutti si fermano stupiti)

CINTHYA - (con un grido) Ma sono Ethel e Lucy!

JOHN - Sì. Ma chi ti dice che vengano qui? (tutti ascoltano immobili; il canto si fa sempre più vicino)

CUNNINGHAM - Sì, Filippo, sono le due nostre pecorelle smarrite. (infatti entrano Ethel e Lucy vestite correttamente di bianco. Ognuna porta dei mughetti che porgono silenziosamente a Cinthya. Cinthya prende i fiori e bacia Ethel e Lucy) Ed ora, signorina Flaherty, vogliamo trovare un posticino anche per queste due brave ragazze? Io direi di metterle qui. (le conduce al fianco di Paul e Bill. Le ragazze si consultano con un’occhiata, poi si scambiano il posto prendendo ognuna il braccio di ognuno dei due marinai. Cunningham a Paul e Bill) Che volete farci? L’iniziativa è sempre delle donne. (ad un cenno della Flaherty il corteo riprende a muoversi, facendo un mezzo giro per la scena fino ad uscire per la porta che conduce in chiesa. La Flaherty e Klyne sono rimasti per ultimi, soli in scena. Quasi immediatamente rientra Cunningham che prende il braccio della Flaherty e lo poggia su quello di Klyne, poi torna ad uscire in silenzio. La Flaherty e Klyne si guardano esitanti, commossi. Una pausa, poi anch’essi escono a braccetto mentre la musica si fa sempre più forte. In scena si fa buio. Contemporaneamente la musica sfuma fino a cessare. Si odono tanti e attutiti rintocchi di una campana che suona mattutino. La scena si illumina un po’. È l’alba dell’indomani. Cunningham, vestito da ciclista come nel primo atto, riappare con la sua vecchia, scalcinata bicicletta. Cammina cauto, badando di non far rumore. Stacca la gabbia con Filippo e l’appende al manubrio della bicicletta. Poi, sottovoce) Filippo, scusa se ti ho svegliato troppo presto. Partiamo. Andiamo in Africa. Qui saremmo dei disoccupati. Perché vedi, il porto è tranquillo, Cinthya è felice, il pastore Klyne è diventato nostro amico. Coraggio, caro. L’Africa ci aspetta.

FILIPPO - Perché?

CUNNINGHAM - Perché sì.

FILIPPO - Amen!

CUNNINGHAM - Così sia. (Cunningham si guarda intorno come a dare un ultimo saluto all’ambiente, poi esce con la bicicletta e Filippo mentre si ode di nuovo il tema musicale dell’inizio della commedia, quasi a chiudere tutta la vicenda in un clima di fiaba)

SIPARIO