Francesco Randazzo
DITTICO DELL'ASSENZA
•
Certo è strano non abitare più sulla terra,
non più seguir costumi appena appresi,
alle rose e alle altre cose che hanno in sé una
promessa
non dar significanza di futuro umano;
quel che eravamo in mani tanto, tanto ansiose
non esserlo più, e infine il proprio nome
abbandonarlo, come un balocco rotto.
Strano non desiderare quel che desideravi. Strano
quel che era collegato da rapporto
vederlo fluttuare, sciolto nello spazio. Ed è faticoso
esser morti;
quanto da riprendere per rintracciare a poco a poco
un po' d'eternità.- Ma i vivi errano, tutti,
ché troppo netto distinguono.
Si dice che gli Angeli, spesso, non sanno
se vanno tra i vivi o tra i morti. L'eterna corrente
sempre trascina con sé per i due regni ogni età,
e in entrambi la voce più forte è la sua.
(R.M. RILKE - "Elegie Duinesi" - I vv. 69-85)
•
2
A - MORS
UNA STANZA MODESTA MA SOVRACCARICA DI
OGGETTI.
A SINISTRA, UN FINESTRONE DAL CUI DAVANZALE SI
INTRAVEDONO VASI DI GERANI ROSSI. AL CENTRO, UN
TAVOLO PIENO DI CIANFRUSAGLIE. PIATTI, BICCHIERI,
GIORNALI, BOTTIGLIE, STRACCI, FIORI FINTI ETC. A
DESTRA, UNA GRANDE GABBIA, DENTRO, SPERDUTI
NELLA VASTITÀ DELLO SPAZIO CHE LI RACCHIUDE,
UCCELLINI DI VARI COLORI CINGUETTANO UN
CONCERTO BAROCCO.
SUL FONDO SCENA, UN CUCININO E UN LAVABO. IN
COMPLESSO UN GRAN DISORDINE.
IL SOLE ENTRA DALLA FINESTRA.
I
Ognuno
(entrando, in impermeabile, asciutto)
Ecco. Ecco. All'asciutto. Sì. (Si toglie l'impermeabile) Asciugarsi.
Non preoccuparti, amore, mi sono pulito le scarpe prima di
entrare. Non ho sporcato. (Si toglie le scarpe) Vedi, sono
asciutte. Pure il pavimento è asciutto. Pulito.
Tutto è pulito qui . Ed io rispetto il tuo lavoro. Lo so che ci
tieni. Oddio! L'impermeabile ... (lo prende, lo scuote, poi gli passa
sopra le mani) ... è bagnato. Il pavimento ... Asciugo. Non voglio
darle un dispiacere. No. Asciugo. Ecco, si. Fatto. Pulito. Tutto a
posto, amore mio. Sapessi come piove fuori. Viene giù che Dio
la manda. Eh, le stagioni non sono più quelle d'una volta.
(Comincia a spogliarsi) Fa anche freddo, sai? Fuori. Qui si sta
bene. A casa. Con te. É bello, sai? Avere un posto caldo sicuro
al quale tornare dopo una lunga giornata passata fuori, al
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lavoro. E poi, ci sei tu. Il mio angioletto. Questa casa sarebbe
un caos senza di te. Tutto è in ordine, tutto pulito. tutto. Ed io
ti amo, anche per questo. Si. Quarant'anni d'amore.
Quarant'anni d'ordine e pulizia. Un uomo ha bisogno di certe
cose. Da solo ... è diverso, incapace. Un uomo non pensa a
certe cose, da solo. Ma le gradisce, quando ci sono. E le ama. Si
abitua alle comodità, anche se all'inizio richiedono attenzioni e
riguardi inusuali per lui. Ti amo, orsacchiotta. Anche se sei
taciturna oggi.
Hai mal di testa, eh? Riposati, tesoro, riposa tranquilla, penso io
alla cena. Vedrai, farò tutto a puntino. Ti preparerò le uova
sode, belle dure, come piacciono a te, con un pizzico d'olio ed
una goccia di limone, semplici e nutrienti. potresti viverci tu,
solo di questo, uova sode e pane. Semplici e nutrienti. Golosa!
Oggi ho incontrato il Dottore, mi ha detto che sua figlia aspetta
un bambino. É contento di diventare nonno. Sembra
ringiovanito. No. Non è sposata. No. Il padre non si sa chi è. Il
Dottore sospetta che lei lo sappia, ma non voglia dirlo,
probabilmente perché non vuole sposarlo o forse perché lui
non potrebbe. Ma la gioia per il piccolo esserino che nascerà è
più grande di queste sciocche sottigliezze. Che importa? Lui
sarà nonno, lei madre. E al bimbo non mancheranno affetto e
sicurezza economica. Certo, lei non lavora, ma troverà presto,
dopo i primi anni, e il nonno nel frattempo, penserà a tutto.
Non si accumula per una vita inutilmente. Adesso è il momento
di sfruttare l'esperienza accumulata, e i soldi. A proposito, è
arrivata la bolletta del gas? (Fruga sul tavolo) No, no, non
ancora. Meno male. Speriamo fra una settimana. Appena avrò
preso lo stipendio. L'avvocato mi ha promesso una gratifica
extra, sai? Si, per quel lavoretto che ho portato a termine
all'inizio del mese. Si, quello per cui sono andato a ..... proprio
quello. E tu che ti lamentavi perché per tre giorni sarei stato
via. Vedi? Sono stati ben ricompensati, tre soli giorni, in fondo
e qualche lira in più ci fa comodo. Forse potrò comprarti quel
nuovo ferro da stiro che ti piace tanto, quello che alla tivù
sembra una nave che solca il mare mentre stira una camicia
azzurra. Professionale. Vedrai, amore mio, che lo compreremo.
Vedrai tesoro, vedrai ...
4
II
NOTTE. ORA DALLA FINESTRA ENTRA L'ARGENTO
DELLA LUNA.
