Ditegli sempre di si

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ATTO PRIMO

(1927)

Due atti di Eduardo De Filippo

da I capolavori di Eduardo - Vol. I

Giulio Einaudi Editore - Torino

1974

PERSONAGGI

Teresa Lo Giudice

Michele Murri, fratello di Teresa

Luigi Strada

Don Giovanni Altamura

Evelina, figlia di don Giovanni

Ettore de Stefani, amico di Luigi

Vincenzo Gallucci, amico di famiglia

Saveria Gallucci, moglie di Vincenzo

Olga, fidanzata di Ettore

Croce, medico

Attilio Gallucci

Checchina, cameriera

Nicola, cameriere

Un fioraio

ATTO PRIMO

In casa della vedova Lo Giudice. Mobilia semplice; un salotti-no della borghesia media napoletana; un gran balcone ad an­golo della scena a sinistra. Dal centro pende un vaso grezzo di terracotta con una pianta da camera. Nel mezzo in fondo vi sa­rà un divano letto. In fondo a destra una porta, e un'altra a si­nistra. All'alzarsi del sipario il divano letto ha funzionato da letto ed è in disordine; accanto, una sedia con sopra cuscini in seta di colori diversi. Alle pareti qualche quadro, qualche foto­grafia, ecc. Checchina, la cameriera, sta rifacendo il letto.

SCENA PRIMA

Teresa e Checchina.

Teresa            (è una donna piacente, di circa quarant'anni, ma i suoi gesti a scatti, gli occhi troppo lucidi e troppo irrequieti, fanno capire che qualche rotella le manca) Checchina! E tu stai ancora a questo? È possibile che all'una meno un quarto tu non hai ancora messo a posto sta camera?

Checchina    Signo', ma vuie sapite a che ora mi andai a coricare ieri sera? Era la mezza passata!

Teresa             E perché?

Checchina    Solo quando s'è ritirato don Luigino lo studente mi sono potuta coricare e perciò stamattina ho fatto nu poco tarde.

Teresa            S'adda vede' comme s'adda fa'... ma tu nun puoi dormire in una camera di passaggio! Né posso dire niente a Don Luigino... Quello mi può rispondere: « Io mi sono affitta­to questa camera e mi voglio ritirare quando mi pare e piace». (Campanello interno). Vedi chi è.

Checchina    Subito. (Esce, poi torna e annunzio) Signo', è don Giovanni, 'o padrone 'e casa.

Teresa            Meno male, 'o padrone 'e casa. Fallo entrare.

SCENA SECONDA

Giovanni Altamura e detti.

Giovanni        (tipo di vecchietto sui sessantaquattro anni, ancora arzil­lo, in giacca da camera; entrando) Buongiorno, donna Teresi'! Come vedete, sono ai vostri ordini... Di che si tratta?

Teresa            (si avvicina, mentre Checchina esce) Mi dovete scusare... Io non vi avrei incomodato, ma gli inquilini del secondo piano si sono lagnati perché il tubo dell'acqua che si è rotto fuori al bal­cone scorre abbasso da loro e ha bagnato tutto il muro. Veni­telo a vedere.

Giovanni        (sporgendosi fuori al balcone e guardando insù) Ah, va bene, e chella è na sciocchezza da niente... In giornata vi mando l'operaio e s'aggiusta tutto. Vi serve altro? Io ve l'ho detto, qualunque accomodo, qualunque cosa, potete di­sporre liberamente: stiamo porta a porta.

Teresa             Grazie, siete troppo buono.

Giovanni        Che c'entra, è dovere. Vuie state da dodici anni dint' 'a casa mia, sapete che stima avevo per la buon'anima di vo­stro marito, e quella che tengo per voi. Vi ripeto: qualunque cosa, a vostra disposizione.

Teresa            Grazie, don Giova'.

(L'accompagna alla comune, men­tre la porta di destra si apre e compare Luigi).

Luigi               (un giovane sui venticinque anni, vestito un poco strava­gante) Permesso... Signora Teresa... Carissimo don Giovan­ni!

Giovanni        (seccato del tono confidenziale) Buongiorno, buon­giorno.

Luigi               Don Giovà, vostra figlia sta bene?

Giovanni       E mammeta, comme sta?

Luigi               E che c'entra mammà? Io ho domandato innocentemen­te.

Giovanni        Voi è meglio che Evelina non la guardate nemmeno. Ve l'ho detto un sacco di volte: voglio vedere se la smettete. Scusate, donna Teresi'.

Teresa            No, fate, fate. (A Luigi) Avetecapito?

Luigi                E va bene, è inutile che gridate, non ne parliamo più, giacché vi secca tanto.

Giovanni       me secca. (Campanello interno).             

Luigi               E va bene...                                                                 

Checchina    (entrando)    Signo', fuori ci sta 'o dottore Croce.

Teresa            Il dottore? Fallo entrare. Scusate se vi trascuro un momento, ma è una cosa importante.

Giovanni       Fate il vostro comodo, io me ne vado... Per venire da voi ho lasciato il latte e caffè a tavola: mi stavo facendo la zuppa di latte.

Luigi                Io pure vi lascio, tengo appuntamento cu n'amico mio.

Checchina    (introducendo Croce)    Favorite, favorite.

SCENA TERZA

Croce e detti.

Croce             Buongiorno.

Teresa            Carissimo dottore! (Presentando) Il mio padrone di ca­sa, il mio inquilino.

Giovanni       Altamura. (Stretta di mano).

Croce             Croce.

Luigi               Strada, studente. (Stretta di mano). E pensa' che pur'io ho studiato medicina.

Croce              Davvero?

Luigi                Papà era medico. Ho fatto fino al secondo anno.

Croce              Siete medico?

Luigi               Sì e no. Lasciai la medicina per il teatro, ma non sono riuscito a sfondare. Ho fatto pure il generico in qualche com­pagnia, ma guadagnavo poco. E così lasciai il teatro per la letteratura.

Croce              Siete scrittore?

Luigi               Sì e no. Ho scritto qualche poesia, ma non me l'hanno mai voluta pubblicare. Appena esce il volume e faccio soldi mi dedico al teatro un'altra volta. La strada mia è quella, lo sento. Sono certo che diventerò una celebrità. Sapete che cosa ve­ramente è difficile per un attore? Il riso! Ridere e piangere in scena. Quando un individuo arriva a perfezionarsi nel pianto e nel riso può dire di essere diventato qualche cosa di buono. Io, per esempio, sentite come rido.

Croce              Quando, adesso?

Luigi               Cinque minuti... un piccolo saggio. La risata grassa, quella della persona soddisfatta, sicura di sé (ride), la risata ironica, quella di chi prende in giro l’umanità (ride), quella amara, di chi si macera dentro (ride), l'idiota…..

GIOVANNI   ‘A resata soia….

LUIGI            (ride)

Croce             (indifferente)    Bravo.                                          

Luigi                E sentite se riesco a commuovervi con il pianto. 

Teresa             Ma il dottore non tiene tempo da perdere...      

Luigi                Un momento solo. C'è chi lo fa con la cipolla.          

Croce              'A cipolla?                               

Luigi               Gli artisti antichi, nell'Ottocento, mettevano una meza cipolla dentro al fazzoletto e al momento opportuno provocava­no l'arrossamento degli occhi e le lacrime. Io no, io piango o-veramente. Mi bastano pochi istanti di raccoglimento. (Si co­pre la faccia con le mani).

Croce              Siccome tengo fretta...

Luigi               E no, per favore! Se parlate rovinate tutto. (Si copre la faccia con le mani, poi comincia a piangere) Eccolo, arriva! Devo pensare a cose tristi. (Singhiozza) Sono un povero disgra­ziato... non tengo padre, non tengo madre... Non tengo i soldi per pagare la padrona di casa…La miseria, i guai...la guerra, gli ospedali…. (Piange a dirotto; di colpo sorride tutto soddisfatto) Che ne dite? Io tengo un singhiozzo straordinario.

Giovanni       Vi dovete bere undici sorsi d'acqua.

Luigi               Il mio pianto smuove anche le pietre. Don Giova', dite la verità, vi ho commosso?

Giovanni       M'he' fatto avutà 'o stommaco.

Luigi                Seh, va bene!

Si avviano insieme verso la comune, con altre parole a sogget­to, e escono.

Croce             (a Teresa)    Ma chi è quello?

Teresa             È uno stravagante, non ci badate. Allora, che mi dite di mio fratello?

Croce              Fra venti minuti sta qua.

Teresa             Voi che dite? Che piacere!

Croce              Riceveste il mio biglietto?  

Teresa            Sicuro.            

Croce             Vi davo una speranza. Oggi ve ne dò la certezza. Dopo l'ultimo consulto avvenuto ieri, venimmo alla decisione che Michele Murri, vostro fratello, è in grado di uscire dal mani­comio.

Teresa             È stata una grazia della Madonna! Ma quando viene?

Croce             Aspetta a me, sta nel caffè sull'angolo, con un mio colle­ga. Sono venuto prima io per prevenirvi di tante cose. Vostro fratello, si, è guarito, ma intendiamoci: là non si trattava di pazzia vera e propria, si no stava fresco! Ma di uno squilibrio mentale dovuto alla paralisi progressiva che finì vostro padre. In altri termini: atavismo. In quest'anno che è stato al mani­comio sotto la mia cura, posso dire che si è calmato alquanto: non più scatti nervosi come per il passato...

Teresa             Che m'ha fatto passa'...

Croce             La mia cura lo ha calmato, modificato alquanto. Alquan­to, ma mai una persona normale vi restituisco... Miracoli la scienza non ne può fare: il sangue del padre chi glielo toglie? Voi mi pregaste di interessarmi per farlo tornare a casa sua, e io ci sono riuscito. Pensate però che mo' vostro fratello Michele è sotto la vostra responsabilità.

Teresa            Io sono sola, so' vedova, a chi devo dare conto? Mi dedi­cherò completamente a lui.

Croce             Secondandolo, trattandolo con gentilezza, facendolo con­tento in tutto vivrà tranquillo e non vi darà nessun grattacapo.

Teresa            Ah, certo, si capisce! (Chiama) Checchina! (A Croce) Mo' vi faccio fare una bella tazza 'e cafè.

Croce              Non v'incomodate, l'ho già preso.                  

Checchina    (da dentro)    Subito vengo.                       

Teresa             Dotto', non dite niente in presenza della cameriera...   

Croce             Ma vi pare!                                                    

Teresa             E non fate cerimonie.

Croce             Non ne faccio, l'ho già preso e poi ho premura di andar­mene: vostro fratello mi sta aspettando.

Checchina    (entrando)    Signo ', che comandate ?