OGNUNO, IN PIGIAMA, ENTRA IN PUNTA DI PIEDI,
SENZA PANTOFOLE, LE TIENE IN MANO. LE POGGIA SUL
TAVOLO. SI AVVICINA ALLA GABBIA.
Ognuno
Shhh... Cip cip... Shhh... Shhh... Cip... Arriva papà! Silenzio
però. Dorme. Siamo liberi. Dorme. Ha il sonno pesante ma non
si sa mai: ogni tanto si sveglia, per controllare la situazione. Ha
una specie d'orologio interno. Come farà? É straordinaria. Una
donna eccezionale. Troppo. Troppo, per me. Io, passerottini
miei, ho bisogno, nella mia piccolezza, di questi momenti di
normale banalità. Piccole trasgressioni. Svagucci. E voi pure,
vero? Tutto il giorno chiusi qui dentro. Che noia, eh? Ma la
notte, lei dorme e noi (aprendo la gabbia) voliamo! Su, su amici
miei, via, via, liberi, voliamo! Così, così. Vai Teo, coraggio
rischia, guarda, guarda Lot sul lampadario, lui si che ha fegato!
Dai, prova anche tu. Ecco ... Oh! Fatto male? No. Bene.
Riposati qui sulla mia sedia preferita. Qui. Comodo.
Ehi! Cos'hai da cinguettare? Zitto, se no si sveglia e addio
libertà. Su, voliamo ... Voliamo! (Comincia a saltellare per la stanza
roteando le braccia) vola vola vola vola vola! ... Le nuvole, il
cielo, l'aria, l'acqua, le stelle, il sole, con loro, compagni, amici;
liberi, liberi! Vola vola vola vola vola su un raggio di luna,
sospeso, leggero come una piuma posata sul prato della notte,
piccola e felice nell'infinito. Le ali ... anch'io ho le ali, passerottini
miei, anch'io come voi. Noi voliamo voliamo voliamo ...
(Una porta cigola e si apre. L'uomo si blocca, con le braccia aperte,
terrorizzato. Rimane fermo per un lungo attimo, poi, completamente
svuotato si affloscia sulla sua sedia preferita. Piange. Poi si ricorda, si
alza) É colpa sua, sua, piccolino mio, perdonami, perdonami
piccolo mio, perdonami ... Guarda, guarda! Sei stata tu, non
volevi che imparassi a volare, non volevi. Ora è immobile, quasi
perfetto. Avrebbe imparato. Ma tu ... (Ha preso l'uccellino e lo
accarezza) Pulito, tutto pulito, a posto, in ordine. Dormi amore
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mio, dormi, dormi tesoro mio, dormi ... (Dall'alto, getta il
canarino nel bidone della spazzatura. Ultimo volo.)
III
OGNUNO DORME SEDUTO SU UNA SEDIA. UN RAGGIO
DI SOLE, DALLA FINESTRA LO ILLUMINA. GLI UCCELLINI
COMINCIANO A CINGUETTARE.
Ognuno
(Svegliandosi)
Sì, sì, è tardi, lo so.Va bene, va bene, mi alzo ... Mio Dio, ho le
ossa rotte: Ahhh ... Ho dormito male, dormo sempre male, da
troppo tempo. Male. Non si può dormire bene da soli, non si
può dormire bene su una sedia. Un buon caffè! Senza caffè non
è giorno che inizi. (Gli uccellini tacciono) Che silenzio. Non
pensavo, non immaginavo quanto potesse essere raggelante,
terribile questo silenzio. Questa stanza muta, ora. Solo io parlo,
solo io faccio rumore, solo io: Nel silenzio. Amore mio, perché?
...
Lo sai, oggi non vado in ufficio, no. Ho mandato a dire che sto
poco bene, oggi resto a casa, sto con te, amore mio. Voglio
passare una giornata intera tranquillo, qui, a casa, a parlare con
te. (Estrae dalla tasca una lettera) É nostro figlio, ci scrive. Sì, sì,
calma, metto su il caffè e te la leggo. (Compie l'operazione, poi si
siede al tavolo, apre la busta, meticolosamente distende il foglio e
comincia a leggere)
"Carissimi mamma e papà, come state? Spero bene, perché solo
il sapervi in buona salute e sereni mi da la forza di sopportare
meglio
questa lontananza che altrimenti sarebbe intollerabile. Qui non
si sta bene. Ma non preoccupatevi, saprò resistere e presto
arriverà il giorno in cui potrò riabbracciarvi e sorridere insieme
a voi. Nel frattempo pensatemi con affetto, così come io penso
a voi. Vi manda un bacione e un abbraccio il vostro
affettuosissimo figlio ..."
"P.S. Un saluto ai canarini di papà".
Avete sentito? Saluta anche voi, il mio passerotto grande vi
manda i suoi saluti. Siete contenti eh? Che bravo ragazzo
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nostro figlio, si preoccupa sempre per noi, è ... Magari a Pasqua
andiamo noi a trovarlo, che ne dici, tesoro? Lo so, lo so che il
viaggio costa e noi non potremmo permettercelo, ma è il
nostro unico figlio e con qualche sacrificio ce la faremo.
Cercherò un lavoretto da fare a casa la sera e raggranelleremo i
soldi necessari. Tu potresti risparmiare sulla spesa, mangiare
troppa carne fa male e con qualche bistecca in meno potremmo
risparmiare per i biglietti. Ce la faremo, vedrai. (Suonano alla
porta) Suonano. Sempre a quest'ora, ogni giorno. E non è mai
nessuno. Vado ad aprire. (Esce e rientra) Posta. Un
telegramma. Sarà nostro figlio che torna ... Vediamo ... "Ci
duole comunicarvi il decesso ..."
GLI UCCELLINI CINGUETTANO, FORTE, TROPPO FORTE.
IV
Ognuno
Non so decidere. Non ne ho la forza. Non sono mai stato
coraggioso. Ogni giorno la mia vita mi impone un ripiego, un
rimando: e tutto si ripete. Tutto riaccade come la prima volta.
Ed io ogni giorno mi mento e fingo di non sapere ma so e
nonostante tutto taccio a me stesso il motivo di questo immenso
silenzio. Mentre voi aspettate che io vi raggiunga ... sono un
vigliacco ... un vigliacco (Apre la gabbia e prende un canarino)
eppure basta un piccolo gesto, basta un po' di volontà poca
forza ... ed è fatto. (Ha strozzato con le dita l'uccellino)
Semplice. E impossibile. Ho paura.
V
OGNUNO É SEDUTO ACCANTO A UNA SEDIA VUOTA.
SERVE IL CAFFÉ AD UN OSPITE INVISIBILE.
Ognuno
Quanto zucchero? Ah, già, dimenticavo! Amaro. (Posa la tazzina
sulla sedia vuota) Aspetto. Ormai non c'è nient'altro da fare.
Attendere. Ha detto il medico. Attendere e sperare. Ma in
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che? Su chi? Mentre lei è lì dentro e respira e guarda e tace.
Non parla. Mi guarda. I suoi occhi sono bellissimi ancora
adesso, anche così. Mi guarda e chiude gli occhi. Mi dice
d'andar via, capisce, chiude gli occhi per dirmi che non vuole
che la veda così e non sa, non capisce che quegli occhi, i suoi
occhi sono l'unica cosa mi resta di lei, la mia unica speranza,
l'ultima certezza. É buono? Non riesco più a far nulla, sono
incapace, di tutto. So soltanto guardarla, solo abbracciare, il
suo sguardo , solo amare quello sguardo. Ma piango. La
guardo e piango, allora esco dalla stanza. Non voglio renderle
tutto più penoso, no, non si può.
Ce ne stiamo andando, sa? Tutt'e due. Io e lei, sì, insieme.
Come sempre. Lontano. Lontano ... (Prende la tazzina dalla sedia
e la rimette sul tavolo) Proprio uno schifo eh? (Si apre la porta
della camera da letto, la luce che penetra, disegna un mesto rettangolo
per terra. Dalla porta vola in scena un uccellino nero dal becco rosso.
Ognuno china il capo e guarda fisso le sue mani.)
VI
OGNUNO É IN PIEDI SUL TAVOLO. LA GABBIA É
APERTA.
Ognuno
Che ci faccio, io, qui? Ancora qui. Non c'è nessuno, io lo so,
nessuno. Io stesso non ci sono. Tutto incubo. Com'è difficile,
però ... non esserci ... volare ... via via ... come un uccello.
Quando ero giovane leggevo, Rilke: era il mio pane, Rilke...
Non scrivevo, no. Non ne avevo il coraggio, la forza. La
cattiveria. Contro di me. Contro Rilke. Contro. Ero buono.
Sono sempre stato buono. E mi sono perfezionato in questa mia
qualità, sono diventato un perfetto buono, a nulla.
Perfettamente modesto, impiegatizio, coniugale, paterno,
mezze maniche, sempre, in ufficio e fuori, per strada, a casa,
sempre, dovunque. Felice, microscopicamente felice. Appagato
del solo fatto che i miei atomi componessero la mia persona, la
mia casa, mia moglie, mio figlio. Ho passato ore intere ad
osservarmi il palmo della mano, soddisfatto della sua
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conformazione, della sua esistenza, fiero della rotondità
carnosa che stava sotto il mio pollice, la mia rotondità, il mio
pollice, io. Stupenda piccola felicità. Immensa. Illusa d'eternità.
Non riesco. Non riesco ad andare. Via. Mille volte ho fatto e
disfatto le valigie. Un diversivo. Un autoinganno. Non
servono. Per questo viaggio basto io solo. Ma ... continuo a far
finta di niente, ad osservare la rotondità sotto il mio pollice,
senza più compiacimento, senza più gioia, senza guardarmi.
VII
Ognuno
Sono stanco, stanco di queste notti insonni, di questi giorni
assopiti. Il soffitto di questa stanza è per me ormai, da troppo
tempo, un cielo sempre uguale, sempre cupo, opprimente. I miei
occhi ora, sognano di vedervi nuvole inesistenti, soli che non
possono sorgere, lune impalpabili e perdute: la realtà è solo
cemento e una lampada da cento watt. La finestra, devo aprire
la finestra, aprire il cielo e berlo tutto, d'un fiato.
VIII
SOTTO LA LUCE DI UNA LUNA CHE NON C'É,
SIEDONO UNA DONNA ED UN RAGAZZO, SILENZIOSI,
NON SE NE DISTINGUONO I LINEAMENTI. MANGIANO
DA PIATTI VUOTI, GUARDANDOSI. OGNUNO É
SEDUTO CON LE SPALLE RIVOLTE AL TAVOLO MENTRE
CONTINUANO A MANGIARE, SI SENTONO LE VOCI
DELLA DONNA E DEL RAGAZZO.
Donna
Cosa aspetti, non vedi che ci nutriamo di nulla, nell'attesa che tu
venga da noi a fare di nuovo compiuta la nostra esistenza?
Ognuno
Non posso ... Non voglio ... Ho paura ...
Donna
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Le mie braccia, le mie labbra, qualcosa di me ha mai potuto farti
del male?
Ognuno
Le tue parole, a volte. Spesso tu non capivi ... non mi capivi ...
Donna
Nessuno può capire fino in fondo un'altra persona, anche tu
non capivi ... ma c'era l'amore al di sopra di questo, di tutto,
che ci univa ed eravamo in questo amore un'unico essere in due
persone diverse. Ora siamo separati, ora qui è solo assenza:
l'amore non mi raggiunge perché tu non vuoi rinunciare ad
essere solo, a fingerti finalmente libero. Spogliati del peso che ti
trattiene e vieni, vieni da noi.