Teresa            No, niente. Scusa, vattene. (Checchina esce). Io non ho mai fatto sapere che Michele è stato al manicomio. Capirete, sono malattie che dolorosamente non si possono confidare a nessuno... E poi, Michele faceva il commerciante, e se è guarito perfettamente può ripigliare pure gli affari.

Croce              Avete fatto bene.

Teresa             E lui è contento di essere uscito dal manicomio?

Croce             Non sta nei  panni. Ha detto che appena esce si deve sposare.

Teresa            Overo?

Croce             Mette degli altri infelici sulla terra. Io me ne vado, signo'. Fra dieci minuti sarò qua con vostro fratello.

Teresa            (accompagnando Croce) Arrivederci, dottore. (Esce con lui, poi ritorna chiamando) Checchina!

Checchina    (entrando)    Comandate?

Teresa            Cambia le lenzuola nella camera di don Luigino 'o studente, leva la robba sua e metti tutto a posto, pecché a momenti arriva mio fratello da fuori e deve dormire là.

Checchina    E don Luigino dove dorme?

Teresa            Dove vuole lui. Se ne va. Questo fu il patto. Io glielo dissi: quando arriva mio fratello ve ne andate. Va', non perde­re tempo.

Checchina    Va bene. Le lenzuola pulite dove le tenete?

Teresa             'O secondo tiretto del comò nella camera mia.

Checchina esce.              

SCENA QUARTA

Luigino e detti, poi Michele e Croce.

Luigino entra, senza parlare.

Teresa             A proposito, don Luigi', datemi le chiavi di casa.

Luigi                Vi siete decisa  finalmente a fare una copia? Eccole qua.

Checchina rientra con del vestiario di Luigino e pochi libri e mette tutto su una sedia.

Teresa            Don Luigi', là ci sta tutta la robba vostra: siccome oggi arriva mio fratello Michele ve ne dovete andare

LUIGI             Come, me ne devo andare?

TERESA       E sì, perché la camera mi serve per lui. Ah, voi mi dovete pagare quindici giorni ancora….

LUIGI            Pagherò appena l’editore mi darà una risposta.

TERESA        (senza ascoltarlo proprio) Me li date e mi lasciate la camera oggi stesso.

Luigi                Signo', e io dove vado?                                              

Teresa            E che vi posso dire, il patto fu questo. A mio fratello dove lo metto?                                                                    

Checchina    (mostrando diversi colletti e una mutanda rotta) Chesta ve serve?

Luigi                E c'è bisogno di fare ‘sta reclame?

Checchina    (a Teresa) Questo butta tutta  la robba sull'armadio e  sotto al letto!

Luigi                Perché sei così spiritosa?

Teresa            Mo' è finita, mo' quella camera si deve pulire tut­ti i giorni. Si devono aprire le finestre tutte le mattine, deve entrare l'aria, 'o sole. Pe' mo', batti i materassi, poi scosti i mobili, fai una bella pulita generale con soda e varechina e spruzzi l’insetticida, quella bombola grande da due litri.

Luigi               (risentito)   Ma che, ce steva 'o coleroso, loco ddinto?

Teresa             Ci stava un signore che dormiva tutto il santo giorno.

Luigi                Dormiva perché la notte scriveva, componeva.

Teresa            E fumava! I muri, le tende sono tutti impregnati di fumo… “fumato”. Don Luigi', trovatevi un'altra camera.

Luigi               Signo', ma come faccio? Io mo' vado a vedere se mi posso arrangiare con qual­che amico; se no mi fate il favore per stanotte mi sto ancora qua. Mi metto sul divano letto.

Checchina    E già, e io poi dove dormo?

Luigi               Llà stesso. Io me metto da piedi, stretto da una parte. E non buttare calci, la notte, pecché io devo dormire.

Checchina    È pazzo! (A Teresa) Signo', ma chisto fa overamente? Io poi mi coricavo con lui!

Luigi               Troppo onore potevi ricevere! Vuo' sape' a verità? Sta­notte dormi sola, ci ho pensato meglio. Sta rrobba me la vengo a prendere più tardi. Cercherò, vedrò... Uno si vede in mezzo a una strada da un momento all'altro... senza fuoco, senza tetto, come un cane rognoso... (Piange).

Teresa            E su, non fate così... Io vi ho trattato come un figlio...

Luigi               (Si soffia forte il naso) 'O saccio... Mammà... Non è colpa vostra, è il destino mio che mi vuole vedere distrutto...

Teresa             Non esagerate, mo'!

Checchina    Siete giovane...

Luigi               (singhiozzando)   Non tengo a nessuno... Orfano di ambo-due i genitori... questo è il guaio! Ho lottato, ho combattuto, ma la sorte crudele così m'ha voluto: distrutto, annientato, annichilito! Aiutatemi, mi sento soffocare...

Teresa            (corre al suo fianco con Checchina)    Calmatevi, per l’amor di Dio!

Checchina    'On Luigi', mo' me fate chiagnere pure a me!

Luigi               (singhiozza fino a che le due donne si mettono a piangere,: poi cambia faccia e sorride) Eh, l'arte... l'arte! Voi adesso vi siete creduto che io piangevo veramente. No! Ho piangiuto apposta, è l'artista che ha voluto dare un saggio dell'arte sua! Ho perso la camera, e che me ne importa? L'artista deve soffrire tutto, anche la fame. E io la proverò: state sicure che la fame la proverò...La sorte mi è avversa? E a me che me ne importa? (ride) Ah, ah, ah, risata grassa, ah,ah,ah risata ironica…..ah,ah, ah (Esce).

Checchina    Signori', ma chillo è proprio nu bellu tipo !

Teresa            È stato meglio che se n'è andato. (Va al balcone) Checchi', levalo da mezzo questo origano: se viene qualcheduno...

Checchina    Ci stava un poco di sole, perciò l'ho messo là, si deve seccare un ‘altro poco. Poi lo passo al setaccio e lo levo da mezzo.

(Campanello interno; Checchina esce, poi torna, precedendo Croce)

Favorite, favorite.

(Attraversa il fondo e se ne va in cucina).

Croce             (appare sulla porta di fondo)   Ecco qua.    

Teresa             Dotto', e mio fratello?

Croce              Eccolo qua.

Sulla porta appare Michele.

Teresa             Miche', Michele...!

Michele         (apre le braccia, raggiante di gioia; vuole sembrare nor­male a tutti i costi, ma proprio i gesti precisi e il controllo osti­nato che esercita sulla sua voce denunziano la grave malattia che l'affligge; un attimo di esitazione, poi)    Teresi'!

Teresa            Miche'!                                                       

Si abbracciano.

Michele         E piangi? Tu invece di stare contenta che sono tornato guarito, sano, forte come prima, tu piangi?    

Croce              Di gioia, è pianto di gioia.                                 

Teresa             E siediti.

Michele         (a Croce)    Accomodatevi, prego.

Croce             Io vi lascio, ho tante cose da fare, tante visite. A ben ri­vederci, signora. Statti bene, Miche', ti auguro di non avere più bisogno di me. Ricordati di tutte le raccomandazioni e non ti scordare le gocce, ogni mattina.

Michele          Nun dubitate, dotto'.

Croce             Io verrò a trovarti un paio di volte alla settimana. Di nuovo. (Esce).

Michele          E questa è la vita! Un anno chiuso là dentro: addio commercio, addio affari, addio tutto! Ma mo' basta, mo' comincia una vita nuova. (si guarda in giro e Teresa appresso a lui comincia a girare in tondo) Ma dimmi una cosa: tu hai cambiato tutta la disposizione della casa? Questa era una camera da letto.

Teresa             Ti ricordi, eh, ti ricordi?

Michele          Sta robba stava nella camera mia, eh,  quella llà.

Teresa            Ti ricordi pure la camera tua?

Michele         Come non mi ricordo? Quante volte ho rimpianto questa camera! Ma…perché questi cambiamenti?

TERESA         Per bisogno, Michè, ho dovuto affittare una camera…

MICHELE      E già…noi stiamo un poco disperati….pure prima eravamo un poco disperati….

Teresa            Miche', mo' siediti vicino a me e parliamo seria­mente.

Michele         Sentiamo…. sì, parliamo. Dopo io pure ti devo parlare.

Teresa            Miche', io e te siamo tutta la famiglia, non ci è rimasto più nessuno e sai che dispia­cere ho avuto io il giorno che per le stravaganze che facevi dovesti entrare in manicomio.

Michele         Una cosa, se vogliamo andare d'accordo, non mi parlare più di quel posto: manicomio; quello è un luogo di pena….E’ la parola stessa che mi scuote la nervatura. Perciò… sorvoliamo….’aniomio, ‘aniomio  (Teresa ripete).

Teresa            Mo' fortunatamente sei guarito e prima del tuo arrivo il dottore proprio questo mi ha detto. Durante  tutto il tempo che sei stato.......(Michele suggerisce la parola sorvolando) llà, io non ho fatto sapere niente a nessuno. Tutti quanti sanno che tu hai viaggiato per affari di commercio. Tu non dire a nessuno la verità perché sarebbe pregiudizievole per te, se vuoi seguitare a fare il commerciante.

Michele         E se capisce... Io ho intenzione di ripigliare i miei affari in grande. Però ti volevo dire….sai, io non sono più un giovanotto e quindi, per la mia tranquillità, per una definitiva sistemazione, mi voglio ammogliare.

TERESA         Benissimo.

MICHELE    Io ci ho pensato bene. Ti ricordi che io prima divagavo, mi imbrogliavo a parlare. Mo’ è tutto finito. Devi vedere adesso come ragiono io. E ho pensato, quando stavo….’a ‘o mani..omio di trovarmi una guida, una compagnia.

Teresa            E ci ho pensato io... Ti ricordi la figlia di don Gio­vanni Altamura?

Michele          'O padrone di casa nostro?

Teresa             Bravo, come si ricorda! Lei, come tutti quanti, sa che sei stato in viaggio e tutto questo tempo ha sempre domandato di te. Il padre, don Giovanni, sta bene economicamente. È vedovo, quindi non terresti nemmeno una suocera. Hai detto niente!

Michele         Ma guardate un poco la combinazione! Io proprio di Evelina ti volevo parlare... Fra me e lei c'è sempre stata una simpatia.

Teresa            Ma allora va bene, l'affare è fatto. (Chiamando) Checchina! Checchina! (Michele trasale) Mo' la mando a chiamare, tanto stiamo affianco e combiniamo subito tutto.

Checchina    (entrando)    Comandate...

Teresa            Vai un momento affianco dal padro­ne di casa (si avvicina a Checchina). Chiedi della signorina Evelina: se ci sta, dille che venisse un momento perché le devo parlare (ritorna verso Michele).