Ognuno
L'amore sì, è vero ... ti ho amata più di quanto io non abbia
voluto ... ti amo ...
Ragazzo
Papà, ho paura ... Mi manchi, papà ...
Ognuno
Non posso, non posso, non posso. Non so nemmeno come
potrei.
Ragazzo
Basta volere, papà. Ricordi lo dicevi sempre a me, ed io sono
cresciuto con questa certezza. Basta ora che tu lo voglia ... La
strada ti si farà da sola ... l'aria ti porterà con sé ... a noi ...
vieni.
Donna
Vieni ...
Ognuno
..... Sì.
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IX
Ognuno
Il sole oscura questa stanza, il silenzio grida, mi assorda!
Cantate, cantate amici miei! Volate voi, voi che potete, volate!
Su in alto verso la mia fuggita realtà ... su, su, su!
PRENDE AD UNO AD UNO I CANARINI E DOPO
AVERLI STRANGOLATI LI LANCIA DALLA FINESTRA.
Ognuno
Le vostre piccole ali ora sono immense, il vostro canto è coro,
madrigale, requiem e alleluja. Forti grandi aquile da piccoli
passeri siete divenuti,liberi dalla necessità di sopravvivere a voi
stessi dentro una gabbia buia, servi della mano che vi nutriva,
ora più forti di colui che vi ha donato la morte, di colui che non
sa vivere, né morire.
UN SOLO UCCELLO É RIMASTO VIVO. É USCITO
DALLA GABBIA E SALTELLA SUL TAVOLO.
Ognuno
Solo. Solo. Fino in fondo. Ora il terrore dell'oscurità, del silenzio
mi darà la forza di volare, anch'io.
Tu! Sei tornato da me, hai voluto essermi compagno nell'ultimo
volo, andremo insieme, sì,le tue grandi ali reggeranno anche
me, coraggio, amico mio, coraggio ...
SI FA BUIO, L'UCCELLINO CANTA LIEVEMENTE FINO
A STRIDERE. UNA LUCE TENUE, ORA, ILLUMINA IL
CORPO RIVERSO DELL'UOMO, PALLIDO, DI CRISTALLO,
MENTRE UN UCCELLO BIANCO SI POSA SUL SUO CAPO.
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MISTERO DELL’ ANGELO
UNA GRANDE STANZA, CON UNA PROSPETTIVA MOLTO
ACCENTUATA, VERSO IL FONDO DELLA QUALE SI APRE
UNA ALTA E LARGA FINESTRA A QUADRONI DA CUI
PENETRA UNA LUCE LATTEA. AI DUE LATI, DUE AMPIE
SCALINATE DAI LARGHI SCALONI IN PIETRA NUDA, SU
QUELLA DI SINISTRA, A METÀ, SI TROVA RIVERSA
UN’ARMATURA ARGENTEA, CINQUECENTESCA. A
DESTRA, INVECE, VI SONO POSATI UNA SPADA E UNO
SCUDO DELLO STESSO PERIODO. ALLE PARETI TORCELAMPADE,
UNA PER LATO. SEMPRE SULLE STESSE
PARETI SONO RITAGLIATE DUE PORTE, INVISIBILI
QUANDO CHIUSE SE NON PER LE MANIGLIE
CONSISTENTI IN DUE BRONZEI POMI. IL PAVIMENTO É
DI GRANITO CHIARO VENATO DI GRIGIO E DI NERO.
ALCUNE SEDIE, CONSOLLE, UNO SPECCHIO SONO
ALLINEATI ALLE PARETI. UNA POLTRONA E UN
TAVOLINO IN PRIMA A SINISTRA, A DESTRA, SEMPRE IN
PRIMA, UN TAVOLO APPARECCHIATO PER DUE MA CON
UNA SOLA SEDIA ACCANTO. TUTTI QUESTI MOBILI
SONO SCURI, SCABRI, ROBUSTI. L’ARCO SCENICO É A
VOLTA, SORRETTO DA DUE PICCOLE LESENE,
SOBRIAMENTE DECORATO DI FREGI, CHIARO. IN
FONDO, SOTTO LA FINESTRA, UN UOMO VESTITO DI
GRIGIO, ELEGANTE, É SEDUTO SU UNA SEDIA A
ROTELLE, UNA GAMBA PIEGATA SULL’ALTRA, LE
BRACCIA CONSERTE ED UNA MANO SUL VOLTO A
REGGERE IL CAPO CHINO. SULLE SUE GINOCCHIA É
POSATO UN ROSARIO NERO A GRANI GROSSI. UNA
DONNA DAI CAPELLI E IL VESTITO NERI, SIEDE ALLA
TAVOLA APPARECCHIATA.
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I
ALL’APRIRSI DEL SIPARIO, SULLA LUCE CHE SALE
FIEVOLE E BIANCA, PRODUCENDO GRANDI E GRIGIE
OMBRE, SI SENTONO LE BATTUTE INIZIALI DEI
KINDERTOTENLIEDER DI MAHLER, FINCHÉ LA DONNA
NON PARLERÀ.
MAGDALENA
Sempre. Sempre così. Ma io no. Io no. Fa come vuoi. Ma io no.
Non sono come te. Io...
Sono secoli. Che aspetto. Fa come vuoi. Ma non ti servirà. Fa
come vuoi. Ma io no.
PAUSA
PAOLO
(In un soffio)
No...
PAUSA
LEI LO GUARDA FISSO PER QUALCHE ISTANTE, COME SE
ASPETTASSE, COME SE SPERASSE; POI PRENDE IL PANE,
LO SPEZZA, LO SBRICIOLA NEL PIATTO, SI SERVE DEL
BRODO. MANGIA. IN SILENZIO. SI SENTE SOLO IL
RUMORE LIEVE DEL CUCCHIAIO SUL PIATTO,
DELL’ACQUA VERSATA NEL BICCHIERE.
MAGDALENA
Sei medico, no? Un luminare, dicono. Dicevano. Eppure...
Ippocrate è morto. Paracelso è morto. E Galileo, Michelangelo,
Raffaello, Shakespeare, Goethe, Jensen, Koch, Verdi, Puccini,
Mozart, persino Beckett.
Tu no.
Seduto e basta. Stop. Tutto finito. Fermo. Basta. Niente. Ma
seduto. Presente. Un’immagine senza speranza. Tutti... Tutti.
Tu no. Da uccidersi. (Ride)
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PAUSA
PAOLO ALZA LA TESTA, LA GUARDA.
PAOLO
Ho fame.
MAGDALENA
Ora no. Non più. Tardi. Fame? Non esiste! Il nutrimento, quello
sì. Ma tu non ci sei. Non ce n’è bisogno. No. Non per te.
Ormai. Fisso, fermo: seduto lì per ore senza rispondere, senza
alzare la testa. Assente. Non ci sei. E poi d’un tratto, così,
quando ormai mi sono convinta che è inutile, che non ci sei, che
sono sola, il morto - morto? -, sì, in fondo la sostanza è quella,
il morto insomma, si sveglia ed ha fame!
Non ci sei. Non ci sei più. Finché non verrai. Prima però. Prima.
Per me, prima. Per me.
PAOLO PRENDE IL ROSARIO E COMINCIA A PREGARE
LENTAMENTE, A VOCE BASSA: INCOMPRENSIBILE
LITANIA. MAGDALENA SI ALZA ED ESCE DA DESTRA.
PAOLO CONTINUA A PREGARE, POI D’IMPROVVISO
TACE, RUOTA LA SEDIA, RIVOLGENDOSI ALLA
FINESTRA.
PAOLO
Verrà?
MAGDALENA
(Rientrando)
No.
PAOLO SI VOLTA RAPIDAMENTE E LA GUARDA CON
RABBIA. MAGDALENA, SFIDANDOLO, GLI SI AVVICINA.
MAGDALENA
No. (Incalzandolo) No. No. No.
PAOLO ALZA DI SCATTO IL ROSARIO. MAGDALENA SI
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BLOCCA, IMPIETRITA.
PAOLO
(Duro)
Verrà.
II
PAOLO DORME SULLA SEDIA. MAGDALENA ENTRA
DALLA PORTA DI SINISTRA. É VESTITA D’AZZURRO, HA
IN MANO DEI FIORI. VA VERSO PAOLO,
SILENZIOSAMENTE.
MAGDALENA
Dormi, caro, dormi. (Prende una coperta dalla poltrona e la posa
sulle ginocchia di Paolo. Il rosario scivola per terra.) Fa fresco.
Ecco. Così, così va bene. Dormi. (Va a posare i fiori in un vaso su
una consolle a destra. Si guarda allo specchio.) Che occhi grandi,
chiari, profondi. Per te. Sono tuoi. Bianca. Pallida come neve.
Pelle d’oro bianco, mani d’avorio. Un angelo, caro. Tuo...
Il tuo spirito riposa, la tua anima si libera nel sonno dal suo
dolore, dall'angoscia: nera luce notturna; e si fa giorno in te,
tutto rinasce nuovo, chiaro, sereno. Mai più tempeste. Mai più.
Luce, luce. Solo luce su di noi. I tuoi occhi si apriranno nuovi a
vedere un sole dimenticato, la terra profumerà carica di vita e
noi respireremo un’aria filigranata di stupore, i nostri corpi
berranno in loro due anime ritrovate, vergini. (Sale la scala di
destra)
Occhi chiari, profondi. Guance di neve, bianche. Mani d’avorio.
Un angelo. Il tuo, angelo. Un angelo. Il tuo. Angelo. Io.
MAGDALENA É ORA ACCANTO ALLO SCUDO E ALLA
SPADA. TUTTO SI STRAVOLGE INTORNO, LA LUCE SI FA
D’ARGENTO, IRREALE, IN ESSA SI APRONO RAGGI
DORATI COME UN SOLE D’ICONA. MAGDALENA É ORA
NELLA LUCE. É LUCE.
PAOLO, ORA SVEGLIO, LA VEDE, SORRIDE. SI ALZA.
PAOLO
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Sei venuto?
MAGDALENA
Sì.
PAOLO
Per me?... Il mio...
MAGDALENA
Il tuo angelo.
PAOLO
Luce. Luce che attendevo. Luce. Mia luce. Prendimi
MAGDALENA
No. Non ancora. Questa luce dovrà farsi fuoco, tutto prima
dovrai ardere di te. Tutto. Dopo berrai le fiamme ed esse ti
ristoreranno, le tue ossa saranno lucide, il tuo cranio canterà la
gloria e si bagnerà alla fonte del fiume di cristallo: il Vivente con
la Sua bocca reciderà le tue tribolazioni.
PAOLO CROLLA A TERRA. MAGDALENA PRENDE LA
SPADA E LA INFIGGE PER TERRA. UN ROMBO DI TUONO,
DI TERREMOTO SCUOTE TUTTO, MENTRE DI COLPO SI
FA BUIO.
III
PAOLO, AL TAVOLO, MANGIA. MAGDALENA, SEDUTA IN
POLTRONA, FA I TAROCCHI.
MAGDALENA
La ragione: ecco cos’è. Perniciosa. Sì. Perniciosa. Affilata e
fredda, dove passa taglia, incide varchi profondi. - Sangue,
tanto sangue sulla tavola del Saggio. - Hanno creduto tutti, per
secoli, che fosse l’occhio della chiarezza sul mondo. La ragione.