CHECCHINA Subito (esce)

MICHELE      (come se la vedesse per la prima volta) Guè, Teresì, come stai?

TERESA         Ho fatto chiamare la signorina Evelina.

Michele         Ci parlo mo'?

Teresa             E si capisce: la tua sistemazione mi sta molto a cuore.

Michele          Eh, mi fa piacere, mi fa piacere, mi fa piacere…mi fa piacere. Ma tu che fai? Vuoi rimanere vedova?

Teresa            Per me è un poco difficile... Per me ci vorrebbe un uomo di mezza età...L'età di don Giovanni, il padre di Evelina. Dovrebbe essere pure ‘na persona gradevole di aspetto: allora mi potrei sposare un’altra volta. Sì, proprio un tipo come don Giovanni Altamura.

Michele resta come preso da riflessione.                       

Checchina    (entrando)    La signorina Evelina.

Teresa            Io vado a ricevere Evelina, poi vi lascio soli e tu ci parli, ti metti d'accordo.E poi parliamo pure con Don Giovanni (Esce).

Michele          Soprattutto con lui...

Teresa            (entra con Evelina)    Trase, Evelina,entra, entra!

Evelina          Grazie.

Checchina traversa in fondo da destra a sinistra.

Michele         Signorina Evelina...

Evelina           Finalmente siete ritornato.

MICHELE      Sì, da dieci, dodici minuti….

TERESA     Un quarto d’ora. Ti ho mandato a chiamare per... Mo' ti spiega tutto Michele, tu poi riferisci a papà e mi fai sapere una rispo­sta. Io mo' vengo.

(Fa dei segni a Michele e via a destra).

Michele         Accomodatevi, signorina. Ecco qua. Io non la voglio portare per le lunghe….Dunque…Eh?..... Teresina forse non ha avuto il coraggio di dire niente per delicatezza... In breve, signorì, mia sorella si vorrebbe sposare a papà vostro.

Evelina          (meravigliatissima)    A papà? E lo dite a me?

MICHELE      Eh….ah…(si confonde) Ohhh! Sì, ci dovete parlare voi perché noi non vogliamo creare malumori. Io ho pensato….vedete come fila il ragionamento? Eh, eh, eh. Noi abbiamo pensato: se la signorina non vuole che il padre si sposi?! Ci dobbiamo mettere d’accordo, no? Vostro padre non credo che troverà difficoltà. Voi special­mente troverete una seconda madre: Teresina è buona come il pane.

Evelina           Va bene, ma io che c'entro? Tutto al più papà...

Michele         E appunto, ci dovete parlare voi. Facciamo in modo che questo matrimonio si possa combinare. Quella mia sorella ha pigliato proprio una cotta per don Giovanni, è innamorata pazza.

Evelina           Veramente? Io non me ne sono mai accorta.  

Michele          E siete cecata.

Evelina          Voi come siete scostumato!                         

Michele         Grazie!  Eh, ma lei non lo dava a vedere, si macerava dentro. Una passione proprio. Quella, poco fa, ha fatto rivoltare la casa….una crisi…..”Sono innamorata, sono innamorata”, si strappava i capelli, si voleva buttare dalla finestra

EVELINA      Ma veramente?

MICHELE    E non avete sentito? Si è affacciata la gente di fronte, si è fermata la circolazione. Del resto, signorì, se non vi fa piacere, non fa niente: a mia sorella non le interessa.

Evelina           Si può sapere: le interessa o non le interessa?

Michele          Le interessa, perciò vediamo di concludere.

Evelina           Io, da parte mia, faccio tutto il possibile.

Michele          Ecco, brava. (Chiamando) Teresina, Teresi'!   

Teresa            (entra)    Dunque?                                              

Michele          Siamo d'accordo.                          

Evelina           Mo' vado dentro e glielo dico a papà.

Teresa            Brava, vedi di convincerlo, perché non vedo l’ora che si combina  questo matrimonio.

Evelina           Vi pare, con tutto il piacere.

Checchina    (dal fondo) Fuori ci sta uno che va trovando a don Luigino. Io gliel’ho detto che non ci sta, ma lui ha insistito per aspettarlo.

Teresa            E fallo entrare.                                               

Evelina          Allora io vado, e più tardi vi porto la risposta.

Teresa             Favorevole, speriamo...

Evelina          Speriamo! Con permesso.

Michele          Prego.

Evelina via.                                                              

Teresa            E questo pure è fatto.                             

Checchina    (introducendo Ettore)    Favorite.

SCENA QUINTA

Ettore e detti poi Luigino.

Ettore           Grazie. (Pallidissimo e nervosissimo) Signori...

Checchina    (a Teresa)    Volete venire a vedere se il ragù lo posso togliere da sopra al fuoco?

Teresa             Sì, andiamo. (Via con Checchina).

Ettore           (riconoscendo Michele)    Ma sicuro... Michele Murri?

Michele          Ettore De Stefano? Amico mio! Me fa piacere, me fa piacere, me fa piacere. E tu che ci fai qua?

Ettore            Ccà abita Luigino Strada, n'amico mio. Tiene affittata una camera ammobiliata. Questa è la casa della signora Lo Giudice.

Michele         Vedova Lo Giudice, ma è mia sorella.

Ettore           Ah, non lo sapevo!

MICHELE       Io sì.

ETTORE         E per forza! Allora tu conosci questo Luigino Strada?

Michele         No, perché sono arrivato da venti, ventuno minuti, ventidue…..

Ettore           Ah, già, tu hai viaggiato. È quasi un anno che non ci vediamo.

Michele          N'anno preciso. So’ stato ‘o ma..icò.. ‘o ma..i…cò. Guarda, non lo nominiamo. Ma tu piuttosto che hai? Tieni una faccia pallida, pare che hai passato un guaio.

Ettore            Io ti dico tutto, ma per carità...          

Michele          Io? Ti pare...                                           

Ettore            Da un momento all’altro mi arrestano! (Michele non recepisce la portata dell’esclamazione e lo guarda indifferente) Da un momento all’altro mi arrestano! 

Michele         E come mai?

Ettore           Tu sai che io faccio l'agente di assicurazione. Voglio be­ne a una ragazza, una certa Olga. Povera figlia, non tiene né mamma né padre.

Michele          E chi l'ha fatta?                                               

Ettore            Come, chi l'ha fatta?                                              

Michele         Tu hai detto: « Povera figlia, non tiene né mamma né padre ». La mia domanda è precisa: « E chi l'ha fatta? »

Ettore            Miche', il padre e la madre.

Michele          Allora li tiene i genitori.                                    

Ettore            Sono morti.

Michele         Oh! Allora si dice: « È orfana ». C'è la parola adatta, perché non la dobbiamo usare? Parliamo con le parole giuste, se no io m'imbroglio.

Ettore           Come vuoi tu... È orfana. Sai, sono io che provvedo al suo mantenimento. E tieni presente che io devo mantenere pure la famiglia mia, e adesso mi trovo con un vuoto di un milione e mezzo. Capisci? Mi sono servito dei depositi dei miei clienti.

Michele          'Ah! E perché non vai in Questura?

Ettore            In Questura?

Michele         Ettore bello, io non ti posso consigliare, perché di que­ste cose me ne intendo poco. Sopra alla Questura troverai gen­te pratica. Tu chiedi, dici: « Mi trovo in queste condizioni, co­sì e così... come mi devo regolare? »

Ettore            E quelli m'arrestano immediatamente.

Michele         Ma io dicevo in linea amichevole.

Ettore            Vogliamo scherzare...                              

Michele          E allora che pensi di fare, mo'?             

Ettore            L'unica speranza è st'amico mio.       

Michele         È ricco?

Ettore            Addo'! Quando mai! È un disperato senza soldi e senza lavoro, però è un traffichino, conosce tanti usurai, voglio vedere se lui mi può far prestare sta somma, così metto a posto tutto.

SCENA SESTA

Luigino e detti.

Luigi               (ride dall'interno, poi entra, pugno alla testa, in posa teatrale, sempre ridendo)  Ah, ah, ah, ah, ah, ah, «ah, ah, ah...!

Michele è turbato e reagisce spaventato.

MICHELE      Chi è? Chi è che ride così?                               

Ettore           Luigi'!                                                    

Luigi               Ettore bello! Pare impossibile: non ho trovato dove andare a dormire.

Michele          Perché ridete? Perché facevate: ah,ah,ah,ah,ah,ah!?

Luigi                Mi esercito, mi tengo in allenamento.

Michele          Non lo dovete fare!

Luigi                E perché?

Michele         Mi dà fastidio. Finalmente abbiamo capito chi si di­vertiva... (A Ettore) La mattina, questa risata rimbombava per tutto il corridoio.

Luigi                Quale corridoio?

Michele          Eh, ‘o corridoio d’’o mai..cò..  E pure nel cortile. (Agitatissimo) Non lo dovete fare! Il dottore ha detto che non si fa!

Luigi                E non lo faccio, non v'arrabbiate. (A Ettore) Ma chi è?

Ettore           Già, tu non lo conosci... Michele Murri, fratello della pa­drona di casa.

Luigi               (a parte) Questo è quello che mi ha fatto perdere la came­ra... (A Michele) Tanto piacere.

Michele          Fortunato. Voi ridete. Qua l'amico ha passato un guaio.

Luigi               Che guaio?                                                   

Michele          Ha rubato un milione e mezzo.                    

Ettore           Rubato, mo'... che c'entra? Mi sono servito dei depositi dei miei clienti.                                                    

Michele         Ma, scusa, eh, i soldi erano  tuoi?             

Ettore           No...

Michele          E allora li hai rubati. C'è la parola adatta, perché non la dobbiamo usare?

Luigi                Guarda che guaio...

Michele         (a Luigi)    Voi siete tanto buono: prestategli la som­ma, lui poi ve la restituisce.

 Luigi              (ironico)   E certo!

MICHELE     Hai visto? Te li dà. E perché non l’avete detto subito?

LUIGI           Certo!  (Batte sulle tasche della giacca e fa il gesto di tirare fuori soldi e di metterli sul tavolo) Teh, qua ci stanno trecentomila lire, e qua ce ne stanno altre quattrocentomila... E se vi servono altre centinaia di migliaia di lire... eccole (batte sulla tasca di petto) stanno qua.

Michele         Bravo! M'è piaciuto il gesto spontaneo. Così si fa, una si aiuta(A Ettore) E pigliatille, 'e solde. (Ettore si stringe nelle spalle). Ma pecché fai cerimonie? L'amico s'è messo a disposizione tanto bello! (A Luigi) Dategli i soldi: se li piglia, se li piglia!

Luigi                Quali soldi? Io non li tengo (disprezzo da parte di Michele)                                                    

Michele          Ma come, mo’ non glieli volete dare più?