La “divina” ragione. L’implacabile. Dal primo momento ha
intorbidato di sangue le piazze del mondo facendo calare lame
precise sul collo dei suoi amati filosofi. - Papessa in trono. - E
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poi sono tornati ad amare l’estro, l’umano che si trasfigura: i
pagliacci, gli acrobati, i pazzi: un nuovo Olimpo... Via, aprite le
porte alla follia! - Matto alla rovescia. - Una ragione invertita
non è sana follia. No. Non è sana. No. Non è follia. - Eremita
e... Morte. -
Ho i brividi. (Pausa) - Bagatto! - (Alzandosi, inquieta) Questa
sera non dormirò. Lo so. L’aria è piena di mercurio e di
piombo. Guarda, guarda com’è strano il sole: stasera tramonta
in un pianto rosso cupo, come un grosso grumo di sangue che
si condensa sulla crosta della terra. Che natura è mai questa
che ci porta immagini così terribili? Quest’angoscia non
tramonterà mai. (Lo guarda) Taci. Hai mangiato troppo. É
inutile, per te. Inutile. Non ti perdonerò mai. (Pausa. Sospira, va
alla finestra guardando fuori, poi si volta, allegra) Ho voglia di
cantare, forte. Piano. Piano. Forte. Con la voce che mi viene su
dallo stomaco, dal petto, dalle tempie. Aria aria aria, flusso
trasfuso in colonna d’argento che tintinna in gola. (Si siede al
piano e canta, Mahler, Kindertotenlied n°1. Poi,) É come la voce
del mare questo canto. Un cerchio che si chiude e si apre, si
chiude e si apre, sempre, senza fine. Totale. Un vortice che si
afferma e si nega divenendo musica. Canto. Pensiero. (Pausa)
Domani andremo al mare. Vuoi? Ti farà bene respirare la
salsedine aspra. Sentire il vento sulla faccia e bearsi dello
sgomento di una vista sterminata. Azzurro. Azzurro blu.
Azzurro e blu. Ti piaceva, ricordi? Mi portavi sulla costa a
passeggiare come una capretta al pascolo, su per sentieri
improbabili, per goderci vedute di una bellezza disarmante. Mi
guardavi e ridevi. Ridevamo. Posavo la testa sulla tua spalla e
tu m’accarezzavi. Mi baciavi leggero e forte come la schiuma del
mare su una rosa d’alghe rosse. E il vento cullava i nostri sogni,
i nostri sorrisi. (Pausa) Non ti perdonerò mai.
PAOLO LA GUARDA A LUNGO, POI LE TENDE LA MANO;
MEI LENTAMENTE GLI SI AVVICINA E LA PRENDE FRA LE
SUE. PAOLO PIANGE.
MAGDALENA
Il giorno in cui non ci sarai più, nemmeno così, per quel poco
che sei adesso, quel giorno piangerò, sì, piangerò, per lo
sgomento della conferma alla tua assenza di oggi che allora si
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farà precisa, assumerà una forma più vera di quest’immagine
che ora mi appare di te, tangibile: un grande buco di marmo,
un pozzo nel quale la mia voce urlante si perderà senza eco.
Allora io sarò come te. Senza di te. Senza di me. Senza. E non
aspetterò nessuno. Non arò più fame né camminerò, soltanto i
miei occhi sogneranno fissi nel quadro di questa stanza
silenziosa e il lieve suono del respiro mi sarà compagno, tenace
orologio del mio fermo cammino. E non conoscerò più la mia
voce. (Pausa. Lo lascia)
No, non potrò mai perdonarti.
L’OROLOGIO VA INDIETRO MENTRE SI FA BUIO.
IV
ORA LA SEDIA A ROTELLE É VUOTA, SOPRA VI É SOLO
LA COPERTA, A RIVESTIRLA COME FOSSE UNA SEDIA
QUALUNQUE.
MAGDALENA, LA STESSA MAGDALENA, É ORA GIOVANE,
VESTITA DI BIANCO E DI FIORI PASTELLO. GUARDA
FUORI DALLA FINESTRA, É IMPAZIENTE: ASPETTA.
MAGDALENA
Con la luce, col sole, col cielo che si schiara, sulle nubi cariche
dei pensieri gridati nella notte, tu verrai. Stanotte ho giurato.
Ho gridato il tuo nome e tu lo hai sentito. Il tuo orecchio è
posato sul mio cuore, sempre. Da sempre. Ho creduto che non
fosse così. Avrei voluto non saperlo ma tu sei già dentro di me,
dal giorno in cui, bambina, ho detto: “Io sono Magdalena”. Un
fiato mi è entrato nel petto, uno spasimo forte, un’ansia nuova,
un respiro caldo che mi dava un tremito terribile, un respiro, sì:
ma non era il mio. Eri tu.
Negarlo non è servito a nulla. A nulla, fingere di non sentirti e
perdersi nello sgomento di sensazioni nuove, profonde, cariche
del fuoco della carne, questa carne che ho bruciato tra le
braccia di sconosciuti, per non sentire il tuo abbraccio leggero,
chiaro, intimo. Ora so che tutto non è stato che un rapido
crepitio di scintille vane e tu paziente e dimesso, ora, ancora, sei
qui, dentro di me. Adesso ti aspetto. Attendo l’immagine fisica
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del mio spirito che è già tuo. Ora io ti voglio. O sole, sole
annega nel cupo di una notte infinita, copriti il volto e rendimi
cieca, perché ho il timore di vedere il suo volto magnifico e
tremendo. In esso io leggerò le mie colpe ed il suo perdono. Io
avrò schifo di me e.... paura... ho... paura...
APPARE DALLA FINESTRA IL ROSSO DISCO DEL SOLE
CHE INESORABILMENTE SORGE, ARROSSANDO L’ARIA.
SULLA SCALA DI SINISTRA, IN ALTO, APPARE UN
GIOVANE DAI CAPELLI NERI E LUNGHI; I SUOI
LINEAMENTI SONO FORTI, UN POCO IRREGOLARI;
EMANA UN DECISO, TORBIDO FASCINO SOSPESO FRA LA
CHIAREZZA E L’OSCURITÀ. HA L’UNGHIA DELL’INDICE
SINISTRO LUNGA, D’ARGENTO.