Luigi               (con santa pazienza)   Non li tengo!                     

Michele         Mo' non li tenete?

Luigi               Non li tengo adesso e non li tenevo nemmeno prima.

Michele          Sentite, non glieli volete dare, non glieli date... ma negare l'evidenza, no! Vi ho visto io che cacciavate dalla tasca un pacco di biglietti da mille lire, potevano essere un milione e mezzo.

Luigi               Volete scherzare...

Michele         (offeso) Io? Scherzare io? E che sono un buffone? (prende Luigi per il bavero)No, dico, sono un buffone io? Io sono una persona seria. E voi volete negare l’evidenza? Voi in questo momento avete cacciato un rotolo di banconote legato con un nastro rosso, l’ho visto io.

Luigi               (speranzoso fruga in tutte le tasche, senza trovare niente) Ma voi che volete da me? Io cinquanta lire tenevo, e le ho perdute pure...

Campanello interno.

Michele          'A porta.  Viene gente. Andiamocene nella camera mia.

Checchina attraversa il fondo da sinistra a destra.

Luigino          (amaro)   E già, perchè quella è la camera vostra...

Michele          Si capisce. (Fa passare Ettore, trattiene Luigi sulla porta) Sentite, non si fa così. In amicizia chi tiene caccia.

Luigi               Amico, lasciatemi stare... (Esce seguito da Michele).

SCENA SETTIMA

Checchina, poi Giovanni poi Vincenzo, indi Teresa.

Checchina    Favorite. Mo' vado a chiamare la signora. (Via).

Giovanni       Trasite, entrate, don Vince'.

Vincenzo       (da dentro) Mo', voglio chiudere la porta! Quella la cameriera l'ha lasciata aperta. (Entra) Eccomi qua.

Giovanni       Come mai da queste parti?

Vincenzo       Siccome la mia famiglia e la famiglia Murri sono in grande intimità... Ogni anno, quando andiamo in villeggiatura, vengono a passare ‘na quindicina di giorni con noi. Domani ce ne andiamo al mio villino di campagna sopra a Bellavista. E allora io sono venuto per in­vitarli.

Giovanni        Ah, ecco. E la signora vostra come sta?

Vincenzo       Bene, grazie.

Giovanni       Sapete che mi sposo un'altra volta?

Vincenzo       Bravo, mi fa piacere.

Giovanni       Mi sposo la signora Teresina. Lei stessa ha preso l’iniziativa: si è innamorata di me pazzamente.

Vincenzo       Allora auguri.

Giovanni       Grazie.

Teresa            (entrando) Carissimo don Vincenzo! Auguri per doma­ni: è il vostro compleanno.

Vincenzo       Vi ringrazio e mi fa piacere che ve ne ricordate.

Teresa            E già, come se ci conoscessimo da poco! ( Siedono vicini. Giovanni guarda Teresa languidamente: Teresa a parte) Ma questo che vuole da me?

GIOVANNI    Segretamente due cuori palpitavano all’unisono…. (le prende la mano)

Vincenzo       Io sono venuto per dirvi, anche a nome di mia moglie Saveria, che domani in occasione del mio compleanno, andiamo a Bellavista e voi, come tutti gli anni, dovete venire a passare quindici giorni con noi.

Teresa            Ma con piacere, tanto più che quest'anno ci sta pure Michele.

Vincenzo        È tornato dal viaggio?                               

Teresa             Sì... è tornato.

Vincenzo       Don Giovanni mi ha parlato pure del prossimo matrimonio.                                                                    

Giovanni       Io ho accettato con tutto il cuore.                  

Teresa            E non potete credere quanto m'avete fatta contenta (Giov. le prende la mano).

Vincenzo       Allora, mi raccomando: non mancate, domani.

Teresa            Domani è un poco difficile: se devo lasciare la casa per quindici giorni, voglio mettere prima tutto a posto.

Vincenzo       No, e quello lo sfizio è domani, è la festa del mio compleanno. Ho fatto preparare un pranzo coi fiocchi, ma senza persone estra­nee, tutti in famiglia. Mangiammo e poi facciamo un poco di festa in giardino.

Teresa             Allora va bene.

Vincenzo       Verrete?

Teresa             Sissignora.

Giovanni        (languidamente guarda Teresina) Pur'io voglio passa­re quindici giorni a Bellavista. Domani mi vado ad affittare due camere.

Vincenzo       Na volta che vi trovate, venite a mangiare con noi. 

Giovanni       Con tutto il cuore. Ne sono onorato.          

SCENA OTTAVA

Michele, Luigi e detti, poi Ettore.

Michele         (entrando) Carissimo Don Vincenzo!

Vincenzo       Michele bello, finalmente sei tornato!

Michele          E saranno 20 minuti, 25, 26, non di più.                                         

Strette di mano.                

Giovanni       Michele caro!                  

Michele          Don Giovanni...                 

Stretta di mano.

Vincenzo       Domani ve ne venite a Bellavista: le camere vostre sono già pronte.

Luigi               (che sta dietro a Michele, prende l'invito per sé) Benissi­mo: giusto giusto! Io stavo senza casa. Luigi Strada, studente. Con entusiasmo accetto il vostro invito: figuratevi, io non te­nevo dove andare a dormire...

Vincenzo       Ma io non l'avevo con voi, parlavo a Michele. Due camere per lui e la sorella. A voi dove vi metto? E poi, non vi conosco.

Michele         È un amico nostro.

Vincenzo       E va bene, come amico vi posso invitare a pranzo do­manie, ma per dormire è impossibile. Allora venite a pranzo?

Luigi                Solo a pranzo? Va bene... verrò, verrò...

Michele         Don Vince', voi state sempre in urto con quel fratello vostro?

Vincenzo       Sempre, sempre. Lui non mi cerca ed io non piglio notizie sue e sono dieci anni che la cosa va avanti così.

Michele          Attilio, mi pare.

Vincenzo       Attilio, Attilio! Mio fratello ha disonorato un cognome: giuoco, donne, vino….. e dopo tante stravaganze, all'ultimo all'ultimo mi ha truffato cinquecentomila lire e se ne è andato a Ro­ma a fare lo scultore.

Teresa            Già, è scultore.

Vincenzo       Quale scultore? Quello non è capace di fare nemmeno i pastori per il presepio.

Giovanni       E sta ancora a Roma?

Vincenzo       Già... Si è sposato, ma sempe 'a capa pazza tene. Tant'è vero che vive all'Albergo Tordelli: marito e moglie che vivono in albergo, figuratevi che spese!

MICHELE      Sì, è stato sempre un po’ megalomane, diversamente da voi….vedi come fila il ragionamento? Ma…. voi proprio non ci volete fare pace?

Vincenzo       Io? Manco si me tagliano 'a capa! A me non mi vede più. Basta, io me ne vado: devo fare certe spese, se no a mia moglie chi 'a sente, devo comprare parecchia robba. Noi allora ci vediamo domani.

Teresa            Non dubitate. Prima che ve ne andate, vi voglio dare un vasetto di marmellata che ho fatto con le mie mani. Lo portate a vostra moglie, glielo avevo promesso.

Vincenzo       Grazie.

Teresa            Venite, vi faccio assaggiare un bicchierino di rosolio. Ve­nite pure voi, don Giova'.

Giovanni       Il rosolio è pure di fabbricazione vostra?

Teresa             Tutto: io  faccio  tutto in casa, con le mie mani.                       

Giovanni       Allora l'accetto con più piacere.         

Escono seconda quinta a destra.                     

Luigi               (apre la porta della camera di Michele)    Ettore, se te ne devi andare questo è il momento: stanno tutti in cucina.

Ettore           (entrando)   Dalla finestra dell’altra camera ho visto Olga che entrava nel portone. (A Luigi) Vai a vedere se viene qua.

Luigi esce fondo a destra.

Michele         Chi è Olga?                   

Ettore            'A fidanzata mia.

Michele          E che viene a fare qua?

Ettore            A far visita a donna Teresina: sono amiche.

Luigi               (entrando, tutto eccitato) Guè, questo è il momento per andartene. Olga non veniva qua: è entrata alla porta affianco. andiamocene, va': conosco una persona ricca che forse ti può aiu­tare. (A Michele) Quanto mi piacciono sti colpi di scena improvvisi che sembrano trovate da teatro, ma che invece succedo­no nella vita vera... Io che ho fatto l'attore m'entusiasmo! Lui non si vuole fare vedere dalla fidanzata, la fidanzata arriva im­provvisamente... Lui dice: « Vai a vedere se viene qua ». « No, Olga non viene qua »... Sembra proprio il momento saliente di una farsa. (A Ettore) Andiamo.

Michele          Fate un'altra volta.

LUIGI             Che cosa?

MICHELE      Questa scenetta.

LUIGI             Eh, faccio ‘e scenette. Ho detto che adoro questi colpi di scena. Certe concomi­tanze volute da un autore di teatro per ottenere un determina­to effetto, si verificano veramente nella vita. Secondo me, quel­lo che succede nel teatro può succedere nella vita, e viceversa. Nelle vecchie farse, per esempio, tutti i personaggi si trovano nello stesso ambiente: un ristorante, un albergo... Non so, due amanti si dànno appuntamento in un albergo, credendo di sta­re tranquilli, e invece là sopra capita il marito tradito, la mo­glie informata... « Vieni, amore, qui staremo tranquilli ». Ar­riva il marito tradito. « Che, mia moglie? », « Mio marito! », « Traditori! ». L'amante scappa, la moglie sviene, il marito tra­dito spara: pam, pam... La polizia... « In nome della legge, sie­te tutti in arresto! »

Michele          Fate un'altra volta.

LUIGI             Ma che cosa?

MICHELE      Questo balletto.

Luigi                Ma quale balletto, neh? Mi state pigliando in giro?

Michele         No.

Luigi               Ho detto che la vita assomiglia al teatro e il teatro asso­miglia alla vita e questo è tutto. E se vi credete di prendermi in giro, vi sbagliate. Iammuncenne, va'.

(Esce).

Michele          Ma a me mi pare che quello non ragiona.   

Ettore            È un poco stravagante.                        

Michele          Tu pure.            

Ettore            Sono stravagante?                                              

Michele          Scusa, eh, noi dobbiamo ragionare.

Ettore            Certo.

Michele          Tu hai detto che Olga è la tua fidanzata: è vero?

Ettore           Sì.

Michele         E allora perché scappi? Perché non ti vuoi far vedere da Olga?