GIOVANE
Hai giurato. Vi è in un giuramento una fede che si rafforza e si
perde: in sé stessi, in colui cui si giura. É umana la paura ma più
forte è la sicurezza dell’anima che si getta a braccia aperte nel
gorgo dell’incertezza con la fermezza del santo, incosciente
eppure salda, incrollabile.
MAGDALENA
Nulla in me è santo.
GIOVANE
C’è in te più purezza di quanto tu non immagini.
MAGDALENA
No... no. L’oscurità è in me, mi ricopre tutta nonostante questo
sole, nonostante questa luce.
GIOVANE
Anche gli angeli hanno un’ombra. Guarda, osserva la mia. (Va
dinanzi alla finestra, contro la luce, proiettando una grande ombra
crociata) Strana, eh? Sconcertante direi. A volte mi diverto con
essa. In chiesa. Entro e mi metto accanto al crocefisso, dietro
delle candele accese, invisibile a tutti. Poi, quando un fedele, o
meglio una pia vecchina, s’inginocchia sotto la croce per
pregare, d’improvviso appaio, luce ed ombra, una grande
19
ombra che si unisce a quella del simulacro, formando un
grande, nero compasso e la mia bocca proferisce un vento
gelido come le mani di un morto, o di un Dio. E tutti vi leggono
un segno grande e tremendo: di Dio o di Satana, non importa,
ognuno teme e reagisce alla stessa causa nello stesso modo ma
con diversi effetti! Mi burlo della stolida ragione degli uomini.
Anime bianche come lenzuola o nere come il fondo di un pozzo,
per la loro inutile intelligenza. Non sanno, non vedono, perché
non vogliono, che tutto è tutto e che la stessa lice non è bianca
che solo in apparenza. Come me. Come te. Come tutti. Anche
Lui.
MAGDALENA
Io? Allora, tutto questo? Perché ti ho aspettato, perché ti ho
temuto, rifiutandoti fino ad oggi, per sapere che tutto doveva,
poteva e doveva essere come è stato?
GIOVANE
Sì. Anche per questo. Ora però dovrai amarmi per ciò che sarò.
Finora ti ho abitata, presente in te, come e più che vivo dentro
di te. Ne hai avuto tutto ciò che sei stata. Ora io ho bisogno di
te e per te sarò uomo: vivremo insieme la gloria dei sensi e la
bellezza della gioventù, poi, sarà la prova più lunga, la caduta
improvvisa, l’annientamento, il sacrificio perenne, finché non
riceverai in te la mia luce perduta ed io rinascerò, e tu sarai con
me, per sempre.
PAUSA
MAGDALENA CORRE ALLA FINESTRA E CON LE MANI
ABBRACCIA IL VETRO.
GIOVANE
Stanotte hai giurato. Oggi è l’ora del patto.
MAGDALENA GLI PORGE LE MANI, COI PALMI IN SU.
GIOVANE
No. Niente sangue. Basta un suggello a firma. Un bacio. Vado
ora. Tra poco ritornerò, entrerò da quella porta e tu non mi
riconoscerai, ma sarò io, starai al patto e lo suggellerai con la
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tua bocca sulla mia, per sempre. Se non lo farai io me ne andrò
per sempre e tu sarai per sempre vuota. Addio allora, o a tra
poco. In ogni caso, per sempre. (Sale per le scale e sparisce)
BUSSANO ALLA PORTA DI SINISTRA. MAGDALENA
SUSSULTA, POI VELOCISSIMA SALE PER LE SCALE DALLE
QUALI IL GIOVANE É SCOMPARSO, SPAURITA RITORNA
INDIETRO, AL CENTRO DELLA STANZA CON LE SPALLE
RIVOLTE ALLA PORTA. BUSSANO.
MAGDALENA
Avanti.
ENTRA PAOLO, LO STESSO PAOLO, MA GIOVANE, IN
ABITO CHIARO, SORRIDE.
PAOLO
Buon giorno, signorina, i suoi genitori sono preoccupati per lei
e mi hanno pregato di venirla a trovare. (Lei gli si avvicina)
Sono il dottor Paolo M... (Lei lo bacia)
UN FORTE VENTO SPAZZA GELIDO LA SCENA E
INGHIOTTE TUTTO NEL VORTICE BUIO.
V
MAGDALENA SOLA, SEDUTA.
MAGDALENA
Ho costruito dentro di me tutto questo. Delirio della mia
perduta mente. Eppure ancora le labbra mi si gelano al ricordo
di quel bacio. Lì ho scritto il mio destino. Ho attraversato
ridendo il giardino dell’inizio, bevuto dalla fonte della tua
purezza, mangiato il fuoco delle tue carni. Ora soltanto
deserto, dove io vivo col miraggio della tua figura, speranza di
ciò che tornerai ad essere. Per me. Hai voluto che pagassi con
la perdita e il supplizio: adesso il riscatto viene pagato ma dopo,
cosa avverrà?
Piango per il frutto non nato di quest’amore spento poiché io
adesso non credo più.
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Non voglio più credere nel sogno che mi sono costruita.
Ricordo e dimentico il mistero dell’angelo, ora svanito, ora
morto; e mi interrogo sull’enigma che non so risolvere. Perché?
Perché?...
Domani io vedrò la fine. E il tuo principio. Avido vampiro
divino, ti vedo, ritorno a vederti com’eri, come sei; il tuo
inganno ha frodato la mia mente ed ora sono schiacciata sotto il
peso tremendo della tua ombra, l’orribile croce.
ENTRA PAOLO, DA DESTRA, SULLA SEDIA A ROTELLE.
MAGDALENA
Stanotte ho sognato le nostre ossa danzare sulla sabbia,
coperte dal metallo della luna, unirsi con foga scricchiolante e
cantare un gloria atterrito. Urlando ho partorito le tue carni in
lago di fango rosso, la tua risata ha spaccato il mio cranio
bagnato dal dolore e tu hai soffiato sulla polvere che io ormai
ero divenuta: hai reso vento me e sei tornato ad essere Dio.
(Pausa)
Eppure mi sono svegliata con la sensazione di una leggerezza
sublime intorno e dentro di me. Eppure, guardandoti dormire
accanto a me, ho sorriso al tuo lieve respiro, ti ho amato
ancora, comprendendo la tua presenza, bruciandomi in essa
con l’allegria incosciente che tu m’insegnasti, un giorno lontano,
ad avere. Quando hai aperto gli occhi hai veduto i miei ed un
sorriso indimenticabile ha illuminato l’aria: noi.
“E FU SERA E FU MATTINO”...
VI
DA LONTANO GIUNGE UN SUONO DI CAMPANE E DA
FUORI SI LEVA UN BRUSIO CHE ACCOMPAGNERÀ IN
CRESCENDO TUTTA LA SCENA.
MAGDALENA
(Affannata)
Ecco, ecco. Ascolta. Ascolta. Questo tumulto, questo richiamo.
É l’ora. Adesso. Adesso!
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CORRE PER TUTTA LA STANZA E PRENDENDO DA
LUOGHI NASCOSTI DELLE LENZUOLA BIANCHE, NE
RICOPRE OGNI COSA, OGNI MOBILE, OGNI SEDIA.
FINCHÉ TUTTO É COPERTO E LA LUCE S’OFFUSCA,
SOLCATA SOLTANTO DALLA RAGGIERA D’UN SOLE
IRREALE.
MAGDALENA
Verrà?
PAOLO
Verrà.
MAGDALENA
Sei pronto?
PAOLO
Sì.
MAGDALENA
Anch’io.
DA LONTANO UN RINTOCCO DI CAMPANA.
MAGDALENA ABBRACCIA PAOLO E LO BACIA,
PROFONDAMENTE, A LUNGO. LA LUCE IMMANE D’UN
SOLE CHE ESPLODE, TUTTO INCENDIA, TUTTO RIDUCE
AL BUIO.
23
VII
MAGDALENA, ORA IN ABITO MONACALE, VELATA, É
SEDUTA SULLA SEDIA A ROTELLE. IL TAVOLO É ORA UN
ALTARE DA MESSA. DUE FILE DI NERE SORELLE SONO
DISPOSTE IN GINOCCHIO DINANZI A LEI. MAGDALENA
PARLA LORO COL VISO FISSO IN AVANTI, LO SGUARDO
NEL VUOTO DELLA SUA TERRIBILE COSCIENZA. LA SUA
VOCE É TENUE MA ALLO STESSO TEMPO PROFONDA,
NERO PENNELLO CHE DIPINGE L’ARIA.
MAGDALENA
Ho giaciuto, ho giaciuto con Lui e la Sua divina potenza è
penetrata in me, terribile e gioiosa, rossa del sangue, bianca di
luce. Egli è tutto. Dona tutto. Richiede tutto. Tutto. Ho vissuto
un’altra vita, mie nere sorelle, ho gioito e sofferto con Lui, di
Lui per un tempo reale eppure infinito, ho goduto della Sua
forza, della Sua gioia, della Sua giovinezza. Ed ho veduto la sua
caduta, l’orribile abisso del martirio. La Sua mano era ferita, le
sue gambe immobili, il Suo Spirito perduto ed io l’ho curato, io
ho trasfuso tutto di me in Lui per donargli ancora la Sua
Perfezione. Tutto, tutto Egli ha preso di me. Tutto di me ha
preso - Lui! - tutto. Il cerchio, il grande cerchio del Suo
strumento d’inganno, il nero compasso d’ombra si è compiuto.
É rispleso nell’orgia sacra della Sua affermazione e tutto di me
ha bruciato. (Pausa) Ha rubato. Dio. Dio. Mio Dio. (Pausa. Poi
un urlo:)
DIO?...
MAGDALENA CHIUDE GLI OCCHI E RIMANE IMMOBILE,
ETERNA, UNA MACCHIA NERA SULLO SFONDO CHIARO
DELLA FINESTRA.
UNA GRANDE CROCE ORA VISIBILE OLTRE LA FINESTRA
PROIETTA DUE GRANDI OMBRE ALL’INTERNO DELLA
STANZA.
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EPILOGO
UN LUNGO SILENZIO, POI UNA GIOVANE NERA SORELLA
SI ALZA, SI AVVICINA ALL’IMMAGINE VUOTA DI
MAGDALENA. DALLA PORTA DI SINISTRA ENTRA IL
GIOVANE CHE APPARVE A MAGDALENA, IN ABITI DA
GESUITA, NERI.
GIOVANE
Venite, sorella, venite... (Le porge la mano sinistra)
LA GIOVANE NERA SORELLA, TIMOROSA MA
AFFASCINATA GLI PORGE LA SUA. LUI LA PRENDE
STRETTA E CON L’ALTRA MANO FA SCIVOLARE VIA IL
VELO E L’ABITO DELLA GIOVANE CHE RESTERÀ COL
CAMICE BIANCO DELLE NOVIZIE O DELLE BAMBINE.
S’AVVIANO SU PER LE SCALE.
LA GIOVANE VOLGE PER UN ATTIMO LO SGUARDO
VERSO MAGDALENA, COME PERCORSA DA UNA PAURA
SOTTILE, PRESAGA.
GIOVANE
Cosa vedi?
PAUSA
SORELLA
Niente... niente...
UNA CAMPANA SUONA LENTA FINO A CHE IL BATTITO
S’INCRINA E DIVIENE CRUDO BATTERE DI FERRO,
MENTRE TUTTO SI FA BUIO E UN CANTO, IL CANTO DEL
MARE DI MAGDALENA CULLA GLI OCCHI CHE VEDONO
DISSOLVERSI IL SOGNO, LA VITA, DI UNA DONNA.
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