Ettore           Per non dirle del guaio che ho passato, per non darle un dispiacere. E che, si tratta di niente? Il guaio è grosso, per rimediare ci vorrebbe solo un terno. Una vincita al lotto da tre milioni. Allora sì, allora verrei qua e ti direi: « Miche'! Michele mio! Sono ricco: ho preso un terno! Ho vinto tre milioni! Mo' mi piglio a Olga e me la sposo, perché sono ricco! Guarda, guarda quanti biglietti da mille lire... Sono miei, sono tutti miei! » Questo sì che sarebbe un bel colpo! (Esce correndo).

Michele         Bravo! M'ha fatto piacere. Proprio un bel colpo. Quello mo' aggiusta tutti i fatti suoi...

Olga               (sulla porta, esita) Scusate... la porta era aperta: ci sta la signora Teresina?

Michele          Sicuro. Io sono il fratello.

Olga               Piacere. Io sono Olga, un'amica sua. La vorrei vedere un momento.

Michele         Ah, voi siete la signorina Olga... Tenete un fidanzato che si chiama Ettore...

Olga                Sì.

Michele         Brava, mi congratulo: il vostro fidanzato ha preso un terno: ha vinto tre milioni.

Olga                Voi che dite?

Michele         Mo' proprio se n'è andato, tutto contento. Diceva: « Sono ricco, sono ricco! Ho preso un terno, Ho vinto tre milioni! Guarda, guarda quanti soldi », e mi ha fatto vedere un sacco di carte da mille lire, legate con un nastro rosso!.

Olga               Ma allora è vero? È vero? Che piacere! Che gioia! Io devo fare cose da pazzi, voglio mettere sottosopra tutta Napoli...! Mamma mia, aiutatemi!

Teresa            (entra seguita da Vincenzo, Giovanni e Checchina) Che è stato, neh?

Olga               È stato, amica mia, che il mio fidanzato ha pigliato un terno: ha vinto tre milioni!

Teresa             Veramente?

Olga               Tere', è vero! E il bello è che i numeri glieli ho dati io, perché mi sono sognata mia zia, la quale stava in mezzo alle fiamme e gridava felice: “Sono contenta, sono contenta, sono contenta, sono contenta” E così abbiamo vinto tre milioni!

MICHELE     Veramente? Complimenti! Tre milioni.

OLGA             Mamma mia, io non mi sento bene... l'emozione è stata troppo forte.

Teresa            Vieni in camera mia, ti pigli un poco di cognac, un cordiale...

Olga               Sì, grazie, ma poi me ne vado subito: devo trovare Ettore,  voglio dividere con lui tutta la gioia. (Ballando,a cantilena) Sono contenta, sono contenta, sono contenta, sono contenta…..(incalza Michele, lo fa girare intorno, sgomento). 

Teresa            Don Vincenzo, allora ci vediamo domani, permettete. (Esce con Olga).

Giovanni        Che fortuna!... Uno che può dire: « Ho vinto tre milioni ».

Michele          Pure voi?                                                         

Giovanni       No, io no... (Esce appresso alle donne).              

Vincenzo       Basta, io me ne vado, statti bene, Miche' (Michele gli trattiene forte la mano).          

Michele         Sicché con vostro fratello Attilio non ci volete proprio fare la pace?

Vincenzo       Niente. L'ho detto e basta. Allora avrà il piacere di vedermi quando gli mandano a dire che sono morto. E io, quando dico una cosa, quella è. Solo morto! Statti bene, ci vediamo domani. (Sulla porta si gira) Miche', sono muorto! (Esce).

Michele         Ah, quanto mi dispiace! E quello mo' stava qua! (Chia­ma) Checchina, Checchina! (Siede al tavolino e scrive).

Checchina    (entra)    Comandate.

Michele          Aspetta. (Finito di scrivere) Tieni soldi?

Checchina    Sissignore.

Michele         E vai a fare subito questo telegramma urgente, non perdere tempo.

Checchina    Va bene.

Michele          Pace all'anima sua!


ATTO SECONDO

A Bellavista, in casa Gallucci. Una camera da pranzo arrangia­ta per la villeggiatura. Due porte laterali. In fondo tre vani; dal centro si accede nel giardino. Nel mezzo vi è imbandita una tavola.

SCENA PRIMA

Intorno alla tavola sono seduti Vincenzo, Saveria, Michele, Giovanni, Luigino, Evelina. Filomena, la cameriera, serve in tavola. Il pranzo è finito, sono al dolce.

Vincenzo        Tengo un bravo cuoco, o no, dite la verità?                      

Michele          Voi che dite! Io me so' consolato.

Giovanni        I polli erano squisiti.

Luigi                E quella frittura di pesce!

Michele         Voi ve la siete mangiata con tutte le teste e con tutte le spine. Fame atavica proprio!

Evelina           Veramente magnifico.

Vincenzo        Nè, ma non fate cerimonie, sentite che caldo che fa!

Giovanni        'O sentimmo, e come no? E’ un caldo asfissiante! (Vede Luigino che chiacchiera con Evelina e lo guarda minaccioso) E mo' vediamo... mo' ve­diamo!

Vincenzo       Con questo calore…. Stiamo in villeggiatura…e levatevi le giacche tutti quanti. Mo' dò io l'esempio. (Si toglie la giacca).

Giovanni        Vuo' sape' 'a verità... (Si toglie la giacca).

Michele          Allora per imitarvi... (Si toglie la giacca).   

Vincenzo        Don Luigino, e voi?                               

Luigino           No, io preferisco tenerla.                    

Giovanni        E voi squagliate dal calore.

Luigi                Io non soffro il caldo.                                     

Michele         Ma scusate, perché dovete fare cerimonie...?                             

Luigi               Niente affatto. (A Michele, in disparte) Sviate, sviate il discorso. Non me la posso levare, tengo la camicia rotta.            

Michele           Non se la può levare: tiene la camicia rotta.

Tutti ridono.

Luigi                Abbiamo messo il banditore!

Vincenzo        Qua siamo tutti amici, levatevela.

Luigi                Lasciamo stare.                                  

Saveria           E lasciatelo stare, se non se la vuole togliere!   

Luigi               Ecco fatto. (Si toglie la giacca).                             

Saveria           'A vogliamo aprire questa bottiglia di sciampagna?   

Giovanni        Un brindisi ci vuole.

Michele         (si alza)    Se permettete, la bottiglia l'apro io. (va, con Luigi, al tavolino dei vini)

Luigi               (si avvicina a Michele)    Adesso è il momento adatto.

Michele          Per che cosa?

Luigi                Come, ve l'ho detto prima!                                    

Michele         Non mi ricordo.                                              

Luigi                Al momento dello spumante voi dite: « Adesso don Luigino ci farà sentire una sua poesia».                                            

Michele         Ah, sì.

Luigi                Ci sta l'innamorata mia, sapete... la voglio dire una poesia.

Michele          È naturale.

Luigi                Ve ne sarò grato.

Michele         (tornando al suo posto a tavola)    Ecco lo sciampagna. È gelato. Ma prima di aprire la bottiglia don Luigino ci deve fare sentire una sua poesia.

Luigi               (con falsa modestia)    No, non cominciamo. Di solito non mi faccio pregare, ma oggi proprio non mi sento in vena.

Michele          Non la volete dire?

Luigi                Francamente e sinceramente: no.

Michele          Come, voi adesso mi avete detto: al momento dello sciampagne fatemi dire una poesia... la voglio dire una poesia.

Luigi                Quando mai? Avete capito male. Ho detto: non mettete in mezzo il fatto delle poesie, perché non sono in vena.

Michele          Che dite? Niente affatto! E che io capisco male? Voi prima di pranzo mi avete chiamato in disparte e mi avete detto “Dite che io voglio declamare una poesia, perché ci sta la mia fidanzata e voglio fare bella figura” (reazione di Giovanni) E che, io sapevo che voi scrivete poesie?

Evelina           Non vi fate pregare.

Luigi                Lo volete voi? Per voi tutto. Vi farò sentire una mia poesia, tratta dal mio prossimo volume, che quanto prima sarà pubblicato.

MICHELE      Adesso la dite? Mah!

tutti               Sentiamo, sentiamo.

Luigi               « Ora mistica ». Ho immaginato due distese di cipressi in conversazione notturna. Un lungo viale che conduce al cimite­ro. Avverto subito l'uditorio che, mentre la tematica delle mie composizioni è un fatto tutto personale, il ritmo, al contrario, si stacca, è vero, dalla formula ermetica, ma si aggancia alla corrente realistica e impressionistica, fatta di chiazze opache e di spiragli allucinanti, il cui filone trova larvati riscontri in tut­ta la letteratura valida avanguardistica degli ultimi vent'anni.

MICHELE       (applaudendo) Bravo! Bene! E’ finita?

LUIGI           No, devo ancora incominciare…. Questa è l’introduzione.    Dunque : « Ora mistica »...

Buio nel cimitero.                 

Gelo di marmo,                    

Sagome di tombe,        

Loculi disadorni.

Erbetta. Erbette.                                     

Gira il custode                         

E non gli sembra vero

Di udire il chiacchierio

Delle civette.

Lento e pesante il passo

Del custode: cra, cra           

Si sente e riconosci quello.

Michele          Quella...                     

Luigi                Quella chi?

Michele          La rana.

Luigi                Che c’entra la rana?

Michele          Voi avete detto che si sente: cra, cra.

Luigi                Cra, cra: il passo del custode. Lo stridio dei piedi sui ciottoli dei viali.

Michele          Fino a prova contraria so' sempre state 'e rane che hanno fatto: cra, cra. Eh, il mio ragionamento fila, vedete come fila?

Luigi                Già, ma diversamente come avrei potuto descrivere il ru­more di quei passi?

MICHELE      E lo volete sapere da me? Siete voi che scrivete.

LUIGI             Dunque:

cra, cra

Si sente, e riconosci quello.   

Fiero, impettito e con le mani sode   

Chiude con due mandate quel cancello.

Ecco, quel cubo grigio                          

È la sua casa.                                         

Ora dorme pesante.   

Ulula il vento (imita con la voce l’ululato)                          

Dorme il custode ignaro

Dorme nella sua tomba di cemento. 

Chi è? Chi vedo? (Michele si guarda intorno)                                  

Pallido e disfatto                                    

S'incammina ed avanza Sergio Pròculo.

Michele          Chi è Sergio Pròculo?

Luigi                È un signore che entra  dentro al cimitero.

Michele          'E notte?

Luigi                'E notte!                                              

Chi è? Chi vedo?

Michele          È un proconsole romano?

Luigi                No, è un signore qualunque.

Michele          E perché si chiama Pròculo?

Luigi               Io mi chiamo Strada? Voi vi chiamate Murri? Uh, mam­ma mia... E stu signore si chiama Pròculo. Andiamo avanti... E vediamo se me lo fate fare! Chi è? Chi vedo?

Michele          Ma chi è che dice: « Chi è? Chi vedo? »

Luigi               Ma se m'interrompete continuatamente non lo arriverete a sapere mai.

Michele         Ma allora ci sta un'altra persona dentro al cimitero?

Luigi               Niente affatto, non ci sta nessuno.

Michele          Allora chi è che dice: «Chi è? Chi vedo? »      

Luigi                'O ddich'io.

Michele         Allora nel cimitero ci state pure voi?

Luigi               Io sto a casa mia...

MICHELE    E voi da casa vostra dite “Chi è? Chi vedo?” dentro al cimitero?....Scusate, qua dobbiamo ragionare.

LUIGI        E’ il poeta che parla. Sono visioni, allucinazioni che riceve lo scrittore nel momento della creazione.

                       Chi è? Chi vedo?

Pallido e disfatto

S'incammina e avanza Sergio Pròculo.

Michele         Scusate, ma il custode è andato a dormire nel cubo di cemento... Va bene?

Luigi                Sì...

Michele          E ha chiuso il cancello con due mandate?

Luigi                Sissignore.

Michele         E allora come entra Sergio Pròculo? Non si puòen­trare col cancello chiuso.

Luigi                Ma non bisogna sofisticare.

Michele         Sentite, ma quale sofisticare? Non si può entrare da nessuna parte quando ci sta un cancello chiuso.

Luigi                E va bene: era entrato la sera prima.           

Michele          Ah, era entrato la sera prima…… (riflette) Ma allora il cancello si chiude una sera sì e una sera no?  Scusate, o si chiude tutte le sere o non si chiude mai.          

Luigi                Sentite, se mi volete prendere in giro, io finisco di declamare e nonse ne parla più.

MICHELE      (prende la bottiglia e fa per minacciare Luigi) Non si può entrare nel cimitero, va bene? Quello è un luogo sacro, mica è ‘o mercato! Che fa? Uno entra, esce….. Quello dipende dal Comune.                                                            

Tutti               Ma no, andate avanti.                 

                                         

Luigi                Dunque:                                                    

S'incammina e avanza Sergio Pròculo.

Stanco si ferma,                                     

Geme e di soppiatto                                  

Si china                                                                           

E poggia il capo su di un loculo.

Michele          Ah, ecco! Abbiamo capito perché si chiama Sergio Pròculo!

Luigi                E sì, per la rima...

Un gufo veglia, ride una civetta.

E piove, piove. Il fiume s'è ingrossato.

Tatatatà! Strombazza

Una saetta

E uccide Sergio Pròculo

Chinato.                                                    

Ecco l'alba.

Ecco il sole.                                           

Ecco il sereno.

Che vedo intorno al loculo?

Un pezzetto di camicia

Un fazzoletto

Un bottoncino

Una scarpa slacciata

Un pedalino                        

Una matita rotta      

Un portachiavi

Una tessera stinta:

Non si capisce il nome.

MICHELE       Sergio Pròculo.

LUIGI              Come?

MICHELE   Sergio Pròculo, lo avete detto voi.

LUIGI          No, non si capisce il nome perché la tessera è stinta, va bene?

MICHELE   Ma scusate, ma se già si sa che si chiama Sergio Pròculo…..

LUIGI          Vi ripeto, la tessera è stinta, non si capisce il nome…..                                                   

Età: ventuno.                     

Altezza: un metro e ottanta.      

Colorito: olivastro.                                                        

Disoccupato.                  

Tutti               Bravo, bravo!             

Evelina           Complimenti.                          

Michele          Ionon ho capito niente. A me non mi piace      

Vincenzo       (a parte) Questo è proprio un cane, altro che poeta.Filome',  stappa questo sciampagne. (a tutti) Tenete pronti i bicchieri, ognuno si pigliasse il bicchiere suo.

Saveria          Peccato che Teresina vostra sorella non è potuta venire.

Michele         Ve l’ho detto, teneva tanta cose da fare. Sono venuto prima io, ma lei o stasera o domani al massimo sta qua.

Giovanni       Peccato, io per lei ero venuto. (Vede Luigino che chiacchiera con Evelina e s’arrabbia) Mannaggia bubbà.

Filumena       (ha sturato la bottiglia e versa lo champagne nei bicchieri) Ecco servito.

Michele         Né, permettete un momento. Alla salute di donna Saveria e di don Vincenzo Gallucci, al quale auguriamo cento anni di vita e di felicità!

Tutti              Alla salute!

SCENA SECONDA

I fiorai e detti.

2°Fioraio       (avvicinandosi a Filumena che sta sul fondo) Scusate, questa è villa Gallucci?

Filumena       Gnorsì.

2° FIORAIO   (chiamando verso il fondo) Antò, è qua, entra.

                        Entra il 1° fioraio con corona di fiori per morto; sul nastro c’è scritto: « A Vincenzo Gallucci. L’inconsolabile fratello Attilio »

Saveria          Che cos’è quella corona da morto?

Vincenzo       E perché questo malaugurio?

Michele         ‘On Vince’, è dedicata a voi.

Vincenzo       A me?

Michele         Sicuro, a Vincenzo Gallucci.

Vincenzo       Ma cheste so’ cose ‘e pazze.

Saveria          L’inconsolabile fratello Attilio…

Vincenzo       Attilio? E bravo, mi ha fatto lo scherzetto.

Evelina          E non vi pigliate collera, don Vince’,

Vincenzo       Vedete un poco, non mi piglio collera! Il giorno del mio compleanno mi vedo arrivare ‘na corona ‘e muorto…

Saveria          Chella è tutta invidia… ma non ti preoccupare, si devono rompere l’osso del collo tutti quelli che ti vogliono male. (Al fioraio) Dite a chi v’ha ordinato sta corona che Vincenzo Gallucci tiene una salute  di ferro e sta pronto per vedere sottoterra tutti i nemici e gli invidiosi!

Michele         Ma vedete che specie di scherzi che vanno facendo! (Al fioraio) Chi ve l’ha ordinata sta corona?

1°Fioraio       Nu signore: m’ha dato l’indirizzo, m’ha pagato e se n’è andato.

Giovanni       Vattenne, che qua ci sta tutta gente viva, che schiatta di salute.

1°Fioraio       Va bene, io sapevo questo? Mi dispiace che abbiamo fatto tutta sta fatica pe’ ve fa’ ‘na cosa a regola… E va bene, non mancherà tempo per servirvi come meritate.

Vincenzo       Tu he’ ‘a muri’ ‘e subbeto ccà fore stesso! (tutti inveiscono e fanno le corna verso i due).

1°Fioraio       No, io dico per qualche onomastico, qualche matrimonio.

Saveria          Non ci serve niente, non ci serve niente. Vedete che modo di esprimersi!

                        (I fiorai se ne vanno  con la corona)

                        Io vorrei proprio sapere chi è stato.

Vincenzo       E ce vuole tanto a capire? È stato il mio diletto fratello.

Saveria          Ma se quello sta a Roma?

Vincenzo       Come se ci  volesse tanto a incaricare un amico a Napoli… E bravo Attilio!

Saveria          Basta, non ne parliamo più. Don Giova’, vie voglio far vedere il regalo che ho  fatto a mio marito: un taglio di stoffa per un vestito che è un vero  bijou.

Vincenzo       Veramente bello: lo desideravo proprio un vestito come quello. Venite a vedere.

Giovanni       Con piacere. Viene pure tu, Eveli’. Mo’ vediamo se la finisci tu e quel pezzente spiantato!

                        (Viano con Vincenzo e Saveria)

Michele         Vedete che scherzi…

Luigi               È stata graziosa la combinazione… ‘O compleanno con la corona da morto! Io mi sono fatto un sacco di risate…

(Intanto Filumena ha sparecchiato la tavola a grande velocità, e ha portato via tutto).

Ah, tengo sete… Gesù, quella ha levato tutto da mezzo, pure l’acqua! Tengo na sete… Permettete.

Michele         E dove andate a bere?

Luigi               Mah… in cucina.

Michele         In cucina non c’è acqua.

Luigi               No?

Michele          È una casa antica.                      

Luigi                Ci sarà il pozzo.                                             

Michele         S'è seccato.                             

Luigi                Nemmeno in giardino ce ne sta?                 

Michele          Niente, nemmeno una goccia. 

Luigi                E come innaffiano il giardino?

Michele          Viene l'autobotte. Viene la sera e innaffiano il giardino. Per la casa ogni mattina vengono gli asinelli e portano i barili. Se volete l'acqua, dovete camminare un poco.

Luigi                Sì, faccio quattro passi. Dove sta la fontana?

Michele         Uscite dal cancello e girate a destra. Dopo cinque minuti di cammino trovate una scalinata rustica. Statevi attento che si scivola. Sott' 'a scalinata trovate un viale di piante di fichi d’India. Camminando camminando, queste piante spinose si stringono, ma non vi preoccupate perché lo spazio per passare ci sta. Passato il viale trovate la fontana.

Luigi                Vado subito: permesso e grazie.                        

Michele          Ci vediamo stasera.                    

Luigi                Ma io vado e torno.                          

Michele          So' quattordici chilometri.

Luigi                Quattordici chilometri?

Michele          Sì, quattordici ad andare e quattordici a tornare. Se volete bere acqua corrente. Se no, dovete bere quella che abbiamo bevuto a tavola. Questa, vedete... (Prende un secchio dietro un vaso di fiorì) Bevete.

Luigi                Ma è pulita?

Michele          È quella che hanno portato gli asinelli stamattina. È gelata. Bevete, bevete...

Luigi                Grazie. (Beve).

Michele          Bevete...

Luigi                Ho bevuto.                     

Michele          Ce ne sta ancora.                           

Luigi                Lo so, ma non posso bere tutto il secchio d'acqua.

Michele          Ma poi se la bevono gli altri. 

Luigi                E che me ne importa?

Michele         (minaccioso)    Bevi!

Luigi                Ma...

Michele          Bevi!

Luigi beve qualche sorso. Michele solleva dal di sotto il secchio per costringerlo a bere. Entra Filumena, va verso il fondo, da dove compare Attilio, vestito a lutto; Michele lascia Luigi per guardare Attilio.

SCENA TERZA

Filumena, Michele, Luigino, Attilio.

Attilio           (a Filumena)    Scusa, bella figlio', Villa Gallucci?

Filumena        È qua, entrate.

Attilio           Grazie. Io sono Attilio Gallucci, fratello di Vincenzo. Appena ho saputa la disgrazia mi sono messo dentro al treno ed eccomi qua con tutto che erano dieci anni che stavamo in urto.

Filumena        Ma qua' disgrazia?

Attilio           (vedendo Michele)    Guè, Miche'!                     

Michele          Don Attilio... E quando siete arrivato?

Attilio           Na mezz'ora fa.

Michele         E come mai, voi state in urto con vostro fratello.

Attilio           Ma di fronte alla morte cessa qualunque odio.

Michele          Perché, chi v'è mmuorto?

Luigi                A lui, naturalmente.

Michele          Si capisce: chi gli è morto a lui?       

Attilio           Come, Miche':  mio fratello Vincenzino.                       

Michele          Voi che dite? Quello sta meglio di me!

ATTILIO        Eh, voi lo dite per confortarmi…. Una pietosa bugia…..(si commuove).

MICHELE      No, quello è vivo. Adesso proprio abbiamo finito di mangiare, era vivo. Se era morto poteva mangiare? Vedete come fila il discorso?              

Attilio           Non è morto? Possibile?

Luigi                Quando mai? E’ vivo e satollo.

Attilio           E stu telegramma? (Legge) Avvenuto decesso vostro fratello venite subito vederlo ultima volta.

Luigi                Mo' si spiega il fatto della corona: l'avete mandata voi.

Attilio           Sì, certo. E chi si è permesso di mandarmi questo telegram­ma?

MICHELE       (leggendo il telegramma) L’ha mandato Michele.

ATTILIO        L’hai mandato tu?

MICHELE      E che un solo Michele ci sta sulla faccia della terra? Si vede che qualche amico che per farvi fare pace è ricorso a questo stratagemma. Vedete come fila il discorso? Certo, una volta che vi trovate qua dovete fare pace con vostro fratello. Dieci anni senza nemmeno parlarsi non si può ammettere.

Luigi               Bravo, portatelo dentro. Voi siete amico intimo, ci riusci­rete certamente.

Michele         Venite, venite.

ATTILIO        (schernendosi, con decisione) No, per piacere, no! Neanche se mi ammazzano!

MICHELE      (gli dà uno schiaffo) Ho detto venite con me! (lo strattona e spinge e gli dà altri schiaffi) Venite dentro e fate pace con vostro fratello! Cammina! (Viano, con Filumena)

SCENA QUARTA

Luigi e Evelina.

Evelina          (entrando)    Dunque, io sto qua: che mi dovete dire?

Luigi               Io me l'aspettavo sta domanda vostra: è quella di tutte le altre donne. «Che mi dovete dire? » Siate diversa dalle altre... « Che mi dovete dire? » E voi non lo sapete? Tutti gli sguardi appassionati che vi ho rivolto, tutta l’ammirazione che vi ho dimostrato, non vi hanno fatto capire niente? Voi mi dovete solo dire: «Sì, io pure ti voglio bene come mi vuoi bene tu ». (L'abbraccia).

Evelina          Ma voi correte troppo!

Luigi                Io ti voglio bene e ti voglio sposare.

Evelina          È una parola...Come si fa? Quello papà  non vi vuole nemmeno sentire nominare! Voi sta­te un poco disperato.

Luigi               Ma chi le mette in giro queste dicerie? Vedete, un poco di­sperato! Assai, assai disperato... voi dite « poco »!

Evelina           Dunque, vedete che non è possibile?

Luigi               Ma in compenso sono giovane e tengo buona la volontà di lavorare.

Evelina           Ti credo, sì, ma tutto questo glielo lo dovete spiegare a papà.

Luigi               Io? Quello già ha detto che mi piglia a calci... Ci vorreb­be una persona che gli facesse capire che tengo veramente inten­zione di lavorare, e quando mi sarò fatto una posizione ci sposiamo.

Evelina          Allora sapete chi ci può parlare? Donna Saveria, la moglie di don Vincenzo.

Luigi               Brava, quella è l'unica. (Fa per abbracciarla) Simpaticona mia! (Sentendo arrivare gente escono insieme).

SCENA QUINTA

Vincenzo, Michele, Attilio.

Vincenzo        È stato uno scherzo, va bene, non ne parliamo più.

Michele          Nu scherzo, però, che è riuscito a farvi fare pace. Die­ci anni in urto pe' na sciocchezza.

Attilio           Sempre così succede. Per un niente si trascinano i malumori per tutta la vita.

MICHELE       Eh sì, voi me lo diceste che lui vi aveva truffato cinquecentomila lire.

VINCENZO    Ma no, che dite?

ATTILIO         Ancora con queste cinquecentomila lire? (alterato) Non te lo sei levato questo pensiero dalla testa!

Vincenzo       (al fratello) Va bene, va bene, mo’ abbiamo fatto pace e basta. Però, senti, mi devi fare un piacere: levati sta giacca nera perché mi fa nu certo effetto.

Attilio           Hai ragione. (Si toglie la giacca).

Vincenzo       Vieni in camera mia. Ti scegli un vestito e stasera te lo metti.

Attilio           Grazie. A parte l'impressione che può fare un vestito nero... ma mi sento imprigionato. Avete mai fatto caso a quan­ti bottoni portiamo addosso noi? La quantità, la varietà... Non hanno ancora trovato un sistema per eliminare i bottoni. (A Michele) Io, mi dovete credere, i bottoni li odio.

Vincenzo        Vieni, Atti'.

Attilio           Vengo.

Viano; rimasto solo, Michele stacca i bottoni di tutte le giac­che che trova appese sulle sedie; arrivato alla sua, la guarda, riflette, la indossa senza toglierci i bottoni, poi se ne va in giar­dino.

SCENA SESTA

Saveria, Giovanni, Evelina e poi Michele.

Saveria          (entrando con Giovanni) Certo, avete fatto benissimo. Equando pensate di fare questo matrimonio?

GIOVANNI    Al più presto, appena possibile.

SAVERIA       E tu, Evelì, sei contenta?

EVELINA       E come no. Donna Teresina è una brava donna.

SAVERIA       Esì, e poi devi pensare che un bel giorno ti sposerai pure tu e papà rimarrebbe solo.

GIOVANNI    Veramente non ci sta concretamente in vista ancora niente.

SAVERIA       E invece,Don Giova', io  vi voglio parlare proprio di questo. Io voglio bene ad Evelina come a una figlia e vi debbo chiedere un favore.

Giovanni        Dite, signo': sono a vostra completa disposizione.

Saveria           Ecco qua:   don Luigino, povero giovane, si è messo vergogna di dirvelo e ha pregato me.

Giovanni        Ma di che si tratta?

Saveria           Vuole bene a Evelina. Evelina è innamorata di lui e si vogliono sposare.

Giovanni        Donna Save', ma voi dite veramente? Quello è un disperato! E’ un manicomio ambulante!

SAVERIA       Ma non potete sapere il cambiamento che può fare in vista di un matrimonio.

GIOVANNI  Che cambiamento!?  Donna Savè, chiedetemi quello che volete ma questo è impossibile. Io da un pezzo l'avevo capito che cosa si stava sognando don Luigino! E la miseria sarebbe niente: quello è uno stravagante, piange, ride... (Entra Evelina). Dice che vuole fare l'artista! Quello se ne deve andare solo al manicomio! (Vede Evelina) Ah, tu stai qua! E come hai potuto immaginare che io dicevo sì? Esci, vattene dentro, e mettitelo bene in testa che io  uno spazzino ti faccio sposare ma no quel pazzo!

Evelina          Ma io gli voglio bene...

Giovanni        Tu devi fare quello che dico io. Vattene dentro, hai capito? (Evelina si nasconde dietro Saveria). Se no ti faccio vedere io!

Evelina           'Onna Save', ma voi lo sentite? E che padre è uno che non vuole il bene di sua figlia? (Via a sinistra, piangendo).

Saveria          'OnGiova', ma perché  la trattate così?  Se non volete dare il consenso, non glielo date, ma non le fate mettere pau­ra, povera guagliona. (Via appresso a Evelina).

Michele         (entrando)    Che è stato, neh?

Giovanni        Sia fatta la volontà del cielo! Don Luigino si vuole sposare a mia figlia, quello stravagante. Quello è pazzo! Ma io non sono d’accordo e mi opporrò in tutti i modi! Io lle facevo spusa' a isso! Vo' fa' l'artista, invece e se ne deve andare solo al manicomio! Quello è pazzo, è pazzo!

Saveria          (rientra) Va bene, Don Giovà, calmatevi adesso. Però i figli non si trattano in questo modo! (A Michele) Voi vedete quante storie  perché don Luigino si vuole spo­sare la figlia. Ih che bruttu carattere!

Michele         Ma Don Giovanni ha ragione, signora mia! Voi forse non sapete niente: Luigi Strada è pazzo.

Saveria           Voi che dite?

MICHELE      Voi non sapete niente? Quello è stato un anno al manicomio. La famiglia non ha fat­to sapere niente per non discreditarlo in commercio, nella speranza che col tempo sarebbe guarito... ma quando mai? Quello sta peggio di prima! Io, per me, non mi ci avvicino più: mi metto paura. Quello è pericoloso, è capace di scannare una persona! (Vede Luigi che si avvicina) Eccolo qua. Io me ne va­do, ma voi statevi attenta: non lo contraddite, assecondate­lo. (Via)(Scena di paura di Saveria).

SCENA SETTIMA

Luigino e detta, poi Giovanni, Evelina, Vincenzo e Attilio.

                                                                                              

Luigi               (entra) Signora Saveria, signora Saveria, (Saveria si allontana, impaurita) Avete parlato con Don Giovanni? Che risposta v'ha dato? Ac­consente?

SAVERIA       Sì, sì, ci ho parlato (c.s.)

LUIGI             E che cosa vi ha detto?

Saveria          (appaurata)    Ah... ecco qua.

Luigi               Ha detto di no, io lo sapevo! Mannaggia  ‘a vita mia! Mannaggia! Io m’aggia sulo accidere!  (Dà in escandescenze a soggetto).

Saveria          No... no... calmatevi, calmatevi: ha detto di sì, acconsente….acconsente cu tutto 'o piacere.

Luigi               Ma come, era tanto contrario... Com'è che ha fatto que­sto cambiamento?

Saveria          (sempre appaurata) Ha detto: « Mi sono sbagliato... Don Luigino Strada diventerà un grande poeta e merita ogni considerazione»...

Luigi                « Ora Mistica », eh?

Saveria           Come...?

Luigi               La poesia che ho detto dopo pranzo ha fatto effetto! Donna Saveria mia, che gioia che m'avete dato! Voi mi avete fatto l'uomo più felice del mondo. Vi debbo baciare la mano.

Saveria          Non vi accostate che mi metto a strillare!

LUIGI              Ma volevo esprimervi il mio ringraziamento

SAVERIA        (c.s.) No,no, mi hanno chiamato…..

LUIGI             Non mi sembra.

SAVERIA       Sì, sì. Devo andare, devo andare. Permesso….mamma mia! ( fugge a destra come in concerto).

Giovanni        (entrando con Evelina) Sta qua, stu bello mobi­le! Non lo guardare,  se no sono schiaffoni.

Luigi                Caro suocero, cioè, papà! Evelina mia bella. Vi voglio baciare (bacia Giovanni) (Soggetto) E permettetemi di dare un bacio ad Evelina.

Giovanni        (al colmo dell'ira) Ma insomma, tu nun 'a vuo' ferni'! Mo' m'hai seccato, mo'! (Gli dà due schiaffi).

Evelina           Aiuto, aiuto!

Luigino rimane come di sasso, mentre Giovanni continua a in­veire a soggetto e entrano Saveria, Vincenzo e Attilio.

Saveria          Nu momento! Che state facendo? Lasciatelo stare, venite qua.

Saveria fa gruppo con tutti gli altri compreso Giovanni, al lato opposto di Luigino che si comprime il viso con le mani. Tutti ascoltano Saveria (che spiega sottovoce la situazione e la presunta pazzia di Luigi) e guardano con compassione e impauriti Luigino che non capisce che sta succedendo.

LUIGI        Quello mi ha schiaffeggiato! (si gira verso il gruppo, che arretra un po’, impaurito). Sentite….(si alza, fa per andare verso di loro, tutti scappano strillando)

Filumena       (entrando)    Don Luigi’, ma che è stato? Ho sentito tanto rumore!

Luigi                Io invece ho sentito tanto dolore! Ho avuto due schiaffi tremendi. Per lo meno ci stesse l'acqua...

Filumena        'A fontanella sta llà.                                       

Luigi                Seh, a quattordici chilometri!                          

Filumena        No, sta llà, sotto all’albero di gelsomino.            

Luigi               Ma perché in casa l’acqua ci sta?

FILUMENA   E certamente! E che ci mancava l’acqua? Nel villino ci stanno quattro bagni e fuori ci sono 40 attacchi per innaffiare

LUIGI           Sul serio? Ma sono cose da pazzi! Chilo ha fatto venì ‘a carenza ‘e ll’acqua! (esce)  Mo' ci vado a mettere la testa sotto. (Via).

SCENA OTTAVA

Teresa e detti, poi Luigino e Saveria.

Teresa            (dal fondo, preoccupata) Buongiorno, Filume’. Sai se qua è venuto mio fratello Michele?

Filumena        Gnorsì, signuri’.

Teresa            E io me l’ero immaginato.

Filumena        ‘A padrona aspettava pure a voi.

Teresa            Sì, lo so, ma non sono potuta venire. Chiamami un momento a donna Saveria, scusa.

Filumena        Subito. (Via).

Luigi               (entra con un fazzoletto legato in fronte)Uh, donna Teresina… Siete donna Teresina?

Teresa            E che, non ci vedete?

Luigi               Io vi vedo celeste, scusate tanto.

Teresa            E che fate con questo fazzoletto sulla fronte? Avete dolore di testa?

Luigi               Dolore di testa? Io, in testa, mi sento le granate. Pum, pam, pom! Ho avuto due schiaffi terribili, che solamente la faccia tosta mia li ha potuti ricevere.

Teresa            E da chi?

Luigi               Da don Giovanni, il padrone di casa vostro.

Teresa            Per causa della figlia! Io lo sapevo che finiva a mazzate!

Saveria          (entrando) Carissima Teresina, come stai?

Teresa            Così, non c’è male. Io ti devo parlare di una cosa molto importante.

Filumena traversa la scena.

Saveria          (a bassa voce) Sì, ma allontaniamoci da qua. Ci sta don Luigino. Quello è pazzo.

Teresa            Don Luigino?  Ma quando mai.

Saveria          L’ha detto Michele, tuo fratello.

Teresa            Michele… Don Luigi’, voi sentite?  Scusate, ma mio fratello ha detto a tutti quanti che voi siete pazzo.

Luigi               Overamente? Ma perché?

Teresa            (a Saverio) Quello è stato inquilino mio, lo conosco molto bene, è un poco stravagante, ma non è pazzo Qua ci sta un pazzo, ma non è don Luigino… è proprio Michele.

Saveria          Michele?

Teresa            E sì! Non posso più stare zitta e poi è inutile, tanto mi sono convinta che purtroppo Michele non ha speranza di guarire… Ieri è uscito all’improvviso, senza dirmi niente, e non l’ho trovato più. Stanotte non si è ritirato e immaginate con che pensiero sono stata: quello è uscito ieri dal manicomio! Io l’ho cercato per tutta Napoli e così so’ venuta qua.

Luigi               Ma è proprio pazzo?

Teresa            Sì, e questo vi sto dicendo. Non ho fatto sapere mai niente a nessuno per non discreditarlo nella sua attività di commercio di una volta.

Saveria          Quanto mi dispiace! Ma adesso andiamo dagli altri a chiarire stu fatto: quelli sono convinti che il pazzo è Don Luigino.

Teresa            E andiamo. (a Luigi) Voi venite?

Luigi               No grazie, io non voglio vedere nessuno.

                        Saveria e Teresa via.

SCENA ULTIMA

Michele e detto poi Teresa e tutti gli altri.

                                                                            .

Luigino, impaurito, si gira da tutte le parti, sentendo la presenza di Michele; infatti il pazzo ci sta, ma, come da concerto, è invisibile perché ogni volta che Luigino si gira verso di lui sparisce dietro una porta o un vano. Scena di paura a soggetto. Poi Luigino vorrebbe scappare ma le gambe non l’aiutano.

MICHELE     ( con turbante in testa fatto con asciugamano ed un altro asciugamano sulle spalle e con in mano un cesto pieno di rovi ed una falce tagliente, dopo averlo osservato a lungo con sorrisi da pazzo) Voi siete Michele Murri? Io sono il Professor Omar Oinitz Bey. Sono stato incaricato di portarvi nella mia clinica di Bombay, dove troveremo altri scienziati, miei colleghi, per un consulto, per discutere il vostro stato psichico e trovare una terapia adeguata per il vostro caso. Andiamo, dobbiamo prendere l’aereo. I colleghi stanno aspettando (lo conduce verso una sedia) Salite sull’aereo (lo fa sedere e gli dà in mano il cesto con i rovi). Io devo guidare, teneteli voi. Sono serpenti, ma non sono velenosi (Luigi è sempre più terrorizzato. Michele simula con la bocca il rumore del volo dell’aereo e dell’atterraggio). Siamo arrivati. Bene. Ecco la clinica. (Rivolgendosi ad un ipotetico uditorio) Illustrissimi colleghi, vi saluto. Ecco il paziente. E’ lui (a Luigi) Non abbiate paura. Voi non siete pazzo. Ma la vostra malattia risiede nell’ostinata posizione che prende l’umanità di voler ragionare a qualunque costo. Perché, se l’umanità  la smettesse di ragionare, naturalmente a scapito  di ogni propria libertà materiale e spirituale, voi sareste fra gli uomini un uomo normale, è vero colleghi? Io so che in Francia, come in Australia e in America (si interrompe come di fronte ad un’obiezione) Come?...Ah….anche in Germania…..(c.s.) anche in Austria?... Eh, sì, lo so, ma sono solo palliativi….e vedo che il collega cinese non è d’accordo con voi. Noi in India abbiamo un’altra cura che veramente può salvare il malato. Dice, ma in che consiste questa cura? E’ l’uovo di Colombo. E’ questione di sede. Dov’è la sede del male? La testa?! Allora a che cosa si ricorre? Si ricorre alla nostra terapia, che consiste nell’isolare il male nella sua sede, rendendolo inoffensivo. (Breve pausa) E ora passiamo alla pratica della mia osservazione. (Indica a Luigi un tavolino) Volete, giovanotto, mettere la testa qua sopra? (gli cala la testa sul tavolino e prepara la falce) Non vi preoccupate, io taglio piano piano, hai capito? Piano piano….. (alza la falce)………..

TERESA     (intervenendo per interrompere l’insano gesto) Michele, Michele!

MICHELE   Uè, Teresina bella, e che fai qua?

TERESA    Ti sono venuta a prendere perché dobbiamo tornare a casa (Luigi ne approfitta per scappare) E tu che fai con questo attrezzo in mano?

MICHELE     (sorridendo come se niente fosse) Niente. Me l’hanno regalato.

TERESA       E buttalo. (Michele esegue).

MICHELE    Hai fatto bene a venire. Noi ce ne dobbiamo andare subito. Qua c’è un pazzo. A me mi fa impressione…..sai, mi si risvegliano certi ricordi. E’ meglio che ce ne andiamo.

TERESA      E io perciò so’ venuta. Vatti a prendere il cappello e andiamocene, così togliamo il fastidio a questi signori.

Michele         Aspettami qua. Ma quello quando se ne va al manicomio?                                          

Teresa            Cchiù tarde, cchiù tarde.                                     

Michele esce.

Vincenzo       Donna Teresi', voi poi mi mandate un pazzo dentro casa.

Teresa            Ma io non lo sapevo che era venuto qua.

Giovanni        Donna Teresi'... e il matrimonio nostro? Evelina mi ha detto che voi vi eravate innamorata di me.

Teresa            E mo' è pazza pure Evelina.

Evelina          A me me lo disse don Michele.

Teresa            Ah, ecco! Don Giova', io non mi posso sposare... Tengo un sacro dovere da compiere: mio fratello. Mi devo de­dicare completamente a lui.

Saveria          Ce vo' pacienza...

Michele         (entra con cappello)   Eccomi qua.

Teresa             Signori, arrivederci.

Michele         Arrivederci.

(Saluta tutti, uno per uno a soggetto, facendo impietrire tutti per la paura, poi si avvicina a Luigi che si è rifugiato in un angolino)

Tu qua stai?

(Luigino fa cenno di sì a tutto quello che gli dice Michele). Vattenne 'o manicomio. Tu sei un pericolo per la società. La gente ha paura di te, hai capito? Gli amici, i parenti, 'a famiglia ti possono compatire, ma a un certo punto si rassegnano e ti abbandonano... Vattenne 'o manicomio...

Teresa            Avete capito...! (Via con Michele).   

Vincenzo        Povera donna.                              

Giovanni        Ha passato un bel guaio!

Attilio           Stiamo tutti quanti sott'al cielo.

Dicendo queste battute ognuno indossa la sua giacca, nota la mancanza di bottoni. Commenti e reazioni a soggetto : E che è? Ch’è stato?  Ma chi si e permesso di fare questi scherzi? (confrontano i bottoni che ritrovano nelle tasche) Chiste so’ ‘e mieie. No, i miei sono marrò…Aspettate, i miei sono più piccoli…No, chisto nun è ‘o mio…….CALA IL SIPARIO.